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Neuropsicofarmacologia

Elementi di fisiologia umana neuropsicofarmacologia e psichiatria (Università degli Studi


Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara)

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APPUNTI DI NEUROPSICOFARMACOLOGIA

1. INTRODUZIONE ALLA FARMACOLOGIA

Che cos’è la FARMACOLOGIA = dal greco pharmakon - veleno - e logos - discorso - studia come le
sostanze chimiche interagiscono con gli organismi viventi.
Conoscenze e competenze di un farmacologo:
1. Fisiologia
2. Patologia generale
3. Chimica biologica e biologia molecolare
La farmacologia non coincide con la terapia medica, ma è quest’ultima che poggia le sue basi dalla
prima disciplina.
Divenne scienza quando l’interesse dei farmacologici si spostò dalla semplice descrizione dell’azione
dei farmaci allo studio del meccanismo attraverso il quale agivano. Un dogma fondamentale della
farmacologia stabilisce che, per poter provocare una risposta farmacologica, le molecole di un
dato farmaco devono influenzare chimicamente uno o più costituenti cellulari. Non c’è un
farmaco senza un effetto collaterale. (Tanto è vero che il termine pharmakon intende sia la medicina
che il veleno).
- “Ogni sostanza è veleno e nessuna è perfettamente innocua, soltanto la dose ne determina la
velenosità.” Paracelso
Tutte le sostanze hanno questa doppia faccia per cui tutto è in qualche modo veleno.
Paracelso per questo teorizzò il concetto di dosaggio per cui mediante ciò si potevano
assumere farmaci senza un effetto tossico. (Ricerche farmaceutiche per il dosaggio perfetto).

Principali branche della farmacologia:


- Farmacologia cellulare e molecolare medicinali in commercio, un rapporto
- Farmacologia speciale beneficio/rischio favorevole per la
- Farmacologia generale popolazione
- Farmacoeconomia: valutare i costi di - Tossicologia
trattamenti con farmaci, rapportati ai - Farmacogenomica: sviluppo di
potenziali benefici e rischi marcatori biologici predittivi della
- Farmacovigilanza: sicurezza dei risposta ai farmaci
farmaci e ad assicurare, per tutti i

La farmacologia si suddivide in:


1. Farmacologia generale = studia i meccanismi alla base degli effetti biologici dei farmaci ed
esprime tali effetti quantitativamente, con formule e grafici da cui si possono ricavare dei
parametri significativi e comparativi; esamina i fattori che regolano la comparsa, l’intensità e
durata d’azione dei farmaci nell’organismo; descrive infine, la possibilità e le modalità con cui
si possono verificare effetti dannosi e malattia da farmaci.
Si divide in:
- Farmacocinetica = rappresenta lo studio delle modalità di assorbimento,
distribuzione, metabolismo e secrezione dei farmaci da parte dell’organismo.
“ciò che il corpo fa al farmaco” Benet

La farmacocinetica definisce tanti parametri matematici per capire come il dosaggio


deve essere fatto.
es. Avendo un farmaco x e un farmaco y (entrambi ansiolitici) per vedere la sicurezza
dei farmaci si considera una colonia di roditori per analizzare l’effetto ansiolitico,
aumentando di volta in volta il dosaggio. Un elevato dosaggio di ansiolitico provoca la
morte.
Indice terapeutico: dose LD 50/efficacia ED 50
Letal Dose 50: dose che per il provoca il 50% di morte in un gruppo di soggetti
L’indice terapeutico, specifico per ogni farmaco, consente una finestra
terapeutica per un indice della sicurezza del farmaco. (Polso della sicurezza)

TIx = 10 è più sicuro di TIy= 2

Rispondono a tale logica due classi di ansiolitici: le benzodiazepine si preferiscono


ormai ai barbiturici che ha un indice terapeutico molto più basso = all’aumentare della

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dose aumenta il senso di sonno, coma, fino all’arresto respiratorio. La differenza


sostanziale è dunque nella sicurezza del loro uso data dalla farmacocinetica.

- Farmacodinamica = rappresenta lo studio dettagliato del meccanismo d’azione dei


farmaci
“ciò che il farmaco fa al corpo” Benet
2. Farmacologia speciale = prende in esame gruppi di farmaci specificatamente attivi su
determinati organi e funzioni

La ricerca scientifica ha trascurato fino ad un recentissimo passato l’influenza del genere sulla
fisiologia, sulla fisiopatologia e sulle caratteristiche cliniche delle malattie umane e solo di recente sta
investigando quali siano i meccanismi sottostanti a queste differenze e come la diagnosi ed il
trattamento delle malattie possano variare in funzione del genere.
Cos’è la FARMACOLOGIA DI GENERE: tra donne e uomini vi sono notevoli differenze e per questo
deve esserci un’attenzione sulle differenze di dosaggio da applicare fra i sessi. L’obiettivo è quello di
evidenziare se e quando le risposte ai farmaci sono diverse fra uomini e donne considerando le
variazioni fisiologiche che avvengono in funzione della ciclicità della vita riproduttiva della donna,
dell’età e dell’uso di associazioni estro-progestiniche.
- Es. dopo otto ore dalla somministrazione di zolpidem 10mg, la percentuale di pazienti che
presentano una concentrazione superiore a 50 ng/ml è risultata pari al 15% nelle donne e del
3% negli uomini.
- Posologia di genere

Cos’è la FARMACOGENETICA: studio della variabilità di risposta ad un farmaco dovuta a fattori


genetici ereditari, negli individui o a livello di popolazione (Vogel, 1959)
Cos’è la FARMACOGENOMICA: la determinazione e l’analisi del genoma (DNA) e dei suoi prodotti
(RNA e proteine) allo scopo di correlare queste informazioni con lo stato o la risposta al farmaco
presente a livello cellulare, tessutale, di individuo o di popolazione, al fine di individuare nuovi bersagli
terapeutici, scoprire e sviluppare farmaci o studiare la risposta ad essi.
Impatto della farmacogenomica sul trattamento farmacologico del futuro:
- Fondamentale importanza poiché mi consente di identificare pazienti con la stessa diagnosi
che però sono geneticamente diversi riguardo alla loro risposta ai farmaci in termini di
efficacia e reazioni avverse
- Pazienti con un profilo farmacogenetico sfavorevole dovranno essere trattati con farmaci
alternativi o con dosi diverse
- Individui con un profilo farmacogenetico compatibile con una risposta favorevole potranno
essere trattati con farmaci e dosi convenzionali

Cos’è un FARMACO = ogni sostanza capace di provocare in un organismo modificazioni funzionali


mediante un’azione chimica o fisica. Un farmaco dovrà risultare efficace, cioè dovrà modificare
effettivamente delle funzioni fisiologiche o degli stati patologici. Inoltre, un farmaco dovrà apportare un
beneficio al paziente, cioè bisogna considerare il rapporto tra efficacia terapeutica ed effetti collaterali
non desiderati.
- DEFINIZIONE DI FARMACO dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “qualunque
sostanza usata allo scopo di modificare o studiare funzioni fisiologiche o stati patologici a
beneficio di chi la riceve”

Cos’è un PLACEBO = sostanza farmacologicamente inerte che può provocare un effetto sul
paziente, sintomo, malattia.
- L’effetto di un farmaco è legato alla sua attività specifica che all’effetto placebo che il farmaco
può scatenare.

Il contesto psicosociale: gli stimoli che il paziente riceve durante un trattamento medico. I
fattori psicologici del contesto psicosociale sono in grado di innescare dei fenomeni neurobiologici che
coinvolgono diverse aree del CNS. L’effetto placebo rappresenta l’effetto del contesto psicosociale
positivo che accompagna una terapia. Se un contesto positivo può produrre effetti positivi, un
contesto negativo può produrre effetti negativi. In questo secondo caso i parla di nocebo.
Aspetti del setting clinico e dello stesso ambiente terapeutico come:
- Forma - Gusto
- Colore - Camice del dottore

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- Odore dell’ospedale
Provocano una risposta = non esiste solo un effetto placebo ma anche quello NOCEBO, la risposta al
farmaco può essere condizionata dunque da due elementi.
Proviene dall’espressione latina “nuocerò” e viene definito come il gemello cattivo del placebo. Deve
esserci una sinergia tra terapia farmacologica e psicologica (l’assunzione di un determinato farmaco
potrebbe avere ripercussioni negativi sulla psicoterapia = mai scatenare un effetto nocebo).

Che cos’è una PREPARAZIONE FARMACEUTICA (o specialità medicinale) = una preparazione


nella quale il principio attivo è associato con altri componenti (eccipienti) in modo da renderlo
maneggevole ed assumibile dal paziente. La forma farmaceutica, forma con il quale il farmaco viene
presentato o assunto, non modifica le proprietà farmacologiche del principio attivo, ma può modificare
la sua farmacocinetica = movimento che il farmaco ha dal momento della somministrazione fino al
torrente circolatorio.
- Principio attivo = componente principale di un farmaco; è la sostanza responsabile del suo
effetto terapeutico.
- Eccipienti = sostante inattive che vengono aggiunte alla formulazione del prodotto con la
funzione di facilitare l’assunzione del principio attivo da parte del paziente. Hanno la funzione
di:
 Di proteggere il principio attivo dagli agenti esterni che potrebbero danneggiarlo
(caldo, freddo, umidità, altre sostanze chimiche)
 Aumentare il volume per consentire la preparazione di compresse o di qualsiasi
altra forma farmaceutica di dimensioni accettabili
 Di rendere stabili soluzioni o sospensioni evitando la sedimentazione del principio
attivo sul fondo dei contenitori
 Di facilitare l’assorbimento del principio attivo nell’organismo
 Di rendere il sapore dei medicinali più gradevole ecc.

Identificazione di farmaci
1. Nome chimico Es. Acido acetilsalicilico
2. Nome comune (indica la specialità Es. Ascriptin, aspirina, cardirene,
medicinale) aspro, etc…

In base al tipo di azione farmacologica indotta, i farmaci si classificano in:


 Sintomatici: agiscono sui sintomi della malattia (antinfluenzali)
 Causali o eziologici: agiscono sulla causa della malattia (antibiotici)
 Patogenetici: agiscono sui meccanismi della malattia (ipertensivi)
 Sostitutivi: ripristinano funzioni dell’organismo alterate dalla malattia (insulina nel diabete)

Sedi di azione dei farmaci:


 Locale: quando si manifesta unicamente sulla zona di applicazione del farmaco (anestetici
locali)
 Regionale: quando si manifesta su una intera regione, in connessione nervosa o vascolare
con la zona di applicazione del farmaco (antisettiche vie urinarie)
 Generale/Sistemica: quella che si manifesta su tutto o sulla più gran parte dell’organismo in
seguito al passaggio del farmaco nel circolo sistemico (antiipertensivi)

Cos’è un FARMACO ORFANO: i farmaci detti “orfani” sono destinati alla cura delle malattie rare. Le
aziende farmaceutiche sono solitamente restie a sviluppare questi farmaci secondo le normali
condizioni di mercato, poiché i capitali investiti per la ricerca e lo sviluppo dei prodotti non vengono
recuperati attraverso le vendite a causa della scarsa domanda.
Al fine di stimolare la ricerca e lo sviluppo nel settore dei farmaci orfani, le istituzioni pubbliche hanno
adottato degli incentivi per la sanità e le industrie biotecnologiche.
- “farmaci non distribuiti dall’industria farmaceutica per ragioni economiche ma che rispondono
a un bisogno di salute pubblica”
Lo sviluppo di un farmaco innovativo è un processo lungo e costoso. Si calcola che occorrono circa
10-15 anni. Il costo medio di sviluppo di un farmaco negli anni ’90 è stato di 400-500 milioni di dollari.
Le stime attuali prevedono una spesa di 800-1000 milioni di dollari per lo sviluppo di una molecola
innovativa.

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Sulla scorta delle esperienze di altri paesi industrializzati con la finanziaria del 2001 si era ritenuto
utile, anche per un abbattimento dei costi, favorire il consumo di farmaci generici (unbranded) al posto
di farmaci registrati (branded) giornalisticamente oggi indicati come farmaci “griffati”.
Cos’è un MEDICINALE GENERICO = si definisce medicinale generico (o equivalente) un
medicinale che è bioequivalente rispetto ad un medicinale di riferimento, con brevetto scaduto,
autorizzato con la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, stessa forma farmaceutica,
stessa via di somministrazione e le stesse indicazioni terapeutiche.
- FARMACO GENERICO (definizione OMS, World Health Organization) = medicinale il cui
principio attivo non è più coperto da brevetto = medicinale intercambiabile con il prodotto
innovatore (prodotto di marca), avente la stessa composizione quali-quantitativa in termini di
principi attivi, stessa forma farmaceutica e stessa via di somministrazione.
- può essere immesso nel commercio dopo la scadenza del brevetto
- i medicinali generici sono sottoposti agli stessi controlli e procedure di registrazione e
vigilanza che L’Agenzia Italiana del Farmaco riserva a tutte le specialità in commercio. La
scadenza della copertura brevettale permette di risparmiare sul prezzo al pubblico

Cos’è un FARMACO TRADIZIONALE: qualunque sostanza usata allo scopo di modificare o studiare
funzioni fisiologiche o stati patologici a beneficio di chi la riceve.
- In genere si tratta di molecole di dimensioni ridotte e di struttura relativamente semplice
- L’azione farmacologica è funzione di tale struttura (modificabile dalla formulazione
farmaceutica e dalla via di somministrazione)
- In genere lo sviluppo richiede che venga identificata una nuova entità chimica
- In genere deriva da molecole o reagenti chimici standard attraverso reazioni di chimica
organica riproducibili grazie alle metodiche analitiche oggi disponibili

Cos’è un FARMACO BIOLOGICO: farmaco il cui principio attivo è rappresentato da una sostanza
(generalmente una proteina ad alto peso molecolare) prodotta naturalmente da un organismo vivente.
Es. emoderivati, immunoglobine, vaccini tradizionali
Cos’è un FARMACO BIOTECNOLOGICO: farmaco derivante da una sorgente biologica attraverso
l’utilizzo delle tecniche del DNA ricombinante. Es. proteine ricombinanti. (Ab m), vaccini ricombinanti

DNA RICOMBINANTE: una sequenza di DNA ottenuta artificialmente dalla combinazione di materiale
genetico di origini differenti, come può avvenire per un plasmide contenente un gene d’interesse.

Principali farmaci biotecnologici in uso:


- Insulina: prima proteina con DNA - Interferoni
ricombinante ottenuta e - Citochine (IL-2 per carcinoma renale)
commercializzata - Fattori di crescita emopoietici
- Somatotropina (eritropoietina per anemia)
- Proteine del sangue (tPA per l’infarto, - Anticorpi monoclonali (Cetuximab per
1-antitripsina per l’enfisema carcinoma colorettale, Infliximab per
polmonare) morbo di Crohn, Muromomab per
rigetto

Cos’è un PROFARMACO: la possibilità che un farmaco non sia di per sé attivo ma che lo diventi
dopo la biotrasformazione. In questo caso le biotrasformazioni prendono il nome di bioattivazioni e il
farmaco viene definito biofarmaco. L’attività farmacologica dipende dalle capacità metaboliche
dell’individuo.
- LEVODOPA: utilizzata nel morbo di Parkinson è il precursore inerte della dopamina.
La conversione metabolica (decarbossilazione) avviene nel SNC. Nella pratica clinica
la levodopa viene somministrata assieme alla carbidopa o alla benserazide, inibitori
periferici della decarbossillasi, per impedire che venga inattivata prima di raggiungere
il SNC
- CODEINA: analgesico oppiaceo (contenuto nell’oppio) che esplica la sua azione
antidolorifica dopo trasformazione nell’organismo in morfina
- ENALAPRIL-QUINAPRIL-FOSFOPRIL-RAMIPRIL: ACE-inibitori che diventano attivi
quando convertiti, dalle esterasi epatiche, rispettivamente a enalaprilato, quinaprilato,
fosinoprilato, ramiprilato
Un esempio particolare è dato da una sostanza di abuso, la purple drink (Bevande gassate + sciroppo
come ad esempio il Makatussin). La codeina, prodotto naturale dell’oppio, di per sé non è efficace ma

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lo diventa nel momento in cui a livello epatico viene trasformato dal p 450 (famiglia dei citocromi) in
morfina. Tra gli effetti collaterali vi è la disforia, vomito e depressione respiratoria.

Quando si assume un farmaco è importante l’assunzione simultaneo dell’acqua, lontano dai pasti e
mai con il succo di pompelmo (produce delle sostanze che bloccano gli enzimi e dunque impediscono
la metabolizzazione dei farmaci causando un’assunzione in dose doppia). È anche il caso delle
arance. (Es. terfenadina del Teldane). Avviene ciò soprattutto nel caso di ansiolitici.
- l’interazione può̀ verificarsi anche con un singolo bicchiere (250 ml) di succo di pompelmo o
con frutto fresco;
- la diminuzione delle concentrazioni di CYP3A4 inizia a manifestarsi dopo 4 ore
dall’assunzione di succo di pompelmo e dura fino a 24 ore dopo, così che se si ritarda
l’assunzione del farmaco di qualche ora, l’interazione può̀ comunque manifestarsi;
- l’effetto ha lunga durata e dipende dal tipo di inattivazione intestinale del CYP3A4 che, per
riprendere la propria attività̀ , necessita di essere risintetizzato;
- la rilevanza di queste interazioni presenta un’estrema variabilità̀ tra gli individui, in relazione al
contenuto intestinale di CYP3A4 (più̀ elevata è la concentrazione di enzima maggiori risultano
gli incrementi di concentrazione plasmatica di farmaco);
- gli anziani costituiscono la categoria a maggior rischio.
- Agrumi sicuri privi di effetti sul CYP3A4 sono le arance, mandarini e limoni
- Molti degli utilizzatori delle piante medicinali sono fermamente convinti che la terapia. A base
di principi attivi vegetali NON comporti l’assunzione di sostanze chimiche, ma non è così.

Il consumo di erbe medicinale sempre più diffuso in tutto il mondo, avviene in massima parte in
regime di autoprescrizione. Ciò comporta un rischio per i consumatori di prodotti erboristici poiché tali
prodotti vengono ritenuti NON DANNOSI dalla maggior parte della popolazione ed il loro uso quasi
mai viene riferito al medico curante.
Questo utilizzi:
- Aumenta i possibili rischi di interazione con i farmaci
- Aumenta il possibile manifestarsi di reazioni allergiche
- Aumenta il possibile manifestarsi di effetti collaterali

2. FARMACOCINETICA

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Descrive la relazione matematica tra la dose di farmaco somministrata Farmacocinetica: descrive i processi
e la sua concentrazione misurata in un sito facilmente accessibile del di assorbimento, trasformazione ed
corpo: per esempio il sangue o il plasma. eliminazione cui queste sostanze
vanno incontro una volta introdotte
- Studio (quantitativo) del destino “fisico” (trasporto) e “chimico” nell’organismo.
(biotrasformazione) di un farmaco in un organismo vivente
dalla somministrazione all’eliminazione
- L’entità delle risposte ad un farmaco è funzione della sua concentrazione sul sito
d’azione: un dosaggio troppo basso produrrà risposte inadeguate, un dosaggio troppo alto
potrebbe determinare effetti indesiderati che vanificano l’efficacia della terapia

LE PRINCIPALI VIE DI SOMMINISTRAZIONE DI UN FARMACO SONO:


- Vie parenterali: intravascolari (endovenosa - emergenze -, intracardiaca - emergenze -,
intrarteriosa) intramuscolare, sottocutanea= c’è soluzione di continuo tra cute e mucose. Ha
come svantaggio quello di non poter controllare dosaggio e reazioni allergiche. Il vantaggio è
la rapidità sia nell’endovena che nell’intramuscolare.
- Vie enterali: orali, sublinguale, rettale = via per la quale non c’è soluzione di continuo tra cute
e mucosa. Ha come vantaggio quello di essere autosomministrato e più facilmente accettato
(meno invasivo)
- Altre vie di organo: (intratecale, intrarticolare, inalatoria), transcutanea (topica),
transmuscolare (oculare, vaginale, ecc.)

VIE DI SOMMINISTRAZIONE PARENTALI


ENDOVENA - 100% - Utilizzata in - Aumentato
assorbimento emergenza rischio di
- Effetti - Possono effetti
immediati essere iniettati collaterali
grossi volumi - L’infusione
- Si possono deve essere
somministrare lenta
sostanze - Non
irritanti diluite utilizzabile per
(KCI) sostanze
oleose o
insolubili
INTRAMUSCOLO Assorbimento: - Si possono - Non
- Rapido per le utilizzare utilizzabile se
soluzioni volumi il paziente è in
acquose moderati terapia
- Lento e - Si utilizza per anticoagulanti
prolungato per somministrare - Dolore o
le preparazioni sostanze necrosi (rara)
a lento rilascio oleose utilizzando
sostanze
irritanti
SOTTOCUTANEA Assorbimento: - È utilizzata per - Non
- Rapido per le soluzioni utilizzabile per
soluzioni insolubili e per grossi volumi
acquose l’impianto di - Dolore o
- Lento e pellet solidi necrosi (rara)
prolungato per utilizzando
le preparazioni sostanze
a lento rilascio irritanti
Via sottocutanea (parentale):
- La via sottocutanea prevede che il farmaco venga somministrato, attraverso una siringa, nel
tessuto sottocutaneo. È comunque molto difficile stabilire il punto esatto in cui effettuare la
somministrazione, perché dipende dall’inclinazione dell’ago e dal personale che esegue
l’operazione
- Con la via sottocutanea si possono raggiungere degli effetti locali (ad esempio un anestetico
locale) o sistemici (ad esempio un farmaco che agisca a livello sistemico, come l’insulina)

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- Nella via sottocutanea, rispetto alla via intramuscolare, il volume iniettabile (al max 2ml) è
nettamente inferiore, l’assorbimento molto più lento ed il dolore più intenso, dato che il
tessuto cutaneo possiede molte più terminazioni nocicettive rispetto al muscolo

VIE DI SOMMINISTRAZIONE ENTERALI


PER OS - Assorbimento - È la via più - Il paziente
variabile, che economica e deve essere
dipende da più sicura sveglio e
molti fattori - Possibilità di collaborante
- Gli effetti utilizzo di - L’assorbimento
compaiono preparazioni incompleto
dopo almeno retard può non
45-60 minuti permettere il
raggiungi-
mento della
concentrazion
e minima
efficace
- Effetto di primo
passaggio
RETTALE - Assorbimento - Ha una - Parziale effetto
variabile e latenza di primo
incompleto d’azione passaggio
minore
rispetto alla
via per os
SUBLINGUALE - Assorbimento - Utilizzata in - Corretta
rapido emergenza assunzione del
- L’effetto - Evita l’effetto farmaco
compare dopo di primo - Aumentato
pochi minuti passaggio rischio di effetti
collaterali

ALTRE VIE DI ORGANO


Altre vie di somministrazione abbastanza utilizzate sono:
- VIA TRANSCUTANEA: la somministrazione per via transcutanea si basa soprattutto
sull’applicazione topica della forma farmaceutica. Le più utilizzate per questa tipologia di
somministrazione sono le sostanze oleose, le creme, gli unguenti, le polveri, le lozioni e gli
spray.
- VIA TRANSMUCOSA: soprattutto attraverso la mucosa vaginale o oculare

Meccanismo di rilascio transdermico (transcutaneo)


- Il cerotto transdermico è una preparazione farmaceutica flessibile di varie dimensioni,
contenente una o più principi attivi, da applicare sulla pelle integra per rilasciare il medicinale
alla circolazione sistemica, dopo aver attraversato la barriera cutanea
- La sua superficie di rilascio è protetta da una copertura che viene rimossa prima di applicare
il cerotto alla pelle

I PROCESSI COINVOLTI NELLA FARMACOCINETICA (ADME)


Le varie fasi della cinetica di un farmaco sono:
1. Assorbimento: fase che caratterizza il passaggio del farmaco dalla sede di somministrazione
al torrente circolatorio attraverso le membrane biologiche
2. Distribuzione: trasferimento del farmaco dal torrente circolatorio ai diversi organi e tessuti
3. Metabolismo o biotrasformazione: una serie di processi di modificazioni chimiche che
subisce nell’organismo, principalmente ad opera del fegato
4. Escrezione: eliminazione del farmaco dell’organismo, prevalentemente ad opera del rene

L’ASSORBIMENTO

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Ad esclusione della somministrazione direttamente nel circolo sanguigno, tutte le altre vie richiedono
che, per giungere dalla sede di somministrazione al sangue, il farmaco debba attraversare un
numero variabile di cellule e/o membrane cellulari e diffondere in spazi intercellulari di
dimensioni e composizioni diverse
- Passaggio del farmaco dal luogo di somministrazione al torrente circolatorio dove parte la
distribuzione. L’ostacolo principale che il farmaco deve superare sono le membrane cellulari
costituite da un mare lipidico in cui viaggiano degli isolotti proteici. Il farmaco per passare
deve essere un acido o base debole, liposolubile = sfruttano il trasporto della diffusione
passiva governata dal criterio di differenza di concentrazione tra le membrane. Tale concetto
è tanto più importante quanto più si parla di farmaci che devono raggiungere il cervello =
altamente protetto.
- Nell’assorbimento per via orale il farmaco deve superare due ostacoli: il fenomeno di primo
passaggio importante per la vita del farmaco. Da un punto di vista farmacocinetico, non è lo
stomaco ad assorbirlo (funge da riserva che lo butta nell’intestino tenue), importante perché
la quantità di cibo indica la velocità con cui il farmaco viene assorbito. Una parte può essere
persa nelle feci (secondo ostacolo).

Modalità di passaggio dei soluti attraverso le membrane biologiche:


- Diffusione attraverso i pori: glomeruli 68K, capillare 30K, NB. I capillari del cervello hanno
giunzioni strette
- Trasporto mediato da carrier: specifico, saturabile, blocco, competizione di L-DOPA con la
barriera ematoencefalica, gabpentin mucosa int
- Pinocitosi: insulina in CNS, tossina botulinica nell’intestino

Passaggio dei farmaci attraverso trasportatori (carriers) di membrana


1. Diffusione facilitata
a. Gradiente di concentrazione
b. Selettività e saturabilità del carrier
2. Trasporto attivo
a. Contro gradiente
b. Richiesta di energia
c. Selettività di energia
d. Selettività e saturabilità del carrier

La maggior parte dei farmaci attraversa le membrane per DIFFUSIONE PASSIVA.


Coefficiente di ripartizione olio/acqua: la capacità di un farmaco di attraversare le membrane
cellulari dipende dal suo coefficiente di ripartizione olio/acqua, un parametro che permette di
valutarne il grado di idro-lipofilia.

Coefficiente di ripartizione: farmaco nella fase


oleosa / farmaco nella fase acquosa

Quando il coefficiente di ripartizione è superiore


a 1 il farmaco è lipofilo, quando è inferiore a 1 il
farmaco è idrofilo. Il coefficiente di ripartizione
si avvicina a 0 per i farmaci molto idrofili.
I farmaci sono generalmente acidi o basi deboli.
Sono liposolubili quando si trovano nella forma
non dissociata e il grado di dissociazione di un
farmaco dipende dal pH dell’ambiente in cui si
trova.
+¿
−¿+H ¿
AH ⇄ A ¿
Assorbimento per via orale
Un farmaco somministrato per via orale, per arrivare alla circolazione sistemica deve:
1. Dissolversi nel lume del tubo digerente
2. Attraversare la mucosa gastro-intestinale
3. Immettersi nella circolazione portale

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4. Superare il fegato
La porzione del tubo gastro-enterico in cui avviene la maggior parte dell’assorbimento dei farmaci è il
piccolo intestino. Da un punto di vista farmacocinetico, lo stomaco deve essere considerato non tanto
come superficie assorbente quanto come organo di deposito che rilascia il farmaco all’organo
assorbente: il piccolo intestino.
La presenza di cibo, influenzando la velocità di svuotamento gastrico e il flusso ematico intestinale,
può influenzare, in ultima analisi, la velocità di assorbimento di un farmaco.
- EFFETTO DI PRIMO PASSAGGIO
E CIRCOLAZIONE ENTERO-
EPATICA: un farmaco somministrato
per via orale, può essere
metabolizzato nella parete intestinale
o perfino nel sangue portale, ma più
comunemente è il fegato l’organo
responsabile del metabolismo del
farmaco prima che questo raggiunga
la circolazione sistemica. Il farmaco
che passa attraverso il fegato può
essere escreto nella bile e quindi,
immesso nuovamente nell’intestino,
dove può essere riassorbito, o
escreto con le feci.
- CIRCOLAZIONE ENTERO-EPATICA

Cinetiche di assorbimento: la velocità di assorbimento varia a seconda della via di


somministrazione utilizzata. La velocità di assorbimento determina il livello del picco massimo
plasmatico del farmaco e il tempo necessario per raggiungerlo: più lento è l’assorbimento, più basso e
ritardato è il picco di concentrazione plasmatica.
Un farmaco si misura mediante studi in cui si confrontano i
prelievi di soggetti con somministrazione per via orale e
soggetti con somministrazione per via endovenosa. Ciò ha
permesso la nascita della farmacologia di genere: ci sono
differenze nell’assorbimento dei farmaci e nelle sue
conseguenze terapeutiche. Calcolando l’area della curva si
riesce a capire la concentrazione del farmaco dopo un
determinato tempo = area sotto la curva AUC. Il punto di
concentrazione massimo si ha per via endovenosa.
Queste curve sono definite di biodisponibilità: quella
frazione del principio attivo (dose) che raggiunge la
circolazione sistemica come farmaco non modificato a
seguito di somministrazione mediante qualsiasi via. Si
ottiene valutando l’area sotto la curva di concentrazione-
tempo (AUC) ottenuta somministrando la dose di farmaco
per via endovenosa con quella ottenuta somministrando la
stessa dose di farmaco per un’altra via extravascolare. =
percentuale di quella biodisponibilità del farmaco
somministrata che raggiunge la circolazione sistemica attraverso qualsiasi via.

LA DISTRIBUZIONE
Definisce quella serie di passaggi/fenomeni che rappresentano la base per cui il mio sangue si
trasferisce dal sangue ad altri tessuti. Dipende dal legame con le proteine plasmatiche (albumine,
ecc..) dove quest’ultime fungono da trasporto. Il legame è debole, dunque si lega ma allo stesso
tempo viene liberato e distribuito. La velocità con cui un farmaco si distribuisce tra il sangue e i vari
compartimenti tessutali e l’entità della distribuzione stessa dipendono da fattori diversi quali:
- Il flusso ematico
- La capacità del farmaco di attraversare le varie membrane presenti nel tessuto
- La capacità del farmaco di legarsi alle proteine plasmatiche e/o a componenti tessutali

La distribuzione è influenzata dall’avidità dei tessuti: poiché la composizione del plasma, dei
liquidi interstiziali e del citoplasma è diversa e alcuni tessuti possono essere ricchi in lipidi o altre

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macromolecole alle quali il farmaco può legarsi, ogni farmaco può ripartirsi in modo diverso tra
plasma e ogni tessuto.

La distribuzione è influenzata dal legame con le proteine plasmatiche:


- I farmaci possono stabilire legami reversibili con le proteine plasmatiche
- Le proteine plasmatiche svolgono in tal modo una funzione di trasporto
- Solo la frazione libera di farmaco, non legato alle proteine plasmatiche, è diffusibile
- Il grado di legame alle proteine plasmatiche è espresso dal rapporto tra la concentrazione di
farmaco legato e la concentrazione di farmaco totale nel plasma ed è compreso tra 0 ed 1
- L’albumina è la proteina plasmatica quantitativamente più abbondante e che lega
maggiormente i farmaci
- Farmaci o sostanze endogene possono spiazzare altri farmaci dalle proteine plasmatiche e
modificare la quota libera

I FARMACI COMPETONO TRA LORO PER IL LEGAME CON LE PROTEINE PLASMATICHE: le


proteine plasmatiche più importanti per l’interazione con i farmaci sono l’albumina, l’1 glicoproteina
acida, l’2 macroglobulina. Il legame dei farmaci alle proteine plasmatiche non è selettivo ed è quindi
facile che, nel caso in cui vengano somministrati due o più farmaci, si verifichino fenomeni di
competizione tra le varie molecole per il legame ad uno stesso sito. Questo può determinare
variazioni importanti nei livelli di farmaco libero che possono raggiungere la concentrazione tossica.
- Ipoalbumina: s. nefrosica, cirrosi epatica, febbre, stress
- Uremia: (minore legame all’albumina es glicosidi cardioattivi
- Età: legame minore nel feto e nel neonato (iperbilirubinemia del neonato)

IL VOLUME DI DISTRIBUZIONE: Vd, volume apparente nel quale il farmaco è distribuito. La


concentrazione di un farmaco non è la stessa in tutti i compartimenti dell’organismo. Il volume
calcolato dal rapporto tra dose somministrata e concentrazione plasmatica misurata non è uguale al
volume dell’acqua corporea, ma è un volume di distribuzione apparente che dipende dalle
caratteristiche del farmaco (coefficiente di ripartizione, legame alle proteine plasmatiche, affinità per i
tessuti Kp)
Vd = dose (Cp
Vd molto elevato per antidepressivi (8-40Kg); digossina 400L.
Il volume dell’acqua corporea in un individuo di 70Kg è di 42L, pari al 60% del peso corporeo.
- Volume plasmatico = 3L = 4%
Volume dei liquidi extracellulari = 11L = 16%
Volume dei liquidi intracellulari = 28L = 40%
Un farmaco può distribuirsi uniformemente in tutti i liquidi dell’organismo, ma nella maggior parte dei
casi la concentrazione raggiunta alla fine della fase distributiva da compartimento a compartimento.

La barriera ematoencefalica: i farmaci che devono raggiungere i neuroni incontrano questa barriera.
Si parla di barriera e non di membrana poiché la prima nasce per proteggere il cervello dagli agenti
esterni, ha caratteristiche morfologiche che la distinguono: l’endotelio dei vasi cerebrali hanno cellule
strettamente connesse fra loro (è più difficile oltrepassarle). I farmaci che riescono a passare sono
quelli che sfruttano la loro lipofilia ma anche quelli che sfruttano certi trasportatori.
- Es. morbo di Parkinson ha una carenza di ormoni dopaminergici, si somministra L-Dopa
(precursore della dopamina) che non è lipofila ma sfrutta come trasportatore uno specifico per
gli amminoacidi neutri ingannandolo.
- Il passaggio è critico per tutte quelle patologie che riguardano l’SNC, si tratta di farmaci che
riescono a controllare i sintomi periferici (non neurologici) poiché non riescono a entrare. Si
cerca di superare tali difficoltà usano le troian molecule (cavalli di troia).
Nel SNC possono quindi penetrare solamente:
- I farmaci con un adeguato coefficiente di distribuzione (direttamente dipendente dal
coefficiente di ripartizione)
- I farmaci capaci di utilizzare i sistemi di trasporto presenti a livello della barriera
ematoencefalica
- Lo stato di impermeabilità è ridotto a livello dei plessi carotidei, ipofisi, area postrema,
eminenza mediana
- Il completo sviluppo della BEE avviene solo dopo alcuni anni di vita
- L’impermeabilità della barriera è ridotta in corso di infiammazione e infezione (meningite)

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La barriera placentare: non esiste. Tutto quello che assume una donna in gravidanza lo assume
anche il bambino. (Es. caso della tolidomide)
Non tutti i farmaci però sono così tossici da provocare danni permanenti al bambino, ma ognuno ha
delle conseguenze. Anche i farmaci più blandi. I bambini (la barriera del bambino è più esposta
rispetto a quella della madre in quanto non è ancora perfettamente sviluppata) di donne che hanno
assunto benzodiazepine (miorilassanti) fino al parto provocano un rilassamento = sindrome del
bambino flaccido (floppy sindrome). Si attacca al seno ma il rilassamento muscolare eccessivo
non lo fa nutrire adeguatamente, piange con un lamento continuo e irrisolvibile. La madre si scoraggia
e si crea un loop.
Al bambino comunque non succede nulla di grave, con il tempo tale patologia passa.
Il termine “barriera placentare” potrebbe far pensare che i farmaci attraversano difficilmente la
placenta, in realtà a parte poche eccezioni tutti i farmaci passano la placenta e così prima l’embrione
e poi il feto sono esposti ai farmaci e ai loro effetti.
- BLASTOGENESI (primi 16 giorni) effetto del tutto o nulla
- EMBRIOGENESI (circa 1° trimestre-organogenesi) effetto letale, effetto teratogeno
- FETOGENESI (2°-3° trimestre) alterato sviluppo di un organo, alterata funzionalità di un
organo

Siti di deposito: I farmaci possono legarsi con costituenti cellulari tissutali quali proteine, fosfolipidi,
nucleoproteine.
- siti di deposito a livello di alcuni tessuti diazepam, DDT
nei cui confronti un farmaco ha un - tessuto osseo: tetracicline, piombo,
particolare tropismo = affinità cis-platino
- esempi di tropismo: - polmone: antidepressivi triciclici
- tessuto adiposo: tiopentale, - tiroide: iodio

IL METABOLISMO
Processo di biotrasformazione delle sostanze e in particolare dei farmaci. Ha lo scopo di interrompere
l’effetto di un farmaco rendendo le sue molecole più idrofile = più polari, in modo tale da (una volta
trasformate e messe in circolo dal fegato) essere filtrate dal rene. (Difesa attuata dagli organi).
Da un farmaco che viene metabolizzato otteniamo un metabolita, che avrà un’attività farmacologica
complessa: il fegato può produrre dal farmaco di partenza dei metaboliti non sempre inattivi ma
ancora attivi.
La biotrasformazione dunque non è così l principale indice farmacocinetico è rappresentato dall’emivita
I
profonda da modificare così radicalmente e plasmatica, che indica il tempo necessario affinché la
sempre l’attività farmacologica. Il metabolismo concentrazione plasmatica si riduca alla metà rispetto a quella
inizialmente somministrata.
ha lo scopo di trasformare, all’interno - parametro che consente di valutare la possibilità di
dell’organismo, le sostanze estranee in accumulo di un farmaco con somministrazioni ripetute, e
composti più polari e più idrosolubili, di stabilire l’intervallo di tempo utile e necessario tra le
aumentandone l’escrezione. varie somministrazioni.
- Più è lunga l’emivita del farmaco tanto maggiore sarà
La biotrasformazione di un farmaco può portare l’intervallo tra una somministrazione e l’altra. All’opposto
alla formazione, dunque, di: un farmaco a breve emivita richiederà un numero
- Metaboliti inattivi maggiore di somministrazioni per mantenere costante la
- Metaboliti attivi dotati di uno spettro sua concentrazione nel sangue.
Tempi di emivita sono necessari per determinare:
farmacologico uguale a quello del - Intervalli tra le dosi
composto di origine. - Durata dell’effetto
Esempio della benzodiazepina - Tempi di sospensione
diazepam che genera due metaboliti
dotati della stessa attività farmacologica: oxazepam
(l’emivita è un ¼ di quella deldiazepam) e nordiazepam Un altro parametro molto importante è
(l’emivita è il doppio). rappresentato dalla presenza o meno di
La durata d’azione del diazepam dipende quindi da metaboliti attivi, cioè composti derivati dal
farmaco inizialmente introdotto nell’organismo
quale dei due composti viene generato dal correndo di che conservano proprietà farmacologiche (le
enzimi del paziente stesse del composto iniziale o diverse).
- Metaboliti attivi dotati di uno spettro farmacologico
diverso da quello del composto di origine
- Metaboliti tossici
Esempio della tachipirina. A dosi normali di paracetamolo la N-acetilbenzochinonimina
reagisce con il gruppo sulfidrilico del glutatiotine, formando un complesso non tossico.
Epatopatia fulminante = morte

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A dosi normali di paracetamolo la N-acetil-benzochinoimina reagisce con il gruppo sulfidrilico del


glutatione, formando un complesso non tossico.
A dosi elevate di paracetamolo, il metabolita si forma in quantità sufficienti a indurre deplezione del
glutatione epatico; in queste condizioni aumenta la reazione con i gruppi sulfidrilici delle proteine
epatiche con possibilità di necrosi epatica.
Tali lesioni possono essere pervenute dalla somministrazione di donatori di sulfidrilici come
acetilcisteina, cisteamina o glutatione.
Dove avviene la biotrasformazione? Sebbene ogni tessuto sia dotato di una certa capacità di
metabolizzare i farmaci, il fegato è la sede principale del metabolismo. Anche altri tessuti come
polmoni, intestino (esposto a tanti alimenti che possono interagire e modificare l’efficienza di un
farmaco) e rene hanno un’attività metabolizzante significativa.

Nel metabolismo dei farmaci esistono due fasi:


- Fase 1: funzionalizzazione, dove il
metabolita viene maggiormente modificato
verso una sostanza più idrofila. (Da lipofilo
a idrofilo con reazioni di ossidoriduzione).
Non sempre questa fase viene seguita
da…
- Fase 2: coniugazione, si sfrutta la fase 1 in
modo tale da rendere il metabolita più
grande (legandolo a una molecola più
grande) per poter essere eliminato poiché
inattivo e incapace di tornare indietro nel
percorso.
- Le reazioni di fase II o di CONIUGAZIONE sono reazioni enzimatiche di biosintesi per
messo delle quali un composto esogeno o un metabolita derivato dalle reazioni di fase I si
lega in modo covalente con una molecola endogena
- In generale i coniugati sono molecole polari facilmente eliminabili
- Le più importanti reazioni di coniugazione sono:
1. Glucoronazione o coniugazione con l’acido glucoronico
2. Acetilazione o coniugazione con l’acetato
3. Coniugazione con il glutatione
4. Coniugazione con la glicina
- La reazione di coniugazione coinvolge la formazione di intermedi ad alta energia ed enzimi
specifici (trasferasi) localizzati o nei microsomi o nel citoplasma

La maggior parte dei farmaci sfrutta ciò che l’organismo ha da offrire, tale metabolismo è svolto da
una serie di enzimi che fanno parte della famiglia dei citocromi. Il citocromo p450 (cytrocrom p 450 =
CYP) è il principale responsabile delle reazioni della fase 1 di un’ampia varietà di composti endogeni
ed esogeni (tossici e farmaci).
ISOENZIMI del citocromo P450: si tratta di enzimi localizzati sulle membrane microsomia li del
reticolo endoplasmatico liscio a livello epatico e/o in tessuti extra epatici. Proteine contenenti un
gruppo eme inizialmente identificate come pigmenti rossi (P). caratteristica banda di assorbimento
spettrofotometrico a 450nm.
- L’isoenzima del citocromo p450, è un enzima della stessa famiglia ma che può essere più
attive o meno attivo (diversa struttura).
- Tra i CYP più importanti troviamo i CYP1, CYP2 E CYP3 si tratta infatti degli enzimi deputati al
metabolismo dei farmaci e degli steroidi. L’assetto genetico individuale può cambiare il
metabolismo che varia da rapido a lento.
- Effetti farmacologici in pazienti con polimorfismi di CYP2D6:
Antidepressivi triciclici:
- Poor metabolizer: cardiotossicità, tachicardia, costipazione debolezza
- Ultra-rapid metabolizer: inefficace
Antiaritmici:
- Poor metabolizer: parestesie, disturbi visivi, vertigine, nausea, vomito, aritmie
- Ultra-rapid metabolizer: inefficace
Codeina:
- Poor metabolizer: inefficace
- Ultra-rapid metabolizer: euforia, nausea

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Polimorfismo genetico del CYP3A4:


- I CYP3A rappresentano circa il 30% di tutti gli isoenzimi del CYP450 presenti a livello
epatico e contribuiscono al metabolismo di circa il 50% dei farmaci
- Il CYP3A4 controlla il metabolismo di calcio-antagonisti, antibiotici, antistaminici,
ciclosporina e molti altri.

L’ESCREZIONE DEI FARMACI


ELIMINAZIONE DEI FARMACI: l’eliminazione di un farmaco
avviene per escrezione del farmaco immodificato o dei suoi
metaboliti.
Le principali vie di escrezione sono:
- La via renale
- La via epatica

Va posta una particolare attenzione ai processi di


eliminazione, che possono essere rallentati da
condizioni fisiologiche quali l’età avanzata oppure da
patologie concomitanti a carico di organi come il rene e il
fegato nei quali avviene la maggior parte dei processi
metabolici e di eliminazione.

: la clearance plasmatica (CI) di un farmaco corrisponde al volume di plasma che viene


CLEARANCE
depurato dal farmaco nell’unità di tempo. La CI corporea totale (ClT) = Cl + Cl
R NR

Aspetti quantitativi della somministrazione ripetuta di farmaci:


Quando si somministra un farmaco, la sua concentrazione plasmatica, nel tempo, subisce oscillazioni
che diventano minime dopo un certo periodo di assunzione.
Dopo un certo numero di somministrazioni la quantità di farmaco eliminata corrisponde a quella
introdotta per ogni somministrazione: a questo punto il sistema è appunto in steady state.
- I farmaci con emivita breve sono eliminati rapidamente; i farmaci con emivita lunga sono
eliminati lentamente
- Ogni farmaco è caratterizzato da un suo valore di emivita
- I farmaci che hanno un Vd elevato hanno emivita lunga in quanto il farmaco che viene
eliminato viene continuamente rimpiazzato da quello accumulato nei tessuti di deposito

TEMPO DI DIMEZZAMENTO O EMIVITA: il tempo necessario perché la concentrazione plasmatica


di un farmaco si dimezzi
t1/2 =0,693xVd/CL
Farmaco idrosolubile:
t1/2  per versamento pleurico e/o insufficiente. renale
Farmaco liposolubile:
t1/2  per obesità̀ e/o insufficiente. epatica

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3. FARMACODINAMICA

La farmacodinamica può essere definita come lo studio degli effetti biochimici e fisiologici dei farmaci
e dei loro meccanismi d’azione. Per ogni farmaco si cercherà di comprende i
identificare la sua azione primaria, le sue interazioni chimiche con la Farmacodinamica:
cellula e l’intera sequenza di azioni ed effetti. meccanismi di azione e le
modificazioni indotte dai farmaci
Una conoscenza approfondita dell’azione di un farmaco porta al suo
terapeutico “razionale” e rappresenta la base fondamentale per la progettazione di nuovi e migliori
agenti terapeutici.

Meccanismo d’azione dei farmaci


Gli effetti della maggior parte dei farmaci derivano dalla loro interazione con componenti
macromolecolari funzionali dell’organismo chiamati recettori. Tale interazione modifica le funzioni
della struttura cellulare interessata, dando, così l’avvio alla serie di modificazioni biochimiche e
fisiologiche che sono caratteristiche della risposta del farmaco.
Possono essere recettori dei farmaci:
a. recettori “classici” di sostanze c. canali ionici
endogene d. acidi nucleici
b. enzimi e. proteine strutturali
Non tutti i farmaci necessitano di un recettore per esplicare la loro azione ma questa può dipendere
dalle loro proprietà fisico-chimiche.
Per esempio:
- l’azione disinfettante dell’acqua ossigenata dipende dalle sue proprietà ossidanti
- l’uso del bicarbonato contro l’acidità gastrica dipende dalle sue proprietà acido-base
- i lassativi esplicano le loro azioni per le loro proprietà osmotiche (incremento dei liquidi a
livello intestinale e attraverso la liberazione dell’ormone colecistochinina viene stimolata la
peristalsi)

I recettori dei neuro trasmettitori si trovano sulla membrana postsinaptica (cioè sul dendrite del
neurone distale, a cui arriva il segnale), e in questo caso la loro attivazione determina la trasmissione
del segnale al secondo neurone o neurone postsinaptico (accensione del secondo neurone) ma
anche al neurone che trasmette il segnale (neurone postsinaptico).
La stimolazione dei recettori presinaptici serve
essenzialmente al neurone presinaptico per stimare Il segnale viene trasmesso da sostanze chimiche
quanto neurotrasmettitore c’è nella sinapsi e regolarsi
(molecole) che prendono il nome di
di conseguenza. Per ogni neurotrasmettitore esistono neurotrasmettitori.
svariati recettori (sottopopolazioni recettoriali) la cui I principali neurotrasmettitori in psicofarmacologia
occupazione produce azioni differenti. sono:
I recettori si modificano, aumentano o diminuiscono di - Acetilcolina ACh
- Serotonina 5-HT
numero a seconda di vari fattori, tra cui la maggiore o - Noradrenalina NA
minore presenza di neurotrasmettitori, sia a livello - Dopamina DA
dell’intera sinapsi, sia in misura minore a livello dell’intero
neurone.
Uno dei principali segnali che dicono all’organismo come stabilire queste connessioni in funzione
delle necessità contingenti è proprio l’occupazione dei recettori da parte dei neurotrasmettitori.
I neurotrasmettitori sono conservati in vescicole dentro il terminale presinaptico, se inutilizzati
vengono in parte inattivati da processi metabolici nello spazio intersinaptico e in gran parte recuperati
attraverso un meccanismo attivo di ricaptazione o re-uptake.
Gli psicofarmaci, insieme a tante altre sostanze, sia prodotte dall’organismo sia proveniente
dall’esterno, agiscono sostanzialmente sui neurotrasmettitori o sui loro recettori. Così
facendo, alcuni farmaci aumentano il rilascio del neurotrasmettitore, altri si oppongono alla
sua ricaptazione, altri ancora si “travestono” da neurotrasmettitori e ne stimolano
direttamente il recettore.
- In questi casi si tratta di farmaci che stimolano l’azione del recettore e sono quindi detti
agonisti. Il potenziamento dell’azione di un neurotrasmettitore viene generalmente designato
con il suffisso -ergico.
Altri psicofarmaci invece hanno azione opposta, cioè antagonista, ovvero inibiscono la produzione o
il rilascio, o aumentano la distruzione del neurotrasmettitore.

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A quest’ultima categoria di farmaci appartengono anche quelli che occupano i recettori, senza
stimolarli, ma impedendone la stimolazione da parte del neurotrasmettitore, i cosiddetti agonisti
inversi.

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Gli psicofarmaci non hanno in genere un’azione “SI O NO” ma si inseriscono come ulteriori
modulatori di sistemi complessi su cui agiscono moltissime componenti, in gran parte di
origine extraorganismica.
Gli psicofarmaci agendo direttamente o indirettamente sui recettori possono avere un’azione
immediata (legata alla stimolazione diretta dei recettori) o un’azione ritardata, indiretta e legata alle
modificazioni strutturali (plastiche) che la stimolazione o l’inibizione del recettore hanno indotto.
Il meccanismo d’azione di farmaci a breve latenza dipende direttamente dall’azione sul recettore
mentre l’azione di quelli a lunga latenza prevede la stimolazione di una catena di eventi di natura
trascrizionale.
- SCHEMA DI UN RECETTORE DI MEMBRANA: Il ligando interagisce con il recettore
causando una modificazione conformazionale e determina l’attivazione di un segnale di
trasduzione (effetto)

TIPOLOGIE DI RECETTORI
Recettori di membrana Recettori intracellulari
- trasducono il segnale portato da - trasducono il segnale portato da
mediatori idrofilici ormoni o da altri mediatori lipofilici che
che passano difficilmente attraverso le diffondono facilmente attraverso le
membrane cellulari (neurotrasmettitori membrane cellulari (ormoni steroidei e
classici e peptidici, fattori di crescita, tiroidei, acido retinoico, vitamina D,
citochine, ecc.) ecc.)
- trasducono il segnale generando - sono fattori di trascrizione che,
modificazioni delle concentrazioni interagendo con sequenze specifiche
ioniche intracellulari o attraverso la di DNA, inducono modificazioni
generazione di secondi messaggeri o dell’espressione genica e quindi, della
stimolando la formazione di macro composizione proteica della cellula
complessi molecolari biologicamente
attivi

I recettori di membrana si possono suddividere in tre tipi:


- ionotropici o recettori canali ionici: contengono un poro centrale che funziona come canale
ionico.
- metabotropici o recettori accoppiati a proteine G: influenzano la cellula indirettamente
attraverso i secondi messaggeri.
- recettori enzimatici o con attività chinasica intrinseca

I SISTEMI EFFETTORI
Il segnale generato dall’interazione recettore-proteina G viene tradotto in un messaggio cellulare
attraverso l’attivazione di EFFETTORI SPECIFICI.
 effettori enzimatici: portano alla formazione nel citoplasma di sostanze biologicamente attive:
- ADENILATO CICLASI  AMP ciclico (cAMP)
- FOSFOLIPASI C  inositolo 1,7,5 trifosfato e diacilglicerolo (IP3/DAG)
 canali ionici: modificano la concentrazione ionica intracellulare
+¿¿
- CANALI AL
K

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- CANALI AL CALCIO

Interazione farmaco-recettore: affinché il contatto tra farmaco e recettore persista per un tempo
sufficiente ad indurre l’effetto biologico si devono instaurare un numero elevato di legami a bassa
energia. Inoltre, occorre che la superficie della molecola del farmaco e quella della molecola del
recettore siano chimicamente complementari l’una all’altra.
L’interazione farmaco-recettore può essere reversibile o irreversibile
- INTERAZIONE REVERSIBILE: interazione di limitata durata nel tempo dovuta alla debolezza
dei legami chimici tra farmaco e recettore (condizione più comune)
- INTERAZIONE IRREVERSIBILE: l’energia presente nel sistema biologico può essere
insufficiente a determinare il distacco farmaco-recettore, a causa di:
 numero particolarmente elevato di legami deboli (es. interazione tra tossina paralizzante
del cobra e recettore nicotinico)
 formazione di legami covalenti ad alta energia (aspirina e cicloossigenasi)

L’interazione tra farmaco e recettore è saturabile. Il legame


tra farmaco e recettore aumenta all’aumentare della dose.
Tuttavia con il crescere delle dosi l’incremento del legame si
attenua fino a scomparire.
La formazione di legami deboli è responsabile del processo
di riconoscimento tra farmaco e recettore.

ISOTERME DI LEGAME FARMACO-RECETTORE:


Concentrazione del complesso
farmaco-recettore (RX e B) in funzione
della concentrazione di farmaco libero.
Bmax= concentrazione di farmaco alla quale
si ottiene il massimo legame con il
recettore (saturazione del 100% del
sistema recettoriale)
Kd= concentrazione di farmaco che
provoca una saturazione del 50% dei
recettori

CURVA CONCENTRAZIONE-RISPOSTA

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EC50 (effective concentration 50%):


concentrazione di farmaco che genera un
effetto pari al 50% dell’effetto massimo
ED50 (effective dose 50%) nel caso di
somministrazione in vivo

POTENZA DI UN FARMACO

ED50 è in genere il valore di


paragone della potenza di farmaci e
si esprime come
Un farmaco molto POTENTE è un
farmaco attivo anche a basse
concentrazioni.

Meccanismi d’azione dei farmaci: molti farmaci esplicano i loro effetti interagendo con i recettori per
le sostanze endogene (per es.,
ormoni, neurotrasmettitori). Se
in seguito all’interazione
recettoriale, un farmaco induce
alcuni degli effetti della
sostanza endogena è chiamato
agonista. Alcuni farmaci,
capaci d’interagire con il
recettore, non possiedono
un’attività intrinseca ma
possono indurre una risposta
farmacologica interferendo con
l’effetto di un agonista
endogeno del recettore (per es.
attraverso la competizione per i
siti di legame con l’agonista) e
sono chiamati antagonisti.

RIASSUMENDO:
- Azione di un farmaco:
è quella che dà inizio
alla catena di eventi che
porta ad un effetto
- Effetto di un farmaco: è il risultato osservabile della catena di eventi iniziata dall’azione di un
farmaco
- Affinità farmaco-recettore: è indice del grado di attrazione tra farmaco e sito di legame del
recettore
- Potenza di un farmaco: si riferisce alla dose di un farmaco richiesta per ottenere un
determinato effetto (posizione della curva dose-risposta sull’asse delle ascisse)
- Efficacia e potere di un farmaco: si riferisce al massimo effetto che un farmaco può
determinare (posizione della curva dose-risposta sull’asse delle ordinate)
GLI PSICOFARMACI

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Gli psicofarmaci sono i farmaci che vengono usati nella terapia dei disturbi psichici. Essi costituiscono
un insieme molto eterogeneo di sostanze che hanno in comune solo il fatto di essere in grado di
interagire con il sistema nervoso centrale, di modificare comportamenti, emozioni, stili cognitivi e
vissuti interiori di un soggetto e di essere utilizzati nella terapia dei disturbi mentali.

Questi farmaci hanno in comune il fatto di:


- Entrare nel cervello oltrepassando la barriera ematoencefalica, intesa come barriera
anatomica presente fra torrente circolatorio e tessuto nervoso
- Essere capaci di interagire con specifiche strutture celebrali
- Poter essere utilizzate nella terapia di alcuni disturbi psichici

I farmaci ad azione psicotropa si dividono fondamentalmente in quattro categorie:


1. Farmaci ansiolitici ed ipnotici
2. Farmaci antidepressivi
3. Farmaci antipsicotici
4. Stabilizzanti del tono dell’umore

5. FARMACI ANSIOLITICI ED IPNOTICI

I farmcaci sedativi ansiolitici – ipnotici rappresentano la classe dei Barbiturici.


I BARBITURICI sono degli ansiolitici, inducono anestesia, sono miorilassanti (agiscono sul SNC e
SNP). Aumentando la dose di questa tipologia di farmaci gli effetti miorilassanti si trasformano in
modo negativo, la sedazione muta in stupore per poi passare al coma ed infine depressione
respiratoria.
Le BENZODIAZEPINE sono anch’esse ansiolitici –
ipnotici, lievemente anestetici, infatti vengono usate
come preanestetici, utilizzate anche per colonscopie,
gastroscopie, ecc. ma non per operazioni chirurgiche.
Le Benzodiazepine hanno un tipico effetto denominato
effetto dominante o meglio Effetto Tetto, in cui al di là di
tale livello non si ottengono ulteriori effetti perché il
meccanismo d’azione è diverso da quello dei
Barbiturici.

L’ansia è innata e fa parte della natura umana.


È la normale risposta del nostro organismo che si
prepara ad affrontare ciò̀ che avverte come un
pericolo.
Diventa patologica, quando l’ansia è eccessiva per
intensità̀, durata o sproporzione con lo stimolo inducente, determinando vari gradi di sofferenza
e limitazione funzionale dell’individuo.
Disturbi d’ansia
• Disturbo d’ansia generalizzato • Disturbo post-traumatico da
(GAD) stress
• Disturbo da attacchi di panico • Disturbo ossessivo-
(DAP) compulsivo (DOC)
• Fobia sociale

NEUROCHIMICA DELL’ANSIA
L’ansia si origina sulla base del mal funzionamento dei nostri neuroni, ovvero c’è qualcosa che non
funziona nella rete dei neurotrasmettitori, quelli più coinvolti sono:
Acido -aminobutirrico (GABA)
- Antagonisti del GABA provocano ansia; farmaci che potenziano l’attività GABAergica sono
ansiolitici
- L’attivazione del sistema GABAergico si traduce in una riduzione della liberazione sinaptica di
monoammine (serotonina, noradrenalina) in nuclei dell’area limbica quali l’amigdala, il locus
coeruleus e i nuclei del rafe
Noradrenalina

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- Elevati livelli di noradrenalina e dei suoi metaboliti sono associati agli stati d’ansia e alle
manifestazioni somatiche correlate
- Lo stress acuto stimola marcatamente la funzione del locus coeruleus
Serotonina
- Ha un ruolo importante nel controllo delle emozioni e della sfera affettiva, nonché
dell’aggressività
- I neuroni serotoninergici dei nuclei del rafe sono funzionalmente connessi con il sistema
noradrenergico
Da ciò si può dedurre che mediante l’assunzione di farmaci ansiolitici si va a ridurre l’attività dei
neurotrasmettitori implicati nell’ansia.
Questi farmaci, oltre a essere ansiolitici sono anche “ipno – inducenti” (favoriscono il sonno ).

“difficoltà nell’iniziare e/o mantenere il sonno” “sensazione di sonno non riposante”


Insonnia transitoria
- Stress situazionale
- Variazione dei ritmi di lavoro
- Cambiamento di fuso orario
Insonnia di breve durata (da pochi giorni a 3 settimane)
- Situazioni di stress protratto di tipo lavorativo o familiare
- Problemi acuti di tipo medico
Insonnia cronica (mesi o anni)
- Patologie psichiatriche o internistiche croniche
- Assunzione di farmaci o alcoolici
- Disturbi primitivi del sonno (es. apnee notturne, restless leg syndrome)
- Inadeguata igiene del sonno

Meccanismo d’azione delle benzodiazepine


Le BDZ espletano la loro attività farmacologica
modulando la trasmissione gabaergica grazie Negli anni 1974-5: evidenze biochimiche ed
all’interazione con un sito recettoriale localizzato a elettrofisiologiche che le benzodiazepine potenziano
livello del recettore GABAa. L’effetto di tale l’azione dell’acido gamma amino butirrico (GABA)
interazione è facilitante l’apertura del canale al Nel 1977: identificazione del recettore centrale delle
cloro GABA-mediato. Essendo la trasmissione benzodiazepine. Aumentano la frequenza di apertura
gabaergica specifica dei neuroni inibitori, del canale al Cl in presenza di GABA.
l’attivazione di questo neurone si riflette in
un’attività generalmente inibitoria sul SNC. Il Recenti scoperte: sub unità̀ specifiche del recettore
meccanismo tramite il quale svolgono la loro GABAa sono responsabili di proprietà̀ farmacologiche
azione è una modulazione allosterica positiva del specifiche delle benzodiazepine  composti con
recettore GABAa che viene reso più affine al suo maggiore selettività̀
ligando GABA con conseguente potenziamento
della trasmissione gabaergico.

Il GABA, acido gamma aminobutirrico, fu identificato per la prima volta nel 1950 ad opera di
Robers and Frankel
 Amminoacido
 neurotrasmettitore inibitorio
 35-40% delle sinapsi presenti a livello centrale sono GABA-ergiche
 ruolo nella fisiopatologia di numerose “malattie mentali” e non solo (ansia, epilessia)

Recettore GABA B

Fig. 2.32. – Rappresentazione


schematica del recettore GABA .
B
Glicoproteina eteropentamerica di ~
275kDA Clonato nel 1987

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Differenti sub unità̀ polipeptidiche. Sono state identificate:


• 6 sub unità̀ α
• 4 β
• 3 γ
• 1 δ
• 1 ε
• 1 θ
• 3 ρ  (GABA C)
Possibili combinazioni diverse diversa
distribuzione controllo di funzioni diverse.
Sottotipi di recettori GABA A

I recettori contenenti la sub unità̀ α 1 sembrano mediare l’attività dei farmaci sedativo-ipnotici
mentre quelli contenenti la sub unità̀ α 2 sembrano mediare l’attività ansiolitica.
Legame del GABA al proprio recettore

apertura del canale al cloro

Le benzodiazepine:
• Sono MODULATORI ALLOSTERICI del recettore GABAA
• Aumentata frequenza di apertura del canale per il Cl-
• No effetti in assenza di GABA (GABA mimetici indiretti)

I neuroni noradrenergici del locus coeruleus svolgono un ruolo


essenziale nella regolazione del tono dell’umore e degli stati
emozionali, come pure nelle manifestazioni somatiche
associate all’ansia (tachicardia, ipertensione, secchezza delle
fauci).
Lo stress acuto stimola la funzione del locus coeruleus e la
liberazione di NA.
Gli agonisti GABAergici antagonizzano i sintomi dell'ansia
riducendo la liberazione di NA dai neuroni del locus coeruleus.
- AGONISTI PIENI: alta attività̀ intrinseca Diazepam,
Midazolam, flunitrazepam
- AGONISTI PARZIALI: debole attività̀ intrinseca;
antagonizzano gli effetti degli agonisti pieni. Clonazepam,
Bretazenil, Clordiazepossido
- ANTAGONISTI: Flumazenil
- AGONISTI INVERSI PARZIALI: antagonisti non competitivi del recettore.
- AGONISTI INVERSI TOTALI: producono una modificazione allosterica opposta agli agonisti
con tendenza a chiudere il canale del Cl, rendendo il neurone particolarmente vulnerabile
all'eccitazione. b-carboline

Effetti non GABA


Alte dosi
- inibizione ricaptazione adenosina - inibizione esocitosi NT Ca2+-dipendente
- inibizione canali del Ca2+ - inibizione canali del Na+
Esistono differenze tra le diverse BDZ di ordine:
- Farmacodinamico: effetto predominante (ansiolitico – anticonvulsivante...)
- Farmacocinetico: rapidità̀ e durata d’azione; metabolizzazione in metaboliti attivi differenza
di potenza

Effetti farmacologici
Riduzione dell’ansia
- Riduzione dell’ansia e dell’aggressività̀
- amnesia anterograda
- Effetto di “ammansimento”
- No specifici effetti antidepressivi

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Paradossalmente, possono determinare un aumento dell’irritabilità̀ e dell’aggressività̀ in alcuni


soggetti.

AZIONE DELLE BENZODIAZEPINE SUGLI STADI DEL SONNO


Stadio Effetto delle benzodiazepine
0 (veglia) (1-2%) Diminuito
1 (sonnolenza “discendente”) (3-
Fase 6%) - Diminuito da flurazepam, lorazepam (Tavor), nitrazepam
non
2 (sonno) (40-50%) Aumentato
REM
3o(passaggio al sonno profond o) (5-
Diminuito
8%)
4 (sonno “profondo”) (10%) Diminuito
- Diminuito (in genere) di durata - Aumentato il numero di
Fase REM
fasi
25-35%
REM durante la notte
Diminuisce numero risvegli tolleranza

L’ambito dei dosaggi riportati in tabella si


riferisce all’effetto che si può̀ ottenere
dopo una singola somministrazione
orale.
* Dose “ansiolitica” o “ipnotica” non ben
definita perché́ il farmaco è stato
introdotto sul mercato esclusivamente a
scopo ipnotico o ansiolitico.

Effetti anticonvulsivanti
Inibizione sviluppo e propagazione di attività̀ epilettiforme
Effetto del clonazepam (rivotril), nitrazepam, lorazepam e
diazepam

Effetto miorilassante
ad alti dosaggi è depressione della trasmissione a livello della
giunzione neuromuscolare scheletrica.
aumento del tono muscolare: caratteristica comune degli stati di
ansia

Tratto gastrointestinale
migliorano molti disturbi g.i. di “origine ansiosa”.
Le Bz proteggono parzialmente dalle ulcere da stress nel ratto il
diazepam  la secrezione gastrica notturna nell’uomo.

Respirazione
- soggetti sani, a dosi ipnotiche, sono prive di effetti sulla
respirazione; - depressione respiratoria in pazienti con patologie
polmonari
- apnee ostruttive in pazienti che già̀ ne soffrono

Sistema cardiovascolare
effetti minimi nei soggetti sani
A dosi preanestetiche: ↓pressione sanguigna e frequenza
cardiaca.

Farmacocinetica

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- Assorbimento
Buon assorbimento per os:
diazepam e midazolam  Cmax entro 1h;
prazepam, oxazepam e alazepam  Cmax dopo 3 ore;
clordiazepossido, lorazepam, triazilam e alprazolam  Cmax intermedio Somministrazione
i.m: assorbimento meno rapido e completo;
Somministrazione rettale: valida alternativa a quella orale
Somministrazione per via e.v: permette un effetto immediato Diazepam nello status
epileticus; midazolam in anestesia
- Distribuzione
Alto legame alle proteine plasmatiche
Spiccata liposolubilità
Alto Vd (≈ 1l/kg)
Passano la barriera placentare; presenti latte materno
- Metabolismo
Citocromo P450: CYP3A4 e CYP2C19

Sintomatologia da sovradosaggio nel neonato: floppy infant syndrome


- decreased muscle tone; muscles feel soft and doughy
- ability to extend limb beyond its normal limit
- failure to acquire motor skill developmental milestones (such as holding head up without
support from parent, rolling over, sitting up without support, walking)
- feeding problems (inability to suck or chew for prolonged periods)
- mouth hangs open with tongue protruding (underactive gag reflex)

Metabolismo delle benzodiazepine.

Classificazione delle
benzodiazepine in base
alla loro durata d’azione lunga

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Fattori che possono influenzare la farmacocinetica delle Benzodiazepine


- Età̀ Infanzia 20  3
Emivita plasmatica (ore) del diazepam Adulto 20  4
in funzione dell’età̀ Anziano 100  20
Prematuro 75  37 - Epatopatie
Neonato a termine 31  2 - Terapie farmacologiche

Influenza negativa sui processi di apprendimento (amnesia anterograda)


- Alterazioni del sensorio: disorientamento temporale e spaziale
- Perdita di memorizzazione e breve termine (blackout)
- Affettività̀ alterata (espressione esteriore dei sentimenti)
- Droghe da stupro: sedazione cosciente

Rang and Dale (1991)


All’età̀ di 91 anni la nonna di uno degli autori stava diventando sempre più̀ smemorata, avendo preso
regolarmente per anni nitrazepam per l’insonnia.
Un oculato medico di base riuscì̀ ad identificare il problema.
La sospensione del trattamento con nitrazepam produsse un incredibile miglioramento:
sedazione diurna, compromissione della normale funzione psicomotoria, confusione mentale,
riduzione memoria a breve termine e dell’attenzione, agitazione, alterazione performances,
disturbi equilibrio, effetti paradossi

EFFETTI COLLATERALI DELLE BENZODIAZEPINE


Effetti collaterali durante uso terapeutico
- Eccessiva sedazione (̄ concentrazione Negli anziani:
e coordinazione, debolezza musc...) - Confusione mentale
- Astenia; ipotonia muscolare - Turbe mnesiche
- Ridotte perfomances psicomotorie e - Atassia
cognitive - Vertigini
- Effetti residui (hangover) - Ipotensione
- Amnesia anterograda (possibili black- - Effetti paradossi
out) In gravidanza:
- Depressione - Sindrome d’astinenza nel neonato

Conclusion
CBT-I is an effective treatment for
insomnia that can produce durable
results in a relatively brief number of
visits.
Low- to moderate quality evidence
suggests it has greater effectiveness
than medications for treatment of insomnia six months or more after therapy is completed.
Additional research is needed to validate its effectiveness in long-term studies beyond 1–2 years and
in patients with comorbid insomnia.
Additional research is also needed to establish a benefit for CBT-I with respect to important
psychological outcomes including quality of life.

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Per il trattamento a lungo termine di disturbi come l’insonnia, l’ansia generalizzata, le fobie e i disturbi
da crisi di panico o quelli da stress post-traumatico, sono preferibili trattamenti comportamentali e con
f. antipsicotici atipici o antidepressivi, piuttosto che una terapia con BDZ.

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In alcuni casi, infatti, dove veniva usata una combinazione di terapie cognitivo-comportamentali e
BDZ per trattare l’ansia, le BDZ avevano il potenziale di interferire con la terapia cognitiva,
riducendone significativamente l’efficacia.
(né il pz né il suo terapista sono in grado di definire quali sarebbero le abilità cognitive del pz in
assenza del farmaco)

EFFETTI COLLATERALI DELLE BENZODIAZEPINE


alto indice terapeutico
Tossicità̀ acuta
A dosi tossiche
- Sedazione profonda - Stato confusionale
- Sonno con astenia muscolare - Turbe del linguaggio
- Ipotensione ortostatica - Può̀ essere letale l’associazione con
- Ipotermia farmaci deprimenti del SNC
Antagonista efficace = Flumazenil
L'intossicazione da benzodiazepine di solito è una urgenza ma raramente è una emergenza. Lo
diventa soprattutto in occasione di intossicazioni miste.
Tolleranza (progressiva perdita di efficacia)
- L’uso prolungato (cronico) di BDZ comporta la comparsa di tolleranza
- Fenomeno particolarmente spiccato per gli effetti ipnotici ** e anticonvulsivanti*
- La tolleranza agli effetti sedativi può̀ risultare terapeuticamente utile nel trattamento dei
disturbi d’ansia
Dipendenza
- Ild 15-44 % dei pazienti va incontro a disturbi dastinenza dopo brusca sospensione terapia
cronica
Sintomi di astinenza
I sintomi più̀ comuni sono: - tremori alle mani
- Ansia Meno comuni:
- Irritabilità̀ - dolori muscolari
- agitazione psicomotoria - vomito
- nausea - più̀ raramente convulsioni e sintomi
- cefalea psicotici
- palpitazioni

“Te lo prescrivono con leggerezza com’è capitato a me, e non puoi più̀ farne a meno” scrive in un
social network Lloollee: “la dipendenza è la tortura delle 3 sole confezioni al mese che puoi prendere
in farmacia” [...] Help racconta: “Ho 34 anni e da più̀ di 10 sono dipendente del maledetto Minias (1
flacone al giorno) non so più̀ che fare, voglio smettere perché́ mi sento un tossicodipendente” [...]
Ogni settimana Lugoboni ricovera nel suo reparto due pazienti dipendenti da Minias gocce per
disintossicarli. Sulla rivista scientifica Risk management and healthcare policy ha analizzato l’attività̀
degli ultimi 7 anni del suo reparto: 4 letti per circa 150 pazienti l’anno. Su 879 pazienti trattati per ogni
tipo di dipendenza (droghe, alcol ecc.), 281 (32%) erano dipendenti da benzodiazepine. In vendita ci
sono 26 principi attivi diversi, e 20 diversi tipi di generici a base di lormetazepam, ma la metà dei casi
di dipendenza sono da Minias gocce. Focus ha contattato l’azienda produttrice del Minias, Bayer, che
ha commentato: “Siamo sensibili al problema e adotteremo tutte le misure che si renderanno
necessarie o che l’Aifa vorrà̀ adottare”. Focus n.243 gennaio 2013

DIPENDENZA
Aumento della trasmissione dei neuroni dopaminergici che originano dalla VTA e proiettano al
NC ed alla corteccia prefrontale

PROGRAMMA DI TRATTAMENTO DELLA DIPENDENZA DA BDZ


1. Scalaggio lento della BDZ (possibile
sostituire una BDZ a breve con una a lunga
emivita) + CBT;
2. Contemporanea copertura con GABA-
agonisti non benzodiazepinici che possono
fungere anche da anticomiziali

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(carbamazepina, valproato); è possibile utilizzare anche antidepressivi sedativi e


neurolettici;
3. L’eventuale trattamento sintomatico della sindrome di astinenza (antidolorifici,
miorilassanti);
4. Il ricorso a farmaci come la clonidina ed il propranololo, utili come anti-astinenziali sia
sintomatici (ipertensione, tachicardia) che eziopatogenetici in virtù̀ dell’attività̀ anti-
noradrenergica;
5. Trattamento della depressione reattiva alla perdita dell’oggetto di dipendenza e degli
eventuali fenomeni rebound: antidepressivi a spettro ansiolitico ed ipnoinducente come
l’amitriptilina ed alcuni antidepressivi atipici (trazodone, mianserina) ...;

Indicazioni terapeutiche delle BDZ


- Terapia dei disturbi d’ansia
- Terapia dell’insonnia
- Anticonvulsivanti: terapia dell’epilessia nello stato di male epilettico
- Premedicazione in anestesia
- Sedazione per l’esecuzione di manovre terapeutiche e/o diagnostiche
- Induzione e mantenimento dell’anestesia bilanciata (midazolam)
- Controllo dell’astinenza da alcool
- Rilasciamento della muscolatura nella spasticità̀ di origine centrale
- Nelle malattie psicosomatiche (ulcera gastrica, asma bronchiale, ipertensione essenziale,
ecc.)
- In tutte le malattie organiche con spiccata componente ansiosa sovrapposta

CONTROINDICAZIONI DELLE BENZODIAZEPINE


- Insufficienza respiratoria - Personalità̀ labili (rischio di
(pneumopatie croniche ostruttive, farmacodipendenza)
cuore polmonare cronico, ecc.) - Gravidanza
- Insufficienza epatica grave - Uso contemporaneo di alcol (o di altri
- Vecchiaia depressivi del SNC)
- Stati depressivi (rischio di suicidio)

Flumazenil
Imidazobenzodiazepina con un’azione antagonista sul complesso recettoriale GABA-BDZ
Attività̀ intrinseca di scarsa rilevanza clinica
disponibile per usi clinici dal 1991
Farmacocinetica del flumazenil
- Disponibile solo per somministrazione ev
- Rapida comparsa dell’effetto terapeutico (1-2 min)
- Metabolizzato quasi interamente a livello epatico
- Scarso legame alle proteine plasmatiche
- Emivita di un ora circa (la più̀ bassa tra le BDZ usate nella pratica anestesiologica)
- Effetti clinici di 60 min. (max 2 ore)
Effetti collaterali
- Nausea e vomito, agitazione psicomotoria.
- Più̀ raramente: convulsioni, ipotensione ed aritmia, attacchi di panico
- Sindrome di astinenza in pazienti che hanno sviluppato dipendenza fisica alle BDZ.
- In pazienti che hanno ingerito BDZ con antidepressivi triciclici possono verificarsi convulsioni
e aritmie cardiache
Indicazioni d’uso del flumazenil
- Annullamento dell’effetto delle BDZ: 0,1-0,2 mg ripetuti fino a 3 mg
NOTA BENE:
- La dose richiesta per annullare ciascuna BDZ dipende dalla BDZ residua e dalla particolare
BDZ. Per le BDZ più̀ potenti sono richieste dosi più̀ alte.
- Il grado di annullamento dovrebbe essere titolato ripetendo somministrazioni di 0,2 mg ogni 1-
2 min., finché si raggiunge il livello desiderato di annullamento.
- Un uso promettente è nella terapia dell’encefalopatia epatica
- Non usare nelle intossicazioni miste da benzodiazepine, triciclici ed analettici

Linee generali di terapia dell’insonnia

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Insonnia transitoria Insonnia cronica


- Ipnotico per 1-3 notti - L’utilità del trattamento è controversa
Insonnia di breve durata - Psicoterapia per massimo 4 settimane
- Ipnotico sino a che si è ristabilito il seguito da una sospensione graduale
ritmo del sonno - Eventuale ipnotico saltuariamente, al
- Minima dose efficace bisogno
- Sospensione graduale dopo alcuni Farmaco a breve emivita per difficoltà
giorni di sonno accettabile nell’addormentamento
Farmaco a emivita intermedia per risveglio
precoce o necessità di ansiolisi diurna

Nuovi agonisti dei recettori per le benzodiazepine

Effetti tossici: sonnolenza, vertigini, diarrea

Ansiolitici che non interagiscono con i recettori GABA A

Agonista parziale dei recettori per la serotonina 5-GT1a


- È un efficace ansiolitico
- Ha una lieve attività antidopaminergica
- Non interferisce con i recettori GABA: non induce sedazione, né effetti negativi di tipo
cognitivo o psicomotorio
- Non provoca tolleranza né dipendenza
- L’inizio dell’effetto terapeutico è ritardato (2-3 settimane): non è indicato nelle forme di ansia
acuta o nel disturbo da attacchi di panico

I livelli di Melatonina aumentano all’avvicinarsi dell’ora di coricarsi; rimangono stabili durante il sonno
notturno; diminuiscono al risveglio.
Circadin (melatonina 2mg a rilascio prolungato) è indicato come monoterapia per il trattamento a
breve termine dell'insonnia primaria caratterizzata da una qualità̀ del sonno scadente in pazienti da 55
anni di età̀
Circadin può̀ causare sonnolenza. (in Italia dal 2013).

6. FARMACI ANTIDEPRESSIVI

Col termine “antidepressivo” si comprendono alcune categorie farmacologicamente accomunate da


un’azione prevalente, e ritenuta responsabile degli effetti terapeutici, sui neurotrasmettitori
noradrenalina e serotonina e in minor misura dopamina.
Oggi il raggio d’azione terapeutico si è esteso al di là dei disturbi dell’umore per includere tutte le
forme ansiose, disturbo ossessivo-compulsivo, controllo degli impulsi, sintomi negativi della
schizofrenia, ecc…
I farmaci antidepressivi hanno una latenza di qualche settimana (2/3), ciò è dovuto al fatto che
l’azione terapeutica non è direttamente dipendente dalla presenza del farmaco. Il farmaco, inizia

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invece una serie di eventi biochimici a catena che, a partire dall’azione sui vari recettori delle
monoamine, si riflette in modificazioni morfofunzionali nel cervello che sono in ultima analisi le vere
responsabili dell’effetto terapeutico.
- Producono un effetto plastico positivo e rigenerativo sul sistema nervoso centrale
- Sono in grado di invertire l’azione negativa dello stress sul sistema nervoso

I farmaci antidepressivi hanno modificato in meglio due grosse categorie di disturbi affettivi:
1) Depressione Maggiore;
2) Disturbo Bipolare

DEPRESSIONE MAGGIORE DETERMINA:


- Area emotivo-affettiva: sensi di colpa;
- Area vegetativa: disturbi del sonno;
- L’attività̀ psico-motoria: eloquio compulsivo, vuoto mentale;
- La sfera cognitiva: alterazioni della concentrazione e della memoria;
Viene considerata una Sindrome perché́ in essa vi è una costellazione di sintomi che possono
comparire in modo variegato, coinvolgendo diverse aree. Ecco perché́ risulta essere complesso un
l’approccio farmacologico.
- No test diagnostici obiettivi
- Serie variabile di sintomi

POLARITÀ: - Eccessivo coinvolgimento in attività


- Aumentata autostima piacevoli
- Ridotta necessità di sonno
- Loquacità̀ superiore alla norma CICLICITÀ:
- Fuga di idee - Ripetersi di un episodio anche a
- Distraibilità̀ distanza di tempo
- Aumentata attività̀ finalizzata o
agitazione

Ipotesi genetica/familiare (40-50%): esiste una


suscettibilità̀ genetica, ma ad essa occorre che
intervengano altri fattori, quali l’ambiente, traumi
emozionali, stress, patologie croniche come il
Parkinson, Tumori ecc. affinché́ possa insorgere la
depressione, ecco perché́ potremmo dedurre che
“non” esiste un solo fattore genetico in quanto
intervengono anche fattori non genetici, come
sopra elencati.

La più̀ importante teoria EZIOPATOGENETICA


sulla depressione identifica la presenza di un
meccanismo alterato a livello organico.
L’individuazione di tale alterazione è stata
individuata mediante la presenza di un vecchio
farmaco: la Reserpine, usato nel curare pazienti
ipertesi.
Nell’usare questo farmaco si è constatato che sebbene questo farmaco curasse la ipertensione, in tali
pazienti vi era l’insorgenza a pensieri suicidari, malinconici e depressi (tutti effetti collaterali del
farmaco). Da ciò̀ si è indagato meglio il meccanismo d’azione della Reserpina, infatti si è visto che
esso andando a svuotare le Vescicole Noradrenergiche effettivamente causava un importante
abbassamento della ipertensione, ma andava ad intaccare anche il bilanciamento del sistema delle
Catecolamine determinando una disfunzione nel tono dell’umore. Ecco che da tale esperienza si è
iniziato a dedurre che i pazienti depressi hanno un abbassamento del tono Noradrenergico che ha
origine dal Locus Coeruleus. Locus Coeruleus (sorgente NE)

Al sistema Noradrenergico è associata anche la Serotonina che si diffonde a ventaglio nelle diverse
zone del cervello (corteccia prefrontale – fino al sistema limbico). Quindi dato che la Serotonina e
Noradrenalina modulano vari funzioni cerebrali tra cui:
- l’umore - il sonno

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- funzioni cognitive - afferenze sensoriali


- regolazione del sistema nervoso - appetito
simpatico - comportamento sessuale
- influenzano il SNC periferico
(nocicezione, afferenze sensoriali,
termoregolazione)
Potremmo dire che tutto questo complesso sistema viene di conseguenza alterato nei pazienti
depressi.

Oltre questi due Neurotrasmettitori è implicata


anche la Dopamina che essendo intaccata in modo
disfunzionale altera il sistema della gratificazione.
Infatti uno dei sintomi tipici di un paziente depresso
è di non provare alcun piacere nelle attività̀ ,
giungendo fino alla Anedonia. La Dopamina
modula varie funzioni cerebrali:
- umore
- funzioni cognitive
- funzioni motorie
- sistema motivazionale
- comportamenti aggressivi
- piacere

Le ipotesi classiche sulla patogenesi dei disturbi dell’umore riconoscono una alterazione funzionale
dei sistemi 5-HT e NA nel cervello.

IPOTESI MOLECOLARE
DM: riduzione BDNF; CREB; ARC
5-HT e NA hanno un ruolo trofico nell’ippocampo: i farmaci antidepressivi possono migliorare la
funzione dei circuiti limbici incrementando la neurogenesi e migliorando il trofismo e la funzionalità
cellulare (BDNF-CREB-ARC)

Ritornando agli
effetti della
Reserpina, in cui nel
ridurre

l’ipertensione induceva l’insorgenza della depressione intaccando il sistema Noradrenergico e


Serotoninergico, si potrebbe tentare un approccio farmacologico che tenti invece di ripristinare questi
due sistemi. Il presupposto è quello di far in modo che il paziente abbia più̀ possibilità̀ di attivare una
serie di recettori che in condizioni depressive vengono inibiti. Tuttavia, pur somministrando tali farmaci
in grado di potenziare i sistemi intaccati, questi hanno una azione farmacologica dopo 2 settimane.
Questo tempo di efficacia alquanto lungo ci fa dedurre che nella depressione non vi è solo una
disfunzione dei neurotrasmettitori, ma anche una alterazione della plasticità̀ sinaptica, intesa non solo
come presenza o meno di neurotrasmettitori nel vallo sinaptico, ma anche di una riduzione delle
Neurotrofine di II e III Messaggeri.
Questa situazione così complessa è il motivo del perché́ l’effetto degli antidepressivi non è così

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immediato, in quanto devono gestire prima tutto un adattamento plastico dei neuroni, che di per sé
richiede il giusto tempo fisiologico.
I farmaci attualmente presenti hanno la finalità̀ di “riproporre un tono Catecolaminergico (adrenalina e
noradrenalina), adeguato”, ovvero una quantità̀ sufficiente di neurotrasmettitori a livello del vallo
sinaptico in grado di attivare i recettori intaccati e che a loro volta attivino una cascata di
neurotrasmettitori.

Domanda: come si può̀ incidere sulla trasmissione nervosa, tale da indurre una situazione di aumento
di neurotrasmettitori?  sia mediante il sistema della ricaptazione ma anche mediante gli inibitori delle
MAO (le MAO sono le monoamminossidasi che servono a distruggere all’interno del vallo sinaptico il
neurotrasmettitore). Tra le prime ipotesi vi era proprio di somministrare gli inibitori delle MAO,
favorendo così la presenza di più̀ neurotrasmettitori da poter rilasciare, aumentando la trasmissione
noradrenergica, serotoninergica e dopaminergica. Però si è scoperto che gli inibitori delle MAO
avevano dei seri effetti collaterali, in quanto recavano ipertensione. Per tale motivo le molecole delle
MAO sono state sottoposte a modifiche molecolari, determinando la nascita del farmaco RIMA
(selettivi e reversibili) attualmente ancora utilizzato.
Questo farmaco è reversibile: si intende che il farmaco blocca un tipo di legame per un certo lasso di
tempo per poi staccarsi, a differenza degli inibitori della MAO che sono irreversibili, inteso che il
farmaco si lega alla MAO e ci rimane per tutta la sua emivita, non potendo più̀ essere utilizzato.

PRINCIPALI CLASSI DI FARMACI ANTIDEPRESSIVI:


- inibitori delle monoaminoossidasi (IMAO)
- antidepressivi triciclici (TCA)
- inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI)
- inibitori del reuptake della NA e 5-HT (SNRI)
- inibitori selettivi del reuptake della NA (NARI)
- serotoninergici specifici e noradrenergici (NaSSA)

INIBITORI DELLE MONOAMINOOSSIDASI (IMAO)


I primi antidepressivi scoperti sono stati gli inibitori delle monoaminoossidasi (IMAO) come
isocarbossazide e fenelsina. A causa della scarsa manegevolezza per le restrizioni dietetiche che
comportano e per il fatto di essere “farmaci orfani” gli IMAO non sono praticamente più utilizzati.
In Italia è reperibile solo il Parmodalin.

Meccanismo d’azione: inibizione delle monoaminossidasi, enzimi deputati alla degradazione delle
monoamine (adrenalina, noradrenalina, dopamina, serotonina), in modo irreversibile e non selettivo
per le MAO-A e le MAO-B. L’azione terapeutica dipende dall’inibizione delle MAO-A, deputate alla
degradazione di noradrenalina (NA) e serototina (5-HT), con successivo aumento della quantità del
neurotrasmettitore nel vallo sinaptico.

I-MAO:
- Non selettivi e irreversibili:
Iproniazide
Isocarbossazide
Tranilciprodina
RIMA selettivi e reversibili
- Moclobemide (Aurorix)
- Toloxatone (Umoril)
- Belfoxatone
(bassa aff. X MAO A)
Effetti collaterali:
- Stipsi
- Nausea
- Impotenza
- Cefalea
- Interazioni farmacologiche (no restrizione
dieta)
Tuttavia, anche i farmaci RIMA pur essendo più̀ leggeri causano diversi effetti collaterali, ecco perché́
anche quest’ultimi vengono spesso sostituiti con i farmaci TRICICLICI e gli SSRI (inibitori del reuptake
della 5-HT).

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ANTIDEPRESSIVI TRICICLICI (TCA)


Gli antidepressivi nascono dagli studi su analoghi delle
fenotiazine ottenuti per separare l’attività sul SNC da quella
antilstaminica, sedativa, analgesica e antiparkinsoniana.
L’efficacia negli stati depressivi senza effetti antipsicotici fu
determinata alla fine degli anni ’60.
Capostipite della classe dei triciclici

Meccanismo d’azione: l’azione antidepressiva dipende dal blocco delle pompe di ricaptazione di 5-
HT e NA con successivo aumento della quantità del neurotrasmettitore nel vallo sinaptico. Ma l’effetto
antidepressivo, che si verifica almeno dopo 2-3 settimane non sarebbe connesso all’aumento della
disponibilità del neurotrasmettitore nel vallo sinaptico che si verifica poche ore dopo la
somministrazione del farmaco, bensì alla promozione della neurogenesi a livello del sistema nervoso
centrale. E in particolare del sistema limbico. È stato infatti dimostrato, in pazienti depressi che
presentavano una riduzione del volume dell’ippocampo, che con la somministrazione di antidepressivi
si aveva, parallelamente alla risoluzione della sintomatologia depressiva, la normalizzazione del
volume dell’ippocampo.

I TCA pur condividendo l’effetto del blocco della ricaptazione di serotonina e noradrenalina si
differenziano in larga misura tra loro per quanto riguarda l’attività relativa sull’uno o l’altro
neurotrasmettitore.
- Clomipramina è un potente inibitore della ricaptazione della serotonina con effetti
relativamente ridotti sulla NA
- Desiamipramina agisce quasi esclusivamente su NA con effetti trascurabili su 5-HT
- Amitriptillina ha un’azione prevalente su 5-HT ma viene trasformata in parte in nortriptillina la
cui azione è esclusiva sul NA (processo di demitilazione)
Assumendo un farmaco si ha dunque una miscela di più farmaci.

TCA: Selettivi e non specifici:


- Imipramina (Tofranil)
- Amitriptilina (Laroxyl, Adepril, Trptizol)
- Clomipramina (Anafranil)
- Desiamipramina (Nortimil)
- Trimipramina (Surmontil)

Farmacocinetica:
- Assorbimento: rapido e completo per os (picco plasmatico dopo 2-8h); effetto di primo
passaggio
- Distribuzione: elevata liposolubilità̀, 90-95% legati alle proteine plasmatiche
- Metabolismo epatico: demetilazione ed idrossilazione  metaboliti attivi (amine secondarie),
t/2 – 15-30h; glicurono-coniugazione
- Escrezione: renale (completa dopo 7-10 giorni)

Effetti collaterali:
- α -1: vertigini; ipotensione ortostatica, problemi eiaculatori.
- M1: secchezza delle fauci; stipsi; ritenzione urinaria; visione offuscata; tachicardia; disturbi
cognitivi; delirio
- H1: aumento ponderale; sonnolenza; vertigini; sedazione
- TCA: stabilizzazione di membrane; disturbi del ritmo cardiaco

ANZIANI: tremore; riduzione soglia convulsiva  mioclono ed epilessia; viraggio maniacale

Decessi associati a trattamento con TCA si verificano a dosi circa 10 volte maggiori di quella normale
(basso IT). In generale, nortripitilina e desipramina sono scelte ragionevoli per il trattamento iniziale,
quando si opta per TCA – minori effetti collaterali.

Gli antidepressivi Triciclici in principio nascono per un’altra patologia mentale che è la Psicosi, ma
successivamente è stato deputato come farmaco antidepressivo, grazie alla presenza della

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Imipramina che migliorerà il tono dell’umore.

Domanda: qual è il meccanismo d’azione degli antidepressivi triciclici?  bloccano il reuptake che
avviene per mezzo di diversi trasportatori, quali: i trasportatori della Serotonina, della Noradrenalina
ecc. infatti non sono farmaci specifici e selettivi.
Questi farmaci sono altamente Liposolubili in quanto raggiungono il cervello oltrepassando la barriera
ematoencefalica.
Domanda: come mai la farmacologia ha dovuto inventare gli SSRI tenendo conto che anche i
TRICICLICI funzionano allo stesso modo?  In quanto nella bilancia rischio – beneficio, il rischio del
paziente nell’assunzione dei Triciclici è molto significativo nel causare effetti collaterali invalidanti:
essendo antagonisti dei recettori M1 (recettori muscarinici), bloccano l’effetto dell’acetilcolina (come
sappiamo deputato al sistema parasimpatico); inoltre intaccano anche i recettori H1 (antistaminici) e
infine negli anziani incidono molto negativamente.
Sulla base di tali rischi ed effetti collaterali è più̀ opportuno utilizzare gli SSRI che determinano effetti
positivi molto importanti con una forte riduzione degli effetti collaterali.

INIBITORI SELETTIVI DEL REUPTAKE DELLA SEROTONINA (SSRI)


Meccanismo d’azione: analogo a quello dei triciclici, ma con azione selettiva solo sulla serotonina.
Tale azione, aumentando la disponibilità del neurotrasmettitore a livello delle sinapsi, innesca una
catena di eventi che, analogamente ai triciclici, porta ad un aumento della neurogenesi e della
plasticità cerebrale.
- Fluoxetina (Prozac)
- Fluvoxamina (Fevarin, Maveral)
- Paroxetina (Sereuptin, Dropaxin) p**
- *Citalopram (Elopram, Seropram)
- Sertralina (Zoloft)
- Escitalopram (S-citalopram)
- (Entac) s**
Farmacocinetica:
- Assorbimento: rapido e completo per os (picco plasmatico dopo 6h)
- Distribuzione: elevata liposolubilità̀, 90-95% legati alle proteine plasmatiche
- Metabolismo epatico: demetilazione ed idrossilazione  metaboliti attivi (t/2 da 15 a 10
giorni); glicurono-coniugazione
- Escrezione: renale completa fino a diverse settimane
Effetti collaterali:
- effetti gastrointestinali: nausea, diarrea, anoressia e perdita di peso
- effetti neurologici: cefalea, ansia, nervosismo, anoressia
- disfunzioni sessuali: riduzione della libido, impotenza, anorgasmia
- SINDROME SEROTONINERGICA: tremore, rigidità̀ muscolare, confusione mentale
- Paroxetina: disfunzioni erettile (recando ulteriore disagio alla sua vita emotive e sociale)  si
applica il trattamento della DRUG HOLIDAY
- Sertralina: blocco DAT-proprietà disinbent/attivanti (+++ansia)

In caso di abuso delle SSRI o di associazione con altri farmaci, tipo l’Erba di San Giovanni si può̀
incorrere nell’insorgenza della Sindrome Serotoninergica.
In quest’epoca si fa sempre più̀ diagnosi di depressione, ADHD, psicosi, ecc. anche ai bambini
ricorrendo spesso ai farmaci. Tali terapie seppur curino (si fa per dire) i disturbi, tendono sempre più̀ a
far insorgere pensieri suicidari in questi giovani pazienti, ciò̀ che invece non succedeva con la terapia
dei TRICICLICI.
Ecco un esempio di un bugiardino in cui vien fuori la “black box” in quanto raccomanda una attenta
assistenza da parte di medici e genitori verso i bambini.
Oggi a differenza di anni fa ci si basa più̀ su un approccio multidisciplinare (farmacologico,
psicoterapeutico, assistenziale, ecc.), con tutte le sue mille difficoltà culturali ed economici.

Differenze cliniche tra SSRI ed antidepressivi Triciclici:


- Sostanziale equivalenza terapeutica nel trattamento della depressione;
- Identico periodo di latenza (2-3 settimane) per la comparsa della risposta;
- Gli SSRI presentano un più̀ favorevole profilo di tollerabilità̀ rispetto ai triciclici;
- Gli SSRI presentano una minore tossicità̀ da sovradosaggio.

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Domanda: perché́ si usano maggiormente le SSRI rispetto ai Triciclici?  sebbene il successo


terapeutico sia garantito da entrambi, con uguale periodo di latenza (cioè̀ occorrono in entrambi i casi
circa 2 settimane affinché́ siano efficaci), sono preferiti gli SSRI perché́ hanno minori effetti collaterali
e un profilo di tollerabilità̀ più̀ favorevoli rispetto ai Triciclici.
Inoltre gli SSRI presentano una minor tossicità̀ in caso di sovradosaggio, dato che è tipico che i
pazienti depressi abusino di tali farmaci.

INIBITORI SELETTIVI DEL REUPTAKE DELLA NORADRENALINA E/O DELLA SEROTONINA


(SNRI)
Meccanismo d’azione: la venlafaxina agisce attraverso l’inibizione della ricaptazione della
serotonina e in misura minore della NA (con moderata azione anche sulla dopamina), in assenza
dell’azione di blocco sui recettori adrenergici (alfa-1), dell’istamina (H1) e dell’acetilcolina (M1),
principale responsabile degli effetti collaterali dei TCA classici. Attiva inoltre un meccanismo di stimolo
sulla neuroplasticità analogo a quello descritto per gli SSRI. La duloxetina agisce con lo stesso
meccanismo descritto per la venlafaxina ma gode di una più inciva azione di blocco del reuptake della
NA che ne determina il profilo di azione più equilibrato.

Inibitori selettivi del reuptake della NA (NRI)


- Reboxetina (affaticabilì-d. cognitivi- deficit d’attenzione) [insonnia, ipotensione, secch. fauci]
Inibitori del reuptake della NA e 5-HT (SNRI)
- Venlafaxina: (Efexor, Zaliris)
- Duloxetina: (Cymbalta, Xeristar)

Domanda: esistono solo i triciclici e gli SSRI che possono controllare i disturbi dell’umore?  NO.
Esistono anche altre categorie di antidepressivi, quelli più̀ selettivi non solo delle Catecolamine ma
anche della Noradrenalina, tipo la Reboxetina. La Reboxetina conviene utilizzarla nel caso di un
paziente anziano, perché́ questo farmaco interagendo con la Noradrenalina (deputato al sistema
simpatico in modo specifico all’attenzione) evita di aggravare i deficit di attenzione che già̀ di per sé
sono intaccati.
Esistono farmaci ad inibitori misti, ovvero che si associano alla inibizione del Reuptake della
Serotonina (tipico del Prozac) e della Noradrenalina. Un farmaco del genere è la Venlafaxina.

INIBITORI SELETTIVI DEL REUPTAKE DELLA NA (NARI)


Meccanismo d’azione: la reboxetina svolge la sua zione in modo selettivo sul sistema della NA
inibendone la ricaptazione.

ANTIDEPRESSIVI SPECIFICI NORADRENERGICI E SEROTONINERGICI (NASSA)


Meccanismo d’azione: inibisce i recettori presinaptici alfa-2 delle fibre serotoninergiche e
noradrenergiche impedendo così il fenomeno di feedback negativo che diminuisce il rilascio di questi
neurotrasmettitori. È anche in grado di inibire alcuni recettori serotoninergici riducendo una serie di
effetti collaterali dovuti all’aumento delle concentrazioni di serotonina.

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Infine ci sono farmaci antidepressivi un po’ più̀ atipici, ma sempre specifici Noradrenergici e
Serotoninergici, i cosiddetti NASSA che hanno come rappresentante la MIRTAZAPINA, un
antidepressivo atipico in quanto agisce sia sul sistema Noradrenergico che Serotoninergico.
Gli effetti collaterali di questi farmaci sono:
- riduzione della libido;
- alterazione dell’erezione;
- eiaculazione assente o ritardata;
- anorgasmia (in tali effetti collaterali si attua la Drug Holiday: la drug holiday consiste nella
sospensione dei farmaci antidepressivi il fine settimana per ridurre la disfunzione sessuale e
permettere una ripresa della attività̀ sessuale. Oppure è possibile associare alla terapia
antidepressiva l’assunzione del Viagra).

Mirtazapina:
Meccanismi d’azione:
- antagonista α2 (autocettori ed eterocettori)
- antagonista 5-HT2C e 5-HT3
- antagonista H1
Farmacocinetica:
- Assorbimento: per os rapido, - Biodisponibilità̀ ~ 50% per os;
- Distribuzione: 85% legata proteine
- Metabolismo epatico: metaboliti attivi;
- Escrezione: renale
Effetti collaterali:
- aumento dell'appetito e del peso corporeo
- sonnolenza, sedazione
- edema generalizzato o localizzato
- (raramente) ipotensione ortostatica, mania, convulsioni, tremori, rash, aumento delle
transaminasi.

Come si può̀ notare sono implicati disturbi prettamente nella sfera sessuale, sfera molto delicata
perché́ la mancanza di rapporti può̀ aggravare la depressione.
Ecco l’IMPORTANZA DEL COUNSELING in quanto il 58% dei pazienti incorre in tali disfunzioni:
- SSRI: fino a - 58% c.a di disfunzioni sessuali; -
- Mirtazapina: 25% c.a di disfunzioni sessuali.
Le SSRI vanno usate con cautela nei riguardi dei bambini perché́ non si sa quanto possano
influenzare lo sviluppo cerebrale ed è auspicabile più̀ un approccio bio – psico – sociale.
- Riduzione del dosaggio
- Attesa: nei primi mesi del trattamento, alcuni effetti collaterali tendono a ridursi
- Variazione della terapia: soprattutto nel caso in cui gli effetti collaterali siano particolarmente
rilevanti

Rischio di sviluppare DM F/M 2-3/1


Sintesi di serotonina nei maschi  del 52% di quanto riportato nelle femmine
In relazione alla DM le femmine presentano:
- Aumento di peso
- Alterazione ritmo sonno/veglia
- Tendenza alla cronicizzazione e/o comparsa di recidive
Differente risposta al trattamento farmacologico

Fasi della terapia:


Fase acuta
- A dosaggio pieno per almeno 3 mesi fino alla remissione
Fase di proseguimento
- A dosaggio pieno per altri 6-9 mesi per prevenire le ricadute (relapse)
Fase di mantenimento
- A dosaggio ridotto per almeno 1 anno per prevenire le recidive e se/quando si dovesse
decidere di sospendere la terapia, farlo con gradualità (recurrence)

Domanda: Fluoxetina, Diazepam, Benzodiazepine ... quali di questi sono Antidepressivi?  spesso
si tende a rispondere le Benzodiazepine, ma è sbagliata come risposta in quanto non sono

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antidepressivi. L’errore è dovuto al fatto che queste (BDZ) vengono somministrate ad un depresso,
ma solo nelle prime 4 settimane dall’insorgenza e non oltre, per poi attuare una riduzione del
dosaggio. Sorge spontanea la domanda del perché́ somministrarle se non sono degli antidepressivi:
si somministrano perché́ i pazienti depressi nelle prime settimane sono soliti sperimentare solo gli
effetti collaterali dei farmaci antidepressivi, mentre le BDZ riescono a ricompensare tali effetti negativi.
Tra i sintomi negativi maggiormente presente in un depresso è l’insonnia.
Ecco inoltre che le BDZ in queste prime settimane non solo determinano un effetto ansiolitico, ma
attenuano anche l’insonnia. Tuttavia vi è sempre il rischio che si verifichino effetti tossici delle BDZ in
relazione agli antidepressivi quali le SSRI.
Attualmente oltre ai classici sistemi Catecolaminergici, (Serotonina e Noradrenalina), si sta ponendo
attenzione all’ormone – neurotrasmettitore che è la Melatonina che come sappiamo controlla il ciclo
sonno – veglia.

Esiste di fatti un nuovo antidepressivo che è L’AGOMELATINA: farmaco agonista dei recettori della
Melatonina. L’Agomelatina in 25gr. al giorno pare che riesca a dare risposte positive nei confronti di
molti sintomi della depressione, in quanto essa va ad attivare i recettori MT-1 e MT-2 a livello
cerebrale e ippocampale, che sono coinvolte nel mantenimento del sonno e dei ritmi circadiani. Inoltre
questo farmaco è un “antagonista” dei recettori della Serotonina, sebbene questa sia utile ad alleviare
la depressione.
Occorre tenere presente però che i recettori della Serotonina non sono tutti implicati per una
medesima funzione, infatti nel caso dell’agomelatina essa antagonizza uno specifico recettore della
serotonina: 5HT-2c che controlla (ridurre) il rilascio della Dopamina e Noradrenalina nelle aree
corticali. Ecco spiegato la funzione antagonista dell’agomelatina, ovvero essa blocca l’attività̀ del
recettore 5HT-2c favorendo il rilascio di Dopamina e Serotonina al livello della corteccia prefrontale.
L’Agomelatina ha effetti collaterali lievi (nausea, sonnolenza, ansia, senso di fatica, insonnia ecc.),
inoltre una condizione di Overdose non determina necessariamente una emergenza medica.
- L’ Agomelatina è ben assorbita per os (biodisponibilità̀ >> donne)
- Il cibo non interferisce con l’assorbimento del farmaco e con la sua biodisponibilità̀
- Presenta un legame con le proteine plasmatiche del 95%. È metabolizzata prevalentemente a
livello epatico (CYP1A2 x il 90%). Di conseguenza farmaci come la fluvoxamina, gli estrogeni,
il propranololo che inibiscono il CYP1A2 ne possono rallentare il metabolismo e quindi
aumentarne I livelli plasmatici.
- T/2 è breve: 1-2 ore
- L’ Agomelatina è stata approvata per uso clinico in EU nel 2009 dove è stata
commercializzata con i nomi: ValdoxanTM o Thymanax.TM (Novartis)
Effetti collaterali: lievi e transienti
- Nausea
- Sonnolenza Insonnia
- Cefalea
- Disturbi intestinali
- Ansia
- Senso di fatica
Aumento delle transaminasi (che ritornano a valori normali dopo la sospensione)
Overdose:
- Sonnolenza, agitazione, ansia, vertigini sensazione di malessere generalizzato.
- Un individuo che aveva assunto 2450 mg (vs 50mg) non ha richiesto particolari interventi
medici
Frequente riscontro in persone > 65
- Prevalenza di sintomi cognitivi
- Insonnia, ritiro sociale, perdita di interessi, scarso coinvolgimento nella vita sia familiare che
sociale
- Difficile distinzione clinica
- GIOVAMENTO DA TRATTAMENTO FARMACOLOGICO

Interazioni farmacocinetiche delle BDZ

Farmaci interferenti Meccanismo Conseguenze


Fluoxetina Inibizione del metabolismo Incremento dei livelli plasmatici
Fluvoxamina ossidativo* delle BDZ con possibile
Cimetidina aumento degli effetti clinici

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Propranololo
Ketoconazolo
Eritromicina
Carbazepina Induzione del metabolismo Diminuzione dei livelli
Fenobarbitale ossidativo e delle reazioni di plasmatici delle BDZ con
Fenitoina glucoronoconiugazione possibile riduzione degli effetti
clinici
*Le BDZ oxazepam (Limbial-Serpax) simili, coniugate direttamente con acido glucuronico, non sono
soggette a queste interazioni

SCELTA DEL FARMACO ANTIDEPRESSIVO


 Meccanismo d’azione del farmaco  classificazione clinica dell’episodio
 risposte a precedenti trattamenti depressivo
antidepressivi  trattamento di un familiare
consanguineo
Sintomi prevalenti:
- se prevalgono malinconia e inibizione sono più̀ indicati farmaci che agiscono sui sistemi di
trasmissione noradrenergica (NARI)
- se prevalgono ansia e ossessività̀ , sono da preferire farmaci che agiscono sul sistema
serotoninergico (SSRI).
Tutti i trattamenti antidepressivi iniziano a manifestare l’effetto terapeutico dopo un periodo di latenza
oscillante tra le due e le quattro settimane
- demoralizzazione del paziente
- effetti collaterali
- sindrome da attivazione» (aumento della vigilanza, attivazione motoria ed emotiva, ansia)
risponde positivamente all’associazione di ansiolitici.

Agonista dei recettori MT-1 e MT-2


Antagonista dei recettori 5HT-2c
- controllo del ciclo sonno-veglia
- modulazione del sistema immunitario
- controllo del metabolismo energetico

The 5-HT2c serotoninergic antagonism promotes


the dopaminergic (DA) firing at the ventral
tegmental area, frontal cortex, hypothalamus,
hippocampus, medulla and pons, and also the
retina—also part of the CNS—via enhancement of
norepinephrinergic (NE) activity at the locus
coeruleus. No significant affinity for any of the
monoamine transporters or for adrenergic,
noradrenergic, dopaminergic, muscarinic,
histaminic and benzodiazepine receptors has been
reported

DISTURBO BIPOLARE
- Intense oscillazioni dell’umore
- da stato depressivo si passa ad una condizione di grande eccitamento.
La POLARITA’ determina una aumentata autostima, ridotta necessità di sonno, loquacità̀ superiore
alla norma fuga di idee, distraibilità̀, aumentata attività̀ finalizzata o agitazione, eccessivo
coinvolgimento in attività̀ piacevoli. Per poi entrare nel circolo della CICLOTIMIA.

Per il disturbo BIPOLARE uno dei farmaci implicati è il LITIO.


In caso di una domanda in merito ai sedativi bisogna tener presente che il Litio non è un farmaco
sedativo, ma è uno stabilizzante dell’umore. Tuttavia oltre ad essere uno stabilizzante dell’umore è

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anche uno stabilizzante delle membrane perché́ il suo meccanismo d’azione è implicato nel ciclo
dell’inositolo trifosfato (che fa parte della componente dei recettori di membrana); quindi il Litio
interrompendo questo ciclo impedisce ai recettori di avere a disposizione quell’inositolo trifosfato che
serve che messaggero cellulare. Per meglio dire esso va a bloccare il meccanismo di segnale,
stabilizzando la membrana in modo tale che la cellula non sia più̀ eccitabile. Un altro meccanismo
d’azione del Litio è quello di essere un NEUROPROTETTORE, in modo specifico innalza i livelli di
Neurotrofine in particolare la BDNF che favorisce la neurogenesi (processo di formazione di nuove
cellule nervose). Infatti nei pazienti Bipolari spesso il BDNF risulta essere ridotto, mentre il Litio ne
aumenta e garantisce la presenza.
In definitiva potremmo dire che il Litio è uno stabilizzante dell’umore in cui riducendo il normale ciclo
dell’inositolo trifosfato depotenzia i
recettori di membrana dell’inositolo
stesso e ha anche un effetto
Neuroprotettivo.
Per quanto possa essere un farmaco
importante, esso ha anche degli effetti
collaterali importanti fino ad indurre il
paziente a non aderire alla terapia. Si
possono presentare disturbi
gastrointestinali, vertigini, disturbi
neurologici quali
tremore e senso di confusione.

Domanda: esistono altri farmaci per il


disturbo Bipolare?  SI. Sono i farmaci
ANTIEPILETTICI, perché́ anche questi
sono degli stabilizzanti dell’umore in
quanto vanno a ridurre l’eccitabilità̀ del
neurone. Un tipico farmaco è la
LAMOTRIGINA che va a ridurre
l’ingresso di calcio nei bottoni sinaptici.
- STABILIZZANTI DELL’UMORE:
- CARBAMAZEPINA
- AC VALPROICO (basi-
organiche)
- LAMOTRIGINA

November 2009, the 6 agents approved


for use as maintenance monotherapy or
in combination with conventional mood
stabilizers are:
- Aripiprazole (Abitify)
- Quetiapine (Seroquel)
- Olanzapine, (Zyprexa)
- Lamotrigine

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7. FARMACI ANTIPSICOTICI

La Clorpromazina è un farmaco Triciclico ed è la madre di tutti i farmaci antipsicotici: usata per tutti i
pazienti Psicotici e Schizofrenici riducendo i sintomi
positivi e negativi. Anche nella Schizofrenia sono implicati
i recettori: una eccessiva stimolazione dei recettori
Dopaminergici di tipo 2 sembrano essere legati
soprattutto ai sintomi positivi della schizofrenia. Anche la
Serotonina e il Glutammato sembrano implicati in questa
sindrome complessa, ma non solo, è coinvolto anche il
sistema GABAergico. Perciò̀ l’uso della Clorpromazine è
efficace in quanto è antagonista dei recettori
dopaminergici: infatti antagonizzando i recettori
dopaminergici, specie i recettori di tipo 2, si ottiene un
effetto antipsicotico.
I farmaci antipsicotici vengono definiti: -Atarassici ; -
Neuroplegici; - Neurolettici (si è visto che attuano una alterazione motoria in cui vi è coinvolta la
dopamina, causando la sindrome Simil – Parkinson, in quanto il farmaco agisce proprio sui recettori
dopaminergici); - Tranquillanti maggiori (dato che controllano gli stati di agitazione); fino ad arrivare
alla presenza di farmaci – Antipsicotici Atipici o meglio “non convenzionali”, in quanto causano
meno reazioni avverse di tipo extrapiramidali, riducono la reazione
Parkinson – simile, ed inoltre determinano meno effetti avversi sulla
prolattina, favorendo una migliore qualità̀ della vita del paziente.
Inoltre questi farmaci hanno una efficacia maggiore anche sui sintomi
negativi della Schizofrenia, rispetto ai farmaci Tipici.

Questi nuovi farmaci (atipici), sono antagonisti della Serotonina e


hanno un maggiore effetto su di essa pur mantenendo una affinità̀
per i recettori – dopaminergici.

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- FARMACI ANTIPSICOTICI ATIPICI: maggiore efficacia sui recettori serotoninergici e minor


effetto sui recettori dopaminergici
- FARMACI ANTIPSICOTICI TIPICI: sono invece molto direzionati verso i recettori
dopaminergici, ovvero hanno una alta affinità̀ con tali recettori.

Domanda: come fanno i farmaci Atipici a controllare anche i sintomi Positivi della schizofrenia? 
avendo consolidato il concetto che essi intervengono sui
sintomi negativi operando sulla trasmissione Serotoninergica, possono anche avere effetti importanti
sui sintomi Positivi (legati alla trasmissione dopaminergica), perché́ hanno un rapporto di tipo Kiss
and Run (baci e fuggi), nei confronti dei recettori Dopaminergici.

Domanda: posto che


mediante questi nuovi
farmaci è possibile ottenere
un effetto antipsicotico
andando a bloccare i
recettori della serotonina,
perché́ preoccuparsi della
Dopamina dato che
basterebbe usare dei puri
antagonisti serotoninergici?
 questa ipotesi non è
pensabile perché́ questi
farmaci NON SONO ANTIPSICOTICI. Infatti si è provato ad utilizzare farmaci antagonisti soltanto dei
recettori serotoninergici ma non funzionano in quanto è importante che questi agissero con i recettori
della dopamina e su tale base si è capito l’effetto derivato dal processo Kiss and Run dei nuovi
farmaci quali la Clozapina che agiscono in modo diverso sui recettori dopaminergici, cioè̀ si legano e
si staccano velocemente. Questo processo è importante perché́ per un certo lasso di tempo il
recettore viene coperto andando così ad attenuare il Sintomo Positivo.
I vecchi farmaci antipsicotici (Tipici) in tale condizione attuavano un legame decisamente più̀ forte,
solo il “Kiss”, con un processo di lenta dissociazione determinando così che la dopamina prodotta a
tale livello trova il recettore occupato per tanto tempo impedendo che questa possa esercitare le sue
funzioni fisiologiche. Infatti, quando questo meccanismo accade a livello Nigrostriale questo bacio
lungo (forte legame) fa sì che si verifichino ritardi nei movimenti, causando problemi motori,
generando il sintomo Parkinsoniano. Mentre il Kiss and Run dell’antipsicotico non convenzionale
(Clozapina), consente alla dopamina di avere un suo rapporto con il suo recettore riducendo
fortemente gli effetti extrapiramidali Parkinson simili.
- Domanda: che impatto ha il farmaco, e che impatto può̀ avere un approccio integrato? 
anche per l’antipsicotico, come per gli antidepressivi, non guariscono la malattia, cioè̀ non
consentono una remissione, ma c’è sempre in agguato la possibilità̀ di una ricaduta, in quanto
tale evenienza con l’uso dei farmaci è al 40%, ma se a ciò̀ si associa un uso appropriato di
farmaco e si associano interventi psicologici, il riproporsi della malattia si riduce al 20%.
- Domanda: che differenza c’è tra i farmaci Atipici e Tipici (convenzionali o non convenzionali)?
 la differenza è nel meccanismo d’azione sul recettore, ovvero il meccanismo del Kiss and
Run: meccanismo che segna una svolta nella condizione psicotica perché́ garantisce al
paziente l’uso di farmaci caratterizzati da effetti collaterali molto più̀ bassi rispetto ai
neurolettici tradizionali. Inoltre questi farmaci non convenzionali (atipici), riescono a far
aumentare la dopamina nella corteccia prefrontale che è importante in quanto insieme al
glutammato favorisce la risoluzione dei sintomi negativi di uno psicotico.
Questi farmaci (come gli antidepressivi) non sono curativi a causa della eziopatologia
multipla, ma possono garantire al paziente lunghi periodi di remissione dalla malattia.

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PATOLOGIE NEURODEGENERATIVE

PARKINSON
Patologia neurodegenerativa più̀ diffusa dopo la
malattia di Alzheimer. I Sintomi principali della malattia
di Parkinson (devono essere presenti almeno due per
poterla diagnosticare):
 Bradicinesia - lentezza nell’inizio e nell’esecuzione
dei movimenti volontari;
 Rigidità̀ - aumentato tono muscolare e resistenza ai
movimenti passivi degli arti;
 Tremore - si manifesta a riposo (ci sono farmaci che
agiscono sul tremore, ma non sul resto della malattia);
 Instabilità̀ posturale – alterazioni dell’equilibrio
(perdita riflessi di raddrizzamento):
 Disturbi della deambulazione.
 Incidenza: 0,5% (EU)
 Tipo tremorigeno; - Tipo acinetico-ipertonico
È una malattia fortemente invalidante nel caso non la si
curi per 5 o più̀ anni, ecco perché́ il trattamento
farmacologico non è opzionale, ma è obbligatorio. Tra
gli altri sintomi del Parkinson vi una alterazione di
diversi distretti dell’organismo, tra cui il cervello con
insorgenza della depressione, difficoltà della parola con
insorgenza la scialorrea (salivazione eccessiva),
disfagia (difficoltà a deglutire) ecc.

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Il neurone dopaminergico ha origine nel sistema Nigro – Striale, questo proietta sullo Striato
(composto dal Caudato e dal Putamen) che a sua volta proietta attraverso il Talamo alla corteccia
cerebrale per governare il movimento. Da ciò̀ si deduce che nel Parkinson si va ad alterare il gruppo
di neuroni appartenenti alla Sostanza Nigra. Ecco l’utilità̀ nel sapere da cosa sia originata la patologia,
permette in tal caso di intervenire mediante un innalzamento del livello dopaminergico.

Domanda: quali sono le cause del Parkinson?  è una malattia con genesi multifattoriale:
-predisposizione genetica; -suscettibilità̀ ambientale; -neurodegenerazione in età̀ avanzata a causa
della perdita cellulare e della loro capacità riparativa e rigenerativa.

La DOPAMINA è il neurotrasmettitore più̀ importante nella patologia Parkinsoniana. Tale


neurotrasmettitore una volta rilasciata per merito dei suoi recettori esercita pienamente il suo effetto.
Ci sono 5 tipologie di recettori dopaminergici, a partire da D1 a D5, ma di due tipologie diverse: D1 e
D5 sono della stessa tipologia (Attivatori), mentre D2, D3, D4 di un’altra (Inibitori).
Vi è il D1 LIKE che è un recettore Attivatore e il D2 LIKE che è Inibitore: tali recettori si trovano
entrambi nella corteccia e nei Gangli della Base.

Nel Parkinson i neuroni della sostanza grigia sono fuori uso, impedendo alla dopamina di giungere
alla via diretta e quindi impedendo la facilitazione motoria. Anche la via indiretta è intaccata, in quanto
la dopamina normalmente controlla questa via inibitoria e in tal caso la via inibitoria aumenta di tono.
Generando una scompensa tra via diretta e via indiretta e intaccando così tutte le attività̀ motorie.
Quindi è questo disequilibrio ne che genera la patologia.

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Neurochimica della malattia di Parkinson:


A. Perdita di neuroni dopaminergici nella pars compacta (porzione compatta) della
Substantia Nigra che proiettano al Corpo Striato; i sintomi non compaiono finché i
livelli di dopamina nel corpo striato non si riducono del 70-80%
B. Sbilanciamento tra i livelli dei neurotrasmettitori Acetilcolina (ACh) e Dopamina a
livello dei gangli della base: quando vi è maggior presenza di ACh (acetilcolina)
essa causa scialorrea, tremore ecc., chiari sintomi indicativi che si deve ricorrere
al bilanciamento tra i due neurotrasmettitori.

TERAPIA FARMACOLOGICA:
Farmaci Anticolinergici: ORFENADRINA (Disipal)  controllano il tremore ripristinando l’equilibrio tra
ACh e DA
 farmaci che riducono la funzione colinergica
Antagonisti muscarinici
Triesifenidile artane
Biperidene. akineton
Orfenadrina. Disipal
- Esercitano la loro azione correggendo il relativo eccesso di attività colinergica che si verifica
in seguito al deficit di DA
- Sono molto meno efficaci della L-DOPA
- Sono controindicati nei pazienti anziani, soprattutto in presenza di disturbi cognitivi
- Sono utili principalmente nelle forme di Parkinson iatrogeno (indotto da farmaci antipsicotici)
Nella terapia farmacologica è opportuno somministrare L – DOPA perché́ è un precursore, ovvero i
neuroni ancora sopravvissuti la assimilano per poter produrre la Dopamina (L – DOPA è vista come
un integratore che ne aumenta le prestazioni).

Domanda aperta: cosa comporta L – DOPA sul Parkinson?  - Migliora bradicinesia e rigidità̀ ; però
può̀ anche indurre effetti avversi da trattamento cronico, quali: - Discinesie (movimenti anomali
involontari); - Fenomeni on - off (in cui il paziente può̀ sperimentare diverse condizioni nel movimento:
ON potrà̀ muoversi liberamente e sciolto, OFF il paziente si blocca improvvisamente senza essere in
grado di muoversi, detto Freezing); - Disturbi di tipo psicotico (deliri, allucinazioni).
Domanda: perché́ non somministriamo direttamente la Dopamina al paziente?  perché́ la Dopamina
non riesce a passare la barriera del SNC e anche perché́ essa viene distrutta a livello periferico per
opera delle Carbossilasi periferiche.
La somministrazione dell’L – DOPA va sempre associata a un inibitore della DOPA - decarbossilasi,
enzima periferico. Infatti se la si somministra da sola nel cervello ne arriverebbe solo il 3%, mentre

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tutto il resto verrebbe assorbito dal tratto gastro – intestinale. Associandola con il CARBIDOPA
(SINEMET) nel cervello ne arriva una quantità̀ decisamente maggiore. Questa associazione è utile sia
per la quantità̀ giungibile al cervello ma anche per ridurre la dose di L – DOPA, in modo da attenuare i
suoi effetti negativi.

EFFETTI COLLATERALI DELLA L – DOPA:


FASI INIZIALI DELLA TERAPIA:
- anoressia, nausea e vomito nell’80% dei pazienti; - Ipotensione ortostatica nel 30% dei
pazienti.
TERAPIA A LUNGO TERMINE:
- disturbi di tipo psicotico nel 20% dei pazienti (allucinazioni, deliri, confusione, depressione)
- discinesie: movimenti anomali involontari
- effetti “wearing off” e “on/off”: fluttuazioni più̀ o meno improvvise dei sintomo motori, che si
manifestano dopo 2 o più̀ anni di terapia.
Se il paziente ha il Parkinson con maggiore espressione nel sintomo del tremore (detto Parkinson
tremogeno), non è sufficiente somministrare L – DOPA perché́ essendo il tremore il problema più̀
grosso sarebbe più̀ opportuno somministrare farmaci Anticolinergici, tipo il DISIPAL (Orfenadrina).
Se invece il paziente Parkinsoniano presenta problemi cognitivi con tale farmaco si va ad aggravare
ulteriormente il disturbo, ecco perché́ occorre stare attenti a conoscere bene i problemi presenti nel
paziente in relazione alla specifica associazione farmacologica.
Tuttavia L – DOPA dopo un certo tempo di assunzione inizia a non essere più̀ efficace, ecco che
occorre intervenire con farmaci Agonisti Dopaminergici che vanno ad agire direttamente sui
recettori DA, i cosiddetti
farmaci DRT.

• Non richiedono conversione enzimatica: maggiore durata d’azione rispetto alla levodopa (L –
DOPA) con ridotte fluttuazioni
• Mostrano buona efficacia terapeutica
• Effetti collaterali a breve termine (ipotensione ortostatica, nausea, cefalea, discinesie, disturbi
neuropsichiatrici).
• Differente selettività̀ recettoriale

Domanda: questi farmaci dopamino – agonisti sono soddisfacenti?  Certamente si, perché́ hanno
una maggiore durata d’azione rispetto alla L – DOPA e provocano meno fluttuazione dei tipici
fenomeni ON – OFF, mostrando una buona efficacia terapeutica e recano minori effetti collaterali al
SNC rispetto alla Levodopa.
Riportiamo il diario di un paziente Parkinsoniano in terapia con gli Agonisti dei recettori dopaminergici,
detti i dopamino – agonisti (DRT), che seppur in bassa percentuale possono causare dei disturbi del
controllo agli impulsi (comportamenti ripetitivi, aggressività̀ sessuale, gioco d’azzardo, forte resistenza
alla riduzione del dosaggio, ecc.). Gli stessi possono anche scatenare una sfrenata gelosia verso il
coniuge e interferiscono fortemente con il funzionamento sociale e occupazionale.
“Mi sono ammalato, anzi mi è stata scoperta la malattia nel 1994 quando avevo 44 anni. Avevo
condotto fino ad allora una vita tranquilla. Sul momento sono rimasto incredulo alla notizia, soprattutto
perché́ non
tremavo, ma non sapevo ancora che la malattia si manifestava anche senza tremore. Dopo aver
effettuato un'altra visita per avere la conferma della prima diagnosi, iniziai la terapia ... e quasi
contemporaneamente avvennero fatti che condizionarono la mia vita nei cinque anni successivi. Io
che ero sempre stato morigerato, quasi tirchio, incominciai a giocare. Era un impulso che non riuscivo
a controllare ...”
Sulla base di tutti questi effetti collaterali i dopamino – agonisti (DRT) sono stati ridotti al minimo con
l’introduzione di un farmaco Neurolettico cioè̀ un farmaco antipsicotico. Inoltre si è constatato che è
importante associare anche un counseling psicologico o una terapia cognitivo – comportamentale.

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Ipotetiche domande da compito dettate direttamente dalla Prof. Ballerini a lezione:


1) la terapia con BDZ può̀ causare: - disturbi sessuali; - depressione; - amnesia
anterograda; - tutti i precedenti 2) Il pramixolo può̀ causare: ....
2) Cos’è un farmaco Antagonista? ...
3) La Fluoxetina cos’è? è un inibitore della ricaptazione della Serotonina
4) Riportare i più̀ comuni effetti collaterali dell’assunzione della L – DOPA: ...
5) Elencare gli effetti collaterali più̀ comuni con il trattamento di farmaci antipsicotici
convenzionali: ...

DEMENZA DI ALZHEIMER
LA DEMENZA COLPISCE C.A. 24 MILIONI DI PERSONE NEL MONDO. SI PREVEDE CHE TALE
NUMERO RADDOPPI NEI PROSSIMI 20 ANNI.
Le demenze causano un:
- DECLINO FUNZIONI COGNITIVE: (deterioramento della memoria, linguaggio.)
- ALTERAZIONI NON-COGNITIVE: (depressione-psicosi-disturbi comportamentali

Le diverse tipologie di demenze:


- ALZHEIMER’S DISEASE (60%)
- D. VASCOLARE (20%)
- D. CON CORPI DI LEWY (15%)
- ALTRE (5%)

I SEGNI NEUROPATOLOGICI DELLA DEMENZA DI ALZHEIMER SONO DI 4 TIPI:


1- PRESENZA DI LESIONI EXTRACELLULARI O PLACCHE DI MATERIALE PROTEINACEO
AGGREGATO IN FORMA FIBRILLARE (placche amiloidee)
2- AGGREGATI PROTEICI INTRACELLULARI IN NEURONI DISTROFICI (proteina TAO
iperfosforilata)
3- PERDITA NEURONALE
4- INFIAMMAZIONE REATTIVA (gliosi)
Tutti questi sintomi agiscono in sinergia provocando i tipici sintomi della patologia di Alzheimer.
Nel cervello dei pazienti con Alzheimer vi è una riduzione del volume cerebrale
- Ispessimento meningi
- Restringimento circonvoluzioni cerebrali
- Allargamento solchi corticali

Una delle principali caratteristiche della patologia di


Alzheimer è la perdita dei neuroni COLINERGICI.
Questa perdita inizia dal bulbo mesencefalico per
estendersi ai neuroni efferenti del nucleo basale e
da qui si trasmettono a quelli della corteccia
dell’ippocampo.
La causa di questa perdita neuronale è:
1) APOPTOSI
2) INFIAMMAZIONE
3) STRESS OSSIDATIVO

Una delle teorie più̀ accreditate per la patologia di


Alzheimer è quella AMIELOIDEOGENICA, cioè̀
derivata dalla formazione di placche Betamiloide. Le
placche si vanno a depositare sia nel corpo del neurone
che negli assoni dei neuroni stessi. Queste placche
possono anche uscire dalla cellula neurale andando a
deporsi proprio in prossimità̀ dei bottoni sinaptici

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- GLI AGGLOMERATI NEUROFIBRILLARI (TANGLES) si trovano anche nel pz con PD,


demenza pugilistica, ageing (normale invecchiamento)
- AMIOLOIDOSI VASI
- ALTERAZIONI SINAPTICHE (i neuroni non trasmettono più̀ come devono)

Un’altra teoria che spiega la patologia di Alzheimer è quella riconducibile ai processi di


infiammazione, in quanto nei neuroni di tali pazienti si ha una estesa attivazione dei processi
infiammatori, in particolare si ha un aumento delle produzioni delle COX e un aumento del batterio di
trascrizione che vanno ad aumentare la
trascrizione della BACE (Betasecretasi),
causando una diminuzione della
sopravvivenza neuronale. Su tale ipotesi è
stata attuata una sperimentazione dei farmaci
antinfiammatori non steroidei (inibiscono sia le
COX che la BACE), non si è mostrata una
effettiva efficacia.

Su entrambe le cause (familiare o sporadica)


si ha sempre l’aumentata formazione di
Betamiloide, l’accumulo o oligomerizzazione
delle proteine TAO (Tangles)

Meccanismo del neurone Colinergico: si ha


la formazione dell’acetilcolina che è un
neurotrasmettitore che viene formato a partire
da 2 componenti che sono: L’acetilcoenzima A e la Colina, condensate grazie ad un enzima che si
chiama acetil – trasferasi. L’acetilcolina viene immagazzinata all’interno del neurone delle vescicole
che in seguito allo stimolo vengono rilasciate nel bottone sinaptico e vanno ad agire sul recettore
colinergico andando a stimolare il recettore post – sinaptico. In alternativa l’acetilcolina rilasciata può̀
essere metabolizzata ad opera della acetilcolinesterasi. Quindi, una volta rilasciata, parte della
acetilcolina andrà̀ ad agire sul recettore per poi essere degradata, l’altra parte invece verrà̀
direttamente degradata. La colina rimanente verrà̀ ricaptata dal neurone presinaptico, andando a
costituire il pool di colina necessario per la ricostruzione del nuovo neurotrasmettitore.

Oltre alla acetilcolinesterasi, abbiamo la BuChE (Butirricolinesterasi). Questo enzima è meno attivo
della ACh ed è meno specifico, però è caratteristico in quanto a differenza della ACh che è presente
nel cervello, è presente in modo più̀ esteso in altri sedi anatomiche. Su tali condizioni è stato pensato
che dato che i primi neuroni a morire sono quelli colinergici, implementando la trasmissione
colinergica si è pensato di poter ristabilire quel tono colinergico che viene a mancare a causa della

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morte neuronale. Sono stati utilizzati degli inibitori della acetilcolinesterasi, che sono il DONEZEPIL,
GALANTAMINA, RIVASTIGMINA  queste sono attualmente le strategie terapeutiche che si
utilizzano per curare i malati di Alzheimer.
Questi farmaci non vanno a curare la patologia in sé, ma tentano di curare i sintomi e di rallentarne il
decorso, aumentando la performance cognitiva, il comportamento e migliorare la qualità̀ della vita:
MILD COGNITIVE IMPAIRMENT. Questi farmaci sono efficaci in forme lievi e moderate.
Oltre alla diminuzione del tono colinergico a livello cerebrale, è stato anche dimostrato che nella
patologia di Alzheimer si ha un aumento del tono del Glutammato, cioè̀ si ha un aumento del
neurotrasmettitore del glutammato. Questa eccessiva attivazione del sistema del
glutammatergico (NMDA) porta ad una abnorme tossicità̀ con un conseguente danno
neuronale.
Da ciò̀ si è pensato di usare degli antagonisti ai recettori NMDA, in particolare utilizzando la molecola
MEMANTINA (antagonista non competitivo del recettore NMDA per il glutammato).
Quindi la Memantina va a diminuire l’eccessiva attivazione glutammatergica, diminuendo gli effetti di
eccitossicità̀ e danno neuronale. Può̀ essere associato a forme moderate causando miglioramenti
delle funzioni cognitive.
Oltre alle terapie farmacologiche ci sono anche terapie non farmacologiche: Cognitive training;
Cognitive reabilitation; Cognitive stimulation ther. che determinano miglioramento degli aspetti
cognitivi e di memoria e una riduzione di co – morbidità psichiatrica nelle persone che assistono
questi malati.

Quando iniziare il trattamento?


Studi clinici hanno dimostrato che nella fase precoce della malattia la Mild Cognitive Impairment (10-
15% di MCI sviluppano AD) non vi sono evidenze di beneficio della malattia con farmaci inibitori della
ACh e Memantina. Invece quando viene diagnosticato l’Alzheimer è consigliabile il trattamento
precoce e continuativo: beneficio in termini di mantenimento di abilità cognitive e funzionali. Non ci
sono dati disponibili su uso precoce di memantina.
Oltre alla Memantina e agli inibitori della acetilcolinesterasi sono state sviluppate altre strategie
terapeutiche, come ad esempio la molecola FLURIZAN in modo da diminuire le beta amiloidi nonché̀
la disposizione delle placche. Però questa molecola è stata sospesa per scarso risultato.
Una ulteriore strategia è stata L’IMMUNOTERAPIA: attiva (bloccata per cause di meningite);
passiva (anche in questo caso sono stati ritirati in quanto deve essere ancora valutata la
sicurezza del farmaco).
Quindi le terapie presenti attualmente in mercato danno effetti minimi.
Infine esiste una terapia che mette in gioco gli ioni metallo, quali il rame, zinco e alluminio.
È stato ipotizzato che l’esposizione agli IONI di questi metalli in maniera continuativa porti ad una
disfunzione dell’omeostasi di questi ioni all’interno degli ioni, il che porta alla produzione di radicali
liberi con conseguenze di stress – ossidativo e morte cellulare. Pare che un’abbondanza patologica di
questi ioni porti a una maggiore oligomelizzazione della Betamiloide all’interno del cervello e che la
presenza di tali ioni porti anche ad una aumentata presenza di grovigli fibrillari di proteine TAO
iperfosforilata. In tal caso è stato pensato di usare dei CHELANTI (molecole) che intrappolano questi
ioni all’interno eliminandoli mediante il flusso ematico. Ecco che è stato sviluppato il CHELANTE
PBT2 che chela (lega) il rame e lo zinco per cercare di diminuire l’aggregazione delle Betamiloidi. Il
tipo di legame PBT2 è intermedio in modo da non sequestrare del tutto gli ioni, garantendo la
funzionalità̀ di questi ioni nel processo fisiologico cellulare.
Il PBT2 è un composto che si lega a rame e zinco con un'affinità̀ intermedia; questo è essenziale per
la sua funzione, in quanto ha un'affinità̀ sufficiente per rimuovere il rame e lo zinco dagli oligomeri Aβ
ma non può̀ competere con le proteine fisiologiche che legano metalli. Quando il PBT2 si lega al
metallo, subisce un cambiamento conformazionale che consente al complesso di attraversare la
membrana plasmatica; quindi, il PBT2 trasporta il metallo dalle fibrille amiloidi e lo consegna ai
neuroni. I risultati sono di due tipi: senza metallo, le fibrille amiloidi si dissolvono in monomeri che
possono essere eliminati dal cervello attraverso processi normali e il metallo si rende disponibile a
svolgere le sue normali funzioni, in modo da ripristinare l'omeostasi del metallo.

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8. TOSSICODIPENDENZA
Assunzione di sostanze psicoattive a scopo voluttuario:(problema sanitario, sociale ed
economico):
Da prodotti della fermentazione alcolica (vino e birra) e materiali d’origine vegetale (foglie di coca e
caffè), fino ad un’ampia gamma di molecole ad azione psicoattiva, sia isolate da piante che frutto di
sintesi chimica che recano effetti molto più̀ intensi.
Conseguenze dell’assunzione: reazioni avverse di natura tossicologica (overdose e patologie
degenerative); patologie conseguenti alle modalità̀ di assunzione (infezioni).
L’aspetto del tutto peculiare della tossicologia di queste sostanze consiste tuttavia nel fatto che la loro
assunzione cronica è in quanto tale reazione avversa, poiché́ acquisisce caratteristiche di coercitività̀
psico-comportamentale. Essa infatti si mantiene nonostante la consapevolezza, da parte del
soggetto, delle conseguenze negative di ordine sanitario, sociale ed economico dell’assunzione
stessa. Non a caso, quindi, per definire questa condizione farmacologicamente indotta è stato preso
a prestito il termine di dipendenza che infatti bene descrive il legame coercitivo che tiene unito il
soggetto al farmaco.

DIPENDENZA OMG: “Stato di intossicazione cronica prodotta dall’assunzione ripetuta di un


farmaco, caratterizzato da un incontrollabile bisogno di assumere, di aumentarne la dose e da
uno stato di soggezione psichica e talora anche fisica ai suoi effetti”
La Dipendenza assume connotazioni organiche in presenza di due fenomeni: Tolleranza; Sindrome di
Astinenza.
- TOLLERANZA (o ASSUEFAZIONE): adattamento biologico verso la ripetuta esposizione a
una sostanza chimica (sostanza d’abuso), caratterizzato da una diminuita risposta per cui è
obbligatorio l’aumento progressivo della dose per ritrovare gli effetti della dose iniziale;
- SINDROME DA ASSISTENZA: compare ogni qual volta si tenti di interrompere, o
semplicemente di ritardare, l’assunzione del farmaco. È caratterizzata da sintomi e segni di
natura sia psicologica che somatica, di gravità variabile, ma sempre ed in ogni caso
spiacevoli, al punto da motivare il soggetto a reiterare l’assunzione del farmaco.

CLASSIFICAZIONI DELLE DIPENDENZE: - FISICA – PSICHICA:


FISICA:
- Oppiacei
- Alcoli, Ipnotico-sedativi (barbiturici), ansiolitici-benzodiazepinici

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Si manifesta in seguito all’ interruzione brusca dell’assunzione della sostanza. Le sue manifestazioni
possono essere annullate esclusivamente con l’assunzione di farmaci appartenenti alla stessa classe
del farmaco al quale il soggetto è dipendente (DIPENDENZA CROCIATA).
PSICHICA (per lungo tempo sottovalutata):
- Oppiacei, ipnotici-sedatici (barbiturici), ansiolitici-benzodiazepinici
- Cannabis, psicostimolanti, allucinogeni
Una serie di condizioni cliniche dove nessuna sintomatologia somatica d’astinenza è rilevabile
malgrado il più̀ o meno intenso desiderio (craving) da parte del soggetto di assumere il farmaco.
DEPENDENCE SYNDROME: una vera e propria malattia.
Gli aspetti che la caratterizzano sono:
- Salienza dello stimolo: l’assunzione della sostanza diviene obiettivo prioritario nell’esistenza
del soggetto
- Impoverimento del repertorio comportamentale: ricerca e consumo della sostanza occupano
una parte cospicua delle attività̀ quotidiane
- Compulsività dell’uso: incapacità̀ di esercitare un controllo sull’assunzione della sostanza
(frequenza-quantità̀ )
- Vulnerabilità̀ alle recidive
- Dipendenza fisica: ulteriore motivo di mantenimento dell’assunzione per evitare la sindrome
d’astinenza.

CRITERI DIAGNOSTICI PER LA VALUTAZIONE DELLA DIPENDENZA DA SOSTANZE


PSICOATTIVE secondo IL DSM-IV (Diagnositc and Statistical Manual for mental disorders)
1. La sostanza è spesso assunta in quantità̀ maggiori e per un tempo più̀ lungo di quanto la
persona stessa non intenda
2. Desiderio persistente
3. Grande quantità̀ di tempo speso in attività̀ necessarie per procurarsi la sostanza,
nell’assumerla e per riprendersi dai suoi effetti.
4. Frequenti sintomi di intossicazione o di astinenza, anche durante lo svolgimento di una attività̀
di responsabilità̀ (lavoro, scuola, casa)
5. Rinuncia ad importanti attività̀ sociali, occupazionali, ricreative a causa dell’uso della sostanza
6. Uso continuato della sostanza, nonostante la consapevolezza del persistente problema
sociale, psicologico o fisico causato dall’uso della sostanza
7. Tolleranza marcata agli effetti della sostanza
8. Sintomi di astinenza specifici per la sostanza
9. Frequente riassunzione della sostanza per sopprimere o evitare i sintomi dell’astinenza
DEVONO ESSERE SODDISFATTE ALMENO TRE CONDIZIONI

ABUSO: condizione caratterizzata dall’assenza di compulsività d’uso e dal mancato sviluppo


di tolleranza e di dipendenza fisica.

I criteri del DSM-IV distingue tra Dipendenza e Abuso, e l’alcol può essere un esempio della
plausibilità̀ di tale distinzione: chi guida in stato di ebbrezza o perde ripetutamente giorni di lavoro per
riprendersi dalle conseguenze di una intossicazione etilica acuta sicuramente rientra nella categoria
diagnostica dell’abuso, ma non necessariamente in quella della dipendenza. Una diagnosi di
dipendenza alcolica sarà̀ invece inequivocabilmente formulata se a questi problemi comportamentali
si aggiungerà̀ ad esempio, la necessità di bere al risveglio per sedare i tremori caratteristici
dell’astinenza alcolica.

PROTOCOLLI DIAGNOSTICI SEMPLIFICATI: “SEVERITY OF DEPENDENCE SCALE (SDS)”


Sulla base del concetto di Dependance syndrome è stato possibile sviluppare protocolli diagnostici
semplificati e quindi più facilmente adottabili nella pratica clinica. Di particolare efficacia quelli
incentrati esclusivamente sulla compulsività del comportamento di assunzione; ne è un esempio la
Severity of Dependence Scale, la cui efficacia è stata validata, attraverso il confronto con gli strumenti

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diagnostici di riferimento (sia il DSM-IV che quello elaborato dalla Organizzazione Mondiale della
Sanità: IC10), per un ampio ventaglio di sostanze, dagli oppiacei agli psicostimolanti, dalle
benzodiazepine all’alcol e alla nicotina.
Esso consiste di 5 domande che nella versione italiana suonano nel seguente modo:
1) Riesci a tenere sotto controllo l’uso di...?
2) Ti preoccupa l’idea di saltare una dose?
3) Ti preoccupa far uso di...?
4) Hai mai desiderato di poter smettere?
5) Quanto hai trovato difficile smettere o stare senza?

DIVERSA CAPACITA’ DELLE SOSTANZE DI INDURRE DIPENDENZA (in quanto le sostanze


differiscono tra loro nella differente capacità di indurre dipendenza)
Incidenza di soggetti che soddisfacevano 6 criteri su 7 (DMS-IV)
Cocaina c.a. 20% Sedativi c.a. 7%
Oppioidi c.a. 20% Stimolanti c.a. 6%
Alcol c.a. 10% Cannabis c.a. 3%
Gathing drug: Come si può̀ osservare vi è una crescita nella complessità̀ della sostanza, cioè̀ si
Verifica il fenomeno di Gathing drug cioè̀ si parte da sostanze più̀ semplici, tipo La cannabis per poi
salire a sostanze più̀ pesanti.

EFFICACIA DI RINFORZO POSITIVO: È importante osservare che le sostanze abusate dall’uomo,


possono essere ordinate anche secondo la capacità di indurre comportamento di
autosomministrazione negli animali sperimentali. Tale capacità, definita “efficacia di rinforzo positivo”,
è massima per cocaine ed eroina e si riduce progressivamente, fino ad essere minima nel caso
delle benzodiazepine e dei derivati della cannabis.

SUSCETTIBILITA’ ALLA RECIDIVA: RISPETTO ALLA POPOLAZIONE GENERALE I SOGGETTI


CON STORIA PREGRESSA DI DIPENDENZA INCORRONO IN UN NUOVO EPISODIO DI
DIPENDENZA CON MAGGIORE FACILITA’.
Tuttavia non ci sono strumenti adeguati a predire l’insorgenza della recidiva di un soggetto verso una
nuova sostanza di abuso.
Dal concetto di recidiva si passa al concetto di CRAVING (OMS): Desiderio intenso compulsivo di
sperimentare gli effetti di una sostanza psicoattiva usata in passato. Scatenata soprattutto in
seguito a particolari stimoli. Tende ad attenuarsi col tempo, ma può̀ ricomparire dopo anni di
astinenza.
L’origine del craving è nella zona più̀ filogeneticamente antica del cervello, nel mesencefalo (sistema
meso- limbico-corticale - corteccia prefrontale).
Questo desiderio (Craving) viene misurato tramite la scala V. A.S. (Visual Analogic Scale: stessa
scala utilizzata per la percezione del dolore): Linea orizzontale lunga 100 millimetri con la scritta
"nessuna voglia" all'estremità̀ sinistra e "mai avuta tanta voglia in vita mia" all'estremità̀ destra. Al
soggetto si richiede di indicare, per esempio, il "desiderio" d’ogni specifica sostanza (eroina, cocaina,
alcol, etc.) che ha al momento o che ha avuto nella settimana precedente l'esame clinico, mettendo
un segno su una linea per ciascuna sostanza d’abuso.
La Dipendenza può̀ insorgere su svariati aspetti: cibo, sesso, droghe, lavoro, televisione, gioco
d’azzardo, internet, spese, sport estremo ecc.

Le sostanze d’abuso, pur agendo con meccanismi farmacologici diversi, hanno in comune
alcune caratteristiche:
1) possiedono spiccate proprietà̀ gratificanti, sostituendosi e agendo a livello cerebrale con
meccanismi simili agli stimoli primari;
2) danno origine a un vero e proprio disturbo della motivazione nel momento stesso in cui
determinano la dipendenza;
3) sono tutte in grado di agire da rinforzo positivo (per rinforzo si intende l’insieme di condizioni
sostenute da uno stimolo capaci di determinare una risposta che favorisce o evita la
presentazione dello stimolo stesso), soprattutto sul comportamento di procacciamento della
sostanza, rinforzandolo, e inducono nell’uomo e nell’animale modalità̀ di auto-
somministrazione e di assunzione simili, facendo supporre che i meccanismi biologici
implicati non sono variati nel processo filogenetico evolutivo.

SISTEMA MESOLIMBICOCORTICALE VIA DELLA GRATIFICAZIONE

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Questo sistema regola la sfera emotiva e affettiva e i comportamenti motivazionali (connessi


alla consumazione, al piacere, al controllo del desiderio, alla ricompensa).
Questa ipotesi trae origine dal fatto che tutti gli stimoli, naturale o farmacologici, dotati di potere
motivazionale positivo, aumentano la trasmissione dei neuroni dopaminergici che originano
dall’area tegmentale ventrale (VTA) e proiettano verso il nucleo accumbens (Nac) e la corteccia
prefrontale. A seconda della sostanza, questo effetto può essere raggiunto con meccanismi diversi.

Un altro aspetto legato alla Dipendenza e la SENSIBILIZZAZIONE: aumento dell’effetto in risposta


a somministrazione ripetuta della stessa dose di sostanza. A livello neurochimico la
sensibilizzazione è accompagnata dall’aumento dell’attività̀ dopaminergica nel NAC e a livello
neuroatomico da un riarrangiamento di alcuni circuiti nervosi con aumento delle ramificazioni
dendritiche dei neuroni GABAergici di questo nucleo. Le ricerche più̀ recenti, pur sostenendo la
rilevanza del ruolo dopaminergico nell’abuso di farmaci, presentano un quadro assai più̀ articolato
secondo il quale questa VISIONE DOPAMINERGICA non è sufficiente a spiegare la progressione
tossicomanica in tutti i suoi aspetti. Ad esempio, l’attività̀ dopaminergica mesolimbica è facilitata
anche da stimoli positivi naturali (cibi dal gusto gradevole o attività̀ sessuale), che però non generano
la spirale d’abuso e dipendenza. Sostanze come i barbiturici, le benzodiazepine e gli agenti inalanti,
pur avendo effetti molto modesti sul sistema dopaminergico mesolimbico, sono dotate di potere
gratificante e sono abusate. Infine, anche stimoli negativi, quali dolore e stress, oppure stimoli dotati
di novità̀ ma di per sé privi di valore gratificante possono stimolare il firing dei neuroni dopaminergici
mesolimbici.
È stato visto che ad Animali allenati a predire la disponibilità̀ di una sostanza gratificante tramite uno
stimolo visivo o uditivo, la semplice presentazione dello stimolo, anche in assenza della sostanza
gratificante, è in grado di stimolare il circuito dopaminergico a livello del NAc. Questo ha portato ad
associare la DA rilasciata a livello mesolimbico a veri e propri processi di apprendimento:
Dopamina (DA) mesolimbica Processi di apprendimento

Studi di microdialisi cerebrale hanno dimostrato che a livello di un’area cerebrale, in particolare lo
“SHELL del Nac (nucleo accumbens)”, sia dopo presentazione di uno stimolo naturale che
farmacologico si osserva aumento dei livelli di DA extracellulari. Per lo stimolo naturale questo
fenomeno va incontro ad adattamento, per cui alla seconda esposizione la capacità di attivare il firing
dopaminergico è mantenuta solo dallo stimolo farmacologico. Una sostanza d’abuso può̀ generare
una sorta di “super allenamento” del sistema dopaminergico mesolimbico, dando vita ad un abnorme
apprendimento associativo:  Alla base del comportamento compulsivo tipico della
progressione tossicomanica!

Stimolazione neuronale con sostanze d’abuso:


- LTP: long term potentiation
- LTD: long term depression
L’attivazione dei recettori dopaminergici (D1 e D2) e il reclutamento del sistema degli aminoacidi
eccitatori (glutammato e aspartato) e di quello inibitorio del GABA. Tutto questo per dire che mediante
la stimolazione dei neuroni con le sostanze d’abuso si arriva a un vero e proprio modellamento di
circuiti nervosi, che vanno incontro a Plasticità̀ sinaptica (rimodellamento delle connessioni
neuronali) che hanno il controllo dei processi di apprendimento e memoria.
I fattori di vulnerabilità̀ alla dipendenza a sostanze d’abuso è sotto il controllo di 3 grossi
domini che ne influenzano la progressione tossicomanica:
1) Fattori genetici
2) Fattori psicopatologici
3) Fattori ambientali

Progressione tossicomanica: esempio di evoluzione nell’uso dell’alcol


Nel caso dell’alcolismo, studi condotti sui gemelli hanno dimostrato che fattori genetici hanno un peso
di circa il 50-60% nel determinare il rischio di alcolismo. Anche se meno documentato, il rischio di
predisposizione genetica all’abuso e alla dipendenza è stato osservato anche per nicotina, oppiacei e
psicostimolanti. Ci sono anche differenze legate al sesso: sempre nel caso dell’alcolismo, nel maschio
vi è una maggiore incidenza di trasmissione dell’alcolismo di Tipo II (la forma a precoce insorgenza),
mentre nella femmina prevale quella di tipo I. Inoltre, studi di comorbilità̀ hanno dimostrato che nella
donna l’alcolismo è prevalentemente associato a disturbi depressivi e d’ansia, mentre nell’uomo è
prevalente la morbidità con disturbi psicotici e di personalità̀ anti sociale. I tratti genetici che regolano
la predisposizione alla tossicodipendenza possono essere sostanza specifica oppure possono

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controllare meccanismi più generali e influenzare in maniera non specifica la dipendenza da più
sostanze. Per quanto riguarda il gene per BDNF, studi di laboratorio hanno dimostrato che topi
knock out per questo gene hanno ridotta propensione all’ autosomministrazione di varie
sostanze d’abuso.
È sempre bene tenere presente che ESSERE PORTATORI DI UN ALLELE CHE RAPPRESENTI UN
FATTORE DI RISCHIO NON NECESSARIAMENTE IMPLICA IL MANIFESTARSI DELLA
TOSSICODIPENDENZA.
 Fattori psicopatologici: disturbi psicopatologici non sono solo fattori predisponenti, ma spesso
sono anche la conseguenza del consumo di sostanze, queste possono infatti scatenare ansia e
depressione, favorire l’isolamento sociale e generare comportamenti antisociali.
 Fattori ambientali: la disponibilità̀ del farmaco, il senso di appartenenza ad un determinato gruppo
sociale o la ricerca di imitazione di un familiare o di un amico sono fattori fondamentali all’iniziazione
all’abuso. Il contesto ambientale, inoltre, favorisce il passaggio dall’uso occasionale e di tipo
ricreazionale della sostanza ad un utilizzo sempre più frequente e compulsivo. Inoltre, come abbiamo
visto prima, negli ex abusatori, il contesto ambientale, gioca un ruolo fondamentale nel favorire i
fenomeni di ricaduta anche
dopo prolungata astinenza.
Si instaura così un processo a
spirale per cui un individuo
per sottrarsi alla sensazione
ed alleviare i sintomi dello
stress assume il farmaco
d’abuso, ma nel fare ciò
diventa progressivamente più
vulnerabile allo stress stesso.

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