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INTRODUZIONE
La tossicologia è lo studio degli effetti avversi delle sostanze chimiche sugli organismi viventi.
Oggi è definita come una scienza che studia le proprietà chimico-fisiche, gli effetti ed il meccanismo
d’azione delle sostanze capaci di interagire e danneggiare, in maniera reversibile e/o irreversibile, gli
organismi viventi.
Gli effetti avversi si possono osservare sia in seguito alla somministrazione di un farmaco che
all’esposizione ad alcune sostanze1. E importante sottolineare che, al contrario della somministrazione,
l’esposizione è un contatto non volontario. Per esempio, siamo esposti ai tossici delle vernici dei muri,
siamo esposti agli inquinanti dell’acqua quando ingeriamo la verdura innaffiata con essa, ecc.
In entrambi i casi, somministrazione ed esposizione, si parla comunque di effetto avverso: effetto
dannoso non desiderato che può essere di grado lieve, moderato o severo.
accezione negativa di un effetto in un organismo vivente.
L’effetto avverso non è altro che l’accezione negativa di un effetto che si può riscontrare in un organismo
vivente e risalta subito l’idea che nell’organismo si avrà un danno, una riduzione del benessere.
Questa disciplina ha come obiettivo principale la stima del rischio per l'uomo e per l'ambiente
derivante dall'esposizione a tali sostanze al fine di sviluppare, se necessario, adeguate misure preventive
e/o restrittive.
Il termine "rischio" ha un preciso significato in tossicologia esso corrisponde alla probabilità che si
verifichi un effetto avverso.
Un tossicologo è dunque un esperto che possiede le necessarie competenze per esaminare la natura di
questi effetti avversi (stima qualitativa della pericolosità ) e per valutare la probabilità del loro verificarsi
in determinate condizioni (stima quantitativa del rischio).
La tossicologia è stata, e in parte resta, strettamente legata alla farmacologia in quanto, per centinaia di
anni, si occupata essenzialmente delle sostanze utilizzate come farmaci o rimedi.
La farmacologia è una branca della scienza che studia le interazioni tra i farmaci e gli organismi viventi
intesi come vegetali, animali e specie umana.
Il farmaco è una sostanza estrattiva (di origine animale, vegetale, minerale) o di sintesi capace di
alterare la risposta di un sistema biologico. E giusto dedurre che, sulla base della definizione di
tossicologia, possa portare ad un beneficio ma anche ad un danno.
Secondo l’OMS il farmaco è una qualsiasi sostanza o prodotto usato o che si intenda usare per modificare
od esplorare sistemi fisiologici o patologici con beneficio di chi lo riceve.
La stessa molecola verrà chiamata sostanza tossica quando il beneficio verrà meno e prevarrà la
tossicità .
Il vaccino è l’emblema di questo aspetto: si tratta di un sistema salvavita, la cui introduzione nella terapia
è stata un’evoluzione enorme. Tuttavia, lo si può considerare a tutti gli effetti un farmaco? Qualcuno
afferma che sia tossico e che possa portare degli effetti avversi. Tuttavia, occorre prestare attenzione al
bilancio tra il benessere del soggetto e la gravità della risposta tossica. In base a quale sia l’aspetto
maggioritario si può decidere se utilizzare o meno il suddetto farmaco.
1 L’esposizione copre un range di eventi molto più ampio della semplice somministrazione. Per esempio,
se si utilizza acqua inquinata per innaffiare una campo di verdure, indirettamente l’inquinante arriva
sulle nostre tavole assumendo i suddetti cibi.
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Tossicologia – IR19
Farmaco o veleno?
Un monaco, Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, detto Paracelso (1493-1541
d.C), 500 anni fa affermò che:
“Tutte le sostanze sono veleni, non ce n’è alcuna che non sia un veleno. Solo la giusta dose differenzia il
veleno dal rimedio.”
L’affermazione è ancora valida oggi, ed attesta oltre all'importanza della dose in tossicologia anche
questo stretto legame con la farmacologia. Solo in tempi più recenti, (da alcuni decenni), l'interesse della
tossicologia si è esteso anche allo studio degli effetti avversi di sostanze chimiche non terapeutiche pre
senti nell'ambiente, o liberate in esso nel corso del loro ciclo produttivo, distributivo o durante il loro
utilizzo, potendo contaminare aria, acqua suolo venendo in contatto con l'uomo, gli animali e le piante.
La tossicologia, come è possibile intuire, non è una materia del tutto nuova. Infatti, già in passato vi erano
conoscenze in merito alle attività tossiche di alcune sostanze3.
Tuttavia, negli ultimi anni si è tentato di garantire un metodo scientifico, quindi un approccio razionale,
alla materia. Oggi, infatti, si considera una sostanza come veleno sulla base di dati scientifici supportati
da fatti e sperimentazioni.
Storicamente, tanto maggiori erano gli studi per mettere a punto i veleni, più aumentavano i trattati sugli
gli antidoti.
Trattati sui veleni Trattati sugli antidoti
Nasce come “scienza degli avvelenamenti” Papiro Nicandro di Colofone “Alexipharmaca” (200 a.C.)
di Ebers (1500 a.C.) Maimonide “ Veleni ed altri antidoti” (1200 d.C)
Ippocrate (400 a.C.)
Teofrasto e Dioscoride(300-400 a.C.)
Cleopatra (69-30 a.C.)
Mitridate VI del Ponto (134-63 a.C.)
Lucrezia Borgia (1480-1519)
Caterina dei Medici (1520-1590 d.C)
Paracelso (1493-1541 d.C)
2Questo esempio verrà ripreso più volte nel corso delle lezioni.
3Socrate che si suicidò con il decotto di cicuta, Cleopatra avvelenata da un serpente, Lucrezia Borgia che
uccideva gli avversari politici con delle gocce di veleno. Oggi ci sono altri esempi: armi di distruzione di
massa per avere un vantaggio in guerra, il fratello di Kim Jong-un suicidato con un’iniezione letale di veleno
nel collo, ecc.
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Tossicologia – IR19
Appare evidente che l’approccio allo studio degli effetti tossici di una sostanza sugli organismi viventi è
un’attività alquanto complessa che richiede numerose competenze. La tossicologia, quindi, si avvale di
nozioni che arrivano da molti ambiti (biologia, chimica, patologia, fisiologia, genetica, farmacologia, ecc.)
e viene applicata in altrettante situazioni:
1. Tossicologia sperimentale
2. Tossicologia clinica: si occupa delle malattie causate o associate all’esposizione a livelli tossici
di sostanze. In genere gli operatori sono dei medici tossicologi specializzati nel trattamento delle
emergenze e degli avvelenamenti.
3. Tossicologia ambientale: si occupa della definizione degli effetti causati da inquinanti chimici
presenti nell’aria, nell’acqua e nel terreno sugli organismi viventi. Il tossicologo ambientale
concorre a definire i valori limite e a sviluppare misure di contenimento.
4. Tossicologia alimentare (contaminazione di alimenti)
5. Tossicologia industriale - occupazionale (produzione di agenti tossici ed esposizione dei
lavoratori ad essi). Si occupa dei casi in cui i soggetti, in ambito lavorativo, sono esposti a
sostanze tossiche. Per esempio: Thyssenkrupp o esposizione all’amianto.
6. Tossicologia da abuso e regolatoria: definisce i livelli di sostanze da abuso che sono di ambito
prettamente tossicologico, non necessariamente stupefacenti. Per esempio: caso di bambini
brasiliani esposti volontariamente a sniffare colla e benzina: sostanze con uso diverso che
diventano sostanze d’abuso.
7. Tossicologia forense: si occupa degli aspetti medico-legali connessi con gli effetti dannosi delle
sostanze chimiche. Una delle caratteristiche salienti della sua professione consiste nella capacità
di stabilire le cause di morte e nel determinare le circostanze a seguito di indagine post-mortem.
Vengono analizzati tessuti prelevati nel corso delle autopsie alla ricerca di sostanze tossiche che
possono aver causato il decesso4. Per esempio: in caso di guida in stato di ebrezza il tossicologo
clinico-forense andrà a trovare un possibile nesso casuale tra le sostanze presenti nei campioni
biologici analizzati e l’evento accaduto, per aiutare nel delineare le conseguenze legali.
8. Tossicologia bellica: interessa le armi chimiche. Agente Arancio e Napalm erano sostanze usate
per defogliare le foreste vietnamite che
hanno provocato gravi conseguenze nelle
popolazioni.
9. Tossicologia normativa
Il tossicologo normativo è colui che ha la
responsabilità di decidere, sulla base dei dati
forniti dai tossicologi descrittivi (indici di
tossicità ) e sulla base dei meccanismi noti
(modalità d'azione), se l'uso di un farmaco o
l'esposizione ad una particolare
dose/concentrazione di una data sostanza
chimica pone rischi sufficiente mente bassi da
poter essere commercializzata in sicurezza per
un dato scopo. Ad esempio le agenzie regolatorie
(FDA, EMEA, ecc.) si avvalgono di questa figura.
Allo stesso modo le agenzie di protezione
ambientale ricorrono al tossicologo normativo
per decisioni attinenti l’utilizzo di sostanze
chimiche che possono rappresentare un rischio
per la salute dell'uomo o per l'ambiente.
4 Da un fatto di cronaca: due cadaveri in pineta a Livorno, nel loro stomaco c’erano delle foglie di piante
comuni mediterranee (oleandri). In questo caso si studia che nell’organismo le sostanze contenute
erano tossiche e hanno causato la morte.
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Tossicologia – IR19
Possiamo distinguere diverse aree della tossicologia in base alla tipologia di esposizione, alla dose
alla quale siamo esposti, alla durata e alla classe. Per esempio, si potrebbe essere esposti ad una
sostanza nostro malgrado (tintura nella parete di casa, acquistare sempre lo stesso surgelato o cibo che
ha dei conservanti dannosi), e in questo caso si rientra in una casistica involontaria, accidentale. Può
capitare, invece, che l’esposizione sia involontaria ma dovuta a ignoranza e incoscienza, sottovalutazione
del pericolo.
Come si vede in tabella, è importante considerare diversi fattori nel momento in cui si va a definire un
effetto tossico. La tossicità può essere diversa a seconda del tipo di assorbimento, del tempo di
esposizione, della dose, ecc.
Tra le maggiori difficoltà vi è quella di trovare il nesso causale tra un effetto ritardato ciò che ne è stato
promotore. Questo serve, innanzitutto, per allontanare il tossico ed evitare esposizioni successive, ma
anche per poter utilizzare un eventuale antidoto corretto5.
Va considerato anche il soggetto: parte della popolazione è fragile e quindi più suscettibile al danno
(bambini, donne in gravidanza, anziani) mentre la parte di popolazione giovane e sana ha una maggiore
tolleranza.
5 Va ricordato che non tutte le sostanze, nonostante siano tossiche, comportano il medesimo
trattamento. In alcuni casi, ad esempio, è bene indurre il vomito, in altri è sconsigliato.
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Tossicologia – IR19
Agenti tossici
Un veleno è un agente capace di produrre delle risposte dannose in un sistema biologico alterandone
seriamente le funzioni o producendone la morte. L’aspetto caratterizzante il veleno è che questo provoca
effetti gravissimi anche in piccole quantità .
Uno xenobiotico è una sostanza estranea all’organismo, si tratta di una qualunque sostanza con cui
l’organismo entra in contatto. In generale non ne viene definita la tossicità , sta all’utente instaurare delle
misure tali da salvaguardare il benessere.
Tossina: sostanza tossica di origine unicamente naturale e comprende le sostanze prodotte da piante,
animali, funghi e batteri.
Tossico o sostanza chimica tossica: sostanza di origine antropogenica (es. di origine industriale)
Antidoto: sostanza che impedisce o contrasta gli effetti del veleno. L’antidoto ha senso nelle condizioni
in cui è noto l’agente tossico.
Altri esempi
Sostanze capaci di mimare molecole endogene come ormoni tiroidei o sessuali: all’università di Padova, in
un centro studi andrologico, è stato portato avanti uno studio su maschi con comparsa di segni di
femminilizzazione, ovvero modifica dei caratteri sessuali. I medici hanno misurato gli interferenti endogeni
(su recettori di testosterone, estrogeno, TSH) e hanno notato che, tanto maggiori erano gli interferenti
endogeni, tanto maggiore era la comparsa di caratteri sessuali femminili.
Altro quesito si pone con i campi elettromagnetici di cellulari e WiFi. È comune avere la rete WiFi o
ricaricare il cellulare sul comodino a fianco al letto, ma ad oggi non abbiamo dei dati in merito agli effetti
avversi nati dall’esposizione volontaria/involontaria ciò.
Da questi esempi ne deduciamo che non sempre possiamo capire la gravità dell’esposizione e oggi
siamo esposti a sostanze delle quali non conosciamo ancora del tutto i rischi a lungo termine.
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Tossicologia – IR19
6In merito a questo si apre una divagazione circa gli alimenti BIO e OGM: se un contadino, accanto al suo
campo, ha un campo con prodotti OGM o trattati con fitofarmaci, è certo che la sua produzione risentirà
dell’influenza di quella adiacente. Un campo BIO di fianco ad uno coltivato con fitofarmaci non sarà mai
100% biologico.
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Tossicologia – IR19
DL50
E valido il principio di correlazione dell’effetto con la
concentrazione, quindi possiamo prevedere l’effetto
avverso attraverso dei parametri, primo fra tutti la
DL50.
Per caratterizzare il profilo tossicologico di una sostanza occorre effettuare, come in farmacologia,
numerosi test. Questi sono atti a valutare non solo la tossicità in acuto, ma anche quella sub acuta a
medio e lungo termine e l’eventuale presenza di effetti teratogeni o cancerogeni. Inoltre, è importante
valutare il livello di esposizione per gli organismi e l’ambiente.
Le analisi risultano diverse a seconda delle
necessità , alcuni esempi:
1. Campionamento del sangue di animali
esposti alla tossina in cerca di mediatori
dell’infiammazione
2. Prelievo di organi per vederne la
funzionalità
3. Osservazione in vivo del comportamento
dell’animale in funzione dell’esposizione, ecc.
Quello che è importante è andare a definire una curva che metta in relazione la dose con la risposta e
quindi con l’effetto tossico.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Misurare l’effetto tossico, quantificarlo, implica mettere in atto delle misure e utilizzare dei parametri,
molti sovrapponibili all’ambito farmacologico. Questo aspetto è dovuto al fatto che, nella
sperimentazione del farmaco, è obbligatorio presentare dati circa l’efficacia ma anche relativi alla
tossicità , per valutare il rapporto rischio-beneficio. Inoltre, si quantifica l’effetto tossico anche per
avere la possibilità di traslare all’uomo le informazioni ottenute dagli animali.
I dati che indicano la tossicità possono essere validi se utilizziamo valori numerici degli effetti tossici,
come quando dobbiamo dire se c’è un effetto terapeutico.
1. Graduale-individuale
Descrive la relazione dose-risposta nel singolo individuo a concentrazioni diverse e
crescenti di sostanza.
In questa situazione si descrive la dose in funzione della risposta da osservare, quindi
possiamo scegliere i parametri che meglio si addicono (effetti nell’uptake di calcio, morte della
cellula tumorale ecc.). Questo tipo di risposta è caratterizzato da un aumento graduale della
severità dell'effetto tossico con l'aumentare della dose e per questa ragione si definisce anche
con il termine: relazione dose-risposta graduale.
Attenzione alla bivalenza dell’informazione: quando si valuta la tossicità , non sempre questa
ha un risvolto negativo. Infatti, nel caso di farmaci per trattare i tumori, questi devono
necessariamente essere tossici per la cellula mutata, l’importante è che non siano tossici per la
cellula sana.
Si definisce graduale perché l’effetto continuo in un determinato intervallo di dosi:
aumentando la dose di xenobiotico si misura la variazione della risposta.
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Tossicologia – IR19
2. Quantale
Descrive la risposta dose-effetto in una popolazione di individui a dosi crescenti di farmaco.
Il risultato in questo caso è più significativo perché prende in considerazione una sfera più
ampia.
Il termine quantale (derivato partico-dalla meccanica quantistica) è stato qui scelto in quanto le
risposte osservate possono assumere solo valori discreti del tipo tutto o nulla. Cioè per ogni
data dose un singolo individuo appartenente alla popolazione è classificabile o come responder
oppure come non-responder, senza altre possibili alternative.
Per esempio, prima di commercializzare un farmaco Europeo in Asia, occorre considerare che i due
ceppi etnici hanno caratteri genetici che possono condizionare la risposta a determinati agenti e
occorre avere ben chiare le differenze possibili: non si può prescindere da queste informazioni per
commercializzare un farmaco.
Sebbene queste distinzioni fra le relazioni siano utili, concettualmente i due tipi di risposta sono
pressoché identici. Infatti nei grafici che descrivono questi due tipi di relazione sull'asse delle ordinate
viene riportata per entrambi la risposta (che dunque può essere o il grado di risposta di un singolo
individuo oppure la percentuale dei "responders" in una popolazione) e sull'asse delle ascisse la gamma
delle dosi somministrate.
Prendiamo come esempio una classe di studenti Italiani: la risposta sarà diversa a seconda del sesso e
condizionata da età e ceppo etnico sono i medesimi. Oltre a questi due aspetti vanno presi in considerazione
i polimorfismi, che spesso però sono sovrapponibili ai ceppi etnici.
Valutando la risposta ad un farmaco, in generale potremmo osservare una curva dose-risposta con un
andamento Gaussiano, perché la maggior parte della popolazione risponde allo stesso modo. La
restante parte di popolazione, però , può essere più sensibile e quindi rispondere di più e avere un effetto
tossico peggiore o più resistente della media.
La forma assunta dalla curva dose-risposta ha implicazioni importanti nella valutazione della tossicità .
Oltre alle curve dose-risposta caratteristiche delle relazioni graduali o quantali, si possono incontrare
due altri particolari tipi di relazione dose-risposta che richiedono alcuni approfondimenti.
Il primo tipo è caratteristico delle sostanze note come nutrienti essenziali ed assume una forma ad U,
mentre il secondo tipo, è proprio di sostanze di natura eterogenea che mostrano una relazione dose-
risposta bifasica definita ormesi: caratterizzata da un effetto positivo a basse dosi e da un effetto
negativo alle alte dosi. Graficamente questo andamento tende ad assumere una forma J.
Per costruire una curva dose-risposta in laboratorio vanno stabiliti i riferimenti7 dell’esperimento e
somministrando la sostanza a dosi crescenti si osserva il risultato.
Per esempio, si può porre una quantità di fattore di crescita in una piastra con delle cellule isolate. Man
mano che si aumenta il fattore di crescita si quantifica l’effetto biologico sulla popolazione cellulare (si
valuta quanto proliferano). Misurando semplicemente in modo lineare, però , si arriverebbe presto al
valore massimo o plateau, senza riuscire a valutare gli incrementi più piccoli (grafico all’estrema
sinistra).
Invece, utilizzando un grafico semilogaritmico (grafico semilog scale), per piccoli spostamenti lungo la
X si hanno grandi spostamenti lungo la Y. All’inizio e alla fine sono presenti due flessi che possono essere
utili a capire se si è arrivati o meno al 100% dell’effetto (ad esempio alla saturazione di tutti i recettori).
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Tossicologia – IR19
Nel grafico di sinistra possiamo osservare come, ad una dose bassa, la sostanza può avere un effetto
terapeutico. Tuttavia, la stessa sostanza a dosi crescenti può manifestare effetto tossico o addirittura
letale. Fortunatamente, le curve sono spostate verso destra, il che implica che la comparsa dell’effetto
terapeutico (ED508) avviene senza avere comparsa di effetti tossici. Inoltre, ad un effetto massimo non
abbiamo la comparsa di significativi effetti tossici.
8Per esempio, volendo valutare l’effetto di NorA in un tessuto ricco di recettori adrenergici, il massimo
effetto sarà dato dalla saturazione degli stessi. Visto il 100% di effetto si traccia una linea parallela
all’asse delle X che corrisponde al 50% dell’effetto e si va a valutare la dose alla quale si raggiunge questo
valore. Questa misurazione si attua sia per valutare la dose efficace che quella tossica o letale.
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Tossicologia – IR19
Per le sostanze richieste per le normali funzioni fisiologiche e per la sopravvivenza (per esempio
vitamine o elementi essenziali in tracce, quali cobalto, selenio e cromo), la forma della relazione dose-
risposta individuale, determinata per l'intera gamma di dosi, assume come detto una tipica forma ad U.
Ciò significa che a livelli di dosi molto basse e quindi di marcata deficienza di tali nutrienti, le sostanze
che seguono questa particolare relazione dose-risposta, mostreranno un elevato grado di effetti avversi
che tende a decrescere poi a scomparire con l'aumento della dose. Quando la dose si trova nella gamma
delle dosi fisiologiche non si verificheranno effetti avversi e potremmo dire che l'organismo si trova in
una situazione di omeostasi. Qualora la dose sia aumentata, si potranno raggiungere livelli tossici con
manifestazioni qualitativamente diverse da quelle che si verificano alle dosi molto basse.
La differenza tra profilo protettivo e tossico è data dalla dose e dall’ambito in cui ci troviamo.
9Per sostanze come le vitamine, dosi inferiori a quelle minime richieste giornalmente, come pure quelle
superiori alla soglia di sicurezza, possono essere associati ad effetti tossici.
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Tossicologia – IR19
Riuscire ad etichettare un paziente come responder o non responder ha delle implicazioni enormi in
ambito farmaceutico: i soggetti che si pongono agli estremi della curva dovranno necessariamente avere
un protocollo terapeutico adattato alla loro condizione (il che implica una dose minore per i soggetti che
rispondono troppo e una maggiore per coloro che non rispondono abbastanza, ovviamente rimanendo
nelle concentrazioni terapeutiche). In questo modo, si può andare a prevenire il danno da tossicità nelle
popolazioni più suscettibili.
Un altro aspetto importante che si ricollega alla differenza di risposta è relativo alle politiche farmaco-
economiche: se volessimo commercializzare un farmaco in un altro continente, per esempio in Asia,
potremmo avere dei problemi nel dosaggio e problemi di tossicità che renderebbero inutile e addirittura
pericolosa la vendita.
10 Attenzione. Va considerato che la domanda che viene posta può essere, per esempio: ha deficit di
attenzione alla guida? In questo modo, se la risposta è NO anche ad alte dosi, il soggetto è un non
responder (regge bene l’alcol) mentre se la risposta è SI anche a piccole dosi si ha un effetto tossico. Il
grafico può cambiare a seconda del riferimento.
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Tossicologia – IR19
Aprendo uno studio a donne incinte, anziani e bambini, senza filtrare i risultati prima di rappresentarli
graficamente, si può incorrere in errori grossolani perché le tre popolazioni fragili citate hanno alcune
caratteristiche diverse nel funzionamento del loro organismo rispetto a una popolazione di soggetti
adulti e sani.
È fondamentale reclutare una popolazione omogenea o produrre dei risultati stratificati.
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Tossicologia – IR19
In ambito tossicologico, poi, ci sono dei parametri nuovi relativi in modo specifico all’effetto tossico:
NOAEL (No Observed Adverse Effect Level): la più alta concentrazione che non causa effetto
tossico. La più alta dose sperimentale per la quale non si osserva un effeto avverso. Il valore di
NOAEL è usato per derivare la RfD, dose di riferimento giornaliera, e la ADI, dose giornaliera
accettabile.
LOAEL (Lowest Observed Adverse Effects Level): la più bassa concentrazione (livello o dose) che
causa un effetto tossico.
Threshold (soglia12): dose sotto la quale non si manifesta tossicità .
NOAEL e LOAEL servono nella pratica tossicologica per indicare se una certa sostanza è pericolosa o
meno (per esempio, nel caso delle polveri sottili). Nei grafici in alto i valori di NOAEL e LOAEL sono molto
distanti e generalmente sono molto più vicini, però danno una buona indicazione del livello tossico.
Le due misure sono correlate perché vanno a definire un intervallo di dose che trova riscontro in ambiti
quali la sanità pubblica, la tossicologia ambientale e quella alimentare.
Indice terapeutico IT
L’indice terapeutico è definito in generale come il rapporto tra la dose richiesta per produrre un
effetto tossico e la dose capace di produrre un effetto terapeutico desiderato.
Andando a misurare il valore di IT si può capire come si comporta il farmaco. IT si calcola come:
𝑇𝐷
𝐼𝑇 =
𝐸𝐷
ED è la dose che causa la comparsa dell’effetto voluto nel 50% dei soggetti mentre la TD (o LD) è la dose
che causa la comparsa degli effetti tossici nel 50% dei casi.
Quindi, per esempio, se TD50 = 200mg e ED50=20mg, allora IT=200/20=10 che è indicativo di un farmaco
relativamente sicuro.
12 Attenzione: per le sostanze cancerogene/mutagene non è possibile definire una soglia di azione. Per
tali composti, che portano a una mutazione del DNA, si deve considerare che anche la più piccola dose
può indurre danni irreversibili. Tali danni possono sommarsi per contatto ripetuto scatenando, in
funzione della dose totale e del tempo, la formazione di tumori o di altri danni permanenti. Rispettando
i valori limite di queste sostanze, si minimizza il rischio di patologia neoplastica, ma il rischio non viene
eliminato.
I valori limite per i cancerogeni hanno un altro significato rispetto a quello delle altre sostanze dotate di
soglia: non essendo presente un valore soglia, si ammette che una dose infinitesimale può provocare
effetti dannosi per la salute umana.
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Tossicologia – IR19
Per sistemare la dose si va a osservare l’indice terapeutico e così si può valutare la sicurezza della
terapia.
Nel grafico a destra è rappresentato un altro caso in cui possiamo trovarci. La curva di tossicità e di
effetto terapeutico, nonostante siano disposte come
nei casi precedenti (tossico a destra) in
corrispondenza della parte alta si incrociano: c’è un
ambito di dosi terapeutiche che danno un effetto
tossico.
Questo fenomeno accade quando le curve non sono
parallele in tutto l’andamento e fa notare che non
sempre è sufficiente il calcolo della ED50 per avere
tutte le informazioni.
L’uso delle dosi mediane nel calcolo dell’indice terapeutico non dà informazioni circa la pendenza
delle rispettive curve dose-risposta per l’effetto terapeutico e tossico e non tiene conto di quanto e con
quali frequenze i soggetti possono discostarsi da tale valore
Per superare questo inconveniente si possono usare la DE99 (dose efficace nel 99% dei soggetti) per
l’effetto desiderato e la DL1 (dose capace di causare la morte dell’1% dei soggetti) per l’effetto tossico.
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Tossicologia – IR19
Margine di sicurezza
Al fine di superare le limitazioni che accompagnano l‘uso dell’indice terapeutico si ricorre ad un altro
valore indice, chiamato margine di sicurezza13. Il margine di sicurezza rappresenta il rapporto tra la
dose che produce un effetto tossico nell’1% dei soggetti e la dose che produce l’effetto desiderato
nel 99% dei soggetti esaminati.
𝑇𝐷
𝑀𝑆 =
𝐸𝐷
Estrapolazione di specie
Un aspetto banale ma da non sottovalutare è che gli animali da laboratorio hanno tutti lo stesso regime
alimentare, attività e stile di vita. Nel caso dell’uomo questo non avviene: a partire dal cibo abbiamo già
e prime grosse differenze, banalmente, nella colazione. Al di fuori dell’attività lavorativa ci sarà chi fa
sport, chi suona uno strumento, ecc. Da questo possiamo capire che il topo è il modello sperimentale
più pulito possibile e che riportare una sperimentazione all’uomo risulta molto complesso. Per rendere
la situazione semplice si dovrebbe far mangiare lo stesso pasto alla stessa ora, si dovrebbe sottoporre
ogni individuo allo stesso stress, alle stesse ore di sonno ecc.
Dato che questa operazione di semplificazione non è possibile, occorre convertire i dati animali
all’uomo, specialmente quelli tossicologici. Per fare ciò , si tiene in considerazione il NOAEL nell’animale
e, sulla base di studi tossicologici animali, si può calcolare la dose equivalente nell’uomo (HED, Human
Equivalent Dose).
13 Al fine di considerare gli individui maggiormente sensibili all’effetto tossico, la dose letale prescelta (o dose
tossica) è la DL1, ovvero la dose in grado di portare morte all’1% degli animali trattati. Sull’altro versante, al fine
di considerare gli individui meno responsivi all’effetto terapeutico desiderato, la ED presa in esame è quella
efficace nel 99% degli animali trattati (ED99).
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Tossicologia – IR19
HED prende in considerazione quanto calcolato nell’animale e lo moltiplica delle costanti che sono
diverse a seconda della specie, viste e differenze spesso notevoli tra queste. Il dato deve essere
modificato, banalmente, anche per passare dal ratto al topo, in quanto questo hanno un valore di Km
diverso.
Km è un fattore di correzione che riflette la relazione Topo 3
tra peso corporeo e superficie corporea. In un soggetto
Ratto 6
adulto (peso 60 Kg, superficie corporea pari a 1.6 m2),
Km = 37. Cavia 8
Si può capire da questi calcoli che il topo può essere esposto a concentrazioni 10 volte maggiori che
nell’uomo.
Va tenuto conto del fatto che i topi, popolando praticamente ogni regione del globo, sono sottoposti ad
un numero di stimoli enorme, al quale riescono a resistere molto bene. Questa loro grande capacità di
adattamento va considerata quando valutiamo il passaggio di specie, perché sicuramente il topo sarà più
forte dell’uomo a determinati fattori. Per questo motivo, oltre a calcolare il NOAEL si va ad aggiungere
un fattore 10 per ridurre ulteriormente la capacità di avere tossicità .
Il valore di HED, quindi, viene ulteriormente diviso per 10 (safety factor, fattore di sicurezza) per
garantire un ragionevole margine di sicurezza e ridurre i rischi di tossicità nei trials clinici.
Il dato sperimentale è traslato all’uomo calcolando HED e poi diviso per 10.
Per produrre una manifestazione tossica un agente chimico o un suo metabolita deve poter interagire
con specifici siti dell’organismo ed essere presente ad una appropriata concentrazione per un periodo
sufficientemente lungo, tale da evocare il danno.
Il danno che insorge può essere, per esempio, sui fosfolipidi di membrana, sul trasporto degli elettroni
nella catena, ecc.
Sulla base di questo concetto, risultano importanti:
Via e siti di esposizione alla sostanza
Durata e frequenza di esposizione: accennavamo a quanto fosse importante il tempo di
contatto con una sostanza per determinare il rischio di una sostanza tossica. Per i pesticidi è più
a rischio chi lo usa l’agricoltore, che ha una frequenza di esposizione maggiore. Uno studente non
è ugualmente a rischio se non ne fa uso ma ne viene a contatto solo in via del tutto eccezionale.
In ogni caso, ci sono sostanze che anche in minime quantità evocano effetti tossici, ma è fondamentale
valutare la quantità e l’esposizione per capire l’entità del problema.
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Tossicologia – IR19
L’80% delle sostanze che danno effetti tossici, causano problemi per via del blocco di agenti chimici in
senso lato, ci sono poi fitofarmaci e cosmetici
(non si usano più test su animali, bensı̀ nuove
metodiche di test di tossicità ) e solo una piccola
parte è data dai farmaci. E importante osservare
come la maggior parte del rischio è rappresentato
dagli agenti chimici, non dai farmaci o fitofarmaci
come si potrebbe pensare.
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Tossicologia – IR19
Casi
Dal sito dell’associazione americana dei centri antiveleni arrivano una serie di casi e tabelle interessanti.
Nelle tabelle ricavate sono classificati tutti i casi di tossicità che sono pervenuti e sono stati distinti per
cercare di capire se il rischio di esposizione è maggiore a casa, al lavoro, ecc.
Come si vede a lato, il 90% degli interventi del centro antiveleni implicava casi di esposizione a
xenobiotici avvenuti in casa.
La via di esposizione maggioritaria è rappresentata per l’80% dall’ingestione15, come evidenziato dal
grafico sotto. Seguono l’apparato cutaneo e la via inalatoria, mentre solo una minima parte è esposta
attraverso il morso (es. rettili)
15Caso: soggetto ingerisce varecchina al bar perché quest’ultima era stata trasferita in una bottiglia
dell’acqua senza etichetta.
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Tossicologia – IR19
L’età media di coloro che sono più soggetti all’esposizione è rappresentata dai bambini di età inferiore
ai 6 anni (45%) e non è una dato che stupisce. Il bambino, infatti, è meno conscio di ciò che sta accadendo
e, oltretutto, tende ad assaggiare ogni cosa.
Una buona percentuale, 27%, è rappresentata poi dagli adulti tra i 20 e i 59 anni. (sono inclusi sia i
contatti volontari che accidentali).
Le ragioni delle esposizioni sono rappresentate prevalentemente da contatti non intenzionali (vedi nota
del bar) che rappresentano il 77% dei casi. Tuttavia, dalle indagini risulta che un 19% delle esposizioni
è avvenuto intenzionalmente quindi a scopo suicida16 o per uso non corretto della sostanza e con le
sostanze d’abuso.
16 Viene sottolineato come modalità di suicidio siano tra le più fantasiose, dal blister di tachipirina al
flacone di barbiturici. Una delle peggiori è a mezzo di ustione data da soda caustica per ingestione.
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Tossicologia – IR19
Il problema nasce dal fatto che, al momento dell’immissione in commercio, non essendo possibile dare
lo stesso nome del branded, si è giocato con i colori. Tuttavia, l’anziano assume i farmaci
prevalentemente ricordando forma e colore della scatola e, se questa cambia, si possono generare delle
situazioni pericolose per il paziente che assume dosi doppie.
Ci sono poi dei casi di tossicità dovuta a mal interpretazione della via di somministrazione (vedere
esempio del Tantum Rosa).
Una formulazione o dose non corretta possono altresı̀ generare problemi: per esempio se manca la
formulazione da 5mg non si può sempre dividere la compressa da 10mg in due parti e le porzioni non
saranno sempre uguali.
Per quanto riguarda le reazioni avverse da cibi, un esempio ci perviene da un articolo comparso sui
quotidiani qualche mese fa: una ragazza con una serie di allergie ha ordinato un piatto cucinato con
quantità infinitesimali di sostanze alle quali la ragazza era allergica ed è morta a causa di uno shock
anafilattico.
In tabella una serie di sostanze considerate come gran parte delle cause di tossicità . Facendo una media
tra tutti i soggetti (media delle età ) l’11% dell’effetto tossico è dovuto all’esposizione agli analgesici. Il
7,4% è rappresentato dalle sostanze per la pulizia per la casa.
Se si considerano, invece, i bambini al di sotto dei 6 anni, il 13% viene esposto a sostanze di natura
cosmetica e l’11% a sostanze utilizzate per la pulizia della casa.
Nell’adulto tra i 20 e i 59 anni la situazione varia leggermente: al primo posto ci sono gli analgesici, che
vengono utilizzati in maniera molto disinvolta e frequente, anche considerando che sono farmaci da
banco. Al secondo posto ci sono antipsicotici e ipnotici, che al momento sono in largo utilizzo nella
popolazione.
Considerata la fascia di età sembra quasi paradossale l’esposizione tossica a sostanze per la pulizia.
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Tossicologia – IR19
Nel caso dei soggetti anziani, risulta invece importante il dato relativo ai farmaci cardiovascolari perché
a quest’età in genere si inizia ad assumerli e, vista l’età sempre più avanzata, si va in contro a problemi
di tossicità a causa della mancata attinenza al piano terapeutico come visto prima.
Tra le sostanze alle quali è esposta una donna in gravidanza, al primo posto ci sono gli analgesici, al
secondo le sostanze per le pulizie di casa. Paradossalmente, la percentuale è più alta di tossicità è
rappresentata da prodotti con i quali si ha quotidianamente a che fare tra le mura di casa piuttosto che
ai farmaci (oltretutto si consideri che la donna in gravidanza non prende molti farmaci mentre è spesso
a casa dove può essere esposta a molte di queste sostanze tossiche).
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Tossicologia – IR19
In generale, i dati analizzati globalmente sottolineano come il maggior rischio sia rappresentato
dall’acetaminofene (circa 10%), utilizzato correntemente e con un uso troppo disinvolto. E seguito da
sostanze quali gli oppioidi (8%), e solo in minima parte da farmaci cardiovascolari, antidepressivi, ecc.
Un buon 11% è rappresentato da droghe e sostanze stupefacenti (uso illecito). Nei grafici sottostanti si
evidenziano gli effetti tossici tradotti in decessi di soggetti esposti a sostanze d’abuso. La curva a sinistra
rappresenta i decessi per overdose dal 1999 al 2017. A destra, invece, la distinzione tra le diverse
sostanze d’abuso in correlazione con la percentuale di morte per overdose. Negli ultimi anni ha avuto
una grande impennata la categoria di oppioidi sintetici.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Bevono per sbaglio lavanda vaginale, boom di intossicate. Sotto accusa lo spot.
17 Le sostanze tossiche note e i relativi antagonisti sono presenti in liste specifiche nel sito del centro
antiveleni di Pavia.
18 La responsabilità è stata data alla pubblicità , poco chiara. In realtà la popolazione interessata era dai
25 anni in su quindi paradossale che non sia stato chiaro come utilizzarla.
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Tossicologia – IR19
Centri antiveleni
I centri di gestione dei veleni, come quello di Milano-ospedale di Niguarda, sono centri in cui arrivano
sia le segnalazioni di casi di intossicazione avvenuti, sia le segnalazioni in caso di emergenza perché sono
un punto di riferimento per i medici per trattare l’intossicazione (Es. portiamo un bambino in ospedale
per intossicazione, il medico effettua una consulenza diretta col centro), in questo modo si riesce ad avere
una terapia rapida e una buona riduzione degli effetti avversi.
A seconda della sostanza tossica e della via di contatto, ci sono diverse tecniche da adottare per
allontanare lo xenobiotico e limitare i danni (aumentare l’eliminazione, ridurre l’assorbimento, ecc.).
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Tossicologia – IR19
Una donna di 32 anni, senza una precedente storia di atopia19 o ipersensibilità al cibo, iniziò una terapia
omeopatica prescritta dal suo medico di famiglia per un fastidioso dolore alla spalla. La terapia
consisteva in iniezioni sottocute di 0,3 ml di mandragora D6 (2 volte/settimana), successivamente
aumentata in dose e potenza fino a D3, secondo le raccomandazioni del suo medico di famiglia.
Nonostante la donna riportasse rigonfiamenti locali ricorrenti dopo le iniezioni fatte da sé , dopo 4 mesi
il medico iniziò a fare molte piccole iniezioni di una soluzione (2 ml) di mandragora D3 a livello della
spalla e del gomito. Circa 5 minuti dopo tali iniezioni, comparvero formicolii a livello del palmo delle
mani e a livello del cuoio capelluto, nausea, gonfiore alle labbra e palpebre20.
Comparvero inoltre severa dispnea e crampi a livello dell'addome inferiore. Nei minuti successivi la
paziente ebbe un collasso e perse conoscenza e inoltre si verificò perdita involontaria delle feci.
Dieci soggetti controllo atopici non risultarono positivi al prick test alla mandragora D2 (una
concentrazione 10 volte più elevata del D3). Non vennero rilevati anticorpi IgE specifici per mandragora
nel siero di pazienti mediante il sistema sperimentale ImmunoCAP FEIA, 3-4 mesi dopo la reazione sopra
descritta.
Il caso sopra descritto dimostra che il trattamento omeopatico può stimolare severi sintomi allergici
con evidenze in vivo di sensibilizzazione a questa sostanza. Per definizione in un farmaco omeopatico il
PA è diluito 10-26 ma nonostante questo margine di sicurezza le preparazioni omeopatiche possono far
scaturire delle reazioni avverse e non solo. Non vanno considerati totalmente sicuri a prescindere e
quindi non vanno somministrati alla popolazione fragile22.
Perciò gli estratti delle piante utilizzati come rimedi omeopatici possono ancora contenere determinanti
antigenici che sono riconosciuti dalle cellule T e dagli anticorpi IgE (come rivelato dalla positività del
patch test). Queste componenti possono indurre sensibilizzazione alle ripetute iniezioni sottocutanee di
piccole dosi, come mostrato per l'estratto di mandragora.
In conclusione, i rimedi omeopatici contenenti estratti di piante possono avere ancora una potenziale
attività allergizzante e non possono essere considerati assolutamente "sicuri".
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Tossicologia – IR19
La presenza di una sostanza tossica non implica necessariamente un avvelenamento ma questo dipende
dalla gestione della sostanza e dalle misure messe in atto per evitare l’esposizione. Per esempio, una
sostanza che rappresenta un pericolo (come una sostanza chimica), se viene utilizzata in condizioni
particolari, con la necessaria attenzione, non rappresenta un rischio come quando viene utilizzata in
modo sconsiderato. Esempio: il detersivo per la lavatrice è intrinsecamente pericoloso, se lo si conserva
nella bottiglia del succo e a portata di bambini, lo si rende un rischio. Se, invece, viene tenuto nella sua
confezione e in un luogo poco accessibile, allora il rischio è notevolmente ridotto.
Il fatto di non riuscire a valutare correttamente il rischio rende i soggetti altamente vulnerabili perché
se non si percepisce il rischio non si provvede nemmeno a misure che permettano di gestire il rischio.
23Si consideri che da qui a 20 anni ci saranno più morti per resistenze batteriche che per eventi
cardiovascolari.
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Tossicologia – IR19
Per definire il rischio occorre innanzitutto definire il livello di esposizione e ci sono due possibili livelli:
1. Esposizione esterna: la concentrazione in cui una data sostanza è presente nei vari comparti
(ambiente, dieta, aria, lavoro, prodotti ad uso voluttuario).
Viene valutato, in questo senso, la via di esposizione. Potenzialmente ogni via di contatto
possibile con la sostanza può essere una via di esposizione (cutanea, inalatoria, orale, ecc.).
Oltre a questi fattori, si valuta la situazione in cui si è esposti. Infatti, andando a caratterizzare il
rischio occorre capire quanto si entra in contatto con la sostanza, quindi dove la si trova, quante
volte al giorno si può avere il contatto, ecc.
Per esempio: un lavoratore può entrare in contatto con un ambiente lavorativo con aria insalubre
per un tot di ore. Il rischio al quale è esposto un individuo part-time sarà minore di quello al quale
è esposto un individuo full-time.
2. Esposizione interna: la concentrazione alla quale una data sostanza è presente nei vari distretti
corporei e nel sito di azione.
Se consideriamo, per esempio, un farmaco, questo si distribuirà nell’organismo sulla base delle
sue diverse caratteristiche chimico-fisiche e interagirà in modo più o meno specifico con il sito
target. Il livello si esposizione interna dipende da come si distribuisce. Nei farmaci, sappiamo
che le sostanze lipofile tendono all’accumulo epatico, renale, adiposo e centrale.
Per quanto riguarda la tossicità , si può effettuare un parallelismo con la farmacocinetica: in
tossicocinetica consideriamo alcuni distretti maggiormente interessati dal deposito delle
sostanze tossiche, quali capelli, unghie, ossa e in generale i tessuti particolarmente
cheratinizzati24.
Per quanto riguarda il destino della sostanza nell’organismo, va tenuto conto che, una volta
entrati in contatto con uno xenobiotico, anche se questo non è dannoso come tale, può subire
processi metabolici tali da attivarlo in tossico.
Va tenuto conto della concentrazione tossicologicamente rilevante della sostanza, quindi va
definita una soglia al di sopra della quale si possono avere problematiche per la salute.
24In genere per capire se un soggetto è stato esposto tempo prima ad una particolare sostanza, si
eseguono delle analisi sui capelli.
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Tossicologia – IR19
In questa prima fase si valuta la pericolosità intrinseca della sostanza in esame. In questo modo si
definiscono tutte le caratteristiche intrinseche come la reattività in determinati ambienti, la forma, il
colore, il profilo acido-base, la struttura tridimensionale, la solubilità , ecc.
Valutazione della pericolosità intrinseca della sostanza dal punto di vista chimico-fisico secondo
indicazioni di:
Identità
o Presenza di isomeri e loro %
Purezza
o % ingrediente attivo
o Impurezze
o Prodotti di degradazione
Stabilità
o Durante l’immagazzinamento: per esempio, la conservazione delle bottiglie di plastica di
acqua al sole può determinare il rilascio di sostanze dannose.
o Prodotti di interazioni con altre sostanze come additivi, edulcoranti a contatto con fibre,
proteine, lipidi del cibo. Bisogna sapere che il conservante non interagisca col prodotto
alimentare perché il tutto viene ingerito nella sua complessità .
Polarità
Solubilità
Coefficiente di ripartizione ottanolo/H2O
Tensione di vapore
Potenziale di ionizzazione
Reattività chimica
Stabilità pH fisiologico: un farmaco potrebbe non essere stabile a pH fisiologico e dare
problemi.
Formulazione
In base all’analisi della struttura si ipotizza un certo tipo di interazione per similitudine con molecole
attive.
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Tossicologia – IR19
La sostanza si valuta sia come tale che come metabolita, per valutare se il rischio compare solo in seguito
a biotrasformazione. Per avere informazioni in merito, si attuano dei test biologici in piastre a 96 pozzetti
in cui vengono poste le cellule del tessuto in studio e la sostanza potenzialmente tossica e poi si vanno a
valutare le alterazioni della proliferazione.
Si può osservare anche se trattando delle cellule con la sostanza ci sono delle alterazioni nei pathway
cellulari (attivazione o disattivazione di trasduzione), nella formazione delle membrane fosfolipidiche,
ecc. In seguito si eseguono delle quantificazioni dell’effetto per mezzo di curve dose-risposta al fine di
capire e quantificare l’eventuale effetto tossico.
25Per sapere se una sostanza avrà o meno una tossicità in cronico, si valuta l’intera vita del topo (circa
24 mesi) e non solo alcuni mesi.
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Tossicologia – IR19
1. Tossicocinetica: si tratta di test basati sugli stessi principi della farmacocinetica (concentrazioni
plasmatiche, metabolizzazione epatica, metaboliti attivi o meno, ecc.). La caratterizzazione della
sostanza si traduce in una sperimentazione animale oppure si sfruttano pazienti già sottoposti
ad esposizione di sostanze sospette per valutare la concentrazione della stessa sostanza o dei
suoi metaboliti.
2. Definizione della tossicità (acuta o cronica): a seconda del tipo di tossicità la situazione può
essere diversa. Nella tossicità acuta si determinano parametri come LD50 orale, cutanea e
inalatoria, eventuali reazioni di irritazione.
3. Genotossicità: si cita il caso della talidomide, farmaco non testato sulle femmine gravide di topo.
Quando è stato somministrato alle donne incinte non si aveva idea del possibile danno che poteva
incorrere.
In seguito, si notò che tutti i bambini nati da madri che avevano assunto il farmaco in gravidanza
erano gravemente malformati e da quel momento si sono resi necessari i test di genotossicità .
La sostanza analizzata per genotossicità può essere tossica:
a. A lungo termine/cancerogenesi: Una sostanza come l’alcol, ad esempio, può essere tossica
lungo termine e dare cirrosi e poi fibrosi che evolve in carcinoma. Per testarla mantengo in vita
il topo 18 mesi o il ratto 24, al fine di paragonare la sua vita a quella dell’uomo.
b. A breve termine
c. Nella riproduzione si valutano tutte le fasi della gravidanza (fecondazione, impianto,
sviluppo, parto e stato di salute del nato) e la fertilità del maschio.
d. Nello sviluppo: si tratta della cosiddetta tossicità dello sviluppo in cui a seconda del periodo
della gravidanza in cui si ha l’esposizione si hanno effetti diversi.
Per esempio, la sindrome fetoalcolica: si tratta di una patologia devastante che si manifesta
con iperattività in età scolare, alterazioni comportamentali come riduzione capacità
intellettive, faces (alterazione dei caratteri facciali).
Queste fasi delle analisi tossicologiche sono atte a garantire che i test siano stati fatti a tutti i
livelli.
Non è necessariamente detto che tutte le fasi debbano dare come risultato la sicurezza, ma
semplicemente si hanno le informazioni relative al possibile o sconsigliato utilizzo.
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Tossicologia – IR19
Le informazioni ottenute tramite sperimentazione possono fornire dei dati sui quali, però , occorre
operare delle scelte: a seconda degli organi considerati, nelle varie specie, si otterranno delle curve
diverse di esposizione alla sostanza in funzione dell’effetto.
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Tossicologia – IR19
L’esposizione è data dalla somma di tutte le possibili esposizioni giornaliere e non solo la singola
esposizione che, presa singolarmente, non necessariamente è pericolosa (vedere esempio del pesticida e
dell’agricoltore).
Per quanto concerne l’uomo, si va a considerare il parametro NOAEL, che nella curva di correlazione
dose-effetto dava delle informazioni importanti. Il valore di NOAEL viene opportunamente diviso per un
fattore di sicurezza per tener conto delle variabili affrontate in precedenza.
Per paragonare la quantità alla quale è esposto il topo e quella alla quale è esposto l’uomo, si deve
considerare l’intake giornaliero (dose giornaliera ammissibile) o ADI (Admissible Daily Intake, Dose
Giornaliera Ammissibile).
L’ADI è la dose che può essere assunta da un individuo adulto per tutto l’arco della vita senza rischio
apprezzabile per la salute e si calcola come
𝐴𝐷𝐼 = 𝑁𝑂𝐴𝐸𝐿/𝑆𝐹
Dove:
NOAEL = la più elevata quantità di sostanza che non causa effetti tossici.
SF (Safety Factor) = trasforma il NOAEL in ADI, e può variare da 10, 100 a 1000 a seconda della
popolazione sulla quale è avvenuto il test.
SF=10, quando si hanno studi sulla popolazione umana.
SF=1000, quando si hanno studi sull’animale a breve termine, quindi non testato per molto
tempo. Il valore viene diviso per un numero molto più grande per avere maggior sicurezza.
Quando vengono compiuti più studi su diverse specie animali, i NOAEL calcolati sono calcolati per
ciascuno studio. IL NOAEL usato per calcolare il valore di ADI sarà quello che ha evidenziato un effetto
tossico alla dose più bassa.
Esempio pratico
Si testi un antibiotico P nel topo, nel ratto
e nel coniglio, ovvero in diverse specie. A
seconda della specie interessata, ci
saranno dei diversi andamenti nella curva.
Tuttavia, sorge un dubbio in merito a
quale sia il NOAEL da utilizzare nella
trasposizione all’uomo.
Per avere il maggior margine di cautela si
sceglie sempre quello più basso tra tutti,
perché presume che l’effetto tossico
avvenga a dosi minori rispetto agli altri e
può garantire maggior sicurezza.
Una singola specie non è sufficiente a
predire la complessità dei sistemi biologici e più specie non risolvono le diverse suscettibilità tra animali
e uomo.
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Tossicologia – IR19
I valori ottenuti dalla curva sperimentale vanno divisi per un fattore 10 per la barriera di specie,
e per un altro fattore 10 al fine di tutelare le popolazioni più intrinsecamente fragili: così ottengo
l'ADI, ovvero la dose a cui posso essere esposto durante l'arco della vita.
Esempio: MeHg
2,5 µg/kg NOAEL (animals)
0,25 µg/kg humans
0,025 µg/kg sensitive populations
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Tossicologia – IR19
Le dosi ricavate dagli studi sperimentali consentono di prevedere livelli di esposizione sicuri per
farmaci e xenobiotici, nei limiti delle conoscenze disponibili.
Livelli soglia di esposizione per agenti tossici presenti negli alimenti e nell’acqua
Dato il valore di ADI (Admissible Daily Intake, mg/Kg/die) come dose di xenobiotico che si presume non
causare rischio apprezzabile per l’uomo, se assunto per l’intero arco della vita.
Dato TLV come concentrazione massima di residui in alimenti (Food Daily Intake) e acqua (Water Daily
Intake) per contenere l’esposizione di xenobiotico nei valori ADI.
Possiamo allora definire:
Nel determinare livelli di esposizione si devono considerare tutte le fonti di esposizione alle sostanze
interessate, come già sottolineato nel caso ad esempio degli antibiotici, l'esposizione avviene non solo per
terapie a base di farmaco, ma anche attraverso la carne da allevamento, dal latte ecc.
Va quindi correlato il dato sperimentale dato dall’esposizione animale con la quantità effettiva di
sostanza con la quale l’uomo può entrare in contatto: il dato raccolto nella sperimentazione animale ha
delle caratteristiche diverse rispetto a quelli ottenuti dagli studi epidemiologici, perché
nell'esperimento è l'operatore che regola ogni aspetto dell'esposizione (specie, sesso, modalità ,
dieta, contesto sociale, dose, tempi a cui sono sottoposti gli animali ecc), che è estremamente controllata
e ripetitiva, mentre nell'esposizione epidemiologica osservata nell'uomo tale esposizione è molto più
varia e non controllata.
I fattori da tener presente nel corso dell’analisi dell’esposizione, perché ne possono alterare i risultati,
possono essere:
Stile di vita (fumatori, alcolisti…)
Alimentazioni diverse in soggetti diversi (se qualcuno non si alimenta con proteine animali
ha un'esposizione con esiti differenti rispetto agli altri)
Sesso, età
Etnia e genetica
Stato di salute e patologie preesistenti che possono implicare regimi terapeutici particolari,
con cui lo xenobiotico può interferire variando le sorti dell'esposizione (diabete, ipertensione,
possibile alterazione della funzione renale coinvolta principalmente nella detossificazione
dell'organismo e quindi responsabile della determinazione dei parametri di tossicocinetica).
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Tossicologia – IR19
Tutti questi fattori rendono i dati non puliti: negli studi epidemiologici si deve selezionare la
popolazione in modo da rendere il dato estremamente valido, che consenta quindi la determinazione di
una relazione causa-effetto valida e inequivocabile.
Per valutare l'esposizione umana in quanto tale si studiano tutti i residui di xenobiotici sui cibi, sulle
bevande, sui derivati animali destinati ad uso umano.
Necessitiamo quindi di dati precisi sul consumo e sulla presenza in modo quantitativo delle sostanze
d'interesse (i cosiddetti dati di consumo).
Va tenuto presente che ogni popolazione, per motivi geografici, sociali o culturali, si alimenta in modo
differente: alcune popolazioni non mangiano maiale, altre eccedono in carboidrati, ecc. e questi fattori
vanno tenuti presente.
Per valutare l'esposizione umana si usa il valore TMDI (Tolerable Maximum Daily Intake) che
rappresenta la massima quantità giornaliera assumibile di additivi, fitofarmaci e farmaci veterinari.
E sempre inferiore all’ADI, in genere corrisponde al 10-15% dell'ADI per ciascuna sostanza, al fine di
evitare che l’esposizione a diversi alimenti contenenti la stessa molecola potenzialmente tossica non
comporti pericolo dalla somma dei suoi livelli nella dieta: una stessa sostanza tossica può pervenire
all'uomo da più alimenti diversi (contribuisce all'ADI e non alla TMDI).
Confronto tra le evidenze ottenute nella caratterizzazione del pericolo e i dati provenienti
dall’esposizione umana: maggiore è la distanza tra l’ADI e il valore di esposizione, più elevata è la
soglia di confidenza.
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Tossicologia – IR19
Per avere delle informazioni valide circa la tossicità di una sostanza, occorre valutare attraverso quali
modalità si può essere esposti alla stessa.
Tratto GI (ingestione)
Polmoni (inalazione)
Pelle (via topica, percutanea, dermica)
Sangue (via endovenosa)
Nelle situazione di esposizione dell’uomo, la frequenza e la durata sono meno definite che negli studi
animali, perciò esposizioni ambientali possono essere descritte come acute se si ha un singolo incidente
o episodio di esposizione, subcroniche nel caso di un’esposizione di qualche settimana o mese e
croniche se l’esposizione risulta ripetuta per mesi o anni.
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Tossicologia – IR19
CASO A.1: DOSE SINGOLA – INSUFFICIENZA RENALE (condizioni patologiche nel paziente)
Il grafico mostra 3 curve dose-risposta differenti per lo stesso farmaco, con 3 valori di CL diversi: a
concentrazioni superiori, si rischia di sforare nell'effetto tossico, uscendo dall'ambito di concentrazioni
benefiche definite dall'indice terapeutico.
In tale caso, l’effetto tossico non dipende dalla sostanza ma dal soggetto esposto. Per esempio nel caso
di un anziano con valori di CL che evidenziano insufficienza renale, si definisce un quadro clinico che tiene
conto di un’eliminazione lenta e rischiosa del farmaco.
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Tossicologia – IR19
In questo caso, a variare l'esito dell'esposizione è una caratteristica intrinseca alla sostanza,
ovvero l'emivita.
Una singola dose di agente tossico che produce effetti tossici può essere senza effetto se la stessa dose
viene suddivisa e somministrata ad intervalli:
La sostanza A raggiunge le concentrazioni tossiche dopo la 2° somministrazione
La sostanza B con emivita = frequenza di esposizione, dopo la 4° somministrazione
La sostanza C con emivita < frequenza di esposizione, non raggiunge mai le concentrazioni
tossiche.
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Tossicologia – IR19
TIPI DI TOSSICITÀ
Tossicità funzionale
Consiste nell’alterazione delle funzioni cellulari del tessuto o dell’organo senza danno diretto alle
cellule.
Quindi, coinvolge un sistema d'organo, alterando le funzioni cellulari di un tessuto che non è
necessariamente quello in cui avviene l’interazione con il bersaglio molecolare.
Esempio 1: agonista istaminergico, una sostanza che provoca vasodilatazione non causa danni
diretti ai vasi sui quali agisce ma causa danni da risposta ipotensiva con ridotta perfusione
renale, danni al SNC e ai polmoni, tutti distretti strettamente dipendenti dalla perfusione ottimale
dell'organismo (ipotensione e riduzione di flusso ematico).
Esempio 2: agonista adrenergico che causa contrazione vasale non danneggia il vaso ma
semplicemente lo contrae. Tuttavia, può causare tossicità renale, cardiaca o cerebrale perché le
dirette conseguenze dell'interazione sono ipertensione che porta ad ictus, danneggiamento della
pompa cardiaca, danneggiamento della funzionalità renale26.
Esempio 3: una sostanza che stimola il rilascio di insulina dalle cellule pancreatiche (senza
danneggiarle) con fissazione del glucosio, causa ipoglicemia e tossicità indiretta anche a carico del
SNC che è fortemente dipendente dal glucosio.
Esempio 4: una sostanza antagonista degli ormoni sessuali può causare tossicità riproduttiva
senza causare danno alle cellule dell’apparato riproduttivo. Infatti, può agire indirettamente solo
sugli ormoni come gli interferenti endocrini atti a modificare i bilanci a feedback negativo dell'asse
neuroendocrino.
Una sostanza agisce su un distretto ma ne danneggia altri, in virtù del fatto che nel nostro
organismo regna l'omeostasi, basata sulla stretta interconnessione tra diversi compartimenti
funzionali e morfologici.
Tossicità cellulare
Consiste nell'alterazione del funzionamento o nella distruzione di una molecola bersaglio, che
provoca un danno cellulare. La tossicità dipende dal bersaglio colpito e dalla funzione che questo stesso
bersaglio media fisiologicamente, non è a carico della sostanza tossica.
Se l'area del danno è estesa e il tessuto necrotizza, oltre all’infiammazione si ha la formazione di tessuti
connettivi di riparazione (tessuti cicatriziali) che vanno a sostituire il tessuto danneggiato. Questo
comporta una riparazione solo parziale del danno perché non è correlato a un ripristino della
funzione, bensı̀ una perdita parziale della stessa.
Si tratta di un fenomeno particolarmente pericoloso a livello cardiaco in quanto il tessuto cicatriziale
diviene una zavorra per i cardiomiociti ancora funzionanti.
La progressione della rigenerazione del tessuto può essere eccessiva e sfociare in fenomeni di
cancerogenesi, è tipico l’esempio del fegato. In quest’organo si assiste ad una delle forme di tumore più
gravi perché ha pochi segni (difficile diagnosi precoce in tempo utile), ed è ad alto rischio di metastasi
per via dell'eccellente irrorazione. Inoltre, i trattamenti farmacologici sono ancora poco efficaci come si
evince dai dati si sopravvivenza a 5 anni.
43
Tossicologia – IR19
Tossicità immediata/ritardata
Quando si considera l’effetto avverso che un tossico può creare, non sempre si parla di azione locale. Le
sedi della tossicità possono infatti essere diverse:
Tessuto in particolare: sostanze irritanti come SDS, che sono caustiche e irritanti per le vie
respiratorie, oppure acidi forti come HCl.
Sistemico: implica necessariamente che ci sia un contatto con il flusso ematico da parte della
sostanza tossica, mediante un processo di assorbimento oppure per via ev. Deve avvenire
anche la sua distribuzione e l'arrivo agli organi bersaglio (non è necessariamente detto che
la sostanza che causa tossicità sistemica agisca indistintamente su tutto l'organismo, l’effetto
potrebbe presentarsi principalmente a carico di un organo piuttosto che un altro), e ai siti di
accumulo (primo tra tutti il tessuto adiposo, che può accumulare sostanze per molto tempo che
poi possono essere rilasciate dopo dimagrimenti molto bruschi) ecc.
Ci sono molecole che hanno tossicità sia locale che sistemica: un caso eclatante è quello
rappresentato dagli anestetici locali, che possono dare nel sito di somministrazione delle reazioni
allergiche oppure dei danni alle terminazioni nervose. Il loro effetto terapeutico prevede
l'alterazione della conducibilità elettrica: come modalità di somministrazione si prevede l'uso
precauzionale di un vasocostrittore, che limita l'effetto dell'anestetico nel sito di interesse,
impedendo che l'anestetico arrivi al cuore (pericolo di ipotensione, effetto inotropo negativo,
aritmie) e al SNC (agitazione, tremori, coma, convulsioni), ed ottimizzandone l’efficacia.
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Tossicologia – IR19
Bioaccumulo e biomagnificazione
Bioaccumulo: fenomeno che si manifesta quando un essere vivente in un ambiente immagazzina una
quantità di sostanza tossica superiore di quello presente nell’ambiente in cui vive.
Ad esempio, le cozze (organismi bioaccumulatori) filtrano l’acqua e accumulano sostanze in essa contenute
concentrandole, presentandole in quantità maggiore rispetto all'ambiente in cui si trovano.
Biomagnificazione: salendo verso l’alto nella catena alimentare, verso le specie più complesse, la
quantità di sostanza tossica cresce. A causa di ciò si depositano negli elementi superiori della
catena alimentare quantità di tossici superiori a quelle che normalmente si assumerrebbero
attraverso un’esposizione al semplice ambiente in cui si vive.
La biomagnificazione deriva dal bioaccumulo in quanto siamo esposti al tossico nel cibo che
assumiamo, rappresentato da organismi bioaccumulatori.
Lo stesso concetto viene utilizzato in viticoltura, quando si pianta una pianta di rosa all’inizio di ogni
filare: questo accorgimento viene adottato perché la rosa è soggetta a tutte le infestazioni da parassiti
che colpiscono anche la vite, quindi se la pianta di rosa è malata anche la vite è esposta allo stesso
parassita e potrebbe ammalarsi.
Un altro esempio di bioaccumulo si ha in ambiente marino: il fitoplancton in questo ecosistema è la
forma di vita più semplice, e costituisce il cibo del pesce azzurro. Le specie più grandi si cibano del pesce
più piccolo e la quantità di sostanze tossiche (ad esempio di PCB, inquinanti ambientali tossici per la
salute) che si trovano aumenta sempre più, nonostante i livelli nell’ambiente possano risultare
comunque bassi.
In cima alla piramide alimentare resta sempre la specie umana, che è contemporaneamente quella che
è maggiormente in grado di influenzare l’ambiente e anche quella che ne subisce maggiormente gli effetti
tossici.
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Tossicologia – IR19
Lo stesso ragionamento del tonno si può applicare a tutti i prodotti derivati da animali allevati, come
carni e latte. Questo perché può capitare di nutrire le mucche da allevamento, da cui ricaviamo entrambi
gli alimenti, con erba e altri alimenti contaminati dal terreno. Ciò significa che ogni essere umano
potrebbe essere esposto alle stesse tossine.
Mentre un individuo adulto e sano dispone di molti strumenti a livello fisiologico che consentono di far
fronte all’assunzione di quantità modeste di sostanze, le categorie particolarmente a rischio sono i
bambini e i neonati, perché esposti tramite l'alimentazione e l'allattamento (anche la madre è
esposta e costituisce una barriera ma allo stesso tempo un mezzo che media l'esposizione), ma anche
durante la gravidanza e il concepimento.
In base alle quantità che causano tossicità, le sostanze tossiche vengono distinte 3 categorie:
Molto tossici: se DL50 è sotto i 5
mg pro kg di peso corporeo
Tossici: se DL50 compresa tra 5 e
50 mg/kg
Nocivi: se DL50 compresa tra 50 e
500 mg/kg
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Tossicologia – IR19
Danno cellulare
Ci sono alcuni elementi fondamentali che concernono l'interazione tra sistema biologico (che sia una
singola cellula, un tessuto, un organo o un intero organismo) e xenobiotico.
Lo xenobiotico in questione avrà delle caratteristiche proprie sia chimiche che fisiche, che
influenzeranno la natura dell’esposizione ed eventualmente la sua entità , e all’interno del sistema
biologico la molecola bersaglio dell'interazione può essere di varia natura (componenti di membrana,
recettori, DNA, neurotrasmettitori, ormoni, ecc.).
Lo xenobiotico vi instaura un legame più o meno duraturo (ionico, covalente, non covalente…) che
dipende dal bersaglio e dalla natura stessa dello xenobiotico.
Mentre l’interazione tra xenobiotico e bersaglio implica che lo xenobiotico abbia avuto accesso
all’organismo e al sistema biologico interessato, le sue conseguenze dipendono dalla natura della
molecola bersaglio e dalla funzione che media. L'effetto che lo xenobiotico ha sulla molecola
bersaglio può essere diverso:
Trasformazione: la cellula in seguito all’interazione varia le capacità replicative
Distruzione della cellula
Riparazione: fenomeno jolly che può avvenire oppure no e può quindi dare vita a diverse
situazioni a seconda che il danno venga effettivamente riparato (e la funzione fisiologica del
sistema biologico sia quindi ripristinata) oppure no.
L'interazione prevede meccanismi specifici e aspecifici.
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Tossicologia – IR19
Meccanismi specifici
Il meccanismo specifico si basa sull'interazione selettiva dello xenobiotico con proteine particolari
(recettori di membrana, enzimi, canali ionici, trasportatori, ecc.), con alterazione delle funzioni
cellulari e conseguente danneggiamento dell'equilibrio, perdita dell'omeostasi e tossicità
cellulare/d'organo (se il danno è esteso, come nel caso di danneggiamento del tratto intestinale derivato
dall’ingerimento di sostanze dannose, cui sono esposte tutte le cellule del tubo digerente).
Si instaurano legami di tipo non covalente, quindi non troppo stabili e destinati ad essere rotti. Questi
meccanismi sono tipici delle sostanze naturali, che sono in grado di:
Inibire o attivare enzimi
Danneggiare il rilascio di sostanze messaggere: per esempio la tetrodotossina, rilasciata dal
pesce palla, utilizzata in ricerca perché inibisce in maniera selettiva la secrezione pre-
sinaptica dell’acetilcolina, e viene usata quindi per capire, ad esempio, se un campione di
intestino si contrae per effetto della componente neurogena o per altro motivo.
Bloccare recettori: può funzionare da antagonista, come l'atropina.
Inibire il trasferimento di elettroni attraverso la catena respiratoria mitocondriale: così
facendo privano la cellula della principale fonte di energia, ostacolando la sintesi di ATP.
Interagire con componenti del citoscheletro: alterano l'impalcatura della cellula e
compromettono l’integrità della membrana cellulare a cui esso è ancorato e spesso comportano
la morte della cellula.
Inoltre, danneggiare il citoscheletro e la membrana significa compromettere anche l’identità
funzionale della cellula, che spesso presenta dei recettori esposti sulla membrana che la
rendono competente a mediare particolari funzioni: se questo fenomeno avviene su molte
cellule di un tessuto, la funzione mediata dall’organo di cui questo fa parte può venire meno o
essere danneggiata.
Come si vede dalla tabella, sono molte le sostanze naturali che hanno la capacità di danneggiare in modo
specifico una funzione a livello cellulare e sono presenti anche alcune sostanze che godono di più effetti
tossici su funzioni differenti, il che le rende particolarmente pericolose (potenziamento dell’effetto
tossico).
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Meccanismi aspecifici
Ci sono poi alcune sostanze che si avvalgono di meccanismi aspecifici, si tratta di molecole e
metaboliti elettrofili che sono estremamente reattive con sostanze ricche di elettroni presenti nel
nostro organismo, tipicamente nucleofili come le basi azotate (DNA e RNA), le proteine, i lipidi, ecc..
Questo implica che le specie in questione siano attive su quasi tutti i tipi di cellule e possono agire
contemporaneamente su più siti di attacco, andando a moltiplicare la loro pericolosità in virtù di un
potenziamento (sinergismo) dell’effetto tossico.
I meccanismi aspecifici prevedono che:
1. La sostanza (o un suo metabolita reattivo) reagisce con un qualunque substrato biologico con
un legame di tipo covalente che è più duraturo e stabile e quindi può protrarsi:
o fino all'allontanamento del tossico
o fin quando la cellula ri-sintetizza il bersaglio inficiato dal tossico per ripristinare la
normale attività: la cellula potrebbe non avere i mezzi energetici o molecolari per
farlo, oppure se il turnover del bersaglio avviene in una sede e con delle modalità
differenti da quelle contestuali alla cellula.
2. I legami covalenti formatisi dal tossico o dal suo metabolita generato dall’organismo stesso,
portano ad un alterato funzionamento della cellula e, se il danno è esteso, ad una tossicità
d’organo e di sistema.
Nelle ustioni per esempio, se il danno è davvero grave ed esteso è la cute nella sua totalità ad essere
compromessa al punto da mettere a rischio la vita del paziente.
Esistono test per poter appurare se tale danno è a carico del tossico o del suo metabolita ed è
estremamente importante questa informazione perché il metabolismo umano non è standard
ed omogeneo in tutta la specie umana e questo porta all’identificazione di categorie più a rischio
di altre.
3. Alcune sostanze modificano i fluidi biologici nella loro composizione:
o pH: sostanze acide e basiche possono alterare il pH del liquido extracellulare ma anche
della cellula stessa
o sostanze chelanti e sali che alterano la composizione ionica, come ad esempio le
tetracicline (che appunto sequestravano gli ioni Ca2+)
o sostanze che causano impoverimento di cofattori enzimatici (deplezione,
malassorbimento)
o sostanze che portano all’alterazione della concentrazione di metaboliti intermedi,
stimolando o inibendo determinate vie enzimatiche e metaboliche.
Il risultato è sempre la sofferenza tissutale/d'organo.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
La probabilità che il danno effettivamente si verifichi in seguito all’esposizione dipende dall’esito del
bilancio complessivo che risulta da due gruppi di fattori:
Condizioni ostacolanti il danno:
o Esistenza di barriere biologiche (membrana cellulare, barriera emato-encefalica,
barriera placentare…)
o Sito di deposito: se il tossico si accumula in un sito di deposito non si dissemina per tutto
l’organismo, e secondariamente non può interagire con le controparti, anche se d’altro
canto potrebbe esso stesso un sito di tossicità
o Legame con le proteine plasmatiche o proteine intracellulari, che ingabbiano la sostanza
in un sistema, rendendola inefficace
Condizioni che facilitano il danno:
o Trasportatori di membrana: alcuni vengono usati dagli xenobiotici per
complementarietà di struttura e profilo ionico.
o Legame intracellulare irreversibile con proteine con cui la sostanza si lega
irreversibilmente, concentrandosi nel sito del danno.
o Porosità dell'endotelio capillare: se il capillare è integro la sostanza non può che seguire
il torrente circolatorio, mentre grazie alle fessure dell'endotelio questa giunge allo
spazio intercellulare lasciando il convoglio ematico, potendo interagire con il sistema
biologico e con maggiore probabilità che riesca a causare il danno.
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Tossicologia – IR19
Specie reattive
Radicali liberi: sono i più
pericolosi, perché hanno un
elettrone spaiato che cercano di
eliminare reagendo con qualsiasi
altra specie stabile. Nella loro
formazione si ha una rottura
omolitica un legame.
Nucleofili: sono i meno reattivi,
tipici composti azotati (spesso
substrati degli elettrofili).
Elettrofili: particolarmente
reattivi, reagiscono in
particolare con lipidi, proteine e
acidi nucleici.
Alterazione delle normali funzioni cellulari senza danno cellulare primario diretto (tossicità funzionale)
tossicità d’organo o sistema (tossicità cellulare secondaria)
Una sostanza che provochi vasodilatazione (es., alfa1-bloccante, agonista istaminergico) non
causa danni diretti ai vasi ma provoca ipotensione e riduzione del flusso ematico: danni
cerebrali, renali ecc.
Una sostanza che causa contrazione della muscolatura vasale (es. agonista adrenergico) non
danneggia i vasi ma causa tossicità cardiaca, cerebrale, renale
Tossicità funzionale: alterazioni delle funzioni di un sistema (nervoso, cardiovascolare,
endocrino), possibile danno d’organo
Una sostanza che stimoli il rilascio di insulina dalle cellule pancreatiche (senza danneggiarle)
causa ipoglicemia e tossicità a carico del sistema nervoso centrale (danno neuronale indiretto)
Una sostanza antagonista degli ormoni sessuali può causare tossicità riproduttiva senza causare
danno diretto alle cellule dell’apparato riproduttivo.
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Tossicologia – IR19
RADICALI
Un radicale è una molecola o frammento molecolare che contiene una o più elettroni spaiati nel
suo orbitali. I radicali sono specie chimiche altamente reattive, in grado di interagire con tutte le
strutture del sistema biologico, quali proteine,
lipidi e acidi nucleici, perciò sono sostanze
pericolose.
I radicali si generano da una separazione equa
(omolisi) degli elettroni, a differenza degli ioni,
che originano invece da una separazione non equa
(eterolisi) degli elettroni.
E proprio la presenza dell’elettrone spaiato che
spiega la reattività chimica del radicale nei
confronti del substrato biologico.
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Tossicologia – IR19
Es. Se viene consumato tutto il GSH e non viene più ripristinato (es. alcolisti, digiuno forzato), non c’è più
modo di contrastare l’insulto ossidativo.
Quindi, ci possono essere alcune condizioni patologiche dell’organismo in cui c’è una maggiore
suscettibilità al danno ossidativo.
Le specie radicaliche si formano quando varia la tensione parziale di ossigeno in un tessuto, per es.
in seguito a riperfusione di un tessuto ischemico, da xenobiotici, per carenza di vitamine antiossidanti
(vitamine A, E, C) nell’invecchiamento, in stati infiammatori acuti e cronici, durante disordini immunitari.
Alcune sostanze vengono trasformate in radicali, a contatto col substrato biologico, quindi è la
biotrasformazione operata dall’organismo a produrre sostanze potenzialmente reattive e quindi
tossiche.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
La capacità del danno radicalico di provocare questi effetti dipende dall’entità del danno e quindi:
quando avviene l’esposizione
frequenza di esposizione
concentrazione della sostanza a cui si è esposti
stato di salute dell’organismo e capacità di contrastare il danno
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Tossicologia – IR19
Si distinguono quindi:
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Tossicologia – IR19
Anione superossido
La generazione a cascata dei radicali liberi dell’O2 avviene in moltissimi casi di tossificazione.
Lo ione superossido viene prodotto:
quando ci sono composti che reagiscono spontaneamente con l’O2 auto-ossidandosi (es.
catecolamine= adrenalina)
per intervento di alcuni sistemi enzimatici (es. xantino-ossidasi, aldeide-ossidasi, CYP450) che
trasformano la sostanza in radicale
quando una radiazione ionizzante attraversa una soluzione acquosa contenente O2
durante l’attivazione della fagocitosi dei granulociti come mezzo battericida: l’organismo
produce il radicale come meccanismo di difesa dai microrganismi.
Normalmente, questi meccanismi servono
all’organismo. Il problema sorge quando la
produzione dei radicali non è più controllata o
quando i sistemi di contrasto funzionano male.
In figura, il ruolo dell’ossigeno nel danno cellulare.
L’ischemia causa danno cellulare, riducendo l’apporto
cellulare di ossigeno. Altri stimoli, come quello della
radiazione, inducono danno attraverso specie
tossiche dell’ossigeno attivato.
Con stress ossidativo si intende la serie di eventi innescati dai radicali liberi:
Perossidazione lipidica
Ossidazione e deplezione di glutatione: il GSH è la forma ridotta e quindi funzionante, se però
viene ossidato e non più ulteriormente ridotto, viene a mancare un glutatione in grado di
contrastare il danno
Ossidazione dei gruppi tiolici proteici: alterazione (riduzione o eliminazione) della funzione
della proteina
Alterazione dell’omeostasi ionica: attraverso l’alterazione delle pompe di membrana,
necessarie per mantenere la corretta composizione di ioni intra e extracellulare; attraverso
l’alterazione dei pori di membrana, attraverso cui passa l’acqua; attraverso l’alterazione dei
recettori di membrana che riconoscono i fattori di crescita.
Danno al DNA
Alterazioni citoscheletriche
Alterazioni mitocondriali (dove viene prodotta ATP) e deplezione di ATP: la cellula quindi
resta senza energia
Comparsa di siti di fragilità sulla membrana: può portare a lisi cellulare
Morte della cellula
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Tossicologia – IR19
Perossido di ossigeno
L’H2O2 si produce sempre in concomitanza alla generazione di O2 a causa della reazione di dismutazione
mediata dalla superossidismutasi. Il radicale OH si produce a partire dall’ H2O2 attraverso due reazioni:
reazione di Fenton: H2O2 + Fe2+ → Fe3+ + OH- + OH’
reazione di Haber-Weiss: H2O2 + O2- ---Fe2+---→ O2 + OH- + OH’
Tra le forme dell’ossigeno, i radicali idrossilici sono la specie più tossica perché altamente reattiva e priva
di ogni meccanismo di inattivazione endogena
Perossidazione lipidica
Comprende una complessa serie di eventi attraverso i quali le catene di acidi grassi dei fosfolipidi di
membrana sono convertiti in una serie di prodotti di frammentazione. Nella lipoperossidazione il
radicale sottrae un H+ alla catena dell’acido grasso insaturo.
Le conseguenze sono:
l’immediata alterazione strutturale e funzionale della membrana (che funziona da barriera, ma
è anche sito di scambi ionici e di localizzazione di trasportatori e recettori)
la produzione a cascata di radicali reattivi
La perossidazione porta alla distruzione dei lipidi che normalmente danno la consistenza alla
membrana. Il tutto causa l’alterazione della struttura della membrana e quindi alterazioni della
funzionalità .
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Tossicologia – IR19
Oltre ai lipidi, i radicali possono reagire con acidi nucleici, carboidrati e proteine. Le proteine sono ricche
in gruppi tiolici –SH che vengono ossidati dai radicali dell’ossigeno, con conseguente perdita di
funzionalità o distruzione della proteina.
R-SH + X° → RS + HX
Meccanismo d’azione
Il CCl4 induce un’alterazione dei lipidi, in particolare una perossidazione lipidica, e successivamente i
lipidi perossidati si accumulano negli
epatociti -poiché a livello epatico la
biotrasformazione è massiva- (NB. Gli
epatociti servono sia a biotrasformare sia a
produrre bile). Questo ingombro lipidico
negli epatociti provoca una serie di
conseguenze a tutto ciò che ha attorno
(proteine, mitocondri, nucleo, ecc.). In
particolare, i danni che possono portare
alla morte cellulare sono il
danneggiamento del mitocondrio (che
causa l’incapacità di produrre ATP) e
l’alterazione della quantità di Ca2+
intracellulare.
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Tossicologia – IR19
Oggi il CCl4 viene utilizzato per allestire un modello animale di danno epatico. Si somministra il CCl4 al
ratto o al topo tramite sonda orale per 50-60 min. Dopodiché si valuta la trasformazione della molecola
in radicale tossico.
Nel modello sperimentale di induzione del danno epatico, si pretratta l’animale con degli induttori
enzimatici del tipo citocromo P450 e solo successivamente si somministra il CCl4, in modo tale questo
venga biotrasformato in radicale molto più velocemente.
danno diretto: i radicali interagiscono direttamente con bersagli cellulari, ossia lipidi
(perossidazione lipidica), proteine (ossidazione gruppi tiolici proteine), acidi nucleici
(modificazioni ossidative del DNA)
danno indiretto: i radicali interagiscono con componenti cellulari e questa interazione porta al
danno.
Es. inattivazione della capacità del glutatione a tornare allo stato ridotto, cosı̀ da bloccare il
sistema di contrasto (ossidazione del GSH a GSSG: le proteine rimangano ossidate!)
danno non generato dai radicali: in questo caso intervengono dei meccanismi di difesa che
riparano le lesioni causate dai radicali.
Es. Danno ossidativo al DNA. Il DNA possiede dei sistemi per riparare il danno che richiedono
energia, se però l’energia non è sufficiente, la cellula va indirettamente incontro a morte. Questo
accade perché il danno attiva un enzima adibito alla riparazione del danno (ADPRT) → questo
enzima consuma NAD e se questo cofattore non viene ripristinato (quindi si ha una carenza di
NAD) la reazione non procede: inibizione catena respiratoria mitocondriale → diminuzione ATP
→ danno cellulare.
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Tossicologia – IR19
MECCANISMI DI TOSSICITÀ
Fasi che avvengono dal momento in cui si ha il contatto tra la sostanza tossica e il sistema biologico fino
alla risposta tossica.
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Tossicologia – IR19
Prima di riparare il danno, il sistema biologico cerca di contrastarlo e questo può effettuarlo attraverso
diversi sistemi:
2. Agenti che interferiscono con la propagazione della reazione tossica (come quella
radicalica), inducendo la terminazione o la formazione di un radicale meno reattivo.
Vitamine A, C, E (sono vitamine antiossidanti): reagiscono con i radicali liberi, cedendo
un elettrone e trasformandosi in radicali stabili o detossificati dai sistemi enzimatici.
il glutatione ridotto (GSH): è un meccanismo fisiologico di contrasto al danno. Esso
reagisce coi radicali, cedendo un elettrone e formando cosı̀ il radicale GS°. L’unione di
due radicali GS° forma il glutatione ossidato (GSSG) che viene poi ridotto dalla glutatione
reduttasi.
L’interazione tra lo xenobiotico e la molecola bersaglio causa una serie di eventi biochimici e cellulari
che a loro volta possono attivare i meccanismi di difesa a livello molecolare, cellulare o tissutale. Quando
le alterazioni indotte dal tossico superano le capacità riparative, i danni si manifestano a vari livelli
dell’organizzazione biologica (macromolecole, organuli, tessuti, organi). L’identificazione delle molecole
bersaglio coinvolte nella tossicità di uno xenobiotico è fondamentale per la valutazione dei rischi
associati alla sua esposizione. Le macromolecole come gli acidi nucleici, le proteine e i lipidi di
membrana rappresentano i bersagli principali e più importanti da un punto di vista tossicologico.
Una molecola endogena, per essere un bersaglio, deve avere la reattività e la struttura chimica per
permettere legami covalenti e non covalenti con il tossico. La reazione del tossico con le molecole
endogene può causare disfunzione o distruzione cellulare.
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Tossicologia – IR19
Formazione di neoantigeni
Il legame covalente di alcune xenobiotici alle proteine può formare i neoantigeni, che sono in
grado di evocare una risposta immunitaria. In questo caso non si modifica il bersaglio, ma si
cambia l’effetto.
Es. penicillina, nichel
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Tossicologia – IR19
L’interazione con la sostanza tossica altera la conformazione o la struttura della proteina e ne modifica
di conseguenza la funzione. Es. attività catalitica di un enzima, legame covalente di prodotti tossici al
DNA e alterazione della replicazione.
Es. Esistono degli xenobiotici che interagiscono col DNA grazie alla loro particolare struttura planare, per
cui sono in grado di intercalarsi tra le basi del DNA, rendere così la struttura più rigida e quindi incapace
di effettuare la trascrizione.
Alterazione della trascrizione di fattori di trascrizione e regione regolatoria dei geni: non avviene
l’interazione diretta tra xenobiotico e recettore, ma esso impedisce la trascrizione del bersaglio.
Alterazione della trasduzione del segnale (traduzione di un messaggio chimico extracellulare in una
risposta intracellulare): alcuni agenti tossici alterano la fosforilazione recettoriale, che è proprio la
reazione che permette di trasdurre un determinato segnale.
Alcuni xenobiotici come esteri del forbolo, fumonisina B, e Pb2+ facilitano la fosforilazione di alcuni
trasduttori di segnale, promuovendo la mitosi e la formazione del tumore.
Alcuni xenobiotici come microcistina LR (da alga verde) e acido okadaico (da dinoflagellato) inibiscono
le fosfatasi e quindi provocano una fosforilazione aberrante delle proteine.
L’esito dipende dallo xenobiotico, dall’interazione, dalla funzione della proteina.
Alterazione della produzione di segnali extracellulari: gli ormoni ipofisari hanno effetti mitogeni sulle
ghiandole endocrine. La produzione di ormoni ipofisari è sotto controllo feedback negativo degli ormoni
delle ghiandole periferiche. La perturbazione di questo sistema influenza negativamente la secrezione
ormonale dell’ipofisi e quindi delle ghiandole periferiche
Esempio. Nell’asse neuro-endocrino, i centri comunicano con la periferia tramite degli ormoni o dei fattori
di controllo dell’attività di alcune ghiandole che vengono immessi in circolo (L’asse ipotalamo-ipofisi è la
più importante area di interconnessione tra sistema nervoso e sistema endocrino: l’ipotalamo riceve segnali
dal sistema nervoso autonomo e da altre aree cerebrali e secerne neurormoni peptidici che stimolano o
inibiscono il rilascio di ormoni dall’ipofisi). Alterando questo sistema, che funziona con un meccanismo di
regolazione a feedback negativo (ossia tanto più ormone è in circolo, tanto meno sarà la sollecitazione alla
produzione), viene inviato ai sistemi centrali un segnale di blocco della produzione ormonale, in quanto
l’organismo registra livelli elevati di ormone. Di fatto, la quantità di ormone reale è troppo bassa, quindi
non arriva a sufficienza in periferia e perciò non media la sua funzione. Gli interferenti endocrini lavorano
in questo modo: sono sostanze tossiche anche a piccole quantità, che mimano l’azione degli ormoni
endogeni, quindi bloccano l’ormone naturale e allo stesso tempo bloccano anche la produzione.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Di cellule elettricamente eccitabili, ossia neuroni e cellule del muscolo scheletrico, liscio, cardiaco: la
perturbazione dell’attività cellulare può essere dovuta ad alterazioni della concentrazione dei
neurotrasmettitori, funzionalità del recettore, trasduzione del segnale, processo che porta alla
terminazione del segnale.
Di altre cellule (trascurabile).
Es. Come alterare la funzionalità del muscolo scheletrico? (La placca motrice è la struttura di giunzione tra
la terminazione nervosa e la muscolatura ed è dove viene liberata l’acetilcolina)
a. Intervenendo sul neurotrasmettitore, in modo da alterare funzionalmente il tessuto eccitabile: si
impedisce la liberazione di acetilcolina, che quindi non arriverà mai a livello post sinaptico e perciò
si avrà paralisi muscolare.
b. Interferendo con la trasduzione del segnale, che parte dal recettore e arriva alla struttura in cui è
richiesta la contrazione del muscolo: l’acetilcolina viene liberata, ma poi degli agenti tossici
interferiscono.
c. Bloccando i sistemi di spegnimento del segnale, viene aumentata la stimolazione del sistema
(l’attività dell’acetilcolina sul recettore è tempo-dipendente, ossia dopo circa 1ms viene degradata
dall’acetilcolinesterasi).
Agenti che agiscono sui sistemi di segnalazione per neurotrasmettitori e provocano disreglazione
dell’attività temporanea delle cellule elettricamente eccitabili, come i neuroni e le cellule muscolari.
La tubocurarina è un antagonista non depolarizzante che agisce sul recettore per competizione con ACh.
L’atropina (Belladonna) è un antagonista competitivo del recettore che impedisce all’Ach di frenare
l’attività cardiaca: il risultato è la tachicardia.
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Tossicologia – IR19
Invece che agire sul recettore, si può agire anche su altri bersagli, ossia i canali.
La tetrodotossina (tossina del pescepalla) blocca il canale del Na+ voltaggio dipendente, impedendo alla
terminazione di liberare l’Ach. Quindi agisce a monte, perché l’Ach resta nella giunzione presinaptica.
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Tossicologia – IR19
Fosforilazione ossidativa
L’ATP è la fonte di energia della cellula, che viene liberata quando l’ATP viene scissa in AMP (che poi avrà
anche funzione di secondo messaggero) e ADP. Man mano che viene prodotta energia, è anche necessario
ripristinare la quantità di ATP e questo è possibile attraverso la fosforilazione ossidativa, che avviene a
livello dei mitocondri.
Questa reazione richiede dei cofattori enzimatici, P e O2, e dal prodotto di degradazione dell’ATP,
permette di ripristinare l’ATP stessa.
Questa reazione prevede il trasporto di elettroni con eliminazione di H+. Per ogni passaggio quindi c’è
l’espulsione di H+ dalla membrana mitocondriale interna, che crea un’elevata
concentrazione esterna di H+ (accumulo di H+ tra la membrana interna ed esterna
del mitocondrio). Poiché queste due membrane sono impermeabili, gli H+ non
possono più rientrare attraverso la membrana. Questo permette di creare un
gradiente, che viene sfruttato dall’ATP sintetasi, una pompa protonica attraverso
la quale i protoni possono entrare nel mitocondrio.
Man a mano che i H+ passano, il gradiente protonico diminuisce. La diminuzione di gradiente protonico
va a diminuire anche l’attività del complesso enzimatico ATP-sintetasi di sintetizzare ATP.
L’alterazione della fosforilazione ossidativa è dannosa per le cellule in quanto la mancata ri-
fosforilazione dell’ADP, ne comporta l’accumulo e la mancanza di ATP come fonte energetica.
Ci sono numerose sostanze che alterano la sintesi di ATP, come cianuro, tetracloruro di carbonio, DDT,
benzochinone ecc. e agiscono in modalità diverse: impedendo il trasporto di elettroni, inibendo la
cessione di H alla catena di trasporto degli elettroni, inibendo la cessione di ossigeno, inibendo la
fosforilazione dell’ATP, alterando il potenziale di membrana mitocondriale, ecc..
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Si può agire su più livelli per alterare il sistema di produzione di energia. Un altro metodo prevede di
aumentare le cariche H+ dentro il mitocondrio: in questo modo diminuisce il gradiente e quindi la
capacità dell’ATP sintetasi di sintetizzare l’ATP. Questo è possibili gradi al Ca2+.
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MORTE CELLULARE
La morte cellulare si può manifestare attraverso due diversi meccanismi: necrosi e apoptosi.
Necrosi: è la conseguenza di una rapida perturbazione dell’omeostasi cellulare causata da danno
acuto da agente tossico o da evento patologico (ischemia, ipossia, ipertermia).
Inizia con un aumento di permeabilità della membrana (che altera l’equilibrio ionico), quindi un
aumento del volume della cellula, si ha il rilascio di enzimi proteolitici e il rigonfiamento degli organelli
cellulari. Di conseguenza, si ha la lisi delle membrane e la degradazione cellulare.
Gli agenti in grado di portare a necrosi, sono quelli che interferiscono con la produzione di ATP. In questo
caso il decremento di ATP è rapido e ingente.
E accompagnata da uno stato infiammatorio del tessuto.
1. Rigonfiamento cellulare
2. Rigonfiamento degli organelli citoplasmatici
3. Blocco della sintesi proteica
4. Blocco della sintesi di ATP
5. Degradazione casuale del DNA
6. Lisi cellulare
La cellula necrotica si trova in un citoplasma con numerose strutture, ma ha perso la normale struttura
organizzata.
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Tossicologia – IR19
La cellula apoptotica è molto diversa dalla cellula necrotica. La cellula apoptotica va inizialmente
incontro ad una frammentazione del nucleo e ad una degradazione del materiale genetico da parte delle
nucleasi (in particola, è tagliato in multipli tra loro, es. 200-400-600), con formazione di piccoli corpi
apoptotici. Le invaginazioni della membrana cellulare sono una caratteristica tipica di questa cellula.
Poiché l’apoptosi non ha conseguenze infiammatorie, è stato utilizzato come marcatore dell’effetto
tossico di alcuni xenobiotici.
Si induce l’apoptosi con un farmaco o uno xenobiotico, si lisa la cellula ed estrae il DNA genomico. Questo
viene messo in un gel di agarosio e sottoposto ad una corrente elettrica. Si effettua quindi una
elettroforesi e si acquisisce la foto.
Normalmente, il materiale genetico di una cellula sana appare come una banda bianca integra,
ad alto PM perché è tutto il materiale genetico della cellula.
Se il materiale genetico è degradato/tagliato, appare una specie di scia/frammentazione del
segnale, perché ci sono frammenti più piccoli che migrano ad una velocità diversa rispetto ai
frammenti più grandi (migrano dopo perché pesano di più ).
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Tossicologia – IR19
Intorno al 2005, l’apoptosi è stata studiata come possibile opzione terapeutica per mettere a punto un
antitumorale che portasse la cellula tumorale alla morte, senza indurre la morte delle cellule sane.
Oggi in realtà gli approcci sono diversi e sono più improntati sull’immunoterapia: l’idea non è uccidere
direttamente la cellula, ma riattivare il sistema immunitario affinché attacchi dall’interno le cellule
tumorali.
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Tossicologia – IR19
Riparazione cellulare
Non tutte le cellule sono riparabili. Ad esempio, a livello del sistema nervoso la riparazione è più difficile
a causa della struttura diversa. Le cellule nervose periferiche sono ricoperte da uno strato di mielina e
caratterizzate dai nodi di Ranvier, che permettono la trasmissione dell’impulso. A livello centrale, invece,
ci sono gli oligodendrociti, che con le proprie estroflessioni ricoprono le terminazioni assoniche. Nei
neuroni periferici con danno dell’assone, la riparazione richiede la presenza di macrofagi (spazzini) e le
cellule di Schwann. I macrofagi rimuovono i detriti di cellule non più funzionanti, danneggiate o in
apoptosi per fagocitosi e producono fattori di crescita e citochine che stimolano le cellule di Schwann a
proliferare (e quindi l’assone ad allungarsi). Mentre migrano insieme all’assone che ricresce, le cellule
di Schwann guidano fisicamente l’assone verso la cellula bersaglio da innervare.
Nel SNC la ricrescita assonica è impedita dagli oligodendrociti
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Tossicologia – IR19
Riparazione tissutale
Il tessuto può andare incontro a due destini:
rigenerazione del tessuto per proliferazione
morte cellulare per apoptosi; questo meccanismo è fondamentale e fisiologico per i tessuti
costituiti da cellule in continuo rinnovamento, quali:
o midollo osseo
o epitelio respiratorio
o epitelio gastrointestinale
o epidermide cutanea
Al contrario, l’apoptosi non è una strategia auspicabile per la riparazione tessutale, nei tessuti
costituiti da cellule non replicanti e non sostituibili, in quanto potrebbe implicare la perdita di
componenti importanti per il tessuto e potrebbe venire meno la sua funzione.
o neuroni
o cardiomiociti
o cellule germinali femminili
Subito dopo il danno, le cellule adiacenti alla zona danneggiata entrano nel ciclo di divisione cellulare:
passano dalla fase G0, entrano nella fase G1 e progrediscono verso la mitosi M. Il tessuto provvede cosı̀ a
sostituire le cellule perse con l’apoptosi.
Il processo rigenerativo inizia con il rilascio di mediatori chimici, come TNF-α e IL-6, da parte di cellule
danneggiate, e successivamente di fattori di crescita come HGF e il TGF-α.
In particolare, nella mucosa del tratto GI si verifica la migrazione cellulare: le cellule dell’epitelio
adiacenti alle cellule danneggiate, migrano rapidamente nel sito di lesione e ristabiliscono la continuità
di superficie prima ancora che avvenga per replicazione cellulare.
In seguito al danno, anche la matrice extracellulare, costituita da proteine, glicosaminoglicani e
glicoproteine, deve essere sostituita. Per fare ciò , i fattori di crescita PDGF e TGF-β stimolano la
proliferazione delle cellule a produrre collagene, fibronectina, acido ialuronico.
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Tossicologia – IR19
Sono stati utilizzati due gruppi di ratti: uno di confronto e un altro che è stato trattato con acido acetico
per via orale per indurre un’ulcera. Dopo tot giorni di protocollo sperimentale, gli animali sono stati
sacrificati per prelevare lo stomaco. L’organo è stato lavato e fissato per fare una immuno-istochimica e
confrontare il sano col malato. Tutto questo serve per stabilire il modello sperimentale ed è necessario
prima di poter procedere con la somministrazione di xenobiotici o farmaci.
Animale sano (sx): la zona scura mostra le cellule in attiva replicazione e le cellule che migrano
verso la superficie per rinnovare l’epitelio gastrico.
Animale ulcerato (dx): in questo caso si nota uno stacco/una mancanza di integrità ; si ha poi uno
slargamento delle ghiandole secretrici; ma soprattutto si vede una specie di cucchiaio -tipico
dell’ulcera gastrica- che indica il tessuto lesionato che costituirà il vallo dell’ulcera.
A questo punto, sono stati trattati gli animali con farmaci antinfiammatori appartenenti a gruppi diversi
(ossia con profili di selettività COX-1 e COX-2 diversi):
indometacina 1: non selettivo
celecoxib e valdecoxib: selettivi per COX-2
DFDU e DFU: selettivo per COX-
SC: COX-1 selettivo
Questi animali sono stati sacrificati per prelevare lo stomaco ed effettuare una immuno-istochimica. E
stata lisata una parte di tessuto con l’ulcera ed è stato valutato se il trattamento coi farmaci interferiva
col processo di danno oppure modulava il processo riparativo.
Sono stati selezionati due antigeni:
Caspasi 3: esiste in forma inattiva e in forma attiva, che è presente quando un tessuto subisce
un insulto tossico. E stata valutata la densitometria della caspasi attiva, per vede se e quanto è
espressa e quindi stabilire la gravità del danno.
PCNA: è un parametro di riparazione, in quanto tutte le volte che un tessuto è danneggiato,
questo fattore tenta di ripararlo.
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Tossicologia – IR19
Risultati ottenuti
La somministrazione di inibitori selettivi di COX-1 aumenta la caspasi 3e quindi aumenta il
danno, mentre il fenomeno riparativo non varia significativamente NO
La somministrazione di indometacina aumenta il danno e riduce la spinta riparativa del tessuto
NO
La somministrazione di inibitori selettivi di COX-2 riduce la caspasi 3 e quindi riduce il danno,
senza interferire col fenomeno riparativo.
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Tossicologia – IR19
MECCANISMI DI ADATTAMENTO
In seguito ad un danno del sistema biologico, tale sistema può mettere in atto un insieme di procedure
di riparazione del danno stesso, oppure un processo di adattamento alla presenza dello xenobiotico,
ossia -invece di contrastare il danno- l’obiettivo diventa conservare l’omeostasi= l’equilibrio funzionale
del sistema. L’adattamento è la risposta dell’organismo finalizzata a conservare o recuperare
l’omeostasi.
Tale meccanismo scaturisce perché alcuni xenobiotici inducono dei cambiamenti adattativi, come:
diminuita cessione del tossico al bersaglio
aumento del sequestro dell’agente tossico da parte di proteine intracellulari. Es.
Metallotioneine, presenti a livello epatico e non renale: l’esposizione a metalli xenobiotici
aumenta l’espressione di queste proteine che legano e quindi sequestrano il metallo, bloccando
così l’interazione con l’ambiente circostante. È perciò un meccanismo adattativo successivo
all’esposizione di uno xenobiotico.
aumento della detossificazione dell’agente tossico: si può avere un’alterazione del
metabolismo di molti xenobiotici e questo può aumentare o diminuire il processo di
detossificazione. Es. Farmaci che inducono una variazione dell’espressione degli enzimi CYP450
(inibitori ed induttori), possono portare anche ad una variazione del proprio metabolismo.
aumento della estrusione dell’agente tossico dalla cellula, in seguito ad un aumento
dell’espressione o dell’attività delle proteine di estrusione: se lo xenobiotico interagisce con la
componente nucleica, ne influenza la trascrizione e può far aumentare l’espressione delle
pompe.
Es. Fe e Cd assunti con la dieta influenzano l’espressione di un trasportatore per i metalli
divalenti negli enterociti.
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Tossicologia – IR19
NECROSI TISSUTALE
Avviene perché il danno soverchia e disabilita i meccanismi riparativi come:
la riparazione delle molecole danneggiate
l’eliminazione tramite apoptosi delle cellule danneggiate
la sostituzione tramite divisione cellulare delle cellule eliminate via apoptosi
FIBROSI
Consiste in un’eccessiva deposizione di matrice extracellulare a causa dell’azione pro-fibrotica del TGF-
β, che stimola la sintesi dei singoli componenti della matrice (collagene e fibronectina prodotte dalle
cellule adiacenti) e inibisce la degradazione della matrice.
In seguito al danno, avviene innanzitutto la migrazione di diversi componenti cellulari vicini nella sede
del danno, e successivamente la secrezione di fattori di crescita, necessari sia per ripristinare le cellule
funzionali sia per ricostruire la matrice a base di collagene e fibronectina.
Feedback positivo: TGF- β stimola la trascrizione del suo stesso gene.
CANCEROGENESI
Non è sempre detto che si riesca a riparare il danno genetico o ad indurre l’apoptosi della cellula e
soprattutto non sempre si riesce a controllare lo stimolo proliferativo cellulare.
La cancerogenesi è caratterizzata dalla perdita di regolazione della crescita cellulare, ossia non
riesce a controllare lo stimolo proliferativo: più è veloce la replicazione (e quindi maggiore è la
proliferazione), maggiori sono le mutazioni che le cellule accumulano e tali mutazioni permettono alle
cellule di passare da uno stato di normalità ad uno pre-canceroso; in particolare si generano dei veri
propri cloni, ossia un insieme di cellule che hanno accumulato più mutazioni e che transitano da uno
stato di normalità ad uno pre-canceroso e poi canceroso.
La cancerogenesi può svilupparsi in seguito ad un inappropriato funzionamento dei meccanismi di
riparazione. Infatti, non sempre lo stimolo riparatorio è efficiente, ma al contrario si può avere:
fallimento della riparazione del DNA
fallimento dell’induzione di apoptosi
mancato arresto della proliferazione cellulare
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Tossicologia – IR19
Protoncogeni
Sono geni che codificano per proteine che stimolano la progressione delle cellule attraverso il ciclo
cellulare e permettono alla cellula di ricominciare il ciclo proliferativo. Essi sono:
Fattori di crescita
Recettori per i fattori di crescita
Proteine del sistema di trasduzione, come proteine G, protein-chinasi, cicline, fosfatasi,
cAMP: sono tutte molecole proteiche intracellulari che trasducono un segnale extracellulare con
una risposta intracellulare alla cellula stessa (fosfatasi, chinasi, AMP ciclico, adenin ciclasi).
Tutti questi elementi provocano l’attivazione della proliferazione della cellula, andando ad attivare o a
bloccare diversi geni.
Normalmente, i protooncogeni sono attivati in modo transitorio, ossia aumentano solo in determinati
momenti:
durante l’embriogenesi
nella rigenerazione tissutale o d’organo
per la stimolazione di cellule da parte di ormoni.
Il problema insorge nel momento in cui l’attivazione è permanente, in quanto favorisce la
trasformazione neoplastica.
Generalmente la risposta della cellula ha un condizionamento, una modulazione di attività nucleare.
Geni oncosoppressori
Al contrario dei protoncogeni, i geni oncosoppressori sono dei geni che
codificano per proteine che inibiscono la progressione delle cellule
attraverso il ciclo cellulare. Essi sono:
Inibitori di protein-chinasi ciclina-dipendente
Fattori di trascrizione che attivano geni codificanti per gli
inibitori protein-chinasi ciclina-dipendente
Proteine che bloccano fattori di trascrizione coinvolti nella
sintesi del DNA e nella divisione cellulare
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Tossicologia – IR19
La cellula è paragonabile ad una macchina a due componenti: una ha una spinta positiva verso la
proliferazione cellulare, l’altra ha una spinta negativa. Fisiologicamente, nel corso della vita, l’azione di
una e dell’altra è variabile, ma la perdita del controllo di questo rapporto porta alla proliferazione
incontrollata e di conseguenza a neoplasie.
Alcune sostanze possono condizionare la trascrizione genica a livello nucleare in modo da alterare il
sistema di trasduzione. Ma come si definisce la tossicità di un genotossico?
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Tossicologia – IR19
GENOTOSSICITÀ
La genotossicità rappresenta la branca della tossicologia che studia le
alterazioni nelle componenti genetiche indotte da agenti chimici o fisici con
delle proprietà particolari in grado di alterare la funzionalità degli acidi
nucleici. Le interazioni possono portare a diverse conseguenze: la
sospensione del prodotto genico (faccio in modo che il DNA non codifichi
più per quel prodotto), la diminuzione o l’aumento della sua attività o la
perdita delle sue capacità funzionali.
Infatti, cambiando anche solo un codone nel DNA, questo può portare alla trascrizione di un mRNA
codificante per una proteina totalmente diversa, oppure generare un recettore che espone dei residui
diversi e non è quindi più in grado di legarsi al suo ligando fisiologico, oppure ancora generare un codone
di stop e bloccare la sintesi proteica.
La sequenza del DNA è disposta in doppio filamento antiparallelo a doppia elica. È costituito dall’insieme
di basi azotate che sono accoppiate in modo complementare con una legge ben definita di
corrispondenza. Nell’insieme si impaccano a costituire i cromosomi, strutture ad X con braccia più o
meno lunghe.
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Tossicologia – IR19
Il danno genetico si manifesta generalmente tramite una o più mutazioni, che possono avere entità
diverse. La mutazione è definita come un processo che altera la sequenza di basi del DNA a diversi livelli.
Possono essere:
geniche o puntiformi: coinvolgono poche basi
cromosomiche: coinvolgono interi cromosomi, sia per qualità che per quantità
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Tossicologia – IR19
La mutazione può essere ereditabile se colpisce una cellula germinale. Infatti, si distinguono mutazioni:
A. somatiche: colpiscono cellule differenziate e individuali; la mutazione rimane confinata nella
tipologia della cellula e viene tramandata per mitosi solo nelle cellule figlie di uguale
differenziazione (ereditata solo dai discendenti di una cellula). Se una cellula di uno dei tessuti
subisce una mutazione, tutte le cellule di questa linea che si generano da esso saranno mutate,
indipendentemente dal grado di differenziazione che subiranno.
B. germinali (ovocita o spermatozoo): colpiscono le cellule in riproduzione (trasmessa attraverso
le generazioni).
Es. Nel caso di un ovulo fecondato, se una cellula subisce una mutazione, tutte le cellule
somatiche nate da questa cellula che si generano da esso, saranno mutate, indipendentemente
dal grado di differenziazione che subiranno.
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Tossicologia – IR19
MUTAZIONI PUNTIFORMI
Transizioni: comprendono:
o sostituzioni di una purina (G o A) con un’altra purina
o sostituzione di una pirimidina (C o T) con un’altra
pirimidina
Le mutazioni possono portare a conseguenze diverse e a seconda del tipo prendono un nome diverso:
Mutazione silente: sostituzione di una base che provoca un cambiamento nella trascrizione, ma
il codone codifica sempre per lo stesso amminoacido. In questo caso, non cambia la funzionalità
della proteina.
Esempio. Mutazione da AT a GT in terza posizione del codone forma un codone che codifica
ancora per la lisina.
Neutra: sostituzione di una base che cambia l’amminoacido trascritto con uno che non cambia
la funzionalità della proteina (proprietà chimiche simili).
Esempio. Mutazione per transizione da AT a GC cambia il codone per lisina ad arginina
Nonsenso: sostituzione di una base che comporta la formazione di un codone di stop; la sintesi
proteica viene quindi interrotta.
Esempio. Mutazione per trasversione da AT a TA cambia il codone per la lisina a codone di stop
UAA
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Tossicologia – IR19
Frameshift: inserzione o delezione di una o qualche coppia di basi che altera la fase di lettura.
Esempio. Inserzione di una coppia di basi GC scombina il messaggio a valle della glutammina
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Tossicologia – IR19
MUTAZIONI CROMOSOMICHE
Le mutazioni possono interessare una quantità superiore di materiale genetico, addirittura tratti interi
di cromosomi. Le mutazioni o aberrazioni cromosomiche possono alterare sia il numero che la
struttura dei cromosomi.
L’uomo ha nelle sue cellule somatiche 46 cromosomi (2n=46), cioè 23 coppie di cromosomi
omologhi, di cui:
22 coppie costituiscono i cromosomi somatici o autosomi
1 coppia è formata da due cromosomi sessuali diversi nei due sessi (eterocromosomi). Se la
cellula appartiene ad un maschio si distingue per avere, tra gli altri, un cromosoma X e un
cromosoma Y (XY), se la cellula appartiene ad una femmina, ci sono due cromosomi X (XX).
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Tossicologia – IR19
Conseguenze cliniche: ritardo nella capacità cognitiva e nella crescita fisica e caratterizzata da
un particolare insieme di caratteristiche del viso.
Duplicazione
Inversione
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Tossicologia – IR19
Nei processi di degradazione chimica o a seguito di esposizione a xenobiotici, sono numerosi i nucleotidi
che vengono danneggiati. Una cellula mutata sopravvive se il cambiamento genetico non è dannoso o
quando le consente di acquisire vantaggi selettivi di proliferazione e differenziamento.
La maggior parte delle mutazioni sono dannose, ma esistono meccanismi enzimatici di riparazione
del DNA, che permettono cioè alla cellula di autoripararsi e ovviare al danno. In particolare, nel caso del
DNA, viene attivato un sistema attraverso cui il danno viene riparato attraverso degli enzimi, per es. per
de-alchilazione, escissione diretta o per fotoliasi.
FOTOLIASI
Nel momento in cui il DNA è esposto a radiazioni non ionizzanti, come le UV, può accadere che
l’energia immagazzinata venga utilizzata dalle basi adiacenti per formare un legame tra loro. Questo
legame, però, altera la struttura del DNA, irrigidendolo. Un DNA troppo rigido
non è in grado di replicarsi.
DE-ALCHILAZIONE
Un secondo tipo di danno al DNA è rappresentato dall’alchilazione, cioè dal trasferimento di gruppi
metilici o etilici a siti reattivi delle basi e ai fosfati del DNA. La guanina è particolarmente soggetta a
metilazione sull’ossigeno in posizione 6 e dà luogo alla O6-metilguanina, che si accoppia in modo errato
con la timina e produce una transizione GC-AT durante la replicazione.
Questa lesione è rimossa dall’enzima O6-metilguanina metiltransferasi, che riconosce la guanina
metilata, rimuove il gruppo metilico e lo trasferisce ad un aminoacido dell’enzima. Di fatto libera la base
azotata (guanina).
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Tossicologia – IR19
Questi processi di riparazione però non sempre vengono messi in atto in modo efficiente. Quando il
sistema di riparazione fallisce, possono insorgere gravi patologie. Alcuni esempi:
Xeroderma pigmentosus: gli individui affetti da questa patologia sono
particolarmente suscettibili allo sviluppo di melanomi e carcinomi in
seguito ad esposizione alle radiazioni UV. Le cellule di questi soggetti hanno
un cariotipo normale (non hanno perso cromosomi), ma quando vengono
esposte alle radiazioni UV -che provocano un danno- mostrano incremento
di aberrazioni cromosomiche.
Questi effetti sono imputabili a mutazioni a carico di geni che codificano per
il complesso sistema enzimatico di riparazione per escissione, che risulta
quindi in difetto di produzione o in totale assenza di enzimi importanti per
tali fenomeni riparativi. Finché non si ha un danno genetico, la patologia non provoca sintomi.
Sindrome di Louis-Bar: provoca atassia cerebellare (ossia difficoltà di deambulazione),
telangiectasie, immunodeficienza.
I soggetti portatori hanno un’aumentata sensibilità alle radiazioni e predisposizione allo
sviluppo di leucemie.
Sembra essere dovuta ad una alterazione dei meccanismi di checkpoint del ciclo cellulare, in
particolare ad una transizione G1/S e G2/M (i checkpoint sono dei punti strategici del ciclo
cellulare perché lasciano alle cellule il tempo di riparare il DNA danneggiato). Se però i sistemi
di rallentamento del ciclo cellulare vengono meno, le cellule col DNA danneggiato non vengano
più bloccate per dar tempo ai sistemi di riparazione del DNA di agire e le cellule continuano a
dividersi e proliferare, trasmettendo il danno -ossia la mutazione- alle cellule figlie. Si ha quindi
si ha un rapido accumulo di cambiamenti genetici.
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Tossicologia – IR19
Esiste una correlazione tra l’efficienza del sistema riparativo e la durata della vita di una cellula e ad
agire da orologio biologico sono i telomeri. I telomeri sono la parte terminale dei cromosomi e sono delle
sequenze ripetute non codificanti che garantiscono la lettura completa del DNA (fino alla fine del
cromosoma). La lunghezza diminuisce con le replicazioni cellullari: più corto è il telomero, tanto più
numerose sono state le divisioni cellulari (invecchiamento), ecco perché la lunghezza del telomero è un
parametro che indica la durata di vita cellulare. Di recente ha preso molto piede la ricerca di una
strategia per permettere il mantenimento dei telomeri, in modo da aumentare la resistenza vitale della
cellula.
Esistono dei test per misurare la tossicità di un composto a livello del corredo genetico, che può
variare a seconda dell’impatto che le mutazioni1 hanno sulla salute dell’uomo. Il principio fondamentale
per utilizzare un test è che esso deve permettere di valutare la variazione di una funzione:
della correlazione tra efficienza dei sistemi riparativi e durata della vita (telomeri)
della correlazione fra eventi mutazionali e processo cancerogenetico (attivazione dei proto-
oncogeni in oncogeni mediante induzione di mutazioni puntiformi e riarrangiamenti
cromosomici/inattivazione di geni onco-soppressori)
NB. NON TUTTI I COMPOSTI CANCEROGENI SONO MUTAGENI!
TEST DI GENOTOSSICITÀ
I test a breve e a lungo termine possono essere condotti sia in vitro (potenziale genotossico in coltura
cellulare) che in vivo (nell’animale). I test in vitro sono meno costosi: si possono fare test sui batteri, in
laboratori non dotati di dispositivi particolari e soprattutto per una tossicità a breve termine. Per la
tossicità a lungo termine, si può somministrare la sostanza all’animale da esperimento e poi prendere
le cellule di un determinato distretto (es. midollo) e osservare se c’è un danno nel cariotipo, cioè nel
cromosoma o nella sequenza.
Tra i test a breve termine i principali sono:
Test per l’analisi delle mutazioni geniche: comprende il Test di Ames sulla Salmonella
Typhimurium (ma anche su altri ceppi) e i test di mutazione locus specifici su cellule di
mammifero in coltura.
Test per l’analisi delle aberrazioni cromosomiche strutturali: comprende i test di citogenetica
in vitro ed in vivo In questo caso si colorano alcune cellule per poter poi vedere il materiale
genetico al microscopio e capire se sono integri o meno.
Test per l’analisi delle anomalie del numero di cromosomi: comprende il test del micronucleo
in vitro ed in vivo.
TEST DI MUTAGENESI
Servono a rivelare se una sostanza è in grado di provocare mutazioni geniche. Circa la metà dei
carcinogeni noti (positivi al test di cancerogenesi animale a 2 anni) è mutagena.
Mutazioni nelle cellule germinali possono provocare malattie ereditarie (es. fibrosi cistica) e concorrere
a determinare malattie ‘multifattoriali’ quali diabete, ipertensione ecc.
Principio dei test: la mutazione deve produrre un cambiamento del fenotipo rilevabile mediante
appropriate tecniche.
1
Mutazioni = sviluppo di processi fisiopatologici, quali disordini della fertilità, patologie ereditarie,
cancro, invecchiamento, aterosclerosi, ecc.
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Tossicologia – IR19
Test di Ames
Questo test utilizza dei ceppi mutanti di Salmonella typhimurium, che hanno perso la capacità di
sopravvivere in assenza di istidina (his-). Si basa quindi sulla capacità di un ceppo mutante di Salmonella
typhimurium di sopravvivere in assenza di istidina. Questo tipo di batterio wild type è in grado di
sopravvivere in queste condizioni in quanto riesce a produrre istidina da sé e formare colonie, ossia i
cloni proliferanti.
Mutando il gene codificante per la sintesi endogena di istidina, il ceppo mutato vivrà solo se forniamo
His nell’ambiente. Di conseguenza un ceppo mutato di Salmonella (detto His-) in una ambiente privo di
His, muore.
Se, però, il ceppo His- viene trattato con una sostanza mutagena e la mutazione interessa il gene
codificante per l’istidina (retromutazione), il ceppo batterico può riacquistare la capacità di sintesi di
his e quindi di sopravvivere.
Questo test è molto economico, di facile esecuzione e permette di verificare se una sostanza è mutagena
di per sé o se lo diventa dopo bioattivazione da parte di un pool enzimatico. Questa caratteristica è
permessa dall’utilizzo nel terreno di una frazione microsomiale epatica (S92), che contiene degli enzimi
epatici metabolizzanti, che a contatto con la sostanza mutagena sono in grado di biotrasformarla. Per
verificare se il mutageno è diretto (e quindi induce la retromutazione come tale) o deve essere attivato,
si sfruttano dei batteri su più piastre in diverse condizioni:
piastra con batteri his- senza istidina (controllo)
piastra con batteri his- + fattore mutageno
piastra con batteri his- + fattore mutageno + S9 (lisato epatico del ratto)
Occorre avere un campione di controllo, ossia una piastra senza His in cui sono stati seminati batteri,
perché a volte i batteri che replicano molto velocemente vanno incontro a mutazioni spontanee. Il
controllo serve proprio perché la retromutazione può avvenire spontaneamente. L’obiettivo è capire se
le x colonie viste nella piastra a dx sono dovute al mutageno o ad una retromutazione spontanea.
La maggior parte dei cancerogeni sono indiretti.
2 S = substrato
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Tossicologia – IR19
Risultato
Se nella terza piastra (quella con l’S9) si sviluppa un numero maggiore di colonie -rispetto alla seconda
piastra-, significa che la sostanza è solo potenzialmente mutagena, perché per esserlo deve essere prima
biotrasformata.
Se nella seconda piastra si sviluppa un numero maggiore di colonie, significa che la sostanza è di per sé
mutagena.
L’incorporazione di questo composto causa la riduzione della crescita cellulare, ma anche la morte dei
microrganismi. Il parametro di misura utilizzato è la sopravvivenza dei batteri, che è una misura
quantificabile. Viene variato il cariotipo.
Si possono utilizzare anche altri ceppi batterici in modo da rilevare la mutazione in altri geni. Di solito
si utilizza la Salmonella perché è il ceppo più diffuso. Si potrebbero mutare anche altri geni che hanno
una funzione correlata alla sopravvivenza cellulare, quindi con pompe di trasporto che pompano fuori
la sostanza, enzimi, sostanze che riparano il DNA, ecc.
Molti ceppi hanno anche altre mutazioni che aumentano la sensibilità al test, ad esempio: aumentata
permeabilità agli xenobiotici, eliminazione dei sistemi di riparazione del DNA, ecc.
Concettualmente smile al test di Ames, c’è il test dove si muta l’enzima ipoxantina-guanina
fosforibosiltransferasi (HGPRT), che permette l’incorporazione della 6-tioguanina (e composti
analoghi) nel DNA, provocando l’inibizione della crescita cellulare e la morte cellulare. Una mutazione
del gene codificante per HGPRT ad opera di una sostanza mutagena può consentire alla cellula di
sopravvivere in presenza di 6-tioguanina: l’enzima mutato non è più in grado di prendere la tioguanina
e quindi di indurre la morte del batterio.
Per eseguire il test, la procedura è molto simile:
1. Cellule + sostanza test
2. Incubazione in presenza di 6-tioguanina
3. Conta delle colonie
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Tossicologia – IR19
Un altro test correlato al test di Ames si basa sul principio secondo cui un enzima permette di
incorporare nella struttura del DNA la sec-tioguanina. Tale incorporazione, non solo causa la riduzione
della crescita cellulare, ma anche la morte dei microorganismi. Se questi ultimi vengono esposti ad una
sostanza capace di mutare questo enzima, l’enzima non sarà più in grado di inglobare la sec-tioguanina
e quindi non si avrà più l’inibizione della crescita e la morte dei batteri. Misurando la sopravvivenza
batterica, è possibile capire se c’è stata o meno una mutazione del DNA.
Un saggio molto utilizzato per valutare l’aberrazione cromosomica è il test dei micronuclei, che sono dei
frammenti di cromosoma o cromosomi interi che non vengono incorporati nel nucleo durante la mitosi.
Quando le sostanze mutagene provocano la frammentazione del cromosoma, si generano una serie di
corpuscoli più piccoli del nucleo, i micronuclei, ciascuno contenente parte del cromosoma rotto
(vescicole contenenti il materiale genetico). Questo test quindi si effettua quando il danno coinvolge
lunghe sequenze di DNA. Attraverso la conta dei micronuclei nella cellula, si può capire qual è l’effetto
della sostanza mutagena (se lo è). Il numero di micronuclei dà l’idea del danno causato, che viene
misurato come indice di danno cromosomiale.
Può essere effettuato sia in vitro sia in vivo, misurando i micronuclei degli eritrociti immaturi (i
micronuclei rimangono nella cellula dopo l’estrusione del nucleo durante la maturazione).
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Tossicologia – IR19
L’azione tossica non necessariamente si traduce in una mutazione di poche basi, ma potrebbe
interessare un’area cromosomica molto allargata (quindi una sequenza di DNA molto lunga). In questo
caso si parla di aberrazione cromosomica perché di fatto viene alterato il cariotipo, cioè l’assetto
genetico.
Questi test misurano il danno al DNA, che si manifesta come danno della struttura del cromosoma, e può
prevedere: rotture, riarrangiamenti, delezioni, duplicazioni, inversioni. Questo tipo di danno è
coinvolto nella cancerogenesi e generalmente nello sviluppo di anomalie fetali e malattie congenite (si
verificano fin dalla nascita). Gli agenti che causano il danno cromosomico sono detti clastogeni.
I test per l’aberrazione cromosomica classici -che permettono di verificare che effettivamente il danno
sia a carico di lunghe sequenze di DNA- si basano sulla rivelazione del danno mediante analisi
citogenetica dei cromosomi animali o umani in metafase (analisi di cellule effettuata al microscopio
dopo colorazione). La valutazione del danno richiede notevole abilità ed esperienza.
Metodo. Il materiale cellulare (animale o umano) viene sottoposto ad una colorazione cellulare che
evidenzia i cromosomi al microscopio ottico. Attraverso il microscopio è possibile sia effettuare la conta
dei cromosomi, sia visuaalizzare la struttura del materiale per capire se ha subito delle alterazioni (es.
bracci più o meno corti).
Generalmente,
il test si può fare:
in vitro: si utilizzando linee cellulari di mammifero. La più utilizzata è la CHO (Chinese Hamster
Ovary), una linea cellulare ovarica di cavia, perché fornisce cellule con un cariotipo ben definito
e stabile, con un basso numero di cromosomi di grandi dimensioni (più facilmente osservabile
al microscopio). Le cellule vengono trattate durante la fase S del ciclo cellulare (fase di
duplicazione del genoma); le aberrazioni sono osservate alla prima divisione cellulare.
in vivo: si somministra la sostanza potenzialmente genotossica ad animali che poi si
sacrificheranno. Il tessuto analizzato che viene prelevato è il midollo osseo perché fornisce un
gran numero di cellule in replicazione. Al microscopio ottico si osserva il cariotipo delle cellule.
Finora sono state trattate le modalità attraverso cui delle sostanze possono causare tossicità a livello del
corredo genetico e questa tossicità può essere una mutazione che interessa una, due o poche basi oppure
alterare l’assetto genetico, ovvero intere parti di codici.
Una delle patologie più evidenti di danno al DNA e quindi di affetto avverso è il cancro.
98
Tossicologia – IR19
CANCEROGENESI
La cancerogenesi è per definizione il processo attraverso cui si sviluppa il cancro.
Una tipologia di cancerogenesi è la cancerogenesi chimica, che studia i meccanismi attraverso i quali i
cancerogeni chimici inducono il cancro (sviluppo e utilizzo di sistemi atti a determinare il potenziale
cancerogeno di una sostanza nell’uomo).
Il cancro è un ampio gruppo di patologie con gradi di invasività, gravità, manifestazioni e quindi
trattabilità farmacologica chirurgica molto diversi tra loro, ma tutte caratterizzate dalla crescita
incontrollata di cellule anormali, che producono una popolazione cellulare in grado di moltiplicarsi e
invadere sia tessuti circostanti che lontani. La cellula cancerosa può crescere anche in condizioni
sfavorevoli e invadere un tessuto anche molto diverso dal tessuto di origine e addirittura sopravvivere
in condizioni in cui le cellule di quel tessuto entrano in sofferenza.
La caratteristica fondamentale è che le cellule cancerose non sono differenziate, ovvero perdono la
loro differenziazione e quindi la loro funzione. Nella cellula non differenziata viene alterata la velocità
di divisione cellulare rispetto alla apoptosi: prevale la proliferazione a discapito della morte delle cellule.
Una cellula cancerosa, infatti, è una cellula mutata che ha portato ad una variazione di funzione e
perdendo la funzione originaria, va incontro ad un’alterazione del rapporto tra velocità di divisione
cellulare e apoptosi3 (vantaggio terapeutico di selettività rispetto alle cellule normali) (l’apoptosi è un
processo vantaggioso per la cellula che ha riportato un danno in quanto non provoca stati infiammatori
e in genere porta ad una riparazione complessiva del tessuto). È quindi una cellula non differenziata che
si riproduce in modo incontrollato e indipendente dai meccanismi di regolazione dell’organismo. È
slegata da qualsiasi tessuto: riesce ad attecchire e a moltiplicarsi in qualsiasi distretto.
Una cellula differenziata (e quindi con una funzione ben definita) implica un ambiente specifico e
preferenziale in cui sopravvivere. È una cellula, quindi, più fragile.
99
Tossicologia – IR19
La cellula tumorale, avendo subito modifiche funzionali, ha un grado di adattamento maggiore rispetto
a quello di una cellula sana, è perciò meno sensibile al cambiamento di condizioni (se una cellula
sana trova il suo ambiente adatto a livello renale,
difficilmente potrà sopravvivere in un altro distretto;
se subisce un danno e non lo riesce a riparare, va
incontro ad apoptosi).
La caratteristica principale, però, resta la perdita del
controllo della crescita, che è continua anche se va a
contatto con delle superfici o se sono danneggiate.
Nelle cellule tumorali non si ha l’inibizione da
contatto come nelle cellule sane (le cellule sane
bloccano la replicazione se hanno altre cellule vicine,
perché la proliferazione potrebbe alterare la
struttura del tessuto).
La cellula tumorale difficilmente va incontro ad apoptosi.
La formazione di cellule cancerose dà luogo a neoplasie, che possono essere distinte in benigna e
maligna
100
Tossicologia – IR19
Sotto è riportato uno studio sull’incidenza di diversi tumori nel maschio, effettuato dalla American
Cancer Society nel periodo tra 1930 e 2011 negli Stati Uniti (trends di morte).
Dagli anni ’30 in poi è stato registrato un aumento di incidenza della maggior parte di tumori, alcuni dei
quali però introno agli anni ’90 sono andati incontro a riduzione.
Ad esempio, dopo il 1980 c’è stato un rapido declino di mortalità per cancro al polmone: in questi anni
è stato infatti introdotto il divieto di fumare in luoghi pubblici.
Nelle donne, il trend delle morte per patologie tumorali è totalmente diverso. Negli anni ’90 c’è stato un
picco di mortalità per tumore al polmone nelle donne: l’indipendenza femminile che ha ridotto i limiti
etici imposti dalla società, ha permesso anche alle donne di fumare senza pregiudizi. Successivamente,
però, sono stati imposti i “Divieti di fumo” in alcuni luoghi chiusi pubblici.
Negli anni ‘80 è stato previsto un maggior controllo del sistema GI che ha permesso di far diminuire
l’incidenza tumorale a questo livello: riuscendo a diagnosticare in modo precoce un eventuale tumore
al colon-retto, la mortalità è notevolmente diminuita (ai soggetti dai 45 anni in su viene consigliata una
colonscopia per individuare eventuali polipi intestinali prima che si trasformino in tumori).
Generalmente questo tipo di tumore mostra i primi sintomi in uno stato relativamente avanzato.
Dagli anni ‘90 al 2011, invece, aumenta l’incidenza di morte per tumore epatico, principalmente a causa
della difficoltà di diagnosi precoce. La possibile causa può essere dovuta all’esposizione a sostanze poco
diffuse prima degli anni 90 oppure ad un cambiamento dello stile di vita (es. malattie metaboliche,
obesità).
101
Tossicologia – IR19
Dal punto di vista tossicologico è importante capire se il trend si mantiene costante nelle epoche o meno,
perché se il trend è costante significa che l’individuo può essere costantemente esposto ad una sostanza
tossica. Se invece il trend cambia, significa che è cambiata l’esposizione ad una sostanza, magari perché
sono cambiate le modalità di diagnosi (diagnosi precoce) o di terapia.
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Tossicologia – IR19
Oggigiorno, possiamo avere diverse associazioni causali tra esposizione e sviluppo tumori:
Cloruro di vinile Tumore al fegato
Coloranti azoici Tumore alla vescica
Benzene Leucemia
Dietilstilbestrolo (DES) Carcinoma della vagina
Fumo di sigaretta Cancro al polmone
Alcuni individui possono anche non sviluppare tumori in seguito all’esposizione prolungata ad una
sostanza cancerogenetica: in questi casi, probabilmente, il soggetto è munito di fattori particolari di
protezione, da renderlo più resistente rispetto alla media della popolazione (es. fumatori cronici che
vivono fino all’anzianità).
103
Tossicologia – IR19
I grafici sottostanti rappresentano i risultati degli studi dell’American Cancer Society e sono utili per
avere un quadro d’insieme dell’insorgenza dei tumori negli USA, il rapporto tra donne e uomini e la
correlazione con l’ambiente e il periodo storico.
104
Tossicologia – IR19
Le cellule normalmente contengono geni per il cancro in uno stadio inattivo; questi diventano
attivi mediante meccanismi di regolazione genica
Non alterano la struttura primaria del DNA, ma alterano l’espressione (aumento o riduzione)
o la repressione di determinati geni e/o causano alterazioni nei meccanismi di trasduzione del
segnale che regolano eventi, quali la proliferazione, la differenziazione e l’apoptosi cellulare.
Potrebbero legarsi a fattori importanti per il ciclo vitale cellulare, come l’NF-kb, che è un
complesso citoplasmatico che media tantissime reazioni nucleari: la mancata
internalizzazione di questo fattore nel nucleo ne impedisce l’azione, ossia la sintesi di enzimi,
recettori, ecc..
Oltre ad alterare l’espressione di alcuni geni e quindi la sintesi di alcune proteine, infatti,
potrebbero legarsi ad alcune proteine citoplasmatiche che servono per trasdurre il segnale.
Es. Una sostanza xenobiotica passa facilmente la membrana cellulare e arriva nel citoplasma,
dove si lega al NF-kb impedendone la traslocazione al nucleo. Il bersaglio di interazione è una
proteina citoplasmatica, ma l’effetto finale è un’alterazione della funzione.
105
Tossicologia – IR19
Ci sono quindi sostanze che a causa della loro interazione con dei bersagli diversi dalle cellule stesse -
che saranno poi oggetto di trasformazione cancerosa- pongono le condizioni più favorevoli alla
formazione del tumore.
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Tossicologia – IR19
Una delle modalità di determinazione del potenziale cancerogeno di una sostanza prevede di allestire
uno studio sperimentale, che però deve seguire l’etica di sperimentazione animale. Generalmente è
condotto sulla specie murina (ratto, topo) in condizioni controllate. Questi studi hanno dei bias e
svantaggi.
Tali studi però presentano degli svantaggi/delle complicazioni:
Differenze di specie: lo studio è effettuato su specie differenti da quella umana, quindi la
suscettibilità alle sostanze può essere diversa (il risultato potrebbe essere favorevole sulla
specie murina, ma non è detto che lo sia anche sulla specie umana)
Utilizzo di alte dosi (MTD = massima dose tollerata) per indurre il danno: nello studio vengono
forzate le condizioni, che difficilmente si creano nella quotidianità.
Breve ciclo vitale dei roditori: 18 mesi per il topo e 24 mesi per il ratto; l’uomo ha una vita
molto più lunga e quindi può avere un’esposizione quali-quantitativa diversa.
Condizioni controllate nello studio sperimentale: questo non succede nell’uomo.
Alta incidenza tumorale di base in alcuni organi
Scarsa numerosità del campione: per etica sperimentale bisogna limitare il numero di animali,
che deve essere il minimo possibile.
Elevata variabilità del campione umano (razza, età, sesso, stile di vita, esposizione)
Necessità di estrapolazione da alte a basse dosi per valutazione del rischio umano.
107
Tossicologia – IR19
CLASSIFICAZIONE IARC
Le sostanze cancerogene vengono classificate dallo IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul
cancro, OMS) a seconda di quanto certa è la capacità di generare tumori sia nell’uomo che nella specie
animale (in base all’evidenza più o meno accertata).
Gruppo 1: l'agente (miscela) è cancerogeno certo per l'uomo o provoca sufficiente
cancerogenicità nell'uomo (sostanze che inducono lo sviluppo di tumore a tutti coloro che ne
sono esposi).
120 sostanze (es. amianto)
Gruppo 2A: l'agente (miscela) è probabilmente cancerogeno per l'uomo, ma non certo. Si
hanno prove limitate di cancerogenicità negli esseri umani e prove sufficienti di cancerogenicità
negli animali da esperimento.
82 sostanze
Gruppo 2B: l'agente (miscela) è possibilmente cancerogeno per l'uomo. Si hanno prove
limitate di cancerogenicità negli esseri umani e prove insufficienti di cancerogenicità anche negli
animali da esperimento.
311 sostanze
Gruppo 3: l'agente (miscela o esposizione) non è classificabile per la sua cancerogenicità per
l'uomo. L'evidenza di cancerogenicità è inadeguata nell'uomo e inadeguata o limitata negli
animali da esperimento (perché uno studio sperimentale -ma anche clinico- abbia validità, deve
essere condotto nelle condizioni che escludono tutti gli eventi confondenti).
500 sostanze
Gruppo 4: L'agente (miscela) non è probabilmente cancerogeno per l'uomo. L’evidenza
suggerisce la mancanza di cancerogenicità nell'uomo e negli animali da esperimento.
Questa classificazione è in costante aggiornamento, perché man mano che si scoprono nuove evidenze,
viene aggiornata.
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Tossicologia – IR19
Degli studi epidemiologici hanno evidenziato che l’incidenza di tumori aumenta esponenzialmente con
l’età, perché più una cellula vive, maggiore è il tempo in cui può accumulare mutazioni (c’è un fattore di
correlazione diretto con l’invecchiamento).
Una sostanza, però, per diventare carcinogena, deve produrre da 3 a 7 mutazioni critiche (o HITS) in
una singola cellula affinché questa assuma caratteristiche neoplastiche. Tali mutazioni si accumulano
nel clone cellulare derivante dalla cellula con la prima mutazione (es. carcinoma colon/retto) e affinché
la cellula si trasformi, devono provocare:
alterati processi di replicazione o di riparazione DNA (in caso di danno, un mancato
rallentamento del ciclo cellulare impedisce alla cellula di riparare il danno, che verrà quindi
trasmesso alle cellule figlie)
danno ossidativo del DNA, ad opera di sostanze genotossiche dirette
danni del DNA causati da cancerogeni ambientali, che possono essere di diversa natura chimica
L’iperproliferazione veloce non permette una buona correzione del danno provocandone, invece, la
stabilizzazione. Ecco perché la maggior parte dei tumori ha origine monoclonale, cioè deriva da una
singola cellula che si è replicata senza riparare il danno, il quale si è replicato insieme ad essa. Le cellule
figlie presenteranno lo stesso danno.
Se la mutazione non viene riparata e quindi permane nel corredo genetico della cellula, quest’ultima può
andare incontro ad una crescita cellulare facilitata; facilitata perché la mutazione potrebbe aver
abbattuto i geni codificanti per le proteine dell’apoptosi, oppure potrebbe aver portato
all’iperespressione dei recettori per fattori di crescita, oppure potrebbe aver alterato la sequenza
codificante per cicline, necessarie per definire il passaggio ad una fase successiva del ciclo cellulare
(saltando questo passaggio di controllo, la cellula si replica quando e come vuole). Ciò porta
all’espansione del clone mutato, ovvero la cellula prolifera dando luogo a tante cellule che hanno in
comune il danno, cioè il clone mutato.
Molte cellule tumorali presentano delle mutazioni addizionali, ossia -ad ogni replicazione-
introducono successive mutazioni sequenziali critiche in geni bersaglio (oncosoppressori e oncogeni)
di una singola cellula e ciò aumenta in maniera esponenziale. Un clone cellulare necessita decenni per
accumulare molteplici mutazioni critiche così da consentire alla progenie di produrre il cancro.
La massa tumorale, durante lo sviluppo della neoplasia, sarà un insieme di cellule anche diverse tra loro
a livello funzionale, perché hanno accumulato mutazioni diverse (ci saranno sia le cellule progenitrici
del tumore, ossia le più “vecchie”, sia le cellule più “nuove” con mutazioni diverse). Resta comunque la
caratteristica comune del mancato controllo replicativo.
Una mutazione può colpire diversi distretti genici.
Dal punto di vista della terapia ciò è molto importante, perché alcuni nuovi farmaci antitumorali hanno
come bersaglio nella cellula tumorale un recettore, quindi, affinché il farmaco funzioni, questo recettore
dev’essere presente. Nel caso di una massa tumorale priva del recettore, una terapia antagonista del
recettore per trattare risulta fallimentare (ciò vale anche per un enzima o una proteina del sistema di
trasduzione).
Una cellula che muta, cambia anche diversi target, per cui le mutazioni possono andare a carico della
sequenza di bersagli molecolari molto diversi tra di loro, perché mentre la cellula è in rapida
replicazione, accumula altre mutazioni. Di conseguenza, non si avrà una massa omogenea di cellule, ma
saranno tutte caratterizzate dall’essere svincolate dal controllo proliferativo e anche da una morte
programmata.
109
Tossicologia – IR19
I proto-oncogeni codificano per proteine che sono fattori di crescita o fanno parte dei sistemi di
trasduzione dei segnali extracellulari. Alcuni importanti oncogeni sono:
RAS: è una molecola di trasduzione del segnale, che media l'effetto di molti fattori di crescita
(proliferazione e differenziazione cellulare)
MYC: è un fattore di trascrizione
SRC: è una proteina tirosina chinasi
HER-2/NEU, chiamato anche erbB-2: è un recettore del fattore di crescita
hTERT: è un enzima coinvolto nella replicazione del DNA
Bcl-2: è una proteina associata alla membrana che impedisce l'apoptosi
Quando questi fattori aumentano, la cellula perde il suo carattere differenziato e quindi la connotazione
funzionale, di conseguenza è molto più resistente.
I geni oncosoppressori del tumore sono un’altra famiglia di geni che se mutati perdono attività, cioè
producono proteine inattive. Normalmente esplicano una funzione negativa sulla crescita cellulare.
Si conoscono 18 geni soppressori di tumore (+12 identificati)
Si tratta di geni i cui trascritti sono:
Proteine regolatrici negative (inibitorie) della crescita e replicazione cellulare
Proteine induttrici dell’apoptosi
Proteine coinvolte nella riparazione del DNA e nell’adesione cellulare
p53, è il gene più frequentemente mutato nei tumori umani. Viene detto guardiano del genoma,
perché quando è poco espresso, il vantaggio proliferativo è aumentato (in molte forme tumorali
è down regolato)
Se la mutazione non viene corretta, la cellula andrà incontro ad una crescita facilitata per diversi
motivi:
mancata attivazione dell’apoptosi
iperespressione dei fattori di crescita
influenza delle cicline (definiscono i passaggi tra le varie fasi del ciclo cellulare)
Questo dà luogo all’espansione del clone mutato. L’insieme delle mutazioni addizionali accumulate dalla
cellula vengono definite mutazioni multiple su geni critici. I geni critici sono gli oncosopressori e gli
oncogeni.
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Tossicologia – IR19
Quando una cellula normale subisce un danno genetico ad opera di uno xenobiotico e tale danno non
viene riparato, viene trasmesso alle cellule figlie. Queste cellule ne accumulano in un numero tale da
rendere slatentizzata il controllo della proliferazione.
La parte più interna del tubo digerente, che viene a contatto con le sostanze nutritive, è la parte
mucosale. Andando verso l’esterno, si trovano lo strato sottomucoso, i vasi, la componente muscolare
ed infine la parte sierosa.
La massa tumorale cresce nel
sito di origine fino ad invadere il
tessuto vicino. Un tumore a
carico del tubo digerente può
facilmente andare incontro a
metastasi, perché è costituito da
tessuti molto vascolarizzati. È
sufficiente il distacco di un
aggregato di cellule tumorali
dalla massa che entra in circolo
per diffondersi all’intero
organismo.
111
Tossicologia – IR19
112
Tossicologia – IR19
Esiste una sequenza di eventi che in genere che porta alla trasformazione da cellula normale a cellula
neoplastica. Questi eventi sono:
1. FASE DI INIZIAZIONE
L’iniziazione è un evento immediato che danneggia il genoma in maniera irreversibile, senza che ci sia,
cioè, una riparazione enzimatica del danno al DNA prima della replicazione cellulare. Solo se c’è
irreversibilità dell’effetto, sia dosi frazionate del cancerogeno somministrate in successione che una
dose singola, di pari entità, provocano il medesimo
risultato sulla cellula colpita. Anche se la cellula è
mutata, non è necessariamente neoplastica (sono
necessarie dalle 3 a 7 mutazioni affinché lo sia).
2. FASE DI PROMOZIONE
La promozione non provoca un danno diretto al DNA, è reversibile e richiede un livello soglia di
trattamento cronico, al di sotto del quale l’effetto non si manifesta. Affinché il tumore cresca, devono
essere accumulate più mutazioni e deve essere favorita l’espansione. In questo caso si otterrà una
mutazione a carico del fenotipo4 (fenotipo mutato) e non del genotipo (un genotipo mutato si avrebbe
a causa di un’alterazione sulla sequenza del DNA). Quindi la cellula mutata rappresenti il fenotipo che
replica di più e questo può portare all’espansione del clone, cioè alla proliferazione della singola cellula
che porta con sé la mutazione e non solo quella genetica, ma anche una mutata risposta all’evento.
Gli agenti che permettono questa fase sono:
Fattori promotori: sono sostanze presenti nell’ambiente che favoriscono la progressione
dell’espansione. Queste cambiano il fenotipo della cellula
o Fattori dietetici
o Abuso di alcool
o Gravidanze in età avanzata
Fattori sia iniziatori che promotori (della trasformazione della cellula):
o Fumo
o Raggi UV
Ci sono anche fattori che hanno un duplice ruolo, ovvero sono siano iniziatori (arrecano il danno) sia
promotori della trasformazione (es. fumo di sigaretta e raggi UV).
4
Il fenotipo è la traduzione in un evento macroscopico nella cellula che era solo genetico. Una modifica a carico del
fenotipo è implicata da una mutazione sul DNA, la quale ha modificato la funzione o il comportamento della cellula.
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Tossicologia – IR19
Esempio. Caso in cui individuo A è stato esposto ad una sostanza iniziatrice x che ha causato una
mutazione. Anche se il genotipo è mutato, in mancanza di esposizione al promotore, non si avrà nessun
tumore. Nel caso in cui, invece, ci sia un iniziatore che provochi una mutazione irreversibile (e
irreparabile), e successivamente l’individuo venga esposto ad una sostanza promotrice, il tumore si
sviluppa.
Il grafico presenta varie situazioni con i relativi risultati. La linea che congiunge ciascuna lettera al
risultato rappresenta il corso della vita dei pazienti considerati.
A: in presenza di un iniziatore non si avrà tumore
perché rappresenta la dose sub-soglia.
B: dopo la dose sub-soglia data dall’iniziatore, il
trattamento cronico con promotore produce
tumore.
D: l’inversione di questi due eventi non provoca
tumore.
Ovviamente l’esposizione a questi agenti è molto più
complessa di questo schema, sia perché l’ambiente in
cui viviamo cambia, sia perché ognuno ha una suscettibilità diversa verso gli xenobiotici.
3. FASE DI PROGRESSIONE
Questa fase è caratterizzata da due eventi: invasività cellulare con eventuale capacità di generare
metastasi. La cellula mutata quindi prolifera in qualunque tipo di tessuto, ovvero invade ambiti che non
sono propri del tessuto di origine e a seconda del tessuto invaso, questo può dare luogo a metastasi,
ovvero all’insorgenza del processo tumorale anche in zone molto distanti dal tessuto di origine.
La cellula necessita però di ulteriori trasformazioni geniche.
…Riassumendo…
Il processo di danno (cancerogenesi) può essere evocato o da una sostanza che si trasforma in un
cancerogeno finale (es. trasformazione metabolica attuata dall’organismo) o da una sostanza con attività
cancerogenica di per sé.
Il risultato del danno, che può essere una mutazione o la formazione di un addotto covalente col DNA
che ne blocca la replicazione, può essere riparata in modo efficiente, inefficiente o non essere
minimamente riparata (se la cellula è andata incontro al ciclo cellulare troppo velocemente e non ha
avuto il tempo di riparare il danno). In questi ultimi due casi, la cellula mutata-iniziata ha una mutazione
silente (non è cancerogena), ma se viene a contatto con agenti promotori, si ha la formazione di una
massa tumorale (espansione monoclonale) che porta alla formazione della neoplasia benigna.
Successivamente, accumulando più mutazioni, può degenerare in una neoplasia maligna.
114
Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
TOSSICOCINETICA
Dall’esposizione alla risposta tossica
La tossicocinetica rappresenta la strada percorsa da una
sostanza tossica ed è di fondamentale importanza per
determinare l’esito della tossicità.
Come la farmacocinetica, anche la tossicocinetica dipende
dalla natura chimica dello xenobiotico e dal distretto
dell’organismo dove interagisce.
Una sostanza tossica causa tossicità quando raggiunge ed
interagisce col bersaglio. L’interazione esita con una
disfunzione della cellula, che si manifesta con un danno. La
manifestazione di tossicità provocata dal può essere
dovuta:
- ad un’interazione diretta col target
- ad un danno a livello cellulare che si traduce in
un’alterazione funzionale
- ad una riparazione errata o inefficiente (es. di tipo fibrotico o cancerogenico)
116
Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
MEMBRANA CELLULARE
La membrana plasmatica ha una struttura a mosaico fluido. La fluidità della
membrana dipende da:
contenuto in colesterolo
lunghezza e grado di insaturazione delle catene di acidi grassi dei fosfolipidi
ionizzazione delle teste polari dei fosfolipidi
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Tossicologia – IR19
TRASPORTO DI MEMBRANA
Uno xenobiotico può penetrare la membrana attraverso diverse modalità, a seconda delle proprie
caratteristiche chimico-fisiche (es. PM).
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Tossicologia – IR19
La diffusione semplice è un tipo di passaggio attraverso la membrana cellulare che non richiede l'utilizzo
di proteine canale o di proteine carrier.
Le sostanze idrofobiche passano con
facilità e velocemente attraverso la zona
delle catene idrocarburiche del doppio
strato lipidico. Piccole molecole polari
come l'acqua passano con più difficoltà.
Molecole polari più grosse come
zuccheri semplici o amminoacidi non
riescono a passare nella zona idrofobica
se non in tempi troppo lunghi.
La diffusione facilitata NON richiede energia e avviene secondo gradiente di concentrazione. È mediata
da una proteina trasportatrice o carriers, che è un
sistema saturabile (ossia funziona finchè ci sono
proteine libere; quando il sistema è saturato, non passa
più alcuna sostanza, sia che sia una sostanza necessaria
all’organismo sia che sia un farmaco o un tossico),
specifico e competitivo.
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Tossicologia – IR19
TRASPORTO ATTIVO
Il trasporto attivo RICHIEDE energia perché avviene CONTRO il gradiente di concentrazione. È mediato
da una proteina trasportatrice. È un sistema selettivo, saturabile, specifico e competitivo.
Può andare in diverse direzioni (dentro e fuori dalla cellula) e può portare più di una molecola alla volta,
anche in direzioni diverse:
Uniporto: prevede il trasporto di una sola
sostanza
Simporto: prevede il trasporto di più sostanze
nella stessa direzione
Antiporto: prevede il trasporto di più sostanze in
direzioni opposte
Esempio. Il trasporto del glucosio prevede il co-trasporto in enterociti e cellule dei tubuli renali
CONTRO gradiente di concentrazione
CO-trasporto con il Na+ che è poco concentrato nelle
cellule e tende ad entrare
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Tossicologia – IR19
Trasportatori Farmaci
Per amminoacidi Gabapentina, Metildopa, Baclofene, L-dopa, D-cicloserina
Per oligopeptidi Cefalosporine, Captopril, Lisinopril
Per il fosfato Fosfomicina
Glicoproteina P Ciclosporina A, Vinblastina
Per acidi monocarbossilici Acido salicilico, Pravastatina
Per glucosio Derivati del glucosio
ENDOCITOSI
Per attraversare la membrana, la cellula può sfruttare l’endocitosi. Questo processo implica che la
membrana origini delle estroflessioni in grado di
inglobare una particella. La vescicola che si forma
(endosoma), verrà:
destinata alle vie di degradazione
(fagocitosi), se la sostanza è solida
inglobata nel citoplasma, dove può migrare
fino ad un bersaglio, dove rilascerà il
contenuto (pinocitosi), se la sostanza è
liquida
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Tossicologia – IR19
ASSORBIMENTO
È il passaggio del farmaco dal sito di somministrazione al plasma. La via di somministrazione influisce
su:
inizio dell’azione dello xenobiotico
intensità dell’azione dello xenobiotico
durata dell’azione dello xenobiotico
L’assorbimento è trascurabile se l’esposizione è endovenosa (es. il morso di un serpente)
Assorbimento di xenobiotici
Sostanze insolubili Fagocitosi
Sostanze idrosolubili, non ionizzabili small Filtrazione
Sostanze idrosolubili, non ionizzabili large Trasporto Attivo
Sostanze idrosolubili, ionizzate a pH Trasporto Attivo
fisiologico
Sostanze liposolubili, elettroliti deboli Diffusione
Sostanze liposolubili apolari Diffusione
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Tossicologia – IR19
Spessore da
attraversare prima
di arrivare ai
capillari sanguigni
e linfatici
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Tossicologia – IR19
Esempio. L’intestino è costituito da uno strato epidermico con cellule a stretto contatto tra loro.
Il tubo intestinale è caratterizzato da un’irrorazione sanguigna esterna -sia di tipo venoso che di tipo
arterioso- e presenta diversi strati, che -dall’interno verso l’esterno- somigliano ad una mano guantata.
Al di sotto della superficie mucosa sono presenti cellule di natura diversa (es. cellule che fanno parte del
sistema immunitario), seguono lo strato muscolare e la componente vasale. Lo stato muscolare è
importante perché essendo di tipo longitudinale-circolare frapposto, le contrazioni coordinate dello
strato longitudinale e circolare generano l’onda peristaltica, cioè la spinta che viene data all’organo e
quindi al suo contenuto, in senso aborale, cioè dalla bocca verso l’anno.
Nel dettaglio, il villo intestinale è costituito da cellule molto superficiali e a stretto contatto tra di loro
(sono quelle che vengono a contatto con cibi e xenobiotici) caratterizzate da uno strato significativo di
muco, in cui possono esserci peptidi ad attività antimicrobica e microbi, che servono per l’omeostasi
dell’organismo. In caso di stati infiammatori a livello intestinale o regimi alimentari squilibrati (es. diete
ad alto regime lipidico), le connessioni tra le cellule sono più lasse, ossia c’è più spazio tra una cellula e
l’altra, e quindi virus e batteri -che normalmente sono confinati qui (e non possono passare)- penetrano
all’interno del villo e scatenano delle reazioni di tipo
immunitario.
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MOTILITÀ GASTRICA
Lo stomaco è un organo costituito da una mucosa, un robusto strato muscolare e uno strato sieroso.
Lo strato muscolare liscio è doppio (longitudinale e circolare) e permette la contrazione delle pareti in
modo da mescolare il cibo all’interno e permettere così un omogeneo contatto con acidi ed enzimi
gastrici= proteasi (io modo le proteine si scindono in aa) e, a tempo debito, svuotarne il contenuto. Lo
svuotamento gastrico è un processo esponenziale di t1/2 = 20 - 60 min per pasti moderati o fluidi.
Il pH e il comportamento dello stomaco cambiano a seconda del suo stato di riempimento.
Tanto più veloce è lo svuotamento gastrico, tanto maggiore sarà l’assorbimento a livello intestinale.
L’intestino, però, ha una struttura e soprattutto un pH diverso: l’assorbimento di una sostanza è perciò
influenzato dalla natura della molecola e dal grado di ionizzazione che avrà in questo distretto.
Es. Se un farmaco o una sostanza tossica viene assorbito a livello gastrico, si riduce il tempo di
permanenza dello stomaco e quindi si riduce la possibilità di assorbimento. Se invece viene assorbito a
livello intestinale, allora viene accelerata la fase di permanenza nell’intestino e quindi la latenza d’azione
tra l’esposizione e l’effetto terapeutico/tossico è molto ridotto (quindi l’effetto si manifesta prima).
Ogni fattore che promuove lo svuotamento gastrico (es. farmaci procinetici), aumenta l’assorbimento di
xenobiotici.
Il principale agente contratturante del tratto GI è l’acetilcolina, tranne che per l’innervazione del vago
in cui avviene l’effetto opposto rispetto al cuore. Se il tono vagale è ridotto, sono ridotti anche la
secrezione gastrica acida, lo svuotamento gastrico e la contrattilità intestinale.
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Tossicologia – IR19
MOTILITÀ INTESTINALE
La motilità intestinale condiziona solo l’entità dell’assorbimento. Il tempo di transito di un farmaco
nell’intestino tenue è di circa 4 ore. Un’eccessiva motilità intestinale (purganti), diminuisce
l’assorbimento; infatti, il purgante ha spesso l’azione di decontaminazione dell’organismo. La
contrazione in questo caso è necessaria per trasferire il contenuto verso l’ano per essere eliminato.
La motilità intestinale può cambiare (diarrea/stipsi):
un soggetto stitico assorbe maggiormente di un soggetto sano.
un soggetto con diarrea, invece, assorbe molto meno di un soggetto sano.
ASSORBIMENTO NELL’INTESTINO
Avviene per la maggior parte nell’intestino tenue.
Il pH sale progressivamente, sia per diluizione del succo gastrico sia per alcalinizzazione dovuta ai
bicarbonati pancreatici.
Duodeno pH intestinale 5–7
Digiuno pH intestinale 6.3 - 7.3
Ileo pH intestinale 7–8
L’assorbimento di basi è molto aumentato, mentre è buono per acidi con pKa basso.
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Tossicologia – IR19
Tutte queste considerazioni valgono per qualsiasi sostanza, anche per le sostanze tossiche.
La via di somministrazione influenzerà perciò anche l’esito della risposta tossica.
Il pH delle varie zone dell’intestino e dello stomaco può subire variazioni anche notevoli, in quanto è
condizionato da:
Digiuno: riduce il pH gastrico
Stato patologico, come ulcere o tumore gastrico
Tipologia di cibo: un pasto ricco di grassi, oltre a cambiare il pH e rendere più viscoso il fluido
gastrico, rallenta le contrazioni della parete e quindi la velocità di svuotamento.
Farmaci come PPI (inibitori della pompa protonica), anticolinergici (scopolamina, atropina ma
anche farmaci che hanno come effetto collaterale l’attività anticolinergica) o altri (antiacidi).
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
DECONTAMINAZIONE
Per decontaminare l’organismo da un’intossicazione, si possono eseguire numerose procedure:
Lavanda gastrica
Induzione del vomito: tramite la somministrazione di sciroppo di ipecacuana
Stimolazione dell’evacuazione intestinale: se è passato troppo tempo dall’ingestione della
sostanza, che è quindi già stata assorbita, si va ad aumentare la motilità intestinale al fine di
ridurre la presenza della sostanza dell’intestino e aumentare lo svuotamento intestinale.
Alterazione del pH delle urine: possibile solo se la sostanza ha delle caratteristiche tali da
permetterlo.
Questo processo può avere anche dei risvolti legali: nel caso del doping, cambiando il pH delle
urine, è possibile condizionare la presenza della sostanza nelle urine.
Il passaggio delle sostanze attraverso la membrana avviene secondo la legge di Fick (valida per
sostanze che non siano elettroliti deboli), ossia una relazione tra lo spessore della parete cellulare e
l’area della membrana, e la concentrazione del farmaco. Secondo la legge di Fick il flusso molare= (C1
– C2)*D*A/d con:
- Flusso molare= velocità del passaggio dal compartimento 1 al compartimento 2
- C1 e C2: concentrazione del farmaco (F) nei due compartimenti (C)
- D: coefficiente di diffusione, che dipende sia da F che da C, cioè può essere identificato come
coefficiente di ripartizione
- A: area delle membrane che F deve attraversare
- d: spessore delle membrane da attraversare
Diverso è il caso degli xenobiotici con basso peso molecolare (MW < 1000) e degli elettroliti deboli (acidi
o basi) e perciò scarsamente dissociati. In soluzione nei fluidi organici, le due forme -dissociata e
indissociata- coesistono.
La forma indissociata ha una maggiore liposolubilità rispetto alla forma dissociata, e perciò è
più permeabile alle membrane.
La forma dissociata, essendo più polare e quindi più idrofilica, è più solubile nel sangue ma ha
una maggior difficoltà ad attraversare le membrane.
Le membrane sono molto più permeabili alle forme non-ionizzate dei farmaci, dotate di maggior lipofilia
rispetto alle forme ionizzate. Le condizioni che aumentano l’idrofilicità, impediscono alla sostanza di
attraversare facilemente le barriere.
Questa caratteristica è di fondamentale importanza se viene correlata al pH del fluido in cui si trova. Si
tratta infatti di un’equazione che mette in relazione la sostanza (acido o base debole) col pH del fluido
biologico (sangue pH=7.4, succo gastrico pH=1-5, secrezioni intestinali pH=5-8) in cui si trova. Questo
significa che, a seconda del tratto GI in cui la sostanza si trova, sarà in grado o meno di attraversare la
barriera cellulare e di essere assorbita.
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Tossicologia – IR19
Grado di ionizzazione
A seconda del grado di ionizzazione si può avere anche un diverso riassorbimento a livello renale:
Se la sostanza viene riassorbita, torna in circolo e perdura l’effetto
Se la sostanza non viene riassorbita, ma viene invece favorita l’escrezione, l’effetto
farmacologico termina.
Sotto è riportata una tabella che esplicita la relazione data dall’equazione di Fick e considera un acido
debole con pK=5 o una base debole con una pK=5. Si simula la possibilità che l’acido o la base si trovino
in un fluido con un pH diverso. quello che si ottiene è che:
l'acido debole con pK=5, in un fluido con pH=3, ha solo 1 molecola su 5 dissociata.
l'acido debole con pK=5, in un fluido con pH=7, è quasi totalmente dissociato.
Questo serve per capire se e in quali liquidi biologici la sostanza è dissociata o meno e questo condiziona
il riassorbimento o l’escrezione.
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Tossicologia – IR19
La frazione di farmaco che si trova nella forma non ionizzata dipende dalla sua natura chimica, dal suo
pKa e dal pH dei fluidi organici nei quali si trova in soluzione.
Sia per acidi che per basi, pKa = -log Ka, ma è anche il pH al quale il 50% della molecola è in forma
ionizzata.
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Tossicologia – IR19
Sapere in che forma si trova una sostanza in un liquido biologico ci permette di sfruttare il fenomeno
della trappola ionica, ossia la condizione per cui una sostanza che si viene a trovare in un fluido
biologico ad un pH tale per cui la sostanza è in forma ionizzata/polare, essendo in un sistema biologico
non riesce più ad attraversare la membrana plasmatica, restando intrappolata. Questo fenomeno può
accadere in moltissimi tessuti.
Anche lo stomaco può rappresentare una trappola ionica (in tal caso si parla di trappola ionica gastrica)
perché se un farmaco resta intrappolato in questo distretto, si manifesta il fenomeno di lesività di un
farmaco. La somministrazione di un farmaco quindi può indurre la trappola ionica (PPI nello stomaco
cambia il pH gastrico).
La funzione di trappola ionica dipende dal pH del fluido.
Questo meccanismo può essere sfruttato anche per nascondere una sostanza assunta, in modo da
concentrarla in un distretto che non si analizza. In questo modo, si evita che si trovi nelle urine, facendola
riassorbire. Ovviamente un’analisi del sangue scoprirebbe le carte in tavola.
Al contrario, si può accelerare l’eliminazione di una sostanza (es. dopante) in modo da non trovarla più
né nel sangue né nelle urine.
In caso di sovradosaggio, gli xenobiotici acidi si concentrano nel plasma, mentre quelli basici si
accumulano nello stomaco (lavanda gastrica acida). Nel basso pH dello stomaco si ha una quasi completa
ionizzazione di sostanze basiche (“fenomeno della trappola ionica”).
Esempio
Nel caso del fenobarbitale, alcalinizzando l’urina si
facilita l’eliminazione, mentre acidificando l’urina,
l’equilibrio si sposta, quindi viene riassorbito e torna in
circolo.
Esempio
È possibile prolungare gli effetti dell’Anfetamina (base
debole con pKa=10) soministrando bicarbonato, quindi
alcalinizzando le urine. Il bicarbonato aumenta la frazione
di anfetamina indissociata, che può essere riassorbita nel
nefrone e tornare in circolo. In caso di overdose, si
acidificano le urine per aumentarne l’escrezione.
Esempi
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Tossicologia – IR19
#Problema 1
Qual è la percentuale di fenobarbitale (acido debole, pKa = 7.4) che si trova nella forma ionizzata nelle
urine a pH 6.4?
#Problema 2
Se ad un paziente viene somministrato pentotal sodico per via orale e non per via endovenosa, sarà
osservabile l’effetto ipnotico?
Le informazioni note sono:
- pH dello stomaco = 2.5
- pKa del pentotal sodico = 7.4 (è un acido debole)
- somministrazione per os (se fosse stato per via E.V. il pH sarebbe cambiato a 7.4)
Per capirlo, si sfrutta l’equazione di Fick.
#Problema 3
Un farmaco con caratteristiche di base debole con pKa di 7.8 è noto per avere effetto teratogeni. Se viene
somministrato per via endovenosa ad una donna in stato di gravidanza, questo farmaco attraverserà la
placenta ed avrà effetto sul feto?
Le informazioni note sono:
- pH del fluido = 7.5
- pKa del farmaco = 7.8
Anche in questo caso, si applica l’equazione di Fick.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
MEMBRANE E BARRIERE
In tossicocinetica si analizzano membrane e barriere che fungono da ostacolo per il passaggio di alcune
sostanze potenzialmente tossiche per l’organismo.
In alcuni casi le sostanze vengono bloccate ma va tenuto conto che in alcuni distretti esse possono
sfruttare trasportatori specifici per penetrare nel lume del vaso ed essere distribuite.
Le barriere più conosciute sono:
Ematoencefalica
Ematotesticolare
Placenta
Barriera ematoencefalica
La barriera ematoencefalica (BEE) è una barriera tra la
componente ematica e il tessuto cerebrale.
È una barriera più selettiva e complessa di molte altre in
quanto costituita da capillari provvisti di un ulteriore strato
protettivo esterno formato da cellule chiamate astrociti1. Le
sostanze, quindi, devono affrontare un percorso più selettivo
prima di arrivare al SNC.
Permeabilità capillare
Riferendosi alla permeabilità capillare ci si riferisce sempre
alle strutture più semplici, come i sinusoidi epatici, che
presentano delle cellule con delle ampie fenestrature atte a
permettere lo scambio delle componenti che sono all’interno
del torrente plasmatico con l’esterno (sostanze tossiche,
xenobiotici, ormoni, farmaci, ecc.).
Nella struttura normale del capillare (non nel SNC) le cellule
endoteliali presentano spesso degli spazi intracellulari dette
fenestrature che possono essere più o meno ampie e
permettono entrata e uscita di sostanze dal lume.
Nel caso del capillare nell’encefalo (capillare della BEE) c’è
un ulteriore stato formato dai prolungamenti degli astrociti
che rendono più difficile l’accesso al tessuto.
In prossimità delle cellule dell’endotelio esistono anche dei
trasportatori per sostanze utili al tessuto (vitamine,
sostanze organiche, ecc.) e pompe di efflusso2.
1 Gli astrociti sono cellule particolari costituenti della neuroglia e si trovano nel sistema nervoso
centrale. A livello embrionale gli astrociti, come tutti gli elementi della neuroglia (escluse le cellule
satelliti e le cellule di Schwann), a parte la microglia di derivazione mesodermica, derivano
dall'ectoderma del tubo neurale.
2 Proteine che estrudono dalla cellula le sostanze entrate.
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Tossicologia – IR19
È importante conoscere la struttura della barriera in quanto possiamo prevedere quali sostanze
possono passare o meno
Alcune sostanze sfruttano, inoltre, una certa somiglianza chimica per ingannare i trasportatori e riuscire
ad entrare nella cellula oppure possono interagire, con il trasportatore, bloccandolo o riducendone
l’attività.
140
Tossicologia – IR19
L’accesso al tessuto cerebrale è determinato dal carattere lipofilo e/o dal grado di ionizzazione.
Solo la quota di farmaco libero può entrare nel cervello e la solubilità nei lipidi e/o grado di ionizzazione
sono fattori determinanti.
Es 2-PAM, derivato ammonio quaternario, non passa nel cervello ed è inefficace nel contrastare l’inibizione
della colinesterasi causata da intossicazione da organofosforici4. La presenza dei gruppi organici e dei
gruppi PO4 sono due caratteristiche che ne determinano una spiccata capacità di passare attraverso la
BEE. Un caso tipico di intossicazione è rappresentato dai contadini che ne fanno largo uso in campagna:
si provvede a spogliare il soggetto dagli abiti contaminati, lavare la cute e cercare di ridurre il passaggio.
L’intossicazione da organofosforici va a causare un’inibizione della acetil colinesterasi (AChE –
enzima che idrolizza ACh) e quindi causa una maggior concentrazione di ACh nelle sinapsi con
conseguente maggior stimolazione recettoriale. I risultati sono: aumento della secrezione ghiandolare,
pupille a punta di spillo, peristalsi aumentata, ipotensione, broncocostrizione, contrazioni muscolo-
scheletriche involontarie.
L’approccio per ridurre il danno da avvelenamento da organofosforici è quello di contrastare l’inibizione
dell’enzima, che si attua con la somministrazione di derivati come la pralidossina (2-PAM, un derivato
ammonio quaternario). La molecola presenta un problema di carica: l’ammonio quaternario, essendo
carico, non oltrepassa la BEE quindi è inefficace nel contrastare gli effetti centrali dell’avvelenamento.
Un altro approccio all’intossicazione è dato dalla somministrazione di un anticolinergico come l’atropina,
che passa la BEE, così come l’intossicazione da atropina può essere contrastata con la somministrazione di
ACh-stimolatori.
Alcune sostanze lipofile possono riuscire ad entrare ma vengono rimosse da trasportatori e pompe
da efflusso come la Glicoproteina P, e non raggiungono concentrazioni sufficienti per avere una funzione.
Es ciclosporina. L’esito dipende nuovamente dalle caratteristiche della sostanza.
3 Le giunzioni occludenti (giunzioni strette o tight; o Zonulae occludentes) impediscono il passaggio dei
fluidi tra le cellule andando a formare attorno al perimetro cellulare una cintura continua detta zonula.
Sono particolarmente presenti negli epiteli di rivestimento (es.pelle) e negli epiteli intestinali per far sì
che non filtrino sostanze tra i vari ambienti. Nelle giunzioni occludenti gli spazi interstiziali sono
annullati in corrispondenza dei punti nodali: punti in cui i lembi di membrana che si affrontano sono
saldamente coesi. La totalità delle membrane adiacenti è percorsa da ripetute serie di tali punti, sicché
i lembi di membrana appaiono anastomizzati tra loro.
4 All’inizio del secolo venivano usati come armi chimiche mentre in seguito sono stati impiegati come
pesticidi.
141
Tossicologia – IR19
Altre sostanze sfruttano trasporto mediato da carrier. Es. mercurio metilato, CH3Hg, si combina con la
cisteina, formando un complesso sulfidrilico simile alla metionina, che viene trasportato da un carrier per
aminoacidi perché inganna il trasportatore. Il mercurio, in questa forma, ha accesso all’encefalo.
La permeabilità della BEE non è omogenea in tutto il SNC, ma varia in maniera molto sensibile in
funzione del flusso ematico (le aree più irrorate sono più permeabili). Esistono delle condizioni in cui la
permeabilità della BEE è ulteriormente variata per:
1. Processi flogistici: in caso di infiammazione a carico della membrana viene alterata la
selettività e la funzionalità come barriera.
2. Età: nei soggetti molto giovani o anziani la BEE è scarsamente funzionale, quindi in queste due
popolazioni fragili ci possono essere alterazioni da parte di xenobiotici che normalmente non
hanno il SNC come target di tossicità. Nell’adulto, infatti, la struttura è integra.
3. Condizionamento della permeabilità per favorire il passaggio di sostanze quali i farmaci.
Sottoporre a ultrasuoni la BEE la rende più permeabile (esperimento recente), quindi possiamo
adottare questo escamotage per veicolare farmaci antitumorali nell’encefalo che normalmente
non arriverebbero in loco. Allo stesso modo può essere favorito l’accesso ad una sostanza tossica.
I fenomeni di trasporto attivo hanno ruolo nel determinare le concentrazioni di xenobiotico nel cervello
(ATPtransporters, ABC, SLC). Fenomeni di efflusso tramite
trasportatori (MDR, BCRB) sono presenti sul versante apicale
(blood side) della membrana plasmatica e spostano
xenobiotici assorbiti nei capillari verso il sangue.
MDR e BCRP contribuiscono all’efflusso della β-amiloide dal
cervello. Nei pazienti con Alzheimer i livelli di espressione di
MDR1 sono ridotti, quelli di BCRP sono aumentati.
La permeabilità della MEE varia in maniera molto sensibile da
un’area all’altra, probabilmente da mettere in relaizone con il
flusso ematico (zone più irrorate di altre) ad esempio
corteccia, ipotalamo, lobo posteriore dell’epifisi. Esisono delle
condizioni in cui la permeabilità è ulteriormente cambiata, ad
esempio un processo di infiammazione a livello delle
membrane o l’età. Nei soggetti molto giovani e molto anziani
la BEE è meno funzionale. Alcuni xenobiotici possono dare
tossicità solo in soggetti di età particolari.
Un altro caso si nota con l’esposizione ad ultrasuoni che
rendono più permabile la BEE e possono essere usati per
migliorare l’efficacia di farmaci come ad esempio
chemioterapici.
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Tossicologia – IR19
Barriera placentare
La placenta è un vero e proprio organo con anatomia,
fisiologia e funzione ben definite a seconda delle fasi della
gravidanza. Può secernere ormoni che condizionano il suo
stesso funzionamento.
Ha il compito connettere l’embrione o il feto all’utero e
presiedere agli scambi materno-fetali fino al termine della
gravidanza, attraverso la fitta rete di seni dove circola il
sangue materno con un flusso pari a 600mL/min.
Protegge il feto da sostanze nocive presenti nel sangue
materno e permette di scambiare sostanze di scarto come CO2
con O2.
Garantisce il passaggio di numerose sostanze, processi di
trasporto attivo consentono il passaggio di sostanze nutritive
e vitamine dalla madre al feto.
Produce ormoni necessari per il mantenimento della gravidanza (estrogeno,progesterone).
Consiste di numerosi strati di cellule interposti tra la circolazione fetale e quella materna (grande
componente vasale), strati che variano con il periodo di gestazione e da una specie all’altra.
Il passaggio attraverso la placenta implica la distribuzione dei farmaci dalla circolazione materna a
quella fetale.
Oltre ad essere una barriera multistrato, è provvista anche di enzimi con capacità biotrasformanti.
5
5 Figure 1. A schematic representation of the syncytioblast. Free drugs and their metabolites usually
cross the placenta by passive diffusion, transporter-mediate transfer, or both. Within the syncytium,
drugs can undergo phase I and phase II metabolism. P-gp, P-glycoprotein; BCRP, breast cancer
resistance protein; MRP, multidrug resistance-associated protein; OATP, organic anion-associated
polypeptide; OAT, organic anion transporter; OCT, organic cation transporter; OCTN, organic
cation/carnitine transporters; SERT, serotonin transporter; NET, norepinephrine transporter; ENT,
equilibrative nucleoside transporter; CYP, cytochrome P450; UGT, uridine diphosphate
glucuronosyltransferases.
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Tossicologia – IR19
La pletora di sostanze che se assunte durante la gravidanza causano malformazioni fetali è molto vasta,
tra queste ricordiamo sia farmaci che sostanze d’abuso:
Androgeni e derivati del testosterone; Litio;
ACE-inibitori; Antibiotici aminoglicosidi;
Anticoagulanti orali; Tetracicline e fluorochinoloni;
Antagonisti dell’acido folico; Etanolo;
Acido valproico; Cocaina;
Benzodiazepine; Talidomide: da cui sono partiti gli studi
Carbamazepina; sulle alterazioni dello sviluppo.
Fenitoina;
144
Tossicologia – IR19
6Nell’esperimento si procede trattando con un induttore per 2 settimane, poi con il tetracloruro. Infine,
creato il danno epatico nel modello sperimentale si studia l’esito. In un soggetto che assume un farmaco
con capacità di induzione del P450, esposto al tetracloruro (per esempio in ambito professionale). In
questo caso il soggetto è esposto al rischio di tossicità da tetracloruro.
145
Tossicologia – IR19
Intermedi reattivi
Elettrofili, con elevata instabilità chimica,
interagiscono con nucleofili (legame
covalente con DNA, RNA, proteine).
I composti in grado di fornire reattivi
elettrofili sono tantissimi, ricordiamo
idrazine, aflatossine, mostarde azotate,
ecc. queste ed altre sono sostanze che in
seguito alla biotrasformazione subita
nell’organismo si trasformano in tossici.
Ci sono alcuni farmaci come fenitoina o
talidomide che danno luogo a
manifestazioni sul feto, il paracetamolo
viene invece biotrasformato in una
sostanza che si accumula nel fegato, il
quale è sia luogo di biotrasformazione che
di bioaccumulo. Altre sostanze alle quali
possiamo essere esposti non hanno nulla a che vedere con i farmaci e sono, per esempio, l’aflatossina, il
metanolo, il benzene, ecc. essi in seguito a biotrasformazione danno luogo alla formazione di intermedi
reattivi.
Radicali liberi
Atomi o molecole con uno o più elettroni spaiata, derivano da rottura simetrica di legame, elevata
instabilità, causano perossidazione lipidica in presenza di ossigeno (stress ossidativo). Ricordiamo
CCl4CCl3°+Cl°
Il paracetamolo viene biotrasformato in una sostanza che si accumula nel fegato, quindi la sede di
biotrasformazione è anche la sede di tossicità a quel composto.
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Tossicologia – IR19
Alcune sostanze possono subire entrambe le fasi di metabolismo, alcune possono subire solo le reazioni
di fase I e altre ancora solo quelle di fase II. Fasi diverse hanno enzimi preposti specifici (il citocromo
è considerato come un enzima jolly perché media sia Red che Ox e catalizza la maggior parte delle
biotrasformazioni).
Nella fase II ci sono enzimi deputati al trasferimento di gruppi specifici al substrato, quindi sono delle
transferasi.
147
Tossicologia – IR19
Gli enzimi che metabolizzano gli xenobiotici in genere mancano di selettività, ma questa scarsa
efficienza è compensata dalla loro grande quantità. In genere riconoscono solo il gruppo funzionale,
quindi riescono a funzionare comunque, nonostante non selezionino una molecola precisa.
Gli enzimi biotrasformanti si trovano in grande concentrazione nei principali punti di accesso
all’organismo (mucosa intestinale, fegato,
polmoni, epitelio nasale) o a specifici
distretti (barriera ematoencefalica,
placenta). Il motivo di tale distribuzione è
quello di poter bloccare sul nascere l’ingresso
di una sostanza potenzialmente nociva.
Un’altra caratteristica importante è
l’inducibilità, cioè l’organismo risponde
all’esposizione a xenobiotici incrementando
la sintesi degli enzimi che li metabolizzano. È
possibile aumentare il grado di espressione di
un enzima (quindi si ha una maggiore
capacità biotrasformante) ma si può anche
inibire la sua espressione, quindi ci sarà
carenza dell’enzima con conseguente
mancata biotrasformazione.
Poter conoscere e modificare l’attività di
enzimi metabolici è fondamentale per gli
scopi farmaceutici.
I composti tossici possono entrare da varie
vie (polmoni, pelle, intestino) e
successivamente il torrente circolatorio lo
porta al fegato che biotrasforma la tossina in
base alle sue caratteristiche. In seguito
questa potrà essere eliminata attraverso la
cute (sudore), i polmoni (aria espirata vedi
esempio etilometro ed etanolo), l’intestino
(feci e bile) e i reni (urina).
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Di seguito qualche esempio in cui sono coinvolte delle isoforme particolari nella biotrasformazione di
tossine in intermedi reattivi di tipo tossico.
7 Dato che si parla di tossicità, possiamo immaginare che la conseguenza della trasformazione dia
problemi in quanto l’organismo non riesca a contrastare il prodotto tossico creato. Si crea, quindi,
un’alterazione permanente delle cellule che in presenza di condizioni favorevoli porta a sviluppare un
tumore.
8 Più di 4g nel bambino e 7-10g nell’adulto.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
I substrati trasformati dal P450 sono sostanze molto diverse tra di loro, appartenenti alle classi
terapeutiche più disparate: dal macrolide alla ciclosporina, agenti ipoglicemizzanti, antiepilettici,
inibitori di pompa, ecc.
Alcuni substrati sono elencati di seguito:
Alcuni di essi, inoltre, non sono semplicemente substrati ma rappresentano anche i modulatori
dell’attività del citocromo (inducendo o riducendo l’attività).
1. L’effetto complessivo che ne risulta è un maggiore metabolismo, quindi si accelera
l’eliminazione e l’effetto diminuirà prima.
2. Inoltre, se la sostanza blocca l’attività del citocromo, si arriva all’accumulo e alla manifestazione
tossica.
3. Più comunemente i substrati vanno ad interferire con il metabolismo di altri farmaci
(interazione di farmaci dal punto di vista farmacocinetico: interferenza del farmaco X con il
metabolismo del farmaco Y).
L’attività enzimatica può essere modulata attraverso:
a. un’induzione farmacologica
b. un’inibizione farmacologica
La quantità ed espressione dell’enzima nel tessuto può essere regolata da ormoni, quindi cambia
in soggetti che hanno disequilibri ormonali, stati patologici e più semplicemente in soggetti che
presentano polimorfismi legati al gene che codifica per il CYP450.
Alterare l’attività enzimatica significa alterare la possibilità di produrre o non produrre dei
metaboliti idrofili, di disattivarli ed eliminarli o di produrre/non produrre sostanze responsabili di
effetti tossici o di bioattivare o meno dei farmaci (per esempio profarmacofarmaco).
Capire se l’enzima funziona e quantificarne l’attività condiziona l’esito dell’eliminazione ma anche la
risposta stessa ad un farmaco.
152
Tossicologia – IR19
9 Soggetto anziano assume anticoagulanti per pregressa patologia cardiaca. Ha una capacità di
detossificazione ridotta in quanto il farmaco inibisce l’attività del P450. Tale soggetto è più propenso a
manifestare effetto tossico se sottoposto ad altre terapie.
10 La proteina prodotta non è corretta, non viene prodotta, ecc.
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Tossicologia – IR19
Reazioni di Fase II
Una modalità tramite la quale è possibile interferire con le reazioni metaboliche è rappresentata
dall’alterazione della disponibilità del cofattore. In alcune reazioni, infatti, la presenza di un cofattore
è necessaria per il corretto sviluppo del processo. Sottraendolo alla reazione, per esempio
consumandolo, la reazione non riesce ad avvenire finchè non viene risintetizzato (ma ci vuole del tempo,
intervallo in cui possono manifestarsi degli effetti tossici).
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Tossicologia – IR19
Glucoronidazione
La glucoronidazione è la più comune reazione di fase II e consiste nel trasferimento di un gruppo
funzionale dell’acido glucornico ad un substrato.
Il trasferimento avviene ad opera della UDP-glucoroniltranferasi, enzima presente nel reticolo
endoplasmatico del fegato e in altri tessuti come rene, intestino, cute, cervello, milza e mucosa nasale.
In tutti questi distretti, quindi, si può avere l’eliminazione del composto a patto che ci sia disponibilità
di cofattore. Il sito di glucoronidazione è un eteroatomo nucleofilo quale O, S o N.
Alcuni esempi di composti endogeni che subiscono glucoronidazione sono: bilirubina, ormoni steroidei
e tiroidei.
I derivati di questa reazione sono polari, idrosolubili ed accumulati nella bile11 oppure eliminati con
le feci.
I substrati dell’enzima comprendono un grande numero di xenobiotici con due caratteristiche comuni:
Presenza di un atomo elettrofilo
Idrofobicità.
11 La bile o fiele è un liquido basico di colore giallo-verde secreto dal fegato della maggior parte degli
animali vertebrati. La bile, attraverso i dotti epatici, viene riversata nella colecisti (cistifellea) che è un
sacchetto in cui si deposita. In molte specie essa, una volta prodotta dal fegato, viene immagazzinata e
modificata nella cistifellea durante il periodo di digiuno e iniettata nel duodeno durante l'assunzione di
cibo. Ha la funzione di emulsionare i grassi nell’intestino, affinchè essi vengano assorbiti. Insieme alla
bile, arrivano nella colecisti anche le sostanze trasformate tramite glucuronazione, che rimangono in
sede fino a che dall’intestino non arriva lo stimolo di contrazione. La contrazione della colecisti permette
il riversamento della bile nell’intestino attraverso il dotto coledoco, insieme alle sostanze glucuronate,
che sulla mucosa intestinale incontrano il microbiota intestinale. Quest’ultimo possiede enzimi detti
beta-glucuronidasi: la sostanza glucuronata viene scissa e torna come sostanza iniziale che è riassorbita
e rientra nel circolo enteroepatico fino a che, poco alla volta, non viene consumata per la scarsa resa di
reazione di scissione del legame con l’acido glucuronico (vedi argomento).
155
Tossicologia – IR19
L’induzione degli enzimi è un fenomeno temporaneo, salvo il caso in cui si abbia un polimorfismo e
quindi non si abbia un’isoforma funzionante. L’aumento di alcuni enzimi biotrasformanti si ha in seguito
ad un’esposizione cronica a xenobiotici.
Può portare a:
Riduzione effetto terapeutico: può essere alla base di fenomeni di apparente resistenza alla
terapia. In questo caso ci si pone di fronte a ulteriore pericolo, perché si presume che la dose non
sia sufficiente e la si aumenta. Se, per esempio, si sospende il trattamento inducente
(volontariamente, se si termina la terapia, o involontariamente, se si smette di assumere un certo
alimento, ecc.) e contemporaneamente si mantiene la terapia, l’attività metabolica torna normale
ma la dose di farmaco era stata aumentata e si ricade in fenomeni di tossicità.
Aumento effetto terapeutico
Aumento effetto tossico: la presenza di induttore può portare alla somministrazione di dosi
elevare di farmaco associato che diventano tossiche alla sospensione del trattamento inducente.
Tra gli
xenobiotici inducenti
rappresentati in tabella, sono
presenti moltissimi farmaci ma
anche sostanze insetticide e
l’alcol. Tra questi sono presenti
anche gli additivi alimentari,
che son comunemente utilizzati
in maniera piuttosto inconscia
ma che possono interagire se
presenti in quantità elevate.
156
Tossicologia – IR19
Dal punto di vista molecolare è possibile indurre un enzima se esiste un meccanismo che prevede
l’esistenza di un recettore citoplasmatico. Questo recettore è definito recettore per gli idrocarburi e
funziona con un meccanismo simile a quello del recettore per i glucocorticoidi. Il recettore si trova,
appunto, nel citoplasma ed è un complesso multiproteico. L’idrocarburo (pallina nera nell’immagine),
che passa agevolmente la membrana viste le caratteristiche chimiche (lipofilia), giunge nel citoplasma
ed è tanto più affine tanti più atomi di Cl presenta nelle posizioni laterali. Un esempio è rappresentato
dalla diossina: passa la membrana, si lega al recettore e si ha una modifica conformazionale del
recettore. Il recettore migra verso il nucleo perché in tale sede si ha l’attivazione dei fattori di
trascrizione.
Il complesso diossina-recettore (con conformazione modificata) trasloca nel nucleo e subisce
dimerizzazione in presenza di un fattore nucleare ed espone una sequenza che lega la sequenza
promotrice dei geni, DREs (come il GRE dei glucocorticoidi: elemento responsivo glucocorticoidi). Così
facendo si ha l’inizio della trascrizione e quindi l’espressione del gene stesso. In questi casi, dato che
deve essere aumentata l’attività del citocromo, si avrà la trascrizione del gene che codifica per il CYP450.
Si traduce con la sintesi del mRNA che esce dal nucleo e nel citoplasma viene trasformato in sequenza
proteica che post-maturazione assumerà le sembianze del CYP450.
157
Tossicologia – IR19
Può portare a:
Aumento dell’intensità e della durata dell’effetto, sia terapeutico che tossico.
Diminuzione dell’attività farmacodinamica e/o tossica. Se blocchiamo l’enzima che attiva il
profarmaco in farmaco, non avremo effetto terapeutico.
158
Tossicologia – IR19
POLIMORFISMI E FARMACOGENETICA
La farmacogenetica è una branca emergente della farmacologia che si occupa dei fattori genetici
ereditari che creano differenze tra le persone nell’azione dei farmaci.
La capacità intrinseca dell’organismo di
metabolizzare uno xenobiotico può essere
correlata a profili genetici. Se questi ultimo sono
diversi, creano nella popolazione delle capacità
differenziate di metabolizzare una sostanza.
Tutti siamo soggetti all’attività di induttori e
inibitori enzimatici, tuttavia nei soggetti che, per
corredo genetico, hanno un’alterata attività
metabolica, notiamo una risposta diversa ad un
farmaco/xenobiotico anche in assenza di
alteratori della funzionalità enizmatica.
Per questo motivo, esistono dei test
farmacogenetici atti a prevedere il tipo di
risposta del paziente al farmaco.
Si è visto che all’interno di una popolazione ci sono tre classi di risposta ad un farmaco:
1. Gran parte dei soggetti rispondono in maniera uniforme: la risposta è simile nella maggior parte
della popolazione (responder).
2. Alcuni soggetti rispondo all’esposizione con la manifestazione dell’affetto avverso (toxic
responder).
3. Alcuni soggetti non rispondono al farmaco (non responder).
159
Tossicologia – IR19
Dato che ci possono essere diversi profili di risposta, possiamo capire l’utilità di prevedere dei test
preventivi, atti a somministrare il farmaco corretto nella quantità ideale. Ci sono alcune terapie che
prevedono l’analisi genetica preventivamente alla definizione del piano terapeutico da seguire.
Nomenclatura
La nomenclatura prevede il nome del citocromo (ad esempio CYP2D6) affiancato da un asterisco che si
legge “star” ed un numero che indica una sequenza di codifica per quell’enzima con caratteristiche
particolari (es. alterata specificità di substrato).
12 Va tenuto conto che di un gene esistono 2 copie, due alleli. La mutazione del corredo genetico può avvenire anche
solo su una delle due oltre che in entrambe: soggetto eterozigote od omozigote.
160
Tossicologia – IR19
13Attenzione: questo spinge ad utilizzare una maggiore quantità di farmaco, che provoca effetti tossici dati
dall’eccessiva concentrazione utilizzata.
161
Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
DISTRIBUZIONE
La comparsa della risposta tossica può essere condizionata sia da un alterato metabolismo, sia da un
metabolismo alterato dalla co-somministrazione di altri farmaci (interazioni) che dall’assorbimento.
Distribuzione: fase cinetica che include tutti gli eventi che interessano lo xenobiotico dal
momento in cui esso entra nel torrente circolatorio fino a quando viene eliminato (tramite
metabolismo e/o escrezione)
La fase della distribuzione inizia nel momento in cui il farmaco è arrivato al torrente circolatorio, si
distribuisce e viene a contatto con l'organismo nella sua totalità. Entra infatti nel torrente circolatorio e
vi rimane fino a quando viene metabolizzato e poi escreto.
La composizione stessa del tessuto (percentuale di lipidi o della componente proteica) è fortemente
condizionante per definire la quantità di xenobiotico:
Legato a un substrato biologico
Libero
163
Tossicologia – IR19
Uno xenobiotico passa dal letto vascolare (compiente ematica) al tessuto, diffondendo secondo la legge
di Fick, quindi seguendo un gradiente di concentrazione. È fortemente condizionato dall'area della
membrana e dallo spessore della membrana.
Il passaggio dall'arteriola al capillare venoso è determinato dalla pressione con cui arriva al capillare,
quindi da un gradiente pressorio.
14 Esempio: la barriera ematoencefalica. Il vaso è ricoperto dagli astrociti e impedisce un passaggio molto facilitato.
164
Tossicologia – IR19
Fluidi transcellulari (2,5% del peso corporeo):liquor cerebrospinale, fluidi intraoculari, peritoneali,
pleurici, sinoviali, gastrointestinali ed eventualmente fetali.
La sostanza, infine, può ripartirsi in tutta l’acqua presente nell’organismo, che è un volume molto
significativo (dato dalla somma di tutte le diverse componenti). Questi diversi compartimenti hanno
volumi diversi.
I volumi sono:
Acqua corporea totale (42 l) (Il volume di acqua corporea totale di 42 litri è associato a un
soggetto di 70kg).
Fluidi intracellulari (27 l)
Fluidi extracellulari (15 l)
Intravascolari (6 l)
Extravascolari (9 l)
Cellule ematiche (3 l)
Plasma (3 l)
Volume di distribuzione
165
Tossicologia – IR19
Cosi, sapendo che il tessuto del sistema nervoso centrale ha una componente lipidica superiore a quella
presente nel tessuto del miocardio, dove invece prevale la componente proteica, se una sostanza con
alta affinità per i lipidi arriva nel cuore attraverso il torrente ematico, avendo scarsa affinità per questo
tessuto si accumulerà solo in minima quantità. La medesima sostanza, invece, si accumulerà in quantità
notevoli nel tessuto adiposo.
L'affinità di uno xenobiotico nei confronti di un tessuto piuttosto che un altro rappresenta un
temporaneo sequestro. Esistono delle modalità con cui possiamo ridurre la quantità di xenobiotico
legato nel sito di deposito.
Ogni tessuto presenta un contenuto quantitativamente e qualitativamente diverso in proteine, lipidi e
altri componenti che possono promuovere un temporaneo sequestro della sostanza. Questo si traduce
in una diversa affinità della sostanza per i diversi tessuti.
In caso di somministrazione continua o ripetuta il farmaco ha il tempo di saturare anche gli altri tessuti
meno vascolarizzati.
Quindi, anche se in un primo momento va a cuore, reni e polmoni, in seguito si distribuisce anche agli
altri tessuti a seconda delle caratteristiche di affinità.
166
Tossicologia – IR19
Prendiamo in esame la concentrazione di una sostanza in tre distretti: rene, cervello, adipe.
Nel grafico sono rappresentate le concentrazioni, in funzione del tempo, di uno stesso xenobiotico in tre
organi con simile permeabilità, ma flusso diverso. L’equilibrio è raggiunto in circa 1 minuto per il rene
e 6 minuti per il cervello. Sono necessarie delle ore per raggiungere l’equilibrio tra plasma e tessuto
adiposo.
I distretti in esame hanno una permeabilità simile, ma hanno un flusso ematico diverso. Se misuriamo
le concentrazioni presenti nei diversi tessuti, la quantità misurata nei tessuti rispecchierà il loro flusso
ematico.
Il tessuto adiposo è quello meno irrorato, per raggiungere la stessa concentrazione di sostanza
presente immediatamente nel rene ci vorranno tempi molto lunghi.
Il cervello ha un grado di irrorazione maggiore rispetto al tessuto adiposo, quindi a parità di
tempo ci sarà una buona concentrazione di sostanza e la curva avrà un andamento graduale.
Il rene ha un’alta perfusione ematica e quindi un flusso ematico molto maggiore, la sostanza
arriva al rene praticamente con effetto immediato (attenzione ai tossici, anch’essi arrivano
velocemente in questa sede!). Il grado di perfusione ematica è fondamentale per il suo stato di
funzionalità. Se la pressione arteriosa scende sotto certi livelli, il rene entra in uno stato di
alterazione funzionale ed entra in sofferenza. La pressione con cui arriva il sangue attraverso
l'arteriola è troppo bassa per permettere la filtrazione.
Si calcola tramite il rapporto tra la quantità di farmaco che somministrato (dose) e la concentrazione
ematica all'equilibrio secondo la formula:
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Tossicologia – IR19
168
Tossicologia – IR19
Siti di deposito
Si tratta di un temporaneo sequestro. Esiste la possibilità che dal suo sito di deposito lo xenobiotico
venga rimosso.
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Tossicologia – IR19
Proteine plasmatiche
Nel plasma, nel torrente circolatorio, ci sono le proteine plasmatiche, prevalentemente albumina e
globulina.15
Sostanze diverse (tossiche e farmaci) possono avere un'affinità di legame per le proteine plasmatiche
molto diversa. Alcune si legano a una piccola frazione (5%), ma ci sono farmaci che si legano al 90-95%
delle proteine plasmatiche.
1. Se la frazione legata è il 5%, il 90% del farmaco o sostanza tossica è libero/a di agire.
2. Se il legame con la proteina plasmatica è significativo, si hanno basse percentuali di farmaco
libero di evocare l'effetto terapeutico oppure di sostanza tossica libera di evocare l'effetto
avverso.
Le proteine plasmatiche sono parte di un sistema biologico, pertanto sono componenti saturabili,
perchè ne esistono un numero limitato e fissato nel plasma. Nel caso ci fosse un eccesso di farmaco o di
sostanza tossica, questo si lega alle proteine plasmatiche.
Esempio: ci sono 100 molecole di proteine plasmatiche e 1000 molecole di sostanza tossica. Le prime 100
molecole si legano perché hanno affinità, le altre rimangono libere perché in numero di proteine disponibili
è stato saturato. Quindi, 900 sono libere di dare l'effetto terapeutico o tossico. In questo caso si ha un
eccesso di sostanza rispetto alla capacità di legare le proteine.
A volte, tuttavia, ci sono interazioni tra sostanze nonostante non siano state somministrate
quantità eccessive.
Può succedere nei confronti di:
uno xenobiotico (farmaco spiazzato da un altro farmaco o una sostanza tossica che spiazza un
farmaco),
nell'ambito di una sostanza esogena (tossica o farmaco) che spiazza una sostanza endogena.
Esempio: una sostanza che si lega per il 95% alla proteina plasmatica. Solo il 5% è libero e dà una risposta
terapeutica o tossica. Se viene prescritto un farmaco B che ha un'affinità uguale o superiore per le proteine
plasmatiche, il farmaco B somministrato successivamente spiazza il 95% del farmaco A, che è stato
somministrato valutando che a una certa dose una certa parte era occupata sulla proteina plasmatica.
Ci si trova in una condizione di spiazzamento della proteina plasmatica, quindi il farmaco A viene liberato
nel plasma, quindi è maggiore la quota libera di dare effetti tossici.
15 Il legame con le proteine plasmatiche consente di aumentare l’emivita delle sostanze ad esse legate
Il legame con le proteine plasmatiche è saturabile: un eccesso di sostanza comporta una quota di tossico
libero nel sangue
170
Tossicologia – IR19
Si tratta di un esempio che dimostra come un fenomeno può essere tossico in età diverse e soprattutto la
tossicità può manifestarsi in siti molto diversi dal sito di esposizione (dal sangue al SNC).
Sostanze che causano tossicità a livello del sistema nervoso centrale: in questo caso le sostanze possono
causare un’alterazione dei vasi, che avviene in tutto l’organismo ma si ripercuote più gravemente sui
vasi centrali.
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Tossicologia – IR19
Tessuto adiposo
Anche nel tessuto adiposo si parla di temporaneo sequestro con una successiva (anche a distanza di
molto tempo) mobilizzazione.
In genere il tessuto adiposo è un deposito primario per sostanze lipofile, quindi per affinità di
caratteristiche. Il fatto che le sostanze lipofile si depositino nell'adipe implica che la concentrazione
ematica venga ridotta, perché la sostanza viene localizzata all’esterno del circolo sanguigno e di
conseguenza diminuisce la concentrazione ai siti bersaglio. La tossicità di sostanze lipofile è minore nei
soggetti obesi ma va tenuto conto che la rapida mobilizzazione dei grassi può indurre un improvviso
aumento di concentrazione dell’agente tossico.
Esempio. La tossicità legata all’esposizione a sostanze lipofile è ridotta nei soggetti obesi, perché la
quantità di tessuto lipofilo (adiposo) è talmente alta che si ha un sequestro di sostanza molto elevato.
Sorge un problema con il DDT o i policlorobifenili quando il tessuto adiposo va incontro a una mobilitazione
molto veloce e repentina (veloce dimagrimento). In questo caso, il contenuto della cellula adiposa viene
immesso nel torrente ematico. Pertanto, la sostanza che era tessuto adiposo e in situ non aveva manifestato
la tossicità, alla mobilitazione (che può avvenire anche molto tempo dopo l'esposizione), si trova ad essere
liberata dal tessuto adiposo e a essere immessa nel circolo ematico, manifestando la tossicità.
172
Tossicologia – IR19
Tessuto osseo
La situazione nel tessuto osseo è analoga alle precedenti. Questo è un tessuto con un'alta affinità per:
Piombo (il 90% Pb è concentrato nello scheletro)
Fluoro, Elevata superficie di scambio cristalli di idrossiapatite, scambio tra F- e OH-, tra Ca++ e
Pb, Sr.
Stronzio.
Questi metalli sostituiscono facilmente il calcio, quindi, in seguito ad un’esposizione significativa a tali
sostanze, queste si possono accumulare in sede sostituendo la materia costituente (il calcio). Finchè non
si avrà la mobilitazione del tessuto, esso rappresenterà un sito di stoccaggio.
Un aumento dell’attività osteoclastica, per esempio per somministrazione di paratormone, causa
rilascio di sostanza tossica e aumento di concentrazioni ematiche.
Esempio: gli effetti del paratormone sul bilancio del calcio nell'organismo. Se nell'organismo serve più
calcio, il paratormone mobilizza il calcio dalle ossa, quindi impoverisce l'osso di calcio perché serve in un
altro distretto. Se al soggetto viene somministrato l’ormone ma nell’osso è presente molto Pb, si libererà
anche questo.
Nel caso di ossa come il bacino o le vertebre, si ha un continuo ricambio e rimodellamento. Per queesto,
ci sono due spinte opposte:
Produrre cellule dell'osso,
Limare l'osso al fine di mantenere sempre la stessa forma.
In seguito all'azione del paratormone, aumenta l'attività osteoclastica, cioè quella di limatura del tessuto
osseo, con conseguente liberazione di calcio. Continuando a consumare l’osso, si arriva al punto in cui
nelle cellule non è più presente Ca (sostituito con Pb), e inizia a liberarsi il tossico. Anche molto tempo
dopo l'esposizione alla sostanza tossica, si possono avere manifestazioni di tossicità che sono tra le più
varie:
Nei confronti del sistema nervoso centrale,
Nei confronti del sistema immunitario,
Nei bambini l'intossicazione da piombo interferisce con lo sviluppo del sistema nervoso centrale,
quindi carenza di capacità di apprendimento.
I casi analizzati sono esplicativi di tossicità ritardata: un primo momento non c’è l'effetto tossico, ma lo
si scopre in seguito in caso di dimagrimento (se si accumula nell'adipe), o per una variazione ormonale
(terapia).
173
Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
ESCREZIONE
Quando l'organismo è esposto a uno xenobiotico, è
suscettibile alla danno.
La suscettibilità al danno dipende da:
Esistenza e il funzionamento di meccanismi
protettivi,
Esistenza di siti di deposito che lo
sequestrano e non lo rendono disponibile,
Meccanismi di detossificazione tra i quali
consideriamo:
La biotrasformazione a cui segue
l'eliminazione,
L'eliminazione diretta.
Meccanismi protettivi
Sono meccanismi che, quando non funzionanti, potrebbero interferire con l'insorgenza del danno.
Comprendono:
1. Esistenza di sistemi antiossidanti: il glutatione, meccanismi antiossidanti a carico delle
vitamine (il ruolo della vitamina E, tocoferolo, e C, acido ascorbico è antiossidante), tioredoxina
2. Sistemi come la superossido dismutasi (SOD) o la catalasi. Hanno il compito di convertire
una specie chimica reattiva in qualcosa meno reattivo, quindi meno pericoloso.
3. Heat shock proteins dette anche stress proteins (proteine dello stress, HSP60), che sono
responsabili del folding delle proteine e di eliminare le proteine che hanno subito un'alterazione
strutturale o che sono danneggiate.
Il sistema biologico preferisce eliminare qualcosa non funzionante piuttosto che tenere delle
componenti inefficienti. La proteina alterata è incapace di mediare una funzione, quindi le heat
shock proteins la portano la sistema di degradazione, come i lisosomi e in questo modo viene
rimossa.
4. Ci possono essere enzimi ad attività
proteasica, che scindono le proteine
in maniera specifica. Hanno un ruolo
nell'inattivare dei peptidi di tipo
tossico.
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Tossicologia – IR19
Vie di escrezione
Vie principali:
La via preponderante è quella attraverso le urine, cioè un'eliminazione di tipo renale.
La seconda via è quella di escrezione biliare.
Vie secondarie:
Intestinale (rimane nel contenuto intestinale),
Sudore (ci sono sostanze o farmaci eliminati attraverso il sudore),
Saliva,
Lacrime.
Alcuni xenobiotici possono eliminati anche in latte e capelli.
Questi liquidi biologici possono essere presi in considerazione nella tossicologia forense per capire se il
soggetto è stato esposto o
meno a una sostanza tossica.
176
Tossicologia – IR19
Escrezione renale
In questo caso la sostanza viene eliminata attraverso il rene,
che è costituito da tessuto organizzato attraverso l'unità
funzionale, che è il nefrone.
Il nefrone è costituito da:
Una struttura globulare chiamata capsula di
Bowman,
Una serie di dotti in stretta connessione con il
torrente ematico (capillari). Attraverso questi canali
avvengono gli scambi tra:
Sangue
Dotti renali.
In questa struttura, a seconda delle necessità dell’organismo,
si decide:
Cosa eliminare,
Cosa riassorbire.
Cambiando il pH delle urine si può decidere se riassorbire o eliminare una sostanza, per esempio un
farmaco, per prolungarne l’attività o per non farla emergere nei test antidoping (vedi poi).
La funzione di filtro dell'organismo è garantito da un flusso ematico importante. Il rene, infatti, riceve
circa il 25% del sangue immesso in circolo dalla gittata cardiaca. Il flusso, al fine di garantire la
filtrazione, deve essere costante e con una pressione ben definita.
Dalla figura a lato possiamo notare come è fatto il nefrone: si hanno
un vaso entrante nella capsula e un vaso che esce. La pressione
sanguigna va mantenuta costante in questa sede per spingere il
sangue attraverso la capsula e permettere l’eliminazione o il
riassorbimento di metaboliti (prodotti di degradazione
dell'organismo, ma anche xenobiotici, farmaci o tossine). Il
passaggio nella capsula di Bowman è precluso a cellule e proteine.
Quando le urine hanno una colorazione scura, vuol dire che le
componenti ematiche sono passate attraverso il rene.
Nelle analisi delle urine si valuta la funzionalità attraverso la quantificazione dell’albumina, che
rappresenta la dimensione di cutoff e quindi non deve essere presente. Oltre a questo parametro si può
misurare anche la velocità di filtrazione glomerulare, che può determinare un effetto tossico.
L'alterazione della funzione renale è, quindi, misurabile.
177
Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
L’unità funzionale attraverso cui possiamo eliminare lo xenobiotico è la stessa che è molto colpita dalla
tossicità perchè rientra tra le parti necessarie per permettere l’eliminazione. Giocando sul pH delle urine
sappiamo che alcune sostanze prediligono l’eliminazione o il riassorbimento. Questo rientra in contesti
terapeutici come la detossificazione per avvelenamento ma anche per evitare il rilevamento della
sostanza dopante.
Esempio eclatante di come il riassorbimento più o meno spiccato si traduce in un comportamento clinico.
Esperimento anni 70: un gruppo di pazienti affetto da psicosi da amfetamina è stato diviso in due gruppi:
1. gruppo con urine alcalinizzate
2. gruppo con urine acidificate
Viene fatto un prelievo ematico regolare nel tempo, dosato in amfetamina. Lo scopo dell’approccio è
capire se diminuisce la psicosi da amfetamina (che comprende anche DDA e comportamenti paranoidi)
in funzione dell’escrezione urinaria.
Si misura la presenza di amfetamine in urine e sangue e con un test a punteggio si misura l’entità e
l’intensità del comportamento clinico della paranoia o allucinazione, quantificando l’intensità della
psicosi in funzione del tempo (per capire se la manifestazione aveva corrispettivo ematico).
180
Tossicologia – IR19
Elenco di farmaci la cui escrezione può essere aumentata dalla variazione del pH urinario
In urine acide: In urine alcaline:
Amfetamina Acetazolamide
Codeina Aminoacidi
Imipramina Nitrofurantoina
Meperidina Fenilbutazone
Morfina Probenecid
Nicotina Acido salicilico
Procaina Sulfonamidi
Probenecid è un inibitore del trasportatore presente nel tubulo prossimale. Si usa come antigottoso quando
si ha un eccesso di acido urico plasmatico per non farlo riassorbire e forzarne l’eliminazione (generalmente
c’è un accumulo di acido urico che, in elevate concentrazioni, precipita come cristallini nelle articolazioni,
che diventano doloranti).
Nel tubulo l’acido urico in generale passa e viene ceduto alle urine, ma può anche essere riassorbito da
trasportatori specifici.
Il probenecid inibisce i trasportatori quindi
impedisce il riassorbimento e contribuisce
alla diminuzione dell’acido urico presente,
favorendone l’eliminazione.
La molecola veniva usata per interferire con
l’eliminazione di penicillina durante la prima
guerra mondiale, quando scarseggiava e si
cercava di protrarre l’effetto del farmaco più
possibile.
Somministrando il probenecid si impedisce
l’eliminazione della penicillina e si fa
aumentare la quantità di farmaco disponibile
per l’attività. Oltre al prolungamento della
presenza del farmaco e quindi la possibilità di
agire, però, aumenta anche la sua tossicità.
"Giving the flu drug together with probenecid doubles the time that Tamiflu's active ingredient stays in
the blood, doubles its maximum blood concentration, and multiplies 2.5-fold the patient's total exposure
to the drug (see graph, and G. Hill et al. Drug Metab. Dispos. 30, 13-19; 2002)"
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Circolo enteroepatico
Una sostanza assunta per la via orale, per esempio un farmaco, viene assorbita a livello GI. A questo
punto potrà entrare in circolo ematico grazie ai
numerosi vasi che irrorano
l’intestino e che vanno a confluire
nella vena porta a livello epatico.
Dal fegato la sostanza:
1. Non viene metabolizzata
ed entra nella circolazione
sistemica
2. Viene biotrasformata,
con l’obiettivo di
detossificare, per esempio
coniugando acido
glucuronico. Il prodotto
coniugato può prendere due
strade.
A livello epatico, gli epatociti concorrono a formare i dotti biliari e versano qui il sia contenuto
biliare prodotto che tutto quello che è presente nell’epatocita, anche uno xenobiotico
metabolizzato.
Attraverso i dotti biliari, la bile viene portata nella cistifellea che rappresenta un deposito che
libera la bile, tramite il dotto coledoco, nell’intestino.
La bile è un concentrato di composti organici con elevato peso molecolare (>400) e un certo
grado di idrofilia. Viene prodotta dal fegato in quantità di circa 1 litro al giorno La bile va a
riversarsi nel dotto epatico, per poi andare ad accumularsi in una specie di sacchetto chiamato
cistifellea. In seguito ad uno stimolo la cistifellea si contrae riversando la bile nel dotto coledoco
che sfocia nell‘intestino e più precisamente nel duodeno la bile svolge un ruolo molto
importante, che è quello di emulsionare i lipidi introdotti con l'alimentazione per favorirne la
digestione e l'assorbimento. Grazie a questa emulsione i lipidi sono infatti maggiormente
digeribili, quindi attaccabili da enzimi
specifici denominati lipasi Le sostanze
glucuronate, quindi, possono:
a. Essere escrete come tali con le feci
b. Essere substrato di batteri del
microbiota intestinale che
idrolizza il legame con l’acido
glucuronico (beta-glucuronidasi). La
molecola, liberata della
coniugazione, entra nuovamente in
circolo, prolungando sia l’effetto
terapeutico che, soprattutto, quello
tossico.
Attenzione: viene comunque
eliminata, perché ad ogni circolo
parte non subisce idrolisi a causa
della scarsa resa della reazione
batterica e viene eliminata con le
feci.
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Tossicologia – IR19
Capelli
Grande importanza in tossicologia forense: lo xenobiotico permane per più tempo e dà informazioni su
esposizioni molto precedenti a sostanze come stupefacenti o veleni. L’accumulo nei capelli è un processo
irreversibile, quantitativamente trascurabile (test per sostanze d’abuso).
La determinazione nei capelli è frequentemente usata per scoprire l’assunzione di farmaci d’abuso quali
cocaina, oppiacei, amfetamine, tetraidrocannabinoli.
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Tossicologia – IR19
Via polmonare
Sfrutta una struttura anatomica caratterizzata da un epitelio molto favorente gli scambi, principalmente
gassosi, tra gas dell’aria e componente ematica: via di escrezione per xenobiotici e metaboliti che sono
in fase gassosa nel sangue.
E una grande superficie di assorbimento per sostanze presenti in aria ma anche per l’escrezione di
materia, perché con gli alveoli eliminiamo CO2 ma anche, per esempio, etanolo.
Sono escreti per diffusione passiva dal sangue agli alveoli tramite gradiente di concentrazione
Condizione: [xenobiotico]plasma> [xenobiotico]aria alveolare
I gas con bassa solubilità nel sangue sono eliminate più rapidamente (es. Etilene) di quelli con
alta solubilità (CHCl3)
I liquidi molto volatile si eliminano esclusivamente tramite polmoni (etere e anestetici)
L’eliminazione dei gas è inversamente proporzionale alla velocità di assorbimento: anestetici
altamente liposolubili, come alotano e metossiflurano, possono essere presenti nell’aria espirata
fino a 2-3 settimane dall’esposizione, a causa del deposito nel tessuto adiposo
La quantità di sostanza escreta dai polmoni è proporzionale alla sua tensione di vapore
La via di escrezione inalatoria si usa con l’etilometro per la misurazione della quantità di alcol alla quale
il soggetto è esposto. Il rapporto tra la quantità nell’aria e nel sangue è costante: il rapporto di etanolemia
(concentrazione di etanolo nel sangue) e aria alveolare è relativamente costante, 80 mg di etanolo per
100 ml di sangue producono 35 μg/100ml di etanolo nell'aria espirata.
185
Tossicologia – IR19
L’etanolo viene assorbito velocemente a livello GI e passa velocemente nel sangue dove si distribuisce a
tutti i distretti. Viene eliminato rapidamente ad opera del fegato, quindi la maggior parte è metabolismo
ossidativo (acetaldeide, acido acetico, anidride carbonica e acqua).
Una parte trascurabile è metabolizzata tramite
meccanismo non ossidativo.
Molto, invece, si accumula nel sudore, nell’aria
espirata, nelle urine. Quindi se volessi verificare
l’esposizione del soggetto all’etanolo, prelevo un
campione di urine o faccio l’etilometro, (meno
interessante l’analisi del sangue dove permane 6-8
ore).
Viene eliminato rapidamente, ad una velocità di circa 0,1 g/kg per ora, (0,15-0,20 g/l per ora nel sangue)
ad opera del fegato quindi, dopo 6-8 ore dall’assunzione, non è più rilevabile nel sangue.
In confronto al sangue ed all’aria espirata, l’etanolo nelle urine può essere ritrovato anche alcune ore più
tardi, ciò dovuto alla raccolta delle urine nella vescica.
186
Tossicologia – IR19
Viene prescritto di interrompere l’allattamento per tempi diversi a seconda della sostanza (tabella sotto)
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
NB: il riconoscimento usuale di una gravidanza di verifica intorno alla 6° settimana di amenorrea,
quando è già iniziata l’organogenesi. Il rischio di esposizione accidentale, quindi, è molto alto.
Negli accertamenti tipo RX o Risonanze con MDC si richiede di firmare un certificato di assenza di stato di
gravidanza.
Aumento Diminuzione
1. Ventilazione polmonare 1. Motilità gastrica
2. Consumo di ossigeno 2. Proteine ematiche (albumine,
3. Gittata cardiaca (fino al 30-40%) glicoproteina acida)
4. Flusso ematico (da 50 ml/min a 600 3. First pass effect
ml/min) Altro
5. Volume eritrocitario 1. Colestasi (frequente)
6. Vascolarizzazione uterina 2. Alterazione equilibrio elettrolitico
7. Metabolismo basale
8. Filtrazione renale (fino a 30-50%)
190
Tossicologia – IR19
Xenobiotici e condizioni materne influenzano lo sviluppo corretto del feto (vedi schema).
In seguito all’esposizione ad una sostanza tossica possono esserci dei fattori materni di suscettibilità
(cerchio blu) come la denutrizione, l’età avanzata, il background genetico, ecc.
I potenziali effetti della madre
sono diversi, infatti un tossico può
generare anemia, squilibri
endocrini, ridotto flusso ematico
uterino e quindi scarsa irrorazione,
alterata funzionalitò polmonare e
quindi scarsa ossigenazione
sanguigna, ecc. (riquadro verde).
Sono tutti eventi potenziali a carico
della madre che influiscono in modo
indiretto sulla salute del bambino.
1 La sindrome alcolica fetale (FAS) è la manifestazione conclamata dei danni causati dal consumo
di alcol durante la gravidanza. Venne descritta per la prima volta in Francia nel 1968 da Paul Lemoine e
successivamente, agli inizi degli anni '70, dagli statunitensi Smith e Jones che ripresero le ricerche e
attribuirono alla sindrome il nome di Fetal Alcohol Syndrome, ridefinendo quella serie di malformazioni
e alterazioni comportamentali che venivano chiamate Funny Looking Kids ("bimbi dall'aspetto
bizzarro"). La sindrome raccoglie una serie di sintomi che possono presentarsi nei bambini che, durante
la gravidanza della madre, sono venuti a contatto con l'alcol. Gli studi oggi hanno evidenziato che la FAS
191
Tossicologia – IR19
Principi di teratogenesi
Ci sono alcuni principi che sono stati declamati perché la teratogenesi risponde ad alcune osservazioni:
1. Suscettibilità agli effetti teratogeni dipende dal genotipo dell’embrione e i fattori ambientali
avversi.
2. Suscettibilità agli effetti teratogeni varia in rapporto allo stadio dello sviluppo e all’epoca
dell’esposizione ad un evento avverso o ad un agente potenzialmente avverso. Durante la
gravidanza ci sono una serie di fasi che si susseguono e interferire con una fase piuttosto che con
un'altra modifica le conseguenze.
a. Fase iniziale: alterazioni morfologico-strutturali (focomelia)
b. Fase finale: alterazioni funzionali (la struttura è allestita ma ne alteriamo il
funzionamento: comportamento, sviluppo cognitivo)
3. Agenti teratogeni agiscono con meccanismi specifici. Accelerazione dell’apoptosi, teratogenesi
indotta da virus zika (vedi poi).
4. Le proprietà chimico-fisiche del composto teratogeno determinano la sua capacità di
raggiungere il feto e i suoi tessuti in via di sviluppo.
5. Le quattro principali manifestazione di uno sviluppo anomalo sono rappresentate da:
Morte
Malformazione
Ritardo nella crescita
Deficit funzionale (SNC, reni, cuore, ecc.)
6. Le manifestazioni di uno sviluppo anomalo aumentano all’aumentare della dose.
L’insulto teratogenico dipende dalla sostanza chimica e dalla capacità di raggiungere il feto. Può essere:
Organo specifico
Specie specifico: rappresenta un problema perché alcune sostanze sono teratogene nel modello
sperimentale murino e non nell’uomo, ma anche viceversa. In questo secondo caso non si può
prevedere l’azione teratogena
Dose specifico (in genere dose dipendenti)
Se esistono interferenze dello sviluppo nella fase del preimpianto, ci può essere letalità
dell'embrione, che può portare a:
o Aborto,
o Riassorbimento del prodotto di concepimento.
Nella fase successiva, dall'impianto all’organogenesi (terza-ottava settimana), le interferenze
con lo sviluppo possono avare delle conseguenze molto più macroscopiche, ad esempio delle
malformazioni strutturali che interessano:
o L’assetto osseo,
o Altri distretti
Dalla terza settimana alla quinta, se il prodotto di concepimento fosse esposto a sostanze
teratogene, potrebbe essere alterato il sistema nervoso centrale.
Va tenuto comunque conto che il sistema nervoso centrale continua a svilupparsi fino al termine
della gravidanza e oltre. Basti pensare alla permeabilità delle barriere ematoencefaliche, che
si modifica fino a uno o due anni dopo la nascita.
Ci sono, quindi, dei sistemi che continuano a maturare e svilupparsi durante il periodo della
gravidanza e oltre.
L’osso che costituisce il palato è suscettibile ad alterazioni maggiori tra la settima-ottava
settimana, questo significa che se l’embrione è esposto a sostanze nocive in un periodo
precedente, l’osso in questione probabilmente non verrà alterato
Dallo stadio fetale allo stadio natale (nona-trentottesima settimana), quando la maggior parte
dei distretti sono già sviluppati, ci possono essere delle alterazioni funzionali anziché
morfologiche (ormai il feto è formato):
o Un ritardo dello sviluppo dell’accrescimento del prodotto di concepimento,
o Fenomeni che danno luogo alla cancerogenesi.
Nelle ultime settimane possono comparire ritardi nello sviluppo e nell'accrescimento del feto.
Ad esempio, il bambino nasce sotto peso (in alcuni casi la nascita sottopeso può essere segno di
un'azione tossica a seguito dell'esplosione a farmaci oppure a xenobiotici).
L'esposizione durante il periodo fetale fino al periodo immediatamente prenatale può alterare il
comportamento.
Dalla terza all'ottava settimana l'azione teratogenetica si manifesta con malformazioni di tipo
strutturale mentre dalla nonna alla 38esima, fino al completamento della gravidanza, le
alterazioni sono prevalentemente di tipo funzionale.
La tabella che segue è costruita in maniera tale da mostrare le settimane di gravidanza a partire dal
tempo zero che è il concepimento, in basso si vede la distinzione del periodo.
Il tratto nero rappresenta il periodo di maggiore suscettibilità a malformazioni e alterazioni dei
diversi distretti.
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Tossicologia – IR19
Oggi è ancora oggetto di dibattito l'esposizione a sostanze o xenobiotici che potrebbero essere causa
dell'insorgenza dell'autismo. Molti associano l'autismo all'esposizione ai vaccini ma non ci sono dati
scientifici a sostegno di tale tesi. Tuttavia, il problema potrebbe essere legato all’esposizione, durante la
gravidanza, di sostanze che potrebbero indurre patologie tipo autismo.
La sensibilità maggiore è in relazione alla fase di gestazione.
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Tossicologia – IR19
Nel primo periodo, cioè il periodo che va dalla fecondazione all'impianto, l'effetto è tutto o nulla:
La gravidanza prosegue,
Si va incontro ad aborto spontaneo e riassorbimento.
Nella seconda fase, ossia l'embriogenesi, si hanno malformazioni di entità diverse che possono essere
ridotte, ma anche maggiori.
Esempio: talidomide. Fu scoperto che era teratogena soltanto dopo che ci fu un numero molto significativo
di bambini nati con malformazioni.
Grazie a questo evento sfortunato, abbiamo corretto il nostro atteggiamento, ora è obbligatorio il test per
la tossicità dello sviluppo prenatale e postnatale di sostanze o di farmaci che verranno introdotti in
commercio.
Durante questa fase della gravidanza, i derivati dell'acido retinoico e gli antiepilettici sono quelli che
danno le conseguenze più evidenti e le malformazioni maggiori.
Nel periodo fetale, quando l'esposizione a sostanze di tipo teratogeno è in grado di causare alterazioni
prevalentemente funzionali, si può andare in contro a insorgenza di tumori.
Le sostante interessate sono:
Metalli,
Etanolo,
Interferenti endocrini,
Antidepressivi,
Antiepilettici.
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Tossicologia – IR19
Gli obiettivi di questi studi sono molto diversi, perché possiamo avere informazioni:
Circa l'effetto dello xenobiotico sulla produzione di spermatozoi nel maschio.
Sulla produzione di ovociti nella femmina,
Sul successo dell'accoppiamento tra maschio e femmina,
Sul numero di feti per ciascuna gravidanza,
Sul numero di gravidanze portate a termine nell'animale,
Sul tipo di eventuali malformazioni dei cuccioli nati, sul peso dei cuccioli nati,
Sul peso delle madri che può essere un indice di tossicità da parte di una sostanza di tipo
xenobiotico.
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Tossicologia – IR19
Al momento, dobbiamo attenerci a questo tipo di sperimentazione in vitro o in vivo negli animali
fecondati.
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Tossicologia – IR19
La presenza di queste dosi soglia è il motivo per cui, generalmente, nella sperimentazione tossicologica
si usano tre dosi, di cui una in grado di indurre una lieve diminuzione del peso corporeo per analizzare
l’interazione con i pattern che garantiscono l'omeostasi. La dose minore, invece, è quella in
corrispondenza della quale non si devono osservare effetti tossici.
Ci sono sostanze in grado di interferire con l'asse neuroendogeno, quindi con il controllo di
spermatogenesi e ciclo mestruale, alterando la fertilità del soggetto.
198
Tossicologia – IR19
Esempio. Etanolo causa la sindrome fetoalcolica di gradi diversi , quindi con manifestazioni estremamente
diverse.
Esempio. Ciclofosfamide, che dà luogo a: malformazioni di tipo cardiovascolare, malformazioni alla mano,
ritardo nello sviluppo.
Caso eclatante. Dietilstilbestrolo è in grado di causare tossicità ritardata non nelle donne che avevano
assunto il farmaco bensì nella progenie, cioè nella prima generazione di figli e figlie (soggetti maschi e
femmine). Nelle femmine nate da madri che avevano assunto il dietilstilbestrolo, intorno ai 18-20 anni, si
manifesta carcinoma della vagina, nei maschi si ha una mancata migrazione del sacco scrotale.
L'esposizione al litio durante la gravidanza può dare luogo a difetti cardiaci e di formazione del tubo
neurale.
Sostanze diverse possono causare effetti diversi: dipende dalla dose e dal periodo della
gravidanza a cui la madre si espone.
199
Tossicologia – IR19
I meccanismi alla base della teratogenesi sono estremamente diversi ma traducono in risposte di tipo
patogenetico molto limitate.
Un meccanismo attraverso cui una sostanza può indurre una malformazione potrebbe essere
l'alterazione dell'integrità o della funzione degli acidi nucleici.
La sostanza potrebbe:
Alterata integrità o funzione degli acidi nucleici
Alterazioni dei pattern cromosomiali
Alterata mitosi, condizionamento del processo
proliferativo
Ridotto apporto di precursori o substrati
Ridotto supplemento energetico
Alterate caratteristiche di membrana
Inibizioni enzimatiche
Esempio: proteina secondo messaggero in una cellula, la cui attivazione porta all'espressione di geni per
esprimere delle strutture particolari nella cellula che deve differenziarsi.
Se lo xenobiotico interferisce col sistema di trasduzione, modifica l'attivazione di alcuni geni che sono
importanti per differenziare la cellula nervosa da quella cardiaca e il processo non avviene..
200
Tossicologia – IR19
La sindrome fetoalcolica è l'insieme delle alterazioni dello sviluppo nel feto a seguito dell'esposizione
della madre all'alcol.
Sintomi
Ci sono delle connotazioni/caratteristiche discriminati che sono ad esempio le alterazioni della facies,
cioè della struttura del viso e l'effetto teratogenico si può manifestare anche con un ritardo della crescita
del bambino. Il corpo è di piccole dimensioni, lo sviluppo fisico è lento e ritardato nel tempo.
Ci possono essere alterazioni morfologiche, cioè deformità dello scheletro:
Nel torace si possono trovare costole e sterno deformati,
Il cranio è piccolo,
La parete toracica è appiattita,
C’è sindattilia, cioè le dita sono saldate tra di loro come se fosse un arto palmato (pinna di una
foca), il tessuto è rimasto tra un dito e l'altro. Si dice sindattilia delle mani.
In alcuni soggetti può portare a malformazioni d'organo oltre che di struttura ossea e di caratteristiche
specifiche del viso. Infatti, possiamo avere:
Alterazione funzionale dell'apparato cardiovascolare, quindi il soffio cardiaco,
Un insufficiente sviluppo delle strutture cerebrali,
Malformazioni all'apparato riproduttivo (genitali),
Alterazioni anatomiche all'apparato renale2.
In queste condizioni nel soggetto in cui è diagnosticata la sindrome fetoalcolica, ci sono gradi diversi di
gravità.
I sintomi possono essere concomitanti (possono sussistere nello stesso soggetto), oppure ci sono
soggetti che hanno la prevalenza di una modifica della componente strutturale ossea piuttosto che
organica.
2 Sintomi:
Anomalie facciali
Carenze di crescita (corpo di piccole dimensioni, sviluppo fisico lento)
Deformità scheletriche (costole e sterno deformati, cranio piccolo, parete toracica appiattita,
sindattilia delle mani e dei piedi o palmate)
Malformazioni d’organo (soffio cardiaco, incompleto sviluppo strutture cerebrali, malformazioni
genitali, alterazioni anatomiche renali)
Ritardo sviluppo mentale (difficoltà di apprendimento, a risolvere problemi, iperattività
infantile, scarso coordinamento, diminuzione dell’attenzione, irritabilità , scarsa memoria,
Problemi comportamentali in età avanzata
201
Tossicologia – IR19
Generalmente i bambini affetti da sindrome fetoalcolica sono affetti da deficit di attenzione. Possono
comparire dei problemi di tipo comportamentale anche quando il soggetto è adulto.
Quindi, è una sindrome che interessa a 360º lo sviluppo del soggetto perché coinvolge
La componente strutturale ossea,
La struttura di organi,
Il funzionamento di organi (alterazioni di tipo renale o incompleto sviluppo delle strutture
cerebrali),
Capacità cognitive.
Caratteristiche discriminanti
Alla nascita e nel periodo immediatamente successivo, i
bambini affetti da sindrome fetoalcolica hanno alcune
caratteristiche discriminanti:
Le rime delle palpebre estremamente brevi,
La zona della faccia appiattita,
Il naso corto,
Il filtro indistinto (l'avvallamento tra il mento e il
labbro è generalmente appiattito),
Il labbro superiore sottile.
A queste caratteristiche discriminanti per fare la diagnosi, si associano delle caratteristiche che possono
essere presenti, ma non necessariamente.
Le caratteristiche associate possono o meno essere presenti e sono:
Ridotta plica epicantica, cioè la plica all'angolo dell'occhio con la palpebra.
Ponte nasale basso.
Anomalie nell'orecchio.
Micrognazia, ossia il mento molto ridotto, quasi inesistente.
Sorge spontaneo chiedersi quale sia la quantità di alcol che determina tossicità . In realtà non c’è un
regola ben definita, ma è noto che tanto maggiore è la dose, tanto maggiore è la gravità con cui si
manifesta la sindrome.
In alcuni soggetti potrebbe essere causa di malformazioni anche un semplice bicchiere di vino bevuto a
pranzo con regolarità . In una donna etilista cronica, il rischio della nascita del bambino con la sindrome
fetoalcolica è molto maggiore.
202
Tossicologia – IR19
Encefalo di un bambino
A sinistra l’encefalo di un bambino di 6 settimane sano.
A destra l’encefalo di un bambino di 6 settimane con la
sindrome feto alcolica.
Si nota la dimensione è molto ridotta, circa un 30% in
meno.
Nell’encefalo la struttura fondamentale è rappresentata
dalla presenza di circonvoluzioni lungo la superficie
esterna, che non sono presenti nel bambino malato.
3 Non esistono dati certi sull’incidenza della sindrome feto-alcolica (FAS) in Italia. Tuttavia, uno studio
del centro di alcologia del Policlinico Umberto I di Roma, effettuato nella provincia del Lazio, stima una
prevalenza pari a 1,2 su 1000 nati vivi. Si arriva poi a un 6% nel caso di espressioni parziali della
sindrome, ovvero della FASD. Da un’analisi del meconio (le prime feci del neonato) di 607 neonati
condotta dall’Istituto Superiore di Sanità , nell’ambito di uno studio multicentrico in collaborazione con
le Unità di Neonatologia di sette ospedali italiani, è emerso che l’esposizione prenatale all’alcol è
mediamente del 7,9%, con una variabilità che va dallo 0% di Verona al 29,4% di Roma. Quindi, circa 8%
dei neonati sono esposti all’assunzione di alcol durante la vita intrauterina. Tra le donne che bevono
quantità rilevanti di alcol in gravidanza, una percentuale compresa tra il 4% e il 40% partorisce bambini
affetti da danni alcol correlati di vario grado.
203
Tossicologia – IR19
4(su creste neurali isolate in vitro l’etanolo causa disaggregazione delle strutture citoscheletriche, come
microtubuli e microfilamenti, con alterazione della morfologia cellulare, dei contatti cellula-cellula e
dell’adesione al substrato)
204
Tossicologia – IR19
Acido retinoico
Altra sostanza in grado di evocare l'azione teratogena è l'acido retinoico che si ottiene dal metabolismo
della vitamina A. Essa viene trasformata a livello epatico dall’alcol-deidrogenasi e dall’aldeide-
deidrogenasi ad acido retinoico.
Le condizioni in cui si può avere una malformazione causata dall’esposizione all'acido retinoico sono:
Ipovitaminosi
Diete povere di vitamina A.
L'alterazione rispetto ai livelli omeostatici sia in difetto che in eccesso della vitamina A può produrre
malformazioni.
Diete carenti di vitamina A causano malformazioni al livello oculare, ad esempio:
o La microftalmia (cioè l'occhio molto piccolo),
o Anoftalmia (nella cavità oculare manca il bulbo oculare).
Un eccesso di vitamina a può dare malformazioni a carico di:
o Cranio – strutture craniofacciali
o Viso,
o Cuore,
o Arti
o Timo
o SNC.
Il prodotto di concepimento è suscettibile alla tossicità dell'acido retinoico durante tutta la gravidanza.
Viene usata come analogo sintetico dell'acido retinoico l'isotretinoina. Questa viene prescritta:
Nei casi di deficit di vitamina (ipovitaminosi),
Nel caso dell'acne cistica grave.
Se la donna durante la gravidanza assume l'isotretinoina per via orale, il rischio di malformazioni è molto
elevato (circa il 20%): si parla di sindrome da isotretinoina che può portare ad aborto o al parto
prematuro.
Il derivato sintetico non si prescrive per via orale, ma per via locale.
Dopo l'applicazione locale, il farmaco e i suoi metaboliti non presentano valori dosabili sul plasma e
pertanto non hanno effetto teratogeno. Dato che l'isotretinoina nella sua forma orale ha un'emivita di 50
ore, la maggior parte del farmaco e dei suoi metaboliti vengono eliminati nei primi 10 giorni dopo
l'ultima dose. Per motivi di sicurezza si raccomanda la sospensione della terapia almeno un mese prima
di tentare una gravidanza.
Nel caso di acne cistica, non somministriamo alla donna in stato di gravidanza l'analogo sintetico per via
orale, ma attraverso applicazioni locali, che non hanno un effetto di tipo teratogeno.
Nel caso di idrocefalo, è come se la struttura all'interno dell'encefalo fosse un ventricolo unico, quindi
si perde la componente del tessuto esterno e aumentata lo spazio interno. Questi porta a due effetti:
Grande quantità di liquido all'interno del tessuto cerebrale (molto superiore a quello che
sarebbe presente nei ventricoli), che possono esercitare una pressione nei confronti del tessuto
nervoso propriamente detto.
Interi sistemi del sistema nervoso centrale vengono meno perché occupati da questa cavità unica
all'interno dell'encefalo.
205
Tossicologia – IR19
In genere i bambini con idrocefalo hanno carenze estremamente significative di capacità cognitive e di
controllo dell'organismo. Solitamente hanno un’aspettattiva di vita molto breve, non arrivano ai 20 anni
e sono destinati a un decesso molto prematuro.
I retinoidi modulano geni responsabili del corretto sviluppo embrionale. La modulazione avviene
attraverso eventi in sequenza.
L'acido retinoico ha la capacità di interagire e legarsi con recettori specifici, che sono quelli che
corrispondono all'acronimo RAR o XAR. (recettori RAR e RXR nucleari)
Sono recettori di tipo nucleare, servono nell'omeostasi dell'organismo e del tessuto, perché il recettore
con il ligando costituisce un complesso unico e si comporta come fattore di trascrizione per geni
strutturali per l’asse embrionale cefalo-caudale e dorso-ventrale responsabile dello sviluppo
dell’encefalo, del sistema nervoso centrale e periferico, delle vertebre e degli arti.
Quando questi geni vengono attivati in maniera preferenziale, cioè quando l'organismo è sottoposto a
un trattamento farmacologico con acido retinoico, gli effetti dipendono sostanzialmente
dalla concentrazione utilizzata,
dal tempo di attivazione del recettore.
Quando si espone l'organismo a dosi teratogene di acido retinoico, a livello tissutale embrionale i livelli
dei retinoidi aumentano in maniera molto significativa (dalle 200 alle 1400 volte superiore) rispetto ai
normali livelli fisiologici nei tessuti.
I derivati retinoidi sono presenti nell'organismo a concentrazioni plasmatiche e tissutali molto più basse.
Il trattamento, ovvero la somministrazione alla madre di acido retinoico o di derivati semisintetici, causa
l'aumento dei livelli tissutali nell'embrione in maniera molto maggiore rispetto ai livelli fisiologici.
Questi livelli di retinoidi sono in grado di interagire con i propri recettori che sono responsabili della
struttura dell'asse cefalo-caudale (dalla testa fino all'ano), quindi tutta la struttura non solo ossea
(vertebrale), ma anche il sistema nervoso coinvolto con la struttura.
Quando si formano i somiti, cioè le strutture segmantali che poi saranno le vertebre a completamento
dello sviluppo, nel topo le vertebre hanno caratteristiche morfologiche tipiche di segmenti anteriori o
posteriori rispetto alla posizione della vertebra.
Nella colonna vertebrale ci sono una sequenza di componenti vertebrali che hanno, a seconda dell'area,
una struttura molto diversa. E il motivo per cui è diversa l’area cervicale rispetto a quella dell'osso sacro
(ultimo pezzo della colonna vertebrale).
Se esiste una sovraesposizione all'acido retinoico, si perde la diversa struttura corrispondente alle
diverse aeree.
Potrebbe esserci un’area lombare con una struttura tipica delle vertebre dell'area toracica o cervicale:
la struttura è totalmente inappropriata per la porzione di colonna.
La colonna vertebrale ha delle caratteristiche strutturali e funzionali importanti che sono garantite dalla
varietà di struttura. Man mano che si scende, cambia anche il lume vertebrale in cui è presente il midollo
spinale.
A seguito del cambio della forma della vertebra, si modificano:
la parte esterna,
la struttura interna, quindi la compatibilità con il midollo spinale.
Questo significa alterare la funzione del sistema nervoso in questa area.
206
Tossicologia – IR19
FDA e gravidanza
Negli USA, nella pagina di FDA, ci sono delle indicazioni sulla modalità con cui si indica il rischio di
teratogenicità sui farmaci. Fino a qualche anno fa, FDA aveva una modalità di classificazione del rischio
per la gravidanza espressa in lettere.Nel 2016 è cambiata la modalità di indicare il rischio di
teratogenicità : invece di indicare una lettera sulla confezione del farmaco, viene indicata una descrizione
in cui risultata essere più chiaro il rischio.
Nel farmaco che era indicato con la lettera A, attualmente viene indicato sull'etichetta un messaggio in
cui si legge che non esiste un rischio in studi controllati condotto nell'uomo.
Si scrive un messaggio invece di indicare una lettera, perché il messaggio risulta essere più chiaro.
Lettera A: "studi condotti nell'uomo adeguati e ben controllati (disegnati in maniera opportuna) non
sono riusciti a dimostrare il rischio per il feto nel primo semestre di gravidanza. Non c'è evidenza anche
nei trimestri successivi".
I farmaci indicati, insieme a quello su cui è apposta l'etichetta, non risultano essere responsabili di
tossicità nel primo e nei successivi trimestri.Gli studi condotti sull'uomo sono stati incapaci di mostrare
la tossicità (fail), quindi non sono tossici.
Lettere diverse inducano messaggi diversi.
Classificazione delle sostanze carcinogene: esiste la classificazione in gruppi a seconda che sia
probabile o possibile nello studio animale, a seconda che l'evidenza di tossicità fosse stata testa
in studi clinici. Quindi si classificano gruppi diversi. Qui, si fa nello stesso modo.
Lettera B. Il primo è il risultato che si ottime nell'uomo, il secondo è il risultato negativo che si ottiene
negli studi condotto sugli animali.
Questi farmaci (a cui prima si dà la lettera B nella classificazione) oggi sono farmaci che non sono stati
in grado di dare tossicità se testati sugli animali. Riporta esempi.
Lettera N è per farmaci che non sono stati ancora catalogati, per i quali non ci sono evidenze derivanti
né da studi su animale né dallo studio condotto sull'uomo.
207
Tossicologia – IR19
208
Tossicologia – IR19
Il sistema endocrino è il sistema di comunicazione chimica del corpo, che utilizza i vasi sanguigni
per muovere sostanze chimiche in tutto il corpo e per comunicare con diverse cellule del corpo.
Il sistema endocrino regola il metabolismo, la crescita, lo sviluppo e la pubertà e la funzione degli
organi.
Si possono avere effetti tossici sul prodotto di concepimento anche grazie a effetti indiretti, ad esempio
l'alterazione dell'asse neuroendocrino.
Gli agenti capaci di interferire con il sistema endocrino sono agenti che possono interferire con la fertilità
maschile e femminile, con lo sviluppo del prodotto del prodotto di concepimento, con lo stato di salute
post-natale. A questo gruppo di sostanze capaci di alterare il sistema endocrino appartengono i
cosiddetti interferenti endocrini.
Sistema endocrino
Il sistema di endocrino permette la comunicazione tra distretti anche molto distanti tra loro attraverso
molecole che sono gli ormoni. Sono secrete in alcuni distretti, arrivano nel torrente circolatorio e
portano l'informazione anche molto lontano, ad esempio periferia.
Uno xenobiotico può essere capace di alterare il sistema endocrino e alterare la funzione di un organo.
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Tossicologia – IR19
Sui reni ci sono delle capsule/cappucci del rene, che sono le ghiandole capaci di produrre ormoni.
Ci sono ghiandole anche a livello del sistema nervoso centrale e a livello del pancreas. Sono tutte
ghiandole in grado di sintetizzare e secernere/liberare gli ormoni che funzionano come messaggeri, cioè
portano un'informazione da un sito all'altro.
Ghiandole maggiori
La ghiandola pineale produce
melatonina quindi regola i cicli
sonno-veglia.
La ghiandola tiroidea è localizzata
nel collo e produce gli ormoni tiroidei
che sono fondamentali per l'attività
metabolica (cioè il modo con cui
l'organismo produce e consuma
energia) e per il controllo dell'attività
cardiaca.
Il pancreas produce l'insulina che
regola i livelli di glucosio
nell'organismo, quindi un'alterazione
della funzione può portare a una
malattia metabolica, cioè una
diminuzione o aumento del glucosio.
210
Tossicologia – IR19
Assi neuroendocrini
La distribuzione anatomica dà un'idea di come sono regolati tra di loro.
Si parla di asse neuroendocrino per indicare l'esistenza di nessi funzionale tra:
Strutture del sistema nervoso centrale:
o Ipotalamo,
o Ipofisi,
Strutture periferiche
o Tiroidi,
o Gonadi, che sono ovaio e testicoli,
o Corteccia midollare del surrene.
I fattori di inibizione sono rilasciati dalle strutture centrali e hanno il compito di determinare la
funzionalità dell'ipofisi.
Attraverso il rilascio di neuro ormoni, cioè ormoni a localizzazione prevalentemente centrale (ad
esempio, vasopressina e ossitocina), l'ipotalamo può influenzare la funzionalità dell'ipofisi. Dall'ipofisi
si possono regolare funzioni attraverso la liberazione di ormai trofici, come:
TSH, liberato dall'ipofisi stimola la tiroide a produrre T3 e T4,
FSH, stimola le ovaie a produrre progesterone e estrogeno
LH,
ACTH: l'adrenocorticotropo ha la capacità di stimolare la corteccia o la midollare del surrene.
Sono composti chimici che servono a stimolare in periferia la funzione della ghiandola.
211
Tossicologia – IR19
Il sistema è finemente regolato e le due parti principali riescono a decidere se sintetizzare e secernere
ancora ormoni trofici in base al meccanismo a feedback negativo.
L'ipotalamo rilascia fattori che stimolano a rilasciare fattori che vanno in periferia a stimolare
l'azione finale. Questo funziona regolando i propri livelli di ormone.
Quando la tiroide, le ovaie, i testicoli e la midollare del surrene producono ormoni, questi vanno
nel torrente circolatorio. Attraverso la loro concentrazione plasmatica, attraverso l'irrorazione
sanguigna, tornano ai centri.
Attraverso l'ipotalamo e l’ipofisi viene segnalato il livello di ormone periferico presente. In
questo modo ipotalamo e ipofisi possono bloccare l'ulteriore sintesi di ormoni trofici, quindi la
periferia stimola, o meglio regola l'attività dei centri e viceversa. E un meccanismo complesso,
che potrebbe saltare molto facilmente: basta che ai centri arrivi un messaggio sbagliato. Ad
esempio, una sostanza è un analogo degli ormoni periferici, quindi somiglia strutturalmente.
Viene riconosciuta dall'ipotalamo o dall'ipofisi.
Il risultato è che l'ipotalamo e l'ipofisi riconoscono questa struttura come l'ormone finale,
bloccano la propria stimolazione a produrre ulteriore ormone, quindi si interrompe questo loop
causando la mancata stimolazione periferica. Quindi alcune funzioni vengono meno perché non
ho l'ormone che media quella funzioni.
Alcuni agenti xenobiotici che interferiscono con il sistema endocrino sono i corticosteroidi naturali oppure
quelli somministrati a scopo terapeutico.
Somministrando un corticosteroide a scopo terapeutico, questo interferisce con l'asse neuroendocrino
(centro rispetto alla periferia). La presenza di corticosteroide a livello ematico fa sı̀ che i centri blocchino
la stimolazione ulteriore di produzione di corticosteroidi naturali.
Non si deve interrompere bruscamente il trattamento ma gradualmente, cosı̀ si ripristina il sistema
neuroendocrino a step senza arrivare ad una condizione di estrema alterazione del sistema.
Esempio: anabolizzanti sono usati per aumentare la massa proteica del muscolo. In questo ha una
struttura molto simile agli androgeni, talmente simile che ci assume anabolizzanti ha il grosso problema
della sterilità , perché l'anabolizzante interferisce con l'asse neuroendocrino e sopprime la produzione
di ormoni sessuali maschili che quindi non supportano più la funzione riproduttiva oreficeria.5
Il consumatore abituale di anabolizzanti ha delle masse muscolari molto potenziate, ma è a rischio di
sterilità a causa dell’interferenza con l'asse neuroendocrino.
5 Corticosteroidi naturali o somministrati a scopo terapeutico possono frenare l’attività dell’ipofisi, mentre l’esposizione ad una sostanza
estrogenica può influenzare non solo l’asse endocrino riproduttivo, ma anche altri sistemi endocrini e apparati come le ossa, il tessuto adiposo
e il sistema cardiovascolare.
Alterare il sistema endocrino può causare notevoli effetti a livello periferico.
La fine regolazione dei diversi assi endocrini è stabilita durante lo sviluppo fetale/neonatale e potenziali interferenze in questa fase della vita
possono provocare un’alterata e permanente funzionalità dell’asse
Esempio: uso di corticosteroidi. La sospensione del trattamento deve essere graduale perché l’interruzione brusca ha un impatto evidente con l’asse
ipotalamo-ipofisi-periferia. Si hanno risposte tossiche a causa di questa interruzione.
Steroidi anabolizzanti: nella pratica agonistica sono usati per aumentare la massa magra e potenziarne la forza. Negli utilizzatori cronici ha
un’interferenza con l’asse neuroendocrino inducendo sterilità.
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Tossicologia – IR19
I diversi sistemi endocrini sono estremamente connessi funzionalmente: a causa del cross-talk tra i
diversi sistemi endocrini possono verificarsi effetti non prevedibili nei sistemi endocrini non
coinvolti nell’effetto diretto dell’interferente. Quindi, potrebbe esserci un effetto avverso in un distretto
molto diverso e lontano da quello in cui è avvenuto il contatto come l’alterazione del ritmo cardiaco
dovuto a danni alla tiroide.
Una molecola emblematica di interferenza con il sistema endocrino è la pillola anticoncezionale. L’azione
è dovuta all’interferenza col sistema endocrino.
9 maggio 1960, la Food and Drug Administration ha approvato "la pillola”, combinazione di un estrogeno
e un progesterone, per inibire la fertilità femminile.
Dagli anni 60 la formulazione è cambiata tantissimo, allo scopo di alterare la fertilità femminile
interferendo con il concepimento. Con le prime pillole anticoncezionali si aveva un maggior rischio CV:
varie erano le segnalazioni dei pazienti con coaguli di sangue e embolia polmonare. Oggi la nuova
formulazione, riducendo il dosaggio, ha lo scopo di ridurre la tossicità appena descritta.
Nel secondo dopoguerra si usava un estrogeno sintetico per alleviare i sintomi della menopausa e per
prevenire gli aborti spontanei. L’utilizzatore è rappresentato dalle donne in fase di menopausa o in
gravidanza. Si scopre solo in seguito che la sostanza ha scarsa efficacia nella prevenzione dell’aborto
spontaneo e in seguito (20 anni dopo) viene osservato che nella prima generazione di figlie femmine si
ha un’alta incidenza di carcinoma vaginale. E un esempio emblematico di tossicità ritardata.
BPA è un indurente per resine epossidiche e plastiche, entrato a far parte di quasi ogni ambito della vita
quotidiana. Si scoprı̀ avere effetto sul sistema endocrino anche a dosi molto basse, motivo per il quale ci
fu il divieto di introdurre BPA nelle componenti in plastica per bambini, dal biberon ai giocattoli, piatti,
posate, ecc.
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Tossicologia – IR19
Victor Yuschenko, un candidato alla presidenza in Ucraina nel 2002, subì un attentato e fu avvelenato, si
pensa attraverso diossina: il risultato è una patologia denominata cloracne.
Seveso, luglio 1976: uno dei disastri di contaminazione più gravi del mondo. Agli inizi di luglio, a Seveso un
paese vicino a Milano, c’era una fabbrica che produceva esaclorofenolo, che veniva poi usato come
intermedio in industria farmaceutica e cosmetica.
A seguito di un problema legato al mancato raffreddamento del reattore, ci fu una perdita dall’impianto
che generò una nube tossica. Circa una settimana dopo, nel momento in cui la notizia venne resa pubblica,
la popolazione denunciava già bruciore agli occhi e fastidi di vario genere. Il territorio venne delimitato in
aree diverse in base alla prossimità dello stabilimento (la zona A era quella in cui era presente lo
stabilimento, B, C, D, ecc. le circostanti). La zona A aveva qualche migliaio di abitanti che, però, furono
evacuati solo due settimane dopo il disastro, quando ormai il danno da esposizione era già iniziato.
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Tossicologia – IR19
La diossina ha una LD50 di 0,02 che, confrontata con un insetticida, ci dà l’idea di quanto poca ne serva
per essere tossica. Ad oggi, 40 anni dopo l’incidente, continuano gli studi sul disastro di Seveso.
Nel 2001 è stato riportato un aumento di tutte le tipologie di tumore, non solo a carico del sistema
ematopoietico come le leucemie. Sono stati riscontrati anche notevoli problemi alla tiroide e alterazioni
dell’asse neuroendocrina non solo in bambini nati da madri che al momento del disastro erano incinte,
ma anche in bambini nati anni dopo il disastro, da madri che al tempo erano state esposte. Oltre a
problemi alla tiroide, si sono scoperti danni alla funzionalità cardiaca e un ridotto sviluppo cognitivo.
Nel 2018 è stata pubblicata una review che ha lo scopo di fare il punto sulle conseguenze dell’esposizione
massiva del ’76. Sono stati censiti vari studi fatti a cadenza regolare in numerosi soggetti esposti al
tossico, per valutare il decorso. Sono state riscontrate alterazioni della pressione, della funzionalità del
sistema riproduttivo, l’antropometria ecc.
Gli ftalati
Gli ftalati sono un altro esempio di sostanze che hanno scatenato reazioni ritardate che si possono
osservare anche molti anni dopo l’esposizione.
Gli ftalati hanno delle conseguenze notevoli sulla generazione immediatamente esposta e su quelle
successive.
Nel 2014 è stato condotto uno studio in cui veniva misurato, dal concepimento al settimo anno di età , il
livello di ftalati nel sangue della madre e del bambino. La conseguenza nel bambino nato in questa
situazione era un’alterata risposta agli stimoli esterni, come l’alterata velocità di processare le
informazioni e un alterato QI.
Nel 91 è stato fatto anche un elenco di possibili interferenti, molte delle evidenze di oggi ai tempi non
erano nemmeno in discussione ma c’era solo il sospetto.
Possibili effetti di interferenti endocrini:
Alterazioni dello sviluppo e dei caratteri sessuali secondari determinando femminilizzazione e
mascolinizzazione e viceversa (alterazione del carattere sessuale secondario)
Alterazioni riproduttive con diminuzione della fertilità
Alterazioni comportamentali e del sistema immunitario6 (il che ha come conseguenza la
suscettibilità nei confronti di tantissimi insulti esterni)
Alterazioni del metabolismo e quindi della capacità dell’organismo di trasformare le sostanze.
Cancro
6 Negli ultimi 10 anni c’è stato un aumento dell’incidenza di asma nei bambini. L’asma è un’alterazione
del SI e si pensa che questa alta incidenza sia da correlare con sostanze presenti nell’ambiente, sia
inquinanti che interferenti endocrini.
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Tossicologia – IR19
Interferire con il sistema endocrino vuol dire interferire sia con recettori periferici che con SNC, ecc.,
quindi i meccanismi sono molteplici.
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Tossicologia – IR19
L’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi mostra marcate variazioni funzionali nelle diverse fasi della vita:
Sia la secrezione di GnRH che le gonadotropine subiscono variazioni nel periodo fetale,
durante la pubertà e l’invecchiamento.
Alterazioni di fondo tra uomo e donna: durante il periodo riproduttivo, le modificazioni dei
livelli ormonali dell’asse riproduttivo nel maschio sono molto limitate, mentre nella femmina
seguono fluttuazioni periodiche in base al ciclo ormonale che controlla ciclicamente la
maturazione dell’ovocita e la preparazione dell’apparato riproduttivo alla fecondazione e alla
gravidanza. In entrambi ci sono fluttuazioni nell’arco della vita, ma nell’uomo sono limitate.
Quando il sistema riproduttivo maschile può essere vulnerabile a queste sostanze in diverse fasi della
vita
Il Sistema riproduttivo maschile è vulnerabile:
durante lo sviluppo fetale delle gonadi, in seguito ad esposizione maternale (fase prenatale). La
madre può essere esposta agli interferenti e il bambino può subire alterazione.
durante il periodo prepubere (prima che inizi la spermatogenesi). Si tratta di un periodo di alta
suscettibilità
durante tutto il periodo spermatogenetico (dalla pubertà alla vecchiaia) si ha potenzialmente
suscettibilità agli interferenti. A differenza della menopausa, l’andropausa ha dei limiti molto più
sfumati e soprattutto shiftati, motivo per cui si arriva sino alla vecchiaia.
Agenti tossici possono alterare la funzionalità del sistema riproduttivo attraverso diversi meccanismi:
Alterazione del n. di cromosomi e/o struttura cromosomica (traslocazioni, delezioni, o inserzioni
cromosomiche) o mutazione genica delle cellule germinali.
Azione citotossica diretta agli spermatozoi con conseguenze sulla speramatogenesi e vitalità ,
motilità e morfologia dello sperma. La fertilità nel maschio è valutata anche, tra le altre cose,
tramite vitalità e motilità dello spermatozoo.
Effetto sul comportamento sessuale.
7 Lo steroide viene scambiato per testosterone, bloccando il segnale a monte e causando sterilità
217
Tossicologia – IR19
Quindi, può esserci alterazione del corredo genetico, delle cellule spermatozoo ma anche macroscopica
del comportamento. In più interferisco con l’asse NE variando la modalità con cui centri ipotalamo e
ipofisi controllano la funzionalità periferica.
Meccanismi attraverso cui le sostanze possono alterare il sistema riproduttivo. Possono dare effetti
molto diversi, come la ginecomastia (sviluppo della mammella) data da estrogeni e progestinici.
Le condizioni di alterata fertilità maschile sono legate ai parametri di caratterizzazione del seme che
vengono alterati:
Contaminanti ambientali che funzionano da interferenti endogeni alterano la fertilità del maschio.
Lo studio è stato condotto da un gruppo padovano in seguito al sospetto che si fosse qualche agente in
grado di causare femminilizzazione in maschi puberali.
Non è stata data una certezza, ma vi è un’elevata probabilità che ci sia una connessione tra EDC e
interferenza con le cellule di Leydig e del Sertoli. Alterando la qualità dello sperma si ha un’alterazione
anche della funzionalità endocrina e viceversa.
Ad oggi sono solo ipotesi in quanto il meccanismo non è noto.
219
Tossicologia – IR19
In 1996, the U.S. Food Quality Protection Act and the Safe Drinking Water Act directed the EPA to establish
a program to test for endocrine disruption chemicals In 1998 the EPA established the Endocrine Disruptor
Screening Program and took the first step to define and validate tests for endocrine disrupting chemicals
The tests include cell-based (in vitro) screening tests suitable to rapidly examine the approximately 85,000
chemicals in use prior to more sophisticated animal-based tests. The program has progressed very slowly
and it was not until 2007 that testing began
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Tossicologia – IR19
Le fasi del ciclo riproduttivo femminile sono molto più complesse, a partire dalla maturazione
della cellula uovo alla fecondazione, fino al successivo impianto dell’embrione all’interno
dell’utero, quindi l'apparato femminile è suscettibile agli interferenti endogeni in tutte le
fasi.
Siti e meccanismi
I barbiturici possono inibire la secrezione gonadotropinica
Antidepressivi o allucinogeni (quindi in generale sostanze ad attività stimolatoria),
oppure anche sedativi, sono in grado di alterare o la componente adrenergica o
dopaminergica dell'ipotalamo, che è il centro di regolazione per la funzionalità
gonadotropinica e quindi mi altera anche i livelli a valle.
Cannabis e crack possono aumentare il numero di aborti spontanei, dare problemi alla
fertilità della donna in generale o dare problemi comportamentali, sempre con un
meccanismo ancora non noto.
221
Tossicologia – IR19
Questi effetti dipendono dall’età del soggetto, dalla durata del trattamento e dalle
concentrazioni con cui si entra in contatto. Ne sono bersagli preferenziali ovaio e cellule uovo.
Il benzopirene causa la distruzione dell'ovocita, e l’attivazione enzimatica di vie che alterano la
produzione ormonale. La disfunzione gonadica può essere causata anche dal DDT, che mima
attività dell'estrogeno e altera quindi il ciclo mestruale.
Meccanismo
L'IE è in grado di mimare l'ormone endogeno, nella donna gli estrogeni e nell’uomo gli
androgeni: si lega al recettore occupando il sito e impedendo all'ormone fisiologico di mediare
la corrispondente funzione (può farlo per la somiglianza strutturale che vanta con il ligando
endogeno). Si comporta quindi da antiestrogeno o antiandrogeno.
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Tossicologia – IR19
I contaminanti ambientali e i metalli pesanti sono considerati in molti casi come IE: il DDT ad
esempio è soggetto ad accumulo nelle catene alimentari per via del suo uso in tempi antecedenti
come insetticida, quindi l’uomo vi è esposto in questo modo, tramite l’alimentazione; la diossina
(e simili) deriva dalla combustione e produzione di altre sostanze, come le impurezze in un
prodotto commerciale, oppure dal bioaccumulo nelle catene alimentari.
Questo per dire che posso entrare in contatto con IE in modi diversi attraverso l'ambiente
(alimenti, aria, suolo, acque) oppure attraverso anche integratori, oggetti di uso comune come
i materiali plastici, e che quindi questi sono molto pericolosi non solo perché svolgono nel
nostro organismo un’azione tossica da non sottovalutare, ma anche e soprattutto perché
nell’ambiente in cui viviamo sono presenti in quantità tali da essere considerati fonte di
tossicità.
Standard regolatori
Verso la fine degli anni ’90, proprio perchè queste sostanze permeano l'ambiente in modo così
preponderante, negli USA è iniziato un programma di screening ambientale per cercare queste
sostanze interferenti con il sistema endocrino: si voleva fare a tappeto un controllo sugli effetti
di queste sostanze presenti nell’ambiente, e di fatto questo era un proposito di partenza più che
buono (ma pur dovendo iniziare nel 1998, fu avviato solo nel 2007). Sono state screenate ad
oggi circa 85mila sostanze tramite dei test in vitro.
Si è scoperto che 2 derivati degli ftalati sono usati nel coating farmaceutico per rilascio
controllato: circa 50 formulazioni con obbligo di ricetta e 75 OTC contengono questi ftalati, che
agiscono come interferenti endocrini. Lo stesso studio riporta che alcuni soggetti che hanno
assunto farmaci come Omeprazolo, Mesalamina o altri hanno concentrazioni nelle urine di
metaboliti degli ftalati maggiori rispetto ai normali: questi pazienti sono quindi esposti a
concentrazioni maggiori di ftalati (che sono IE) solo perché stanno seguendo tale piano
terapeutico.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
NEUROTOSSICITÀ
Neurotossicità da xenobiotici
Il sistema nervoso, sia centrale che periferico, è l’organo bersaglio dell’azione tossica di molti
xenobiotici. Le manifestazioni sono estremamente varie, in quanto il sistema è composto da diverse
componenti che controllano diversi distretti. Alcune manifestazioni: alterazione sensoriali, alterazioni
comportamentali, alterazioni motorie.
Neuroni
Il neurone rappresenta l’unità funzionale più piccola del SN. È una cellula eccitabile, cioè capace di
modificare il suo potenziale di membrana in risposta ad alcuni stimoli; inoltre, è capace di trasmette le
informazioni attraverso l’impulso elettrico. Il neurone è sono costituiti da:
un corpo cellulare o soma, dove risiede l’attività metabolica della cellula
diversi prolungamenti
o assone: connette la terminazione e il corpo
o dendriti: costituiscono una ramificazione che permette di entrare in contatto con più
neuroni.
Possono essere molto ramificati e svolgono la funzione principale di favorire la
comunicazione alle sinapsi con altri neuroni o con cellule effettrici, mediante il rilascio di
neurotrasmettitori (neurotrasmissione chimica).
225
Tossicologia – IR19
Nel sistema nervoso la trasmissione del segnale avviene per neurotrasmissione chimica attraverso le sinapsi.
La trasmissione dell’impulso e quindi la mediazione di una funziona è legata all’instaurarsi di connessioni. Tanto
più l’unità funzionale ha connessioni con altri neuroni, tanto più è funzionale.
Oltre alle connessioni neurone-neurone, esistono anche connessioni neurone-cellula muscolare o neurone-
ghiandola o neurone-cellula miocardica. Il SN infatti prende contatto anche con altre strutture per regolarne
l’attività e quindi la funzione.
In prossimità della terminazione pre-sinaptica, si ha la liberazione di un neurotrasmettitore che trasmette
un’informazione al neurone. Nella maggior parte dei neurotrasmettitori, il rilascio della molecola avviene tramite
la fusione di vescicole con la membrana pre-sinaptica e successivamente liberazione nel vaso sinaptico, che per
definizione è lo spazio che intercorre tra la porzione pre-sinaptica e la porzione post-sinaptica (che può essere
un neurone, un muscolo, una ghiandola, ecc.). Sulla terminazione post-sinaptica ci saranno recettori specifici per
tradurre il messaggio che viene veicolato dal neurotrasmettitore.
Una caratteristica funzionale del SN, è che si tratta di un tessuto ad elevata vascolarizzazione, ossia ad alto flusso
sanguigno (14% della gittata cardiaca per il SNC).
Inoltre, ha delle richieste metaboliche ed energetiche particolari: l’attività del neurone è strettamente
dipendente dal metabolismo del glucosio, perché la cellula -attraverso il processo di glicolisi- lo trasforma in
ATP. I neuroni, infatti, essendo altamente dipendenti dal metabolismo aerobio del glucosio (glicolisi aerobica
ATP) e quindi (più delle cellule gliali) estremamente sensibili alla ipossia/anossia (anche di breve durata),
necessitano di un apporto elevato di glucosio.
Questo significa che le sostanze che, con vari meccanismi, inducono:
ipossia (riduzione dell’apporto di ossigeno) o anossia (il blocco totale di ossigeno)
ipoglicemia spinta (riduzione dell’apporto di glucosio)
sono potenzialmente neurotossiche, anche se non sono neurotropiche, e causano sofferenza del tessuto nervoso.
La carenza o assenza di ossigeno, infatti, può causare la morte del neurone, in quanto si riduce la produzione di
ATP e quindi dell’energia che serve alle strutture cellulari per mantenere la concentrazione di alcuni ioni sotto
controllo. Ad esempio:
- l’incremento significativo di Na+ determina il richiamo di acqua all’interno della cellula, che va incontro a lisi
- l’incremento significativo di Ca2+ intracellulare innesca l’attivazione delle caspasi e della morte cellulare
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Tossicologia – IR19
Il sistema nervoso (soprattutto centrale) è provvisto di barriere anatomiche che lo separano dal sangue ed
ostacolano la diffusione dal sangue al SN di sostanze idrofile, ma non di quelle lipofile.
Barriera emato-encefalica e barriera emato-liquorale nel SNC: impediscono l’accesso al SN di
sostanza tossiche.
Condizioni in cui la barriera emato-encefalica diventa instabile (es. traumi, sclerosi multipla, tumori
maligni, meningite, crisi ipertensive o iperglicemiche, stati febbrili elevati, aterosclerosi in soggetti
anziani) facilitano il passaggio degli xenobiotici che normalmente non la attraversano e quindi ne
favoriscono la potenziale neurotossicità. Le sostanze che danneggiano le barriere anatomiche, in
particolare quella emato-encefalica, sono neurotossiche.
Tale barriera, però, non sempre è efficiente e in alcuni casi potrebbe non funzionare; questo potrebbe
succede a causa di:
o trasformazione della sostanza in un intermedio tossico
o trasporto della sostanza tossica attraverso la barriera (tramite dei recettori della barrier9
o condizioni patologiche della barriera -come febbre, infiammazione o mal funzionamenti- che
possono consentire il passaggio della sostanza tossica
Barriera sangue-nervo nei nervi periferici: rispetto alla barriera emato-encefalica, è molto meno
efficiente e può essere deficitaria nelle radici posteriori dei gangli e nel perineurium, rendendo queste
strutture più vulnerabili del cervello agli agenti neurotossici
La notevole estensione spaziale dei neuroni rende impossibile la diffusione di prodotti sintetizzati nel soma
(proteine strutturali e funzionali, neurotrasmettitori, vescicole sinaptiche) e richiede l’operatività di un sistema
di trasporto bidirezionale (il trasporto assonale) per permettere la comunicazione tra il soma e la parte distale
del neurone
Qualsiasi sostanza che interrompa gli scambi soma-assone porta alla degenerazione dell’assone, per blocco della
sua fonte di nuove proteine ed accumulo dei prodotti del catabolismo, e ad effetti dannosi sulla funzione del
nervo.
La cellula gliale è una cellula che ha sia la funzione di supporto al tessuto del SN sia un’azione trofica, ossia
produce fattori di crescita fondamentali per la neurogenesi. La cellula gliale ha anche una funzione di
segnalazione di un danno, un’ischemia o un trauma, perché produce delle citochine infiammatorie, quali TNF-α
e IL-1β, entrambe caratterizzate da dei recettori specifici, che una volta attivate possono dare luogo al processo
di fagocitosi.
La cellula gliale, inoltre, possiede degli enzimi monoamminossidasi, che sono in grado di trasformale la molecola
di partenza in uno ione, che -a contatto con la terminazione nervosa propriamente detta- sfrutta il trasportatore
della dopamina per entrare nella cellula nervosa. Una volta entrata, va ad alterare la funzionalità del
mitocondrio, in particolare scombina il processo metabolico di sintesi di ATP del neurone.
Questo -soprattutto nei neuroni della substantia nigra- causa
La tossicità da MPTP viene considerata Parkinson-simile, perché dà gli stessi sintomi, ossia incapacità di iniziare
o terminare un’attività motoria, bradicinesia, tremore, ecc. Però non è dovuta ad una degenerazione legata all’età
o all’invecchiamento, bensì all’esposizione alla sostanza.
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Tossicologia – IR19
TRASPORTO ASSONALE
Un aspetto molto importante nella neurotossicità, è quello relativo al trasporto assonale.
L’assone è fondamentale perché mette in comunicazione funzionale la periferia del neurone con il soma. La
maggior parte di funzioni avvengono nel soma (nel pirenoforo), dove è presenta tutta la macchina metabolica:
produzione di energia, sintesi di neurotrasmettitori, sintesi di proteine di struttura necessarie per far funzionare
la terminazione presinaptica, la formazione della vescicola sinaptica, ecc.
Il trasporto assonale è responsabile del movimento di mitocondri, lipidi, vescicole sinaptiche, proteine ed altri
costituenti cellulari verso il e dal corpo cellulare (soma) di un neurone attraverso il citoplasma del suo assone.
Gli assoni (1.000-10.000 volte la lunghezza del soma) non contengono ribosomi o altri mezzi per produrre
proteine e quindi dipendono dal trasporto assonale per tutte le loro necessità proteiche.
Il trasporto assonale è responsabile anche del movimento di molecole destinate alla degradazione nei lisosomi.
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Tossicologia – IR19
Il trasporto assonale è mediato da proteine motrici specializzate, chinesina e dineina, che usano l’ATP come
fonte di energia e che operano lungo i “binari” dei microtubuli. I microtubuli giacciono lungo l’asse dell’assone.
Tali proteine motrici, in presenza di ATP modificano la loro forma e si muovono di poco sopra e sotto i
microtubuli.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Fattori predisponenti o di rischio correlati all’individuo (es. diabete mellito, cancro, etilismo, deficienze
vitaminiche o neuropatia congenita) e/o alla sostanza possono influenzare sensibilmente lo sviluppo della
neurotossicità.
Per la gran parte degli effetti neurotossici indotti da xenobiotici (compresi farmaci) non esistono, sino ad oggi,
specifici trattamenti farmacologici. La sospensione controllata dell’esposizione alla sostanza o la promozione
della sua escrezione rappresentano attualmente le comuni misure terapeutiche.
Costituiscono solo una piccola parte di tutte le malattie neurologiche, ma nella diagnosi differenziale di pazienti
che presentano disturbi neurologici o neuromuscolari, è importante considerare i farmaci o altri xenobiotici
come probabile causa.
In generale, i segni ed i sintomi dei disordini neurologici, se prontamente diagnosticati, sono solitamente
reversibili. Il pronto riconoscimento di un disordine neurologico può evitare l’insorgenza di gravi deficit
neurologici
I neuroni, in particolare quelli del SNC, una volta danneggiati, hanno una limitata capacità rigenerativa.
I nervi periferici, pur avendo una grande capacità rigenerativa in risposta ad un danno, possono rigenerare solo
se il soma dei neuroni è rimasto integro
Gli effetti indesiderati sul SN causati dai farmaci (drug-induced neurological disorders, DIND) comprendono
disordini neurologici associati con l’uso (appropriato o inappropriato) dei farmaci, sovradosaggio degli stessi o
interazioni tra di essi.
Inoltre, nella maggior parte dei casi la manifestazione della neurotossicità è subclinica, ossia clinicamente non
molto evidente. In aggiunta, i disturbi neurologici subclinici in forme più leggere, facilmente restano trascurate o
non diagnosticate.
Alcuni farmaci possono esacerbare/aggravare i disturbi neurologici preesistenti, spesso subclinici o non
diagnosticati. Anche le interazioni tra farmaci possono aumentare la neurotossicità dei singoli agenti. Es. Se una
sostanza provoca tossicità subclinica e per necessità si è costretti a somministrare una sostanza che interferisce
col metabolismo della prima, riducendolo, si ha un ulteriore accumulo della prima e ad accumulo successivo il
danno è ancora più evidente.
Ci potrebbero essere anche dei fattori predisponenti, come deficienze vitaminiche o una neuropatia congenita.
In questo caso il danno del farmaco si sovrappone ad una condizione che è già alterata.
Bisogna infine tener conto della vulnerabilità nei confronti del disturbo neurotossico negli anziani (es. potrebbe
avere un’insufficienza renale che aumenta la plasmatica) e dei bambini (ha una barriera ematoencefalica ancora
molto lassa o degli enzimi epatici che non inattivano lo xenobiotico).
Generalmente l’esatta incidenza dei DIND è particolarmente difficile da stabilire ed è probabile che sia
ampiamente sotto-stimata, proprio perché o ha manifestazioni subcliniche oppure è tardiva.
Non esistono cure farmacologiche per i danni neurologici. L’approccio quindi prevede di prevenire una possibile
neurotossicità oppure di ridurre al minimo le manifestazioni della tossicità, sospendendo l’esposizione alla
sostanza e promuovendone la secrezione.
Fondamentale resta una diagnosi molto precoce.
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Tossicologia – IR19
La denominazione del danno dipende da dove si verifica la manifestazione tossica. Il quadro clinico delle
disfunzioni causate da xenobiotici, infatti, può interessare:
SNC: la manifestazione tossica è costituita dall’encefalopatia
SNP: la manifestazione tossica è costituita dalla neuropatia craniale e dalla neuropatia periferica
Diagramma di due neuroni, centrali o periferici, con i siti primari delle lesioni inducibili da xenobiotici.
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Tossicologia – IR19
ENCEFALOPATIA
Le encefalopatie sono caratterizzate da una costellazione di segni e sintomi che riflettono il coinvolgimento di
specifiche strutture cerebrali. Possono esserci:
Alterazioni della funzione sensoriale: possono essere associate a deficit visivi, alterazione generale
delle percezioni ed allucinazioni.
Alterazioni della funzione motoria: in questo caso, la possibilità di manifestarsi è duplice perché
possono essere associate a:
o debolezza muscolare e paralisi
o a tremori, convulsioni ed iperattività (attività contrattile esacerbata)
Alterazioni delle risposte fisiologiche: possono essere associate a ipotermia o ipertermia, ad
alterazioni del comportamento alimentare e dei cicli di sonno e veglia.
Alterazioni della reattività del SNC: possono essere associate a irritabilità, agitazione, nervosismo,
euforia, psicosi, apatia, letargia e depressione.
Alterazioni della sfera cognitiva ed associativa: possono essere associate a disturbi
dell’apprendimento, della memoria, dell’attenzione e confusione mentale.
Es. La sindrome feto alcolica può manifestarsi con un’alterazione di comportamento o del grado di
attenzione.
Nell’encefalopatia indotta da farmaci si osservano frequentemente convulsioni e, nei casi più gravi, possono
verificarsi anche paralisi e coma, con successivo decesso.
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Tossicologia – IR19
Nel SNP ci sono i cosiddetti nervi autonomi, che controllano una serie di funzioni vegetative come la contrattilità
e secrezione intestinale, la funzionalità carica, lo stato di attivazione ghiandolare, ecc..
I sintomi di un danno ad un nervo autonomo sono numerosi e dipendono da quali organi o ghiandole sono
coinvolti; possono comprendere anche altre complicanze, quali depressione ed insonnia. Le disfunzioni a carico
dei nervi autonomi possono diventare pericolose per la vita e possono richiedere interventi medici di emergenza
nei casi in cui la funzione respiratoria sia compromessa o quando si sviluppino aritmie cardiache (proprio
perché i nervi autonomi controllano queste funzioni).
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Tossicologia – IR19
Nella tabella sono riportati alcuni esempi di disturbi indotti da farmaci, su altri sistemi, però con conseguenze
all’apparto nervoso, centrale o periferico.
Ssostanze come gli anticonvulsivanti provocano la carenza di vitamine, che a sua volta causa demenza.
Farmaci utilizzati nella pratica clinica per controllare la pressione arteriosa o per regolare il ritmo contrattile del
cuore, che vengono utilizzati per trattare l’aritmia, causano ipotensione o ipertensione; questi eventi hanno una
conseguenza funzionale su SN. La tossicità di un antiaritmico sul SN non è diretta, ma è comunque in grado di
causare il danno per via indiretta, perché potrebbe alterare il flusso ematico che arriva al cervello, ecc..
I diuretici, invece, sono in grado di causare encefalopatia o convulsioni, perché un uso continuato porta ad
un’aterazione del bilancio elettrolitico e questo può trasdursi con effetti sul SNC.
Un anticoagulante può dare un’alterata coagulazione, che da una parte è l’effetto terapeutico, ma dall’altra
potrebbe provocare un’emorragia cerebrale o una trombosi cerebrale.
Il paracetamolo è un FANS, quindi viene utilizzato per avere un effetto infiammatorio, però ha anche una
tossicità a livello epatico. L’alterazione della funzionalità epatica causa un mancato controllo della funzione, che
si traduce a livello del SNC con encefalopatica epatica o con disordini respiratori oppure ancora, in casi più gravi
con il coma.
Il barbiturico o l’oppioide si utilizza per avere un effetto ipnotico o per indurre un’analgesia più spiccata, tuttavia
gli effetti collaterali legati all’attività farmacologica di questi farmaci, causano l’alterazione della funzione
respiratoria e questa -a causa di una diminuita ventilazione- potrebbe causare ipossia cerebrale.
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Tossicologia – IR19
Neuropatie farmaco-indotte
Molti farmaci di comune impiego terapeutico sono in grado di causare effetti neurotossici diretti, il più comune
dei quali è la neuropatia periferica. Circa il 2-4% delle neuropatie periferiche rilevate nelle cliniche
neurologiche, sono causate da farmaci, principalmente da alcuni farmaci utilizzati per il trattamento di gravi
patologie neoplastiche, dell’AIDS o per evitare il rigetto di organi in soggetti trapiantati. In questi casi, la gravità
della malattia è tale da far considerare la neuropatia come un rischio accettabile (il vantaggio terapeutico
prevale).
La diagnosi di neuropatia periferica iatrogena può essere difficile, in quanto può svilupparsi anni dopo l’inizio
della terapia e può non risolversi immediatamente alla sospensione dell’assunzione del farmaco.
Una pronta diagnosi, prima della comparsa dei sintomi, è fondamentale, consentendo un trattamento tempestivo
che riduce la gravità della neuropatia stessa.
- Se il danno sviluppatosi non è ancora esteso, il tessuto può essere completamente rigenerato.
- In caso di lesioni più gravi, la neuropatia può essere irreversibile.
Molti farmaci possono esacerbare neuropatie preesistenti, anche a dosi non tossiche.
Sono causate da un danno letale al soma (e quindi al pirenoforo, che è il corpo centrale del neurone) che
comporta la perdita irreversibile (necrosi) di neuroni con conseguente degenerazione di tutte le estensioni
citoplasmatiche neuronali (assone, dendriti) e della guaina mielinica. La degenerazione del neurone è seguita
dalla rimozione dei residui cellulari, da parte della microglia (le cellule gliali vengono attivate ogni volta che nel
tessuto c’è un danno o un trauma e hanno il compito di eliminare i residui cellulari). In questo caso, si parla di
gliosi reattiva, che corrisponde all’attivazione della glia ed è caratterizzata dal rilascio, da parte di microglia ed
astrociti, di citochine pro-infiammatorie (TNF-α e IL1β), oltre che NO, ROS, metalloproteasi e fattori di crescita.
Nel SNC, la gliosi reattiva è la prima risposta ad un danno neuronale ed è una risposta utile all’organismo, perché
segnala il danno, l’alterazione o il trauma. Questa risposta però tende ad automantenersi cronicizzandosi ed
instaurare nel tessuto nervoso una condizione pro-infiammatoria, danneggiando così i neuroni -ma anche altre
funzioni neuronali- a causa del continuo rilascio di fattori citotossici
Le neuronopatie possono essere causate da un grande numero di xenobiotici, compresi alcuni farmaci,
caratterizzati da specificità per i neuroni. Possono avere azioni:
diffuse su diverse popolazioni neuronali
selettive (a volte) su di un particolare gruppo di neuroni
Le conseguenze sono diverse: tante più strutture vengono interessate, tante più sono le funzioni che potrebbero
essere alterate.
I nervi periferici sono coinvolti nelle neuronopatie quando i neuroni danneggiati dallo xenobiotico risiedono sia
nei gangli periferici o nel cervello o midollo spinale ed hanno assoni che si estendono nei nervi periferici.
Ad esempio, la neuronopatia causata da alte dosi di piridossina si manifesta nel SNP.
Con plasticità neuronale si intende la capacità di una rete neuronale di trasferire delle funzioni ad altri neuroni.
Questa è una caratteristica molto importante nella neurotossicità, perché permette di ripristinare una funzione
che è stata alterata. Grazie alla grande plasticità, quindi, -ossia il trasferimento di funzioni ad altri neuroni- e
alla ridondanza del SN, i danni indotti dalle sostanze neurotossiche che portano a morte neuronale, se non sono
gravi, possono non essere subito evidenti e si potrà avere un ripristino della funzione alterata; mentre, se il
danno è esteso, comporterà la perdita delle funzioni controllate dalla zona degenerata.
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Tossicologia – IR19
I farmaci in grado di causare la neuropatia nell’uomo sono estremamente diversi. Ad esempio, gli aminoglicosidi,
che causano la perdita dell’udito per degenerazione dell’orecchio interno e quindi la funzione nervosa deputata
al controllo della funzione. Oppure la Fenitoina, un antiepilettico, che causa la degenerazione delle cellule di
Purkinje nel cervelletto e quindi la degenerazione della parte del SN deputato al controllo dei movimenti; di
conseguenza causa vertigini, atassia, nistagmo ottico (movimento rapido e continuo del bulbo oculare) e in alcuni
casi anche il coma.
Ci sono anche non farmaci in grado di causare neuropatia. Ad esempio, il mercurio, sia nella sua forma
elementare che metilica; il monossido di carbonio; il piombo; ecc..
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Tossicologia – IR19
In epoca antica, i romani credevano che il saturnismo fosse dovuto al fatto che i condotti dell’acqua erano
particolarmente inquinati da piombo. Attualmente, si sa che la tossicità nell’adulto si può manifestare con mal di
sta o con alterazione della memoria, mentre nel bambino la tossicità è molto più evidente perché può
manifestarsi con una vera e propria encefalopatia e si può avere anche un’alterazione delle capacità intellettive.
Nel SNP, nel soggetto adulto, il Pb causa un’alterazione della mielinizzazione, cioè della struttura della guaina
mielinica e quindi della conduzione dell’impulso.
Le fonti attraverso cui si può essere esposti al piombo, sono principalmente di due tipi:
ambito professionale:
o verniciatura a spruzzo
o fonderie (ambito della metallurgia)
o miniere del piombo e procedure di estrazione del piombo
o combustione di batterie
ambito non professionale:
o acqua
o polvere e scaglie da muri verniciati
o polvere domestica
o terreno delle città
o giornali
o gas di scarico delle automobili
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Tossicologia – IR19
ASSONOPATIE
Sono le forme di tossicità diretta sui neuroni più comunemente indotte dai farmaci.
Il sito primario di tossicità è l’assone di neuroni sia centrali che periferici, con conseguente degenerazione
reversibile dell’assone stesso e, secondariamente, della guaina mielinica, mentre il soma resta intatto. Questa
tossicità ha quindi un andamento retrogrado, perché va dalla periferia al soma. Questo significa che se il soma
resta intatto, si può avere la successiva rigenerazione dell’assone. Se invece il danno arriva fino al soma, il
neurone va incontro a morte.
La sensibilità al danno è direttamente proporzionale alla grandezza e lunghezza degli assoni. In particolare, sono
più vulnerabili:
- gli assoni grandi e lunghi del SNC, ossia gli assoni sensoriali ascendenti nelle colonne posteriori del
midollo spinale (che portano le informazioni sensoriali provenienti dalla periferia) e gli assoni motori
discendenti.
- gli assoni del SNP sensoriale e motorio, sono più vulnerabili
Nella gran parte delle assonopatie, le lesioni tendono a manifestarsi a livello distale (assonopatie distali) ed il
principale processo patologico è quello del tipo dying back, in quanto l’assone degenera progressivamente a
partire dalla sinapsi in modo retrogrado verso il soma
Il quadro clinico frequente della neuropatia periferica, consiste nella perdita di sensibilità tattile e di
temperatura a mani e piedi. A volte presenta anche elementi di perdita assonale e demielinizzazione. Se la
neuropatia procede e coinvolge anche il soma, si può avere la riduzione -inizialmente distale- delle capacità
sensorie e/o motorie
Le neuropatie periferiche con iniziale degenerazione assonale si presentano con sintomi prevalentemente
sensoriali e, se viene coinvolta la mielina, sono evidenti sintomi sia sensoriali che motori
Frequentemente, il bersaglio primario per l’azione tossica è il trasporto assonale.
.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Tra i farmaci che causano un danno dell’assone, ci sono agenti antimicrobici, farmaci antireumatici e farmaci
cardiovascolari (L’utilizzo delle statine, che è un farmaco antianemico, provoca l’alterazione della funzione
sensoriale; ci sono poi sostanze di origine naturale che vengono utilizzate in sostituzione della statina in qualità
di farmaco e hanno gli stessi effetti e le stesse tossicità), agenti antitumorali e anche altri farmaci.
Ci sono poi anche dei non farmaci che possono causare danni all’assone. Ad esempio, l’acrilammide, fino a
qualche tempo fa veniva utilizzata in laboratorio per separare le protiene o gli acidi nucleici; oggni c’è il divieto in
laboratorio di utilizzare preparazioni a base di acrilammide, salvo norme di utilizzo particolarmente restrittive.
Questo perché l’acrilammide ha una tossicità che si manifesta con la neuropatia periferica.
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Tossicologia – IR19
MIELINOPATIE
Sono manifestazioni di tossicità a carico della guaina mielinica. Sono molto meno comuni delle assonopatie e
delle neuronopatie. Il bersaglio primario del danno è costituito dalle cellule che producono la mielina, ossia:
oligodendrociti nel SNC
cellule di Schwann nel SNP
o dalla guaina mielinica che avvolge gli assoni. La guaina mielinica è una sorta di manicotto che ricopre l’assone
e che ha una funzione fondamentale perché garantisce la propagazione dell’impulso. La guaina mielinica
presenta delle interruzioni regolari lungo l’assone, i cosiddetti nodi di Ranvier, ed è proprio attraverso questi noti
che viene trasmesso l’impulso. L’impulso elettrico quindi salta da un nodo all’altro e risulta più veloce.
Se però la struttura della guaina mielinica è alterata, significa che è alterata anche la trasmissione dell’impulso
tra il soma e la periferia.
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Tossicologia – IR19
Tra i farmaci che provocano la mielinopatia ci sono gli agenti tumorali, gli antiaritmici, gli anticorpi monoclonali,
ecc..
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Tossicologia – IR19
Tra i non farmaci che causano mielinopatie c’è l’esaclorofene, che inizialmente veniva utilizzato in ambiente
ospedaliero nella prevenzione di infezioni cutanee nei bambini e che quindi esponeva il neonato ad una possibile
tossicità.
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Tossicologia – IR19
La tossicità acuta reversibile dopo alte dosi e gli effetti prolungati che seguono l’esposizione cronica, sono
caratteristiche comuni delle sostanze che interagiscono con la neurotrasmissione chimica.
Le sostanze tossiche per la neurotrasmissione, eccetto gli aminoacidi eccitatori (glutammato in concentrazioni
elevate), non portano a degenerazione del neurone o dei dendriti o dell’assone.
Come si manifesta questa tossicità? Sia un eccesso che una carenza/deplezione di questi neurotrasmettitori può
essere associata a neurotossicità.
Esempi di farmaci che interferiscono con il processo di neurotrasmissione chimica attraverso le sinapsi
Un caso emblematico è rappresentato da sistema colinergico, in quanto ci sono due classi di farmaci in grado di
provocare neurotossicità in quanto modulano in senso opposto la neurotrasmissione colinergica.
Farmaci anti-acetilcolinesterasici: bloccando l’acetilcolinesterasi, aumentano l’Ach nel vaso sinaptico
quindi alterano la neurotrasmissione chimica di tipo colinergico determinando un eccesso di
acetilcolina. Questa è una manifestazione tossica perché può causare:
o un eccesso di contrazione della muscolatura liscia e quindi uno svuotamento gastrico molto
rapido, crampi e diarrea.
o scialorrea, ossia un’evidente produzione di saliva; l’aumento di secrezione è sia a livello del cavo
orale che a livello dell’apparato respiratorio.
o bradicardia.
Atropina: l’assunzione o l’esposizione all’atropina provoca carenza del sistema colinergico (carenza di
Ach). Questa è una manifestazione di tossicità perché può causare:
o stipsi, alterazione della funzionalità gastrica per carenza di secrezione.
o carenza di secrezione: sensazione di bocca asciutta e di sabbia nell’occhio.
o tachicardia.
L’alterazione della neurotrasmissione, in eccesso o in difetto, può interessare anche altri sistemi, come quello
della dopamina: l’associazione con amfetamina provoca un eccesso di DA, mentre l’associazione con sostanze di
tipo antipsicotico provoca una carenza/deplezione di DA.
L’alterazione della neurotrasmissione interessa anche il sistema gabaergico, che è il sistema inibitorio per
eccellenza. In presenza di uno xenobiotico che favorisce la trasmissione GABAergica, si ha una riduzione di
trasmissione nelle altre reti neuronali e si manifesta con sedazione, depressione fino al coma. Al contrario, in
presenza di una sostanza che interferisce con la trasmissione GABAergica, viene meno il freno naturale che
normalmente blocca le reti neuronali eccitatorie; si manifesta con ipereccitazione, tremori, convulsioni.
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Tossicologia – IR19
Esempi di farmaci che interferiscono con il processo di neurotrasmissione chimica attraverso le sinapsi
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Tossicologia – IR19
Le neurotossine
Sono tossine di origine naturale, prodotte da diversi organismi (scorpioni, serpenti, ragni, pesci; alghe, funghi,
batteri, ecc.).
Le neurotossine sono degli agenti che interferiscono con la neurotrasmissione. Esse agiscono sulle cellule del SN,
solitamente attraverso un'interazione con le proteine di membrana dei neuroni, quali i canali ionici. I canali
bersaglio possono essere quelli del Na, del K o del Ca.
Nella trasmissione dell’impulso nervoso, è fondamentale il potenziale di membrana: al momento dell’impulso
elettrico, si ha l’apertura di alcuni canali (Na), per cui la membrana va incontro a depolarizzazione (da -70 a
valori più positivi), fino a raggiungere un livello di depolarizzazione tale da innescare l’apertura dei canali del K e
ripristinare il potenziale di membrana iniziale.
Alterando la funzione del canale ionico, si altera il modo attraverso il quale la membrana eccitabile risponde ad
uno stimolo elettrico. L’interazione coi canali ionici nelle cellule eccitabili, ossia l’induzione di anomalie nella
funzionalità dei diversi tipi di canali ionici e quindi il blocco della propagazione dell'impulso neuronale, provoca
una paralisi motoria e quindi la morte dell'organismo; questo perché la paralisi motoria implica anche la
paralisi dei nervi responsabili della respirazione, per cui si ha anche la paralisi respiratoria.
Quando l’impulso elettrico arriva alla terminazione pre-sinaptica, le vescicole contenenti il neurotrasmettitore
migrano verso la membrana pre-sinaptica e si fondono con essa. Questa fusione è un fenomeno dovuto
all’esistenza di alcune proteine che interagiscono tra loro, ossia la sinaptoprimina/sinaptofisina ?? (componente
della vescicola) e la sintaxina (componente della membrana). Controllare! La fusione permette il rilascio del
neurotrasmettitore.
Impedendo l’interazione tra la membrana pre-sinaptica e la vescicola, non si ha la liberazione del
neurotrasmettitore e quindi non avviene la neurotrasmissione. Questo succede in presenza di neurotossine.
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Tossicologia – IR19
Esempi di neurotossine
Tra le neurotossine più note c’è la muscarina (dai funghi), che è un noto ligando dei recettori per l’Ach.
Sindrome colinergica da
organofosforici
I sintomi da avvelenamento da
composti organofosforici dovuti ad
iperstimolazione colinergica (tab)
sono riconducibili ad un eccesso di
attivazione del sistema colinergico
(eccesso di Ach).
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Tossicologia – IR19
La co-somministrazione di due o più farmaci può aggravare la neurotossicità per interazioni sfavorevoli, sia di
tipo farmacodinamico che farmacocinetico. Numerosi fattori possono aumentare la probabilità di interazioni
clinicamente significative con farmaci che agiscono sul SN. Ad esempio:
Impiego di farmaci che inducono o inibiscono gli enzimi epatici biotrasformanti i farmaci
Farmaci con un basso indice terapeutico
Farmaci che hanno molteplici azioni farmacologiche
Pazienti ad elevato rischio di neurotossicità (anziani, malati, ecc.)
Le interazioni tra farmaci che portano a neurotossicità di solito si verificano nelle seguenti circostanze:
aumento della neurotossicità di un farmaco -usato per trattare disturbi del SNC- che interagisce con un
altro farmaco (attivo o no sul SNC) che ne altera la biotrasformazione, e ad es. ridurne il metabolismo.
aumento della potenziale neurotossicità per interazione tra farmaci che vengono usati per disturbi
diversi da quelli del SNC.
Ad esempio, i derivati fluorochinoloni e i farmaci antinfiammatori di tipo non steroide (es. Diclofenac) possono
interagire tra loro e l’interazione aumenta il rischio di convulsioni. Questo succede perché il fluorochinolone ha
una certa affinità per il recettore GABAergico, però in presenza di Diclofenac -che ne impedisce il metabolismo
perché interferisce col citocromo responsabile del metabolismo del fluorochinolone- si trova in concentrazione
molto maggiore rispetto a quello previsto e in queste condizioni spiazza il GABA dai siti recettoriali. Essendo il
GABA un sistema inibitore, toglierlo significa togliere un controllo inibitore e quindi aumentare l’eccitabilità della
rete neuronale, che si manifesta con la convulsione.
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EPATOTOSSICITÀ
Epatotossicità da xenobiotici
Il fegato è l’organo bersaglio dell’azione tossica di molti xenobiotici di varia origine (alimentare, industriale,
professionale, medicamentosa).
Sostanze naturali. La tossicità a causa di sostanze naturali è insorta negli ultimi anni, a seguito
dell’utilizzo di rimedi naturali, utilizzati anche senza un criterio scientifico appropriato. Comprendono la
medicina complementare e alternativa e le molecole contenute in alimenti, es esempio:
o Amanitotossine e amanitofalloidine contenute in funghi macroscopici (es. Amanita
phalloides, verna, ecc.)
o Aflatossine elaborate da funghi microscopici (es. Aspergillus flavus, A. parasiticus, Pennicilium
puberulum), che sono in grado di contaminare frutta secca, oli vegetali e foraggi (cereali ecc.),
soprattutto in condizioni inadeguate di conservazione
o Erbe medicinali: utilizzate correntemente nella medicina complementare e alternativa, senza
però conoscenze dei reali effetti e conseguenze.
Non farmaci
o Metalli (As, Fe, fosforo bianco, Hg organico o metilmercurio, Pb)
o Idrocarburi alogenati alifatici (CCl4, cloruro di vinile) ed aromatici (benzene, bifenili
polialogenati, diossine)
o Insetticidi clorurati (DDT, clordano, aldrin, dieldrin)
o Amine organiche
o Alcooli (etanolo, metanolo): soprattutto in seguito ad un uso cronico
o Eteri (dietiletere)
o Glicoli (glicole etilenico)
o Aldeidi (formaldeide, acroleina)
o Chetoni (acetone)
Farmaci: virtualmente qualsiasi molecola terapeutica, anche la più sicuro, può causare danni al fegato
(da lievi a gravi e fatali), in quanto è molto probabile che una biotossificazione -ossia la trasformazione
in agente tossico- abbia come primo sito di tossicità il tessuto epatico.
Il danno epatico rappresenta la principale causa (3-10%) di reazioni avverse ai farmaci (ADR), con
incidenza più elevata fra gli eventi avversi gravi, per questo è il principale motivo per cui si ha:
o non approvazione all’immissione in commercio di nuovi farmaci
o ritiro dal commercio ed avvertenze per l’impiego di farmaci già in uso, se la reazione avversa si
verifica post marketing (es. nimesulide)
Il danno epatico farmaco-indotto è una causa comune di malattia epatica acuta e cronica e la
principale causa di morte per insufficienza epatica acuta. Per evitare il decesso, in alcuni casi la
soluzione estrema è rappresentata dal trapianto d’organo.
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Tossicologia – IR19
A seguito di questi eventi, sono stati presi dei provvedimenti recenti in merito a specialità medicinali a farmaci
generici contenenti nimesulide:
Maggio 2007: l’Agenzia del Farmaco Irlandese ha sospeso la commercializzazione dei medicinali
contenenti nimesulide, a seguito della segnalazione di alcuni casi di insufficienza epatica grave che
hanno richiesto il trapianto di fegato.
Settembre 2007: l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), al termine di una revisione della sicurezza
epatica delle formulazioni sistemiche dei medicinali contenenti nimesulide, ha concluso che il profilo
rischio/beneficio è positivo (quindi il farmaco viene mantenuto in commercio) a patto che siano
modificate le raccomandazioni sull’uso:
o Limitare la durata d’uso al più breve tempo possibile (non > 15 giorni)
o Limitare la dose orale giornaliera (non > 200 mg/die)
o Utilizzo controindicato in pazienti con una storia di reazioni epatotossiche alla nimesulide e
con epatopatia, perché più a rischio di sviluppare reazioni avverse di tipo epatico.
Ottobre 2007: l’Agenzia Italiana del Farmaco ha modificato la classificazione del regime di fornitura dei
medicinali contenenti nimesulide con il passaggio alla dispensazione da ricetta ripetibile a ricetta
utilizzabile una sola volta, con l’obiettivo d ridurre il più possibile il rischio di esposizione
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
La porfiria cutanea tarda è un’alterazione della sintesi dell’eme che porta all’accumulo dei porfirinogeni (che
sono i precursori dell’eme) tossici nel fegato e nel sangue. È provocata dal’inibizione dell’enzima
uroporfirinogeno decarbossilasi a livello epatico e avviene per due motivi:
Polimorfismo: di solito insorge in pazienti con un profilo genetico particolare, quindi è connesso
all’ereditarietà.
Esposizione ad uno xenobiotico che ha come target molecolare l’enzima.
Questi precursori si accumulano principalmente a livello cutaneo.
Il paziente quindi ha una scarsa quantità di eme circolante e questo significa scarsa capacità di ossigenare il
tessuto.
Il paziente inoltre non può essere esposto al sole, perché la presenza dei precursori -in presenza di luce solare-
genera delle lacerazioni e vescicolazioni cutanee, con irritazione e prurito. Di solito, chi soffre di questa patologia
ha un colorito molto pallido e deve andare incontro frequentemente a trasfusioni di sangue per re-integrare ciò
che il fegato non riesce a produrre, cioè l’eme (mito di Dracula).
Alcuni xenobiotici che -alterando la funzionalità epatica- possono provocare porfiria tossica sono:
Esaclorobenzene
Diossine
Bifenili policlorurati
Etanolo: (uso cronico)
Nella maggior parte dei casi, la tossicità epatica non porta a morte, la perdita di funzioni epatiche può portare
ad alterazioni in altri organi, fino a morte.
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Tossicologia – IR19
2. Zona mediozonale: comprende gli epatociti mediamente irrorati (il grado di irrorazione è inferiore alla
zona 1). È responsabile della rigenerazione tessutale.
3. Zona centrolobulare: è localizzata nella parte centrale. Comprende gli epatociti meno irrorati. È la zona
in cui si concentrano gli enzimi microsomiali (citocromi P450, epossido idrolasi, glutatione transferasi,
glucuronil transferasi) preposti alla detossificazione degli xenobiotici. Spesso è anche la più colpita
dalle sostanze epatotossiche, in quanto è quella che viene in contatto con la maggior concentrazione di
sostanze biotrasformate.
Le lesioni zonali del parenchima epatico sono classificate in base all’area di interesse, come:
Periportali
Mediozonali
Centrolobulari
Il fatto che alcuni individui siano suscettibili a sviluppare reazioni epatotossiche ed altri non lo siano dipende -
almeno in parte- dalla grande variabilità fenotipica inter-individuale derivante dall’ampia diversità
nell’espressione ed attività degli enzimi epatici (soprattutto citocromi P450) preposti alla biotrasformazione
degli xenobiotici.
La produzione di metaboliti reattivi a livello del fegato in quantità eccedente le capacità detossificanti del fegato
è alla base dei danni epatici da xenobiotici.
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Tossicologia – IR19
Anomalie nei test di funzionalità epatica (valori anche 3-5 volte più grandi del limite superiore normale) sono
comuni, tuttavia esse sono spesso transitorie/reversibili (es. statine) e solo in una minoranza di casi si sviluppa
un danno epatico (fenomeni di adattamento al danno sostanza-indotto?).
I danni epatici da xenobiotici, se non sono particolarmente estesi, di solito sono reversibili (grande capacità del
fegato di rigenerare e riparare il danno)
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Tossicologia – IR19
In base all’andamento degli indici di funzionalità epatica, i danni epatici indotti da farmaci sono classificati in tre
gruppi:
Danno di tipo epatocellulare (acuto e cronico), che si traduce con:
Epatite acuta e cronica, ossia uno stato infiammatorio generalizzato dell’organo e un’alterazione
di funzione.
Questo danno viene segnalato da un aumento predominante di alcuni enzimi (AST/ALT), con o senza
ittero (la presenza di ittero è un segno diagnostico molto più evidente).
Danno di tipo colestatico (acuto e cronico), che si traduce con:
Colestasi, ossia un rallentamento del flusso biliare nel tessuto epatico.
Questo danno viene segnalato da un aumento predominante di ALP, un aumento di γ-GT, con o senza
ittero.
Danno di tipo misto, che si traduce con:
Colestasi con danno epatico
Questo danno viene segnalato da un aumento associato, di varia entità, di AST/ALT e ALP (nessuno dei
due valori predomina), con o senza ittero
L’associazione tra tipo di danno e xenobiotico causale non è esclusiva: la stessa sostanza può essere associata
con tipi diversi di danno epatico.
I danni epatici indotti da xenobiotici a decorso acuto sono più frequenti di quelli a decorso cronico (durata
superiore a 3 mesi)
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Tossicologia – IR19
DANNO EPATOCELLULARE
È il più frequente (circa il 55-60%) ed è associato alle forme cliniche più severe.
Si manifesta come necrosi degli epatociti (più o meno massiva) accompagnata da una reazione infiammatoria
d’organo. L’epatite acuta è la manifestazione più comune.
Il periodo di latenza può essere breve (ore-giorni), intermedio (1-8 settimane) o lungo (1-12 mesi).
Meccanismi
Tossico, ad esempio:
Paracetamolo (la causa più comune)
Antitumorali (metotrexate, ciclofosfamide)
Prodotti erboristici; tossine di piante e funghi
CCl4
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Tossicologia – IR19
INTOSSICAZIONE DA PARACETAMOLO
Si tratta di un severo danno epatico e le analisi del sangue mostrano livelli plasmatici di ALT>1000 U/L (unità
per litro).
Può essere provocata dall’ingestione accidentale (bambini) o intenzionale (adulti suicidi) di paracetamolo.
L’esordio si ha dopo 4-5 giorni dall’assunzione, dopo una sintomatologia gastrointestinale (necrosi massiva), che
generalmente è fatale. Costituisce la più comune causa di insufficienza epatica acuta fulminante, che è fatale in
quanto il tessuto epatico va incontro a necrosi massima e anche tutte le funzioni del fegato vengono meno.
È anche la causa principale di trapianto di fegato.
La quantità di paracetamolo, in singola dose, in grado di dare sintomi tossici varia molto da individuo a
individuo:
4-10 g provocano epatotossicità nei bambini
10-15 g provocano epatotossicità negli adulti
15-25 g (o > 4 g/giorno per alcuni giorni) solitamente sono letali anche negli adulti
La dose totale giornaliera non dovrebbe eccedere i 4 g.
Il rischio di insufficienza epatica acuta da paracetamolo (persino con dosi terapeutiche) è più elevato in alcune
condizioni d’uso:
in presenza di ridotti livelli epatici di GSH (es. nel digiuno)
negli etilisti (2-6 g/giorno): essi presentano una serie di manifestazioni tossiche a causa dell’uso cronico
di etanolo perché l’organismo è sprovvisto delle normali misure di contrasto al danno.
Meccanismo: l’etanolo è un induttore enzimatico e induce la sintesi del CYP2E1, che è l’isoforma che
trasforma il paracetamolo del metabolita tossico del farmaco.
in condizioni di sovradosaggio
262
Tossicologia – IR19
263
Tossicologia – IR19
STEATOSI
Questa forma di tossicità è riproducibile negli animali da laboratorio, quindi è possibile definire le condizioni in
cui la risposta tossica può avvenire. Infatti, si tratta di una risposta dose-dipendente e tempo-dipendente.
Rispetto al fegato sano, il fegato steatosico ha sia un aspetto macroscopico diverso (colorazione) sia un aspetto
microscopico diverso (sono visibili dei pallini bianchi nel tessuto, corrispondenti ai lipidi).
264
Tossicologia – IR19
TOSSICITÀ DELL’ETANOLO
La tossicità dell’etanolo è dovuta in parte alla molecola stessa e in parte al suo prodotto biotrasformato. La
biotrasformazione consiste nell’ossidazione dell’etanolo ad acetaldeide ed è catalizzata da tre enzimi diversi:
CYP2E1 nel reticolo endoplasmatico
Alcool deidrogenasi (ADH) nel citoplasma
Catalasi nei perossisomi
L’ossidazione dell’acetaldeide ad acido acetico avviene nel citoplasma e nei mitocondri ad opera dell’aldeide
deidrogenasi (ALDH). Successivamente è trasformata in CO2 e H2O, quindi segue il pathway escretorio attraverso
le urine.
L’ALDH è inibita irreversibilmente dal disulfiram (Antabuse), un agente farmacologico usato nella
disassuefazione degli etilisti. Questo è possibile perché, quando l’ALDH si accumula, causa una serie di sintomi
(vomito, ma di testa, nausea, vomito, ipotensione, difficoltà respiratoria) che potrebbero indurre l’etilista ad
interrompere l’assunzione di alcol. A causa della tossicità, però, questo tipo di trattamento deve essere effettuato
in centri specializzati (strutture ospedaliere), sotto stretto controllo medico.
265
Tossicologia – IR19
L’acetaldeide ed altri metaboliti reattivi (radicale etossilico) sono tossici in quanto possono causare
epatotossicità:
direttamente: legandosi covalentemente a costituenti cellula. Può provocare:
epatite non immuno-mediata
cirrosi epatica
indirettamente. Può provocare:
epatite immune (agisce da aptene, ossia da sostanza che di per sé è incapace di scatenare una
reazione immunitaria, ma nel momento in cui si lega ad un costituente cellulare, costituisce un
complesso in grado di scatenare la reazione immunitaria)
deplezione di GSH, vitamine e minerali
266
Tossicologia – IR19
DANNO MISTO
(colestasi con danno epatocellulare)
È clinicamente ed eziologicamente più vicino al tipo colestatico. Il danno misto comprende sia il danno
epatocellulare sia il danno colestatico. Sia le colestasi che le forme miste sono generalmente attribuite a
meccanismo immuno-mediato, allergico, quindi può anche rientrare nelle forme di danno idiosincrasico.
Esempi:
Associazione amoxicillina/acido clavulanico (antibiotici β-lattamici)
Anticonvulsivanti (carbamazepina, fenitoina)
Ciclosporina (immunosoppressore)
Associazione trimetroprim/sulfametossazolo (antibiotico/sulfonamide)
Prodotti erboristici
267
Tossicologia – IR19
Anche se con minor frequenza, praticamente tutti i danni acuti epatitici o misti gravi (presenza ed intensità
dell’ittero) possono evolvere in insufficienza epatica acuta, che è fatale e porta al decesso. Nel danno
asintomatico il danno è molto più elevato.
È una malattia epatica cronica, progressiva, che implica un’esposizione protratta nel tempo. È caratterizzata da
un’estesa necrosi degli epatociti, che genera una risposta infiammatoria, la quale viene contrastata dal tessuto
epatico con un tentativo di rigenerare il tessuto. Il problema è che la rigenerazione avviene con una sostituzione
degli epatociti funzionali con tessuto connettivo cicatriziale. L’eccessivo accumulo di questo tessuto determina
un’alterazione dell’architettura e delle funzioni dei lobuli epatici. L’alterazione morfologica irreversibile del
parenchima epatico si accompagna con l’alterazione della funzione.
Il processo cirrotico può durare per molti anni e se non si arresta, porta a morte per emorragie interne e poi
coma epatico. I malati di cirrosi (così come quelli contagiati dai virus dell’epatite B e C) sono a maggior rischio di
sviluppare carcinoma epatico.
Esempi:
Farmaci
o Vitamina A in dosi elevate
o Metotrexate (in basse dosi a lungo termine, nel trattamento della psoriasi)
o Isoniazide (antitubercolare)
o Metildopa (antiipertensivo)
o Eroina (farmaco d’abuso)
o Etanolo (uso cronico)
Non farmaci
o Aflatossine (inducono cirrosi e successivamente carcinoma); CCl4; arsenicali
o Agenti virali: infezione da virus dell’epatite B (inducono cirrosi e successivamente
l’epatocarcinoma)
268
Tossicologia – IR19
Cause probabili
Consumo di alimenti ammuffiti (contaminazione da aflatossine)
Estesa presenza del virus dell’epatite
269
Tossicologia – IR19
È essenziale l’identificazione precoce della sostanza epatotossica, per minimizzare il danno. Si procede poi con
l’immediata sospensione dell’esposizione alla sostanza sospettata e si effettua il monitoraggio degli enzimi
epatici (raccomandato per la gran parte degli agenti).
Il trattamento è non specifico, largamente sintomatico e di supporto, di solito a base di:
Corticosteroidi: si somministrano nel caso di azione tossica a livello epatico solo di tipo epatico (non
hanno un’efficacia provata, eccetto che nelle reazioni immuno-mediate, allergiche)
N-acetilcisteina (antidoto): si somministra nelle prima ore successive ad un sovradosaggio di
paracetamolo, con l’obiettivo di stimolare l’organo a sintetizzare glutatione e quindi contrastare l’azione
tossica del metabolita.
Nelle forme fulminanti si può procedere solo con l’immediato trapianto di fegato.
270
Tossicologia – IR19
NEFROTOSSICITÀ
Il rene è il principale organo bersaglio per gli effetti tossici di molti xenobiotici,
compresi numerosi farmaci. Poiché i reni sono organi compensatori, i danni
renali non si rendono manifesti finché non sono estesi e gravi.
L’apparato renale comprende: reni, ureteri, vescica e uretra.
Analogie Fegato-Rene
La capacità compensatoria del rene può essere paragonata alla capacità rigenerativa del fegato: sono entrambi
meccanismi di contrasto del danno.
L’elevato flusso ematico.
Sono numerosi gli xenobiotici capaci di evocare un effetto tossico in questi organi, nel fegato perché vengono
biotrasformati e nel rene perché vengono eliminati.
271
Tossicologia – IR19
La nefrotossicità si manifesta col danno alle funzioni specifiche renali di filtrazione e riassorbimento (funzioni di
membrana)
Aumento della permeabilità della membrana glomerulare: di conseguenza, molecole più grandi
(albumina, γ-globulina) passano nell’ultrafiltrato e causano proteinuria che, se ingente, porta a carenza
di proteine, formazione di edemi ed insufficienza renale.
Un evidente segno di tossicità glomerulare è la colorazione rosso marrone-rosa dell’urina, che indica la
presenza di emoglobina a livello glomerulare.
Diminuzione della superficie filtrante o riduzione della pressione di filtrazione, ossia la pressione
con cui il sangue arriva al rene: se la pressione è troppo bassa, il sangue non viene filtrato, quindi si ha
una ridotta produzione di ultrafiltrato, che causa un accumulo nel sangue di prodotti azotati del
catabolismo di proteine e aminoacidi (urea, creatina), a cui seguono uremia e creatininemia, che a loro
volta determinano l’aumento di azotemia.
Arresto della filtrazione: determina la diminuzione di produzione di urina (oliguria, anuria), per cui i
vari xenobiotici restano nel sangue e provoca insufficienza renale, uremia, creatininemia.
Insufficiente riassorbimento di H2O (es. diabete mellito): è il caso opposto al precedente. Prevede la
perdita di grosse quantità di acqua e assieme anche di elettroliti, con conseguente alterazione
dell’equilibrio elettrolitico (che potrebbe alterare anche la funzionalità cardiaca). Si verifica una
condizione di poliuria, ossia l’eliminazione di urina molto diluita.
Mancato riassorbimento delle sostanze disciolte nel filtrato: causa l’eliminazione di sostanze
indispensabili per l’organismo, come aminoacidi, glucosio, elettroliti.
Danno alle membrane cellulari: causa la fuoriuscita di enzimi e quindi enzimuria.
272
Tossicologia – IR19
Il glomerulo è la struttura all’interno del quale passa il sangue e rilascia la componente non corpuscolata e
proteica solo se a basso PM. Seguono il tubo prossimale, l’ansia di Henle e il tubulo distale che va a finire nei dotti
collettori.
Nel percorso attraverso il nefrone, il contenuto filtrato dal glomerulo può subire destini diversi, in quanto le
sostanze possono essere riassorbite oppure secrete e finire nella composizione finale dell’urina. Tratti diversi del
tessuto renale hanno una suscettibilità diversa all’azione degli xenobiotici, perché ci sono xenobiotici che hanno
una spiccata affinità per alcuni componenti del tessuto, come ad esempio alcuni trasportatori. Quindi
l’esposizione a xenobiotici diversi, può potenzialmente causare tossicità in tratti diversi del nefrone.
Ci sono sostanze (antibiotici) in grado di indurre tossicità già nel glomerulo (glomerulonefrite), causando
un’infiammazione immunitaria, ossia scatena la risposta immunitaria nei confronti di posizioni specifiche del
nefrone.
273
Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
NEFROTOSSICITÀ
Il rene è il principale organo bersaglio per gli effetti tossici di molti xenobiotici, compresi numerosi farmaci. Poiché
i reni sono organi compensatori, i danni renali non si rendono manifesti finché non sono estesi e gravi.
L’apparato renale comprende: reni, ureteri, vescica e uretra.
Il rene attraverso l'eliminazione di acqua ed elettroliti altera l'equilibrio pressorio (cui contribuisce anche la
liberazione di renina, fondamentale per secernere poi angiotensina) ed elettrolitico dell'organismo.
Dal punto di vista dell'escrezione dei prodotti del metabolismo il rene è preposto alla filtrazione tramite
glomerulo e a fenomeni di riassorbimento di xenobiotici liposolubili e sostanze endogene che sono utili
(vitamine), e di secrezione di acidi o basi organici deboli, processo che sfrutta dei trasportatori. Infine, nel nefrone
possono avvenire trasformazioni di xenobiotici: localmente il rene può trasformare delle molecole e queste
possono accumularsi in questa sede, mettendo a rischio il tessuto renale stesso.
1. Fattore di perfusione ematica: il 20-25% della gittata cardiaca arriva al rene e con essa tutti gli xenobiotici
e non che si trovano in circolo.
L’entità dell’irrorazione sanguigno nel rene è strettamente collegata al suo
funzionamento: i livelli di pressione arteriosa che arrivano al rene sono
fondamentali per garantire il funzionamento dell’organo (infatti quando la
pressione arteriosa scende al di sotto di alcuni livelli, la funzionalità
dell’organo può essere fortemente compromessa).
2. Molti xenobiotici vengono eliminati per via renale, che quindi vi è
irrimediabilmente esposto. La maggior parte degli xenobiotici (compresi
molti farmaci) sono escreti per via renale: o sono trasformati in
sostanze idrofile ed eliminate con l’urina, oppure hanno una struttura
chimica tale da poter esser già eliminati così.
3. Il rene è un luogo di deposito per gli immunocomplessi, che attivano il SI
(come gli immunocomplessi da apteni): alcuni si depositano appunto nel rene,
altri riescono a legarsi a delle sue componenti e a scatenare delle risposte
immunitarie dirette contro il rene stesso. Gli immunocomplessi sono quei
complessi capaci di scatenare la risposta immunitaria contro tutto il tessuto
renale.
particolare suscettibilità al danno immunologico
4. Al rene arrivano sostanze che non sono ancora state trasformate dal fegato e che qui possono subire una
biotrasformazione attraverso cui attivarsi come sostanze tossiche. Si parla di bioattivazione
intrarenale od epatica a metaboliti nefrotossici: sostanze che non hanno una connotazione tossica nel circolo
ematico, potrebbero essere trasformate in sostanze tossiche nel rene.
5. Presenza di meccanismi fisiologici per la concentrazione dell’urina, possono portare anche alla
concentrazione di xenobiotici. Questo significa che gli xenobiotici possono raggiungere concentrazioni più
elevate nel rene piuttosto che ne sangue e quindi essere presenti in dosi maggiori nel tessuto renale (possibile
esposizione delle cellule tubulari ad elevate concentrazioni di xenobiotici).
6. Fattori extrarenali: se ad esempio un farmaco abbassa in modo troppo accentuato la pressione arteriosa
(antipertensivo) riduce troppo la perfusione renale; se abbiamo un episodio emorragico con ipovolemia abbiamo
lo stesso risultato, e la perfusione renale diminuisce. Anche i FANS che evocano vasocostrizione renale sono
pericolosi per il rene: questi eliminano la componente vasodilatatoria a livello renale, che è mediata dalle
prostaglandine.
Fattori extrarenali, che determinano una ipoperfusione renale, sembrano contribuire all’incidenza/gravità dei
danni al rene (sono nefrotossici):
o ipovolemia: causata da emorragia, ustioni, perdita di fluido GI e renale
o ipotensione: causata da insufficienza cardiaca o sepsi
o vasocostrizione renale: una vasocostrizione dei vasi che arrivano al rene provoca una riduzione
dell’apporto ematico.
o malattia epatica: causa una disfunzione multiorgano
271
Tossicologia – IR19
Analogie Fegato-Rene
La capacità compensatoria del rene può essere paragonata alla capacità rigenerativa del fegato: sono entrambi
meccanismi di contrasto del danno.
L’elevato flusso ematico.
Sono numerosi gli xenobiotici capaci di evocare un effetto tossico in questi organi, nel fegato perché vengono
biotrasformati e nel rene perché vengono eliminati.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Le cellule che non hanno subito il danno vanno incontro a fenomeni compensatori: lavorano anche per quelle
che non lavorano più, questo è il motivo per cui si sopravvive con un solo rene (l'altro rene ha attività
vicariante).
Le cellule in questione vanno incontro a proliferazione cellulare o ipertrofia, si tenta di sanare il tessuto dal
danno e ripristinare la funzione.
Alla fine, il problema renale è proprio la sua capacità compensatoria: il danno al rene si palesa solamente
quando ci sono delle compromissioni tali da non essere compensate dal tessuto che resta sano ma a quel
punto il quadro è sempre grave, perché la funzione renale è stata sicuramente compromessa.
274
Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Anche in questo caso l'organo non funziona, ma degenera lentamente e progressivamente in seguito ad una
prolungata esposizione allo xenobiotico. Man mano che il tessuto si deteriora e “perde nefroni” il parenchima
risponde con aumenti di pressione e di flusso, cioè tenta di compensare la riduzione di VFG.
Nel momento in cui questo tentativo si protrae nel tempo si va incontro ad atrofia e fibrosi, ovvero alla perdita
definitiva della funzione. Tutto ciò si accompagna al danno sui capillari, strutture tramite cui il rene opera la
compensazione vera e propria.
La valutazione della nefrotossicità viene fatta tramite l’esame delle urine: è una modalità non invasiva ed
estremamente semplice, che permette di caratterizzare componenti diverse che forniscono molte informazioni.
Troviamo:
● Colore: giallo paglierino è il colore normale, un rosso mattone invece indica componente
corpuscolata/emoglobina nelle urine e quindi danno glomerulare.
● Volume: condizioni anormali come poliuria e oliguria sono entrambe indici di un malfunzionamento anche se
il problema alla base è differente (come abbiamo già visto).
● Osmolarità
● pH generalmente intorno a 6,4-6,5
● Glucosio/glicosuria: il glucosio dovrebbe essere riassorbito nel tubulo, quindi è indice di un danno in
questo sito, oppure di una situazione di iperglicemia tale da portare organismo ad eliminarlo anche
quando normalmente verrebbe riassorbito.
● Proteine/proteinuria: normalmente non ce ne sono. Se troviamo proteine nelle urine i casi sono due:
o Se il PM delle proteine trovate è alto allora ci sono dei problemi al glomerulo renale, che è il
sito di filtrazione primario in cui tutte le proteine al di sopra del cut-off (normalmente,
l’albumina non può passare attraverso la parete del glomerulo perché ad alto PM - 60
kDa) non finiscono nell’ultrafiltrato ma restano nel sangue.
o Se il PM è basso allora i problemi sono localizzati nel tubulo renale (β2-microglobulina)
276
Tossicologia – IR19
● Sedimenti: può trattarsi di ossalati, complessi di xenobiotici precipitati a causa del pH, cellule derivanti
dallo sfaldamento delle vie urinarie. I sedimenti possono chiarire il sito del danno nel caso di
emoglobinuria/ematuria:
o Se ho emoglobinuria ciò implica che gli eritrociti sono arrivati al rene già lisati (danno pre-renale)
o Se ho ematuria gli eritrociti sono integri e passano da integri attraverso il glomerulo (danno
renale al glomerulo)
● VFG: dice in quanto tempo un certo volume di urina contenetene degli xenobiotici viene depurato da tossine
o dallo xenobiotico stesso. Si misurano i livelli di creatina (creatininemia) e azoto (azotemia) (BUN) nel sangue.
La VFG viene misurata tramite la clearance di creatinina o inulina, che vengono filtrate ma mai riassorbite
quindi il loro tempo di clearance coincide con il passaggio del filtrato nel rene; oppure si misura tramite
creatininemia o azotemia.
Le sedi di tossicità degli xenobiotici sono diverse in tutto l’apparato urinario, di seguito le più importanti.
Ci sono sostanze (antibiotici) in grado di indurre tossicità già nel glomerulo (glomerulonefrite), causando
un’infiammazione immunitaria, ossia scatena la risposta immunitaria nei confronti di posizioni specifiche del
nefrone.
La tossicità qui può causare infiammazione glomerulare o glomerulo-nefrite di tipo immune (glomerulonefrite
immune o flogistica). La struttura stessa del glomerulo è particolarmente predisposta all’accumulo di complessi
(sito primario di deposizione) tra antigene ed anticorpo, che depositandosi sulle pareti del glomerulo (membrana
bassale) rendono la filtrazione via via sempre più difficoltosa perché causano inspessimento. Questo è il sito
d'azione per agenti nefrotossici che alterano il numero di cariche negative-anioniche fisse sulla membrana
basale del glomerulo, compromettendone la selettività di filtrazione. L’alterazione nelle proprietà selettive di
carica e/o dimensione del glomerulo si manifesta con proteinuria, con proteine ad alto PM.
Vale per antibiotici (penicillina, doxorubicina, mitomicina) e metalli pesanti tra cui Hg (elementare e
inorganico)
TUBULO PROSSIMALE (glicosuria, proteinuria, poliuria)
Sito d'elezione per la tossicità da xenobiotici, perché più esposto del resto del rene. Infatti, qui avviene la maggior
parte del riassorbimento e arricchimento di sostanze dal filtrato. È la sede selettiva di accumulo di metalli
pesanti e altri xenobiotici (nefrotossicità da elevate concentrazioni di sostanza a livello sia intracellulare che nel
filtrato).
Inoltre, è la sede (quasi esclusiva) di trasporto tubulare attivo (secrezione) di cationi/anioni organici, proteine
a basso OM e peptidi, coniugati del GSH e metallipesanti.
È la sede quasi esclusiva della bioattivazione (cit P450 , beta-ligasi) quindi è la sede del processo di
biotrasformazione che attiva gli xenobiotici tossici.
Infine, è anche la porzione del rene che ha il bisogno maggiore di ossigeno e glucosio, il che la rende più
suscettibile ad episodi ischemici, che causano a questo livello sofferenza renale.
Vale per i mezzi di contrasto usati in radiologia, antibatterici come gli amminoglicosidi, il
paracetamolo, il cis-Pt, idrocarburi alogenati, metalli pesanti, micotossine
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Tossicologia – IR19
URETERI-vie urinarie
Sono i collegamenti tra rene e vescica e non costituiscono un bersaglio per i composti nefrotossici. Tuttavia,
possono andare incontro a cancerogenesi in seguito ad esposizione ad ammina aromatiche, così come la
vescica. Le amine aromatiche sono potenzialmente cancerogene per l’epitelio vescicale: 2-naftilamina (deriva
dalla produzione di anilina), benzidina, 4-aminobifenile (esposizione profssionale).
La maggior parte dei farmaci clinicamente importanti e degli agenti chimici nefrotossici hanno un effetto
citotossico diretto sul nefrone.
278
Tossicologia – IR19
Di seguito gli agenti con attività nefrotossica che non sono farmaci.
Metalli pesanti
Hg (elementare e inorganico), Pb (organico e inorganico), Cd, Cr, Cu, U, Fe, Au, Pt, Bi, As organico e inorganico.
Sono caratterizzati da una manifestazione comune di tossicità, perché si accumulano nelle cellule del tubulo
prossimale a causa della presenza di sistemi di trasporto e siti di legame (quali i gruppi SH delle proteine).
La tossicità è data dall’interazione con i gruppi solfidrilici proteici critici a livello mitocondriale. A livello
mitocondriale servono a ripristinare la componente energetica, sintetizzando ATP, quindi si impedisce al rene di
avere energia.
La loro presenza causa sempre induzione della sintesi epatica di metallotioneine1, che a livello renale
legano i metalli pesanti stessi finendo nei lisosomi, dove vengono degradati e liberati nuovamente per causare
altri danni. Ricordiamo, infatti, che le metallotioneine diminuiscono la tossicità epatica ma aumentano quella
renale.
L’effetto avverso:
o A basse dosi causano una riduzione della VFG conseguente alla perdita di glucosio (glicosuria), AA
(amminoaciduria), proteine (proteinuria. Provocano anche poliuria.
o Ad alte dosi inducono la necrosi tubulare acuta e l’ostruzione del lume del tubulo prossimale.
Portano a conseguenze diverse, come anuria, uremia, blocco renale fino a coma e morte.
o Glomerulonefrite (immune o flogistica)
o Nefrite cronica tubulo-interstiziale (immune o flogistica)
Alcoli polivalenti
Comprendono solventi, antigelo e ammorbidenti. Sono in questa categoria anche etilen e dietilen glicole e la
glicerina. Causano danno meccanico alle cellule epiteliali e ostruzione del lume del tubulo prossimale. In questo
modo si ha il blocco dell’urina, sovraespressione nei nefroni e accumulo di prodotti velenosi nel sangue.
Micotossine
Aflatossina B, provoca nefropatia e danni in vari organi.
1 Proteina a basso PM, ricca in Cisteina e dotata di elevata affinità per il Cd e altri metalli pesanti. Indotta da basse concentrazioni non tossiche
di metalli. Il complesso metallo-metallotioneina è biologicamente inattivo e la tossicità del metallo dipende dalla concentrazione di metallo
rimasto libero. Il complesso metallo-metallotioneina è filtrato dal glomerulo, viene riassorbito a livello del tubulo prossimale e quindi
degradato dai lisosomi delle cellule tubulari.
279
Tossicologia – IR19
Amminoglicosidi
La tossicità di questi derivati (prima tra tutti la streptomicina) è legata ai loro gruppi amminici, a seconda di quanti
ne hanno risultano più o meno tossici. Sono farmaci eliminati esclusivamente con le urine e anche a dosi
terapeutiche causano insufficienza renale acuta.
La neomicina è la più tossica, seguono la micacina, la tobramicina, la streptomicina.
La tossicità a carico del rene è presente già a dosi terapeutiche e ha un'alta incidenza (20-25% dei pazienti
trattati).
Si manifesta con enzimuria, proteinuria, difetti del trasporto (glicosuria, amminoaciduria, presenza di Mg2+
e K+ eliminati nelle urine) e diabete insipido nefrogenico. Provoca una diminuzione VFG fino all’oliuguria e
anuria.
La loro tossicità è dovuta a dei danni al tubulo prossimale: la presenza di NH2 fa sì che la molecola si leghi ai
fosfolipidi di membrana, questi poi vengono internalizzati e raggiungono i lisosomi, inducendone la lisi.
Questi contengono però degli enzimi litici, che sono in grado di demolire le componenti cellulari e che ora vengono
liberati nel citoplasma della cellula: alterano trasportatori di membrana, ponti di membrana, l'omeostasi del calcio,
causano quindi la morte della cellula tramite necrosi.
Filtrati dal glomerulo e riassorbiti nel tubulo prossimale, mediante i gruppi amminici si legano ai fosfolipidi di
membrana e vengono internalizzati nella cellula e quindi nei lisosomi dove si concentrano causando rottura dei
lisosomi stessi, rilascio di enzimi proteolitici, alterazione di pompe di membrana, sistemi di trasduzione del segnale e
omeostasi del calcio. Causano necrosi tubulare acuta, dose dipendente, correlata ai gruppi NH2 presenti nelle loro
molecole.
Tetracicline (dimetilcortetraciclina)
Causano nefrite interstiziale, con poliuria, glicosuria, aminoaciduria, diabete insipido nefrogenico. Le tetracicline
scadute provocano sindrome simile a quella di Fanconi: nausea, vomito, poliuria, polidipsia, proteinuria, acidosi,
glicosuria, marcata aminoaciduria.
Sulfonamidi
Cristalluria (precipitazione in forma cristallizzata nei tubuli renali) dose dipendente, nefrote interstiziale immune
di tipo II.
Amfotericina B
Molecola usata come fungicida, la cui percentuale di incidenza di nefrotossicità è del 75-85% dei pazienti
trattati. Causa una disfunzione renale caratterizzata da uremia, poliuria, eliminazione di potassio e conseguente
ipopotassemia. Coinvolge tutti i segmenti del nefrone e porta a:
1. vasocostrizione pre-renale dell'arteriola diretta al glomerulo, da aumento dell'arrivo del
calcio.
2. Aumenta la permeabilità delle pareti dei tubuli prossimale e distale (da interazione diretta
del farmaco con il colesterolo e a seguito di questa interazione si formano dei canali acquosi o
pori totalmente permeabili sulla superficie cellulare che portano ad una perdita urinaria di
K+ e insufficiente escrezione di H+.
Agenti immunosoppressori
Tra questi rientra la ciclosporina A, che causa disfunzione renale acuta reversibile alla sospensione del
trattamento (minore flusso ematico e VFG, uremia, creatininemia). Questa è correlata alla vasocostrizione renale
indotta dal farmaco tramite la produzione di trombossani ed endotelina ad attività vasocostrittrice
(reversibile). Provoca anche nefrite tubulointerstiziale cronica (arteriopatia, sclerosi glomerulare, fibrosi
interstiziale e atrofia tubulare)
280
Tossicologia – IR19
cis-Pt
Quasi tutti i pazienti trattati riscontrano tossicità renale perché la sostanza viene eliminata tramite il rene e qui
viene bioattivata per andare ad alchilare purine e pirimidine nelle cellule del tubulo, impedendo la sintesi
del DNA in modo irreversibile, impedisce alle cellule di riparare il danno. Si ha necrosi del tubulo prossimale e
distale, di dotto collettore, con riduzione di VFG e flusso renale, insufficienza renale acuta, perdita di globuli rossi
(ematuria), enzimuria, sbilanciamento importante dell'equilibrio elettrolitico (maggiore perdita di magnesio:
ipomagnesiemia), uremia, creatininemia.
Il cis-Pt entra nelle cellule renali tramite meccanismo passivo o facilitato. L’esposizione provoca l’attivazione di
pathways che sono promotori della morte cellulare (p35, MAPK, ROS, ecc.). nel mentre, il farmaco induce la
produzione di TNFa nelle cellule tubulari, il che provoca l’iniziazione della risposta immunitaria che contribuisce al
danno tubulare. Inoltre, il farmaco induce danni a livello del sistema vascolare del rene, che porta a ischemia tubulare
e minor VFG. Tutti questi meccanismi, insieme, causano danno renale acuto.
Metotrexato
Cristalluria: precipitazione nei tubuli renali del farmaco immodificato e dei suoi metaboliti secreti attivamente
dalle cellule epiteliali.
FANS e COXIB
Sono tra i farmaci più usati e sono in grado di dare un danno di tipo acuto ma anche di tipo cronico. Causano danno
glomerulare e necrosi tubulare, dovuta ad una scarsa perfusione del tessuto. Virtualmente, tutti i FANS e i COXIB,
in particolari condizioni d’uso, possono causare insufficienza renale acuta e cronica (16% dei pz. trattati).
I FANS provocano:
● Riduzione di VGF
● Ipertensione e insufficienza cardiaca
● Ridotta produzione di urine
Questo quadro clinico insorge dopo poche ore dall'assunzione di alte dosi di FANS per pazienti che nel rene
hanno un’emodinamica dipendente dalle prostaglandine di tipo compensatorio: alcune patologie (cirrosi,
insufficienza cardiaca, malattie cardiovascolari) infatti portano intrinsecamente alla produzione di sostanze
vasocostrittrici, a causa della riduzione di flusso ematico renale e riduzione del volume ematico, a cui
l'organismo risponde rilasciando appunto vasocostrittori come l’angiotensina, la vasopressina, le catecolamine
ecc.
In questi pazienti il flusso ematico renale viene garantito dalla presenza di PGE2 (prostaglandine di tipo
vasodilatatorio), proprio perché in generale ci sono livelli alti di vasocostrittori la cui azione deve essere
compensata da un’azione vasodilatatoria in situ: se però somministriamo alte dosi di FANS che inibiscono il
rilascio di PGE2 si esaspera il quadro vasocostrittore, con riduzione drastica di perfusione renale. Si arriva
al danno renale per scarsa perfusione dell'organo. L’insufficienza renale acuta da FANS (necrosi tubulare,
ipoperfusione) è correlata all’azione principale di inibizione delle PG. È caratterizzata da maggior resistenza
vascolare renale con minor flusso sanguigno e VFG. Si ha ritenzione idrosalina e quindi ipertensione e/o
insufficienza cardiaca, oliguria, ipoaldosteronismo iporeninemico quindi iperkaliemia. Insorge entro ore dopo
l’assunzione di dosi elevate di FANS o in pazienti le cui malattie di base portano a emodinamica renale dipendente
dalla sintesi di prostaglandine vasodilatatrici compensatorie PGE2. Di solito è rapidamente reversibile
all’interruzione del farmaco.
281
Tossicologia – IR19
Per il quadro da esposizione cronica da FANS il discorso è diverso: qui si causa un danno irreversibile, una
nefrite interstiziale di tipo allergico. Non è correlata all’azione farmacologica principale, è rara ma grave e
insorge dopo parecchi mesi-1 anno di trattamento con FANS, soprattutto fenoprofene.
Causa anche la necrosi papillare che è correlata con il declino della VFG molto accentuato, con incapacità totale
di concentrare l'urina e blocco totale della filtrazione con anuria. Questo porta all'aumento del K+ circolante a
seguito di un pesante squilibrio elettrolitico (iperpotassemia), che causa problemi al muscolo cardiaco. Presenta
acidosi metabolica tra i sintomi.
La necrosi papillare insorge in trattamenti di durata oltre i 3 anni, con uso di dosi elevate di farmaci analgesici da
soli o in combinazione (aspirina-fenacetina, paracetamolo-caffeina, ecc) e si chiama nefropatia da analgesici.
Paracetamolo
Con lo stesso meccanismo di danno epatico (produzione di un metabolita attivo) causa anche tossicità renale se si
superano i 4 g di paracetamolo al giorno, spesso in combinazione con altri FANS o negli etilisti (l’alcol causa
un’induzione enzimatica che lo trasforma nel suo metabolita tossico). Questo causa necrosi del tubulo prossimale
con aumento dell'azotemia e calo della VFG. Nell’urina causa la presenza di glucosio e proteine ma questo
effetto resta reversibile con la sospensione del trattamento farmacologico.
(Meccanismo d’azione: prevede la bioattivazione ad un metabolita altamente epato-nefrotossico, con deplezione
di GSH e stress ossidativo).
Il paracetamolo, usato da solo, è l’analgesico più sicuro in pazienti con insufficienza renale.
Anticonvulsivanti
Fenitoina (glomerulonefrite, segni di arterite)
Trimetadione e parametadione (non in Italia) danno rischio di sindrome nefrotossica.
Antireumatici
Per esempio i Sali d’oro, danno glomeriulonefrite progressiva immune quindi agiscono tramite attivazione SI
Litio
Diabete insipido nefrogenico, nefrite interstiziale cronica, glomerulonefrite
Diuretici
Nefrite interstiziale immune e insufficienza renale acuta
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Tossicologia – IR19
L'immunità è un termine che comprende tutta una serie di meccanismi che permettono all'organismo di
distinguere tra materiale self e non-self, ed eventualmente di eliminare quest'ultimo. Le modalità sono due:
1. Immunità innata o naturale costitutiva, aspecifica
É una modalità di difesa dell'organismo che elimina (molto spesso quotidianamente) potenziali patogeni
prima che insorga un'infezione. Gli elementi fondanti sono:
o Barriere fisiche e biochimiche: strato corneo della cute, muco del tratto naso-faringeo, lisozima
nelle secrezioni, ciglia nell'epitelio bronchiale, aumento di T corporea, riflesso della tosse, vomito,
starnuto
o Fattori solubili del plasma: citochine, sistema del complemento
o Cellule con ruoli specifici nel SI, dette immunocompetenti: si dividono in
cellule fagocitarie (polimorfonucleati tra cui troviamo neutrofili, basofili, eosinofili,
monociti, macrofagi)
linfociti NK
2
Gli apteni sono antigeni di piccole dimensioni che devono coniugarsi con proteine carrier per evocare una risposta specifica
283
Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Nell’immagine sono rappresentati i meccanismi di immunità acquisita mediati dai vari tipi di linfociti:
Al fine di indurre una risposta immune specifica nei confronti di un dato antigene, questo deve essere catturato e
modificato da parte di cellule accessorie dette APC (antigen presenting cells, macrofagi o cellule B), per poter poi
essere presentato ai linfociti.
Le APC fagocitano l’antigene, lo frammentano, lo espongono sulla propria superficie cellulare, legato al complesso
di proteine denominato MHC II.
Con il legame dell’antigene alle Ig poste sulla superficie della membrana cellulare, le cellule B mature passano ad
uno stato di attivazione, proliferano, e vanno incontro ad una differenziazione in cellula B con memoria oppure in
cellula produttrice di anticorpi.
285
Tossicologia – IR19
Ciò che distingue l’immunità innata da quella acquisita, oltre alle varie dinamiche cellulari presenti, è soprattutto
la tempistica. Nell'immunità acquisita sono previste due tempistiche di risposta:
1. Risposta primaria: avviene dopo 8-14 giorni. Si sviluppano cellule B e T della memoria, che ricordano
l'antigene con cui sono venute a contatto per moltissimo tempo: la nuova esposizione potrebbe avvenire
anche dopo anni, garantendo comunque efficacia di attivazione del SI.
2. Risposta secondaria: è più veloce (avviene entro 24-72 h) e molto più intensa. Avviene dalla seconda
esposizione all'antigene: è necessario solamente riconoscerlo fisicamente attaccandolo e dare luogo alla
risposta immunitaria vera e propria, che noi riconosciamo come reazione allergica, con la produzione
di molti linfociti t (espansione clonale).
N.B.: La risposta allergica è definita come una risposta imprevedibile e dato che nelle forme sistemiche e più gravi
può compromettere la sopravvivenza dell’individuo è anche considerata come uno degli avvenimenti più
pericolosi che si possano riscontrare in un paziente.
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Tossicologia – IR19
Si tratta di glicoproteine prodotte dalle cellule B, che hanno tutte la stessa struttura di base: troviamo sia catene
leggere che catene pesanti, con una regione costante (Fc) che media le funzioni effettrici (come il legame con i
fagociti e la fissazione del complemento) e una regione variabile preposta al riconoscimento specifico
dell'antigene.
Come si può vedere dalla tabella proposta, le immunoglobuline mediano risposte differenti nell’ambito del SI. In
parentesi le percentuali plasmatiche delle Ig.
Al fine di scatenare la risposta immunitaria ci sono degli eventi fondamentali che devono necessariamente
avvenire:
1. L’antigene deve essere catturato e modificato dalle cellule immunitarie accessorie dette APC
(linfociti B oppure macrofagi), che lo devono collocare sulla loro superficie esterna per consentirne il
riconoscimento da parte degli altri linfociti B maturi. Le APC quindi fagocitano, frammentano e poi
espongono l’antigene sulla loro superficie cellulare, legato alle proteine del MHC II.
2. Quando è avvenuto il riconoscimento tra le immunoglobuline e i frammenti di antigene, le cellule del SI
(dette immunocompetenti, ovvero linfociti B maturi) passano ad uno stato di attivazione che si
concretizza fondamentalmente in una intensa proliferazione cellulare, differenziandosi in:
● Cellule B della memoria
● Cellule che producono anticorpi (cellule effettrici)
Gli eventi scatenanti la risposta sono quindi l’internalizzazione dell’antigene, la sua modificazione
e conseguente esposizione, il riconoscimento con le immunoglobuline e l’attivazione delle cellule
immunocompetenti
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Tossicologia – IR19
IMMUNOTOSSICITÀ
Ci sono due modalità con cui uno xenobiotico può provocare immunotossicità:
1. Immunostimolazione (più frequente): ci sarà una risposta imprevedibile ed eccessiva rispetto allo
stimolo, che generalmente non dovrebbe provocare una risposta di quel tipo. Rientrano in questo
quadro anche le reazioni autoimmuni, in cui il SI reagisce non contro uno xenobiotico ma contro una
componente self dell'organismo.
2. Immunodepressione: ad esempio HIV/AIDS, in cui i soggetti sono molto vulnerabili a tutti i possibili
contatti con virus, batteri e patogeni che sono presenti nell'universo. Ha come conseguenza una maggiore
suscettibilità alle infezione e una maggiore incidenza di neoplasie.
Dal punto di vista fisiopatologico la causa non risulta sempre essere nota, ma in alcuni casi si sa che esiste una
certa predisposizione genetica per queste reazioni allergiche: questo perché la risposta del SI è mediata da
cellule e recettori, che spesso sono soggetti a polimorfismi e che quindi possono presentare variabilità
interindividuale non indifferente.
ALLERGIE A XENOBIOTICI
Le allergie sono reazioni avverse (e quindi patologiche) che avvengono attraverso l'attivazione del SI,
caratterizzate da entità spropositata e avvenute in seguito ad esposizione a sostanze che non sono
normalmente pericolose (pollini, acari della polvere, alimenti e additivi, farmaci, ecc.). presentano numerose
sintomatologie, da lievi e locali a gravi e sistemiche.
Possono interessare:
● Un apparato particolare (organo-specifiche, monosistemiche), come quelle della zona cutanea o
dell’apparato respiratorio
Manifestazioni monosistemiche:
o Apparato cutaneo (le più frequenti)
o Apparato respiratorio
o Manifestazioni ematologiche
o Manifestazioni epatiche
o Manifestazioni renali
● Più sistemi o tessuti, in questo caso sono dette generalizzate o multisistemiche, comprendono:
o Shock anafilattico
o Reazione tipo Malattia da siero
o Vasculiti
o Malattie autoimmuni iatrogene
288
Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Quindi:
1. Risposte di tipo I – reazioni anafilattiche mediate da IgE: sono mediate dalle IgE e sono dette anche
reazioni anafilattiche. Si ha il legame tra anticorpo IgE e recettore sul mastocita (o sui basofili), che
quindi libera i granuli che contiene nel torrente circolatorio (reazione di degranulazione). I granuli
contengono istamina, serotonina e sostanze chemiotattiche, oltre a mediatori ad azione anticoagulante.
Nei 10-15 minuti successivi a questo evento comportano edema, vasodilatazione prolungata e
infiammazione. Sono quadri clinici che compaiono per reazioni allergiche di gravità variabile, come asma,
orticaria, allergie alimentari, shock anafilattico
Sono indotte da: penicilline e derivati beta-lattamici, cefalosporine, anidride ftalica, Pt, Ni
e toluene isocianato
2. Risposte di tipo II – citolitiche mediate da IgG e IgM: sono mediate da IgG e IgM, e sono anche dette
reazioni citolitiche. La reazione allo xenobiotico prevede la combinazione dell'anticorpo con la cellula
bersaglio e quindi l'attivazione dei linfociti NK. Questi inglobano anche la cellula presentante
l'antigene. Sono manifestazioni di questo tipo di reazioni malattie conosciute come l’anemia emolitica o la
miastenia grave.
Sono indotte da molecole di xenobiotico che si comportano da apteni, come idralazina,
metildopa, procainamide
3. Risposte di tipo III – reazioni di Arthus medite da IgG: sono mediate dalle IgG, note anche come
reazioni di Arthus. Sono molto gravi perché si formano degli immunocomplessi Ag-Ab che precipitano
in vari distretti, tra cui le pareti dei vasi (vasculite) oppure il tessuto renale (glomerulonefrite). Provocano
lupus, glomerulonefrite o artrite reumatoide
Sono indotte da apteni: penicillina, sulfonamide, tiouracile
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Tossicologia – IR19
In particolare, la penicillina media tutti questi tipi di reazioni allergiche: la manifestazione più frequente per
l'allergia a questo antibiotico è l'orticaria, la febbre, ma si arriva anche a broncospasmo, vasculite, quindi
infiammazione della parete vasale, fino ad arrivare allo shock anafilattico, che può compromettere la
sopravvivenza del paziente.
Bisogna tenere a mente che questa estrema sensibilità alle penicilline implica anche che le cefalosporine possano
dare luogo a meccanismi di sensibilizzazione crociata.
La sensibilizzazione alla penicillina (antibiotico beta-lattamico) spesso è occulta: cibi contenenti penicillina o
Penicillum notatum.
Le reazioni avverse immuno mediate si verificano con elevata frequenza (1/100 somministrazioni).
Sensibilizzazione crociata con le cefalosporine (sempre beta-lattamici): circa 10% con cefalosporine di prima
generazione, 1-3% con quelle di terza generazione.
Ordine di frequenza delle reazioni allergiche alla penicillina:
● Orticaria,
● Febbre,
● Broncospasmo,
● Vasculiti,
● Malattia da siero/Steven-Johnson,
● Anafilassi.
Quasi tutte le classi di farmaci inducono allergie: Altri xenobiotici non farmaci:
● FANS ● Formaldeide presente nei detergenti, nei
● Anestetici disinfettanti (reazioni di tipo I e IV)
● Antiipertensivi e antiaritmici ● Anidride ftalica
● Contrasti in radiologia ● Metalli pesanti come Ni, Pt, Cr, Au, Hg,
● Chemioterapici antibiotici Be (reazioni alla bigiotteria contenente
nichel, per esempio)
● Pollini e polveri di casa
● Veleno degli imenotteri come le api e le
vespe
● Allergia al lattice
I farmaci possono indurre qualsiasi tipo di risposta allergica (tipo I, II, III e IV)
Le forme più comuni di risposta allergica (prevalentemente di origine occupazionale) indotta da sostanze chimiche
non-farmaci sono:
● Tipo I: asma
● Tipo IV: dermatiti da contatto
291
Tossicologia – IR19
Anafilassi sistemica
È una risposta potenzialmente fatale, la cui insorgenza è solitamente rapida ed improvvisa, che è associata
ad una liberazione massiccia di allergeni nel circolo ematico. La sua potenziale gravità rende la
somministrazione di farmaci anti-H1 praticamente inutile: infatti, data la gravità del quadro clinico che viene a
delinearsi quando si ha uno shock anafilattico, gli interventi che vengono fatti sul paziente sono sempre rivolti a
ripristinare e garantire le sue funzioni di base, come la respirazione.
Un soggetto può sperimentare una reazione anafilattica ad una puntura di insetto, in modo imprevedibile, e nel
giro di qualche minuto dall’esposizione; la reazione può anche essere lunga se non è possibile allontanare lo
xenobiotico (es. ingestione), oppure se ci sono reazioni bifasiche (tardive, diverse ore dopo la prima reazione.
La parte della lingua e del primo cavo orale si rigonfiano, ostruendo le vie aeree ed impedendo la respirazione
in modo estremamente pericoloso.
Le manifestazioni successive dipendono dall'esposizione:
● Esposizione transcutanea: ne sono un esempio le punture di insetto, che causano alterazione funzionale
del sistema respiratorio, con costrizione delle vie aeree, oppure di quello cardiovascolare, con
vasodilatazione molto pronunciata con ipotensione periferica massiva che mette in difficoltà il
cuore.
● Esposizione orale: riguarda le allergie alimentari, interessa il sistema GI (con dolori, crampi
addominali, diarrea, vomito), le alte vie respiratorie (coinvolgimento che si ritrova tipicamente facendo
uso di deodoranti spray, quando si inala parte del propellente) con edema laringeo, ostruzione delle vie
respiratorie e asfissia, le basse vie respiratorie (eccesso di produzione di secrezione bronchiale che
ostacola la via dell'aria riempiendo il bronco, aumento della contrattilità bronchiale, broncospasmo, che
contribuisce al senso di dispnea).
● Esposizione sistemica: avviene a causa di assunzione per via endovenosa di farmaci (es. penicillina) e si
manifesta con alterazione dell'apparato cardiovascolare e con coinvolgimento significativo del
compartimento vascolare. Questo perché l'istamina causa vasodilatazione periferica ed ipotensione,
oltre ad un'aumentata permeabilità vascolare con accumulo dello spazio extravasale di sangue: arrivo
ad ipotensione, conseguente tachicardia, shock cardiogeno che indica un’attività cardiaca compromessa
che deve essere ripristinata per garantire la sopravvivenza dell’individuo.
In molti casi questa tossicità (l’anafilassi in generale) si rivela fatale, soprattutto se vede il coinvolgimento di
apparato cardiovascolare e respiratorio, anche perché necessita di un intervento immediato e di personale
competente, cosa non sempre possibile.
Agenti che causano anafilassi fatale: antibiotici, punture di insetti, mezzi di contrasto per
radiologia, FANS, contatto con il lattice e alcuni alimenti
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Tossicologia – IR19
Fatta eccezione per quelle sostanze ad impiego terapeutico che sfruttano l’immunosoppressione per
alcune condizioni patologiche, tutte le altre sostanze citate in elenco causano immunodepressione come
effetto collaterale.
Oltre ai farmaci, esistono anche altre sostanze chimiche in grado di indurre immunodeficienza secondaria (o
acquisita): e questi non sono farmaci
Benzene; idrocarburi polialogenati (bifenili policlorurati e polibrominati; diossine)
Insetticidi organofosforici (parathion, malathion) ed organoclorurati (DDT, aldrin, lindano)
Metalli in alte concentrazioni per esposizione sistemica (Pb, Ni, Cd, Hg organico e inorganico, As,
organostannici)
Inquinanti atmosferici (esposizione per via inalatoria): gassosi (ozono, ossido d'azoto); metalli
aviotrasportati (Ni, Cd, Zn, Pb, Mg); asbesto; silice
3 E’ dovuto all’inibizione della proliferazione dei linfociti T attraverso il blocco della via Ca++-dipendente della
regolazione della trascrizione di IL-2, e quindi alla soppressione delle fasi più precoci dell’espansione clonale
In particolare, la ciclosporina si lega alla ciclofillina A, che è considerata il recettore principale per la ciclosporina.
Tale legame porta alla formazione di un complesso macromolecolare che si lega alla calcineurina responsabile di
attività fosfatasica bloccandola. L’attività fosfatasica è essenziale per defosforilare del NF-ATC (cyctosolic nuclear
factor of activated T cells) che defosforilato, trasloca nel nucleo, e induce la trascrizione di numerosi geni tra cui
IL-2, che stimola la proliferazione dei linfociti T
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Tossicologia – IR19
Questa capacità di modulare il SI da parte degli xenobiotici sembra sia alla base, inoltre, dell’aumento di
incidenza di asma nei bambini. Negli ultimi anni, infatti, sembrerebbero avere un’aumentata sensibilità
soprattutto agli inquinanti atmosferici.
L’attività del Si può essere condizionata attraverso 2 principali modalità. La sua sensibilità, infatti, può venire:
Aumentata (ipersensibilità del SI): in questo caso possiamo incorrere in una reazione sproporzionata nei
confronti di uno stimolo tossico o xenobiotico. Reazione allergica.
Ridotta: in questo caso il SI viene indirizzato verso una componente dell’organismo stesso: reazione
autoimmune.
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Tossicologia – IR19
I meccanismi effettori più frequentemente coinvolti sono quelli delle reazioni di ipersensibilità di tipo II
(citolitiche) e di tipo III (da immunocomplessi).
Malattia di Goodpasture
Una forma di glomerulonefrite con accumulo lineare di immunocomplessi (Ig) sulla membrana basale
glomerulare. Questa patologia è spesso correlata ad un problema respiratorio, in quanto provoca emorragie
polmonari. Il fattore in comune tra le due patologie è la presenza nel tessuto di collagene: gli autoanticorpi
prodotti, infatti, sono indirizzati al collagene che è presente nei capillari sia a livello alveolare che renale.
In questo caso la tossicità può avere una duplice manifestazione.
Esempi di composti chimici attivanti:
Farmaci: penicillamina (terapia dell’artrite reumatoide)
Miastenia Grave
Il quadro cinico deriva dall’attacco di autoanticorpi nei confronti del recettore colinergico nicotinico NM sulla
giunzione neuromuscolare4. L’alterazione della placca neuromuscolare si traduce in debolezza muscolare.
Esempi di composti chimici attivanti:
Farmaci: penicillamina, sali d'oro (terapia dell’artrite reumatoide)
Glomerulonefrite
Derivata dall’accumulo granulare di Ig sulla membrana basale glomerulare, alterandone lo spessore. In questo
modo viene alterato il passaggio dei componenti plasmatici dalla capsula di Bowman al tubulo prossimale: viene
alterata complessivamente la funzione del rene.
Esempi di composti chimici attivanti:
Farmaci: sali d'oro (terapia dell’artrite reumatoide)
Non farmaci: composti del mercurio
4
Ricordiamo che esistono due tipi di recettori colinergici: nicotinici uno muscolare e uno gangliare. Il recettore
muscolare (o della placca neuromuscolare) traduce il segnale dell’acetilcolina in contrazione della muscolatura
scheletrica.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
TOSSICITÀ CARDIOVASCOLARE
La tossicità cardiovascolare può essere sia a carico del cuore che della componente vascolare, quindi arterie e
vene.
I punti di vulnerabilità del cuore sono diversi (es. tutto ciò che interferisce con l’omeostasi ionica può interferire
col sistema di conduzione).
L’unità contrattile principale del cuore è costituita dal miocita cardiaco, che contiene degli elementi contrattili,
ossia le miofibrille, costituite a loro volta da filamenti spessi
(miosina) e filamenti sottili (actina). I miociti cardiaci sono a
stretto contatto tra loro per diminuire la resistenza al passaggio
dell’impulso: sono infatti uniti da dischi intercalari con gap
junction che comporta una rapida trasmissione di stimoli
elettrici da una cellula all’altra.
Oltre ai miociti propriamente detti, nel cuore ci sono anche altre
cellule, come fibroblasti (ossia tessuto connettivale), cellule di
tipo vascolare, cellule miocardiche specializzate a condurre un
impulso elettrico (come cellule pacemaker o fibronectine), ecc..
La contrazione miocardica comporta la liberazione di energia da
parte di ATP e del creatinofosfato e l’utilizzazione dell’energia da
parte delle proteine contrattili.
Il tessuto cardiaco è costituito per il 70% da fibre muscolari e per il 30% da tessuto connettivo e vasi. A differenza
del muscolo scheletrico, contiene meno materiale contrattile (50% vs 80%), ma più materiale mitocondriale
(35% vs 2%).
Ha una doppia innervazione (è sotto il controllo del sistema nervoso autonomo), poiché riceve:
fibre parasimpatiche attraverso il nervo vago: controllo da parte del sistema colinergico, perché viene
rilasciata acetilcolina.
fibre ortosimpatiche: vengono rilasciate catecolamine, come la noradrenalina.
Questa duplice componente è la manifestazione del cosiddetto antagonista fisiologico, perché dove l’acetilcolina
ha un’azione, le catecolamine svolgono attività opposta.
La funzione del cuore è quella di pompare/immettere sangue nell’albero circolatorio con una pressione sufficiente
al raggiungimento anche dei vasi più periferici. Inoltre, attraverso i vari coronarici si ha anche la distribuzione ai
polmoni: spinge il sangue venoso ai polmoni, dove si ossigena, e poi ridistribuisce nell’albero circolatorio il sangue
ossigenato.
Affinché questo sistema funzioni, è necessaria una coordinazione delle attività contrattili.
Il ciclo cardiaco comprende l’alternarsi di:
sistole: contrazione della muscolatura cardiaca
diastole: rilassamento della muscolatura cardiaca
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Tossicologia – IR19
Nelle cellule del cuore nasce l’impulso elettrico e viene propagato tramite le fibre del miocardio. La contrazione
delle cellule miocardiche è dovuta ai potenziali d’azione che si formano solo in miociti specializzati -ossia le
cellule pacemaker del nodo senoatriale (che segnano il ritmo del cuore)- per passare attraverso gli atri al nodo
atrioventricolare e da qui, attraverso le fibre del Purkinje, a tutto il ventricolo.
Nel tessuto del miocardio ci sono alcune aree che contribuiscono alla conduzione dell’impulso, ma non si
contraggono: nodo senoatriale e nodo atrioventricolare, fascio di his (serve a condurre e distribuire l’impulso
elettrico fino al margine inferiore del cuore) e fibre del Purkinje (che serve a distribuire l’impulso dal nodo
senoatriale).
Vulnerabilità cardiaca
Processi fisiologici vulnerabili sono tutti quelli riguardanti l’utilizzo di energia, i processi energetici e i movimenti
cellulare del Ca2+. Il cuore è vulnerabile agli effetti degli xenobiotici a causa della limitata capacità proliferativa
dei cardiomiociti e della propensione alla proliferazione e al rimodellamento dei fibroblasti cardiaci a seguito
di un insulto tossico. Il fibroblasto cerca di sanare un eventuale danno al cuore diminuendo tuttavia la sua attività
poiché sì prolifera, ma non ha né capacità di conduzione né capacità contrattile (cicatrice del miocardio).
Accoppiamento eccitazione/contrazione
La contrazione delle cellule miocardiche è dovuta ai potenziali d’azione che si formano in miociti specializzati, le
cellule pacemaker del nodo senoatriale, per passare attraverso gli atri al nodo atrioventricolare, e da qui,
attraverso le fibre del Purkinje, a tutto il ventricolo.
I. Il ciclo cardiaco inizia quando le cellule
pacemaker vanno incontro a
depolarizzazione spontanea e
trasmettono una corrente elettrica -ossia l
potenziale d’azione- alle cellule vicine. Le
cellule pacemaker non si contraggono. La
depolarizzazione spontanea può avvenire
nel nodo senoatriale, nel nodo
atrioventricolare, nel fascio di His e nelle
fibre del Purkinje. In condizioni
fisiologiche le cellule pacemaker
stabiliscono il ritmo del cuore.
II. La contrazione dei miociti inizia quando il
Ca2+ intracellulare si lega alla proteina
troponina C e alla tropomiosina e le loro
conformazioni cambiano.
III. Il cambio conformazionale delle due
proteine fa sì che l’ATP venga idrolizzato ad
ADP+P con liberazione di energia: ciò
causa una modificazione conformazionale
della miosina, che può interagire con
l’actina causando la contrazione (i
filamenti di miosina scorrono sui filamenti
di actina e si accorciano).
298
Tossicologia – IR19
Ad ogni fase del potenziale d’azione, corrisponde un’onda -positiva o negativa- sull’ECG.
1. Onda P: corrisponde all’onda di depolarizzazione atriale
2. Onda QRS: corrisponde alla depolarizzazione ventricolare
3. Onda T: corrisponde alla ripolarizzazione ventricolare
L’onda QRS non è un’onda continua perché da un punto di vista funzionale, il ritardo serve perché se atrio e
ventricolo si contraessero contemporaneamente, il sangue non riuscirebbe ad essere pompato completamento dal
ventricolo all’atrio; si tratta quindi di un ritardo fisiologico necessario che permette prima la contrazione dell’atrio
(in seguito alla depolarizzazione) e poi, una volta che il sangue è stato spinto attraverso la valvola, la contrazione
del ventricolo che pompa il sangue verso il circolo sistemico (aorta).
Un’alterazione di contrazione atriale non è incompatibile per la vita, perché per forza di gravità il sangue scende
comunque nel ventricolo, anche senza una contrazione ottimale dell’atrio. Un’alterazione di contrazione
ventricolare, invece, è incompatibile per la vita: una aritmia ventricolare che si protrae per vari minuti provoca la
morte.
Ci sono stati casi di farmaci che sono stati ritritarti dal commercio perché responsabili del prolungamento del
complesso QRS. Infatti, un’alterazione del tratto Q-T, crea delle problematiche funzionali al cuore. Es. Cisapride,
un procinetico che in manifestò questo problema solo nella fase post-marketing.
299
Tossicologia – IR19
Le malattie cardiache si distinguono in acquisite (per esposizione ad un farmaco, inquinanti ambientali, stile di
vita scorretto) o congenite e possono essere dovute a:
alterazione della tonaca esterna, ossia il tessuto del cuore
alterazione delle arterie coronarie che collegano il cuore al polmone, quindi sono fondamentali per
l’ossigenazione del sangue venoso e soprattutto per il funzionamento stesso del cuore
alterazioni del muscolo o delle fibre muscolari: tramite infezioni batteriche (miocardite)
malattia della tonaca interna (endocardite)
alterazioni o lesioni delle valvole cardiache, che mettono in comunicazione atri e ventricoli
disturbi della conduzione dell’impulso: ossia un’aritmia (non tutti i miociti si contraggono in modo
efficiente).
Es. Il fenomeno del rientro del tessuto miocardico si manifesta quando un impulso elettrico che parte da
un’area del cuore, mentre si propaga attraverso la struttura può trovare degli ostacoli, come per esempio
tessuto cicatriziale. In questo caso, l’impulso non può attraversare la cicatrice, quindi eccita le cellule
vicine: è come se ci fosse una condizione circolare dell’impulso per cui una stessa area del miocardio viene
continuamente sollecitata, mentre altre aree non sono sollecitate il cuore perde la ritmicità.
300
Tossicologia – IR19
Cardiopatia ischemica
È causata da un’inadeguata perfusione miocardica rispetto al fabbisogno di ossigeno e nutrienti (es. per
aterosclerosi e conseguente ostruzione arteriosa).
L’ischemia prolungata può portare all’infarto a causa dell’interruzione del flusso ematico e conseguente morte
per necrosi delle cellule miocardiche. Le aree danneggiate in maniera irreversibile durante l’infarto sono sostituite
da tessuto cicatriziale. Il rimodellamento cardiaco consiste nella perdita iniziale di miociti, successiva attivazione
dei fibroblasti che formano la cicatrice, causano ipertrofia dei miociti rimanenti, alterata geometria cardiaca
(ingrossamento) e modifica del microcircolo cardiaco.
301
Tossicologia – IR19
Indipendentemente dalla categoria (1 o 2) a cui appartenga, le modalità di alterazione della funzionalità cardiaca
sono:
1. Interferenza con l’omeostasi ionica e potenziale d’azione che risulta in un disturbo del ritmo
cardiaco
Gli equilibrio ionici sono fondamentali per la nascita del potenziale d’azione, la conduzione e la
contrazione del miocita. Ogni singola fase del potenziale d’azione è suscettibile di interferenza5 e di blocco
perch è in ogni fase entrano in gioco dei canali, ovvero delle proteine, ostacolabili. Il blocco di un canale,
per esempio il canale del calcio o del sodio, sicuramente bloccherà varie funzioni anche in altre cellule, ma
uno degli effetti più gravi si avrà nel cuore.
a. inibizione del Na+,K+-ATPasi: questo enzima riduce le [Na+]intracellulari scambiandolo con il
K+ extracellulare. Se viene inibito, aumenta Na+ intracellulare a riposo che causa un aumento di
conc di Ca++ intracellulare e rilascio di Ca dai depositi, contribuiscono all’azione inotropa di
alcuni agenti.
b. blocco dei canali al Ca++: il canale di tipo L contribuisce all’accoppiamento
eccitazione/contrazione, mentre il canale di tipo T al potenziale pacemaker del nodo SA. Quindi
il blocco di questi canali produce effetto inotropo negativo6 a causa del ridotto rilascio dai depositi
c. blocco dei canali al K+: aumento della durata del potenziale d’azione e prolungamento della fase
refrattaria. La fuoriuscita del potassio ripristina il potenziale di membrana originale, quindi la
condizione di eccitabilità. Se il canale è bloccato la cellula non è eccitabile: prolunga il periodo
refrattario in cui non è in grado di rispondere alla stimolazione.
d. blocco dei canali al Na+: è necessaria una depolarizzazione maggiore affinchè i canali al Na+ si
aprano. In questo modo si riduce la velocità di conduzione e si prolunga la durata del QRS
2. Alterazione del flusso sanguigno (es. vasocostrizione o vasodilatazione).
Il grado di contrazione e di resistenza vasale è sotto il controllo delle catecolammine. Va ricordato che nel
cuore ci sono due componenti: recettori beta (prevalenti sono i B1) e alfa.
Le catecolamine
a. Attraverso l’attivazione dei recettori alfa sui vasi coronarici causano vasospasmo coronarico
(così come in tutti i vasi gli alfa danno costrizione) e riduce la pervietà dei vasi che vanno dal
cuore al polmone. La contrazione molto forte causa vasospasmo.
b. Attraverso la stimolazione dei recettori beta aumentano la frequenza cardiaca, la contrattilità e
il consumo di ossigeno del miocardio. Se i recettori beta vengono inibiti in alcuni stati patologici,
le azioni dirette sui vasi coronarici possono essere prevalente e causare alterazione della
circolazione coronarica. La circolazione coronarica è quella attraverso cui il sangue irrora il cuore
stesso, quindi un problema a questo livello implica a sua volta problemi di sofferenza cardiaca: il
cuore non ha ossigeno e nutrienti a sufficienza.
3. Stress ossidativo non compensato da sistemi antiossidanti (es. SOD, CAT, glutatione perossidasi). In
condizioni di ischemia/riperfusione si ha la formazione di ROS che causano perossidazione lipidica,
perdita integrità di membrana, disfunzione mitocondriale, alterazioni omeostasi Ca++, aritmie.
In generale, una sostanza in grado di dare stress ossidativo altera proteine, lipidi, acidi nucleici, ecc.
Normalmente i sistemi di contrasto nel cuore sono scarsi, quindi l’evento ossidativo è scarsamente
compensato: il cuore è più soggetto al danno ossidativo rispetto agli altri tessuti.
5 Nel cuore ci sono due tipi di canali, L e T. Il primo serve per l’accoppiamento eccitazione-contrazione (quando
arriva il potenziale d’azione si apre il canale, fa entrare il calcio). I canali T sono prevalenti nelle cellule pacemaker
quindi nella nascita del potenziale d’azione.
6 Riduzione della forza contrattile del cuore.
302
Tossicologia – IR19
4. Disfunzioni mitocondriali e del sarcolemma, possono alterare i livelli intracellulari di Ca++ e la sintesi
di ATP (il 90% di ATP usato dai miociti è prodotto dalla respirazione mitocondriale, dal mtocondrio:
sottrarre il deposito al miocita implica difficoltà di contrazione). Le concentrazioni di Ca extracellulare
sono molto maggiori di quelle del Ca libero intracellulare a riposo. A differenza del tessuto scheletrico, il
cuore ha il 35% di componente mitocondriale: se non c’è adeguato approvvigionamento di energia e ATP
si blocca7.
5. Apoptosi e oncosi (sinonimo di necrosi): nel periodo immediatamente successivo a infarto miocardico,
danno ischemico, a lesioni da I/R (ischemia-riperfusione) la morte dei cardiomiociti avviene per apoptosi,
mentre la necrosi si verifica in momenti successivi all’insulto. Nel danno IR l’area è andata in contro a
ischemia: scarsa vascolarizzazione causa scarsa perfusione. Eliminando la causa dell’ischemia, torna un
flusso normale di sangue, ricco di ossigeno, e si generano ROS che rappresentano già da soli un insulto al
tessuto. Il cardiomiocita muore per apoptosi o per necrosi: la morte immediata per necrosi fa permanere
un insulto tossico in più perché permane anche l’infiammazione.
Peptidi e citochine infiammatorie vengono rilasciati durante la progressione di malattie cardiache, come
angiotensina, TNF-a ligando FAS e sono in grado di causare apoptosi anche in vitro.
Biomarcatori di cardiotossicità:
7Esempio molto banale, il muscolo scheletrico è una fiat 500, il cuore è una ferrari: hanno bisogno di quantità
diverse di benzina e hanno prestazioni radicalmente diverse.
303
Tossicologia – IR19
Sostanze cardiotossiche
Farmaci usati per varie patologie (CV, psicotropa, ecc).
o Antineoplastici, anestetici, psicotropi, antibiotici.
o La cardiotossicità dei farmaci può essere causata da un’azione aumentata del suo principale
effetto farmacologico sul cuore (es. digitale, procainamide), oppure con meccanismi non correlati
al loro uso terapeutico e ai principali effetti farmacologici
Sostanze industriali
o Metalli pesanti, solventi, alcoli
Prodotti naturali
o Peptidi, ormoni
Di seguito varie tabelle con esempi di diverse sostanze e correlata manifestazione cardiotossica e meccanismo alla
base della cardiotossicità. Per alcune sostanze non si conosce il meccanismo tossico.
304
Tossicologia – IR19
Ci sono anche molte sostanze che non hanno a che vedere con l’impiego terapeutico in ambito CV ma hanno
notevole cardiotossicità. Il problema diventa grave quando si tratta di sostanze utilizzate come antitumorali, per
esempio la doxorubicina.
La doxo causa, nel 7% dei pz., una cardiomiopatia e insufficienza cardiaca. Si ritiene che sia in grado di danneggiare
il mitocondrio, causare stress ossidativo, alterare l’omeostasi del calcio e causare la morte apoptotica delle cellule.
Anche il 5-fluorouracile causa notevoli danni.
Facciamo questi esempi perché si tratta di farmaci anti neoplastici usati ampiamente, quindi un numero sempre
crescente di pazienti è esposto alla tossicità di questi elementi. A maggior ragione, l’organismo dei pazienti è già
danneggiato e vulnerabile per la presenza della patologia neoplastica.
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Tossicologia – IR19
Il toluene è proaritmico
(favorisce insorgenza di
aritmie riducendo attività
parasimpatica, che
normalmente frena l’attività
cardiaca, e aumenta la
sensibilità al sistema
ortosimpatico, che stimola le
catecolammine).
Fino ad ora abbiamo analizzato la tossicità a carico del muscolo cardiaco, ma il sistema CV è costituito anche dai
vasi.
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Tossicologia – IR19
Ipotensione e ipertensione. La marcata riduzione di pressione arteriosa sistemica è un effetto comune nei casi
di intossicazione da sostanze che deprimono il sistema nervoso centrale, gli antiipertensivi e nelle reazioni
anafilattiche. L’ipertensione può risultare dall’incremento di sostanze ad azione vasocostrittrice nel torrente
ematico come angiotensina e catecolamine;
Le cellule della muscolatura liscia possono andare incontro a crescita ipertrofica con conseguente ispessimento
della parete vascolare e aumento delle resistenze periferiche, oppure bersaglio di azione tossica di xenobiotici.
L’ipertensione induce lesioni degenerative vascolari, aumento di permeabilità vascolare con conseguente ingresso
di costituenti ematici all’interno della parte vascolare;
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Tossicologia – IR19
La trombosi è la formazione di un massa semisolida nella circolazione sanguigna a partire da costituenti del
sangue stesso. Si può verificare sia a livello venoso che arterioso in seguito all’esposizione a sostanze tossiche;
L’insorgenza di trombosi può essere il risultato dell’induzione di aggregazione piastrinica attraverso un aumento
delle loro proprietà adesive o attraverso aumento della coagulazione per attivazione dei fattori della coagulazione;
Parti del trombo possono staccarsi dalla massa iniziale e una volta in circolo possono arrestarsi in un vaso dal
diametro ridotto che quindi risulterà occluso (embolo). Le conseguenze della formazione dell’embolo dipendo dal
sito vascolare in cui si verifica, potenzialmente fatali.
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Tossicologia – IR19
Spesso possono concorrere all’azione tossica molteplici meccanismi simultaneamente, la modulazione della
crescita e del differenziamento delle cellule vascolari sono tra gli effetti più comuni.
Lo stesso xenobiotico può avere più meccanismi tossici nei confronti del vaso.
Possiamo capire cosa implica una tossicità cardiaca, ma è complesso comprendere cosa implichi una tossicità
vascolare. Il ruolo dei vasi, del tono vascolare, è fondamentale e un danno alla parete vascolare può manifestarsi
in tre modi:
1. Danno aterosclerotico: deposito di materiale nella parete-lume del vaso. Può ostruire il vaso portando a
ischemia, infarto o trombosi. Non si tratta di un’alterazione solo locale perché la placcapuò staccarsi ed
entrare in circolo.
2. Ipertensione: di per sé causa ispessimento della parete arteriosa e muscolare del cuore. L’ispessimento
implica la partecipazione di cellule che non hanno nulla a che vedere con la funzione dell’endotelio o del
muscolo.
3. Ipotensione: un’ipotensione massiva, come nello shock anafilattico (istamina rilasciata in enormi quantità,
vasodilatatrice), è dovuta alla riduzione delle resistenze periferiche e la caduta di pressione che ne deriva
può dare insufficienza circolatoria e shock. Il sangue torna con grande difficoltà al cuore e compromette
alterata risposta cardiaca.
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
FARMACOVIGILANZA
È la modalità che permette di rendere note le evidenze di una reazione avversa (segnale), cominacandole.
Definizioni
Farmacologia: studio degli effetti dei farmaci.
Farmacologia clinica: studio degli effetti dei farmaci sugli esseri umani.
Farmacovigilanza: è l’insieme delle attività con lo scopo di individuare, valutare, comprendere e
prevenire le reazioni avverse.
Farmacoepidemiologia: studio dell’impiego e degli effetti dei farmaci in grandi popolazioni di soggetti.
Epidemiologia: studio della distribuzione e dei determinati (fattori importanti al fine dello studio) della
malattia nelle popolazioni.
Evento avverso: è un fenomeno clinico sfavorevole che si manifesta durante il trattamento con un
farmaco ma non è necessariamente collegato al trattamento farmacologico da un nesso di casualità.
Reazione avversa (Adverse Drug Reaction - ADR): è un fenomeno clinico sfavorevole che si manifesta
durante il trattamento con un farmaco e che può avere un nesso di casualità.
Esempio
Nel caso in cui un soggetto in trattamento farmacologico esca di strada, non necessariamente implica che i due
fattori seguano una relazione di causa-effetto. Occorrono analisi a posteriori per confermare l’ipotesi.
Nella valutazione delle reazioni avverse ha un ruolo fondamentale la segnalazione spontanea. Essa può avvenire
attraverso una specifica scheda, di cui ne esistono due tipologie:
una scheda può essere compilata dal personale sanitario (farmacista, medico, infermiere, ecc)
una scheda può essere compilata dal comune cittadino: ovviamente questa richiede informazioni meno
specifiche e meno tecniche.
311
Tossicologia – IR19
DIETILSTILBESTROLO (1971)
Il dietilstilbestrolo (DES) è un farmaco ad azione estrogeno-simile usato dagli anni quaranta (1938) agli anni
settanta negli Stati Uniti per prevenire l'aborto. Oggi è riconosciuto come interferente endocrino.
Nell’Aprile 1971, il New England Journal of Medicine pubblicava la segnalazione di tre medici relativa allo sviluppo
di adenocarcinoma a cellule chiare in 7 di 8 figlie (età tra 14 e 22 anni) nate da madri che avevano assunto DES nel
primo trimestre di gravidanza L'incidenza totale di alterazioni benigne della vagina e del collo dell'utero fu stimata
essere del 75%.
Nella progenie maschile esposta durante la gestazione, si è osservata un'elevata incidenza di cisti epididimali,
ipotrofia testicolare, ipospadia e indurimento capsulare associati a riduzione del volume dell'eiaculato e
alterazioni qualitative del liquido seminale.
La tossicità è perciò diversificata in base al sesso, ma è collegata alla somministrazione del farmaco. La reazione
avversa coinvolge la prima generazione.
Conclusione:
Anche farmaci di uso consolidato possono essere associati a tossicità sconosciute. La valutazione (e
segnalazione) di possibili eventi avversi per questi farmaci non deve essere trascurata.
Tossicità a lungo termine dei farmaci non possono essere rilevate negli studi clinici. È necessaria una
particolare attenzione per metterle in evidenza. Infatti, in questo caso, l’effetto avverso impiega circa 20
anni per manifestarsi.
Popolazioni speciali di pazienti normalmente escluse dagli studi clinici (gravidanza, bambini, anziani)
nella pratica clinica quotidiana ricevono terapie farmacologiche off label: la segnalazione di reazioni
avverse è particolarmente importante per queste categorie di pazienti perché sono più a rischio essendo
più fragili.
CERIVASTATINA (2001)
Questo farmaco fu autorizzato alla fine degli anni 90 in diversi paesi, in quanto
gli studi clinici pre-registrativi non evidenziavano un rischio particolare di
tossicità muscolare per questa statina (miotossicità: uno dei primi effetti
avversi delle statine ad essere conosciuto clinicamente).
Nella fase di sorveglianza post-marketing, però, furono segnalate 52 morti per
rabdomiolisi da cerivastatina (da 16 a 80 volte maggiore rispetto alle altre
statine) e 385 casi di rabdomiolisi non fatale (5-10 volte superiore alle altre
statine).
L’effetto fu evidenziato soprattutto in pazienti che assumevano fibrati e
inibitori CYP3A4 (biodisponibilità di cerivastatina: +40-300%).
Agosto 2001: l’azienda farmaceutica ritira dal mercato mondiale cerivastatina
Conclusioni:
La segnalazione di effetti noti non è inutile. Può evidenziare
differenze di incidenza di rischio per farmaci di una stessa classe:
perché tenere un farmaco in commercio se, a parità di efficacia,
esistono alternative terapeutiche più sicure? In questo caso, ad
esempio, il medico prescriverà un’altra statina.
Le interazioni con altri farmaci non possono essere rilevate negli
studi preregistrativi. Solo la segnalazione spontanea può mettere in
evidenza quelle clinicamente rilevanti. Non si possono testare tutte le
possibili combinazioni di farmaci che possono interferire.
312
Tossicologia – IR19
CISAPRIDE (2001)
È un pro-cinetico, una molecola in grado di promuovere lo svuotamento gastrico.
È stata autorizzata in Italia nel 1990.
Gli studi pre-registrativi (n=4000) non avevano rilevato aritmie associate al
trattamento con cisapride. Tra il 1993 e il 1999 furono segnalati alla banca dati OMS
numerosi casi di disturbi del ritmo cardiaco, molti ad esito fatale (tabella).
Questi casi originarono 4 studi osservazionali su grandi campioni di pazienti
(18.000) ma quasi tutti non osservarono aumento del rischio di aritmia associato
al trattamento con cisapride.
I casi segnalati nel corso degli anni 90 evidenziarono che molti casi di aritmia erano
associati ad interazioni con farmaci inibitori del CYP3A4 (succo di pompelmo).
La scheda tecnica del farmaco venne ripetutamente aggiornata fino al 1999 per
evitare l’esposizione di pazienti potenzialmente a rischio (es. bambini prematuri),
ma le abitudini prescrittive non cambiarono significativamente.
29 settembre 2001: cisapride ritirata dal commercio
Conclusioni:
Gli studi clinici pre-registrativi non arruolano un numero di pazienti
sufficiente a rilevare reazioni avverse rare pericolose per la vita del paziente. Ad esempio, anche in questo
caso, nonostante lo studio fu condotto su 4'000 candidati, il numero di pazienti a cui il farmaco fu destinato
era notevolmente superiore.
Talune reazioni avverse richiedono capacità diagnostiche specifiche. Il medico deve aggiornarsi
continuamente per essere in grado di riconoscerle (diagnosi differenziale). Ecco perché è sempre
fondamentale la segnalazione: non essendo presente in letteratura un effetto avverso correlato ad un
farmaco, è quasi impossibile trovare un nesso di causalità.
Anche studi osservazionali con popolazioni enormi non rilevano reazioni talmente rare che solo la
segnalazione spontanea può evidenziare.
ROFECOXIB (2004)
È stato sviluppato con un meccanismo innovativo dopo le scoperte sulla
COX-2, autorizzato dalla FDA nel maggio 1999 nel trattamento dia
artrosi, condizioni dolorose acute e dismenorrea. Sono stati anche
eseguiti degli studi sulla sua attività antitumorale, in quanto essi
presentano un’iperespressione della ciclossigenasi.
Principalmente grazie allo studio VIGOR fu dimostrata clinicamente una
tollerabilità gastrointestinale superiore che determinò l’enorme
diffusione del farmaco. Lo stesso studio osservò un aumento del rischio
di infarto del miocardio a 12 mesi 4 volte superiore a naprossene.
La FDA approvò il farmaco ritenendo plausibile che questa osservazione
fosse imputabile ad un effetto protettivo di naprossene.
Nel 2001 lo studio aPPROVE osservò un aumento significativo del
rischio di eventi cardiovascolari a 18 mesi per rofecoxib rispetto a
placebo.
30 settembre 2004: ritiro di rofecoxib
2009: 10.000 casi e 190 class actions contro l’azienda farmaceutica
produttrice
Conclusioni:
Farmaci che sfruttano meccanismi farmacologici innovativi
(es. bersagli molecolari mai impiegati precedentemente)
devono essere usati con l’attenzione di uno sperimentatore. Per
questi la segnalazione di reazioni avverse è prioritaria. È
importante perché, come il questo caso, bloccare un bersaglio
può eliminare anche la sua attività basale fisiologica favorevole
all’organismo.
313
Tossicologia – IR19
Conclusioni:
I farmaci biologici costituiscono una superclasse farmacologica
con tossicità specifiche rispetto ai farmaci “chimici” tradizionali.
Le conoscenze sulla tossicità di questa superclasse sono ancora
scarse. Pertanto la segnalazione delle reazioni avverse è
particolarmente richiesta.
EFALIZUMAB (2009)
Efalizumab viene approvato dalla FDA nell’ottobre 2003 per il trattamento della
psoriasi a placche nell’adulto.
In Italia il farmaco viene inserito nel progetto PSOCARE, registro finalizzato al
monitoraggio intensivo dei trattamenti dei pazienti psoriasici, lo stesso avviene in
altri paesi con registri analoghi.
Nel PML settembre 2008 da uno di questi registri arriva alla FDA una segnalazione di
Leucoencefalopatia Multifocale Progressiva (PML) che determina una modifica della
scheda tecnica di efalizumab.
Nel periodo ottobre 2008 - marzo 2009 vengono segnalati altri due casi di PML.
Nel mese di aprile 2009 la FDA annuncia il ritiro volontario di efalizumab da parte
dell’azienda produttrice dovuto al rischio di
Conclusioni:
Il monitoraggio intensivo attraverso registri è una forma complessa di segnalazione delle reazioni
avverse che rappresenta il futuro della farmacovigilanza. I medici dovranno adeguare sempre più le loro
attività alla necessità di contribuire all’aggiornamento di questi registri.
La segnalazione arriva al centro regionale per poi essere indirizzata all’AIFA. Qui avviene l’analisi della
segnalazione (raccolta dati, compilazione di database) in modo da individuare o meno un nesso causale.
314
Tossicologia – IR19
Studi pre-registrativi
Questi studi (pre-clinici e clinici) sono necessari per permettere di ottenere l’AIC di un farmaco.
I limiti maggiori di questi studi sono dovuti al fatto che possono non essere sufficientemente predittivi della
tossicità di un farmaco in quanto:
i pazienti studiati non possono raggiungere un numero sufficiente a rilevare reazioni rare e
clinicamente rilevanti.
la durata di uno studio clinico non è sufficiente a identificare reazioni avverse che possono manifestarsi
dopo lunghe esposizioni (anni).
i pazienti sono selezionati escludendo per ragioni etiche quelli più fragili (popolazioni speciali) che
tuttavia saranno esposti al farmaco una volta che questo raggiungerà il mercato.
le interazioni con altri farmaci non possono essere rilevate in quanto durante la sperimentazione
raramente sono ammessi altri farmaci oltre a quello sperimentale.
315
Tossicologia – IR19
1 La pelle assume un colore giallastro e si ha un danno colestatico dovuto all’interferenza con il flusso della bile a livello epatico.
316
Tossicologia – IR19
Altri dati che possono confermare una associazione – letteratura medico-scientifica (es. casi simili
descritti in precedenza).
317
Tossicologia – IR19
Una volta arrivata la segnalazione, viene analizzata e confrontata con la letteratura presente nei database.
318
Tossicologia – IR19
Classificazione EIDOS
Valuta due specie:
Specie estrinseche (E), che sono responsabili dell’effetto. Possono essere:
o farmaco/metabolita
o eccipiente
o contaminante/adulterante (es. fake drugs)
Specie intrinseche (I), che sono quelle modificate dall’azione di E. Possono essere:
o Specie bersaglio molecolari (DNA, RNA, enzimi, recettori, canali ionici, proteine immunologiche,
proteine tissutali)
o Ambiente extracellulare (acqua, pH, ioni)
o Parametri fisici o chimico-fisici (danno tissutale diretto, alterazioni farmacocinetiche)
In questa classificazione, bisogna valutare e definire:
Distribution (D): se E e I sono presenti nello stesso sito [E + I] e se instaurano un’interazione molecolare,
extracellulare, chimico-fisica.
Outcome (O): il risultato dell’interazione, quindi l’effetto fisiologico o patologico dell’interazione
Sequela (S): conseguenze dell’alterazione patologica, che possono essere classificate con il sistema DoTS
319
Tossicologia – IR19
Classificazione DoTS
Si basa sull’analisi di:
Dose: si definisce:
o se gli effetti tossici sono reazioni a dosi sovra-terapeutiche
o se gli effetti collaterali sono reazioni a dosi terapeutiche standard
o se le reazioni di ipersensibiltà sono reazioni a dosi sub-terapeutiche legate alla suscettibilità del
paziente
Suscettibilità:
o Variabilità individuale, che è strettamente correlata al profilo genetico: si valuta se le reazioni
sono dipendenti dalla variabilità genetica, età, sesso, variazioni fisiologiche, stato patologico
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
Valutazione della gravità delle ADR può dipendere dal giudizio clinico del segnalatore ed essere soggetta a
variabilità
I medici oncologi tendono a segnalare le ADR valutandole come non gravi anche se possono aver messo in pericolo
la vita del paziente
Esempio: valutazione della gravità delle reazioni avverse da docetaxel riportate nella rete AIFA
In questi casi sarebbe opportuno contattare il segnalatore per ottenere informazioni aggiuntive, che permettano
di attribuire correttamente la gravità
Intensità
Il termine “severo” è usato spesso per definire l’intensità con cui una reazione avversa si manifesta. In genere
l’intensità di una reazione avversa viene classificata come:
Severa
Moderata
Lieve
Per certe reazioni avverse l’intensità viene misurata in “gradi” (da I a IV) Esempio: chemoterapici antitumorali
(diarrea, neutropenia).
324
Tossicologia – IR19
Il segnale
La segnalazione spontanea fornisce dati inevitabilmente incompleti ma permette di studiare reazioni avverse
RARE (meno di 1 caso ogni 1.000 pazienti trattati) ma CLINICAMENTE RILEVANTI.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità tre segnalazioni di evento avverso associato all’uso di un farmaco
in una situazione di disproporzione costituiscono un possibile SEGNALE DI RISCHIO che deve essere verificato con
studi da effettuarsi su database di segnalazione spontanea.
Il segnale rappresenta il punto di partenza per la realizzazione di studi clinici osservazionali mirati a verificare
l’esistenza e la portata di fattori di rischio connessi ad una terapia farmacologica.
325
Tossicologia – IR19
Per questa attività l’AIFA si avvale della collaborazione dei Centri regionali di FV (periodicità semestrale per dati
italiani, mensile per dati europei).
1. Registrare tutte le sospette ADR che si verificano nel proprio territorio e che sono comunicate da operatori
sanitari/pazienti
2. Garantire che le segnalazioni di sospette ADR possano essere trasmesse anche tramite il proprio portale
web
3. Trasmettere, per via elettronica, alla banca dati EV:
a. le segnalazioni di ADR gravi registrate nella RNF entro 15 giorni dal ricevimento
b. le segnalazioni di ADR non gravi registrate nella RNF entro 90 giorni dal ricevimento
Questo implica segnalare prontamente un rischio in altre regioni in cui la molecola/farmaco viene usato. Così si
riduce il rischio di altre reazioni avverse.
AIFA E REGIONI
Le regioni, singolarmente o di intesa fra loro, collaborano con l'AIFA nell'attività di farmacovigilanza, fornendo
elementi di conoscenza e valutazione ad integrazione dei dati che pervengono all'AIFA.
Le regioni provvedono, nell'ambito delle proprie competenze, alla diffusione delle informazioni al personale
sanitario ed alla formazione degli operatori nel campo della farmacovigilanza.
Le regioni collaborano inoltre a fornire i dati sui consumi dei medicinali mediante programmi di monitoraggio
sulle prescrizioni dei medicinali a livello regionale.
Le regioni si possono avvalere per la loro attività anche di appositi centri regionali di farmacovigilanza.
Tutte le regioni fanno capo all’AIFA, AIFA e tutte le autorità nazionali fanno capo all’EMA che a sua volta prende
decisioni (cambio dosaggio, ritiro, approfondimento, modifica del foglietto illustrativo, modalità di erogazione
RNR o RR ecc.).
326
Tossicologia – IR19
LA RETE EUDRAVIGILANCE
È stata creata una rete che prevede una connessione funzionale per far circolare le informazioni attraverso la rete
europea. Fa capo all’EMA.
Nel veneto esiste una rete chiamata vigifaramco.
VIGIFARMACO
Vigifarmaco è una piattaforma di web-
reporting operativa in Veneto dal febbraio
2014
L’Aifa ha esteso il progetto a livello nazionale
nel Luglio 2015.
I segnalatori possono segnalare con o senza
registrazione. (Se registrati trovano già i
propri dati inseriti a ogni segnalazione)
I Responsabili locali di FV devono registrarsi
alla piattaforma Vigifarmaco.
Si accede dal sito dell’AIFA e si accede a schede specifiche per operatore e cittadino. La scheda è immediatamente
spedita al centro regionale di farmacovigilanza.
Questo centro ha il compito di inviare al centro nazionale (AIFA) la segnalazione. All’AIFA non arrivano le
informazioni solo dal referente regionale che le ha raccolte dall’utente (OS o cittadino) ma anche dalle aziende
titolari dell’AIC, le produttrici del farmaco.
Attraverso la rete europea, il centro nazionale provvede a inviare entro 15 gg la segnalazione delle reazioni gravi
e non attraverso eudravigilance. A livello europeo ci sono più informazioni e poi si arriva all’OMS che è l’autorità
regolatoria ultima.
327
Tossicologia – IR19
RISCHIO: NORMATIVE
Esistono due regolamenti europei: REACH e CLP. Tutte le nazioni europee hanno regolamento comune per
garantire sicurezza e benessere della popolazione attraverso segnalazione e regolamentazione delle sostanze
chimiche.
Introdotti obblighi per l’industria e per gli organi di vigilanza nella gestione delle sostanze chimiche e delle loro
miscele.
REACH
REACH è l'abbreviazione di Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals, ossia
registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche; il regolamento è entrato in vigore
il 1° giugno 2007.
Il regolamento REACH si applica a tutte le sostanze chimiche: non solo a quelle utilizzate nei processi industriali,
quindi, ma anche a quelle che vengono adoperate quotidianamente, ad esempio nei detergenti o nelle vernici, e
quelle presenti in articoli come gli abiti, i mobili e gli elettrodomestici. Il regolamento, quindi, interessa la maggior
parte delle aziende di tutta Europa.
Il regolamento REACH attribuisce alle aziende l'onere della prova, per cui le aziende, a norma del regolamento,
devono identificare e gestire i rischi collegati alle sostanze che producono e vendono nell'Unione europea,
dimostrare all'ECHA come utilizzare tali sostanze senza correre rischi e informare gli utenti delle misure di
gestione dei rischi.
Se tali rischi non sono gestibili, le autorità hanno la facoltà di imporre varie limitazioni all'uso delle sostanze e nel
lungo termine le sostanze più pericolose devono essere sostituite con sostanze meno pericolose.
Se un’impresa importa da paesi extra-europei o fabbrica in Europa sostanze in quantitativi pari o superiori a una
tonnellata l'anno, è tenuta ad effettuare l’attività di registrazione ai sensi del Reg.to 1907/2006 (REACH).
La registrazione comprende un dossier da presentare all’Agenzia Europea della Chimica (ECHA) contenente le
informazioni sulla sostanza fabbricata o importata, comprendenti tra l’altro dati sugli usi lungo la catena di
approvvigionamento, la classificazione ed etichettatura della sostanza relativamente ai pericoli (Reg.to
1272/2008 - CLP), i dati chimico-fisici, tossicologici, eco-tossicologici sulla sostanza e, ove previsto, la valutazione
della sicurezza chimica (CSR – Chemical Safety Report) che si concretizzerà negli scenari di esposizione
comprendenti le informazioni di uso sicuro della sostanza per una corretta gestione dei rischi.
L'obbligo di registrazione si applica a
sostanze in quanto tali;
alle sostanze contenute in miscele;
alle sostanze contenute in articoli destinate ad essere rilasciate in condizioni d’uso normali o
ragionevolmente prevedibili.
Sostanze chimiche già regolamentate da altre normative (ad esempio ad uso alimentare/medicinale) sono
parzialmente o totalmente esentate dagli obblighi del regolamento REACH. La registrazione si basa sul principio
"una sostanza, una registrazione", e prevede il versamento di una tariffa all’Agenzia Chimica Europea (ECHA).
Sono tenuti a eseguire la registrazione:
fabbricanti o importatori dell'UE di sostanze in quanto tali o contenute in miscele;
produttori o importatori dell'UE di articoli “a rilascio intenzionale”;
La registrazione deve avvenire deve avvenire prima di aver fabbricato o importato le sostanze in quantitativi pari
o superiori alla tonnellata/anno.
La registrazione si può effettuare fino al 31 maggio 2018 (termine del “regime transitorio” previsto dal
Regolamento REACH per il quale fabbricanti o importatori che avevano correttamente preregistrato alcune
tipologie di sostanze potevano fabbricarle o importarle fino a 100 tonnellate/anno).
Non registrare una sostanza fabbricata o importata comporta per l’azienda il suo mancato utilizzo o
commercializzazione (definito da Regolamento REACH come “no data, no market”).
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Tossicologia – IR19
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Tossicologia – IR19
CLP
Il regolamento sulla classificazione, l’etichettatura e l’imballaggio (CLP) ((CE) n. 1272/2008) si basa sul sistema
mondiale armonizzato di classificazione ed etichettatura delle sostanze chimiche (GHS) delle Nazioni Unite e ha lo
scopo di garantire un elevato livello di protezione della salute e dell’ambiente, nonché la libera circolazione di
sostanze, miscele e articoli.
Il regolamento CLP ha modificato la direttiva sulle sostanze pericolose (67/548/CEE (DSD)), la direttiva sui
preparati pericolosi (1999/45/CE (DPD)) e il regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH) e, a partire dal 1° giugno
2015, è l’unica norma in vigore nell’UE per la classificazione ed etichettatura delle sostanze e delle miscele.
Il regolamento CPL è giuridicamente vincolante in tutti gli Stati membri e direttamente applicabile a tutti i settori
industriali. Esso impone ai fabbricanti, agli importatori o agli utilizzatori a valle di sostanze o di miscele di
classificare, etichettare e imballare le sostanze chimiche pericolose in modo adeguato prima dell’immissione sul
mercato.
Uno dei principali obiettivi del regolamento CLP è determinare se una sostanza o miscela presenta proprietà che
permettono di classificarla come pericolosa. In questo contesto, la classificazione è il punto di partenza per la
comunicazione di pericolo.
Quando le informazioni pertinenti (ad es. dati tossicologici) su una sostanza o una miscela soddisfano i criteri di
classificazione del regolamento CLP, i pericoli di una sostanza o di una miscela vengono identificati assegnando
una determinata classe e categoria di pericolo. Le classi di pericolo nel regolamento CLP riguardano pericoli fisici,
per la salute, per l’ambiente e ulteriori pericoli.
Una volta classificata una sostanza o una miscela, i pericoli identificati devono essere comunicati ad altri attori
della catena d’approvvigionamento, inclusi i consumatori.
L’etichettatura dei pericoli consente di comunicare la classificazione di pericolo agli utilizzatori di una sostanza o
di una miscela, tramite etichette e schede di dati di sicurezza, per avvertirli della presenza di un pericolo e della
necessità di gestire i rischi associati.
Il regolamento CLP stabilisce criteri dettagliati per gli elementi dell’etichetta: pittogrammi, avvertenze e
dichiarazioni standard concernenti il pericolo, la prevenzione, la reazione, lo stoccaggio e lo smaltimento, per
ciascuna classe e categoria di pericolo. Esso stabilisce anche le norme generali relative all’imballaggio, che
garantiscono la sicurezza delle forniture delle sostanze e delle miscele pericolose.
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SIMBOLI DI PERICOLO
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I criteri ufficiali EU, recepiti dall’ordinamento legislativo italiano classificano tali sostanze in tre categorie con
obbligo di diversa etichettatura sulla base degli studi tossicologici.
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