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9/03/20
“Chimica farmaceutica” Alberto Gasco, Fulvio Gualtieri, Carlo Melchiorre Casa Editrice
Ambrosiana/Zanichelli Ed.
10/03/20
- Azzurro
chiaro→nuova entità chimica molecolare introdotta nel mercato farmaceutico (rappresentati dalla regola
empirica di Lipinski, in particolare quella sul PM che deve essere inferiore a 500 perché il farmaco possa
essere somministrato per via orale).
- Azzurro scuro→farmaci biologici
Nonostante le rivoluzioni tecnologiche e scientifiche che stiamo osservando, il numero di composti che si
trasformano in farmaci “ortodossi” piuttosto che biologici/biotecnologici rimane modesto, e non c’è
alcune variazione rilevante tra quello che succedeva es. nel 1996 e quello che accade oggi.
Questo accade perché il percorso del farmaco, che parte da ideazione e arriva ad approvazione e vendita,
è molto lungo e costoso; tra 5000 e 10000 (ma anche di più) sono inoltre i composti chimici candidati in
fase di “drug discovery” e forse uno verrà, dopo almeno 10 anni, trasformato effettivamente in farmaco.
Il problema è capire perché esiste ancora un rapporto così sfavorevole tra numero di composti candidati e
di composti che si avvarrà dello status di farmaco.
Ma, il farmaco è un oggetto progettabile con lo stesso status (rigore scientifico) di progettabilità che
userebbe ad esempio un ingegnere in una qualunque fase di progettazione?
Drug
Ogni sostanza organica o inorganica, sintetica o naturale, in grado di produrre in un organismo vivente
modificazioni funzionali, utili o dannose, mediante azioni chimiche, fisiche o chimico-fisiche.
Spazio fisio-patologico
Implica la presenza di un organismo vivente che assumiamo abbia una sua fisiologia (omeostasi naturale
attraverso la quale svolge le sue funzioni); tutte queste funzioni fisiologiche vengono incorporate in
questo spazio.
Quando queste vengono alterate, trasformiamo alcuni elementi di questo spazio dalla loro condizione
fisiologica a quella patologica, non più compatibile a svolgere quelle funzioni che la programmazione
evoluzionistica ha dettato loro.
Tutti i quadri alterati a non svolgere più le funzioni programmate, vengono definiti patologici.
Questo è valido per ogni organismo vivente.
Questo spazio di informazioni è riempito dalla figura professionale del medico o del veterinario (loro
sanciscono cos’è fisiologico o cosa patologico per un organismo vivente).
Noi siamo interessati a ritrasformare un quadro patologico in uno fisiologico, per questo siamo interessati
eticamente e commercialmente ad alcuni componenti di questo spazio; sempre il medico gestisce questa
comunicazione.
Spazio biologico
Contiene il tradotto molecolare: quando abbiamo un quadro fisiologico, questo è supportato
biologicamente parlando, da una serie di oggetti biologici che interagiscono tra loro sulla base di alcune
condizioni di contorno. Mi aspetto di trovare qui tutti quegli oggetti biologicamente rilevanti che sono gli
interlocutori del funzionamento controllato del sistema.
Un alterato riconoscimento molecolare scatura un caso patologico.
Qui troviamo oggetti come proteine, acidi nucleici, polisaccaridi, lipidi (oggetti molecolari che hanno una
loro funzione),…
Alcuni elementi saranno strettamente e direttamente collegati al quadro fisio-patologico (bersagli
molecolari biologicamente rilevanti) e sono interlocutori primari della patologia; altri mediano
indirettamente la loro azione, non sono i protagonisti primari del malfunzionamento ma si trovano a
monte (es. sistema in grado di fosforilarne un secondo e il secondo è il protagonista primario) e sono
comunque bersagli di interesse terapeutico.
Nel momento in cui sto guardando esclusivamente questo spazio non posso ancora parlare di farmaco, ma
di candidato, a meno che non stiamo usando un farmaco già conclamato come tale (già noto); tutti i
composti chimici qui inseriti e non già conclamati farmaci, non hanno lo status di farmaci, perché qui
troviamo composti biologici che sono protagonisti strutturali a livello molecolare del funzionamento
dell’organismo.
Questo spazio è riempito dai biologi, biochimici, biotecnologi, medici pre-clinici, chimici e tecnologi
farmaceutici.
Spazio chimico
Oggetti chimici interlocutori dello spazio biologico, che sono in grado di riconoscere oggetti dello spazio
biologico; possono essere piccole molecole organiche ma oggi anche nuovi farmaci biotecnologici.
Farmaco
Composto chimico, piccolo o grande, che abbia una interazione privilegiata/specifica, con gli
interlocutori dello spazio biologico che, se alterati nella loro funzione e re-integrati (in termini di
struttura o funzione modificata) grazie alla loro interazione con gli oggetti dello spazio chimico, hanno
un effetto benefico nello spazio fisio-patologico nel ritrasformare la patologia in fisiologia.
All’interno dello spazio biologico, più oggetti vengono contemporaneamente coinvolti per alterare lo
spazio fiosiopatologico; non è immaginabile che una patologia sia supportata dall’alterazione di uno e uno
solo degli oggetti dello spazio biologico. Spazio chimico e biologico quindi non interagiranno con una
stechiometria 1:1 ma 1:N e non sempre è facile determinare quali elementi dello spazio biologico sono
coinvolti nell’alterazione dello spazio fisiopatologico.
►Prendiamo un oggetto dello spazio biologico terapeuticamente rilevante (oggetto terapeutico es. una
proteina di interesse terapeutico) e cerchiamo di analizzare se e quali oggetti dello spazio chimico
riescono ad interagire positivamente con esso: definiamo questo tipo di analisi come uno screening, una
validazione in cui tutti gli oggetti dello spazio chimico interagiscono con un oggetto dello spazio
biologico.
Il parametro chimico-fisico numerico in grado di definire la qualità di questa interazione è la costante di
associazione, ma anche quella di dissociazione et similia.
Un parametro molto importante per il chimico farmaceutico è anche quello che rappresenta il concetto di
potenza del farmaco, che possiamo tradurre come la sua capacità di interazione con un determinato
oggetto biologico (proteina, DNA, RNA) che sia legato al quadro fisiopatologico.
Ecco perché questa interazione privilegiata fra spazio chimico e biologico genera nel mondo reale lo
screening, che permette di stabilire esattamente il rapporto di interazione tra i singoli oggetti chimici con
quell’unico oggetto biologico.
Il primo indicatore di potenza non può quindi che essere la capacità di riconoscere il bersaglio molecolare
di interesse, che nel mondo reale possiamo misurare e quantificare tramite il valore di Ka.
►Un altro esperimento può essere quello contrario: consideriamo un candidato farmaco (oggetto dello
spazio chimico) e ne analizziamo il rapporto di interazione con tutti i possibili oggetti dello spazio
biologico, non necessariamente terapeuticamente rilevanti, perché, ad esempio, non voglio alla fine che il
potenziale farmaco interagisca con tutti gli oggetti, in quanto potrebbe essere un generatore di effetti
collaterali, di effetti potenzialmente tossici. Se ci dovessero essere interazioni con oggetti dello spazio
biologico non terapeuticamente interessanti, significherebbe che l’oggetto chimico in questione
altererebbe struttura e funzione di oggetti biologici che porterebbero ad effetti collaterali, i quali
potrebbero addirittura compromettere l’omeostasi intera dell’organo/tessuto e causare un effetto tossico
conclamato.
Questo processo prende il nome di profiling (cerco un profilo di interazione) ed è importante per la
correlazione con il parametro di selettività.
Un dogma “antico” è quello di avere un farmaco POTENTE e SELETTIVO; ora smussiamo un po’ il
concetto di selettività, ma desideriamo ancora che l’interazione primaria tra l’oggetto chimico e quelli
biologici terapeuticamente rilevanti, sia la più elevata possibile e la più selettiva rispetto a tutti gli altri
oggetti presenti nello spazio biologico. Comunque il concetto di selettività, anche se legato a più di un
oggetto molecolare, rimane farmaceuticamente rilevante.
Il parametro numerico che quantifica il concetto di selettività e che dà un profilo quantitativo di
interazione, è il rapporto tra le Kd di due oggetti biologici rispetto allo stesso oggetto chimico; più ci
allontaniamo dal valore di 1, più andiamo verso un concetto di selettività.
Con l’avanzata di tutte le tecniche che consento l’automatizzazione e robotizzazione in parallelo di un
singolo processo, è stato possibile aumentare il numero e la prestazione dei processi, garantendo la stessa
accuratezza ma riducendo i tempi necessari rispetto all’esecuzione di singoli processi in serie.
►Mettendo assieme le due analisi possiamo parlare di proteomica chimica (relazione struttura-attività).
Ogni oggetto dello spazio chimico di interesse farmaceutico che voglio candidare a farmaco, deve
sottostare a tre requisiti:
- Voglio che sia in grado di interagire con il bersaglio terapeutico
- Il meccanismo di interazione va sotto l’aspetto della farmacodinamica
- Per ordinare uno spazio, e far sì che sia poi pronto a svolgere una funzione, è necessario separarlo,
delimitarlo; non possiamo svolgere un lavoro senza creare ordine, senza confinare gli spazi a
disposizione. Farmaceuticamente parlando, se il candidato farmaco viene dal di fuori del nostro
organismo, desideriamo che sia in grado di interagire con il bersaglio, ma anche che l’interazione avvenga
nel sito in cui il bersaglio si trova; quindi dobbiamo capire se questo candidato ha la capacità di arrivare e
di raggiungere adeguate concentrazioni in quel preciso sito (ADME). Queste caratteristiche devono essere
scritte nella struttura chimica del candidato.
Possiamo immaginare che alcune problemi in ambito di ADME possono essere superati da strategie
formulative.
On target bersaglio terapeutico, oggetto molecolare che il candidato farmaco può riattivare in termini di
funzione o modificarne la struttura avendo un effetto positivo sulla patologia.
Off target bersagli molecolari che il candidato farmaco riconosce, ma che non hanno ripercussioni
positive; comunque interagisco con questo bersaglio molecolare ma questo non è correlato alla patologia.
Ci interagisco, ma non vorrei.
Effetto collaterale effetto che si manifesta quando il candidato farmaco interagisce con un off target;
alcuni però possono anche essere benefici.
Effetto tossico l’interazione con un off target causa effetti che modificano l’omeostasi in qualche modo.
Dipende dall’off target e dal suo ruolo; dipende se sono coinvolti in vie di trasmissione del segnale o in
funzionalità che compromettono il controllo dell’organismo.
Elementi strategici da analizzare quando ci appare una struttura chimica legata al concetto di farmaco:
dopo aver individuato la classe chimica di appartenenza, iniziare un discorso con i seguenti punti
- Individuare i gruppi acidi/basici, ricordando la scala di acidità (pKa); gli eteroatomi sono importanti in
tal senso perché influenzano PD in termini di complementarietà ma anche la PK come capacità di essere
solubilizzati, assorbiti, smaltiti,...
- Individuare i gruppi funzionali in grado di possedere un dipolo, importanti per la capacità di instaurare
legami H se sono in grado di trasferire un atomo di H, o comunque in grado di instaurare un’interazione
dipolare (occhio quindi alle differenze di elettronegatività che possono generare momenti dipolari).
- Individuare la presenza di sistemi π e/o doppietti non condivisi, in sistemi ciclici, alternati in modo
geometrico, che conferiscono poi carattere di aromaticità qualora sia valida la regola 4N+2.
- Individuare la possibilità di instaurare interazioni di carica π: ogni sistema π ha un’elevata densità di
carica negativa, quindi una interazione stabilizzante potrebbe essere quella supportata da un gruppo con
una permanente carica positiva→interazione sistema π – carica positiva (Lys con ammina protonata, Arg
con guanidinio).
- Individuare gruppi caratterizzati da deboli legami dipolo-dipolo come interazioni di Van der Waals:
catene alchiliche possono fungere da distanziatori di gruppi funzionali, i quali devono occupare nello
spazio posizioni appropriate per garantire le giuste interazioni.
Gruppi funzionali diversi possono essere portatori dello stesso modello di interazione a patto che le
distanze reciproche vengano rispettate (sostituzioni bioisostere).
Tuttavia questi gruppi non hanno solo un ruolo “geometrico”, hanno anch’essi una loro modalità
interattiva che spesso viene snobbata perché sono sì portatori di un dipolo, ma di intensità relativamente
modesta; solitamente coinvolgono infatti legami covalenti C-H con una differenza di elettronegatività
vicina a 0. Le interazioni possibili sono quindi a corto raggio e di bassa intensità.
Le interazioni che da questi dipoli a bassa intensità possono scaturire sono interazioni di van der Waals,
interazioni di London, che non vanno equivocate con interazioni idrofobiche (termine “gergale”).
L’idrofobicità non ha nulla a che vedere con le proprietà microscopiche, si abusa di questo termine!
Queste interazioni vanno identificate come interazioni dipolari con bassa intensità del dipolo, sono
deboli e a corto raggio. Nel momento in cui un composto chimico ha riconosciuto il sito di
riconoscimento nel bersaglio terapeutico di interesse o in quello off, allora siamo in condizioni di corto
raggio e nello schema interattivo anche queste interazioni hanno un loro peso.
Fossimo lontani dal sito di riconoscimento, un composto chimico è in condizioni di prossimità anche
quando si trova nel solvente (molecole di solvatazione).
Per definire l’idrofobicità, l’acqua ci deve essere
- In base all’intorno chimico in cui ci troviamo, la struttura chimica di un composto potrebbe non essere
quella utilizzata nella rappresentazione→tautomeria
Modifiche dello schema interattivo possono essere possibili senza modificare la struttura chimica di
partenza: nella realtà il composto chimico non cambia, ma la possibilità di avere ad esempio un atomo di
idrogeno che può fare uno shift 1-3 fra due eteroatomi, genera due forme tautomeriche; di conseguenza
esisterà un equilibrio che governerà la popolazione dei due tautomeri in funzione della loro stabilità
intrinseca, ma anche della loro capacità interattiva. Possiamo così osservare una variazione dello schema
interattivo senza che vi sia un cambiamento della struttura chimica di partenza.
- Esiste un’altra proprietà geometrica: l’equilibrio conformazionale→se noi abbiamo 4 atomi
interconnessi da 3 legami chimici, di cui quello centrale sia rotabile; anche questo è un metodo per variare
lo schema di interazioni senza modificare la struttura chimica, ma anche per posizionare i gruppi giusti
nel posto giusto.
Volendo posizionare al posto giusto i gruppi funzionali giusti per un tempo sufficientemente lungo, la
strategia è irrigidire una struttura mediante ciclizzazione.
- È importante anche individuare centri chirali e centri chimicamente reattivi.
Abbiamo capito che è cruciale una pre analisi della struttura chimica dei farmaci, soprattutto per poter
interpretare quali potrebbero essere i determinanti strutturali (gruppi funzionali) che poi da un punto di
vista interattivo esplicano il processo di riconoscimento.
Con il complemento di questi gruppi funzionali ci riferiamo
sempre alla natura natura dei gruppi funzionali presenti nelle
catene laterali degli AA che costituiscono il bersaglio.
Volendo dare anche un’interpretazione quantitativa di queste
interazioni, ognuna di essere può anche essere scalata da un
punto di vista dell’intensità del contributo interattivo che va ad
instaurare; in funzione della natura chimica dell’interazione
esiste un contributo alla stabilizzazione che poi
complessivamente il nostro composto chimico (farmaco) andrà ad avere quando avrà opportunamente
riconosciuto il sito del bersaglio di nostro interesse.
Ricordiamo che le interazioni di van der Waals sono singolarmente di bassa intensità, ma i singoli
contributi vanno, in un composto chimico, a
sommarsi; quindi, nel momento in cui la
rappresentazione aumenta numericamente, anche il
complessivo delle interazioni può diventare
addirittura più importante rispetto ad altre
singolarmente più intense. Queste inoltre sono le
uniche interazioni sempre stabilizzanti tra un
composto chimico e il suo sito di riconoscimento,
sebbene spesso si dia a queste interazioni poco peso.
L’organizzazione tridimensionale di una struttura
proteica in un solvente che per convenzione identifichiamo come l’acqua, prevede un dogma secondo cui
per tutte le proteine idrosolubili (globulari citoplasmatiche) mi aspetto sempre di trovare all’esterno gli
AA di natura idrofilica (elevata polarità per quanto riguarda i legami chimici che costituiscono i gruppi
funzionali), mentre tutti quelli idrofobici mi aspetto che si trovino all’interno della struttura proteica.
Nel momento in cui immaginiamo che esista una cavità di riconoscimento, se è vero che la superficie
interna è ricca maggiormente le AA apolari, è vero anche che l’acqua tenderà a stare in sua prossimità con
la minor presenza possibile; sicuramente vi staziona, ma per un tempo relativamente breve perché non
trova un interesse interattivo. Queste molecole d’acqua risultano quindi facilmente sostituibili da oggetti
che devono avere come prerogativa l’essere sufficientemente “idrofobici” per essere agevolmente
accolti nelle cavità ed essere allocati in acqua con il minimo di accettazione possibile. Possiamo
descrivere questa bassa tendenza ad essere accolti in acqua con il prodotto di solubilità in acqua, date le
condizioni di contorno, ovvero quella minima concentrazione alla quale un composto riesce ancora a stare
in soluzione prima di essere scacciato dall’acqua stessa attraverso precipitazione (se passo allo stato
solido), separazione di fase (se sono allo stato liquido), evaporazione (se sono allo stato gassoso). C’è
comunque una sorta di compromesso per bilanciare “quanto spazio richiedo all’acqua per stare con lei”
(energia di cavitazione): questo compromesso è ripagato tramite interazioni, quindi o il composto chimico
è in grado di interagire con l’acqua (interazioni dipolo-dipolo, legami H, interazioni carica-dipolo) in
maniera convincente, oppure viene allontanato con i modi sopra descritti.
Per questo le cavità di riconoscimento sono progettate con un discreto grado di idrofobicità, così
all’interno le molecole d’acqua ci stanno perché c’è spazio ma entrano volentieri perché non trovano la
possibilità di fare interazioni; e soprattutto poi i composti chimici ci entrano facilmente e in quelle
condizioni di prossimità fisica fanno quel tipo di interazioni singolarmente deboli (gergalmente definite
idrofobiche ma che in realtà sono dipolari a corto raggio) le quali sono le uniche stabilizzanti che
spostano l’equilibrio verso destra, cioè verso il riconoscimento.
Alcune molecole d’acqua partecipano al riconoscimento tanto quanto fa il ligando; per un farmaco
riconoscere la sua cavità significa innanzitutto spostare le molecole d’acqua. Alcune si spostano
facilmente, altre meno, altre ancora non si spostano mai e quindi diventano loro stesse protagoniste nel
processo di riconoscimento.
Chimicamente, un composto chimico viene rappresentato tramite la sua formula struttura, la quale però dà
un’indicazione di tipo bidimensionale e non è rappresentativa della forma reale di una molecola. Per poter
effettivamente rappresentare spazialmente una molecola è necessario andare a recuperare la terza
dimensione: recuperare la struttura dell’oggetto nella sua tridimensionalità. Posizionare gli atomi giusti al
posto giusto in uno spazio tridimensionale non è però una cosa così banale (se ne occupano i
cristallografi); la stessa operazione è interessante farlo non solo per i composti chimici di interesse
farmaceutico ma anche per i bersagli molecolari.
Una specie di complemento
importante è quindi quello
spaziale, di conseguenza la
prima cosa da recuperare è come è fatto il composto chimico e di conseguenza come deve essere fatto il
complemento topologico (spazio e volume). Bisogna imparare, da una struttura bidimensionale, a
proiettare come potrebbe essere fatta l’organizzazione dello spazio del mio oggetto nello spazio
tridimensionale. Anche le rappresentazioni strutturali tridimensionali comunque non sono esattamente
rappresentative dell’oggetto vero: ricordiamo possono esistere diversi conformeri, tautomeri, isomeri;
inoltre sappiamo che ogni atomo è sferico secondo un dogma chimico, (van der Waals dice: “una volta
stabilito che tutti gli atomi sono sferici, io tabulo un valore di raggio e gli do il mio nome”, ma perché
tutti gli atomi sono sferici? C’è una motivazione di tipo fisico-chimico, ma…) di conseguenza dato il
raggio atomico MIN31 è possibile fare un’operazione rappresentata dall’immagine a destra.
Nell’interazione farmaco-recettore è importante il concetto di fit-indotto: modifiche di natura geometrica
sono permesse dagli angoli diedri rotabili, che consentono di cambiare forma, volume e quindi capacità di
adattamento e questo vale tanto per i composti chimici quanto per le catene laterali degli AA.
Se abbiamo la forma topologica di un oggetto, possiamo usare indicazioni lineari per prevedere la sua
estensione nello spazio; nel momento in cui dobbiamo fare un compito di complementarietà prendo
alcune misure lineari rappresentative dell’oggetto e su queste scelgo, in funzione del complemento
geometrico che dovrò realizzare.
Data la forma dell’oggetto ci sono delle misure lineari che estendono nello spazio la loro occupazione.
Il problema della complementarietà di forma e volume è fondamentale, quindi che la natura usi la
capacità di avere angoli diedri rotabili per variare forma e volume non stupisce→conformeri diversi
hanno forme e volumi diversi, quindi spesso la natura usa conformeri differenti per mediare la
complementarietà su bersagli diversi (concetto di selettività).
All’aumentare il numero di angoli diedri rotabili dovrebbe diminuire il concetto di rigidità, la quale può
essere aumentata mediante processi di ciclizzazione, insaturazione e aromatizzazione. Meno è rigido più
un oggetto chimico è adattabile.
In un farmaco il numero di angoli diedri deve essere ottimale per il riconoscimento.
Solitamente quando si contano gli angoli diedri rotabili, non vale la pena contare quelli terminali di
catena e che abbiano lo stesso tipo e numero di atomi; soprattutto non si contano mai i legami C-N dei
sistemi ammidici che in realtà non sono così facilmente rotabili come si potrebbe pensare (formule
limite).
Meno deformabile è un oggetto, più è stabile; inoltre più è rigido meno è deformabile. Questi concetti
sono derivabili dalla conta degli angoli diedri.
Stabilità e rigidità vanno considerate da un punto di vista geometrico e non chimico in senso assoluto. Lo
schema interattivo infatti passa sì per la forma ma anche per il numero e tipo di legami.
Stiamo considerando la morfina, sistema policiclico condensato a diversi gradi di insaturazione; quando
il numero di centri chirali è uguale a N il numero di stereoisomeri esistenti sono 2N e non tutti saranno
equivalenti da un punto di vista PD, PK e metabolico e qui abbiamo 5 centri chirali. Non ci sono angoli
diedri rotabili.
Possiamo individuare gruppi particolarmente rilevanti come l’ossidrile fenolico, l’ossidrile di natura
alcolica secondaria che ha in posizione vicinale un doppio legame – alcol allilico (e abbiamo quindi un
enolo)… e in alcuni punti particolari di questo telaio prevalentemente “idrofobico” abbiamo 3 interazioni
nei posti giusti:
- l’ossidrile fenolico in orto all’etere ciclico, per ragioni ovviamente di complemento
- l’ossidrile secondario allilico chiaramente diverso dal precedente→non hanno le stesse proprietà di
donatore/accettore di ponte H, senno i due sistemi sarebbero stati pensati uguali, invece uno è aromatico e
uno no
- un’ammina terziaria, e ogni volta che vediamo un’ammina pensiamo subito al suo carattere basico –
alcaloide, cioè assomiglia agli alcali quando si trova in acqua – e quindi avremo un sale di ammonio non
permanente e anche non tutti questi gruppi amminici saranno effettivamente protonati, lo saranno in
quantità governate dalla pKa.
Il sale di ammonio quaternario avrà dall’altra parte una catena laterale negativa, ma potrebbe anche
esserci un sistema aromatico (fenilalanina) che permetterà l’instaurarsi di una interazione carica positiva-
π.
- Rilevante è anche il sistema aromatico.
Tutti questi gruppi funzionali e la loro collocazione stabile nello spazio può essere uno schema
farmacoforico.
1. Classe chimica
2. Gruppi funzionalità
3. Possibile schema di interazioni
4. Considerazioni sul valore di pKa
5. Numero di legami rotabili
6. Tautomeri
7. Centri chirali
8. Reattività chimica/enzimatica
9. …
Ach, CH3COO(CH2)2N(CH3)3+
- Solubilità termodinamica in acqua maggiore di 1 mg/mL (sale di ammonio quaternario).
- Non permea la membrana in quanto carico (la misura di logP è estremamente difficile perché la quantità
di specie in N-ottanolo sarà talmente bassa da essere difficilmente rivelabile).
L’acqua interagisce mediante legami dipolo-carica e ci interagisce molto bene, non viene allontanata.
Nicotina
Ha un anello a 5 atomi contenente un N: ammina ciclica terziaria (pirrolidina)
Ha un anello aromatico a 6 atomi contenete un N: eterociclo (N) aromatico a 6 atomi (piridina)
Questo composto può essere classificato come una base debole (N protonabile della pirrolidina grazie al
LP, la sua ibridizzazione è sp3) la cui pKa è circa 8,5: in un sistema a pH 7,4 esiste un equilibrio acido-
base. L’N della piridina invece è sp2 e questo lo rende più difficilmente protonabile.
Avvenuta la prima protonazione lo schema interattivo cambia!
Il composto contiene anche un centro chirale.
- La specie protonata è assimilabile ad un sale di ammonio che non è però permanente, ma pH dipendete,
è solubile in acqua non è predisposto a trasferirsi in un sistema di membrana in quanto carico (come
ACh).
- La specie deprotonata invece, per quanto riguarda la capacità di trasferirsi in un sistema di membrana va
considerato il valore di logP, non è sufficiente il fatto che sia deprotonato. Il valore reale è 1,17 quindi
permea la membrana e una volta al suo interno si trasferisce all’interno della cellula (potrebbe anche
uscire!); una volta all’interno della cellula instaura nuovamente l’equilibrio acido-base.
Per quanto riguarda la solubilità termodinamica, il valore calcolato in base al numero di C ed eteroatomi è
circa 5, al limite al di sotto del quale avremmo dei problemi dal punto di vista farmaceutico-biologico.
Oggi, da un punto di vista farmaceutico, c’è un grande interesse nel cercare delle proprietà chimico-
fisiche di un composto che permettano di anticipare la sua capacità o meno di attraversare la barriera
ematoencefalica, una sorta di regola di Lipinski associata al passaggio della barriera ematoencefalica.
E a questo punto…
Non esiste concetto di farmaco che non coinvolga l’interazione con un elemento dello spazio biologico; è
senza dubbio che nel momento in cui immaginiamo lo spazio biologico interfacciato con quello
fisiopatologico, tra le categorie presenti nel biologico, quello dei sistemi proteici rappresenta sicuramente
la categoria più rilevante nel momento in cui ci si immagina di mettere in relazione lo spazio chimico con
quello biologico che abbia un’importanza terapeutica farmaceutica.
Da un punto di vista qualitativo le proteine che potrebbero rappresentare nello spazio biologico (tradotto
genico) un organismo sono 19613, numero relativamente modesto ma solo di partenza. Questo numero
aumenta facendo delle considerazioni ad esempio in termini di modificazioni post-traduzionali
(fosforilazione, glicosilazione,…). I farmaci che stiamo utilizzando e sono attualmente approvati
riconoscono solo il 3% delle proteine dello spazio biologico, il che significa che di lavoro da fare ce n’è
ancora molto; il 7% rappresenta invece i potenziali target, che ancora non hanno trovato un oggetto
chimico che li intercetti. Un 74% poi, in questo momento, sembrerebbero non essere correlate a patologie
(alterazioni dello spazio fisiopatologico) e sono quindi degli off-target, sono presenti nell’organismo e su
questi si gioca la partita della collateralità, che spesso si riversa poi in tossicità.
Un altro sottoinsieme è stato identificato dai chimici farmaceutici: quello degli “undrugable” che non
sono intercettati da un composto chimico trasformandolo in farmaco; possono essere potenziali bersagli,
ma così come si presentano nella loro forma, struttura e funzione, non sembra esserci oggi la possibilità
per un oggetto chimico “ortodosso” di intercettarlo ripristinandone struttura e funzione, qualora
modificata.
Un farmaco alla Lipinski presenta una caratteristica da un punto di vista topologico (forma e volume):
solitamente è molto più piccolo rispetto all’oggetto che andrà a riconoscere (bersaglio molecolare
proteico). Prerogativa del riconoscimento è la presenza di cavità che siano il complemento all’accoglienza
della forma e del volume dell’oggetto chimico (farmaco o substrato fisiologico che sia); se la sua forma e
volume sono piccole rispetto all’oggetto, quest’ultimo presenterà una cavità complementare.
Da un punto di vista ortodosso la prima cosa che si fa quando si osserva un bersaglio proteico è cercare
delle cavità.
Vengono definite undrugable quelle strutture proteiche che apparentemente non presentano cavità e che
non sono quindi in grado di accogliere farmaci ortodossi alla Lipinski.
Parlando di bersagli nello spazio biologico che siano intercettabili dai farmaci ora a disposizione, le
categorie biologiche a cui si fa riferimento non sono solamente proteine (che a loro volta possono
comunque essere enzimi – soprattutto –, GPCRs recettori accoppiati alle proteine G, canali ionici di cui
particolarmente interessanti quelli ligando dipendenti, trasportatori,…) ma anche DNA seppur solo per
l’1%.
I sistemi di membrana sono quelli che definiscono i sistemi organizzati; ma nel momento in cui uno
spazio è compartimezzato bisogna comunque essere in grado di scambiare massa e informazioni tra i
due compartimenti, altrimenti questi non saranno efficienti nello svolgere le loro funzioni.
Per quanto riguarda la massa il trasferimento può avvenire sulla base delle intrinseche caratteristiche
dell’oggetto (capacità diffusive); questa modalità è del tutto inefficiente perché le capacità quelle sono e
quelle restano. Non tutti però possono farlo! In tal caso entrano in gioco i trasportatori.
Un altro elemento importante sono i recettori, che vanno a “leggere le condizioni al contorno”; sono una
sorta di sensori che leggono dei dati (T, pH, forza ionica, presenza di alcune specie rilevanti,
concentrazione di glucosio…) e una volta che questi dati vengono contestualizzati generano
un’informazione. Generata un’informazione, questa crea la conoscenza del sistema e questo è utile per
prendere una decisione.
Spesso a prendere coscienza dei dati (da un punto di vista farmaceutico sono dati chimici) sono appunto
sistemi recettoriali. Questi sono proteine, macchine molecolari che hanno la funzione di percepire la
presenza di un dato, in questo caso chimico. sono posti prevalentemente, ma non solo, nei sistemi di
membrana: leggono il dato fuori dalla membrana e portano dentro l’informazione, non il dato, e
permettono il generarsi di una risposta.
In uno stato aperto non avremo mai la possibilità di creare uno stato di equilibrio perché tutto si muove:
massa, energia, informazioni. Gli stati stazionari sostituiscono gli stati di equilibrio e si verifica in loro
corrispondenza che non necessariamente l’entropia aumenti, e in questo paga pegno l’aumento di capacità
di trasferimento di informazioni. Il sistema è disposto ad aumentare il grado di ordine purché sia
funzionale ad un aumento di trasferimento di informazioni.
Da un punto di vista quantitativo non è così facile però misurare lo scambio di informazioni.
Il sistema recettoriale deve avere due aspetti fondamentali:
- Sono macchine molecolari, sistemi proteici che devono in primis riconoscere il trasportatore di
informazioni/segnale→deve esserci un complemento
- A seguito di questo riconoscimento deve essere in grado di far percepire dall’altro lato del
compartimento il segnale che precedentemente ottenuto a seguito del riconoscimento. Deve esserci un
meccanismo attraverso cui, a seguito del riconoscimento, qualcosa succeda alla macchina molecolare
affinché il riconoscimento si traduca dall’altra parte del compartimento in qualcosa di diverso rispetto a
quando quel segnale non stava arrivando. Che ci sia la capacità di percepire una variazione di stato nel
momento in cui il riconoscimento non c’è oppure c’è. A seguito del riconoscimento il segnale deve essere
percepito anche dall’altra parte del compartimento.
Un agonista pieno (full agonist) è un oggetto chimico che riconosce il recettore ed è in grado di
trasferire l’informazione: a partire da una concentrazione 0, aumentiamo la concentrazione dell’oggetto
agonista e in ordinata si ha la concentrazione del complesso che si forma dopo il riconoscimento. Ad una
determinata concentrazione di agonista si raggiunge uno stato stazionario in cui tutti i recettori saranno
occupati nel riconoscere 1 (ma anche di più) dei portatori del segnale. All’aumentare della concentrazione
si avrà un riconoscimento da parte del recettore, e quindi un aumento della concentrazione di complesso,
fino al raggiungimento di un valore massimo determinato dalla quantità di recettori disponibili.
Il riconoscimento è una fase propedeutica, senza di esso non si ha la possibilità di modificare la macchina
recettoriale affinché succeda qualcosa dall’altra parte del compartimento.
Perché si possa verificare che qualcosa sia avvenuto, si deve avere un effetto misurabile in funzione della
concentrazione di agonista→all’aumentare della concentrazione dell’agonista e quindi del complesso,
aumenta l’effetto (parametro farmacologico usato per misurare l’avvenuto riconoscimento) e anche in
questo caso si avrà un effetto massimo correlato alla concentrazione di complesso di avvenuto
riconoscimento.
Il primo evento è il riconoscimento, misurabile con una costante di legame/costante di affinità.
Una volta formato il complesso parte la variazione conformazione e dall’altra parte si vede l’effetto che il
riconoscimento ha prodotto (es. variazione in concentrazione ionica, secondo messaggero, variazione di
pH,…).
L’affinità non va confusa con l’attività, ovvero il prodotto del riconoscimento (efficacia).
Un parametro interessante la EC50 usata per stabilire anche la potenza dell’agonista, è la concentrazione
alla quale si manifesta la metà dell’efficacia massima.
Agonisti diversi innescano riconoscimenti diversi:
- L’affinità può risultare diversa (i profili di complesso in funzione della concentrazione di agonista sono
diversi)→se serve più concentrazione di agonista per raggiungere la massima concentrazione di
complesso allora l’affinità è minore.
- Anche la potenza, l’attività può risultare diversa→se la EC50 è maggiore allora la potenza è minore.
Non sempre un sistema recettoriale ha però bisogno di essere attivato completamente, ed ecco perché
esistono anche agonisti parziali (partial agonist) dove pur essendoci un riconoscimento, il trasferimento
di questa informazione dall’altro lato non corrisponde a quello massimo possibile. Non vedo inoltre una
differenza di affinità tra due agonisti diversi.
La traduzione del riconoscimento in effetto è però differente: l’agonista viene definito parziale quando
riesce a saturare i recettori ma nonostante questo l’effetto che si ottiene non è quello massimo possibile.
Anche in questo caso l’attività è quantificabile con la EC50 che viene scalata sul massimo che l’agonista
può fare quando è nel suo stato stazionario.
Minore è la Ki, maggiore è l’affinità che l’oggetto presenta nei confronti del sistema recettoriale:
Tutti i canali ionici ligando dipendenti danno il la anche a tutti gli altri; gli ioni sono carichi ed è chiaro
che si hanno, quando questi vengono trasferiti, delle variazioni di potenziale/variazioni di concentrazione
ionica. A questo punto vengono attivati anche i canali ionici voltaggio dipendenti.
La prima cosa che un organismo deve fare è fuggire dalle situazioni di pericolo→Acetilcolina.
Quasi sempre, quando c’è la necessità di trasferire informazioni, data l’organizzazione
compartimentizzata dei sistemi, le modalità possibili sono due: canali ioni e GPCR.
Va però considerato che le cose vanno organizzate all’interno di un solvente acquoso e pertanto vanno
gestite anche tutte quell’abbondanza di sostanze che in acqua sono solubili (sali)→le cose da gestire sono
solvente acquoso e sostanze in esso solubile.
La cosa da fare era quindi imparare a gestire intelligentemente le informazioni portate da questi ioni e la
cosa più facile da gestire era la loro presenza e la loro carica: nel momento in cui una variazione di carica
è diversa da 0, è possibile creare delle differenze di potenziale e su queste creare un lavoro
corrispondente.
Quindi la prima informazione che la natura ha imparato a gestire è quella di tipo elettrochimico portata
dalle specie cariche che si vengono a trovare dai due lati del compartimento in concentrazioni diverse.
Non avrebbe avuto senso desalinizzare i sistemi, aveva più senso imparare ad usare a proprio vantaggio la
presenza di questi sali.
Per far questo è stato necessario pensare ad una utilità di un portatore di segnale che fosse di natura
elettrochimica.
L’altro aspetto interessante è far trasportare un’informazione ad un composto chimico e qui introduciamo
i concetti di ormone ed autacoide: entrambi sono trasportatori di segnale, la differenza sta nella regione in
cui agiscono, l’autocaoide svolge l’azione dove viene liberato, l’ormone viaggia.
Quindi dicevamo, dovendo la natura gestire quasi sempre ioni da una parte e portatori di segnale
dall’altra, fa cooperare le due cose insieme: allo stesso agonista (portatore del segnale) può far
riconoscere un canale ionico, che diventa ligando dipendente, e uno o più GPCR.
La ragione per cui la natura mette in co-presenza e in co-attivazione lo stesso portatore del segnale
(acetilcolina che riconosce sia GPCR che canali ionici ligando dipendente) è la velocità di trasmissione
del segnale: la trasmissione del segnale dovuta ad una variazione di concentrazione ionica è molto veloce,
mentre il GPCR è più lento del primo. Quindi è una sorta di modulazione, uno veloce ma “grossolano” e
uno lento ma “delicato”.
In qualunque via del segnale importante si ha la compresenza dei due sistemi, o al più si sacrifica il canale
ionico perché la riflessione prevale sulla rapidità dell’esecuzione.
Due diverse tipologie di macchine molecolari vengono usati per analizzare da un punto di vista sensoriale
i dati di natura elettrochimica (ioni→canali ionici) e oggetti chimici (GPCR; ad eccezione della rodoxina
che risponde a radiazioni EM). Spesso coesistono perché i primi trasmettono velocemente il segnale
(rispondono velocemente) ma lo fanno in maniera meno accurata, viceversa i secondi sono più lenti ma
più accurati (armonizzano il trasferimento in maniera molto più precisa ma è più lungo il tempo che
intercorre tra lettura e trasmissione del segnale). Per qualunque trasportatore del segnale si usano quindi
entrambi.
Canali ionici ligando dipendenti
In un qualunque sistema cellulare le concentrazioni medie rispettivamente esterne ed interne dovrebbero
essere:
Na+→150 e 12 mM
K+→5 e 140 mM
Ca2+→2mM e ordine dei microM
La differenza di potenziale è fondamentale perché quando viene perturbata dai -60mV (in aumento o in
diminuzione, più negativo o più positivo) possono scaturire da un punto di vista cellulare da quei sistemi
di membrana responsivi, modalità di azione diverse.
La presenza di canali ionici che possono far variare questo valore medio, può chiedere al sistema di
membrana di far partire un potenziale d’azione o far rimanere
silente (non operativo) per un tempo più lungo del necessario.
Tra i più importanti canali ionici da un punto di vista terapeutico
e farmaceutico→
- Il ligando aprirà sempre e le stechiometrie di aperture (canali
diversi) saranno diverse, oppure potrà servire dell’energia
(ATP). Non è tanto l’azione del ligando quanto la selettività di
ogni canale di far entrare in maniera selettiva ioni di carica
positiva rispetto a ioni di carica negativa a determinare cosa
succede al potenziale di riposo (chiunque siano il ligando o il
recettore!).
Se il potenziale diventa più negativo (entra Cl-), per far partire
un nuovo potenziale servirà poi più tempo e più cationi.
GPCRs rappresentano quasi un 40% dei bersagli molecolari intercettati dai farmaci e un 80% dei
recettori presenti. Indipendente dal ligando, dalla via attivata, dal risultato tutte queste proteine seguono
uno schema di funzionamento comune.
Sono la famiglia proteica più rappresentativa del genoma e circa 800 diverse dal punto di vista di
sequenza, struttura e funzione potrebbero essere associate alla famiglia delle GPCR; però non le
conosciamo ancora tutte.
L’importanza di questa famiglia di proteine è stata recentemente riconosciuta dall’assegnazione del
premio Nobel per la chimica a Lefcowitz e Kobilka; il primo ne ha ipotizzato la presenza mentre il
secondo è stato il primo a cristallizzare oggetti di questo genere.
Da un punto di vista evolutivo questi recettori sono utilizzati come sistemi sensoriali per armonizzare
l’attività veloce ma grossolana dei canali ionici, quindi sembrerebbero evolutivamente “venir dopo”
questi canali ionici, soprattutto quelli ligando dipendenti.
Le GPCRs sono caratterizzate dai 7 domini α-elica TM che si organizzano in una sorta di cilindroide;
inoltre hanno dei raccordi su entrambi i lati cellulare, cioè dei loop, tra un’elica e l’altra e in particolare 3
guardano il lato extra- e 3 quello intracellulare.
Tutte le GPCRs sono proteine monomeriche.
Essendovi 7 eliche, l’elemento N-terminale guarda il lato extracellulare mentre il C-term guarda
inevitabilmente dentro e questo potrebbe essere un elemento fondamentale nel momento in cui il sensore
deve leggere fuori e trasferire dentro quello che ha letto, e questo potrebbe intanto essere un motivo per
cui i domini sono dispari.
Però potevano essere 5 o potevano essere 9… invece sono 7→guardando le sequenze degli 800 differenti
GPCRs, potremmo ricondurle a tre famiglie in funzione di una particolarità nel modo in cui è selezionata
la tipologia di segnale. Le famiglie sono la A, la B e la C in funzione del luogo in cui l’agonista viene
riconosciuto dal sistema recettoriale.
▪ Famiglia A→è la più abbondante ed è in grado di riconoscere il portatore del segnale (agonista naturale)
all’interno di una cavità che si viene a creare nel momento in cui le 7 eliche si organizzano nella forma
cilindroide. Questa cavità deve essere il naturale complemento di forma e volume associati al portatore
del segnale, ed è implicito che forma e volume dei portatori del segnale sono relativamente piccole, tanto
da essere riconosciuti in piccole cavità che si formano dall’associazione delle eliche 1 e 7.
▪ Famiglia B→simili alla famiglia A, ma riconoscono segnali che via via aumentano il loro volume
rispetto ai portatori riconosciuti dalla famiglia A (es. peptidi, proteine e lipidi); il riconoscimento
coinvolge la cavità ma anche i loop esterni, perché non ci stanno completamente all’interno della cavità.
▪ Famiglia C→pur essendo il portatore di segnale di piccole dimensioni (ci starebbe in uno della famiglia
A), per la super specifica funzione per cui questo viene ingaggiato, ha una modalità di riconoscimento
totalmente diversa. Il sito di riconoscimento non è a livello del dominio TM ma il riconoscimento avviene
da parte di un dominio N-terminale molto lungo esposto nell’ambiente extracellulare. Il glutammato è
caratterizzato da un GPCR super specifico per il ruolo che andrà a svolgere (è uno dei più importanti
sistema eccitatori del SNC che coadiuva il trasporto dalla periferia al centro dell’informazione dolorifica).
Il codice genetico è predisposto a tradurre circa 800 oggetti di questo genere che non sono tutti
contemporaneamente presenti in tutti i sistemi cellulari: in base al tipo di sensore che associamo a questi
recettori (in funzione del portatore di segnale) in un determinato sito verranno espressi quei recettori
funzionali, quelli pertinenti per quella cellula in quel tessuto con quella funzione.
Tutti questi 800 recettori si assomigliano con alcune piccole differenze strutturali estremamente
importanti farmaceuticamente parlando.
Da un punto di vista di nomenclatura, i siti riconoscimento principali possono essere definiti ortosterici e
avranno ubicazioni diverse a seconda della famiglia; siti di riconoscimento allosterici saranno invece
diversi da quelli canonici per l’agonista e anche questi hanno ubicazioni diverse per le famiglie A/B
(usano la parte non ancora utilizzata quindi quella esterna) e per la famiglia C (usa quella regione “vuota”
ma in realtà riempita di acqua)→la cavità fisiologicamente riempita di acqua può essere sostituita con un
modulatore che diventa allosterico, perché tutti i modulatori allosterici (positivi o negativi che siano)
mediano la loro attività esclusivamente in presenza dell’agonista naturale; non ci sarebbe alcuna attività
intrinseca del modulatore allosterico se non in presenza dell’agonista naturale.
Abbiamo sempre immaginato che la rototraslazione delle eliche fosse una conseguenza della presenza
dell’agonista ma in sua assenza può comunque essere presente un equilibrio rototraslazionale; la
membrana infatti è fluida, non rigida, e in funzione delle condizioni al contorno (T, pH, colesterolo)
questo potrebbe essere in grado di stimolare variazioni conformazionali del recettore indipendentemente
dalla presenza dell’agonista. Nel momento in cui questo avviene, la proteina G accoppia.
L’agonista può ora in ogni caso riconoscere il recettore, anche se la modificazione è già avvenuta.
Nel momento in cui è avvenuto l’accoppiamento, così come l’agonista induce una variazione
conformazionale di un elemento di riconoscimento della proteina G, avviene una variazione
conformazionale della subunità α. Questa variazione induce l’allontanamento del GDP perché possa
avvenire il riconoscimento del GTP che è abbondante nel citosol (GDP e GTP sono nucleotidi ionici,
carichi e stanno bene nell’ambiente acquoso citosolico→non stanno in membrana).
Avvenuta l’associazione, l’eterotrimero si dissocia→il GTP, legando la subunità a induce una
dissociazione dell’eterotrimero. In particolare la subunità α (attiva come enzima) si dissocia rimanendo
ancorata alla membrana e in funzione del tipo di subunità α avvengono cose diverse (analogamente per
quanto riguarda il dimero ꞵ-ɣ).
Il ruolo fondamentale della proteina G è a livello di un’altra macchina molecolare di membrana,
l’adenilato ciclasi (sotto stretto controllo della proteina Gs, stimolatoria); la Gαs stimola appunto la
macchina enzimatica AC (che è sotto il controllo delle Gs!!!). Le due si assemblano e la AC si attiva
(internalizza il segnale che fuori dalla cellula è avvenuto il riconoscimento recettoriale), quindi trasforma
ATP in cAMP→primo esempio di messaggero citosolico (portatore di informazioni) che porta il suo
segnale di presenza in seguito a fenomeni avvenuti fuori e in membrana.
La concentrazione di cAMP aumenta e si discosta da quella stazionaria.
AC è un enzima e funziona fintanto che ha substrati e controllori della sua attività.
Da una sola molecola di agonista che interagisce con il recettore il segnale viene amplificato, aumenta
l’intensità del riconoscimento attraverso l’aumento di popolazione dei portatori di informazione, perché
per un riconoscimento abbiamo n cicli catalitici di trasformazione di un reagente ATP in un prodotto
cAMP, è come se il segnale si espandesse. Però cAMP da solo non fa niente, deve avvertire un’altra
macchina molecolare e promuoverne l’attività; a questo punto è lui che informa.
La PKA è dipendente/modulabile nella sua attività dalla concentrazione di cAMP , i due devono quindi
essere in grado di legarsi; questi riconoscimento permette di attivare la PKA che inizia a fosforilare e
attiva meccanismi di traduzione genica consentendo alla cellula di fare quello per cui la cellula in
questione è stata pensata.
Alla fine, ad esempio, possono aumentare i livelli di glucosio (ogni volte che un segnale promuove
un’attività, l’attività deve essere supportata).
Vi sono anche sostanze, come la tossina colerica, che riconoscendo selettivamente la Gαs attivata,
impedisce il suo riconoscimento con AC e blocca tutta la trasduzione.
cAMP può anche essere l’attivatore dall’interno di alcuni canali ionici ligando dipendenti (il ligando è
proprio cAMP), i quali sono in grado di far entrare i cationi più abbondanti a livello extracellulare, Na+ e
Ca2+ed entrambi sono portatori di segnale (Na+ di natura elettrochimica, Ca2+ di natura strutturale).
Precisiamo che ancora non abbiamo specificato chi sia l’agonista o chi sia il GPCR nello specifico, ma il
meccanismo è sempre lo stesso.
Quando entrano cationi Na+, se il tessuto è eccitabile si verifica una variazione in positivo del potenziale
di risposo e viene facilitato l’insorgere di un potenziale d’azione e quindi la propagazione del segnale che
dal corpo neuronale arriva in periferia e a quel punto “succede qualcosa”.
Lo ione Ca2+, i cui livelli intracellulari sono sotto strettissimo controllo, promuove invece da un punto di
vista strutturale l’aggregazione di “cose” che possono essere domini proteici intramolecolari o
intermolecolari. È in grado di promuovere ad esempio la fusione vescicolare, la contrazione muscolare,…
Le dimensioni dello ione Ca2+ sono maggiori di quelle del Mg2+, quindi la stazza del Ca2+ si nota nel
fenomeno di aggregazione, è più favorevole.
Quando si forma il cAMP si forma un ciclo a 6, il che è meraviglioso, straordinario, perché consente una
stabilità geometrica e quindi energetica.
►Da un agonista derivano una serie di macchine ma alla fine
- La subunità Gαs rimane tale finché rimane GTP e quando tutte le subunità hanno processato il loro GTP
in GDP si spengono da sole e non riconoscono più AC.
- Quando AC lavora “troppo” a un certo punto viene spenta e cAMP deve essere rimosso per non andare
ad attivare costantemente la PKA.
→non può esserci un’attività cellulare costante e incontrollata, questa è una prerogativa delle cellule
tumorali :(
Se il riconoscimento ha chiamato in causa una Gαi la conseguenza sarebbe una riduzione dell’attività
catalitica della AC, quindi il cAMP diminuisce e la PKA viene inattivata. I livelli di glucosio quindi
diminuiscono a loro volta.
La subunità inibitoria funge anche da ligando per i canali ionici ligando dipendenti deputati
all’esternazione degli ioni K+ la quale suggerisce alla cellula di “non far più le cose per cui è competente”.
La facilitazione dell’espulsione di cariche positive si riflette su una diminuzione del potenziale di riposo,
quindi far partire un potenziale d’azione sarà più difficile e il sistema sarà meno responsivo alla
generazione di questi ultimi. A livello sinaptico arriveranno meno potenziali d’azione, vi saranno meno
fusioni vescicolari, meno liberazione di neurotrasmettitore e minor arrivo di segnali dall’altra parte.
La tossina della pertosse è in grado di riconoscere la Gαi e non vi sarà più il sistema di controllo negativo
che il segnale doveva portare, quindi la macchina inizia a funzionare senza inibizioni.
Uno stesso agonista può riconoscere sia un GPCR accoppiato a Gαs (la cellula di competenza funziona di
più) che uno accoppiato a Gαi.
Il bilancio di concentrazione di cAMP deve essere nel tempo controllato e questa compresenza lo
garantisce.
Sbilanciamento→fallimento dell’organizzazione energetica ed informativa del sistema cellulare.
cAMP è un portatore di informazione, la sua presenza dà via all’attivazione delle funzioni di altre
macchine molecolari, tra cui in primis la PKA.
Un antagonista contrapporrà la funzione naturale dell’agonista competitivo al suo sito ortosterico, se
l’agonista stimola, l’antagonista svolgerà azione silenziante/facilitante in funzione di avere subunità
stimolatorie o inibitorie.
A questo punto il segnale va però anche stoppato e ci sono tre modalità con cui ciò avviene:
• Auto-spegnimento mediante idrolisi del GTP, in maniera efficiente nei limiti di garantire lo
svolgimento dell’attività enzimatica. Cioè l’idrolisi è cineticamente lenta per consentire alla
subunità α di rimanere per tempi sufficientemente lunghi attiva al fine di permettere il
riconoscimento con AC ecc ecc.
• Idrolisi di cAMP che ad un certo punto deve essere silenziato; ne deriva un “semplice” AMP che
energeticamente non ha valore, ma può essere usato per la fosforilazione di altri nucleotidi.
• Desensibilizzazione recettoriale: c’è un equilibrio tra agonista e recettore e questo è uno dei
meccanismi naturali con cui il segnale si spegne (quando l’agonista lascia il sito ortosterico la
modificazione indotta torna nella sua forma in attesa, se non consideriamo l’attività basale). In
altri casi però, per ragioni fisiologiche o patologiche (il meccanismo di controllo di ingresso e
uscita dell’agonista non è più quello previsto, l’espressione del recettore è aumentata, si ha una
iperproduzione dell’agonista,...), il recettore rimane nella forma riconoscente l’agonista per un
tempo più lungo del necessario.
Esistono fisiologicamente, a livello citosolico, dei controllori del tempo di attivazione di ogni
singolo GPCR (ce ne accorgiamo dal tempo di permanenza della modificazione conformazionale);
se questi si accorgono che il GPCR è attivo per troppo tempo o che c’è una popolazione troppo
ampia attiva, intervengono: vanno ad interagire con il dimero ꞵ-ɣ, la cui dissociazione implica che
la subunità α sta facendo quello che deve fare. ꞵ-ɣ ingaggia i controllori CRK, li fa muovere e fa
sì che verifichino lo stato di attivazione del GPCR e se questo permane per una popolazione
troppo ampia o per tempi troppo lunghi, trifosforilano il loop (lo marchiano).
La proteina arrestina è in grado di riconoscere in maniera specifica il loop iperfosforilato e a
questo punto può interagire con un’altra famiglia di proteine, le clatrine. Le clatrine in questo
multimero innescano un meccanismo che comporta l’invaginazione della membrana, la chiusura e
internalizzazione della porzione di membrana che ospita il GPCR iperattivato.
Si formano strutture endosomiali, delle sorte di vescicole che hanno funzione di riciclo (il GPCR
ancora è lì integro, ma per ora non funziona) o, se c’è un accumulo abbondante, vengono
degradate via lisosoma o via proteosoma.
Immaginiamo di avere un inibitori delle chinasi GRK (meglio se di una specifica) è come se avessi
aggiunto dell’agonista, consento a quel GPCR di restare di più nella forma attiva perché questo
meccanismo di controllo viene meno; invece di usare un agonista uso un inibitore delle chinasi. Così
come se avessimo un competitore al riconoscimento dell’arrestina (che chiaramente deve essere carico
negativamente), un poli anione magari un peptide o un peptidomimetico.
Le fosfodiesterasi PDE hanno il compito di idrolizzare il cAMP; questa macchina molecolare può
diventare un oggetto da controllare esternamente attraverso farmaci, perché essendo un enzima potremmo
gradirne talvolta il silenziamento. A ridurne l’attività catalitica sono i famosi Sildenafil (Viagra) che
riesce ad inibire una particolare isoforma di PDE, la PDE5; da questa inibizione mi aspetto che il
quantitativo di cAMP sia maggiore rispetto a quello che otterrei in assenza del farmaco, è come se il
portatore di segnale permanesse a livello cellulare più o lungo o a concentrazioni maggiori. Allora tutte le
vie del segnale controllate da cAMP rimangono operative per più tempo. La PDE5 è implicata nei
meccanismi contrattili di alcuni tessuti epiteliali…
Analogamente il Diazepam (Valium) inibisce la PDE4.
Acetilcolina
Non è un farmaco.
A livello del SNC ha azione eccitatoria e ha un ruolo fondamentale nella trasmissione della
funzionalità (far fare qualcosa – movimento muscolare), anche se sarà poi aiutata da altri
attori→primo portatore funzionale eccitatorio, molto veloce.
Agisce su due classi di macchine molecolari (es. legami ionici acetilcolina dipendenti);
Dal punto di vista della sopravvivenza l’analisi del processo ricevo-analizzo-eseguo viene
registrata, in modo che poi i tempi necessari per rispondere ad un segnale simile diventeranno
minori;
Circadianità→alternanza tra “fare cose” e recupero di energia e massa per poter poi fare di nuovo le
cose; si è più vulnerabili in quei momenti di recupero.
Oltre ad acetilcolina servono sempre un supplente ed un controllore, per sostituire Ach se questa
manca e per verificare che non si abusi di tale neurotrasmettitore.
Muscolo cardiaco→involontario
Non è sotto controllo dell’acetilcolina, ma di noradrenalina e adrenalina (eccitatorie);
il X nervo invece, il nervo vago, che ha le sue terminazioni a livello del miocardio, riduce forza e
ritmo della contrazione mediante l’utilizzo di acetilcolina. Se questi recettori fosse associato a
proteine G, la subunità in questione sarebbe una Gα-i; se fosse un canale ionico farebbe entrare
anioni.
GABA→potente silenziatore generalizzato che fa questa azione velocemente (importa anioni) o in
modo chirurgico (accoppiando a Gα-i).
La transferasi che trasforma la colina (derivato dell’alcol etilico) in acetilcolina è un enzima Acetil
CoA dipendente: trasferisce l’acetile in posizione O della colina (esterifica).
Il sale d’ammonio avrà sempre una controparte anionica, sia quando si trova già in soluzione che
quando lo formulo io, e questo anione si troverà alla distanza stabilita da Coulomb.
L’assenza o il malfunzionamento di questo enzima ESSENZIALE è implicato in diverse patologie
del SNC come la schizofrenia; per egoismo farmaceutico andremo ad analizzare un
neurotrasmettitore, ma è impensabile che sia solo una e una sola modificazione di concentrazione di
neurotrasmettitore o di uno e uno solo trasportatore a determinare la patologia (analogamente ad
una patologia oncologica).
In alcune importanti patologie, alcuni di questi enzimi sono cofattori importanti di una
manifestazione complessa quale ci appare e che noi classifichiamo, ad esempio, come schizofrenia.
Tra colina e acetilcolina le similitudini sono sicuramente la carica ed il volume di occupazione del
sale di ammonio e la
presenza del distanziatore
etilico; differiscono per la
presenza di un idrossile
primario rispetto ad un
estere.
L’estere rappresenta una
fragilità chimica (idrolisi);
questo non è però sempre
vero, ASA ad esempio è
un estere somministrato
per via orale e non è un
profarmaco.
Quando abbiamo un
estere non sempre bisogna
chimicamente
preoccuparci per la loro
fragilità, ma in questo
caso (acetilcolina) sì…
I sistemi vescicolari vengono utilizzati per la liberazione del neurotrasmettitore e anche come
sistemi di riserva: per ogni sinapsi vi sono circa 300mila vescicole e per ognuna di queste 1000-
50000 molecole di Ach si riversano nella fenditura, questo per far sì che la probabilità di
riconoscimento e attivazione sia assolutamente efficace.
Così come il trasportatore della colina è omni distribuito, anche il trasportatore dell’Ach è omni
distribuito sulla membrana di queste vescicole.
A seconda degli enzimi che ogni genoma neuronale viene indotto a produrre, un neurone diventerà
colinergico, adrenergico e così via; ma un singolo neurone/produttore può sintetizzare più di un
sistema di trasporto e solitamente lo fa in maniera integrata, con modulazioni diverse. Produce
portatori del segnale che poi convergono.
Per il fenomeno della fusione essenziali sono gli ioni Ca2+ (aggregatore) e le proteine SNARE (una
a livello della vescicola e una a livello della membrana). L’impossibilità di fusione delle vescicole è
assolutamente incompatibile con la vita e alcune tossine, come quella botulinica, ha la capacità di
degradare proteoliticamente proprio le proteine SNARE impedendo la fusione della vescicola
sinaptica con la membrana presinaptica. Tutto ciò che consegue alla fusione viene a questo punto
silenziato e l’ospite perde la capacità di portare avanti il suo programma, fino a morire. Una
versione addolcita di questa tossina può essere usata in ambito cosmetico per combattere l’eccesso
di contrazione dell’epitelio (rughe): riduco in maniera molto dolce il rilascio dell’Ach quando
questa è responsabile delle contrazioni volontarie/involontarie degli epiteli, tutto si rilassa e le rughe
vengono meno.
Ach è promiscua ed è un agonista pieno, mentre nicotina e muscarina, a loro volta agonisti pieni,
sono selettivi.
Recettori nicotinici e muscarinici possono avere al loro interno differenziazioni non tanto per
l’organizzazione generale del struttura e del funzionamento, quanto per la specificità del
riconoscimento dell’Ach e per la modulazione in termini quantitativi del loro essere agonisti pieni.
Per quanto riguarda i recettori muscarinici, quando un’azione deve essere facilitata la subunità
utilizzata sarà la q, mentre quando deve essere silenziata, subunità i.
Recettori nicotinici
Sono tutti canali ionici ligando dipendenti che riconoscono nicotina e Ach; hanno selettività
cationica, indipendentemente dal recettore in questione (Na+ - potenziale d’azione e Ca2+ -
aggregatore e potenziale d’azione).
Appartengono a tre famiglie in funzione della loro localizzazione.
- SNC e midollare surrenale→famiglia N
- Gangli→famiglia G
- Muscolatura scheletrica (tranne cuore)→famiglia M
L’architettura dei canali ionici ligando dipendenti è simile in tutti i casi; rispetto alle GPCR qui ho 5
unità proteiche che si assemblano a formare un cilindroide che si apre e chiude in funzione del
riconoscimento con Ach. Le stechiometrie di riconoscimento spesso non sono 1:1 perché una sola
Ach non ce la fa a muovere da sola un canale così grande, spesso la stechiometria è almeno 2:1 e i
siti di riconoscimento sono localizzati all’interfaccia di 4 subunità (effetto cooperativo 2 su 4).
Le varie subunità non necessariamente sono uguali→possiamo avere combinazioni diverse e questo
dà origine a canali dalla stessa architettura ma che si distinguono nella capacità di riconoscere Ach e
nella capacità di apertura.
- Classificazione recettoriale→qualunque sia la via del segnale immaginiamo quali sono gli
interlocutori dello spazio biologico che, mediante riconoscimento dell’agonista, svolgeranno la
loro funzione sulla base dei distretti e della natura dei recettori che stiamo considerando.
- Differenza strutturale fra canale ionico ligando dipendente rispetto a GPCR→uno è un oligomero
- Nicotinici→selettività cationica; si trovano nel SNC, nel sistema gangliare (passaggio testimone)
e come effettori nella placca neuromuscolare dei muscoli rossi, scheletrici, volontari.
- Stechiometria di interazione fra il trasportatore del segnale (Ach) e il recettore nicotinico→2:1
perché un oggetto piccolo deve avere un’attività su oggetto grande (pentamero).
- Siti ortosterici→all’interfaccia fra 4 delle 5 unità (cooperatività).
- Risultato→attivazione di tipo eccitatorio, diminuzione dell’intensità del potenziale intracellulare,
facilitazione della partenza di un nuovo potenziale d’azione (azione promotrice).
Modalità di interazione nel momento in cui i recettori riconoscono in ognuno dei due siti Ach→il
catione permanente della Ach stabilisce interazioni con le catene laterali degli AA dei siti ortosterci
del canale ionico.
Ci aspettiamo di avere una controparte carica negativamente (Asp, Glu)→invece troviamo una serie
di residui portatori di sistemi π - aromatici (Phe, Tyr, Trp) - e la stabilizzazione del catione non è
dovuta solo a iterazioni elettrostatiche ma anche alla presenza di circuitazioni elettroniche.
Recettori muscarinici
Ad oggi sembra che il codice genetico codifichi 5 tipi diversi di recettori muscarinici: i dispari sono
accoppiati a GPCR di tipo eccitatorio (subunità q→IP3/DAG), mentre i pari sono accoppiati a
GPCR di tipo inibitorio (subunità i→diminuzione di cAMP).
A livello cardiaco l’effetto è di tipo colinergico muscarinico, di tipo silenziante (bradicardico –
riduco l’attività)→il recettore preferenzialmente presente a livello del miocardio sono sicuramente
quelli “pari”.
In funzione del distretto, quando devo fare qualcosa, ci saranno i recettori “dispari” (o recettori
nicotinici).
Alcuni sottotipi farmaceuticamente interessanti sono i M1 e M3 rispettivamente preferibilmente
localizzati a livello di
- SNC→medierà alcune azioni riflessive
- Epitelio gastrico e cellule parietali→azione secretoria e contrattile
- Ghiandole salivari→secrezione
▪ Livello ghiandolare
▪ Muscolatura liscia/bianca/involontaria→alcuni distretti (epitelio gastrico, intestinale, bronchiale e
tutti gli epiteli contrattili) dove l’attivazione di questi recettori porta ad una naturale motilità, questi
diventano importanti sistemi di controllo quando Ach svolge un’azione esagerata o ridotta (cioè
possiamo usare degli agonisti); un intervento sull’epitelio bronchiale è richiesta in condizioni di
broncocostrizione (asma).
▪ Epitelio cardiaco→l’effetto è quello opposto.
Il sistema muscarinico (soprattutto M1 ed M3, stimolatori riflessivi) trova localizzazione anche a
livello di ippocampo (regione fondamentale per il
processo di memorizzazione ed apprendimento –
ricognitivo uditivo, olfattivo, tattile,…); qualunque
esperienza rilevante deve essere archiviata, soprattutto
se abbiamo già preso una decisione in seguito ad essa
(la situazione è positiva o negativa, mi comporto di
conseguenza).
→memorizzazione, riconoscimento ed apprendimento.
Ci sono delle patologie – neurodegenerazioni –
caratterizzate dall’incapacità di ricordare, riconoscere e
mantenere il grado di apprendimento; i neuroni perdono
la loro funzionalità e vanno incontro a morte cellulare,
quindi avrò presumibilmente bisogno di ripristinare i
livelli di Ach anche se questo non sarà sufficiente a
risolvere la patologia, ma potrebbe essere un supporto
palliativo. Possiamo però ritardare alcuni aspetti
compromettenti.
Il dolore è un segnale di
archiviazione forte rispetto agli
eventi positivi (legati a dopamina e
serotonina); è molto più facile
memorizzare tutto ciò che è
negativo piuttosto che ciò che
positivo.
Mettere in ordine la sensorialità del
mattino di solito si fa di notte, cioè,
durante la fase di sonno mettiamo
in ordine tutti i dati raccolti durante
la giornata e una parte di questo si
trasforma nell’attività onirica.
Il nostro ricordare è paragonabile
più ad una rappresentazione teatrale
che non alla visione
cinematografica→non c’è mai una
rappresentazione teatrale identica all’altra, analogamente il ricordare è un’azione molto plastica,
ogni volta che ricordiamo, ricordiamo qualcosa di uguale nell’oggetto ma di variabile nella modo in
cui lo facciamo.
Nicotina e muscarina non
hanno niente a che fare
strutturalmente con Ach,
l’unica somiglianza è
l’ammonio permanente della
muscarina; eppure sono degli
agonisti selettivi.
Noi però non siamo
preoccupati di avere oggetti
che siano competitori di un
altro e che abbiano poca
similarità strutturale, a patto
che questi conservino il
meccanismo di
riconoscimento, che deve
tradursi in un’attivazione, che
è proprio dell’agonista fisiologico. Mi aspetto una convergenza nella modalità di
interazione→forma/volume e schema di interazione.
Nicotina e muscarina sono due composti di origine naturale che così come sono devono essere
convergenti al meccanismo di riconoscimento che ha Ach sia di qua che di là (lei è promiscua, loro
sono selettivi). Compreso questo meccanismo posso pensare di modificare le strutture (bioisosteria)
perché io non cerco la similarità della struttura!
La muscarina, se ingerita, non passa le membrane e si ferma a livello dei recettori muscarinici
presenti a livello dell’epitelio gastrico: tanto tanto mal di pania e vomito (contrazione gastrica) ma
se riusciamo a fare una lavanda gastrica (espellere) o usare carboni attivi (adsorbire) eliminiamo
quell’altro composto che ci farebbe morire, ma non è la muscarina che ci fa morire.
La muscarina non è un alcaloide, perché non è una base in soluzione acquosa (è un sale e non ha
altri doppietti se non quelli di O che non sono comunque basici).
La nicotina invece è un alcaloide con un anello pirrolidinico e quello porta un doppietto sp3
protonabile, se le condizioni di pH lo consentono.
Se voglio avere un effetto periferico della muscarina devo cambiare via di somministrazione,
perché il suo effetto si esaurisce a livello gastrico→parenterale.
Se l’oggetto invece è la nicotina, la OS fa al caso nostro.
►Finora abbiamo visto che i tre ligandi sono accomunati da dimensione e proprietà volumetriche
(complementarietà con la cavità).
►Abbiamo poi considerato la presenza del sale quaternario: questo c’è, anche quando
apparentemente è assente, in virtù dell’equilibrio acido base della nicotina.
►Quindi abbiamo analizzato gli angoli diedri, il cui numero è diverso quando compariamo Ach (ne
ha tre importanti da un punto di vista farmaceutico), muscarina (ne ha due) e nicotina (ne ha uno).
Quando le energie degli orbitali HOMO e LUMO, a parità di simmetria le reazioni vengono
favorite da un punto di vista cinetico.
A parità di HOMO (doppietto non condiviso dell’acqua), il LUMO (orbitale vuoto) di Ach si
abbassa di più rispetto al derivato con il tert-butile.
Abbiamo ipotizzato che l’esistenza di Ach in due situazioni conformazionali diverse potrebbe
spiegare la sua promiscuità (recettori nicotinici e muscarinici).
Per confermare o meno questa ipotesi dobbiamo avere a disposizione una struttura che sia
“bloccata” in una delle due conformazioni, senza possibilità di interconversione→analogo rigido
di Ach.
Nel momento in cui vogliamo fare questa
operazione ricorriamo ad una
ciclopropanazione→creiamo a livello del
legame rotabile che generava guache e anti
introduciamo un blocco conformazionale
che impedisce la libera rotazione.
Possiamo allora avere allora un
ciclopropano cis (equivalente di sin) e uno
trans (equivalente di anti).
La situazione trans si dimostra essere
selettivo unicamente per i recettori
muscarinici.
Un OH alcolico secondario
(muscarina) e l’ossigeno carbonilico di un estere sono bioisosteri (garantiscono lo stesso schema
interattivo) perché entrambi gli ossigeni sono donatori di 2 LP : il momento dipolare è sempre verso
l’ossigeno ed entrambi sono accettori di legami H. Non hanno esattamente la stessa orientazione
spaziale e la stessa capacità di essere accettori, ma lo schema interattivo dipolare/attraverso ponti H
viene conservata.
Il recettore nicotinico di
conseguenza sarà riconosciuta dal
conformero guache.
Non posso usare Ach come farmaco perché è fragile e deve viaggiare;
Devo essere restrittivo in alcune condizioni al contorno;
→devo trovare una strategia perché non posso usare i due alcaloidi perché portano con sé una
tossicità troppo elevata (sono troppo resistenti al metabolismo).
Voglio aumentare la stabilità all’idrolisi dell’estere mantenendo dimensioni, sale d’ammonio ecc.
Il chimico farmaceutico ha iniziato a vedere se potessero esserci dei derivati sostituiti in α o in ꞵ
che fossero più stabili; queste si trovano anche in quel legame diedro rotabile che abbiamo
precedentemente analizzato.
Vogliamo garantire riconoscimento e attivazione promiscua, aumentando la stabilità all’idrolisi,
elemento che impedisce ad Ach a viaggiare nel torrente circolatorio.
L’epitelio bronchiale è un tipo di epitelio in cui la metacolina trova ancora una ragion d’essere.
Abbiamo qui un effetto di broncocostrizione.
Nel momento in cui vogliamo diagnosticare l’efficienza contrattile dell’epitelio bronchiale (esame
effettuato quando vogliamo verificare il grado di compromissione dell’epitelio in situazioni
patologiche come l’asma o altre patologie croniche broncocostrittive) si utilizza, sotto stretto
controllo medico, la metacolina che ha il tempo di diffondere da un punto di vista aereo e
raggiungere il suo target (il recettore M che guarda il lume, la metacolina non ha necessità di
entrare nella cellula epiteliale).
La metacolina viene inalata e si verifica qual è la concentrazione minima di metacolina affinché
l’epitelio bronchiale sia ancora nelle condizioni di essere sufficientemente costretto per non
compromettere l’attività respiratoria.
Essendo l’effetto broncocostrittivo, metacolina e affini non verranno usati in terapia se non per
scopi diagnostici.
Viceversa quando vogliamo mitigare questa costrizione, non utilizzeremo più un agonista ma un
antagonista muscarinico somministrato per via inalatoria (e quindi broncodilata); potrebbe
questo essere un sollievo nelle crisi asmatiche.
Da un punto di vista dell’agonismo colinergico non sono molti gli oggetti terapeuticamente
interessanti.
Da un punto di vista di stabilità invece, l’ammide è relativamente molto più stabile da un estere,
quindi si potrebbe pensare di convertire l’Ach in una versione ammidica.
Il prodotto che si ottiene però è troppo stabile, quindi neanche questo derivato può diventare un
candidato farmaco; la macchina costrittiva/secretoria viene tenuta attiva troppo a lungo.
Il primo organo sollecitato da un punto di vista colinergico che se iper stimolato potrebbe mettere in
crisi la sopravvivenza dell’organismo è il cuore, nel cui epitelio abbiamo l’unica eccezione in cui
l’azione muscarinica M2 abbiamo una riduzione della forza e del ritmo contrattile→arresto
bradicardico, forte ipotensione,…
→Dobbiamo garantire sì la funzionalità, ma anche un turn over
dell’oggetto.
L’emivita risulta incompatibile con le funzioni fisiologiche che
dobbiamo garantire all’organismo.
Uretani e carbamati sono interessanti quando vogliamo trovare
un bioisostero da un punto di vista riconoscitivo.
Si collocano a mezza via, per quanto riguarda l’idrolisi, tra
ammide ed estere e rimangono comunque substrati della
acetilcolinestreasi.
Non vado alle uree perché il ragionamento sarebbe lo stesso delle
ammidi.
Le ammidi sono meno suscettibili all’idrolisi perché il C
carbonilico è meno elettrofilico→delocalizzazione del doppio
legame e del DL.
CARBACOLO Ach in cui il metile è sostituito da un NH2→carbamato
Il carbacolo è il primo
farmaco sostituto di Ach ed
è un farmaco perché lui può
viaggiare.
Questo oggetto è
promiscuo, sarà tanto
muscarinico quanto
nicotinico anche perché la
sostituzione è bioisosterica e
non tocca il legame che
coinvolge l’equilibrio
guache-anti.
Il carbacolo viene usato
topicamente contro il
glaucoma.
Laddove transita agisce, ma non oltrepassa la membrana.
La sostituzione con una ammina non cambia le dimensioni, sono gruppi bioisosteri; il doppietto di
N inoltre è delocalizzato con il carbonile e quindi è meno basico.
Forma e volume non cambiano poi molto, c’è solo una leggera contrazione del diametro andando da
C ad N ma poca roba.
Il C carbonilico di Ach inoltre ha capacità elettrofilica minore nel carbacolo, sempre per la
delocalizzazione del doppio legame (abbiamo meno densità di carica positiva)→sarà meno facile un
attacco nucleofilo.
Anche in questo caso guache è un po’ più stabile di anti perché l’uretano stabilizza la molecola
(l’isomero) nei confronti di idrolisi sotto catalisi acida.
Se volessi una somministrazione inalatoria con attività prevalentemente a livello dell’epitelio
bronchiale… il cuore? Un oggetto permanentemente carico per la loro intrinseca capacità di
permeare i sistemi di membrana avrà una limitata capacità di distribuzione e di raggiungere distretti
periferici tra cui anche il cuore. Ho limitati effetti cardiaci non perché non possa agirvi, ma perché
non ci arriva. Mi aspetto un effetto cardiaco se la somministrazione fosse iniettiva→componente
muscarinica = effetto bradicardico (diminuzione frequenza e forza contrattile).
Un’altra applicazione terapeutica è quella del glaucoma mediante una somministrazione topica
(collirio, soluzione per uso oftalmico) o in casi molto particolari mediante micro iniezioni (il PA
raggiunge livelli più profondi).
La patogenesi del glaucoma prevede un incremento della quantità di umor vitreo nel lobo oculare;
quando questo si accumula fa aumentare la pressione oculare che nel corso del tempo altera il
campo visivo ma se non adeguatamente trattato può portare anche al distacco della retina (sempre a
causa della pressione esercitata su di essa) e quindi cecità.
La facilitazione dell’uscita dell’umor vitreo può avvenire mediante l’utilizzo di un agonista
muscarinico che agisce a livello di dotti lacrimali, dove ci sono muscoli di natura liscia
involontaria; il controllo del canale di uscita può avvenire con il controllo della contrazione
muscolare (contraggo il muscolo→apro il foro). Questo permette il defluire del liquido e quindi la
pressione diminuisce.
Gli agonisti muscarinici contraggono la muscolatura, aumentano il lume del foro e facilitano la
fuoriuscita di liquido dal lobo.
Riduce gli effetti collaterali ma è un trattamento che va proseguito finché il problema legato alla
patologia in sé non viene risolto; molto spesso poi dipende dalla gravità.
Stiamo lavorando a livello oculare, non ci sarà uno spontaneo assorbimento del carbacolo→effetti
collaterali fortemente ridotti (analogamente alla via inalatoria).
Antagonisti colinergici
Antagonisti muscarinici
Ne abbiamo qualcuno
In entrambi i casi vorrei qualcosa somministrabile per via orale (buona biodisponibilità) e ancora di
più vorrei qualcosa che raggiungesse il SNC, che oltrepassasse la barriera ematoencefalica.
C’è una strategia alternativa rispetto a quella di lavorare facendo sostituzioni su Ach… ma vedremo
poi.
Quando vogliamo silenziare la trasmissione colinergica ad entrambi i livelli come potremmo fare?
E quali potrebbero essere gli effetti collaterali?
Gli antagonisti devono essere in grado di riconoscere il sito ortosterico senza essere in grado di
stimolarne l’attivazione (competitori silenti).
Tutto quello che veniva stimolato da Ach agonista naturale, dovrebbe essere revertito quando
somministro un antagonista.
Dove aumentavo la motilità liscia piuttosto che scheletrica, quando ho un antagonista diminuisco la
contrazione.
Mi aspetto un rilassamento dove stimolavo la secrezione.
Dove avevo contrazione della pupilla mi aspetto una dilatazione della pupilla.
Dove ho contrazione dell’epitelio
bronchiale, un antagonista porta a
rilassamento (vasodilatazione)
dell’epitelio bronchiale.
Questo sistema tropanico porta una ammina terziaria all’interno di un sistema biciclico di questo
tipo perché vogliamo interattori specifici (N dell’ammina terziaria) che siano bloccati da un punto
di vista conformazionale, e il blocco è dato dal legame 6-7 (quelli sotto) che irrigidisce, impedisce
l’equilibrio sedia-barca.
In ambiente gastrico dove ho epiteli e ghiandole mi aspetto che atropina sia prevalentemente
protonata (ionica), quindi non ho assorbimento, ma ho attivazione recettoriale per la presenza del
sale d’ammonio→rilasciamento dell’epitelio gastrico e diminuzione dell’attività secretrice.
Questo potrebbe essere interessante in caso di patologie che portano ad aumento della contrattilità
gastrica, come in alcune chinetosi.
Stessa storia anche a livello intestinale, dove abbiamo sempre un epitelio contrattile anche se la
transizione è più lenta; qui però l’equilibrio si sposta verso la componente non protonata e inizia
l’assorbimento e la distribuzione e si ha rilasciamento della muscolatura intestinale→utile nel caso
di ipermotilità intestinale. Ci sarà anche una porzione protonata che non viene assorbita e agisce
localmente sui recettori che guardano verso il lume.
Nel caso in cui usiamo atropina come farmaco dobbiamo ricordare altri due effetti terapeutici:
• Rianimazione in caso di un particolare tipo di arresto cardiaco→salvavita resuscitante, per
un paziente prossimo alla morte che può tornare ad un recupero dei parametri vitali che poi
consentono interventi di stabilizzazione.
Essendo un antagonista muscarinico a livello cardiaco è come se fungesse da agonista.
In caso di severa bradicardia, l’atropina somministrata per via iniettiva consente un
trattamento emergenziale affinché il cuore possa ritrovare aumento del ritmo e della forza
contrattile.
• Per uso oftalmico ha un effetto midriatico (a scopo diagnostico), allarga il lume della
pupilla (aumenta il campo visivo); questo consente all’oculista di avere un ampio campo
visivo per andare ad analizzare lo stato di salute della retina.
Questo è un effetto anti muscarinico a livello dei muscoli che hanno un effetto protettivo e
sensoriale nei confronti di un segnale come la radiazione visibile.
I muscoli in questione sono involontari e sotto stretto controllo muscarinico; mentre Ach
chiude il lume (contrazione), un suo antagonista ne aumenta l’area e la pupilla diventa più
grande.
Il mondo colinergico fa questo lavoro ma poi ci sono anche dei collaboratori che controllano il lume
della pupilla XD→oppioidi, benzodiazepine, barbiturici hanno questo effetto simil-colinergico
(riducono il lume della pupilla); alcuni psicostimolanti hanno invece un effetto atropino-simile,
come meth e cocaina.
Solitamente un epossido è una specie reattiva, quindi instabile e potenzialmente tossica; ma come
non tutti gli esteri si idrolizzano sempre, nemmeno tutti gli epossidi hanno una reattività tale da non
poter essere usati come farmaci.
Questo epossido in particolare è piuttosto stabile e a meno di non avere ambienti particolarmente
acidi, dove la reattività dell’epossido si riflette in una sua apertura acido catalizzata come potrebbe
essere in ambiente gastrico (ma posso proteggere tecnologicamente il farmaco da questo rischio),
l’unica reattività possibile è l’apertura mediante attacco nucleofilo via SN2, attacco che deve
avvenire da retro rispetto al gruppo uscente. In questo caso l’attacco da retro è impedito
stericamente dalla presenza dell’acido tropico: l’acqua non può avvicinarsi da retro e l’epossido di
fatto rimane chiuso.
Inoltre la presenza di questo epossido modifica indirettamente il valore di pKa, rendendo il sale
d’ammonio meno solvatabile e quindi stabilizzandolo di meno mediante interazione con acqua.
La scopolamina non viene utilizzata come salva vita perché è 100 volte meno attiva di atropina,
quindi ha più senso usare l’atropina
anche se gli effetti sarebbero
qualitativamente gli stessi (aumento
forza di contrazione cardiaca), ma non
quantitativamente.
Grazie al fatto che è meno attiva può
invece essere usato a livello pediatrico
formulato in cerotti transdermici
posizionati dietro le orecchie, a scopo
di ridurre contrazione e secrezione a
livello gastrico→chinetosi (il
movimento stimola meccanicamente il
sistema colinergico a livello gastrico).
Un’altra applicazione da ricordare,
dovuta sempre alla sua minore attività e
quindi tossicità, andata ora un po’ in
disuso, è quella di rimozione di un
ricordo: ricordo del dolore legato al
parto.
Sia atropina possono essere assorbiti e distribuiti e possono raggiungere il SNC dove agiscono da
antagonisti colinergici→riduzione delle capacità cognitive.
E se facessimo un’operazione tale per cui l’ammina terziaria diventasse un sale d’ammonio
permanente? Parto dall’alcaloide naturale e lo trasformiamo, mediante semisintesi, in un derivato
con caratteristiche comuni ma che possa modificare favorevolmente un profilo farmaceutico che
desidero.
La reazione in questione, messo in
sicurezza l’estere, è estremamente
facile e trasforma l’ammina nel suo
metil-derivato; la molecola ottenuta
è attiva ed è un antagonista, quindi
sopporta meglio l’ingombro sterico.
In questo modo vincolo la sua
attività al sito in cui l’ho
somministrata, soprattutto non
arrivo al SNC.
Il tessuto bronchiale (dove la
metacolina induce broncocostrizione
simulando l’asma) è un altro tessuto
interessante assieme a quello gastro-
intestinale (ulcera, gastrite, crampi…); innanzitutto mi aspetto che questa molecola sia sempre
attiva, che non transiti e quindi se la somministro per via orale può agire a livello gastrico riducendo
contrazione e secrezione (OK gastriti, ulcere)→preventivo in contesti in cui l’apparato gastrico è
sovra stimolato.
A livello intestinale, quando si ha iper contrazione dell’epitelio, abbiamo un trattamento locale (e i
recettori sono di membrana, guardano fuori e non c’è bisogno che la molecola entri nelle cellule),
possiamo indurre rilasciamento muscolare e indirettamente riduciamo la sensazione di dolore
locale (pur non essendo un antidolorifico).
ATROPINA METONITRATO “meto” ricorda il metile, “nitrato” perché il sale d’ammonio deve
avere un controione che in questo caso è il nitrato.
La via inalatoria permette di raggiungere l’epitelio bronchiale: se siamo in condizioni di
broncocostrizione, l’utilizzo di questo oggetto è un rimedio efficacissimo per ridurre la contrazione
dovuta ad un rilascio di istamina. La molecola sollecita l’epitelio a rilassarsi, il lume bronchiale
aumenta, aumenta l’afflusso di ossigeno.
Per via iniettiva avremmo tutti gli effetti a livello periferico e anche cardiaco, ma questa via è
eccezionale, non la usiamo perché ha
una pessima compliance e la evitiamo
soprattutto perché gli effetti periferici
non li vogliamo.
Se c’è una necessità a livello
emergenziale possiamo usare questi
farmaci anche per via iniettiva, ma di
sicuro non troviamo la collaborazione
del paziente/cliente.
Su N si è messo di tutto e di più, un
altro oggetto usato per via inalatoria è
IPATROPIO ma ciò non toglie che le
vie di somministrazione di questi due
oggetti possono essere invertite (è solo
una questione di azienda farmaceutica
che si è concentrata da una parte sulla
OS e dall’altra sulla somministrazione
inalatoria).
Sono tutti oggetti di semisintesi a
partire da atropina.
BUTYLSCOPOLAMINA (Buscopan) è un sale d’ammonio della scopolamina prodotto per
semisintesi.
▪ Perché partiamo da
scopolamina, meno attiva,
piuttosto che da atropina per fare
dei derivati?
Il problema dell’essere “meno
attiva” di scopolamina stava nel
fatto che si protonava meno di
atropina, ma qui stiamo facendo
un sale d’ammonio permanente
quindi è sempre protonato
indipendentemente dal pH.
Partendo da due alcaloidi di origine naturale, abbiamo imparato quali potrebbero essere le loro
funzioni terapeutiche legate all’assetto conformazionale; abbiamo anche imparato come modificare
la struttura originale di atropina e scopolamina, antagonisti muscarinici, per far nostre alcuni
desiderata quando vogliamo focalizzare terapeuticamente il loro utilizzo.
Abbiamo visto la struttura di sintesi dell’N-butil sale d’ammonio derivato della scopolamina.
Abbiamo anche visto la possibilità di ricorrere a sostituzioni bioisostere (tiotropium).
Vediamo ora se è possibile sostituire il nucleo tropanico, tanto difficile da sintetizzare, con gruppi
bioisosteri più semplici.
Innanzi tutto bisogna capire quanto indispensabile sia mantenere quel sistema.
Gli interattori classici (il farmacoforo) sono l’ossigeno dell’estere, l’ammina basica (sale
d’ammonio permanente o no) e un
ingombro (anello aromatico).
Il sistema tropanico è il sostituto
irrigidito del conformero anti di Ach e
fin dove posso semplificare la struttura
garantendo il meccanismo di
funzionamento e la potenza, lo faccio.
Quando perdo la struttura rigida che è il
valore aggiunto di atropina e
scopolamina, mi aspetto però un
aumento della flessibilità della struttura,
aumento il numero di angoli diedri
rotabili e di conformeri; mi aspetto
quindi che la popolazione di “buon
conformero” per l’azione antagonista
(anti) sia solo una parte dei conformeri
possibili, quindi non tutto il farmaco
assumerà sempre la conformazione
idonea al riconoscimento recettoriale.
Mi aspetto che questo farmaco sia meno potente perché il conformero che garantisce il
riconoscimento ottimale a livello del sito ortosterico è meno rappresentato. AMPROTROPINA
Una catena lineare di atomi di C unisce l’ammina terziaria, facente funzione del sale d’ammonio, e
l’ossigeno dell’estere.
Se somministrato per via orale, questo oggetto può essere assorbito, se la Ko/w è superiore a 0 e
inferiore a 5 (chiedi sempre il logP), perché non tutto si trova in forma protonata; a livello del SNC
(funzioni cognitive, apprendimento) potrebbe quindi svolgere la sua azione di antagonista.
In un composto neutro mi aspetto che il logP sia sempre compreso fra 2 e 3; in questo caso è
proprio 3 quindi va decisamente bene.
Amprotropina è circa 100 volte meno potente di atropina ma il perché lo sappiamo: il sistema non è
irrigidito quindi esistono più conformeri; però è comunque attivo, sarà questione di dose.
Semplificazioni sul sistema tropanico + bioisosteri dalla parte dell’acido = prodotti sinteticamente
facili, più economici e brevettabili ♥
PROPANTELINA BROMURO Questo oggetto non è nemmeno chirale =) e rappresenta la summa
teologica di quanto detto finora.
Quando voglio arrivare al SNC
con una certa preferenza, mi
avvicino con il logP a valori
più alti senza però superare il
limite di Lipinski (altrimenti ho
accumulo)→Benzotropina.
Farmaci antimuscarinici che
abbiano un logP
particolarmente elevato
possono avere una
applicazione sintomatologica
in patologie come il Parkinson.
La Pirenzepina invece è
utilizzata come anti-ulcera
(induce riduzione di motilità e
secrezione gastrica) sebbene
non sia un sale d’ammonio
permanente; non ha effetti
centrali perché ha un valore di
logP troppo basso. Qui abbiamo una classica struttura piperazinica molto più facile da sintetizzare
rispetto ad un sistema tropanico (non ho il secondo ciclo fuso); tuttavia è un sistema più rigido
rispetto ad una catena idrocarburica = FIGATA
Ma non c’è un’ammina terziaria… potenzialmente potrebbe essere assorbita perché esiste una
buona porzione non protonata. Ciò nonostante non viene assorbita. È troppo idrofilica per la
presenza di tanti eteroatomi (logP = - 0,61 preferisco 10 volte stare in acqua!)→localizzo il suo
effetto terapeutico a livello del tratto GI.
In generale trasformiamo un estere in una ammide perché sia meno facilmente idrolizzabile perché
esiste una classe di enzimi circolanti a livello ematico, ma anche a livello di secrezione pancreatica,
che sono le esterasi.
Sì comunque in realtà i due siti ortosterici non distano 11Å quindi il fatto che la distanza ottimale
dei sali nei farmaci sia quella non è giustificata dalla distanza dei siti.
COLINESTERASI
È stata poco soddisfacente la progettazione di agonisti sia muscarinici che nicotinici che agissero a
livello del SNC. Arrivare in quel distretto, soprattutto con una componente muscarinica, risulta
molto difficile. È necessario però introdurre delle soluzioni per migliorare, per esempio, la qualità
di vita di soggetti affetti da morbo di Alzheimer, Parkinson e Huntington.
Si è provato allora a giocare questa partita nei confronti delle acetilcolinesterasi: l’enzima rivolto
verso la fenditura sinaptica e la placca neuromuscolare, che ha il compito di metabolizzare
l’acetilcolina in acetato e colina. Infatti, pensare di inibire questo enzima significherebbe ritardare e
diminuire la degradazione dell’acetilcolina, con conseguente maggior permanenza nel recettore
colinergico e quindi un’aumentata azione, come se si utilizzasse un’agonista colinergico.
Esistono quindi farmaci che hanno funzioni esteree (come la succinilcolina) che fungono da
substrati per le colinesterasi, per avere un’azione di inibizione terapeutica. Altre molecole che
agiscono sono per esempio cocaina, eroina e aspirina.
L’acetilcolina viene recuperata tramite una via degradativa idrolitica e non attraverso trasporto
attivo (re-uptake). La colina può essere riciclata perché a livello neuronale e gliale esistono dei
trasportatori che la riportano all’interno e permetto la sintesi dell’acetilcolina.
107
L’acetilcolinesterasi è uno degli enzimi che svolge
l’attività catalitica più velocemente, idrolizzando una
molecola di acetilcolina in 80 microsecondi: questo è
fondamentale per permettere la partenza di un
secondo potenziale d’azione.
La cavità di ingresso di questo enzima è carica
negativamente per favorire il richiamo dell’acetilcolina,
dato che essa è carica positivamente essendo un sale
d’ammonio quaternario permanente.
Il passagio più importante del ciclo catalitico è quello in cui l’acetile dell’acetilcolina viene spostato
sull’ossidrile della serina (che aveva promosso l’attacco nucleofilo), facendo avvenire una reazione
di transacetilazione. La serina acetilata diventa silente perché perde il suo carattere nucleofilico
(non ha più doppietti liberi) e la sua cpacità di promuovere un nuovo ciclo catalitico. Nella seconda
fase entra una molecola d’acqua, si libera acido acetico e si riporta l’ossidrile della serina nella
forma attiva: deacetilato, con i doppietti nuovamete disponibili per un nuovo ciclo catalitico.
L’obiettivo, è quello di trovare un qualcosa che sia in grado di ingombrare la tasca di entrata
evitando così che l’acetilcolina possa avere accesso al sito catalitico (inibitore competitivo), avendo
quindi una sua maggiore disponibilità nella fessura sinaptica dove permarrà per un tempo
maggiore.
108
ANTICOLINESTERASI
L’industria faramaceutica lavora su due strategie per inibire l’azione dell’acetilcolinesterasi:
• Substrato suicida: si sostituisce all’acetilcolina
• Inibitore competitivo
FISOSTIGMINA
La Fisostigmina (o Eserina) è un Alcaloide naturale ottenuto dai
semi della Fava del Calabar.
Presenta tre atomi di azoto: il sito di protonazione primario è
quello più esterno, ossia l’azoto pirrolidinico (pka 8.3).
Entrambe le ammine sono delle ammine terziarie tuttavia l’atomo
di azoto più interno (azoto indolico) presenta un anello aromatico
alla sua sinistra ed è quindi classificabile come un Azoto anilinico
e quindi, oltre a protonarsi, è anche in grado di delocalizzare il proprio doppietto sul sistema
aromatico adiacente (e quindi la basicità diminuisce, intatti la pka è 4.3 è 104 volte meno
favorevole alla protonazione rispetto a quello pirrolidinico). Il terzo azoto è un’ammide, quindi il
doppietto di elettroni libero può essere messo in condivisione con il carbonile adiacente.
La fisostigmina è un substrato suicida per l’acetilcolinesterasi, perché presenta un una
porzione carbammica (o uretanica), che può essere variamente sostituita perché non ha azione a
livello dei recettori che riconoscono l’acetilcolina, il suo compito è quello di inibire
l’acetilcolinesterasi. L’elemento di relazione struttura-attività degli agonisti dell’acetil colina non vale
più quando ci si occupa dei substrati suicidi per la colinesterasi.
Nel punto di giunzione tra i due sistemi saturi sono presenti due centri di chiralità, saranno quindi
presenti 4 diastereoisomeri. Dal punto di vista conformazionale essendo un sistema triciclico rigido
avrà la capacità di posizionare correttamente l’estere e il sale d’ammonio quaternario. L’enzima ha
un sistema di riconoscimento plastico di adattamento o induced fit, molto spesso i siti catalitici
enzimatici sono più accomodanti e meno restrittivi, riescono a cambiare la posizione delle catene
laterali, in modo migliore rispetto a ciò che avvine nei siti ortosterici, per favorire il posizionamento
dell’acetilcolina.
La fisostigmina sarà somministrabile per via orale perché in grado
di diffondere attraverso le membrane nella sua forma non
protonata, visto il suo coefficiente di ripartizione pari a 1.65, inoltre
avrà anche effetti centrali e la forma non dissociata potrà arrivare
all’SNC dove agirà.
109
APPLICAZIONI
Può avere azione sia periferica che centrale, permette di avere una maggior concentrazione di
acetilcolina nella fenditura sinaptica, e quindi permette di avere tutti gli effetti agonistici visti per
quest’ultima.
Utilizzabile per:
• miastenia gravis
• morbo di Alzheimer: supporto della memoria, permesso dal maggior tempo di permanenza
dell’aceticolcolina che mantiene le circuitazioni più attive.
• per il glaucoma in forma di collirio, utilizzando la componente muscarinica del muscolo che
controlla il dotto lacrimale e permette l’uscita dell’umor vitreo eccedente (al contrario di come
avviene nel glaucoma). L’azione della fisostigmina sarà equivalente all’utilizzo dell’acetilcolina
o di un agonista muscarinico.
Gli effetti collaterali saranno uguali a quelli causati dagli agonisti dell’acetilcolina (problemi a livello
gastro-intestinale), perché con questo composto si aumenta la concentrazione di acetilcolina.
Il gruppo funzionale carbammico era già presente nel composto naturale ed è stato utilizzato come
modello per la progettazione degli agonisti (è stato eliminato il metile per rispettare il volume di
occupazione).
MECCANISMO D’AZIONE
É lo stesso visto precedentemente per
l’acetil colina che in questo caso è stata
sostituita dalla fisostigmina fatta
eccezione per il fatto che con
l’acetilcolina si aveva l’estere della
serina, e con la fisostigmina si ha il
carbammoile. L’acqua che entra sarà
meno attiva nei confronti dell’idrolisi,
necessaria a ripristinare la funzione
idrossilica della serina. L’enzima resta
più silente di quanto sarebbe in
presenza del suo acetil derivato perché
l’idrolisi del carbamoil derivato (intermedio più stabile) è più lenta di quella dell’acetil derivato (di
40ₓ106). Quindi l’acetilcolina presente all’esterno può svolgere la sua azione per un tempo più
lungo rispetto a quello che farebbe in assenza dalla fisostigmina.
110
MIOTINA
Per quanto riguarda la struttura sono presenti i gruppi interattori
importanti, ossia il carbammato e l’ammina terziaria, è
mantenuto il sistema aromatico in quanto utile nella sintesi e si
aggiunge un gruppo di una grandezza necessaria per rispettare
la distanza tra il carbossile e l’ammina terziaria protonabile nella
fisostigmina.
STRUTTURA E PROPRIETÀ
• primo carbammato sintetico usato clinicamente
• è un’ammina terziaria ed è quindi protonabile, la sua pka è di 8.6 (compresa nell’intervallo 8.5-
10)
• è un derivato di un fenolo e di un’etil-fenil-ammina
• il coefficiente di diffusione (logP=1.6) indica che questa molecola, nella sua forma non
protonata, può bio-distribuirsi per diffusione
• può essere somministrato per via orale, avrà quindi effetti periferici e sarà anche in grado di
arrivare all’SNC visto il suo coefficiente di ripartizione
• È prevalentemente utilizzata come trattamento per il Morbo di Alzheimer.
• ha effetti collaterali a livello dell’SNC
• suscettibile all’idrolisi
• è assimilabile alla fisostigmina per vantaggi e svantaggi, per profilo d’azione ed è facilmente
sintetizzabile
• presenta un centro chirale: è utilizzabile come racemo anche se l’enantiomero S è più attivo
dell’R
NEOSTIGMINA
La neostigmina è più piccola della miotina, ma
mantiene il carbammato e l’anello aromatico, è
presente una diversa distanza tra i gruppi
funzionali in quanto il sale d’ammonio è stato
spostato dalla posizione in α a quella prossimale
all’anello aromatico. Essendo un sale d’ammonio
quaternario permanente, non sarà in grado di bio-
distribuirsi per via diffusiva, deve essere somministrato nel sito d’azione. Una somministrazione
per via orale avrà azione a livello gastro-intestinale, mentre una somministrazione iniettiva avrà
effetto periferico direttamente sul distretto interessato.
Non è attiva a livello centrale, perché non riesce a passare la barriera emato-encefalica, quindi non
ha effetti collaterali a livello dell’SNC. Risulta più stabile nei confronti dell’idrolisi, grazie all’aggiunta
di un gruppo N-metilico aumenta la stabilità.
È il primo oggetto clinicamente efficace per la miastenia gravis per mantenere alto il tono
colinergico a carico nicotinico, per i pazienti affetti da MG con un deficit di recettori nicotinici.
111
MIASTENIA GRAVIS
La miastenia grave (a volte abbreviata in MG, dal greco myastheneia,
letteralmente "malattia muscolare" e latente grave, "grave") è una
malattia neuromuscolare autoimmune che porta a fluttuante debolezza
muscolare e faticabilità. A circa 14 casi su 100.000 (negli Stati Uniti), è
una delle malattie autoimmuni meno conosciute. La debolezza è in
genere causata dal mancato riconoscimento del sistema immunitario per
i recettori nicotinici con conseguente liberazione di anticorpi che
bloccano i recettori dell'acetilcolina e li degradano alla giunzione
neuromuscolare post-sinaptica, inibendo l'effetto stimolante del
neurotrasmettitore acetilcolina e quindi la componente volontaria del
muscolo scheletrico. Un sintomo peculiare è il calo della
palpebra, che non è più possibile controllare e riportare
alla normale apertura. La morte sopraggiunge per
soffocamento in quanto il paziente non riesce più a
controllare il movimento del diaframma.
TRATTAMENTO TERAPEUTICO
Questa patologia viene trattata attraverso farmaci e/o chirurgia per garantire un effetto palliativo. I
farmaci consistono principalmente in inibitori delle colinesterasi, per migliorare direttamente la
funzione muscolare (per via iniettiva), e in farmaci immunosoppressori (prednisone, ciclosporina e
azatioprina), per ridurre il processo autoimmune. Inibitori dell'acetilcolinesterasi: la neostigmina e
la piridostigmina possono migliorare la funzione muscolare rallentando l'enzima colinesterasi
naturale che degrada l'acetilcolina nella placca motrice; il neurotrasmettitore è quindi in giro più a
lungo per stimolare il suo recettore. I trattamenti con alcuni immunosoppressori richiedono
settimane o mesi prima che gli effetti vengano notati. La timectomia è un metodo chirurgico per il
trattamento della MG.
Timotomia: è la rimozione chirurgica del timo. Viene eseguito principalmente in un adulto perché
normalmente il timo perde gran parte della sua capacità funzionale dopo l'adolescenza, in alcuni
pazienti adulti con MG esso risultava avere ancora attività. Il ruolo del timo prima dell'adolescenza
è quello di educare i linfociti T (cellule T) a una risposta specifica in cui popolano gli organi linfoidi,
per conservarli fino al momento del bisogno. Tuttavia, la procedura è più controversa nei pazienti
che non mostrano anomalie del timo.
PIRIDOSTIGMINA
112
RIVASTIGMINA
Strutturalmente presenta: un’ammina terziaria, uno spaziatore con centro di chiralità, un gruppo
carbammato in cui l’azoto lega un metile e un etile (a differenza della miotina che ha un metile e un
idrogeno). Somministrabile per via orale, viene utilizzato per la cura dell’Alzheimer e del Parkinson:
sarà necessario fare delle capsule gastro-resistenti o cerotto transdermico (riduce effetti collaterali
come nausea e vomito). A differenza della miotina viene venduto solo l’enantiomero S, che è più
attivo
TACRINA
• Primo farmaco approvato dalla FDA per i problemi di memoria associati al morbo di Alzheimer
• Problemi: potrebbe intercalarsi sul DNA, ma non è efficiente perché non è del tutto aromatico
segue che il sistema non è del tutto planare e l’intercalazione non è perfetta (come si ha ad
esempio con l’amsacrina che è del tutto aromatica)
• Manca l’ammina che si protona a formare sale d’ammonio
113
enzima non è possibile ovviamente avere una selettività tra recettore muscarinico e
nicotinico in quanto si prolunga la permanenza dell’acetilcolina, che non è selettiva.
Esistono due tipologie di inibitori:
- i substrati suicidi (di cui la fisostigmina ne è il prototipo)
- gli inibitori classici.
(Nell’alcaloide naturale fisostigmina c’è un carbammato, o uretano, da cui è stato preso
spunto per realizzare degli agonisti dell’acetilcolina che avessero una maggiore stabilità
elettrolitica come carbacolo e betanecolo che, infatti, al posto dell’acetile presentano un
carbammato).
Partendo dalla fisostigmina si sono ottenuti due farmaci che derivano da un processo di
semplificazione e che presentano sempre il gruppo carbammato, utile per legarsi alla
serina dell’acetilcolinesterasi.
I vari farmaci ottenuti sono la miotina, la neostigmina, la piridostigmina e la rivastigmina;
questi sono tutti substrati suicidi. Si definiscono comunque inibitori perché, nel momento
in cui il carbammato viene a sostituirsi all’acetile a livello del primo ciclo dell’attività
catalitica, la serina carbamoilata è più stabile e resistente all’idrolisi, quindi ritornerà ad
essere di nuovo attiva in un tempo più lungo.
Gli inibitori classici devono avere il prerequisito di essere in grado di occupare la cavità di
riconoscimento dell’acetilcolina, senza interferire nel meccanismo catalitico. Tutti quanti
presentano un sale d’ammonio che interagisce con l’aspartato, che è l’elemento di ancoraggio
dell’acetilcolina nel sito catalitico. A differenza degli inibitori suicidi però, l’inibitore classico
riconosce l’enzima, vi si lega e non lascia spazio all’acetilcolina, che quindi rimane fuori e continua
a fare il suo lavoro fin tanto che non troverà un’acetilcolinesterasi libera, vi entrerà e verrà
degradata. In questo modo la degradazione avviene dopo un tempo più lungo di quello che si
avrebbe senza la presenza dell’inibitore.
Tacrina
Il primo farmaco competitore dell’acetilcolina nel sito catalitico dell’acetilcolinesterasi non
competitivo al substrato, approvato dalla FDA, è la Tacrina, importante per l’attività a livello
centrale soprattutto per quanto riguarda la componente muscarinica. Questo farmaco è utilizzato
come palliativo nelle fasi iniziali di patologie di Alzheimer, dove la debolezza nel ricordo e nella
memoria sono tra i primi sintomi più importanti a cui il paziente deve far fronte.
È un composto chimico con una sintesi di estrema facilità ma ha seri problemi di tossicità.
114
Guardando la sua struttura si vede che: il sistema
triciclico peri-insaturo aromatico che possiede un atomo
di azoto nelle due posizioni 1-9, nella variante
completamente aromatica, è un’acridina: questa, in
alcuni farmaci ad azione intercalante, è un elemento
classico che ne permette l’intercalazione. Per
completare il sistema triciclico peri-aromatico con un
atomo di azoto nell’anello centrale delle acridine
mancano due insaturazioni in uno dei tre anelli, ma
comunque assomiglia sicuramente molto ad
un’ammino-acridina: la tacrina quindi non è peri-
aromatica.
La Tacrina, invece, non è un intercalante molto efficiente perché quel sistema non è
completamente planare dato che uno dei due anelli, adiacenti alla piridina centrale, è idrogenato;
di conseguenza, l’assenza di planarità è l’ostacolo sterico che impedisce alla molecola di
intercalarsi perfettamente tra la doppia coppia delle basi del DNA.
Quale dei due azoti si protonerà per diventare sale d’ammonio ed interagire con l’aspartato?
Il coefficiente di ripartizione logP della Tacrina è buono (2.7) perché va bene per la sua
somministrazione, quindi la molecola diffonde e arriva al SNC. Questo valore rientra nell’intervallo
di Lipinski 0-5 e anche nell’intervallo 0-3 gradito per i farmaci che devono raggiungere il SNC.
Pertanto, la densità di carica negativa di quel doppietto viene riversata all’interno del sistema π
(effetto mesomerico) che orienta in orto-para; c’è perciò un aumento della densità di carica
negativa sull’N che era il portatore di una modesta basicità. La densità di carica negativa aumenta
e la sua basicità aumenta. Questo è un esempio della possibilità di modificare il valore di pKa di un
N utilizzando l’effetto elettronico dei sostituenti per via mesomerica.
115
In questa tabella si evidenzia qual è l’N che supporta un valore così
elevato di pKa in virtù del fatto che è presente, in posizione para, un
gruppo elettron donatore che porterà un’ulteriore densità di carica
negativa nella posizione occupata dall’N. È quindi l’N dell’anello che si
protona.
Tutti i gruppi elettron-donatori aumentano la basicità, i gruppi elettron-
attrattori la diminuiscono.
EFFETTI COLLATERALI:
La Tacrina non intercala perché non è più planare, si colloca all’interno della tasca ed impedisce
competitivamente l’entrata dell’acetilcolina. Il fatto che si tratta di un’ammina aromatica causa però
problemi di stress ossidativo. L’altro effetto collaterale, molto più rilevante, è l’epatotossicità.
Questo effetto collaterale si verifica soprattutto in pazienti che devono assumere il farmaco in
maniera cronica, che usano già altri farmaci o che hanno una sofferenza epatica. L’epatotossicità è
dovuta alla presenza, nella molecola, dell’ammina anilinica in serie aromatica, la quale sottostà al
processo ossidativo delle ammine che infatti si ossidano facilmente, soprattutto negli epatociti
perché lì ci sono i citocromi p450.
Le ammine primarie aromatiche, quindi, a livello epatico entrano in processi redox che avvengono
sia a livello del mitocondrio che a livello epatocitario. Esse infatti si ossidano con un’estrema
facilità dando origine ad una serie di prodotti di reazione che portano (passando attraverso una
serie di intermedi di una epatotossicità micidiale in quanto sono composti altamente reattivi
dell’azoto e possono dare luogo a prodotti irreversibili a livello proteico o del DNA) alla formazione
del nitro-derivato.
Il primo processo di ossidazione consiste nel
togliere un elettrone del doppietto, in questo
modo si forma il radical catione (ione nitrenio)
che dà il via al processo ossidativo, molto
complesso anche da un punto di vista
meccanicistico perché presenta una serie di
reazioni radicaliche. I prodotti principali di
ossidazione delle ammine sono:
ammina→ idrossilammina→ N-ossido→ nitro.
Questa catena ossidativa da ammino a nitro, è
abbastanza complicata da un punto di vista
redox perché si deve passare dalla
nitrosammina, per l’NO-derivato e poi
ossidarlo a nitro-derivato.
In questo processo la catena di trasferimenti elettronici è tanto importane perché spesso si
formano anche i ROS. Fintanto che le molecole da ossidare sono compatibili non ci sono problemi:
vengono ossidati facilmente, ad esempio, i sistemi aromatici in modo tale da trasformarli in fenoli
che sono più facilmente eliminabili in entrambe le fasi (fase 1 e fase 2). Quando, però, vengono
ossidati composti che danno origine a prodotti di ossidazione molto reattivi e che non sono tenuti
sotto controllo dai sistemi riduttivi presenti in quelle cellule, allora va posta attenzione: le ammine
primarie sono tra queste.
116
La Tacrina viene immessa dall’esterno quindi, non essendo fisiologicamente presente all’interno
dell’organismo, non c’è la batteria enzimatica di controllo che di solito si può utilizzare nella
fisiologia, perciò si incrementa la produzione di ROS, come il radicale superossido. Nel momento
in cui i ROS vengono prodotti, se non è attiva la super ossido dismutasi, che mantiene i
superossidi sotto una certa concentrazione (l’N perde un elettrone e l’ossigeno che lo guadagna
diventa una specie radicalica, il superossido) e la catalasi, che tiene sotto controllo il livello di
acqua ossigenata dismutandola e trasformandola in ossigeno e acqua, c’è il rischio di avere danni
radicalici.
L’acqua ossigenata va tenuta sotto controllo perché, in presenza di ioni bivalenti come Fe (II)
(reazione di Fenton) si produce una specie molto reattiva dell’ossigeno, ovvero il radicale ossidrile,
che, avendo una forte capacità di reagire con qualsiasi molecola, è difficile da eliminare.
Altre due azioni curiose che svolge la Tacrina non sono condivise dagli inibitori anticolinesterasici
puri come la Fisostigmina e il Donepezil (Aricept®). Innanzitutto, il morbo di Alzheimer è associato
a una diminuzione del flusso sanguigno cerebrale e la Tacrina aumenta significativamente il flusso
sanguigno nel cervello in pazienti con l’Alzheimer. In secondo luogo, molto è stato scoperto sul
ruolo della deposizione di amiloide nella patologia del morbo di Alzheimer. La Tacrina blocca la
secrezione della proteina precursore del β-amiloide. Sembra che la Tacrina sia l’unico farmaco
adatto per curare questa patologia.)
Donepezil
Donepezil è il competitore-complemento della
rivastigmina nella terapia palliativa dell’Alzheimer.
Fa parte di una nuova classe di inibitori
dell’acetilcolinesterasi per la presenza di una N-
benzilpiperidina e un indanone (gruppo che mostra
un'azione più lunga e più selettiva).
Infatti, gli studi clinici dimostrano che la Fisostigmina
non è ottimale per essere assunta per via orale,
mentre Tacrina è epatotossica.
Questo farmaco, sebbene non assomigli strutturalmente all’acetilcolina, presenta una comunanza
nella modalità di interazione. Inoltre, presenta una struttura leggermente più complicata:
• È un’ammina terziaria inclusa nel sistema a 6 termini (piperidina), quindi ciclica.
• Il ciclo a sinistra è l’indanone (indene=fusione tra benzene e ciclopentano) ovvero un anello
benzenico condensato ad un ciclo a cinque, sostituito con un carbonile chetonico
(ciclopentanone).
117
• È un sale d’ammonio che occupa la cavità dell’enzima. Il facente funzione del sale
d’ammonio è l’unico azoto che c’è.
• Ha un centro chirale e viene utilizzato come miscela racemica (coppia di enantiomeri).
Non è un substrato suicida perché, essendo un chetone, non può subire l’idrolisi: La presenza del
chetone (gruppo non idrolizzabile quindi Donezepil non funge da substrato) garantisce bioisosteria
con il carbonile dell’estere dell’acetilcolina. Il farmaco si siede così al posto del carbonile dell’estere
senza idrolizzarsi.
L’ammina terziaria è “pulita”, infatti la pKa è quella classica, fra 8 e 9 (8,2), e il sistema fenilico è
spaziato in modo tale che non ci sia la possibilità di delocalizzare: ci sarebbe il passaggio di pKa
da 8.2 a circa 5 se fosse un’anilina, quindi non sarebbe più il sale d’ammonio necessario. Non c’è
tanto una similarità di struttura con l’acetilcolina, quanto una complementarietà tra il volume
occupato dall’oggetto e il volume della cavità del sito catalitico. Donepezil è più grande
dell’acetilcolina e occupa tutto il canale a disposizione dell’enzima.
Il farmaco può essere somministrato per via orale, anche se il logP (4.2) è quasi al limite di
Lipinski, ma questo coefficiente di ripartizione così elevato crea dei problemi:
1. Solubilità in acqua: infatti la molecola ha minore propensione a stare in acqua e sarà
meno solubile;
2. Biodistribuzione: quando ci sono molecole che sono poco solubili in acqua si
accumulano nei distretti idrofobici (sistemi di membrana e tessuti adiposi) e spesso
vengono rilasciate per tempi molto lunghi. In questo modo si prolunga l’effetto del farmaco
per periodi più lunghi di quelli attesi per il trattamento terapeutico in sé.
L’intervallo ideale per non avere accumulo è 0-3 e il Doneprezil ha un valore più alto di logP, quindi
comunque passa la barriera ematoencefalica, ma con il problema dell’accumulo in periferia, nei
tessuti idrofobici (fegato).
L’N facente funzione dell’ammonio quaternario è quello della piperidina: è un N sp3, e l’intervallo di
pKa (8.2)è quello tipico delle ammine.
Il Donepezil è indicato in tutti i casi di demenza e quindi sfrutta particolarmente l’effetto centrale
spingendo sul logP. Passa però anche per la periferia dove può dare gli stessi problemi già visti di
accumulo, di epatotossicità e di malfunzionamento renale. Dunque, tale farmaco passa in periferia
prima di arrivare al SNC ed è per questo che ha moltissimi effetti collaterali talvolta incompatibili
con la vita del paziente. Dal momento in cui arriva a livello del SNC si ha però un recupero della
memoria e dell’atto vigile. L’effetto terapeutico c’è ed è per questo che viene prescritto tantissimo
ma spesso ne va di mezzo la qualità della vita. Donezepil tenderà quindi a distribuirsi
principalmente a livello centrale per le sue caratteristiche adipose-idrofobiche, ma è necessario
comunque considerare tutto quello che succede prima di arrivare a SNC.
EFFETTI COLLATERALI:
L’accumulo nel tessuto adiposo periferico è un problema serio perché limita il rilascio del farmaco
nel distretto adiposo di mio interesse che è quello centrale. Di conseguenza l’effetto terapeutico
atteso dalla dose somministrata non è quello atteso. Un altro organo adiposo-idrofobico, oltre alla
massa grassa, è il fegato (e reni) e il conseguente accumulo di PA in tale sito porta ad un’eccesiva
attività enzimatica da parte degli epatociti con eccessiva produzione di ROS (sofferenza di
epatociti).
Un’ulteriore problematica connessa all’alta idrofobicità del Donepezil è la scarsa solubilità della
specie neutra che può portare alla precipitazione del composto. Se ciò accade nello stomaco poco
importa ma se accade nell’intestino, dove il Donepezil è nella sua forma neutra, il PA precipita
diventando meno propenso a biodistribuire e viene eliminato. Questo risulta problematico se si
dovesse avere una formulazione per via iniettiva; la precipitazione a livello dei vasi porta a
precipitazione, ostruzione e trombo.
118
(Slide: Donepezil è stato testato in altri disturbi cognitivi tra cui la demenza del corpo di Lewy e
demenza vascolare, ma non è attualmente approvato per queste patologie. Donepezil è stato
anche studiato in pazienti con disturbo cognitivo lieve, schizofrenia, disturbo da deficit di
attenzione, deficit cognitivo di bypass post-coronarico, compromissione cognitiva associata a
sclerosi multipla e sindrome di Down.)
Galantamina
La Galantamina (approvata dall’FDA nel 2001) è
un alcaloide che presenta un’ammina terziaria
protonabile che porta alla formazione di un sale
d’ammonio facente funzione. La stessa pianta che
lo produce usa tale alcaloide per difendersi dagli
ambienti ostili nel quale vive. Deriva dal bulbo del
bucaneve, è un alcaloide ed è il principio attivo di
un farmaco usato in tutte quelle forme di demenza
per aumentare il tono colinergico e con esso la
memorizzazione.
Strutturalmente:
• È un sistema policiclico (tetraciclico) parzialmente aromatico, per cui ha basso grado di
flessibilità;
• Ha stereochimica estremamente complessa per la presenza di un gran numero di centri
chirali sebbene solo uno dei possibili enantiomeri risulti essere attivo.
• C’è un’ammina terziaria inserita nel ciclo a 7 (azepina), che è il sale d’ammonio facente
funzione che si protona;
• È un potente inibitore dell’acetilcolinesterasi;
• Difficile da sintetizzare, ora si sta studiando su come semplificarla per diminuire i costi e
poterla somministrare a più pazienti;
Questa molecola ha una pka di 8.9 e il logP basso (1,3) per la presenza di quattro eteroatomi che
possono interagire con l’acqua, quindi la Galantamina risulta essere meno idrofobica rispetto alle
strutture degli inibitori visti precedentemente che causa una minor azione a livello centrale in
favore di un’azione a livello periferico.
Questi sistemi idrofobici, dovuti alla condensazione di sistemi ciclici, molto spesso assumono una
sorta di aspetto sferico, globulare e i gruppi funzionali come idrossili, metossili o ammine sono tutti
sulla parte esterna di questa struttura. Quindi lo scheletro idrocarburico è dentro ed espone
esternamente i gruppi funzionali idrofilici che possono così interagire con l’acqua, per questo
motivo la Galantamina è ben solubile in acqua.
Se si vuole lavorare in periferia la via di somministrazione migliore è quella iniettiva con minore
compliance da parte del paziente. Si sta cercando quindi di avere una formulazione orale, che
biodistribuisca ma con efficienza minore a livello centrale (Donezepil).
Spesso questo tipo di inibitori dell’acetilcolinestersi, commercializzati come smart drugs, hanno
un uso voluttuario perché, se somministrati su persone sane, vanno ad agire a livello centrale
migliorando la nostra capacità di operare e produrre e aumenta la nostra soglia del dolore.
(Slide: Donepezil e Rivastigmina sono attivi a livello centrale, mentre la Galantamina è più attiva
perifericamente. Inoltre, Rivastigmina inibisce preferenzialmente l'isoforma G1 della colinesterasi,
prevalentemente situata nella corteccia, nell'ippocampo e nelle placche neuronali, mentre
Donepezil e Galantamina non sono selettivi per nessuna isoforma dell’enzima e hanno un'ampia
attività colinergica sia centralmente che perifericamente. L'attività colinergica di Rivastigmina, in
contrasto con Donepezil e Galantamina, è apparentemente più mirata su siti del cervello
clinicamente più rilevanti. I risultati del profilo farmacologico di Rivastigmina rivelano che ha una
bassa propensione ha interagire con altri farmaci e può essere utilizzata con un elevato margine di
sicurezza in pazienti con un'ampia varietà di malattie concomitanti.).
119
SISTEMA ADRENERGICO
Parasimpatico→colinergica;
Simpatico→adrenergica.
La paura diventa un tradotto dell’attivazione dei sistemi adrenergici che mettono in regime di
massima sorveglianza qualunque nostro sistema sensoriale, motorio, cognitivo, perché di fronte al
problema dobbiamo trovare una soluzione.
Adrenalina e noradrenalina sono indispensabili nell’affrontare una situazione di emergenza perché
permettono di porre nello stato di massima attività tutti gli altri sistemi.
Ciò che assomiglia ad adrenalina e noradrenalina avrà un effetto stimolatorio, ciò che è antagonista
avrà un effetto contenitivo fino a non curarci più ma a porci in uno stato di apatia.
Noradrenalina è prevalentemente un neurotrasmettitore, adrenalina è anche un ormone.
Attività sensoriali→olfatto, vista,...
Motorie→attacco o fuga;
Cognitive→memorizzazione e apprendimento.
L’apparato colinergico che ci permette di memorizzare e imparare ed è integrato con il sistema
adrenergico che invece mette in atto gli altri sistemi; memorizzare e imparare come reagire in una
determinata situazione facilita la
risposta adrenergica.
DOPAMINA è la mamma dei
neurotrasmettitore adrenergici
Posizione beta rispetto all’ammina =
posizione benzilica = stereocentro;
un solo enantiomero è il portatore
naturale del messaggio.
Il mondo adrenergico utilizza solo
GPCRs.
Inoltre i neurotrasmettitori adrenergici
non presentano cariche (che invece
c’erano in quello colinergico) e
nonostante non ci sia un sale
d’ammonio e quindi la potenzialità di
permeare, la capacità di diffondere è
limitata per la presenza di gruppi OH e
NH.
I catecoli sono bis-fenoli, acidi deboli
soggetti a deprotonazione se le condizioni di pH lo consentono.
Un neurone
dopaminergico è un
neurone in cui
abbiamo silenziato
l’enzima (i geni
codificanti per) che
trasforma la
dopamina in
adrenalina: i
dopaminergici sono
i precursori degli
adrenergici.
Dopamina→controllo fine dei movimenti + circuito di gratificazione (nutrizione, accoppiamento)
Quando il circuito dopaminergico viene iperattivato o soppresso queste azioni vengono meno.
La dopamina deriva da Tyr e il neurone possiede i canali per gli AA; per marcare la Tyr che deve
essere utilizzata come precursore della dopamina viene aggiunto un secondo OH all’anello
aromatico con formazione di un catecolo (DOPA). Questa idrossilazione è il rate-limiting step nella
produzione dopamina, noradrenalina e adrenalina.
DOPA viene trasportato dal trasportatore degli AA, la dopamina no.
La via biosintetica della dopamina serve ad inquadrare l’evoluzione a partire dalla Tyr; la prima
etichetta chimica è un secondo OH che poi identifica questa classe come i catecoli.
Le ghiandole surrenali sono il sito in cui viene completata la cascata biosintetica dell’adrenalina
(mediante metilazione di N di noradrenalina).
Una volta che dopamina, noradrenalina e adrenalina sono stati formati, devono essere
immagazzinati in vescicole che archiviano il neurotrasmettitore; nonostante non abbiamo qui un
sale d’ammonio quaternario, questi oggetto sono piuttosto polari quindi non riescono a diffondere
passivamente attraverso i sistemi di membrana ma hanno bisogno di vescicole trasportatrici.
I trasportatori si trovano in ogni neurone dopaminergico, adrenergico e noradrenergico e ognuno di
questi trasportatori riconosce in maniera specifica i trasportati di competenza e li usa come sistema
di eliminazione dalla fenditura sinaptica o dai tessuti in cui l’adrenalina si muove quando è
necessario ripristinare un segnale uguale a 0: i trasportatori attuano un re-uptake a cui segue un
riciclo o un metabolismo.
La reserpina è un oggetto competitore dell’immagazzinamento del neurotrasmettitore nel
trasportatore, quindi alla fine è come se avessimo minor liberazione di neurotrasmettitore; la
cocaina è un altro oggetto che riduce la rimozione dalla fenditura sinaptica di neurotrasmettitore,
quindi aumenta il tono catecolaminico sia per adrenalina, che noradrenalina che dopamina.
RESERPINA→Rauwolfia serpentina è un alcaloide in cui l’ammina terziaria è particolarmente
ingombrata (e gli ingombri sono idrofobici), di conseguenza se si protonasse l’acqua faticherebbe a
stabilizzarla; conseguentemente la reserpina è un po’ meno basica rispetto alle classiche ammine
terziarie.
La reserpina presenta poi un anello aromatico poli-metossilato e questo riduce molto la possibilità
di instaurare
ponti H
rispetto
all’analogo
poli-
idrossilato;
questo
permette alla
reserpina di
essere
assorbita e
biodistribuita
più
efficientemente
al punto di oltrepassare
anche la barriera
ematoencefalica→effetto
periferico e anche centrale
(a seconda di dove
abbiamo l’effetto
terapuetico, dall’altra parte
abbiamo l’effetto
collaterale).
Laddove il
neurotrasmettitore non
viene efficientemente
immagazzinato, allora non viene neanche efficacemente rilasciato: è come se ne rilasciassimo
meno.
A livello cardiaco avremmo un aumento di forza e ritmo, invece in questo modo i due
diminuiscono.
A livello vasale abbiamo non costrizione, ma vasodilatazione→ipotensivo.
A livello centrale, nel momento in cui abbiamo patologie sostenute da un tono adrenergico piuttosto
che noradrenergico iperattivato (alcune psicosi come allucinazioni sensoriali), può essere utile come
sedativo.
Ma per ogni effetto terapeutico c’è un effetto collaterale e per questo la reserpina non viene più
utilizzata.
LogP 3,2 pKa 6,6
L’assorbimento avviene a livello intestinale: a livello gastrico si trova prevalentemente protonata e
lo stomaco è un sito di transito; a livello intestinale si trova prevalentemente deprotonata.
COCAINA il regioisomero non è quello assiale (tipico di atropina e scopolamina e analoghi), ma
quello equatoriale. La cocaina è un bis-estere da cui ci aspettiamo idrolisi che fortunatamente ne
mitiga il tempo di permanenza.
LogP 2,3 pKa 8,6
La cocaina inibisce in maniera non selettiva delle catecolamine; lo stesso lavoro lo fa sulla
serotonina che a livello centrale determina la capacità di sorridere associata a serenità.
Uno stato depressivo quindi può essere imputato sicuramente ad un tono dopaminergico
(gratificazione) e noradrenergico, ma anche serotonergico.
La presenza della cocaina determina un’attivazione prolungata, sia a livello centrale che periferico,
di queste vie di trasmissione.
A livello centrale ho un aumento del tono della noradrenalina e della serotonina con capacità di
reazione, resistenza, attivazione, concentrazione, sensazione di benessere più elevate di quanto non
sarebbe fisiologico attendersi. La soglia del dolore viene innalzata, le capacità sensoriali vengono
aumentate, la stanchezza fisica viene meno, si ha una maggior sensazione di benessere…
Ogni volta che ci sentiamo bene, la dopamina ti dice “fallo di nuovo” e la gratificazione porta a
riproporre la situazione precedente→dipendenza psicologica perché in questo momento non
avvertiamo ancora dolore.
Una dipendenza fisica invece ha lo scopo di eliminare una sensazione dolorifica.
La cocaina ha anche un effetto periferico: sovraccarico del sistema cardiaco e circolatorio.
L’inalazione di cocaina determina vasocostrizione dei capillari nasali e questo porta ad un mancato
afflusso di nutrienti fino a necrosi e perforazione del setto nasale.
Inibitore del trasporto non selettivo di catecolamine e serotonina.
In crisi di astinenza il cocainomane cercherà il suo spaccino ma l’eroinomane soffre fisicamente e il
comportamento sociale/l’accettazione è totalmente diversa.
La cocaina la vendi pura, è economica mentre l’eroina si taglia ed è molto più costosa.
Dopamina→dipendenza psicologico
Glutammico→dipendenza fisica (eroina, morfina, analoghi).
L’eliminazione di Ach prevede un enzima, tutti gli altri neurotrasmettitori hanno dei trasmettitori
selettivi.
Ogni volta che agiamo a livello dei trasportatori di competenza, a livello degli enzimi deputati o a
livello della biosintesi/metabolismo endogeno delle catecolamine potremmo avere una strategia per
aumentare o diminuire il contributo del sistema adrenergico nei diversi distretti.
La struttura catecolamin- da un lato e aminergica dall’altro viene spenta da enzimi quali i COMT,
che entra in azione quando la trasmissione neurosinaptica ha raggiunto il suo obiettivo.
L’enzima catecol-O-metil-transferasi è deputato alla metilazione di uno degli ossidrili del catecolo,
sia esso (nor)adrenergico o dopaminergico.
La seconda classe di enzimi sono le MAO, monoamino ossidasi che ossidato le ammine.
MAO
Le MAO-A ossidano il C in alfa
all’N.
Il primo passaggio è una
ossidrilazione in questa posizione;
otterremmo una alfa-idrossi-
ammino derivato, equivalente ad
un’aldeide in cui abbiamo sommato
ammoniaca se abbiamo
noradrenalina, un’ammina primaria
se abbiamo adrenalina.
L’aldeide non è più funzionale al
trasporto del segnale.
Sia le MAO-A che le MAO-B sono
presenti sia nei neuroni (SNC) che
nella glia.
Oltre che nel SNC possiamo trovarle laddove abbiamo un’attività adrenergica, quindi a livello
epatico, del tratto GI ma anche circolante.
Le MAO si trovano inoltre come enzimi di membrana (membrana esterna) dei mitocondri.
Quando abbiamo sistemi redox che devono trattare l’ossigeno, il coenzima più utilizzato è il FAD,
mediatore della catena di trasferimento elettronico dal substrato all’ossigeno.
Alla fine dell’ossidazione
abbiamo anche la
produzione di acqua
ossigenata, che in
presenza di Fe2+ porta alla
formazione di radicali
ossidrili (reazione di
Fendom).
Nei mitocondri
fortunatamente abbiamo le
catalasi che dismutano
l’acqua ossigenata in
acqua e ossigeno,
riducendone la
concentrazione e il rischio
di innescare reazioni
radicaliche e tenendo sotto
controllo la formazione di OH-.
Le aldeidi che si formano possono a loro volta essere ridotte o ossidate.
Per titolare le catecolamine circolanti si va infatti a saggiare la presenza di metaboliti quali aldeidi e
derivati (DOPEG e acido mandelico).
I COMT trasferiscono un metile sull’OH introdotto come etichetta nel distinguere la Tyr dal
prodotto che si usa come partenza nella sintesi di questi neurotrasmettitori/ormoni.
Stiamo trasformando un difenolo in un fenil-etere che avrà proprietà chimico fisiche e interattive
diverse→spengo il segnale.
Per mantenere il trasporto del segnale quali OH sono indispensabili e quale sacrificabile?
Come posso trasformare un agonista in antagonista?
Un buon donatore di metili è il SAM (cofattore), dalla cui demetilazione otteniamo un solfuro che è
stabile.
Il gruppo OH
insostituibile (da un
punto di vista interattivo
più che chimico) per il
mantenimento del
riconoscimento e
dell’attivazione è quello
in meta alla catena; è
sacrificabile quello in
para.
Allo stesso modo questo OH potrebbe essere il primo elemento maneggiabile quando vogliamo
trasformare un agonista in antagonista.
Distinguiamo recettori
alfa e beta sulla base
della localizzazione e
della funzione associata
ad essi.
In questo momento
abbiamo due importanti
famiglie di recettori alfa,
1 e 2→dispari fanno far
qualcosa (proteina G
eccitatoria), pari
spengono (proteina G
inibitoria).
Di recettori Beta ne
abbiamo tre sottotipi e
vale sempre la regola
pari/disperi.
I recettori alfa 1 si trovano nel muscolo liscio, nel cuore, nel fegato (apparato cardiocircolatorio ed
epitelio contrattile), con effetti quali vasocostrizione, rilasciamento intestinale, contrazioni uterine e
dilatazione pupillare.
I recettori alfa 2 sono omnipresenti e nelle membrane pre-sinaptiche abbiamo un controllo a feed-
back negativo quindi quando aumenta la concentrazione di neurotrasmettitore a livello pre-sinaptico
abbiamo un segnale di inibizione con conseguente diminuzione di quantità di vescicole che si
fondono.
I recettori beta 1 si trovano prevalentemente nel cuore, controllori di forza e ritmo cardiaco e quindi
di gittata cardiaca (alfa controlla il lume vasale, beta la pressione della pompa).
I recettori beta 2 si trovano in particolare a livello vasale (vasodilatazione).
I recettori beta 3 si trovano particolarmente a livello degli adipociti dove sembrano indurre lipolisi
(controllo delle grandi, e
non solo, obesità).
Noradrenalina è un
neurotrasmettitore e agirà
prevalentemente nella
regione in cui viene
rilasciata; mi aspetto cioè
che i recettori siano
prossimi ai bottoni
sinaptici.
Adrenalina invece è anche
un ormone, quindi non ha
una specifica
localizzazione d’azione e i
recettori non devono
necessariamente trovarsi
nel sito di liberazione.
Sebbene i recettori beta 2 abbiamo una proteina Gs, questi inducono inibizione!
In prossimità di dove la fibra entra in contatto con il vaso, avremo anche il recettore di competenza.
La fibra noradrenergica rilascia noradrenalina, a livello vasale abbiamo prevalentemente recettori
alfa 1 e quindi avremo vasocostrizione, con aumento di pressione, a parità di forza e ritmo perché
stiamo agendo solo sul vaso.
I recettori beta 2, inibitori e quindi vasodilatanti, sono distribuiti sull’intero vaso perché l’adrenalina
ha bisogno di trovare i recettori non localizzati ma equamente distribuiti.
Se vogliamo
usare oggetti
simili ad
adrenalina la prima cosa che farmaceuticamente dobbiamo fare è aumentare il coefficiente di
ripartizione, perché difficilmente quello di adrenalina le permette di raggiungere il SNC.
Nel momento in cui volessi usare l’adrenalina come PA, assodato che l’alcol benzilico secondario
portatore di chiralità, sappiamo che uno degli enantiomeri (quello R) è quello più affine per il
recettore e non possiamo trascurare nella sintesi l’enantiopurezza.
Una catalizzatore chirale quando inserisce l’atomo di idrogeno per ridurre il carbonile lo fa
favorendo una delle due facce, con una reazione quindi enantioselettiva. In alternativa possiamo
successivamente risolvere la miscela racemica.
L’adrenalina è un salvavita, facilita il “risuscitamento” del paziente in caso di arresto cardiaco;
viene somministrata per via iniettiva se necessario, in via emergenziale, anche intra cardiaca nel
momento in cui non ci sia più circolazione (se così fosse il farmaco non verrebbe direzionato al
muscolo cardiaco).
L’adrenalina è un agonista (non selettivo tra i recettori alfa e beta) a livello cardiaco e porta ad un
aumento della forza e del ritmo contrattile.
Un‘altra applicazione dell’adrenalina è quella in caso di shock anafilattico caratterizzato da
spasmo muscolare; quello che più ci preoccupa è lo spasmo bronchiale, il quale si ritrova nei casi
acuti di asma o nei casi di risposta immunitaria aberrante in fenomeni allergici o di tossicità.
L’adrenalina può essere auto somministrata per via intra muscolare mediante l’utilizzo di auto
iniettori; agirà a livello dei recettori beta due vasali e a livello degli epiteli, in particolare quelli
bronchiali.
La noradrenalina, che non prevede un metile in posizione amminica, sembrerebbe avere una
migliore affinità per i recettori alfa rispetto ai beta.
Se invece il metile c’è, quindi nell’adrenalina, l’affinità per alfa è vicina a beta.
All’aumentare dell’ingombro attorno all’azoto portatore della carica positiva (nella forma
farmacodinamicamente attiva), verrebbe da pensare che l’affinità per i recettori alfa diventerebbe
minore rispetto a quelli beta.
Non avremo mai una selettività assoluta, ma due interlocutori che preferenzialmente giocano una
partita diversa.
Il volume di occupazione dei due oggetti è chiaro: la tasca dei recettori alfa è un po’ più piccino
(noradrenalina, ammina primaria) mentre nei recettori beta risulta un po’ più grande (adrenalina,
ammina secondaria).
A partire dalla
feniletilammina
possiamo costruire
una serie di farmaci:
FENILEFRINA→eli
miniamo l’OH non
necessario al
riconoscimento e
all’attivazione
recettoriale.
Abbiamo un solo
OH fenolico
(eliminiamo tutti i
problemi del
catecolo); il logP
aumenta, pur non
essendo ancora
ideale ad una
somministrazione orale; garantiamo tutti gli elementi di riconoscimento ed attivazione (ammina
secondaria, ossidrile benzilico, ossidrile fenolico in meta).
La fenilefrina è promiscua tra alfa e
beta.
La componente alfa la troviamo
prevalentemente a livello vasale;
quando è alfa 1 induce
vasocostrizione→spray
decongestionante nasale. La
mucosa secernente ha bisogno di
nutrienti per continuare a produrre
muco ma se vasocostringiamo
ridiciamo l’apporto di nutrienti e quindi la secrezione di muco. Riduciamo però anche le difese
meccaniche locali.
L’abuso di questi vasocostrittori determina l’essiccamento delle terminazioni nervose del nervo
olfattivo, infatti l’abuso di cocaina porta a necrosi del tessuto olfattivo fino a perforazione del setto
nasale.
L’assunzione di Tachiludec invece non porta a decongestione nasale.
La preparazione H invece viene usata in caso di emorroidi, causate da un aumento di volume dei
vasi; l’effetto sarà vasocostrittore.
Il primo effetto sistemico di fenilefrina (tachifludec) è una leggera tachicardia perché è un
promiscuo agonista alfa-beta con modestissimo assorbimento.
Non ci aspettiamo effetti ricreativi.
Eliminando l’ossidrile in para otteniamo il primo farmaco facente funzione dell’adrenalina con un
logP maggiore.
A partire da questi tre oggetti famosi nell’ambito della ricreatività potrebbero venire delle buone
idee da un punto di vista farmaceutico?
Sono agonisti del mondo adrenergico? Manca l’OH in meta quindi in prima battuta la risposta è
no… ma sappiamo che in realtà la risposta è sì. Questi tre oggetti hanno un effetto sovrapponibile
(aumento capacità fisiche e cognitive, resistenza al dolore…) a quello dell’adrenalina.
Non c’è convergenza per quanto riguarda la SAR ma c’è un potenziale effetto centrale se non altro
in virtù del logP che è positivo per tutti e tre.
La Metanfetamina è quella con il logP maggiore quindi è quella che scegliamo se dobbiamo forzare
la mano verso un oggetto orientabile verso tutti quei tessuti fortemente lipofili; pago un po’ di
pegno per quanto riguarda la solubilità in acqua e l’accumulo periferico.
L’anfetamina è stata usata per molto tempo in tutti quei trattamenti che richiedessero l’attivazione
esagerata del SNC, anche nel doping; determina aumento della soglia del dolore, aumento della
concentrazione, spesso viene usato per perdere peso perché diminuisce il senso di appetito (ma tu
hai visto PLL e queste cose te le ha già insegnate Spencer).
Questi oggetti sono stati anche largamente utilizzati in ambito militare.
Soggetti con una ipotensione importante possono sfruttare la componente alfa; i primi due
effettivamente sono alfa e un po’ meno beta, mentre l’ultimo è alfa e beta circa uguali.
Usiamo quindi questi oggetti per indurre vasocostrizione nel caso in cui ce ne sia bisogno.
Per un effetto “superuomo” non sono tanto indicati perché hanno un logP molto basso, i primi due
anche negativi→non uso questi oggetti per un effetto a livello centrale.
Un altro oggetto famoso è MDMA (Ecstasy): alcune teorie sul suo meccanismo d’azione sono sul
trasporto di neurotrasmettitori e lo svuotamento delle vescicole.
In ultima sono stati evidenziati recettori specifici che non hanno niente a che vedere con il mondo
adrenergico ma somigliano loro per poi l’effetto macroscopico; sono chiamati TAAR (GPCRs) trace
amine-associated receptor in grado di riconoscere queste ammine (oggetti ricreativi) che in tracce
sono ritrovate anche fisiologicamente nel nostro organismo. Il loro ruolo potrebbe essere un
supporto del messaggio adrenergico, mediato da questi oggetti che sono ammine di natura
feniletilica.
Il ruolo funzionale dei TAAR ancora è da chiarire ma vedrebbero in questi oggetti degli agonisti
naturali con diversi gradi di riconoscimento e poi di attivazione.
Il primo telaio è quello di tipo feniletilaminico che abbiamo appena descritto.
Probabilmente queste imidazoline non lavorano sul sistema adrenergico; si sono identificati alcuni
nuovi recettori, sempre GPCRs, simili ai recettori adrenergici.
Non si sa quale sia però l’agonista naturale e ancora non si è quindi trovato un nome.
Sappiamo però che agiscono funzionalmente come supporto del sistema adrenergico.
Funzionano, non sappiamo come e non possiamo violare le evidenze della SAR solo perché
vediamo un effetto macroscopico paragonabile a quello adrenergico.
Avevamo ipotizzato la selettività alfa rispetto beta nel passaggio noradrenalina-adrenalina (cioè
noradrenalina preferisce alfa, adrenalina va bene su entrambi).
Se aumentassimo ancora un po’ l’ingombro sterico potremmo aumentare un po’ la selettività sui
beta.
I beta si trovano in modo particolare a livello cardiaco.
ISOPRENALINA è l’oggetto che dimostra la correttezza dell’ipotesi fatta sull’ingombro sterico;
sposta la selettività verso beta ma non è selettivo su 1 e 2 (ma nessuno lo è in assoluto).
L’effetto macroscopico (es. vasocostrizione, ipertensione) rimane quello mediato dal mondo
adrenergico, è questo effetto può essere misurato.
Microscopicamente il rapporto SAR però non torna.
Questi farmaci si utilizzano nonostante sfuggano alla SAR; nel momento in cui abbiamo una ipotesi
che ci permetta di disegnare, progettare, sintetizzare dei farmaci che funzionano sebbene sfuggano
alla SAR (sono sovrapponibili ad un profilo adrenergico).
Non sappiamo perché funzionano, ma funzionano sebbene poco abbiano a che fare con la struttura
adrenergico.
È più probabile che abbiano un profilo terapeutico adrenergico non interagendo però con recettori
adrenergici.
Proprio perché probabilmente la natura del GPCR è diverso da quella adrenergica, mi aspetto anche
che la SAR sia diversa (deoxy>R>S); non possiamo trasportare la SAR di adrenalina su questi
recettori perché l’agonista naturale non sarebbe l’adrenalina.
Definisco che deoxy>R>S misurando l’effetto anche se non conosco il recettore.
L’N bioisostero è quello sp2 perché quello sp3 ha un doppietto (che dovrebbe far funzione di quello
dell’ammina primaria o secondaria) è in realtà delocalizzato, quindi la sua capacità di fungere da
base di Lewis è ridotta.
Agisce da base quindi quello sp2 che ha un orbitale perpendicolare al sistema pi greco; inoltre
questa addizionale densità di carica negativa derivante dalla delocalizzazione dell’altro N rende
questo N ancora più basico e prono alla protonazione.
Questo diventa il sito di protonazione, a questo punto in un recettore diverso di quello adrenergico.
Essendoci una risonanza i due N possono convertirsi l’uno nell’altro, dovremmo considerarli
equivalenti e non un formale sp2 e un formale sp3.
Avevamo intuito che se aumentassimo l’ingombro a livello dell’N della noradrenalina, potremmo
avere un indicatore di selettività che si muove verso beta (isoprenalina).
Isoprenalina veniva indicata per un trattamento vasodilatatore; beta 2 nell’epitelio bronchiale, così
come in quello vasale, media una broncodilatazione.
Selezionando intelligentemente la via di somministrazione (nebulizzazione piuttosto che aerosol)
riduciamo l’effetto collaterale beta 1 che a livello cardiaco dà la collateralità più importante
(aumento di forza e ritmo di contrazione cardiaca). In un paziente cardiopatico è da maneggiare con
estrema cautela.
Per valorizzare questo concetto l’isopropile può essere sostituito con un t-Butil→t-BUTIL-
ADRENALINA, Colterolo.
Anche qui abbiamo beta 2>beta 1 ma non una netta selettività; ci salva la via di somministrazione.
Il logP è 0,2
ed è
leggermente
maggiore
rispetto a
isoprenalina
che è -0,2
(c’è un
metile in
più).
Da un punto di vista
di PD questo
oggetto non sarebbe
in grado di
riconoscere i
recettori adrenergici
perché abbiamo
bisogno dell’OH in
meta che qui è
mascherato→non è
attivo.
Poi il logP è 5,8 che
va fuori da Lipinski
ma tanto non è lui
che deve agire; le
esterasi infatti
andranno poi a
rimuovere le due funzioni aromatiche e il composto torna farmacodinamicamente attivo. È sulla
forma farmacodinamicamente attiva che dobbiamo fare il ragionamento farmacocinetico.
Questo profarmaco se somministrato per via inalatoria si accumula (volutamente) nell’epitelio
bronchiale, ma lì ci sono le esterasi.
Effetto memoria
Immaginiamo che il sostituente R sia un isopropile o un t-butile (favorisco i recettori beta e con la
somministrazione inalatoria favorisco beta 2) e immaginiamo di lavorare sul catecolo che è un
oggetto delicato (pKa, ossidazione, chelazione di metalli di transizione).
Mi aspetto che se posso
trovare un oggetto
equivalente nella modalità
di iterazione ma che riduce i
problemi dell’essere
catecolo, potrei essere
felice.
Se trovo un interattore
alternativo all’OH e che
non sia substrato delle
COMT aumento il tempo di
emivita e quindi di
permanenza→lungo tempo
di azione (ore notturne di un
asmatico).
Rimane sempre attiva la via
MAO.
Sostituiamo anche OH in
para perché è la posizione
più attivata dell’anello; è una
questione di sintesi e di
facilità di sintetizzare questo
derivato rispetto a quello con
OH o con H e basta in para.
OH e Cl sono bioisosteri
perché l’ingombro non è
molto diverso, hanno una
densità elettronica
comparabile e il Cl ha anche lui la capacità di fare legami H (abbiamo due Ser mediatrici di legame
H).
Duplicazione per simmetria→ci sono due OH entrambi in meta ma non è un catecolo (è una
resorcina) e quindi non è nemmeno un substrato delle COMT.
TERBUTALINA.
L’acidità dei catecoli è
particolarmente elevate;
nella resorcina non
possiamo fare legame H
interno quindi è meno
acido di un catecolo e di
conseguenza sta un po’
meno volentieri in acqua e
per questo ha un logP
maggiore della t-butil-
adrenalina.
Il PA viene formulato in
forma racemica; è sempre
vero che R>S ma risolvere
i due enantiomeri in
questo caso sarebbe più
costoso rispetto a vendere
somministrarli
contemporaneamente quando il paziente non è in pericolo di vita. Questo è un trattamento asmatico
(lo vedo dal t-butil); sicuramente metà della miscela sarà meno attiva, ma in questo caso non
introduciamo nuove collateralità o tossicità.
Inoltre la via di somministrazione già di per sé non è molto accurata e non sappiamo quanto PA
stiamo effettivamente somministrando; c’è una incertezza tale anche nel dosaggio che non vale la
pena fare la risoluzione enantiomerica.
CLENBUTAROLO
somministrabile anche per via
orale (non mi stupisce, basta
guardare il logP).
SALBUTAMOLO (Ventolin)
venduto come miscela
racemica.
LogP va bene ma non è troppo
alto per anche attività centrale.
Non c’è più il catecolo, trasformo un fenolo in un alcol benzilico.
Non è più substrato delle COMT.
Il Cl, da un punto di vista dell’occupazione, è un po’ più ciccio dell’ossigeno e questo può essere
incorporato anche in un sistema più ingombrante quale appunto CH2OH.
Cioè, come andava bene Cl (più ciccio) va bene CH2OH (più ciccio anche lui del solo OH) credo...
Antagonismo beta
Tutto quello che è stato collateralità a livello circolatorio nel caso dei beta 2, che ora vedremo come
effetto
terapeutico di
beta 1, ora la
collateralità
principale sarà
a livello
dell’epitelio
bronchiale.
Abbiamo visto
l’isoprenalina
come agonista
pieno: la
variazione del
sostituente
legato ad N
cambia la
selettività alfa
rispetto a beta.
DICLOROISOPRENALINA è un
bioisostero catecolico: non è tanto
la presenza di OH quanto il suo
schema interattivo.
È beta piuttosto che alfa in virtù
dell’ingombro del sostituente di N;
è un agonista ma rispetto al
riferimento isoprenalina è un
agonista parziale. Quando attiva
la componente beta, rispetto ad
isoprenalina non riesce mai ad
arrivare all’effetto massimo.
Questo significa che in queste
posizioni possiamo iniziare a
modulare l’essere agonista;
possiamo garantire il
riconoscimento eliminando
l’attivazione lavorando sulla porzione catecolica.
PRONETALOLO è un antagonista, è stato il primo oggetto che ci ha permesso di stabilire che una
modificazione della struttura catecolica potesse portare ad antagonismo; che sia beta lo vediamo dai
sostituenti di N. Non è però particolarmente selettivo, agisce cioè sia sui beta 1 che sui beta 2,
quindi gli effetti collaterali ci sono.
Sostituzione in alfa
del naftalene
Vorremmo una
selettività anche
nell’ambito 1 e 2…
Inizialmente si è
sottovalutato l’effetto
di questi oggetti a
livello del SNC.
Quasi
immediatamente è
stato ritirato dallo
sviluppo perché i
naftaleni sono sempre
delicati da un punto di
vista metabolico; a
livello epatocitico può
andare incontro a
formazione di
epossidi, potenziali
precursori di mutagenesi fino a cancerogenesi.
Questa bioisosteria che non voleva più garantire attivazione ma solo riconoscimento rientra nei
canoni: non abbiamo più OH in meta né un suo equivalente, aumenta un po’ l’ingombro ma non ci
interessa perché non dobbiamo attivare e possiamo occupare tutto lo spazio del sito ortosterico…
PROPRANOLOLO è la prima struttura che a partire dal prototipo di prima ha avuto il primo
riscontro terapeutico rilevante in termini di antagonismo beta, senza però grande differenza tra 1
e 2 (→collateralità a livello di epitelio bronchiale).
Tutte queste strutture sono degli amminoalcoli.
Pur essendo un naftalene, poiché è modificato rispetto alla struttura precedente (è sostituito in
posizione alfa e non
più beta ed è un
naftalene sostituito
da una funzione
ossidrilica –
naftolo); questa
doppia differenza
porta ad una
diversità dal punto di
vista metabolico
particolarmente
rilevante.
Pazienti che già
hanno una patologia
bronco-costrittiva in
atto devono prestare
particolare
attenzione.
Che sia beta lo vediamo→sec-propile
Abbiamo trasformato il catecolo in un alfa naftolo, che ha una ridotta metabolizzazione epatica.
La trasformazione metabolica a livello epatico che subiscono i sistemi naftalenici è a carico di una
famiglia importante di enzimi, responsabili della trasformazione ossidativa dei composti; in
particolare ricordiamo i CYP-3A4 che ossidrilano passando per l’intermedio epossidico.
Ci sono due aspetti da considerare
• L’affinità per gli enzimi, che sembrerebbe essere beta>alfa (l’alfa sostituito è meno affine
per l’enzima);
• Il fatto che i naftaleni alfa-attivati siano più reattivi alla trasformazione enzimatica rendendo
l’epossido (l’intermedio mediante cui vengono formati questi alcoli) meno stabile quindi la
loro reattività non viene a riversarsi su oggetti biologici come proteine ed acidi nucleici→si
trasformano velocemente nell’alcol corrispondente e l’epossido, ce modificherebbe
irreversibilmente le strutture biologiche, è meno reattivo perché meno presente.
Sfruttiamo questo oggetto prevalentemente per il suo antagonismo beta 1 cardiaco→riduzione di
forza e ritmo contrattile→controllo delle tachicardie.
Nel momento in cui abbiamo patologie aritmiche non controllate, riducendo forza e ritmo questi
farmaci possono ristabilizzare la corretta funzionalità soprattutto atriale.
Questo controllo diretto cardiaco, ha un effetto indiretto importante: la riduzione della gittata. Una
minore gittata cardiaca determina indirettamente una diminuzione della pressione vasale.
Sono farmaci in grado di ridurre la pressione arteriosa, quindi sono diventati più famosi come
antipertensivi piuttosto che come anti aritmici.
Nel momento in cui uno sia iperteso è a disponibilità del medico l’utilizzo di farmaci che abbiano a
livello dei recettori beta 1 l’effetto diretto, così che ci sia indirettamente anche una diminuzione
della pressione.
Un altro aspetto da notare è che non essendo di fronte a farmaci salva vita (es. adrenalina), si
somministra la miscela racemica e non l’enantiomero puro, perché vantaggioso economicamente:
metteremo mano alla dose perché metà sarà meno attivo se non inattivo. Non è quel 50% di PA non
introdotto in forma altamente affine a compromettere la terapia.
Nella miscela racemica l’enantiomero più attivo per il propranololo non è R, ma S.
L’assegnazione stereochimica R/S è convenzionale e può variare in base alla natura chimica
(priorità) dei sostituenti, pur rimanendo invariata la posizione, in questo caso, dell’ossidrile→in
effetti in questo caso abbiamo un O e non un CH2 e questo cambia la priorità sulla base dei pesi
atomici, ma non la posizione del sostituente OH che interagisce con Asn.
Il logP di questo oggetto è 3, piuttosto alto; ecco la facilità di veicolazione, di assorbimento nel
momento in cui abbiamo un contenuto gastrico molto idrofobico. Facilitiamo la dispersione nei
sistemi complessi che andiamo a formare al livello gastrointestinale (sistemi micellari piuttosto che
più complessi). Ecco l’aumentata biodistribuzione e accumulo a livello dei tessuti periferici adiposi.
Il propranololo bassa anche la barriera ematoencefalica.
Beta 1 selettivi
ATENOLOLO copriamo la
posizione para in modo da
chiudere una via metabolica
(i CYP450 ossidrila
preferibilmente in para
ihihih).
C’è sempre l’attività delle
MAO.
Il logP in questo caso è però
solo 0,5 FIU.
Quando venivano usati beta
1 bloccanti, soprattutto per
il controllo della pressione
il quale solitamente è
cronico, che erano in grado
di oltrepassare la barriera
ematoencefalica,
l’osservazione sperimentale, inizialmente un po’ minimizzata, era la comparsa di sindromi
depressive.
Questo non stupiva particolarmente, perché la maggior parte dei pazienti erano anziani; nessuno
avrebbe pensato che la depressione fosse dovuta all’utilizzo dei beta bloccanti.
Ma se sappiamo che agonisti adrenergici determinano il classico effetto superuomo, degli
antagonisti avranno l’effetto esattamente contrario anche in soggetti il cui equilibrio psichico
sarebbe normalmente perfettamente sano.
Si tratta di una depressione indotta dal trattamento farmacologico che inibisce il sistema
adrenergico centrale.
Per SOTALOLO e NADOLOLO ragioniamo allo stesso modo.
Il più potente selettore beta 1 rispetto a beta 2 dovrebbe oggi essere il Bisoprololo (75:1 mica tanto
ma meglio di niente).
SISTEMA GABAERGICO
Non è possibile associare ad un disordine psichico allo sbilancio dei livelli di un unico
neurotrasmettitore; uno di questi predomina ma non è quasi mai l’unico.
Non sarà quindi sufficiente agire sulla concentrazione di un singolo neurotrasmettitore per risolvere
il problema, anche se scolasticamente ci piace avere un effetto memoria di questo tipo.
Ansia
Possiamo mettere in relazione due stati della nostra
relazione con il mondo esterno: immaginiamo che ognuno
di noi abbia una consapevolezza delle possibilità di
risolvere un determinato problema e mettiamo in relazione
questa consapevolezza con la grandezza del problema da
risolvere.
Siamo soggetti ad un’ansia fisiologica quando sentiamo di
non avere gli strumenti per risolvere un problema
estremamente complesso; quando questa non è più sostenibile con la nostra quotidianità diventa
necessario intervenire anche con strategie terapeutiche.
Possono esserci strumenti alternativi a quelli terapeutici per poter almeno ridurre l’intensità di
alcune forme ansiose soprattutto quando queste diventano non un elemento di difesa ma un
elemento incompatibile con la quotidianità.
Uno stato d’ansia è percepito quotidianamente da ognuno di noi, ad esempio quando dobbiamo
superare un esame; è chiaro che questa relazione fra gli strumenti che abbiamo a disposizione e la
complessità del problema diventa un meccanismo di difesa che ci allerta del fatto che non siamo
consapevoli di avere sufficienti strumenti per la risoluzione del problema (stato d’ansia
fisiologico).
L’ansia diventa un aumento della nostra attenzione, concentriamo tutte le nostre energie fisiche ed
intellettuali nella risoluzione del problema che consideriamo gravoso.
Ci sono persone che riversano questo stato in qualunque “problema” che deve essere risolto (es.
stamattina mi devo alzare dal letto); ci sono persone per cui solo l’iniziare la quotidianità diventa un
problema insormontabile.
Un sintomo affinché questo possa essere diagnosticato è l’aumento della frequenza cardiaca;
possiamo associarvi sudorazione e freddezza degli arti (vasocostrizione) perché stiamo andando a
concentrare il sangue a livello del SNC se l’appuntamento è di tipo intellettuale.
C’è quindi una sintomatologia che ci fa pensare che vi siano una componente adrenergica e
colinergica coinvolte.
Laddove questo diventi un problema quotidiano e qualunque problema diventi ingestibile, lo stato
d’ansia diventa patologico (es. ansia di dovermi coricare si associa a disturbi del sonno, ad esempio
temo di non svegliarmi più o temo l’esperienza onirica).
Vi sono una serie di patologie psicologicamente collegate agli stati d’ansia, come le fobie, che
potrebbero richiedere un intervento farmacologico, che comunque non necessariamente è l’unico.
Probabilmente la centrale operativa che raccoglie ed elabora queste informazioni è l’amigdala, qui
ritroveremo componenti adrenergiche, colinergiche, serotoninergiche, gabaergiche; è chiaro come
un ridotto controllo gabaergico possa essere tradotto come perdita di efficienza in numero di
neuroni, interconnessioni con altre vie del segnale, sinapsi.
Da fuori un aumento del tono gabaergico può essere usato in tutti i quadri ansiosi che diventano
patologici; l’utilizzo di benzodiazepine molto spesso è lasciato all’auto-prescrizione perché la
nostra quotidianità diventa sempre più complessa, il nostro grado d’ansia aumenta sia in termini di
numero che di entità degli eventi.
Acido ɣ-amminobutirrico→GABA
È un amminoacido,
non un alfa ma un
gamma
amminoacido; la
sua biosintesi è
semplicissima ma
cruciale, richiede
una sola reazione
biochimica. Se non
avessimo questo
importante
controllo negativo
tutta la nostra
quotidianità
sarebbe
incredibilmente aggressiva ed egoistica, sotto controllo adrenergico e colinergico con un supporto
dopaminergico che ci porta a fare cose che ci piacciono un sacco indipendentemente dalle
conseguenze.
Anche la nostra crescita neuro-fisica passa attraverso la circuitazione gabaergica; c’è una fase della
nostra vita in cui siamo puramente istintivi e una fase in cui le regole sociali, i sistemi di
aggregazione ecc. ci impongono delle regole. Tutto questo fino a quando raggiungiamo la maggiore
età, quando si forma la corteccia prefrontale.
Il GABA chiaramente non passa spontaneamente le barriere perché è uno zwitterione; ci sarà una
famiglia di trasportatori, esattamente come per le catecolamine (logP<0).
Il suo ruolo è così fondamentale che la via biosintetica non poteva essere complessa; anche la
rimozione del segnale è molto semplice.
In funzione della localizzazione abbiamo di diversi tipi di trasportatori del GABA; la loro
funzionalità ha un ruolo importante anche dal punto di vista neurofisiologico/neuropatologico.
Una semplice
decarbossilazione
del glutammato (lui
stesso è un
trasportatore del
segnale, soprattutto
eccitatorio dalla
periferia al centro,
segnale che
interpreteremo come
dolore) porta alla
formazione del
GABA.
Il Glu è super
importante e infatti
c’è una green
economy, un riciclo
di Glu anche a
livello del SNC.
Il GABA, dopo la sua sintesi, viene immagazzinato e all’interno delle vescicole sarà introdotto un
trasportatore specifico; all’arrivo del segnale di neurotrasmissione l’aumento di calcio e quant’altro
determina la fusione vescicolare.
La trasmissione del segnale deve essere rapida→i recettori saranno canali ionici ligando
dipendente.
Siccome il canale deve silenziare, la selettività di questo canale sarà anionica (Cl- perché sono
quelli più abbondanti fuori) perché devo ridurre la capacità di far partire il potenziale d’azione (il
potenziale deve diventare più negativo).
Vitamina B6→coenzima
fondamentale.
Disfunzioni dell’enzima GAD
possono contribuire ad una
eccitazione aberrante (produco
meno GABA); alcune
patologie possono quindi
essere ricondotte ad una
minore quantità/attività di
questo enzima o ad una minore
quantità del coenzima
vitamina B6.
Nel momento in cui il silenziamento arriva ai centri vitali, soprattutto quelli legati all’involontarietà
dell’atto respiratorio e del battito cardiaco, può sopraggiungere perfino la morte.
Le tipologie di recettori per l’interazione con il GABA sono due e da un punto di visto terapeutico
una di queste due classi ha un ruolo farmacologico molto particolare; la prima classe adottata per
svolgere un’azione che deve essere molto rapida è quella dei canali ionici ligando dipendeti (copia
e incolla del recettore nicotinico) e a questa classe appartengono due sottofamiglie: GABA-A, di
cui ci occuperemo prevalentemente, e GABA-C che ha una localizzazione particolare a livello della
retina.
Anche in questo caso troveremo dei GPCRs: i GABA-B, di cui non ci occuperemo da un punto di
vista farmaceutico perché non c’è ancora un interlocutore farmaceutico di interesse. Questi recettori
appartengono alla famiglia C dei recettori accoppiati alle proteine G, il cui sito ortosterico non è
localizzato a livello TM ma in un ampio domino localizzato nell’N-terminale (extracellulare) dove
l’agonista naturale, ovvero il GABA, viene riconosciuto.
I primi modulano in modo veloce e un po’ meno preciso la funzione inibente del GABA; parleremo
in questo caso di modulatori allosterici e non di agonisti o antagonisti.
Il recettore GABA-C, infine, sembra non essere così sensibile ai modulatori allosterici di cui
parleremo quindi potrebbe essere strutturalmente un po’ diverso dagli altri; ne consegue che non sia
molto chiara la sua funzione fisiologica.
Il recettore GABA-A è costituito da 5 subunità ed il GABA ha il suo sito ortosterico, con una
stechiometria 2:1, all’interfaccia fra 4 di queste subunità.
Una serie di secondi siti allosterici modulano l’attività del GABA stesso; il sito allosterico può
essere positivo e rinforza l’attività mediata dal GABA (ansiolitico→induttore del sonno→coma
lavorando sulla chimica e sulla dose del modulatore allosterico).
Il sito allosterico è collocato all’interfaccia fra due diverse subunità e potrebbero essere le due
subunità alla cui interfaccia non si trovi un sito ortosterico.
Per definizione possiamo immaginare che i modulatori allosterici recettoriali non hanno di per sé
nessuna attività nei confronti del sistema gabaergico, agiscono se e solo se il GABA è presente e
sta svolgendo la sua funzione, sia il modulatore positivo o negativo; non aggiunge/toglie nulla alle
circuitazioni che stiamo considerando. Un modulatore allosterico non è un portatore proprio di
collateralità se non nell’estendere le collateralità dell’agonista naturale o di un agonista/antagonista
esterno. Ciò non toglie che può avere delle affinità altrove.
Un agonista invece fa sempre il suo lavoro, riconosce il suo sito e attiva il recettore.
Mentre nel momento in cui non c’è GABA, pur essendoci il modulatore non succede nulla.
L’unica particolarità quando dobbiamo distinguere un recettore nicotinico da un GABA-A è la
selettività ionica: dovendo questo ridurre l’attività di altre vie del segnale, deve aumentare in
negativo il potenziale di membrana per ridurre la frequenza e il numero dei potenziali d’azione.
Qui sarà lo ione cloruro che riduce il potenziale di membrana e rende meno facile la partenza di
potenziali d’azione. Conseguentemente il canale ionica esporrà prevalentemente catene laterali di
AA carichi positivamente (Lys, Asn).
Effetto inibitorio anione mediato.
Il 60-75% di tutte le sinapsi del SNC sono gabaergiche!
Il recettore gabaergico è un sistema pentamerico: la biochimica strutturale sembrerebbe ad oggi
contare 19 diversi tipi di queste subunità e questo numero ci porta ad immaginare che nel momento
in cui dobbiamo combinare queste 19 subunità saremmo in grado di ottenere 150.000 mila differenti
recettori.
Probabilmente
queste differenti
varianti hanno
una ragion
d’essere: se
abbiamo detto
che l’interfaccia
fra questi
monomeri è la
localizzazione
dei siti
ortosterici ed
allosterici
positivi, forse
non è irrilevante
avere l’una o
l’altra
combinazione
dei monomeri
per avere diverse affinità e quindi intensità dell’azione del GABA; lo stesso vale per il sito
allosterico.
Possiamo avere in tal senso un semplice effetto ansiolitico fino all’induzione del coma,
combinazioni diverse possono mediare effetti di intensità diversa.
Ecco perché farmaci diversi, in funzione di come sono fatti e della loro dose, possono passare da
ansiolitici ad induttori del coma.
Se immaginiamo che questa affinità può essere diversa perché diverse sono le combinazioni delle
subunità, e che diversa è la loro collocazione nel SNC (amigdala piuttosto che centri profondi),
capiamo come il recettore GABA-A sia sempre quello ma la sua attività risulta differenziata.
Lo stesso barbiturico, in funzione della dose, può ridurre l’ansia o indurre il coma e la morte.
Sedazione→sono ancora
vigile.
Le benzodiazepine
raggiungono un plateau.
L’industria farmaceutica sta
cercando di prendere questo
plateau e portarlo verso il
basso perché sarebbe bello
controllare solo l’induzione del
sonno o la riduzione dell’ansia
senza essere vincolati alla
dose.
Un modulatore allosterico può aumentare l’affinità con cui l’agonista naturale si lega al sito
ortosterico ma l’effetto massimo rimane lo stesso, oppure può modificare l’effetto massimo in
positivo ed è come se avessimo un superagonista (ma in realtà è l’effetto additivo del PAM) o un
agonista parziale→entrano più anioni in un caso, meno nell’altro, rispetto a quanto riuscirebbe a
fare da solo il GABA.
Usando un modulatore allosterico accade che senza l’agonista non c’è nessun tipo di attività e
questo ci piace;
NAM e PAM poi
possono anche
agire insieme.
Le
benzodiazepine
sono nate
casualmente, non
c’era alcuna
progettualità; si è
visto che questi
oggetti davano
una risposta
terapeutica
interessante e si è
solo inseguito
capito che non
erano
agonisti/antagonisti, di conseguenza si è iniziato a comprendere la struttura del recettore.
Le benzodiazepine terapeuticamente rilevanti inizialmente sono quelle le cui posizioni 1,4 del
sistema azepinico (a 7 termini) presentano due N; ci sono anche quelle 1,2 1,3 e 1,5 ma quelle
farmaceuticamente sviluppate nel primo momento di soppianto dei barbiturici sono le 1,4.
Abbiamo più di 50 principi attivi in commercio, ma vediamo le SAR generali.
Alcune posizioni vengono modificate: scompare il doppio legame 2-3 e viene inserito un carbonile
che trasforma la struttura in una ammide ciclica→la prima generazione ha una ammide ciclica
chiamata anche lattame (il caprolattame è riconducibile a questa struttura, ma ha un N in meno,
quello in 4 manca).
Il C3 è ibridato sp3 quindi non dovrebbe essere coplanare ai sistemi sp2.
In posizione 5 c’è quasi sempre un sistema fenilico che può, come no, essere sostituito in posizione
orto o para.
Di queste benzodiazepine è prevista una regola ancora ferrea, ovvero quella secondo cui il sistema
benzo possa essere sostituito solo in posizione 7 dove va messo un gruppo elettron attrattore.
Da questa struttura di prima generazione, altri elementi di SAR sono la nomenclatura degli anelli;
alcune posizioni di
sostituzione dello
scheletro iniziale sono:
• Azoto
ammidico;
• C3 (anello
B)→inseriamo
un centro
chiarale;
• Orto e para
dell’anello C,
indicate come 2’
o 4’;
• C7 (anello A)
con solo gruppi
elettron
attrattori, il
perché non si sa
bene.
La seconda generazione
è quella in cui è stata fatta
una particolare
sostituzione bioisostera:
l’ammide ciclica viene
bioisostera con un sistema
imidazolico o triazolico
in modo che sia
conservato quello in
posizione 1→imidazolo-
benzodiazepine o triazolo-
benzodiazepine.
Ragione di questa
bioisosteria: potendo
avere come R1 una catena
alchilica, il sistema sp2
carbonilico è “mimato”
dal doppio legame
dell’anello a 5; l’anello
poi chiude l’ingombro.
In questi sistemi manca un elemento che abbiamo sempre trovato, ovvero un gruppo ionizzabile,
un’ammina protonabile: N1 non è protonabile perché da una parte o dall’altra il doppietto è
delocalizzato, N4 è sp2 e ha una basicità molto modesta.
Infatti uno dei limiti maggiori
che questa classe di farmaci
ha incontrato è l’assenza di
gruppi ionizzabili,
l’impossibilità di fare dei sali
come garanzia di una
solubilità; vediamo poi che ci
sono 2 anelli aromatici quindi
il logP parte da 4 (quasi al
limite per Lipinski) e per
portarlo giù bisogna
impegnarsi tanto. Per questo
sono stati introdotti sistemi
idrofilici (eteroatomi) che
abbassassero il logP e
aumentassero la solubilità per
permettere una
somministrazione orale.
Il primo principio attivo
scoperto è stato il
clorodiazepossido,
strutturalmente leggermente
diverso dai composti che
hanno poi dato origine alle
famiglie importanti.
La particolarità è l’ossidazione di N4 che però può facilmente essere perso.
Tutti i sistemi che sono poi diventati famosi portano spesso un metile nell’anello imidazolico e
questo è un po’ strano dato che volevamo aumentare l’affinità con l’acqua…
Un aspetto interessante che
si è investigato data la loro
idrofobicità è il
metabolismo epatico
• L’ammide ciclica de-
alchilata è più
idrofilica;
• La posizione scoperta
C3 è un sito
facilmente
sostituibile con
l’inserimento di un
OH→otteniamo un
metabolita ancora
attivo perché
garantisce ancora lo
schema interattivo, è
più idrofilico ma
soprattutto diviene
immediatamente
substrato per la coniugazione con acido glucoronico.
Essendo ancora attivo, se sintetizzato così può diventare a sua volta un principio attivo con
solubilità maggiore ed emivita minore con conseguente effetto terapeutico scandito anche da un
punto di vista temporale (es. se devo coricarmi voglio che la sedazione duri 8 ore e non 24, la
mattina cioè non voglio sentirmi rinco).
Questo va bene sia per una induzione del sonno che per un sonno interrotto molte volte.
Il clorodiazepossido è
l’unico profarmaco: in
posizione 3 ha un
carbossilato che può essere
salificato.
Non è per niente attivo ma
può andare incontro a
decarbossilazione chimica
(non enzima catalizzata),
tipica dei benzochetoacidi,
presente quando il
carbossile è cioè in beta ad
un carbonile.
La reazione avviene in
ambiente debolmente
basico quindi a livello
intestinale.
Stati ipnotici→siamo
ancora responsivi, c’è una
sorta di reattività.
Benzodiazepine:
- Controllo dell’ansia;
- Rilassamento muscolare;
- Anticonvulsivante
(prevenzione);
- Sedazione (de
potenziamento controllo
psicofisico);
- Ipnosi (silenziamento
dello stato di coscienza pur
essendo ancora reattivi).
In funzione della dose le benzodiazepine può coprire questa ampia gamma di effetti perché
qualunque sia la combinazione di subunità e qualunque sia la localizzazione dei recettori, loro sono
scarsamente selettive; cioè riescono a riconoscere il recettore indipendentemente dalle
combinazioni delle subunità alfa e gamma e indipendentemente dalla localizzazione recettoriale.
Ecco perché ci si sta focalizzando molto sul distinguere i diversi recettori per cercare di selezionare
quelli prettamente localizzati nelle regioni responsabili dell’induzione del sonno→Z-drugs
sembrano essere selettivi per quei recettori che hanno a livello di subunità alfa e gamma la
localizzazione nelle regioni del sonno, indipendentemente dalla dose→riduzione delle collateralità
anche quando dovessimo aumentare la dose.