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Sebastian Faulks. IL CANTO DEL CIELO. Traduzione di Lidia Peiria. 1993 Sebastian Faulks C 1995.

Marco Tropea Editore s.r.l., Milano. Titolo originale: Birdsog. ISBN 88-438-0002-7. A Edward, Quando me ne andr lontano, questo sar il mio commiato: ci che ho visto stato senza pari. RABINDRANATH TAGORE, Gitania Note di copertina: "Un libro che definirei perfetto." The Times "Questa letteratura al suo meglio: un libro che ha la forza di rivelare l'inimmaginabile, al punto da costringerci a guardare la vita da un nuovo punto di vista." Time Out "Emozioni forti e pensieri profondi convivono a fatica nel romanzo moderno, ma Sebastian Faulks vince la scommessa con tocco da alchimista in questo brillante e straziante romanzo d'amore e guerra." Prefazione: L'amore, la guerra, la memoria. Questi i temi che percorrono il grande affresco narrativo intitolato Il canto del cielo. L'amore: ad Amiens, nel 1910, che Stephen Wraysford, ventenne inglese orfano e solo, incontra Isabelle, una donna impeccabile, rassegnata a tollerare con eleganza un matrimonio infelice. Uniti da una passione assoluta, Stephen e Isabelle bruceranno presto il loro legame per rientrare ognuno all'interno di s. Ma un amore cos non cancellabile, e segner le loro esistenze ancora per molti anni. La guerra: in Francia, tra il 1917 e il 1918, in atto la grande mattanza del primo conflitto mondiale. Stephen, tornato per combattere, sposa Jeanne, sorella di Isabelle e adotta la figlia di Isabelle, ignaro di esserne il padre. La memoria: a Londra, nel 1978, Elizabeth, nipote di Stephen, decide di ricostruire la storia della sua famiglia . Sar nel diario scritto dal nonno che trover la risposta a tante domande e la forza di dare inizio a una nuova vita. Il canto del cielo una potente storia d'amore, di morte e di speranza, orchestrata con il respiro delle grandi narrazioni tradizionali e tutta la sapienza del romanzo contemporaneo, capace di catturare il dramma di un'intera epoca in un intreccio di tragedia collettiva e destini individuali. Sebastian Faulks nato in Inghilterra nel 1953. Prima di dedicarsi al romanzo, ha lavorato per 14 anni alle pagine culturali dell'Independent. Con Al Canto del vied alla sua quarta prova narrativa, dopo A Trick of the LigAt, The Giri at the Lion d'Or e A Fool's Alphabet, che verranno pubblicati da Marco Tropea Editore. PARTE PRIMA Francia 1910 Il boulevard du Cange era un viale spazioso e tranquillo che segnava il confine orientale della citt di Amiens. I carri partiti per il nord da Lille e da Arras procedevano direttamente verso le concerie e le filande del quartiere di Saint Leu, senza percorrere quella via segnata da solchi profondi e tappezzata di foglie. Il lato cittadino del boulevard faceva da sfondo a giardini doviziosi, disegnati con nitore geometrico e commisurati con civica precisione alle case adiacenti. Sull'erba umida crescevano castagni, lill e salici, coltivati per offrire ai proprietari ombra e quiete. I giardini avevano un aspetto inselvatichito: prati profondi e siepi esuberanti potevano nascondere piccole radure, stagni silenziosi e zone inesplorate persino dagli abitanti, dove ciuffi d'erba e fiori di campo prosperavano all'ombra degli alberi. Oltre i giardini, il fiume Somme si sfrangiava in tanti piccoli canali che conferivano a Saint Leu una nota pittoresca; sul lato opposto del boulevard erano stati imbrigliati in una serie di giardini d'acqua, isolotti di fertile umidit divisi dai bracci secondari del

fiume. La domenica pomeriggio, lunghe barche a fondo piatto sospinte da pertiche trasportavano sui canali gli abitanti della citt. Lungo il corso del fiume e dei suoi affluenti sedevano i pescatori, ciascuno curvo sulla sua canna; con giacca e cappello ai piedi della cattedrale, in maniche di camicia sulle rive dei giardini d'acqua, lanciavano la lenza sperando di pescare trote o carpe. La casa degli Azaire esibiva alla strada, oltre l'inferriata, una facciata solida e composta. Ai passanti che scendevano indolenti verso il fiume non sarebbe mai sorto il dubbio che non fosse la propriet di un uomo agiato. Il tetto di ardesia scendeva a spiovente coprendo la pianta irregolare della casa con angoli sghembi, e da 1 di quegli spigoli si affacciava sul boulevard un abbaino. Il primo piano era dominato da una balconata di pietra con balaustra ricoperta di vite canadese, che si arrampicava fino al tetto. La porta d'ingresso, con i battenti rivestiti in ferro incuteva rispetto. Vista dall'interno, la casa appariva pi grande e insieme pi piccola che dall'esterno. Non poteva vantare stanze imponenti per la loro grandiosit n saloni dorati con i lampadari che grondavano gocce di cristallo; eppure sorprendeva l'ospite con spazi e corridoi inattesi che schiudevano alla vista nuovi scorci del giardino, oppure salette arredate con scrivanie e sedie ricoperte di tessuto gobelin che si aprivano su passaggi dimenticati. Persino dal fondo del prato riusciva difficile capire in che modo stanze e corridoi fossero inseriti nei solenni rettangoli di pietra. In tutta la costruzione i pavimenti scricchiolavano sotto la pressione dei piedi, tanto che, con i suoi angoli ciechi e l'aria densa di riverberi sonori, la casa era sempre percorsa da passi invisibili. Il baule da viaggio di Stephen Wraysford era stato spedito in anticipo e lo attendeva ai piedi del letto. Lui lo vuot, appendendo il vestito per le occasioni importanti dentro il gigantesco guardaroba di legno scolpito. Sotto la finestra c'era una bacinella smaltata con un appendiasciugamani in legno. Dovette alzarsi in punta di piedi per guardare fuori, verso il boulevard, dove una vettura di piazza era in attesa lungo il marciapiede di fronte, con il cavallo che scuoteva i finimenti e allungava il collo per mordicchiare i rami di una limetta. Stephen saggi la morbidezza del letto, poi vi si stese, appoggiando la testa sul cuscino cilindrico ricoperto dal copriletto. La stanza era semplice, ma arredata con una certa cura . Sul tavolo c'era un vaso di peonie azzurre e ai lati della porta erano appese 2 stampe con scene di vita cittadina a Ronfleun. Era una sera di primavera, con il sole che si attardava dietro la cattedrale e il canto dei merli intorno alla casa. Stephen si rinfresc alla bell'e meglio e tent di lisciarsi i capelli neri guardandosi nel piccolo specchio. Mise mezza dozzina di sigarette in un astuccio di metallo che infil nella giacca. Svuot le tasche degli oggetti ormai inutili: biglietti ferroviari, un taccuino di pelle blu e un coltello con la lama con un taglio scrupolosamente affilato. Scese al pianterreno per la cena , stupito dal risuonare dei suoi passi sulle 2 rampe di scale che portavano al pianerottolo del primo piano, con le stanze da letto dei componenti della famiglia, e di l fino all'atrio. Sentiva caldo, con il panciotto e la giacca. Rimase fermo per un attimo, disorientato, non sapendo quale delle 4 porte a vetri che davano sull'atrio fosse quella che doveva varcare. Ne apr una a met e si ritrov a sbirciare in una cucina invasa dal vapore, al centro della quale una cameriera disponeva dei piatti sopra un vassoio appoggiato su un grande tavolo di servizio. -Da questa parte, Monsieur. La cena servita,-disse la cameriera, sfiorandolo per uscire dalla porta. In sala da pranzo trov la famiglia gi seduta a tavola, e Madame Azaire si alz in piedi. -Ah, Monsieur il suo posto qui.-Azaire borbott una presentazione della quale Stephen distinse solo le parole:-Mia moglie.-Le strinse la mano, accennando appena un inchino. i ragazzi seduti ai lati del tavolo lo fissarono. -Lisette-disse Madame Azaire, indicando una ragazza sui 16 anni con i capelli scuri trattenuti da un nastro, che sorrise tendendogli la mano,-e Grgoire. Quest'ultimo era un bambino di una decina d'anni, con la testa che spuntava appena al di sopra del tavolo, sotto il quale dondolava le gambe avanti e

indietro con energia. La cameriera incombeva alle spalle di Stephen con una zuppiera di minestra. Lui ne scodell un mestolo nel suo piatto, fiutando l'aroma di una verdura poco familiare. Sotto i verdi cerchi concentrici che ondeggiavano nella terrina, la minestra era addensata dalle patate. Azaire aveva gi finito la sua porzione e tamburellava con il coltello contro il sottopiatto d'argento, seguendo un ritmo incalzante. Stephen lo guard incuriosito al di sopra del cucchiaio di minestra, risucchiando il liquido fra i denti. -Quanti anni ha?-Chiese il bambino. -Grgoire! -Non fa niente-disse Stephen rivolto a Madame Azaire.-Ne ho 20. -Beve vino?-Domand Azaire, tenendo sospesa una bottiglia sopra il bicchiere di Stephen. Azaire ne vers 2 dita a Stephen e a sua moglie prima di rimettere a posto la bottiglia.-Allora, se ne intende di tessuti?-Domand. Aveva appena 40 anni, ma ne dimostrava 10 di pi. Il suo corpo non era di quelli che con l'et si rinsecchiscono o si gonfiano; gli occhi avevano 1 scintillio vigile e privo di spirito. -Un po',-rispose Stephen.-Lavoro nel settore da quasi 4 anni, anche se per lo pi mi sono occupato di questioni finanziarie. Il mio datore di lavoro voleva che mi impratichissi meglio nel processo di produzione. La cameriera ritir i piatti della minestra e Azaire cominci a parlare delle industrie locali e delle difficolt che aveva incontrato con la manodopera. Era proprietario di una filanda in citt e di un'altra a qualche chilometro di distanza.-L'organizzazione degli operai nei vari sindacati mi lascia ben poco spazio di manovra. Si lamentano di perdere posti di lavoro perch abbiamo introdotto i macchinari, ma se non potremo competere con i concorrenti spagnoli e inglesi la nostra sorte gi segnata. La cameriera port un piatto di carne affettata, ricoperta da una salsa leggera, che mise davanti a Madame Azaire. Lisette cominci a raccontare un episodio della sua giornata scolastica, scuotendo la testa e ridacchiando mentre parlava. La storia riguardava una burla organizzata da una ragazza ai danni di un'altra, ma il racconto di Lisette giocava su due registri. Era come se capisse di raccontare una bambinata e volesse far intendere a Stephen e ai genitori di essere tro po adulta per certe cose. Ma non era ancora ben sicura quali fossero adesso i suoi interessi e i suoi gusti, e balbett un poco per poi perdere il filo e voltarsi a rimproverare il fratello perch rideva. Stephen la guard mentre parlava, studiandone il viso con i suoi occhi scuri. Azaire ignor la figlia, servendosi dell'insalata e passando l'insalatiera a sua moglie; con un pezzo di pane ripul il bordo del piatto, dov'erano rimaste tracce di salsa. Madame Azaire non aveva ancora incontrato apertamente lo sguardo di Stephen, e lui a sua volta ignorava il suo, come se aspettasse di essere interpellato; ma con la coda dell'occhio not l'onda dei capelli castani, dai riflessi color fragola, sollevati e raccolti in modo da lasciarle il viso scoperto. Lei portava una blusa di pizzo bianco con una pietra rosso scuro appuntata sul colletto. Mentre finivano di cenare, si sent suonare alla porta d'ingresso e udirono una voce maschile rimbombare sonora nell'atrio. Per la prima volta Azaire sorrise. -Il buon vecchio brard. Spacca il secondo, come al solito! -Monsieur e Madame brard-annunci la cameriera aprendo la porta. un grosso nodo ferroviario Treni per Parigi, per Lille, per Boulogne.,. -Mi dica, in Inghilterra ci sono i treni? -Si. -E da quando? -Vediamo.,. Da una settantina d'anni. -Ma avete dei problemi, a quanto mi risulta. -Non credo. Non me ne sono mai accorto. brard sorrise felice, ingollando un sorso di acquavite.-E cos, ora hanno i treni anche in Inghilterra.-Il corso della conversazione dipendeva da brard; era lui ad assumersi il ruolo di regista, a introdurre le varie voci e sintetizzare i loro contributi.-E mangiate carne a colazione tutti i giorni, in

Inghilterra. -Penso che lo facciano in molti-rispose Stephen. -S'immagini, cara Madame Azaire, carne arrosto tutti i giorni a colazione! Brard invit la padrona di casa. Lei declin l'invito, mormorando invece qualcosa sulla necessit di aprire una finestra.-Forse un giorno lo faremo anche noi, eh, Ren? -Oh, ne dubito, ne dubito-replic Azaire.-A meno che non ci tocchi anche la nebbia di Londra, un giorno o l'altro. -Ah, e poi la pioggia!-Esclam ridendo brard.-A Londra piove 5 giorni su 6, se non sbaglio.-Guard di nuovo Stephen. -Eppure ho letto su un giornale che l'anno scorso a Londra piovuto un po' meno che a Parigi.,. - 5 giorni su 6-ribad raggiante brard.-Ve lo immaginate? -Pap non sopporta la pioggia-confid Madame Brard a Stephen. -E come ha trascorso questa splendida giornata di primavera, Madame?-Disse brard, sollecitando di nuovo un contributo dalla padrona di casa. Stavolta riusc nell'intento: Madame Azaire, per cortesia o per entusiasmo, rispose rivolgendosi proprio a lui.-Stamattina sono uscita per sbrigare delle commissioni in citt. In una casa vicino alla cattedrale c'era una finestra aperta e qualcuno suonava il piano.-Madame Azaire aveva una voce calma e sommessa. Si diffuse a lungo nella descrizione della musica che aveva udito.-Era bella-concluse-anche se erano solo poche note. Avrei voluto fermarmi e bussare alla porta per chiedere a chi stava suonando il titolo del pezzo. Monsieur e Madame brard parvero perplessi: evidentemente non era il tipo di risposta che si aspettavano. Azaire parl con la voce suadente di un uomo abituato a certi capricci.-E quale pezzo era, mia cara? -Non so, non l'avevo mai sentito prima. Sembrava.,.Beethoven o Chopin. -Di certo l'avrebbe riconosciuto, se fosse stato Beethoven, Madame-disse brard in tono galante.-Era una di quelle canzonette, ci scommetto quel che volete. -Non credo-ribatt Madame Azaire. -Non posso soffrire queste canzonette che oggigiorno si sentono dappertutto, continu brard.-Quand'ero giovane io, era diverso. Certo, allora tutto era diverso.-Si lasci sfuggire una risatina di autocompatimento.-A me piacciono le melodie vere, quelle dei nostri grandi compositori, un Lied di Schubert o un notturno di Copin, qualcosa che ti fa drizzare i capelli in testa! La funzione della musica liberare nell'anima quei sentimenti che normalmente vi teniamo rinchiusi. I grandi compositori del passato erano in grado di farlo, ma i musicisti di oggi si accontentano di 4 note messe in fila da vendere su spartito all'angolo della strada. Per il genio non tanto facile ottenere un riconoscimento, non vero, mia cara Madame Azaire? Stephen rimase a guardare mentre Madame Azaire voltava lentamente la testa, finch i suoi occhi incrociarono lo sguardo di brard. Li vide dilatarsi per mettere a fuoco il suo volto sorridente, coperto di goccioline di sudore nell'aria immota della sala da pranzo. "Come poteva essere la madre dei ragazzi che avevano cenato con loro", si domand.-Penso proprio che dovrei aprire quella finestra-osserv lei con freddezza, alzandosi in un fruscio di gonne di seta. -Anche lei un appassionato di musica, Azaire?-Riprese brard.-E' bene fare musica in una casa dove ci sono dei bambini. Madame brard e io abbiamo sempre incoraggiato i nostri figli a cantare. La fantasia di Stephen si scaten, mentre la voce di brard continuava a parlare. C'era qualcosa di magnifico nel modo in cui Madame Azaire rimetteva al suo posto quell'uomo assurdo. Era soltanto 1 spaccone di provincia, certo, ma era chiaro che era abituato a spadroneggiare. -Apprezzo una serata al concerto-rispose Azaire in tono modesto-anche se esiterei a definirmi un "appassionato di music" solo per questo. Mi limito.,. -Sciocchezze. La musica una forma d'arte democratica. Non c' bisogno di denaro per comprarla o di istruzione per studiarla. Basta avere un paio di queste.-brard strinse fra le dita le sue grosse orecchie rosee, scuotendole. -Orecchie. Un dono di nascita da parte di Dio. Non deve farsi scrupoli a esprimere le sue preferenze, Azaire, o contribuiral trionfo del gusto deteriore,

grazie al declino della falsa modestia.-brard si appoggi allo schienale della sedia, lanciando un'occhiata alla finestra ormai aperta. La corrente d'aria parve sciupare la sua gioia per l'epigramma che aveva finto di coniare.-Ma mi perdoni, Ren. L'ho interrotta. Azaire stava armeggiando con la pipa di radica nera, Pigiando il tabacco con le dita e provando il tiraggio con vigorosi risucchi. Quando fu soddisfatto, accese un fiammifero e per un attimo una spirale azzurrina di fumo coron la sua calvizie. Nel silenzio, prima che rispondesse all'amico, si udirono gli uccelli cantare in giardino.-Inni patriottici-disse Azaire.-Ho una particolare predilezione per uesto genere. Il suono delle bande militari un migliaio di voci che si levavano in coro per cantare la Marsigliese, mentre l'esercito partiva marciando per combattere i prussiani. Che giornata dovette essere quella ! -Mi perdoni-osserv brard-ma questo un esempio di musica usata con un preciso scopo, e cio instillare il valore militare nel cuore dei nostri soldati. Quando un'arte, quale che sia, viene sfruttata a fini pratici, perde la propria innata purezza. Non ho ragione, Madame Azaire? -Direi di si, Monsieur. -E Monsieur Wraysford che ne pensa? Stephen, colto alla sprovvista, guard Madame Azaire, scoprendo per la prima volta i suoi occhi posati su di s.-Non ho opinioni in merito, Madame-le rispose, ritrovando il sangue freddo.-Ma penso che, se un canto riesce a toccare il cuore , bisogna considerarlo prezioso. brard tese improvvisamente la mano.-Un goccio di acquavite, Azaire, se non le dispiace. Grazie. Sto per fare ualcosa per cui rischio di rendermi ridicolo e di farmi giudicare male.-Madame brard rise incredula.-Ho intenzione di cantare. si, non serve a niente tentare di dissuadermi. Canter una canzonetta che era popolare quand'ero ragazzo, e questo, posso assicurarvelo, accadeva tanti, tanti anni fa.-A sorprendere i suoi ascoltatori fu la prontezza con la quale, dopo aver fatto la sua dichiarazione, brard si lanci nel canto. Un attimo prima stavano tranquillamente conversando e un attimo dopo si erano trasformati in un pubblico inerme, mentre brard si protendeva in avanti sulla sedia, appoggiando i gomiti sul tavolo, e cominciava a cantare con una voce gorgheggiante da baritono. Teneva gli occhi fissi su Madame Azaire, seduta di fronte a lui, che non riusc a sostenere il suo sguardo e abbass gli occhi sul piatto. Il suo imbarazzo non scoraggi brard. Azaire armeggiava con la pipa e Stephen studiava la parete al di sopra della testa di brard. Madame brard contemplava con un sorriso fiero il marito che faceva dono del suo canto alla padrona di casa, mentre Madame Azaire arrossiva e fremeva sulla sedia sotto lo sguardo implacabile del cantante. Le goccioline sul collo di brard tremolarono quando egli volt la testa per sottolineare un passaggio commovente della canzone. Era una ballata sentimentale sulle varie et dell'uomo. Il ritornello diceva:"Ma allora ero giovane e le foglie erano verdi. Ora il grano mietuto e la barca salpata". Alla fine di ogni refrain brard faceva una pausa drammatica e Stephen si concedeva una rapida occhiata per controllare se aveva finito. Per un attimo nell'aria soffocante della sala da pranzo regnava un silenzio assoluto, ma poi arrivava un altro respiro profondo e un altro verso.-Un giorno i giovani tornaron dalla guerra; il grano era alto e le belle in attesa.,.-Cantando, brard girava leggermente la testa da una parte all'altra, mentre la sua voce s'irrobustiva scaldandosi, ma gli occhi iniettati di sangue restavano fissi su Madame Azaire, come se la testa potesse soltanto ruotare intorno all'asse del suo sguardo. Con 1 sforzo di volont, lei parve ricomporsi e irrigidirsi contro l'intimit impostale dalla sua attenzione.-e la barca salp--. Ecco-disse brard, concludendo bruscamente.-Ve lo avevo detto che mi sarei reso ridicolo. Tutti gli altri protestarono che, al contrario, la canzone era stata magnifica. -Pap ha una bellissima voce-sostenne Madame brard, rossa di orgoglio. Anche Madame Azaire aveva il viso arrossato, ma non per la stessa emozione. Azaire ostentava una giovialit fasulla e Stephen sent una goccia di sudore scivolargli dentro il colletto, sulla nuca. Solo brard sembrava perfettamente

tranquillo.-Allora, Azaire, che ne dice di una partita a carte? -A che cosa si gioca? -Scusami, Ren-disse Madame Azaire.-Ho una leggera emicrania e penso che andr a letto. Forse Monsieur Wraysford sar cos gentile da prendere il mio posto. Stephen scatt in piedi mentre Madame Azaire si alzava. Ci furono proteste e domande ansiose da parte dei brard, che lei spazz via con un sorriso, assicurando che stava benissimo. brard s'inchin sulla sua mano e Madame brard baci la pelle ancora rosea della guancia di Madame Azaire. Aveva delle lentiggini sull'avambraccio nudo, not Stephen mentre lei si avviava alla porta, una figura alta, improvvisamente imponente, con la gonna rosso sangue che sfiorava il pavimento dell'atrio. -Trasferiamoci in salotto-propose Azaire.-Monsieur, confido che vorr unirsi a noi nel gioco. -S, certo-rispose Stephen, imponendosi un sorriso mansueto. -Povera Madame Azaire-sospir Madame brard, mentre prendevano posto al tavolino da gioco.-Spero che non abbia preso un raffreddore. Azaire scoppi a ridere.-No, no, si tratta solo di nervi. Non se ne dia pensiero. -Che creatura delicata-mormor brard.-Azaire, tocca a lei dare le carte, credo. -Comunque, l'emicrania pu indicare il principio di una febbre-disse Madame brard. -Madame,-rispose Azaire,-le assicuro che Isabelle non ha la febbre. E' una donna di temperamento nervoso. Soffre di emicranie e altri disturbi insignificanti. Creda a me, la conosco molto bene e ho imparato ad abituarmi alle sue piccole manie.-Lanci un'occhiata di complicit a brard, che ridacchiava.-Lei fortunata ad avere una costituzione robusta. -Ha sempre sofferto di emicranie?-Insistette Madame brard. Le labbra di Azaire si stirarono in un sorrisetto.-E' un piccolo prezzo da pagare. Tocca a lei giocare, Monsieur. -Cosa?-Stephen abbass gli occhi sulle carte.-Mi spiace, ero distratto.-Aveva notato il sorriso di Azaire e si domandava che significato avesse. brard parl ad Azaire dello sciopero, mettendo le carte in tavola con agile destrezza. Stephen tent di concentrarsi sul gioco, cercando nello stesso tempo di coinvolgere Madame brard nella conversazione. Lei sembrava indifferente alle sue attenzioni, mentre si rischiarava in viso ogni volta che il marito le rivolgeva la parola. -Quello che ci vuole per questi scioperanti,-sosteneva Azaire,- qualcuno che veda il loro bluff. Io non intendo stare a guardare mentre la mia attivit ristagna per colpa delle assurde pretese di qualche sfaccendato. Un proprietario deve avere la forza di affrontarli a viso aperto e licenziarli in blocco. -Temo che ci sarebbero atti di violenza. Il popolino si scatenerebbe,-osserv brard. -Non a stomaco vuoto. -Non sono certo che per un consigliere comunale come lei, Ren, sia saggio lasciarsi coinvolgere in una simile disputa.-brard prese il mazzo per mescolarlo, rigirando agilmente le carte fra le sue dita tozze. Dopo aver distribuito le carte, accese un sigaro e si abbandon all'indietro sulla sedia, abbassandosi in fretta il panciotto sul ventre. La cameriera entr a chiedere se desideravano qualcos'altro, e Stephen represse 1 sbadiglio. Aveva viaggiato per un giorno intero ed era allettato dalla prospettiva di quella stanza sobria, con le lenzuola inaminate e la vista sul boulevard. -No, grazie,-rispose Azaire.-Per favore, andando a letto passa dalla stanza di Madame Azaire e dille che pi tardi andr a vedere se sta meglio.-Per un attimo Stephen credette di scorgere un altro lampo di complicit balenare negli occhi dei 2 uomini, ma quando guard brard, il suo viso era assorto nella contemplazione delle carte che teneva in mano a ventaglio. Quando finalmente i visitatori si alzarono per congedarsi, Stephen li salut e rimase in piedi alla finestra del salotto, osservandoli alla luce del portico. brard si calc sulla testa un cilindro, quasi fosse un barone appena uscito dall'opera; Madame brard, col viso raggiante, si avvolse nella cappa e lo prese sottobraccio. Azaire si chin, proteso in avanti, parlando in una sorta di mormorio pressante. Fuori

aveva cominciato a cadere una pioggerella molle, che imbeveva il terreno spianando i fianchi dei solchi scavati nella strada e frusciava sulle foglie dei platani. L'acqua stese una patina oleosa sulla finestra del salotto, formando poi gocce pi grosse che presero a scivolare sul vetro. In trasparenza si vedeva il volto pallido di Stephen: una figura alta con le mani in tasca, gli occhi penetranti capienti, il corpo atteggiato a un'indifferenza giovanile coltivata per forza di volont e necessit. Era un viso che la maggior parte della gente affrontava con cautela, non sapendo se le sue espressioni ambivalenti preludevano a 1 scatto d'ira o a una resa. Salito in camera sua, Stephen ascolt i rumori della notte. Una persiana aperta girava lentamente sui cardini, sbattendo contro il muro sul retro della casa. Da qualche parte in giardino, dove le piante coltivate cedevano il passo alla natura, una civetta lanciava il suo richiamo. Si u iva anche il ronzio asmatico e lo scrosciare dell'acqua nelle condutture strette. Stephen sedette allo scrittoio presso la finestra e apr un quaderno con le pagine solcate da spesse righe blu. Era ricoperto per met di una scrittura a inchiostro, disposta sulle righe in grappoli che sporgevano dal margine rosso a sinistra. A intervalli regolari, nel testo, c'erano delle date, sia pure separate da giorni interi, talvolta anche settimane. Erano 5 anni che teneva un diario, da quando glielo aveva suggerito un'insegnante al ginnasio. Le ore di studio del greco e del latinogli avevano fornito una conoscenza approfondita, bench indesiderata, delle lingue che aveva usato come base per elaborare un suo codice. Quando l'argomento era delicato, cambiava sesso ai personaggi e prendeva nota delle loro azioni e delle sue reazioni con espressioni prive di significato per un lettore indiscreto. Scrivendo, rideva piano fra s e s. Quell'inclinazione alla segretezza era una dote che aveva dovuto coltivare per vincere la sua naturale estroversione e irascibilit. All'et di 10 o 11 anni il suo entusiasmo ingenuo e il suo spiccato senso di giustizia avevano fatto di lui la disperazione dei suoi insegnanti, ma pian piano aveva imparato a contare fino a 10 e a mantenere la calma, a non fidarsi delle proprie reazioni immediate, ad aspettare e stare in guardia. Slacciandosi i polsini della camicia, si prese il viso fra le mani, fissando la parete spoglia che aveva di fronte. Stavolta ud un suono che non era n la persiana n lo scroscio dell'acqua. Era pi acuto, pi umano. Si ripet, e Stephen attravers la stanza per sentire meglio. Aperta la porta che dava sul pianerottolo, usc in silenzio. rammentando il rumore prodotto in precedenza dai suoi passi. Il suono era una voce di donna, ne era quasi certo, e proveniva dal piano inferiore. Si tolse le scarpe, posandole con delicatezza oltre la soglia della stanza, e cominci a scendere furtivamente le scale. La casa era immersa nel buio; Azaire doveva avere spento tutte le luci, prima di andare a letto. Stephen sent l'elasticit delle assi di legno sotto le calze e il profilo della balaustra sotto la sua mano esploratrice. Non aveva la minima paura. Raggiunto il pianerottolo del primo piano, esit. Con sgomento ricord le dimensioni della casa e l'infinit di direzioni da cui poteva essere giunto il suono. Sul pianerottolo si aprivano 3 corridoi, 1 dei quali, preceduto da 1 scalino basso, portava all'ingresso principale della casa, mentre gli altri 2 la attraversavano in tutta la sua lunghezza, prima di suddividersi in altre ramificazioni. Su quel piano viveva una famiglia intera insieme alla servit, senza contare bagni, lavanderie o dispense. Girovagando avrebbe potuto imbattersi tanto nella stanza della cuoca quanto in un salone con cineserie e sete Luigi Sedicesimo. Ascolt attentamente, trattenendo per un attimo il fiato. Ora si sentiva un suono diverso, che non sembrava una voce di donna, aveva una tonalit pi bassa: quasi come un singhiozzo, interrotto dal rumore pi materiale di un breve impatto. Stephen si domand se proseguire. Aveva lasciato la sua stanza d'impulso, nella convinzione che qualcosa non andasse; ora gli sembrava di violare l'intimit degli occupanti della casa. Ma non esit a lungo, perch sapeva che quel suono non era normale. Imbocc il corridoio di destra, avanzando con cautela esagerata, con un braccio proteso in avanti a difesa degli occhi, mentre con l'altro tastava la parete. Il corridoio giunse a una biforcazione e Stephen, guardando a sinistra, vide una sottile striscia di luce filtrare sotto una porta chiusa. Calcol quanto poteva avvicinarsi a quella porta. Voleva restare abbastanza

vicino alla svolta del corridoio per avere il tempo di scomparire alla vista di chiunque uscisse dalla stanza. Si ferm a una mezza dozzina di passi; di pi non osava. Si mise in ascolto, trattenendo di nuovo il respiro per non lasciarsi sfuggire nulla. Sentiva il cuore gonfio nel petto e un lieve pulsare nella carne del collo. Ud una voce di donna, calma e bassa, bench intensa per la disperazione. Era supplichevole, e le parole, per quanto confuse a causa del tono sommesso, a tratti si distinguevano per l'incalzare del sentimento che le dettava. Stephen riusc a udire la parola "Ren" e poi "ti supplico", e ancora "bambini". La voce, che anche solo da quei tenui indizi riconobbe per quella di Madame Azaire, fu interrotta dal rumore sordo che aveva gi udito prima, e si trasform in un ansito che, a causa del passaggio improvviso a un registro pi acuto, era chiaramente un gemito di dolore. Stephen avanz ancora lungo il corridoio, con le mani non pi protese cautamente in avanti, ma serrate a pugno all'altezza delle costole. Un paio di passi dalla porta, riusc a controllare quel moto di collera confusa. Ud per la prima volta una voce maschile. Ripeteva una sola parola, in un tono spezzato e privo di convinzione, poi ruppe in singhiozzi. Quindi si sentirono dei passi. Stephen si volt e corse verso l'angolo del corridoio, sapendo di essere andato tro po oltre. Mentre superava l'angolo ud la voce perplessa di Azaire.-C' qualcuno laggi? Tent di ricostruire la presenza di eventuali insidie lungo il percorso mentre tornava indietro di corsa verso il pianerottolo, senza avere il tempo di controllare se la via era sgombra. Ai piedi della rampa di scale che saliva al secondo piano scorse un filo di luce trapelare dalla sua stanza. Sal i gradini a 2 a 2 e si tuff verso l'interruttore della lampada da tavolo, facendola oscillare e cadere nello slancio. Rimase immobile al centro della stanza, in ascolto. Ud dei passi spingersi fino ai piedi delle scale al piano inferiore. Se Azaire fosse salito, si sarebbe chiesto come mai lui se ne stava in piedi al centro di una stanza buia, vestito di tutto punto. Si avvicin al letto, infilandosi sotto le coperte. 10 minuti dopo, ritenne di potersi spogliare senza rischi. Chiuse la porta e le imposte della finestrella, sedendosi allo scrittoio in abbigliamento notturno. Rilesse le annotazioni che aveva scritto poco prima, descrivendo il viaggio da Londra, il treno in Francia e l'arrivo in boulevard Change. Aveva fatto brevi commenti sul carattere di brard e della moglie, resi quasi irriconoscibili, e riportato le sue impressioni su Azaire e i 2 figli . Con una certa sorpresa si accorse che non aveva scritto neanche un rigo su ci che lo aveva colpito di pi. La mattina dopo, alzandosi con la mente limpida, riposato e pieno di interesse per il nuovo ambiente che lo circondava, Stephen accanton gli avvenimenti della sera prima, assoggettandosi a un giro completo delle attivit industriali di Azaire. Lasciandosi alle spalle la prosperit del boulevard, si addentrarono nel quartiere di Saint Leu, che agli occhi di Stephen sembrava un'incisione medievale, con le case irte di comignoli che incombevano sulle vie lastricate lungo i canali. i filidel bucato erano appesi a muri sbrecciati e tubi delle grondaie; bambini laceri giocavano a nascondino sui ponti e facevano scorrere dei bastoni lungo le inferriate delle rive. Le donne portavano a casa, un'unica stanza in cui vivevano insieme alla numerosa prole, secchi d'acqua potabile attinti alle fontane delle zone migliori della citt. Altri, per lo pi immigrati dalla Piccardia venuti in cerca di lavoro, alloggiavano in baracche costruite alla bell'e meglio nei cortili di case sovraffollate. Era onni resente il suono della povert, la cacofonia prodotta dai bambini per le strade, dalle madri che gridavano minacce o ammonimenti o riferivano ai vicini notizie importanti. C'era il frastuono della coabitazione, in cui nessuna casa isolata dalle altre; c'erano le voci che provenivano dalle panetterie e dalle botteghe affollate, mentre i venditori ambulanti che spingevano carretti a mano o guidavano carri trainati da cavalli vantavano le loro merci una dozzina di volte per ogni strada. Azaire si destreggiava sicuro fra la folla, prendendo Stephen per il braccio mentre superavano un ponte di legno, udirono gli insulti lanciati da un adolescente rancoroso, guid l'inglese su per una scaletta di ferro che si arrampicava sulla parete laterale di un edificio fino a raggiungere un ufficio al primo piano che dominava dall'alto il

locale della filanda. -Si sieda, ora ho una riunione con Meyraux, che il mio capo reparto e inoltre, a sconto di qualunque peccato io possa aver commesso, il capo del sindacato. Azaire indic una poltrona ricoperta di cuoio di fronte a una scrivania ingomradi carte, poi scese la scaletta interna che portava alla fabbrica vera e propria, lasciando Stephen a guardare la scena sottostante alle pareti di vetro dell'ufficio. Gli operai erano per lo pi donne, sedute ai filatoi in fondo allo stanzone, se bene ci fossero anche uomini e ragazzi che portavano un basco di pelle, intenti a lavorare alle macchine o a trasportare bobine o pezze di tessuto su carrelli dalle ruote di legno. Dai vecchi filatoi meccanici saliva un clangore ritmico che quasi soffocava le urla del capo reparto, un uomo baffuto, dalla faccia rossa, che camminava avanti e indietro coperto da un camice lungo fin quasi alle caviglie. All'estremit pi vicina del laboratorio c'erano file di operaie sedute alle macchine da cucire Singer, con le ginocchia che si alzavano e si abbassavano per pigiare i pedali, e le mani piatte e allargate che si muovevano rapide qua e l, come se regolassero la pressione di un enorme rubinetto. A Stephen, che in Inghilterra aveva trascorso tante ore in opifici simili a quello, il procedimento sembrava antiquato, cos come le strade di Saint Leu sembravano appartenere a un secolo diverso dalle casette a schiera delle citt tessili del Lancashire. Azaire torn in ufficio in compagnia di Meyraux, un ometto paffuto con i capelli folti e scuri che gli ricadevano sulla fronte. Meyraux aveva l'aria di un brav'uomo costretto ad assumere un atteggiamento di sospetto e di profonda ostinazione. Strinse la mano a Stephen, anche se il suo sguardo diffidente pareva ammonirlo di non attribuire alcun significato a quella formalit. Quando Azaire lo invit ad accomodarsi, Meyraux parve esitare un attimo prima di decidere che accettare non implicava necessariamente una capitolazione. Prese posto su una sedia restando eretto e rigido, anche se le dita che teneva sulle ginocchia si muovevano in modo incessante, quasi tessendo invisibili fili di cotone. -Come lei sa, Meyraux, Monsieur Wraysford venuto a trovarci dall'Inghiltrra. E' giovane, e vuole imparare qualcosa di pi sulla nostra attivit.-Meyraux annu e Stephen gli sorrise. Gli piacque la sensazione di essere non autorizzato, interdetto per la sua giowne et dall'assumersi impegni o responsabilit; si avvedeva bene della radicata diffidenza degli anziani.-Comunque,-riprese Azaire -come sa anche lei, a Manchester i compatrioti di Monsieur Wraysford riescono a produrre lo stesso tessuto che facciamo noi a 2 terzi del prezzo. Dato che la ditta per la quale lavora 1 dei nostri maggiori clienti in Inghilterra, mi sembra pi che naturale cercare di fargli una buona impressione. Quanto al suo principale, che un uomo estremamente lungimirante, mi pare di capire che gradirebbe una maggiore collaborazione tra i 2 paesi. Ha parlato persino di acquistare una partecipazione nella compagnia. Le dita di Meyraux accelerarono il ritmo.-Un altro Cosserat,-comment sprezzante. Azaire sorrise.-Mio caro Meyraux, lei non dev'essere tanto sospettoso.-Si gir verso Stephen.-Si riferisce a 1 dei grandi produttori, Eugne Cosserat, che molti anni fa import dall'inghilterra operai e tecniche di produzione.,. -Al prezzo di parecchi posti di lavoro fra gli operai locali. Azaire continu a rivolgersi a Stephen.-Il governo ci chiede di razionalizzare i procedimenti di fabbricazione, cercando di riunire pi fasi di produzione sotto lo stesso tetto. E' una richiesta del tutto ragionevole, ma comporta inevitabilmente un maggiore uso di macchinari e la conseguente perdita di posti di lavoro. -Ci che occorre all'industria,-intervenne Meyraux,-come sostiene il governo dai tempi di mio padre, sono maggiori investimenti e un atteggiamento meno meschino e timido da parte degli imprenditori. Il viso di Azaire s'irrigid improvvisamente, non si capiva se era la collera o semplicemente per il fastidio. Si sedette e, inforcato un paio di occhiali, trasse a s un foglio preso dalla pila di carte che sommergevano il tavolo. -Attraversiamo tempi difficili. Non abbiamo denaro da investire e quindi non possiamo fare altro che ridurre le spese. Queste sono le mie proposte specifiche :

i dipendenti salariati subiranno una riduzione dell'1%. Quelli a cottimo saranno pagati sempre con la stessa tariffa, ma dovranno aumentare il rendimento del 5% in media. La produzione non sar pi misurata a metri, ma a pezze. Chi non in grado di usare il nuovo telaio meccanico, vale a dire circa la met della manodopera, sar riclassificato come operaio non specializzato, e il suo salario verr ricalcolato di conseguenza.-Si tolse gli occhiali, spingendo il foglio verso Meyraux. Stephen rimase stupito dalla semplicit dell'attacco di Azaire. Non si preoccupava affatto di fingere che gli operai avessero qualcosa da guadagnare dai nuovi accordi, o che sarebbero stati indennizzati in qualche altro modo per quello a cui si chiedeva loro apertamente di rinunziare; ma forse era solo la prima mossa di una trattativa. Messo di fronte ai dettagli, Meyraux mantenne una calma esemplare.-E' pi o meno quello che mi aspettavo. A quanto pare, ci chiede di accettare meno ancora di quello che tocca ai tintori, Monsieur. Non dovrebbe essercibisogno di ricordarle in che situazione si trovano. Azaire cominci a caricare la pipa.-Chi c' dietro questa idiozia?-Domand. -Quello che c' dietro,-rispose Meyraux,-sono i tentativi dei proprietari di trasformare gli operai in schiavi, abbassando i livelli dei salari. -Lo sa che cosa intendo,-ribatt Azaire. -Si fa il nome di Lucien Lebrun. -Il piccolo Lucien! Non credevo che ne avesse il fegato.-L'uscio a vetri era luminoso: un fascio di sole obliquo investiva libri e documenti sul tavolo sotto la finestra, illuminando i volti dei 2 antagonisti. Stephen assisteva al loro scambio teso, ma si sentiva distaccato, come se parlassero soltanto per frasi fatte. Dal tema della ricchezza di Azaire, la mente di Stephen pass insensibilmente alle sue proprieta: la casa sul boulevard, il giardino, i figli paffuti, Grgoire dallo sguardo annoiato, Lisette dal sorriso insinuante, e soprattutto Madame Azaire, una figura che gli ispirava un insieme di sentimenti inconciliabili.-.,.la conseguenza naturale di una produzione caratterizzata da tanti procedimenti separati,-stava dicendo Azaire. -Vedrei anch'io di buon occhio che la tintura si facesse qui,-re lic Meyraux, -ma come lei sa.,. Stephen non era ben sicuro dell'et di Madame Azaire: c'era qualcosa nella vulnerabilit della sua pelle, che aveva visto incresparsi sulle braccia al fresco della corrente proveniente dal giardino. C'era soprattutto qualcosa nell'impazienza che aveva notato nel suo atto di volgere la testa per nascondere l'espressione degli occhi. -.,.non d'accordo, Monsieur Wraysford? -Ma certo. -Non se dovessimo investire in locali pi grandi,-obiett Meyraux. "Sono pazzo" pens Stephen, reprimendo il desiderio di ridere, "devo essere uscito di senno per starmene seduto qui, in questo ufficio di vetro soffocante, guardando in faccia quest'uomo che discute del lavoro di centinaia di persone, mentre penso cose che non posso confessare neanche a me stesso, e nello stesso tempo sorrido complice a.,."-Non intendo discutere oltre la questione davanti a questo giovanotto,-esclam Meyraux.-Mi scusi, Monsieur.-Si alz, chinando la testa con aria formale rivolto a Stephen.-Niente di personale, sia chiaro. -Ma certo,-rispose Stephen, alzandosi anche lui.-Niente di personale. Nel suo diario la parola in codice che Stephen usava per definire un certo aspetto di Madame Azaire e la complicata emozione che lui provava era "pulsazione". Gli sembrava abbastanza enigmatica, eppure tale da suggerire il sospetto che fosse animata da un ritmo diverso da quello che batteva nel sangue del marito. Alludeva inoltre a una peculiare caratteristica della sua presenza fisica. Nessuno avrebbe potuto essere pi corretto di Madame Azaire nel vestire e nella cura della persona. Ogni giorno trascorreva lunghe ore a fare il bagno o a cambiarsi d'abito; quando lo sfiorava, passandogli accanto nei corridoi, si lasciava dietro un lieve profumo di sapone o acqua di rose. I suoi abiti erano pi eleganti di quelli delle altre signore della citt, eppure meno rivelatori. Il suo atteggiamento, seduta o in piedi, era sempre pudico; scivolava sulla sedia con i piedi uniti, di modo che sotto le pieghe delle gonne anche le

ginocchia dovevano toccarsi, e quando si alzava non faceva leva sulle mani o sulle braccia, ma compiva un movimento fluido verso l'alto, pieno di grazia e di modestia. Quand'erano riuniti intorno al tavolo per la cena, le sue mani candide sembravano sfiorare appena le posate e le labbra non lasciavano la minima traccia sul bicchiere del vino. In una sola occasione, aveva notato Stephen, una lieve aderenza aveva trattenuto per una frazione di secondo la membrana del labbro inferiore, mentre lei scostava il bicchiere per rimetterlo a posto, ma la superficie del vetro era rimasta limpida e lucente. Lei lo aveva sorpreso a fissarla. Eppure, nonostante i modi formali verso di lui e la puntigliosa disinvoltura, Stephen intuiva qualche altro elemento in quella che aveva definito pulsazione. Era impossibile dire attraverso quale dei sensi avesse captato quell'impressione, eppure in qualche modo, forse soltanto dall'impalpabile peluria chiara sulla pelle del braccio nudo o dal sangue che aveva visto affluire sotto le lentiggini pallide sugli zigomi, era certo che ci fosse una vita fisica pi intensa di quella che viveva di fatto nelle stanze placide e anguste della casa del marito, con le maniglie ovali di porcellana lucida e i pavimenti a parquet rigorosamente simmetrici. Una settimana dopo Azaire sugger a Meyraux di portare Stephen a mangiare con gli operai, in un locale sul retro della filanda che serviva da mensa. C'erano 2 o 3 lunghi tavoli da refettorio sui quali potevano mangiare il cibo che si erano portati da casa o acquistare quello che veniva cucinato da una donna sdentata, con la testa coperta da un fazzoletto bianco. Il terzo giorno, nel bel mezzo della conversazione generale, Stephen si alz di scatto, disse,-Scusatemi,-e usc a precipizio dalla stanza. Un uomo anziano di nome Jacques Bonnet lo segu all'esterno, trovandolo appoggiato al muro della filanda. Gli pos una mano sulla spalla, con un gesto amichevole, chiedendogli se andava tutto bene. Stephen era pallido, con 2 gocce di sudore che colavano dalla fronte.-Si, tutto bene. -Che cosa successo? Si sentito male? -Probabilmente solo il caldo. Passer.-Tir fuori un fazzoletto per asciugarsi il viso. -Perche non torna dentro e finisce di mangiare? Mi sembrava un bel tocco di coniglio, quello che ha cucinato la vecchia. -No.-Stephen tremava.-No, preferisco di no, mi dispiace.-Si liber dalla mano paterna di Bonnet, allontanandosi di buon passo per rientrare in citt.-Dica ad Azaire che torner pi tardi,-grid senza voltarsi. Il giorno dopo a cena Azaire gli chiese se si era ripreso.-Si, grazie. Non era niente di grave. Avevo solo la sensazione di svenire. -Svenire? Si direbbe un problema di circolazione. -Non lo so. C' qualcosa nell'aria, forse si tratta di una delle sostanze chimiche usate dai tintori, non so. Mi rende difficile la respirazione. -Forse dovrebbe farsi visitare da un medico, allora. Posso fissarle un appuntamento senza problemi. -No, grazie. Non niente. Dallo sguardo di Azaire trapel un'emozione simile al divertimento.-Non vorrei che avesse qualche attacco. Potrei facilmente.,. -Per amor del cielo, Ren,-intervenne Madame Azaire.-Ti ha detto che non niente di grave. Perch non lo lasci in pace? La forchetta di Azaire, posata sul piatto, produsse un tintinnio sonoro. Per un attimo il suo viso assun se un'espressione di panico, simile a quella di 1 scolaro che subisce 1 smacco imprevisto e non riesce a capire le regole di comportamento grazie alle quali il suo rivale ha avuto la meglio. Poi cominci a sorridere con aria sarcastica, quasi a indicare che in effetti la sapeva lunga e che la decisione di non replicare era una grazia, una momentanea concessione ai subalterni. Si rivolse alla moglie con una leggerezza provocatoria.-Non hai pi sentito il tuo menestrello mentre vagabondavi per la citt, mia cara? Lei abbass gli occhi sul piatto.-Non vagabondavo, Ren. Sbrigavo delle commissioni. -Ma certo, cara. Mia moglie una creatura misteriosa, Monsieur,-aggiunse lui rivolto a Stephen.-Come il ruscello della canzone, nessuno sa in che direzione

scorre e dove sfocer.-Stephen serr i denti per impedirsi di protestare a nome di Madame Azaire. -Non credo che Monsieur Wraysford abbia familiarit con quella canzone,-osserv lei. -Forse potrei farmela cantare da Monsieur brard.-Le parole gli erano sfuggite di bocca. Madame Azaire scoppi in una risata improvvisa, prima di riuscire a trattenersi. Toss, e Stephen vide la pelle delle sue gote imporporarsi leggermente quando il marito la fiss incollerito. Pur essendo irritato con se stesso per quella che il padrone di casa poteva considerare una scortesia, Stephen rimase impassibile. Azaire non ebbe una reazione spontanea, come sua moglie, n una forzata come Stephen. Per sua fortuna, Lisette cominci a ridacchiare, e il padre pot rimproverare lei. -Allora Monsieur brard un bravo cantante?-Chiese Grgoire, alzando la testa dal piatto, col tovagliolo infilato nel colletto. -Eccellente,-rispose Azaire in tono di sfida. -Proprio cos,-conferm Stephen, incontrando il suo sguardo con calma. Poi guard negli occhi Madame Azaire, che aveva ritrovato la compostezza e per un attimo ricambi la sua occhiata, con ancora un lampo di divertimento sul volto. -Allora non passata pi davanti a quella casa?-Le domand. -Credo di esserci passata mentre andavo in farmacia, ma la finestra era chiusa e non ho sentito suonare. Dopo cena vennero di nuovo i brard, portando con s la madre di Madame brard, una donna dal viso raggrinzito avvolta in 1 scialle di pizzo nero, che era nota per la sua grande sensibilit religiosa. Per motivi che non vennero spiegati, brard la chiamava zia Elise, e lei chiese agli altri di fare altrettanto. Stephen si domand se il suo cognome da sposata le rievocasse penosi ricordi del marito morto, o se ci fosse un episodio sconveniente nella storia familiare della moglie che brard riteneva pi opportuno nascondere. In quella e in altre occasioni, Stephen studi i brard e il ruolo che svolgevano nella vita degli Azaire. In terrazzo, uando le serate divennero abbastanza calde, i 5 prendevano posto sulle poltrone di vimini, col profumo del caprifoglio e del gelsomino che si avvolgevano agli architravi e all'intelaiatura delle finestre sul retro. brard, con i solidi stivaletti neri e il panciotto, dirigeva la sua piccola orchestra con perizia tenace, pur tenendo sempre per s le parti migliori. Sul tema delle famiglie influenti in citt era una vera autorit, e poteva parlare a lungo del ruolo sostenuto da nomi come Sellier, Laurendeau o de Morville nella creazione della ricchezza e del tessuto sociale di Amiens. Alludeva in modo tortuoso e indiretto al fatto che la sua famiglia aveva lontani legami con i de Morville, legami che, grazie alla negligenza di qualche brard bonapartista, non erano mai stati riconosciuti ufficialmente. La sua tecnica per criticare l'antenato negligente consisteva nello sminuire gli accattivanti tempi della societ parigina, in particolare la smania di titoli nobiliari, di modo che l'errore del suo avo, rimasto ostinatamente provinciale, veniva presentato come una virt d'altri tempi, e oltretutto contraddistinta da una raffinatezza superiore a quella ostentata dai pi sofisticati parigini. Quell'antico brard risultava dunque rozzo e raffinato al tempo stesso, e di conseguenza i suoi discendenti erano presentati tanto come eredi di una lodevole virt quanto come beneficiari inconsapevoli di un'educazione superiore. Il tempo passava Era un modo come un altro per trascorrere delle serate tranquille, pensava Stephen, ma bruciava di frustrazione. Non riusciva a capire come Madame Azaire potesse sopportarlo. Lei era l'unica a non rispondere alle sollecitazioni di brard. Capitava di rado che offrisse il suo contributo quando era invitata a farlo, mentre invece parlava di argomenti di sua scelta senza bisogno di sollecitazioni. Questo evidentemente non lasciava a brard altra scelta che interromperla; si scusava con un lieve cenno del capo, ma solo dopo avere riportato saldamente la conversazione sul sentiero tracciato. Madame Azaire scrollava appena le spalle o sorrideva di quelle scuse ritardate, come a suggerire che quanto stava per dire non era importante. La presenza della zia

Elise era particolarmente vantaggiosa per brard, visto che poteva contare su di lei perch innalzasse il tono delle chiacchiere con il suo fervore religioso. La sua fama di pazienza e santit era fondata sulla lunga vedovanza e sulla cospicua collezione di messali, crocifissi e ricordi di pellegrinaggi che aveva raccolto nella sua stanza in casa brard. Con i suoi denti guasti e la voce aspra pareva incarnare la minacciosa verit spirituale che nella chiesa non risplende sul volto pallido dell'asceta, ma nella vita devastata di coloro che hanno dovuto lottare per sopravvivere. Talvolta la sua risata sembrava pi ribalda o sanguigna che maligna, ma nei frequenti appelli ai santi riusciva a sconcertare gli ascoltatori invocando nomi e martiri che risalivano ai primi secoli della Chiesa e agli anni della sua affermazione in Asia Minore. -Vi propongo di passare un pomeriggio ai giardini d'acqua, domenica prossima, disse brard.-Sempre che vi faccia piacere unirvi a noi. Azaire aderi con entusiasmo. Zia Elise dichiar di essere troppo vecchia per andare in barca, riuscendo a far intendere che un simile svago non era appropriato alla domenica. -Immagino che lei se la cavi bene con le barche, non vero, Ren?-Disse brard. -In effetti ho l'istinto del canottiere,-rispose Azaire. -Ma sentitelo, che modestia,-esclam brard ridendo.-Se non fosse per tutte le prove che lo contraddicono, negherebbe persino di essere abile negli affari. Azaire amava il ruolo di burlone discreto che brard gli aveva cucito addosso. Aveva perfezionato un modo tutto suo di inspirare con aria scettica quando si accennava a ualcuno dei suoi talenti, facendo seguire al sibilo un sorso al bicchiere. Non diceva niente, cos la sua fama di uomo di spirito restava intatta, ma non per Stephen il quale, ogni volta che Azaire alzava gli occhi al cielo con modestia, ricordava i lamenti che aveva udito provenire dalla camera da letto. A volte, dal rifugio sicuro del salotto, fissava il gruppo e la figura silenziosa ma piena di vitalit di Madame Azaire. Non si chiedeva se era bella, perch l'effetto fisico prodotto dalla sua presenza svuotava la domanda di ogni significato. Forse non lo era, nel senso pi rigoroso del termine. Se tutto nel suo viso era femminile, il naso era leggermente pi grande di quanto prescritto dalla moda; icapelli avevano pi sfumature di castano, biondo e rosso di quanto la maggior parte delle donne potesse desiderare. Malgrado la luminosit del viso, la sua evidente forza di carattere prevaleva sulla bellezza convenzionale. Ma Stephen non giugicava; era attratto da un impulso irresistibile. Un pomeriggio, al ritorno dal lavoro, la trov in giardino intenta a potare dei trascurati cespugli di rose, alcuni dei quali erano diventati pi alti di lei. -Monsieur.-Lei lo salut in modo formale, anche se non freddo. Stephen, che non aveva un piano d'azione, si limit a prenderle di mano le piccole cesoie, dicendo:-Mi permetta. Madame Azaire sorrise con un'aria sorpresa, perdonando il gesto brusco di Stephen. Lui recise alcuni fiori secchi prima di accorgersi che non aveva la minima idea di quello che lei stava facendo. -Lasci fare a me,-gli disse Madame Azaire. Sfiorandogli il petto col braccio, gli tolse di mano le cesoie.-Si fa cos. Al di sotto di ogni fiore appassito si taglia il gambo con una leggera angolazione, in uesto modo. Guardi.-I petali brunicci di una rosa bianca ormai sfiorita caddero al suolo. Stephen si avvicin di un passo, fiutando l'odore degli abiti freschi di bucato di Madame Azaire. La sua gonna era di un color bruno terra; la camicetta era ornata da 1 smerlo che faceva pensare a mode e guarnizioni di un'epoca pi antica e pi elaborata nell'abbigliamento. Il piccolo gilet che indossava sopra era alto, e scopriva un rossore alla base della gola, causato dal lieve sforzo fisico del giardinaggio. Stephen immagin le varie ere della moda e della storia evocate dal suo modo decorativo di vestire: gli faceva pensare ai balli per la vittoria nelle battaglie di Wagram e Borodino, o alle serate mondane del Secondo Impero. Il viso ancora liscio di lei sembrava alludere a intrighi e sofisticazioni mondane ben lontani dalla sua situazione reale.-Non vedo sua figlia da un paio di giorni,-osserv lui, scuotendosi dalle fantasticherie. -Dov'? -Lisette andata per qualche giorno dalla nonna, vicino a Rouen. -Quanti anni ha, Lisette? - 16.

Senza la minima intenzione di fare il galante, Stephen disse:-Com' possibile che lei abbia una figlia cos grande? -Lei e Grgoire sono i miei figliastri,-spieg Madame Azaire.-La prima moglie di mio marito morta 8 anni fa e noi ci siamo sposati 2 anni dopo. -Lo sapevo. Lo sapevo che non poteva essere tanto vecchia da avere una figlia cos grande.-Madame Azaire sorrise, ma questa volta con una punta d'imbarazzo in pi. Lui le guard il viso, chino sulle spine e sulle rose appassite, e immagin le sue carni percosse dal marito corrotto e avvizzito. Senza riflettere le prese la mano, stringendola fra le sue. Lei si gir in fretta verso di lui con occhi allarmati, mentre il sangue le affluiva al viso. Stephen teneva la mano di lei stretta contro la stoffa pesante della giacca, senza dir niente. La soddisfazione di quell'impulso immediato lo aveva calmato. La guard negli occhi, quasi sfidandola a reagire in un modo che non fosse dettato dalla loro posizione sociale. -Monsieur, la prego, lasci andare la mia mano.-Lei tent di cavarsela con una risatina. Stephen not che le parole non erano accompagnate dal tentativo di ritirare la mano. Il fatto che l'altra fosse occupata con le cesoie le rendeva difficile liberarsi senza rischiare di perdere la compostezza. -La notte scorsa ho sentito dei rumori provenire dalla sua stanza, Isabelle.,. -Monsieur, lei.,. Stephen. Ora basta. Non deve umiliarmi. -Non desidero affatto umiliarla. Mai. Anzi, volevo soltanto rassicurarla.-Era una strana scelta di parole, e Stephen se ne rese conto pronunciandole, ma le lasci la mano. Lei lo guard in faccia con maggiore compostezza di prima.-Deve rispettare la mia posizione. -Lo far,-rispose Stephen. Gli parve che ci fosse qualcosa di ambiguo ne le parole di lei, a cui aveva risposto con remissivit, ma al futuro. Rendendosi conto di non poter fare altri progressi si conged a malincuore. Madame Azaire guard la figura alta allontanarsi sull'erba in direzione della casa. Torn alle sue rose, scrollando la testa come indispettita da un'emozione indesiderata. Dopo la fuga dalla stanza della filanda dove gli operai consumavano i pasti in comune, Stephen aveva scovato un caff dall'altra parte della cattedrale, dove andava tutti i giorni a mangiare. Era un locale frequentato da giovani, studenti o apprendisti, molti dei quali sedevano ogni giorno allo stesso tavolo. A cucinare era un robusto esule parigino che un tempo aveva gestito un caff in place de l'Odon. Conoscendo l'appetito degli studenti, serviva una sola pietanza, ma in grandi porzioni, con pane e vino compresi nel prezzo. Il piatto piu frequente era a base di manzo, seguito da budino o torta di frutta. Stephen stava pranzando a un tavolino vicino alla vetrata, quando vide passare in gran fretta una figura familiare, con la testa china e un cesto appeso al braccio. Aveva il viso nascosto da un foulard, ma lui la riconobbe dal passo e dalla fascia scozzese che portava legata in vita. Spingendo la sedia all'indietro, lanci sul tavolo alcune monete e usc in strada. La vide sparire oltre l'angolo della piazza, per imboccare una viuzza stretta, e la rincorse, raggiungendola proprio mentre tirava il cordone del campanello davanti a un portone dalla vernice verde scrostata. Madame Azaire si colori in viso quando lui l'accost. -Monsieur.,.io non mi aspettavo di incontrarla. Devo consegnare qualcosa a un amico. -Ero in un caff e l'ho vista passare. Ho pensato che forse avrei potuto aiutarla a portare qualcosa.-Lei guard il cesto con aria dubbiosa. -No, no, grazie. La porta fu aperta da un giovanotto con i capelli castani ondulati e un'espressione vigile. Evidentemente conosceva la donna e la stava aspettando. -Entri,-disse posando una mano sulla spalla di Madame Azaire e facendola passare nel cortile. -Questo un amico,-spieg lei in tono incerto, indicando Stephen che esitava sulla soglia. -venga dentro,-rispose l'uomo e chiuse la porta. Li precedette attraverso il cortile e, saliti alcuni gradini fino a un piccolo appartamento, li preg di aspettare in un salottino angusto, con le imposte chiuse e pile di fogli e

volantini che coprivano tutte le superfici libere. Quando torn, apr una tenda che lasci entrare un po' di luce nella stanza squallida e angusta. Accennando con la mano al disordine, si scus.-In questo momento siamo in 5 a vivere in questo bugigattolo.-Tese la mano a Stephen.-Mi chiamo Lucien Lebrun.-Si strinsero la mano, e Lucien si rivolse a Madame Azaire.-Ha sentito la notizia? Hanno accettato di riassumere i 10 uomini licenziati la settimana scorsa. Non intendono tornare sui loro passi per la questione salariale, comunque pur sempre un inizio. Madame Azaire sentiva su di s lo sguardo perplesso di Stephen. Allora si affrett a dire :-Si star chiedendo che cosa faccio qui. Di tanto in tanto porto del cibo a Monsieur Lebrun e lui lo consegna a una delle famiglie dei tintori. Ce ne sono che hanno 5 o 6 figli, a volte anche di pi, e faticano a sbarcare il lunario. -Capisco. E suo marito non ne al corrente. -No. Non potrei mai interessarmi ai suoi operai, ma i tintori, come sa, formano un gruppo a parte. -Non si scusi!-Esclam Lucien.-Donare cibo semplicemente un gesto di carit cristiana. E in ogni caso le ingiustizie perpetrate contro la mia gente sono scandalose. La settimana scorsa, alla riunione locale del sindacato.,. -Non ricominciamo con questa storia,-disse Madame Azaire ridendo. Lucien sorrise.-Dispero di lei, Madame.-Stephen si irrigid nel sentire con quanta familiarit Lucien si rivolgeva a Madame Azaire. Non era particolarmente interessato agli aspetti politici dello sciopero o alla nobilt morale di Madame Azaire. Voleva solo sapere come mai lei fosse entrata tanto in confidenza con quel giovanotto energico.-Penso che per me sia ora di tornare in fabbrica,-disse . -Suo marito deve mostrarmi il processo di finitura. -Lei lavora con Azaire?-Lucien era sconcertato. -Lavoro per una ditta inglese che mi ha mandato qui per qualche tempo. -Per essere inglese, lei parla il francese molto bene. -L'ho imparato a Parigi. -E cosa ha detto dello sciopero dei tintori? Stephen ricord l'osservazione di Azaire sul "piccolo Lucien".-"Non molto. Penso che sar pi preoccupato quando comincer a riguardare la sua filanda. Lucien si lasci sfuggire una risatina.-Non ci vorr molto, posso assicurarglielo. Madame, vuole qualcosa da bere? -Grazie, molto gentile. Forse un bicchiere d'acqua.-Lucien scomparve e Stephen indugi, riluttante a lasciare Madame Azaire.-Non deve giudicarmi male, Monsieur disse lei. -No, certo che no,-rispose Stephen, compiaciuto del fatto che la donna si preoccupava della sua stima. -Sono leale verso mio marito. Stephen non replic. Sentiva avvicinarsi i passi di Lucien. Si protese in avanti e, posando la mano sul braccio di Madame Azaire, la baci sulla guancia. Usc subito, prima di vedere il rossore che aveva causato, dicendo:-Arrivederci,-come se il bacio fosse stato soltanto un saluto cortese. Isabelle Azaire, nata Fourmentier; proveniva da una famiglia che viveva nei dintorni di Rouen. Era la minore di 5 sorelle e aveva deluso il padre, che si aspettava un figlio maschio. Essendo l'ultimogenita, non aveva goduto delle attenzioni dei genitori, che al tempo della nascita della quinta femmina non trovavano pi grandi attrattive nei gridolini e nei progressi di una poppante. 2 delle sorelle maggiori, batrice e Delphine, si erano alleate fin dai primi anni di vita contro la tirannia fredda del padre e l'indolenza manipolatrice di Madame Fourmentier. Erano tutt'e 2 ragazze vivaci e sveglie, dotate di talenti che i genitori non si curavano di notare e non incoraggiavano. Avevano sviluppato un egoismo a 2 che impediva loro di avventurarsi fuori dal cerchio della reciproca rassicurazione. La sorella maggiore, Mathilde, era soggetta a violenti accessi di collera ed era capace di tenere il broncio per giorni e giorni di seguito. Aveva i capelli scuri e 1 sguardo gelido che a volte induceva persino il padre a pensarci 2 volte prima di contrariarla. A 18 anni, era stata

travolta dalla passione per un architetto che lavorava presso la cattedrale di Rouen. Era un omarino dagli occhi sfuggenti, con una prontezza da donnola nei movimenti, ed era sposato da 10 anni, con 2 figlie. Le voci sulla crescente intimit fra i 2 erano giunte alle orecchie di Monsieur Fourmentier e c'era stato 1 scontro piuttosto acceso. Dalla sua camera da letto in soffitta, Isabelle, che allora aveva 5 anni, aveva udito per la prima volta la voce della passione adulta, quando le suppliche del padre si erano mutate in collera e il ben noto temperamento della sorella era divenuto qualcosa di pi straziante e primordiale. Aveva sentito la casa tremare, quando Mathilde aveva sbattuto l'uscio dietro di s. Isabelle era una bambina di straordinaria dolcezza e non metteva in discussione l'indifferenza dei genitori. La sola persona con cui era quasi in confidenza era la sorella Jeanne, di 2 anni maggiore. Delle sorelle, Jeanne era la pi ricca di risorse: non aveva dovuto avventurarsi nel mondo per prima, come Mathilde, e non era stata risucchiata nell'alleanza fra batrice e Delphine. Quando un giorno Isabelle aveva visto comparire il sangue, incomprensibile e inatteso, era stata Jeanne a dirle ci che la madre, per pigrizia o falso pudore, non le aveva spiegato. Per gli altri, quel san ue, aveva detto Jeanne, era qualcosa di vergognoso, ma Isabelle doveva esserne fiera . Jeanne lo considerava prezioso, perch parlava di un ciclo vitale pi ampio, che le avrebbe condotte lontano dal tedio soffocante dell'infanzia. Isabelle, ancora scossa dall'accaduto, era abbastanza influenzabile da condividere il piacere privato di Jeanne, sia pure non senza inquietudine. Non era mai riuscita del tutto a riconciliarsi col fatto che il segreto che prometteva vita e liberazione dovesse manifestarsi con il colore del dolore. Il padre di Isabelle era un avvocato ricco di ambizioni politiche ma privo della capacit di realizzarle o del fascino che avrebbe potuto procurargli alleanze laddove il talento aveva fallito. In quella casa piena di donne si annoiava, e dedicava le ore dei pasti alla lettura di quotidiani parigini con tutti i resoconti degli intrighi politici. Ignorava la complessit e i tormenti della vita familiare; sgridava le figlie quando si comportavano male e di tanto in tanto le puniva severamente, ma per il resto non si sentiva coinvolto dalla loro crescita. Quell'indifferenza aveva spinto Madame Fourmentier a occuparsi troppo di moda e di apparenze. Era convinta che il marito avesse un'amante a Rouen e che questo spiegasse il suo disinteresse per lei. Per rifarsi di quel presunto torto, dedicava tutto il suo tempo a rendersi attraente agli occhi degli altri uomini. Un anno dopo il fallimento della sua storia d'amore con l'architetto sposato, Mathilde fu data in moglie a un medico del posto, con grande sollievo dei genitori e invidia delle sorelle. Si dava per scontato che, quando anche le altre ragazze avessero lasciato la casa, Isabelle sarebbe rimasta per prendersi cura dei genitori. -E' quello che dovrei fare, Jeanne?-Chiedeva alla sorella.-Restare qui per sempre mentre loro invecchiano? -Penso che ne sarebbero contenti, ma non hanno nessun diritto di pretenderlo. Sei tu che devi trovare la vita che fa per te. Io far cos. Se nessuno mi sposer, andr a vivere a Parigi e aprir un negozio. -Credevo che volessi andare nella giungla a fare la missionaria. -Questo soltanto se il negozio fallisce e il mio innamorato mi respinge.-Jeanne aveva pi senso dell'umorismo e distacco delle altre sorelle, e parlando con lei Isabelle aveva la sensazione che i fatti di cui leggeva nei libri e nei giornali non fossero soltanto gli ingredienti della vita altrui, come un tempo aveva creduto, ma in una certa misura fossero accessibili anche a lei. Voleva bene a Jeanne come a nessun'altra. All'et di 18 anni, Isabelle era una ragazza sicura di s ma gentile, che non aveva trovato 1 sfogo adeguato ai suoi istinti naturali o all'energia esuberante che veniva frustrata dalla routine e dal torpore della casa paterna. Alle nozze della sorella batrice conobbe un giovane ufficiale di fanteria, Jean Destournel, che le parl con gentilezza e mostr di apprezzarla per qualche sua qualit intrinseca. Isabelle, che fino a quel momento era stata indotta a sentirsi una pallida versione di individuo, che in ogni caso avrebbe dovuto essere di sesso maschile, rimase confusa scoprendo che qualcuno poteva considerarla unica e degna di essere conosciuta per se stessa.

Oltre tutto Jean non era un tipo banale; era premuroso e attraente, sia pure in modo convenzionale, le scriveva e le inviava piccoli doni. Dopo un anno di corteggiamento, quasi tutto per corrispondenza, visto che i vari incarichi di Jean gli consentivano di passare da Rouen solo di rado, il padre di Isabelle fece 1 dei suoi rari interventi nella vita familiare. Quando Jean venne a trovare Isabelle, lo convoc per dirgli che era troppo vecchio, aveva un grado troppo basso e proveniva da una famiglia troppo modesta, e oltretutto tirava troppo in lungo il corteggiamento. Destournel, che in fondo era un uomo timido, fu preso in contropiede dal vigore delle obiezioni di Fourmentier e cominci a dubitare delle proprie motivazioni. Era rimasto affascinato dal carattere di Isabelle e dal suo aspetto originale, che era gi diverso da quello della maggior parte delle ragazze della sua et. Dopo aver trascorso la serata alla mensa ufficiali, amava ritirarsi nella sua stanza per pensare a quella giovane donna piena di vita. Concedeva alla sua immaginazione di soffermarsi sui dettagli della vita domestica di Isabelle, intrisa di femminilit, con tutti i requisiti della pace e dell'intimit familiare e la compagnia delle 2 sorelle ancora nubili, Delphine e Jeanne. Si dilettava a confrontare i rispettivi meriti , compiacendosi della perversa conclusione e della pi giovane, quasi ignorata agli altri, era in realt la pi bella e interessante. Ma per quanto Isabelle Fourmentier, con la sua carnagione chiara, gli abiti vaporosi e le risate, fornisse senza dubbio una meravigliosa fonte di distrazione dalle piccole incombenze quotidiane della vita militare, in fondo al cuore non era certo di avere davvero intenzione di sposarla. Forse, se Fourmentier non si fosse intromesso, il matrimonio sarebbe stata la conclusione naturale; ma quell'improvvisa presa di coscienza fece scattare in lui un dubbio corrosivo. Qualche mese dopo, in occasione della visita successiva, port Isabelle a fare una passeggiata in giardino e le annunci che stavano per inviarlo all'estero, dove non avrebbe potuto continuare a coltivare la loro amicizia. Eluse la questione del matrimonio adducendo come scusa la propria povert e indegnit. A Isabelle non importava se l'avrebbe sposata o no, ma quando le disse che non intendeva pi rivederla prov la sofferenza lancinante della privazione, come una bambina che perde la sua unica fonte d'amore. Per 3 anni quella perdita color ogni istante della sua giornata. Quando finalmente divenne tollerabile, le rimase come una ferita sulla quale la pelle non s'ispessiva mai, cosicch il minimo attrito poteva riaprirla. L'innocenza spensierata dell'infanzia priva di guida era finita, ma pian piano la sua natura riacquist dolcezza ed equilibrio. A 23 anni non era pi la piccola di casa; sembrava pi matura della sua et e cominci a coltivare 1 stile e un modo di fare tutto suo, diversi da quelli dei genitori o delle sorelle maggiori. La madre era un po' intimorita dalla sicurezza dei suoi gusti e dalla ffermezza delle sue opinioni. Isabelle si accorse di crescere, e senza incontrare resistenza. A un ricevimento, il padre sent parlare di una famiglia del posto, gli Azaire, che si erano trasferiti ad Amiens, dove la moglie era morta lasciando 2 figli. Fece in modo di ottenere una presentazione e trov decisamente di suo gusto l'aspetto di Ren Azaire. Isabelle non rappresentava il conforto che aveva sperato di trovare in casa; era diventata troppo volitiva per fare la governante e, pur essendo perfettamente in grado di aiutare la madre, a volte minacciava di mettere in imbarazzo lui. Nella figura severa e piena di esperienza di Ren Azaire, il padre di Isabelle vide la soluzione a non poche difficolt. L'unione fu prospettata con abilit a Isabelle da tutti e 2 gli uomini. Il padre gioc sulla simpatia che lei provava per Azaire, mentre questi a sua volta le present i bambini, entrambi in una fase accattivante del loro sviluppo. Azaire le garant una certa indipendenza nel matrimonio e Isabelle, che non vedeva l'ora di abbandonare la casa dei genitori, acconsent. L'interesse per Lisette e Grgoire fu per lei l'argomento principale; desiderava aiutarli per annegare le proprie delusioni personali nei loro successi. Fu convenuto inoltre che lei e Azaire dovessero avere dei figli. Cos la piccola Fourmentier si trasform in Madame Azaire, una donna dalla dignit superiore ai suoi anni, dai gusti spiccati e dalle opinioni decise, ma con un cumulo di impulsi e affetti naturali mai appagati da nessuna delle circostanze

della sua vita. Da principio Azaire si sentiva fiero di avere sposato una donna cos giovane e attraente e si compiaceva di mostrarla agli amici. Vedeva i bambini rifiorire sotto le sue attenzioni. Lisette fu guidata con tatto attraverso i cambiamenti imbarazzanti del suo corpo, Grgoire fu incoraggiato nei suoi entusiasmi e costretto a migliorare i suoi modi. In citt Madame Azaire era stimata: era una moglie affettuosa e devota al marito, e lui non le chiedeva altro; non lo amava, ma del resto Azaire si sarebbe spaventato al pensiero di suscitare in lei un'emozione cos superflua. Madame Azaire si mostr all'altezza del suo nuovo nome. Era contenta del ruolo che aveva accettato e convinta che i suoi desideri ambiziosi si sarebbero dissolti in modo sicuro e definitivo. Per un paradosso che apparentemente non riusc a comprendere subito fu proprio la figura gelida del marito a tenere in vita quei desideri. Lui considerava la nascita di altri figli una prova importante della sua posizione nella societ e una conferma che la loro era un'unione equilibrata, in cui la sua et e le differenze di gusti contavano ben poco. Si accostava alla moglie con un atteggiamento freddo e sbrigativo e lei reagiva con un'indifferenza sottomessa, del resto era l'unica risposta che lui le concedesse, Faceva l'amore con lei ogni notte, anche se, una volta presa l'iniziativa, sembrava deciso a concludere in fretta e in seguito non alludeva mai a ci che avevano fatto insieme. Madame Azaire, che all'inizio era spaventata e vergognosa, pian piano si sent frustrata dall'atteggiamento del marito; non riusciva a capire per quale motivo quell'aspetto della loro vita, che pure sembrava contare tanto per lui, fosse un argomento del quale non era disposto a parlare, n capiva come mai la sconcertante intimit dell'atto non aprisse alcuna porta nella sua mente, non stabilisse contatti con i sentimenti e le aspirazioni pi profonde che si erano sviluppate in lei fin dall'infanzia. Non rimase incinta, e ogni mese, al ripresentarsi del sangue mestruale, Azaire si sentiva un po' pi disperato. Un senso di colpa istintivo lo spingeva ad attribuirsene la responsabilit. Cominci a pensare di essere lui la causa della sua sterilit, anche se i suoi 2 figli sembravano provare il contrario; in certe ore silenziose della notte sospettava addirittura che quella fosse la punizione per avere sposato Isabelle, anche se non avrebbe saputo dire perch fosse cos o che cosa avesse fatto di male. Infine i sentimenti di frustrazione presero a incidere sulla frequenza delle sue prestazioni. Cominci inoltre a notare nella moglie un'assenza di reazioni, anche se la prospettiva di porvi rimedio era cos spaventosa che non sapeva risolversi ad affrontarla. Nel frattempo, Madame Azaire divenne meno premurosa verso il marito. Temeva Stephen; lo temeva fin dal giorno in cui era arrivato in boulevard du Cange, con la faccia scura e gli occhi bruni e attenti, i movimenti rapidi e impetuosi. Non somigliava agli altri uomini che aveva conosciuto, al padre o al marito, e neanche a Jean Destournel, che, per quanto giovane e romantico, si era rivelato in fin dei cOnti un debole. Poich Stephen aveva 9 anni meno di lei, lo giudicava con una punta di condiscendenza; vedeva in lui la giovinezza, o almeno un suo stadio, che lei si era gi lasciata alle spalle. Cercava di considerare Stephen un terzo figlio, il fratello di Lisette; dopo tutto, pensava, ha solo 4 anni pi di lei. In una certa misura riusc anche a farlo, pur accorgendosi che questo aggiungeva al senso di allarme un elemento di tenerezza materna. La domenica mattina Stephen si alz di buon'ora e scese in cerca di qualcosa da mangiare in cucina. Percorse i corridoi del pianterreno, dove i passi rimbombavano nell'aria chiusa. In casa c'erano ancora alcune stanze che non aveva visitato e altre che, viste di sfuggita, non avrebbe saputo ritrovare. Superando la porta di un salottino, usc nella frescura del parco e s'incammin attraverso il prato. Sotto un castagno c'era una panchina, sulla quale si sedette a osservare la casa sbocconcellando un pezzo di pane che aveva preso in cucina. La sera prima aveva usato il coltello per ricavare una piccola scultura da un pezzo di legno tenero trovato in giardino. Ora la prese dalla tasca della giacca per esaminarla all'aria limpida e umida del mattino. Era la figurina di una donna vestita con una gonna lunga e una giacca corta; alcune incisioni ravvicinate indicavano i capelli e i lineamenti del viso erano ridotti ai soli segni degli occhi e della bocca. Cav di tasca il coltello scavando leggermente nel legno intorno ai piedi, nel punto in cui sbucavano dalla gonna,

per renderli pi realistici. Vide aprirsi le imposte su una stanza da letto al primo piano, e immagin suoni di voci e acqua corrente e maniglie delle porte che si aprivano. Quando pens che tutta la famiglia fosse vestita e in piedi, rientr in casa. I ragazzi non erano troppo entusiasti della gita ai giardini d'acqua. Madame Azaire si protese verso Grgoire perch smettesse di tamburellare con il cucchiaio sulla tavola. Aveva indossato un vestito di lino color crema con una fascia azzurra alla cintura, ornato di una fila di bottoni che non servivano n ad aprire n a chiudere niente. Lisette sbirci Stephen con civetteria.-E cos, viene anche lei ai famosi giardini d'acqua? -Non so se sono compreso nell'invito. -Ma certo,-disse Madame Azaire. -In tal caso verr, con piacere. Lisette osserv:-Bene, forse cos la gita sar un po' meno noiosa. -E' molto gentile da parte di Monsieur brard invitarci,-ribatt Madame Azaire. -Devi essere molto cortese con tutti e 2. E non credo neppure che quel vestito s ia appropriato a una ragazza della tua et. E' troppo stretto. -Ma fa cos caldo,-sbott Lisette. -Non posso influire sul tempo. Ora corri a metterti qualcos'altro. -Corri, corri, corri,-brontol Lisette imbronciata mentre scostava la sedia dal tavolo, sfiorando col braccio la spalla di Stephen per avviarsi alla porta. Il vestito in questione sottolineava la morbida curva e il seno, di cui era chiaramente orgogliosa. I 5 uscirono di casa verso le 11 di mattina, con Margurite, la cameriera, che aiutava Stephen e Madame Azaire a trasportare i vari cesti di cibo, i parasoli, i tappetini e gli abiti di ricambio ritenuti necessari. Si trattava solo di un breve tragitto a piedi per raggiungere l'ingresso ai giardini d'acqua. Scesero una gradinata fino all'imbarcadero dove li aspettava brard, con un cappello di paglia in testa. Madame brard era gi insediata a poppa di un'imbarcazione a fondo piatto che, secondo un'antica tradizione locale, era foggiata a barchino, con una delle estremit squadrata e sollevata. -Buon giorno, Madame. Che bella giornata!-Brard era pi espansivo che mai. Porse il braccio a Madame Azaire per aiutarla a salire in barca e lei, posandovi una mano, sollev con l'altra le gonne e prese posto leggera. Grgoire, non pi annoiato, super di slancio gli altri per saltare a bordo, facendo oscillare l'imbarcazione. Madame brard si lasci sfuggire un gridolino:-Oh, pap! Brard scoppi a ridere.-Prima le donne e i bambini.-Lisette s'imbarc con il suo aiuto, prendendo posto accanto a Madame Azaire.-Io far da timoniere e star a poppa,-annunci brard,-quindi lei si metta di fronte a Lisette e lei, Monsieur,-aggiunse rivolto a Stephen,-se vuol sedersi vicino a Grgoire, e se Madame brard gradisce sistemarsi qui, di fronte a lei, Azaire.,.ecco.,.allora avremo un equilibrio perfetto. Stephen, obbedendo alle istruzioni, sedette di fronte a Madame Azaire e trov spazio per i piedi sul fondo della barca, cercando di non toccare i suoi. brard lanci un grido marinaresco e si spost goffamente a poppa, scostando la barca dalla riva con un lungo palo di legno. I giardini erano formati dalle acque stagnanti della Somme, incanalate fra numerose isolette, le cui rive erano state rinforzate con assi di legno. Il terreno era fittamente ricoperto da colture di ortaggi, o in piccoli orti, dove il proprietario viveva in una modesta abitazione adiacente, o in appezzamenti pi grandi, il cui padrone risiedeva probabilmente in citt. Da chi non aveva niente a che fare con le coltivazioni, l'area era considerata un sito di grande bellezza naturale, motivo di orgoglio civico. Brard manovrava la barca con una certa abilit, affondando la pertica con una spinta vigorosa e spostandola a sinistra o a destra per virare mentre la ritirava. Scivolarono sull'acqua sotto i rami sporgenti degli alberi, avvicinandosi di tanto in tanto ad altri gitanti domenicali, che dalle loro barche lanciavano saluti e commenti sul tempo sereno. brard sudava a profusione, asciugandosi la fronte con un fazzoletto, ma mentre remava riusciva lo stesso a raccontare la storia di quei giardini. Stephen stava scomodo sul banco di legno, dando le spalle alla direzione della barca. L'acqua stagnante, ignara di

qualsiasi brezza, sembrava esaltare il caldo innaturale della giornata. Le sue scarpe di cuoio lucido erano posate sulle assicelle del fondo nell'angolazione innaturale impostagli dall'intento di non sfiorare le scarpette bianche di Madame Azaire, disposte nella posizione dettata dalla lieve inclinazione laterale delle gambe unite. I sedili estremamente bassi la costringevano per a tenere le ginocchia sollevate, e la gonna chiara si sollevava fino a scoprire le calze tese sul collo del piede. Erano di un filato serico e finissimo, che secondo Stephen non era stato prodotto da nessuna delle filande del marito. Not la linea delicata della caviglia e l'inizio della curva del polpaccio e si sorprese a chiedersi quale sistema di aggancio, sotto le pieghe della gonna di lino, ottenesse la tensione che faceva apparire la trama delle calze cos lieve e aderente all'arco del piede. -.,.dai soldati romani. Ma la canalizzazione dell'acqua fra i lotti di terreno era in una certa misura un fenomeno naturale, e passarono alcuni secoli prima che le rive degli isolotti fossero rafforzate con le assi come le vedete oggi. Quindi ci che abbiamo sotto gli occhi, in realt, il frutto dell'armonia e della collaborazione fra uomo e natura. Il discorso di brard era interrotto da occasionali ansiti per riprendere fiato, ma non dagli altri, meno di tutti Azaire, le cui esclamazioni passavano inosservate. Stephen osservava l'acqua e vi teneva immersa una mano, sorridendo a Grgoire e cercando di incontrare lo sguardo di Madame Azaire. Quando ci riusc, lei gli rivolse un sorriso misurato, prima di voltarsi per fare una domanda a Lisette. I larghi canali dei giardini d'acqua erano arterie pubbliche, mentre vie d'acqua pi strette, contrassegnate da cartelli con la scritta "Privato", conducevano a grandi case protette da occhi estranei con fitte siepi e alti fiori rigogliosi. Quando Brard fu esausto, Azaire prese il suo posto, spingendo avanti la piccola imbarcazione finch le suppliche di Grgoire, che voleva pranzare, furono finalmente esaudite. Brard aveva ottenuto da un amico il permesso di Ormeggiare la barca ai piedi di un giardino ombroso per pranzare sotto alcuni alberi di melo. Azaire si diede un grand'affare per appendere il vino alla cima d'ormeggio della barca mettendolo in fresco nell'acqua, mentre Madame Azaire e Lisette stendevano sull'erba i tappeti. Grgoire corse in giro per il giardino, tornando ogni tanto a riferire le sue scoperte, e Stephen cerc di conversare con Madame Brard, anche se lei non aveva occhi che per il marito. Monsieur Brard si era installato ai piedi di un albero con un bicchiere di vino e un pezzo di pollo, che addentava strappando la carne dall'osso con 1 strattone laterale del capo. Gli uomini si tolsero le giacche e Stephen, posando la sua, sent in tasca la piccola scultura di legno. La tir fuori, rigirandola fra le dita. -Che cos'?-Chiese Lisette, che si era seduta sul tappeto accanto a lui. -Soltanto una statuina. L'ho fatta con questo.-Estrasse di tasca il coltello. -E' bella. -Se vuoi te la regalo,-rispose Stephen senza riflettere. Lisette s'illumin di piacere, guardandosi attorno per controllare che gli altri avessero visto. Stephen cerc un pezzo di legno per intagliarne un'altra statuetta destinata a Grgoire, che in quel momento mangiava con impegno. Degli altri, nessuno sembrava avere appetito. Madame Azaire estrasse dalle ceste formaggi e pasticci vari, ma vennero riposti tutti subito dopo, con appena un paio di fette mancanti. Brard mangi, oltre al pollo, della lingua in gelatina; Lisette si limit a una fetta di torta alle fragole, pi qualche pasticcino preparato da Madame Azaire in persona. Lei e il fratello bevevano aranciata, mentre gli altri avevano del vino della Loira, che l'immersione nelle acque tranquille non era riuscita a raffreddare. Dopo pranzo, Brard si addorment, con la schiena appoggiata all'albero, e Azaire accese la pipa prima di ritirarsi in un'altra parte del giardino allo stesso scopo. Stephen intagli con una certa fatica un pezzo di legno duro per ricavarne una figura d'uomo abbastanza realistica per Grgoire. Finito il pasto, li attendeva un pomeriggio greve e tedioso. Risalirono goffamente in barca e, dopo che a Stephen era stato concesso un breve turno alla pertica, Brard riprese la sua posizione. La temperatura era salita e le donne si sventagliavano con energia. Madame Brard, oppressa dal

pesante abbigliamento formale, se ne stava a prua con aria sconsolata, come la mesta polena di una nave maledetta, sospinta dal fato verso i ghiacci e i venti equatoriali. Stephen si sentiva accaldato e stordito dal vino. I giardini d'acqua gli ispiravano un senso di repulsione; il loro rigoglio febbrile gli sembrava apparentato alla fertilit vegetale della morte. Le acque brune erano melmose e increspate solo dall'andirivieni frenetico dei tratti sulle sponde. Grossi mosconi ronzavano sull'acqua, sotto gli alberi, tuffandosi in picchiata su torsi di cavolo, asparagi e carciofi marci rimasti abbandonati sul terreno per la sfrenata prodigalit del raccolto. Quello che veniva considerato un luogo di bellezza naturale era in realt un ristagno di tessuti viventi che era impossibile salvare dal disfacimento. Madame Azaire, anche lei a disagio nel caldo e nel torpore del pomeriggio, aveva perso una frazione infinitesimale della sua compostezza. Aveva la pelle arrossata alla gola, dove si era allentata lo scollo del vestito. Una ciocca sottile di capelli dai riflessi color fragola era incollata al collo dal sudore. Un piede era abbandonato contro la gamba di Stephen, allungata sotto il sedile. Quando Brard spingeva la barca sulla sua pigra rotta rettilinea, un lieve rollio nel movimento causava una pressione percettibile. Stephen lasci la gamba dov'era; Madame Azaire era troppo accaldata o indifferente per cambiare posizione. Stephen incroci il suo sguardo e lei lo fiss senza accennare un sorriso di cortesia o 1 spunto di conversazione, poi volt lentamente la testa come per guardare il panorama. Un pesce solc la superficie dell'acqua, ignorato persino da Grgoire, che poco prima era tanto eccitato. La corrente del fiume era stata rallentata dalla costruzione di un canale, spieg Brard, ed era quello il motivo per cui le barche non andavano pi a remi; per farle avanzare bastava una spinta della pertica. Stephen immaginava i grandi acquitrini e gli stagni creati dalla natura prima che fossero regolati i canali e la terra diventasse coltivabile. La funzione del fiume non era cambiata in modo significativo; serviva ancora a irrigare un ciclo di disfacimento superfluo, la decomposizione della materia nel terreno rivoltato e scavato, dall'humus molle e vischioso. Il pomeriggio aveva raggiunto lo stadio in cui avrebbe dovuto cominciare a rinfrescare, ma anche il filo di brezza che aveva soffiato fino a quel momento era caduto, e l'aria statica si coagulava, densa e soffocante. Grgoire cominci a spruzzare d'acqua Lisette, che lo schiaffeggi, facendolo piangere. Azaire diede il cambio a poppa a Brard, che si accasci sudato accanto alla moglie, restando una volta tanto in silenzio. Stephen tent di distogliere la mente dalle visioni di putrefazione che il fiume gli aveva suggerito. La pressione del piede di Madame Azaire contro la sua gamba aument lentamente, finch quasi tutto il polpaccio fu appoggiato contro il suo. Il semplice brivido che quel contatto aveva suggerito poco prima ai suoi sensi esaltati ora gli sembrava pi complicato; il desiderio appariva inscindibile da un istinto di morte. Tutti loro, pensava, sarebbero stati risucchiati da quella terra: la lingua di Brard si sarebbe decomposta nelle particelle di terreno friabile che i giardinieri sfregavano fra le dita; il suo blaterare si sarebbe zittito, mentre veniva riassorbita dalle radici assetate di carciofi o cavoli. Il piccolo Grgoire e Lisette si sarebbero disfatti nella melma delle rive in cui i ratti scavavano la tana e si accoppiavano. E Madame Azaire, Isabelle.,. Anche le parti pi tenere di lei, alle quali la sua immaginazione dava sfacciatamente coro, anche quelle non avrebbero resistito al tempo, assorbite da qualche miserabile fine tutt'altro che spirituale nel terreno colloso. Quando avvistarono l'imbarcadero, il loro umore miglior. Azaire cominci a parlare della splendida gita che avevano fatto e Brard ritrov l'abituale controllo della conversazione. Nell'ultimo uarto d'ora riusc a riscrivere la storia del pomeriggio, attribuendo opinioni sulla sua ottima riuscita a tutti i vari membri della comitiva, sollecitando il loro assenso e interrompendoli prima che avessero il tempo di sciupare la sua versione armoniosa con qualche pensiero autentico. Madame Azaire parve emergere da una trance. Si raddrizz sul sedile, notando solo in quel momento, con visibile allarme, la posizione della sua gamba sinistra. Grgoire immerse nell'acqua un barattolo di vetro, facendolo scorrere nella speranza di intrappolare un pesce. Quando sbarcarono, ringraziando i Brard per la loro gentilezza, Stephen si

carico i cesti, tappeti e parasole, precedendoli lungo la strada verso il boulevard du Cane. Fu lieto di poter lasciare il bagaglio nell'atrio, affidato alle cure di Margurite, perch lo riponesse, mentre lui saliva nella sua stanza. Si tolse il colletto duro che aveva indossato per compiacere i suoi Ospiti e si ritir nel piccolo bagno in fondo al corridoio, un tempo riservato a una domestica. Riempita la vasca d'acqua fredda, vi s'immerse, sprofondando con la testa sotto la superficie e lasciando che l'acqua ghiacciata penetrasse persino nei follicoli alle radici dei capelli. Di ritorno nella sua stanza, avvolto in un asciugamano, prese un mazzo di carte e le dispose sul tavolo come volesse giocare a patience. La sequenza in cui le spost poi, invece, era quella che aveva imparato da un amico del nonno, un vecchio superstizioso che si guadagnava da vivere predicendo la sorte alle fiere. Da bambino Stephen era rimasto affascinato da lui e dai suoi giochi, e nei momenti di solitudine si ritrovava spesso trasportato indietro nel tempo. Se nel mucchietto di sinistra si trovava la donna di denari prima che uscisse il fante di picche sulla destra, Madame Azaire avrebbe.,. Rimescol le carte, disponendole in abili combinazioni, per met sorridendo fra s, per met serio. Prese un libro e si stese sul letto, sapendo che mancava almeno un'ora alla cena. La campana della chiesa stava suonando e dal giardino giungeva ancora il cinguettio degli uccelli. Con quel suono nelle orecchie, si addorment e fece un sogno che era una variazione del sogno che aveva fatto per tutta la vita. Tentava di aiutare un uccello intrappolato a fuggire da una finestra, ma le ali sbattevano frenetiche contro il vetro. D'improvviso la stanza intera si riempiva di storni che si muovevano tutti insieme, con l'istinto dello stormo. Sbattevano le ali contro i vetri della finestra, gli svolazzavano fra i capelli, poi si avventavano col becco sul suo viso. Il giorno dopo Stephen ricevette un telegramma da Londra, con l'ordine di tornare non appena raggiunto lo scopo della trasferta. Rispose che ci sarebbe voluto un altro mese: aveva ancora molto da imparare sulle tecniche usate ad Amiens, e Azaire aveva promesso di presentarlo ad altri industriali. Inoltre gli servivano ulteriori informazioni sulle condizioni finanziarie di Azaire prima di poter stendere un rapporto sulla validit dell'investimento. Sped la risposta quella sera stessa, provando un senso di panico al pensiero che sarebbe dovuto tornare in Inghilterra prima di avere risolto il conflitto di passioni che minacciava di travolgerlo. Durante la cena, sotto la luce fioca, guard Madame Azaire mentre serviva il cibo alla famiglia e agli ospiti, che erano cugini di Azaire, e c'era un senso di disperazione nel modo in cui s'imprimeva nella memoria i tratti del suo viso, il nodo dei capelli e la sicurezza dei gesti. Non poteva pi lasciarsi stregare passivamente. Il giorno dopo, al lavoro, apprese che lo sciopero dei tintori minacciava di estendersi agli altri operai del settore tessile, causando il blocco completo della produzione. Durante una riunione degli Operai, nell'intervallo per il pranzo, Meyraux tenne un discorso, incoraggiando a sostenere i colleghi degli altri settori dell'industria con offerte di cibo e vestiti, ma sostenendo che sarebbe stato controproducente entrare in sciopero anche loro.-Avete le vostre famiglie e le vostre vite a cui pensare,-dichiar.-Sono convinto che il futuro di questa industria, a lungo termine, imporr l'unificazione dei vari processi di produzione e la creazione di una sola associazione che rappresenti tutti i lavoratori. Ma per ora dobbiamo prendere le cose come sono. Non il momento di compiere gesti vani, ora che siamo seriamente minacciati dalla concorrenza straniera. Il discorso di Meyraux era improntato alla solita cautela. Diffidava dei leader dello sciopero, che giudicava teste calde, almeno quanto dei proprietari. Prima che potesse portare le sue osservazioni a una conclusione ragionata, si ud un trambusto presso la porta che dava sulla strada. Il battente si spalanc, e un gruppo di giovani che portavano stendardi e intonavano slogan fece irruzione. Dal palco, Meyraux invit alla calma, mentre una mezza dozzina di agenti di polizia tentava di mettere alla porta i dimostranti; le loro divise in disordine suggerivano che erano stati gi impegnati in altri tafferugli. Le operaie, assiepate in gran parte vicino alla porta, indietreggiarono allarmate mentre cominciavano a fioccare i colpi. Lucien Lebrun, che era stato fra i primi a forzare l'ingresso, sal allora sul palco vicino al maldisposto Meyraux. Gli

occhi azzurri e ingenui e i capelli castani ondulati gli davano un che di attraente, compensando in una certa misura il sospetto che molti Operai nutrivano per la sua giovane et. Con appelli pieni di tatto alla solidariet, chiese a Meyraux se poteva rivolgere un discorso agli Operai, e alla fine un altro gli cedette il posto. Lucien fece una descrizione commovente delle ristrettezze in cui versavano le famiglie degli scioperanti e delle condizioni di lavoro che li avevano spinti a quell'azione estrema. Parl della povert e dello sfruttamento nella pianura di Piccardia, che aveva provocato una massiccia migrazione dalla valle della Somme verso le citt di Amiens e Lille nella vana speranza di trovare lavoro.-Vi scongiuro, aiutate la mia gente,-concluse. -Dobbiamo restare uniti in questa circostanza, o cadremo tutti. Dobbiamo pensare ai nostri figli e alle nostre mogli. Vi chiedo almeno di firmare questa dichiarazione di sostegno ai vostri compagni di lavoro.-Mostr un foglio di carta che portava gi un centinaio di firme. -A proposito di mogli,-grid una voce profonda dal centro della sala,-Lo sappiamo tutti quello che si dice dite, giovanotto! Si lev un fragoroso assenso. Stephen si irrigidi, mentre il battito del cuore gli rimbombava nel torace. Lucien grid:-Che cosa hai detto? -Non intendo ripeterlo di fronte alla legge, ma penso che tu sappia che cosa voglio dire.-Lucien balz a terra dal palco per cercare di raggiungere l'antagonista, facendosi largo a spallate nella calca con foga frenetica.-E un'altra cosa,-aggiunse la stessa voce,-non dovremmo permettere a una spia inglese di mangiare con noi e partecipare alle nostre assemblee. Alcuni degli operai manifestarono vociando il loro assenso. Evidentemente la presenza di Stephen era passata quasi inosservata. Lui non stava ascoltando.-Che cosa dicono di Lucien?-Domand all'uomo che gli stava vicino.-Che significa la storia delle mogli? -Dicono che il giovane Lucien e la moglie del padrone sono grandi amici. L'uomo scoppi in una risata gutturale. Fino a quel momento gli operai di Azaire erano rimasti tranquilli. Avevano ascoltato il lungo appello alla pazienza di Meyraux e seguito il suo consiglio; avevano visto la loro riunione disturbata dall'intervento di Operai di altre fabbriche e avevano mantenuto la calma; si erano sentiti arringare da un giovanotto che non era neppure loro concittadino e lo avevano lasciato dire. Quando Lucien perse il controllo e cominci a farsi largo in mezzo a loro con la forza, per, furono assaliti da un comune senso di indignazione e si misero d'impegno per respingerlo, reagendo istintivamente di comune accordo, come per liberarsi di un corpo estraneo. Stephen si trov in balia della folla: alcuni reagivano all'ostilit verso di lui, ma la maggioranza era ansiosa di scacciare dalla fabbrica Lucien e gli altri tintori. Quando alcuni amici di Lucien accorsero a dargli manforte, l'operaio che aveva lanciato il commento su Madame Azaire si ritrov circondato da una massa di corpi che spingevano. Era un uomo alto e rubizzo, che lavorava al trasporto delle pezze di tessuto sui carrelli con le ruote gommate. La sua espressione placida cominci a farsi allarmata man mano che il tumulto si avvicinava. Lucien urlava e dimenava le braccia alla cieca nel tentativo di farsi largo tra la folla, ma il muro compatto degli uomini di Azaire gli sbarrava la strada. Ai margini della rissa, gli agenti di polizia cominciarono a dondolare i manganelli con aria minacciosa, avanzando fra la calca. Meyraux sal sul palco lanciando appelli alla calma. A quel punto, nella sua frenetica agitazione, Lucien colp col braccio il viso di una delle operaie, strappandole 1 strillo. E in un attimo fin a terra, centrato da un rapido colpo del marito della donna. Mentre restava disteso, ansimante, vari calci ben mirati provvidero a sfogare le frustrazioni degli operai di Azaire. Non erano colpi furiosi, ma Lucien grid quando lo raggiunsero alle gambe e alle spalle. Stephen tent di respingere alcuni degli assalitori per dargli il tempo di rialzarsi, e ricevette una manata sul naso da 1 degli uomini, risentito per essere stato ostacolato. Ormai 3 o 4 tintori avevano raggiunto Lucien e si erano uniti alla rissa per proteggerlo. Stephen, con gli occhi che lacrimavano, menava colpi alla cieca, infuriato. Aveva perso il suo intento iniziale, che era di ristabilire la calma, e ora voleva soltanto aggredire l'uomo che lo aveva fatto imbestialire. Si trov spinto da parte dall'operaio

alto e rubizzo che aveva scatenato i disordini con il suo commento, e reag sferrandogli un pugno al viso da breve distanza. Non aveva spazio sufficiente per imprimergli la spinta necessaria, mai colpo venne al momento giusto per fargli provare un vago senso di soddisfazione. Si ritrov la mano insanguinata. Gli sforzi congiunti delle operaie risolute e dei manganelli della polizia posero fine alla scaramuccia. Lucien fu trasportato fuori, pesto e ansimante, ma non gravemente ferito. I tintori furono scortati all'aperto dalla polizia, che arrest a casaccio i 2 operai dall'aria meno raccomandabile. La vittima di Stephen si asciug la bocca sanguinante con un fazzoletto, apparentemente ignaro di chi lo aveva colpito. Meyraux sugger agli operai di disperdersi. Stephen lasci la fabbrica dalla porta secondaria, chiedendosi come fosse potuta cambiare la situazione tanto in fretta da indurlo a schierarsi dalla parte di Lucien Lebrun, quando anche lui, come tutti gli altri, desiderava solo di non rivedere mai pi il suo viso dagli occhi luminosi. Si diresse verso la cattedrale, e di li si addentr nella citt. Si vergognava del suo comportamento. Anni prima aveva promesso al suo tutore che non avrebbe perso mai pi il controllo, e si sarebbe sempre soffermato a riflettere per calmarsi. Aveva fallito miseramente quella prova, e il ricordo dell'espressione sorpresa sul viso dell'uomo che aveva calunniato Madame Azaire, quando il pugno di Stephen lo aveva colpito alla bocca, era una ben magra ricompensa per quel fallimento. Il colpo doveva essere stato pi violento di quanto avesse creduto sul momento, dato che nel corso del pomeriggio la mano si gonfi parecchio. Rientrando in anticipo a casa, and a immergerla nell'acua. La tenne sotto l'acqua fredda e avvolse strettamente un fazzoletto intorno alle nocche. Aveva la sensazione che la sua vita in boulevard du Cange, e forse in prospettiva tutta la sua esistenza , stesse per raggiungere un punto critico che lui non era in grado di controllare. Forse sarebbe stato meglio esaudire le richieste del suo datore di lavoro. Poteva concludere ogni cosa nel giro di una settimana e poi tornare a Londra, con la consapevolezza di non aver fatto nulla che gettasse discredito sulla compagnia o sul signor Vaughn, il tutore che si era impegnato tanto per aiutarlo . Prima, pens, avrebbe fatto bene a scrivergli. In preda allo sconforto, prese un foglio di carta dalla scrivania e cominci. "Caro signor Vaughn, non la prima volta che tardo a scriverle, ma cercher di fare ammenda raccontandole nei dettagli l'accaduto". S'interruppe. Voleva trovare parole dignitose per esprimere la tempesta di desiderio e confusione che provava. "Credo di essermi innamorato e sono certo che la donna in questione, ricambi i miei sentimenti, anche se non ne abbiamo parlato. Come posso averne la certezza se non ha detto niente? La mia solo vanit giovanile? In un certo senso vorrei che fosse cos, ma ne sono tanto convinto che non ho quasi bisogno di fare domande. E questa convinzione non mi porta alcuna gioia". Ormai si era spinto troppo oltre; naturalmente non poteva spedire quella lettera. Scrisse un altro paragrafo per se stesso, per vedere che cosa aveva da dire. "Mi sento spinto da una forza alla quale non so resistere. Credo che questa forza abbia le sue ragioni e una sua dignit morale, anche se forse non mi saranno mai chiare finch avr vita". Lacer il foglio in frammenti minuti e li lasci cadere nel cestino. Si tolse il fazzoletto dalla mano e riusc a tenerla nascosta dietro la schiena parlando in salotto con Monsieur e Madame Azaire, prima di cena. Azaire era troppo preoccupato dagli avvenimenti in fabbrica per farci caso e quando Madame Azaire si concedeva un'occhiata a Stephen i suoi occhi erano attirati solo dal viso. -Mi risulta che sono stati fatti commenti sulla sua presenza in fabbrica, osserv Azaire. -Si. Non sono sicuro che sia stato saggio da parte mia partecipare alla riunione . Forse dovrei starmene alla larga per un paio di giorni. -Buona idea,-disse Azaire.-Lasci agli uomini il tempo di calmarsi. Non credo che ci saranno problemi, ma forse meglio che lei si tenga in disparte finch le cose non saranno sistemate. Posso farle portare la documentazione da qualcuno del personale e potr lavorare a casa. Ci sono tanti modi in cui pu rendersi

utile. Lisette entr dalla porta del giardino.-Guardate!-Esclam Lisette.-Che cosa ha fatto alla mano? -Mi rimasta impigliata in 1 dei filatoi quando mi hanno fatto vedere come funzionava, stamattina. -E' tutta gonfia e arrossata.-Madame Azaire si lasci sfuggire un grido quando Lisette sollev la mano infortunata di Stephen per esaminarla da vicino. Lui credette di scorgere sul suo viso un lampo di preoccupazione, prima che lei riuscisse a ritrovare il consueto distacco. -La cena servita,-annunci Margurite dalla porta. -Grazie,-rispose Madame Azaire.-Dopo cena, Margurite, vuole provvedere per favore a fasciare la mano di Monsieur Wraysford?-Poi, fece strada verso la sala da pranzo. Il giorno dopo, quando Azaire usc per andare al lavoro, Stephen rimase in casa come un bambino ammalato al quale stato concesso di non andare a scuola. Dalla fabbrica arriv un messaggero con un fascio di documenti che Stephen accanton in salotto. Prese un libro e si sedette in un angolo, vicino alla porta finestra che dava sul giardino. Poteva udire i rumori della casa, immersa nella routine mattutina, e aveva la sensazione di spiare quella vita femminile. Margurite entr con un piumino, che manovrava con esemplare leggerezza sui soprammobili in porcellana e sul ripiano lucido dei tavoli, sollevando mulinelli di polvere che s'innalzava in minuscole spirali nella luce limpida del mattino, per poi depositarsi altrove, sulle sedie o sul pavimento di legno levicato. I passi di Grgoire scesero energicamente le scale attraversando l'atrio, dove la sua avanzata fu frenata da un chiassoso armeggio con la serratura e la catenella della porta d'ingresso. Il grido:"Chiudila uscendo" non ricevette in risposta alcun segno di assenso, e Stephen s'immagin lo scorcio rettangolare del giardino, il vialetto lastricato e la solida inferriata che dava sul viale, visibili nello spazio lasciato dalla porta rimasta aperta. Si sent un acciottolio di vasellame quando Margurite port un vassoio carico di piatti e tazze per la prima colazione dalla sala da pranzo alla cucina, e il lieve tonfo dell'anca contro la porta che lei apri con una spinta. Nella frazione di secondo prima che si richiudesse, giunsero a Stephen i rumori pi fragorosi e pi decisi delle pentole sfregate con la paglietta di ferro o messe sul fornello, piene di brodo che avrebbe continuato a bollire a fuoco lento per tutta la mattina. La voce di Madame Azaire gli giungeva dal suo posto abituale in sala da pranzo, dove rimase fino alle 11, parlando con Lisette o impartendo istruzioni a tutte le varie persone che andavano a consultarla. Fra loro c'era Madame Bonnet, la moglie dell'operaio pi anziano, che veniva ogni giorno a sbrigare le pulizie che Margurite giudicava troppo umili o faticose. Madame Azaire le diceva quali stanze si dovevano risistemare e se c'erano preparativi speciali in vista di ospiti, e poi si udiva il passo grave e oscillante dell'anziana domestica che si avviava faticosamente a compiere i doveri prescritti. Lisette, seduta nella chiazza di sole che entrava dalla finestra sotto gli steli di clematide, osservava le ombre sul tavolino lucido e ascoltava la matrigna che istruiva la servit. Amava condividere quella routine mattutina; la faceva sentire fidata e importante, e aveva il vantaggio ulteriore di escludere Grgoire che, con il suo comportamento grossolano e le sue osservazioni infantili, per quanto detestabili e banali, talvolta incrinava la sua precaria compostezza di adulta. C'erano altre parti minori da recitare, nel placido dramma della mattinata. C'era una seconda cameriera, anche se, a differenza di Margurite, non viveva in casa; c'era una cuoca, che aveva una stanza da qualche parte al primo piano; e infine c'erano il garzone del macellaio,che venne a prendere un'ordinazione, e quello del droghiere, che consegn 2 cassette pesanti alla porta di servizio. Poco dopo mezzogiorno, Madame Azaire chiese a Stephen se voleva pranzare con lei e Lisette . Grgoire sarebbe rimasto a scuola, disse. Stephen accett e trascorse l'ora successiva a lavorare sui documenti che gli erano stati inviati dall'ufficio di Azaire. Madame Azaire torn poco dopo l'una ad avvertirlo che il pranzo era pronto. Erano stati apparecchiati 3 posti all'estremit del tavolo vicino alla

finestra. La stanza sembrava molto diversa dal luogo semibuio e solenne, con gli ospiti in colletto duro sotto le luci basse, che Stephen vedeva la sera a cena. Lisette indossava l'abitino bianco che la matrigna le aveva proibito di portare il giorno della visita ai giardini d'acqua, e aveva i capelli scuri legati sulla nuca con un nastro azzurro e le gambe nude. Era una ragazza attraente, pens Stephen, mentre lei lo guardava di sotto le ciglia folte; ma prese nota del suo aspetto con una totale assenza di emozioni, perch i suoi pensieri erano altrove. Madame Azaire indossava una gonna color crema con un gilet a disegni rosso cupo sopra la camicetta bianca a collo aperto. -Se vuole pu togliersi la giacca, Monsieur,-gli disse.-Lisette e io non consideriamo il pranzo un'occasione formale, vero?-Lisette rise. Stephen rispose:-Grazie. Not che Madame Azaire si sentiva protetta e incoraggiata dalla presenza di Lisette. Margurite port in tavola un piatto di carciofi.-Forse prenderemo un po' di vino,-disse Madame Azaire.-Di solito non ne beviamo, vero, Lisette? Ma forse oggi si. Margurite, ci porti una bottiglia di vino bianco, per favore. Non una di quelle che mio marito tiene da parte.-Dopo i carciofi arriv in tavola un piatto di funghi, e poi delle sogliole. Stephen vers il vino a Madame Azaire e, dietro sua insistenza, a Lisette. Non sapendo che cosa dire, Stephen domand come avevano conosciuto Monsieur e Madame Brard. A quel nome, Lisette cominci a ridacchiare e Madame Azaire le ordin di smettere, anche se sorrideva lei stessa.-Temo che Lisette sia molto scortese con Monsieur Brard. -E' cos ingiusto,-ribatt Lisette.-I suoi genitori la costringevano sempre a essere cortese con i loro amici stupidi? -Io non ho avuto i genitori,-rispose Stephen.-O meglio, non li ho conosciuti. Sono stato allevato dai nonni, e poi in un istituto, finch non mi ha fatto uscire di l un uomo che non avevo mai visto prima. Lisette arross e deglut a fatica; il viso di Madame Azaire trad un attimo d'ansia mentre diceva:-Mi dispiace, Monsieur. Lisette fa sempre troppe domande. -Non c' niente di cui scusarsi.-Stephen sorrise a Lisette.-Proprio niente. Io non me ne vergogno. Margurite serv il filetto di manzo su un piatto a disegni blu che pos davanti a Madame Azaire.-Devo portare del vino rosso?-Domand.-Ne avanzato un po' da ieri sera. -Va bene.-Madame Azaire dispose una fetta di carne al sangue su ciascuno dei piatti e Stephen riemp di nuovo i bicchieri. Dentro di s ricordava la pressione della gamba di Madame Azaire contro la sua, nei giardini d'acqua. La pelle delle braccia di lei, scoperte, era leggermente abbronzata; il gilet di foggia maschile e il collo aperto della camicetta la rendevano pi femminile del solito. -Presto dovr tornare in Inghilterra,-disse Stephen.-Ho ricevuto un telegramma che mi richiamava a Londra.-Nessuna delle 2 donne parl. L'atmosfera si era fatta pi cordiale e l'intimit pi densa. Pens ai gemiti di dolore che provenivano dalla camera da letto.-Mi dispiacer partire. -Pu sempre tornare a farci visita un'altra volta,-disse Madame Azaire. -Si, posso tornare. Rientr Margurite, con un piatto di patate. Lisette si stir sorridendo.-Oh, m' venuto sonno,-disse con aria sognante. -E' per tutto il vino che hai bevuto.-Anche Madame Azaire sorrise e l'aria parve alleggerirsi di nuovo. Conclusero il pranzo con un po' di frutta, e Margurite serv il caff in salotto. Si sedettero intorno al tavolino da gioco, dove Stephen aveva giocato la prima sera che aveva trascorso in quella casa. -Vado a fare una passeggiata in giardino,-annunci Lisette.-Pi tardi forse andr nella mia stanza a fare un pisolino. -Va bene,-rispose Madame Azaire. I passi leggeri di Lisette attraversarono la stanza e svanirono. Subito l'atmosfera cambi, e stavolta in modo irrevocabile. Madame Azaire non riusciva a sostenere lo sguardo di Stephen. Abbass gli occhi sul tavolino da gioco, trastullandosi con il cucchiaino d'argento nella tazza di porcellana finissima. Stephen si sentiva il torace stretto in una morsa; gli riusciva difficile respirare.-Prenda ancora un po' di caff.,.

-No.-Scese di nuovo il silenzio.-Mi guardi.-Lei non volle sollevare la testa. Si alz in piedi mormorando:-Vado a cucire un po' nella mia stanza, quindi.,. -Isabelle.-Le aveva afferrato il braccio. -No. La prego, no. Lui l'attir a s prendendola fra le braccia, in modo che non potesse sfuggirgli. Vide i suoi occhi vicinissimi e la baci sulla bocca, che si schiuse. Sent la lingua di lei uizzare e le mani premere sul suo dorso, poi lei si ritrasse dalla sua stretta, lacerando con quel gesto brusco la camicetta e scoprendo una sottile spallina di raso. Il corpo di Stephen fu scosso da 1 spasmo di desiderio . -Devi. Per amor di Dio, devi.-Era furioso con lei. Madame Azaire piangeva a occhi chiusi.-No, non posso, quasi non.,.Non penso che sarebbe giusto. -Stavi per dire:"Quasi non ti conosco". -No. Solo che non giusto. -Invece lo . Lo sai che giusto. E' la cosa pi giusta che possa accadere. Isabelle, io ti capisco. Credimi, ti capisco. Ti amo.-La baci di nuovo, e la bocca di lei rispose di nuovo alla sua. Assapor la dolcezza della sua saliva, poi le affond il viso nella spalla, dove si vedeva la carne. Lei si liber e corse via. Stephen si diresse alla finestra per aggrapparsi al davanzale, guardando fuori. La forza che scorreva in lui era inarrestabile. La parte della sua mente che era rimasta calma riconobbe quel dato di fatto; se era impossibile ostacolare quella forza, restava da decidere soltanto se fosse possibile darle sfogo con il consenso di lei. Nella sua stanza, Madame Azaire piangeva camminando avanti e indietro. Era soffocata dalla passione per Stephen, ma lui la spaventava. Avrebbe voluto consolarlo, ma anche farsi prendere, usare da lui. Si sentiva pervasa da correnti di eccitazione e di desiderio che ignorava, o alle quali non pensava da anni. Avrebbe voluto che Stephen portasse alla luce ci che lei aveva sepolto e umiliasse, distruggesse, l'identit che si era costruita. Era molto giovane, insicura. Desiderava il contatto con la sua pelle. Scese al pianterreno, con un passo cos lieve da non fare rumore. Lo trov affacciato alla finestra, in preda al conflitto con se stesso, e gli disse: -Vieni nella camera rossa.-Quando Stephen si volt, era gi sparita. La camera rossa Fu preso dal panico. Era certo che fosse una di quelle che aveva visto una volta sola e che non avrebbe mai saputo ritrovare; sarebbe stato come un luogo visto in sogno, che resta irraggiungibile; sarebbe rimasto per sempre fuori della sua portata. Sal le scale di corsa e la vide svoltare un angolo. Lei prosegu lungo il corridoio principale fino a un passaggio stretto, e poi ancora oltre un piccolo arco. In fondo al corridoio c'era una porta chiusa a chiave che dava sugli alloggi della servit. Poco prima, nell'ultima porta sulla sinistra, c'era una maniglia ovale di porcellana che oscillava, malferma, sul perno. La raggiunse, l'apr e vide che dava su una stanzetta con un letto in ottone e il copriletto rosso. -Isabelle.-Era in lacrime anche lui. Le prese i capelli fra le mani, guardandoli scorrere fra le dita. -Mio povero ragazzo.-Lui la baci, e stavolta la lingua di Isabelle non eluse la sua.-Dov' Lisette? -In giardino, non so. -Oh, Dio. Oh, ti prego, ti prego.-Lei cominciava a fremere e a tremare. Aveva chiuso gli occhi. Quando li riapr, riusciva a stento a respirare. Stephen cominci a strapparle gli abiti di dosso, mentre lei lo aiutava con gesti affannosi, impacciati. Il gilet le rimase impigliato nel gomito. Lui scost la camicetta per affondare il viso nella striscia di raso fra i seni. C'erano tante delizie in quello che vedeva e toccava, che pens ci sarebbero voluti anni per soffermarsi ad apprezzare, mentre lui era spinto da una fretta frenetica. Isabelle senti le sue mani su di s, sent le sue labbra sulla pelle e cap quale immagine doveva vedere Stephen, quale vergogna e sfrontatezza, ma pi si figurava la degradazione della propria falsa modestia, pi si sentiva eccitata.

Gli stringeva i capelli fra le dita, gli passava le mani sulle scapole, sul torace liscio sotto la camicia.-Su, ti prego, ti prego,-si sent sfuggire dalle labbra, anche se aveva il respiro cos affannoso che le parole erano quasi incomprensibili. Gli fece scorrere la mano sull'allacciatura dei pantaloni, sfrontatamente, come pensava che avrebbe fatto una prostituta, e lo sent rigido. Nessuno la sgrid, nessuno inorrid. Poteva fare ci che voleva. Trattenendo il fiato, Stephen smise di spogliarla e lei dovette aiutarlo ad abbassare i mutandoni di seta scoprendo quello su cui, come cap in un lampo doveva fantasticare da tempo. Serr gli occhi per la vergogna, mentre gli si mostrava, eppure non provava ancora nessun senso di colpa. Si sent rovesciare all'indietro sul letto, e prese a inarcarsi ritmicamente come se il suo corpo, indipendente dalla volont, invocasse l'attenzione di Stephen. Infine avverti un contatto, ma con un sussulto si rese conto che non era quello che aveva atteso; era la lingua, che la lambiva ardente, che saettava su di lei e dentro di lei, girando come una chiave nella serratura dischiusa fra le sue carni. Quella nuova sensazione sconvolgente la spinse a sospirare e agitarsi con lunghi movimenti ritmici, trasportata completamente dalla passione, sentendo stringersi sempre pi nel petto un nodo di tensione: una sensazione insostenibile, intollerabile, che per la faceva continuare con una forza inarrestabile. In preda a quel conflitto, scosse il capo con forza. Ud la propria voce gridare no, come da una stanza lontana, ma poi la sensazione dilag, investendola con ondate incalzanti, scorrendo nel ventre e in tutte le membra, e la sua voce sommessa, stavolta vicina, disse:-Si.-Quando riapr gli occhi, vide Stephen nudo di fronte a lei. Il suo sguardo si appunt sul membro turgido che sporgeva. Non aveva ancora fatto l'amore con lei; quella era una gioia ancora da venire. Le fu subito sopra , baciandole il viso e i seni, pizzicandole i capezzoli con le labbra. Poi la rovesci sul letto, passando le mani all'interno delle cosce, al di sopra delle calze di seta che la fretta di spogliarsi le aveva impedito di sfilare e nella fenditura fra le gambe. La copr di baci dalle reni alla curva rosea delle natiche, fin gi alle cosce, dove appoggi per un attimo la guancia. Poi ricominci dalle caviglie, baciando le ossa delicate che aveva visto in barca nei giardini d'acqua, e risalendo lungo l'interno dei polpacci. Isabelle cominci di nuovo ad ansimare.-Ti prego, amore mio, ti prego, adesso, ti prego. Non poteva pi sopportare quella provocazione. Afferr con la sinistra la parte di lui che voleva dentro di s, e lo choc di quel gesto arrest le carezze di Stephen. Dischiuse ancor pi le gambe per lui, per dargli il benvenuto, perch era l che voleva sentirlo. Avverti la carezza del lenzuolo sotto la pelle, mentre allargava le gambe e lo guidava dentro di se. Lo ud sospirare e lo vide stringere fra i denti il lenzuolo sgualcito, mordendolo. Si muoveva appena dentro di lei, come se temesse la sensazione o quello che poteva scatenare. Isabelle si abbandon, lussuriosamente, alla sensazione di essere impalata. Quella sensazione lievitava alle soglie della sua coscienza, la lambiva, la colmava di desiderio e di felicit. "Finalmente sono quello che sono" pens "sono nata per uesto". Le balenarono alla mente frammenti di desideri infantili, di impulsi pomeridiani repressi nella routine della casa dei genitori; sent finalmente stabilirsi delle connessioni tra la furia del suo desiderio e una certa attenta esplorazione di se stessa, la piccola Fourmentier. Lo sent gridare, e avverti un impulso potente; la larva che tutt'a un tratto crescesse dentro al punto che le loro carni quasi si fondevano. Lo choc e l'intimit di quello che lui aveva fatto, lasciando quel deposito di s, scatenarono in lei una risposta fremente, come la prima volta, ma pi breve, pi violenta, tanto da farle perdere per un attimo i contatti col mondo. Quando si fu ripresa abbastanza da aprire gli occhi, scopr che Stephen era rotolato accanto a lei ed era steso bocconi sul letto, con la testa inclinata di lato in una posizione goffa, quasi fosse morto. Nessuno dei 2 fiat. Rimasero immobili. Fuori si udiva il canto degli uccelli. Con un gesto incerto, quasi timido, Isabelle fece scorrere le dita sulle vertebre che gli sporgevano dalla schiena, quindi sui fianchi stretti e sulla parte alta delle cosce, con la loro soffice peluria nera .

Gli prese la mano infortunata, baciandone le nocche gonfie e contuse. Lui si gir a guardarla. Isabelle aveva i capelli in disordine, e tutte le loro sfumature di colore si mescolavano sulle sue spalle nude scendendo sui seni duri e tondi che s'innalzavano e si abbassavano al ritmo del respiro ancora affrettato. Aveva il viso e il collo soffusi di una luminosit rosea, l dove il sangue era diluito dal colore latteo della pelle giovane, con 1 spolverio di lentiggini castano e oro. La guard negli occhi, gli accarezzo i capelli, le sfioro per un attimo il viso, lei le appoggi la testa sulla spalla, Rimasero distesi a lungo in silenzio, storditi e incerti. Poi anche Isabelle comincio a pensare a quello che era accaduto. Aveva ceduto, ma non in modo passivo. Aveva desiderato fare quel dono; anzi, voleva andare oltre. Quel pensiero la sgoment per un attimo. Si vide insieme a lui in cima a una discesa della quale non riusciva a immaginare la fine.-Che cosa abbiamo fatto? Stephen si mise a sedere prendendola per le braccia.-Abbiamo fatto ci che era giusto.-La guard intensamente.-Mia cara Isabelle, questo lo devi capirlo. Lei annu senza parlare. Stephen era un ragazzo, il pi caro dei ragazzi, e ora sarebbe stato suo per sempre.-Stephen,-mormor. Era la prima volta che pronunciava il suo nome, e a lui parve bellissimo in quella lingua straniera. -isabelle.-Le sorrise e il viso di lei s'illumin di rimando. Lo tenne stretto, sorridendo, anche se le spuntarono di nuovo le lacrime agli occhi.-Sei cos bella,-disse Stephen.-Non so come far a guardarti, qui in casa. Mi tradir. Vedendoti a cena, penser a quello che abbiamo fatto, penser a te come sei adesso.-Le accarezz la pelle delle spalle, le pass il dorso della mano sulla guancia. -No, non lo farai, e io neppure. Sarai forte perch mi ami.-Lo sguardo franco di Stephen non era spaventato, pens. Mentre le accarezzava i seni, lei cominci a perdere la concentrazione. Avevano parlato appena un minuto, ma quello che avevano detto, e quello che implicava, l'avevano dissuasa dal pensare. Nel suo corpo cominci a manifestarsi una sensazione diversa, pi urgente, mentre le mani di Stephen esploravano le parti pi morbide e segrete del suo corpo. Il suo respiro ridivenne irregolare, i sospiri sommessi si fecero scabri e lei si sent scivolare ancora una volta, volontariamente, laggi in basso, dove non si vedeva la fine. Quella sera Azaire era di umore vivace. Meyraux era arrivato uasi al puntO di accettare la sua nuova offerta per i salari egli operai e, sebbene lo sciopero fra i tintori si fosse esteso, sembrava improbabile che contagiasse altri settori dell'industria. L'amico Brard, che non veniva a trovarli da oltre una settimana, aveva promesso di fare un salto con la moglie e la suocera per una partita a carte dopo cena. Azaire ordin a Margurite di andare a prendere 2 bottiglie di borgogna in cantina. Si congratul con Isabelle per il suo aspetto e chiese a Lisette che cosa aveva fatto. -Sono andata a passeggio in giardino,-rispose lei.-Sono arrivata sino in fondo, al confine con quello coi vicini, dov' tutto inselvatichito. Mi sono seduta sotto un albero e credo di essermi addormentata. Ho fatto un sogno stranissimo. -Di che si trattava?-Azaire cominci a pigiare del tabacco nella pipa. Lisette ridacchi.-Non voglio dirtelo. Sembr delusa quando lui, invece di insistere, si rivolse alla moglie.-E tu, come hai passato la giornata? Qualche altra commissione urgente in citt? -No, le solite faccende. Ho dovuto parlare con il garzone del macellaio. Hanno mandato di nuovo la carne sbagliata per le bistecche. Madame Bonnet si lamentata per tutto il lavoro che deve fare. Poi nel pomeriggio ho letto un libro. -Qualcosa di edificante, o 1 dei tuoi romanzi? -Solo una sciocchezza che ho trovato in una libreria in citt. Azaire sorrise con indulgenza, scuotendo la testa, dei gusti frivoli di sua moglie. Dal canto suo si dava per scontato che leggesse solo i grandi filosofi, spesso in lingua originale, anche se quell'arduo studio doveva avvenire in privato. Quando si metteva comodo alla luce della lampada, dopo cena, allungava invariabilmente la mano verso il giornale della sera. Isabelle alz di scatto gli occhi dal divano, dov'era alle prese con il lavoro di cucito prima di cena,

sentendo dei passi maschili che scendevano la scala. Stephen si ferm sulla soglia. Strinse appena la mano tesa di Azaire e si volse per augurare la buona sera a Isabelle. Lei respir un po' meno a fatica, vedendo la seriet del suo viso scuro e solenne. Il suo autocontrollo sembrava imperturbabile. A cena not che non le rivolgeva la parola e non la guardava neppure, se poteva evitarlo. Quando lo faceva, i suoi occhi erano tanto inespressivi che lei ebbe paura di scorgervi indifferenza, o addirittura ostilit. Margurite andava avanti e indietro con le portate e Azaire, di umore migliore del solito, progettava di andare a pesca, idea che pi tardi aveva intenzione di proporre a Brard. Potevano prendere il treno fino ad Albert, e di l sarebbe stato piacevole affittare un calesse con un cavallino e fare un picnic in 1 dei villaggi lungo l'Ancre. Grgoire si anim a quel pensiero.-Potr avere una canna tutta mia? -Non possibile.-Disse Azaire. -I miei compagni ce l'hanno. Perch io no? Isabelle osserv:-Sono certa che potremo procurartene una, Grgoire. -Lei va a pesca, Monsieur?-Domand Azaire. -Da bambino pescavo, si, usando come esca solo vermi e pezzetti di pane. Me ne stavo seduto per ore in riva a 1 stagno, nel parco di una grande casa vicino a quella dove abitavamo. Ci andavo con altri ragazzi del villaggio e stavamo l a raccontarci delle storie aspettando che i pesci abboccassero. Si diceva che nello stagno ci fosse una carpa enorme. Il padre di 1 dei ragazzi l'aveva vista, anzi l'aveva quasi catturata, o almeno cos sosteneva. Certo, in quello stagno c'erano bei pesci grossi, perch anche noi ne abbiamo preso qualcuno. Il guaio che ci ordinavano sempre di filar via, perch quel terreno era propriet privata. Isabelle ascolt con un certo stupore quel discorso, senz'altro il pi lungo che Stephen avesse rivolto a suo marito da quando era ospite in casa loro. parte la fulminea rivelazione fatta a lei e a Lisette a pranzo, era la prima volta che accennava a qualcosa di personale come la sua infanzia. Pi parlava, pi sembrava infervorarsi sull'argomento e, parlando, fissava Azaire, tanto che lui dovette aspettare che Stephen finisse per infilarsi in bocca il pezzo di carne che teneva infilzato sulla forchetta. Stephen continu:-Quando sono andato a scuola non ho avuto pi occasioni per la pesca. In ogni caso, non sono certo che ne avrei avuto la pazienza. Probabilmente attira gruppi di ragazzi che per la maggior parte del tempo si annoierebbero comunque, e preferiscono trascorrerlo insieme, in modo da poter almeno condividere le novit che scoprono sul mondo. Azaire disse:-Bene, se si unir a noi, sar il benvenuto,-e riprese a masticare. -E' molto gentile, ma penso di essermi intromesso gi abbastanza nelle escursioni della sua famiglia. -Lei deve venire,-intervenne Lisette.-A Thiepyal sono famosi per il loro t all'inglese. -Non dobbiamo decidere subito,-disse Isabelle.-Gradisce ancora un po' di vitello , Monsieur?-Si sentiva fiera di lui. Parlava francese alla perfezione, era di una cortesia raffinata e ora aveva persino rivelato qualcosa di s. Avrebbe voluto riscuoterne il credito, avrebbe voluto metterlo in mostra e crogiolarsi nell'approvazione che lui avrebbe riscosso. Prov una fitta dolorosa di perdita rendendosi conto che quella gioia le era negata. Era Azaire la sua scelta, il suo orgoglio, uomo all'ombra del quale doveva vivere. Si chiese per quanto tempo ancora sarebbe riuscita a sostenere la falsit di quella situazione. Forse quello che lei e Stephen stavano tentando, la negazione della verit su cos vasta scala, era impossibile. Seppure spaventata dal dramma della finzione, era anche eccitata dall'euforia che scatenava, e dalla consapevolezza che non era sola in quella avventura. Erano usciti dalla camera rossa alle 5 del pomeriggio e, da allora, non gli aveva pi parlato. Non aveva modo di capire che cosa gli passava per la mente. Forse era gi pentito dell'accaduto; forse aveva avuto quello che voleva e ora per lui la faccenda era conclusa. Lei, nel delirio di gioia e timore, aveva ancora delle questioni pratiche da sistemare. Doveva vestirsi e nascondere lo strappo nella camicetta, uscendo dalla camera rossa.

Doveva togliere dal letto le lenzuola e la coperta per portarle in lavanderia senza farsi vedere. Doveva controllare e ricontrollare la stanza in cerca di eventuali tracce dell'adulterio. Una volta in bagno, si era tolta i vestiti. Era risaputo che faceva il bagno 2 volte al giorno, e spesso a quell'ora, ma la camicetta non si poteva rammendare e bisognava gettarla via in segreto. Aveva le cosce appiccicaticce, nei punti in cui lo sperma che aveva sentito deporre dentro di s cos a fondo era poi defluito, macchiando i mutandoni di seta avorio che le aveva comprato sua madre in rue de Rivoli, a Parigi, per il corredo di nozze. Facendo il bagno, aveva scoperto altre tracce fra le gambe, e alla fine aveva sfregato con cura lo smalto della vasca. Il problema principale erano le coltri del letto. Margurite era particolarmente scrupolosa per quanto riguardava la biancheria di casa e sapeva quali stanze dovevano essere rifatte e quali no, anche se di solito era Madame Bonnet a svolgere quel lavoro. Forse avrebbe dovuto confidarsi con una delle 2. Decise di dare a Margurite un pomeriggio di libert, il giorno dopo, per lavare e stirare da sola le lenzuola, rimettendole a posto prima che qualcun altro entrasse nella camera rossa. Avrebbe gettato via il copriletto rosso, dicendo che se n'era stancata. Era quel tipo di gesto impulsivo che infastidiva suo marito, ma che lui trovava caratteristico. Isabelle non provava la minima repulsione per le macchie e le tracce fisiche di quel pomeriggio, neanche per le lievi chiazze del suo proprio sangue. Aveva imparato da Jeanne a non vergognarsi, e in quel segno comune vedeva la testimonianza dell'intimit che le gonfiava il cuore. Margurite and ad aprire la porta d'ingresso ai Brard. Azaire riteneva opportuno proseguire la serata in salotto, o in una delle stanze pi piccole a pianterreno, dove talvolta ordinava a Margurite di servire il caff con gelati e pasticcini, ma Brard fu di una premura pedante. -Non c' nessun bisogno di turbare questa deliziosa scenetta familiare, Azaire. Mi permetta di adagiare la mia mole su questa poltrona qui. Se piccolo Grgoire vuoI essere cosi gentile.,. Cos va bene, allora Madame Brard potr sedersi alla mia sinistra. -Sareste certamente pi comodi se.,. -E invece cos non avremo la sensazione di avervi disturbati. Zia Elise ha acconsentito ad accompagnarci a condizione che si trattasse solo di una visita di buon vicinato, non di un'occasione speciale nella quale gli ospiti devono essere intrattenuti.-Brard si sistem sulla poltrona lasciata libera da Lisette, che ottenne dalla matrigna il permesso di mettere a letto Grgoire. Lisette sfior con un bacio la guancia del padre e sgattaiol via dalla stanza. Anche se quella mattina si era compiaciuta del ruolo di adulta, c'erano momenti in cui esserebambini si dimostrava ancora conveniente. Stephen la invidi. Gli sarebbe stato abbastanza facile lasciare le 2 famiglie; anzi, forse lo avrebbero preferito, ma finch poteva guardare Isabelle, voleva restare. Non provava una particolare impazienza per la falsit della loro posizione; era fiducioso che quanto era accaduto fra loro avesse cambiato le cose in modo irrevocabile e che le condizioni sociali si sarebbero adeguate a suo tempo, in modo da riflettere quella nuova realt.-E lei, Madame, ha sentito di nuovo il pianista fantasma con la sua melodia indimenticabile?-Brard, appoggiato il gomito sul tavolo, sorreggeva con la mano destra la testa massiccia, dai folti capelligrigi che gli incorniciavano il volto arrossato e intanto guardava Isabelle. Non era una domanda seria; stava solo accordando gli strumenti dell'orchestra. -No, non sono pi passata davanti a quella casa dall'ultima volta che ci siamo visti. -Ah, desidera serbare quella melodia come un piccolo ricordo prezioso, custodito gelosamente. Capisco. Allora ha scelto un altro itinerario per la sua passeggiata pomeridiana? -No, questo pomeriggio ho letto un libro. Berard sorrise.-Un romanzo, scommetto. Com' affascinante. Per conto mio, leggo solo libri di storia. Ma ci racconti la trama. -Tratta di un giovane che proviene da una modesta famiglia di provincia e va a Parigi per diventare scrittore, ma incontra cattive compagnie.-Stephen fu colto alla sprovvista dalla loquace disinvoltura di Isabelle. La guard mentre parlava,

chiedendosi se avrebbe saputo intuire che mentiva. Nei suoi modi non c'era niente di diverso: forse un giorno gli avrebbe mentito e lui non lo avrebbe mai saputo. Forse tutte le donne dovevano avere quella capacit, per poter sopravvivere. Dall'argomento del libro di Isabelle la conversazione pass alla questione se le famiglie che vivevano in provincia potessero raggiungere a modo loro la stessa importanza di quelle che vivevano a Parigi. -Conoscete la famiglia Laurendeau?-Domand Azaire. -Oh, si,-rispose Madame Brard con vivacit,-l'abbiamo incontrata in parecchie occasioni. -Io,-dichiar solennemente Brard,-non li considero amici. Non li ho mai invitati in casa nostra e non andr in visita nella loro.-Dietro il rifiuto di Brard nei confronti dei Laurendeau si nascondeva qualcosa di misterioso ma nobile, o almeno cos lasciava intendere il suo atteggiamento. Nessuna domanda da parte degli amici gli avrebbe estorto i delicati motivi della sua presa di posizione. -Non credo che abbiano mai vissuto a Parigi,-osserv Azaire. -Parigi!-Esclam zia Elise, alzando improvvisamente lo sguardo.-Quella citt non altro che una grande casa di mode. E' questa l'unica differenza fra Parigi e la provincia.,.la gente la gi si compra degli abiti nuovi ogni settimana. Che branco di pavoni! Azaire riprese le sue personali riflessioni sull'importanza della famiglia Laurendeau.-Non ho mai incontrato personalmente Monsieur Laurendeau, ma ho sentito dire che un uomo molto distinto. Mi sorprende che lei non abbia coltivato la sua conoscenza, Brard. Brard si morse le labbra picchiettandole con l'indice, per indicare che erano sigillate. -Pap non 1 snob,-sentenzi Madame Brard. Isabelle era sempre pi silenziosa. Avrebbe voluto che Stephen incontrasse il suo sguardo, o pure con il suo comportamento le desse qualche indizio che andava tutto bene. Jeanne diceva che gli uomini pensavano in modo diverso, che una volta posseduta una donna per loro era come se non fosse accaduto nulla, e volevano soltanto passare alla successiva. Isabelle non poteva credere questo di Stephen, non dopo quello che aveva detto e fatto con lei nella camera rossa. Ma come faceva a saperlo, se lui non le dava neanche un segno, neanche un sorriso pieno di calore? Da principio il suo autocontrollo era stato rassicurante; ora la preoccupava. Obbedendo alle istruzioni del padrone di casa, lasciarono le tazzine da caff e si trasferirono in un'altra stanza per la prevista partita a carte. Nella schermaglia degli spostamenti, Isabelle cerc rassicurazione negli occhi di Stephen. Lui la guardava, ma non in faccia. Nell'atto di alzarsi dalla sedia, con il suo caratteristico movimento pieno di modestia, lei sent il suo sguardo posarlesi sulla vita e sui fianchi. Per un attimo fu di nuovo nuda. Ramment come si era mostrata a lui nell'abbandono di quel pomeriggio torrido, e com'era sembrato perversamente giusto farlo. Di colpo, in ritardo, fu sopraffatta dalla vergogna e dal senso di colpa, sentendo gli occhi di Stephen trapassarle gli abiti, e cominci ad arrossire in tutto il corpo. Il ventre e i seni divennero rossi sotto il vestito, mentre il sangue affluiva con violenza alla pelle, in segno di protesta per la sua impudicizia. Le sal al collo, al viso e alle orecchie, quasi a denunciare pubblicamente le sue azioni pi private. Col rosso ardente della pelle, levava un grido silenzioso, reclamando attenzione . Isabelle, con le lacrime agli occhi per l'intensit della vampata, si lasci cadere di schianto sulla sedia. -Stai bene?-Disse A zaire, spazientito.-Sembri molto accaldata. Isabelle si protese in avanti sul tavolo, coprendosi il volto con le mani.-Non mi sento bene. Qui dentro fa cos caldo.-Madame Brard le pass un braccio sulle spalle. -E' un problema di circolazione, non c' dubbio,-osserv Brard.-Non c' motivo di agitarsi, un disturbo molto comune. Man mano che il sangue si ritirava sotto i vestiti, Isabelle si sentiva pi forte. Il viso rimase colorito, anche se il ritmo delle pulsazioni era calato. -Penso che andr a letto, se non ti dispiace.

-Mander su Margurite ad aiutarti,-rispose Azaire. Stephen non vedeva alcuna possibilit di parlarle in privato, quindi si limit a un cortese "buona notte", mentre Madame Brard la prendeva per il gomito ai piedi delle scale e l'aiutava a fare un gradino o 2 prima di raggiungere gli altri. -E' un problema di circolazione,-ripet Brard, mescolando le carte con le dita grassocce.-Un problema di circolazione, tutto qui. Tutto qui.-Guard Azaire, e la palpebra sinistra si abbass sulla pupilla, rimanendo abbassata abbastanza a lungo da mostrare i vasi sanguigni rotti sotto la pelle e una piccola verruca, per poi tornare al suo posto nell'orbita. Azaire rispose con un sorrisetto, raccogliendo le carte. Madame Brard, che cercava gli occhiali nella borsetta, non si avvide di quel confidenziale cenno d'intesa tra maschi. Zia Elise si era ritirata nell'angolo della stanza con un libro. Al piano di sopra, Isabelle si spogli in fretta e scivol sotto le coltri del letto. Pieg le ginocchia verso lo stomaco, come faceva da bambina, in casa dei genitori, quando sentiva ululare il vento che soffiava dai vicini campi di Normandia spalancando le imposte di legno e sospirando nel sottotetto. Si predispose al sonno rievocando con la mente il quadro rassicurante di pace e di sicurezza sul quale aveva sempre fatto affidamento; conteneva una versione idealizzata della casa dei genitori, in un ambiente pastorale vagamente fantastico, nel quale l'effetto sensuale del sole e dei fiori contribuiva a far apparire superflua ogni analisi o decisione. Si era quasi abbandonata fra le braccia di quella visione, quando sent dei colpetti leggeri che dapprima sembravano parte del sogno, poi la riportarono da un mondo all'altro, diventando riconoscibili come colpi sommessi, ma urgenti, alla porta della stanza. -Avanti,-disse, con la voce che, incerta, scivolava di nuovo nella veglia. La porta si apr lentamente e alla luce fioca del pianerottolo apparve Stephen.-Che cosa fai? -Non potevo sopportare di restare gi.-Si port un dito alle labbra, sussurrando: -Dovevo vedere come stavi. Lei sorrise con ansia.-Devi andartene. Lui si guard attorno. Nella stanza c'erano le foto delle sorelle di Isabelle, le sue spazzole, 1 specchietto dorato sul tavolino da toeletta, i suoi abiti disposti sulla sedia. Si chin sul letto e insinu la mano nel soffice ammasso di coltri sotto la trapunta. Dal letto si lev un dolce profumo di rose. Prima di uscire, la baci sulle labbra, accarezzandole i capelli. Nel sentirlo uscire, Isabelle rabbrivid, temendo il rumore dei passi nel corridoio pieno di echi. Stephen prosegui in silenzio, almeno alle sue orecchie, fino al pianerottolo del primo piano, poi scese a riprendere la partita che aveva lasciato. La mattina dopo Stephen and in citt. Azaire gli aveva detto che ancora per un paio di giorni non doveva tornare in fabbrica, ma a lui riusciva difficile restare tranquillamente in casa con Lisette, Margurite e vari altri visitatori o componenti della servit che impedivano a Isabelle di restare sola o di parlargli. Vedeva la propria vita come un bosco intricato, con 2 o 3 sentieri ben tracciati in base ai quali poteva orientarsi. Regolandosi sulla loro direzione poteva rievocare i ricordi e guardare avanti con una certa lucidit. Pur essendo abbastanza diritti e riconoscibili ai suoi occhi, somigliavano a cicatrici incise nel sottobosco, e lui non desiderava affatto mostrarli ad altri . Per Isabelle provava grande gratitudine e ammirazione; nella spinta dell'emozione che sentiva per lei c'era anche un impulso a svelarsi, una tendenza naturale alla fiducia. Non temeva quella nudit, ma neanche provava piacere a quella prospettiva. Rimase in piedi in fondo alla cattedrale gelida, guardando i banchi del coro e il finestrone orientale. Il silenzio era sufficiente per consentirgli di riflettere. Si udiva il fruscio di una scopa sulle piastrelle del pavimento, mentre una donna delle pulizie lavorava lungo un lato della navata e, di tanto in tanto, il tonfo della piccola porta d'accesso, ritagliata nel portale principale, dalla quale entrava qualche visitatore. Una manciata di persone pregava all'interno. Una lapide ai suoi piedi commemorava un vescovo medievale, il cui nome non era stato ancora cancellato da secoli di

trepestio. Stephen provava pena per le angosce che avevano spinto con urgenza alla preghiera i fedeli sparsi qua e l, pur avvertendo una blanda invidia per la loro fede. L'edificio gelido e ostile offriva ben poco conforto; era un monumento su scala istituzionale. Il suo limitato successo consisteva nel conferire dignit, grazie a lapidi ed epigrafi funerarie, alla trita circostanza della morte. Grazie al monumento si perpetrava la finzione che fosse possibile salvare e isolare da tempo quel palpito di luce fra 2 eternit di tenebre, anche se nelle teste chine di coloro che pregavano si leggeva soltanto sottomissione. Tanti morti, pensava Stephen, tutti in attesa, ancora un battito di ciglia, e anche questa generazione li avrebbe raggiunti. Tra vivi e morti non c'era differenza di qualit, ma solodi tempo. Sedette su una sedia, prendendosi il viso fra le mani. Con la fantasia, vedeva crescere 1 spaventoso cumulo di morti. L'immagine nasceva dalla sua contemplazione della chiesa, ma aveva una sua nitidezza: una fila dietro l'altra, dentro alle marce profondit della terra, spalancata per accoglierli, mentre gli sforzi dei viventi, con tutto il loro lavoro, le loro guerre e i loro edifici monumentali, non erano che un battito d'ala contro il peso del tempo. S'inginocchi sul cuscino, restando immobile con la testa fra le mani. Preg istintivamente, senza sapere quel che faceva. "Salvami da quella morte. Salva Isabelle. Salva tutti noi. Salva me". Torn a casa troppo tardi per pranzare con Isabelle e Lisette, entrambe deluse, sia pure in modo diverso. Attravers la casa fresca e silenziosa, sperando di sentire le loro voci. Infine ud un rumore di passi e voltandosi vide Margurite che entrava in cucina. -Ha vistO Madame Azaire? -No, Monsieur. Non la vedo dall'ora di pranzo. Forse in giardino. -E Lisette? -Credo che sia andata in citt. Stephen cominci a ispezionare tutte le stanze del pianterreno. Lei doveva sapere che sarebbe tornato; non sarebbe uscita senza lasciargli un messaggio. Gir la maniglia di una porta che dava su 1 studiolo. Isabelle era seduta l, intenta a leggere un libro. Appena lui entr, lo depose e si alz in piedi. Stephen si avvicin, incerto se toccarla o meno. Lei pos la mano sulla sua. -Ero nella cattedrale. Ho perso la nozione del tempo. Lei lo guard.-E' tutto a posto? Va tutto bene?-La baci e lei gli si strinse addosso. Stephen le infil subito le mani sotto i vestiti. Isabelle alz la testa per guardarlo negli occhi. I suoi erano grandi e interrogativi, traboccavano di urgenza e di luminosit. Li chiuse quasi subito, lasciandosi sfuggire un lieve sospiro eccitato. Erano appoggiati alla parete della stanza e lui le aveva infilato la mano nell'allacciatura della gonna, dietro la cintura. Tast con le dita il raso, poi una curva morbida, mentre sentiva le dita di lei sull'allacciatura dei pantaloni.-Dobbiamo smettere.-Si tir indietro. -Si. Lisette uscita. Isabelle era senza fiato.-Ma Margurite.,. -La camera rossa? -S. Tu esci per primo e sali nella tua stanza. Dammi 10 minuti prima di scendere. -Va bene. Lascia che ti saluti con un bacio. La baci profondamente e lei riprese a sospirare e a strofinarsi contro di lui. -Ti prego,-mormorava.-Tiprego.-Lui non capiva se lo pregasse di smettere o di continuare. Mentre stava addossata alla parete le aveva sollevato le gonne, e ora le aveva infilato le dita fra le gambe.-Vieni da me,-sussurr lei, con l'alito caldo nellorecchio di Stephen.-Dentro di me, adesso.-Lui allontan dai pantaloni le sue dita incerte per aprirli. Era appoggiato con una spalla al legno levigato di una libreria a vetri, mentre Isabelle aveva dietro la testa un quadro in cornice che rappresentava dei fiori in un vaso di coccio. Dovette sollevarla un po', serrando le mani sulle natiche, finch non gli scivol sopra. Lei gli cinse le gambe intornO alla vita perch lui non si muovesse, per costringerlo a sostenere il suo peso. I fiori girarono di 90 gradi sul gancio, quando isabelle li urt con la spalla. Riapr gli occhi, sorridendogli.-Ti amo.

Gli copri il viso di baci, tenendolo prigioniero col suo peso. Poi pos di nuovo i piedi a terra e gentilmente lo stacc da s. Il membro era rigido e gonfio di sangue. Lei vi pass la mano, su e gi, finch stephen cominci ad ansimare e si sent cedere le ginocchia, poi prese a iaculare sul pavimento e contro il vestito di lei, che riusc ad accogliere in bocca solo gli ultimi 3 o 4 spasmi. Pareva che lo facesse per istinto, quasi per un senso di pulizia, non perch fosse un gesto che conosceva o aveva gi praticato.-La camera rossa,-gli disse. -Fra 10 minuti.-I suoi abiti erano ricaduti a posto e lei sembrava ignara delle tracce sul davanti del vestito. Stephen la guard uscire dalla stanza con l'andatura di sempre, un modesto ondeggiare sotto la gonna. Si sentiva a disagio , seminudo com'era; aveva quasi l'impressione che lei lo avesse trattato come un ragazzino, stuzzicandolo, anche se quella sensazione non gli dispiaceva. Rimise in ordine i pantaloni e la camicia e pul col fazzoletto il parquet lucido. Per qualche minuto passeggi in giardino, tentando di calmarsi, poi, seguendo le istruzioni di Isabelle, sal nella sua stanza. Guard la lancetta dei minuti spostarsi sull'orologio da tasca. Calcolando 3 minuti per il giardino, ne restavano solo 7 da sopportare. Quando giunse il momento, si tolse le scarpe per scendere fino al primo piano senza far rumore. Lungo il corridoio principale fino a un passaggio stretto, poi ancora avanti e oltre un piccolo arco.,. ricordava la strada. Dentro, Isabelle lo aspettava. Indossava una veste da camera a disegni orientali in verde e rosso. Gli disse:-Ho avuto tanta paura. Sedette accanto a lei sul letto a strisce.-Che cosa vuoi dire? Lei gli prese la mano fra le sue.-Ieri sera, quando non volevi guardarmi, ho avuto paura che avessi cambiato idea. -Sul tuo conto? -Si. Si sent rassicurato dall'ansia di Isabelle. Gli sembrava ancora improbabile che potesse davvero desiderarlo tanto. Prese fra le mani i suoi capelli, con tutti i loro colori. Si sentiva grato anche a loro.-Dopo tutto quello che abbiamo detto e fatto, come potevi dubitare? -Tu non volevi guardarmi. Ero spaventata. -Che cosa avrei potuto dire? Avrei tradito tutti e 2. -Devi sorridere o annuire, quello che vuoi. Promettilo.-Aveva cominciato a baciarlo sul viso.-Escogiteremo un segnale. Me lo prometti, non vero? -Si, te lo prometto. Si lasci spogliare da lei, restando fermo, passivo mentre lei gli toglieva i vestiti e li ripiegava sulla sedia. Si fece forza per sopportare l'esibizione della sua intensa eccitazione, e lei finse di non farci caso.-Ora tocca a me,-le disse, ma c'era soltanto la vestaglia di seta da togliere, e poi la bellezza della pelle di Isabelle. Appoggi la guancia sul candore del suo petto e la baci sulla gola, dove aveva visto il rossore dello sforzo fisico, quella volta in giardino. La pelle era giovane, intatta e quasi bianca, con una trama di piccoli nei e lentiggini che lui tent di assaggiare con la punta della lingua. Poi la depose gentilmente sul letto e affond il viso nella fragranza dei suoi capelli, coprendosene il capo. Subito dopo la fece alzare di nuovo in piedi, percorrendo lentamente il suo corpo con le mani e la lingua; lasci scorrere solo per un attimo le dita fra le sue gambe e la sent irrigidirsi. Alla fine, quando ebbe accarezzato ogni lembo della sua pelle, la fece voltare e piegare in avanti sul letto, allargandole ancora un po' le caviglie con la pressione di un piede. Dopo aver fatto l'amore si addormentarono, Isabelle sotto una coperta, con il braccio piegato sul corpo di Stephen, lui scoperto, supino, di traverso sul materasso. Lei non aveva ancora avuto il tempo di lavare e rimettere a posto le lenzuola. Appena sveglio, pos subito la testa sui capelli di Isabelle, sparsi sopra il letto, e aspir il profumo della sua pelle affondandole il viso nel collo e fiutando la linea morbida della mascella. Lei sorrise al tocco della sua pelle e apr gli occhi. Le disse:-Scendendo le scale ero convinto che non sarei riuscito a ritrovare questa stanza. Pensavo che non fosse qui.

-Non si muover. Rester sempre qui. -Dimmi, Isabelle. Tuo marito.,. Una notte ho sentito dei rumori dalla vostra stanza come se.,.ti picchiasse. Isabelle si mise a sedere, tirandosi addosso una coperta. Assent.-Qualche volta lui.,.si sente frustrato. -Che cosa vuoi dire? Gli occhi di lei si riempirono di lacrime.-Volevamo dei figli, ma non accadeva niente. Ho cominciato a temere ogni mese.,.capisci.-Lui annu.-Il sangue per lui era come una sconfitta. Diceva che era colpa mia. Io tentavo, per lui, ma non sapevo cosa fare. Era cos brusco, non era crudele con me, ma voleva solo mettermi incinta in fretta. Non era come con te.-Isabelle si mostr improvvisamente timida. Accennare a quello che avevano fatto sembrava pi vergognoso che farlo.-Alla fine cominci a dubitare di se stesso, credo Da principio era sicuro che non dipendesse da lui, perch aveva gi 2 figli. Poi non ne stato pi tanto sicuro. Sembrava che fosse diventato geloso di me perch ero giovane. "Tu sei cos sana, naturalmente" ripeteva sempre. "Sei appena una bambina." E cose del genere. Non c'era niente che potessi fare. Ho sempre fatto l'amore con lui, anche se non mi piaceva. Non lo criticavo mai. Sembrava che fosse lui ad alimentare questo disgusto per se stesso che lo costringe a parlarmi in tono sarcastico. Forse te ne sei accorto. Ha cominciato a criticarmi di continuo quando c'erano ospiti. Penso che per qualche motivo si sentisse in colpa per avermi sposato. -In colpa? -Forse verso la prima moglie, o forse perch sentiva di avermi sposato con l'inganno. -Perch ti ha portato via a qualcuno della tua et?-Isabelle annu senza parlare. -E poi? -Alla fine le cose andarono cos male che non riusc pi a fare l'amore con me. Diceva che lo castravo. Naturalmente questo lo faceva sentire sempre peggio. Cos tentava di eccitarsi facendo.,.cose strane. -Che cosa? -Non.,.non come le cose che tu e io.,.-Isabelle s'interruppe, confusa. -Ti picchiava? -Si. All'inizio era per tentare di eccitarsi. Non so per uale motivo questo avrebbe dovuto aiutarlo. Poi penso che fosse solo per la frustrazione e la vergogna. Ma quando protestavo, diceva che faceva parte dell'atto d'amore e che dovevo sottomettermi se volevo essere una buona moglie e avere dei bambini. -Ti picchia molto forte? -No, non molto. Mi schiaffeggia in faccia e mi sculaccia. A volte prende una pantofola e finge che io sia una bambina. Una volta voleva colpirmi con un bastone, ma gliel'ho impedito. -E ti ha fatto del male? -No. Ogni tanto ho un livido, o un segno rosso. Non per il male fisico che mi dispiace, per l'umiliazione. Mi fa sentire un animale. E mi sento in pena per lui perch si umilia. E' cos infuriato e pieno di vergogna. -Da quanto tempo non fate all'amore?-Stephen sent la prima fitta di gelosia interessata offuscare la sua compassione. -Quasi un anno. E' assurdo che finga ancora di venire nella mia stanza per questo. Sappiamo tutti e 2 che ormai viene solo per picchiarmi o per farmi del male. Eppure facciamo finta. Stephen non era sorpreso da quello che Isabelle gli aveva detto, anche se era indignato al pensiero che Azaire le facesse del male.-Devi impedirglielo. Devi mettere fine a tutto questo. Devi dirgli di non venire pi in camera tua. -Ma ho paura di quello che potrebbe succedere, di quello che lui potrebbe dire. Racconterebbe a tutti che sono stata una cattiva moglie, che non voglio dormire con lui. Penso che racconti gi delle storie su di me ai suoi amici. Stephen pens alle occhiate segrete di Brard. Prese la mano di Isabelle e la baci, poi la tenne accostata al viso.-Penser io a te,-le disse. -Mio caro ragazzo, sei cos strano. -Strano?

-Cos serio, cos.,.distaccato. E le cose che mi fai fare. -Ti faccio fare qualcosa? -No, non in quel senso. Voglio dire, sono io che le faccio spontaneamente, ma solo per causa tua. Non so se queste cose sono giuste, se sono.,.lecite. -Come al piano di sotto? -S. Lo so, certo che lo so, sono infedele, ma quelle cose.,. Non le ho mai fatte prima. Non so se sono normali, se le fanno anche gli altri. Dimmelo tu. -Non lo so. -Devi saperlo. Tu sei un uomo, hai conosciuto altre donne. Mia sorella Jeanne mi ha parlato dell'atto d'amore, ma non sapevo altro. Tu devi saperne di pi. Stephen era a disagio.-Ho conosciuto solo 2 o 3 altre donne, ma con loro stato molto diverso. Penso che quello che facciamo contenga in s la sua spiegazione. -Non capisco. -Io neppure. Ma so che non devi vergognarti.-Isabelle annui, anche se il suo viso tradiva l'insoddisfazione per la risposta di Stephen.-E ti vergogni?-Le domand.-Ti senti in colpa? Isabelle scosse la testa.-Penso che forse dovrei sentirmi in colpa, ma non cos. -E ti preoccupi per questo? Ti preoccupi di aver perso qualcosa, di aver perso la capacit di vergognarti, il contatto con i valori o con l'educazione che avrebbe dovuto farti sentire in colpa? -No. Sento che quello che ho fatto, quello che facciamo, giusto sotto un certo punto di vista, anche se di sicuro non quello della Chiesa cattolica. -E credi che esistano altri modi in cui qualcosa giusto o sbagliato? Isabelle parve perplessa, ma lucida.-Penso di s. Non so quali siano. Non so se sar mai possibile darne una spiegazione. Certamente non sono scritti nei libri. Ma ormai sono andata troppo avanti e non posso pi tornare indietro. Stephen l'abbracci e la strinse forte. Si stese sul letto appoggiandogli la testa sul petto. Sent il corpo di lei afflosciarsi mentre i muscoli si rilassavano nel sonno. Dal giardino arrivava fino a lui il tubare delle tortore. Avvert il battito del proprio cuore contro la spalla di Isabelle. Dal suo collo profumato emanava un lieve aroma di rose. Pos la mano sulla curva della gabbia toracica. I suoi nervi erano sopiti dall'appagamento sensuale del momento, che precludeva ogni pensiero. Chiuse gli occhi e si addorment, in pace. Ren Azaire non sospettava nulla di quello che accadeva in casa sua. Aveva lasciato che i suoi sentimenti per Isabelle fossero dominati dall'ira e dalla frustrazione per la propria impotenza fisica e da quella che in seguito aveva avvertito come una sorta di impotenza emotiva nei suoi confronti. Non l'amava, ma esigeva da lei una maggiore partecipazione. Si accorgeva che lo compativa, e questo lo mandava ancor pi in collera; se non poteva amarlo, almeno doveva temerlo. Alla base di questo sentimento, come Isabelle aveva intuito, c'era un senso di colpa. Ricordava il piacere che aveva provato a essere il primo uomo che invadeva quel corpo, tanto pi giovane del suo, e non poteva negare l'emozione che lo aveva scosso quando lei aveva gridato di dolore. Ricordava il suo sguardo perplesso quando aveva alzato gli occhi su di lui. Intuiva che Isabelle, pi della sua prima moglie aveva la capacit di partecipare all'atto fisico, ma quando le vedeva sul viso quell'espressione perplessa provava l'impulso di domarla, anzich di conquistarla con la pazienza. In quel tempo Isabelle, bench troppo volitiva per i gusti del padre, era ancora abbastanza docile e innocente da lasciarsi conquistare da un uomo che le dimostrasse considerazione e amore, ma questi sentimenti non riuscivano naturali ad Azaire. Gli appetiti fisici ed emotivi di Isabelle erano stati risvegliati e poi lasciati in sospeso, mentre il marito dissipava le proprie energie in una lunga e inutile battaglia contro le proprie deficienze. Frattanto, non aveva motivo di diffidare di Stephen. Era chiaro che l'inglese aveva una buona esperienza di industria tessile, per essere cos giovane, e si comportava bene con Meyraux e gli operai. Non poteva dire che Stephen gli piacesse; se si fosse domandato perch, avrebbe detto che in lui c'era una certa freddezza, un distacco. In effetti erano le stesse caratteristiche che Azaire detestava in se

stesso, anche se in Stephen si manifestavano in modo diverso. Comunque, Stephen appariva trOppo riservato e controllato per essere il tipo d'uomo che andava a caccia di gonnelle. Nell'immaginazione di Azaire, uomini del genere si mettevano sempre in mostra con discorsi galanti; erano attraenti e molto pi spiritosi di lui e incantavano le donne con i loro modi sfacciati e seducenti. Secondo lui Brard, per esempio, era stato senza dubbio un donnaiolo, da giovane. La tranquilla cortesia di Stephen non era minacciosa e, bench sembrasse pi vecchio della sua et, dopo tutto era ancora un ragazzo. I suoi abiti inglesi gli donavano e aveva una bella capigliatura, ma non era quello che Azaire avrebbe definito un uomo attraente. Era un pensionante, un ospite pagante, un gradino pi su di Margurite nella scala di valori di Azaire, ma non certo un componente della casa a tutti gli effetti. In ogni modo, Azaire era preoccupato per la filanda. Tra il frastuono dei macchinari e irritazione per le scartoffie e le decisioni da prendere, pensava solo di rado alla casa, ai figli o a Isabelle. Una settimana dopo i disordini in fabbrica, disse a Stephen che poteva tranquillamente tornare al lavoro, anche se non doveva partecipare a nessuna riunione indetta da Meyraux. Il rischio di 1 sciopero sembrava diminuito; il piccolo Lucien, si compiaceva di notare Azaire, non riusciva a infiammare l'animo degli operai. Rest sorpreso quando Stephen rispose che avrebbe aspettato ancora un paio di giorni; Azaire pensava che il giovane dovesse annoiarsi a restare in casa con la sola compagnia di Isabelle e Lisette. Comunque accett di rinviare il ritorno fino all'inizio della settimana seguente. Il telegramma di Stephen a Londra aveva avuto come risposta una lettera del suo datore di lavoro. Poteva trattenersi sino alla fine del mese, ma poi avrebbe dovuto consegnare un rapporto scritto a Leadenhall Street. Stephen si sent soddisfatto di essere riuscito a strappare altre 3 settimane, e rispose con un telegramma rassicurante. A Isabelle non rivel la data della sua partenza; sembrava abbastanza distante da non indurlo a preoccuparsi, e le giornate erano cos intense che la sua vita sembrava cambiare di continuo. Con il fine settimana giunse il momento della spedizione di pesca sull'Ancre. I Brard non potevano accompagnarli perch zia Elise si era ammalata, cos furono solo gli Azaire, insieme a Margurite e Stephen, a prendere il treno per Albert. La stazione era preceduta da un vasto piazzale lastricato, con un'arcata centrale in vetro che culminava nella torre dell'orologio. Si diceva che prefigurasse l'opera di Haussmann a Parigi; mentre il resto di Amiens imitava consapevolmente la capitale, la popolazione era fiera che almeno la stazione si fosse mostrata all'avanguardia. Le vetture di iazza aspettavano in fila sulla destra dell'enorme atrio con la cupola di vetro, mentre una fila di carretti a mano era parcheggiata sotto 2 lampioni a gas piantati nell'acciottolato. A sinistra dell'ingresso, un giardinetto con 3 aiuole erbose di forma ovale, disposte in varie angolazioni, guastava l'effetto simmetrico che avrebbe dovuto accogliere i passeggeri in arrivo dalla strada. La biglietteria era affollata di famiglie che si accingevano a fare escursioni in campagna. Carrelli dalle ruote sferraglianti venivano sospinti avanti e indietro lungo il binario da venditori che offrivano vino e panini imbottiti di formaggio o salsiccia. Quando arrivarono gli Azaire, le vetrate del grande ristorante erano gi appannate dal vapore della cucina, dove bolliva la zuppa per il pranzo. Si sparse nell'aria un lieve aroma di crescione e acetosella quando le porte basculanti si aprirono, mostrando camerieri in panciotto nero e lungo grembiule bianco che all'andata portavano vassoi di caff e cognac ai tavolini sul davanti e al ritorno lanciavano ordinazioni in direzione del bar. All'estremit pi lontana dalla cucina c'era una cassa imponente, alla quale sedeva una donna dai capelli grigi che faceva scrupolose annotazioni su un registro con una penna dalla punta d'acciaio. 2 locomotive sbuffavano sui binari lucenti, con i tender carichi alle spalle. Il nero del carbone e le facce fuligginose del macchinista e del fuochista alludevano ai prodigi dell'ingegneria e dell'attivit industriale che avevano consentito di prolungare i binari a ovest fino a Parigi e a nord fino alla costa , in contrasto con i fianchi lucenti delle carrozze dipinte e il vivace campionario di tessuti locali indosso alle donne e ai bambini che affollavano i

marciapiedi di vestiti color pastello, con parasole in tinta. Si dovette strappare di peso Grgoire all'estatica ammirazione dell'espresso per Parigi, per condurlo al binario dove attendeva il trenino che li avrebbe portati sulla diramazione per Albert e Bapaume. Seduti sulla felpa calda dei sedili del treno, guardarono il centro cittadino allontanarsi lentamente alle loro spalle. La guglia della cattedrale scomparve quando il treno punt a est verso Longueau, dove super sussultando gli scambi prima di trovare la direzione giusta, verso nord-ovest, e di acquistare velocit, mentre il sibilo asmatico del vapore veniva sostituito pian piano dal clangore monotono che producevano le ruote sui binari. Lisette era seduta con le mani in grembo vicino alla matrigna, al centro di un sedile, con Grgoire dall'altra parte e Azaire, affiancato da Stephen e Margurite, di fronte. -Allora prender lei il pesce pi grosso?-Domand a Stephen piegando la testa di lato. -Non credo proprio. Immagino che ci voglia una lunga esperienza sul campo. I pesci francesi sono pi astuti di quelli inglesi.-Lisette ridacchi.-Comunque non importa la misura del pesce. Il divertimento sta nel catturarlo. -Io prender il pi grosso,-esclam Grgoire.-Aspetta e vedrai. -Scommetto che non ne prenderai 1 pi grosso di Stephen,-ribatt Lisette. -Chi?-Disse Azaire. -Vorrai dire Monsieur Wraysford, Lisette,-disse Isabelle in tono affettato, con la voce lievemente incrinata dalla propria ipocrisia. Lisette guard la matrigna con occhi calmi e stupiti.-Davvero? Oh, si, immagino di si.-Isabelle sent il suo cuore fremere e accelerare i battiti. Non osava incontrare lo sguardo di Stephen; del resto, se ci avesse provato non sarebbe riuscita a incrociarlo, dato che lui sentendo pronunciare il suo nome aveva presagito subito qualche motivo d'imbarazzo e aveva rivolto lo sguardo al paesaggio di verdi pianure che i finestrini del treno inquadravano nella loro cornice rettangolare. N Azaire n Grgoire diedero importanza al lapsus di Lisette, e Isabelle s'imbarc in un incalzante e insistente interrogatorio a Margurite, chiedendole se avesse portato dei vestiti di ricambio, nel caso i bambini volessero fare una nuotata nel fiume.-Comunque,-riprese Lisette rivolta a Grgoire,-nessuno sarebbe disposto a mangiare un pesce preso da te, non vero, Ste.,. Monsieur? -Cosa? Perch no? Immagino che tu sia un abile pescatore, non vero, Grgoire? E' una bella canna nuova quella che hai. Lisette guard infuriata il fratello che sembrava averle sottratto l'attenzione di Stephen, e non disse una parola per il resto del tragitto. Un secondo treno li port da Albert ancora oltre, lungo la piccola linea di campagna che costeggiava l'Ancre, superando i villaggi di Mesnil e Hamel fino a raggiungere la stazione di Beaumont. Il sole apparve dietro i banchi di nuvole alte, su una collina boscosa, accendendo il verde della vallata. Fra la linea ferroviaria e il corso d'acqua si stendevano pascoli e vasti tratti di terreno incolto. Imboccando un sentiero in discesa, superarono un cancello nello steccato che sorgeva a una ventina di metri dal fiume. Scorsero altri pescatori sulla riva opposta: uomini solitari e qualche ragazzo, appollaiati su sgabelli o seduti su delle casse con i piedi nell'acqua. In certi punti l'Ancre non era largo pi di un tiro di sasso, mentre in altri era ampio e abbastanza proibitivo perch solo un provetto nuotatore prendesse in considerazione l'idea di attraversarlo. Nei tratti in cui si allargava si notava appena un'increspatura della superficie che lambiva le sponde, orlate di giunchi e ceppi marcescenti, rimasti impigliati nella vegetazione; nei punti pi stretti l'acqua di tanto in tanto appariva bianca, quando una piccola corrente sfiorava la superficie facendola spumeggiare . Azaire s'install su 1 sgabello di tela e accese la pipa. Era deluso che i Brard non avessero potuto accompagnarli; la conversazione non era mai tanto piacevole come quando c'era Brard a far emergere il meglio di lui. In quei giorni non aveva granch da dire a Isabelle, e i figli lo annoiavano. Mise l'esca alla lenza e la lanci in acqua. Con o senza brard, non era un brutto modo di trascorrere una giornata estiva, in riva a un fiume in una campagna

deliziosa, il gracchiare delle cornacchie sugli alberi e la placida ondulazione del bassopiano tutt'intorno. Stephen aiut Grgoire a innescare la lenza della canna nuova, poi si sedette ai piedi di un albero. Lisette rimase in piedi a osservarlo, mentre Isabelle e Margurite stendevano un tappeto all'ombra. All'una non avevano preso ancora niente. La superficie del fiume non era stata increspata da pesci di alcun genere, anche se di lontano scorgevano la sagoma di un bambino, appostato pi avanti sulla riva opposta, al quale bastava sfiorare il pelo dell'acqua con il galleggiante fatto in casa, che subito la lenza guizzava con una grossa creatura lucente all'estremit. Tornarono a piedi alla stazione e noleggiarono un calesse con un pony per risalire la collina fino al villaggio di Auchonvillers, ove Brard gli aveva raccomandato un ristorante passabile. Lui non c'era stato di persona, ma gli avevano assicurato che nel distretto era rinomato. Prima di entrare, Azaire si sistem la cravatta e Isabelle ispezion in fretta i ragazzi per controllare che fossero presentabili. Auchonvillers era un villaggio squallido, che consisteva in una sola via principale, pi alcuni viottOli e strade secondarie, la maggior parte delle quali portava alle varie fattorie o alle loro rimesse. Il ristorante era pi esattamente un caff, anche se la sala da pranzo era affollata di famiglie del posto che pranzavano. Dovettero attendere all'ingresso prima che una giovane donna li accompagnasse a un tavolo. Finalmente presero posto e Isabelle sorrise con aria incoraggiante a Grgoire, imbronciato per la fame. -Se non altro i clienti sembrano vestiti in modo decente,-osserv Azaire, esaminando la sala. Margurite era nervosa perch sedeva a tavola con i padroni; quando la cameriera torn, non riuscendo a decidere che cosa voleva mangiare, preg Isabelle di scegliere per lei. Azaire si vers del vino e, dopo le sue stizzite insistenze, ne vers anche a Lisette. Stephen guard Isabelle, dalla parte opposta del tavolo. 6 giorni prima era Madame Azaire, oggetto lontano e rispettato della sua passione. Adesso era unita a lui, nella carne e nei sentimenti. Il collo alto del vestito, con la pietra rossa opaca appuntata sul colletto, non era mutato, e neppure l'acconciatura severa e gli occhi mai fermi in ossequio alle convenienze, ma sempre con quel puntolino di luce al centro che sembrava parlargli della sua vita segreta. in modo cos lampante che a volte lui si stupiva che gli altri non riuscissero a leggere la sua infedelt al primo sguardo. La guardava parlare a Grgoire o rassicurare Margurite, e avrebbe voluto essere solo con lei, non per fare l'amore, ma per parlare con una versione di lei pi autentica. Quando gli parve prudente, cerc il suo sguardo con gli occhi e chin la testa in un gesto affermativo cos fugace che solo Isabelle avrebbe potuto vederlo e, dal raddolcirsi infinitesimale della sua espressione, cap che lo aveva visto. Ormai Stephen sapeva che non sarebbe tornato in Inghilterra. C'era stata la possibilit, ora poteva ammetterlo, che il suo sentimento per Isabelle fosse svuotato o attenuato da quello che facevano nella camera rossa. Ma a quel punto era chiaro che non si trattava di un'appetito che si poteva esaurire o soddisfare. Si moltiplicava, si modificava e si estendeva e cambiava forma e penetrava in aree del pensiero e del sentimento lontanissime dall'atto fisico in s. Per lui era diventato pi importante della necessit di mantenersi o della carriera o del dovere verso i propri datori di lavoro. Ormai era dominato da quel sentimento; non avrebbe avuto pace finch non ne avesse toccato il fondo. Altrettanto decisiva della tenerezza che provava per Isabelle, era una curiosit divorante. Bench la sua mente funzionasse lucidamente e non avesse mai incontrato difficolt a sbrigare i compiti assegnatigli da insegnanti o datori di lavoro, Stephen non aveva mai acquisito l'abitudine all'autoanalisi. La sua fiducia in se stesso non era condizionata dal giudizio razionale; si lasciava guidare pi che altro dall'istinto, contando solo sull'aiuto di una certa sua giudiziosa prudenza. Guardando Isabelle, capiva inoltre che il sentimento che provava per lei era di quelli che si vivono di rado, e quindi si sentiva in dovere di assecondarlo. La trota dal gusto marcato e metallico fu seguita da 1 stufato acquoso, che riuscirono a consumare solocon l'aiuto di grandi quantit di pane. Isabelle, intenta a far mangiare Grgoire, si mostrava serena quando si voltava periodicamente a osservare il resto della tavola. Stephen intui che era la

deliberata distruzione delle basi del suo ruolo familiare a consentirle di riassumerlo con tanto apparente compiacimento. Nessuna malignit del marito, nessuna insinuazione di Lisette o inutile capriccio di Grgoire potevano ormai scalfire il suo affascinante equilibrio. Dopo pranzo, tornarono in riva al fiume . Azaire riprese posto sul suo sgabello e Grgoire su un piccolo tronco che aveva scovato in riva all'acqua. Stephen s'incammin lungo la sponda in direzione di Beaucourt. Il vasto cielo che sovrastava le ondulazioni della campagna si era ormai schiarito e risuonava del canto delle allodole, che a Stephen dava brividi di fastidio. Sedette ai piedi di un albero e cominci oziosamente a preparare la lenza per la canna che Azaire gli aveva prestato. Sent una mano sfiorargli la spalla e un'altra che gli copriva gli occhi. Trasal, ma poi si rilass alla gentilezza di quel contatto. Accarezz le dita posate sulla sua spalla; erano affusolate e femminili. Afferrata la mano, si volt: era Lisette, che lanci un lieve grido di trionfo. -Non credeva che fossi io, vero?-I suoi occhi avevano gi tradito la sorpresa, -Si aspettava un'altra persona, eh?-Lisette aveva 1 sguardo civettuolo ma deciso . -Non aspettavo nessuno. Lisette gli gir intorno, con le mani allacciate dietro la schiena. Portava un vestito bianco e aveva i capelli legati indietro con un nastro rosa.-Vede, Monsieur Stephen, io so tutto di lei e della mia matrigna. -Che cosa vuoi dire? Lisette scoppi a ridere. Stephen ramment il vino che aveva bevuto a pranzo. Con voce bassa e roca lei disse:-"Mia cara Isabelle"-poi sospir e ansim, come in preda alla nostalgia o al desiderio, prima di scoppiare di nuovo a ridere. Stephen scroll la testa e sorrise, fingendo di non capire.-Quel giorno, dopo pranzo, sono andata in giardino e mi sono addormentata su una panca. Appena sveglia, sono tornata verso casa. Quando sono arrivata mi sentivo ancora un po' stordita, cos mi sono seduta in terrazza e ho sentito dei suoni provenire da una finestra aperta al primo piano. Erano molto sommessi, ma erano suoni curiosi . Lisette riprese a ridere.-E quella sera dopo cena ho sentito qualcuno camminare quatto quatto nel corridoio fino alla sua stanza e poi ridiscendere le scale in punta di piedi.-Guard Stephen, piegando la testa di lato.-Ebbene? -Ebbene cosa? -Che ne dice? -Penso che tu sia una ragazza dotata di grande immaginazione. -Si, questo certo. Ho immaginato tutte le cose che avete fatto e penso che mi piacerebbe provarle.-Stephen rise, sinceramente divertito.-Non c' niente da ridere. Lei non vorr che mio padre sappia quello che ho sentito. -Sei una bambina,-disse Stephen, accorgendosi di cominciare a sudare. -Niente affatto, ho quasi 17 anni. Sono pi vicina io alla sua et di lei. -Non ti piace Isabelle? Lisette parve colta alla sprovvista.-No. Voglio dire, si, mi piaceva. -E' stata gentile con te.-Lisette annu.-Pensaci. -Lo far. Ma lei non avrebbe dovuto prendermi in giro. -Non avrei dovuto fare cosa? -Quando mi ha dato quella scultura, ho pensato.,. Sa, lei ha davvero l'et giusta per me. Perch non avrei dovuto desiderarla per me? Stephen cominciava a capire che Lisette non era una bambina che combinava guai per il gusto di farlo, ma una persona i cui sentimenti erano stati feriti. C'era del vero in quello che diceva.-Mi spiace per la scultura. Eri seduta accanto a me. Se fosse stato Grgoire, l'avrei data a lui. Non le attribuivo nessun significato. Anzi, pi tardi ne ho intagliata una per tuo fratello. -Allora non significava proprio nulla? -Temo di no. Lisette gli pos la mano sul braccio.-Stephen, non sono una bambina, anche se mi trattano come se lo fossi. Sono una donna.,.o almeno, quasi una donna. Il mio corpo quello di una donna, non di una bambina.-Lui annu.

Pens che restando calmo poteva placarla.-Capisco. E' difficile per te, specie senza una madre. -Che ne sa lei di mia madre? -Non andare in collera, Lisette. Anch'io sono senza madre e senza padre. Lo so bene, lo capisco davvero. -E va bene, forse vero. Ma intendevo sul serio quello che ho detto. Voglio che faccia le stesse cose con me. -Non posso farlo, Lisette. Tu lo sai bene. Sii giusta con me. Sii giusta con te stessa. -E' perch non sono abbastanza carina? Non sono graziosa come lei?-Lui la guard. Arrossata dal vino e dall'agitazione, era attraente. Aveva occhi scuri e infossati dalle ciglia folte, capelli ruvidi e vita sottile.-Si, sei graziosa. -Mi tocchi, allora, mi tocchi come tocca lei. Si aggrapp al suo braccio con tutt'e 2 le mani e Stephen si accorse di quanto il vino le avesse fatto effetto; i suoi occhi non riuscivano a metterlo a fuoco, da cos vicino. Lei gli prese la mano, passandosela fra i seni. Suo malgrado, Stephen prov il riflesso istintivo del desiderio.-Lisette, tutto uesto sciocco. I tuoi genitori sono poco oltre la curva del fiume, Io non intendo permetterti di provocarmi o di umiliare te stessa, Quello che posso fare, se vuoi, baciarti, appena appena, se mi prometti che te ne andrai e non dirai mai una parola su tutto questo. -No. -Che vuol dire, "no"? -Voglio dire che deve toccarmi.-Gli prese di nuovo la mano e se la pass sui seni, poi la guid verso la cintola. Qualcosa nella perversit di quella situazione aveva cominciato a eccitarlo, e non ritir subito la mano, quando lei la pos sull'alto della coscia, sotto la gonna sollevata. Poi la fece scivolare nei mutandoni, dove lui sfior la peluria fine e la carne umida e dischiusa. La ritir di scatto perch avrebbe voluto lasciarla dov'era e cap che, se lo avesse fatto, sarebbe stato l'inizio di una storia ancor pi terribile e disperata di quella che aveva iniziato. Lisette era rimasta impietrita da quel contatto; sembrava che l'avesse fatta rinsavire di colpo, spaventandola. Fece per allontanarsi, ma lui la trattenne per il polso. Guardandola intensamente negli occhi, le disse: -Ora capisci. E' un gioco che non devi cominciare mai. E non dirai mai, mai una parola su quello di cui parlavi prima, n a tuo padre n a chiunque altro. Lisette annu.-No, lo prometto. Ora voglio andarmene. Voglio tornare a casa.-Si era dimenticata del t all'inglese di Stephen. Per una settimana ancora Isabelle e Stephen continuarono la loro strana esistenza in boulevard du Cange, celebrando i riti quotidiani del comportamento normale anche se la loro mente era altrove. Ciascuno dei 2 notava, con ammirazione e una punta di diffidenza, con quanta facilit l'altro riuscisse a fingere. Stephen scopr che la componentedi aura non faceva che accentuare l'intensit dei loro amplessi frettolosi e clandestini. Facevano l'amore dove potevano: nella camera rossa, nei salotti temporaneamente deserti, sull'argine erboso in fondo al giardino. L'urgenza imposta dai limiti di tempo cancellava ogni inibizione. Non si dava il tempo di riflettere: la sua mente era sconvolta dalla passione. Era capace ormai di un solo desiderio o pensiero, che tutto continuasse cos. La calma del suo comportamento esteriore era dettata da quell'imperativo. Isabelle era sconcertata dal potere della vita fisica sbocciata improvvisamente in lei, e scopriva altrettanta eccitazione nei loro incontri fugaci e rischiosi. Ma le mancava l'intimit della conversazione di quella prima volta nella camera rossa; le sembrava un atto delicato di intimit pari a qualsiasi altro contatto fisico avessero sperimentato fino a quel momento . Un giorno, dopo una sommessa consultazione nell'atrio, Stephen riusc a tornare in anticipo dalla filanda mentre Isabelle aveva allontanato di casa Margurite e Lisette per tutto il pomeriggio. La trov che lo aspettava gi nella camera rossa. Pi tardi, adagiandosi contro i cuscini, fiss il quadro sopra la mensola del camino, che raffigurava un cavaliere medievale. Nella grata tutto era pronto

per accendere il fuoco, con i legnetti ben tagliati e la carbonella. Alla parete opposta era addossato un grosso armadio di campagna nel uale erano ripOsti tendaggi smessi, tappeti, mantelli invernali e un assortimento di vasi, orologi e scatole che in casa non trovavano posto. Il legno dell'intelaiatura della finestra era grezzo e spoglio. Una lieve brezza spingeva contro il vetro dei fiori bianchi di clematide. Era la prima occasione che Stephen aveva, dopo la gita al fiume, per parlare a Isabelle di Lisette. Nell'incauta fiducia della passione le raccont tutto, aspettandosi che lei apprezzasse la sua onest al di sopra di qualunque meschina sensazione d'imbarazzo. Isabelle parve incuriosita. -Non capisco dove abbia potuto imparare certe cose. -Immagino che sia pi matura di quanto credessimo. Tu non provavi sensazioni simili, alla sua et? Isabelle scosse la testa.-Jeanne mi aveva spiegato quello che sarebbe successo un giorno, ma io non provavo il minimo desiderio, non nel modo che descrivi in Lisette. -Penso che senta la mancanza di sua madre. Vuol essere al centro dell'attenzione . -Era eccitata? Era.,. Non so in che modo chiederlo. -Vuoi dire se sarebbe pronta a fare l'amore con un uomo? -Si. -S, sarebbe pronta come donna, nel corpo, ma quasi certamente sceglierebbe l'uomo sbagliato. -Te. Stephen scosse la testa.-Povera Lisette. Lo guard con attenzione.-E tu desideravi.,.con lei? -No. Per un attimo c' stato un riflesso istintivo, come un animale, ma no. E' solo con te che voglio farlo. -Non ti credo.-isabelle rise. Stephen le sorrise.-Mi stai provocando, Isabelle. -Si, certo.-Gli fece scorrere la mano sull'addome.-Sei un vizioso,-gli sussurr all'orecchio. A volte Stephen aveva l'impressione che il suo corpo non fosse che un canale in cui scorrevano forze estranee; non aveva il giusto senso della stanchezza o delle proporzioni. Disteso nuovamente sul corpo di Isabelle, ripens a Lisette. Era convinto che, in qualche modo perverso, Isabelle avesse trovato eccitante la storia dell'indiscrezione di Lisette. Pi tardi le disse: -Mi preoccupa l'idea che parli a tuo marito. Isabelle, che aveva ritrovato il sangue freddo, rispose:-Mi preoccupa di pi dover rimanere a badare a lei. -Rimanere? -Si. Invece di.,. -Invece di venire con me in Inghilterra?-Isabelle, messa finalmente di fronte al pensiero esplicito, annu con aria stordita. Stephen prov una muta esultanza; anche se era stato lui a prestarle le parole, l'idea era stata di Isabelle. -Invece quello che farai,-le disse.-Lascerai un marito che ti picchia per andare a vivere con l'uomo che ti ama. Lisette non figlia tua. Le hai gi fatto del bene, le sei stata di aiuto. Ma devi vivere la tua vita, prima o poi. Hai una sola occasione.-In quello che diceva ud una nota declamatoria, ma non la rinneg. Voleva che Isabelle ricordasse quelle parole in modo che avessero il loro peso per lei quando era sola, intenta a decidere. -E che cosa faremo in Inghilterra?-Llo incalz lei, ancora riluttante a pensarci in modo serio. Stephen inspir lentamente.-Non ne sono sicuro. Andremo a vivere in un posto isolato, non a Londra. Io trover lavoro in qualche industria. Avremo dei bambini. Questo parve cancellare la leggerezza dai modi di Isabelle.-E Lisette e Grgoire.,.perderebbero di nuovo la madre. -E tu, se resti, perderai la tua vita. -Non voglio pensarci. -E invece devi. Io dovrei tornare a Londra la settimana prossima. Potresti venire con me, oppure possiamo andarcene insieme da qualche parte in Francia.

-Oppure potresti restare qui in citt e trovarti un lavoro. Potremmo incontrarci. -Questo no, Isabelle. Lo sai che non funzionerebbe. -Devo rivestirmi. Devo scendere al pianterreno per essere pronta quando torna Lisette. -Prima che te ne vada, voglio chiederti una cosa. Lucien Lebrun. Correva voce che tu e lui.,. -Lucien?-Isabelle scoppi a ridere.-Mi simpatico, lo ammiro, ma davvero.,. -Scusami, non avrei dovuto chiederlo. E' solo che.,.ero preoccupato. -Non devi preoccuparti. Non preoccuparti mai. Ci sei soltanto tu. Ora devo proprio vestirmi. -Lascia che ti vesta io, allora.-And a prendere i suoi vestiti dalla sedia dove li aveva lasciati.-Metti un piede qui e l'altro qui. Ora alzati in piedi. E poi viene questo? Quest'altro, come si allaccia? Fammi raddrizzare qui. Hai il respiro cos affannoso, amore mio. E' qui che ti ho toccato, vero?-Isabelle era semivestita, seminuda. Rimase in piedi, stringendo fra le mani la testa di Stephen inginocchiato davanti a lei. Quando riprese a sospirare, lui si alz in piedi e le disse:-Verrai con me, non vero?-La risposta fu pronunciata sibilando, a denti stretti. La porta d'ingresso sbatt mentre Azaire entrava nell'atrio tenendo in mano una copia del giornale della sera.-Isabelle!-Grid.-Lo sciopero finito. I tintori tornano domani. Lei apparve in cima alle scale.-Che bella notizia. -E domani Meyraux consiglier agli operai di accettare le mie condizioni. -Mi fa molto piacere.-Se non altro significava che Azaire sarebbe stato di buon umore, pensava; non l'avrebbe tormentata col suo sarcasmo e non sarebbe passato nella sua stanza pi tardi per sfogare la frustrazione. -E lei, quando ci lascer, Monsieur?-Chiese Azaire a cena, versando una piccola dose di vino nel bicchiere di Stephen. -Alla fine della settimana, come previsto. -Bene. E' stato interessante per noi averla alla filanda, come le dicevo stamattina. Spero che il tempo trascorso in nostra compagnia sia stato piacevole . -E' stato un piacere essere ospite della sua deliziosa famiglia. Azaire pareva soddisfatto. Dai suoi occhi era scomparsa, una volta tanto, l'espressione ferita. Evidentemente la prospettiva di tornare alla consueta routine in tutti gli aspetti della vita lo rallegrava. Isabelle not il suo sollievo per la partenza imminente di Stephen e la fine dello sciopero, ma non riusc a capire come potesse contemplare con tanta letizia la ripresa della sua vita di sempre. Il modo in cui la trattava di notte si poteva considerare, con un certo sforzo di immaginazione, una transizione penosa e provvisoria verso una situazione migliore, ma non come un comportamento desiderabile, che egli potesse essere ansioso di riprendere. Non lo temeva, ma il suo atteggiamento la riemp di sconforto. Le si prospettavano inverni di solitudine; se lui si appagava dell'assenza di cambiamenti, si sarebbe sentita ancor pi isolata in sua presenza che da sola. Nel frattempo c'era Stephen, un'alternativa che lei non poteva assolutamente prendere in considerazione con freddezza razionale. C'era troppo rischio nel sentimento che provava e nei dettagli pratici di quello che avrebbero potutO fare. Aveva la sensazione di poter sfuggire alla fallacit del proprio giudizio affidandosi a quello di Stephen; pur essendo pi giovane, sembrava sicuro di ci che era giusto. Dopo la gita al fiume, Lisette era diventata taciturna; non ravvivava pi le cene con il suo broncio o le sue osservazioni allusive. Si rifiutava di incrociare lo sguardo di Stephen, anche se lui tentava di incontrare i suoi occhi con una certa baldanza. Se ne stava seduta in silenzio a giocherellare con il cibo, mentre i rintocchi dell'orologio a pendolo sul tavolino di servizio con il piano di marmo risuonavano pi forte nella stanza. -Ho sentito una storia inverosimile,-disse bruscamente Azaire. -Di che si trattava?-Domand Isabelle. -Mi hanno detto che nella fase culminante dello sciopero qualcuno andava a trovare il piccolo Lucien e gli portava pacchi di cibo da distribuire alle

famiglie dei tintori. -Si, l'ho sentito dire anch'io,-replic Stephen.-Alcune persone caritatevoli della citt hanno aiutato gli scioperanti. C'era un uomo in particolare che voleva restare anonimo, cos mi hanno detto alla filanda. -Oh, no, mio caro,-ribatt Azaire.-Non era un uomo, ma una donna, che aveva l'abitudine di raggiungere in incognito l'abitazione di Lebrun. Gli scioperanti hanno ricevuto aiuti da molte fonti, immagino. Ma il dettaglio pi strano, in questa donna, che era sposata con il proprietario di una filanda.-Azaire fece scorrere lo sguardo intorno al tavolo. Nessuno dei figli stava a sentire. Isabelle era immobile.-Ora, non le sembra strano?-Insistette Azaire portandosi il bicchiere alle labbra.-Quando l'ho sentito, non riuscivo a crederci. -Non lo trovo strano,-disse Isabelle.-Ero io. Stephen la guard senza capire. Azaire pos con violenza il bicchiere sul tavolo. -Ma mia cara.,. -Ho portato loro del cibo perch erano affamati. Non sapevo se avessero il diritto di scioperare o no, ma avevo visto i loro bambini elemosinare il pane, rincorrere i carri che POrtano le verdure al mercato. Li avevo visti frugare nei bidoni dei rifiuti a Saint Leu e provavo pena per loro.-La voce di Isabelle era calma in modo sorprendente.-Lo rifarei, che lavorino a produrre stoffe o scarpe o qualunque altra cosa. Azaire era sbiancato in volto; le sue labbra erano di un viola sbiadito, come se il sangue fosse defluito anche da quella membrana delicata.-V in camera tua, ordin a Lisette.-Anche tu. Grgoire,-spinse rumorosamente la sedia all'indietro sul parquet del pavimento, ma prima di andarsene si ferm per prendere un pezzo di pollo dal piatto. Azaire si alz in piedi.-Non avevo dato credito a queste voci. Non ci credevo, anche se era il tuo nome quello che veniva fatto insieme al loro, e si che ormai dovrei avere imparato a conoscerti. Per quanto tu sia testarda ed egoista, non avrei mai, mai potuto credere che ti saresti comportata in questo modo verso di me. E lei, Monsieur, meglio che lasci questa stanza. -No. Deve restare. -Perch? Lui.,. -Deve restare. Un'espressione atterrita pass sul viso di Azaire. Tent di parlare senza riuscirci. Bevve un altro sorso dal bicchiere. L'immaginazione pareva suggerirgli possibilit pi spaventose di quelle che la sua collera, fino a poco prima controllata e sarcastica, potesse ammettere. Affront a fatica la domanda pi difficile.-Tu.,.?-Guard Stephen, poi abbass gli occhi sul tavolo. Visibilmente il coraggio gli venne meno. Lott con se stesso, poi ritrov l'autocontrollo tornando all'atteggiamento precedente.-Non credevo che mia moglie potesse deludermi a tal punto. L'altra ragione per cui non volevo credere a queste voci era che le accompagnava un altro pettegolezzo, secondo il quale la signora in questione.,. Agit la mano, come per scartare l'idea.-.,.aveva un legame con Lebrun. -Non con Lucien,-replic Isabelle. Il viso di Azaire parve disintegrarsi. La sua voce aveva richiesto in tono cos pietoso una totale smentita di quella diceria, che la parziale rettifica di Isabelle suonava peggiore della conferma da lui temuta. Isabelle se ne accorse e pass a dissipare almeno la sua incertezza, anche se non poteva mettere fine al tormento.-Non con Lucien. Con Stephen. Azaire si alz dalla sedia.-Con.,.lui? -Si. Stephen ricambi il suo suardo con calma.-Con me. Ho corteggiato sua moglie e l'ho sedotta. Deve odiare me, non lei.-Voleva proteggere Isabelle, per quanto era possibile, anche se era stupito trovarsi in quella posizione: Isabelle avrebbe potuto mentire facilmente. Il cuore lento di Stephen batteva con forza. Guard Azaire: la mascella gli si era allentata, lasciandolo a bocca aperta, con un rivoletto di vino che colava sul mento. Stephen riusc a misurare la sua infelicit dall'effetto che aveva sui muscoli del suo viso. Provava pena per lui. Poi, volendo salvare qualcosa per Isabelle e per s, indur il proprio cuore; ma respingere la compassione gli cost 1 sforzo di volont quasi fisico. Isabelle non riusciva pi a comportarsi con freddezza verso Azaire. Le brevi frasi con le

quali lo aveva informato della sua infedelt sembravano aver esaurito le sue riserve di decisione, e cominci a piangere e scusarsi per quello che aveva fatto. Stephen ascoltava con attenzione ci che diceva. Non intendeva negare ad Azaire le scuse della moglie, ma non voleva che lei si tirasse trOppo indietro. Azaire non riusc a dire altro che:-Con lui? Qui? -Mi dispiace.,.mi dispiace tanto, Ren. Non volevo farti del male. E' una passione, quella che provo per Stephen. Non avevo intenzione di ferirti. -Questo.,.ragazzo, questo ragazzo inglese? In casa mia? Dove, nel tuo letto? -Non ha importanza, Ren. Non importa dove. -Importa a me. Io voglio saperlo. In quale stanza.,.lo avete fatto? -Per amor di Dio,-esclamO Stephen. Azaire stava a tavola in silenzio, stringendo ancora spasmodicamente in mano la base del bicchiere. La bocca gli si apr di nuovo, strizz gli occhi, perplesso, come se guardasse un sole abbagliante.-E tuo padre, Monsieur Fourmentier; cosa far.,.? Che dir la gente? -Mio Dio, mio Dio.-Esclam Isabelle guard Stephen, e nei suoi occhi affior la paura. Stephen si rese conto che lei non aveva calcolato l'effetto che la sua improvvisa onest avrebbe avuto sul marito. La paura era in parte per il benessere di Azaire, ma forse anche per se stessa: ed era la possibilit che nel momento della crisi si perdesse d'animo e seguisse qualche codice di condotta pi antico, che l'avrebbe costretta a rimettersi ancora una volta alla clemenza di Azaire. L'idea fece sentire a disagio Stephen, mentre assisteva all'epilogo di quella tempesta scatenatasi a ciel sereno. Sentiva il bisogno di mantenere salda la risoluzione di Isabelle, ma era impossibile riuscirci, se Azaire crollava del tutto. Lui mormorava fra s: -Puttana.,. Tuo padre me lo aveva detto e io non gli ho mai dato ascolto. Nella mia casa. E ora i miei figli. Che ne sar di loro? Puttana. -Ascolti.-Stephen gir rapidamente intorno al tavolo e lo prese per le spalle. -Che cosa si pu aspettare da una donna che lei ha trattato come trattava Isabelle? Si aspettava forse che lei si umiliasse per il suo piacere, che sedesse docile alla sua tavola sapendo che pi tardi l'avrebbe percossa? Azaire parve ringiovanito.-Che cosa gli ai detto? -Quello che mi ha detto non ha importanza. Questa una casa in cui si sente tutto. Come pu starsene seduto qui a insultarla dopo quello che le ha fatto? Questa una donna, con la sua vita e i suoi sentimenti, e guardi che cosa ne ha fatto. Che ha fatto?-Spinse di nuovo Azaire sulla sedia, con violenza. Azaire parve ispirato dalla collera di Stephen. Si alz in piedi, decretando: -Lei lascer questa casa entro un'ora, e se a un po' di buon senso non si far rivedere mai pi. -Certo che me ne vado da questa casa,-ribatt Stephen.-E porto con me sua moglie. Isabelle? -Non questo che voglio.-Isabelle scosse la testa. Le parole le sfuggirono di bocca senza che ci fosse riflessione o calcolo nella loro purezza di sentimenti. -Non so che cosa fare o come comportarmi, in questo momento. Potrei essere felice nel pi semplice dei modi, come ogni altra donna, con una famiglia tutta mia, senza causare questo dolore terribile. Non voglio dare ascolto a nessuno dei 2. Perch dovrei? Come posso sapere che mi ami, Stephen? Come posso dirlo? La sua voce si assest sulla tonalit dolce e sommessa che Stephen aveva udito la prima sera che aveva trascorso in quella casa. Era un suono meraviglioso per le sue orecchie: supplichevole e vulnerabile, ma con un senso di forza nella propria rettitudine.-E tu, Ren? Perch dovrei avere fiducia in te, quando mi hai dato cos pochi motivi anche solo di provare piacere in tua compagnia? Entrambi la guardarono in silenzio. Stephen credeva nella forza del sentimento che li univa, ed era convintO che questo l'avrebbe persuasa. Isabelle aggiunse: -Questa non una situazione alla quale ci si possa preparare. Niente di ci che ho imparato dalla religione, dalla famiglia o dalle mie stesse riflessioni, mi stato di aiuto. Non voglio essere dipinta da te come una specie di prostituta, Ren. Sono una donna spaventata, nient'altro.,.non un'adultera, o una sgualdrina o qualcosa del genere. Sono la stessa di sempre, ma tu non ti sei mai preso la briga di scoprire chi ero.

-Perdonami, io.,. -Si, ti perdono. Ti perdono tutti i torti che puoi avermi fatto e ti chiedo di perdonare il torto che certamente ti ho fatto io. Vado di sopra a preparare i bagagli.-Sal le scale con un fruscio di gonne e una scia appena percettibile di acqua di rose. -Se vai con lui,-le grid dietro Azaire,-finirai all'inferno!-Stephen si volt e usci dalla stanza, tentando di dominare l'esultanza del suo cuore. Isabelle mise la foto in cornice di Jeanne sopra i vestiti che aveva ammucchiato nella valigia. Esit un attimo, poi aggiunse il gruppo di famiglia con i genitori vestiti degli abiti della festa, Mathilde, con i capelli scuri e l'aria femminile, alla destra del padre; lei, una bambina bionda, a sinistra della madre e Delphine, Jeanne e batrice in piedi dietro di loro. La fotografia era stata scattata in un parco di Rouen; fra i platani dello sfondo una coppia dimentica del mondo passeggiava sulla ghiaia. In primo piano, ai piedi del padre , c'era il cagnolino bianco dei Fourmentier. Lei guard l'espressione rigida del padre, i suoi occhi scuri e remoti sopra i folti baffi. Come gli sarebbe stato difficile capire quello che lei stava facendo, pens Isabelle. Quanto poco aveva tentato di capire, in tutta la sua vita. Mise nella valigia 2 vestiti e la camicetta con la guarnizione a smerlo. Per viaggiare avrebbe avuto bisogno di abiti pi pratici: un soprabito, e scarpe comode per camminare. Probabilmente avrebbe potuto mandarne a prendere degli altri, quando fossero arrivati dovunque fossero diretti. Isabelle non si ferm a riflettere. Voleva trovarsi fuori da quella casa, sola con Stephen, prima che la certezza l'abbandonasse e lei cominciasse a riflettere ai dettagli pratici. Senti dei passi nel corridoio che portava alla sua stanza e, voltandosi, vide Stephen sulla soglia. Corse da lui, che la tenne stretta alpetto. -Sei una donna meravigliosa. -Che cosa devo dire ai ragazzi? -Salutali. Prometti loro che gli scriverai. -No.-Isabelle fece un passo indietro scuotendo la testa, con le lacrime che le sgorgavano dagli occhi.-Ho fatto loro un torto, non posso fingere che non sia cos. Devo lasciarli e basta. -Senza addii? -No. Presto, Stephen. Dobbiamo andare. Io sono pronta a partire. -Aspetta qui. Devo prendere i miei documenti.-Mentre Stephen saliva di corsa le scale fino alla sua stanza, ud una voce femminile che gridava e singhiozzava al piano inferiore. Poi ci fu il fragore di una porta che sbatteva, e lui senti la voce di Grgoire chiedere che cosa stava succedendo. Gett in una piccola borsa di cuoio il passaporto, i quaderni, i rapporti sul lavoro, il rasoio e un cambio d'abito. Mentre scendeva raggiungendo il primo pianerottolo, vide Lisette in camicia da notte, ferma davanti alla sua stanza. Era pallida e sembrava scossa. -Che sta succedendo?-Domand.-Come mai gridano tutti? Stephen prov un impeto di piet per la ragazza. Le volt le spalle senza parlare e corse verso la stanza di Isabelle. Lei aveva indossato un soprabito e un cappellino verde con una piuma che la facevano apparire giovane in modo commovente.-Tutto a posto?-Chiese Stephen.-Vogliamo andare? Lei gli prese la mano fra le sue e guard il suo viso grave. Poi sorrise e annu prendendo la valigia. Tutti gli spazi e i corridoi imprevisti sotto il ripido tetto a spiovente dagli angoli sghembi era animato da voci e dallo scalpiccio, pesante o incerto, di passi che correvano o tornavano. La porta della cucina sbatt e oscill pi volte sui cardini mentre Margurite e la cuoca andavano avanti e indietro dalla sala da pranzo col pretesto di sparecchiare, ma in realt indugiando ad ascoltare nell'atrio. In cima alle scale apparve Stephen con un braccio sulle spalle di Isabelle, guidandola oltre le occhiate sconvolte e le domande. -All'inferno,-ripet Azaire dalla porta del salotto. Isabelle sentiva la pressione della mano di Stephen sulle reni mentre lo superavano. Arrivata sulla soglia, si volt e vide la figura pallida di Lisette alla curva delle scale. Rabbrividi, lasciandosi guidare da Stephen nella notte. Dietro di loro, in casa

, Azaire ordin ai figli di aspettare sul pianerottolo mentre lui entrava nella stanza di Isabelle. Scost la coperta dal letto per esaminare le lenzuola. Vi pass le mani sopra. Erano pulite, indurite dall'amido, appena sfiorate dal peso del corpo di sua moglie. Sal nella stanza del pensionante e strapp via la coperta. Il letto stretto era pi in disordine di quello di Isabelle, come se il sonno di Stephen fosse stato meno tranquillo o la cameriera l'avesse rifatto con minor cura, ma non recava tracce dell'adulterio: le lenzuola erano pulite, con la piega in rilievo che correva esattamente al centro. Azaire torn al primo piano cominciando a controllare tutte le stanze, una dopo l'altra. Smaniava dal desiderio di vedere la sozzura e la vergogna di quello che gli avevano fatto. Voleva vedere i segni del tradimento di sua moglie, le macchie della sua degradazione. Travolto dalla collera e dall'umiliazione, sent ridestarsi un basso desiderio che non avvertiva da molti mesi. Grgoire rimase impietrito sul pianerottolo mentre il padre esaminava il suo letto. Lisette strinse la mano del fratello, mentre assistevano al tumulto di emozioni dell'et adulta. Azaire sollev alla luce le lenzuola del letto di Marguerite credendo di aver visto un segno, ma non era altro che cera d'api o lucido, lasciati dalle mani non perfettamente lavate dopo le pulizie. Pass le dita sulla biancheria nelle stanze degli ospiti e vi appoggi il volto inspirando a fondo. Si sentiva soltanto l'aroma della canfora. Alla fine si arrese, sconfitto e accaldato, alla luce che proveniva dall'ultimo pianerottolo in cima alle scale. Le porte di tutte le stanze erano aperte, i letti disfatti invano. Azaire ansimava con violenza. Nella fretta e nell'ira non aveva pensato alla camera rossa. Aveva dimenticato il corridoio stretto con le semplici assi di legno che attraversava la casa dal lato che affacciava sul giardino fino alla scala di servizio. Da quando aveva acquistato la casa non aveva avuto motivo di visitarla, anzi non l'aveva neppure vista finita, per la verit, dopo che era stata sgomberata dai beni indesiderati dei proprietari precedenti e arredata sobriamente da Isabelle. Era una stanza che non aveva ritrovato; era rimasta, come Stephen aveva temuto che accadesse a lui, oltre la portata della sua memoria. Stephen sedeva di fronte a Isabelle sul treno diretto a sud, verso Soissons e Reims. Provava la semplice euforia della vittoria, la gioia di aver vinto, di avere persuaso Isabelle, superando il peso delle convenzioni e di solidi argomenti, a fare la scelta pi difficile e pericolosa. E poi c'era la felicit pi profonda di stare con la donna che amava e l'evidenza innegabile, per la prima volta, che era sua. Isabelle sorrise, poi scosse la testa incredula, a occhi chiusi. Quando li riapr, avevano 1 sguardo rassegnato. -Che cosa diranno? Che cosa racconter a Brard e ai suoi amici?-La sua voce era incuriosita, ma non ansiosa. -Non la prima volta che una moglie abbandona il marito.-Stephen non aveva idea di quello che avrebbe detto Azaire, ma non si sentiva in vena di immaginarlo. Sentiva che era importante che lui e Isabelle si concentrassero su se stessi. Il treno era l'ultimo della sera, quindi avevano avuto ben poca scelta sulla meta. Alla stazione Isabelle si era avvolta 1 scialle sulla testa, temendo di essere riconosciuta mentre saliva in carrozza. Quando il treno era partito per il sud attraversando il paesaggio piatto, si era rilassata; forse ci sarebbero stati anni di rimpianti, ma la prospettiva immediata del dramma e della disfatta era svanita. Il treno si ferm in una stazione male illuminata e dal finestrino guardarono un facchino che scaricava la posta e spingeva un carrello carico di cassette verso un edificio in legno che sorgeva sul deposito ferroviario deserto . Nel buio, il viso dell'uomo appariva bianco. Dietro di lui s'incurvava la falce nera e liscia di una strada che saliva verso una cittadina dove qua e l occhieggiava una luce gialla velata da tende e imposte. il treno si riscosse e usc dalla stazione sferragliando, diretto a sud nella notte tranquilla. L'estate era quasi finita e nell'aria c'era un brivido di freddo. A est si stendeva la foresta delle Ardenne, e ancora pi in l il Reno. Dopo una sosta a Reims, seguirono la linea della Marna attraversando Joinville. Ogni tanto la massa scura del fiume s'illuminava, catturando il chiarore lunare, quando la

ferrovia lo costeggiava, prima di riprendere la sua direzione attraverso trincee e argini le cui pareti alte lo cingevano di tenebre. Quando deviarono a sud, Isabelle and a sedersi vicino a Stephen, appoggiandogli la testa al petto. Il rollio del treno le appesant gli occhi, e ci si addorment mentre proseguiva lungo la linea, diretto a sud verso il punto in cui la Marna sfociava nella Mosa , il cui corso univa Sedan a Verdun.,.un percorso tranquillo e pianeggiante attraverso i bassopiani del suo paese natio. Sogn volti pallidi sotto luci rosate; Lisette sulla curva della scala, il viso esangue nel chiarore rosso, una ragazza sperduta, e altri come lei rimasti intrappolati in un'ansa del tempo che si richiudeva su se stessa, un'immagine rafforzata dal moto ritmico del treno: tanti volti bianchi con gli occhi scuri, fissi e increduli. Presero alloggio in un albergo della cittadina termale di Plombires. Era una costruzione grigia con i balconi in ferro battuto, rivestita da un'edera tenace. La loro stanza era al primo piano; si affacciava su un giardino umido con un bers in rovina e alcuni cedri giganti. Oltre il muro all'altro capo del giardino c'erano le terme vere e proprie, le cui acque si riteneva avessero propriet curative per chi era affetto da reumatismi, disturbi al torace e certe malattie del sangue. Nell'albergo alloggiavano una dozzina circa di Ospiti, per lo pi coppie anziane che mangiavano nella sala da pranzo sovraccarica di decorazioni. Nei primi 3 giorni Stephen e Isabelle lasciarono a malapena la stanza. Isabelle era esausta per il viaggio e la tensione del gesto che aveva compiuto. Dormiva nel grande letto di legno a barca, e Stephen restava accanto a lei per ore, leggendo un libro, fumando una sigaretta o affacciandosi al balcone per guardare la placida cittadina termale. All'ora di cena, una cameriera discreta lasciava il vassoio fuori della porta, affrettandosi subito dopo a ritirarsi lungo il corridoio. Il terzo giorno Stephen scese da solo in sala da pranzo, prendendo posto accanto alla vetrata che dava sulla piazza. Il proprietario dell'albergo gli porse un men.-Madame sua moglie sta bene?-S'inform. -Benissimo, grazie. E' solo un po' stanca. Penso che domani scender. Vari ospiti salutarono Stephen con un cenno, prendendo posto al loro tavolo. Lui rispose sorridendo e si vers ancora un po' di vino dalla bottiglia che aveva ordinato. Un cameriere gli serv del pesce con una pesante salsa alla panna. Stephen bevve ancora e si lasci scivolare nell'atmosfera tranquilla di quel mondo straniero; erano anni, immaginava, che niente cambiava nella tranquilla routine dell'albergo, nell'aria fine o nella cucina ricca, basata su ricette del '700, o nelle propriet terapeutiche, probabilmente immaginarie, delle acque e nelle vite aristocratiche e riservate che tali presunte propriet avevano consentito agli abitanti della citt. Il quarto giorno Isabelle si avventur fuori con lui a passeggio. Lo prese a braccetto come una vecchia moglie mentre esploravano le strade, si sedevano per qualche tempo nel parco quasi spoglio di erba e bevevano il caff in una piazza di fronte a un collegio maschile. Stephen era curioso in modo insaziabile. Chiese a Isabelle di descrivergli i suoi primi anni di vita nei minimi dettagli; non era mai stanco di sentire racconti sulle sue giornate a Rouen. -Parlami ancora di Jeanne. -Ti ho detto tutto quello che riesco a ricordare. Ora parlami tu di come sei finito in quel posto, in quell'istituto. Stephen espir lentamente.-Non c' molto da dire. Mio padre lavorava nell'ufficio postale in una regione pianeggiante dell'Inghilterra che si chiama Lincolnsire. Mia madre era operaia in una fabbrica. Non erano sposati, e quando lei rimase incinta, mio padre se la svign. Non l'ho mai conosciuto. Da quel che ho saputo di lui in seguito, era un uomo normale, 1 che prendeva quello che trovava e preferiva non pagare il conto. -E questo lo trovi normale? -E' cos che vive la gente. Probabilmente mio padre aveva quello che si direbbe un dongiovanni. Era solo un uomo a cui piacevano le donne, e immagino che avr fratellastri e sorellastre sparsi per tutta l'Inghilterra anche se non li ho mai incontrati. Mia madre lasci la fabbrica per tornare a vivere dai genitori, che lavoravano in un villaggio. Suo padre era bracciante agricolo. Mia madre alla

fine trov lavoro a servizio, come cameriera in una grande casa. Come Margurite. Isabelle osservava l'espressione di Stephen mentre parlava. Nella sua voce non c'era una grande emozione, anche se la linea della mascella si era indurita un po'.-Ma neanche mia madre aveva un carattere forte. Da piccolo avrei voluto che si dimostrasse indipendente da mio padre, in modo che potessimo cancellarlo dalla nostra mente. Di fatto lei rimase di nuovo incinta di un uomo che lavorava in casa. Mi voleva bene, ma non h mai badato troppo a me. Sono stato allevato dal nonno, che mi ha insegnato a pescare e a catturare i conigli. Ero proprio un ragazzo di campagna. Mi insegnava anche a rubare e a fare la lotta. Era piuttosto giOvane, ancora sulla cinquantina, e molto in forma. Considerava giusto che ogni lavoratore arrotondasse la paga in tutti i modi possibili. Partecipava a incontri di boxe a mani nude per denaro, se gliene offrivano abbastanza, e rubava dalle case piu grandi del distretto. Per lo pi cibo o animali che prendeva con le trappole. Mia madre fuggi con l'uomo che aveva conosciuto a servizio. Seppi che andavano in Scozia. Poco dopo il nonno fu arrestato per qualche accusa di poco conto e rinchiuso in prigione. La sua difesa fu imperniata in gran parte sul fatto che doveva restare a casa per occuparsi di me. Il tribunale ordin che fossi condotto in un istituto in citt, dato che lui non era adatto a farmi da tutore. Ero stato felice facendo quella vita selvaggia, con la nonna, e da un momento all'altro mi ritrovai vestito con una specie di divisa, costretto a sfregare pavimenti e tavoli in quell'enorme edificio di mattoni: Dovevamo anche seguire le lezioni, cosa che non avevo mai fatto. Ci sono ricordi di quell'istituto che mi accompagneranno fino al giorno della mia morte. L'odore del sapone che usavamo per lavare i pavimenti e la sensazione dell'uniforme sulla pelle. Ricordo il grande refettorio, con il soffitto alto a perdita d'occhio, e i lunghi tavoli intorno ai quali mangiavamo. Con mia nonna ero stato abbastanza felice. Prima di allora non avevo mai visto tante persone tutte insieme e mi sembrava che ciascuno di noi ne fosse sminuito. Quando stavamo seduti l provavo sensazioni di panico, come se fossimo ridotti tutti a numeri, a file di senza nome che non avevano valore agli occhi di un altro individuo. Quelli di noi che avevano dei familiari o dei visitatori, ogni tanto ottenevano il permesso di uscire. Io di solito passavo la giornata con i nonni. Lui ormai era uscito di prigione. Un giorno attaccai briga con un ragazzo del posto e gli feci male pi di quanto fosse nelle mie intenzioni. Non ricordo chi fu a iniziare la zuffa o per quale motivo. Probabilmente era colpa mia. Ricordo di averlo visto crollare a terra e di essermi chiesto che cosa avevo fatto. I suoi genitori chiamarOnO la polizia e ci fu un gran trambusto. Mi rimandarono all'istituto perch ero troppo giovane e per essere processato. L'incidente fu segnalato dal quotidiano locale e un uomo che non avevo mai sentito nominare, un certo Vaughn, dovette leggere la notizia. Mia nonna era tutta eccitata perch quest'uomo era ricco e diceva di volermi aiutare. Venne a trovarmi all'istituto e mi parl a lungo. Era convinto che fossi intelligente e che bisognasse darmi un'occasione per migliorare me stesso. Mi domand se ero disposto a farlo nominare mio tutore dal tribunale. Avrei fatto qualunque cosa per fuggire dall'istituto, e i nonni erano felici che qualcun altro si assumesse la responsabilit della mia educazione. Ci volle un anno per concludere la pratica legale. Lui era molto noto a livello locale. Era stato magistrato, ma non si era sposato e non aveva figli suoi. Insisteva per farmi andare a scuola durante il giorno e per istruirmi di persona la sera. Vivevo in casa sua e in un modo o nell'altro riusc a farmi iscrivere al ginnasio. -Che cos'? -Una scuola dove insegnano latino, greco e storia. E anche a usare coltello e forchetta. -E prima non sapevi farlo? -Si, ma senza finezza. Ho imparato tutto quello che mi hanno insegnato. All'inizio fu difficile perch ero molto indietro, ma l'insegnante m'incoraggiava. -Quindi stato il tuo grande benefattore, come il genio buono delle fiabe. -Si, tranne per una cosa: non lo amavo. Credevo che mi avrebbe trattato come un figlio, invece no. Mi faceva lavorare e basta. Era una specie di riformatore

sociale, immagino, come i sacerdoti che andavano negli slurns di Londra per lavorare insieme con i ragazzi. Penso che il suo interesse per la mia cultura fosse un surrogato per altre carenze della sua vita. Non mi ha mai mostrato il minimo affetto, voleva soltanto informarsi dei miei progressi negli studi. -Ma tu devi essergli riconoscente. -Si, lo ero, e lo sono ancora. Di tanto in tanto gli scrivo. Quando ho finito la scuola mi ha procurato un colloquio per un lavoro resso una ditta di Londra, che mi ha pagato il viaggio e il soggiorno a Parigi perch imparassi la lingua e apprendessi qualcosa di pi sull'industria tessile. In seguito ho lavorato a Londra, vivendo a pensione in un quartiere che si chiama Holloway. E poi mi hanno mandato ad Amiens.-La guard con sollievo. Le confessioni erano finite. -Tutto qui. Isabelle gli sorrise.-Tutto qui? Questa tutta la tua vita? Mi sembri cos maturo, che a volte ti penso come se fossi pi vecchio di me. Sono i tuoi occhi, credo. Gli occhi grandi e tristi.-Gli accarezz il viso con la punta delle dita. Quando rientr in albergo Isabelle and direttamente in bagno e scopr costernata che, nonostante la deliberata mancanza di precauzioni, il sangue era tornato al momento previsto. Dopo una settimana a Plombires si spostarono a sud. Stephen scrisse alla sua ditta di Londra, allegando i rapporti e spiegando che non sarebbe tornato. A Grenoble festeggiarono il suo ventunesimo compleanno e lui scrisse a Vaughn per ringraziarlo di avergli fatto da tutore, un compito ormai concluso. Si trattennero l finch arriv del denaro per Isabelle, un vaglia da Rouen di Jeanne, alla quale aveva scritto una lettera. Stephen aveva ancora 2 banconote inglesi di grosso taglio che il suo tutOre gli aveva dato perch le usasse in caso di emergenza. In ottobre arrivarono a Saint rmy-de-Provence, dove Isabelle aveva una cugina dal lato materno. Presero in affitto una casetta e Isabelle scrisse a Margurite, accludendo del denaro e pregandola di mandarle un baule di vestiti. Specific esattamente quali le servivano; i capi acquistati a caso durante il viaggio non erano un sostituto adeguato delle toilette messe insieme con tanta cura nei negozi di Amiens, Parigi o Rouen o dei capi che aveva modificato o cucito da s. Di nuovo splendida con la gonna rossa e il gilet di lino, Isabelle lesse a Stephen la lettera di Margurite mentre facevano colazione nel soggiorno che si affacciava sulla strada. "Cara Madame, non ho riconosciuto la sua scrittura, forse ha pregato Monsieur di scrivere per lei. Le ho mandato i capi che mi ha chiesto con questa lettera. Lisette sta benissimo, grazie, molto buona con Monsieur e provvede a lui molto bene; sembra contenta. Il piccolo Grgoire sta bene, anche se non va a scuola tutti i giorni. Io me la cavo, per sentiamo tutti la sua mancanza terribilmente, tutti quanti. Senza di lei non pi lo stesso. Monsieur e Madame Brard sono venuti a trovare Monsieur quasi tutte le sere e a volte sento i 2 signori che fanno lunghe conversazioni. Ho fatto come mi ha chiesto e non ho mostrato la lettera a nessuno, quindi non sanno che lei a Saint Rmy. Mi domando come si sta laggi e se lei si trova bene. In casa fila tutto liscio, ma speriamo che lei torni presto. Tantissimi auguri da Margurite". Stephen passeggiava per le strade della citt semideserta. La fontana in piazza, intorno alla quale d'estate si riuniva la gente, proiettava i suoi giochi d'acqua gelida sul bacino di pietra. Il vento autunnale che soffiava impetuoso dal sud sbatacchiava con violenza le persiane aperte contro i muri delle case. A Stephen non dispiaceva la sensazione di solitudine, e neppure il tedio che lo aspettava al lavoro. Aveva trovato un posto come assistente di un ebanista. Eseguiva il lavoro preliminare con la sega e la pialla, e ogni tanto gli consentivano di fare una parte del lavoro specializzato di disegno e intaglio. A mezzogiorno lui e gli altri 4 dipendenti andavano in un bar a fumare e bere pastis. Anche se si accorgeva che lo consideravano un tipo strano e non si fermava a lungo con loro, per non essere invadente, provava gratitudine per loro perch lo avevano ammesso nella loro cerchia. La sera Isabelle preparava la cena con quello che era riuscita a trovare al mercato. Era piuttosto critica sull'offerta.-Coniglio e pomodori, sembra che non mangino altro,-esclam una sera, posando sul tavolo una grossa pentola.-Se non altro a casa potevo

scegliere fra una dozzina di tipi diversi di carne. -Bench la Piccardia non sia il cuore gastronomico della Francia,-ribatteva Stephen. -Non apprezzavi la cucina? -Certo. Mi piacevano soprattutto i pranzi con te e Lisette. Ma non credo che un Gourmet di Parigi avrebbe avuto modo di esaltare i ristoranti locali. -B, poteva restarsene nella capitale,-sbott Isabelle, punta sul vivo da quella che considerava una critica alla sua cucina. -Non avertene a male,-le disse, passandole una mano sulla guancia. -Con te non me la prendo mai, mio caro ragazzo. Che cosa sono questi tagli sulla mano? -Lo scalpello. Era diverso da quelli che ho usato in passato. -Dovresti stare pi attento. Adesso siediti e mangia un po' di coniglio. Dopo cena leggevano ciascuno un libro, seduti ai lati del caminetto, poi andavano a letto prestO nella stanza sul retro della casa. Isabelle l'aveva verniciata e aveva cucito delle tendine nuove. Sul modesto cassettone erano disposte le sue fotografie e l'enorme guardaroba scolpito traboccava dei suoi vestiti. Non si trovavano molti fiori a comprare al mercato, anche se c'era sempre della lavanda da disporre nei numerosi vasi azzurri sparsi per la casa. In confronto all'opulenza borghese di boulevard du Cange, la stanza era severa. La presenza degli oggetti di Isabelle, tuttavia, le conferiva in parte, agli occhi di Stephen, l'atmosfera della sua camera da letto di prima. Le calze di seta che a volte pendevano da un cassetto aperto e le pile di biancheria morbida , nei tessuti pi fini disponibili in commercio, mitigavano in parte l'asprezza del grezzo. Nella camera da letto che condividevano, Stephen provava un senso di vicinanza privilegiata a quelle piccole intimit che neanche a suo marito era stato concesso. Anche nel sonno erano insieme, per quanto Stephen avesse scoperto che la vicinanza del corpo addormentato di Isabelle lo faceva sentire a disagio, e spesso se ne andava con una coperta sul sof del soggiorno. Se ne stava disteso da solo, guardando il soffitto e il grande camino sulla parete opposta, la cucina economica con gli utensili neri appesi. I Suoi pensieri e i suoi sogni non erano popolati dai cieli spaziosi del Lincolnshire o da ricordi di tavoli del refettorio e ispezioni alla capigliatura in cerca di pidocchi; n dedicava un pensiero retrospettivo al lavoro che aveva abbandonato, alle licenze d'importazione, alle ricevute doganali o alle balle di cotone scaricate agli East India Docks. Pensava al momento, al giorno seguente e alla capsula di esistenza nella quale lui e Isabelle vivevano, racchiusa in una citt e in un mondo estranei. Era un'esistenza che sentiva di essersi conquistata, ma che un giudizio superiore non gli avrebbe mai concesso. Pensava a quello che avrebbe fatto al lavoro il giorno dopo. A volte non pensava a niente, ma seguiva semplicemente con gli occhi le linee delle travi sul soffitto. Passarono 2 mesi, e l'inverno plac il rigore dei venti con una calma glaciale che rendeva pericolosi i marciapiedi e gelava l'acqua nelle fontane. Mentre Stephen era al lavoro, Isabelle restava quasi tutto il giorno in casa. Passava il tempo a modificare l'arredamento per adattarlo al suo gusto e a cucinare minestre o stufati da servirgli in tavola quando tornava a casa. Non sentiva la mancanza della vita comoda di Amiens, con i premurosi garzoni delle consegne mandati dalla modista o dal droghiere. Per lei non aveva importanza che gran parte del giorno se ne andasse in faccende che persino Margurite preferiva lasciare a Madame Bonnet. Sua cugina, sposata a un farmacista, veniva a trovarla spesso, e lei non si sentiva sola. Alla fine di dicembre il ciclo non si present. Guard l'agendina nera sulla quale segnava i giorni e si accorse che la scadenza era passata. Alla fine di gennaio ancora niente. A Isabelle tutto questo sembr appropriato. Le era riuscito difficile considerare il sangue un segno di nuova vita, di speranza, come le aveva detto Jeanne la prima volta che era corsa da lei singhiozzando, allarmata; ora, nel suo ristagnare, era implicita la sensazione di essere guarita. Aveva smesso di perdersi nell'emorragia; ora il suo potere si era rivolto all'interno, per creare in silenzio. Non disse niente a Stephen. Un sabato a mezzogiorno and a prenderlo all'uscita dal lavoro e

fecero una passeggiata in citt. Si fermarono in un caff perch lui potesse mangiare qualcosa dopo il duro lavoro della mattina, poi proseguirono superando il municipio e imboccando una stretta via commerciale che portava verso la periferia. Il loro fiato tracciava scie evanescenti mentre ridevano percorrendo un lieve pendio che portava fuori citt. Sbucarono in una piazza, l'ultima prima che la via cittadina diventasse strada rurale, perdendosi nella campagna grigia e viola, Isabelle fu colta dalle vertigini e and a sedersi su una panchina. La sua fronte si era coperta di un velo di sudore, che gelava sulla pelle al soffio del vento invernale. -Vado a prenderti dei sali,-disse Stephen, allontanandosi in cerca di una farmacia. Isabelle rest seduta in silenzio, incerta se slacciare il sott'abito per lasciar entrare l'aria pungente o stringerselo ancora di pi addosso per tenere lontano il freddo. Aveva intenzione di parlare a Stephen del bambino che credeva di aspettare, ma qualcosa la spingeva a rimandare. Glielo voleva offrire tutto intero, senza il lungo travaglio della gravidanza. Non aveva voglia di essere colmata di premure o trattata con riguardo speciale. Era convinta che infinitesimali cambiamenti organici che avvenivano in lei non riguardassero nessun altro, neanche l'uomo che li aveva fissati. Eppure amava gi il bambino. Lo immaginava maschio e riusciva a figurarsi il suo viso schietto e sorridente. Non aveva un bimbo in fasce, ma un giovane dall'aria disinvolta, pi alto di lei, che le avrebbe passato un braccio sulle spalle, un gesto protettivo prima di tornare a un lavoro poco impegnativo nei campi. Nella sua immaginazione non era un neonato, o un uomo di peso e di prestigio per il quale nutrire delle ambizioni, ma sempre e soltanto un maschio felice e senza et. Pensava a tutte le madri che vivevano nei villaggi sgranati lungo la strada stretta che portava fuori citt. Laggi c'erano milioni di giovanotti forti, sorridenti, come sarebbe stato suo figlio, che lavoravano la terra. Non si conoscevano, non s'incontravano mai, non dedicavano un solo pensiero alla solidariet o alla lealt che avrebbero dovuto provare l'uno verso l'altro o verso il paese nel quale vivevano, perch i sentimenti in genere si provavano solo in tempo di guerra. Isabelle cominciava a pensare con rimpianto ai genitori e alle loro vite immutabili. Il nascituro aveva gi cominciato ad avanzare le sue aspettative pi ambiziose. L'esigenza appagata in lei era cos profonda che prima non ne aveva mai avuto coscienza; era come se avesse scoperto di avere una fame gigante solo dopo aver mangiato. La gravidanza pareva aver alterato i livelli e gli equilibri dei suoi bisogni. Si sentiva vicina alla ragazza che era stata in casa dei genitori; un cerchio spezzato si era richiuso. Pur essendo un pensiero rasserenante, questo comportava dei dubbi su ci che aveva fatto; la spingeva a desiderare di riunirsi alla famiglia, o almeno alla sorella Jeanne. Era con lei, pi che con chiunque altro, che desiderava parlare. Lei, pensava Isabelle, doveva essere la prima a sapere del bambino. Aveva cominciato a sentirsi in imbarazzo per quello che lei e Stephen avevano fatto in casa di Azaire. Stephen sembrava sempre tanto sicuro, e lei era stata sopraffatta dal desiderio al punto da fidarsi di lui. Aveva seguito il proprio istinto e ogni volta che aveva dei dubbi si era sentita rinfrancata dalla sicurezza di Stephen e dalla tenerezza del sentimento che provava per lui. Ma senza lo stimolo della paura e del divieto, il suo desiderio si era affievolito. Nell'inverno del sud, gli eccessi della loro sfrenata storia d'amore sembravano appartenere a una stagione diversa . Lei era entrata in una chiesa di Saint rmy per confessarsi al parroco, ma aveva scoperto di non riuscire a descrivere nei dettagli ci che era accaduto fra loro. Il prete l'aveva interrotta subito dopo che aveva confessato l'adulterio. La penitenza non sembrava in relazione con il peccato; era una formalit, prescritta dal prontuario nel quale erano classificate quelle banali trasgressioni. Isabelle si era sentita insoddisfatta e, pur non essendo pentita di quello che era successo, cominciava a sentirsi in colpa. Stephen torn con una boccetta di sali e si sedette accanto a lei sulla panchina. -Mi domando di che si tratta. Forse a casa non mangi abbastanza. Questo a volte provoca degli svenimenti. Ti ho portato anche un dolcetto.

-No, non credo che sia questo. Non niente di grave.-Gli pos la mano sul braccio.-Non preoccuparti per me.-Gli sorrideva con un'aria dolce e indulgente, dando l'impressione che fosse lui ad avere bisogno di cure o di protezione. Spezz il dolce e gliene offri una parte. Una pioggia di briciole gialle cadde sul sedile di legno fra i 2. Sopra di loro si scaten un frullo e un battito d'ali quando un grasso piccione, attirato dalla vista del dolce sbriciolato, plan dalla grondaia dell'edificio alle loro spalle, atterrando con impudenza sulla panchina in mezzo a loro. -Cristo!-Stephen si alz di scatto dalla panchina, inorridito. Isabelle, che era divertita dalla temerariet del piccione, alz la testa allarmata. -Che cosa c'? -Quell'uccello! In nome di Dio, mandalo via. -E' solo un piccione, solo.,. -Mandalo via, ti prego.-Isabelle batt le mani e il pesante volatile riusc a librarsi di nuovo in volo, attraversando la piazza e posandosi sui rami di un albero, dove si mise ad aspettare tenendo d'occhio le briciole. -Che cosa c', tesoro? Stai tremando. -Lo so, lo so. Mi dispiace, ora passa subito. -E' solo un piccione vecchio e grasso, non pu farti alcun male. -Lo so. Non penso che possa attaccarmi, soltanto una paura insensata. -Vieni a sederti, adesso. Su, siediti vicino a me e lascia che ti abbracci. Cos va bene, mio povero ragazzo. Va meglio, o ti devo accarezzare i capelli? -No, sto benissimo. Scusami se ho fatto tante scene. -Quanto chiasso hai fatto. -Lo so.-Stephen smise pian piano di tremare.-Ho sempre odiato gli uccelli. Quell'episodio che ti ho raccontato, quando ho picchiato quel ragazzo e mi hanno rimandato ll'istituto.,.lui continuava a provocarmi raccontandomi di certi corvi che il guardacaccia aveva inchiodato a una staccionata. Io mi sono avvicinato e ne ho accarezzato 1 per dimostrare che non avevo paura. Aveva delle larve sotto le ali e gli occhi lattiginosi che colavano.-Rabbrivid. -Quindi gli uccelli ti fanno pensare di dover tornare l? -In parte per quello. Ma li ho sempre odiati, da molto tempo prima. Hanno qualcosa di crudele, di arcaico. Lei si alz e lo prese per il braccio. Per un attimo guard i suoi occhi scuri, la bellezza simmetrica della sua faccia pallida. Annu leggermente e sorrise. -Ma allora c' qualcosa che ti spaventa. Una settimana dopo, isabelle stava tagliando delle verdure sul tavolo quando sent un dolore poco sotto la cintura della gonna. Aveva la sensazione di essere trafitta da un ferro da calza con un grosso guscio di noce a met dell'asta. Premette le mani allargate sul punto dolorante e sedette di schianto. Se restava immobile e concentrata, sarebbe riuscita a salvare il bambino; non gli avrebbe permesso di sfuggirle. Le dita curate si allinearono teneramente sull'area nella quale immaginava che si trovasse la creatura appena visibile. Il suo battito cardiaco faceva palpitare il tessuto del vestito e la pelle tenera sottostante, fino alla cavit nella quale la vita era in bilico. Gli trasfuse la volont di restare, tentando di rassicurarlo con il tocco gentile del palmo delle mani, ma sent altre stilettate acute risalirle in grembo. And a stendersi sul letto, ma scopri un'emorragia che non riusciva a frenare. Nel pomeriggio si mise il cappotto e cerc un medico raccomandatole dalla cugina. Era un uomo calvo, con la voce profonda e un rotolo di grasso che traboccava sul rigido colletto bianco fin quasi a nasconderlo. Non parve toccato dalla sua ansia e le rivolse brevi frasi incoraggianti, visitandola e indicandole una porta dello studio oltre la quale avrebbe trovato un contenitore di vetro. Le disse che i risultati dell'analisi gli sarebbero pervenuti entro una settimana, e di tornare a farsi visitare allora. Nel frattempo, le disse, doveva prendere le cose con calma e non affaticarsi. Le ficc in mano un gran foglio di carta ripiegato, ricordandole di pagare la segretaria all'uscita. Sulla via di casa, Isabelle pass dalla chiesa, prendendo posto su un banco in fondo. Non aveva pi desiderio di confessarsi al sacerdote, ma voleva riconoscere, anche solo con se stessa, il senso di colpa che provava per il modo in cui si era abbandonata al

piacere fisico. Nel freddo invernale della chiesa le tornarono alla mente immagini oscene dei pomeriggi in boulevard du Cange. Le pareva di vedersi davanti al viso, davanti alla bocca, il membro di Stephen turgido di sangue; le pareva di sentirlo sondare e penetrare ogni parte indifesa del suo corpo, non contro la sua volont, ma dietro la sua avida e ressante richiesta. Apr gli occhi e cerc di scacciare dalla mente quelle immagini sacrileghe, vergognandosi di averle evocate in chiesa, sia pure solo per confessarle. Guard l'altare, dov'era esposto un crocifisso di legno illuminato dalle candele, le carni ceree del costato trafitte dalla spada del soldato romano e sanguinanti. Pens a com'erano state prosaicamente fisiche quelle sofferenze: la pelle della fronte trapassata dalle spine, i piedi, le mani, la scissura della carne con i chiodi e l'acciaio. Se persino il sacrificio divino si era manifestato attraverso la sofferenza del corpo, com'era difficile, a volte, immaginare in che senso esattamente si potesse credere che la vita umana trascende i limiti del battito cardiaco, della pelle e della decomposizione. Isabelle scrisse: "Mia carissima Jeanne, mi sei mancata tanto, non solo nelle ultime settimane ma negli anni scorsi, quando incontrarsi sembrava impossibile. Quanto me ne rammarico, adesso. Mi sento come una bambina che stata assorta nei giochi tutto il giorno e smette di colpo, accorgendosi solo allora che si fa buio e lei lontana da casa e non sa come tornare. Ho una gran voglia di vederti per parlare di quello che accaduto. Sono incinta, anche se la settimana scorsa credevo di aver perso il bambino. Ho strani dolori e perdite di sangue, ma il medico dice che sono comunissime. Dice che forse dentro c' una contusione che sanguina e potrebbe provocare un aborto. Devo riposare e cercare di non affaticarmi. Non l'ho ancora detto a Stephen. Non so perch, non riesco a farlo. Lo amo davvero, ma mi spaventa un poco. Non sono certa che comprenderebbe quanto sono felice di essere incinta o quanto sono preoccupata all'idea di perdere il bambino. Non parla quasi mai di questi argomenti. Anche quando accenna alla sua infanzia, ne parla come di qualcosa che successo a un altro. Come potrebbe sentirsi legato a una creatura che non esiste ancora? C' di peggio, Jeanne. Quando eravamo giovani e io ero la piccola di casa, nessuno mi prestava mai troppa attenzione (tranne te, naturalmente) e mi lasciavano fare tutto quello che volevo, purch non mi sporcassi il vestito e mi comportassi bene a tavola. Volevo fare l'esploratrice. Ricordi quando dicevo che volevo andare in Africa? Ora sento di aver fatto l'esploratrice in un altro senso. Ho fatto del male a Ren, anche se gli devo ben poco, visto il modo in cui mi ha trattato. Lisette e Grgoire soffrono per causa mia e naturalmente anche tu, la mamma e il babbo, ammesso che il babbo s'interessi a me o ad altro, ormai. Per quanto possa amare il bambino e proteggerlo con tutte le mie forze, non sar la madre ideale, compromessa come sono. Nei momenti peggiori sento che ci siamo spinti troppo oltre. Stephen e io siamo stati temerari.,.si potrebbe anche dire privi di scrupoli.,.e non abbiamo dubitato che quanto facevamo fosse giusto; aveva in s la propria giustificazione, cos diceva Stephen. Ho l'impressione che abbiamo perso l'orientamento. Io sono sola, come una bambina, sull'orlo della notte. Anche se sono smarrita, penso di poter ritrovare ancora la strada di casa, se me ne vado adesso, tutto questo deve sembrarti fiacco, lo so. Ha fatto la sua scelta, ti dirai, adesso non pu permettersi di cambiare idea. Ma ho tanta voglia di vederti, desidero tanto che tu accolga il bambino quando nascer, che tu lo prenda fra le braccia voglio sedermi sul letto nella tua stanza e sentire la tua mano sulla testa mentre cominci a pettinarmi i capelli aggrovigliati. Quali folli pensieri, quali impulsi mi hanno trascinata lontano da te?" Isabelle piangeva troppo per continuare a scrivere. Jeanne si era mostrata ben disposta, la prima volta che Isabelle le aveva scritto per chiederle denaro. Jeanne non aveva mai incontrato Stephen, ma amava la sorella e le aveva mandato parte dei propri risparmi. Non era giusto chiederle di pi, pens Isabelle. Seduta al tavolo di cucina, appoggi la testa sulle braccia. Le sembrava di essere stata ingannata. Si era convinta di essere un certo tipo di persona, poi si era scoperta diversa. Come poteva sapere se era meglio fidarsi delle sue pi recenti inclinazioni, o sospettare che anch'esse sarebbero state scalzate da altre pi impellenti? Nella sua confusione, l'unica

costante era la devozione al bambino che cresceva dentro di lei. Per motivi che non riusciva a decifrare, il suo benessere non poteva essere garantito dalla vita che lei conduceva in quel momento, lontano da casa, insieme a Stephen, in quella citt gelida. Anche Stephen pensava a casa sua. Il cottage del nonno sorgeva in fondoal villaggio, in vista della chiesa, sullo sfondo di alcune case nuove e brutte e della grande strada diretta a nord. Nell'altra direzione si stendevano dei campi pianeggianti, di un verde pallidissimo, che si perdevano nei boschetti di latifoglie dove i contadini del posto andavano a caccia. Ora pensava che un giorno avrebbe portato Isabelle a vederli. Non provava alcun attaccamento sentimentale all'idea di casa, non rimpiangeva il nonno ladruncolo o la madre assente, ma desiderava vedere Isabelle anche su quello sfondo, in modo che le varie et della sua vita si ricomponessero. Si sorprendeva ancora della gentilezza che aveva scoperto in se stesso, tutta rivolta a Isabelle. Quando lavorava il legno, ogni mattina, pensava a quanto avrebbe dovuto essere liscio perch lei vi camminasse sopra a piedi nudi. Quando il tedio del lavoro lo deprimeva, pensava al viso di lei che s'illuminava al suo ritorno, la sera. Nei suoi affetti, lei era diventata, da oggetto di una passione temibile, una creatura il cui benessere era l'unico scopo della sua vita, anche se quella trasformazione non cancellava, ai suoi occhi, la dignit, la superiorit di Isabelle, per et e posizione sociale. Intanto Isabelle in segreto progettava di andare a trovare Jeanne a Rouen. Intendeva dire a Stephen che sarebbe rimasta lontana solo qualche giorno, poi una volta l avrebbe deciso se tornare o no. Si disse che, prima o poi, sarebbe venuto il momento di informare Stephen. Pass un'altra settimana, e la gravidanza divenne visibile. Stephen not che si era appesantita, ma la sua nuova modestia faceva si che lui non avesse mai l'opportunit di osservarla bene senza vestiti. Not che parlava di meno, e si chiese perch. Sembrava assente e angustiata. C'era stato un altro episodio di dolore e perdite di sangue. Un giorno, mentre lui era al lavoro, Isabelle prepar una valigetta e si sedette al tavolo per scrivere un biglietto di spiegazioni. "Sento che ci siamo spinti troppo oltre e devo tornare indietro" cominci, poi laceril foglio di carta e si mise in tasca i frammenti. Non c'era niente che potesse dire per spiegarsi. Alz gli occhi e si guard intorno: il soggiorno, con la cucina economica e la massiccia mensola di legno del camino che da principio le era piaciuta tanto. Sali al piano di sopra per dare un'ultima occhiata all'impiantito grezzo della camera da letto e alle tende che lei stessa aveva cucito. Poi usc di casa diretta alla stazione. La sera Stephen, rientrando, si accorse subito che alcuni vestiti e oggetti personali, foto e gioielli, erano scomparsi. Apr il guardaroba. Quasi tutti gli abiti di Isabelle erano ancora l. Ne tir fuori 1 che lei aveva indossato poco dopo il suo arrivo in boulevard du Cange. Era color crema, con la gonna morbida, bottoncini d'avorio e il corpino a nervature. Vi affond il viso, poi se lo strinse forte al petto. Si sentiva come 1 di quei blocchi di legno che a volte spaccavano nel cortile posteriore del laboratorio, quando l'ascia veniva prima incuneata, poi sollevata e calata fino a terra, in modo che il legno si spaccasse in 2 da cima a fondo. Al taglio non sfuggiva neanche un frammento o una fibra. Nei giorni seguenti torn al lavoro. La mattina arrivava in orario e scambiava battute con gli altri operai. Quando la sega restava inceppata nel legno granuloso, imprecava, sputando sui denti della lama. Scostava i lunghi riccioli sotto la pialla. Carteggiava con 3 gradazioni di carta vetrata, tastando la superficie del legno levigato con la pelle morbida dei polpastrelli. A mezzogiorno, sentiva sulla lingua il gusto dolce dell'anice e osservava il liquido viscoso rannuvolare il bicchiere quando lo versava nell'acqua. Parlava e raccontava storielle agli altri, senza far trapelare alcun cambiamento. La sera si arrabattava ai fornelli, mettendo insieme uel che poteva con il cibo disponibile , infinite variazioni su tema coniglio e pomodori. Poi si sedeva davanti al fuoco a bere vino, guardando la brace. Lei era tornata a casa perch sentiva di potersi salvare l'anima. Era tornata a casa perch il futuro la spaventava ed era sicura che si potesse ancora ristabilire un ordine naturale. Lui non aveva altra scelta che continuare quello che aveva cominciato. Quando aveva finito il

vino, saliva al piano di sopra e si stendeva sul loro letto, con gli stivali sul copriletto bianco. Non riusciva a pensare a niente. Restava disteso a fissare la notte oltre la finestra. Si sentiva pian piano gelare. PARTE SECONDA FRANCIA 1916 Firebrace era steso supino, a 13 metri di profondit, alcune centinaia di migliaia di tonnellate di Francia sopra la faccia. Sentiva l'ansare legnoso dell'impianto che pompa aria nella galleria, ma si esauriva quasi tutta prima di arrivare fino a lui. Aveva la schiena addossata a una traversa e i piedi puntati contro l'argilla, rivolti al nemico, con una vanghetta versava il terriccio in un sacco e lo dava indietro a Evans, il suo compagno, che poi si alzava strisciando nelle tenebre. Jack sentiva martellare travi usate per puntellare la galleria alle sue spalle, ma ove lavorava lui, in testa allo scavo, non c'era nessuna garanzia che il terreno argilloso reggesse. Il sudore gli scorreva negli occhi, irritandoli e costringendolo a scuotere la testa. In quel punto il tunnel era largo circa un metro e 20, alto un metro e mezzo. Jack continuava a ficcare la vanga nel terreno davanti a s ritirandola con violenza, come se la odiasse. Aveva perso il conto delle ore trascorse sottoterra; gli riusciva pi facile non pensare al momento in cui avrebbero potuto dargli il cambio, e continuare invece a scavare. Pi lavorava con foga, pi gli sembrava facile. Dovevano essere almeno 6 ore che non vedeva la luce del giorno, e del resto anche quella non gli era sembrata,poco pi che una bruma verdognoLa sul bassopiano al confine tra Francia e Belgio, illividita dalle intermittenti esplosioni delle granate. La sua unit non aveva potuto tornare agli accantonamenti nel villaggio vicino. Tanto intensa era l'attivit in quella parte del fronte, che le truppe di superficie non potevano restare nelle trincee senza la protezione degli uomini che lavoravano sottoterra. Per il momento i minatori dovevano dormire nelle camere scavate in cima al pozzo o nelle trincee, insieme alla fanteria. Jack si sent agguantare il gomito.-Jack, abbiamo bisogno di te. Turner ha sentito qualcosa, una ventina di metri pi indietro. Vieni.-Evans lo aiut a staccarsi dalla traversa a croce, e Jack gir su se stesso, anchilosato, staccandosi dalle spalle la maglia inzuppata di sudore e seguendo le natiche di Evans che strisciava, finch riusc a mettersi in piedi. Persino la penombra densa della galleria armata era abbagliante, dopo la parete di argilla, e lui sbatt le palpebre per adattarsi a quella semioscurit. -Da questa parte, Firebrace. Turner ha detto che sembravano rumori di scavo.-Il capitano Weir, una figura sconcertante, con i capelli arruffati, le scarpe di tela dalla suola gommata e un maglione da civile, lo sospinse verso il punto in cui Turner, un uomo stanco e spaventato che rabbrividiva di stanchezza nonostante l'afa della galleria, riposava appoggiato al piccone. -Era proprio qui,-spieg Turner.-Tenevo la testa vicino a questa trave e ho potuto sentire le vibrazioni. -Non erano i nostri, questo posso assicurartelo.-Jack appoggi la testa alla parete del tunnel, ma sent l'ansito ritmico della pompa attraverso il condotto che scendeva dal soffitto.-Dovr spegnere l'impianto di ventilazione, signore, disse a Weir. -Cristo,-mormor Turner,-non riesco a respirare. Weir invi un messaggio in superficie. 2 minuti dopo il rumore cess e Jack torn a inginocchiarsi. Il suo udito eccezionale veniva richiesto di frequente. L'inverno precedente, 3 chilometri a sud di Ypres, aveva ficcato la testa in una latta di benzina piena d'acqua e ce l'aveva tenuta fino a perdere ogni sensibilit. Preferiva il silenzio e l'aria irrespirabile della galleria alla sensazione di stordimento. Weir si mise un dito sulle labbra e gli uomini rimasero impietriti. Inspirando a fondo, Jack rimase in ascolto, il corpo irrigidito dallo sforzo. Si udivano dei suoni distanti e irregolari, ma il significato non era chiaro. Se avessero evacuato la galleria per precauzione, e si fosse scoperto che il rumore era dovuto solo alla pioggia di granate o ai movimenti in superficie, ci sarebbe stato un ritardo nella realizzazione del tunnel. D'altra parte, se lui non riusciva a riconoscere 1 scavo condotto dai

tedeschi nella direzione opposta, con ogni probabilit le perdite umane sarebbero state maggiori. Doveva raggiungere la certezza. -In nome di Dio, Firebrace.-Ud la voce di Weir sibilargli all'orecchio.-Gli uomini respirano a stento. Jack alz la mano. Era in attesa del rumore caratteristico prodotto dalle travi di legno usate per armare la parete quando venivano fissate a colpi di martello. Se l'altra galleria era molto vicina, talvolta si sentiva persino il suono dei badili o dei sacchetti di terra che venivano trascinati indietro. Si ud ancora un rumore sordo, ma non sembrava cos vuoto da indicare la presenza del legno; somigliava piuttosto alla vibrazione del suolo sotto il bombardamento. Jack tese di nuovo i nervi fino allo spasimo. La sua concentrazione fu disturbata da un rumore simile al tonfo di un sacco di patate: Turner era svenuto sul pavimento della galleria. Jack aveva preso una decisione.-Fuoco di granate. -Ne sei sicuro?-Disse Weir. -Sissignore. Per quanto possibile esserlo. -Va bene. Fate riattivare la pompa dell'aria. Firebrace, tu torna in testa alla galleria. Voi 2, tirate su Turner. Jack torn indietro strisciando nel buio, con i piedi in avanti, e Evans lo aiut a rimettersi in posizione, passandogli la vanga. Lui l'affond nella terra davanti a se, lieto di riprendere quel compito meccanico. Le mani di Evans lavoravano invisibili accanto a lui. Verso la fine del turno, Jack cominci ad avere delle allucinazioni. Per un attimo gli sembr di trovarsi nella sala di un pub londinese e di levare il boccale di birra alla luce della lampada, guardando il grande specchio dalla cornice dorata dietro il banco. Il riflesso luminoso gli fece sbattere le palpebre, e quel fremito lo riport alla realt della parete di argilla che aveva di fronte. La mano di Evans raspava nel buio. Jack torn ad aggredire la parete davanti a lui, con le braccia doloranti. Evans imprec sottovoce e Jack tese la mano per strizzargli il braccio in segno di rimprovero. Evans aveva tentato di accendere una candela, ma non c'era ossigeno sufficiente; il fiammifero diventava incandescente senza prendere fuoco. I 2 uomini si fermarono ad ascoltare e udirono il rombo del loro respiro ingigantito dal silenzio. Trattennero il fiato, e non si ud pi niente: avevano scavato sino ai confini del mondo. Jack fiut l'odore della terra umida e del sudore sul corpo di Evans. Normalmente avrebbe dovuto sentire dietro di s le travi di legno che venivano sistemate a mano, spinte silenziosamente contro l'argilla, ma non si udiva neanche quel suono smorzato. Il tunnel stretto si chiuse intorno a loro e Jack sent la mano di Evans serrargli il braccio. Il respiro gli sfuggi di nuovo dai polmoni, roco. Alle loro spalle stava succedendo qualcosa. -D'accordo,-disse Jack.-Liberami da quest'affare.-Evans sfil la traversa di legno e aiut Jack a rotolare su se stesso. Tornarono indietro strisciando, finch avvistarono la luce della lampada. Weir era nella galleria bassa, piegato a met. Si port la mano all'orecchio, poi fece loro segno di appoggiarsi alle pareti laterali. Cominci una spiegazione silenziosa, articolando le parole senza suono, ma prima che riuscisse a concludere si ud un rombo nel tunnel e furono investiti da un'enorme massa di terra e di roccia che si port via 4 uomini, teste e membra sbatacchiate alla rinfusa e mescolate al terriccio della frana. Weir ed Evans furono schiacciati dall'esplosione contro la parete laterale, sfuggendo alla traiettoria dei detriti. Jack vide parte del viso e dei capelli di Turner, ancora attaccati a un frammento di cranio, rotolare via, fermandosi nel punto in cui la galleria si restringeva per formare il tronco dove stava scavando lui poco prima. Ai suoi piedi c'era un braccio con i gradi di caporale, ma quasi tutti i corpi degli uomini erano sepolti nel terriccio umido. Weir ordin:-Fuori, prima che ne arrivi un'altra. Pi indietro, dalla parte della trincea, qualcuno aveva gi calato nell'oscurit una lampada nuova. Jack afferr Evans per la spalla.-Su, ragazzo, vieni. In superficie era calato il crepuscolo e pioveva. I barellieri spinsero da parte Jack, che si era fermato in cima alla galleria a sbattere le palpebre e respirare l'aria umida. Weir lasci gli uomini in libert, andando in cerca di un telefono da campo, e Jack si allontan dall'imbocco della galleria, cercando il suo posto nella trincea.

-Una lettera per te, Jack,-annunci Bill Tyson.-Stamattina arrivata la posta. Erano rannicchiati sotto una tettoia di legno, con un telo da tenda steso sopra. Arthur Shaw, il terzO uomo che divideva il loro rifugio, stava cercando di preparare il t su un fornello Primus. La lettera per Jack era di sua moglie, da Edmonton. "Carissimo Jack" cominciava "come te la passi?" Lui la ripieg per infilarsela in tasca. Non riusciva a concentrarsi sul mondo distante evocato dalla scrittura di sua moglie. Aveva paura di non riuscire a capire la lettera, temeva che lei gli dicesse qualcosa di importante che la sua mente era troppo stanca per afferrare. Bevve il t che Shaw era magicamente riuscito a preparare nell'ombra.-Turner morto,-annunci.-Pi altri 2 come minimo. -Non avevi sentito niente?-Chiese Tyson. -Si, ma pensavo che fossero granate. Ci dev'essere una galleria. -Non te la prendere,-disse Tyson.-Tutti possono sbagliare.-Si sent un suono lacerante nell'aria, un centinaio di metri sulla destra, mentre cadeva un'altra granata. -Si sa quando ce ne andremo di qui?-Domand Jack. -Dovremmo muoverci domani,-rispose Shaw,-ma non riesco a credere che ci spostino lungo il fronte sotto questo bombardamento. Weir ha detto qualcosa? -No, credo che non lo sappia neanche lui.-I 3 si scambiarono un'occhiata inespressiva, esausta. Tyson e Shaw erano insieme da un anno, fin da quando si erano arruolati per intascare i 6 scellini di paga offerti agli uomini che avevano esperienza di lavoro nel sottosuolo. Erano stati tutti e 2 minatori a Nottingham, anche se Tyson aveva lavorato poco sottoterra, dato che per lo pi si occupava della manutenzione del macchinario. Shaw sosteneva di avere 31 anni, ma avrebbe potuto averne benissimo 10 di pi. Lavorava nel tunnel come una bestia da soma, ma mostrava scarso entusiasmo per la disciplina militare imposta loro dalla fanteria. Nella vita di Jack loro avevano preso il posto di 2 londinesi con i quali aveva lavorato alla costruzione della Central Line. Quei 2 , Allen e Mortimer, erano caduti in un'esplosione vicino a Ypres, l'anno prima. Jack, gi indifferente alla morte, aveva lasciato che i loro volti bianchi svanissero dalla sua memoria. Si era arreso solo con riluttanza all'amicizia di Tyson e Shaw, scoprendo con sgomento che la loro compagnia era diventata importante per lui. Quando si stendevano a dormire, permetteva a Shaw di appoggiargli la testa sulle ginocchia, piegate per non ingombrare il fondo della trincea. A volte, svegliandosi, scopriva che un ratto gli era strisciato sul viso. In altri momenti se ne stava disteso, diviso fra il timore di essere sepolto da una granata, sprofondando nella terra sotto la quale si era insinuato strisciando, e l'esigenza prepotente di sfuggire al rumore che li aggrediva. Sotto di s avevano delle assi di legno che sembravano penetrare nelle ossa; nemmeno i fianchi e le spalle massicce di Shaw bastavano ad attutire gli urti quando si rotolava e si agitava nel dormiveglia. Il viso del capitano Weir fece capolino all'angolo del telo. Sopra il maglione bianco portava una mantella impermeabile e si era cambiato le scarpe, infilando degli stivaloni di gomma alti fino al ginocchio.-Shaw, c' bisogno di te nel tunnel,-annunci.-Lo so che ci sei gi stato stamattina, ma hanno bisogno di aiuto per sgomberare i detriti. E' meglio che ti presenti a rapporto anche tu, Tyson. -Devo montare di sentinella alle 10, signore. -Dovr farlo Firebrace al posto tuo. Avanti, muovetevi. Il sergente Adams a capo del gruppo di lavoro. Andate a rapporto da lui. -Finisci tu il mio t, Jack,-disse Shaw.-Non lasciarlo ai topi. Quando gli altri se ne furono andati, Jack tent di dormire, ma aveva i nervi troppo tesi; chiudendo gli occhi riusciva a vedere soltanto il buio della parete della galleria. Non faceva che udire il silenzio improvviso che aveva spinto lui ed Evans a fermarsi trattenendo il fiato. Non che si sentisse in colpa per non aver identificato i rumori della galleria tedesca; aveva fatto del suo meglio, e gli uomini forse sarebbero morti comunque, magari in modo pi atroce, con i polmoni saturi di gas o distesi nella terra di nessuno, dove nessun aiuto poteva raggiungerli. Quel brandello del viso e della testa di Turner sarebbe stato ritrovato, e l'avrebbero seppellito insieme a tutti gli altri frammenti di ossa

e lembi di uniforme che sarebbero riusciti a strappare al sottosuolo. Pens alle grosse mani di Shaw che setacciavano il terriccio. Per un attimo riusc a scivolare nel sonno, ma proprio allora il rilassamento dei muscoli lo fece sussultare e si svegli di nuovo, teso e pronto a combattere. Rinunciando al sonno, estrasse la lettera dal taschino sul petto, accendendo un mozzicone di candela che aveva trovato nella tasca laterale dello zaino di Tyson. "Carissimo Jack, come te la passi? Ti siamo tutti vicini, con il pensiero e con la preghiera. Leggiamo ogni giorno i giornali, controllando per prima cosa le colonne delle perdite, ma a quanto pare non ci sono notizie della zona dove ti trovi. Tua madre stata ualche giorno da noi e ti manda a dire che ha ricevuto la tua lettera e ti spedir un altro pacco di sapone e sigarette, con un po' di lamponi colti nell'orto. Spero che non saranno troppo maturi, quando li riceverai. Mi dispiace molto informarti che il piccolo John si ammalato. Sta veramente molto male e il medico dice che difterite. La settimana scorsa entrato in ospedale a Tottenham e adesso sta un po' meglio, ma ha ancora la febbre molto alta. Come puoi immaginare non facile procurarsi le medicine e neanche, trovare i medici per curarlo con tanti uomini al fronte, com' giusto che sia. Quando sveglio sta allegro, e siamo andati a trovarlo in ospedale. Mi chiede di dirti che ti vuol bene. Mi spiace affliggerti con questa notizia, ma penso che andr tutto bene. Sente molto la tua mancanza e so che ti ama. Le nostre preghiere sono tutte per te. Con affetto, Margaret". Insieme alla posta erano arrivate le razioni. C'erano scatolette di stufato e manzo lesso che furono accantonate per il pasto di mezzogiorno, ma anche pane e marmellata da annaffiare con una tazza di t. Affamato dopo il turno di lavoro sottoterra, Jack mangi in fretta presso un posto di ristoro improvvisato, in cima alla trincea di comunicazione. A volte gli uomini che portavano le razioni avevano delle notizie, sia pure poco attendibili, sui movimenti delle truppe e sui piani elaborati dietro le linee; quel giorno non circolava neanche una parola. Jack mangi in silenzio prima di tornare al suo posto. John era nato 8 anni prima, quando Margaret aveva quasi 40 anni e ormai disperavano di poter avere dei figli. Era un bambino dagli occhi vispi, magro e biondo di capelli, con un'espressione assente che spesso cedeva il posto a scoppi di risa acute. La sua fragilit fisica era accentuata dalla semplicit della mente. Gli altri ragazzi della strada lo tolleravano fra loro solo quando avevano bisogno di qualcuno per fare numero. Nelle partitelle di calcio improvvisate faceva da portiere, e ogni tanto al cricket gli concedevano di fare il lanciatore, ma solo in caso di emergenza. Jack scrut con attenzione la scrittura diligente della moglie, tentando di far affiorare dalla memoria il viso del bambino. Nella penombra della sera piovosa, alla luce del mozzicone di candela di Tyson era difficile vedere bene. Chiuse gli occhi e si figur le ginocchia del figlio sotto i pantaloncini grigi logori, i grossi denti scoperti in un sorriso e i capelli arruffati, fra i quali a volte lui passava la mano in una carezza paterna. Da quando era al fronte, non pensava quasi mai a casa. Teneva nel portafogli una foto di Margaret, ma non di John. C'era sempre troppo a cui pensare per concedere alla mente di indugiare su ualcosa di non strettamente essenziale. Era quasi un anno che non tornava a casa, e gli riusciva difficile credere a quello che sosteneva Shaw, che, se le condizioni atmosferiche fossero state buone, il fragore dei cannoni si sarebbe sentito fino a Londra. Il posto in cui si trovava lui, spesso sottoterra, senza un'idea chiara della posizione del villaggio piu vicino, sembrava distante da quelle strade e da quelle case come se ormai vivesse in un altro mondo. Quella notte rimase in iedi sul gradino sotto le feritoie, in fondo alla trincea, facendo la sentinella al posto di Tyson che non era ancora risalito dalla galleria. I minatori non avrebbero dovuto prestare servizio di sentinella, ma il loro ufficiale aveva concluso un accordo con la sua controparte della fanteria. In considerazione delle attivit nemiche e del conseguente pericolo nel sottosuolo, la fanteria assicurava una copertura di fuoco alle gallerie, a patto che i minatori si sottoponessero a qualcuna delle loro corv. Per Jack i giorni e le notti avevano finito per confondersi. Non c'era altro che il buio della galleria, il crepuscolo del tardo pomeriggio sotto la luce intermittente delle granate e l'oscurit della trincea

di notte, al riparo di un telo. Tendeva l'orecchio verso i rumori provenienti dalla terra di nessuno davanti a lui. I tedeschi avevano inviato delle pattuglie in ricognizione notturna, allo scopo di controllare i movimenti del nemico e di innervosirlo. Jack immaginava che anche dalla sua parte ci fossero uomini di guardia nelle postazioni d'ascolto che avrebbero udito qualunque suono prima di lui, ma nella sua trincea le sentinelle non venivano mai informate, per timore che questo le rendesse troppo poco zelanti. Il battaglione di fanteria veniva da Londra; chiamavano gli scavatori "topi di chiavica" ed erano ansiosi di dimostrare la loro inefficienza come soldati. Jack era cos stanco da aver superato lo stadio in cui possibile dormire. Il suo corpo aveva trovato un ritmo automatico, alimentato da chiss quale fonte di lucidit, che lo teneva, se non sveglio, abbastanza vigile, mentre gli uomini si appisolavano e sonnecchiavano sul terreno, alcuni abbandonati come morti sul fondo della trincea, altri appoggiati con le spalle alle assi di legno. Pi avanti, lungo le linee, si sentivano lavorare i gruppi addetti alla riparazione delle trincee. Ora il viso di John era nitido nella sua mente: il bambino pallido e solitario che rincorreva la bandadi ragazzi di strada, il piccolo che cominciava a camminare traballando sui piedi malsicuri. Gli sembrava di risentire la sua vocetta acuta da londinese, con i saluti ripetuti all'infinito e l'ottimismo infondato. S'immagin il bambino nella corsia dell'ospedale con il soffitto alto, le chiazze gialle delle lampade a gas, le cuffiette inamidate delle infermiere e l'odore di sapone e disinfettante. Il sonno lo gherm come un aggressore invisibile. Non era pi la luce sinistra della corsia, ma le lampade di un enorme bar nel pub vicino alla Lea Bridge Road: gli uomini vestiti di scuro col berretto in testa, le nuvole di fumo, i boccali di birra levati per brindare. Altre immagini si sgranarono, una dopo l'altra: la cucina della casa dei suoi genitori, a Stepney; un parco, un cane; di nuovo il pub illuminato, affollato di clienti; e il viso di John, il suo caro bambino. Si vide offrire una grande tentazione, una parentesi di quiete, un po' di sonno per cui avrebbe venduto la vita dei commilitoni, e accolse l'offerta, senza accorgersi che si stava l abbandonando, la testa in avanti, incassata tra le spalle doloranti che per ore, senza tregua, avevano spalato terra francese. Non si rese conto di dormire se non quando fu di nuovo sveglio; si accorse di scivolare in avanti solo quando 1 stivale lo colp alla caviglia. -Come ti chiami?-Era la voce di un ufficiale. -Firebrace, signore. -Oh, sei tu, Firebrace.-Riconobbe il tono sorpreso del capitano Weir. -Dormivi?-La voce del primo ufficiale era gelida. -Non lo so, signore. So solo che non stavo ascoltando e.,. -Ti sei addormentato mentre eri di sentinella. E' un reato da corte marziale. Presentati da me domani alle 6, accompagnato dal tuo sergente. Conosci la pena. -Sissignore.-Jack guard i 2 uomini riprendere il giro di ronda e svoltare a sinistra in fondo al camminamento, con la punta delle sigarette accese che ardeva rossa nel buio. Gli diede il cambio Bob Wheeler; un altro minatore. Lui torn da Tyson e Shaw, addormentati sotto la tettoia di legno. Per lui non c'era spazio accanto a loro, cos prese dallo zaino una manciata di sigarette e torn indietro lungo la trincea di comunicazione, superando l'altol svogliato di una sentinella. Scavalc il parapetto posteriore della trincea di rincalzo, ritrovandosi in una zona dov'erano accatastate pile di munizioni e di rifornimenti, assicurate da cinghie e protette con un'incerata dalla pioggerella fine. Poco lontano era di uardia un gruppo di uomini, fra cui un sergente, e lui and a farsi riconoscere. Disse che stava andando alle latrine e lo lasciarono passare. Trov un albero che non era stato danneggiato dalle granate e si sedette ai suoi piedi, accendendo una sigaretta e aspirando il fumo. Prima della guerra non aveva mai toccato il tabacco, ma adesso era il suo pi grande conforto. Se la corte marziale lo avesse riconosciuto colpevole, avrebbero potuto fucilarlo. I minatori erano diventati sempre pi parte integrante dell'esercito; anche se non avevano subito le umilianti esercitazioni e punizioni impartite ai fanti prima che fossero giudicati pronti a combattere, avevano perso la condizione privilegiata che avevano all'inizio. Quando Jack era

arrivato a Ypres con gli altri londinesi, Allen e Mortimer; gli avevano assicurato che avrebbero trascorso la guerra l, mentre le varie divisioni di fanteria si sarebbero avvicendate; invece fin dal principio si erano trovati coinvolti in costanti e sconcertanti spostamenti, proprio l'inconveniente che l'organizzazione aveva lo scopo di prevenire. Erano divenuti soldati, e ci si aspettava da loro che uccidessero il nemico non solo minando il terreno, ma anche con la baionetta o le mani nude, se necessario. Non era questa la vita che Jack aveva immaginato arruolandosi volontario. Ormai trentottenne, probabilmente avrebbe potuto evitare il servizio di leva, ma a Londra non trovava lavoro. Margaret aveva 10 anni di pi, e John le dava gi abbastanza da fare; di tanto in tanto riusciva a farsi assumere come donna delle pulizie, ma i soldi non bastavano mai. Jack era convinto che la guerra non sarebbe durata a lungo e aveva detto a Margaret che sarebbe tornato a casa entro l'anno, dopo aver messo da parte met della paga. Lei era una donna pratica, di origini irlandesi, che si era sentita attratta dall'umorismo e dalla gentilezza di Jack. Si erano conosciuti al matrimonio di una delle sue 8 sorelle, che sposava un compagno di lavoro di Jack. Al ricevimento dopo la cerimonia, Jack aveva bevuto birra e improvvisato giochi di prestigio per un gruppo di bambini. Aveva un grosso viso squadrato, con i capelli divisi da una scriminatura al centro. Le era piaciuto il modo in cui aveva parlato con i bambini, prima di cominciare a scherzare con gli altri uomini venuti ad assistere alle nozze dell'amico. -Sono una vecchia zitella,-aveva detto a Jack quando lui era venuto a trovarla una settimana dopo.-Non credo che tu voglia metterti con me. E invece pareva che lui sapesse esattamente ci che voleva, e 3 mesi dopo si erano sposati. Accendendosi un'altra sigaretta sotto l'albero, ascoltando il sibilo lacerante di un'altra granata che cadeva oltre le linee inglesi, circa 800 metri pi a sud, Jack Firebrace cominci a tremare. Si era creduto indifferente alla morte; aveva pensato di averci fatto il callo, ma non era cos. Se lo avessero dichiarato colpevole, lo avrebbero portato da solo all'alba in qualche posto appartato dietro le linee, una radura nella foresta, il cortile dietro il muro di una fattoria, e lo avrebbero fucilato. Avrebbero chiesto ai membri della sua unit, minatori e zappatori, uomini che non erano stati addestrati a sparare sul nemico, di far parte del plotone d'esecuzione. Alcuni avrebbero ricevuto pallottole a salve e altri no; nessuno avrebbe saputo se il colpo fatale era stato sparato da Tyson o Shaw, da Wheeler o Jones. Lui sarebbe caduto come i milioni di morti che erano gi sprofondati nel fango: garzoni di fornai della Sassonia, braccianti agricoli della Francia e operai del Lancashire , tanti muscoli e tanto sangue finiti a concimare la terra. Non poteva contemplare quella possibilit senza tremare. Quando c'era un combattimento o un'incursione era naturale aspettarsi di morire; quello che riusciva pi difficile accettare erano le perdite causate dai colpi dei cecchini, dalle granate e dai proiettili di mortaio, dall'esplosione di una galleria, insieme all'incessante consapevolezza che ogni istante poteva portare la morte in 100 modi diversi. Eppure pian piano Jack si era avvezzato anche a quello. Ogni volta che andavano a riposo, ci voleva un giorno intero di sonno prima che riuscisse ad abituarsi a non avere continuamente paura; poi cominciava a ridere e raccontava storielle, pervaso da un'ondata di sollievo. L'indifferenza che aveva coltivato, tuttavia, riguardava lo sterminio di nemici, colleghi e amici; non era indifferente, ammise con se stesso, alla prospettiva della propria morte. Si prese la testa fra le mani, pregando Dio di salvarlo. Non c'era nessun compito che volesse portare a termine, non c'era un destino da cui si sentisse chiamato: voleva semplicemente rivedere Margaret, voleva accarezzare i capelli di John. Mio figlio, pens, seduto l sotto la pioggia, il mio caro bambino. Per l'esito finale della guerra non avrebbe fatto la minima differenza se lui viveva o moriva; non aveva importanza che quel giorno fosse toccato a Turner di avere la testa staccata dal collo, o che domani toccasse a lui, a Shaw o a Tyson. "Che muoiano pure", preg, vergognandosi di se stesso; "che muoiano loro, ma ti prego, Dio, fammi vivere". Rimase solo per tutta la notte, indisturbato, costringendo la mente esausta a rievocare ricordi della sua vita, immagini di ci che aveva

fatto potessero aiutarlo e confortarlo, se mai avesse dovuto affrontare le file di fucili puntati contro di lui. C'erano le partite di calcio a Hackney Marshes, il cameratismo degli operai durante la costruzione della sotterranea di Londra; volti e voci isolati emersi dall'infanzia; suo figlio. Non c'era nulla che potesse farla apparire una vita degna di essere salvata. Alla fine la memoria gli offr solo frammenti dei primi anni d'infanzia: lui da piccolo, seduto davanti ai fornelli della cucina, l'odore della madre quando gli dava il bacio della buonanotte. Con quelle immagini venne il desiderio di dormire, di arrendersi. Si alz, stirando le braccia e le gambe irrigidite, poi sgattaiol di nuovo al suo posto nella trincea, scivolando a fianco di Tyson e Shaw. Poco prima dell'alba and in cerca del sergente Adams. -Andiamo, allora,-disse Adams.-Mettiti in ordine. Allaccia la cintura come si deve.-Non era il tipo di sergente che gli uomini temevano. Aveva un senso dell'umorismo beffardo e alzava la voce di rado. In segreto gli uomini lo ammiravano.-Ho saputo tutto di te. Addormentarti di sentinella!-Jack non replic. Era pronto a morire.-Forse sarai fortunato. Alcuni di questi giovani ufficiali vanno a corrente alternata. Il si nor Wraysford il pi strano che ho visto in vita mia. Si fa la legge da s. Da questa parte.-Adams lo condusse lungo una trincea stretta, sul retro della quale erano stati scavati parecchi rifugi e, indicando un'entrata in fondo alla linea gli ordin di scendere da solo. Jack alz gli occhi verso l'oro del mondo che cominciava a delinearsi nella luce grigia: gli alberi bruciati e devastati dalle esplosioni, i campi un tempo verdi e ora di un bruno uniforme, dove tutta la terra era stata rivoltata dalle granate. Si era riconciliato con l'idea di lasciarlo. Scese la scaletta di legno e trov una cortina antigas che schermava una porta artigianale. Buss e attese. Una voce rispose di entrare e lui spalanc la porta. All'interno c'era un forte odore di paraffina e il fumo di pipa oscurava l'interno della stanza. Jack riusc a distinguere un letto a castello, con una figura che dormiva raggomitolata sulla brandina inferiore, e un tavolo con delle sedie improvvisate . Era meglio della maggior parte delle squallide sistemazioni che aveva visto, anche se le rozze assi che ricoprivano le pareti e l'uso di rimediare alla carenza di utensili essenziali con tazze spaiate, candele, lucignoli e chiodi gli conferiva un aspetto primitivo. -Chi sei?-La domanda proveniva da un tenente, 1 dei 2 ufficiali seduti al tavolo . L'altro era il comandante della compagnia di Jack, il capitano Weir, in visita alla fanteria. -Firebrace, signore. Mi ha detto di presentarmi a rapporto da lei alle 6 di stamattina. -Perch? -Mi sono addormentato mentre ero in servizio di sentinella. L'ufficiale si alz per avvicinarsi a jack e lo scrut in faccia, da vicino. Jack vide un uomo con i capelli scuri appena brizzolati alle tempie; aveva dei folti baffi che nascondevano il labbro superiore e grandi occhi castani che lo fissavano pensierosi. Poteva avere qualunque et fra i 25 anni e i 40. -Non me ne ricordo affatto. -Penso che volesse deferirmi alla corte marziale, signore. -Non credo che potrei farlo. Tu non fai parte della mia unit. Sei 1 zappatore, non vero? -Sissignore. - 1 dei tuoi, Weir. Jack guard Weir e not la bottiglia di whisky quasi vuota posata sul tavolo. C'erano solo 2 bicchieri.-Siedi. -No. -Siediti, Firebrace. Bevi qualcosa,-lo invit Weir. -No, grazie, signore. Se io.,. -Siediti lo stesso.-Jack si guard attorno. Non voleva occupare una sedia che poteva appartenere al comandante della fanteria, un tipo irascibile di nome Gray ,

che aveva sentito lanciare ordini. Si chiese dov'era; a strapazzare le sentinelle, forse. Alla fine prese la sedia che Weir gli allung con un calcio. Weir portava di nuovo le scarpe morbide e il maglione bianco. Aveva la barba lunga e gli occhi iniettati di sangue. Jack abbass lo sguardo, timoroso di incontrare il suo. Sul tavolo c'erano anche 5 carte da gioco disposte a stella, coperte, con sottili tracce di sabbia fra l'una e l'altra. Al centro del pentacolo c'erano una figurina di legno intagliata e un mozzicone di candela. -Questo il tenente Wraysford,-spieg Weir.-Il suo plotone vicino alla tua sezion delle linee. Sono suoi gli uomini che proteggiamo dalle mine. Ieri sera ne aveva 2 l fuori, in una postazione d'ascolto. Forse era preoccupato per loro, vero, Wraysford? -No. Brennan e Douglas se la cavano benissimo. Sanno quello che fanno. -Non vuoi parlare a quest'uomo? -Lo farei se riuscissi a ricordare chi era.-Si rivolse a Jack.-Fra un minuto sar pronto il t, se non vuoi il whisky. Dir a Riley di prepararne una tazza in pi.-Man mano che gli occhi di Jack si adattavano all'oscurit, vide che le pareti erano in parte rivestite di stoffa. Sembrava una costosa seta straniera, o forse era cotone. Sopra un armadietto c'erano altre statuette di legno che rappresentavano figure umane. Sugli scaffali nell'angolo non c'erano fotografie, ma alcuni schizzi di teste e corpi eseguiti da un dilettante. Si accorse che il tenente aveva seguito la direzione del suo sguardo.-Tu disegni?-Gli domand. -Un po',-rispose Jack,-ma ora non ho il tempo n la calma sufficienti. Riley, un ometto dai capelli grigi con una linda uniforme da attendente, port un vassoio con 3 tazze di t. Allung la mano verso un sacchetto sospeso al soffitto, fuori della portata dei ratti, e prese lo zucchero. Jack osserv il tenente dirigersi verso gli scaffali e scegliere 1 schizzo.-L'anatomia umana straordinariamente semplice,-disse.-Prendiamo per esempio la struttura delle gambe: 2 ossa lunghe con una semplice giuntura per fletterle e proporzioni sempre uguali. Ma quando le disegni difficile suggerire la forma. Chiunque pu vedere questo muscolo sulla coscia, il quadricipite. Non avevo mai saputo che ce ne fosse un altro qui, all'interno, il sartorio. Ma se lo enfatizzi, la figura risulta troppo muscolosa.-Jack guardava le dita del tenente seguire le linee della gamba sul disegno mentre parlava. Non era sicuro se l'uomo parlava per stuzzicarlo, prolungando la sua agonia, o se voleva davvero parlare di disegno. -Certo,-aggiunse il tenente con un sospiro,-la guerra ha assicurato a tutti noi lezioni quotidiane di anatomia. Potrei scrivere un trattato sui principali organi del soldato semplice inglese. Fegato in sezione. Intestini e loro estensione una volta estratti. La friabilit delle ossa del subalterno inglese medio. Jack toss.-Mi scusi, signore. Posso chiederle dell'accusa? -L'accusa? -Perdio, Wraysford,-esclam Weir,-hai detto a quest'uomo di presentarsi a rapporto da te perch si era addormentato. Vuole sapere se lo manderai davanti alla corte marziale. Vuole sapere se dovr ascoltare una lezione d'arte o essere fucilato. -Non c' nessuna accusa. Tu non sei ai miei ordini.-Jack sent un bruciore caldo agli occhi.-Sono certo che ti punir il tuo comandante di compagnia, se lo desidera. Weir scosse la testa.-Nessuna ulteriore sanzione. -Grazie, signore. Grazie, signore.-Jack guard i 2 con amore e gratitudine. Comprendevano le difficolt di un uomo sottoposto a una tensione eccessiva. Era certo che la loro clemenza scaturisse dalla compassione per lui. Tir fuori la lettera di Margaret. Nel suo entusiasmo per la vita, voleva dividere il peso della malattia del figlio.-Vede questa, signore. Ho ricevuto questa lettera da mia moglie. Il nostro bambino gravemente malato. Ero preoccupato per lui. Quando sono uscito dal tunnel non riuscivo a dormire, tanto ero in pena per lui. Tese la lettera a Weir, che assent.-Vedi, Wraysford?-Disse spingendo la lettera sul tavolo. -Si,-rispose Stephen.-La vedo.-Diffederite, dice. E' grave. -Potr avere il permesso di andare a trovarlo?

Stephen inarc un sopracciglio rivolto a Weir.-Ne dubito. Siamo gi a corto di uomini,-rispose Weir. Jack disse:-Lei ha figli, signore? Weir scosse la testa.-Non sono sposato. -E lei, signore? -No.-Jack annu pi volte, fra s. "E' buffo, a pensarci: io che sono laggi, mentre tutt'intorno a me gli uomini cadono stecchiti, eppure chi in pericolo lui". Osserv:-Ognuno degli uomini che uccidiamo di qualcuno. Ci pensi mai, quando li vedi morti? Ti sei domandato che cosa hanno pensato le loro madri la prima volta che l'hanno stretti al petto.,.se pensavano che sarebbero finiti cos? -NO, signore. Non ci avevo pensato in questo modo. I 3 uomini bevvero il t. Dall'esterno arrivava il sibilo delle granate. Sentirono il riverbero dell'esplosione nel rifugio. Frammenti di terra secca caddero dal soffitto. Stephen osserv:-Ieri sera 2 dei miei uomini sono rimasti per 8 ore in ascolto dentro un cratere di granata nella terra di nessuno. A cosa credi che pensassero, in tutto quel tempo? Non che potessero parlare.-Guardava Jack. -Non so, signore. Forse come quando noi stiamo nella galleria. Dopo un po' si smette del tutto di pensare. E' come se si smettesse di vivere. La mente come morta. -Mi piacerebbe scendere nella vostra galleria. -No che non ti piacerebbe,-ribatt Weir.-Non piace neanche ai minatori. -Mi piacerebbe scoprire che sensazione si prova. Alcuni dei miei uomini pensano che laggi non si lavori abbastanza in fretta. Sono convinti che non sentite arrivare il nemico. Hanno il terrore che li facciano saltare in aria da sotto. Weir scoppi a ridere.-Lo sappiamo benissimo. Jack si dimen sulla sedia. C'era qualcosa di strano nei 2 ufficiali. Aveva il sospetto che fossero ubriachi. Aveva sempre considerato Weir affidabile. Come tutti i comandanti delle compagnie di minatori, era un ingegnere civile che era stato trasferito. Sottoterra era cauto e competente, anche se prima della guerra non aveva esperienza, ma i suoi occhi sembravano allucinati e arrossati dal whisky. La peluria bruna sulle guance e sul mento era certamente il risultato di pi di un giorno senza rasatura. Il tenente, pens Jack, sembrava pi sobrio, ma per certi versi ancora pi strano. Non si riusciva a capire se parlava sul serio. Sembrava distratto e assente, ma anche entusiasta all'idea di andare sottoterra. Era come se non fosse presente, riflett Jack. L'affetto e l'euforia che aveva provato all'inizio cominciarono a svanire. Non voleva pi confidare loro i suoi sentimenti personali. Voleva stare di nuovo con Tyson e Shaw, o addirittura Wheeler e Jones, con il loro chiacchiericcio irritante; se non altro con loro sapeva sempre dov'era.-Ha idea di quando avremo un po' di riposo, signore? Chiese a Weir. -Domani, direi. Non potrebbero tenerci qui pi di tanto. E i tuoi uomini, Wraysford? Stephen sospir.-Dio lo sa. Non faccio che sentire voci dal comando di battaglione. Prima o poi dovremo attaccare. Non qui, per. -Dobbiamo perdere un po' di vite tanto per rabbonire i francesi?-Weir scoppi a ridere. -S, Oh, si, Vogliono sentire che non sono soli in questa impresa. Ma penso che raccoglieranno quello che hanno seminato. Riley ricomparve dal fondo del rifugio.-Sono quasi le 6, signore. Parata del mattino fra 10 minuti. -E' meglio che tu vada, Firebrace,-disse Weir. -Ci vedremo nel tunnel,-aggiunse Stephen. -Grazie, signore.-Jack usc dal rifugio, risalendo in superficie. Fuori era quasi giorno: il cielo basso delle Fiandre incontrava la terra in un orizzonte breve, appena qualche chilometro oltre le linee tedesche. Inal a fondo l'aria del mattino. La vita gli era stata risparmiata; sent un ultimo rimasuglio di euforia, mentre uardava il retro della trincea e vedeva le nuvolette di fumo delle sigarette e il vapore delle tazze di t strette da mani

intirizzite. Pens al tanfo dei corpi, ai pidocchi lungo le cuciture, agli uomini con i quali aveva paura di fare amicizia perch il giorno dopo si potevano smembrarsi sotto i suoi occhi. Quando finalmente ricevettero il cambio, i minatori ebbero il permesso di raggiungere un villaggio pi arretrato del loro solito accantonamento. Gli uomini erano cos stanchi che persino marciare sembrava un'impresa. 5 chilometri dietro le linee, si ritrovarono su una strada fiancheggiata da fossati. Era stato impartito l'ordine di riposo e alcuni uomini fumavano. Jack Firebrace si concentrava per procedere in linea retta sotto il peso dello zaino con gli strumenti supplementari per scavare. In fondo a un viale s'intravvedeva un villaggio, ma si accorse che se metteva a fuoco quell'immagine non riusciva a coordinare il movimento dei piedi. Aveva la sensazione di scendere da una scarpata, come se la strada fosse una trentina di metri pi in basso. Si riscosse un paio di volte di scatto, accorgendosi di avanzare come un sonnambulo . Qualche fila pi indietro, Wheeler dovette essere recuperato dal fosso dov'era caduto. Jack chiuse gli occhi un attimo, per difenderli dalla luce del giorno, ma li riapri subito avvertendo una sensazione di nausea accompagnata dalla perdita dell'equilibrio. C'erano cose che aveva creduto di non rivedere mai pi, segnali che la vita aveva continuato a scorrere, al di fuori dell'inferno circoscritto della sua esistenza. Un parroco venne loro incontro in bicicletta, sollevando il berretto nell'incrociare la colonna di soldati. Ai lati della strada c'era dell'erba ancora verde, che non era stata sradicata, e gli alberi erano in fiore . Quando si fermarono nella piazza del villaggio, ilsergente Adams permise agli uomini di sedersi, mentre gli ufficiali andavano in cerca di alloggi. Jack si appoggi al sostegno di pietra della pompa dell'acqua del villaggio. TYson lo fissava con occhi vacui, incapace di registrare il cambiamento dell'ambiente che lo circondava. Dalle case della stradina dietro la piazza si levavano fili di fumo. Scorsero una bottega di alimentari e un macellaio, sulla porta del quale giocavano 2 bambini. Poi Jack ud una voce di donna. Parlava un linguaggio straniero, con un accento aspro che non gli era familiare, ma era impossibile sbagliare: era una donna. La voce apparteneva a una donna robusta sulla trentina , che stava parlando con una ragazza bionda. I minatori ascoltarono le voci acute portate fino a loro dall'aria sottile del mattino, come ricordi consolanti di una vita perduta. Altri 2 membri del plotone di Jack, Lone e Fielding, si erano addormentati sull'acciottolato, l dove si erano distesi. Jack si lasci sommergere lentamente dalla sensazione del riposo, cercando di adattarsi all'assenza di paura. Si volse a guardare Shaw, seduto accanto a lui; aveva il viso con la barba lunga nero di terriccio e gli occhi bianchi e fissi sotto lo strato di sudiciume. Non aveva aperto bocca da quando era cominciata la marcia, e il suo corpo sembrava come pietrificato. All'angolo della piazza un cane bianco prese ad abbaiare. Correva in cerchio davanti alla bottega del macellaio, finch il macellaio in persona usc per allontanarlo battendo le mani. Poi si avvicin per annusare i piedi degli uomini che gli erano pi prossimi. Scodinzol eccitato per la presenza di tante persone: aveva il muso a guzzo, puntuto, e una coda piumosa che s'inarcava sulla sciena. Dopo aver leccato lo stivale di Jack, appoggi la testa sul ginocchio immobile di Shaw. Lui abbass lo sguardo su quegli occhi vivaci che frugavano il suo viso, cercando di capire se era disposto a dargli qualcosa da mangiare, e cominci ad accarezzare la testa del cane. Jack vide le grosse mani da minatore di Shaw passare sul dorso morbido dell'animale: dolcemente, Shaw appoggi la testa al fianco del cane e chiuse gli occhi. Il capitano Weir li guid verso un granaio alla periferia del villaggio. Il contadino si era abituato a ospitare le truppe e mercanteggiava con abilit. Molti uomini lasciarono cadere gli zaini e si addormentarono sulla prima bracciata di paglia che riuscirono a trovare. Tyson scov un angolo pulito, dove invit Shaw e Firebrace. Ciascuno di loro detestava le abitudini degli altri, ma ormai si conoscevano bene e temevano di trovare di peggio. Nel pomeriggio, Jack

si svegli e usc nel cortile della fattoria. Stavano alimentando la cucina della compagnia, che consisteva in un fornello montato su ruote; un carretto tirato da un cavallo era venuto a consegnare disinfettanti e polvere contro i pidocchi sotto l'occhio critico del furiere. Jack si avvi lungo il sentiero che portava al villaggio. Non parlava una parola di francese e tutto ci che vedeva, edifici, campi e chiese, gli appariva profondamente estraneo. Il conforto di non essere esposto al fuoco era diluito da una crescente nostalgia. Prima della guerra non era mai stato all'estero; solo 2 o 3 volte aveva lasciato i rumori e le consuetudini rassicuranti delle vie di Londra in cui era stato allevato. Gli mancavano lo sferragliare dei tram, le lunghe file di case della parte settentrionale di Londra e i nomi che lo facevano sentire a casa sua: Turnpike Lane, Manor House, Seven Sisters. A godere del riposo c'era anche un battaglione di fanteria, e il villaggio era invaso dal frastuono e dalla confusione di un esercito che si riordinava, riposava e cercava di rimettersi in forze. Jack pass come un bambino in sogno fra cavalli che sbuffavano, sottufficiali che sbraitavano e capannelli di soldati che fumavano e ridevano. Persino ci che accadeva a pochi chilometri di distanza veniva tenuto segreto. Nessuno di quegli uomini sarebbe stato disposto a ammettere che quanto aveva visto e fatto oltrepassava i limiti del comportamento umano. Non ci si crederebbe mai, pensava Jack, che quel tizio col berretto spinto all'indietro, che scherzava con l'amico davanti alla vetrina della macelleria, avesse visto un altro compagno morire in un cratere di granata, con i polmoni gorgoglianti di schiuma prodotta dai gas. Nessuno ne parlava; e anche Jack partecipava alla tacita intesa di fingere che tutto andava bene, ch l'ordine naturale non era stato violato. Lui dava la colpa ai sottufficiali, che a loro volta incolpavano gli ufficiali; questi imprecavano contro gli ufficiali di stato maggiore, che biasimavano i generali. La cucina della compagnia cominci a distribuire stufato bollente, caff e, per i pi affamati, una seconda portata composta di grasso e acqua mescolati a formare un surrogato di salsa. Jack divor tutto con avidit, tenendo nell'altra mano un pezzo di pane appena sfornato. Wheeler si lamentava che il rancio era disgustoso, niente di paragonabile al t che gli preparava sua moglie o al pesce con patatine fritte che mangiava a volte per cena tornando dal pub. Lone rievocava pasticci di carne con patatine novelle, seguiti da un pan di Spagna. Tyson e Shaw non erano propensi a lamentarsi, anche se nessuno dei 2 apprezzava granch il cibo. Jack fin anche la porzione di Tyson. Si vergognava troppo per ammettere che il rancio dell'esercito, bench irregolare e a volte guastO quando arrivava al fronte, per lo pi era migliore del cibo che poteva permettersi a casa sua. Shaw si era rianimato. Col suo dorso possente aiutava a spostare balle di fieno fresco nel granaio; la sua voce di basso si univa di nuovo alle canzoni sentimentali che venivano intonate dopo il pasto. Jack ne fu lieto; le sue possibilit di reggere a quella vita innaturale dipendevano dalla capacit di resistenza degli altri e Arthur Shaw, con la bella testa massiccia e l'atteggiamento calmo, era la sua pi grande fonte di ispirazione. Di buon umore, sopportando le battute appena comprensibili delle lavandaie che si erano presentate a ritirare i vestiti, gli uomini si misero in fila nudi per raggiungere i bagni installati in un lungo fienile. Jack stava dietro a Shaw e ammirava la sua schiena da gigante, con la muscolatura possente delle scapole, tanto che in confronto la vita, bench abbastanza robusta, sembrava sottile, sopra le fossette del coccige e la curva grassoccia delle natiche irsute. All'interno del fienile gli uomini si lasciavano andare a canzoni chiassose o gridavano insulti, lanciando saponette e schizzando l'acqua, dalla temperatura variabile, alle vasche improvvisate in botti di vino e truogoli. Vicino alla porta era appostato il sergente Adams con una pompa d'acqua fredda, all'estremit della quale applicava un dito per aumentare la pressione e spingere gli uomini all'aperto dove avrebbero recuperato i vestiti che, per quanto puliti, erano ancora infestati dagli onnipresenti pidocchi. Quella sera ritirarono la paga, in biglietti da 5 franchi, e si misero in cerca di un modo per spenderla. Da quando era stato nominato buffone ufficiale del reparto, Jack Firebrace era ormai considerato anche il responsabile dei divertimenti. Rasati d i

fresco, con i capelli ben pettinati e le mostrine lucide, si presentarono da lui Tyson, Saw, Evans e Lone. -Vi voglio di ritorno per le 9 di mattina, e sobri,-disse il sergente Adams mentre uscivano dai cancelli della fattoria. -Si accontenter delle 9 e mezzo?-Grid Evans. - 9 e mezzo e mezzi sbronzi,-disse Jack. -Mi sta bene.-Gli uomini continuarono a ridere per tutta la strada fino al villa gio. File disordinate si formavano davanti a ogni bottega dov'era stato installato un bar improvvisato, di quelli che chiamavano estaminet. Sfruttando le sue doti di maestro di baldorie, Jack punt su un cottage con la cucina illuminata davanti alla quale stazionava una piccola coda. Gli uomini lo seguirono, aspettando finch ci fu spazio sufficiente per affollarsi intorno a un tavolo, dove una donna anziana depositava piatti pieni di patate fritte estratte da una padella di olio bollente. I commensali si passavano bottiglie da un litro di vino bianco senza etichetta. Gli uomini non ne apprezzarono il gusto asciutto e convinsero una delle donne pi giovani a portare dello zucchero che versarono nei bicchieri. Pur continuando a fare smorfie disgustate, riuscirono a berne in quantit. Jack assaggi una bottiglia di birra, ma non somigliava ai boccali che la memoria gli serviva nel pub vittoriano di casa sua, fatti col luppolo del Kent e l'acqua di Londra. Il sonno li colse tutti a mezzanotte, quando Tyson spense l'ultima sigaretta nella paglia. In mezzo al coro assordante di uomini che russavano, dimenticarono ci che non si poteva perdonare. Jack not che uomini come Wheeler e Jones affrontavano ogni giornata come se fosse un turno di lavoro e la sera parlavano fra loro nello stesso modo scherzoso che avrebbero usato a casa, punzecchiandosi. Forse era la stessa cosa che facevano i 2 ufficiali, in un modo che a lui riusciva incomprensibile; forse tutti quei discorsi sul disegno erano solo un modo di fingere che tutto fosse normale. Mentre cominciava a scivolare nel sonno, si concentr intensamente sul pensiero di casa sua; tent di immaginare il tono di voce di Margaret e le parole che gli avrebbe detto. La salute di suo figlio divenne pi importante delle vite dei compagni. Nessuno aveva brindato a Turner nell'estarninet; nessuno lo aveva ricordato, insieme agli altri 3 che se n'erano andati con lui. La sera prima del giorno previsto per il ritorno al fronte ci fu una serata musicale. Gli uomini non conoscevano vergogna. Wheeler e Jones cantarono un duetto sdolcinato su una ragazza che valeva un milione di desideri. Lone recit una poesia su una casetta con le rose al cancello e un uccello su un albero che cantava trallall. Weir, che era stato convinto a suonare il piano, impallid per l'imbarazzo quando Arthur Shaw e il resto della sezione, uomini che sapeva responsabili personalmente della morte di almeno un centinaio di persone, intonarono dei versi che invocavano il bacio della mamma. Weir si ripromise di non socializzare mai pi con i soldati. Jack Firebrace raccont una serie di barzellette nello stile da comico di music hall. Gli uomini intervenivano con qualche battuta, ma non smettevano di ridere della sua esibizione. Il viso solenne di Jack luccicava per lo sforzo di reggere la commedia e la reazione entusiasta degli uomini, che fischiavano e si scambiavano pacche allegre, era un pegno della loro determinazione e della loro paura. Jack guard la sala che era stata presa in prestito per l'occasione. C'era un mare di facce rosse, sorridenti e lucide alla luce della lampada, a gridare e cantare con la bocca aperta. Agli occhi di Jack, dal suo osservatorio privilegiato sulla cassetta rovesciata in fondo alla sala, sembravano tutte uguali. Ciascuno di quegli uomini poteva avere una storia diversa ma, all'ombra di ci che li aspettava, erano intercambiabili. Lui non desiderava amarne 1 pi dell'altro. Verso la fine dello spettacolo, si sent lambire dall'onda della paura. L'addio a quel villaggio anonimo gli sembrava ora la separazione pi difficile che avesse mai dovuto sopportare; non aveva affrontato neanche il saluto ai genitori, alla moglie o al figlio, neanche lo straziante addio alla stazione, col cuore cos pesante come adesso, per quella breve marcia di ritorno attraverso i campi francesi. Ogni volta diventava pi difficile. Non era riuscito a temprarsi o a farci l'abitudine. Ogni volta gli sembrava di dover attingere ancora pi a fondo alle sue riserve di determinazione incosciente. In un impeto di paura e di solidariet verso quella

massa di facce rosse, concluse la sua interpretazione con una canzone, intonando : -"Se tu fossi l'unica ragazza al mondo".-E quelle parole furono accolte con gratitudine dagli uomini, come se esprimessero i loro sentimenti pi profondi. Ormai da 3 giorni la sezione del fronte in cui si trovava Stephen veniva bombardata a intervalli irregolari, e si riteneva imminente un attacco su vasta scala. La mattina del terzo giorno, si alz controvoglia e and a scostare la cortina antigas del rifugio con gli occhi appesantiti dalla stanchezza. Il suo Corpo non era alimentato dall'energia naturale fornita dal cibo e dal sonno, ma da qualche sostanza chimica nervina secreta da ghiandole sconosciute. Aveva la bocca amara, riarsa, e l'acredine si estendeva gi fino allo stomaco. Il cranio gli pulsava in profondit con un ritmo disordinato, affrettato, e cominciavano a tremargli le mani. Doveva andare a rassicurare gli uomini del plotone. Trov Brennan e Douglas, 2 tra i pi esperti, seduti sul gradino destinato ai tiratori scelti, pallidi in volto, con almeno 60 mozziconi di sigaretta sparsi sul terreno. Stephen scambi qualche battuta con loro. Non era popolare fra i soldati; gli riusciva difficile trovare parole che fossero d'incoraggiamento o d'infrazione, dal momento che lui per primo era convinto che la guerra fosse insensata, e non riusciva neanche a intravederne la fine. Era stato rimproverato dal comandante della compagnia, il capitano Gray, un uomo abile ed energico, per aver detto a un soldato che secondo lui la guerra sarebbe peggiorata ancora, prima di poter migliorare. I commenti di Brennan sulla pioggia di granate contenevano la solita percentuale di oscenit. Il suo intercalare preferito ricorreva cos spesso in quei discorsi che dopo qualche tempo anche Stephen aveva smesso di badarci, e lo stesso valeva per tutti gli altri. Stephen era stato promosso sul campo, sia perch aveva un'istruzione superiore agli altri, sia perch tutti gli ufficiali subalterni che avevano frequentato l'universit e non erano ancora morti si erano visti affidare il comando di una compagnia. Gray lo aveva scelto nel gruppo, rinviandolo in Inghilterra, dove Stephen aveva trascorso un periodo di addestramento in una unit di cadetti. Al ritorno in Francia aveva ricevuto un ulteriore addestramento dagli ufficiali del comando di Bthune, anche se, a suo modo di vedere, il momento veramente decisivo si era verificato durante una partita di calcio nella quale avrebbe dovuto fare sfoggio di temperamento. Li aveva accontentati, scontrandosi con un giocatore della squadra avversaria, e gli avevano offerto un frettoloso giro guidato del fronte in 3 settimane, sotto l'ala di un maggiore asmatico che si avventurava per la prima volta all'esterno del comando di brigata. Il maggiore aveva insistito sul fatto che Stephen non doveva rivedere nessuno dei suoi ex commilitoni; doveva ripresentarsi fra loro come un essere diverso e superiore, che aveva acquisito come per magia gli attributi di ufficiale. Il maggiore lo aveva congedato con un saluto ansante e Stephen si era ritrovato in possesso di una cintura lucente, un paio di stivali nuovi e un attendente pieno di deferenza. Fino a quel momento non aveva incontrato nessuno del suo antico plotone, anche se gli uomini con i quali era stato addestrato e aveva combattuto si trovavano appena un centinaio d i metri pi in l lungo il fronte. -Neanche una parola su quando finir tutto questo, allora?-Chiese Douglas. -A me non lo anno detto. Tu che ne pensi? -Vorrei che ci dessero un taglio. -Tanto vale sperare che facciano l'intervallo del pranzo.-Era la replica pi spiritosa che fosse venuta in mente a Stephen.-E' impossibile tenere un artigliere tedesco lontano dala sua salsiccia.-La bocca amara gli impediva di fare onore aquella facezia forzata. Nell'aria risuon un sibilo lacerante: era un colpo di cannone, un pezzo di medio calibro, il cui proiettile produceva un suono metallico e sferragliante che da principio parve strano, e poi improvvisamente allarmante, quando acceler avvicinandosi. Al momento dell'esplosione Brennan e Douglas si schiacciarono contro la parete della trincea. Il terreno sussult e granelli di terra piovvero delicatamente sulla loro testa. Stephen not che le mani di Douglas erano scosse da un tremito violento, mentre si ripuliva la faccia. Rivolto ai 2, tentenn il capo.-Non pu

durare per sempre.-I normali bombardamenti prendevano di mira durante la notte i settori dietro le linee: armi, munizioni e rifornimenti. Il martellamento del fronte in pieno giorno di solito precedeva un attacco, anche se Stephen sospettava che potesse trattarsi di una variazione tattica, o di una semplice svista. Percorse la trincea, parlando con gli altri membri del plotone che ricevevano gli ordini dai sottufficiali e consideravano Stephen poco pi che il simbolo di un'autorit remota, verso la quale dovevano comportarsi bene e mostrarsi rispettosi. Grazie all'amicizia con Weir, Stephen aveva imparato a conoscere i minatori quasi quanto i suoi stessi uomini e, con loro sotto il fuoco incessante, si rese conto che non sapeva quasi nulla della loro vita. Per lo pi erano londinesi che prima della guerra avevano fatto parte dell'esercito vittoriano e, Aveva una predilezione per Reveves, Byrne e Wilkinson, un sardonico trio che, a differenza di Brennan e Douglas, non si offriva mai volontario per le missioni pericolose, pur mantenendo una contagiosa e implacabile avversione per il nemico. Li trov insieme, come al solito, ma insolitamente silenziosi. Nell'ultima ora, una batteria di cannoni da campo aveva intensificato la sua attivit, rifer Reeves. Mentre lui parlava udirono la sonora detonazione prodotta da 1 di essi, seguita dall'ululato lacerante della granata. -Ora ci bersagliano senza interruzione,-osserv Reeves.-Stia a sentire.-I 3 uomini restavano compatti. Temevano le ferite da granata pi dei proiettili, perch ne avevano visto gli effetti. Un colpo diretto poteva cancellare ogni traccia fisica dell'esistenza di un uomo; 1 meno grave poteva dilaniarlo; persino una ferita circoscritta causava pi danni di una pallottola ai tessuti del corpo, perch spesso dava luogo all'infezione o alla cancrena. Qualche metro pi avanti, lungo la trincea, si lev un lamento acuto. Era un suono lancinante, allucinato, che riusciva a sopraffare persino il fragore del fuoco nemico. Un giovane di nomeTipper cominci a correre lungo il ponte di tavole, poi si fermo col viso levato al cielo e riprese a urlare, la voce di un terrore primordiale che scosse chi lo udiva. Il suo corpo agile era irrigidito e si vedeva il fremito dei muscoli facciali sotto la pelle: gridava di voler tornare a casa. Byrne e Wilkinson cominciarono a inveire contro di lui. -Aiutami,-disse Stephen a Reeves, e and a prendere il ragazzo per il braccio, tentando di farlo sedere sul gradino sotto le feritoie dei tiratori, mentre Reeves lo afferrava dalla parte opposta. Gli occhi del ragazzo erano fissi al cielo, e n Stephen n Reeves riuscirono ad allentargli i muscoli del collo e a fargli abbassare la testa. Sembrava che nel viso di Tipper la circolazione sanguigna si fosse arrestata. Il bianco degli occhi, a pochi centimetri da Stephen, non mostrava pi la trama rossa dei vasi sanguigni; c'era solo un circoletto bruno con la pupilla dilatata che fluttuava in un'area bianca, ingigantita dall'apertura spasmodica dell'occhio. La pupilla appariva sempre pi nera e grande, finch l'iride perse ogni luminosit e traccia di vita. Senza capire dove si trovava, il ragazzo ripeteva all'infinito, in tono di supplica, una parola incomprensibile, che doveva essere un vezzeggiativo usato per il padre o la madre. Era un'espressione di terrore allo stato puro. Stephen si senti assalire d'un tratto dalla compassione, e lascio il posto il pi presto possibile.-Portalo via,-ordin a Reeves.-Non lo voglio pi vedere qui. Tu e Wilkinson portatelo dall'ufficiale medico. -Sissignore.-Reeves e Wilkinson trascinarono il corpo rigido verso la trincea di comunicazione. Stephen era scosso. Quello sfogo di terrore istintivo faceva risaltare ancor di pi il carattere innaturale dell'esistenza che conducevano, e la normalit era proprio quello che nessuno di loro desiderava sentirsi ricordare. Quando rientr nel suo rifugio era in collera. Ogni minima incrinatura nella finzione sarebbe costata altre vite. Eppure, venire a patti con quel terrore appariva impossibile. A Ypres e in altre azioni avevano avuto il tempo di prepararsi a morire, ma il martellamento delle granate li aveva snervati tutti. Uomini che si erano mostrati pronti a marciare contro le mitragliatrici o a difendere le trincee fino all'ultimo respiro non riuscivano ad affrontare la morte sotto quella forma. Fingevano che ci fosse sotto qualcos'altro, l'evidenza di ci che avevano visto. Reeves aveva cercato invano

il fratello, senza trovare niente da seppellire, n una ciocca di capelli n un frammento di stivale, e lo aveva raccontato a Stephen con amarezza e incredulit. La granata che lo aveva investito era di un calibro tale che doveva essere caricata con una gru da una ferrovia leggera; dopo una traiettoria di oltre 9 chilometri ad alta quota, aveva lasciato un cratere tanto grande da poter accogliere una fattoria con tutti gli annessi. Non c'era da stupirsi, aveva commentato Reeves, che del fratello non fosse rimasta traccia. -Non m'importerebbe, se non fosse che era la mia carne e il mio sangue. Al pomeriggio del terzo giorno Stephen cominci a preoccuparsi degli effetti del bombardamento su tutti gli uomini del suo plotone. Si sentiva un semplice anello della catena, inutile e inutilizzato. Gli ufficiali superiori non avevano fiducia in lui; gli uomini ricevevano istruzioni dai sottufficiali e conforto dai compagni. Il bombardamento continuava. Stephen parl per qualche minuto con Harrington, il tenente che divideva il rifugio con Gray, poi bevve il t che Riley gli servi puntualmente alle 5. Usci a contemplare l'ultima luce del pomeriggio, Aveva ri reso a piovere, ma le granate continuavano a cadere lungo l'Orizzonte abbuiato lasciando una scia luminosa, come stelle inattese, nella turbolenta oscurit grigioverde. Verso mezzanotte entr nel rifugio Weir, che era rimasto senza whisky e voleva chiederne un po' a Stephen. Aspett che Gray fosse uscito. -Com' andato il turno di riposo?-Domand Stephen. -E' passato tanto tempo,-rispose Weir bevendo una generosa sorsata dalla fiasca che Stephen aveva spinto verso di lui.-Siamo tornati gi da 3 giorni. -Allora sei stato sottoterra. E' il posto pi sicuro. -Gli uomini escono da quel buco nel terreno e si trovano sotto questa pioggia di granate. Non sanno che cosa sia peggio. Non pu continuare cos, non ti sembra? -E' semplicemente impossibile. -Prendila con calma, Weir. Non ci sar nessun attacco. Sono l per restarci. Ci vuole uasi una settimana per far assestare quei grossi cannoni nel loro pozzo. -Sei un bastardo a sangue freddo, Wraysford. Dimmi qualcosa che mi faccia smettere di tremare, tutto qui. Stephen accese una sigaretta e sollev i piedi appoggiandoli sul tavolo.-Vuoi stare ad ascoltare le granate, o preferisci parlare di qualcos'altro? -E' quell'idiota di Firebrace col suo udito addestrato. Mi ha insegnato a distinguere fra un cannone e l'altro. Posso dirti il calibro di ognuno, la traiettoria del colpo, dove arriver, i probabili danni. -Eppure all'inizio la guerra ti piaceva, no? -Cosa?-Weir si drizz sulla sedia. Aveva un viso tondo e schietto, con i capelli biondi e radi. Quei pochi che gli erano rimasti, di solito erano irti o spettinati, quando si toglieva il berretto. Indossava la giacca di un pigiama e un maglione bianco da marinaio. Si rilass di nuovo leggermente sulla sedia, meditando sulle parole di Stephen.-Ora mi sembra impossibile, ma credo di si. -Non c' da vergognarsene. Avevamo tutti le nostre ragioni per arruolarci. Guarda Price, il nostro sergente maggiore. Qui rifiorito, no? E tu, ti sentivi solo? -Non voglio parlare dell'Inghilterra,-ribatt Weir,-Devo pensare a restare vivo. L sotto ci sono 8 dei miei uomini, con una galleria tedesca che gli va dritto incontro. -D'accordo,-disse Stephen.-Tanto fra mezz'ora devo uscire a controllare gli uomini. Il rifugio fu scosso dall'onda d'urto di una granata enorme. La lampada appesa alla trave oscill, i bicchieri sussultarono sul tavolo e dal soffitto caddero frammenti di terriccio. Weir serr il polso di Stephen in una morsa.-Parla, Wraysfor. Parlami di quello che vuoi. -E va bene, ti dir una cosa.-Stephen espir un filo di fumo.-Sono curioso di vedere come andr a finire. Da questa parte ci sono i tuoi topi di chiavica che strisciano sottoterra dentro budelli larghi 90 centimetri, Ci sono i miei uomini , impazziti per le granate. Il comandante non ci dice una parola. Io me ne sto qui seduto, parlo agli uomini, vado di pattuglia e mi stendo nel fango con le

mitragliatrici che mi solleticano il collo. Nessuno in Inghilterra sa come stanno le cose; se potessero vedere come vivono questi uomini, non crederebbero ai loro occhi. Questa non una guerra, un esperimento per vedere fino a che punto gli uomini possono degradarsi. Sono divorato dalla curiosit di vedere fin dove si pu ancora arrivare: voglio saperlo. Sono convinto che siamo appena agli inizi. Credo che saranno autorizzate azioni ben peggiori di quelle che abbiamo visto finora, e che saranno condotte da uomini come il mio Tipper e il tuo Firebrace. Non c' abisso di degradazione a cui non si possa istigarli. Vedi le loro facce uando vanno a riposo e pensi che non accetteranno altro, che qualcosa in loro dir basta, nessuno pu far questo. Invece basta un giorno di s onno, del cibo caldo e del vino nello stomaco, e fanno ancora di pi. Prima che sia finita, credo che faranno 10 volte tanto, e sono ansioso di sapere fin dove arriveranno. Se non avessi questa curiosit, camminerei verso le linee nemiche e mi farei uccidere. Mi farei saltare la testa con una di queste granate. -Tu sei pazzo,-esclam Weir. -Non vuoi vedere la fine? -Si, certo. Ma ora che siamo arrivati fin qui, voglio sapere qual' il senso di tutto questo.-Weir ricominci a tremare mentre il suono delle granate si avvicinava.-E' un fuoco di sbarramento misto. Il cannone da campo si alterna all'artiglieria pesante a intervalli di.,. -St' zitto,-disse Stephen.-Non torturarti. Weir si prese la testa fra le mani.-Parlami di qualcosa, Wraysford. Parlami di ualunque cosa che non sia questa guerra, Dell'Inghilterra, del calcio, di donne, di ragazze. Quello che ti pare. -Ragazze? Quelle che gli uomini chiamano le loro morose? -Se vuoi. -E' da molto che non ci penso. Il fuoco delle granate un eccellente antidoto contro i pensieri impuri. Alle donne non penso mai, appartengono a un'altra esistenza. Weir rimase in silenzio per un attimo, poi disse:-Sai una cosa? Non sono mai stato con una donna. -Cosa? Mai?-Stephen lo guard per vedere se diceva sul serio.-Quanti anni hai? - 32. Lo desideravo, l'ho sempre desiderato, ma a casa era difficile. I miei genitori erano molto rigidi. Un paio di ragazze che ho portato fuori di sera, b, erano.,.volevano soltanto farsi sposare. Poi c'erano le operaie in citt, ma quelle non avrebbero fatto che ridere di me. -Non t'incuriosisce sapere com'? -Si, si, certo. Ma ormai diventata una tale impresa, ha assunto una tale importanza nella mia vita, che sarebbe difficile. Stephen si accorse che Weir aveva smesso di ascoltare il bombardamento. Teneva lo sguardo fisso sul bicchiere che aveva fra le mani, profondamente assorto. -Perch non vai in 1 di quei posti dove vanno tutti, nei villaggi? Sono certo che riusciresti a trovare una donna alla buona, non troppo costosa. -Tu non capisci, Wraysford. Non cos facile. Per te diverso. Immagino che sarai stato con centinaia di donne, no? Stephen scosse la testa.-Buon Dio, no. C' stata una ragazza nel mio villaggio, che lo faceva con chiunque. Tutti i ragazzi del posto hanno perso l'innocenza con lei. Bastava farle un regalo, cioccolatini o denaro o qualcos'altro. Era una ragazza semplice, ma le eravamo tutti grati. Naturalmente rimase incinta, ma nessuno sapeva chi era il padre. Qualche quindicenne, probabilmente. -E' stato tutto? -No, ci sono state altre. I ragazzi erano ansiosi di farlo. Erano convinti che l'astinenza facesse male alla salute. Lo pensavano persino le madri. Ecco la differenza fra un villaggio del Lincolnshire e una cittadina come.,.come si chiama il tuo paese? -Leamington Spa. -Esatto. Il prezzo della rispettabilit,-comment Stephen sorridendo.-Per te stata una sfortuna. -A me lo dici?-Weir scoppi a ridere.

-Ben fatto. -Che significa, ben fatto? -Stai ridendo. -Sono ubriaco. -Non importa. Weir si vers di nuovo da bere e inclin la sedia all'indietro.-E cos, tutte quelle ragazze, Wraysford, raccontami.,. -Non cos tante. Forse 4 o 5, non di pi. -Molte, comunque. Dimmi, ce n' stata una che amavi? Ce n' stata una con cui lo hai fatto pi di una volta? -Si, credo di si. -Una sola? -Si, una sola. -E com' stato? Era diverso dalle altre volte? -Si, penso di si. Era molto diverso. Si confondeva con altri sentimenti. -Vuoi dire che tu.,.eri innamorato di lei, o cosa? -Si potrebbe anche dire cos. In quel momento non sapevo di che cosa si trattava. Provavo soltanto un'attrazione irresistibile. Non potevo farci niente. -Che cosa successo con questa donna? -Se n' andata. -Perch? -Non lo so. Un giorno sono tornato a casa, e lei non aveva lasciato neanche un biglietto o un messaggio. -Eravate sposati? -No. -Che cos'hai fatto? -Niente. Che cosa potevo fare? Non potevo inseguirla. L'ho lasciata andare. Weir rimase in silenzio per un attimo, poi disse:-Ma quando.,.sai, quando stavi con lei, era una sensazione diversa, un'esperienza diversa da quella con la ragazza del villaggio? O era lo stesso? -Quando se ne and non credo di averci pensato. Mi sentivo piuttosto come se fosse morto qualcuno. Come se tu fossi un bambino, e tua madre o tuo padre fossero scomparsi.-Stephen alz la testa.-Devi scoprirlo da solo. Durante la prossima licenza. O magari possiamo farti sgattaiolare in qualche modo dietro le linee. Uno dei miei uomini trover il modo. -Non essere ridicolo,-sbott Weir.-Piuttosto, dimmi di questa donna. Pensi a lei, adesso? Hai qualche ricordo? -Avevo un anello che le apparteneva, ma l'ho gettato via. -Non pensi mai a lei quando stai disteso qui la notte ascoltando i cannoni fuori ? -No. Mai.-Fuori ci fu un attimo di tregua. I 2 si guardarono alla luce fioca, col volto grigio e segnato dalla stanchezza. Stephen invidiava l'innocenza ancora visibile sotto la tensione che traspariva dai lineamenti schietti di Weir Lui aveva la sensazione di aver perso ormai tutti i contatti con qualunque felicit terrena potesse ancora esistere oltre il fragore dei cannoni. I capelli grigi che aveva alle tempie e sopra le orecchie sembravano ricordargli che lui era cambiato e non poteva pi tornare indietro.-E cos, prima della guerra ti sentivi solo? -Si. Vivevo ancora con i miei genitori. A quanto pare, non ero capace di andarmene. L'unica soluzione che mi venne in mente fu arruolarmi nell'esercito. Mio padre conosceva qualcuno nel corpo del genio, cos fu deciso. Sono entrato nell'esercito nel 1912. Avevi ragione, mi piaceva avere un ruolo, e mi piaceva il cameratismo. Era cos semplice. Prima non avevo amici, e tutt'a un tratto scoprii che avevo, se non l'amicizia, la compagnia di centinaia di uomini della mia et. Quando ottenni il brevetto di ufficiale, scoprii che alcuni di loro mi guardavano addirittura con ammirazione. Fu una sensazione grandiosa. -Ti sei comportato bene,osserv Stephen.-Gli uomini ti rispettano. -No,ribatt Weir,-liquidando l'argomento,-seguirebbero chiunque.,. -Dico sul serio. Sai come prenderli. -Grazie, Wraysford.

Stephen vers dell'altro whisky. Sperava sempre che lo facesse dormire, invece non gli faceva effetto. Se il sonno veniva, era come un dono, e poteva arrivare tanto dopo il t quanto dopo l'alcol.-I miei uomini non mi rispettano,-aggiunse. -Rispettano il sergente Price, o meglio hanno paura di lui. E fanno quello che dicono loro i caporali Smith e Petrossian. Ma io per loro non conto nulla. -Sciocchezze. T'impegni tanto quanto gli altri ufficiali, esci di pattuglia.,. Devono ammirarti. -Ma non mi rispettano. E hanno ragione. Sai perch? Perch io non rispetto loro. A volte penso di disprezzarli. Che cosa credi che stiano facendo, perdio? -Sei un tipo curioso,-osserv Weir.-Ricordo un maggiore che conobbi a Ypres, sul saliente, che.,. La porta del rifugio si spalanc di colpo. Era Hun tenente.-E' meglio che venga, signore,-disse a Stephen.-Una granata nella nostra sezione. Ci sono molte perdite. Reeves e Wilkinson, credo. Stephen prese il berretto e segu Hunt fuori, nella notte. I sacchetti di sabbia che formavano il parapetto erano stati scagliati lontano su un fronte di una ventina di metri. La parete della trincea era crollata e il filo spinato, divelto, penzolava sulla terra smossa. Si udivano dei lamenti, mentre i barellieri tentavano di sgomberare i detriti per raggiungere i feriti. Stephen prese una vanga e cominci a scavare. Tirarono fuori un uomo per le spalle: era Reeves, con un'espressione pi assente del solito. Aveva 1 squarcio nella gabbia toracica, sul fianco, dove una grossa scheggia di granata gli sporgeva sotto lo sterno. Pochi metri pi avanti disseppellirono Wilkinson. Il suo profilo scuro appariva composto in modo sorprendente, uando Stephen si avvicin. Frug nella memoria in cerca di dettagli personali su Wilkinson, poi ramment: si era appena sposato e lavorava come contabile. C'era un bambino in arrivo. Mentre si avvicinava, prepar parole d'incoraggiamento. Ma poi i barellieri, sollevando il corpo, lo girarono e Stephen si avvide che un'intera sezione della testa era stata asportata, di modo che da un lato la pelle era rimasta intatta e il viso attraente, mentre dall'altro sporgevano i bordi seghettati del cranio, da cui i resti del cervello sgocciolavano sulla divisa bruciacchiata. Rivolse un cenno ai barellieri.-Portatelo via. Pi avanti c'era un'altra vittima dell'esplosione, Douglas, che lui aveva visto proprio quella mattina, giudicandolo indistruttibile. Douglas era vivo, appoggiato alla parete della trincea. Stephen si avvicin sedendosi accanto a lui.-Sigaretta?-Douglas annu. Stephen ne accese una e gliela mise in bocca. -Mi aiuti a tirarmi su,-lo preg Douglas,-cos posso stare seduto.-Stephen lo tir su, passandogli un braccio intorno alle spalle. Il sangue di Douglas usciva a fiotti dalla ferita di shrapnel alla clavicola.-Che cos' quel bianco sulla mia gamba?-Domand. Stephen abbass gli occhi.-E' un osso,-rispose.-Si chiama femore. Va tutto bene, soltanto l'osso. Hai perso un po' di muscolo. Stephen era inondato dal sangue di Douglas. Aveva un odore particolare, non sgradevole in s, ma stucchevole in quantit cos grande. Era fresco. Sembrava l'odore che si sente nel retrobottega di una macelleria, solo pi intenso. -Tom sta bene?-Chiese Douglas. -Chi? -Tom Brennan. -Si, credo di si. Non preoccuparti, Douglas. Appoggiati a me. Ti daremo la morfina, cercheremo di fermare l'emorragia. Ora ti metto qualcosa sulla spalla. E' solo una fasciatura provvisoria.-Mentre la premeva sulla ferita, sent le carni di Douglas cedere sotto le sue mani. Doveva avere un paio di costole spezzate, e la mano di Stephen stava sprofondando nel polmone dell'uomo. Smise di premere.-Hunt!-Grid.-Cristo, porta qui un barelliere. Procurami della morfina.-Il sangue di Douglas era colato dentro le maniche dell'uniforme di Stephen. Se lo sentiva sul viso e nei capelli. Ne aveva i pantaloni completamente inzuppati, e Douglas si aggrappava a lui.-Hai moglie, Douglas? -Sissignore. -Le vuoi bene? -Si.

-Bene, glielo dir. Le scriver io. Le dir che sei l'uomo migliore che abbiamo. -Sto per morire? -No, ma non potrai scriverle una lettera. Le racconter tutto quello che hai fatto, le pattuglie e cos via. Sar fiera di te. Dov' quella morfina? Cristo, Hunt! Tu vuoi bene a tua moglie, Douglas, la rivedrai. Pensa a lei, quando ti porteranno in ospedale, aggrappati a quel pensiero. Non lasciarlo andare. Va tutto bene, va tutto bene, stanno arrivando. Stringimi il braccio, ecco, cos va bene. Ti tolgo quella sigaretta, se no ti scotta. Non temere, te ne dar un'altra. Ecco fatto.-Stephen non sapeva quello che diceva. Stava per soffocare nel sangue di Douglas. Quando i barellieri li raggiunsero, Douglas aveva perso conoscenza. Sollevarono il corpo inerte, cercando di non aggravare la ferita. Mentre si allontanavano, si ud in alto un suono metallico lacerante. Un'altra granata colp il terreno con un'esplosione di luce. Per un attimo Stephen vide tutta la linea della trincea, diritta per 20 metri, poi a zigzag per contenere lo spostamento d'aria delle esplosioni, poi di nuovo diritta. Vide il terreno dietro le linee, che si estendeva per chilometri e chilometri, alberi, una fattoria lontana. Per un attimo tutto rimase tranquillo: la Francia rurale immersa in una luce radiosa. Poi, fra spruzzi di terriccio e shrapnel, si sent proiettare in avanti. Il barelliere di coda era stato colpito alla testa. Douglas fu rovesciato sul ponte di tavole. Stephen, illeso, grid: -Portatelo via. Hunt! Portatelo via!-Tastandosi il viso ricoperto di fluido vischioso, si prese la testa fra le mani gridando:-Toglietemi di dosso il sangue di quest'uomo. Quando ricevette il cambio al fronte, la compagnia di Stephen ottenne 5 giorni di riposo a bthune, una localit subito dietro le linee. Stephen trov alloggio nella casa di un medico, alla periferia della cittadina. Sul davanti aveva un giardino all'italiana, con triangoli di ghiaia e piccole siepi di bosso. Anche se vi alloggiavano altri 5 ufficiali, per la prima volta dall'inizio della guerra Stephen ebbe una camera tutta per s, affacciata sul prato dietro la casa, che era di erba ispida, con qualche aiuola trascurata e un ippocastano in fondo. Quando stacc finalmente dal servizio, era gi pomeriggio inoltrato. Pos la sacca sul pavimento lucido, si sfil gli stivali e si abbatt sul letto, che era stato rifatto con lenzuola pulite. Dalle coltri si lev un aroma di erbe profumate. Dapprima gli riusc quasi impossibile dormire, perch il suo corpo si rilassava cos in fretta che i muscoli, sussultando, lo svegliavano. L'ufficiale medico gli aveva dato una scatola di pillole, ma lo facevano piombare in un sonno cos pesante che preferiva non prenderle prima di sera. La fatica che sentiva gravava sugli arti e sugli organi interni con una pesantezza dolorosa, simile alla forza di gravit, lasciandogli per la mente limpida. Anche se non aveva una chiara nozione del tempo, le immagini dei giorni precedenti vivevano nella sua memoria con una limpidezza statica. Rivedeva il viso ansioso e schietto di Weir; alla ricerca disperata di rassicurazione; le belle labbra morbide del profilo di Wilkinson, mentre l'altro lato della faccia mancava del tutto; il sangue di Douglas, di cui gli giungeva ancora alle narici l'odore, anche se lui era morto delle sue ferite, dissanguandosi sull'assito del ponte di tavole; l'involucro della granata, con il numero di serie del fabbricante ancora leggibile, per chi si curasse di leggerlo, che sporgeva dal cuore di Reeves. Gli altri che erano stati seppelliti il giorno dopo, quando finalmente era cessato il bombardamento, le croci di legno che spuntavano dai tumuli, mucchietti di pietre deposte dagli amici. In quel silenzio meraviglioso, quando i cannoni tedeschi si erano zittiti, avevano udito il canto di un merlo. Stephen serr le palpebre. Nulla di ci che aveva presagito, nulla di ci che aveva sognato avrebbe potuto rendere appieno il gusto e la forma di quell'esistenza. Bevve un sorso di whisky alla fiasca che teneva nello zaino e si addorment di colpo. Si svegli soltanto alle 7 della mattina seguente. Guard sbalordito l'orologio: aveva dormito 12 ore, senza muoversi, immobile, ancora con l'uniforme addosso. Nessuno lo aveva chiamato per la cena; non aveva sentito alcun movimento in quella grande casa. Trov un bagno e si fece la barba mentre l'acqua scorreva. Quando ebbe finito, indoss gli abiti puliti che Riley gli aveva infilato nella sacca e torn nella sua stanza, dove sedette sul letto,

appoggiandosi ai cuscini. Apr la finestra che dava sul giardino. Il cielo era coperto, ma l'aria era pura e non si sentiva rumore di granate; era gi abbastanza bello cos. Stephen scopr di essere rimasto vittima di quel trucco da sgualdrina che tanto disprezzava nei suoi uomini: il sonno lo aveva risanato. Cominci a pensare alla colazione. Ci sarebbero state delle uova, ma la carne? Ramment l'insistenza di Brard sull'abitudine inglese di mangiare carne arrosto tutti i giorni a colazione. Chiss dov'era in quel momento Brard; di sicuro in salvo da qualche parte dietro le linee. Anche se Amiens era stata occupata dai tedeschi prima di essere stata riconquistata, immaginava che Brard si fosse scavato una nicchia confortevole; non nutriva la minima ansia per il suo benessere. Rilassato dal sonno, concesse alla sua mente di evocare la grande casa sul boulevard du Cange. Erano passati quasi 6 anni da quando era uscito nella notte, lasciando aperta la porta d'ingresso, sottobraccio a sabelle. Quello che era accaduto sotto quel placido tetto dalla forma irregolare gli sembrava appartenere a un mondo altrettanto curioso e anormale di quello nel quale viveva adesso. Ricordava la furia irrefrenabile del desiderio, pienamente ricambiata da Isabelle. Riusciva ancora a evocare la sua testa rovesciata, appoggiata contro la parete, che spostava di un quarto di cerchio un quadro di fiori, appeso a un gancio. Gli sembrava di sentire sulla lingua il sapore della sua carne. Sforzandosi, riusciva a intravvedere il profilo del suo viso, ma molto vago, come sfocato. Quello che era svanito completamente dalla sua mente era il ricordo di ci che la rendeva umana, gli atteggiamenti, i pensieri. La mancanza di quei dettagli era un tormento. Quando tentava di riportarla alla mente, non riusciva a udire la sua voce, non riusciva a immaginare neppure un suo tratto, il modo in cui guardava o parlava, l'espressione del suo viso, la sua andatura, i suoi gesti. Era come se fosse morta e lui fosse il responsabile del suo assassinio. Quello che lui e i suoi uomini subivano era il castigo per il delitto commesso. Dopo l'abbandono di Isabelle era rimasto per un anno a Saint Rmy Nel caso avesse cambiato idea, pensava, bisognava pure che sapesse dove scrivere. Poteva avere bisogno di lui, poteva desiderare il suo aiuto nelle trattative con la famiglia o con il marito ostile. Non aveva ricevuto neanche una parola e dentro di s, quando riusciva ad ammetterlo, sapeva che lei non avrebbe mai scritto. Alla fine aveva salutato gli operai del mobilificio e aveva preso il treno per Parigi. Si era trovato una stanza in affitto in una casa sulla rue de Rennes e aveva cominciato a cercare lavoro. Non aveva nessuna voglia di presentarsi nella sua vecchia veste di uomo d'affari; la conoscenza dei procedimenti di tessitura, le tariffe, le tasse, sembravano appartenere a un'altra era. Era stato assunto da un impresario edile al quale occorreva qualcuno che sapesse lavorare il legno. In una stanza sullo stesso pianerottolo viveva un giovane studente dagli occhi vivaci che veniva da Tours e si chiamava Herv. Era eccitato all'idea di vivere da solo nella capitale, e invit Stephen a conoscere i suoi amici nei caff vicini a place de l'Odon. Stephen ci andava a bere rum e caff, ma non riusciva a condividere l'effervescenza nervosa di Herv. Pens di tornare in Inghilterra, ma non avendo un'idea chiara di quello che poteva fare gli riusciva pi facile vivere in un paese straniero. Scrisse una breve lettera al suo vecchio tutore per assicurargli che stava bene, ma non ricevette risposta. Nella casa accanto abitava una famiglia con una figlia di 18 anni che si chiamava Mathilde. Il padre, dipendente di 1 studio legale, trov a Stephen un posto di impiegato che, per quanto noioso, era pagato meglio di quello da carpentiere. Lui cenava di tanto in tanto a casa loro e nei fine settimana veniva incoraggiato ad accompagnare Mathilde ai giardini del Lussemburgo. Durante quelle passeggiate, fecero amicizia e Stephen confid a Mathilde la storia della sua relazione con Isabelle. Dato che non accennava all'aspetto fisico della vicenda, la storia appariva incompleta. Mathilde rimase sconcertatadall'apparente ripensamento di Isabelle e osserv:-Ci dev'essere dell'altro.-L'amicizia con Mathilde era un'esperienza nuova per lui. I ragazzi in collegio erano sempre sulla difensiva, in cerca di una via d'uscita. Anche se di fronte alle difficolt comuni prevaleva la solidariet, ciascuno era troppo interessato alla propria autoconservazione per essere generoso con gli altri. Al lavoro, in Leadenhall Street, aveva conosciuto dei colleghi, ma nessuno della

sua et, tranne 2 fattorini di Poplar che se ne stavano per conto loro. Nelle visite ai dock e alle fabbriche, Stephen aveva visto uomini della sua et e aveva desiderato la loro compagnia, ma non c'era mai stato tempo sufficiente per fare conoscenza con loro. Mathilde aveva denti robusti e capelli castani, che portava legati sulla nuca con un nastro. I suoi grandi occhi avevano un'espressione seria che cedeva facilmente il posto al riso. Accompagnava Stephen a passeggio lungo il fiume, e lui le mostrava i luoghi che aveva visitato la prima volta che era stato mandato a Parigi dalla sua compagnia. L'amicizia di Mathilde era priva di esigenze, senza implicazioni di passione o di competizione. Era facile farla ridere, e Stephen scopr che, quando lei cominciava a stuzzicarlo, riusciva a essere frivolo anche lui. Pure, sentiva la mancanza di Isabelle; con tutte le sue qualit, Mathilde non sembrava altro che una pallida versione di ci che la femminilit poteva esprimere. Stephen vedeva tutte le donne sotto quella luce e provava pena per gli uomini sposati a creature cos palesemente inferiori; ai suoi occhi, persino gli uomini che erano felici e orgogliosi della presunta bellezza delle mogli avevano accettato un compromesso disperato. Commiserava le donne stesse; la loro vanit, il loro aspetto, la loro vita erano ben poca cosa ai suoi occhi, troppo inferiori alle potenzialit che racchiudevano. La tensione di quella sofferenza si prolung ancora per un anno, poi si raggel nel suo animo. Non ebbe la sensazione di essere guarito, n la coscienza che il tempo aveva lenito la sua pena, permettendogli di considerare la passione in una prospettiva pi ampia. La visse soltanto come una perdita di memoria: la presenza di Isabelle, che aveva sempre avvertito nella sua mente, di colpo scomparve, e a lui rimase la sensazione di emozioni non espresse, di un processo rimasto incompleto. Quella freddezza gli consent di vivere con minore fatica, di reagire agli altri con una certa convinzione; cominci a considerarli qualcosa di pi che una seconda scelta, protagonisti di vite impoverite. Tuttavia, quella perdita gelida e improvvisa lo mise anche a disagio: era stato sepolto qualcosa che non era ancora morto. Allo scoppio della guerra Stephen si sent sollevato. Medit di entrare nell'esercito francese, ma per quanto si trattasse di uccidere le stesse persone e di combattere per il possesso della stessa terra, non era la stessa cosa che combattere a fianco di altri inglesi. Lesse sul giornale di reggimenti inglesi mobilitati nel Lancashire e a Londra; di uomini che affluivano ai posti di reclutamento nel Suffolk e a Glasgow, tutti per contribuire alla difesa dell'Alsazia-Lorena. Sui giornali francesi o inglesi non apparivano mai notizie allarmanti. Ben presto le proporzioni della guerra furono evidenti, ma non c'era ancora motivo di credere che sarebbe durata pi di un anno. I resoconti della ritirata inglese da Mons, in agosto, non facevano che sottolineare come un esercito inglese numericamente inferiore si fosse rivelato in grado di reggere a qualunque attacco della celebrata fanteria tedesca. Ritirandosi e minando i ponti che attraversavano il canale, i soldati inglesi avevano dato prova di spirito d'iniziativa e coraggio; su saliente avevano sparato a una tale velocit che i tedeschi avevano creduto di trovarsi di fronte a un fuoco di mitragliatrici. Stephen si sentiva commosso al pensiero che i suoi compatrioti combattevano una guerra estranea. Torn a Londra pervaso da un rinnovato affetto per l'Inghilterra. Le frustrazioni represse e la violenza inespressa della sua vita si tramutarono in odio per i tedeschi. Il desiderio di sconfiggerli e di ucciderli era un sentimento che coltivava, nutriva e alimentava con diligenza; in quel caso il nemico era visibile. Alla Victoria Station incontr un impiegato che conosceva, un certo Bridges, che era arruolato nella milizia territoriale. -Non riusciamo a mettere insieme un battaglione completo,-gli disse.-Ci mancano pochi uomini. Se ti unisci a noi, puoi uscirne per Natale. Vieni con noi. -Non voglio fare l'addestramento,-ribatt Stephen. -Andrai a fare un Week End nella New Forest, e il sergente chiuder un occhio. Su, vieni, non vediamo l'ora di andare a suonargliele. Stephen segu il suggerimento di Bridges. Non arrivarono in Francia per Natale, ma attraversarono la Manica nella primavera successiva. Furono aggregati a 2 battaglioni regolari dei cadetti. ben presto cominciarono a considerarsi dei professionisti, Da principio Stephen pensava che la guerra si potesse combattere

e concludere rapidamente in modo tradizionale. Poi vide i mitralieri riversare una pioggia di proiettili sulle linee dei fanti tedeschi che avanzavano come se la vita umana non avesse pi valore. Vide met del suo plotone morire sotto le granate del bombardamento preparatorio del nemico. Si abitu alla vista e all'odore delle carni umane straziate e vide gli uomini farsi forza per affrontare quel massacro meccanico. Gli sembrava una grande violazione della natura, che nessuno era in grado di arrestare. Poteva protestare o assecondare la corrente: si diede a uccidere. Si sforzava di non avere paura, nella speranza che questo confortasse gli uomini, di cui vedeva i volti storditi e ottusi attraverso il sangue e il frastuono. Se tutto questo veniva permesso, riferito, chiosato, a quale livello, si chiedeva, avrebbero mai potuto fermarsi? Fin per convincersi che il peggio era ancora di l da venire; che era in vista un annientamento di proporzioni tali che nessuno aveva ancora potuto immaginarlo. Quando Stephen scese al pianterreno, la colazione era gi in tavola. Il capitano Gray era noto per la sua abilit nel trovare buoni alloggi per se stesso e per i suoi ufficiali; si era procurato anche un attendente, Watkins, che un tempo era stato addestrato come chef nelle cucine del ConnaugE Hotel di Londra. La sua abilit serviva a ben poco con le razioni dell'esercito o con le provviste limitate disponibili nei villaggi, ma Gray si predisponeva sempre con entusiasmo alle sue proposte. Era gi seduto a tavola. -Dormito bene, Wraysford?-Domand alzando gli occhi dal piatto.-Ieri sera Harrington venuto su a darle un'occhiata, ma ha riferito che era immerso nel sonno. -Si, ho dormito come un bambino. E tutta quest'aria pura, immagino. Gray scoppi a ridere.-Si serva pure. Le uova fritte sono da quella parte. Ho mandato Watkins in cerca di bacon, ma per il momento dovr farne a meno. Comunque, anche nella migliore delle ipotesi, la pancetta francese piuttosto scadente.-Gray era un ufficiale poco ortodosso. Gli uomini lo temevano, ma, anche se aveva preso in prestito l'atteggiamento brusco del soldato di carriera, trascorreva gran parte del suo tempo libero leggendo. Portava in tasca volumi diversi e nel suo rifugio c'era sempre, sopra il letto, un piccolo scaffale di libri, che venivano arricchiti o sostituiti da pacchetti provenienti dall'inghilterra. Dopo l'universit era diventato medico e allo scoppio della guerra si era specializzato in chirurgia. Sullo scaffale, vicino ai romanzi di Thomas Hardy, comparivano alcune opere della scuola di psichiatria viennese. Era considerato un fautore della disciplina da quando aveva presieduto una corte marziale che aveva emesso una sentenza di morte a Carico di un giovane soldato semplice, ma parlava anche di motivazioni e di comprensione degli uomini. Un'infanzia trascorsa nei bassipiani della Scozia gli aveva instillato un asciutto senso dell'umorismo, mitigando le teorie militari e psicologiche pi astratte con una cautela pratica. Mastic energicamente l'ultimo boccone di pane e uova fritte e si vers un'altra tazza di caff.-Una bella casetta questa, non vero?-Disse spingendo la sedia all'indietro e accendendosi una sigaretta.-Si pu sempre contare su un medico per godere di qualche comodit. Conosce bene la Francia? -Molto bene,-rispose Stephen, sedendosi a tavola con un piatto di uova fritte. -Ho trascorso qualche tempo qui, prima della guerra. -Quanto tempo? -Circa 4 anni. -Santo cielo, allora parler la lingua come un abitante del posto? -Penso che ormai sia un po' arrugginita, ma si dimostrata efficiente. -Potrebbe tornarci utile. Non che abbiamo contatti con i francesi, per il momento, ma non si sa mai. Quando la guerra far dei progressi.,. E il plotone come va? Le piace stare al comando? -Abbiamo avuto un brutto periodo. Molte perdite. -Si, certo. E lei? Si trova bene con gli uomini? Stephen bevve un sorso di caff.-S, penso di si. Non sono sicuro che mi rispettino davvero. -Le obbediscono? -Si.

-Le sembra sufficiente? -Credo di si. Gray si alz, avvicinandosi alla mensola del caminetto di marmo. Spense la sigaretta nel camino.-Deve farsi amare da loro, Wraysford, ecco qual' il segreto. Stephen fece una smorfia.-Perch? -Combatteranno meglio e si sentiranno anche meglio. Non hanno certo voglia di farsi massacrare al servizio di qualche camicia inamidata.-Il corpo vigoroso di Gray fremeva di animazione, i suoi occhi vivaci scrutavano il viso di Stephen in cerca di segni di assenso. Annuiva, tutto eccitato. Stephen rispose:-Forse vero. Io cerco di dare il buon esempio. -Ne sono certo. Wraysford. So che lei va di pattuglia con loro, medica le loro ferite e cos via. Ma li ama? Darebbe la sua vita per loro? Stephen si sentiva esaminato con attenzione. Avrebbe potuto rispondere: "Sissignore" e chiudere cos la conversazione; ma l'atteggiamento informale e animato di Gray, per quanto sconcertante, autorizzava la franchezza.-No,-rispose . -Penso di no. -Lo immaginavo,-esclam Gray con una risatina trionfante.-E perch valuta troppo la sua vita? Pensa che valga pi di quella di qualche soldato semplice? -Niente affatto. Sono anch'io un semplice fantaccino, non lo dimentichi. E' stato lei a promuovermi. No, perch non valuto abbastanza la mia vita. Non ho il senso delle proporzioni di questi sacrifici. Mi sfugge il valore di ogni cosa . Gray si sedette di nuovo a tavola.-C' qualcosa in lei che mi sfugge,-osserv. Scrutando Stephen, contrasse il viso in un'espressione di perplessit simulata, poi scoppi a ridere.-Ma scoprir di che si tratta, non si preoccupi. Lei potrebbe essere un buon soldato, se lo volesse. Non lo ancora, ma potrebbe diventarlo. Per un attimo Stephen non replic, poi disse:-Price un buon soldato. -Price un uomo magnifico. Un'altra delle mie promozioni, se mi concede di godere un po' della sua gloria riflessa. Prima della guerra era magazziniere e non aveva altro da fare che starsene seduto a un tavolo spuntando cifre per tutto il giorno, la compagnia non potrebbe funzionare senza lui, grazie a Dio. -Dipendo da lui tanto quanto i miei uomini. -Naturalmente,-ribatt Gray,-Ora mi parli di questi scavatori di argilla. Li vede parecchio, non vero? -Si, la loro galleria parte dal nostro settore del fronte. Nel complesso sono una buona squadra e sottoterra lavorano sodo. E' un lavoro che non molti sarebbero capaci di fare. -Come si chiama quel ragazzo in maglione da civile? Weir? Il comandante della compagnia? -Si. -Che tipo ? -E' un uomo strano, ma forse non pi di chiunque altro in queste circostanze. Non un minatore di professione, un ingegnere che stato messo al comando dei minatori. -A me sembra piuttosto strano. Per conto mio, non ho tempo per questi scavatori. Dopo mesi e mesi di scavo finalmente piazzano la loro mina. La fanno saltare, e cosa ci si guadagna? Un bel cratere dai bordi rialzati, pronto per essere occupato dal nemico. Entr nella sala da pranzo il tenente Harrington, un uomo alto e lugubre, affetto da una leggera balbuzie.-Buon giorno, signore,-disse a Gray. I suoi modi erano deferenti, anche se aveva quasi sempre un'espressione sorpresa, come se stentasse a credere di ritrovarsi l. Stephen si domandava come riuscisse a mostrarsi tanto puntiglioso quando era chiaro che gli riusciva difficile persino ricordare che giorno della settimana era. -Stavamo parlando dei minatori,-disse Gray. -Oh, si, signore. -Wraysford amico del comandante della loro compagnia, Weir.

-Credo che siano inseparabili, signore,-rispose Harrington. Gray scoppi a ridere,-Lo sapevo. Ha sentito, Wraysford? -Non avevo idea che il tenente Harrington fosse tanto interessato alla mia vita. -Volevo solo stuzzicarla, Wraysford,-ribatt Harrington, riempiendosi il piatto di uova fritte che avevano incominciato a rapprendersi sotto il piatto di copertura. -Naturalmente,-rispose Stephen.-Ora andr a fare un giro in citt. Scusatemi. -Buona idea,-esclam Gray,-Ormai ho rinunciato a ogni speranza per quel bacon. Se vuole dell'altro caff lo dica a Watkins, Harrington. -Grazie, signore. Gray sal nella sua stanza a cercare un libro e Stephen usc. Attravers il giardino fino a raggiungere la strada e, sentendo il pallido sole sul viso, chiuse gli occhi. Inspir a fondo e cominci a camminare. La richiesta di licenza di Jack Firebrace per andare a trovare il figlio fu respinta.-Ci ho riflettuto,-gli disse Weir.-Provo molta comprensione per il fatto che manchi da casa da un anno, ma la verit che quaggi ormai ci sono tanti uomini che farli andare e tornare un lavoro infernale. Le strade sono intasate dai rifornimenti. Dovra aspettare il suo turno.-Jack torn sottoterra. L'imbocco della galleria nella trincea mascherava un pozzo verticale puntellato da travi di legno, a partire dal quale erano stati scavati 2 rami secondari. Il primo, a meno di 10 metri dall'ingresso, era entrato in contatto con i lavori di contromina dei tedeschi, e nel sottosuolo si era svolto un combattimento corpo a corpo. Era meglio lavorare nell'argilla che nel gesso. Le frequenti esplosioni mandavano in pezzi il gesso, che si mescolava con acqua filtrata dai crateri di granata nella terra di nessuno, formando un liquido viscoso che a volte si tingeva del sangue dei minatori polverizzati dalle esplosioni. Seguendo le istruzioni dei superiori, Weir fece scavare un secondo tunnel alla profondit di 20 metri. Secondo il manuale, doveva essere largo solo 90 centimetri. -Non mi piace,-disse Tyson, steso sul terreno dietro Shaw e Evans.-Non ho mai visto niente di cos stretto in vita mia. Gli uomini che sistemavano le travi, un po' pi indietro, avevano delle lanterne, ma in testa allo scavo c'era buio pesto. Jack tentava di non immaginare il peso della terra sopra di lui. Non pensava alle radici degli alberi, protese versoil basso nel terreno; in ogni caso loro ormai erano troppo in profondit. A Londra era sempre sopravvissuto figurandosi la galleria nella quale scavava come 1 scompartimento ferroviario di notte. Le tendine erano chiuse intorno a quello spazio ristretto, non si vedeva niente, ma all'esterno un vasto mondo di alberi e di campi sfrecciava via nel buio sotto il cielo infinito. Quando lo spazio non era superiore a 90 centimetri e si sentiva la terra nella bocca e negli occhi, diventava difficile conservare l'illusione. Le mani di Evans raspavano instancabili alle sue spalle; Jack udiva il suo respiro roco risucchiare l'ossigeno che la pompa dell'aria riusciva a far circolare. La presenza di Evans era un conforto per lui. In superficie provava scarsa simpatia per il suo viso da furetto e per le sue battute sarcastiche, ma l sotto il loro respiro e i loro cuori lavoravano all'unisono. Shaw venne a dargli il cambio in testa allo scavo. Dovette strisciare sopra il corpo di Evans , poi liberare Jack dalla traversa di legno e appiattirsi sul fondo del tunnel in modo che Jack potesse scavalcarlo per tornare indietro. Anche 20 metri pi indietro era impossibile stare in piedi ma potevano almeno accovacciarsi e stirare a turno braccia e gambe. L'aria era amara, e le lampade rivelavano che il lavoro di puntellamento era stato eseguito con rassicurante precisione. - 10 minuti di riposo,-ordin Weir.-Sfruttateli al massimo. -Lei non dovrebbe essere nel suo rifugio a bere una bella tazza di t?-Gli chiese Jack.-Scommetto che nessuno degli altri comandanti di compagnia scende sottoterra. -Devo tenervi d'occhio, voi altri,-ribatt Weir.-Finch questo lavoro non comincia a marciare come si deve. Sottoterra, gli uomini potevano rivolgersi agli ufficiali senza deferenza; era un modo di riconoscere che le condizioni di lavoro nel tunnel erano difficili.

Parlando fra loro come se fossero in una miniera civile, erano anche in grado di apprezzare meglio le differenze tra loro e la fanteria: potevano anche essere topi di chiavica, ma erano pagati meglio. -Giochiamo a Fritz,-disse Evans. Era un gioco superstizioso che godeva il favore dei minatori, mentre agli ufficiali risultava incomprensibile. -Preferirei di no,-disse Weir.-E se proprio dovete, parlate molto piano. -Bene,-disse Evans.-Scommetto che ha 25 anni ed sposato, con 2 figli. Si trova a 3 metri dalla camera di caricamento. -Io dico che sono in 4,-ribatt Jack.-Ora si trovano nella galleria di combattimento. Se facciamo 3 metri per l'ora del t, ci arriveremo per primi. Evans usava un sistema di punteggi basato sul numero di metri di cui la galleria avanzava in un giorno, e lo scopo del gioco era prevedere dove si trovava il nemico. Il vincitore lo avrebbe visto morto; chi perdeva poteva solo garantirsi la sicurezza pagando gli altri con le sigarette. Weir non capiva n le regole n il punteggio del gioco, ma lo autorizzava perch distraeva gli uomini e acuiva la loro attenzione nei confronti del nemico. Turner, fatto significativo agli occhi dei colleghi, aveva perso per 5 giorni di fila, compresa la mattina della sua morte. Quel pomeriggio Weir ricevette un messaggio che gli ordinava di presentarsi dal capitano Gray, e lo trov che ispezionava i rifornimenti dietro le linee.-Non ci siamo ancora conosciuti, vero?-Disse Gray,-I suoi uomini stanno facendo un buon lavoro. Dev'essere davvero terribile, laggi. -Non peggio che essere colpiti da una granata. -E' solo che non vogliamo farci beccare. -I suoi uomini hanno paura di saltare in aria, i minatori hanno il terrore di restare intrappolati in un tunnel di 90 centimetri sotto il fuoco nemico. Ha ricevuto la mia richiesta? -Si, certo. E' naturale che dobbiate avere delle difese adeguate, me ne rendo conto. Ma dovete capire che i miei uomini non sono abituati a stare sottoterra. -Finora se la sono cavata bene? -Si, ce l'hanno fatta. -Ma ci serve un avvicendamento regolare. -E non pu proprio provvedere con i suoi uomini? -Non ora che abbiamo un tunnel a un livello inferiore. Lavorano 24 ore su 24. Si tratta solo di una pattuglia per volta, basterebbero 3 o 4 uomini. -D'accordo,-disse Gray,-Come forse sapr, nutro qualche dubbio sull'utilit di scavare crateri che possono essere occupati dal nemico, ma non star a cavillare sulla sicurezza dei suoi uomini. Chieder a Wraysford di occuparsene. Lo conosce, credo. -Si. -Un tipo in gamba? -Credo di si,-rispose Weir. -Un po' bizzarro,-osserv Gray.-Gli parler pi tardi. Potranno cominciare stanotte. Stephen chiese dei volontari.-Prenderemo un topo di chiavica per farci indicare la strada, ma mi servono altri 2 uomini. Staremo in una galleria di combattimento, non dovremo strisciare.-Nessuno si offr.-E va bene, prender Hunt e Byrne.-And in cerca del sergente Adams per chiedergli quale degli scavatori sarebbe andato con lui. -Fra poco manderanno un volontario. Sar l'uomo che ha perso al gioco di Fritz. Tocc a Jack che, oltre a consegnare 5 sigarette a Evans, dovette scortare gli uomini gi nel tunnel. Presero delle maschere antigas e fissarono alla cintura delle bombe a mano. Alle 10 si trovavano all'imbocco del tunnel. Stephen lanci ancora un'occhiata al cielo prima di seguire Jack gi nel pozzo. Non era mai sceso sottoterra. Prov una breve ondata di tenerezza verso il mondo sotto quel cielo sconfinato, per quanto fosse sconciato dai rotoli contorti di filo spinato sul terreno sconvolto dalle granate, avvolto da un'atmosfera che poteva contenere tanto frammenti di metallo quanto aria respirabile. I pioli della scala che scendevano nel pozzo erano fatti per durare; le sue mani non percepirono tentativi di levigatura sul legno irto di schegge. Erano disposti a intervalli irregolari, tanto che era difficile trovare un ritmo nella discesa.

Riusciva a stento a stare al passo con Jack Firebrace. Dapprima faceva attenzione a non calpestargli le dita, ma ben presto non riusc a vedere altro che un occasionale scintillio sul casco che dondolava in lontananza. Alla fine Stephen giunse ai piedi della scala, dove Jack lo stava aspettando. Per un attimo il buio e il silenzio gli rammentarono i giorni dell'infanzia, quando lui e gli altri ragazzi si sfidavano a vicenda a entrare in qualche cantina abbandonata o in un pozzo in disuso. Era spaventato dall'odore di umidit del terreno e dall'implacabile peso della materia. I crateri di granata in superficie erano poco pi che graffi in confronto a quel volume schiacciante. Se si fosse mosso o fosse franato, non ci sarebbe stato nessuno scampo, nessuna possibilit di tornare indietro combattendo o di cavarsela con una ferita. Persino il fratello minore di Reeves, sotto l'impatto di una granata, aveva avuto maggiori possibilit. Hunt e Byrne si guardarono intorno a disagio. Erano armati di fucile e avevano preso in prestito i caschi dei minatori al posto dei loro berretti morbidi. Stephen aveva una rivoltella e tutti portavano delle bombe a mano come aveva suggerito Weir, che le riteneva le armi pi efficaci in caso di guai. Jack parl a bassa voce. -Ho sentito dei movimenti tedeschi che provengono da questa parte. Dobbiamo proteggere i nostri uomini mentre sistemano la carica, e anche la galleria inferiore della quale loro non sanno niente. Passeremo da questa entrata, che porta in una lunga galleria. Da quella parte si diramano 2 tunnel di combattimento con postazioni d'ascolto. Dovremmo restare uniti. Byrne guard quella che Jack aveva definito entrata.-Pensavo che non si dovesse strisciare. -Pi avanti si allarga,-garant Jack. Byrne imprec, passando la mano sul terriccio e sull'argilla compatta. -La Francia profonda,-osserv Stephen.-Ecco per che cosa stiamo combattendo. -Eh, no, non per 1 scellino al giorno,-ribatt Byrne. Jack li recedette nel buio. I suoi occhi erano avvezzi a lavorare nell'oscurit e il suo corpo si muoveva istintivamente in posizione semiflessa. Dopo 10 minuti di avanzata, il tunnel stretto si congiunse con la galleria laterale che Jack e la sua compagnia avevano scavato 2 mesi prima. A destra c'era l'ingresso a un ramo parallelo, che sboccava in una camera da mina nella quale gli uomini stavano sistemando la carica esplosiva. A sinistra c'erano le 2 gallerie di combattimento, da una delle quali avevano sentito il suono di scavi nemici. Byrne e Hunt avevano smesso di imprecare, e Hunt sembrava terrorizzato. -Ti senti bene?-Chiese Stephen. Hunt scosse lentamente la testa.-Non mi piace stare sottoterra, stare rinchiuso cos. -Non c' nessun pericolo,-rispose Stephen.-Sono professionisti. Guarda come hanno sistemato bene i puntelli. Hunt aveva cominciato a tremare.-Non giusto. Io sono della fanteria, non sono tenuto a stare qui. Voglio correre i miei rischi nella trincea, non in un maledetto buco. E se la terra frana? -Cristo. Silenzio,-ordin Stephen, mentre Hunt gli stringeva il braccio in preda al panico.-Cristo, Hunt, entra in quella galleria o ti deferisco alla corte marziale. Ti mander di pattuglia ogni giorno, finch non avrai tagliato tutti i reticolati da qui alla Svizzera.-Stephen si accorse che la paura di Hunt cominciava a contagiarlo. Lui stesso provava orrore a stare confinato in 1 spazio cos ristretto che non poteva neanche voltarsi. Jack scomparve nell'imbocco della galleria di combattimento e Stephen guard il viso di Hunt, patetico nella penombra. Per un attimo si figur quell'uomo nella vita civile. Era un operaio che lavorava nei cantieri edili di Londra e dello Hertfordshire; non voleva morire una dozzina di metri sotto il suolo di un paese straniero. Stephen si sent ammorbidire dalla compassione.-Entra l dentro, Hunt. Io ti seguir. -Non posso, non posso.-Hunt cominci a farfugliare. -Se non lo fai, moriremo tutti.-Stephen tir fuori la rivoltella, armando il cane.-Tu odi i tedeschi, non vero? -Si.

-Hanno ucciso i tuoi amici, stanno cercando di uccidere te. Hanno ucciso Reeves e suo fratello, Wilkinson, Douglas, tutti amici tuoi. Questa la tua possibilit di ammazzarne qualcuno. Entra l dentro.-Indic l'apertura con la pistola, poi la punt alla testa di Hunt. Rimase sorpreso dalla propria brutalit; immagin che fosse causata dalla paura. Hunt entr lentamente nel tunnel e Stephen lo segui. Aveva davanti a s gli stivali di Hunt e, dietro, sentiva Byrne che arrancava. Se ci fosse stato un problema, sarebbe rimasto incastrato, senza poter andare n avanti n indietro. Serr gli occhi, imprecando in silenzio per farsi coraggio. La volta della galleria era a poco pi di 30 centimetri sopra la sua testa. Continu a ripetere fra s le parole pi oscene e le combinazioni pi terribili che riusciva a immaginare, escogitando le maledizioni pi sconce contro il mondo, la carne e il suo ipotetico creatore. Alla fine il tunnel si allarg, consentendo agli uomini di restare quasi in piedi. Byrne aveva preso una sigaretta dalla tasca e la succhiava. Stephen gli rivolse un cenno di incoraggiamento con la testa e Byrne sorrise. Jack sussurr a Stephen:-Pensiamo che qui ci sia un tunnel dei tedeschi, molto vicino. I nostri, quelli che stanno posando la mina, hanno paura che raggiungano la loro camera. Io vado nel posto di ascolto. Prender un uomo con me come copertura. Lei ne tenga 1 qui. -D'accordo,-disse Stephen.-E' meglio che prendi Byrne.-Li guard allontanarsi e si rivolse a Hunt, che era seduto sul fondo del tunnel con le braccia intorno alle ginocchia. Piagnucolava sottovoce. -Quel tratto stretto che abbiamo appena superato, immagini se lo fanno saltare. Non potremo tornare indietro. Resteremo bloccati. Stephen si sedette vicino a lui.-St' a sentire,-gli disse,-non pensarci. Questo servizio di pattuglia durer 2 ore, finch i nostri uomini non avranno sistemato la carica. 2 ore passano resto, pensa quanto passeranno in fretta. Pensa quante volte avresti voluto che durassero di pi. E' pi o meno la durata di una partita di calcio.,.siamo sotto gi da mezz'ora.-Stringeva con forza il braccio di Hunt. Trovava che parlargli lo aiutava a calmare una parte della paura che minacciava di sopraffarlo. Hunt domand: -Lei odia i boches? -Si,-rispose Stephen.-Guarda che cosa hanno fatto. Guarda il mondo che hanno creato qui, questa specie d'inferno. Se potessi, li ucciderei tutti. Hunt cominci a gemere. Si prese la testa tra le mani e poi lev il viso verso Stephen. Aveva dei lineamenti miti e schietti, con le labbra carnose e la pelle liscia. Il suo viso spaventato e supplichevole era stretto fra le mani grosse e irruvidite, sulle quali erano impressi tagli e bruciature di innumerevoli lavori . Stephen scosse la testa, esasperato, e gli tese la mano. Hunt la prese fra le sue e, scoppiando in singhiozzi, strisci fra le braccia di Stephen appoggiandogli la testa contro il petto. Stephen sentiva i polmoni di Hunt pompare e soffiare al ritmo di singhiozzi che gli squassavano il corpo. Sperava che Hunt si liberasse in qualche modo dal terrore che l'aveva invaso, ma un minuto dopo il volume dei singhiozzi cominci ad aumentare. Stephen lo respinse, mettendosi un dito sulle labbra. Hunt si stese faccia a terra nel tentativo di soffocare il rumore. Stephen udi il suono di stivali che tornavano indietro verso di loro, e vide la figura allampanata di Byrne che si avvicinava in tutta fretta, per quanto fosse piegato in 2. Il suo fiato greve di tabacco alit in faccia a Stephen. -Fritz sbucato nel nostro tunnel. Firebrace si trova 30 metri pi avanti, in ascolto. Dice che lei deve venire. Stephen deglut.-D'accordo.-Prese Hunt per la spalla e lo scroll.-Ci sono dei tedeschi da ammazzare, alzati in piedi.-Hunt si mise in ginocchio e annu. -Venite, allora,-disse Byrne. I 3 uomini s'incamminarono nell'oscurit. Impiegarono 5 minuti per raggiungere il punto dov'era accovacciato Jack, con l'orecchio incollato alla parete. In fondo al tunnel puntellato videro un foro irregolare dove i minatori tedeschi erano penetrati nella loro galleria. Jack si port il dito alle labbra, poi mim senza voce la parola "Fritz", indicando il foro. C'era silenzio. Stephen osserv il viso di Jack mentre stava in ascolto.

Indossava una camicia sbiadita con le maniche arrotolate, fradicia di sudore. Stephen vide la peluria sulla nuca larga di Jack, dove il barbiere gli aveva rasato i capelli. Si sent un'esplosione alle loro spalle, con una cascata di sassi e di terra. Gli uomini rimasero immobili. Udirono dei passi in un tunnel parallelo al loro; sembrava che si allontanassero da loro, dirigendosi verso le linee inglesi. Hunt cominci a urlare.-Siamo in trappola, siamo in trappola, hanno fatto saltare la galleria, e voglio.,. Stephen gli tapp la bocca, e gli spinse le spalle indietro contro la parete del tunnel. I passi si fermarono, poi cominciarono a tornare indietro verso di loro. -Da questa parte,-disse Stephen, ripercorrendo il cammino di poco prima. -Dobbiamo tagliargli la strada prima che arrivino dai nostri. Verso la fine della galleria di combattimento, prima che si ricongiungesse al tunnel, il percorso che avevano seguito era bloccato nel punto in cui la mina che avevano sentito esplodere aveva sfondato l'armatura di legno del tunnel, provocando una piccola frana. Stephen e Jack riuscirono a superare i detriti, mentre alle loro spalle si udivano degli spari. -Sono passati, sono passati, sono passati dal buco,-urlava Hunt. Stephen spinse Byrne sopra le macerie. Vide Hunt lanciare una bomba a mano prima di raggiungere anche lui il luogo dell'esplosione. A circa 30 metri cominci un fuoco di fucileria. C'erano 4 tedeschi in vista quando la bomba di Hunt esplose, con una detonazione densa e fragorosa. Stephen vide 2 di loro volare all'indietro e il terzo finire di lato, contro la parete, ma pochi secondi dopo il fuoco ricominci. Stephen si arrampic sulla massa di terriccio cominciando a sparare verso la penombra. Byrne trov una posizione favorevole e riusc a puntare il fucile ingombrante. Entrambi spararono ripetutamente, guidati dal lampo occasionale di un fucile di fronte a loro. Stephen abbass la mano verso la cintola per prendere le bombea mano. Con il fucile era impossibile colpire il bersaglio; una granata avrebbe fatto maggiori danni e forse avrebbe bloccato il tunnel, il che avrebbe permesso di uscire agli uomini che stavano sistemando la carica di esplosivo nella galleria parallela. Mentre armeggiava con la cintura, grid agli altri di lanciare le loro bombe a mano; le sue sembravano incastrate. Armeggiando disperatamente con le dita, si accorse che davanti a lui il fuoco era ricominciato, poi ebbe all'improvviso la sensazione di essere investito dal crollo di una casa e fu scaraventato indietro dall'impatto dell'esplosione. Hunt si ritrov sopra il corpo di Stephen e si iss in alto, in modo da poter lanciare le bombe attraverso lo spazio nel quale prima si trovava Stephen. Lui e Byrne ne lanciarono 3 per ciascuno in rapida successione, con una lunga sequenza incalzante di esplosioni che fecero sprofondare il tetto della galleria a 20 metri di distanza. I fucili tedeschi smisero di sparare e Byrne, che aveva imparato qualche parola di tedesco, sent l'ordine di evacuare il tunnel. Guidati da Jack, trascinarono indietro Stephen lungo il tunnel verso la galleria , imprecando e digrignando i denti per lo sforzo di trascinare il suo corpo inerte restando piegati in 2. Nella galleria incontrarono altri scavatori che provenivano dal tunnel e 4 uomini incaricati di tendere le micce nella camera da mina. Si sent un frastuono di grida e resoconti confusi dell'accaduto. Gli uomini, a turno, trascinarono Stephen lungo la galleria, fino ai piedi della scala. Il fucile gli rimbalzava sul petto e il sangue caldo e scivoloso rendeva difficile mantenere la presa agli uomini ormai stanchi. Sbucando all'aperto trovarono il caos. Altre granate avevano provocato vittime nella trincea, distruggendo il parapetto per un tratto di 50 metri. Si misero al riparo come poterono. Byrne trascin il corpo di Stephen in una sezione relativamente intatta, mentre Hunt andava in cerca di aiuto. Gli fu detto che il pronto soccorso del reggimento, teoricamente al sicuro nel suo rifugio, era stato spazzato via da un colpo ben centrato. Stephen giaceva sul fianco, con il viso appoggiato al legno delle tavole; Byrne gli aveva piegato le gambe perch non ostacolassero i movimenti degli uomini che si spostavano avanti e indietro. Il viso era coperto di terriccio, con i pori otturati dai granelli proiettati dall'esplosione di una granata tedesca. Aveva una scheggia di shrapnel conficcata nella spalla ed era stato colpito al collo da un proiettile di fucile

; lo scoppio gli aveva provocato una commozione cerebrale, facendogli perdere i sensi. Byrne tir fuori il pronto soccorso da campo e gli vers dello iodio nel foro sul collo; trov i nastri adesivi che aprivano la confezione delle bende e srotol una lunga garza per la medicazione. Le razioni arrivarono alle 10. Byrne tent di far scivolare del rum fra le labbra di Stephen, che non volevano saperne di aprirsi. Sotto il bombardamento, la priorit spettava alla riparazione delle difese e al trasferimento dei feriti in grado di camminare. Stephen rimase per un giorno intero nella nicchia scavata per lui da Byrne, finch alla fine un barelliere lo trasport verso un pronto soccorso avanzato. Stephen provava una profonda stanchezza. Avrebbe voluto dormire per lunghe ore del giorno, anche 20 di seguito, e in perfetto silenzio. Man mano che tornava in s, riusciva a scivolare solo in un sonno superficiale. Si riscuoteva di continuo, e a volte svegliandosi scopriva che il suo corpo era stato spostato. Non si accorgeva della pioggia che gli tamburellava sul viso, ma ogni volta che si svegliava il dolore sembrava pi forte. Aveva l'impressione che il tempo procedesse all'indietro, riportandolo verso il momento dell'impatto. Alla fine il tempo si sarebbe fermato nell'attimo in cui il metallo penetrava nella sua carne, e il dolore sarebbe rimasto costante a uel livello. Moriva dalla voglia di dormire; con quel poco di forza di volont che gli era rimasto, respingeva il mondo della veglia e cercava di scivolare di nuovo nel buio. Con l'avanzare dell'infezione, cominci a sudare; in pochi minuti la febbre giunse al culmine, squassandogli il corpo e facendogli battere i denti. I muscoli entrarono in convulsione e il polso cominci a battere con un ritmo accelerato. il sudore gli aveva inzuppato la biancheria e l'uniforme impastata, quando lo trasportarono all'infermeria, la febbre aveva gi cominciato a calare e il dolore al braccio e al collo era svanito. Al suo posto sentiva un rombo, il rombo del suo sangue nelle orecchie. A volte si modulava in un ronzio, altre volte saliva fino a diventare un urlo lacerante, a seconda dell'intensit con la quale il suo cuore pompava. Con quel suono giunse il delirio. Lui perse i contatti con la sua natura fisica e credette di trovarsi in una casa su un boulevard francese, in cui cercava e invocava il nome di Isabelle. Senza preavviso si ritrov in un cottage inglese, in un grande istituto, poi ancora pi indietro, ne luogo della sua nascita, che Sentiva un odore acre di acido fenico, quello del sapone dell'orfanotrofio, poi l'aula, con la polvere e il gesso, non ricordava. Delirava e rideva. Sarebbe morto senza che nessuno lo avesse mai amato, neanche una volta, senza che qualcuno lo avesse conosciuto. Sarebbe morto da solo, e nessuno lo avrebbe rimpianto. Non poteva perdonarli.,.sua madre, Isabelle, l'uomo che aveva promesso di fargli da padre. Grid. -Chiama sua madre,-osserv il portantino mentre lo trasportava nella tenda. -Fanno sempre cos,-rispose l'ufficiale medico, togliendo la fasciatura provvisoria che Byrne aveva applicato quasi 30 ore prima. Lo sistemarono fuori della tenda, ad aspettare il trasporto al posto di smistamento dei feriti o la morte, quale dei 2 fosse giunto per primo. E sotto uel cielo indifferente il suo spirito si stacc dal corpo, con le sue carni lacerate, le sue infezioni, la sua naturale debolezza intaccata. Mentre la pioggia gli cadeva sulle braccia e sulle gambe, la parte di lui che ancora viveva era irraggiungibile. Non era la mente, ma qualche altro elemento di vita e che ora anelava alla pace, in una strada di campagna tranquilla e ombrosa dove non risuonavano cannoni. I sentieri profondi dell'oscurit si spalancarono, come avevano gi fatto per altri uomini lungo le linee scavate nel terreno, a una cinquantina di metri appena. Poi, mentre la febbre nel corpo abbandonato a se stesso raggiungeva l'apice e sprofondava nell'abbraccio dell'oblio, lui ud una voce, non umana, ma nitida e incalzante. Era la voce della vita che lo abbandonava. Il tono era beffardo. Invece della pace che lui agognava, gli offriva la possibilit del ritorno. Poteva ancora rientrare nel suo corpo e nella perversa parvenza di vita che si conduceva nel suolo squarciato e nelle carni lacerate della uerra; se avesse compiuto 1 sforzo di coraggio e di volont, sarebbe potuto tornare a quell'esistenza goffa, compromessa e ingovernabile che era la vita umana sulla terra. La voce lo chiamava, facendo appello ai suoi rimpianti e alla curiosit inappagata; se non

e avesse dato ascolto sarebbe morto di certo. Il bombardamento era finito. Jack Firebrace e Arthur Shaw erano seduti sul gradino sotto le feritoie dei tiratori, a fumare una sigaretta e a bere il t. Discutevano delle voci secondo le quali la divisione stava per essere trasferita a sud per un attacco. Erano in 1 stato d'animo riflessivo, indotto dalla coscienza di essere sopravvissuti al bombardamento e al combattimento sotterraneo. Si sentivano in vena di congratularsi con se stessi. -Notizie del tuo ragazzo, Jack?-Chiese Shaw. -Sta ancora male. Spero in un'altra lettera. -Non prendertela, nostro figlio ha avuto una malattia del genere e si rimesso perfettamente. Da noi gli ospedali sono buoni, sai.-Shaw serr la mano sulla spalla di Jack.-Che ne stato di quel tenente che rimasto ferito sottoterra con voi? -Non lo so. Alla fine lo hanno trasportato dietro le linee, ma ormai delirava. -Era stato lui ad accusarti, non vero? 1 di meno, dico io. L'espressione di Jack divenne mesta.-In fin dei conti non era cattivo. Non ne ha fatto niente. -Non ti ha fatto dormire la notte. Jack scoppi a ridere.-Mi capitato altre volte. Potremmo chiedere al capitano Weir che cosa gli successo. -V a infolmarti,-rispose Shaw.-Ora tutto tranquillo. Se il sergente vuole sapere dove sei, ti copro io. Da' un'occhiata a quello che successo laggi. Jack riflett un istante.-Quel tipo m'incuriosisce un po', devo ammetterlo. Quasi quasi vado a dare un'occhiata. Potrei anche trovare un souvenir per me. -Bravo ragazzo,-esclam Shaw.-Prendine 1 anche per me e gli altri. Jack fin di bere il t, prese qualche sigaretta dallo zaino e se le infil nel taschino. Strizzando l'occhio a Shaw, si diresse verso la trincea di comunicazione che dava sulla zona dietro le linee. Dopo il bombardamento c'erano molti lavori di riparazione in corso. Jack trovava sconcertante la rapidit con la quale strade e terreni della campagna francese sembravano perdere la loro identit per trasformarsi in terminali ferroviari, depositi all'aperto, riserve o quello che gli uomini chiamavano "trasporti". La pioggia di granate aveva per breve tempo restituito al terreno l'aspetto di qualcosa che produceva ortaggi e verdure, ma non sarebbe durato a lungo. Jack chiese a un uomo che stava scavando delle nuove latrine dov'era l'infermeria. -Non lo so, amico, ma da quella parte c' una tenda di medici.-Si rimise al lavoro. Jack trov un portantino con una lista di feriti e scorsero insieme i nomi.-Wraysford, si, eccolo. Lo hanno portato oltre il muro. -Vuoi dire che morto? -Non lo hanno portato al posto di smistamento, quindi devesserci rimasto secco. E' passata appena un'ora. Ce n' un paio di dozzine, dietro quel muro laggi. "Dir una preghiera per lui", pens Jack. "Se non altro avr fatto il mio dovere di cristiano." Era il crepuscolo. Jack percorse un sentiero fangoso e sengnato da solchi fino a un basso edificio di pietra, oltre il quale si apriva un campo arato. Era ricoperto da varie file di cenci chiazzati di scuro tra i quali splendeva qualche volto, bianco al chiarore della luna che stava sorgendo dietro un bosco ceduo. C'erano corpi gonfi, che tendevano le cuciture delle uniformi, e altri smembrati, ma tutti avevano in comune una pesantezza inerte. Mentre Jack guardava oltre la fila di corpi scaricati sul terreno, verso i solchi del campo arato, i suoi occhi attoniti si dilatarono alla vista di una figura che non aveva notato prima. Nudo, fatta eccezione per 1 scarpone e una piastrina rotonda al collo, il corpo striato da tracce di terriccio e sangue coagulato, Stephen emerse dalla penombra e avanz verso di lui. Dalle labbra gli sfuggirono parole smozzicate che suonavano pi o meno come:-Portami via di qui. Jack, riscuotendosi dal terrore, scavalc il muro per avvicinarsi. Stephen fece ancora un passetto in avanti, poi si accasci fra le braccia di Jack. Tornato al solito accantonamento nel villaggio, Michael Weir si sedette al tavolino presso la finestra, guardando oltre i vetri la pioggia che cadeva sulla strada diritta con i 2 filari di pioppi. Cercava di non pensare a Stephen. Sapeva che era stato portato dietro le linee, ma non aveva ricevuto altre

notizie. Era convinto che Stephen sarebbe sopravvissuto, perch intorno a lui aleggiava un'aura impalpabile di buona sorte. Si lasci sfuggire un sospiro pesante: quella era la stupida superstizione della fanteria. Compil un elenco di cose da fare. Di solito gli piacevano quelle sedute domestiche, in cui poteva sfuggire agli Orrori del bombardamento per dedicarsi a compiti pratici. Era preoccupato dal parapetto della trincea alla quale stavano lavorando. Troppo spesso i sacchetti di sabbia venivano spostati dagli uomini al ritorno dal servizio di pattuglia, mentre scivolavano frettolosamente dentro prima di essere illuminati da un riflettore tedesco. Ogni punto in cui i sacchetti non venivano risistemati nel modo giusto rappresentava un varco offerto ai cecchini nemici, che tenevano gli occhi puntati su di loro a tutte le ore del giorno. Un proiettile inatteso alla testa procurava una morte silenziosa, relativamente pulita, ma era demoralizzante per gli altri. Weir aveva tentato di persuadere il capitano Gray che la fanteria doveva badare meglio a se stessa, o almeno affidare tale compito alle compagnie del genio, ma in cambio della protezione assicurata dalla fanteria al tunnel si accorgeva di aver accettato di svolgere sempre pi spesso anche i compiti che spettavano a loro. Si chiedeva se quello fosse il prezzo che pagava per avere un accesso cos generoso al whisky di Stephen. In cima alla lista scrisse: piastre di protezione. Le feritoie usate dalle sentinelle venivano mascherate da lastre di ferro, ma alcune di esse erano state danneggiate dalle granate o dal fuoco delle mitragliatrici e dei cecchini nemici. C'erano anche reticolati da riparare, sebbene quello fosse un lavoro che fino ad allora era riuscito a risparmiare ai suoi uomini. La fanteria legava a un filo dei barattoli vuoti in modo che funzionassero a campanello d'allarme, ma erano sempre e soltanto i ratti che li facevano tintinnare. Quando pioveva l'acqua colava dal filo nei barattoli vuoti, e i vari livelli dei barattoli erano per gli uomini naturale oggetto di scommesse, in cui ognuno puntava su un barattolo piuttosto che un altro, oppure di superstizioso terrore, al pensiero di quello che si sarebbe riempito per primo. In quei suoni, Weir udiva invece qualcosa di diverso. Una volta, durante un periodo di quiete, aspettando che Stephen tornasse da un'ispezione, si era seduto sul gradino della trincea ad ascoltare la musica dei barattoli. La scala dei suoni andava dall'acuto al grave a seconda del livello raggiunto dall'acqua. Quelli pieni fino all'orlo producevano soltanto una sorta di percussione grassa, finch non si rovesciavano, e allora la cascata provocava una brusca variazione. Alla portata del suo orecchio c'erano decine di barattoli a diversi livelli, con varie risonanze. Poi aveva udito il filo muoversi al vento. Sprigionava un rumore lamentoso di sottofondo che ogni tanto arrivava in primo piano, poi scivolava di nuovo in sottofondo, facendo da accompagnamento. Doveva sforzarsi per distinguere, o forse immaginare, una melodia nella musica nei barattoli, ma alle sue orecchie suonava sempre meglio del terribile fragore delle granate. Era met pomeriggio e Weir voleva dormire un po', prima che cominciassero le attivit notturne. Quella notte dovevano aiutare la fanteria a trasportare munizioni e a scavare nuovi pozzi neri. C'erano anche delle riparazioni da fare alle traverse e alle pareti della trincea, a parte il lavoro che svolgevano sottoterra. Prima di stendersi a riposare, and a trovare alcuni degli uomini e li trov che fumavano e riparavano i loro attrezzi. I vestiti dei minatori richiedevano attenzioni particolarmente frequenti e, anche se ciascuno aveva un modo di cucire tutto suo , erano diventati esperti con ago e filo. Dopo aver scambiato qualche parola con loro per tenere alto il morale, Weir torn al suo alloggio e si stese sul letto. Non aveva ottenuto notizie di Stephen al comando del battaglione quando era andato a controllare quella mattina. Se fosse stato vivo, in un modo o nell'altro sarebbe riuscito a farglielo sapere, pensava Weir: Anche se il suo comandante non era stato informato ufficialmente dai medici, Stephen era abbastanza ingegnoso per riuscire a informare l'amico. Weir chiuse gli occhi nel tentativo di dormire. Avrebbe voluto scrivere una lettera al parente pi prossimo di Stephen, ammesso che esistesse. La sua mente cominci a comporre delle frasi. Era intrepido.,.infondeva coraggio.,.era il mio amico pi intimo, la mia forza e

il mio scudo. Le espressioni vuote che avevano riempito tante lettere ai parenti sembravano inadeguate a descrivere il ruolo che Stephen aveva giocato nella sua vita. Gli occhi di Weir si riempirono di lacrime. Se Stephen se n'era andato, neanche lui ce l'avrebbe fatta a continuare: avrebbe corteggiato la morte, avrebbe camminato lungo il parapetto, avrebbe aperto la bocca alla prossima nube di fosgene che aleggiava su di lui, sollecitando il telegramma che sarebbe stato consegnato nella strada silenziosa di Leamington Spa, dove i genitori e i loro amici continuavano la loro vita senza darsi pena o pensiero del mondo nel quale lui e Stephen erano vissuti. Stephen Wraysford riprese possesso del suo corpo cellula per cellula: ogni millimetro riguadagnato con fatica comportava nuove sofferenze e ridestava la sensazione quasi dimenticata di essere vivo. Il letto era privo di lenzuola, anche se sulla pelle del viso sentiva il ruvido conforto di vecchie bende di lino, lavate e disinfettate sino a perdere finanche il ricordo della morbidezza. La sera il dolore al braccio e al collo peggiorava, anche se non era mai pi intenso di quanto lui potesse tollerare e mai terribile come quello dell'uomo nel letto accanto al suo, che evidentemente vedeva in faccia il dolore e lo sentiva incombere sopra di s. Ogni giorno tagliavano parte di quel corpo, cercando di precedere l'avanzare della cancrena senza mai riuscirvi del tutto. Quando gli toglievano le bende, il fluido sprizzava dalle sue carni come 1 spirito vittorioso che si fosse impossessato di lui. Il suo corpo si stava decomponendo a vista d'occhio, come i cadaveri rimasti appesi al reticolato, che passavano dal rosso al nero prima di sgretolarsi sul terreno, lasciandosi dietro soltanto spore infette. Una mattina apparve in fondo alla corsia un ragazzo sui 19 anni con gli occhi coperti da pezzetti di carta marrone. Portava appeso al collo un biglietto che il primo ufficiale medico, un uomo irascibile in camice bianco, controll per saperne qualcosa di pi. Subito dopo chiam un'infermiera e una ragazza inglese, poco pi che ventenne, accorse ad aiutarlo. Cominciarono a spogliare il ragazzo, che evidentemente non faceva il bagno da mesi, tanto da avere quasi gli stivali incollati ai piedi. Stephen rimase a guardare, chiedendosi come mai non si curassero nemmeno di nasconderlo dietro un paravento . Anche lui, al suo arrivo, aveva calcolato che non si cambiava le calze da 22 giorni. Quando finalmente riuscirono a sfilare gli stivali al ragazzo, la corsia fu invasa da un tale tanfo che l'infermiera corse a vomitare nel lavandino di pietra, e Stephen sent l'ufficiale medico inveire contro di lei. Pi che spogliarlo, lo sbucciarono: quando arrivarono alla biancheria, l'ufficiale medico dovette usare un coltello per staccare gli indumenti dalla pelle. Finalmente il ragazzo rimase nudo, tranne le bende marroni sugli occhi. Il suo corpo era privo dello strato esterno di pelle; ne restava solo una striscia intorno alla vita, dove la cintura lo aveva protetto. Tentava di gridare. Aveva la bocca spalancata e i tendini del collo tesi, ma a quanto pareva qualche problema alla gola gli impediva di emettere ualunque suono. L'ufficiale medico stacco la carta marrone dal viso del ragazzo. La pelle delle guance e della fronte era maculata di chiazze violacee e gli occhi lacrimavano a profusione, come per congiuntivite acuta. Li detersero con il fluido contenuto in una occhiera nella quale l'infermiera aveva versato una soluzione gi pronta. Il corpo del ragazzo s'irrigid in silenzio. Tentarono di togliergli di dosso parte dello sporco, ma non volle saperne di restare immobile mentre gli applicavano acqua e sapone. -Dobbiamo ripulirti, giovanotto. St fermo,-gli ordinava l'ufficiale medico. Lo condussero lungo la corsia, e quando si avvicinarono Stephen riusc a vedere la disposizione delle ustioni sul corpo. La pelle tenera delle ascelle e della parte interna delle cosce era coperta da grosse vesciche aperte e il ragazzo respirava a brevi ansiti frettolosi. Lo convinsero a stendersi su un letto, sebbene inarcasse il corpo per evitare il contatto con il lenzuolo. Alla fine il medico perse la pazienza e lo spinse gi posandogli le mani sul petto. Allora la bocca del ragazzo si apri in una protesta muta, mentre una schiuma giallastra gli sgorgava dalle labbra. Il medico lasci all'infermiera il compito di coprirlo con una sorta di tenda di legno improvvisata, sulla quale stese un

lenzuolo, e finalmente trov il modo di portare un paravento in corsia per nasconderlo alla vista degli altri. Stephen not che mentre la ragazza era in grado di curare la ferita dell'uomo nel letto accanto al suo, e persino di sgridarlo quando urlava, ogni volta che sbucava fuori dal paravento si torceva le piccole mani in un autentico gesto di angoscia che non le aveva mai visto prima. Incroci lo sguardo della ragazza e tent di confortarla. Le sue ferite si stavano rimarginando in fretta e il dolore era quasi scomparso del tutto. Quando il medico venne a visitarlo, Stephen gli chiese cosa fosse successo al ragazzo. A quanto pareva, era stato sorpreso da un attacco con i gas a una certa distanza dal fronte. Accecato dal cloro, era finito in una casa infine colpita da una granata. -Quello stupido moccioso non si messo la maschera antigas,-disse l'ufficiale medico. -Morir? -E' probabile. Ha delle lesioni al fegato provocate dal gas. Nel suo corpo sono in atto delle reazioni che di solito si verificano dopo la morte. Con il passare dei giorni, Stephen not che, quando l'infermiera si avvicinava al paravento dietro il quale giaceva il ragazzo vittima dei gas, rallentava il passo, con gli occhi incupiti da un presentimento. Aveva gli occhi azzurri e i capelli raccolti sotto la cuffietta inamidata. Si fermava quasi, inspirava a fondo e drizzava le spalle, risoluta. Il terzo giorno il ragazzo ritrov la voce, per invocare la mamma. L'infermiera aveva lasciato i paraventi leggermente scostati e Stephen la vide spostare con grande cautela l'intelaiatura, sollevandola bene al di sopra del corpo ustionato prima di posarla sul pavimento . Abbass lo sguardo sulle parti che nessuno poteva toccare, dagli occhi che erano coperti, al viso e al collo fino al petto scuoiato, all'inguine e alle gambe pulsanti. Impotente, allarg le braccia in un gesto d'amore materno, come se questo potesse confortarlo, il ragazzo non reag. L'infermiera prese un flacone di olio dal comodino chinandosi su di lui. Delicatamente, gliene vers una goccia sul petto, e il ragazzo lanci un urlo acuto. Lei si raddrizz, levando il viso al cielo. Il giorno dopo Stephen, svegliandosi, vide che il ragazzo era scomparso. Non ricomparve n la sera n il giorno dopo, e sper che le sue preghiere fossero state esaudite, l'infermiera venne a cambiargli la medicazione , e le chiese dov'era. -E' andato a fare il bagno,-gli rispose.-Lo abbiamo messo un giorno intero in una soluzione salina colloidale. -E sta steso nella vasca?-Chiese Stephen incredulo. -No, in un'amaca di tela. -Capisco. Spero che muoia presto. Nel pomeriggio si sent un trepestio di corsa e udirono l'ufficiale medico gridare:-Tiratelo fuori, tiratelo fuori! Un urlante fagotto di coperte fu trasportato gocciolante lungo la corsia. Per tutta la notte riuscirono a tenere in vita il ragazzo. Il giorno dopo rimase muto, e la sera tentarono di issarlo nell'amaca per portarlo nel bagno, con le membra che ciondolavano ai bordi della tela mentre lui restava inerte, con i brandelli di carne viva che pendevano. I polmoni infetti cominciarono a gorgogliare e schiumeggiare, secernendo un fluido giallo che soffocava le sue parole di protesta mentre lo calavano nel bagno di pietra all'esterno. Quella notte Stephen preg per la morte del ragazzo. La mattina dopo vide l'infermiera avvicinarsi, pallida e sconvolta. Alz gli occhi con aria interrogativa e lei annu, scoppiando poi in singhiozzi. Stephen ottenne il permesso di uscire nel pomeriggio per sedersi su una panchina da cui poteva osservare gli alberi agitati dal vento. Non parlava; non sentiva l'impulso di dire niente. Ben presto fu di nuovo in grado di camminare e i medici gli dissero che sarebbe stato dimesso alla fine della settimana. Era in ospedale da 20 giorni. -Una visita per lei,-gli disse una mattina l'infermiera bionda. -Per me?-Ribatt Stephen. La voce si srotol dentro di lui come un gatto che si stira dopo un lungo sonno, e fu felice di sentire quel suono insolito.-Il re?

L'infermiera sorrise.-No, un certo capitano Gray. -Come si chiama, lei? -Infermiera Elleridge. -Il nome di battesimo. -Mary. -Voglio dirle una cosa, Mary. Pu venire qui un momento?-Lei si avvicin al letto, un po' riluttante. Stephen le prese la mano.-Si sieda un attimo sul letto . Lei si guard attorno con aria dubbiosa, poi si appollai sull'orlo del letto. -Che cosa voleva dirmi? -Sono vivo. E' tutto quello che volevo dirle. Lo sapeva? Sono vivo. -Molto bene.-Lei sorrise.-E' tutto? -Si, tutto.-Le lasci libera la mano.-Grazie. Il capitano Gray si avvicin lungo la corsia.-Buon giorno, Wraysford. -Buon giorno, signore. -Mi dicono che pu camminare. Vogliamo uscire?-C'erano 2 panchine in ferro battuto addossate al muro dell'ospedale: davano su un prato in discesa, ai piedi del quale sorgeva un cedro in riva a un grande stagno. Qua e l dei pazienti si aggiravano nel parco con l'aiuto di bastoni.-A quanto pare si ristabilito perfettamente,-osserv.-Mi avevano detto che era spacciato. Si tolse il berretto, posandolo sulla panchina in mezzo a loro. Aveva i capelli impeccabilmente pettinati, di un castano lucente ancora non insidiato dal grigio , i baffi ben disegnati e curati; ma sebbene Stephen fosse pallido, trasandato e con i capelli brizzolati, il suo viso conservava un'aria giovanile che quello di Gray non aveva pi. La luminosit dei suoi grandi occhi prometteva ancora sorprese, mentre l'espressione di Gray, per quanto vivace, era fissa. Era un uomo che esercitava un grande autocontrollo e, per quanto i suoi modi fossero informali, si vedeva bene che era un superiore. Stephen annu. -Una volta curata l'infezione, ho fatto molti progressi. Le ferite in s non erano poi tanto gravi. Il braccio rester leggermente impedito nei movimenti, ma per il resto tutto a posto. Gray prese una sigaretta dal portasigarette nel taschino, tamburellandone l'estremit sulla panchina.-Le spettano 2 settimane di licenza a casa, a partire dal momento in cui sene andr di qui,-lo inform.-Dopodich ricever una promozione. Voglio che lei segua un corso ad Amiens. Poi far un turno di servizio nello stato maggiore della brigata. Stephen ribatt:-Non ho intenzione di andarmene. -Cosa?-Esclam Gray con una risata. -Non intendo tornare a casa e non intendo entrare nello stato maggiore. Non adesso. -Credevo che ne sarebbe stato entusiasta. Sta in prima linea da pi di un anno, no? -Esatto,-rispose Stephen.-Un anno di reparativi. Non voglio lasciarla proprio nel momento cruciale. -Quale momento cruciale?-Gray lo guard con sospetto. -Lo sanno tutti che imminente un attacco, persino i medici e le infermiere. E' per questo che tentano di rimettere in piedi quegli uomini. Gray si morse il labbro.-Pu darsi, pu darsi. Ma stia a sentire, Wraysford, lei si comportato bene con il suo plotone. Finora non hanno combinato granch, ma chi di noi lo ha fatto? Li ha tenuti uniti sotto il fuoco. Si uadagnato un periodo di riposo. Nessuno potr dire che vuole tirarsi indietro. Perdio, appena 3 settimane fa la davano per morto, lo sapeva? L'avevano scaricata insieme ai cadaveri. Stephen era atterrito dall'idea di essere separato dagli uomini con i quali aveva combattuto. Detestava la guerra, ma non poteva andarsene prima di vedere come sarebbe finita. In un certo senso, che d'altronde gli riusciva incomprensibile, era come se l'avesse sposata: il suo destino individuale era legato all'esito di eventi pi vasti.-Tanto per cominciare,-spieg,-in Inghilterra non ho una casa e non saprei dove andare. Vuole forse che vada a

bighellonare a Piccadilly Circus? Dovrei andarmene al mare a dormicchiare in Cornovaglia, in un piccolo cottage? Preferisco restare in Francia. Questo paese mi piace. Gray sorrise con indulgente curiosit.-Continui. E la promozione? Non vuole nemmeno quella? Significherebbe promuovere Harrington al posto suo. Stephen sorrise.-Nemmeno quella, signore. Penso che ci saranno altre occasioni di essere promosso. Non credo che la strage finir presto. -Probabilmente no. Ma ascolti, Wraysford, questi sono ordini. Non c' molto che possa fare in proposito. -Potrebbe parlarne al comandante. -Il colonnello Barclay?-Gray scosse la testa.-Non credo. Lui si attiene alle regole. Credo che le abbia addirittura scritte lui. Stephen si sent incoraggiato. Era chiaro che l'idea di violare l'ortodossia solleticava Gray, nonostante il suo aspetto impeccabile e lo zelo militare. Rimasero in silenzio, Un camion carico di lettighe si ferm di fianco all'ospedale e 2 portantini uscirono per dare una mano. Alcuni degli uomini che scaricarono erano buoni solo per morire; i feriti pi gravi venivano lasciati sempre per ultimi dai barellieri, perche era pi improbabile che tornassero utili in futuro. Stephen pens che la consapevolezza di quel calcolo doveva proprio essere di gran consolazione per gli uomini che giacevano nei crateri delle granate, in attesa, spiando l'insorgere dell'infezione. -Sa dove ci trasferiranno? -Si,-rispose Gray.-Anche se non dovrei ancora dirglielo.-Stephen non replic, limitandosi ad allargare le braccia in una lieve scrollata di spalle.-Albert, disse Gray.-Pi avanti riceveremo istruzioni dettagliate. Il comando di brigata sar di stanza in un villaggio che si chiama Auchonvillers, ammesso che si pronunci cos. Il colonnello lo ha chiamato Ocean Villas. -Lo conosco!-Esclam Stephen eccitato.-Ci sono stato. Si trova sul fiume Ancre. Conosco bene la zona. E parlo il francese. Sarei.,. -Indispensabile,-complet ridendo Gray. -Proprio cos. -Me ne parli, allora. -E' una bella campagna. Non pianeggiante, penso che si possa definirlo piuttosto un bassopiano. Nell'Ancre Si fa buona pesca.,.non che io abbia mai preso niente. Campi aperti, con alcuni grandi boschi e boschetti cedui. Una terra intensamente coltivata a ortaggi e verdure. Molte barbabietole, credo. I villaggi sono squallidi. La ferrovia che parte da Albert si ferma a Beaumont. C' un grazioso villaggio chiamato Beaumont Hamel. Quello non lo vedr granch. E' una fortezza tedesca. -Che altro? -Pi o meno, tutto qui. C' un problema, per. E' terreno collinoso. E' importante stare in alto. Non vorrete attaccare dal basso, vero? Sarebbe un suicidio. -Non credo che vogliamo attaccare, ma dobbiamo allentare la pressione su Verdun. Se sfondano laggi, siamo finiti. -E attaccheremo dal basso? -I boches sono l da un anno. Non credo che abbiano sceltouna posizione a valle. Stephen non replic subito. Poi:-E chi altri ci andr? -Per lo pi i ragazzi appena arrivati, l'esercito di Kitehe e solo pochi veterani come noi per dare loro un po' di esperienza. -Ci manderanno all'attacco lass?-Stephen non riusciva a crederci. Gray annu. Stephen chiuse gli occhi. Da quel giorno che aveva trascorso a pescare, ricordava la pendenza del terreno dalla riva del fiume in su. Aveva un vago ricordo di un grande bosco su una collina ai piedi di un villaggio che si chiamava, se non ricordava male, Thiepval. Sapeva quali dovevano essere le difese tedesche dopo un anno di preparativi; anche dopo una sola settimana, costruivano trincee migliori degli inglesi. Il pensiero di ondate di uomini d'affari e operai, braccianti agricoli e impiegati che avevano il loro primo assaggio della guerra mentre risalivano quel pendio per attaccarli era assurdo. Non lo avrebbero permesso.

-Qualche ripensamento?-Disse Gray.-Piccadilly Circus non poi cos male. Se non altro, si mangia in modo decente. Potrebbe andare al Caf Royal. Stephen scosse la testa.-Pensa di poter fare qualcosa per me? Convincerli a lasciarmi restare? -Tutto possibile. In fondo sempre pi facile offrire degli uomini a un comandante, anzich sottrarglieli. Posso parlarne al suo comandante in seconda, il maggiore Thursby. E il posto nello stato maggiore? -Pu rimandare, o mandare qualcun altro? -Se lei si render indispensabile, si. E se si impegna a rigar diritto. -Che intende dire? Gray tossi, schiacciando la sigaretta sotto il tacco.-Lei superstizioso, non vero? -Lo siamo tutti. -Gli ufficiali no, Wraysford. La nostra vita dipende dalla strategia e dalla tattica, non da fiammiferi o giochi di carte. -Forse in fondo al cuore mi sento ancora un soldato semplice. -Bene, la smetta. Ho visto quella robaccia nel suo alloggio, le figurine intagliate, le carte e i mozziconi di candela. Getti via tutto. Confidi nella preparazione e nella guida dei superiori. Confidi nei suoi uomini. Se vuole un aiuto soprannaturale, vada a trovare il cappellano. Stephen abbass gli occhi.-Non ho mai trovato Horrocks particolarmente soprannaturale. -Non faccia lo spiritoso, Wraysford. Lei sa che cosa intendo. Se l'aiuto, lei dovr ripagarmi. La smetta con le stregonerie e abbia fiducia in se stesso. -Non che io creda veramente in quella roba, sa.,.carte e predizioni e cos via. Ma lo fanno tutti. -No, Stephen. Lo fa lei, a causa di quello che le successo quando era bambino. La voce di Gray si era raddolcita. -Cosa intende dire? -Non conosco la storia della sua vita, ma penso che i bambini abbiano bisogno di credere in qualche potere esterno a loro. E' per questo che leggono libri su streghe, maghi e Dio sa cosa. Esiste un'esigenza umana in questo senso, che normalmente si esaurisce nell'infanzia. Ma se il mondo di un bambino viene infranto da un eccesso di realt, quell'esigenza sopravvive in segreto. -Quelle ridicole frottole austriache. -Silenzio.-Gray si alz in piedi.-Io sono il suo comandante di compagnia e sono tenuto a sapere cose che lei pu ignorare. Se l'aiuto a restare qui al fronte, che Dio la protegga, d'ora in poi lei far a modo mio.-Tese la mano. Stephen la strinse per un attimo e rientr in ospedale. -Pazzo bastardo che non sei altro, Wraysford,-esclam Michael Weir.-Vuoi dire che hai deciso di restare quando saresti potuto tornare a casa? -A casa? -Lo sai benissimo che cosa voglio dire, in Inghilterra. E' cos bella, questo periodo dell'anno. Io andavo sempre a trascorrere una domenica di Pentecoste con una zia che viveva a Sheringham, sulla costa di Norfolk. Alla fine di maggio l'aria era cos pura da ubriacarti, con i campi e le siepi pieni di vita. Era la stagione pi bella. E c'era un piccolo pub a Burnham Thorpe dove.,. -Portami laggi quando sar finita, non prima. Nel frattempo voglio farti vedere una cosa. Il posto dove andremo tra poco. -Hai ricevuto gli ordini? -S, anche se non sono molto dettagliati. Ci metteremo in marcia venerd per Albert. -La nostra solita fortuna. -Pensavo che avremmo passato qui il resto della guerra, ma laggi c' lavoro perch lo stato maggiore ha chiesto 2 compagnie in pi. E indovina chi hanno scelto? -Albert quel posto con la Madonna appesa alla guglia del campanile, non vero? -Si. Ci sar ressa, con almeno met del corpo del genio inglese ammassata laggi. Whisky? -Certo,-rispose Weir.

-Gioved sera, quando la zona dietro le linee sar piena di mezzi di trasporto, voglio portarti al villaggio per una festa d'addio. -Che cosa vuoi dire? -Aspetta e vedrai. Qualcosa che aspetti da molto tempo. Weir guard insospettito Stephen, ma non disse niente. Poteva immaginare quello che aveva in mente; dagli uomini che tornavano dal riposo aveva sentito dire che all'altro capo del villaggio c'era una fattoria dove la luce restava accesa tutta la notte alla finestra. Erano madre e figlia, si diceva, capaci di farsi un plotone intero. Quel pensiero riempiva d'ansia Weir. La prima volta che aveva sfiorato una donna aveva appena 17 anni e si era tirato indietro di fronte alle possibilit che gli si offrivano. La ragazza aveva un anno pi di lui, ma sembrava appartenere a una generazione diversa. Mentre lui si sentiva inibito e troppo giovane per quello che lei suggeriva, la ragazza aveva un atteggiamento di divertito cinismo, come se la lunga esperienza le facesse considerare quell'atto il pi semplice e il pi naturale che esistesse. Invece aveva sentito dire che c'era chi voleva fare atti cos vergognosi e intimi che non desiderava farsi vedere da nessuno, neanche da lei. Aveva declinato l'invito, dicendo a se stesso che era meglio aspettare qualche anno in pi. Nel frattempo guardava sconcertato le persone che conosceva, soprattutto i genitori. Quando erano seduti nel salotto della loro spaziosa casa di mattoni, intenti a leggere o a giocare a carte, li fissava a occhi spalancati immaginando scene di depravazione . Quando la madre si voltava verso di lui inclinando la testa con aria interrogativa e deponeva il cucito per chiedergli a che cosa pensava, era costretto a concentrarsi in fretta sui suoi capelli spartiti da una riga al centro, sulla collana e sull'abbigliamento pudico, cancellando dalla mente le immagini di organi congestionati e contatti carnali. Certo, erano atti naturali, era quello il modo in cui il mondo si rinnovava e andava avanti, ma con tutto ci osservando i genitori parlare con i loro amici sposati, restava perplesso pensando alla strana cospirazione che teneva nascoste le loro azioni dietro quel comportamento cos pudibondo. Cominci a invitare delle donne a ballare o a prendere il t in casa dei genitori, ma senza che il sesso entrasse mai in gioco. Di tanto in tanto le prendeva per mano oppure, se fortunato, riceveva sulla guancia il bacio della buonanotte. Nell'universit che frequent, le poche ragazze iscritte ricevevano un'istruzione separata, rari e brevi erano gli incontri con gli uomini, sorvegliati attentamente da chaperon. Se almeno lo avesse fatto una volta, poi avrebbe saputo rifarlo; a 23 anni pens di abbordare di nuovo la ragazza della prima volta, per chiederle se era ancora interessata, ma si rese conto che era una prospettiva ridicola. In seguito scopri che si era sposata. Si arruol nel genio 2 anni prima dello scoppio della guerra. Il casto cameratismo maschile gli offriva una buona copertura. L, almeno, sarebbe stato come tutti gli altri: un uomo che desiderava le donne e se le vedeva negare dalle circostanze con rammarico ma anche, nel suo caso, con un certo sollievo. Poteva scambiare con i compagni battute amare sulla loro mancanza, e le sue osservazioni erano venate di autentico rimorso. Nei primi 6 mesi della guerra scopr che il sollievo lo rendeva euforico e si fece la fama di ufficiale eccentrico ma affidabile, dal morale sempre alto. Grazie agli studi universitari fu promosso in fretta e gli uomini si entusiasmavano per la sua effervescenza. Ma quando i combattimenti cominciarono a prendere una piega pi seria e i bombardamenti si inffittirono, i suoi nervi cominciarono a cedere. Non era abituato a vivere in gallerie larghe 90 centimetri, a una tale profondit sotto il suolo. Non gli piaceva la sensazione, da un momento all'altro poteva restare ucciso nella trincea. All'et di 30 anni la mancanza di contatti fisici con le donne era diventata non tanto un'assenza quanto una presenza invadente. Era stanco della sua ignoranza e non invidiava pi gli altri. Si era convinto che quello che gli mancava non poteva essere tanto straordinario di per s: era una semplice funzione, trascurabile e facile da ignorare. Il pensiero di porre fine all'astinenza diventava sempre pi bizzarro, irto di insidie materiali che non sarebbe mai riuscito a superare; alla fine, divenne inconcepibile. Il massiccio bombardamento non era stato la premessa a un'avanzata in massa da parte del

nemico, come molti avevano temuto. Era stato Solo il segnale d'inizio di un altro breve bombardamento, seguito a sua volta da una fase di relativa calma. Di notte le pattuglie uscivano per tendere l'orecchio al suono delle attivit domestiche dei tedeschi: le riparazioni al reticolato, i lavori di cucito per attaccare bottoni, le visite del personale paramedico per la distribuzione di polvere contro i pidocchi e del vecchio barbiere bavarese. Erano meglio organizzati delle loro controparti inglesi e riforniti con maggiore abbondanza di cucine mobili e barili di birra che arrivavano fino alle trincee di riserva. Di tanto in tanto, la notte, giungeva fino a loro il suono di qualche canzone popolare; non appartenevano al genere sentimentale prediletto dai soldati inglesi, ma erano piuttosto vigorose e malinconiche evocazioni di una terra amata. A quel suono Stephen, disteso nel cratere di una granata insieme a Byrne, sent il suo corpo irrigidirsi per l'odio. Molti uomini del suo plotone provavano rispetto per i tedeschi, nei momenti di quiete addirittura una tolleranza che a lui sembrava sconfinare nell'affetto. Da parte sua, invece, non sentiva che un impulso verso la violenza; desiderava rispondere loro con l'acciaio e l'esplosivo, con il metallo che lacerava i tessuti soffici rimbalzando sulle ossa. Alla fine della uerra ci sarebbe stato posto per la meditazione, anche per la generosit, ma nel frattempo lui faceva tesoro di quell'odio come di un mezzo per salvare la propria vita e quella dei suoi uomini . Si gir verso il viso di Byrne, annerito con zucchero bruciato e, accostandogli le labbra all'orecchio, bisbigli cos piano che il suono della sua lingua contro i denti e il palato era pi forte delle parole in s.-Mitragliatrice all'estremit opposta. Nessuna attivit. Tutti addormentati. Tanto vale tornare indietro. Per fortuna la notte era senza stelle, la luna sepolta dietro banchi di nubi cariche di pioggia. Il vento irregolare non era sufficiente ad aprirle e a gettare luce sul terreno squarciato nel quale erano appostati. Al di sopra del fruscio e del mormorio occasionale della brezza, si lev il canto di un usignolo. Stephen tast con rimpianto il coltello inutilizzato. Byrne annu. Portava con s una mazza lunga 60 centimetri che aveva ricavato da un pezzo di quercia; una volta, con un colpo di manganello e 1 scatto del polso, aveva fracassato il cranio a una sentinella tedesca. Issatisi fuori del cratere, tornarono indietro strisciando verso le loro linee dove, affrontando la parte pi rischiosa della missione di ricognizione, dovevano superare 4 reticolati e rotolare nella trincea senza attirarsi addosso il fuoco o delle mitragliatrici tedesche puntate in permanenza sul parapetto della trincea inglese, o delle loro stesse sentinelle che, riscosse da una sonnolenza colpevole, potevano scattare al primo suono. Quando tornarono nella trincea, era di sentinella Hunt, e lo sentirono armare il cane del fucile quando Byrne urt un barattolo che penzolava dal filo. Stephen sent la mano di Hunt protendersi per aiutarlo a calarsi nella trincea, e Byrne scivol dentro dopo di lui. -Ben fatto, Hunt,-disse Stephen.-Ora vado a offrire da bere a quest'uomo. Ti piace il whisky, Byrne? -Eccome. -Se Petrossian vuole sapere dov' Byrne, digli che con me. -D'accordo.-Hunt osserv i 2 allontanarsi sul ponte di tavole. Nella trincea, qualche metro pi in l, Jack Firebrace stava seduto sul gradino a bere una tazza di t per rimettersi in forze dopo 6 ore di lavoro nel sottosuolo. I suoi pensieri erano rivolti a casa. 8 anni prima, quando la moglie gli aveva dato un figlio, la vita di Jack era cambiata. Man mano che il bambino cresceva, Jack aveva notato in lui delle qualit che apprezzava e che lo sorprendevano. Il piccolo non era disincantato, e la sua innocenza racchiudeva una sorta di speranza. Margaret rideva quando Jack glielo faceva notare. -Ha solo 2 anni,-osservava.-Per forza che innocente.-Non era quello che voleva dire Jack, ma non riusciva a esprimere a parole l'effetto che aveva su di lui l'osservazione di John. Gli sembrava una creatura giunta da un altro universo, e ai suoi occhi il mondo dal uale veniva il bambino era non solo diverso, ma anche migliore. La sua innocenza non s'identificava con

l'ignoranza, aveva un carattere fortemente positivo che risultava accessibile a tutti; forse era quello che il libro di preghiere definiva un tramite della grazia, o una speranza di gloria. A Jack sembrava che se un essere umano qualsiasi, suo figlio, che non era niente di speciale, poteva avere quella purezza di mente, forse i singoli atti virtuosi di cui la gente si stupiva nel corso della vita non erano affatto isolati; forse erano la continuazione naturale della bont innocente che tutti portavano con s al mondo all'atto della nascita. Se questo era vero, gli altri esseri umani non erano le creature rozze e imperfette che quasi tutti credevano. Le loro manchevolezze non erano innate, ma frutto di errori o del cinismo nato dall'esperienza; in fondo al cuore, essi restavano suscettibili di perfezione. L'amore che Jack provava per il figlio riscattava la sua visione della vita umana e sostanziava la sua fede in Dio. La sua devozione, che dapprima era stata l'istinto di un uomo timoroso, ora si trasformava in qualcosa che rispecchiava la sua fede nella bont del genere umano. Si rendeva conto che John era un catalizzatore insufficiente a scatenare un simile mutamento nelle sue convinzioni, ma non aveva importanza: il figlio era l'unica cosa importante per lui. Al momento della partenza non aveva potuto salutarlo, e comunicava col bambino attraverso i messaggi contenuti nelle lettere di Margaret. Spesso, al fronte e sottoterra, era troppo preoccupato per pensare a John e Margaret, per formarsi nella mente delle immagini nitide di loro, ma quando si stendeva sulla traversa davanti alla parete d'attacco del tunnel o tendeva le orecchie durante il servizio di sentinella, aveva sempre la sensazione che fossero con lui. La sua resistenza era dedicata a loro; la cura che metteva nel tentativo di restare vivo scaturiva dal desiderio di rivedere il bambino. Rimase a guardare Byrne e Stephen che si allontanavano, poi preg intensamente per la vita di John. L'odore del terreno nella trincea gli ricordavano l'infanzia, quando cadeva nella fanghiglia durante una partita di calcio o giocava a costruire un'ala nel ruscello che scorreva attraverso il terreno scoperto dietro la fabbrica; era l'odore onnipresente di terra e d'infanzia. Era completamente solo, com'era sempre stato, ma ora nel suo cuore urgeva la vita di un altro bambino. Il giorno dopo arriv una lettera di Margaret per Jack, ma lui decise di non aprirla finch non fosse tornato dal lavoro sottoterra. Poteva restare ucciso nel tunnel, ed era meglio morire nell'ignoranza, se le notizie dall'ospedale erano cattive. Se erano buone, sarebbero sembrate ancora migliori dopo che le aveva attese tanto. Era una giornata tranquilla. Alcuni uomini della divisione stavano gi preparandosi alla partenza. Al mattino Jack tir fuori l'album degli schizzi per fare qualche disegno dell'amico Arthur Shaw. La sua testa massiccia aveva un volume e delle ombreggiature che richiedevano le linee morbide della matita. Shaw stava seduto tranquillamente, mentre Jack lavorava facendo saettare gli occhi su e gi, dalla carta al viso e poi di nuovo indietro, con la matita sospesa fra le dita. Tyson venne a guardare sopra la spalla di Jack, lasciandosi sfuggire un breve grugnito di apprezzamento. Il disegno era semplice e mancava di finezza, ma Jack aveva l'abilit di cogliere la somiglianza, e questo colp Tyson, che volle essere ritratto anche lui. Jack, per, era misterioso nella scelta dei soggetti: c'erano disegni di camion e botteghe, alcuni dei villaggi in cui andavano a riposo, qualche scena di gruppo disegnata a memoria in una sala da concerto o in un estaminet; ma la maggior parte dell'album di schizzi consisteva in ritratti di Arthur Shaw. Verso la fine del pomeriggio il sergente Adams venne da loro insieme a Jones e Lone e gli uomini formarono la squadra che doveva scendere sottoterra. Michael Weir aveva affidato il comando ad Adams, mentre lui trascorreva la serata nel suo alloggio con un libro. Verso le 8 Stephen scost la tendina antigas ed entr. Era in 1 stato di eccitazione nervosa. -Andiamo. -E dove? -La sorpresa di cui ti ho parlato. Su, vieni. Prendi quella bottiglia di whisky. Weir si alz con aria incerta. Aveva paura di quello che Stephen progettava di fare. Trangugi un dito di wisky dalla bottiglia e lo senti aggiungere il suo piccolo contributo ai tanti che aveva gi bevuto. Dal suo modo di fare, intui che anche Stephen aveva bevuto. Quando uscirono all'aperto, nel buio, Weir

inspir a fondo. Era una serata estiva, asciutta, e si udiva soltanto il suono lontano di qualche bombardamento svogliato a poco pi di un chilometro lungo la linea, come una monotona ninnananna meccanica per ammonire i distratti che la morte poteva sorprenderli anche nel sonno. Weir segu Stephen lungo la trincea di comunicazione e oltre la linea della riserva, fino alla zona sul retro dove scorrevano i fari dei camion in arrivo lungo le strade di campagna alberate, illuminando grosse cataste di sacche sistemate sotto i teloni impermeabili in attesa del trasporto. Il sergente maggiore Price camminava su e gi, impaziente, al terminale ferroviario, mentre un enorme pezzo d'artiglieria veniva laboriosamente issato con un verricello a bordo di un treno. Armato di portablocco a molla e inventario, era tornato momentaneamente al suo vecchio impiego di magazziniere. Stephen rimase nell'ombra, temendo di essere visto da Price, e guid Weir verso un tratto fangoso in fondo a un filare di pioppi dove 2 uomini stavano appoggiati a una motocicletta del comando. -Mi serve quella moto,-disse.-Il maggiore.,.Watson ne ha bisogno con urgenza. Accenn con la testa a Weir. -Il maggiore chi?-Fece l'uomo, guardando con aria dubbiosa Weir, che indossava il pullover bianco e le scarpe leggere, senza insegne del grado. -operazioni speciali,-spieg Stephen.-Prendi queste e non dire una parola sulla faccenda.-Gli porse una lattina con 50 sigarette Capytan. -Non posso farlo, amico,-rispose il soldato semplice, prendendo comunque le sigarette.-Ma c' una moto la gi, dietro la rimessa, che nessuno usa. Il portaordini si e fatto sparare nelle chiappe da un contadino. Con un fottuto schioppo!-Rise di gusto. Stephen trov la moto e la scosse avanti e indietro per vedere se c'era carburante nel serbatoio; si sent 1 sciacquio lieve, ma adeguato al tragitto. Accese il motore con un calcio all'avviamento e inser la marcia. Weir sal cautamente dietro a Stephen, aggrappandosi a lui. La moto aveva un solo sellino, quindi Weir doveva restare in equilibrio su un portapacchi montato sulla ruota posteriore, lasciando penzolare le gambe ai lati. Mentre accelerarono sul sentiero sfregiato da solchi di ruote, scendendo verso la strada, Stephen sent un impeto improvviso di esultanza. Si erano lasciati alle spalle morte, tumulto e sozzura; correvano liberi verso il buio della normalit, dove regnavano vizio e alcol, voci di donne e volti di uomini il cui primo pensiero non sarebbe stato ucciderli. La moto rugg divorando la strada rivestita di macadam. Avvistarono le luci del villaggio, rade e oscurate, e la finestra illuminata all'estremit occidentale, che era diventata famosa, passando di bocca in bocca. Stephen sent le dita di Weir affondargli nella carne fra le costole. La costruzione era una fattoria con una casa bassa di mattoni da una parte e le rimesse per il bestiame e il foraggio disposte intorno a un cortile quadrato. Stephen ferm la moto, sistemandola sul cavalletto all'ingresso, mentre Weir sitoglieva di tasca la bottiglia e ciucciava assetato. -St' a sentire, Wraysford, non credo di voler andare avanti con questa storia. Guarda questo posto, davvero squallido e.,. -Andiamo, una donna, una creatura morbida che sar gentile con te e ti far sentire bene. Non un nemico armato.-Prese per il braccio Weir, conducendolo attraverso il cortile. Mentre si avvicinavano alla porta Weir inciamp e, arrivato all'ingresso, cominci a tremare. -Cristo, Wraysford, lasciami andare via di qui. Lasciami tornare a casa. Non voglio. -A casa? A casa? Una trincea invasa dai topi? -Se ci trova la polizia militare, ci fucilano. -Ma no. Saremo puniti, forse. Costretti a rassegnare le dimissioni. Fatti coraggio.-Entrarono in un salottino semibuio, con una stufa al centro del locale . Una vecchia era seduta l a fumare la pipa e salut con un cenno della testa i 2 sulla soglia. Quando Stephen cominci a parlare, scosse la testa indicandosi l'orecchio. -Io me ne vado,-sibil Weir. Stephen lo afferr per il polso.-Aspetta.

La vecchia lanci un richiamo stridulo in direzione della porta che dava sull'interno della casa. Udirono dei passi, poi una voce femminile: sulla porta comparve una donna sulla cinquantina.-Stasera non aspettavo gente,-disse. Stephen si strinse nelle spalle.-Il mio amico era ansioso di venire a trovarla. Ho paura che sia un po' nervoso. Vuole che lei sia molto paziente.-Stephen parlava pi in fretta che poteva, nella speranza che Weir non capisse. La donna fece un sorriso tetro.-Benissimo. Ma voi siete in 2 ed io sono sola. -Lei ha una figlia, Madame? -Che c'entra, questo? -Mi risulta che anche lei.,. -Questi non sono affari suoi. Dica al suo amico di venire con me. -V' pure.-Stephen assest una spinta alla schiena di Weir e lo guard avanzare spaventato, incespicando, nel buio oltre la porta. Stephen rivolse un sorriso alla vecchia. Fece il gesto di bere e cav di tasca un biglietto da 5 franchi. Lei si diresse tutta anchilosata verso l'angolo della stanza, dove tir fuori una bottiglia di vino e un bicchiere impolverato. Stephen accost una sedia ai fornelli, a poggiando il gomito alla canna fumaria che correva lungo la parete. Lev il bicchiere verso la vecchia e bevve il vino bianco e aspro. Voleva che Weir sapesse com'era stare con una donna, che sentisse quell'intimit della carne. Non gli importava tanto che Weir morisse casto o meno, ma sentiva che per lui era necessario comprendere il processo che lo aveva spinto a restare tale. Sfuggito allo sterminio, Stephen non temeva pi nulla. Nello stadio di esistenza che aveva raggiunto, cos strano e distaccato da tutto ci che sembrava naturale, si poteva scegliere solo fra la morte violenta e la vita; distinzioni pi sottili, quali l'amore, la simpatia o la gentilezza, apparivano superflue. Le carni della vedova di un contadino, pagate con il salario dell'assassinio, rappresentavano, nella realt compressa in cui vivevano lui e Weir, una scelta migliore delle carni di Wilkinson, sfracellato da una granata, con le banali cellule e membrane cerebrali che colavano, ricordi e speranze sulla sua spalla. Allung le gambe, stirandosi, e vide i segni lasciati dai suoi talloni sulla terra battuta del pavimento della fattoria. Aveva quasi finito la bottiglia di vino, e la senti spegnere l'ultimo barlume di cautela, ultimo residuo di coscienza dei modi e dei codici di comportamento artificiosi del tempo di pace. Si sentiva vecchissimo e stanco, ma perfettamente calmo. La vecchia si era addormentata. Stephen si avvicin in punta di piedi all'angolo della stanza e scov un'altra bottiglia di vino nella credenza. Si riemp un bicchiere e torn a sedersi, aspettando nella penombra. Quando torn, Weir era scosso e pallido. Le occhiaie scure erano visibili persino alla luce fioca del salottino. Stephen lo guard con aria interrogativa. Weir scosse la testa.-Vacci tu. -No, grazie. Questa la tua spedizione. A me non interessa. -Vuole che tu vada. V' a vederla. V' a vederla, bastardo. Sei stato tu a cominciare, e ora finisci.-Weir era pi agitato che sotto il bombardamento. Stephen prov una sensazione improvvisa di panico.-Che cosa hai fatto? Che hai fatto, idiota?-Weir si accasci su una sedia, con la testa fra le mani. Nella mente di Stephen si formarono immagini spaventose, mentre correva verso la porta . Si trov davanti un incrocio con 4 corridoi e lanci un richiamo. La luce era cos fioca che riusciva a stento a vedere dove andava. Avanz a tentoni lungo un muro, aprendo una porta. Dentro si lev 1 svolazzare di galline e lui sbatt la porta con un brivido. Corse per un secondo corridoio, spalancando porte socchiuse, chiudendole con sollievo quando alla sua vista non si offriva nessuno spettacolo spaventoso, ma continuando ad avanzare disperato. Ud una voce di donna alle sue spalle. -Monsieur?-Era una donna giovane, con i capelli scuri. Aveva grandi occhi dolci e portava i capelli legati sulla nuca con un nastro rosso. Stephen rimase senza parole.-Che cosa vuole? -Sto cercando.,.sua madre. -Da questa parte.-Lo prese per il braccio ed entrarono in una stanza con un tappeto rosso e paraventi dalle decorazioni orientali; intorno alla porta c'era una cornice di legno intagliato a forma di minareto, mentre il pavimento era di

terra battuta come quello del salottino. Stephen rimase sbigottito. La giovane donna lo condusse dietro un paravento dove si trovava un letto matrimoniale sovrastato da un baldacchino improvvisato di rasatello. Sul pavimento c'era una dozzina di candele accese, e una ardeva sul davanzale della finestra. -Non si allarmi, va tutto bene. Ora mi dia i soldi.-L'ultima frase ristabili una parvenza di normalit. -Sta bene. Io non voglio.,. Sono venuto soltanto per vedere se era tutto a posto . Dalla parte opposta del paravento si sent una risata: era la donna di mezza et che aveva portato via con s Weir.-Tutto a posto! Per quanto potr mai esserlo. Si avvicin a Stephen, che le sent addosso un profumo dolce.-Il suo amico molto strano. Io lo prendo cos.,.-disse, chiudendo la mano a coppa sull'inguine di Stephen,-e lui si tira indietro.-Scoppi a ridere.-E' lungo e floscio e, quando glielo tocco, lui scoppia a piangere. Era pi vecchia di quanto avesse creduto Stephen. Al lume di candela la vedeva pi nitidamente che nel salottino. Lei si sedette sul letto e si sollev la gonna fino alla vita, poi si stese supina allargando le gambe. Stephen non aveva mai visto nuda una donna della sua et. Lei infil la mano in una ciotola di disinfettante, poi pass le dita sulla fessura fra le gambe, sui peli ispidi e sulle carni violacee che si schiusero a quel tocco familiare. Stephen fece per tirarsi indietro, come Weir, poi scoppi a ridere. Tese la mano verso la ragazza prendendola per un braccio.-Lei, Mademoiselle, si. Altrimenti, niente. La donna anziana si alz dal letto e gli and incontro, abbassando la gonna. Sent la sua mano sulla patta dei calzoni; lei insinu le dita dentro e tir fuori ci che cercava, un pezzo di carne inerte, come un macellaio che prende qualcosa dalla vetrina per posarlo sull'asse di legno. Sentendo la bocca della donna chiudervisi attorno, Stephen s'impose di non sottrarsi alle sue attenzioni servili. Alzando la testa, vide la giovane donna che si spogliava; mentre si sfilava la sottoveste, la luce della candela batte sulla curva bianca e rotonda delle natiche, e Stephen si sent ridestare nella bocca di quella donna. Lei si rialz sorridendo, stringendo nella mano il membro inturgidito.-Voi inglesi, esclam, scomparendo dietro il paravento. A Stephen non pass neanche per la mente quanto doveva apparire ridicolo. La pelle gli scoppiava, tesa dal sangue pompato nelle vene fin quasi a diventare trasparente. Dal letto, la ragazza gli sorrise. Aveva i seni piccoli e rotondi e stava seduta con le gambe allungate in avanti e le braccia incrociate sotto il seno. Il letto era privo di lenzuola. -Spogliati,-disse a Stephen, che obbed come stordito, restando nudo di fronte a lei. La ragazza era paziente, come se fosse abituata ad avere a che fare con soldati goffi. Stephen la guard. Erano quasi 6 anni che non toccava una donna. Lei era bella, con gli occhi castano scuri luminosi, le membra agili e vitali, la pelle giovane e intatta. Aveva voglia di annegare in lei, di sprofondare nelle cellule della sua pelle e dimenticarvi se stesso. Lei era pace e gentilezza; era la possibilit di amore e di generazioni future. Facendo un passo verso il letto, ricord il giorno in cui un'altra donna si era distesa nuda come quella, con le gambe dischiuse davanti ai suoi occhi, e lui l'aveva baciata l, penetrandola con la lingua, come se quella fosse una serratura che, una volta aperta, gli avrebbe permesso di raggiungere la sua identit pi profonda. Ricord l'ansito sorpreso di Isabelle. Si era annullato in lei; aveva purificato la sua bramosia e il suo desiderio; aveva puntato tutto se stesso, affidandosi al corpo di lei. Nella sua fiducia e nel suo amore per lui aveva deposto i conflitti irrisolti della propria vita. Forse la sua essenza pi profonda era ancora dentro di lei.,.tradita e non risanata. Il corpo era soltanto carne, ma lei gli aveva sottratto il proprio; e nella sua assenza fisica c'era qualcosa di pi dell'assenza della carne: c'era l'abbandono. La tenerezza che aveva provato per quella ragazza bruna si era dileguata. Lei gli sorrise e si gir sul fianco, cosicch lui rivide la larga curva bianca dei fianchi. Guardandole la parte superiore del corpo, con le costole e la spina dorsale, pens alla scheggia di granata che sporgeva dall'addome di Reeves; pens al foro nella spalla di Douglas, dove aveva premuto la mano fin quasi al polmone. La tenerezza fu sostituita da un brivido di repulsione, poi nella sua

mente si fece il vuoto. C'era solo quella massa fisica. Stava perdendo il controllo. La donna anziana che si spalmava il disinfettante fra le gambe non aveva la minima relazione con quello che lui aveva provato con Isabelle. Il corpo della figlia non era altro che materia animale, meno cara, meno preziosa delle carni degli uomini che aveva visto morire. Non sapeva se possedere la ragazza o ucciderla. Nella tasca dei pantaloni, ai suoi piedi, c'era il coltello che aveva portato in servizio di pattuglia. Si chin a prenderlo, aprendolo sul palmo della mano, si avvicin e sedette sulla sponda del letto. La ragazza lo guard con gli occhi sbarrati, aprendo la bocca senza riuscire a produrre alcun suono, ma lui non prov la minima piet per il suo terrore ignorante. Gir il coltello in modo da tenere la lama sul palmo, poi fece scorrere l'impugnatura fra i seni della ragazza e sulle cosce. Non sapeva quello che faceva: la odiava perch non aveva visto quello che aveva visto lui. Sent la pelle delle sue gambe cedere appena sotto la pressione. Il coltello lasciava una sottile scia bianca nei punti in cui la carne restava per un attimo incavata, prima che il sangue affluisse di nuovo sotto la pelle. Lui avrebbe voluto che ce ne fosse di pi, di quella carne. Le pos il coltello sulla peluria fra le gambe, con la lama rivolta in su, verso il ventre. La ragazza abbass gli occhi inorridita, fissando il riflesso della luce sull'acciaio. Stephen tolse la mano dal coltello , che rimase in equilibrio. La ragazza era troppo spaventata per muoversi. Alla fine fece scivolare lentamente la mano sulla coscia e prese il coltello, sempre tenendo gli occhi fissi su Stephen. Stringendo la lama fra le dita, richiuse il coltello e lo lanci all'altro capo della stanza, dove cadde sul pavimento di terra battuta. Stephen abbass lo sguardo sul letto. La sua mente, prima vuota, fu inondata da pensieri e recriminazioni. La ragazza aveva ritrovato la calma. Non grid per invocare aiuto n protest; guard l'atteggiamento di Stephen, accasciato sul letto, a testa bassa, svuotato di ogni eccitazione. Il sollievo la rese generosa. Gli sfior la mano. Stephen trasal e alz la testa. Non riusciva a credere al suo tocco. Era tenero, mentre avrebbe dovuto ucciderlo. Scosse la testa, sconcertato.-Cosa.,.? Lei si mise un dito sulle labbra. Sembrava diventare pi forte di secondo in secondo, sorretta dal proprio sollievo e dalla sua disperazione.-E' molto difficile. La guerra. Stephen disse:-Mi dispiace. Mi dispiace tanto. -Capisco.-Lui la guard con occhi increduli, poi raccolse i vestiti e si rivest in fretta dietro il paravento. Nel trambusto di una divisione sul piede di partenza, nessuno not la temporanea assenza di 2 ufficiali durante la notte. Lasciarono la motocicletta dove l'avevano trovata e tornarono separatamente in prima linea, entrambi pi sobri di quanto avessero previsto. Il giorno dopo Weir ricevette gli ordini. La sera successiva avrebbero dovuto trasferirsi in un accantonamento non ancora indicato , per marciare poi verso Albert. Era previsto che collaborassero al completamento dello scavo gi in corso nei pressi del villaggio di Beaumont Hamel. Non si precisava se questo rientrasse in una strategia pi vasta o fosse un semplice spostamento di routine. Dal momento che l'intera divisione doveva trasferirsi, comunque, era chiaro che le voci erano fondate: l'attacco era imminente. Weir si accasci sulla cuccetta inferiore del suo alloggio, passandosi la mano sui pochi capelli che gli restavano. Cos, quello era l'attacco, finalmente. Addio pace e tranquillit. E' il grande balzo. Gli sfugg una risatina secca, quasi 1 sbuffo di derisione. Basta con il loro settore tranquillo e le cordiali pattulie di routine; insieme agli uomini del nuovo esercito, avrebbe respinto i tedeschi dalla Francia. Era rassegnato. Sentiva di aver perso il controllo della propria vita; quando infine aveva tentato di modificarne un aspetto essenziale, tutto si era risolto in una terribile umiliazione. I cannoni non potevano essere molto peggio. Al ritorno dal turno di notte nel sottosuolo, Jack si appart con una tazza di t in un angolo tranquillo della trincea e tir fuori la lettera di Margaret. La lesse con estrema lentezza, senza permettere allo sguardo di correre avanti. "Carissimo Jack, come stai? Noi ti pensiamo in continuazione e

preghiamo per te. Grazie della lettera, che ci stata di grande consolazione. E' bello sapere che riesci a conservare il buon umore e stai bene. Devo dirti che il nostro bambino morto stamattina. I medici hanno detto che non ha sofferto e verso la fine era molto tranquillo. Non hanno potuto fare niente per lui. Io sono andata a trovarlo in Ospedale ma non mi hanno permesso di riportarlo a casa. Sono convinta che lo hanno curato bene sino alla fine e non lo hanno lasciato soffrire. Mi dispiace doverti dare questa notizia, mio caro Jack, perch so quanto gli volevi bene. Non devi lasciarti abbattere per questo. Ora sei tutto ci che mi rimane e prego Dio che ti rimandi a casa da me sano e salvo. Questo pomeriggio devo andare a prendere il suo corpicino, i funerali si terranno venerd. Accender una candela per te in chiesa. Ti scriver ancora ma adesso non me la sento di continuare. Ti prego, abbi cura di te stesso e torna presto a casa. Con amore, Margaret". Jack pos la lettera a terra e guard davanti a s, pensando:"Non permetter che questo incrini la mia fede. La sua vita stata bella, stata colma di gioia. Ringrazier Dio per questo". Si prese la testa fra le mani per pregare, ma fu sopraffatto dal dolore per la sua perdita. Dal cuore non sent sgorgare miti parole di gratitudine, ma il buio ruggente della desolazione. "Il mio bambino" mormor fra i singhiozzi "il mio bambino adorato". Raggiunsero Albert nella prima settimana di giugno. Gli scavatori furono spediti subito in prima linea, mentre la fanteria fu autorizzata a restare a riposo, con meno esercitazioni e ispezioni del solito e un vitto migliore che li insospett, visto che comprendeva persino arance e noci. Il capitano Gray port Stephen a conoscere il colonnello Barclay, che era alloggiato in una grande casa nella parte occidentale della cittadina. -E' un tipo irascibile,-lo avverti,-ma non deve lasciarsi impressionare. Adora le privazioni e il pericolo.-Gray inarc un sopracciglio, quasi a mettere in dubbio i gusti di Barclay. Trovarono il colonnello che esaminava le mappe nella stanza adattata a studio. Era pi giovane di quanto si aspettasse Stephen: bench grigio di capelli, aveva una presenza snella e agile da furetto. -Una bella casetta, non vero?-Osserv.-Ma non vi preoccupate, quando andrete all'attacco sar in trincea con voialtri. -Vuole davvero partecipare all'attacco di persona?-Chiese Gray con una nota di sorpresa. -Direi proprio di si,-rispose Barclay.-E' da 6 settimane che sono completamente bloccato insieme a degli ufficiali di stato maggiore piagnoni. Il giorno che lanceremo l'attacco, ho intenzione di cenare con l'argenteria del reggimento di Bapaume. Gray toss.-Certo, questo rappresenterebbe un notevole passo avanti.-In presenza di Barclay il suo accento scozzese sembrava pi marcato. -E' lo sa con chi cener? Con il comandante in capo del Secondo Cavalleria Indiano. -Non ero al corrente del fatto che sarebbe stata interessata anche la cavalleria . -Ma certo, noi apriamo un buco e loro lo riempiono. Haig ci tiene molto. -Capisco.-Gray assenti lentamente.-Questo il tenente Wraysford, che ha una certa conoscenza del terreno. Forse rammenter che le ho parlato di lui. -Si, ricordo. L'esperto della Somme. Eh, far bene a cantare per guadagnarsi la cena.-Uscirono a passeggiare nel giardino della casa, e Barclay interrog Stephen sulla configurazione del terreno. Dietro suggerimento di Gray, lui si era rinfrescato la memoria consultando una carta geografica e fu in grado di descrivere le rive acquitrinose del fiume Ancre, con il terreno in salita verso Thiepval da un lato e verso la cresta montuosa dall'altra.-Hawthorn Ridge, precis il colonnello.-E' cos che la chiamano, quella cresta. Attaccheremo su quella linea verso Beaumont Hamel, ma prima faranno saltare una bella fetta di quel crinale. -Capisco,-comment Gray,-E questo fornir al nemico un ampio preavviso e un bel tratto di fortificazioni naturali. Barclay lo guard con severa commiserazione.-Ci arriveremo per primi, Gray. Ma sar una giornata lunga. Prevedo che potremo ricever la richiesta di dare manforte alle altre unit in vari stadi della battaglia, a seconda del suo

andamento. -Ma faremo parte della prima ondata d'attacco? -Oh, si,-rispose raggiante il colonnello.-All'alba, non si preoccupi. A mezzogiorno ci ricompatteremo per prenderci una pausa di respiro, e verso sera torneremo a dare la spallata finale, se necessario. I suoi uomini sono preparati ? -Direi di si,-rispose Gray,-Lei che ne pensa, Wraysford? -Penso di si, signore. Anche se sono un po' preoccupato per il terreno. E poi, loro sono qui da molto tempo, non vero, signore? Avranno costruito delle difese, probabilmente.,. -Buon Dio,-esclam Barclay,-Non mi sono mai capitate 2 femminucce come voi. Ci sar un bombardamento di 6 giorni che squarcer tutti i reticolati tedeschi da qui fino a Dar-es-Salaam. Se alla fine ci sar ancora un boche vivo, sar cos maledettamente sollevato che sia finita da venire fuori con le mani in alto. -Questa sarebbe senz'altro una gratifica inattesa,-comment Gray. -E c' un'altra cosa,-aggiunse Barcley.-Non ho bisogno dei consigli tattici di un comandante di plotone. Ho gi Rawlinson che mi alita sul collo, oltre agli ordini del comando di brigata che arrivano ogni giorno. Lei si limiti a fare quello che le si dice. Ora andiamoa pranzo.-Il comandante in seconda Barclay, il maggiore Thursby, e gli altri 3 comandanti di compagnia li raggiunsero intornO a una tavola apparecchiata con eleganza in una sala dalle finestre ampie, che si affacciava su un lato della casa. Stephen si domand se non avrebbe dovuto offrirsi di servire in tavola, anzich conversare con quegli ufficiali superiori, ma c'erano parecchi camerieri della mensa ufficiali, ai quali si aggiungeva un'anziana coppia francese.-Cos' questa roba?-Esclam Barclay, sollevando una bottiglia alla luce. -Gevrey-Chambertin. -Humm, sembra buono, anche se non capisco come mai non abbiamo del vino bianco per accompagnare il pesce. -In cantina non c'era vino bianco, signore,-spieg l'attendente del colonnello, un londinese piccolo con i capelli bianchi.-Ma sapevo che avrebbe gradito del pesce. Trota, signore. Proviene dal fiume locale. -Ottimo, Davis,-rispose Barclay, riempiendosi di nuovo il bicchiere. Segu 1 stufato piuttosto acquoso, poi formaggio stagionato e pane fresco. Il pasto si protrasse fin dopo le 3, quando si trasferirono nel salotto pieno di sole per gustare caff e sigari. Stephen senti la morbidezza della poltrona sotto di s e si concesse una carezza al broccato. 1 dei comandanti di compagnia, un tipo alto che si chiamava Lucas, parlava della pesca nel fiume Test, nello Hamshire, presso la casa dei suoi genitori. Gli altri discutevano di una partita di calcio del battaglione; una delle unit di Edimburgo che dovevano raggiungere il fronte a poca distanza da l, comprendeva l'intera squadra rofessionista dello Heart of Midiothian, e si era rivelata imbattibile. L'attendente del colonnello serv l'acquavite, e Stephen pens agli uomini del suo plotone e a come si preparavano qualche tazza di t su minuscoli fornelli a spirito fra le pareti umide delle trincee. Studd, un imbianchino scorbutico, aveva l'abitudine di infilzare un pezzo di formaggio sulla baionetta per attirare i topi, e poi premere il grilletto. Stephen sentiva di tradire i suoi, mangiando e bevendo in quella casa elegante, anche se in realt erano loro i primi ad arraffare tutto quel che potevano. Non facevano che barattare e rubacchiare tutto quello che capitava, a riposo o al fronte; i pacchi di viveri erano propriet comune e quello arrivato di recente per Wilkinson, morto da qualche settimana, era stato occasione di particolari festeggiamenti. Stephen sorrise a s, ben sapendo che quella breve fuga dalla realt sarebbe finita presto. Il battaglione raggiunse marciando un villaggio che si chiamava Colincamps, cantando lungo la strada e facendo oscillare le braccia. Era una calda giornata di giugno e il sole illuminava il pallido verde della campagna. Sugli olmi le cornacchie lanciavano il loro richiamo assonnato, su platani e castagni si udiva il cinguettio di merli e tordi. Il villaggio divenne una babele di accenti dell'Ulster; di Londra , di Glasgow e del Lancashire, tanto che le richieste di alloggi furono di gran

lunga superiori alle risorse delle famiglie locali. La sera gli uomini giocarono a pallone, e il sudore ridest ricordi d'azione negli indumenti sporchi e infestati dai pidocchi. Stephen guid il plotone verso un granaio dove Gray stava tentando di concludere un accordo con una donna riluttante e suo figlio. Quando scese la sera, erano riusciti a sistemare gli uomini al coperto con 1 strato di paglia pulita e un pasto caldo preparato dalla cucina mobile. Quella notte cominci il cannoneggiamento. Stephen stava leggendo un libro a lume di candela nel soppalco del granaio quando sent i cannoni. C'era un obice, piazzato non lontano, che scuoteva dalle travi la polvere secolare. All'inizio il bombardamento non era granch, come qualcuno che si schiarisse la gola, ma gli echi si propagavano a grande distanza nel terreno molle del bassopiano, con una nota risonante di basso. Quando l'eco stava per diventare tanto grave da non essere pi percepibile, si distingueva un altro cupo boato al di sopra del sottofondo sonoro ininterrotto, e poi un altro, finch le pareti del granaio cominciarono a tremare. Stephen sentiva le vibrazioni ripercuotersi nel pavimento di legno del soppalco. S'immaginava gli artiglieri che cominciavano ad accaldarsi, togliendosi la camicia nelle postazioni scavate in profondit nel terreno, premendosi in profondita le orecchie. Era impressionato dal rumore prodotto dai cannoni; erano tanti, in sequenza continua per una linea di oltre 20 chilometri, e i pi pesanti producevano un brontolio continuo simile a un rullo di tamburo ininterrotto che giungeva ai timpani, mentre i pi leggeri aggiungevano variazioni prevedibili e accenti enfatici. Nel giro di un'ora, tutto il terreno era 1 zampillare di proiettili che riempivano il cielo notturno di un denso traffico di metallo. Il fragore era quello di un tuono che si schiantava a ondate ininterrotte. C'era qualcosa di consolante nell'essere investiti dall'ardente potenza del bombardamento, ma nessun conforto alle proporzioni del conflitto che sottintendeva. Stephen comprese che la posta in gioco era aumentata drammaticamente; non si trattava pi di scegliere tra cercare scampo o un compromesso, c'era solo da sperare che la sua si rivelasse pi forte del nemico. Rimasero a Colincamps altri 2 giorni prima di dirigersi verso la linea del fronte. -Ormai non ci vorr molto, signore,-osserv Hunt schiacciando la sigaretta e prendendo posto vicino a Stephen. -Non pensavo di rivederla pi, quando sceso in quella galleria. -Io nemmeno,-ribatt Hunt.-Vorrei che fossimo tutti sottoterra. Stephen sorrise.-Allora, per, non eri troppo contento. -Non importa, stavolta sar diverso. Porta qui Studd e nes, per favore. Leslie, hai avuto 2 giorni per pulire il fucile, non farlo proprio ora che stai per metterti in marcia. Il plotone si mise in riga sotto gli occhi del sergente maggiore Price, che si pavoneggi da un angolo all'altro della piazza prima di ricevere le istruzioni dal capitano. Price era l'unico che sembrava sapere quale pista li avrebbe condotti nel posto giusto e quale passo li avrebbe infine portati nel punto prestabilito della trincea in prima linea. La campagna tremava sotto i loro piedi, mentre il bombardamento entrava nel terzo giorno. La compagnia fu invasa da una nervosa joie e vivre mentre s'incamminava sulla strada per Auchonvillers. Il via vai di munizioni e di rifornimenti era cos intenso che gli uomini furono costretti a prendere un sentiero agricolo attraverso i campi. Stephen sent che la pelle e il naso cominciavano a prudergli, irritati dai pollini e dai semi sparsi dalle colture e siepi. Sotto il peso degli zaini carichi gli uomini cominciarono a sudare, e il loro odore s'innalz nell'aria calda dell'estate. Intonarono canti di marcia, con parole banali e ripetitive. Parlavano di casa. Stephen fissava la cresta d'erba al centro del sentiero, dove le ruote dei carri non l'avevano schiacciata, e pensava alle generazioni di agricoltori che avevano lavorato l in giornate estive altrettanto limpide. Superando una svolta, vide una ventina di uomini a torso nudo che stavano scavando a fianco del sentiero una buca quadrata, di circa 30 metri per lato. Per un attimo rimase perplesso. Non sembrava che avesse scopi agricoli; non c'erano pi piante da seminare o da mietere. Poi cap che cos'era: stavano scavando una fossa comune. Pens di lanciare l'ordine di tornare indietro o di distogliere l'attenzione degli uomini

, ma erano quasi arrivati sul posto e alcuni di loro avevano gi visto la loro fossa. Il canto si spense sulle loro labbra e l'aria torn a essere il regno degli uccelli. Proseguirono in silenzio, tornando sulla strada e raggiungendo Auchonvillers. In vista del combattimento, tutto era cambiato; il caff dove Stephen aveva pranzato con gli Azaire era stato trasformato in un ospedale provvisorio. Sulla strada principale del villaggio, fiancheggiata da mucchi di fieno e carri pieni di foraggio, c'era il colonnello Barclay, in sella a un cavallo baio dai fianchi robusti e lucenti. Mentre le compagnie si disponevano in quadrato e restavano sull'attenti fissandolo, lui toss e li inform di quello che avevano gi intuito, ma che ufficialmente ignoravano fino a quel momento. Barclay sembrava un personaggio da operetta, con uel tentativo di atteggiarsi a grand'uomo e il cavallo che sufflava con indolenza. -State per andare all'attacco. So che vi fa piacere sentirlo, giacch per questo che siete venuti qui. Combatterete e vincerete. Infliggerete al nemico una sconfitta tale che non si riprender mai. Potete sentire l'artiglieria che attacca le sue difese. Domani il bombardamento finir, e allora attaccherete voi. Il nemico sar completamente demoralizzato. Le sue difese saranno distrutte, i reticolati tagliati, gli scavi cancellati. Confido che vi spareranno contro appena una manciata di colpi. Il nemico sar sollevato di trovare qualcuno a cui arrendersi.-Una volta superato il nervosismo iniziale che lo spingeva a parlare in tono aspro, il suo entusiasmo e la sua semplice buona fede si trasmisero agli uomini; alcuni dei pi giovani cominciarono a piangere.-Comunque devo avvertirvi che dovete essere estremamente cauti nell'accettare qualunque resa. Le istruzioni del capo di stato maggiore sono che spetta al nemico provare la sua intenzione di arrendersi senza possibilit di equivoco. Se avete dei dubbi, penso che sappiate cosa fare. A mio parere la baionetta resta un'arma estremamente efficace. Non c' bisogno che vi ricordi la storia gloriosa del reggimento. Ci siamo conquistati il soprannome di "Leoni" nella guerra di Crimea , quando abbiamo dato prova del nostro valore su un terreno roccioso. Non ci siamo tirati indietro, e il duca di Wellington in persona ha elogiato il nostro valore . Non posso dirvi altro che questo: dovete onorare la memoria degli uomini che hanno portato i colori del reggimento prima di voi. Nella vostra condotta in battaglia dovete essere degni delle grandi imprese della storia del reggimento. Dovete lottare per vincere, per le vostre famiglie, per il re e per la patria. Sono convinto che lo farete. Sono convinto che stasera ceneremo a Bapaume. Che Dio vi benedica tutti. Un accenno di applauso fu spento immediatamente dalla polizia militare, che cominci a gridare una lista di istruzioni a ciascuna compagnia. Si doveva osservare la massima disciplina e chiunque cercasse di sottrarsi al suo dovere sarebbe stato fucilato sul posto. Nel fervore della battaglia non c'era posto per le domande. Mentre l'entusiasmo degli uomini cominciava ad affievolirsi, la polizia militare continu leggendo una lista di uomini che erano stati giustiziati per codardia.-Kennedy, Richard, diserzione di fronte al nemico, giustizito; Masters, Paul, disobbedienza a un ordine, giustiziato.,.-Stephen volse la testa per non sentire l'elenco, guardando i volti sconcertati e spaventati di Hunt, Leslie, e Barnes. Tipper, il ragazzo che avevano portato via urlante dalla trincea, era stato riportato indietro appena in tempo, e aveva la stessa espressione assente. Persino il viso lungo e sanguigno di Byrne era diventato pallido. Molti degli uomini avevano l'espressione di ragazzi incerti, divisi fra l'eccitazione e il desiderio di tornare a casa dalla mamma. Stephen chiuse le orecchie per non sentire.-Simpson, William, diserzione, giustiziato.,. Quando lasciarono il villaggio di Auchonvillers, la mente di Stephen riand a quella giornata calda lungo il fiume, in compagnia degli Azaire. Avevano incontrato altre famiglie attirate fin l da Parigi dalla fama dell'Ancre. Forse l'indomani avrebbe finalmente assaggiato il t all'inglese della pasticceria di Thiepval. Pens al viso franco e amorevole di Isabelle; pens alla sua pulsazione, a quel ritmo segreto del desiderio che esprimeva la sua strana

umanit. Ramment lo sguardo eccitato e civettuolo di Lisette e il modo in cui gli aveva preso la mano per posarsela sul corpo. Quel giorno carico di emozioni gli appariva irreale e bizzarro come il pomeriggio che ora li conduceva attraverso il campo verso le trincee di riserva. Ascoltando il frastuono degli uomini che si mettevano in marcia, Stephen abbass gli occhi sui propri piedi, chiusi negli stivali sotto le mollettiere regolamentari, che lo portavano avanti . In quel momento, mentre lasciavano il villaggio con la sua parvenza di normalit, il tempo parve fermarsi d'improvviso e ripiegarsi su se stesso. I 3 giorni successivi corsero via in un batter d'occhio; eppure le immagini mantennero una paurosa qualit statica che gli rimase impressa in mente fino alla morte. Lungo il cammino ricevettero le cesoie per tagliare i reticolati. -Credevo che i reticolati dovessero abbatterli i cannoni,-osserv Byrne. - 2 maschere antigas? E perch 2?-Tipper sorrideva con espressione folle, mentre Price gli attaccava sulla schiena un triangolo di latta. -Cos gli osservatori alle tue spalle potranno vederti, giovanotto,-spieg. L'atmosfera era di metallo compatto, il terreno vibrava per il bombardamento. C'erano immagini nuove anche per uomini esperti. Le trincee di riserva e di comunicazione affollate come carrozze ferroviarie all'ora di punta, dove soltanto le istruzioni abbaiate da Price mantenevano una certa parvenza di ordine. Il plotone di Harrington che sbagliava strada a una svolta, dirigendosi verso Serre. La compagnia B, al comando di Lucas, che perdeva del tutto l'orientamento. La fatica di trasportare zaini carichi da 40 chili in mezzo alla calca di uomini sconcertati e nervosi. Un improvviso temporale estivo in arrivo da Pozires, che annaffiava le linee tedesche e poi deviava a ovest, trasformando il terreno in fango sotto i piedi degli inglesi. Tutto questo in una sola volta. C'era Michael Weir in piedi su una piccola altura, con lo sguardo fisso su Hawthorn Ridge. Stephen usc dalla trincea per raggiungerlo. Il viso di Weir era rischiarato da una strana eccitazione. -Laggi ci sar un botto che ti far restare senza fiato,-annunci.-Abbiamo appena teso le micce. Firebrace l sotto per interrare il cavo. Stephen ebbe un attimo di lucidit.-Che farai domani? Dove sarai?-La sua voce era perplessa, preoccupata. -Star a guardare, a distanza di sicurezza.-Weir scoppi a ridere.-Il nostro lavoro concluso. Alcuni dei miei uomini si sono offerti volontari per fare i barellieri, nel caso scarseggiassero. Contiamo di farvi compagnia per una bella cena calda. Che ne dici, non sono splendide le linee tedesche? Stephen vide dell'erba ispida e giallastra lungo le linee insediate da tempo, con le bianche cicatrici di gesso sulle colline dov'erano state scavate le difese principali. Sopra di loro era sospesa nell'aria una gigantesca nube di polvere rossa, formata dai mattoni dei villaggi polverizzati dal bombardamento. Grappoli di shrapnel esplodevano con lampi bianchi-gialli. Sopra di loro si lev un pallido arcobaleno, mentre il sole cominciava a respingere le nubi temporalesche. Weir sorrise.-Felice? Stephen annu.-Oh, si. Si un al flusso degli uomini lungo la trincea, pensando:"Questa faccenda ormai procede per forza d'inerzia, e io mi sto lasciando trascinare". -Povero Fritz,-disse una voce.-A quest'ora dev'essere impazzito, sotto quel cannoneggiamento. Hunt era al suo fianco e ansimava sotto il peso dello zaino. C'era attaccata una gabbietta di legno che conteneva 2 piccioni. Stephen guard i loro occhi vuoti, simili a biglie di vetro. Restava soltanto la notte da trascorrere in qualche modo, poi sarebbe cominciato l'attacco. Erano in posizione. Chiss come, Price aveva scoperto qual'era il loro posto e il caporale Petrossian, con la sua mania dei particolari, aveva schierato il plotone nel modo corretto. La trincea era buona.-E' la spalletta migliore che abbia mai visto,-osserv Petrossian.-E' finalmente un fronte con un rivestimento di legno come si deve. -Guardate, il cappellano della riserva! Con la tonaca bianca sui pantaloni color cachi, la testa calva scintillante, Horrocks se ne stava ritto con lo scapolare e il libro da preghiera su un rialzo

del terreno, come un inutile uccello confinato a terra; il loro unico e solo cappellano, ma noto col soprannome di cappellano della riserva perch non si avventurava mai fino alla prima linea. Qualche movimento irrequieto fra gli uomini, non credenti che riscoprivano la fede nel terrore. Intorno al cappellano si raccolse un gregge vergognoso. Stephen Wraysford si un a loro e vide la faccia incrostata di terra di Jack Firebrace e Arthur Shaw, un uomo massiccio e solenne accanto a lui. I suoi uomini, quelli che la mattina dopo avrebbero attaccato, s'inginocchiarono a terra, nascondendo il volto con una mano, ciascuno sprofondato nella sua propria angoscia, in un luogo di tenebre dove il tempo non esisteva e dove tentavano di contemplare la morte. Era difficile distinguere le parole del cappellano nel frastuono del bombardamento. Non era umilt quella che provava Stephen, ma una sensazione di totale incoerenza. Si premette la mano sul viso, particelle di carne di un patetico ragazzo del Lincolnshire. La paura per il sangue, i muscoli e le ossa, le probabilit per ci che era cominciato, il numero di coloro che erano minacciati dal terribile schianto del cielo cominciava a scuotere gli ormeggi del suo autocontrollo. ritrov sulle labbra la parola "Ges". La ripet pi volte sottovoce, in parte preghiera, in parte bestemmia. "Ges, Ges.,." Quello era il peggio che fosse toccato al mondo; non c'e mai stato niente di simile. Sent in bocca l'ostia e il vino dolce, e ne avrebbe voluto ancora. La comunione era finita, ma alcuni tra gli uomini non riuscivano ad alzarsi e rimasero in ginocchio. Raggiunta la comunione con le radici della loro esistenza, desideravano morire li dov'erano, senza dover affrontare la giornata che li aspettava. Tornato nella trincea, Stephen trov gli uomini in subbuglio. -L'attacco rinviato di 2 giorni,-lo inform Byrne.-Il tempo troppo umido. Stephen chiuse gli occhi. "Ges, Ges". Era gi pronto a marciare. Il viso di Gray era tutto una ruga, inciso dall'ansia. Raggiunsero insieme una collinetta creata dalla terra di riporto del tunnel. -Manteniamo la calma,-disse Gray. Stephen si accorse di quanto gli riuscisse difficile.-Mi lasci ricapitolare il piano. L'artiglieria stende un fuoco di sbarramento protettivo davanti a voi. Voi avanzate a passo di marcia dietro la barriera di fuoco. Quando questo cessa, conquistate gli obiettivi, poi aspettate che ricominci. Sarete costantemente coperti. Il reticolato tedesco stato gi tagliato e molti dei loro cannoni sono distrutti. Le perdite saranno del 10%. Stephen gli sorrise.-Lo pensa davvero? Gray inspir a fondo.-Le sto riferendo gli ordini. Noi ci troviamo sul fianco dell'attacco principale. Il nostro battaglione dev'essere flessibile. Ci troviamo in mezzo alle grandi unit da combattimento: l'Ulster, la 29sima divisione.,.gli Incomparabili, freschi e appena arrivati da Gallipo. -Freschi?-Ripet Stephen. Gray lo guard.-Se morir, Wraysford, e lei sar ancora vivo, voglio che prenda lei il comando della compagnia. -Io? E perch non Harrington? -Perch lei un demonio pazzo dal cuore di ghiaccio, ed di questo che avremo bisogno.-La luce andava scemando e Gray si port il binocolo agli occhi, forse per la ventesima volta quel giorno. Lo pass a Stephen.-C' 1 striscione, laggi, sopra la trincea della prima linea nemica. Riesce a vedere che cosa dice? Stephen guard. C'era un enorme cartellone.-Si, "Benvenuto alla 29sima divisione".-Fu assalito dalla nausea. Gray scosse la testa.-Il reticolato non tagliato, sa? Voglio che lo dica agli uomini, prima sono andato avanti e indietro per comunicare gli ordini e posso assicurarle che per tratti lunghi centinaia di metri le granate non hanno causato il minimo danno. -Non sono esplose, punto e basta. -Credevo che fossero tagliati da qui fino a Dar-es-Salaa. -E' una balla dello stato maggiore, di Haig, Rawlinson, per tenere alto il morale. Non lo dica agli uomini, Wraysford. Non glielo dica, si limiti a pregare per loro. Gray si prese la testa fra le mani. In quel momento, tutta la sua saggezza e gli scaffali pieni di libri non gli servivano a nulla, pens Stephen. Nelle 48 ore di tregua indesiderata gli uomini ebbero pi tempo per prepararsi. Il primo

colpo di fucile esplose con un crepitio improvviso. Barnes si era sparato in bocca. Al calar della sera scrissero a casa. Michael Weir scrisse:"Cari mamma e pap, stiamo per andare all'attacco. Da qualche giorno facciamo preparativi sottoterra. La mia unit stata impegnata e abbiamo fatto la nostra parte. Alcuni uomini si sono offerti volontari per aiutare i barellieri nel giorno della battaglia. Il morale altissimo. Prevediamo che questo sforzo metter fine alla guerra. E' improbabile che ci siano molti sopravvissuti al nostro bombardamento, fra i nemici. Grazie per la torta e per le fragole. Mi fa piacere che il giardino sia una tale gioia per voi. La frutta ci ha fatto davvero molto piacere. Penso spesso a voi 2 e alla nostra vita tranquilla a casa, ma vi prego di non preoccuparvi per me. Possano le vostre preghiere accompagnare gli uomini che si lanceranno all'attacco. Grazie per il sapone, mamma, ti assicuro che ne ho fatto buon uso. Sono contento che la serata con i Parson sia stata un tale successo. Vi prego di esprimere la mia simpatia ai signori Stanton; ho appena saputo del figlio. Sono certo di aver pagato il conto del sarto, quando sono venuto a casa in licenza, ma se per caso mi fossi sbagliato, fatelo voi per me, e vi rimborser la prossima volta che vengo. Non preoccupatevi per me, ve ne prego. Qui fa piuttosto caldo. Un po' troppo, semmai, quindi non mi serve nient'altro, n calze n maglioni. Vostro figlio, Michael". Tipper scrisse:"Cari mamma e pap, mi hanno rimandato dai miei compagni e sono tanto orgoglioso di essere di nuovo con loro. E' 1 spettacolo incredibile, con tutte le bande e gli uomini delle altre unit. I nostri cannoni stanno mettendo su 1 spettacolo come la notte di Capodanno con i fuochi artificiali. Stiamo per attaccare e non vediamo l'ora di suonarle a Fritz! Il generale dice che non dobbiamo aspettarci nessuna resistenza, perch i nostri cannoni li hanno annientati. Dovevamo andare all'attacco ieri, ma il tempo non era tanto buono. Aspettare terribilmente difficile e ualcuno dei compagni un po' scoraggiato. Quel tipo di cui vi ho parlato, Byrne, venuto a dirmi di non preoccuparmi. Sono contento di sapere che finora Fred Campbell se l' cavata. Meno male. Bene, miei cari mamma e pap, tutto quello che ho da dirvi. Domani sapremo se un giorno potremo rivederci. Non preoccupatevi per me, non ho paura di quello che mi aspetta. Quando ero piccolo siete stati molto buoni con me e non vi deluder. Vi prego, scrivetemi di nuovo. Mi fa tanto piacere sentire le notizie da casa. Per favore, mandatemi un paio di vedute di Saint Albans. Mandate tutto il mio affetto a Kitty. Siete stati i genitori migliori del mondo. Vostro figlio, John". Leggendo la lettera e chiudendo la busta, Stephen si sent stringere la gola. Al pensiero del viso di Gray e delle sue premonizioni, si sent assalire da una collera terribile. Strapp un foglio dal taccuino e scrisse:"Cara Isabelle, ti mando questa lettera nella casa di Amiens, che probabilmente sar distrutta, ma scrivo a te perch non ho nessun altro a cui scrivere. Sono seduto sotto un albero vicino al villaggio di Auchonvillers, dove un giorno siamo venuti in gita. Come centinaia di migliaia di soldati inglesi in questi campi, sto tentando di meditare sulla mia morte. Ti scrivo per dirti che sei l'unica persona che abbia mai amato. Probabilmente questa lettera non ti arriver mai, ma volevo dire a qualcuno che cosa si prova a stare seduti su quest'erba, in questo venerd di giugno, con i pidocchi che mi strisciano sulla pelle, con lo stomaco pieno di stufato caldo e di t, forse l'ultimo cibo che manger in vita mia, a sentire i cannoni sopra di me che gridano al cielo. Sta per essere commesso un delitto contro la natura, me lo sento dentro. Questi uomini e questi ragazzi sono droghieri e commessi, giardinieri e padri.,.padri di bambini piccoli. Un paese non pu permettersi di perderli. Ho paura di morire. Ho visto l'effetto delle granate. Sono terrorizzato al pensiero di restare tutto il giorno ferito nel cratere di una granata. Isabelle, ho una paura terribile di morire da solo, senza nessuno che mi tocchi, ma devo dare il buon esempio. Domattina sar tra i primi a muovermi. Sii con me, Isabelle, sii con me nello spirito. Aiutami a guidarli verso quello che ci aspetta. Con eterno amore, Stephen". Jack Firebrace scrisse:"Cara Margaret, grazie della lettera. Le parole non possono esprimere quanto mi sento triste. Era il nostro bambino, era la luce della nostra vita. Ma dobbiamo essere forti, cara Margaret. Mi preoccupo tanto per te, per quello che deve significare per te. Da parte mia, ci sono tante cose qui che mi aiutano a distrarmi. Sono

convinto che sia stata la volont di Dio. Noi avremmo voluto tenerlo con noi, ma Dio sa quel che fa. Ti ricordi quando andava a cercare i soffioni lungo il canale, e le parole buffe che usava al posto di quelle che non sapeva dire, da piccolo? Penso continuamente a tutto questo e mi ripeto che Dio misericordioso. Mi ha restituito i ricordi di quando era piccolo; mi sono tornati in mente tanti particolari. Ci penso la notte quando mi sdraio per dormire e mi sono di conforto. Faccio finta di tenerlo fra le braccia. La sua vita stata una benedizione per noi, un dono di Dio. E' stato il dono migliore che potessimo ricevere, e dobbiamo esserne grati. Domani gli uomini andranno all'attacco e penso che otterremo la grande vittoria. Presto la guerra sar finita e io voglio tornare a casa per badare a te. Con amore, tuo marito Jack". Byrne, che non scriveva regolarmente come gli altri uomini, trov un pezzetto di carta sul quale scrivere al fratello. Scrisse molto ordinatamente, con un inchiostro azzurro. "Caro Ted, ti mando 2 righe, in via eccezionale, nel caso che non c'incontriamo pi. Domani dobbiamo attaccare, tutto perfetto e confidiamo nella migliore delle fortune. Ti chiedo di ricordarmi ai miei tanti carissimi amici. Per favore, esprimi il mio pi grande affetto alla mamma, a Tom e Daisy e ai bambini. Quanto a noi, speriamo sia un arrivederci e non un addio. Il tuo affezionato fratello Albert". Quando ebbe finito non se la sent di chiudere la busta. Tir di nuovo fuori la lettera e scrisse in diagonale sul fondo:"Sta' allegro, Ted, non preoccuparti per me, io sto bene". 8 ore prima dell'ora prevista per l'attacco i cannoni tacquero, risparmiando colpi per l'indomani. Era notte, ma nessuno dormiva. Tipper fissava incredulo Leslie e Studd. Nessuna magia o superstizione poteva calmarlo, ormai. La sua ultima speranza era svanita ; doveva soltanto resistere fino all'alba. Stephen fiss intensamente il viso di Byrne, che gli stava vicino, ma quando l'altro ricambi lo sguardo, non riusc a incontrare i suoi occhi. Byrne aveva intuito la verit. Si diresse verso Hunt, inginocchiato a pregare sul fondo della trincea. Gli sfior la spalla, poi gli mise la mano sulla testa. Si accost a Tipper assestandogli una pacca sulla spalla, poi gli strinse la mano con forza. Smith e Petrossian, i caporali, controllavano gli zaini, passando a fatica fra gli uomini riluttanti. Brennan stava seduto da solo a fumare.-Pensavo a Douglas,-disse. Stephen annu e Brennan cominci a cantare una canzone irlandese. Vide Byrne allungare il braccio per stringersi al petto Tipper.-Ormai non manca molto, non manca molto. Verso le 4, l'ora pi angosciosa della notte, scese sulle linee un silenzio mortale. Nessuno parlava. Una volta tanto, anche gli uccelli tacevano. Finalmente apparve un barlume di luce sull'altura e si distinse un banco di nebbia in basso, lungo il fiume. Cominci a piovere. Gray, con aria frettolosa e fiato greve, in testa alla trincea di comunicazione disse:-L'attacco comincer alle 7 e mezzo. I comandanti dei plotoni rimasero sbalorditi, increduli.-Di giorno? Di giorno?-I volti degli uomini si contrassero, insieme alla notizia. La colazione arriv sul bacon che cuoceva su un fornelletto. Stephen sent l'acidit di una notte insonne risalirgli dallo stomaco sulla lingua. Poi arriv il rum, e ritrovarono la parola. Gli uomini bevvero avidamente, alcuni dei ragazzi piu giovani cominciarono a barcollare e a ridere. Il fuoco dell'artiglieria tedesca, che fino allora era stato sporadico, cominci a intensificarsi, con grande sorpresa degli uomini ai quali si era detto che tutti i cannoni tedeschi erano stati distrutti. La risposta inglese non tard a farsi sentire. Finalmente gli uomini erano abbastanza vicini per vedere l'effetto che faceva, e ne furono rallegrati. Studd e Leslie, con l'alito che sapeva di rum, agitarono le braccia in aria, esultanti, vedendo la terra squarciata zampillare davanti alle trincee tedesche. Il fragore nell'atmosfera cominci ad aumentare. Le 7 e un quarto. Ormai c'erano quasi. Stephen era in ginocchio, mentre qualcuno estraeva di tasca le fotografie per baciare il ritratto di mogli e figli; Hunt raccontava barzellette sporche; Petrossian stringeva in mano una croce d'argento. Il bombardamento raggiunse il culmine. l'atmosfera era satura di un fragore immoto, che non trovava sfogo, come se le onde si accumulassero nell'aria senza infrangersi. Non somigliava a

nessun altro suono terreno. -Ges,-mormor Stephen.-Ges, Ges. Sull'altura brill la mina, un grande nucleo di terreno compatto che sobbalzava, sventrando il terreno. Le fiamme si levarono in aria per oltre 30 metri. Era troppo grande, pens Stephen. Le proporzioni dello scoppio lo atterrivano. Le ondate d'urto dell'esplosione corsero lungo la trincea e Brennan fu sbalzato in avanti, cadendo a capofitto dal gradino e fratturandosi una gamba. "Ora dobbiamo andare" pens Stephen. L'ordine non arrivava. Byrne lo guard con aria interrogativa e lui scosse la testa. Ancora 10 minuti. Subito dopo cominci il fuoco tedesco. L'orlo della trincea inglese salt in aria sputando terriccio, falciato dalle mitragliatrici. Stephen abbass la testa. Grida di uomini. -Non ancora.-Stephen urlava. L'aria sopra la trincea era ormai solida. La seconda lancetta dell'orologio si muoveva al rallentatore. Le 7 e 29. Il fischietto in bocca. Un piede sul piolo della scala. Deglut con forza e soffi. Usc faticosamente allo scoperto e si guard attorno. Ci fu un attimo di silenzio assoluto mentre il bombardamento cessava e anche i cannoni tedeschi tacevano. Le allodole volavano in cerchio cantando nel cielo sereno. Lui si sent solo, come se si fosse avventurato in quel mondo nuovo nel momento stesso della creazione. Poi l'artiglieria cominci il primo fuoco di sbarramento e le mitragliatrici tedesche ripresero a sparare. Sulla sinistra Stephen vide gli uomini che tentavano di uscire dalla trincea ma venivano respinti dai proiettili prima di riuscire ad alzarsi in piedi. I vuoti nel reticolato si riempirono di corpi, mentre gli uomini alle sue spalle cominciavano ad avanzare. Vide Gray correre sull'orlo della trincea, lanciando grida d'incoraggiamento. Avanz esitante, con la pelle tesa contro la sensazione del metallo che lacerava la carne. Si gir di lato, dolcemente, per proteggere gli occhi. Era rattrappito come una vecchia in quel bozzolo di rumore lacerante. Byrne camminava accanto a lui con l'andatura lenta dettata dagli ordini. Stephen lanci un'occhiata a destra e vide una lunga linea ondulata di rozzi fantocci color cachi che avanzavano a passi tesi e misurati, cadevano dimenando le braccia in silenzio, venivano rimpiazzati, cadevano, continuavano ad avanzare come se camminassero controvento. Tent di incrociare lo sguardo di Byrne, ma senza riuscirci. Il suono delle mitragliatrici era intervallato dal crepitio dei fucili dei cecchini e dal rombo del fuoco di sbarramento davanti a loro. Vide Hunt cadere sulla destra. Studd si chin ad aiutarlo e Stephen vide la sua testa aprirsi come un fiore scarlatto sotto i proiettili di mitraglia, mentre l'elmetto rotolava lontano. I suoi piedi avanzavano cauti sul terreno accidentato. Dopo una trentina di metri ebbe la sensazione di fluttuare in aria al di sopra del proprio corpo, quasi che questo avesse assunto una sua vita meccanica sulla quale lui non esercitava alcun controllo. Era come se si fosse distaccato, in sogno, dall'aria metallica nella quale il suo corpo avanzava. In quello stato di trance c'era una sorta di sollievo, qualcosa di simile alla pace. 10 metri pi avanti, sulla destra, scorse il colonnello Barclay che brandiva una spada. Stephen cadde a terra, spinto da una forza sconosciuta. Si ritrov in una cavit del terreno insieme a un uomo sanguinante che rabbrividiva. Il fuoco di sbarramento era troppo lontano. Ora i cannoni tedeschi stendevano a loro volta una cortina di fuoco. Gli shrapnel scagliavano grappoli di schegge in tutti gli spazi aerei che non erano comandati dalle mitragliatrici. "Non ci sar spazio sufficiente per tutto quel metallo" pens Stephen. "Prima O poi i proiettili avrebbero cozzato, sprizzando scintille su di loro". L'uomo accanto a lui gridava senza che si udissero le sue urla. Stephen gli avvolse intorno alla gamba una fascia presa dallo zaino, poi si guard: non era ferito. Raggiunse strisciando l'orlo del cratere e, vedendo altri davanti a lui, si alz e riprese ad avanzare. Forse con loro sarebbe stato pi al sicuro. Non provava nessuna sensazione, mentre attraversava il terreno costellato di crateri sul quale a intervalli di pochi metri giacevano sagome informi color cachi. Il carico che portava sulle spalle era pesante. Guardando indietro, vide una seconda ondata che incappava nel fuoco di sbarramento sulla terra di nessuno. Gli uomini venivano scagliati in aria come ondate di risacca e i corpi cominciavano ad accatastarsi, ostacolando l'avanzata. Vicino a lui c'era un uomo al quale

mancava parte della faccia, eppure continuava ad avanzare come un sonnambulo, con il fucile puntato. Il naso gli pendeva e Stephen scorgeva i denti attraverso la guancia mancante. Il rumore non era paragonabile a nessun altro udito prima di allora: Gemeva sulla pelle, facendo vibrare le ossa. Ricordando l'ordine di non fermarsi per non ostacolare uelli dietro di nuovo continu lentamente ad avanzare e quando il fumo si dirad vide davanti a s il reticolato tedesco. Non era tagliato. Gli uomini andavano su e gi, frenetici in cerca di un varco. Restavano imbottigliati nelle spire di spinato, dove scatenavano torrenti di mitraglia, e li sussultavano e si torcevano ballonzolando. Eppure continuavano a tentare. 2 uomini lavoravano invano di cesoie in mezzo ai cadaveri, attirandosi con i loro movimenti i tiri secchi e sdegnosi di un cecchino. Giacquero immobili . 30 metri pi a destra c'era un varco, e Stephen corse in quella direzione, sapendo che doveva essere sotto il fuoco incrociato di parecchie mitragliatrici. Quando lo raggiunse inspir, caricandosi per affrontare la morte. Il suo corpo pass nello spazio libero e lui scoppi a ridere, correndo a perdifiato, poi rotol dentro una trincea, appesantito dallo zaino. L non c'era nessuno. "Vivo" pens "buon Dio, sono vivo". La guerra svan dai suoi pensieri. "E' solo un tratto di campo sotto il cielo francese" penso. "Oltre quel frastuono ci sono gli alberi, e laggi oltre la valle il fiume pescoso". Si accorse di avere la gola riarsa dalla sete, e prese la borraccia. Quel liquido tiepido, sciabordante , scorrendo in gola gli fece socchiudere gli occhi per un istante. Nella trincea non c'era nessuno. Percorse il ponte di tavole, costruito a regola d'arte, con i parapetti alti dal rivestimento in legno curato come le assicelle dei cottage del Sassex e le entrate simmetriche dei rifugi scavati in profondit. Guard indietro, verso le linee inglesi, che da quella posizione sopraelevata apparivano pateticamente esposte al fuoco in ogni palmo della loro superficie. Attraverso il fumo del fuoco di sbarramento tedesco, scorse la linea irregolare che continuava ad avanzare, sospinta da qualche lento meccanismo a orologeria, verso il fuoco omicida dei cannoni. Dopo una ventina di metri, la trincea proseguiva a zigzag e lui non poteva vedere che cosa c'era pi in l. Si alz cautamente per lanciare una bomba a mano oltre il tratto in diagonale, poi si abbass di scatto. Non ricevette risposta. Si alz, e l'orlo della trincea gli sput terriccio negli occhi, mentre una mitragliatrice sparava dalla seconda linea. Stephen immaginava che la maggior parte degli uomini lanciati all'attacco con lui fossero morti. La seconda ondata non era arrivata fin li, e forse non sarebbe arrivata mai. Riflett che doveva tentare di ritirarsi per unirsi a un attacco successivo, ma gli ordini erano di spingersi oltre Beaumont Hamel fino a Beaucourt, sul fiume. Il motto del soldato, aveva detto Prince agli uomini, suonava:"nel dubbio, avanza". Spostandosi lungo la trincea, trov una scala. Mentre il fuoco della mitragliatrice lambiva il terreno davanti a lui, avanz strisciando sul terreno scoperto, poi corse rannicchiato verso un cratere di granata. 6 fucilieri del Lancashire sparavano Ostinati contro la trincea di riserva dei tedeschi, e lui rischi di restare impalato su una baionetta mentre scivolava al riparo. Un uomo tra quelli che sparavano lo guard, dicendo qualcosa che Stephen non riusc a sentire. Dal movimento delle labbra, si sarebbe detto "morti fottuti". L'uomo tocc il simbolo del reggimento di Stephen per controllare, poi si pass un dito di taglio sulla gola e lo punt indietro, verso il carnaio nella terra di nessuno. In fondo al cratere c'era una mitragliatrice Lewis e, a quanto cap Stephen, stavano tentando di piazzarla dietro un gruppetto di alberi da cui avrebbero potuto spazzare la trincea. Stephen scosse la testa e appoggi il fucile sull'orlo del cratere, cominciando a sparare. Pass un'ora, forse 2, sotto il fuoco di risposta sempre pi intenso che proveniva dalla trincea della seconda linea. Le difese avevano subito ben pochi danni; il reticolato era intero, i rifugi intatti. Fra poco sarebbe iniziato il contrattacco. Stephen si guard attorno nel cratere, scrutando i volti esausti degli uomini del Lancashire; sapevano di essere in trappola. Sotto i suoi piedi si mosse qualcosa: era il viso di un uomo, al quale il cervello stava colando fuori da un'orbita. Gridava, pregando qualcuno di ucciderlo, ma

dal momento che non era del suo reggimento Stephen esitava. Gli offri la sua seconda borraccia, e quando si chin per dargliela l'uomo lo implor di sparargli. Nel fragore del combattimento, pens Stephen, nessuno lo avrebbe saputo. Spar 2 colpi in basso. Era il primo uomo che uccideva, quel giorno. Jack Firebrace si trovava insieme ad Arthur Shaw su un'altura soprannominata One Tree Hill, per assistere al combattimento. Si erano aspettati un'avanzata rapida , quasi senza opposizione. Jack borbottava, Shaw non diceva una parola. Videro gli scozzesi uscire dalle tane come donne invasate, coi loro gonnellini, morendo a ondate sul suolo giallobruno. Videro gli uomini dello Hampshire marciare a passo di parata, come se davvero desiderassero inscenare una danza al rallentatore, contenti che fosse l'ultima. Videro uomini di ogni angolo del paese avanzare, inermi, nella tempesta che li inghiottiva per Il loro contributo alla giornata, l'enorme cratere che avevano fatto brillare alle 7 e 20, aveva assicurato al corpo 10 minuti per prendere posizione con calma. In quella cavit immensa videro morire un tale numero di giovani che non avrebbero mai creduto possibile, e non avevano neanche sparato un colpo. L'eccesso della carneficina li spinse a stringersi a vicenda, increduli. -Non possono permettere che continui,-disse Jack-non possono.-Shaw era a bocca aperta. Era indifferente alla violenza, incallito dalle mutilazioni che aveva visto e inflitto, ma lo spettacolo a cui stava assistendo apparteneva a un ordine al di sopra di ogni realt.-Dio, ti prego, f che finisca,-pregava Jack. -Ti prego, non lasciare che mandino altri uomini in questo inferno. Il cappellano, Horrocks, unitosi a loro, si segn e tent di confortarli con parole e preghiere. Jack distolse il viso dallo spettacolo che aveva di fronte, in quel momento sent qualcosa morire dentro di s. Shaw aveva cominciato a piangere. Prendendosi la testa fra le grosse mani da minatore, lasciava che le lacrime gli allagassero il viso.-Ragazzi, ragazzi,-ripeteva costantemente.-Oh, poveri ragazzi. Horrocks tremava.-Qui c' mezza Inghilterra. Che cosa faremo?-Balbett. Ben presto rimasero tutti in silenzio. La trincea in basso erutt un'altra ondata di uomini che invest un paesaggio butterato come quello lunare; forse era l'Essex o il Duke Wellington, impossibile dirlo. Non riuscivano a percorrere neanche 10 metri che gi cominciavano a vacillare, dapprima uomini isolati, che cadevano rotolando, poi sempre pi fitti man mano che raggiungevano la zona del fuoco di sbarramento; infine, quando li colsero le mitragliatrici, ondeggiarono come spighe di grano al vento. Jack pens alla carne, al suo odore. Horrocks si strapp dal collo la croce d'argento, scagliandola lontano. La tenacia dell'antico istinto lo spinse a inginocchiarsi, ma non preg. Rimase in ginocchio, con le palme delle mani allargate appoggiate al suolo, poi abbass la testa stringendola fra le mani. Jack capiva che cosa era morto in lui. Stephen pens ai brevi istanti della comunione di cui aveva goduto, mentre cercava una posizione migliore sul corpo dell'uomo che aveva ucciso. Non esisteva pi nulla di divino; tutto era profano. Nel rombo che gli aleggiava intorno alla testa distingueva chiaramente qualche parola. -.,.quella fottuta Lewis.,.mangiato vivo. Nonostante il fragore assordante, dovevano uscire allo scoperto e uccidere i loro assalitori. 2 uomini trascinarono la Lewis fino all'orlo del cratere, ma poi furono falciati da una tempesta di proiettili quando rallentarono per trascinare la pesante cassa di munizioni. Gli altri rimasero con Stephen tentando di arrendersi. 1 di loro, che sventolava un panno bianco, mentre cercava di arrampicarsi fuori fu centrato all'occhio con silenziosa precisione. Stephen guard dietro di s, dove una linea di truppe di rincalzo stava avanzando in ordine sparso verso di loro, organizzata ed equilibrata. 30 metri pi indietro, arrivarono a portata di tiro delle mitragliatrici, che li colpirono con precisione studiata, finch caddero tutti, dal primo all'ultimo. I loro corpi non si mossero pi. Stephen grid qualcosa all'orecchio dell'uomo accanto a lui, che a sua volta gli rispose gridando, ma lui riusc a capire solo: -Ges,-e qualcos'altro:-Fottuta Lewis. Stephen lanci a breve distanza tutt'e 2 le bombe Mills e quando esplosero corse

indietro da solo verso un fossato nascosto da un gruppo di olmi. Era mezzogiorno e il sole era torrido. Non c'erano nubi a velarlo, non c'era brezza a mitigarlo. Il fragore non era diminuito, e lui si accorse di essere esausto. Aveva voglia di dormire. Cerc le borracce, ma erano sparite entrambe. Nei combattimenti intorno alle trincee tedesche c'era molta confusione. Vide uomini esitare, incerti sulla direzione in cui dovevano avanzare. La trincea in cui era entrato qualche ora prima era stata riconquistata dal nemico. Alle sue spalle si stava preparando un nuovo attacco. Era convinto di dover avanzare ancora. La sensazione di esultanza era svanita, ma al suo posto era subentrata una specie di determinazione da automa. Prima doveva bere, altrimenti sarebbe morto. Aveva la lingua gonfia come quella di un bue; gli sembrava di averne in bocca 2. Pens al fiume Ancre, ai piedi della collina alla sua destra. Ormai aveva perso tutti gli uomini, quindi poteva combattere dove voleva. Si alz e cominci a correre. Vide gli uomini di un reggimento coloniale, canadesi, gli pareva, avanzare oltre 1 stretto varco verso una scarpata. Nei 40 minuti che impieg per accodarsi a loro, vide un intero battaglione finire disteso sul campo. Soltanto 3 uomini raggiunsero il reticolato tedesco, dove furono colpiti. Si lanci in una corsa folle, come in sogno, per scendere al fiume, e vide una figura familiare sulla destra. Era Byrne, che perdeva sangue da una ferita al bicipite destro, ma si muoveva. -Cos' successo?-Url. -Spazzati via,-gli grid all'orecchio Byrne. -Il colonnello morto. 2 comandanti di compagnia. Dovremmo ricongiungerci e attaccare di nuovo insieme ai fucilieri. -Sul fiume? -Si. -Che ti successo? -Sono tornato indietro, e poi sono ripartito all'attacco. La seconda ondata stata falciata nella trincea. I corpi impediscono il passaggio. Hai dell'acqua? Byrne scosse la testa. Verso le linee tedesche s'imbatterono in alcuni ragazzi addormentati nei crateri. Le notti insonni sotto il bombardamento e lo sforzo fisico della mattinata erano troppo per loro, nonostante il tiro dei cannoni nemici. Ricominciavano a piovere granate; Byrne e Stephen si stesero insieme a un ragazzo addormentato e a un uomo che doveva essere morto da alcune ore. I suoi intestini si erano riversati sul suolo scavato dall'esplosione, dove il sole cominciava a cuocerli. A sinistra un sergente sbraitava nel tentativo di spingere gli uomini a un nuovo assalto contro la trincea tedesca che scendeva verso i binari della ferrovia. -C' qualcuno dei nostri,-disse Byrne.-Era il plotone di Harrington, o meglio ci che ne restava. -Dobbiamo unirci a loro,-disse Stephen. Disposti di nuovo in una fila irregolare votata al suicidio, avanzarono a fatica verso la morte che pioveva tamburellando dai cannoni trainati. Insanguinato al punto da non farci pi caso, Stephen guard quei grappoli di esistenze, con i loro ricordi e i loro amori, finire a terra rotolando e vomitando. La morte era priva di significato, eppure loro continuavano ad attaccare a ondate, e in quel nuovo abisso c'era ancora spazio per altro orrore. Harrington, con il lato sinistro squarciato da un colpo di granata, urlava, cercando le pastiglie di morfina con mani tremanti. Dai crateri intasati di corpi si lev il fuoco dei cecchini contro la trincea, poi un'ultima ondata in avanti. Un ragazzo fu scagliato indietro, contro un albero, dalla violenza del colpo alla spalla; altri cadevano o si tuffavano sul terreno che le loro stesse armi avevano sventrato. Byrne si diresse di soppiatto verso il ragazzo che urlava, arrivando dietro l'albero, che aveva il fianco scortecciato dal fuoco laterale. Stephen vide svolgersi il biancore di una fasciatura, mentre Byrne cominciava a bendare le ferite. Gruppi di barellieri avanzavano alle loro spalle, ma nell'avanzare sul campo attiravano a s lunghe scie ondeggianti di fuoco. Stephen affond il viso nel terreno, lasciando che gli riempisse la bocca. Chiuse gli occhi, perch aveva visto abbastanza. "Finirai all'inferno". Gli risuonarono nella memoria le parole di congedo di Azaire, scolpite nella mente dal frastuono assordante che

lo circondava. Byrne riusc in qualche modo a trascinare il ragazzo all'interno del cratere. Stephen avrebbe preferito che non lo facesse; era chiaro che stava per morire. Il sergente di Harrington stava ordinando un'altra carica, e una decina di uomini obbed. Stephen li guard raggiungere il primo reticolato, e solo allora si accorse che Byrne era con loro. Stava tentando di passare oltre il filo spinato, quando fu sollevato da terra e vi rimase sospeso, con gli stivali che sussultavano mentre il corpo veniva imbottito di pallottole. Stephen rest disteso nel cratere insieme al ragazzo e all'uomo che era morto al mattino. Per 3 ore, finch l'intensit del sole cominci a diminuire, dovette ascoltare il ragazzo che lo implorava per avere un po' d'acqua e tent di tapparsi le orecchie per non sentire quella supplica. 1 dei cadaveri aveva ancora la borraccia, ma un foro di proiettile aveva fatto uscire quasi tutta l'acqua. Quella che restava era di un bruno rossiccio, contaminata dalla terra e dal sangue, ma Stephen la vers nella bocca implorante del ragazzo. Tutt'intorno a lui, i feriti tentavano di alzarsi in piedi per tornare indietro, ma non facevano che attirarsi addosso altre scariche di mitraglia, a cui rispondevano ostinati prendendo la mira dal punto in cui erano distesi. Quando non si levarono pi spari dalla terra di nessuno, i tedeschi della seconda trincea cominciarono a bersagliare di colpi i cadaveri rimasti appesi sul reticolato. Nel giro di 2 ore fecero saltar via la testa di Byrne, pezzo per pezzo, finch alla fine rimase solo un incavo alle spalle. Stephen invocava il buio. Per tutto il giorno, dal primo istante di luce in poi, non aveva mai pensato a mettersi in salvo. Persino mentre il suo corpo si apriva alla penetrazione immaginaria dei proiettili, correndo oltre il varco nel reticolato, si era sentito rassegnato. Quello che desiderava era che la giornata finisse, cancellando quella nuova realt invivibile che aveva portato con s. Se fosse scesa la notte, la terra avrebbe potuto riprendere il suo corso naturale, e forse, nello spazio di molti anni, ci che era accaduto alla luce del giorno si sarebbe potuto considerare un'aberrazione, sarebbe stato riassorbito nel limite di una vita normale. In quel momento a Stephen parve vero il contrario: che fosse questa la nuova realt, il mondo in cui ormai erano condannati a vivere, e che lo schermo attuale delle stagioni, del giorno e della notte, non esistesse pi. Quando non riusc a tollerare oltre l'odore di carni umane nel cratere, decise di allontanarsi a qualunque costo. Un modesto tentativo di attacco sulla sinistra attirava momentaneamente le mitragliatrici tedesche in quella direzione e, quando il momento gli parve opportuno, per fortuna o destino o superstizione, corse indietro zigzagando, insieme a parecchi altri che non se la sentivano di aspettare le tenebre. Prossimo al collasso, scese barcollando verso il fiume, verso l'acqua che agognava fin da mezzogiorno. Lasciato il fucile sulla riva, raggiunse incespicando il corso d'acqua. Ficc la testa nella corrente torpida e la sent affluire nei pori della pelle. Spalanc la bocca come un pesce. Rimase nel letto del fiume, tentando di riprendersi. Lasciava galleggiare le mani nell'acqua, col palmo rivolto all'ins, come in un gesto di supplica. Il frastuono gli premeva sul cranio da entrambe le rive del fiume, senza mai diminuire. Pens a Byrne, simile a un corvo che sbatteva le ali sul reticolato. Gli avrebbero versato l'acqua nel foro del collo? Come avrebbe fatto a bere? Tent di controllare i suoi pensieri. Byrne era morto; non aveva pi bisogno d'acqua. Non era la sua morte che contava; era il modo in cui il mondo era andato fuori squadra. Non erano tutte le decine di migliaia di morti che contavano; era ci che gli avevano dimostrato: si poteva essere uomini eppure agire in un modo che era contro natura. Tent di risalire sulla riva, ma la corrente era pi forte di quanto credesse, e il suo corpo sull'orlo dello sfinimento perse l'equilibrio e fu trascinato a valle. In acqua si ritrov circondato da tedeschi. Un volto maschile vicino al suo gridava parole straniere . Stephen si aggrapp a lui. Altri si stringevano a vicenda, dibattendosi per restare a galla. Tutt'intorno a lui c'erano quelli che avevano ucciso i suoi amici, i suoi uomini. Da vicino, vedeva uomini come lui, con la pelle butterata e gli occhi dilatati; un vecchio caporale con i capelli grigi che urlava; un ragazzo dalla carnagione scura, simile a tanti altri, che piangeva. Stephen

tent di odiarli come li aveva odiati prima. L'accalcarsi di carni tedesche, bagnate, nel fiume tutt'intorno a lui, con le divise fradicie che lo schiacciavano, senza curarsi di chi fosse. La babele lamentosa delle loro voci incomprensibili, che invocavano aiuto. Sul fiume sorgeva un ponte stretto, costruito alla bell'e meglio dagli inglesi. I tedeschi tentavano di arrampicarvisi sopra, ma i soldati inglesi calpestavano loro le mani. Stephen alz gli occhi verso la figura isolata di un soldato semplice inglese, senza elmetto, che guardava in basso con aria sprezzante. -Tirami fuori,-gli grid.-Tirami fuori di qui. L'uomo gli tese un braccio e cominci a tirare. Stephen sent altre braccia aggrapparsi a lui nell'acqua, per trattenerlo. Il soldato semplice spar in acqua e Stephen riusc a issarsi sul ponte. Alcuni di loro lo guardarono sorpresi.-Prigionieri,-disse l'uomo che lo aveva tirato fuori.-Per quale motivo dovremmo aiutarli a traversare il fiume? Stephen scese barcollando dal ponte sulla riva opposta del fiume e si stese sull'erba palustre. Isabelle, la camera rossa, il cottage del nonno.,. Tentava di mettere a fuoco frammenti di ricordi definiti, per foggiare dal passato un possibile futuro. La sua mente ricre l'odore stantio dell'ufficio di un impiegato agli East India Docks; per un minuto o poco pi, si ritrov in quella stanza sul molo. Era il crepuscolo, era quasi notte, anche se la luce indugiava crudelmente, e con essa il rumore. La sua curiosit cominci a ridestarsi. Voleva sapere cos'era successo. Aveva preso parte all'attacco di quella mattina e doveva andare avanti, dovunque si trovasse. Il peso dello zaino, ora fradicio d'acqua, gli sembrava un tale fardello che dimentic di non avere il fucile. Sopra di lui, a destra, si stendeva il grande bosco di Thiepval. Si raddrizz, avviandosi verso le linee tedesche, ma si sent investire alla testa da un impatto, come se un mattone lanciato a gran velocit lo avesse colpito alla tempia, e cadde a terra. La prima faccia che vide non fu quella dell'impiegato, o di Isabelle, o di sua madre, come si era quasi aspettato: apparteneva a 1 dei minatori di Weir. -Accidenti, com' lontano da casa. Deve aver camminato almeno 2 chilometri, disse l'uomo, srotolando una medicazione da campo. Stephen grugn. La voce dell'uomo era familiare, ma era 1 sforzo troppo grande ricordare ci che apparteneva a un'altra era.-Mi chiamo Tyson. Ci siamo offerti tutti volontari, non so se mi spiego. Lass dov'eravamo hanno smesso di attaccare, e ci hanno mandati qui. Tutti i barellieri sono stati spazzati via. Gli Ulster le hanno prese di santa ragione, lass, e pure i nostri.,. -Che cosa ho? -Una ferita al muscolo, direi. Alla gamba sinistra. Non le serve neanche per tornare a casa, dopo tutto. Le mander il capitano Weir. Stephen torn a stendersi nel cratere poco profondo, sentiva dolore alla gamba. Price faceva l'appello. Di fronte a lui stavano sull'attenti i reduci della compagnia, i volti sfuggenti e grigi nella penombra. Da principio chiedeva informazioni su ogni uomo che mancava all'appello, ma poco dopo si rese conto che ci sarebbe voluto troppo tempo. I sopravvissuti non sempre sapevano dire con certezza chi avevano visto cadere ucciso. Crollavano il capo, esausti, come se ogni organo del loro corpo invocasse il riposo. Price cominci ad accelerare il procedimento, passando da un nome rimasto senza risposta all'altro. Byrne, Hunt, Jones, Tipper, Wood, Leslie, Barnes, Studd, Richardson, Savile, Thompson, Hodgson, Birkenshaw, Lewellyn, Francis, Arkwright, Duncan, Shea, Simons, Anderson, Blum, Fairbrother. I nomi piovevano nel crepuscolo, evocando i luoghi di origine, i paesi e le citt dove sarebbero arrivati i telegrammi, le case dove qualcuno avrebbe accostato le imposte, dove gemiti sommessi si sarebbero levati nel pomeriggio dietro le porte chiuse; e i luoghi che li avevano visti crescere, che sarebbero diventati silenziosi come citt morte prive di vita o di scopo, senza le voci di padri e figli, senza giovani nelle fabbriche o nei campi , senza mariti per le donne, senza profonde voci maschili nella locanda, con i figli che sarebbero dovuti nascere, che avrebbero dovuto crescere e lavorare, dipingere, persino governare, morti prima ancora di essere generati, nelle carni

straziate dei padri che giacevano nei fetidi crateri scavati nel terreno da barbabietole, lasciando ai familiari, al posto di carni vive, solo lastre di granito, sulla cui superficie disumana muschi e licheni avrebbero steso una patina di verde indifferenza. Su 800 uomini del battaglione che avevano scavalcato il parapetto della trincea, risposero all'appello soltanto 155. Price ordin alla compagnia il ronpete le righe, ma non con il latrato riservato al campo da parata; lo disse in tono gentile. Tentarono di voltarsi, poi si allontanarono rigidamente in nuove formazioni, vicino a uomini che non avevano mai visto prima, serrando i ranghi. Jack Firebrace e Arthur Shaw li attesero per chiedere a ognuno com'era andata. Gli uomini proseguirono come sonnambuli, senza rispondere. Alcuni di loro sputarono o spinsero gli elmetti all'indietro; la maggior parte di loro guardava a terr, con il volto inespressivo ma velato di mestizia. Poi andarono verso le loro tende per stendersi a riposare. Stephen stava disteso nel cratere, guardando su per il pendio, verso Thiepval, in attesa che l'oscurit diventasse totale. Michael Weir sgusci accanto a lui. -Tyson mi ha indicato dov'eri. Come va la gamba? -E' a posto. Potr muovermi. Che ci fai tu, qui? -Mi sono offerto volontario. La nostra prima linea in preda al caos. Non ci sono treni sufficienti per evacuare gli uomini. Le infermerie da campo sono sovr affollate, la trincea da cui siete partiti ridotta a un ammasso di corpi, uomini che non sono neanche riusciti a uscire.-La voce di Weir tremava. Era appoggiato alla gamba ferita di Stephen.- 2 generali si sono suicidati. E' terribile, terribile, .,. -Calma, Weir. Calmati. Spostati un po' pi in l. -Cos va meglio? Che ti successo? Il fragore cominciava a diminuire. Da entrambe le parti l'artiglieria aveva cessato il fuoco, anche se ogni tanto si sentivano raffiche di mitraglia e spari di cecchini. -Non ricordo,-rispose con un sospiro.-Non so. Ho visto morire Byrne. Al principio pensavo che ce la fossimo cavata bene. Poi sono finito nel fiume. Non lo so, sono tanto stanco. Finalmente era buio. La notte scese a ondate dall'altura sopra di loro e le armi tacquero. Il terreno cominci a muoversi. Alla loro destra un uomo che era rimasto immobile fin dal primo attacco si alz in piedi, poi ricadde perch la gamba ferita non riusciva a sostenere il suo peso. Altri uomini si riscossero e cominciarono a sbucare dai crateri come vermi, zoppicando, strisciando, trascinandosi. In pochi minuti il fianco della collina fu tutto un ullulare di feriti che tentavano di mettersi in salvo dietro le linee. -Cristo,-mormor Weir,-non avevo idea che quass ci fossero tanti uomini. Era come assistere alla resurrezione dei morti in un cimitero lungo oltre 20 chilometri. Sagome curve e agonizzanti sorgevano a schiere dal terreno sconvolto , zoppicando e trascinandosi indietro a reclamare la loro vita. Era come se la terra vomitasse una generazione di sonnambuli stoici, ciascuno distinto dai fratelli di sventura ma legato a loro, che sbucavano dal suolo riluttante in un brulichio informe. Weir tremava. -Va tutto bene,-disse Stephen.-I cannoni hanno interrotto il bombardamento. -Non quello,-rispose Weir.-E' il rumore. Non lo senti?-Stephen aveva notato soltanto il silenzio che era subentrato ai cannoni. Ora, tendendo l'orecchio, ud quello che intendeva Weir: era un gemito sommesso e ininterrotto. Non si riusciva a distinguere un singolo lamento, eppure il suono scendeva sulla sinistra finoal fiume e risaliva il pendio per 800 metri o pi. Man mano che l'orecchio si abituava al silenzio dei cannoni, Stephen lo distinse pi chiaramente, e gli sembr che la terra stessa gemesse.-Oh Dio, oh Dio.-Weir cominci a piangere.-Che cosa abbiamo fatto, che cosa abbiamo fatto? Ascolta. Abbiamo fatto qualcosa di terribile, non torneremo mai pi come prima. Stephen gli pos la mano sul braccio.-Taci. Devi farti forza.-Ma sapeva quello che provava Weir, perch lo provava anche lui. Ascoltando la protesta della terra, ud la voce di un nuovo mondo. Se non avesse cercato di controllarsi, forse non sarebbe riuscito a tornare alla realt in cui era vissuto.

-Oh Dio, oh Dio.-Weir tremava e piagnucolava, mentre il suono s'innalzava, simile al soffio di venti umidi che graffiassero un cielo di vetro. Per un attimo Stephen allent la presa sulla mente esausta, e si ritrov alla deriva insieme al suono, in un mondo dove esisteva soltanto il panico. Si riscosse, tornando con 1 sforzo alla vecchia vita, che non sarebbe stata pi la stessa ma che poteva continuare, se lui ne era convinto.-Abbracciami,-lo preg Weir.-Ti prego, abbracciami.-Strisciando sul terreno, raggiunse Stephen appoggiandogli la testa sul petto e dicendo:-Chiamami per nome. Stephen lo abbracci, tenendolo stretto.-Va tutto bene, Michael. Va tutto bene, Michael. Fatti forza, non mollare. Fatti forza, fatti forza. PARTE TERZA Inghilterra 1978 Nella galleria della metropolitana, bloccata al buio, Elizabeth Benson sospir spazientita. Voleva arrivare a casa per vedere se c'era posta, per esserci se suonava il telefono. Fra la calca di passeggeri pigiati nel corridoio centrale della vettura si senti premere sul viso un cappotto, e tir piu vicino la piccola valigia che teneva accanto ai piedi. Era rientrata quella mattina da un viaggio di lavoro di 2 giorni in Germania ed era andata al lavoro direttamente da Heathrow, senza tornare al suo appartamento. Con le luci spente non poteva nemmeno leggere il giornale. Chiuse gli occhi e tent di farsi trasportare dalla fantasia lontano dal treno, fermo in quel budello angusto. Era venerd sera ed era stanca. Si riemp la mente di immagini piacevoli: Robert alla luce del crepuscolo, con qualche filo grigio fra i capelli folti, gli occhi pieni di progetti per la serata; 1 dei capi d'abbigliamento prodotti da lei fornito appena spedito al fabbricante nell'involucro aderente di politene. Nella carrozza, un pazzo cominci a cantare vecchie canzoni da music hall:"Ps' a long way to Tippernrv.,." Grugn e tacque, come se qualcuno, con il favore dell'oscurit, gli avesse assestato una gomitata. Il convoglio si rimise in moto, uscendo faticosamente dalla galleria, mentre le luci in alto si riaccendevano. A Lancaster Gate Elizabeth lott per aprirsi un varco fra i cappotti e raggiungere il marciapiede. Si senti sollevata di ritrovarsi all'aperto sotto la pioggia, dove il traffico si muoveva con un fruscio di gomme umide sulle foglie sospinte dal vento oltre le inferriate di Hyde Park. Chin la testa per difendersi dalla pioggerella sottile, proseguendo verso il punto in cui vedeva l'insegna verde di una rivendita di liquori lampeggiare il suo volgare benvenuto. Pochi minuti dopo appoggiava la valigia e il sacchetto di plastica tintinnante sul gradino dell'ingresso, per aprire la porta della sua casa vittoriana. La posta era ancora nella gabbietta metallica applicata al battente della porta: cartoline per le ragazze del piano di sopra, buste di manila per tutti e 5 gli appartamenti, un sollecito dell'azienda del gas per la signora Kyriades e, per lei, una lettera da Bruxelles. Una volta salita nel suo appartamento riemp la vasca da bagno e, piacevolmente immersa nell'acqua, apri la lettera. Se Robert decideva di scrivere per aggiungere qualcosa alle sue brevi telefonate angosciate, di solito significava che si sentiva in colpa. O quello, oppure era trattenuto davvero dai lavori della Commissione e non era tornato neanche a casa per vedere la moglie. ".,.spaventosa mole di lavoro.,.noiosa dichiarazione letta dalla delegazione inglese.,.Lussemburgo la prossima settimana.,.spero di essere a Londra sabato.,.met semestre per Anne.,." Srridendo, Elizabeth pos la lettera sul tappetino del bagno. C'erano molte espressioni affettuose, e non era sicura di credere a tutte, ma almeno leggendole provava ancora un impeto di tenerezza per lui. L'acqua calda si richiuse sulle sue spalle mentre scivolava in fondo alla vasca. Squill il telefono. Nuda, sgocciolando sulla moquette del salotto, accost il ricevitore all'orecchio, chiedendosi, come faceva sempre in questi casi, se la cornetta trasmettesse elettricit e se l'acqua nell'orecchio le avrebbe causato un corto circuito al cervello. Era sua madre; chiedeva se l'indomani voleva andare a prendere il t da lei a Twickenham. Quando accett l'invito, Elizabeth era gi asciutta e non le sembrava che valesse la pena di immergersi di nuovo nella vasca. Form un numero di Bruxelles, ascoltando lo squillo monotonale europeo. Suon 20, 30 volte senza ottenere risposta, e lei

s'immagin il salotto in disordine, con le pile di libri e documenti, i posacenere ancora pieni e le tazze sporche, dove l'apparecchio trillava inascoltato. Nell'ingresso della casetta di Mark e Lindsay erano parcheggiati una carrozzina e un passeggino, intorno ai quali si scambiarono i saluti. Con un gesto che risaliva ai tempi del college, Elizabeth consegn a Mark una bottiglia di vino. Entrando nel salone, ricavato abbattendo la parete divisoria fra 2 stanze, s'inseri in una routine cos collaudata che si ritrov a parlare, sorridere e comportarsi come in un programma prestabilito. A volte, quando andava a trovare Mark e Lindsay, c'erano anche altri ospiti; quella sera si trattava di una coppia di vicini, pi un uomo solo, che la insospett. Quasi senza rendersene conto, si rigir una sigaretta accesa fra le dita e del vino che le scivolava gi per la gola. Erano i suoi pi vecchi amici, legati a lei da esperienze comuni. Anche se pensava spesso che ormai non si sarebbero sentiti tanto vicini, se la loro fosse stata una conoscenza recente, il legame emotivo che li univa era di un'intensit sorprendente. Lindsay era una donna impulsiva, dalle tendenze autoritarie; Mark era un uomo scialbo, senza ambizioni ben definite. Quando avevano 20 anni, spesso invitato tentava di impressionarli con qualche smargiassata o con l'accorato panegirico di un'integrit poco inaccessibile ai pi; ma ormai quelle serate seguivano un percorso amichevole e poco stimolante. Per Elizabeth, che aveva 38 anni, erano un momento di quanto poco fosse cambiata la loro vita. Solo i figli avevano introdotto delle novit: in certi momenti gli altri intrecciavano conversazioni sui problemi dell'educazione o sulle scuole, e lei in parte per la noia, in parte per un'angoscia in Lindsay, aveva anche attraversato una fase in cui ogni volta che Elizabeth andava a trovarla, invitava degli uomini. Per 2 o 3 anni, al terzetto gi affiatato si era mescolata una vasta gamma di scapoli, disperati, divorziati, alcolizzati, ma generalmente pi che soddisfatti di restare com'erano. -Il tuo problema,-le aveva detto una volta Lindsay,- che spaventi gli uomini. -Problema?-Aveva replicato Elizabeth.-Non sapevo di avere un problema. -Sai benissimo cosa voglio dire. Ma guardati, sempre cos padrona di te stessa, con i tuoi vestiti eleganti e la tua bellezza alla Anouk Aime. -Mi fai sentire tanto donna di mezza et. -Senti. Gli uomini in realt sono creature timide. Bisogna essere gentili con loro, farli sentire al sicuro. Da principio, almeno. -Mentre dopo puoi fare quello che ti pare? -Certo che no. Pensaci, Elizabeth. Devi accettare qualche sacrificio. Ricordi quell'uomo che ti ho presentato, David? E' molto gentile, proprio il tuo tipo. Non gli hai concesso neanche una possibilit. -A quanto pare, dimentichi che ho gi un uomo. Non ho bisogno di sgranare gli occhi e flirtare con il tuo Dennis David o come diavolo si chiama. Sono impegnata. -Con l'eurocrate, vuoi dire? -Robert, si chiama. -Non lascer mai la moglie. Lo sai, no? Dicono che lo faranno, ma non lo fanno mai, mai. Elizabeth le aveva rivolto un sorriso sereno.-A me non importa se la lascia o no . -Non dirmi che non preferiresti sposarti. -Non lo so. Ho il mio lavoro, i miei amici. Non voglio mollare tutto per dare la caccia a un marito. -E i figli?-Aveva replicato Lindsay,-Non venirmi a dire che non ne vuoi. -Certo che mi piacerebbe. Ma penso che prima vorrei sapere perch. Lindsay era scoppiata a ridere.-Non c' bisogno di un perch. Si chiama orologio biologico. Hai 39 anni. - 38, per l'esattezza. -Il tuo corpo ti dice che il tempo sta per scadere. Non sei diversa da milioni di altre donne al mondo. Non hai bisogno di ragioni, in nome di Dio. -E invece io credo di si. Sono convinta che bisogna avere un buon motivo per fare una cosa che, per quanto mi sembra giusta, non affatto indispensabile. Lindsay aveva sorriso e scosso la testa.-Discorsi da bili.

Elizabeth aveva riso.-E va bene, ci prover, lo prometto ce la metter tutta per innammorarmi in modo spontaneo e travolgente di Dennis.,. -David. -Chiunque mi metterai davanti. Dopo avere in apparenza rinunciato, Lindsay aveva fatto un ultimo tentativo: un uomo che si chiamava Stuart. Aveva i capelli biondi e ribelli e portava gli occhiali e rigirava pensieroso un grosso bicchiere di vino fra le mani affusolate.-Che lavoro fai?-Chiese a Elizabeth. -Dirigo una societ che produce capi di abbigliamento.-Detestava quel genere di domande, pensava che alle conoscenze bisognasse chiedere chi erano, anzich cosa facevano, come se il lavoro spiegasse tutto. -Hai detto che la dirigi. Sei il capo? -Esatto. Ho cominciato come disegnatrice di moda 15 anni fa, ma poi sono passata al settore commerciale. Abbiamo formato una nuova societ e sono diventata amministratore delegato. -Capisco. E come si chiama questa societ?-Elizabeth glielo disse, e Stuart replic:-Dovrei conoscerla. -Riforniamo un paio di catene di grandi magazzini, ma ci mettono sopra le loro etichette. Una piccola quota della nostra produzione dedicata a quella che ci piace chiamare "couture", e va sotto il nostro nome. Forse ci conosci sotto questo aspetto. -E cosa significa esattamente "couture"? Elizabeth sorrise.-Per lo pi consiste in quello che tu definiresti vestiti. Man mano che la serata trascorreva e Stuart allentava il tono aggressivo dell'interrogatorio iniziale, Elizabeth si accorse che lui le piaceva molto. Si era abituata alla reazione degli altri nei suoi confronti; molti davano per scontato che esistesse una radicale incompatibilit fra matrimonio e lavoro e che, poich lei si dedicava con entusiasmo al suo lavoro, doveva respingere l'idea di avere dei figli o un compagno. Elizabeth aveva rinunciato al tentativo di spiegarsi. Aveva cominciato a lavorare perch aveva bisogno di mantenersi; aveva preferito un lavoro interessante a 1 noioso; aveva tentato di farlo bene anzich male. Non riusciva a capire in che modo 1 di quei 3 passi logici implicasse un violento rifiuto degli uomini o dei bambini. Stuart le disse che suonava il piano. Parlarono di luoghi che avevano visitato. Lui non le inflisse una lunga disquisizione sui mercati finanziari e non si un alla conversazione in competizione con Mark; e neppure cerc di flirtare o corteggiarla in modo troppo sfacciato. Rise a certe battute di Elizabeth, anche se lei not che nel suo divertimento c'era un pizzico di sorpresa, come se qualcosa in lei lo avesse indotto a non aspettarsi che fosse spiritosa. Vedendo che non le chiedeva il numero di telefono si sent sollevata, ma anche impercettibilmente delusa. Mentre tornava a casa seguendo in macchina il percorso familiare, oltre il fiume , si trastull con l'idea di come sarebbe stato essere sposata. Poco lontano dall'ABC di Fulham Road avevano allargato il marciapiede restringendo la carreggiata, per impedire il passaggio al traffico pesante. Provava sempre l'impulso di trattenere il fiato, nel tentativo di rimpicciolire la macchina per sgusciare fra i paletti gi arrossati dalla vernice dei veicoli pi larghi. Forse, se fosse stata sposata, sarebbe stato suo marito a guidare. Un bel rischio, a giudicare dalle coppie che conosceva. Quando rientr nell'appartamento era l'una di notte. Accesa la luce in salotto, vide la valigia ancora chiusa. And in cucina a prepararsi un t, ma scopri di aver dimenticato il latte tornando dalla stazione della metropolitana. Nel lavello c'erano ancora la tazza e il piatto della colazione di 2 giorni prima, quando era uscita in gran fretta per arrivare all'aeroporto. Sospir. Non aveva importanza, l'indomani era sabato e poteva dormire fin quando le pareva. Poteva leggere il giornale a letto, tenendo la radio accesa in sordina come sottofondo, senza che nessuno disturbasse la sua tranquilla routine. Niente filava mai liscio come avrebbe voluto. Tanto per cominciare, dovette vestirsi e scendere a comprare un litro di latte. Poi, quando si era appena rimessa a letto con il giornale e il t, squill 2 volte il telefono. Poi ci fu finalmente un'ora di perfetta

solitudine. L'articolo principale del giornale era ispirato, come gi tanti altri, al sessantesimo anniversario dell'armistizio del 1918; c'erano interviste con i veterani e commenti di vari storici. Elizabeth lo lesse con un senso di disperazione: l'argomento le sembrava troppo vasto, troppo trito e troppo remoto per essere affrontato in quel momento. Eppure c'era qualcosa che la turbava. Nel pomeriggio and in auto a Twickenham. Il consulente finanziario della societ le aveva suggerito di comprare una grossa vettura intestandola alla ditta. Sosteneva che avrebbe impressionato i clienti, oltre ad essere detraibile dalle tasse. Elizabeth aveva acquistato una scintillante berlina svedese con una ripresa rumorosa e la tendenza a non avviarsi. -Lavori troppo, questo il problema,-le disse la madre, versandole il t da una teiera su la quale delle roselline rosa sbocciavano, imprevedibilmente, su tralci di quadrifoglio. Francoise aveva circa 65 anni e era ancora una donna attraente, con un viso gentile e grinzoso sul quale a volte la cipria applicata con goffaggine da miope restava visibile, formando piccole chiazze sugli zigomi. Conservava una certa fierezza, rispecchiata dal portamento e dalla luce grave degli occhi azzurri.Sebbene i capelli grigi le conferissero un aspetto da nonna, la ppelle e la grana del viso lasciavano ancora intuire com'era stata da giovane ; all'attaccatura dei capelli aleggiava un ricordo del biondo originale e nei tratti di quel viso aperto, segnato appena da rughe superficiali, si leggevano ancora episodi della sua maturit e persino dell'infanzia. Elizabeth sorrise, allungando le gambe verso il fuoco. Le sue conversazioni con la madre seguivano linee prevedibili, ma solo fino a un certo punto. Naturalmente Francoise voleva che la figlia fosse felice e non avesse un'aria stanca quando veniva a trovarla, ma non dava per scontato, come Lindsay, che il mezzo per ottenere quel risultato fosse il matrimonio. Lei, dal canto suo, si era sposata con Alec Benson, un forte bevitore il quale, deluso dal fatto che Elizabeth non era un maschio, si era dileguato in Africa poco dopo la sua nascita, seguendo una donna conosciuta a Londra. Ogni tanto tornava, a intervalli, e Francoise paziente lo riaccoglieva ogni volta che lui aveva bisogno di una casa. Gli era rimasta affezionata, ma sperava in qualcosa di meglio per la figlia. Sulla credenza c'era una fotografia di Elizabeth all'et di 3 anni, in braccio alla nonna. Era un assioma di famiglia che la nonna "adorava" Elizabeth, la quale trovava sconcertante non conservare alcun ricordo di lei; era morta un anno dopo che era stata scattata la fotografia. Ed eccola l, nel ritratto, innegabilmente adorante, eppure quell'affetto non ricambiato aveva per Elizabeth un carattere spettrale, inquietante. -Stavo leggendo un articolo sull'anniversario dell'armistizio,-disse a Francoise , che aveva seguito il suo sguardo. -Si, i giornali ne parlano molto, vero?-Elizabeth annu. Se sapeva poco della nonna, sapeva ancor meno del nonno. Sua madre aveva accennato qualche volta a "quella orribile guerra", ma lei non le aveva prestato troppa attenzione. Ormai avevano raggiunto 1 stadio in cui sarebbe stato imbarazzante chiedere di lui alla madre, perch avrebbe rivelato la portata della sua ignoranza. Eppure qualcosa in quell'articolo l'aveva turbata: le sembrava che sfiorasse un'area di inquietudine e curiosit che era connessa alla sua vita e alle sue scelte.-Hai ancora le vecchie carte di tuo padre?-Le domand. -Credo di averle gettate via quasi tutte uando ho traslocato. Ma forse c' qualcosa in soffitta. Perch me lo domandi? -Mah, cos. Stavo solo pensando. Mi sento un po' curiosa. Dev'essere qualcosa di legato all'et.-Francoise inarc un sopracciglio, il commento pi esplicito che si concedesse riguardo alla vita privata di Elizabeth. Lei si pass la mano fra i capelli.-Ho la sensazione di perdere i contatti col passato. Non mi era mai successo prima d'ora. Sono certa che l'et c'entri qualcosa. Quella che le sembrava blanda curiosit si cristallizz come una profonda determinazione. Voleva ripercorrere le orme di quell'uomo a partire da ci che avrebbe trovato in soffitta: avrebbe compensato il ritardo dedicando a quel compito tutte le sue energie. Se non altro, sarebbe stato un modo per capire

meglio se stessa. Elizabeth si ravvi i capelli davanti allo specchio. Indossava una gonna di pelle scamosciata, stivali di cuoio e un golfino di cashmere nero. Spinse i folti capelli neri dietro le spalle e gir la testa di lato per mettersi un paio di orecchini bordeaux. Si era ritoccata le ciglia con un po' di mascara; il pallore le conferiva un aspetto meno francese di quanto credesse Lindsay, ma quel viso aveva comunque un carattere drammatico che un trucco pi pesante avrebbe enfatizzato troppo. Del resto era soltanto luned mattina, ora d correre verso la stazione della metropolitana di Lancaster Gate, con la bocca ancora ustionata dal caff bollente mandato gi in fretta, quando la radio aveva trasmesso il segnale delle 8 e mezzo. Il treno della Central Linee si adattava alla galleria come un proiettile alla canna di un fucile. Quando fece la solita sosta improvvisa, buia e ingiustificata, fra Marble Arch e Bond Street, Elizabeth scorse i tubi e i cavi del tunnel a pochi centimetri dall'involucro esterno della carrozza. Era la linea pi profonda e pi calda di Londra, scavata da minatori sudati in cambio della paga giornaliera da sterratori. Il convoglio si rimise in moto con misteriosa dolcezza e scivol fino alla stazione di Bond Street, dov'era assiepata una folla di ritardatari in attesa. Elizabeth scese a Oxford Street e si affrett in direzione nord, schivando il flusso dei pedoni che procedevano senza mai alzare gli occhi, poi svolt a sinistra nella zona dietro i negozi. Una volta la settimana, talvolta anche pi spesso, andava a trovare Erich e Irene, i principali disegnatori della societ. Quando si era formata la nuova societ, 5 anni prima, avevano rifiutato entrambi di spostarsi dall'ufficio o anche solo di cambiare il nome sulla porta. Visto che era gi in ritardo, non faceva troppa differenza se passava dal caff italiano, poco lontano. ordin 3 da portar via e Lucca, il cameriere grassoccio con i capelli brizzolati, ricav un vassoio da una scatola di barrette per consentirle di reggerli in equilibrio mentre si avvicinava col suo fragile carico verso un portoncino a pochi metri di distanza, con una targa d'ottone sui mattoni: "Bloomepson Carman. Tessuti e Disegni, Vendita all'ingrosso". -Scusate il ritardo,-esclam uscendo dall'ascensore al secondo piano e dirigendosi verso la porta aperta. Pos il vassoio improvvisato sulla scrivania nella zona nota scherzosamente come "Ricezione", e torn indietro a chiudere le porte a soffietto dell'ascensore.-Erich, ti ho portato il caff. -Grazie.-Erich usc da una stanza interna. Era un uomo sulla settantina, con i capelli grigi ribelli e gli occhiali dalla montatura d'oro. Il cardigan che indossava aveva dei buchi sui gomiti cos grandi che in realt i gomiti non si vedevano pi. Fumava Embassy a catena, e le borse sotto gli occhi gli conferivano un'aria di stanchezza repressa, smentita dalle dita nervose e scattanti che formavano un numero sul disco del telefono, spazientite dalla lentezza con cui tornava indietro, o guidavano le forbici dorate attraverso pezze di tessuto ancora informi. -Il treno rimasto bloccato in galleria come al solito,-disse Elizabeth. Si sedette sull'orlo di una scrivania, spostando con l'anca riviste, libri di disegni, fatture e cataloghi. La gonna sopra il ginocchio, scoprendo le calze nere di lana. Bevve un sorso a rischio dal bicchiere di plastica bollente; il caff sapeva di ghiande, di terra e di vapore. Erich la guard con aria malinconica, facendole scorrere gli occhi sul corpo per tutta la sua lunghezza, dai capelli scuri alla linea della coscia e del ginocchio scoperto fino alla punta dello stivale di pelle color castagna. -Ma guardati! Che moglie saresti stata per mio figlio. -Bevi il caff, Erich. Irene gi qui? -Ma certo, certo, dalle 8 e mezzo. Abbiamo un compratore che arriva alle 12, te l'ho detto. -Ecco perch sei cos elegante. -Non seccarmi, donna. -Perlomeno datti una sistemata ai capelli e cmbiati cardigan.-Gli sorrise, passando in laboratorio per salutare Irene.-Non dirlo,-esclam nell'entrare. -Cosa?-Ribatt Irene, alzando la testa dalla macchina da cucire. -Ma come ti sei conciata.

-Non lo avrei detto, sono troppo occupata per perdere tempo in chiacchiere. -Ecco un caff. Hai trascorso un bel fine settimana? -Niente male,-rispose Irene.-Sabato notte il mio Bob si sentito male. Una semplice indigestione, si scoperto poi. Lui credeva che fosse appendicite. Quante storie ha fatto, per. E il tuo Bob, come sta? -Il mio Bob? Non ha telefonato. Non so. Ho ricevuto una lettera, ma non lo stesso, vero? -Dimmelo tu. Il mio Bob non ha mai messo nero su bianco, tranne che sui buoni di Littlewoods. -Credevo che fosse un esperto di archeologia. Irene inarc un sopracciglio.-Non dovresti prendermi cos alla lettera, Elizabeth. Elizabeth liber 1 spazio sulla scrivania e cominci a fare telefonate. C'erano riunioni da organizzare, un magazzino di tessuti da visitare, compratori da rabbonire. Nel 1935, quando Erich era arrivato dall'Austria, aveva lasciato a Vienna clienti delusi che erano disposti a pagare bene i suoi modelli stravaganti. Da principio aveva assunto Irene come lavorante, ma poi aveva cominciato a dipendere sempre pi da lei, man mano che le sue energie declinavano. Elizabeth si era unita a loro 15 anni prima, quando gli ordini avevano cominciato a scarseggiare. C'era voluto del tempo per invertire la tendenza, ma poi la societ aveva preso a espandersi rapidamente; la sede di Epsom dava lavoro a 15 persone e aveva prosperato in un periodo di recessione economica. L'inflazione divorava parte dei profitti prima ancora che fossero incassati; "come all'epoca di Weimar", diceva Erich. Era riuscito a sfiorare il successo, ma la sua ispirazione era agli sgoccioli e la maggior parte dei modelli pi riusciti della ditta era opera di giovani ingaggiati da Elizabeth. All'ora di pranzo chiusero l'ufficio per andare al caff di Lucca.-Oggi le lasagne sono ottime,-li inform Lucca, con la rossa penna a sfera da allibratore sospesa sul blocchetto delle ordinazioni dagli angoli spiegazzati. -Bene,-rispose Elizabeth.-Le prendo. -Ottima scelta, signora,-disse Lucca. Gli piaceva stare vicino a Elizabeth, tanto che il pancione le premeva sulla spalla attraverso il grembiule bianco costellato di macchie e di cashmere nero.-Le porto un po' di insalata.-Il suo modo di fare sottintendeva sempre che quell'insalata era un omaggio particolare a Elizabeth; realizzata con fettine sottili di finocchio fresco e schegge di funghi appena colti, arrivati in aereo da Pisa quella mattina stessa, veniva preparata da lui in gran segreto nel timore di destare l'invidia degli altri clienti, condita con olio di oliva extravergine e omessa galantemente dal conto. -Senza troppa cipolla, per favore,-lo avverti Elizabeth. -Io prendo soltanto un bicchiere di vino,-disse Erich, accendendosi una sigaretta. -Lasagne anche per me,-aggiunse Irene. Lucca si allontan ciabattando, e visto da dietro rivel una striscia di carne violacea sopra la cintura dei pantaloni a quadretti azzurri. Torn con un litro di liquido denso scuro come l'inchiostro, e 3 bicchieri, ma ne riemp 1 solo. Elizabeth si guard attorno nel ristorante, affollato di commercianti, operai, persino turisti che si erano spinti a nord dei negozi di Oxford Street. Erano queste le coordinate della sua vita, erano queste le cose che le interessavano: i registri degli ordini e l'insalata di Lucca; le telefonate tanto attese di Robert e le critiche di Lindsay e della madre. Scioperi e crisi economica. Tentare di non fumare, ma tenere sempre d'occhio la bilancia. Il progetto di andare in vacanza con gli amici in una casa presa in affitto in Spagna; un week end rubato con Robert in Alsazia, o anche a Bruxelles. I vestiti, il lavoro, l'appartamento tenuto in ordine grazie a una visita settimanale della donna delle pulizie mentre lei era al lavoro. Nessuno di quei complicati giochi d'incastro tra asili nido e aiuti materni di cui le sue amiche discutevano fino allo sfinimento. Londra alle soglie della primavera, il suono lamentoso del traffico nel parco e le passeggiate mattutine nelle domeniche invernali, che si concludevano nei pub di Bayswater con riunioni conviviali che sembravano durare

sempre un'ora di troppo. E il senso di una vita pi vasta dentro di lei, stimolata e confermata dai quadri che vedeva nelle gallerie e dai libri che leggeva, ma soprattutto dai quadri; qualcosa di inappagato, che ancora sfuggiva alla sua comprensione. A volte partiva da sola per le regioni pi selvagge dell'inghilterra del nord, dove leggeva o faceva lunghe passeggiate. Non era sfiorata dalla tendenza all'autocommiserazione perch non riusciva a vedere niente per cui commiserarsi; le cure prosaiche e le preoccupazioni della vita erano interessanti per lei. Scovava nelle guide turistiche i cottage che offrivano bed-and-breaklast e piccoli pub, dove a volte conversava con i proprietari o altri avventori e a volte leggeva accanto al fuoco. Una volta, in un villaggio sui Dales, un ragazzo sui 20 anni aveva attaccato discorso con lei nella sala di un pub. Elizabeth portava gli occhiali da lettura e indossava un maglione pesante di Maria mlange, grigio e bianco; lui aveva i capelli biondi e una barba poco convincente. Frequentava l'universit, da cui si era allontanato per fare delle letture necessarie ai suoi studi. Con lei era goffo e parlava per frasi fatte e battute ironiche, come se si riferisse a libri o film che conoscevano entrambi; sembrava incapace di dire qualcosa senza insinuare che fosse una citazione da qualcun altro. Dopo 2 o 3 boccali di birra, si era tranquillizzato e le aveva parlato degli studi di zoologia e di certe sue amiche , lasciandole intendere di avere una vita amorosa sfrenata. A Elizabeth era piaciuto il suo entusiasmo e lo stato di eccitazione nel quale sembrava vivere, persino in quel pub primitivo su una collina dello Yorkshire, dove il massimo che potevano aspettarsi era la bistecca della casa o il pasticcio di rognoni. Solo dopo cena, quando era salita per la scala stretta fino alla sua stanza, seguita da lui, si era resa conto che l'interesse del ragazzo non era limitato alla conversazione. Per poco non era scoppiata a ridere quando, davanti alla porta della sua stanza, lui l'aveva presa per il braccio con goffa cautela. Lei lo aveva baciato sulla guancia invitandolo a tornare ai suoi libri. Un'ora dopo, per, quando lui aveva bussato alla porta, lo aveva fatto entrare, pi che altro perch si sentiva infreddolita. Il ragazzo, sopraffatto dalla gratitudine e dall'eccitazione, non era riuscito a resistere neanche un minuto. Nelle gelide ore prima dell'alba, aveva ritentato ed Elizabeth, restia a lasciarsi svegliare da un sonno profondo dopo una lunga giornata di cammino, si era assoggettata passivamente. La mattina dopo lui non desiderava parlarle, ma solo andarsene il pi presto possibile. Elizabeth provava un pizzico di tenerezza per lui e si chiedeva quale funzione avesse assolto quell'episodio nella sua vita e nella sua mitologia personale. A lei piaceva vivere da sola, stare sola. Mangiava quello che voleva, non pasti completi, ma piatti di funghi e patate al forno, uva, pesche, oppure minestre che preparava da s. Si riempiva il bicchiere di cubetti di ghiaccio e fettine di limone, poi ci versava sopra del gin, ascoltando lo scoppiettio del ghiaccio e lasciando poco o niente spazio all'acqua tonica. Usava tappi di plastica che le permettevano di bere il vino anche il giorno dopo . Al cinema, s'immergeva nel flusso sensuale di immagini e di suoni senza essere distratta dalla compagnia o dalla conversazione. Con i film peggiori si astraeva dalla storia, ambientando sulla scena una trama tutta sua. Si sentiva in imbarazzo, senza compagnia com'era, al pensiero di trovare una coppia di conoscenti che entravano mano nella mano per trascorrere una serata libera; per questo quindi andava al cinema il sabato, al primo spettacolo, con la luce del primo pomeriggio e uscendo al buio, con tutta la serata ancora davanti a s. Alla fine del week end aveva voglia di parlare con qualcuno; magari aveva letto degli articoli sui giornali o visto un programma alla televisione che aveva messo in moto la sua mente, e doveva saggiare la propria reazione. -Che cosa ne sai della guerra, Irene?-Domand.-La prima guerra mondiale, sai. -Canti militari e roba del genere?-Ribatt Irene.-Una faccenda terribile, no? -Tuo padre ha combattuto?-Insistette Elizabeth, togliendo i semi da 1 spicchio di pomodoro. -Non credo. Non gliel'ho mai chiesto. Ma deve aver combattuto da qualche parte, perch aveva un paio di medaglie.

-Quando nato? -Aveva meno di 30 anni quando sono nata io, quindi dovrebbe essere nato intorno al 1895, direi. -Quindi aveva l'et giusta? -Non ne ho la pi pallida idea. Non so quando successa quella carneficina. Chiedilo a Erich. Gli uomini s'intendono di queste cose. Erich vers nel bicchiere quel che restava della caraffa da un litro.-Persino io non sono vecchio abbastanza da aver combattuto, per me ne ricordo vagamente. Andavo ancora a scuola. -Ma com'era veramente?-Chiese Elizabeth. -Non lo so. Non che pensi molto alla guerra. Comunque le scuole inglesi avrebbero dovuto insegnarti tutto in proposito. -Forse lo hanno fatto. Credo di non aver prestato attenzione. Sembrava tutto cos noioso e deprimente, tutte quelle battaglie e armi eccetera eccetera. -Esatto,-ribatt Erich.-E' morboso soffermarsi su certi pensieri. Di cose del genere ne ho viste abbastanza in vita mia, e non mi va di riesumare il passato. -Come mai tutt'a un tratto sei tanto interessata alla storia antica?-Chiese Irene. -Non sono certa che sia proprio storia antica,-rispose Elizabeth.-Non passato poi cos tanto tempo. Ci devono essere ancora in vita dei vecchi che hanno combattuto. -Dovresti chiederlo al mio Bob. Lui sa tutto. -Allora vi porto il caff?-Chiese Lucca. La strada scendeva verso Dover con un'ampia curva sollevata, che si affacciava sul mare chiuso e grigio alla sinistra. Alla vista del mare, una sensazione infantile di gioia s'impadron di Elizabeth; era l'inizio delle vacanze, la fine dell'Inghilterra. In un gioved sera d'inverno, era una liberazione. Seguendo le indicazioni, pass sotto le gigantesche piattaforme per le gru, sal una rampa e scese lungo le corsie contrassegnate, sbirciando oltre il pezzo di carta che un addetto al casello le aveva schiaffato al centro del parabrezza. Fu indirizzata a gesti verso l'inizio di una fila vuota, scese dalla macchina, sentendosi sferzare i capelli dal vento di mare. A sinistra c'erano 2 TIR e fra le linee tracciate sulla banchina una dozzina circa di camion pi piccoli; evidentemente la traversata non godeva del favore popolare. In un negozio acuist una carta della Francia nordorientale, un'altra delle autostrade d'Europa che l'avrebbe aiutata a raggiungere Bruxelles. Nella stiva sussultante della nave, prese il libro, gli occhiali e un maglione di ricambio, nel caso decidesse di salire sul ponte. Lieta di sottrarsi ai gas di scarico dei pesanti autoarticolati, sali la ripida scaletta fino al ponte passeggeri. Si sentiva un po' presuntuosa. Arrivata all'et di 38 anni senza dedicare pi di un'occhiata occasionale a un monumento ai caduti o a un documentario noioso, non sapeva bene che cosa si aspettasse di trovare. Che aspetto aveva, il campo di battaglia? Era un'area di combattimento gi predisposta, con le posizioni dei 2 contendenti gi segnate per terra? Edifici e alberi non erano d'intralcio? Forse coloro che vivevano ora in quei luoghi erano suscettibili in proposito; potevano risentirsi dell'arrivo di una visitatrice spinta da una curiosit morbosa, come 1 di quei turisti che si soffermano con la macchina fotografica sul luogo di un disastro aereo. Era pi probabile, pens, che non volessero pi sentirne parlare. Era accaduto tutto tanto tempo fa. -La battaglia di cosa?-Avrebbero esclamato. L'unica persona che le venisse in mente interessata a quegli argomenti era un vecchio compagno di scuola, una creatura buffa e gentile con la voce sospirosa, che riusciva bene in algebra. E poi la storia sarebbe stata l, sotto i suoi occhi, oppure era stata spazzata via? Era giusto aspettarsi che 60 anni dopo un avvenimento, per un capriccio di chi in precedenza non aveva mostrato il minimo interesse, un paese esponesse docilmente il proprio passato alla sua ispezione dilentantesca? Comunque, gran parte della Francia somigliava all'inghilterra, ormai: grattacieli e industrie, fast food e televisione. Spinse indietro i capelli, inforc gli occhiali e tir fuori il libro che il Bob di Irene le aveva dato da leggere. Lo trovava una lettura impegnativa. Sembrava destinato a iniziati, persone che conoscevano gi

tutta la terminologia e sapevano tutto dei vari reggimenti; le ricordava certe riviste sull'aviazione che il padre le aveva comprato in un estremo tentativo di trasformarla nel figlio maschio che aveva desiderato. Pure, in alcuni degli aspetti pi concreti del libro, i dati statistici e geografici enunciati con pacatezza, c'era qualcosa che attirava la sua attenzione. Pi eloquenti di tutto il resto erano le fotografie. Ce n'era una di un bambino con un viso da luna piena, che fissava spazientito l'obiettivo. Quella era la sua vita, la sua attualit, pens Elizabeth, altrettanto reale per lui degli incontri d'affari e delle storie d'amore; reale quanto l'atmosfera banale del traghetto sulla Manica , noto a tutti i moderni vacanzieri inglesi; il suo terrore e la sua morte imminente erano attuali e irreversibili per lui come lo erano per lei il drink al bar, la notte in albergo che l'aspettava, e tutti gli altri accessori della vita in tempo di pace che costituivano la sua esistenza disinvolta e priva di tensione. Sebbene la nonna fosse francese, lei non conosceva bene quella nazione . Cerc a fatica le parole quando il poliziotto impassibile infil la mano nel finestrino della macchina, sul molo, facendole qualche domanda rapida e gutturale. I grossi autocarri vibravano sulla banchina; a quanto pareva, non c'era nessun altra auto che avesse fatto la traversata invernale verso un continente freddo e buio. Uscita da Calais, trov la strada per il sud, e i suoi pensieri andarono a Robert. S'immagin la serata che avrebbero trascorso a Bruxelles. Lui era bravo a scovare ristorantini dove non avrebbe incontrato nessuno di sua conoscenza e avrebbe potuto parlare con lei senza stare in guardia. Del resto nessuno si sarebbe scandalizzato; la maggioranza dei diplomatici e degli uomini d'affari lontani da casa per lunghi periodi si trovavano delle "sistemazioni". Robert sfuggiva alla regola per il duplice inconveniente di avere in Inghilterra tanto la moglie quanto l'amante, l'idea divertiva Elizabeth; era tipico della sua mancanza di praticit. Il motivo per cui non voleva che qualcuno li vedesse era che si sentiva in colpa. A differenza dei suoi laici confratelli, che intrattenevano le loro donne su 1 dei numerosi conti spese, se le presentavano agli amici e talvolta persino alle mogli Robert fingeva che Elizabeth non esistesse. Quello era un aspetto che lei trovava meno positivo, ma aveva dei piani in proposito. Scelse un albergo nella cittadina di Arras, che secondo Bob era vicina a numerosi cimiteri monumentali e campi di battaglia. l'albergo sorgeva in una viuzza stretta che sbucava in una piazza silenziosa. Per raggiungere l'ingresso, super un cancello di ferro e risal un vialetto di ghiaia; a destra c'era un salotto con le luci basse, in cui mezza dozzina di persone isolate, sparse fra i numerosi tavoli vuoti, cenavano con un sonoro tintinnio di posate sul vasellame. Un cameriere ingobbito li teneva d'occhio dall'entrata della cucina. Il banco della portineria si trovava in un angolino sotto le scale. Una donna con i capelli grigio ferro raccolti in una crocchia depose la penna per guardarla attraverso le lenti spesse. C'era una stanza con bagno; qualcuno avrebbe portato su la valigia fra poco. Voleva cenare in albergo? Elizabeth pensava di no. Port da s la valigetta, lungo un corridoio interminabile in cui le luci intermittenti al soffitto sembravano farsi sempre pi fioche man mano che si allontanava dalle scale. Infine trov il numero sulla porta. Era una stanza enorme, in cui una carta da parati riottosa era stata incollata sopra l'intonaco a tempera odiginale dell'800. I drappeggi sul baldacchino sul letto a 4 colonne creavano un effetto da harem, anche se le maniglie ovali di porcellana e i comodini con il ripiano di marmo restavano immuni da influenze orientali. Nella stanza aleggiava un sentore di cartone umido, o forse di tabaccO scuro di qualche decennio prima misto a un odore pi dolce; un dopobarba anteguerra o il tentativo di nascondere qualche guasto semidimenticato alle tubature. Elizabeth usc nella notte. Tornando sulla via principale, not la piazza e la stazione sulla destra e la sommit di una cattedrale o di una chiesa importante davanti a s. prendendo il campanile come punto di riferimento, percorse le strade strette in cerca di un posto invitante dove cenare, in cui una donna sola non attirasse troppo l'attenzione. Alla fine si ritrov in una grande piazza che somigliava un po' alla Grand Place di

Bruxelles. Tent di figurarsela piena di soldati inglesi, camion e cavalli, anche se non era certa che a quei tempi avessero gi dei camion, e del resto neppure che usassero ancora i cavalli. Mangi in una branssebe affollata di giovanotti che giocavano a calcetto. Un'altoparlante sistemato proprio sulla porta trasmetteva musica pop ad alto volume, e ogni tanto 1 dei ragazzi contribuiva al frastuono, imballando, appena fuori del locale, il motore a 2 tempi di una motocicletta. Elizabeth cerc Arras nell'indice del libro di Bob e trov riferimenti al comando del quartier generale, ai trasporti e a una quantit sconcertante di numeri e nomi di reggimenti, battaglioni e ufficiali. Il cameriere le port un'insalata di patate e aringa, che sembrava appena uscita da una scatoletta, e pos vicino al bicchiere una brocca finto rustico piena di vino rosso. E cosa facevano, esattamente, in citt? Lei aveva pensato che le guerre si combattessero in campagna, in aperta campagna. Bevve un sorso di vino rosso. Che importanza aveva, comunque? Era solo una tappa lungo il viaggio per raggiungere Robert. Lesse qualche pagina del libro e bevve un po' di vino. Quella combinazione le ispir una decisione: avrebbe cercato di capire quella storia, di farsene un'idea precisa. Suo nonno aveva combattuto nella grande guerra. Se lei non aveva figli suoi, doveva almeno comprendere quello che era accaduto prima di lei; doveva sapere qual'era la linea che non avrebbe continuato. Il cameriere le serv una bistecca con una gigantesca porzione di patate fritte. Lei ne mangi quanto ne poteva, spalmando la mostarda sulla superficie della carne. Guard il sangue che inzuppava i bordi delle patate arrossandole. Godeva dei piccoli dettagli materiali che notava da sola; in compagnia non avrebbe fatto che parlare e inghiottire. Il cibo e il vino l'avevano rilassata, e si appoggi alla spalliera della panca rivestita di plastica rossa. Vedendo un paio di giovanotti magri occhieggiarla dal bar, distolse subito lo sguardo riportandolo sul libro, per evitare che scambiassero la sua indolenza per un incoraggiamento. La decisione si rafforz in lei, tramutandosi in qualcosa di simile a una ferrea risoluzione. Che importanza poteva avere? Un'importanza appassionata. Aveva importanza perch l, in quella piazza c'era stato suo nonno, la sua carne e il suo sangue. Il giorno dopo raggiunse in auto Bapaume, e di l segu le indicazioni per Albert, una cittadina che, stando alle spiegazioni di Bob, sorgeva nei pressi di numerosi luoghi storici che, stando alla guida, ospitava un piccolo museo. La strada da Bapaume era perfettamente rettilinea. Elizabeth rimase rilassata lasciando che l'auto si guidasse da sola, con la mano sinistra appoggiata sulla parte inferiore del volante. Aveva dormito bene nel letto da harem, e il caff forte dell'albergo, insieme all'acqua minerale ghiacciata, le aveva lasciato una sensazione di strano benessere. 10 minuti dopo cominci a vedere dei piccoli cartelli marroni lungo la strada; poi super un cimitero, simile a qualsiasi altro luogo di sepoltura urbano, recintato da un muro e soffocato dai fumi dei TIR che passavano rombanti, i segnali cominciarono a infittirsi, sebbene Albert distava ancora 10 chilometri. Fra i campi sulla destra Elizabeth vide un curioso arco, piuttosto brutto, che sorgeva fra le coltivazioni di ortaggi e i boschi. Dapprima lo scambi per 1 zuccherificio, poi capi che era troppo grande: era fatto di mattoni o di pietra, su scala monumentale. Era come se il Pantheon o l'Arc de Triomphe fossero stati scaricati in quel prato. Incuriosita, usc dalla statale per Albert imboccando una strada secondaria che attraversava i campi in lieve pendio. Il singolare arco era sempre l, visibile da ogni angolazione, come probabilmente era nelle intenzioni di chi l'aveva progettato. Elizabeth raggiunse un gruppo di edifici, troppo vecchi e distanziati per formare un villaggio o anche solo una frazione di abitato, e scese dalla macchina per avvicinarsi all'arco. Davanti cresceva un prato rigoglioso, curato e pettinato all'inglese, con un vialetto di ghiaia dai bordi nitidamente tracciati. Da vicino, appariva evidente l'enormit dell'arco, sorretto da 4 colonne, che dominava il paesaggio a perdita d'occhio. Le dimensioni erano accentuate dalle linee di una modernit brutale; bench fosse chiaramente un monumento ai caduti, le ramment gli edifici costruiti da Albert Speer per il Terzo Reich. Elizabeth sal gli scalini di pietra che conducevano al monumento. Un uomo in divisa blu stava spazzando il vasto spazio racchiuso fra le colonne. Mentre si

avvicinava all'arco, Elizabeth si accorse stupita che le colonne erano ricoperte di scritte. Si avvicin ancor di pi, scrutando la pietra: erano nomi. Ogni lembo infinitesimale della superficie recava inciso un nome inglese; le lettere maiuscole intagliate dal lapicida salivano dall'altezza delle sue caviglie fino alla sommit dell'arco; sull'intera superficie di ogni colonna, fin dove riuscivano ad arrivare i suoi occhi, c'erano nomi che brulicavano, confondendosi alla vista, su metri e metri di superficie, su centinaia di metri, su acri di pietra. Attravers lo spazio sottostante l'arco, dove l'uomo era intento alle pulizie, e scopr che le altre colonne erano istoriate allo stesso modo, con le facce ricoperte su ogni lato da nomi incisi con lo scalpello. -Chi sono questi, questi.,.?-Accenn un gesto con la mano. -Questi?-L'uomo con la scopa sembrava sorpreso.-I dispersi. -I soldati caduti in uesta battaglia? -No. I dispersi, quelli che non sono stati ritrovati. Gli altri sono sepolti nei cimiteri. -Questi sono soltanto.,.i dispersi?-Guard la volta sopra di s e poi, in preda al panico, le scritte interminabili, quasi che la superficie del cielo fosse tappezzata di note a pi di pagina. Quando ritrov la parola, disse:-Di tutta la guerra? L'uomo scosse la testa.-Solo di questi campi,-rispose con un ampio gesto del braccio. Elizabeth attravers lo spazio per andare a sedersi sui gradini dalla parte opposta del monumento. Ai suoi piedi c'era un giardino all'italiana con alcune file di lapidi bianche, tutte avevano una ianticella o un fiore alla base , tutte erano nitide e belle alla luce del pallido sole invernale. -Nessuno me lo aveva detto.-Si pass tra i folti capelli neri le dita con le unghie laccate di rosso.-Mio Dio, nessuno melo aveva detto. Elizabeth girava in macchina per Bruxelles da un'ora, quando cominci a disperare di poter raggiungere l'appartamento di Robert. l'unica volta che si era avvicinata alla strada giusta, era finita in un senso unico che l'aveva portata lontano di l. Lasci la macchina presso un cantiere edile e prese un taxi. Era ansiosa di rivederlo; sentiva l'eccitazione lievitare dentro di lei mentre il tassista si destreggiava nel traffico. Era anche un po' nervosa, perch ogni volta che vedeva Robert era preoccupata che lui non si mostrasse all'altezza del ricordo che ne serbava. Era come se lui fosse tenuto a giustificare l'effetto che aveva sulla sua vita. Lei si negava ad altri uomini, viveva sola ed era complice di un inganno continuato; spettava a lui mostrarsene degno. E invece Robert era un uomo insicuro e senza pretese; non faceva promesse e le diceva sempre di pensare a se stessa. Forse quello era 1 dei motivi per cui lo amava. Pag il taxi prima di suonare il campanello al portone. La voce di Robert le giunse attraverso il citofono e la porta si apri con un ronzio roco. Elizabeth sal di corsa le scale, con i passi che echeggiavano sui gradini di legno. Lui era gi sulla porta dell'appartamento al primo piano, scarmigliato e massiccio come un orso, con la sigaretta in mano, ancora vestito di tutto punto, ma con il colletto allentato e la cravatta a mezz'asta. Elizabeth gli vol fra le braccia. Si sentiva disorientata e bisognosa di rassicurazione, come le accadeva spesso nei primi minuti in sua presenza. Gli spieg della macchina e lui, quando ebbe finito di ridere, disse che era meglio andare a recuperarla per parcheggiarla nel garage sotterraneo. Mezz'ora dopo erano di nuovo a casa e potevano ricominciare daccapo. Elizabeth and a fare un bagno, mentre Robert appoggiava i piedi sul tavolino per cominciare il giro di telefonate ai ristoranti. Lei rientr in salotto con un abito nero nuovo, pronta per uscire. Lui le porse un drink.-Ti giuro che non ci ho messo acqua tonica. Gli ho fatto soltanto vedere l'etichetta. Sei splendida. -Grazie. Anche tu sei in forma. Resti vestito cos o vuoi cambiarti? -Non so. Non ci avevo pensato. -Non dirmelo.-Robert and a sedersi vicino a lei sul divano, spostando libri e documenti per liberare 1 spazio. Era un uomo alto, imponente, con il torace ampio e la pancia. Cominci ad accarezzare i capelli di Elizabeth e a baciarle le labbra lucenti. Insinu la mano sotto la gonna, sussurrandole all'orecchio.

-Robert, mi sono appena vestita. Smettila. Mi rovinerai il trucco. Dico sul serio. E togli le mani di l, dovresti aspettare fino a dopo. Lui scoppi a ridere.-Ma cos posso rilassarmi e godermi la cena. -Robert!-Le smagli le calze e le sbaff il rossetto, ma lei ebbe il tempo di riparare ai danni prima di uscire. In un certo senso aveva ragione lui, pens Elizabeth; era pi facile parlare, una volta ristabilita l'intimit. A cena Robert s'inform su quello che aveva fatto e lei gli raccont del lavoro, di sua madre e di come fosse incuriosita dai nonni materni. Man mano che parlava, tutto le sembrava pi chiaro; la sua vita aveva raggiunto 1 stadio in cui non sarebbe pi dovuto toccare a lei di essere l'ultima a morire; avrebbe dovuto esserci qualcuno pi giovane, una generazione di figli suoi che ora avrebbe dovuto godersi la lussuriosa sicurezza di sapere che nonni e genitori facevano ancora da barriera fra loro e la mortalit. Invece lei, non avendo figli, aveva cominciato a guardare indietro e a interrogarsi sul destino di una generazione diversa. Poich le loro vite erano gi concluse, si sentiva protettiva, quasi materna verso di loro. Descrisse la visita in casa di Irene, dove aveva conosciuto Bob, un uomo che, a giudicare dalla descrizione della moglie, trascorreva quasi tutto il suo tempo al pub o al botteghino delle scommesse; e invece si era trovata di fronte un uomo minuto come un uccellino, con le lenti spesse e le mani agili, che le aveva offerto la scelta fra 2 o 3 libri in una stanza tappezzata di scaffali.-Ma niente mi aveva preparato a quello che ho visto a quelle proporzioni! Il monumento ai caduti grande quanto Marble anzi, di pi, e ogni centimetro quadrato ricoperto di scritte. Sembra tutto cos recente! il custode mi ha mostrato una granata che hanno trovato nel bosco la settimana scorsa. Mentre parlava Robert le riemp il bicchiere parecchie volte e, quando uscirono dal ristorante per dirigersi verso la Grand Place, lei si sentiva spensierata e rilassata. Bruxelles sembrava una citt cos solida, un monumento all'efficienza della classe lavoratrice fiamminga, al conforto di pasti abbondanti preparati con estro francese e soprattutto ai piaceri della pace. Fu tentata di pensare che una vita priva di avvenimenti non era necessariamente frivola. Occorreva perfezionare con seriet le arti del vivere prima di poterle trasmettere. Quando cominci a piovere, imboccarono un vicolo stretto e si sent spingere dal braccio di Robert verso il riparo di un caff che lui aveva scelto per prendere un digestivo. Svoltato l'angolo si ritrovarono all'improvviso nella Grand Place. Elizabeth, alzando la testa, vide, le facciate delle case dei mercanti, un fondale d'oro scintillante sotto il velo della pioggia fine, rischiarato dai lampioni della piazza. La domenica pomeriggio cominci a sentirsi depresSa per la separazione imminente. A vOlte le sembrava di cominciare a temere il ritorno quasi subito dopo essere arrivata. Robert aveva messo su un disco e lo ascoltava sdraiato sul divano, con la cenere in equilibrio all'estremit della sigaretta. -Quando ci sposiamo?-Chiese Elizabeth. -C' un posacenere sotto quel giornale? -Si.-Glielo pass.-Allora? -Oh, Elizabeth.-Robert si mise a sedere.-Il tuo guaio che sei troppo impaziente. -Ah questo il mio guaio eh? Ci sono tante teorie in proposito. E non credo che 2 anni siano un segno di impazienza. -Divorzier, ma non posso farlo adesso. -Perch? -Te l'ho detto, Anne ha appena cominciato una nuova scuola e Jane deve farsi delle amicizie nella zona dove ci siamo trasferiti e.,. -Non giusto nei confronti di Anne. -Esatto, a solo 10 anni. -E fra poco avr gli esami, e poi Jane avr bisogno di tirarsi su, poi ti assegneranno un nuovo incarico.-Robert scosse la testa.-E l'anno do o,-aggiunse Elizabeth,-sar troppo tardi. -Troppo tardi per cosa? -Troppo tardi per te e me. Robert sospir.-Non facile, Elizabeth. Ti prometto che divorzier. Ti dar

anche un termine massimo, se vuoi. Diciamo entro 3 anni. -Non posso basarmi su questo,-ribatt Elizabeth.-Non posso programmare la mia vita su una promessa cos inconsistente. -Stai covando qualcosa? -Preferirei che tu non usassi quella parola. Non sono una gallina. Ogni volta che vedo un bambino sento che le mie viscere si ribellano. Devo fermarmi e respirare a fondo parecchie volte, perch tutto il mio corpo si strugge di desiderio. E' questo che significa covare? -Mi dispiace, Elizabeth. Mi dispiace davvero. Non vado bene per te. Devi lasciarmi una volta per sempre, trovarti qualcun altro. Prometto che non ti render le cose difficili. -Allora non hai afferrato il punto, vero? -Che cosa vuoi dire? -Sei tu quello che voglio. Sei tu l'uomo che amo. Non voglio nessun altro. Robert scosse la testa. Sembrava commosso dalla sua fermezza, ma impotente.-In questo caso non so che cosa dirti. -Sposami, idiota, ecco che cosa dovresti dirmi. Segui l'istinto del cuore. -Ma il mio cuore cos diviso! E' Anne che mi trattiene. Non posso sopportare l'idea di farla soffrire. Elizabet che avrebbe dovuto prevedere la sua reazione, divenne pi conciliante. -Ci penserei io. Mi occuperei di lei, se venisse a vivere con noi. Robert si alz per avvicinarsi alla finestra.-Devi proprio lasciarmi perdere, lo sai, non vero? E' l'unica soluzione.-Nonostante tutti gli sforzi per evitarlo, quando fu il momento di salutarlo, nel garage sotterraneo, lei scoppi a piangere. Cominciava a sentirsi dipendente e indifesa, e si disprezzava. Le braccia di Robert le parvero cos grandi, quando se la strinse al petto. -Ti chiamer,-le disse, chiudendo lo sportello del posto di guida. Lei annu e si allontan in macchina per ingaggiare una battaglia, sfocata da un velo di lacrime, con il traffico dell'ora serale. Il gioved sera Elizabeth and a Twickenham a trovare sua madre e, mentre Francoise era affaccendata in cucina, sali in soffitta dove c'erano parecchi bauli pieni di documenti, libri e fotografie. Non spieg alla madre il motivo della ricerca, disse che voleva ritrovare una vecchia agenda. La soffitta non era abbastanza alta da permetterle di stare in piedi, ed Elizabeth doveva restare accovacciata, ma per fortuna il costruttore aveva installato la luce elettrica, grazie alla quale pot valutare la mole di lavoro che l'aspettava. C'erano 5 bauli di cuoio e 6 di metallo nero, oltre a numerose scatole di cartone, delle quali solo alcune erano fornite di etichette. Per lo pi parevano riempite a casaccio: confezioni natalizie e vecchi giocattoli mancanti di qualche particolare importante, ficcati dentro alla rinfusa insieme a fasci di lettere e ricevute. Cominci dai bauli di cuoio. Non aveva idea che sua madre fosse stata una frequentatrice cos assidua di teatri. C'erano pacchi di programmi del West End e riviste in cui attori anziani che lei aveva visto di recente alla televisione, interpretare parti d'attore teatrale. Erano ritratti sulla scena 30 anni prima, con occhi luminosi truccati di nero, i polsi carichi di polsini d'oro e i capelli dal taglio sapiente luccicanti di fascino da boemien. In un altro baule c'era una scatola, con l'eti chetta "Patrimonio di Alec Benson", che conteneva vari documenti relativi alla successione. In realt, denaro non ce n'era stato, debiti ragguardevoli si. All'insaputa della moglie, suo nonno aveva acquistato una quota in un'impresa per il trasporto di cavalli a Newmarket, e la vendita aveva coperto una parte di debiti. Il resto del baule era un guazzabuglio di prospetti di varie societ che lui aveva comprato o venduto o sulle quali aveva fatto degli investimenti, per lo pi con sede nel Kenia o in quello che allora si chiamava Tanganika. Lei e suo padre avevano in comune la scarsit dei capitali e un certo senso avventuroso da lei adorado. I documenti successivi provenivano dalla Rhodesia e dal Sudafrica. C'erano fasci di taccuini con risultati di golf conservati con cura: score 79, handicap 6, punti netto 73. "Tradito dal putting" spiegava una nota scarabocchiata in fondo a 1 di essi, proveniente da Johannesburg, datato 19 agosto 1950. Nel primo dei bauli di metallo, Elizabeth scov la giacca di una divisa da combattimento color

cachi. La tir fuori, levandola alla luce. Non le diceva niente. Sembrava in buone condizioni, con la sartia rossa intatta e le strisce sulle anche cucite con cura. C'era anche un elmetto, in condizioni altrettanto buone, con la fodera ancora al suo posto e l'esterno appena ammaccato. In fondo al baule c'era un piccolo portafoto portatile in pelle, che conteneva un blocco intatto di un'istantanea color seppia di un gruppo di soldati in maniche di camicia su un'autoblindo. Un appunto scarabocchiato "Tunisia, 1943 - I 5 Intrepidi (assente Jarvis). guerra sbagliata, uomo sbagliato". Dopo tutto quello che aveva visto, dopo tutti i nomi su quel grande arco, avevano ricominciato da capo poco pi di 20 anni dopo. Se lei avesse avuto un figlio maschio, che garanzie poteva avere che non avesse sciupato anche lui anni e anni della sua vita adulta per quella perversione infernale? Si spost, sempre accovacciata, lungo la fila di bauli metallici. Nel primo c'erano altre cianfrusaglie: alcuni dei suoi vecchi giocattoli e altre fatture e lettere d'affari relative all'acquisto della casa. Elizabeth indugi su alcuni di quei documenti perch, pur essendo banali, la commuovevano. Le colonne di debiti e dei relativi interessi, tracciate su fogli spessi di carta azzurrina con i margini rossi, e le cifre scritte con una macchina da scrivere manuale e controfirmate con tratti vigorosi d'inchiostro nero parlavano di somme insignificanti a tassi d'interesse modici, eppure quanto dovevano essere temibili a quei tempi, che minaccia dovevano avere rappresentato per la pace dello spirito. Agli occhi di Elizabeth rappresentavano soprattutto una famiglia, per quanto fragile e insicura, una casa e una figlia con la decisione presunta da parte dei genitori, o almeno di sua madre, di compiere ancora 1 sforzo perch le cose andassero meglio. E quel modesto debito contratto con una societ finanziaria aveva comportato il sacrificio del suo desiderio di viaggiare e condurre una vita pi comoda. Eppure, in un certo senso a Elizabeth riusciva difficile considerare la sua vita come il risultato finale dei sacrifici delle generazioni precedenti. Nel terzo baule di metallo, quasi sul fondo, c'era un pacchetto, avvolto nella carta e legato con lo spago. La polvere che sprigionava le inarid la pelle delle dita e le fece calcare i denti. Sciolse il nodo e il pacchetto si disfece, riversandole fra le mani il contenuto. Erano ancora documenti e lettere, pi un taccuino d'appunti. C'erano anche dei nastri colorati, 3 medaglie e una fiaschetta. Il tutto sembrava risalire a un'epoca anteriore al contenuto degli altri bauli. Fra le carte ce n'erano alcune scritte a mano in francese, di cui una con un indirizzo di Rouen. Elizabeth si ritrov a leggerle con un senso di colpa. Era difficile ricostruirne il signficato: la scrittura era fitta, arzigogolata, l'inchiostro era sbiadito e il francese di Elizabeth non era abbastanza buono per afferrare le espressioni idiomatiche. C'era anche una seconda lettera della stessa mano, con un indirizzo di Monaco. in fondo al pacco c'erano 2 libri. Il primo era un manuale militare per ufficiali. Sul foglio di risguardo c'era scritto "Capitano Stephen Wraysford, aprile 1917". Elizabeth lo apri. Fra le istruzioni per gli ufficiali ce n'era una che richiedeva di essere "assetato di sangue e sempre intento ad adottare modi per uccidere i nemici e aiutare i suoi uomini a fare altrettanto". Qualcosa nelle parole "assetato di sangue" fece rabbrividire Elizabeth. L'altro era un quaderno a righe blu, fittamente ricoperto da una scrittura a inchiostro disposta a grappoli che andava dal margine rosso a sinistra. Il quaderno rappresent per Elizabeth un problema pi grave delle lettere; sembrava scritto in greco. Lo guard perplessa. Se era appartenuto a 1 straniero, qualcuno che non aveva legami con la famiglia, che cosa ci faceva l fra il pacchetto di oggetti personali del nonno? Lo infil nella della gonna, legando di nuovo il resto dei documenti. Sua madre stava leggendo un libro in salotto, ed introdusse l'argomento con un piccolo sotterfugio.-Sono riuscita a trovare l'agenda che cercavo. Dentro c'era un vecchio indirizzo di tanti anni fa. Quando mi sono trasferita nell'appartamento ho lasciato lass parecchia roba mia, ricordi? -Si, certo. -Vorrei che la buttassi via, almeno ho un ricordo in meno. -Lo far.

-Mentre cercavo l'agenda ho trovato un pacco di carte che dovevano essere di tuo padre. -Credevo di averle buttate via. Erano tante, ma sono andate perdute quando ho traslocato. -Di che cosa si trattava? -C'erano scatole piene di quaderni che aveva dall'epoca in cui era stato in Francia per la prima volta, so che fossero 20 o 30 in tutto. Ma non sono mai riuscita a decifrarli, perch erano scritti in una specie di codice. -Lass in soffitta ce n' 1. Sembra scritto in greco. -Appunto,-disse Francoise, posando il libro.-Ce n' molti altri. Ho sempre pensato che, se avesse voluto farsi capire, li avrebbe scritti in inglese. -Che tipo era, tuo padre? Francoise si raddrizz sulla poltrona, con le guance colpite da un lieve rossore. -Vorrei che tu avessi potuto conoscerlo. Ti avrebbe voluto bene. Se almeno avesse potuto vederti anche una sola volta, e darti una carezza. Il sabato successivo Elizabeth scese nella stazione della metropolitana e prese posto su un treno che sfrecci via, viaggiando e scorrendo all'interno del tubo incassato nell'aria glutinosa del sottosuolo cittadino. Sbuc in superficie in Stratford Street, alla luce invernale, e prosegu in autobus, imprecando contro la luccicante berlina svedese che si era rifiutata di partire. La casa di Bob e Irene si affacciava su una piazzetta quadrata, con mezza dozzina di aceri spogli su un riquadro di prato circondato da un'inferriata. A una delle estremit c'era un mucchio di sabbia con una costruzione rossa e arancio che serviva per far arrampicare i bambini, con le superfici sgargianti ricoperte di scritte a spray in caratteri noti soltanto a chi le aveva tracciate. A Elizabeth sembravano moniti irosi tratti da testi sacri antichi e severi. Faceva troppo freddo perch i bambini potessero giocare in giardino, ma una donna con la testa avvolta in una sciarpa di lana si lasciava trascinare sul verde rado e fangoso da 1 snello alsaziano, che si ferm di colpo, accovacciandosi sulla sabbia. Elizabeth si affrett a raggiungere la casa e premette il campanello. Vide la sommit della testa di Irene, china per calmare il terrier che abbaiava sulla soglia semiaperta. Distribuendo minacce e coccole al cane e rassicurazioni a Elizabeth, Irene riusc a liberare 1 spazio sufficiente perch tutt'e 2 riuscissero a entrare nell'atrio e lei potesse chiudere la porta dietro di loro. Entrarono nel salotto, dove Elizabeth si sedette mentre Irene andava a preparare il t. La stanza era tappezzata di carta da parati marrone scuro, anche se era quasi tutta nascosta da quadri e scaffali carichi di animali impagliati e collezioni di tazzine di porcellana con i relativi piattini. C'erano 2 manichini da sarto, 1 vestito con un abito di velluto viola dell'800, l'altro con il torso nudo rivestito di pizzo antico drappeggiato che ricadeva in 1 strascico. Sparsi nella stanza c'erano numerosi tavlinetti con figurine e bric--brac -Spero che a Bob non dispiaccia se lo uso come biblioteca di consultazione, disse Elizabeth quando Irene torn con il t. -Penso proprio di no,-rispose Irene.-Probabilmente gli fa piacere essere interpellato. Quei libri ti sono stati utili? -Si. Ti ho detto del monumento che ho visto, vero? Il fatto che adesso sono ossessionata dall'argomento e voglio saperne di pi. Ho scoperto questo quaderno di mio nonno. almeno spero che lo sia, era insieme ad alcuni oggetti suoi. E' scritto in una lingua che non capisco e mi sono chiesta se per caso Bob la conosce, con tutta la sua archeologia e via dicendo. -Geroglifici egiziani e roba del genere? -Non egiziano, ma.,. -Capisco che cosa vuoi dire. Certo, di lingue ne sa molto. Ha seguito anche dei corsi sull'argomento. Non credo che le sappia parlare, ma probabilmente sa riconoscere di che si tratta, specie se antica. Non troppo interessato al mondo moderno Bob. Gli ho regalato 1 di quei corsi di lingue su cassette in modo che potesse imparare il francese, sai, per le vacanze.,.ma lui non l'ha neanche apertO. Quando, al terzo tentativo, Irene riusc a convincere Bob a rientrare dal giardino, lui strinse la mano a Elizabeth e, si vers una tazza di t. Lei gli

parl della sua recente visita in Francia e Bob annu, sorseggiando rumorosamente il t, con la testa pelata, era pi basso della moglie, gli occhiali tondi con la montatura di tartaruga, piegava la testa di lato e ogni tanto sfregava il mento contro la spalla. Dopo che Elizabeth ebbe spiegato il motivo della sua seconda visita, i gesti di Bob divennerO agili e impazienti. -Potrei dare un'occhiata all'oggetto del contendere?-Domand, tendendo la mano. Elizabeth gli consegn il quaderno, sentendosi in colpa, non sapendo se fosse corretto lasciare, che qualcosa che era stato scrittO da suo nonno tanti anni prima fosse esaminato da quello strano ometto.-Vedo,-osserv sfogliando le pagine in fretta come un cassiere di banca che contasse banconote. Elizabeth temette che la carta vecchia e arida si sbriciolasse.-Scriveva parecchio, eh? Ne hai altri? -No, questO l'unico rimasto. -Penso che dovremO trasferirci nello studio. TorniamO fra un attimo, Irene.-Si alz in fretta, facendo cenno a Elizabeth di seguirlo nel corridoiO buio fino a una stanza sul retro della casa che dava sul giardino; qui l'ultimo sole del pomeriggio si era ritirato, lasciando soltanto le sagome nere di una carriola e di un fal spento vicino allO steccato. -Ti ho riportato i libri che mi hai prestato,-disse Elizabeth. -Grazie. Lasciali pure l. Li rimettero a posto pi tardi, quando avremo finito. Mentre sfogliava avanti e indietro le pagine rinsecchite Bob faceva un gran numero di versi, risucchi e mugolii,-Mi sono fatto un'idea di quello che c' sotto,-mormor,-mi sono fatto un'idea.,.-And a prendere un libro da 1 degli scaffali che ricoprivano le pareti dello studio dal pavimento al soffitto. Erano disposti in ordine alfabetico, con etichette applicate a intervalli per annunciare il passaggio da un argomento all'altro. Bob torn a sedersi su una profonda poltrona in pelle; Elizabeth, dietro suo invito, prese posto sulla sedia in legno vicino alla scrivania.-.,.ma d'altra parte, i conti non tornano. Bob pos il quaderno sulle ginocchia, spinse gli occhiali in alto, sulla fronte e si sfreg gli occhi.-Per quale motivo, in realt, hai bisogno di sapere cosa c' dentro? Elizabeth sorrise con aria malinconica, scuotendo la testa.-Non lo so, proprio non lo so. E' solo un capriccio, in realt, una vaga idea che possa spiegare qualcosa. Ma non credo che dentro ci sia qualcosa di interessante. Probabilmente si tratta solo di liste della spesa, o annotazioni di commissioni da sbrigare. -E' probabile,-conferm Bob.-Sai, potresti farlo esaminare da un'sperto, basta portarlo a un museo o un dipartimento universitario dove c' qualcuno specializzato in questo genere di cose. Non voglio infastidirli con questa storia, se tanto banale. Non vuoi provarci tu? -Pu darsi. Dipende da quanto il codice privato. Per esempio supponiamo che tu tenga un diario e ti riferisca a Irene chiamandola regina Bess, diciamo. Qualcuno potrebbe arrivare a decifrare le parole regina Bess, ma non per questo saprebbe di pi, non ti pare? -Credo di no. Non voglio farti perdere troppo tempo, Bob, perch non.,. -No, no, m'interessa. Vorrei lavorarci sopra. L'alfabeto non quello della lingua in cui scritto, questo posso dirtelo subito. I caratteri sono greci, ma le parole no. Penso che si tratti di un linguaggio misto, forse con l'inserimento di qualche termine personale. -Vuoi dire che la lingua originale non forse neanche inglese? -Esatto. Quando hanno decifrato il lineare B, hanno sprecato anni pensando che si trattasse di una lingua greca, invece non era cos. Non era greco attico, per lo meno. Una volta superato quell'ostacolo tutto andato a posto. Non che questo sia difficile come il lineare B, posso assicurartelo. Elizabeth sorrise.-Come fai a sapere tante cose? -Dovevo pur fare qualcosa per stare al passo con Irene. Era lei a guadagnare, ai tempi in cui gli affari procedevano bene. Io avevo solo il mio lavoro qui allo stabilimento. Ho studiato nel tempo libero. E' sorprendente quello che si pu imparare semplicemente dedicando del tempo alla lettura. Facciamo cos, se non

riesco a venirne a capo entro 2 settimane, lo porti a qualcun altro. -Davvero non ti secca? -No, anzi mi divertir. Mi piacciono le sfide. Elizabeth ricevette una telefonata da Stuart, l'uomo che aveva conosciuto in casa di Lindsay. Fu sorpresa, ma non sgradevolmente, di sentirlo. La invit fuori a cena, e lei accett. C'era sempre un lieve senso di colpa, da partesua se usciva con altri uomini. Per quanto cercasse di reagire pensando che Robert le era molto pi "infedele", non riusciva a liberarsene, anche se questo non le impediva di uscire. Andarono in un ristorante cinese che secondo Stuart era pi autentico di quanto si potesse trovare di solito in Inghilterra. Lui aveva lavorato per un anno a Hong Kong e laggi aveva imparato un po' di cinese. Ordin mezza dozzina di portate, pronunciando alcune parole in mandarino che il cameriere mostr di capire. Elizabeth ascolt con interesse mentre le spiegava ognuno dei piatti. Avevano la solita consistenza collosa che le era familiare dalle rosticcerie di Paddington, ma Stuart insisteva a sostenere che erano pi autentici, mentre lei rimpiangeva che non potessero bere vino invece del t. Dopo cena la invit a passare da casa sua, un appartamento in un palazzo ristrutturato di Saint John's Wood, non lontano dal ristorante. Elizabeth era attratta da lui e curiosa di vedere in che genere di casa abitava. I suoi occhi esplorarono in fretta il pavimento di legno a massello, i tappeti scelti con gusto, gli scaffali carichi di libri. Sulle pareti grigio perla c'erano solo 3 quadri, ma tutti eleganti e intonati, una via di mezzo fra arte e decorazione. Mentre lei beveva il caff, Stuart pass accanto al pianoforte a coda, per accendere una lampada con il paralume rosso. -Perch non suoni qualcosa?-Gli domand. -Sono davvero fuori esercizio. Ci volle un po' di persuasione, ma alla fine lui si sfreg le mani e prese posto al piano. Suon un pezzo che era vagamente familiare a Elizabeth; aveva una melodia fragile, tutta giocata su pochissime note. Il modo in cui Stuart la suonava, con dolcezza ma con un tempo sottilmente calcolato, era efficace in modo sorprendente. Elizabeth sent che quella piccola frase musicale le sarebbe rimasta impressa. -Ravel,-disse alla fine Stuart.-Delizioso, non vero?-Le parl di Ravel e Satie, paragonandoli a Gershwin. Elizabet, che li aveva considerati cOmpositori di genere del tutto diverso, rimase impressionata. Era mezzanotte quando finalmente chiam un taxi e scese le scale canticchiando felice la melodia suonata da Stuart. Mentre tornava a casa, si abbandon a pensieri poco lusinghieri nei confronti di Robert. Gli diceva sempre che non lasciando Jane la rendeva infelice; gli prometteva che con lei sarebbe stato pi felice. Per quanto ne sapeva, era appassionatamente sincera in tutte le sue prOteste. Tuttavia, ammise con se stessa mentre il taxi attraversava Edgware Road, poteva darsi che avesse scelto un uomo che non poteva avere proprio per quella ragione, che non minacciava la sua indipendenza. PARTE QUARTA Francia 1917 Protetto dal crepuscolo evanescente, Stephen Wraysford socchiuse gli occhi per difendersi dalla pioggerella. Gli uomini davanti a lui erano sepolti sotto la massa di indumenti e la quantit di bagaglio che trasportavano. Sembravano in partenza per una spedizione al polo, esploratori delle regioni pi remote del mondo. Stephen si chiese quale forza lo spingeva, mentre le sue gambe riprendevano ad avanzare. Pioveva da 3 settimane, una pioggerella fine che si tramutava in pioggia scrosciante, smetteva per un'oretta, finch le nuvole non si ammassavano nuovamente sull'orizzonte basso delle Fiandre alla luce invernale . I pastrani degli uomini erano saturi, imbevuti d'acqua fino all'ultima fibra di lana, e il loro peso aggiungeva una decina di chili a uello che trasportavano. Erano appena arrivati dalle zone di accantonamento dell'area dietro il fronte, e gi avevano la pelle della schiena infiammata dall'attrito dei tessuti sotto il carico. Canti di marcia e inni ritmati li avevano aiutati a raggiungere le linee

d'appoggio, ma poi, quando scese il buio, si accorsero che mancavano ancora 5 chilometri al fronte. Pian piano canti e conversazioni si spensero, mentre ciascuno si concentrava nello sforzo di sollevare i piedi dalla fanghiglia che cominciava a risucchiarli. Il loro mondo si restrinse alla schiena inzuppata dell'uomo che avevano davanti. La trincea di comunicazione era piena di melma arancione che copriva gli scarponi e le mollettiere. Pi si avvicinavano alla linea del fronte, pi il fetore aumentava. A 800 metri di distanza, il terreno non era altro che una fogna a cielo aperto, dove si affondava fino alla coscia nel fango vischioso diluito dalle secrezioni delle latrine ingorgate e ispessito dai corpi in decomposizione che ogni nuovo crollo della trincea rivelava nel terreno sottostante. Una protesta pass di bocca in bocca, propagandosi lungo la linea: gli uomini all'avanguardia andavano troppo in fretta, e qualcuno era caduto. Correvano il rischio di finire dalla parte sbagliata del fronte e di dover ricominciare tutto da capo. Erano gi stati l, comunque; ormai c'era qualcosa di automatico nel modo in cui riuscivano a trovare la strada nel buio e a scegliere la via giusta quando arrivavano a un bivio; c'era qualcosa di rituale nelle imprecazioni e nelle violente proteste. Era una specie d'orgoglio. Avevano visto cose sulle quali mai occhio umano si era posato prima di allora, e non avevano distolto lo sguardo. Si consideravano un gruppo eccezionale. Ormai nessun inferno li avrebbe liquefatti, nessuna tormenta li avrebbe distrutti, perch avevano visto il peggio ed erano sopravvissuti. Nei momenti migliori, Stephen provava per loro quell'amore che Gray aveva preteso da lui. Il loro disperato coraggio, pur essendo frutto della necessit, era accattivante. Pi diventavano truci, duri, beffardi, pi li amava. Eppure non poteva ancora credere in loro; non sapeva capacitarsi degli estremi a cui erano disposti a lasciarsi istigare. Era stato curioso di vedere fin dove era possibile spingerli , ma il suo interesse era diminuito quando aveva visto che per loro non esistevano limiti insuperabili, non esistevano confini a ci che potevano sopportare. Vedeva i loro volti avvolti nelle sciarpe di lana, con i berretti che spuntavano dall'elmetto, e gli sembravano creature di un altro mondo. Alcuni indossavano cardigan e gilet mandati da casa, altri avevano strisce di tessuto o bende avvolte intorno alle mani, al posto dei guanti perduti o rubati dagli zaini da uomini meno scrupolosi. Ogni pezzo di stoffa, ogni brandello di lana che erano riusciti a trovare nei villaggi era stato utilizzato per farne calze di ricambio o strati supplementari da avvolgere intorno alla testa. Qualcuno aveva i pantaloni imbottiti di giornali fiamminghi. Erano fatti per resistere e sopravvivere; sembravano creature passive, capaci di adattarsi alle circostanze infernali che li opprimevano. Eppure, Stephen lo sapeva, tenevano racchiuso nel cuore l'orrore di ci che avevano visto, e l'orgoglio esuberante per la propria resistenza non era convincente. Si vantavano con parole beffarde di quello che avevano visto e fatto; ma sui loro volti mesti avvolti negli stracci si leggeva il peso di una conoscenza indesiderata. Stephen sapeva che cosa provavano perch era stato con loro e anche lui non si sentiva n temprato n rafforzato da ci che aveva visto, ma piuttosto impoverito e umiliato. Anche lui recitava la parte dell'uomo forte, ma talvolta provava per loro ci che provava per se stesso, non amore, ma un disprezzo venato di commiserazione. Si vantavano perch almeno loro erano sopravvissuti, ma neanche questo era vero. Del plotone originale soltanto lui, Brennan e Petrossian erano ancora al fronte. Nomi e volti degli altri erano gi sfocati nella sua memoria. Gli restava nella mente l'impressione di una massa esausta di pastrani e mollettiere coperte di sudiciume, e fumo di sigaretta che si levava dagli elmetti. Rammentava una voce, un sorriso, un modo di dire abituale. Ricordava membra isolate, spiccate dal corpo, e la forma di particolari ferite; riusciva a figurarsi l'intimit improvvisa di organi interni scoperti, ma non sempre sapeva dire a chi appartenevano quelle carni. 2 o 3 erano tornati per sempre in Inghilterra, gli altri erano dispersi, sepolti in fosse comuni oppure, come il fratello di Reeves, ridotti in particelle cos piccole che solo il vento poteva trasportarle. Se potevano rivendicare il merito della sopravvivenza era soltanto serrando i ranghi e amalgamando unit diverse con rincalzi di soldati appena arruolati. Gray era diventato comandante di

battaglione, al posto di Barclay e Thursby, che erano caduti, e Stephen aveva preso il comando della compagnia. Harrington aveva compiuto il lungo viaggio di ritorno fino al Lancashire, lasciando parte della sua gamba sinistra sulla riva settentrionale dell'Ancre, dove i corvi volavano in cerchio, entusiasti. Era notte quando raggiunsero la linea del fronte. Gli uomini ai quali dovevano dare il cambio passarono loro degli stivaloni di gomma alti fino alla coscia che erano stati usati ininterrottamente per 8 mesi. La massa di marciume all'interno era un miscuglio di olio di balena e stracci imputriditi che poteva accogliere piedi di qualunque misura. Nessuno di loro riusc a riposare nelle ore di Oscurit. Gli sprazzi di luce che accompagnavano l'esplosione delle granate potevano essere di qualche consolazione, visto che erano tanto distanti, ma c'erano pur sempre rumori e sagome vicino alla trincea che suscitavano l'antico riflesso istintivo. Stephen talvolta pensava che fosse l'unico modo in cui potevano avere la certezza di essere ancora vivi. Il rifugio che ospitava il comando della compagnia era un foro nel terreno coperto da una tettoia, nella seconda trincea; bench piccolo, disponeva di una cuccetta improvvisata e di un tavolino. Stephen depose una parte del carico che aveva trasportato fino al fronte: un album di schizzi, tavolette di cioccolato e sigarette, un periscopio e un panciotto lavorato a maglia che aveva acquistato da una vecchia. Divideva l'alloggio con un giovane ufficiale dai capelli rossi, di nome Ellis, che amava leggere a letto. Aveva poco pi di 20 anni, ma sembrava tranquillo e disposto a collaborare. Fumava ininterrottamente, ma rifiutava qualunque offerta di alcool. -Quando avremo la prossima licenza, voglio andare ad Amiens,-disse. -Dista qualche chilometro,-ribatt Stephen.-Non riuscirai ad arrivarci. -L'aiutante ha detto che si pu fare. Ha detto che rientra tutto nel nuovo sistema di efficienza. Gli ufficiali dovrebbero avere un riposo decente in un posto di loro scelta. -Ti auguro buona fortuna,-disse Stephen, sedendosi al tavolo e attirando verso di s una bottiglia di whisky. -Non vuole venire anche lei? -Io? Penso di no. E' soltanto un nodo ferroviario. -Lei ci gi stato? -Si, ci sono stato prima della guerra. -Com'? Stephen si vers da bere.-C' una bella cattedrale, se ti interessa l'architettura. A me non piaciuta. E' un edificio freddo. -B, io ci vado comunque. Mi faccia sapere se cambia idea. Il comandante ha detto che lei parla molto bene il francese. -Davvero? Vado a vedere se sono tutti sistemati.-Stephen vuot il bicchiere.-Sai dov' l'imbocco della galleria? -A una cinquantina di metri da uella parte. C'era un'apertura nel terreno, all'incirca dove aveva detto Ellis. Stephen chiese alla sentinella quando doveva montare di guardia il nuovo turno. -Fra mezz'ora circa, signore. -Con loro c' il capitano Weir? -Si. -Se esce prima che io ritorni, digli di aspettare. -Va bene, signore. Stephen cammin lungo la trincea, inciampando 2 volte nelle gambe degli uomini che si erano rannicchiati per dormire, scavandosi una nicchia nella parete. Si domand se sarebbe stato davvero possibile raggiungere Amiens. Erano passati quasi 7 anni da quando lui e Isabelle erano partiti sul treno di notte. Ormai quel luogo non gli faceva pi paura: dopo l'occupazione con il bombardamento da parte dei tedeschi, dopo quasi 7 anni, non poteva certo racchiudere ricordi inquietanti. Quando Stephen arriv, Michael Weir stava sbucando dal tunnel. Ci fu un momento di imbarazzo fisico fra loro, in cui nessuno dei 2 tese all'altro la mano. La compagnia di Weir era stata rinviata alla posizione di partenza subito dopo l'attacco iniziale, in quella torrida mattina di luglio. Lui era stato felice quando, alcuni mesi dopo, anche il battaglione di Stephen era tornato.-E' andato bene il riposo?-Domand Weir.

-Si, benissimo. Che succede l sotto? -Abbiamo ricevuto una nuova consegna di canarini. Gli uomini sono entusiasti. Si preoccupavano per il gas. -Bene, vieni a bere qualcosa, se ti va. La situazione piuttosto tranquilla. Pi tardi manderemo una pattuglia, ma dovrebbe essere tutto a posto. Hai del whisky? -Si. Pare che Reeves riesca sempre a procurarselo, chiss dove. -Bene, io sono rimasto senza. -Mi sembra impossibile. Non puoi ordinarne dell'altro? -A quanto pare ho gi finito la razione.-Le mani di Weir tremavano quando prese la bottiglia e si riempi il bicchiere nel rifugio. Ellis stava a guardare in silenzio dal bordo della brandina. Era spaventato dall'aspetto stravolto di Weir , che non riusc a parlare in modo sensato finch il liqquore non gli mise in corpo un po' di forza e di ragione. Sembrava troppo vecchio per strisciare sottoterra piazzando cariche esplosive, soprattutto con quelle dita che tremavano. Weir ingoll il liquore e rabbrivid mentre gli scorreva dentro. Gli riusciva sempre pi difficile resistere fino alla fine del lungo turno sottoterra, anche con l'aiuto di quello che portava con s nella fiasca. Trovava sempre pi spesso pretesti per ordinare a qualcun altro di condurre gi gli uomini. Weir era stato in licenza in Inghilterra. Era arrivato al crepuscolo nella villa vittoriana dei genitori, a Leamington Spa, e aveva suonato il campanello della porta. La cameriera venuta ad aprire gli aveva chiesto chi era. Il suo telegramma era andato disperso; non era atteso. La madre era uscita, ma la cameriera gli disse che il padre doveva essere in giardino. Era una sera d'ottobre, 3 mesi dopo l'attacco sull'Ancre. Weir si tolse il pastrano, posandolo su una sedia nell'ingresso, e lasci cadere la sacca sul pavimento per dirigersi verso il retro della casa. C'era un grande prato pianeggiante, con cespugli di alloro e un cedro gigante in un angolo. Nell'aria umida vide davanti a s le zanzare e sent gli stivali affondare nel prato falciato da poco. l'erba compatta sosteneva i passi con una morbidezza sensuale. l'aria del giardino era greve di fragranze serotine e il silenzio era cos denso da fargli dolere le orecchie. Poi sent una porta sbattere dentro la casa, ud un fruscio; quindi il ritorno di fiamma del motore di un camion nella silenziosa strada suburbana. Sulla sinistra del prato c'era una grande serra. Weir scorse un filo di fumo che proveniva dalla porta e avvicinandosi capt l'odore familiare del tabacco da pipa del padre. Si ferm sulla soglia per guardare dentro. Il padre era inginocchiato sotto 1 scaffale sul quale erano disposte ordinatamente delle cassette di semi, e sembrava che parlasse con qualcuno. -Che cosa stai facendo?-Chiese Weir. -Sto dando da mangiare al rospo,-rispose il padre senza alzare la testa.-Zitto, adesso.-Da una vecchia latta di tabacco posata sul terreno accanto a lui, prese un piccolo insetto morto, lo strinse fra l'indice e il pollice e spinse lentamente la mano in avanti sotto lo scaffale. Weir poteva vedere il fondo lucido dei suoi calzoni e il retro della testa calva. nient'altro.-Su, su, bello mio. E' un campione, questo. Guarda un po' quanto grosso. Sono settimane che non si vede un insetto qui dentro. Vieni a dare un'occhiata.-Weir avanz sul pavimento sterrato che il padre aveva lasciato al centro della serra e s'inginocchi sulla ghiaia accanto a lui.-Vedi laggi? Nell'angolo?-Weir ud un gracidio grasso provenire dalla direzione indicata dal padre. -Si,-conferm.-Un bell'esemplare. Suo padre usc a ritroso di sotto le cassette di semi e si mise in piedi.-E' meglio che entri in casa. Tua madre andata alle prove del coro. Perch non ci hai fatto sapere che stavi arrivando? -Ho mandato un telegramma. Dev'essere andatoperduto, l'ho saputo soltanto il giorno della partenza. -Be', non importa. Abbiamo ricevuto le tue lettere. Forse vorrai rinfrescarti, dopo il viaggio. Mentre attraversavano il prato, Weir osserv la figura corpulenta del padre. Indossava un cardigan sopra la camicia ancora con il colletto duro dopo la

giornata trascorsa in ufficio, e una cravatta scura a righe. Weir si domand se gli avrebbe rivolto qualche parola di benvenuto, ma quando giunsero alla porta finestra che dava sul salotto fu chiaro che il momento giusto era passato. Il padre disse:-Pregher la cameriera di prepararti un letto, se vuoi fermarti. -Se non ci sono problemi,-rispose Weir.-Solo per un paio di notti. -Naturale che non ci sono problemi. Weir port di sopra la sacca e and in bagno. l'acqua rutt nelle tubature, restando bloccata, sgorg con un tonfo che squass la stanza, poi usc rombando dall'imboccatura larga del rubinetto; lui lasci cadere a terra i vestiti ed entro nella vasca. Si aspettava di sentirsi subito a casa sua. And nella sua vecchia stanza e si vest con cura, indossando pantaloni di flanella e una camicia a quadri; attendeva il momento in cui l'ondata familiare di normalit lo avrebbe sommerso e lui sarebbe stato restituito alla sua vecchia identit, in cui le esperienze degli ultimi 2 anni si sarebbero allontanate, ridimensionate in una prospettiva pi chiara. Si accorse che i vestiti gli stavano grandi e i pantaloni facevano risaltare le ossa sporgenti delle anche. Trov in un cassetto un paio di bretelle per tirarli su. Non accadde nulla. Il mogano lustro del cassettone sembrava estraneo; gli riusciva difficile credere di averlo gi visto prima. Si avvicin alla finestra per guardare dall'alto il panorama familiare: il giardino che terminava presso l'albero di cedro e l'angolo della casa accanto , con il terrazzo sul retro e la lunga grondaia che bloccava la visuale. Ricordava pomeriggi di noia infantile in cui aveva guardato quello stesso panorama, ma il ricordo familiare non gli port alcuna sensazione di appartenenza. Scendendo al pianterreno, trov la madre, che era appena rientrata e lo baci sulla guancia. -Sembri un po' dimagrito,-osserv.-Che cosa ti danno da mangiare, laggi in Francia? -Aglio,-rispose lui. -B, allora non c' da stupirsi!-e scoppi a ridere.-Abbiamo ricevuto le tue lettere; erano molto simpatiche, oltretutto. Molto rassicuranti. -Quando arrivata l'ultima? -Circa 2 settimane fa. Dicevi di essere stato trasferito.-Il padre di Weir era in piedi vicino al caminetto e stava caricando di nuovo la pipa. -Proprio cos,-conferm Weir.-Ci siamo trasferiti da Beaucourt. Ora ci sposteremo di nuovo, verso Ypres, nei pressi di una localit che si chiama Messines, dove eravamo all'inizio della guerra. Anzi, per la verit non dovrei parlarne. -Avrei voluto saperlo prima, che stavi per arrivare,-si lament sua madre. -Abbiamo preso il t presto, in modo che potessi andare alle prove del coro. Se hai fame, c' un po' di prosciutto freddo e della lingua. -Volentieri. -Va bene, dir alla cameriera di apparecchiare in sala da pranzo. -Ormai tardi per i miei pomodori, purtroppo,-disse il padre.-Quest'anno abbiamo avuto un raccolto da record. -Chieder alla ragazza di cercare un po' di lattuga.-Weir mangi da solo in sala da pranzo. La cameriera aveva apparecchiato con un bicchiere d'acqua e un tovagliolo pulito. Sul piattino c'era una fetta di pane e burro. Mangi in silenzio, con il suono della masticazione ingigantito dalla mancanza di conversazione. Pi tardi gioc a carte con i genitori in salotto fino alle 10 di sera, quando sua madre disse che per lei era ora di andare a letto.-E' bello vederti tutto d'un pezzo, Michael,-osserv, stringendosi al corpo il cardigan e dirigendosi verso la porta.-Non state alzati tutta la notte, voi 2. Weir si sedette di fronte al padre davanti al caminetto.-Come va in ufficio? -Bene. Gli affari non sono cambiati come si sarebbe potuto pensare.-Segu un silenzio. A Weir non veniva in mente altro da dire.-Chiederemo a qualcuno di venire a trovarci, se vuoi,-gli disse il padre.-Se ti fermi fino al fine settimana. -Va bene. -Immagino che gradirai un po' di compagnia dopotutto.,.dopo.,.capisci. -Dopo la Francia?

-Esatto. Tanto per cambiare. -E' stato terribile,-disse Weir.-Devo proprio dirtelo, stato.,. -Lo abbiamo letto sui giornali. Vorremmo tutti che finisse in fretta. -No, stato peggio. Voglio dire, non puoi neanche immaginare. -Peggio di che cosa? Peggio di quanto si dice? Ci sono pi vittime? -No, non questo. E'.,.non so. -Devi prenderla con calma. Non lasciarti sconvolgere. Tutti fanno la loro parte, sai. Vogliamo tutti che finisca, ma nel frattempo dobbiamo andare avanti. -Non questo,-disse Weir.-E'.,.mi domando se potrei avere qualcosa da bere. -Da bere? Di che genere? -Un.,.un bicchiere di birra, magari. -Non ne abbiamo in casa. Forse c' un po' di sherry nella credenza, ma non credo che tu lo voglia, vero? Non a quest'ora di sera. -No, penso di no. l padre di weir si alz in piedi.-F una buona nottata di sonno, la cosa migliore. Domani chieder alla cameriera di procurarti la birra. Dobbiamo rimetterti in forze, dopotutto.-Tese la mano per assestare un colpetto sul dorso del bicipite sinistro del figlio.-Allora buona notte,-disse.-Vado a chiudere la porta. -Buona notte,-rispose Weir. Quando non sent pi i passi del padre al piano di sopra, si diresse verso la credenza nell'angolo e tiro fuori la bottiglia di sherry piena per 2 terzi. Usc in giardino e si sedette su una panchina, dove accese una sigaretta e sollev la bottiglia con la mano tremante. -Voglio che tu faccia le rune. Devi predirmi la sorte,-disse Weir. Stephen gli sorrise.-Sei proprio senza speranza, non vero? Vuole che gli dica che si salver,-spieg a Ellis, che li osservava dalla branda. -Avanti,-insistette Weir,-non dirmi che non ci credi. Sei stato tu a insegnarmelo. Stephen si alz in piedi, avvicinandosi alla cortina che pendeva davanti all'entrata del rifugio.-Riley procurami un ratto.-Mentre aspettavano, Stephen prese dalla mensola di legno vicino alla porta un mazzo di carte, qualche mozzicone di candela e una manciata di sabbia. Tracci sul tavolo il disegno di un pentacolo, disponendo qualche carta a faccia in gi, collegandole con righe di sabbia, accese le candele e le dispose in 5 punti equidistanti. Si sentiva addosso gli occhi penetranti di Ellis, puntati sulla schiena.-Questa una stregoneria che ho inventato per far passare il tempo. A Weir piace, gli d l'impressione che qualcuno s'interessi di lui. Una provvidenza maligna preferibile a una indifferente. Ellis non replic. Non riusciva a capire il rapporto che legava i 2 uomini. Il capitano del tunnel sembrava perennemente sull'orlo del collasso, mentre il suo superiore Wraysford, appariva tanto calmo da riuscire a mostrarsi crudele con Weir: gli diceva di tutto senza che l'altro protestasse. Weir arrivava tremante al rifugio, in cerca di whisky e rassicurazione; evidentemente era soggiogato dalla freddezza di Wraysford. Eppure in certe occasioni, a notte fonda, aveva l'impressione che ci fosse dell'altro nella burbera amicizia fra i 2. Guardava Wraysford e vedeva i suoi occhi infossati, neri al lume di candela, incantati dalla conversazione nervosa di Weir; come se Wraysford cercasse in Weir qualche qualit che a lui mancava. Era come se gli fosse davvero affezionato, aveva pensato una volta Ellis. Riley entr tenendo un topo per la coda. -Lo ha preso Coker, signore. Col trucco del formaggio sulla baionetta.-Ellis guard con disgusto Riley. Era un ometto tutto azzimmato, sempre inappuntabile; Ellis lo ammirava per questo, lo giudicava troppo servile e incline a violare le regole. -Bevi qualcosa, Riley,-disse Stephen.-Prendi un po' di cioccolata.-Riley esit sotto lo sguardo di Ellis, poi accett.-Ellis?-Disse Stephen.-Vuoi arrischiarti a bere qualcosa, stasera? Non dovremmo neppure durare la fatica di metterti a letto, visto che ci sei gi. Ellis scosse la testa. Fuori stava cominciando il bombardamento di granate. Non riusciva ancora a distinguere fra obici e cannoni, fra i diversi calibri dell'artiglieria nemica. Durante l'addestramento aveva studiato gli effetti

dell'esplosione di granate; aveva assistito a dimostrazioni del loro potere distruttivo sulle mappe e nei poligoni di tiro; aveva disegnato diagrammi dell'esplosione di grappoli di shrapnel e della detonazione compatta dei mortai. Quello che fino alla settimana prima non aveva visto era il loro effetto devastante sui tessuti, molli, sulla pelle rosea di 2 soldati semplici del plotone, i cui resti erano stati raccolti in un sacchetto di sabbia da 1 dei compagni; aveva visto i pezzetti di carne cadere 1 dopo l'altro nel sacchetto. La volta successiva, quando aveva sentito di nuovo il suono delle granate, aveva cominciato ad angosciarsi. La scossa che si sentiva al momento dell'esplosione era sopportabile; era come un'onda che s'infrangesse, fragorosa ma breve. Il peggio era lo strascico di paura che il fragore si lasciava dietro ritirandosi. Gli sembrava che lo risucchiasse e lo trascinasse con s, lasciandolo ogni volta un po' pi debole. -Stanotte sanno a che cosa mirano, eccome,-osserv Riley.-E' tutta la settimana che mandano gli aerei in ricognizione, a quanto pare. Stephen non alz gli occhi dal tavolo.-Spegni la lanterna, adesso. Questa la parte che preferisce,-confid a Ellis.-Lo spaventa.-Mise al centro della figura tracciata sul tavolo una statuina di legno, intagliata da lui, la cui sagoma rozza intercett la luce tremolante della candela. Prese di tasca un coltello con la lama a un solo taglio, perfettamente affilata, e l'affond nel petto del topo, tra le zampe anteriori. Poi allung lo squarcio verso il basso e, tenendo il topo con l'altra mano, ne rovesci le viscere sul tavolo. Weir; nonostante tutto ci che aveva visto, era affascinato. Il mucchietto di milza e fegato, caldo e verdognolo, giaceva sul legno del tavolo, dalla grana grossa. Stephen ficc di nuovo il coltello nella cavit per estrarre il resto e Weir si protese sul tavolo per esaminarlo.-Che significa?-Domand. Stephen scoppi a ridere.-Come posso saperlo? E' solo un topo morto. Queste sono le budella? -Si, penso di si. Ha mangiato.,. -Cos' questa? Carne umana? -Come si chiamavano quei 2 uomini del tuo plotone?-Disse Weir. -Cristo,-esclam Ellis,-questo disgustoso. Io me ne vado. Dovrebbe vergognarsi di se stesso. Sono cose da poveri ignoranti. Lei dovrebbe essere d'esempio. -A chi?-Ribatt Stephen.-A te?-Ellis si alz dalla branda e rimase in piedi, Stephen lo spinse di nuovo gi.-St seduto e guarda.-Controvoglia, Ellis si sedette sull'orlo del letto. Stephen frug tra le viscere con il coltello. -L'interpretazione incerta,-sentenzi.-Suggerisce un futuro positivo, purch tu eviti le donne e i preti. Se non lo farai, potresti avere qualche problema. -Qual' la carta del prete? -Il 10,-risposeStephen.- 10 come i 10 comandamenti. La regina indica la donna. -E su che cosa dovrei fare affidamento? Stephen spinse il coltello nella massa disgustosa sul tavolo.-Sulla pace. Anche sui numeri. E sul tuo numero personale.,.il 4. Sei nato in aprile, non vero? -Si. -Ora scoprir le carte,-disse Stephen. Infil la punta del coltello sotto la carta pi vicina a lui per voltarla. Era un 8.-Bene.-La successiva era il 4 di cuori. Weir sembrava esultante. Stephen scopr lentamente la carta seguente: era il 2 di picche.-Penso che Quello lass sia dalla tua parte, Weir.-La quarta carta era l'asso di cuori.-Pace,-disse Stephen.-L'asso rappresenta potere e stabilit. Questo il responso migliore che tu possa desiderare.-Insinu il coltello sotto l'ultima carta e la rovesci con un gesto enfatico. Era il 4 di quadri. -Hai barato,-disse Weir con un tono di voce che sperava in un diniego. Stephen scosse la testa.-Sapevi quali carte c'erano in tavola e hai fatto in modo che venisse fuori quello che mi serviva. -Mi hai visto truccare il mazzo? -No, ma chiaro che lo hai fatto. -Non so perch mi costringi a questa assurda pantomima, se non vuoi credere ai risultati. Coker rivuole il suo toDo, Riley? -Ne dubito, signore.

-Allora sar meglio che torni al tuo posto. Ci penso io a fare pulizia. Per favore, accendi la lampada, uscendo.-Dopo che Riley fu uscito, ci fu un lungo silenzio. Ellis prese in mano un libro e accese un'altra sigaretta. Weir fissava le tracce di sabbia sul tavolo come se fosse ipnotizzato.-Perch ci tieni tanto a sopravvivere?-Gli chiese Stephen. -Lo sa Dio. E' tutto quello che ho, la vita. In queste condizioni vuoi soltanto restarci aggrappato. Forse ne far qualcosa, dopo, forse tutto diventer chiaro. Stephen ripul il piano del tavolo con una spazzola e un secchio lasciato dai precedenti occupanti del rifugio. Provava una vaga vergogna. Ellis guardava gi dal suo letto.-In questa guerra la maggior parte di noi vuole sopravvivere per vincere. Stiamo combattendo per il nostro paese.-Weir alz la testa, con gli occhi sbarrati alla luce della lanterna che era stata riaccesa. Chiss come, era riuscito a macchiarsi la guancia con il sangue del topo. Era a bocca aperta per l'incredulit. Stephen sorrise.-Perch, non siete d'accordo?-Riprese Ellis.-E' per questo che stiamo combattendo, no? E' per questo che teniamo duro, pur vedendo tanti uomini valorosi soffrire e morire. Sappiamo che lo hanno fatto per una buona causa. Stephen replic:-L'altro giorno sono uscito di pattuglia con un ragazzo del tuo plotone, Ellis, e fumava delle sigarette che si chiamavano Golden Future, "futuro dorato". Dove le ha prese? Puzzavano come stalle d'estate. -Arrivano insieme con le razioni,-rispose Ellis.-Hanno nomi molto fantasiosi: Glory Boys, Rough Riders. Ma non ha risposto alla mia domanda. Stephen si vers un altro whisky. Beveva di rado pi di 2 bicchieri, e solo per tenere compagnia a Weir. Quellasera invece aveva gi bevuto mezza bottiglia, forse soltanto per irritare Ellis. Si sentiva la lingua pesante in bocca, la mascella gi allentata, tanto che gli riusciva difficile articolare le parole. -Weir, tu ami il tuo paese, non vero? -Quando ci sono tornato in licenza mi ha fatto schifo,-rispose Weir.-Quei grassi porci non hanno idea di quello che passiamo per loro. Mi piacerebbe che un grosso bombardamento spianasse tutta Piccadilly fino a Whitehalm e li facesse fuori tutti. -Anche la tua famiglia? -Soprattutto la mia famiglia. In particolare loro. Ho tentato di spiegargli com' andata, e sai una cosa? Mio padre si annoiava. Era letteralmente stufo di tutta questa storia. Mi piacerebbe in particolare un bombardamento di 5 giorni sulla loro strada. E sulla gente che si messa a scioperare nelle fabbriche mentre noi morivamo per 1 scellino al giorno.-La voce di Weir tremava.-Li vorrei vedere tutti marciare incontro ai cannoni nemici, in fila indiana. Per 1 scellino.-La saliva gli colava sul mento. -E lei?-Chiese Ellis a Stephen.-E' anche lei cos amareggiato? A Stephen il bere conferiva una falsa eloquenza; si sentiva capace di sostenere con scioltezza qualunque opinione.-Non riesco a ricordarmelo. Dovremmo combattere per i campi, le siepi e gli alberi? Forse si. Forse, se sono carichi dell'affetto che le persone hanno riversato su di essi, allora vale la pena di morire per questo. E le citt industriali dove andavo a visitare le filande, quellestrade ripide, e Londra con i dock e i palazzi.,.forse quei monumenti di pietra e calce valgono pi dei mattoni del nemico, a Monaco o Amburgo. Forse, se i campi e le colline sono stati amati da un numero sufficiente di persone, dovremmo restarcene distesi e farci ammazzare per salvarli, dovremmo semplicemente lasciare che i proiettili e le granate ci facciano a pezzi, in modo che le verdi colline restino indisturbate. -Intende dire che la terra in s vale pi della gente e del nostro modo di vivere? -No. -Allora per che cosa combatte? -Se davvero combatto per qualcuno, penso che sia per i morti. Non per i vivi in patria, ma per quelli che sono morti quaggi. Wilkinson, Reeves e suo fratello, che scomparso. Scomparso nel nulla. Byrne, che rimasto impigliato nel reticolato. Combatto per lui.-La voce gli s'ispess e lui serr i pugni.-E per tutti quegli altri. Li conoscevo. Studd e l'altro tizio, quel biondo che era con

lui, stavano sempre insieme. Cristo, non mi ricordo neanche il suo nome. Weir disse:-Non ci pensare. Purch tu sappia chi c' adesso. -Si, certo. Quel plotone esiste ancora, in un certo senso. Petrossian e.,. Brennan, certo. E i nuovi. Ce n' 1 che si chiama Goddard. Ci sono Barlow e Coker, e tanti altri. Sono tipi a posto. Come si chiamava l'amico di Brennan? Perdeva tanto sangue. Ecco Douglas. Nemmeno sottoterra ne muoiono cos tanti. -Ne abbiamo persi anche noi, Tyson a Beaumont Hamel e tanti altri nelle gallerie . Ma io non morir.-Man mano che la serata si prolungava, gli occhi di Weir assunsero 1 scintillio azzurrino, accesi dalla speranza e dall'ubriachezza. I pochi capelli che gli restavano sporgevano sopra le orecchie in rade ciocche chiare. l'eccitazione rendeva pi acuta la sua voce.-E tu non prendere quell'aria scettica, non dirmi che non hai mai creduto a nessun tipo di potere magico,-esclamo. Stephen era abbastanza ubriaco da scivolare nelle confessioni. La sua effimera eloquenza era svanita, rimpiazzata dalla sincerit.-Da ragazzo si. Tentavamo di evocare le anime dei morti, e cercavo gli indovini alle fiere. Volevo convincermi di avere un destino importante, volevo crearmi un mondo di fantasia, perch non potevo sopportare di vivere in quello reale. Il rifugio fu scosso dall'impatto di una granata caduta non molto lontano. Weir parve sorpreso.-Gi allora? -Un giorno, quando ero ancora in ospedale, Gray mi disse che una reazione molto comune per i bambini che.,.com'era quella frase? "Si sono visti sottrarre la normale magia dell'infanzia.,.o qualcosa del genere. -Che diavolo ne sa, Gray? -Glielo ha detto 1 dei suoi medici austriaci. Ellis, che continuava ad ascoltare dal suo letto, domand:-Che cosa le successo quando rimasto ferito? -Ho cominciato a credere in qualcosa. -E cio? Stephen appoggi il mento sulle mani. Parlava con voce impastata, e faceva lunghe pause cercando di formulare pensieri coerenti. Negli intervalli fra una parola e l'altra si sentiva il sibilo delle granate.-Ho sentito una voce. C'era qualcosa che mi trascendeva. Per tutta la vita avevo vissuto nella presunzione che non ci fosse una vita oltre.,.la carne; la percezione dell'esistenza.,.poi pi niente. Avevo cercato nella superstizione.,.-Agit una mano.-Topi. Ma non c'era niente. Poi ho udito il suono della vita che mi abbandonava. Era cos.,. tenero. Rimpiangevo di non avergli prestato attenzione. Poi ho creduto nella saggezza di quello che altri avevano trovato prima di me.,. Ho capito che quelle cose semplici potevano essere vere.,. Non ho mai voluto crederci perch era meglio combattere la mia battaglia da solo.-Con 1 sfogo di eloquenza, a giunse: -Si pu credere in qualcosa senza deporre il peso della propria esistenza. Weir lo guard senza capire. Ellis toss.-E allora in cosa crede? -In una stanza, un luogo, un posto che basta a se stesso.-Stephen aveva la testa china sul tavolo e la sua voce era quasi impercettibile.-Una semplice stanza, dove si capisce. Ellis osserv:-Penso che lei debba ancora farne di strada prima di potersi considerare un vero cristiano.-Stephen sollev la testa dal tavolo. I suoi occhi si riempirono lentamente, poi traboccarono di collera, l'ira incontrollabile di un ragazzo di campagna. Si alz in piedi, avvicinandosi a passi malfermi alla branda. Afferr Ellis per la camicia e lo tir gi.-Senta, le chiedo scusa, non intendevo offenderla.-Era allarmato dall'espressione di Stephen.-Lei ubriaco, lasci stare. Stephen inspir a fondo, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi.-V' a controllare i tuoi uomini,-disse a bassa voce.-Sono le 3. V' a parlare con le sentinelle. Saranno spaventate, lo sai.-Ellis s'infil il pastrano e usc a ritroso. Stephen lo segui con gli occhi, poi si rivolse di nuovo a Weir.-E' giusto, no, Weir? Non deve andare a vedere se stanno bene? -Chi? Ellis? Avresti dovuto prenderlo a calci. Lasciami dormire sulla sua branda finch non torna. Da quando Adamson stato ferito, sono rimasto solo.

Jack Firebrace e Arthur Shaw se ne stavano raggomitolati insieme nel loro rifugio. C'erano 10 uomini in 1 spazio largo 7 metri e mezzo e alto un metro e mezzo; una volta che si erano incuneati dentro, non potevano pi muoversi. Jack si era abituato a dormire tutta la notte su un fianco; la mole di Arthur Shaw accanto, non poteva girarsi. Si lasciava cullare dal suono del respiro profondo e roco di Shaw, si era abituato al contorno del suo corpo. Con lui dormiva altrettanto bene che a Londra con Margaret, chiudendo le orecchie al frastuono dei treni che sferragliavano oltre la finestra sul retro. La mattina dopo scrisse una lettera a casa:"Cara Margaret, grazie mille per il pacco: arrivato ed era quasi tutto in buono stato. Qualche dado Oxo fa sempre comodo e la torta stata molto apprezzata da tutti. Negli ultimi tempi abbiamo avuto alloggi molto migliori e io sono in ottima salute. Abbiamo veri e propri rifugi, come gli ufficiali! E' davvero il massimo del lusso, te lo assicuro, e ci siamo fatti tutti delle gran belle dormite. C' anche un bel po' di lavoro da fare. Penso che ormai la fanteria ci accetta di pi e poi quello che stiamo facendo molto importante per il prossimo grande attacco. Si, ce ne sar un altro. Naturalmente pericoloso e c' stato qualche allarme per il gas, ma ci sentiamo tutti molto meglio ora che abbiamo una nuova partita di canarini. Penso che ci siano delle mine nemiche ma finora non le abbiamo incontrate. Io ti dico tutto, ma guarda che non devi preoccuparti per me. Se tu fossi preoccupata allora mi pentirei di averti scritto. La fanteria vuole sempre che noi facciamo le loro corv, ma noi facciamo gi abbastanza sottoterra. Mica gli stiamo costruendo una trincea qualsiasi, te lo dico io. Abbiamo dato una mano a stendere dei cavi telefonici, ma nient'altro. Adesso sono loro a mandarci qualcuno di corv per aiutarci. Cos si che va bene! Ci hanno fatto marciare per 8 chilometri dietro le linee per fare il bagno, e lo abbiamo fatto ieri l'altro. Molti uomini anno protestato, posso garantirtelo. A che serve lavarsi se poi non puoi cambiarti i vestiti, che sono pieni di "visitatori"? Ma comun ue stato un bel bagno, con tanta acqua calda e alla fine anche una doccia. In fondo eravamo tutti soddisfatti perch abbiamo avuto un po di riposo e c'era un posto con la birra. Quando siamo tornati il sergente ci ha fatto una bella ramanzina, ma ne valeva la pena. Tu scrivi che non hai novit e che di sicuro le tue lettere mi annoiano, ma non cos. Siamo molto ansiosi di ricevere notizie da casa. Tutti noi, qui, non pensiamo ad altro: casa, casa, casa. Io penso tanto anche al bambino. Devo dire che mi riesce difficile restare sereno. La domenica abbiamo la funzione e il sermone sempre interessante. La settimana scorsa il prete ha raccontato la storia del Figliol Prodigo, di come un riccone aveva 2 figli maschi e 1 di loro fin sulla cattiva strada, ma quando torn a casa il padre uccise per lui il vitello grasso. Avrei voluto fare del mio meglio per John, ma non era destino. Faccio tutto quello che posso per stare di buon umore, e non devi preoccuparti per me. Ti prego di ringraziare la signorina Hubbard per gli auguri. Scrivimi presto. Il tuo affezionato Jack". I lavori di scavo proseguirono in profondit, in 1 strato di argilla blu. All'estremit delle gallerie pi profonde gli uomini scavarono delle camere dove potevano riposare e dormire senza dover tornare in superficie. Pur di garantirsi calore e sicurezza, erano disposti a sopportare il fetore dei corpi luridi stipati in 1 spazio angusto. Ogni minuto trascorso al riparo da quel cielo che gocciolava senza posa era prezioso; nessuna oscurit era intollerabile se proteggeva dai venti gelidi che irrigidivano le divise fradice, trasformandole in lastre di ghiaccio. Era difficile respirare, ma non pi che in superficie, dove il cloruro di calce esaltava, anzich attenuarle, le esalazioni della carne putrefatta, nei luoghi in cui le fosse settiche erano state interrate o abbandonate, e gli uomini preferivano inalare il fumo tossico dei bracieri piuttosto che l'odore degli escrementi. Mentre le gallerie principali in profondit, in costruzione da 2 anni, venivano pian piano allargate e prolungate verso la cresta montuosa, la compagnia di Weir lavorava in un tunnel poco profondo, dal quale, tendendo l'orecchio, poteva spiare i lavori di contromina del nemico. Una mattina furono notati i movimenti dei tedeschi. Pareva che poco lontano nel sottosuolo ci fosse una scala a pioli dalla quale scendevano gli uomini: si sentivano i loro stivali calpestare il fondo del tunnel sopra le loro teste. Weir fece evacuare la

galleria, ma 2 o 3 minatori dovettero restare nei posti d'ascolto per essere certi che i tedeschi non controminassero addirittura la trincea. Nessuno si offri volontario per quel lavoro, quindi Weir dovette istituire dei turni di servizio. Gli uomini portavano con s qualche candela per poter leggere un po' mentre ascoltavano. Una ventina di uomini erano gi scesi sottoterra e risaliti, quando il terreno fu squassato dall'esplosione che temevano pi di tutte. I tedeschi avevano fatto saltare la galleria con una grossa carica, e i 2 ascoltatori rimasero sepolti sotto migliaia di tonnellate di suolo delle Fiandre . Quando si verific l'esplosione, Weir era nella trincea a bere il t insieme a Stephen, e gli spiegava le sue difficolt. Sentendo la terra vibrare sotto i piedi, sbianc in viso. Il liquido bollente gli si rovesci sulla mano tremante senza che se ne accorgesse.-Lo sapevo!-Esclam.-Lo sapevo che l'avrebbero fatta saltare. Devo andare laggi. Sono io che li ho mandati. Oh, mio Dio, lo sapevo che sarebbe successo.-In preda alla frenesia, guard Stephen cercando solidariet, poi si allontan sfiorandolo, diretto all'imbocco del tunnel. -Un momento,-disse Stephen.-Forse hai perso 2 uomini, ma se il nemico ha scavato una galleria sotto questa trincea io perder met della compagnia. Devi accertare in che direzione va il loro tunnel. -Se sei tanto preoccupato, vieni a vedere con i tuoi occhi. Io devo pensare per prima cosa ai miei uomini,-replic Weir. -Fatti accompagnare da qualcuno e poi mandamelo qui, a rapporto. Weir era tanto in collera che aveva smesso di tremare.-Non sei tu che devi dirmi cosa fare. Se ti preoccupi tanto per i tuoi uomini.,. -Certo che mi preoccupo. Se pensano di avere una mina sotto i piedi, non reggeranno nemmeno 24 ore, Ci sar un ammutinamento. -Allora vieni gi a verificare di persona. -Non compito mio strisciare sottoterra.-Stephen lo stava seguendo lungo la trincea, fino al punto in cui teneva le attrezzatureper lo scavo. Qui Weir prese un canarino in una gabbietta di legno e si volt a guardare Stephen.-Hai paura? Stephen esit, lanciando un'occhiata alla gabbia.-Certo che no. Solo che.,. -E allora vieni.-Stephen, al quale non capitava spesso di restare senza argomenti di fronte a Weir, si accorse di non avere scelta.-Ci vorr solo un'ora, aggiunse Weir, in tono pi pacato, ora che vedeva Stephen cedere. Ci fu una pausa.-L'altra volta sei rimasto ferito, non vero? Quindi immagino che adesso ti faccia paura scendere l sotto. -No, non ho affatto paura di scendere sottoterra. Weir gli pass un casco munito di lampada e un piccone.-Laggi la galleria molto stretta, e quando arriveremo sul luogo dell'esplosione dovremo sgomberare i detriti.-Stephen annu in silenzio. Ordin all'uomo pi vicino di riferire a Ellis dov'era diretto, poi segu Weir fino all'imbocco del tunnel. Un'intelaiatura di legno coperta da un telo impermeabile, a circa mezzo metro dalla parete anteriore della trincea, mascherava l'accesso. l'argilla scavata veniva portata via dentro i sacchetti per la sabbia, poi la scaricavano lontano, dietro le linee, in modo che gli aerei nemici non potessero localizzare il punto in cui erano in corso gli scavi. l'apertura era poco pi grande della tana di un coniglio. Weir guard Stephen con un'espressione ansiosa.-Seguimi pi in fretta che puoi.-Sotto il parapetto della trincea si apriva il pozzo che sprofondava in verticale nel buio della terra. I pioli della scala di legno erano molto distanziati. Weir scendeva in fretta, con l'agilit dell'esperienza, stringendo fra i denti l'impugnatura della gabbia del canarino, mentre Stephen doveva cercare un piolo alla volta, tastando col piede alla cieca. Alla fine raggiunse una piattaforma di legno dove Weir lo stava aspettando.-Avanti, perdio. Vedi, soltanto una galleria poco profonda. Stephen, con il fiatone, osserv:-Non avresti dovuto mandare i barellieri? -Si, sono pronti, ma non verranno prima che un ufficiale li informi del punto esatto che devono raggiungere.-Weir cominci ad avanzare rannicchiato nel buio, tenendo la gabbia nella mano sinistra, mentre Stephen lo seguiva a 3 o 4 passi di distanza. l'uccellino cinguettava, chiss se per la paura o perch era

allegro. A Stephen quel canto metteva i brividi. Pensava a ci che avevano sopra la testa: una trama di crateri rotondi che costellavano la terra di nessuno, mezzo pieni d'acqua nella quale i ratti scorrazzavano banchettando sui corpi abbandonati; poi 1 strato non pi alto di una decina di metri di argilla compatta e resistente, ma permeabile agli umori del mondo soprastante. Weir si era messo ad avanzare carponi, perch l'altezza del tunnel si era ridotta a 90 centimetri circa. Le pareti laterali li assediavano ai fianchi e Stephen non riusciva quasi a vedere il raggio della lampada di Weir che lo precedeva. La sua pareva illuminare soltanto i chiodi sulle suole di Weir e, di tanto in tanto, un lembo di stoffa sulle sue natiche che procedevano lentamente. Man mano che si addentravano nella galleria, Stephen sentiva l'argilla aderirgli alle mani che strisciavano sul terreno. Avrebbe voluto allargare le braccia e respingere le pareti del tunnel per avere lo spazio per respirare. Comunque, finch il corpo di Weir si frapponeva fra lui e la gabbia, la paura del peso schiacciante e la terra era tollerabile. Tutto era sopportabile, purch non dovesse avvicinarsi troppo al canarino. Weir respirava con ansiti sonori, affrettati, mentre si spingeva in avanti usando una mano per avanzare e una per trascinare la gabbietta. Stephen senti una scheggia di roccia lacerargli la pelle della mano sinistra, ma non pot farci niente. Il terreno sopra di loro era contaminato alle spore della cancrena gassosa, una malattia dei cavalli trasmessa dalla gran quantit di letame usata dai contadini; si augur che non penetrasse dal suolo fino a quella profondit. Continu ad avanzare, tentando di appoggiare il peso sull'esterno della mano. Il tunnel ormai era cos stretto che dovevano cercare di allargarlo con i picconi, ma non c'era spazio sufficiente per fare leva, quindi la loro avanzata era molto lenta. Di colpo Weir si ferm e Stephen lo senti imprecare.-Eccoci,-disse.-Finisce qui. Dovrebbero esserci altri 9 metri di galleria. Hanno fatto saltare tutto, dannazione. Saranno morti tutti e 2. Alzando la testa, Stephen vide la parete di terra davanti a loro e prov un'improvvisa ondata di panico. Se fosse crollato anche il tunnel alle loro spalle.,. Mosse istintivamente i piedi e cominci a manovrare per girarsi; un'esplosione del genere doveva aver indebolito l'intera struttura con i suoi agili puntelli di legno. Dallo zaino Weir prese un disco rotondo di legno che applic alla parete laterale del tunnel. Poi estrasse lo stetoscopio, lo inser in una presa sulla superficie del disco e si mise in ascolto portandosi un dito alle labbra. Stephen non aveva la minima intenzione di disturbarlo, anzi ascolt anche lui con attenzione. C'era un silenzio strano. Quel silenzio aveva qualcosa di inquietante: non si sentivano i cannoni. Weir si tolse lo stetosco io. -Niente,-riferi. -Ci si pu fidare di quel'arnese? -Si, funziona. Lo ha inventato 1 scienziato di Parigi. Naturalmente non si pu mai essere sicuri. -Chi c'era, l sotto? - 1 era Shaw, l'altro si chiamava Staniey, mi pare. Era 1 nuovo. -E come li tiriamo fuori? -Non possiamo. Se ci azzardassimo a scavare in questa frana, faremmo soltanto crollare la volta. Manderemo gi alcuni uomini a puntellare la galleria, e se riescono a passare tanto meglio. Ma ora voglio chiudere questo tunnel. -E se non li raggiungono? -Recitiamo una preghiera. In fondo finiremo tutti sottoterra. -Vuoi recitare una preghiera adesso?-Il viso di Weir era cos vicino al suo che Stephen senti il fiato rancido di alcol.-Non conosco preghiere,-ribatt. tu? -Potrei inventarne una.-Il canarino si lasci sfuggire un pigolio sommesso. Stephen fu attanagliato da un terrore doloroso. Dalle labbra gli sgorgarono delle parole:-Nelle tue mani, o Signore, affidiamo le anime di questi 2 uomini. Riposino in pace. F che questo non accada invano. Nel nome di Ges Cristo, amen. -Andiamo,-disse Weir.-E' meglio che ti preceda. Cercher di passarti davanti. Indietreggia un po' da quella parte, ecco, cos, addossati alla parete. Stephen si appiatt nel tentativo di lasciar passare Weir. Quando i loro corpi si trovarono schiacciati 1 contro l'altro, il piccone di Weir rest incastrato nell'argilla della volta, e gli cadde addosso un grumo di terra. Il vuoto

lasciato da quella manciata di terra rovoc una frana molto pi pesante, che gli si abbatt sul braccio destro, e lui si lasci sfuggire un grido. Stephen tent istintivamente di ritirarsi nel punto in cui il tunnel era pi largo, nell'eventualit che crollasse tutto. Weir imprecava e gemeva. -Ho il braccio rotto. Tirami fuori, tirami fuori. Presto, o verr gi tutto quanto.-Stephen torn verso di lui e cominci a liberarlo con molta cautela dalla terra che gli era caduta addosso, respingendola verso l'imbocco del tunnel bloccato. Weir gemeva di dolore.-Toglila, toglila. Dobbiamo uscire. Stephen, a denti stretti, rispose:-Sto facendo del mio meglio. Devo andarci piano.-Per liberare dai detriti il braccio di Weir, doveva stare disteso sopra di lui, con la testa rivolta verso i suoi piedi. Poi fu costretto a strisciare sul corpo di Weir; schiacciandogli il viso per terra col proprio peso, e finalmente pot indietreggiare cosicch si trovarono faccia a faccia, con i piedi di Weir rivolti verso la parete e quelli di Stephen verso l'uscita. Weir sput l'argilla che aveva in bocca.-Puoi farcela?-Chiese Stephen. -Ho un braccio spezzato, forse anche una costola. Dovr strisciare con una mano sola. Prendi tu il canarino. Stephen tese la mano verso la gabbia. La fragile struttura di legno era stata schiacciata dalla frana; era vuota.-Il canarino sparito. Andiamo. -Dannazione!-Esclam Weir.-Non possiamo lasciarlo qui. Dovremo trovarlo e riportarlo indietro. Altrimenti se i boches lo trovano, capiranno che noi.,. -Cristo, sanno gi che c' un tunnel. E' per questo che lo hanno fatto saltare. A denti stretti per vincere il dolore, Weir ringhi:-Non si pu lasciar libero un canarino in nessun caso. Mai. Sta scritto nel manuale. Finirei davanti alla corte marziale. Trova il canarino.-Stephen torn a strisciare sul corpo prostrato di Weir. Aveva le lacrime agli occhi, mentre frugava nella massa di argilla scura alla luce fioca del casco. Poco pi a sinistra del foro prodotto dalla frana vide qualcosa di giallo e allung cautamente la mano in quella direzione. Si sentiva il cuore martellare contro il fondo del tunnel; aveva i vestiti inzuppati e il volto fradicio di sudore che gli colava negli occhi. Cerc di controllare il tremito della mano che, tesa nella penombra, si avvicinava all'uccellino. "Dio, ti prego" mormorava "ti prego, ti prego.,." Quando la mano fu a pochi centimetri dal canarino, Stephen fece un balzo per catturarlo. l'uccellino si lev in volo, sfiorandogli con le ali il dorso della mano. Stephen lanci un urlo, mentre il suo corpo era scosso da 1 spasmo e le gambe scalciavano all'indietro contro le cosce di Weir.-Cristo, che succede? Farai crollare il tunnel.-Stephen rimase disteso bocconi, ansimando, a occhi chiusi.-St fermo,-disse Weir.-Per amor di Dio, st fermo. Adesso proprio vicino a me.-Stephen rimase disteso in silenzio, senza parlare. Weir non si muoveva. Stephen lo sent fischiettare sommesso. Stava cercando di blandire l'uccellino spaventato, o di indurlo con un trucco a posarsi sulla sua mano. Stephen era ancora rivolto dalla parte sbagliata e il corpo di Weir bloccava l'uscita dalla parte della luce. Sent Weir fare un movimento improvviso.-L'ho preso,-disse.-Lo tengo in mano. -Bene, andiamo. Tu v avanti, io ti seguo. -Mi resta una mano sola, non posso tenere il canarino. -B, ammazzalo. E' solo un canarino. Andiamo, voglio girarmi. Comincio ad avere i crampi. Voglio uscire di qui.-Segu un silenzio. Weir non si mosse, poi disse:-Non posso ucciderlo. Non posso. Stephen sent 1 strano peso allo stomaco.-Devi ucciderlo.-La voce gli usc smorzata dalla bocca arida. Ci fu un altro silenzio, poi Weir rispose:-Non posso farlo, Wraysford. Non posso farlo. E' solo un uccellino minuscolo. Non ha fatto niente di male. Stephen, tentando di controllarsi, ribatt:-Per amor di Dio, uccidilo. Basta stritolarlo in una mano, staccargli la testa con un morso, qualunque cosa. -Fallo tu. -No! E' troppo rischioso passarlo di nuovo a me. Potrebbe scappare ancora. Weir rotol sul dorso, tendendo il pugno sinistro verso Stephen. Si vedeva la testolina del canarino sporgere fra l'indice e il pollice.-Eccolo,-gli disse Weir.-Io lo tengo fermo mentre tu prendi il coltello e gli tagli la gola.

Stephen si sent gli occhi di Weir fissi addosso, penetranti. Infil la mano in tasca, per cercare il coltello. Apr la lama e si protese oltre le ginocchia dell'altro. Weir si contrasse per sollevare il capo e guardare in faccia Stephen , che faceva capolino fra i suoi stinchi. I 2 uomini si fissarono con la minuscola testolina gialla in mezzo a loro. Stephen pens alle file di uomini che aveva visto marciare incontro ai cannoni. Pens al mondo che urlava nel crepuscolo a Thiepval. Weir lo guardava fisso. Stephen si rimise il coltello in tasca, lottando per respingere le lacrime. Che Weir allentasse pure la presa, che il canarino lo sfiorasse pure.-Lo prendo io,-disse. -Avrai bisogno di tutt'e 2 le mani per scavare e strisciare,-lo avvert Weir. -Lo so.-Con il fazzoletto, Stephen fece un fagotto per il canarino, legando insieme 3 angoli e lasciando un'apertura.-Va bene, mettilo qui dentro e io lo annoder.-Con i denti serrati in una morsa, tese tutt'e 2 le mani verso Weir, che infil l'uccellino nel fazzoletto. Stephen trasal sentendo le ali svolazzare contro il palmo delle sue mani. Con le dita tremanti riusc a unire il quarto angolo del fazzoletto agli altri 3 e ad annodarlo. Stringendo il nodo fra i denti, strisci di nuovo sopra il corpo di Weir. Ripresero la lenta ritirata, Stephen respingeva il terricciO smosso e allargava il tunnel dove poteva, Weir lottava per avanzare con una mano sola. Nella galleria buia e stretta Stephen sentiva sotto il viso quel lieve fardello piumoso. A volte l'uccellino sbatteva le ali freneticamente, a volte restava immobile, terrorizzato. Con la fantasia, Stephen vedeva la struttura scheletrica della parte inferiore dell'ala, il movimento saettante della testa e gli occhi neri e implacabili, dal calamo immerso nel sangue dell'animale. Tentava di distrarsi pensando ad altro, ma nessun altro pensiero gli restava impigliato nella mente. Era come se il suo cervello si fosse chiuso, con dentro una sola immagine: la sagoma fossile di un uccello, le nervature di 1 pterodattilo incastonato nell'arenaria, con il lungo becco crudele dall'uncino preistorico e le ossa disposte a ventaglio, dalla consistenza esigua e dall'estensione enorme, con le penne dell'ala mobile che tentavano di allargarsi remiganti, che sventagliava l'aria e lo colpiva in faccia mentre la creatura, frenetica nell'infuriare della sua ostilit, si avventava con l'enorme becco rapace contro i suoi occhi. Il minuscolo canarino sospeso alla sua bocca annaspava debolmente e le piume gialle sporgevano dal fazzoletto solleticandogli il viso. Chiuse gli occhi e continu ad avanzare. Sognava il fango e il fetore della trincea, il sibilo delle granate . Alle sue spalle, Weir strisciava meglio che poteva. Preg Stephen di fermarsi mentre infilava il braccio nella parte anteriore della camicia per sorreggerlo, e url di dolore quando i 2 tronconi dell'osso si sfiorarono per un attimo. Raggiunsero la scala a pioli e finalmente riuscirono ad alzarsi in piedi. Stephen si tolse di bocca il fazzoletto per porgerlo a Weir.-Io salgo a cercare un paio di uomini che ti aiutino. Tu tieni questo.-Weir annu. Era pallidissimo, not Stephen. Poi gli rivolse quel sorriso largo, vacuo, che preoccupava tanto Ellis, e disse:-Sei un uomo coraggioso, Wraysford. Stephen inarc le sopracciglia.-Aspetta qui.-Risal dal pozzo della galleria con crescente piacere. Sbucando nel fango alla luce gialla, sotto la pio gia, stir le braccia e aspir a fondo l'odore di cloruro di calce come se fosse il profumo pi raffinato di rue de Rivoli. Trov Ellis che aspettava innervosito all'imbocco del tunnel.-Ah, Ellis, manda gi un paio di topi di chiavica, per favore. Il maggiore Weir si rOtto un braccio. -Dove siete stati, signore? -A cercare di recuperare gli zappatori, sai. Bisogna mostrarsi disponibili, sai. Se glielo chiedi con garbo, ti costruiscono persino un rifugio. -Ero preoccupato, signore. Non avrebbe potuto mandare qualcun altro? -Basta cos, Ellis. Manda laggi 2 uomini. Io vado a fare una passeggiata. Bella giornata, vero? Pi avanti, sentiva il sergente maggiore Price impartire ordini a una corve perch cominciasse i lavori di riparazione alla trincea. Stephen sorrise. I campi d'Europa un giorno non sarebbero serviti pi a scopi umani e sarebbero

potuti ricadere nel fuoco primigenio della creazione, Ma quel giorno Price sarebbe stato ancora l a compilare i suoi elenchi. -Ma certo che pu andare,-disse il colonnello Gray.-Questa ormai una guerra civilizzata. E poi, sapremo sempre dove trovarla. Solo, non si lasci traviare dal giovane Ellis, tutto qui. Stephen annu.-Grazie, signore. Gray riprese in mano il libro e torn ad appoggiare i piedi sulla scrivania. Quando Stephen ed Ellis uscirono dalla casa che ospitava il comando del battaglione, aveva gi letto un'altra pagina di Tucidide. Il giorno dopo attraversarono in treno una campagna semisommersa dai rifiuti del conflitto. All'inizio della guerra a Stephen era parso strano, alzando gli occhi da una trincea bombardata, vedere la vita di campagna svolgersi come sempre a qualche chilometro appena dal fronte, ma dopo quasi 3 anni di combattimenti il terreno era cosparso di rifiuti industriali lasciati dalla guerra. Ai lati dei binari giacevano latte di benzina, involucri di granate, casse di legno, bidoni, confezioni d'ogni genere di rifornimenti e munizioni. Solo 10 minuti do o scorsero il primo albero verde, il primo tronco che non fosse riarso e annerito dalle granate, ma ancora coperto di corteccia marrone e coronato da rami fra i quali si annidavano piccioni e tordi. Ellis gli offr una sigaretta. Stephen prese il pacchetto per prenderla e guard meglio.-The Flag. Da dove viene questa roba, Ellis? -Sto cercando di procurarmi il maggior numero possibile di marche diverse. A quanto pare ce n' una, chiamata Kitehener's Smali Size, che non sono ancora riuscito a ottenere.-Il fumo scadente riemp lo scompartimento. Dalla prima volta che Ellis aveva nominato Amiens, Stephen si era lasciato pian piano persuadere. Aveva pensato di non tornarci mai pi, ma poi aveva finito col convincersi che quanto era accaduto laggi ormai era acqua passata, ed era stata un'esperienza di un tenore cos peculiare da non avere alcuna incidenza reale sulla vita che lui conduceva. Accettava quel tanto di rischio implicito nel tornare sui luoghi di una vita precedente, ma non si sentiva esposto a tentazioni sentimentali. Provava solo una blanda curiosit di vedere che cosa ne era stato della citt. Gray gli aveva detto che era stata devastata dalle granate. -Mi dica una cosa, signore,-fece Ellis.-Sa, quelle carte, l'altra sera. Le ha.,. -Non devi chiamarmi signore, sai. Quanto alle carte.,.tu che ne pensi? -Penso che le abbia truccate. Stephen sorrise.-Certo che le ho truccate, e lo sa anche Weir. -Allora perch vuole che gliele faccia? -Perch ha paura.-Ellis sembrava perplesso.-Si, davvero strano. Weir non crede a niente, ma ha bisogno di aggrapparsi a qualcosa. Tenta di convincersi che la sua sopravvivenza sia 1 scopo per cui lottare. Qualcosa per cui morire, stavo quasi per aggiungere. -E le carte lo aiutano? -Forse. E' un uomo terrorizzato. Probabilmente cos riesce a ingannare se stesso. -Capisco,-disse Ellis. Parlava in fretta con voce tagliente.-E quando ha cominciato a farsela sotto? Stephen rispose con molta gentilezza:-Non credo che si tratti di paura in quel senso. Lui non teme il gas o le granate, non ha paura di restare sepolto vivo. Lo spaventa l'idea che tutto questo non abbia senso, che sia privo di scopo. Teme di aver imboccato, chiss come, la vita sbagliata. -Capisco,-disse Ellis incerto. Man mano che il treno proseguiva la sua corsa sferragliante verso Amiens, Stephen si prefigurava con piacere le ore che lo aspettavano. Ellis non era l'uomo che avrebbe scelto come compagno, ma era deciso a mostrarsi gentile con lui. Weir stava riposando in un convalescenziario nei pressi di Arras. Aveva sperato di tornare a casa in licenza, ma ferite come la sua venivano considerate con sospetto fin dai primi tempi della guerra, quando gli uomini della fanteria avevano preso l'abitudine di ficcare le braccia negli ingranaggi in funzione, nella speranza di procurarsi lesioni gravi. Ellis tir fuori un blocco e cominci a scrivere una lettera a casa. Stephen guardava fuori dal finestrino. I rumori di guerra si allontanavano. A differenza di Weir,

che restava prigioniero di immaginari schianti di granate persino nella tranquilla camera da letto in casa dei genitori, Stephen si era scoperto capace di dimenticare. Com'era, 7 anni prima? In uale mondo aveva vissuto, in quale esistenza rarefatta, stordita? Allora gli era apparsa coerente; gli era sembrato che le sensazioni intense che scatenava in lui, infiammate ogni giorno dal rinnovarsi dei piaceri sensuali, componessero qualcosa che non solo era comprensibile, ma anche importante. Nella sua vita di allora si era sentito vicino a comprendere, addirittura a dimostrare qualcosa, anche se non sapeva pi che cosa fosse.-Che farai ad Amiens?-Domand a Ellis. -Non lo so. E' la prima volta che vado in licenza. Non so granch di come procede la vita normale. Mi piacerebbe andare a teatro, forse. Cosa dovrei fare? Stephen scroll le spalle.-La maggior parte degli uomini per prima cosa vuole prendersi una sbronza, e poi andare in un bordello. Ellis si accigli.-Non credo che mi piacerebbe. Stephen rise.-Cosa, ubriacarti? -No.,.l'altra cosa. -Invece dovresti farlo. l'esercito pensa che sia salutare andare regolarmente a donne. I bordelli sono autorizzati dalla polizia militare. -E lei ci va?-Ribatt Ellis in tono di sfida. Stephen scosse la testa.-No, non m'interessa. -E neanche a me. -A chi scrivi? -A mia madre. Stephen sorrise.-In tal caso, probabilmente te l'ho chiesto nel momento sbagliato. Comunque andr senz'altro in un caff. Devi permettermi di offrirti un po' di champagne. Cominceremo da l.-Quando il treno cominci a rallentare e si ferm, non riconobbe subito la stazione. Si era fatto forza per sostenere l'ondata dei ricordi, ma non se ne ridest nessuno. Una volta sceso sul marciapiede, guard in su verso il soffitto a volta e poi davanti a s, verso l'atrio. Lui e Isabelle erano partiti da un altro binario, dalla parte opposta della stazione. Ricordava una porta verde, che aveva fissato dal finestrino della carrozza mentre aspettavano di partire. Guard oltre i binari e la vide, identica ad allora. Era pomeriggio inoltrato, quando lui ed Ellis sbucarono sul piazzale lastricato della stazione. Era una giornata coperta, ma si notavano i primi segnali che l'inverno, dopo 6 mesi, cominciava ad allentare la morsa. Aveva smesso di piovere, e la brezza non li aggred con il suo freddo pungente. Si avviarono verso la cattedrale. Alcuni edifici recavano le tracce dei bombardamenti. Amiens, distante solo qualche chilometro dalle linee alleate, aveva risentito delle alterne sorti della guerra. La recente avanzata alleata l'aveva messa per la prima volta al sicuro; non c'erano pi bombardamenti, e gli uomini d'affari locali tentavano di trarre profitto dalla calma appena ristabilita nella regione della Somme. I negozi cominciavano a riaprire ed era stato abolito il coprifuoco alle 8 per i caff e i ristoranti. Stephen guard con intenso interesse le strade che conosceva. Nonostante qualche crollo o qualche tratto di muratura annerito qua e l, per lo pi erano immutate. Nei 7 anni di lontananza, non aveva mai cercato di ricordarle e di rado aveva pensato alla citt in s e per s. Eppure ora, mentre percorreva gli itinerari familiari, le strade gli tornavano alla mente. A un angolo c'era un edificio rivestito per met di travi, dove un giorno, attraverso una finestra aperta, Isabelle aveva udito una melodia che l'aveva colpita, anche se non aveva impressionato l'amico di suo marito, Brard. A destra, pi avanti lungo un vicolo pi stretto, c'era il ristorante nel quale Stephen era andato cos spesso a pranzare. Forse c'era ancora il suo posto preferito, vicino al vetro; era possibile che dietro il banco ci fosse lo stesso oste parigino.-Ellis, ti dispiace se andiamo laggi? C' un caff che ricordo. -Purch ci sia lo champagne. E' il Gobert? E' il caff che mi hanno raccomandato. -Non ricordo come si chiama. E' gestito da un uomo che un tempo aveva un caff in plac de Odon, a Parigi.-Si fermarono fuori, mentre Stephen sbirciava attraverso la vetrina. I separ di legno erano scomparsi. Da un lato c'era un bancone, dall'altro sedie e tavolini dall'aria dozzinale. Spinse la porta, un

battente leggero di legno con il vetro ricoperto da una rete metallica, aprendosi gratt sul pavimento di pietra. Dentro non c'era nessuno. Si diressero al banco, dietro il quale si vedevano le scansie semivuote. Un uomo calvo, dal viso rugoso e disfatto, con un grembiule unto, scese a fatica la scala, entrando da una porticina in fondo al locale. Aveva una sigaretta incollata al labbro inferiore e salut con un grugnito. Stephen ordin 2 birre.-Sa che ne stato del vecchio proprietario di questo locale?-Gli domand. -E' prigioniero in Germania. C' stata una retata nel 1914. -Chi hanno preso? -Ttti gli uomini di Amiens. Quando i tedeschi hanno occupato la citt. Stephen prese la birra.-Vuol dire che tutti gli uomini della citt sono stati deportati in Germania? L'uomo fece spallucce.-Solo gli stupidi. E i codardi. Gli altri hanno preso provvedimenti. -E lei? -Io ero troppo vecchio per interessare a qualcuno. -Che sta dicendo?-Chiese Ellis. -Dice che il gestore di questo locale stato deportato in Germania. E' un localetto squallido, vero? Una volta era molto animato, pieno di studenti e cos via.-Stephen pos il bicchiere di birra sul bancone di zinco segnato da cerchi non lavati. Aveva capito di colpo cosa ne era stato di tutti quegli studenti, che gridavano le ordinazioni e ammorbavano l'aria con il fumo delle loro sigarette forti. Quelli che non erano morti a Verdun ora si stavano radunando per l'attacco sul fiume Aisne, al comando del loro nuovo e focoso generale. -Andiamo,-disse.-Cerchiamo un altro locale. -Perch? Cominciavo appena a.,. -E' troppo triste. Su, vieni.-Stephen lasci qualche moneta sul banco. Fuori cominciava a fare buio e Stephen era ansioso di non sciupare la prima licenza di Ellis con i suoi pensieri cupi.-Scegli tu il posto,-sugger,-e io pagher da bere. Superarono la cattedrale, che era protetta da sacchetti di sabbia fino all'altezza dei finestroni inferiori. La pietra era intatta, anche se mancava una parte delle vetrate. Stephen not uante delle donne di Amiens erano vestite a lutto. Si fermarono in un caff chiamato Aux Huxtres, anche se non c'erano ostriche in vendita. Era pieno di soldati di tutte le nazionalit, inglesi, francesi, belgi e portoghesi. Stephen ordin champagne e riemp il bicchiere di Ellis. Lev in alto il proprio, e bevvero ciascuno alla salute dell'altro. Stephen desiderava raggiungere in fretta l'oblio. Adattarsi a quel mondo relativamente normale gli riusciva pi difficile del previsto. Era la presenza di tanti soldati a sconcertarlo. Sapeva che fino al giorno prima molti di loro, immersi fino alla cintola nel fango, strisciavano in mezzo ai ratti, e guardava le loro cinture lucide, le loro facce rasate di fresco. Se riuscivano a ridere con tanta giovialit, di quali altri inganni non sarebbero stati capaci? Le donne di Amiens che non piangevano i loro morti sembravano ben disposte verso i soldati stranieri. Accettavano da bere e si sedevano ai tavolini, tentando di capire il francese stentato degli ufficiali inglesi. Prima di aver finito il secondo bicchiere, Stephen scopri che Ellis lo aveva ingaggiato come interprete. C'era un imbarazzato maggiore sulla trentina che tirava boccate dalla pipa per mascherare la sua confusione, mentre un altro ufficiale di un reggimento scozzese tentava di stabilire una certa intimit fra il maggiore e una francese dalla voce squillante che beveva vino rosso. -Le dica che ansioso di mostrarle il suo rifugio,-sugger lo scozzese. Stephen tradusse, poi rispose:-Dice che lo trova un uomo molto attraente e si domanda se non desidera portarla a cena da qualche parte.-Era una risposta molto pi esplicita di quanto avesse detto la donna in realt. Il maggiore tent di rispondere da solo, balbettando, ma il suo francese non andava pi in l di un: "Est-ce que possibile pour", dopodich torn alla sua pipa non senza aver rivolto qualche moina galante alla donna.-Penso che le piacerebbe bere qualcosa, disse Stephen. -Capisco. Mi spiace terribilmente. Io.,.

-Non si preoccupi, vado a prenderlo io. Lei continui a chiacchierare. Lo scozzese allora tent di spiegare che la risposta di Stephen era divertente, perch nell'esercito "chiacchierare" significava spidocchiarsi; ma poich non conosceva l'equivalente francese di pidocchi, n di uccidere, ricorse ai movimenti delle dita che imitavano gli insetti, e poi cal il pugno sul tavolo nel gesto di schiacciare qualcosa. La donna, perplessa, scosse la testa, allora lui fece scattare un accendino accostandolo alla cucitura della sua divisa, poi si stese supino sul pavimento, scalciando con le gambe in aria. Tornando al tavolo, Stephen trov la donna che rideva fragorosamente. Ellis alz gli occhi su di lui, un po' incerto, ma vedendolo sorridere di rimando cominci a ridere e a battere i pugni sul tavolo anche lui. Altri avventori lanciarono occhiate tolleranti nella loro direzione. Stephen chiuse gli occhi e bevve in fretta. Al banco aveva comprato una bottiglia di whisky Old Orkney, e ora ne bevve un bicchiere intero per mandare gi lo champagne. Riaprendo gli occhi, si sent sciogliere dal calore verso gli altri uomini, e ne fu sollevato. Lo scozzese disse:-Le spieghi che vorrebbe portarla a Parigi per il fine settimana, nella sua prossima licenza. Vuole andare al Moulin Rouge. -Moulin Rouge,-ripet la donna, ridendo.-Molto bene.-Si congratularono con lei per il suo inglese, e lei rispose a Stephen:-Gli dica che l'ho imparato da un generale che alloggiava in citt. -Dice di essere convinta che presto lei sar promosso generale. Il maggiore scosse la testa, in un gesto di modestia e imbarazzo. Qualcosa nella sua goffaggine gli ramment Weir, avverti una fitta di piet per l'amico assente. Avrebbe voluto che fosse l, il povero, strano Weir, che era cos poco consapevole del mondo eppure ne sapeva pi di quanto avrebbe sperato. Era chiaro che lo scozzese, col pretesto di aiutare l' inglese, sperava di far colpo lui. -Chieda alla signora se vive ad Amiens, per favore, chieda se ha una stanza libera per 2 ufficiali che appartengono a 1 dei migliori reggimenti Lands. La donna guard Stephen con aria interrogativa. Aveva occhi castani e arguti e la pelle rosea.-Bene,-disse,-pensa che voglia venire a letto con me? Stephen represse un sorriso,-Direi di si. La donna rise.-Gli suggerisca di cercare una casa con la luce azzurra. Oppure rossa, se vuole spendere di meno. Quello che posso offrire io una cena di prim'ordine, una camera con le lenzuola pulite, per colazione uova fresche e caff, tutto a un prezzo ragionevole, ma nient'altro. Venga lei, se lo desidera. -Grazie. Ci sono dei caff in citt dove va a bere la gente del posto? Non i soldati, ma chi abita sempre qui. -Si ce ne sono 2 o 3 da quella parte, verso rue Beauvais, o quel che ne rimane. -Allora, amico,-disse lo scozzese,-che cosa dice? -Dice che per quello che volete voi esistono delle istituzioni. -Santo cielo,-esclam il maggiore con un sospiro poderoso,-si esprime come l'oracolo di Delfi. Tutt'a un tratto lo scozzese parve incerto, e Stephen si preoccup di avergli guastatoil divertimento.-No, no,-aggiunse.-E' stata molto cordiale. Vi offrir un letto per la notte, e.,.sono certo che vuole continuare a tenervi compagnia. Lo scozzese parve sollevato.-Cos va bene. Beviamo allora qualcosa. Anderson, ora tocca a te. Stephen si protese sul tavolo per dire a bassa voce all'orecchio di Ellis:-Io esco un attimo. Qua dentro fa troppo caldo. Nel caso che non tornassi, te la caverai? Hai dei soldi? -Si, sto benissimo. Mi diverto. Stephen gli riemp il bicchiere di whisky, poi si mise la bottiglia in tasca. -D'accordo, allora, ci vediamo dopo. In strada era di nuovo inverno, anche se a Stephen faceva piacere l'aria fredda sul viso, dopo il caldo e il fumo del bar. Si strinse addosso il pastrano, rialzando il colletto. Un cane annusava le pietre lungo il marciapiede. Si muoveva in fretta, con la coda bianca ritta sul dorso nel debole chiarore lunare . Aveva da fare; quasi tutta la citt era indaffarata e, anche se le botteghe erano chiuse e oscurate, Stephen vide dalle finestre i banchi silenziosi dietro

i quali c'erano le pezze di tessuto o i flaconi della farmacia. Il giorno dopo ci sarebbero stati i soliti scambi di convenevoli dal fornaio; i soliti buon giorno da parte dei clienti al proprietario e poi agli altri clienti; una cortese transazione per l'acquisto del pane con ringraziamenti da entrambe le parti. Un sopracciglio inarcato, un'alzata di spalle potevano indicare che non tutto andava come sarebbe dovuto andare, ma questo era sottinteso. Per il resto, la loro vita continuava come prima, per il semplice motivo che non avevano scelta. Vicino al fornaio c'era un macellaio che offriva 3 qualit di carne equina. Per le strade e nei fossati delle linee di rincalzo non scarseggiava certo la materia prima, pens Stephen, sforzandosi di non pensare alla qualit della scelta inferiore. Sent cantare in un bar dalla parte opposta della strada, e attravers per dare un'occhiata. Varcando la soglia, si trov circondato da soldati, anche se li erano quasi tutti subalterni inglesi, col viso giovanile arrossato dall'alcol: molti di loro emettevano un verso a met fra la parola e il riso, una specie di ruggito. Una volta entrato, non poteva girare sui tacchi e uscire senza apparire offensivo, quindi si fece largo fino al bar e ordin da bere. 1 dei giovani ufficiali suonava un pianoforte nell'angolo, anche se non tutti gli uomini cantavano la stessa canzone. Una faccia giovanile si materializz davanti a lui. -Non l'ho mai vista da Charlis, prima d'ora. Di quale reggimento ? Stephen sent che l'uomo gli toccava un bottone della divisa per ispezionarlo. Non parve impressionato.-Ne avete viste di azioni, vero? -Un po'. -Poveri vecchi somari. Sempre sotto i cannoni, non vero? -Si. Di solito i nostri. -Non se la prenda cos. Sono terribilmente spiacente. Sto per sentirmi male.-Il giovane spinse da parte Stephen per raggiungere barcollando la porta. -E' meglio che vada a badare al suo amico,-suggeri Stephen a un tenente vicino a lui. -Oh, Dio, un'altra volta. Si sente male, vero? Ha una fifa blu, ecco qual' il guaio. Mi scusi. Stephen si senti spingere avanti e indietro dall'onda di corpi compatti assiepati al banco. Cominciarono a cantare tutti insieme, con voci sonore e fiduciose. Alla fine si distric e riusc a trovare la via della porta. Si diresse a passo sostenuto verso rue de Beauvais. Trov un bar tranquillo con le tendine bianche ai vetri. C'erano un paio di uomini in piedi al banco, con un piede appoggiato sulla sbarra. Lo squadrarono con sospetto, ma poi annuirono ricambiando il saluto con un cenno. Stephen prese da bere e si sedette accanto alla vetrata. Era un posto silenzioso e fresco, dove poteva rimettere ordine nei suoi pensieri. Chiuse gli occhi tentando di assaporare il silenzio, l'assenza dei cannoni, ma la sua mente era ancora troppo vigile. Si domand se, bevendo ancora, avrebbe raggiunto il necessario grado di rilassamento. Quello che gli occorreva veramente, pens, era un contatto umano non imposto dalla guerra, ma concesso spontaneamente, per amicizia. Quando apr gli occhi e alz la testa, vide che una donna era entrata nel bar per comprare una bottiglia di un cordiale verde. Gli voltava la schiena e portava un foulard scuro sulla testa. Quando si volt, tenendo la bottiglia in mano, Stephen si sent strizzare lo stomaco, mentre ondate di choc si scaricavano nel palmo delle mani. La donna, voltandosi, vide la sua espressione tormentata e gir leggermente la testa di lato, restando sulla difensiva ma anche con una certa compassione. I suoi occhi incontrarono quelli di Stephen, poi scivolarono via, mentre lui cercava disperatamente di tenerli agganciati. La donna si diresse con un certo imbarazzo verso la porta del caff, a passi brevi e rapidi che risuonarono secchi sul pavimento di legno. Stephen, rimasto a bocca aperta, spinse indietro la sedia e usc traballando dietro di lei, mentre il barista gli gridava dietro che non aveva pagato il conto. Stephen corse sull'acciottolato fine e riusci ad affiancarsi alla donna. -Mi scusi. -Monsieur, la prego, mi lasci in pace o chiamo la polizia. -No, mi ascolti. La prego, penso di conoscerla. Non intendo farle alcun male, lo giuro.-La donna si ferm a malincuore per guardare cautamemte Stephen. Lui le

scrut il viso, con gli occhi infossati e l'ossatura robusta.-Lei si chiama.,.Mi scusi, potr sembrarle ridicolo, se mi sbaglio. Lei si chiama.,.Jeanne?-La donna pareva riluttante, ma lo ammise.-E il suo cognome Fourmentier?-Lei annu senza rispondere. Nei suoi modi c'era una traccia della sorella, Isabelle. Stephen le domand:-Crede di sapere chi sono io? Lei alz la testa per guardarlo negli occhi, con un'espressione di rassegnata stanchezza.-Si, credo di si. -Le dispiace che l'abbia fermata?-Lei non rispose. In quel momento arriv il barista con il berretto di Stephen, che lo pag ringraziando. Quando furono di nuovo soli, le disse:-Potremmo andare da qualche parte a parlare? Ci sono delle domande che vorrei farle. -Va bene, mi segua.-Stephen la segu. Non c'era niente che volesse chiederle, non c'era niente che dovesse sapere. Nel momento in cui aveva visto il suo viso e intuito chi era, aveva dovuto fare una scelta: poteva ignorarla oppure riconoscerla. Senza avere il tempo di riflettere , aveva scelto istintivamente la seconda possibilit, con tutto uello che poteva comportare. Jeanne raggiunse Place de L'Hotel de Ville e si sedette su una panchina. Stephen rimase in piedi di fronte a lei, incerto.-Non possiamo parlare qui. Voglio dire, non potremmo andare da qualche parte al chiuso? Jeanne scosse la testa.-Non voglio farmi vedere con lei in un caff. -E a casa sua? Non potremmo.,.? -No, non possiamo andarci. Che cosa vuole sapere da me? Stephen inspir a fondo. Il suo fiato modell fragili forme sotto il riverbero della luce a gas. Si strinse il pastrano sul petto.-Forse dovrei raccontarle qualcosa di quello che accaduto.-Capiva che Jeanne diffidava di lui e pens che le sue paure si sarebbero forse placate, se fosse riuscito a dimostrarle che non intendeva fare del male a lei o a Isabelle. Le fece un breve resoconto della sua vita con Isabelle, anche se sapeva che Jeanne doveva aver gi sentito quella storia. Se avesse potuto confermare cose che lei gi sapeva, le avrebbe dimostrato la propria credibilit. A tratti Jeanne annuiva con lievi cenni poco impegnativi. Mentre parlava, Stephen cap cos'era che voleva sapere, e fu preso alla sprovvista dalla semplicit del problema. Voleva sapere se Isabelle lo amava ancora. Guardando negli occhi la sorella maggiore, aveva visto quanto bastava di Isabelle per ridestare in lui la sensazione della sua presenza, e con quella sensazione si era riaccesa la curiosit.-Poi sono tornato in Francia e da allora non c' stato altro che la guerra. Non mi sono mosso granch, appena qualche chilometro avanti o indietro lungo il fronte. Sono passati degli anni, e forse un giorno finir.-Sent che la conclusione del racconto era fiacca. Non voleva fornire a Jeanne troppi dettagli sulla sua vita in guerra; pensava che certe cose le fossero fin troppo familiari, attraverso parenti e amici. E non voleva neppure dare l'impressione di tentare di accattivarsi la simpatia di quella donna, quando le sue esperienze erano le stesse di milioni di altri uomini.-E lei?-Domand.-Ora vive ad Amiens? Jeanne annu. Spinse un po' indietro il foulard, e lui vide il taglio dei grandi occhi castani e il candore quasi traslucido della pelle. Il suo viso era pi vigoroso e semplice di quello di Isabelle, senza le sue sfumature contraddittorie di carattere e di colore, eppure nella grana della pelle c'erano delicatezza e forza insieme. Aveva una voce dolce e sommessa.-E' qualche tempo che vivo qui. Sono venuta per.,. Sono venuta quando mi stato chiesto di venire, lo scorso novembre. -E' sposata? -No. -Vive sola? -No, vivo insieme con.,.amici. Era impossibile dire se la sua reticenza fosse generica o se ci fosse qualcosa di pi specifico che voleva nascondere. Era evidente che il monologo di Stephen non era bastato a metterla del tutto a suo agio. Un brivido gli corse per il corpo quando il vento sferz la piazza, soffiando dal nord. Vide Jeanne stringersi addosso il mantello. Doveva essere pi esplicito.-Voglio sapere di

Isabelle. Voglio sapere se sta bene e se felice. Non voglio crearle altre difficolt. Mi rendo conto che probabilmente lei mi giudica male perch ho distrutto il suo matrimonio e per la vita che conduce adesso.,.e non desidero affatto turbarla. Dopo 7 anni, volevo solo sapere se sta bene. -Jeanne annu.-Bene, Monsieur, si, Isabelle sta bene. Lei deve capire che quello che avete fatto ha causato grandi sofferenze, al marito e soprattutto ai figli. E' stato 1 scandalo. Naturalmente Isabelle non assolta dalle sue responsabilit. Tutt'altro.,.la sua vita rovinata perch la gente la biasima per quello che accaduto. Ma quanto a lei, c' gente in questa citt che le sparerebbe volentieri per quello che ha fatto. -Capisco. Non l'ho mai preso alla leggera. Per noi 2 stata una storia seria fin dall'inizio. Lei si rende conto della natura del matrimonio di Isabelle con Azaire? Sua sorella gliene ha mai parlato? -Isabelle mi ha parlato di tutto, Monsieur. Io sono la sua unica amica e confidente e mi ha rivelato tutta la sua passionalit, tutti i particolari che una persona normale dividerebbe fra tante altre.,.sorelle, amici e familiari. Io so tutto. -Bene. Non che la sua infelicit giustifichi me o lei, ma l'importante che lei sappia e capisca cosa l'ha spinta ad agire cos. -Io non biasimo nessuno. La mia posizione somiglia un po' alla sua. Isabelle ha avuto fiducia in me e io non ho avuto altra scelta che ricambiare la sua fiducia . Le sono stata fedele in tutto. Non posso voltarle le spalle o avanzare delle riserve. Stephen ascolt con piacere le parole di Jeannne.-E' vero che la lealt non pu essere parziale, dev'essere assoluta. Voglio assicurarle che la mia lealt tutta protesa verso la felicit di Isabelle, non mia o di chiunque altro. Deve avere fiducia in me. -Non la conosco abbastanza per fidarmi. Di lei so quello che mi ha detto mia sorella e questo, insieme a ci che o visto con i miei occhi, mi indurrebbe a crederle. Ma ci sono cose che meglio non fare e non dire. Penso che ora dovremmo salutarci. Stephen le pos per un attimo la mano sul polso, trattenendola.-Mi dica, per quale motivo vive ad Amiens? Jeanne lo guard con intensit prima di rispondere infine:-Sono venuta qui per badare a Isabelle. -Isabelle vive qui? E' qui adesso? E' che cosa significa "badare a lei"? E' malata? -Non voglio dirle troppo. Non intendo incoraggiarla a continuare. -Ormai troppo tardi,-disse Stephen. Sentiva la sua voce echeggiare nella piazza immota. Deglut e tent di moderarsi.-Mi dica, si trova ad Amiens? E' non sta bene? Che cosa successo? -E va bene, glielo dir, a patto che accetti di lasciarmi andare quando avr finito. Le dir tutto quello che deve sapere e poi torner a casa. Non deve seguirmi e non deve fare alcun tentativo per rintracciarmi, d'accordo? -D'accordo. Jeanne parlava con circospezione, o come se valutasse i livelli massimi di verit che si potevano toccare.-Isabelle torn a Rouen, in casa dei miei genitori, dietro mio suggerimento. Erano restii ad accoglierla di nuovo in casa, ma io insistetti. Dopo qualche mese mio padre concluse un accordo con Azaire perch Isabelle tornasse da lui. No, ascolti, milasci finire, In questa faccenda lei non ebbe molta scelta. Se non avesse accettato, mio padre l'avrebbe messa alla porta. Azaire promise di ricominciare tutto daccapo, di riprenderla con s come se non fosse successo niente. Grgoire, suo figlio, la preg di tornare. Credo che sia stato lui a convincerla. Torn dal marito, nella sua vecchia casa. C'erano anche altre ragioni che non posso spiegarle. Nel primo anno di guerra la citt fu occupata dai tedeschi, come probabilmente sapr. Molti uomini furono deportati, compreso Azaire. Poi.,.ebbene, il tempo pass, accaddero tante cose. Isabelle rimase. La casa in boulevard du Cange fu colpita da una granata e la parte posteriore and distrutta. Nessuno rimase ferito, ma Isabelle si trasfer

in un appartamento di rue de Caumartin. Lisette si spos e Grgoire divent abbastanza grande da lasciare la scuola; l'anno prossimo entrer nell'esercito. Poi nel novembre scorso c' stato un bombardamento e la casa in rue de Caumartin stata colpita. Isabelle rimasta ferita, ma ha avuto fortuna. 2 passanti sono stati uccisi. Mentre era in ospedale mi ha scritto pregandomi di venire ad assisterla, cos sono venuta da Rouen. Ormai uscita dall'ospedale, e si ripresa del tutto, anche se non torner pi.,.quella di prima. Rester con lei ancora per qualche settimana. -Capisco.-La presenza di Isabelle evocata da Jeanne era cos forte che era quasi come se fosse seduta sulla panchina in mezzo a loro, pens Stephen. Eppure era chiaro che c'era qualcosa, forse molto, che veniva taciuto.-Voglio vederla, disse. Quelle parole lo sorpresero. Mai, quando era accampato nella melma e nel fango, aveva desiderato che lei assumesse una realt pi concreta di quel ricordo indistinto che raramente veniva a visitarlo; non aveva desiderato vederla davvero, pelle, carni e capelli. Era stato qualcosa che aveva detto Jeanne a dissolvere quell'indifferenza. Forse l'ansia per il suo benessere gli risvegliava il bisogno di vederla di persona; n ci che ricordava n il resoconto di Jeanne bastavano a tranquillizzarlo. Lei scosse la testa.-No, impossibile. Non sarebbe saggio, dopo tutto quello che successo. -La prego. La voce di Jeanne s'inteneri nel rispondere a Stephen.-Ci pensi. Pensi a tutta la devastazione e la sofferenza che ha causato. Tornare indietro adesso, riaprire tutte quelle ferite, sarebbe una vera follia.-Si alz in piedi. -Monsieur, forse le ho detto pi di quanto avrei dovuto, ma vedendola ho sentito che potevo avere fiducia in lei. Ho sentito inoltre che abbiamo un piccolo debito nei suoi confronti. Quando se n' andata, Isabelle non ha dato spiegazioni, ma credo che lei si sia comportato onorevolmente, a modo suo. Non l'ha cercata e non le ha reso la vita pi difficile di quanto gi fosse. Penso che meritasse almeno di sentire quello che le ho detto. Ma ora la mia lealt va a Isabelle e, come diceva lei, certi sentimenti devono essere assoluti, non ammettono compromessi. Stephen si alz, restandole accanto.-Capisco, e la ringrazio di aver avuto tanta fiducia in me. Ma mi permetta di chiederle ancora una cosa. Vuole almeno dire a Isabelle che sono qui? Le dica che vorrei vederla, semplicemente per augurarle buona fortuna facendole solo una breve visita. Poi potr decidere lei.-Jeanne si morse le labbra, riluttante, e cominci a scuotere la testa. Stephen la interruppe.-Questa non sarebbe slealt. Si tratta semplicemente di lasciarla decidere da sola. E' pur sempre la sua vita, no? -E va bene. Non sono affatto d'accordo, ma le dir che ci siamo incontrati. Ora deve lasciarmi andare. -E come far a sapere la risposta? -Incontriamoci nello stesso caff alle 9 di domani sera. Ora devo tornare a casa. Si strinsero la mano e Stephen osserv l'alta figura scomparire in fondo alla piazza con la bottiglia di cordiale stretta in mano. Attravers la citt diretto verso il boulevard du Cange, lasciandosi alle spalle la cattedrale con la fredda struttura gotica fortificata da pile di sacchetti pieni di terra, come se le sue verit spirituali non fossero di per s una protezione sufficiente contro l'esplosione del metallo. Scese sulle rive del canale dove, nelle sere tiepide del suo primo soggiorno in citt, aveva osservato gli uomini in maniche di camicia lanciare speranzosi la lenza nelle acque domate e deviate della Somme, tutto era ridiventato vivo per lui. Ci che aveva creduto morto e ridotto a un ricordo ormai freddo tornava a ridestarsi e ardere dentro di lui. Non aveva previsto una situazione del genere, neanche nei momenti di solitudine pi profonda, sotto i peggiori bombardamenti, quando aveva dovuto ricorrere ai trucchi pi infantili e primitivi per rassicurarsi. Mai aveva attinto al ricordo di Isabelle o di quello che era accaduto fra loro come a una fonte di speranza o di significato, n lo aveva mai anche solo vagheggiato per sfuggire all'incalzante realt in cui viveva. L'incontro con Jeanne, invece, aveva prodotto su di lui un effetto straordinario: aveva trasformato gli

avvenimenti degli ultimi 3 anni in un'esperienza, se non comprensibile, circoscritta. Raggiunse l'estremit meridionale del boulevard e continu a camminare. Non poteva credere che la casa fosse ancora l; la ricordava in modo sfumato, cos come ricordava il suo incontro con la morte, quando la vita lo aveva allettato inducendolo a tornare indietro con promesse indefinite, o come ricordava certi passaggi del combattimento, quando il tempo era sembrato annullarsi. Poi scorse la vite canadese che si arrampicava fino al balcone di pietra del primo iano; il portone imponente con i battenti rivestiti di ferro; il tetto di ardesia grigia che spioveva con angolazioni diverse sulla pianta irregolare delle stanze e dei corridoi sottostanti. La facciata robusta e tranquilla aveva una solidit indiscutibile. Ritrov in bocca il gusto di quei giorni. Credette di sentire l'odore della cera tirata sui pavimenti di legno dalla cameriera, che si chiamava.,.Margurite; l'aroma del vino che Azaire faceva servire di solito a tavola, un rosso asciutto che sapeva di tannino, non scadente ma pastoso, con un sentore di polvere; poi il suono dei passi, con la risonanza ingannevole che li faceva sembrare pi vicini o pi lontani di quanto fossero in realt; l'aroma del tabacco da pipa in salotto; e gli abiti che indossava Isabelle, quella lieve fragranza di rose, la loro meticolosa pulizia e la sensazione che lei dava di essersi non semplicemente vestita, ma travestita, quasi indossando un costume intonato non alla casa ma a un altro mondo nel quale abitava col pensiero. Tutto gli tornava alla mente con nitidezza incalzante, come la sua stessa sensazione di allora, che la vita interiore di Isabelle, cos repressa, si trovasse in certo modo in sintonia con la sua. Quando si ferm nella strada buia, a contemplare la casa, ramment anche l'ansia estatica con la quale aveva scoperto di non ingannarsi. Attravers la strada per guardarla pi da vicino. Il cancello era chiuso e le luci erano spente. Prosegu per un tratto, in modo da poter vedere la parte laterale della casa. Sul retro era steso un grande telo di incerata e si notavano tracce di lavori di restauro, con pile di mattoni in attesa di essere utilizzate. Da quel che poteva vedere, sembrava che fosse stata devastata una grande sezione sul retro della casa. Di certo dovevano avere usato armi pesanti, e uello doveva essere stato un colpo diretto, forse addirittura 2. Stephen calcol che gran parte del salotto principale doveva essere andata distrutta, insieme a parecchie altre stanze al pianterreno. Di sopra c'erano le camere da letto degli ospiti, pi gli alloggi della servit e la camera rossa. Si sedette sotto un albero, ai bordi della strada, sopraffatto dal potere della memoria. Era di nuovo tutto nitido nella sua mente, come se rivivesse quei giorni. Il fuoco pronto per essere acceso nella camera rossa, il cavaliere medievale, la clematide alla finestra.,. Tentava di arginare il flusso dei ricordi, e nello stesso tempo si sentiva rivivere. Si alz e cominci ad allontanarsi dalla casa, tornando verso la citt per costeggiare poi le rive del canale. Si chiese per un attimo se Ellis se la sarebbe cavata da solo. In citt c'erano parecchi alloggi disponibili, e ufficiali cordiali pronti a fornire indicazioni. Dal canto suo, non aveva voglia di dormire. Si trovava vicino ai giardini sul fiume, quelle fertili zone coltivate dove aveva trascorso un afoso pomeriggio in barca insieme con Azaire, la sua famiglia, Monsieur e Madame Brard. Cammin per tutta la notte, fermandosi di tanto in tanto a riposare su una panchina nel tentativo di schiarirsi le idee. Quando giunse l'alba, si trovava nel quartiere di Saint Leu, dove ud i primi segni delle attivit mattutine allorch i panettieri accesero i forni e per le strade passarono i carretti a mano con i bidoni metallici del latte. Alle 7 mangi in un bar pane e uova fritte, insieme con una tazza di caff. Si lav e si fece la barba in 1 stanzino sul retro indicatogli dal proprietario. Era cos abituato a non dormire che non risentiva gli effetti negativi della notte passata in bianco. Forse sarebbe riuscito a trovare un posto dove proiettavano un film; altrimenti, avrebbe comprato un libro per leggerlo nei giardini della cattedrale. Trascorse la giornata in preda a un'aspettativa irrequieta. Nel pomeriggio dormi pi profondamente di quanto avesse previsto, in una stanza che aveva preso in affitto in una pensione. La sera si cambi d'abito preparandosi a incontrare Jeanne. Mentre si dirigeva versoil bar, not che anche la camicia pulita, come quella vecchia, era infestata dai pidocchi. Poco dopo le 9 Jeanne entr nel

caff. Stephen depose il bicchiere e si alz in piedi, scostando una sedia per lei. Riusc a fatica a compiere le formalit di offrirle da bere e informarsi sulla sua salute, mentre con gli occhi le scrutava il viso in cerca di qualche indizio sulle novit che portava. -Ha parlato con Isabelle? -Si.-Jeanne, che aveva rifiutato da bere, si era seduta con le mani incrociate sul tavolo.-E' rimasta sorpresa sapendo che lei era ad Amiens, poi rimasta ancor pi sorpresa nel sentire che voleva vederla. Non ha voluto rispondere fino a questa sera. Per lei molto difficile, Monsieur; per un motivo che poi capir. Alla fine ha accettato. Devo accompagnarla a casa sua stasera. Stephen annu.-Bene. Non ha senso rimandare.-Si sentiva calmissimo, come se fosse una questione di routine, quasi come un'ispezione alla trincea. -D'accordo.-Jeanne si alz.-Non lontano da qui, possiamo andare a piedi. Si avviarono insieme lungo le strade buie, in silenzio. Stephen intuiva che Jeanne non avrebbe accolto con piacere le sue domande; sembrava fermamente risoluta a compiere una missione sulla quale evidentemente nutriva dei dubbi. Infine raggiunsero un portoncino blu con il picchiotto di bronzo. Jeanne guard Stephen, con gli occhi scuri che splendevano nell'ombra del fazzoletto legato intorno alla testa, dicendo:-Di questo incontro deve fare quello che vuole, Monsieur. Sia calmo, sia forte. Cerchi di non sconvolgere Isabelle, o se stesso. Stephen fu commosso dalla sua gentilezza e annu. Entrarono in casa. C'era una luce fioca accesa nell'atrio modesto, dove campeggiava un tavolino con un vaso pieno di margherite sotto 1 specchio dalla cornice dorata. Jeanne sal al piano di sopra, seguita da Stephen. Raggiunsero un piccolo pianerottolo su cui dava una porta chiusa.-Aspetti qui, per favore,-disse Jeanne bussando alla porta. Stephen ud una voce rispondere dall'interno. Jeanne entr. Sent un rumore di sedie spostate e un parlottio. Si guard attorno, osservando i quadri appesi ai lati della porta e l'intonaco chiaro delle pareti. Jeanne ricomparve.-Va bene, Monsieur. Pu entrare.-Passandogli accanto, gli sfior il braccio in segno di incoraggiamento e si dilegu lungo il corridoio. Stephen scopr di avere la bocca secca. Non riusciva a deglutire. Accost la mano alla porta e la spinse. La stanza era molto buia. C'era una sola lampada accesa su un tavolino, con un paralume pesante. All'estremit opposta della stanza era sistemato un piccolo tavolo rotondo, di quelli che si usano per giocare a carte. Seduta dalla parte opposta, vide Isabelle. Avanz di qualche passo nella stanza. "Ecco cos' la paura" pens. "E' questo che spinge gli uomini a rannicchiarsi nei crateri delle granate o a spararsi".-Isabelle. -Stephen. Che piacere rivederti.-La voce bassa era la stessa che aveva udito risuonare per la prima volta in contrappunto al borioso monologo di Brard in sala da pranzo; gli toccava ogni nervo del corpo. Stephen si avvicin per vederla meglio. I capelli castani dai riflessi color fragola e gli occhi grandi erano gli stessi; la pelle, se ci fosse stata luce sufficiente per vederla bene, sarebbe stata ancora quella sulla quale aveva viSto pulsare, in trame e colori cangianti, i sentimenti pi intimi di Isabelle. E c'era anche qualcosa di diverso. Il lato sinistro del viso era sfigurato da un lungo scuarcio che correva dall'angolo dell'orecchio lungo la mascella, la cui linea naturale appariva interrotta, e scendeva sul collo fino a scomparire sotto il colletto alto del vestito. Lui not che le carni erano percorse da un solco. Si erano cicatrizzate e asciugate; l'orecchio era stato ricostruito. La linea alterata della mascella, per, recava ancora l'impronta del grande impatto che doveva averla colpita e, sebbene la ferita fosse chiusa, l'impressione di quella forza la faceva apparire ancora vicina nel tempo. Il lato sinistro del corpo era appoggiato goffamente alla sedia come se non fosse capace di movimenti indipendenti. Isabelle segui il percorso dei suoi occhi.-Sono stata colpita da una granata. Immagino che Jeanne te lo abbia detto. Prima fu colpita la casa sul boulevard, poi quella dove c fummo trasferiti, in rue de Caumartin. E' stata una sfortuna.-Stephen non riusciva a parlare, si sentiva la gola secca. Alz la mano destra con il palmo rivolto verso di lei. Questo avrebbe dovuto indicare che era contento che lei fosse viva, che aveva visto ferite ben peggiori, che provava indecisione e tante altre cose, ma in realt esprimeva ben poco. Isabelle

sembrava molto pi preparata. Continu con calma:-Sono felice di vederti cos bene. Hai qualche filo bianco, non e vero?-Sorrideva.-Ma bello che tu sia sopravvissuto a questa guerra orribile.-Stephen digrignava i denti. Le volt le spalle, serr i pugni. Scuoteva la testa, ammutolito. Non si era preparato a quella sensazione di impotenza fisica. Isabelle continu a parlare, anche se la sua voce cominciava a incrinarsi.-Sono contenta che tu abbia voluto vedermi. La tua visita mi fa molto piacere. Non devi Preoccuparti per questa ferita. So che brutta, ma non mi fa male. Le parole continuarono a fluire, rivolte con coraggio alla schiena di Stephen. Lui cominci pian piano a riprendere il controllo sui sentimenti che gli infuriavano dentro, il suono della voce di Isabelle lo aiut. Fece appello alla sua forza mentale e pian piano ritrov il dominio di se stesso. Fu con sollievo e con un certo orgoglio che sent Finalmente scaturire dalla sua gola un suono, voltandosi a guardarla. Come Isabelle, anche lui pronunciava parole sempre concrete.-Sono stato fortunato a incontrare per caso tua sorella, stata molto gentile.-Incontr lo sguardo di Isabelle e si avvicin di nuovo al tavolino, sedendosi di fronte a lei.-Ero rimasto senza parole. Mi dispiace, devo esserti sembrato scortese.-Isabelle tese la mano destra sul tavolo e Stephen la prese fra le sue, stringendola per un attimo. Allentla presa nn fidandosi di se stesso.-Isabelle, ti dispiace se bevo un bicchiere d'acqua? Lei sorrise.-Mio caro Stephen, ce n' una brocca sul tavolo nell'angolo. Serviti pure. Poi, se vuoi, c' del whisky inglese. Questo pomeriggio Jeanne uscita apposta per comperarlo. -Grazie.-Stephen si avvicin al tavolo. Dopo aver bevuto l'acqua, si vers del whisky nel bicchiere. La mano gli tremava molto meno e riusc a imporsi di sorridere mentre tornava indietro. -Sei rimasto sano e salvo,-osserv Isabelle. -Si.-Prese una sigaretta da un astuccio di metallo nella giacca della divisa.-La guerra durer almeno un altro anno, forse pi. Non riesco quasi a ricordare com'era la vita prima che cominciasse. Non ci pensiamo mai, noi sopravvissuti. Le spieg che era rimasto ferito 2 volte e che ogni volta si era ristabilito. La conversazione gli sembrava del tutto priva di interesse, ma era contento che fosse cos. Isabelle disse:-Spero che tu non sia rimasto troppo scosso dal mio aspetto. In realt ho avuto fortuna, rispetto ad altri. -Non sono scosso. Se tu sapessi quello che ho visto io. Preferisco non parlarne. Stava pensando a un uomo che aveva visto, col viso squarciato da un proiettile, un semplice colpo di fucile. Si era formato un triangolo netto, con il vertice al centro della fronte e gli angoli inferiori al centro delle mascelle. Gli era rimasta met di un occhio, ma per il resto nient'altro, tranne qualche dente conficcato di traverso; il resto del viso era un ammasso di carni rovesciate all'esterno. L'uomo era cosciente e lucido; poteva udire e sentire le istruzioni che l'ufficiale medico gli impartiva. In confronto alla sua ferita, quella di Isabelle non era grave. Eppure Stephen aveva mentito. Ne era rimasto scosso. Man mano che si abituava alla luce, vedeva la pelle sulla tempia sinistra tesa al punto da deformarle leggermente l'occhio. Non era la gravit della ferita ad atterrirlo, era quella sensazione di grossolana intimit. La pelle e il sangue di Isabelle gli avevano insegnato cose che nessuna esplosione avrebbe dovuto violare. Alla fine, quando si ristabil la comunicazione fra loro, lei si azzard a raccontargli quello che le era accaduto, sorvolando sulla loro vita comune, a Saint rmy o negli altri luoghi che avevano visitato. -E cos sono tornata a Rouen, a casa dei miei. Era come tornare bambina, ma senza innocenza, senza la sensazione di avere tante possibilit davanti a s. Sotto certi aspetti sono stati gentili a riprendermi in casa, ma io mi sentivo prigioniera del mio fallimento. Te lo immagini? Era come se mi avessero costretta a ricominciare da capo perch non ero stata brava. Mio padre cominci a presentarmi con tatto l'idea del mio ritorno ad Amiens. Da principio non credevo che parlasse sul serio. Immaginavo che Azaire non avrebbe voluto pi rivedermi, per non parlare dello scandalo. Ma mio padre un abile negoziatore. Tratt la questione proprio come aveva fatto con il matrimonio. invit Lisette e

Grgoire a farmi visita. Quando li rividi, scoppiai a piangere pr la felicit. Lisette era cresciuta tanto, era una giovane donna. Non aveva bisogno che io tornassi, ma fu gentile, mentre avrebbe potuto benissimo non esserlo. E Grgoire mi preg di tornare, e mi lasciai convincere da loro; non riuscivo a credere che fossero disposti a perdonare, dopo quello che avevo fatto al padre. Mi dissero semplicemente che era tutto dimenticato. E che, avendo perso una madre, avrebbero fatto di tutto pur di non perderne un'altra. E mi perdonarono. Mi perdonarono perche mi volevano bene, per quello che ero. Poi ci fu l'incontro con Azaire, che temevo. Il fatto pi strano fu che dava l'impressione di vergognarsi. Penso che si sentisse umiliato perch l'avevo lasciato per un altro uomo. Fu molto mite con me, promise addirittura di diventare un marito migliore. Io non riuscivo a credere che tutto uesto stesse accadendo davvero. Non avevo nessuna voglia di tornare. Quello che mi fece decidere era che mi Sentivo infelice a casa, circostanza che mio padre sfrutt con grande abilit. -E sei tornata?-Domand Stephen. Per lui non aveva senso; era inconcepibile, a meno che Isabelle non gli avesse taciuto una parte importante della storia. -Si, Stephen, sono tornata. Non di mia spontanea volont, ma perch non avevo altra scelta, e questo mi rendeva molto infeice. Me ne pentii nell'attimo stesso in cui rimisi piede in casa di Azaire. Ma stavolta sapevo che non sarei pi tornata indietro. Dovevo restare. Nel giro di pochi mesi la cosiddetta buona societ mi aveva accolto di nuovo nel suo seno. Venni invitata a cena da Monsieur e Madame Brard. Era la vecchia vita, anzi peggio. Mi ha salvato la guerra. Forse per questo motivo che prendo con filosofia questa.-Si sfior il collo con le dita della mano destra. Stephen si domand che sensazione si provava.-Quell'anno, in agosto, le truppe inglesi passarono per la citt. Io andai ad assistere alla sfilata, quasi mi aspettavo di vederti. La gente cantava "Dio salvi il re". Poi la situazione cominci a precipitare. Alla fine del mese l'esercito decise di abbandonare la citt, lasciandoci in balia dei tedeschi. Io volevo andarmene, ma Azaire era consigliere comunale e insistette per restare. Aspettammo 2 giorni, e fu una vera agonia. Alla fine arrivarono: entrarono marciando lungo la strada di Albert, risalendo rue Saint Leu. Per qualche istante ci fu un'atmosfera di festa. Ma poi venimmo a sapere delle loro richieste: il sindaco aveva 2 giorni di tempo per fornire loro un enorme quantit di cibo, cavalli e attrezzature. Come garanzia volevano 12 ostaggi. Si offrirono volontari 12 consiglieri comunali, mio marito era 1 di loro. Erano venuti nella casa sul boulevard du Cange e l'avevano requisita per dare alloggio a una decina di ufficiali tedeschi. Quella sera mio marito fu trattenuto nella sala del consiglio comunale. La citt tardava a fornire i viveri richiesti e i tedeschi minacciavano di uccidere i 12 ostaggi. Puntarono sulla citt un'enorme batteria di cannoni. Il giorno dopo sentimmo dire che gli ostaggi erano stati tutti liberati, ma poi salt fuori che il sindaco non aveva esaudito le loro richieste e cos 4 di loro, compreso mio marito, furono trattenuti. Dopo 3 giorni di incertezza, i tedeschi riconobbero che le loro condizioni erano state rispettate e tutti i consiglieri erano stati liberi di tornare a casa. Ma la citt sotto l'occupazione cambi molto.-Isabelle tagli corto sulla parte successiva della Storia perch non aveva avuto riflessi su nessuno degli interessati. Tutti gli uomini in et di leva dovevano presentarsi per essere deportati. Molti avevano approfittato dell'occasione per lasciare la citt, ma se n'erano offerti spontaneamente 4000. I tedeschi erano rimasti imbarazzati dalla loro docilit. Non erano in grado di accoglierne tanti e li avevano lasciati andare tutti, tranne 500 volontari che avevano portato fuori citt. Una volta raggiunto il sobborgo di Longueau, i meno pavidi si erano accorti che in realt non li tratteneva nessuno ed erano tornati subito a casa. A pronne quelli che non avevano provveduto diversamente erano stati caricati su vetture requisite ai francesi e portati in Germania. Azaire, che considerava suo dovere di consigliere restare insieme agli uomini di Amiens, li aveva accompagnati. Anche se in considerazione della sua et gli erano state rivolte parecchie offerte informali di liberazione, era rimasto incrollabile nella sua decisione di accompagnare i concittadini meno fortunati. Per Isabelle la citt occupata era stata senza dubbio un luogo diverso; anche se a lei, nella casa sul

boulevard du Cange, l'occupazione aveva portato la libert. Gli ufficiali tedeschi erano cortesi e allegri. Un giovane prussiano di nome Max prestava particolari attenzioni alla figlia di Isabelle, che aveva 2 anni. Portava la bambina in giardino e la faceva giocare; aveva convinto persino gli altri ufficiali che le cure materne esoneravano Isabelle dal provvedere alle loro necessit, che potevano essere soddisfatte adeguatamente dagli attendenti. Dietro sua insistenza, Isabelle aveva potuto tenere per s la stanza migliore della casa. Raccontando la storia a Stephen, Isabelle non accenn alla bambina. Era stato per il suo bene che lei aveva accettato di tornare prima a Rouen e poi ad Amiens; la piccola aveva bisogno di una casa e d una famiglia. Non riusciva a decidersi a nominare la bambina a Stephen, anche se era sua figlia. Gli aveva tenuto nascosta la gravidanza e aveva fatto giurare a Jeanne di non parlargliene . Era convinta che, se lui avesse saputo della bambina, questo avrebbe reso pi dolorosa e complicata la loro relazione. Per lo stesso motivo per cui nascose a Stephen l'esistenza della bambina, gli parl invece di Max. Pensava che la separazione sarebbe stata pi semplice e pi definitiva per Stephen, se lo avesse saputo. L'occupazione era durata solo alcuni giorni, ma la guerra aveva imposto un'accelerazione al tempo e quel periodo era stato sufficiente perch Isabelle si innamorasse del soldato che giocava con la bambina e faceva della sua tranquillit il centro dei propri interessi. Era un uomo dotato non solo di grande cortesia, ma di fantasia, stabilit e senso dell'umorismo. Per la prima volta in vita sua, Isabelle sentiva di aver conosciuto un uomo col quale poteva essere felice in qualunque circostanza, in qualunque paese. Lui era interessato al suo benessere e lei cap che, se avesse ricambiato quella semplice fedelt, nessuna circostanza, nessuna alterazione, neanche la guerra, avrebbe potuto turbare il loro semplice, compiuto appagamento. In confronto alla passione per Stephen era una storia in tono minore, eppure non era superficiale; la faceva sentire profondamente soddisfatta e fiduciosa di poter diventare finalmente la donna che era destinata a essere, senza intralci di limiti o inganni, nel cerchio di una vita che sarebbe stata serena e positiva per la bambina. Max era piacevolmente eccitato da quella che definiva la sua grande fortuna. Con una certa sorpresa da parte di Isabelle, pareva quasi incapace di credere che lei ricambiasse i suoi sentimenti. Quell'incredulit gli aveva conferito spirito e vivacit, nel breve tempo che avevano trascorso insieme. L'unico punto oscuro nella mente di Isabelle riguardava la sua nazionalit. Quando restava sveglia di notte si considerava una traditrice: per 2 volte aveva tradito il marito, ma la terza volta, aveva tradito il suo paese e la sua gente, e questo era molto pi grave. Non riusciva a capire per quale motivo pareva attirare su di s quello strano destino, dal momento che lei si considerava una creatura cos poco complicata, cos simile a quella bambina che, in casa dei genitori, aveva sempre desiderato soltanto un briciolo d'amore e di attenzione, qualche scambio umano naturale. Per quale motivo i suoi semplici desideri l'avevano trasformata in una paria stravagante? Era questo il problema che restava inestricabile, insolubile, da qualunque punto di vista lo rigirasse o lo esaminasse dentro di s. Quando si soffermava a riflettere, la rendeva infelice; eppure lei aveva anche un istinto sicuro per gli aspetti pratici della vita. Max era un uomo fatto di carne e sangue, un brav'uomo, una creatura gentile, e alla fin fine questo era pi importante di un accidente puramente esteriore come la nazionalit, anche in un periodo cos terribile. L'istinto naturale che guidava Isabelle nelle dure scelte imposte dalla vita quotidiana le aveva permesso di procedere verso l'obiettivo che riteneva giusto, senza tener conto di quelle che giudicava considerazioni pi vaste, ma in fondo solo teoriche. Intratteneva una corrispondenza con Max e aveva fatto un viaggio segreto a Vienna per vederlo mentre lui era in licenza. Le lunghe separazioni non erano valse ad attenuare i suoi sentimenti, anzi avevano rafforzato la sua determinazione. Era l'ultima possibilit che aveva per riscattarsi e assicurare una vita a sua figlia. Nel giugno 1916 il reggimento di Max era stato trasferito per rafforzare un settore in precedenza tranquillo sul fiume Somme, nei pressi di Mametz. Isabelle aveva ricevuto la lettera di Stephen dal fronte e per 6 mesi non era riuscita neanche

a leggere un giornale. Il pensiero che Max e Stephen combattessero l'uno contro l'altro le riusciva intollerabile. Dall'ospedale aveva scritto a Max, e la notizia della sua ferita aveva raddoppiato la sua devozione per lei. Pi diventava difficile, pi entrambi sapevano che era importante per loro onorare l'impegno che avevano preso. Non facile,-concluse Isabelle.-Queste scelte sono tutte molto, molto difficili. Ma il prolungarsi della guerra ha rafforzato la nostra decisione.-Appena ebbe finito di parlare, guard Stephen. Durante il racconto lui non aveva detto una parola, e Isabelle si domandava se aveva davvero capito tutto. Poich lei non aveva accennato alla bambina, le spiegazioni risultavano anche pi difficili di quanto si fosse aspettata. Si accorse che lui sembrava perplesso. Era cambiato fino ad essere quasi irriconoscibile, pens; certo, molto pi di quanto lui non immaginasse. Aveva i capelli brizzolati, i baffi trascurati. Era rasato male, e si grattava in continuazione in tutto il corpo, evidentemente senza rendersene conto. I suoi occhi erano sempre stati scuri, ma ora sembravano infossati, privi di luce. La sua voce, che un tempo era ricca di significati e di sfumature, di collera e di emozioni trattenute, adesso era o atona o stentorea. Sembrava un uomo assorto in un'esistenza diversa, dov'era ben riparato e protetto dalla mancanza di sentimenti e di reazioni naturali. Isabelle era molto commossa dalla vista di quei cambiamenti, ma aveva paura di avvicinarsi al mondo nel quale ormai viveva Stephen, qualunque fosse. Avrebbe pianto per lui, una volta che fosse uscito, ma non prima di concludere la questione pratica delle spiegazioni che gli doveva. S tephen prese un'altra sigaretta, picchiettandola lentamente sul tavolo. Di sorpresa sorrise, un largo sorriso sardonico.-Certo, non hai mai scelto la via pi facile. Isabelle scosse la testa.-Anche se non sono stata io a voler affrontare tutte queste difficolt. A quanto pare, sono state loro a cercare me. -Come sta Lisette? -E' sposata. Con grande irritazione di mio marito, ha sposato Lucien Lebrun. Ricordi, l'uomo che organizzava lo sciopero. -Ricordo. Ero geloso di lui. Ed felice? -Si, molto felice, solo che Lucien nell'esercito. Grgoire partir l'anno prossimo, se la guerra continuer. -Mi piacerebbe rivedere Lisette. Era una ragazza simpatica. -Vive a Parigi. -Capisco.-Stephen annu.-Cos' questo rumore? -Devono essere i gatti. Jeanne ne ha 2. -Sembrava un bambino.-Udirono dei passi nel corridoio. Una porta si apr e si richiuse. Isabelle si accorse che sotto i modi neutri di Stephen si celava un impulso o un desiderio potente.-Isabelle, quello che mi hai detto mi fa piacere. Non ho intenzione di rivederti ancora. Era tutto quello che avevo bisogno di sapere. Ti auguro ogni bene col tuo amico tedesco.-Isabelle sent lacrime impreviste sgorgarle dagli occhi. Non poteva lasciarlo andare su quella nota spenta di generosit avvilita. Non voleva vederlo cos abbattuto. Lui si protese in avanti sul tavolo, chiedendole con un lieve singulto nella voce:-Posso toccarti? Lei lo guard negli occhi scuri.-Vuoi dire.,.? -Si.-Lui annu lentamente. Tese la mano destra e lei la prese nella sua, sentendo le dita grandi e irruvidite. Lentamente, con un lieve tremito nella stretta, la guid verso il proprio viso posandola sulla mascella, appena sotto l'orecchio. Sent i polpastrelli di lui scorrere delicatamente lungo la fenditura. Si domand se erano abbastanza morbidi da consentirgli di sentire la qualit della pelle, o troppo callosi per la grana diversa di quella che toccavano, le dita sondarono l'abrasione, si sent pervadere dal desiderio. Era come se non le sfiorassero la guancia, ma le aprissero le carni fra le gambe; sent nuovamente l'intrusione della sua lingua; riassapor l'estasi della degradazione e del possesso, il sangue le afflu alla pelle, arrossendola; si sent sciogliersi il grembo in un fiotto bollente. Arrossiva di eccitazione, con la pelle che pulsava, ardente sotto il vestito. Lui era lucido, mentre seguiva con gli occhi il corso lungo il solco marcato. Quando arriv allo scollo del

vestito, ve la lasci sospesa per un attimo, con le dita appoggiate sulla ferita. Poi pass il dorso sulla pelle morbida e intatta della guancia di Isabelle, come aveva fatto tante volte in passato. Si alz e lasci la stanza senza dire una parola. Isabelle lo sent parlare con Jeanne in cima alle scale, poi ud i suoi passi che scendevano e si nascose il viso fra le mani. Il pomeriggio volgeva alla fine e la luce stava gi per svanire uando Stephen entr nell'atrio della stazione. Vedendo Ellis che lo aspettava in testa al binario, lo raggiunse. -Che cosa le successo?-Domand Ellis in tono nervoso. Sembrava irritato. -Ho incontrato un amico. In treno, trovarono 2 posti a sedere e Stephen guard fuori dal finestrino mentre la stazione scivolava alle loro spalle. Ellis accese una sigaretta. -Sembra quell'ora della domenica quando si aspettano i primi rintocchi del vespro,-osserv.-Darei non so cosa per non dover tornare. Stephen chiuse gli occhi. Non aveva pi opinioni precise su quel che voleva o non voleva fare. A suo tempo, il treno li avrebbe portati a destinazione. Il giorno dopo and a trovare il colonnello Gray al comando del battaglione. Gray pos il libro che stava leggendo non appena Stephen apr la porta del suo ufficio, ricavato dal salotto di una casa colonica. -Si accomodi, Wraysford. Ha trascorso bene la licenza? -Si, grazie, signore. -Purtroppo la sua compagnia torner al fronte domani. -Non mi dispiace,-rispose Stephen. Accavallando le gambe, sorrise a Gray. -Terremo duro finch non sar finita.-Gray gli piaceva perch era franco. Lo impensieriva soltanto il debole che aveva per quelle strane teorie psicologiche. Gray accese la pipa.-Fanno pressioni su di me perch le assegni un incarico nello stato maggiore. Stavolta dovr cedere. Stephen s'irrigid.-Non sono arrivato fin qui per abbandonare gli uomini proprio adesso. Gray disse piano:-Quali uomini? -Quelli che sono con me da pi di 2 anni. Gray scosse la testa in silenzio, inarcando le sopracciglia. Stephen deglut e abbass gli occhi sul pavimento.-Se ne sono andati, Wraysford,-gli disse Gray, -Se ne sono andati tutti. Non mi pu indicare pi di 2 nomi del plotone originario.-Stephen strinse le labbra. Aveva le lacrime agli occhi.-Lei stanco. -No, sono.,. -Non si risparmia nulla. So che partecipa alle incursioni e al servizio di pattuglia. Ho sentito che sceso persino nella galleria con i minatori. Ma non si tratta di questo. La sua una stanchezza interiore, Wraysford, non cos? Stephen scosse la testa. Non poteva rispondere. Era molto tempo che qualcuno non gli parlava con tanta simpatia.-Non c' niente di cui vergognarsi. Santo cielo, lei ha fatto pi di chiunque altro in questo battaglione. Il meglio che possa fare adesso collaborare con lo stato maggiore della brigata. Hanno bisogno del suo francese. Non serve a niente parlarlo correntemente in un cratere di granata . -Per quanto tempo? -Alcuni mesi, non di pi. Tira una strana aria, fra i ranghi dei nostri alleati francesi. Dobbiamo sapere che sta succedendo esattamente, perch pu star certo che non saranno loro a dircelo.-Stephen annu. Non riusciva a individuare nessuna valida linea di resistenza.-Prima avr una licenza in patria. E stavolta non ci rinuncer.-L'attendente di Gray, Watkins, serv il t con una fetta di torta di noci mandata dalla moglie di Gray, in Inghilterra. Mangiarono per un attimo in silenzio, poi Gray disse:-C' stato un brutto incidente con alcuni prigionieri nemici nella compagnia B, ha sentito? E' successo dopo un lungo bombardamento, e gli uomini avevano i nervi a pezzi. C' stata un'incursione e hanno catturato una dozzina di boches. Quando hanno scoperto che dovevano scortarli in salita per 8 chilometri sotto la pioggia, li hanno portati fino all'orlo di un boschetto e li hanno uccisi. L'ufficiale ha chiuso un occhio. Stephen cap che Gray attendeva la sua risposta con interesse. Poteva darsi persino che avesse inventato l'episodio per metterlo alla prova.-Dovrebbero

essere processati,-rispose. -E io che pensavo che lei fosse cos implacabile con i nostri amici tedeschi, osserv Gray, con l'accento scozzese lievemente pi marcato, come sempre quando il suo interesse si ridestava. -Lo sono,-rispose Stephen, posando la tazza di t. Persino al comando di battaglione aveva il sapore della latta di benzina in cui lo avevano trasportato . -Trovo che la parte pi difficile del mio lavoro sia indurre gli uomini a odiarli quanto li odio io. Va tutto bene quando sono a riposo o in riserva, ma pi ci avviciniamo al fronte, pi cominciano a parlare dei "poveri crucchi". Il peggio quando possono sentirli parlare o cantare. Allora so che siamo nei guai e devo ricordare loro gli amici morti. -E lei? -Non ho nessuna difficolt a tenere viva la fiamma dell'odio,-rispose Stephen. -Non sono come loro. Ho imparato ad amare il regolamento, a essere assetato di sangue come prescritto. Mi basta pensare ai miei uomini, a quello che hanno fatto loro, al modo in cui sono morti.-Stephen era agitato. Tent di calmarsi, nel timore di dire qualcosa di poco sensato. Pensava a Brennan, il cui fratello era scomparso mentre era di pattuglia, qualche giorno prima. Gray annuiva con eccitazione tutta intellettuale, come un chirurgo che ha trovato un calcolo biliare di cui si parler a lungo negli annali della medicina. -Io non sono convinto che gli ufficiali debbano vivere in un parossismo di odio viscerale verso il nemico,-ribatt.-Dovrebbero essere assetati di sangue, certo, ma a mente fredda, e tenendo conto della sicurezza dei loro uomini. -Questo pensiero non mi abbandona mai,-rispose Stephen.-Chi ha visto quello che lei e io abbiamo visto nel luglio scorso, farebbe qualunque cosa pur di evitare che la vita di 1 dei suoi uomini vada perduta di nuovo inutilmente. Gray si picchiettava i denti con il cucchiaino da t.-Le farebbe piacere uccidere un gran numero di nemici.,.di persona, con le sue mani? Stephen abbass gli occhi sul tavolo. La sua mente era oppressa dal pensiero di Isabelle e del prussiano. Si figur quello che avrebbe fatto se lo avesse incontrato: non avrebbe avuto la minima difficolt, il minimo scrupolo, a premere il grilletto della rivoltella; non avrebbe esitato a togliere lo spillo a una granata. Non era certo di quello che Gray si aspettava di sentirgli dire. I suoi pensieri erano confusi, ma una linea era chiara nella sua mente: dopo che si era spinto a quegli estremi, dopo che tanti uomini erano morti, sarebbe stato folle scendere a compromessi o tirarsi indietro. Disse la verit, come la vedeva in quel momento.-Si, in gran numero. -Eppure sente degli scrupoli per una misera dozzina di prigionieri che sono stati fucilati da uomini ai quali avevano reso la vita un inferno. Stephen sorrise.-Lo so come sono, come si arrendono appena diventa impossibile uccidere in tutta sicurezza, e come fanno gli amiconi, dopo che si sono arresi. Ma in un certo senso c' una decenza da rispettare. Potr sembrare strano, ma abbiamo degradato la vita umana a tal punto che dobbiamo lasciare un certo spazio affinch possa rinascere la dignit. Come potr, quando potr. Non per lei o per me, forse, ma per i nostri figli. Gray inghiott e assent senza parlare. Alla fine disse:-Un giorno faremo di lei un vero ufficiale. Prima dovr dimenticare il suo odio. Ricorda quando sono venuto a trovarla in ospedale? Le ho detto di smetterla con tutte quelle sciocchezze voodoo. Mi ha dato retta? -Le faccio su richiesta speciale per il capitano Weir, e solo per lui. Non ci crede? Trucco le carte. -Come potrei crederci?-Gray rise, versandosi in bocca le briciole della torta. -E in che cosa crede? -Nella guerra. -Che cosa intende dire? -Voglio vedere come andr a finire. -Nient'altro?-Gray aveva di nuovo assunto l'aria inquisitoria da medico. -A volte,-rispose Stephen, che era troppo stanco per essere evasivo,-credo ci sia un senso pi profondo, a diversi livelli di esperienza; una fede nella

possibilit di una spiegazione. -Lo immaginavo. Per la maggior parte delle persone accade il contrario: pi vedono, meno riescono a credere. Stephen si alz in piedi, dicendo con veemenza:-Ho visto il suo viso quella mattina di luglio, quando abbiamo attaccato a Beaucourt. Ho ricevuto gli ordini da lei, all'inizio della trincea di comunicazione. -E allora? -L'ho guardata negli occhi, e vi ho letto il vuoto assoluto.-Per la prima volta da uando Stephen lo conosceva, il colonello Gray parve in imbarazzo. Toss e abbass gli occhi. Quando riusc a incontrare di nuovo lo sguardo di Stephen, disse:-Quelli sono momenti intimi. Stephen annu.-Lo so. Io c'ero. Ho visto il grande "ignoto" nella sua anima, e lei ha visto il mio. Seppellirono Arthur Shaw e Bill Staniey, l'uomo che era morto con lui, ma prima dovettero riesumarli dalla sepoltura non ufficiale nella galleria. Per raggiungere i corpi ci vollero squadre di 4 uomini che lavorarono 3 giorni per aprirsi la strada, puntellando le pareti man mano che avanzavano. Era un'impresa pericolosa che lo stesso Weir aveva sconsigliato; ma dato che lui era ancora a riposo dietro le linee, gli uomini riuscirono a imporre la loro volont di recuperare i cadaveri al comandante pro tempore della compagnia, un tipo malleabile che si chiamava Cartwright. Mentre il cappellano recitava le preghiere per il servizio funebre, Jack Firebrace rimase in pie i tra Jones e Evans, con il berretto stretto in mano. Sui cadaveri furono gettate manciate di terra. Jack non provava sorpresa per quello che era successo. Non c'era nessuna ragione, a suo parere, per supporre che l'amico dovesse vivere pi a lungo di suo figlio. Non appena aveva sentito l'esplosione del tunnel tedesco si era aspettato la notizia: c'erano 2 uomini laggi, e 1 era Arthur Shaw. Quando Fielding lo aveva informato, si era limitato ad annuire. La violenza casuale regnava suprema nel mondo; non aveva senso cercare una spiegazione. Intonarono un inno, "C' una verde collina lontana, che piaceva a Shaw, lui lo sapeva". Lontana davvero, pens abbassando gli occhi sul fango gialliccio intorno agli stivali. Suon una tromba, e gli uomini si allontanarono con andatura pesante, sollevando i piedi da terra. Shaw tornava sotto per l'ultima volta. La sezione di Jack era di riserva, alloggiata nel capannone di una fattoria. Con Tyson e Shaw, si erano messi in societ per acquistare un piccolo fornello Primus, che adesso era soltanto suo. Invit Jones ed Evans a dividere con lui un barattolo di stufato Maconochis, ed Evans contribu al pasto con un po' di fagioli e una torta che gli avevano mandato da casa. -Non giusto,-disse Jack.-Giusto sarebbe stato poter brindare alla sua salute. Si diresse alla porta del capannone e rovesci per terra il miscuglio di stufato e fagioli. Quando fece buio tornarono indietro attraverso le retrovie per raggiungere un villaggio dove Fielding aveva detto che c'era un simpatico estaminet. Seguendo le sue indicazioni, si ritrovarono nella stanza di un cottage dietro la via principale. Appena furono arrivati, Jack si accorse di avere le mani terribilmente infreddolite. I polsi dell'uniforme sfregavano dolorosamente contro le vene ghiacciate, facendogli scorrere fra le dita delle piccole scosse elettriche, e il suo corpo agognava il conforto dell'acqua calda. L'estaminet era affollato di uomini che stavano in piedi lungo le pareti cercando di avvicinarsi al fondo della stanza, dove, su un fornello, sfrigolava una casseruola piena d'olio bollente. 2 donne ci versavano dentro manciate di patate che servivano insieme a uova fritte, fra i chiassosi apprezzamenti degli uomini tanto fortunati da trovare posto intorno alla lunga tavola. Jack si fece largo fino al punto in cui una donna distribuiva bicchieri pieni di una birra pallida. Sapeva per esperienza che non era quello il modo di prendersi una sbronza. Chiese una bottiglia di vino bianco, e Jones si fece dare un po' di sciroppo da un uomo che se ne stava andando. Si scolarono in fretta la bottiglia , mentre Evans gridava oscenit alla vecchia che friggeva uova. Lei ribatteva allegramente, finch alla fine venne il loro turno. Comprarono dell'altro vino e

lo bevvero mangiando le patate unte, che a loro sembravano squisite, appena cotte, bollenti e intrise di fragranza casalinga. Jack si pul la bocca sulla manica, levando il bicchiere in alto. Evans e Jones gli stavano vicini nella calca.-Ad Arthur Shaw,-brind Jack.-Il compagno migliore che un uomo potesse avere.-Bevvero, e poi bevvero ancora, Jack con la determinazione lenta e costante con la quale lavorava in testa alla galleria. C'era il ricordo di Shaw, un ricordo penoso, tenuto a freno dalla parte sobria e lucida della sua mente; e lui lavor a smantellare quella sobriet, pezzo per pezzo, finch fu tutta distrutta, portando via con s anche il ricordo. Lestaminet doveva chiudere alle 8 e mezzo, quando la polizia militare veniva a controllare che non ci fossero dentro pi uomini. A 20 minuti dalla chiusura, la velocit delle bevute aument. Evans cominci a cantare e Jones, i cui avi gallesi si erano trasferiti a Londra molte generazioni prima, attinse alle proprie origini celtiche un tocco di musicalit sufficiente per accompagnarlo. Poi incitarono Jack Firebrace a fare il suo numero da music hall. Jack si sentiva in vena, mentre Evans imponeva il silenzio alla sala. Si lanci in alcune barzellette collaudate, accorgendosi che il risentimento iniziale degli uomini che si erano visti troncare la conversazione si tramutava ben presto in sonoro apprezzamento. Alla battuta culminante di ogni barzelletta si protendeva in avanti con calma professionale, facendo brevi pause per far lievitare l'eccitazione degli ascoltatori. L'alcool lo rendeva disinvolto e distaccato; sentiva di avere superato lo stadio in cui avrebbe potuto incespicare nelle parole o dimenticare a che punto era, per raggiungere invece una nuova lucidit. Nella sua sicurezza c'era qualcosa di sprezzante, quasi crudele. Gli uomini adoravano le sue barzellette, anche se le avevano gi sentite tutte. Jack era un bravo intrattenitore; pochi di loro le avevano sentite raccontare cos bene. Jack, dal canto suo, rideva poco, ma era in grado di vedere l'effetto che la sua esibizione aveva sul pubblico. Il fragore delle risate gli rimbombava nelle orecchie, potente come il rombo del mare. Voleva che risuonasse sempre pi forte; voleva che le loro risate soffocassero la guerra. Se fossero riusciti a gridare abbastanza, avrebbero potuto far tornare in s il mondo; avrebbero potuto ridere tanto forte da risvegliare i morti. Jack bevve altro vino dalla caraffa che gli passava 1 spettatore entusiasta, e super la linea di confine che separava quello stato di particolare calma, conferitogli dalla perdita completa delle inibizioni, dall'incoerenza assoluta in cui immagin che ci che sentiva e voleva, il grande potere liberatorio del riso, si potesse ottenere semplicemente incalzando il pubblico, e non con la fredda concentrazione sui mezzi per raggiungere quel fine . Cominci a ripetere le battute cruciali delle barzellette e a incoraggiare la reazione del pubblico agitando le braccia. Alcuni degli uomini avvertirono un certo imbarazzo, altri cominciarono a perdere ogni interesse per lo spettacolo, riprendendo le conversazioni interrotte. Jack concludeva sempre con una canzone. Era strano come le migliori fossero le pi semplici e dozzinali; erano quelle che permettevano agli uomini di pensare a casa loro, ciascuno dentro di s. Cominci a cantare "Se tu fossi l'unica ragazza al mondo". La sua voce si lev nella stanza, mentre si sbracciava per incitare gli uomini ad accompagnarlo nel canto. Sollevati dal fatto che le barzellette erano finite, molti si unirono al coro. Vedendo i loro volti, di nuovo cordiali e pieni di approvazione, Jack si sent commosso e rincuorato. Gli torn alla mente il volto dell'amico morto. In quella strana vita incoerente, Shaw era stato l'unica persona al mondo che contasse per lui, con la sua bella testa dagli occhi calmi, la schiena muscolosa e le enormi dita con le unghie spezzate. A Jack pareva quasi di sentire la forma elastica del corpo di Shaw che s'incurvava, adattandosi al suo negli angusti e luridi rifugi in cui avevano dormito. Le parole di quella stupida canzone cominciarono a soffocarlo. Senti gli occhi del pubblico sempre pi numeroso, nuovamente amichevole, fissi su di s. Guard in lontananza oltre le facce rosse e urlanti, come gi una volta aveva fatto, cantando proprio la stessa canzone. In quel momento si era detto che non desiderava amare nessuno di quegli uomini pi degli altri, sapendo ci che li aspettava. La sala calda e rumorosa ondeggi distorta davanti ai suoi occhi pieni di lacrime. "In vita mia ho commesso questo

errore" pens Jack "non una, ma 2 volte; ho amato qualcuno pi di quanto il mio cuore potesse sopportare". Con quel pensiero disperato in mente, cadde dalla sedia, in avanti, fra le braccia degli amici Jones ed Evans, che lo portarono via nella notte, sotto gli occhi perplessi ma indifferenti dei commilitoni. 2 giorni dopo, giunse il momento del bagno, che rappresentava un evento raro ed emozionante per tutta la divisione. La compagnia di Jack dovette marciare per 5 chilometri dal fronte fino a una vecchia fabbrica di birra abbandonata nelle retrovie. Jack amava quel rituale ed era divertito dall'ottimismo di un gruppo di giovani ufficiali, convinti che quel breve tuffo avrebbe risolto per sempre i problemi igienici dei loro uomini. Dapprima Jack aveva considerato i pidocchi sul corpo come semplici parassiti, la cui audacia lo indignava. Il modo in cui annidavano i loro brutti corpi giallastri nei pori pi intimi della sua pelle lo riempiva di repulsione. Provava un gran piacere ad accostare una candela accesa alle cuciture degli indumenti, dove gli insetti si annidavano e si riproducevano , spostandola lentamente. Di solito quei roghi erano silenziosi, anche se a volte producevano un soddisfacente scoppiettio. Lavorava anche sugli abiti di Shaw al posto suo, perch Shaw non aveva la necessaria delicatezza di tocco e tendeva a dar fuoco alla biancheria. Se non c'erano candele a disposizione, anche le unghie dei pollici, usate con fermezza, avevano una certa efficacia. Si provava un senso di sollievo quando una parte delle bestiacce era eliminata, anche se era come schiacciare una zanzara gi gonfia di sangue; Jack era convinto che non avessero neanche il diritto di esistere. Il vantaggio evidente nel ridurne il numero era il temporaneo sollievo dall'odore acre e rancido proprio di quelle creature, anche se persino tale sollievo era limitato dal fatto che l'odore di solito era arricchito e sopraffatto da odori corporei pi intensi e pi persistenti. Jack, come la maggior parte degli uomini, si grattava di continuo, inconsciamente, e divenne sempre pi indifferente a quell'abitudine. Non tutti erano altrettanto rassegnati. Tyson una volta era diventato cos frenetico che l'ufficiale medico gli aveva assegnato 15 giorni di riposo. La continua irritazione si era rivelata per lui pi logorante persino del fragore dei cannoni pesanti o del timore di morire. Nella vecchia birreria, gli uomini si disposero in fila consegnando i vestiti. La biancheria veniva gettata in un'unica pila, un mucchio grigio e brulicante che toccava ai profughi pi sfortunati ritirare e portare alla lavanderia del reparto. Gli uomini lanciavano battute alle donne incaricate di assolvere a quel compito ingrato, con le mani protette dai guanti e un fazzoletto legato sul viso. Jones offr la sua maschera antigas a una gracile e malaticcia donna belga, che non cap. Consegnarono giacche e pantaloni ad altre che, sotto la direzione del sergente del plotone di Jack, li portarono in un angolo dello stanzone, vasto come un granaio, dove un'autoclave Foden, una macchina che veniva trasportata ottimisticamente su e gi per il fronte, avrebbe dovuto disinfestarli per mezzo di insufflazione. Jack entr in una vasca insieme a parecchi uomini del suo plotone. L'acqua era ancora calda, bench saponosa dopo il passaggio degli occupanti precedenti. Si sfregarono il corpo da capo a piedi e risero sentendo il calore sulla pelle. Agli uomini che avevano lavorato alla metropolitana di Londra non era mai stata messa a disposizione una doccia; Jack era dovuto tornare a casa pi volte incrostato di sudore e di terriccio argilloso. L, invece, nelle vecchie botti per la birra, visse un momento di amicizia scherzosa quali ne aveva conosciuti di rado. Evans e Jones cominciarono a schizzarsi a vicenda, spruzzando l'acqua col palmo delle mani, e Jack si accorse di essersi unito a loro. Per un attimo si sent in colpa verso il ricordo dei compagni morti, anche se non intendeva mancare loro di rispetto, ma quel momento pass. Era pronto a cogliere qualunque piacere potesse aiutarlo a sopravvivere. Alla fine rimasero in piedi, rabbrividendo, mentre il furiere controllava la consegna di camicie e biancheria pulita. Rivestiti con la divisa disinfestata dall'autoclave, si fermarono a fumare sotto il sole slavato di primavera. Il tempo aveva cominciato a cambiare. Anche se di notte faceva ancora un freddo pungente, di giorno l'aria si era intiepidita. Jack pens ai narcisi che dovevano spuntare sulle rive del canale, a casa. Ricordava come aveva

giocato con John, insegnandogli a innescare una lenza o a palleggiare avanti e indietro per ore. Aveva sperato che quell'esercizio permettesse a John di farsi accettare nelle partite dagli altri ragazzi della strada, ma la situazione non era migliorata granch. Tutto ci che vedeva Jack erano le guance del bambino rosee per l'eccitazione mentre tornava correndo da lui, tenendo fra le braccia la palla che sembrava troppo grande contro il petto gracile. Gli sembrava di sentire la sua vocetta blesa ed eccitata che fendeva l'aria nebbiosa, carica di gioia innocente. Distolse il pensiero e si guard gli stivali, tendendo le dita dei piedi nelle calze pulite. Si misero in formazione per tornare a passo di marcia al loro accantonamento. Quella sera dovevano lavorare a riparare la trincea in prima linea. La differenza fra stare al fronte e stare di riserva, come aveva fatto notare Evans, era che quando stavi al fronte almeno potevi rifugiarti sottoterra, al riparo dalle granate. Avevano appena raggiunto i loro alloggi, quando Jack cominci a sentire un'irritazione alla pelle. Nel giro di 3 ore, mentre marciava, il calore del suo corpo aveva fatto schiudere le uova di centinaia di pidocchi che se ne stavano in letargo nelle cuciture della camicia. Quando raggiunse la prima linea, la sua pelle brulicava di parassiti. La mattina dopo arriv una lettera da Amiens per Stephen. Non conosceva quella calligrafia, eppure gli era familiare, gli ricordava i biglietti che lui riceveva a Saint rmy, o i messaggi per il fattorino in boulevard du Cange. La port nel suo alloggio e l'apr mentre era solo; Ellis era uscito a parlare con le sentinelle. Era la prima lettera che riceveva dall'inizio della guerra. Rigir la busta alla luce, guardando meravigliato il proprio nome. Aprendola, sent la strana intimit della carta azzurra e frusciante. Jeanne scriveva per dire che Isabelle aveva lasciato Amiens per raggiungere Monaco, dove il suo tedesco era rimpatriato dopo avere riportato una ferita grave. Max aveva dovuto pagare una somma enorme per farla passare dalla Svizzera. Isabelle le aveva detto addio e non sarebbe mai pi tornata in Francia; ormai era una paria per la famiglia dei genitori e per la citt. Quando mi ha chiesto di scriverle, concludeva la lettera, lei ha detto che voleva avere notizie della vita normale. Non credo che nessuno dei 2 si aspettasse che avrei cominciato con una notizia cos importante. "Comunque, dato che mi ha chiesto dettagli della vita domestica ad Amiens, mi lasci dire che qui tutto va per il meglio. Le industrie tessili sono impegnate a fornire uniformi all'esercito. Naturalmente ora che gli uomini non portano pi i calzoni rossi, le divise non sono pi cos eccitanti da confezionare. La vita scorre con una normalit sorprendente. Prevedo di trattenermi ancora un po', prima di tornare a Rouen. Se le va di venire a trovarmi durante la prossima licenza, posso assicurarle che mi far piacere. Potrebbe cenare all'indirizzo al quale ci ha fatto visita la volta scorsa. I rifornimenti alimentari non sono buoni come in tempo di pace, ma probabilmente ce la caviamo meglio dei soldati al fronte. Con i miei migliori auguri, Jeanne Fourmentier". Stephen pos la lettera sulla superficie ruvida del tavolo, nei cui solchi si era coagulato il sangue del ratto, poi appoggi la testa sulle mani. Aveva ricevuto la risposta alla semplice domanda che era rimasta in sospeso: Isabelle non lo amava pi. O almeno, se lo amava, era in un modo distante che non influenzava pi le sue azioni o i suoi sentimenti per un altro uomo. Attingendo alle proprie riserve di forza, scopri di poter sopportare quel pensiero. Si disse che il sentimento che avevano provato l'uno per l'altra esisteva ancora, ma in un tempo diverso. Una volta, mentre si trovava nella gelida cattedrale di Amiens, aveva previsto l'ecatombe di caduti. Non era stata una premonizione, ma piuttosto il riconoscimento che fra la morte e la vita non vi era una differenza di fatto, ma unicamente di tempo. Quella convinzione lo aveva aiutato a sopportare il gemito dei morenti sui pendii di Thiepval. E cos adesso era in grado di credere che il suo amore per Isabelle, e quello di Isabelle per lui, restasse intatto nel suo ardore estremo; non perduto, ma temporaneamente vivo quanto poteva esserlo qualunque altro sentimento, presente o futuro, sotto la lunga ala della morte. Si mise in tasca la lettera di Jeanne e usc nella trincea, dove Ellis si avvicin sdrucciolando sul ponte di tavole per raggiungerlo. -Tutto tranquillo, vero?-Disse Stephen. -Accettabile,-rispose Ellis.-Ho un problema. Sto cercando di far uscire una

squadra per recuperare dei corpi. La situazione abbastanza tranquilla, come dice lei, e forse non avremo un'altra occasione migliore. -E allora qual' il problema? -I miei uomini hanno accettato solo a patto che partecipassi anch'io. Cos ho risposto di si. Poi hanno insistito perch andasse con loro almeno un minatore, ma il comandante dei minatori dice che loro non c'entrano niente e in ogni caso sono stufi marci di fare le nostre corv. Il viso bianco e lentigginoso di Ellis era agitato. Spinse indietro il berretto, scoprendo la fronte butterata dall'acne, sulla quale i capelli rossicci cominciavano a diradarsi. Stephen accenn un sorriso vago e scosse la testa. -Dovremmo andare tutti. Non ha importanza. E' solo la morte. -Bene, vuol dire lei al capitano Weir di mandare con noi 1 dei suoi zappatori? -Glielo posso chiedere. Forse vorr venire lui stesso, ora che il braccio va meglio. -Dice sul serio?-Ribatt Ellis corrucciato. -Non so, Ellis. C' qualcosa in te che mi rende molto insicuro. Prepara la squadra per le 12. Ci vediamo nella postazione di tiro pi vicina.-Weir fece una risatina secca, quando Stephen gli sottopose la sua proposta.-Ci sar del rum, gli fece notare Stephen. Weir apr gli occhi, interessato. Poi, quando fu il momento, si cre all'improvviso un'atmosfera di paura e irrealt. Non sarebbero mai stati pronti a guardare la morte nella forma cruda che li attendeva. Stephen avverti, come gli era gi accaduto nei momenti di tensione estrema, una distorsione del suo senso del tempo: gli sembr che s'inceppasse e poi restasse paralizzato. A mezzogiorno sul gradino sotto le feritoie dei tiratori, con la maschera antigas. "Sapore di morte, odore di morte", pens Stephen. Coker squarci dei sacchetti di sabbia per ricavarne dei guanti.-Mettete questi. La squadra era composta dai minatori, Firebrace e Fielding, Ellis, bianco come il latte, Barlow, Bates, Goddard, Allen della fanteria; Weir che beveva il rum sopra il whisky e affrontava traballando la scaletta. -E tu che fai, Brennan? -Vengo anch'io.-Uscirono in fila diretti verso una buca; c'era un sole intenso, un'allodola in volo. Un Cielo azzurro, ignorato dagli occhi fissi sul fango pesticciato. Tenendosi bassi, si diressero verso il cratere di una mina dove i cadaveri giacevano ignorati da settimane. -Provate a sollevarlo.-Silenzio di mitragliatrici e cecchini, per quanto tendessero l'orecchio al minimo suono.-Prendetelo per le braccia.-L'ordine incomprensibile attraverso il boccaglio della maschera. Le braccia si staccarono senza resistenza.-Non cos, non strappategli le braccia.-Un grosso topo sul colletto di Weir, che gli lasciava una scia rossa sulla schiena. Un corvo che, disturbato, drizzava di scatto il corpo nero, sbattendo l'aria con le grosse ali . Coker e Barlow scuotevano la testa sotto l'assalto di sciami neri di mosche che si alzavano in volo, lasciando scoperta la pelle verde dei cadaveri. Il conato di vomito di Godard li fece ridere, allegria segreta che trapelava sbuffando dalle maschere. Godard, togliendosi la maschera, inspir un'aria pi fetida di ci che aveva vomitato. Le mani di Weir avvolte in 2 sacchetti si tesero incerte verso l'uniforme di un geniere, scoprendogli il torace in cerca di una piastrina che sfil, mettendosi in tasca anche un lembo di pelle. La ripugnanza di Jack nel toccare, sia pure attraverso il tessuto ruvido, le carni spugnose. Lustro e agile sul fegato, un ratto sbuc dall'addome; si drizz e ricadde flaccido sulle costole del cadavere, satollo di piacere. Trasferiti un pezzo dopo l'altro sulle lettighe, i brandelli di carni dei caduti restavano nel fango. Non uomini, ma mosche e carni, pensava Stephen. Brennan spogliava con ansia un torso senza testa. Lo afferr con tutt'e 2 le mani, lo sollev privo di gambe dal cratere, con le dita affondate nelle carni verdi e frolle: era suo fratello. Quando rientrarono al sicuro nella trincea, Jack era furioso al pensiero che lui e Fielding fossero stati costretti ad andare, ma Weir gli fece notare che c'erano 3 uomini della compagnia rimasti insepolti. Goddard non riusciva a smettere di vomitare, pur avendo lo stomaco ormai vuoto da tempo. Quando non era assalito

dai conati, se ne stava seduto sul gradino in fondo alla trincea, piangendo in modo irrefrenabile. Aveva 19 anni. Michael Weir aveva un sorriso fisso. Disse a Fielding e a Jack che erano esentati per una settimana dalle corv, poi and nell'alloggio di Stephen in cerca di whisky. -Mi domando che cosa direbbe mio padre,-osserv pensieroso.-Naturalmente stanno facendo tutti la loro "parte", come si espresso lui.-Bevve e si lecc le labbra.-Solo che la loro parte e la mia sembrano tanto differenti. Stephen lo guard, scuotendo la testa con affetto.-Lo sai che cosa mi faceva davvero paura?-Ribatt.-Quello che mi faceva davvero paura era il pensiero che 1 di quegli uomini fosse vivo. Weir scoppi a ridere.-Dopo tutto quel tempo? -Ci sono stati casi del genere.-Fu colpito da un'idea.-Dov' Brennan? L'hai pi visto da quando siamo tornati? -No. Stephen percorse la trincea per cercarlo, e lo trov seduto in silenzio sul gradino vicino al rifugio in cui dormiva insieme a una mezza dozzina di uomini. -Mi spiace, Brennan. Che esperienza terribile per te. Non dovevi venire. -Lo so. Ma io volevo venire. Ora mi sento meglio. -Ti senti meglio?-Brennan annu. Aveva una testa oblunga, con i capelli folti e neri, untuosi, che Stephen vedeva dall'alto. Quando sollev il viso, aveva un'espressione tranquilla.-Almeno lavati le mani, Brennan. Mettici sopra del cloruro di calce. Prenditi un periodo di riposo, se vuoi. Dir al sergente che sei esentato dalle corv. -Va tutto bene. In un certo senso mi sento fortunato. Si ricorda lo scorso luglio, quando sono caduto dal gradino allo scoppio della mina e mi sono rotto la gamba? Poi ho guardato voialtri che scavalcavate il parapetto. Sono stato fortunato. -Si, ma mi dispiace per tuo fratello. -Va tutto bene. L'ho trovato, ecco tutto. Non l'ho abbandonato Laggi. L'ho riportato indietro e ora avr un funerale come si deve. Ci sar una tomba che la gente potr vedere. Quando la guerra sar finita, potr andare a metterci dei fiori. Stephen f sorpreso dalla sicurezza di Brennan: sembrava convinto che lui sarebbe sopravvissuto. Mentre si voltava per allontanarsi, Brennan cominci a cantare in sordina una canzone irlandese che aveva cantato anche la mattina in cui attendevano di attaccare. Aveva una voce tenorile stridula e insistente, e conosceva molte canzoni. Cant tutta la notte per il fratello, che aveva riportato indietro con le sue mani. Il ricevimento organizzato per i giovani ufficiali nel salone dell'Hotel Folkestone, a Boulogne, era molto animato. Molti di loro si trovavano al fronte da non pi di 6 mesi e avevano molti episodi da raccontare agli amici e alle famiglie. La guerra per loro non andava troppo male. Avevano assistito a mutilazioni e morti; avevano subito il disagio fisico del freddo, dell'umidit e di fatiche tali che non avrebbero mai creduto di poter sopportare, eppure riuscivano ancora a considerare quell'alternanza di servizio al fronte e regolari licenze a casa come una soluzione accettabile, almeno per un breve periodo di tempo. Bevevano champagne e si vantavano fra loro di quello che avrebbero fatto una volta arrivati a Londra. Non erano stati l durante le carneficine dell'anno precedente e non potevano prevedere lo scannatoio meccanizzato che li aspettava nel fango impraticabile delle Fiandre nei mesi a venire. L'orrore dell'intermezzo era tollerabile; rabbrividivano della gioia dei sopravvissuti e si tormentavano a vicenda con l'esultanza del sollievo. Le loro voci giovanili s'innalzavano sotto i lampadari, stridule e assordanti come il verso degli storni. Stephen li ud dalla sua stanza al primo piano, dove stava scrivendo una lettera a Jeanne. La sua fiaschetta, riempita con l'ultimo residuo di whisky ad Arras, era semivuota, mentre il posacenere era pieno. A differenza dei subalterni, che scrivevano a casa tutti i giorni, lui non aveva molta pratica di corrispondenza. Le lettere degli uomini, che leggeva annoiato, consistevano per lo pi in rassicurazioni per chi era rimasto a casa, commenti sul contenuto dei pacchi ricevuti e richieste di altre notizie. Stephen non

credeva che Jeanne avesse bisogno di essere rassicurata sul suo benessere, e nemmeno che gradisse dettagli sulla vita in trincea. Pur imponendosi di non nominare Isabelle gli sembrava ragionevole scrivere di argomenti comuni a lui e a Jeanne. Ci significava parlare di Amiens e di come gli abitanti e gli edifici sopravvivevano alla guerra. Quello che voleva dire a Jeanne era che lei, a parte Michael Weir, era il migliore amico che aveva. Dato che poteva morire da un giorno all'altro, gli sembrava che non ci fosse motivo per non dirlo. Le scrisse : "Per me molto importante ricevere le sue lettere, stabilire un contatto con un mondo sano di mente. Apprezzo molto la sua gentilezza nei miei confronti. La sua amicizia mi d la forza di sopravvivere". Strapp il foglio, gettandolo nel cestino della carta straccia ai suoi piedi. Jeanne non avrebbe apprezzato quelle parole; erano precipitose e volgari. Doveva essere pi formale, almeno per il momento. Appoggi la testa sulle mani incrociate e tent di immaginare con gli occhi della mente il viso lungo e saggio di Jeanne. Com'era quella donna? Che cosa avrebbe voluto che lui le dicesse? immagin i suoi occhi scuri sotto le sopracciglia arcuate. Erano occhi intelligenti, ironici, e tuttavia rivelavano una grande gentilezza e compassione, il naso era simile a quello di isabelle, ma la bocca era pi larga, con le labbra di un colorito pi intenso. Il mento, bench piccolo, era pi aguzzo. il vigore dei lineamenti, i colori pi scuri e gli occhi penetranti le conferivano un aspetto vagamente mascolino; ma la bellezza della sua pelle chiara, non espressiva come quella di isabelle, ma compatta come l'avorio sul viso e sul collo, testimoniava una straordinaria delicatezza. Stephen non sapeva come rivolgersi a lei. Le descrisse alcuni particolari del viaggio in treno fino a Boulogne e promise di scriverle dall'inghilterra, da dove almeno avrebbe avuto qualcosa di interessante da raccontare. Quando il traghetto arriv a Folkestone, il giorno dopo, sul molo era assiepata una piccola folla. Molti ragazzi e donne agitavano bandierine e applaudivano mentre la massa della fanteria scendeva dalla passerella. Stephen vide l'espressione di molti tra la folla cambiare, passando dalla gaiezza alla perplessit: per i familiari venuti ad accogliere figli o fratelli, quelli erano i primi soldati che vedevano tornare. Le creature scarne, apatiche, che scendevano a terra non erano gli uomini dall'equipaggiamento scintillante e dal sorriso florido che si erano imbarcati al suono delle bande reggimentali. Alcuni indossavano pelli di animali acquistate nelle fattorie locali; molti avevano tagliato pezzi del pastrano con il coltello per stare pi comodi o per fasciarsi le mani gelate. Invece dei berretti con i distintivi lucenti, portavano in testa delle sciarpe; avevano il corpo e lo zaino incrostati di sporco e dai loro occhi traspariva una vacua severit. Si muovevano con un'energia cupa, automatica. Agli occhi dei civili erano spaventosi perch non si erano trasformati in assassini, ma in esseri abulici che avevano un unico scopo: resistere. Stephen si sent posare una mano sul braccio. -Buongiorno, lei il capitano Wraysford? Io mi chiamo Gilbert. Sono il responsabile, qui. Non ce l'ho fatta a venire con voi altri.,.una gamba matta, purtroppo. Ora senta, prenda questi moduli e, quando arriva alla stazione, voglio che li consegni all'ufficiale addetto all'imbarco. Qui ci sono tutti i nominativi degli uomini. Capito? Stephen guard l'uomo con aria perplessa, Quando si avvicin per mostrargli i moduli Stephen sent che il suo corpo emanava un odore acre di disfacimento. Sul marciapiede della stazione c'erano altre folle beneauguranti e vari tavoli, sui quali le organizzazioni dei volontari offrivano t e pasticcini. Stephen si diresse verso la testa del binario e, quando fu nascosto alla folla dalla mole della sala d'aspetto in mattoni rossi, lasci cadere il grosso fascio di moduli in un cestino di rifiuti. Il treno parti con gli uomini in piedi nei corridoi, seduti sugli zaini, che fumavano e ridevano salutando con la mano la gente sui binari. Stephen cedette il suo posto a una donna con un cappellino blu, in piedi , schiacciato contro il finestrino dello scompartimento, vide ben poco dell'inghilterra, che sfrecciava via a rapidi quadri che egli, a tratti, intravvedeva disotto il braccio. La vista della terra natia non aveva suscitato

in lui sensazioni di affetto o di benvenuto; era troppo stanco per apprezzarla. Non riusciva a sentire altro che il dolore alle reni, dovuto allo sforzo per non battere la testa contro la reticella dei bagagli in alto. Col tempo, forse, avrebbe ripreso ad amare la campagna e i suoni della pace. -Io scendo alla prossima fermata,-disse la donna con il cappellino.-Vuole che telefoni a sua moglie o ai suoi genitori per avvertirli che sta arrivando? -No. No.,.meglio di no, grazie. -Dov' la sua casa? -Nel Lincolnshire. -Oh, santo cielo, molto lontano. -Non vado laggi. Vado a.,.-Non aveva fatto progetti, ma poi ricord qualcosa che una volta gli aveva detto Weir. "Nella contea di Norfolk, in questa stagione dell'anno molto bella". Alla stazione Victoria, Stephen spinse e lott per raggiungere la strada. Non voleva pi vedere altri soldati, ma perdersi nel grande anonimato della citt. Si avvi di buon passo verso Piccadilly attraverso il parco, di cui poi costeggio lentamente il lato settentrionale. Entr in un negozio di abbigliamento maschile ben fornito, quasi all'inizio di Albemarle Street. Molti dei suoi vestiti erano andati perduti durante un trasferimento, un anno prima, e gli serviva almeno un cambio di camicie e biancheria. Rimase fermo sul pavimento di legno, guardando le vetrinette con il ripiano di cristallo dov'era in mostra un costoso assortimento di cravatte e calze colorate. Un uomo in abito da mattino gli si avvicin restando dietro il banco. -Buon giorno, signore. Posso esserle utile? Stephen vide gli occhi dell'uomo scorrergli addosso registrando la sua uniforme e il suo grado e vide anche, sotto la cortesia di facciata, una ripulsa involontaria. Si domand che cosa c'era in lui che respingeva l'uomo. Non sapeva se puzzava di cloruro di calce, di fango, di sangue o di ratti. Istintivamente si port la mano al mento, ma sent soltanto la rada peluria che gli era ricresciuta da quando si era rasato all'Hotel Folkestone. -Vorrei delle camicie, per favore. L'uomo sal una scaletta a pioli ed estrasse 2 contenitori di legno che port gi per sottoporli a Stephen. C'erano camicie bianche con il plastron inamidato da portare la sera e altre senza colletto di cotone a righe per il giorno. Visto che Stephen esitava, il commesso port altri contenitori con camicie di tutti i colori e i tessuti che aveva in assortimento. Stephen contempl quel campionario di colori pastello, il grande arco di scelte che il commesso gli sciorinava davanti: asole ricamate a mano, le piegoline dei polsini appuntate e stirate, la gamma del tessuto dal rigido all'impalpabile. -Mi scusi, signore. Mentre lei ci pensa, devo servire quest'altro cliente.-il commesso si allontan, lasciando Stephen confuso da quella decisione e dall'atteggiamento dell'uomo verso di lui. Con l'altro cliente, un uomo corpulento sulla sessantina con un soprabito costoso e un cappello floscio, era molto pi espansivo. Dopo aver ordinato parecchi articoli, l'uomo usc dal negozio con andatura pesante, senza registrare la presenza di Stephen. Il sorriso del commesso si raggel, poi svan mentre si avvicinava, tenendosi a una certa distanza. Alla fine disse:-Non vorrei farle fretta, signore, ma se il nostro assortimento non la soddisfa forse sarebbe meglio che tentasse in qualche altro negozio. Stephen lo uard stupito. L'uomo era sui 35 anni, con i capelli rossicci, stempiato, e un paio di baffetti ben disegnati. -E' solo che mi riesce difficile scegliere,-rispose. Parlando si sentiva la mascella pesante e si accorse di quanto era stanco. -Mi scusi. Penso che forse sarebbe meglio se.,. -Non mi vuole qui dentro, vero? -Non questo, signore, .,. -Mi dia queste 2.-Scelse le prime camicie che gli capitrono sotto gli occhi. 10 anni prima, pens, avrebbe colpito quell'uomo; ora si limit a porgergli il denaro e uscire. Una volta fuori, respir profondamente l'aria densa di Picadilly. Oltre la strada vide le arcate dell'Hotel Ritz con il nome composto da lampadine illuminate. Dalle porte uscivano donne impellicciate scortate da

cavalieri in abito grigio e cappello nero. Avevano un'aria di urgenza discreta, come se fossero intenti in questioni di grande importanza finanziaria o di peso internazionale che non consentivano loro un'occhiata al sorriso accattivante del portiere con la finanziera dorata. Scomparivano oltre il vetro, in una scia di cappotti morbidi, indifferenti alla strada o a qualunque altra vita che non fosse la loro. Stephen rimase a guardare per un momento, poi si diresse con la sacca da viaggio verso Piccadilly Circus, dove compr il giornale. C'era stato 1 scandalo finanziario e un incidente in una fabbrica di Manchester. Non c'erano notizie sulla uerra in prima pagina, anche se poi, vicino alle lettere dei lettori, vide un articolo sulle manovre della Quinta armata con il caloroso elogio per la maestria tattica del suo comandante. Pi camminava, pi si sentiva isolato. Si meravigli della levigatezza della pavimentazione in pietra dei marciapiedi, rimasta intatta. Gli faceva piacere che nella capitale la vita continuasse come al solito, ma non se ne sentiva partecipe. Si sarebbe sentito in imbarazzo se avesse ricevuto un trattamento speciale rispetto ai civili dalla popolazione di un paese in cui, tra l'altro, non ci viveva da molto tempo; ma gli sembrava strano che la sua presenza fosse motivo non tanto di indifferenza quanto di risentimento. Scese per la notte in un alberghetto vicino a Leicester Square, e la mattina dopo prese un taxi per Liverpool Street. A mezzogiorno c'era un treno per King's Lynn. Ebbe il tempo di andare dal barbiere per farsi tagliare i capelli e radere prima di comprare il biglietto e raggiungere il binario della stazione. Sal su un treno semivuoto e trov posti a volont. La tappezzeria della Great Eastern Railway era di felpa pulita. Si lasci cadere su un sedile d'angolo e tir fuori un libro. il treno sussult uscendo lentamente dalla stazione con una serie di scatti metallici, poi cominci ad acquistare velocit lasciandosi alle spalle i tetri quartieri di caseggiati a schiera della parte nordorientale di Londra. Stephen scopr di non riuscire a concentrarsi sul libro. Si sentiva troppo frastornato e stordito per seguire anche una semplice narrazione. Pur avvertendo una certa rigidezza alle articolazioni, non risentiva delle conseguenze fisiche della stanchezza. In quella stanzetta d'albergo aveva dormito discretamente, facendo colazione tardi. Eppure la sua mente sembrava incapace di funzionare. Non riusciva a fare altro che starsene seduto a contemplare il paesaggio che gli passava davanti agli occhi. i campi erano inondati dal sole primaverile, solcati qua e l da un ruscello o da un fiume che scorreva placidamente. Le mucche andavano al pascolo con stordita pazienza, chinando ogni tanto la testa con un movimento pesante del collo. Sul pendio delle colline scorse un paio di volte il campanile grigio di una chiesa o un crocchio di fattorie, ma per lo pi vedeva soltanto quel terreno agricolo piatto, in apparenza disabitato, che nel suo humus fertile e profondo seguiva lo stesso ciclo discreto di crescita e disfacimento, invisibile ma implacabile, che da secoli ne governava l'esistenza sotto il cielo freddo e umido, di giorno, di notte, senza che nessuno se ne avvedesse. Eppure, man mano che il treno procedeva sferragliando, in un angolo remoto della sua memoria parve ridestarsi un ritmo segreto. Sonnecchi nel sedile d'angolo e si svegli trasalendo da un sogno che lo aveva riportato nel villaggio della sua infanzia, nel Lincolnshire. Poi scopri che dormiva ancora: aveva soltanto sognato di svegliarsi. Si ritrov di nuovo in un granaio, in mezzo a un campo pallido e pianeggiante, con un treno che, passava poco lontano. Si svegli per la seconda volta, un po' spaventato, e tent di ritrovare la lucidit; ma ancora una volta scopr che non aveva fatto altro che sognare il risveglio. Ogni volta che apriva gli occhi tentava di alzarsi, di risollevarsi dal sedile di felpa della carrozza , ma aveva le membra appesantite e si sentiva scivolare di nuovo gi, proprio come aveva visto accadere una volta a un uomo della sua compagnia che, scivolato sul ponte di tavole della trincea, era finito in un pozzo nero scoperto, dov'era affogato nella fanghiglia gialla e vischiosa. Infine in un momento di veglia riusc a riscuotersi, imponendo alle gambe di raddrizzarsi. Rimase in piedi al finestrino a guardare i campi. Ci volle qualche minuto prima che riuscisse a convincersi che non stava sognando. La sensazione del resto non era diversa da quella provata tante altre volte in cui si era creduto sveglio, solo per

scoprire poi che era ancora addormentato e aveva sognato. Pian piano ritrov un minimo di lucidit. Aggrappato con forza all'intelaiatura del finestrino, inspir a fondo, e il senso di estraniamento diminu. "Sono stanco" penso, estraendo una sigaretta dall'astuccio. "Sono stanco nel corpo e nella mente, come mi ha fatto notare Gray". Forse Gray, o 1 dei suoi medici austriaci, avrebbe saputo spiegare anche la curiosa sequenza di visioni oniriche. Si rassett l'uniforme, ravviandosi i capelli che gli si erano arruffati mentre cercava di dormire. Aperta la porta dello scompartimento, percorse la carrozza instabile, diretto al vagone ristorante. C'erano soltanto 2 tavoli occupati e riusc a sedersi da solo vicino al finestrino. L'inserviente avanz lungo il corridoio con un'andatura da anatra per porgergli il men. Stephen fu sorpreso dalla variet dei cibi. Erano anni che non si trovava di fronte a una simile abbondanza. Chiese un consumm, poi sogliola e pasticcio di rognoni. Il cameriere gli porse la lista dei vini. Lui aveva le tasche piene di banconote inglesi che aveva cambiato ritirando la paga a Folkestone e ordin il vino pi caro della lista, che costava 6 scellini a bottiglia. L'inserviente tenne sospeso sopra il tavolo un mestolo pieno di brodo bollente, depositandone la maggior parte nel piatto ornato da 1 stemma, anche se, quando ebbe finito, la tovaglia bianca inamidata recava una lunga striscia bruna. Stephen trov che era troppo saporito per essere gradevole; il gusto del manzo fresco e delle spezie lo lasci confuso. Ad Amiens non aveva pranzato n cenato, e il suo palato ormai era assuefatto aludding di prugne e mele di Tickler's, al manzo lesso e alle gallette, con l'aggiunta tutt'al pi di una fetta di torta ogni tanto, spedita dall'inghilterra a Gray o Weir. I leggeri filetti di sogliola con il sottile intrico di vene e la trama minuziosa delle carni erano troppo delicati perch riuscisse a gustarli. Poi l'inserviente gli vers con un gesto cerimonioso un dito di vino nel bicchiere di cristallo. Stephen lo mand gi in fretta e gli ordin di versare. Mentre aspettava il pasticcio di rognoni, ne bevve una sorsata abbondante e trov il gusto del vino troppo intenso. Era come se la testa gli si riempisse di piccole esplosioni di aroma e di colore. Non assaggiava vino da 6 mesi, e l'ultima volta aveva bevuto un bianco di poche pretese, senza etichetta. Pos subito il bicchiere. L'acqua al fronte sapeva semplicemente d'acqua, se era arrivata con le razioni, o di qualcosa di peggio se era stata filtrata dai crateri di granata; il t aveva un sapore altrettanto semplice, di benzina, assorbito dalle latte in cui era stato trasportato. Ma bevendo quel vino aveva l'impressione di bere un complesso distillato della Francia stessa, non dell'inferno viscerale della Piccardia, ma di qualche luogo pastorale, pi antico, dove ancora sopravviveva la speranza. Evidentemente era ancora pi stanco di uanto avesse creduto. Mangi pi che poteva del pasticcio di rognoni, salt il dessert e fum una sigaretta mentre beveva il caff. A Kin's Lynn prese una linea secondaria che percorreva la costa della contea di Norfolk verso Sheringham; gli sembrava fosse quella la localit raccomandata da Weir. Tuttavia, mentre il trenino procedeva sbuffando, scopr di essere stanco di viaggiare. Voleva ritrovarsi all'aperto, nell'aria limpida e pacifica; sognava una locanda con un letto soffice. Alla prima stazione, un villaggio che si chiamava Burnham Market, prese la sacca dalla reticella dei bagagli e salt sulla banchina. Raggiunse a piedi il villaggio, tagliato in 2 dalla strada, ai lati della quale si stendeva un prato comune rigoglioso e ben tenuto. Met delle case che vi si affacciavano erano state costruite nel diciottesimo secolo; erano spaziose ma modeste e inframmezzate da una manciata di botteghe, fra cui una farmacia, una drogheria e il negozio di un sellaio. Dietro un enorme albero di castagno c'era una locanda lunga e bassa che si chiamava The Backebird. Stephen entr e suon un campanello sul banco ai piedi della scala. Nessuno rispose, cos pass nella sala comune del pub, pavimentata di pietra. Era vuota, anche se c'erano ancora dei bicchieri di birra rimasti sui tavoli dall'ora del pranzo. Regnava un'atmosfera scura e fresca, creata dal pavimento e dalle massicce travi di legno. Sentendo una voce femminile alle sue spalle, si volt e vide una donna grassoccia e servile, che sorrise un po' incerta incontrando il suo sguardo. Gli spieg che era soltanto la donna delle pulizie e che il proprietario era uscito per il pomeriggio, ma poteva affittargli una camera, se

lui firmava il registro. Lo accompagn al primo piano, in una piccola stanza con un cassettone di mogano e un vecchio letto con la testiera di legno, ricoperto da un soffice piumino bianco. Vicino alla porta c'era una sedia con lo schienale di legno e un lavamani con la brocca e la bacinella di ceramica. C'era anche un piccolo scaffale con una decina di libri logorati dall'uso. Accanto al cassettone c'era una finestra che si affacciava sul prato davanti all'albergo, dove l'albero di castagno con i suoi fiori bianchi oscurava la vista del cielo. Stephen ringrazi la donna e depose la sacca sul letto. Era proprio il tipo di stanza che aveva desiderato. Dopo aver disfatto il bagaglio, si stese sul letto e chiuse gli occhi. Avrebbe voluto dormire, ma aveva le palpebre scosse da fremiti. Ogni volta che gli sembrava di essere prossimo al sonno, il corpo lo riscuoteva con un sussulto. Alla fine scivol, come in treno, in 1 stato di dormiveglia, in cui scene nitidissime degli ultimi 2 o 3 anni si susseguivano a caso nella sua mente. Episodi e uomini dimenticati si ripresentavano con vivida immediatezza per sparire subitodopo. Lui tent di riscuotersi da quella sequenza impressionante di ricordi. Non faceva che rivedere Douglas mentre cadeva dalla barella sul suolo scivoloso della trincea scossa dalla granata; riudiva il tonfo senza vita del suo corpo inerte. Gli torn alla mente un uomo che aveva dimenticato, un certo Studd, senza elmetto, scotennato dai proiettili di mitragliatrice mentre si chinava ad aiutare un compagno caduto. Scese dal letto. Gli tremavano le mani come a Michael Weir sotto un bombardamento. Inspir a fondo, sentendo l'aria penetrare nei polmoni. Gli sembrava incredibile risentire lo choc proprio allora, mentre era al sicuro in un tranquillo villaggio inglese. Il pensiero dell'ambiente che lo circondava lo riscosse. Era molto tempo che non si trovava in inghilterra; forse gli avrebbe fatto bene uscire a guardarla. I suoi stivali echeggiarono sulla nuda scala di legno mentre scendeva nell'atrio, a testa scoperta, e usciva all'aperto. Sollev le spalle con forza, lasciandole poi ricadere in un lungo sospiro spezzato. Cominci a camminare lungo il prato del villaggio, poi imbocc un viottolo che si allontanava dall'abitato tentando di rilassarsi. "Sono stato sotto il fuoco" pensava "ma per ora, per il momento, finita." "Sotto il fuoco". Quelle parole gli riecheggiarono nella mente: che espressione fiacca e inadeguata. Le siepi divisorie erano profonde e slabbrate nel punto in cui camminava, ricoperte dalla trina fiorita del prezzemolo delle vacche. L'aria dava una sensazione di purezza, come se nessuno l'avesse mai respirata; cominciava appena a rinfrescare con la prima brezza serale. Dagli alti olmi appena visibili in fondo al campo si lev un gracchiare di cornacchie e, vicino a lui, il richiamo pi gentile dei colombi selvatici. Si ferm, appoggiandosi a un cancelletto. La quiete del mondo che lo circondava sembrava fuori dal tempo; non c'era nessuna voce umana a riportarlo alla realt. Lev gli occhi e vide la luna bianca, sorta presto e ancora bassa sopra gli olmi. Pi in alto e ancora pi in l, lunghe centine di nuvole solcavano come nervature il pallido azzurro del cielo, disfacendosi poi in bioccoli di un bianco vaporoso. Stephen si sent travolgere da un'onda incalzante di sensazioni, e ne fu spaventato, perch gli pareva che dovessero culminare in una manifestazione fisica: convulsioni, un'emorragia o la morte. Poi capi che non era preda di un'aggressione, ma di un sentimento di affinit appassionata. il campo irregolare che digradava verso gli alberi e il sentiero che volgeva indietro verso il villaggio, dove si scorgeva il campanile della chiesa; quei frammenti di paesaggio e l'indulgenza distante del cielo non erano realt separate, ma parti di un'unica creazione, e anche lui, bench obiettivamente fosse un uomo, a giudicare dai ripetuti, impercettibili trasalimenti del sangue, era tutt'uno con loro. Alzando la testa, vide il cielo come se fosse striato da stelle filtrate dall'oscurit, le nebulose pulsanti di luci e gli astri velati dalla distanza infinita: non erano mondi diversi, adesso era chiaro, per la mente che a presiedere alla creazione erano tutt'uno con i bioccoli di nuvole bianche, l'aria di maggio mai respirata, il terreno sotto l'erba umida ai suoi piedi. Si aggrapp con forza al pilastro del cancelletto e appoggi la testa sulle braccia, assalito da un residuo timore che la forza dell'amore che provava lo spazzasse via dalla terra. Avrebbe voluto allargare le braccia per abbracciare i campi, il cielo, gli olmi con gli uccelli che cantavano; avrebbe voluto stringere a se con

il sentimento di infinita indulgenza di un padre verso il figliol prodigo, colpevole eppure amato. isabelle e le vittime della guerra, della pace perduta, l'amico Weir; nulla era immorale o al di l della redenzione, tutto poteva essere riunito, compreso, nella prospettiva del perdono. Mentre si aggrappava al legno, aspirava anche lui al perdono per tutto ci che aveva fatto; desiderava veder svanire nell'unit della creazione del mondo i suoi peccati e la sua collera, perch la sua anima era tutt'uno con l'universo, il suo corpo vibrava della passione d'amore che l'aveva investito, da cui era stato esiliato nella carne e nel sangue della lunga carneficina. Alz la testa e si accorse di sorridere. Prosegu lungo la strada per un'ora circa, in pace, anche se aveva perso la nozione del tempo. La sera rimase chiara, con i campi dalle differenti sfumature di colore e gli alberi disposti a filari o a gruppi o isolati, l dove un seme era caduto per caso. Quando la strada pieg, descrivendo una curva, si trov in un piccolo villaggio. 2 bambini giocavano in un grande spazio verde, oltre un fossato che lo separava dalla strada. Stephen entr in un pub e si ritrov in una sorta di salotto privato. Un vecchio irascibile gli chiese che cosa voleva e gli servi la birra spillandola da una botte invisibile in una stanza sul retro; insieme con il boccale port un bicchiere pi piccolo che conteneva una bevanda alla cannella. Stephen prese i 2 bicchieri e usc per sedersi su una panca vicino al prato, guardando i bambini giocare finch il sole finalmente tramont e splendette la luna bianca. Stephen torn in Francia con un giorno di anticipo per andare a trovare Jeanne ad Amiens. Il trasferimento presso lo stato maggiore della brigata era stato rinviato di 2 settimane e, nel frattempo, doveva raggiungere la sua compagnia al fronte. Pens che il ritorno in guerra sarebbe stato pi facile, se avesse trascorso una notte in Francia prima di recarsi nell'alloggio che intanto Gray gli aveva procurato, qualunque fosse. La stazione di Amiens aveva ai suoi occhi l'aspetto di una vecchia pietra miliare, anche se lo colp l'idea che, in realt, si era recato l solo 3 volte. La prima visita aveva avuto conseguenze straordinarie e inattese, come del resto, in un certo senso, la seconda, in questa occasione di sicuro non ci sarebbe stata isabelle e forse sarebbe stata solo una tranquilla escursione. Era proprio quello che sperava. Jeanne aveva deciso di avere fiducia in lui, e gliene era grato. Non era tenuta a fidarsi, ma cos facendo, pens, dimostrava generosit e immaginazione; a meno che non si trattasse solo di piet. Gli riusciva difficile capire che genere di sentimenti suscitasse ora negli altri, ma anche se l'impulso di Jeanne era dettato solo dalla carit per un rozzo soldato, non l'avrebbe respinto. Era una donna gentile. Si domand come mai non si fosse sposata; doveva avere 38 o 39 anni, era quasi troppo vecchia per avere un figlio. Le aveva spedito un telegramma da Boulogne, restando in attesa della risposta. Sarebbe stata felice di vederlo quella sera, aveva telegrafato lei, a qualunque ora. Stephen s'incammin per le vie cittadine, sempre carico della scomoda sacca d'ordinanza. indossava una delle camicie acquistate a Londra insieme con la biancheria nuova. Per quanto gli risultava, i pidocchi che lo avevano tormentato erano periti nel fal dei suoi vecchi abiti nel Norfolk. Al ritorno, passando da Liverpool Street, aveva chiesto al barbiere di radergli i baffi e aveva cominciato a sentirsi pi simile al giovane che era arrivato in boulevard du Cange. Attravers la piazza con il caff dove aveva incontrato Jeanne e raggiunse la piccola casa che lei aveva preso in affitto insieme a Isabelle. Suon il campanello. Mentre aspettava cerc di rammentare l'aspetto di Jeanne, ma non gli si affacci alla mente nessuna immagine. -Entri pure, Monsieur,-Jeanne gli tese la mano. Stephen entr per la seconda volta nel modesto ingresso, che stavolta sembrava pi illuminato. Jeanne apri una porta sulla destra che immetteva in un salotto con il pavimento di legno lucidissimo e un tavolo rotondo con un mazzo di fresie in un vaso di vetro. Ai lati del caminetto di marmo c'erano 2 poltrone.-E' stanco del viaggio? -No, per nulla. Mi sento benissimo.-Stephen prese posto sulla poltrona che Jeanne gli indicava e la guard. In realt ricordava i tratti energici del viso e la pelle chiara; il solo guardarli gli infondeva una sensazione di calma. Nel taglio degli occhi e nel modo di voltare la testa c'era un lampo fuggevole di

isabelle, come un impeto trasformato e placato, per, dalla gravit del comportamento di Jeanne. -Me lo aveva detto che lei aveva l'abitudine di guardare fisso,-osserv Jeanne. Stephen si scus.-Tutti questi anni in mezzo al fango.,.ho disimparato le buone maniere.-Era lieto che l'argomento di isabelle fosse entrato nel discorso cos presto, almeno potevano sbarazzarsene subito.-Ha ricevuto sue notizie? -Si,-rispose Jeanne.-E' felice. Max gravemente ferito, ma si salver. Mi ha pregato di ringraziarla della visita. Credo che per lei sia stato molto importante. E' stata molto infelice.,.o molto sciocca, come direbbe mio padre. Tutte le sue decisioni sono state difficili. Rivederla e sapere che almeno lei le augurava del bene, penso che l'abbia rincuorata. -Mi fa piacere,-rispose Stephen, anche se non era affatto vero. Lo sconcertava l'idea che ora il suo ruolo nella vita di Isabelle consistesse nell'offrirle una magra rassicurazione.-Mi fa piacere,-ripet, e in quel momento di insincerit gli parve di sentire la presenza di isabelle staccarsi da lui, relegata non in un falso oblio, come la prima volta, ma in una vera e propria assenza. Si rivolse a Jeanne.-Quanto tempo rester ad Amiens? La sua casa non a Rouen? Lei abbass la testa, guardandosi le mani.-Mio padre vecchio e vorrebbe che restassi a casa per occuparmi di lui. Anche se mia madre ancora viva. non sta bene ed meno premurosa di quanto lui gradirebbe. -E allora torner? -Non so,rispose Jeanne.-Sono stata una figlia devota, ma l'idea dell'indipendenza mi attira. Mi piace stare qui ad Amiens, in uesta casetta. -E' naturale.-Stephen pens di nuovo alla sua et.-E le altre sorelle? Non potrebbero occuparsene loro? -No, sono tutte sposate. Dunque, Monsieur, mangeremo fra un'ora. Devo andare a vedere come procede la cena. Forse lei vorr riposare o prendere un aperitivo Non sono abituata a questo genere di cose.-Agit la mano.-Non una situazione molto convenzionale. -in questo momento non esiste niente di convenzionale al mondo.-Stephen sorrise. -Le sono grato perch lo capisce. Nel frattempo, si, berrei volentieri qualcosa. Jeanne gli sorrise di rimando. Era la prima volta che la vedeva sorridere, e pens che era l'espressione pi straordinaria che avesse mai visto su un volto umano. Cominciava con un lento allargarsi delle labbra, poi la pelle chiara del viso diventava radiosa, accesa non dall'afflusso del sangue, come sarebbe accaduto a isabelle, ma da una luce interiore che la faceva risplendere. E infine raggiungeva gli occhi, che scintillavano di puntini luminosi socchiudendosi con un'arguzia piena di fiducia. "Non era soltanto l'espressione" , pens Stephen, ma tutto il suo viso ad apparire trasfigurato da una luce indulgente e serena. Gli disse:-C' un liquore che Isabelle mi ha mandato a comprare l'altra volta. Ha un odore orribile e si chiama Old Orkney. E' inglese. Stephen rise.-Scozzese, credo. Lo conosco bene.-Jeanne port la bottiglia insieme con una brocca d'acqua. Stephen ne vers un poco in un bicchierino di cristallo e osserv la stanza, mentre Jeanne era in cucina. Sentiva un acciottolio di pentole e posate; un aroma di spezie e di vino gli fece venire d'improvviso l'acquolina in bocca. Accese una sigaretta e cerc un posacenere nella stanzetta arredata con eleganza. C'era una quantit di piattini di ceramica e porcellana, ma non si arrischi a usarli e scosse la cenere nel camino, dove la spanse con il piede. Nonostante i vestiti nuovi e liberi dai pidocchi, si sentiva goffo e ingombrante in quella stanza ordinata e femminile. Si chiese se avrebbe mai ritrovato la sua naturale disinvoltura negli ambienti normali, o se ormai si era trasformato in una creatura il cui habitat naturale consisteva in tetti di lamiera ondulata, pareti di legno e cibi in confezioni a prova di topo appese alle travi del soffitto. Jeanne aveva preparato una minestra che serv da una zuppiera posta su un tavolino in fondo alla stanza. Doveva essere una zuppa di pesce alla maniera di Dieppe, un paese non lontano dalla sua casa in Normandia, spieg, ma ad Amiens non era riuscita a trovare tutti gli ingredienti necessari. Stephen ricord come si era irritata una volta Isabelle, quando lui aveva detto che Amiens non era rinomata per la sua cucina.

-immagino che la guerra abbia compromesso i rifornimenti,-osserv Stephen. -Non ne sono sicura,-rispose Jeanne.-Pu darsi semplicemente che gli abitanti di Amiens non diano molta importanza al cibo. Le dispiace versare il vino? Non so se buono, ma quello che beve mio padre. Stephen non sapeva ancora se Jeanne lo considerava un profugo che qualunque persona dotata di spirito civico si sarebbe sentita in dovere di proteggere, o se era mossa piu semplicemente dall'amicizia. Durante la cena le fece qualche domanda. Lei non fu prodiga di informazioni. Il suo atteggiamento era venato di una gradevole timidezza, come se pensasse che in realt quella serata non era ammessa dalle regole dell'etichetta e da un momento all'altro qualcuno poteva entrare a interromperla. Stephen intui che era stata trattenuta nella casa dei genitori dal senso del dovere nei confronti del padre, che sembrava in grado di imporre la sua volont a lei cos come aveva fatto con Isabelle. Jeanne aveva respinto, con maggiore fermezza della sorella minore, il marito che le era stato destinato ma il padre per rappresaglia le aveva impedito di sposare quello scelto da lei. Proprio come aveva allontanato il militare di Isabelle, aveva intimorito un vedovo che intendeva portargli via la figlia. Jeanne parlava con frasi molto misurate; nei suoi modi c'era qualcosa di severo, mitigato dal senso dell'umorismo che scintillava in fondo ai suoi occhi e dai movimenti improvvisi delle dita lunghe e sottili. In sua presenza Stephen continuava a provare una sensazione di tranquillit. Si scopriva felice di ascoltarla parlare, e quando lei gli faceva delle domande era in grado di rispondere conservando il senso delle proporzioni, persino quando parlava della guerra. Poi, quando si fece tardi, cominci ad avvertire il terrore del ritorno. Fin dalla prima volta in cui, da bambino, era stato tolto dai campi e costretto a tornare nell'istituto in cui viveva, temeva pi di ogni altra cosa il momento della separazione: era un abbandono. il ritorno alle trincee era una prospettiva che non riusciva neanche a prendere in considerazione. Man mano che il momento si avvicinava, per se la capacit di parlare. Jeanne domand:-Pensa al ritorno, non vero? Ha smesso di rispondere alle mie domande.-Stephen annu.-Non durer per sempre. Aspettiamo i carri armati e gli americani, ecco che cosa dice il maresciallo ptain. Dobbiamo essere tutti pazienti. Pensi alla prossima licenza. -Posso tornare? -Si, se lo desidera. Conti i giorni e le settimane. Abbia cura di s. Pare che il suo nuovo incarico non sar troppo movimentato. Sia prudente. -Forse ha ragione lei.-Stephen sospir.-Ma passato tanto tempo, cos tanto tempo. Penso agli uomini che erano con me, e.,. -Allora deve smettere di pensare a loro, a quelli che sono morti. Ha fatto del suo meglio per loro, tormentarsi non serve a nulla. Quando sar finita, potr ricordarli. Ora deve concentrarsi su come farcela. Un altro caduto non aiuter quelli che sono gi morti. -Non ci riesco, Jeanne. Non ce la faccio. Sono cos stanco.-Jeanne guard il suo viso implorante. Stephen era sull'orlo del pianto.-Ho dato tutto,-le disse.-Non mi costringa a tornare indietro. La prego, mi lasci restare qui. Il sorriso di Jeanne ricomparve.-Queste non sono le parole dell'uomo che ha guidato i suoi soldati sull'Ancre. Qualche settimana dietro le linee, dove non c' pericolo. Pu farcela. -Non il pericolo, lo sforzo. Non riesco pi a indurre la mia mente ad affrontarlo. -Lo so.-Jeanne pos la mano sulla sua.-La capisco. Ma dev'essere forte. Le ho preparato un letto perch ho pensato che forse avrebbe desiderato di restare. Domattina la sveglier di buon'ora. Ora venga, su.-Stephen la segu riluttante verso la porta. Sapeva che il giorno dopo sarebbe dovuto partire. L'assalto sulle alture di Messines fu programmato con scrupolo e in tutti i dettagli. I veterani del luglio precedente economizzarono le vite umane che avevano a disposizione. -Ho buone notizie per lei,-disse Gray quando Stephen si present a rapporto. -Prima della sua nuova nomina c' tempo per organizzare un attacco in grande stile contro le trincee nemiche. Rientra nel nuovo programma strategico:

dobbiamo conoscere il nostro nemico.-Tent, senza riuscirci, di controllare i fremiti di un sorriso. -Capisco,-disse Stephen.-E far molta differenza, per la nostra grandiosa strategia, se scopriremo di avere di fronte il quarantunesimo reggimento anzich il 42simo? -Ne dubito,-rispose Gray.-Ma gli ordini sono di contribuire alla raccolta delle informazioni lungo il fronte. Penso che la sua compagnia uscir dalla riserva questa settimana. E' una bella occasione, per un soldato di prima linea come lei . -Grazie, signore. Gray scoppi a ridere.-E va bene, Wraysford, si rilassi. Quello che voglio davvero da lei che guidi un attacco sul canale a sinistra. Ci serve una testa di ponte in quel settore. E' soltanto un attacco locale. Lei partir all'alba con i resti del battaglione. Pi tardi, durante il giorno, avremo l'appoggio dei nostri amici della Black Country. Questo un po' pi di suo gradimento? -Mi sembra pi utile che morire esaminando i distintivi degli uomini che abbiamo di fronte. -Bravo, Wraysford, continui cos. Sapevo che lo avrebbe fatto. -E lei come fa ad andare avanti, signore? Gray scoppi a ridere.-E' il mio sangue scozzese. Abbiamo appena cominciato. Gli uomini si schierarono ancora una volta oltre la lunga trincea di comunicazione, vventurandosi nella striscia di terreno acquitrinoso sotto i sacchetti di sabbia. A parte le incursioni e i turni di pattuglia, non attaccavano da 9 mesi, e tra gli uomini scelti per sistemare le scale contro la parete della trincea serpeggiavano nervosismo e discussioni. Per tutta la mattina si era udito il suono di martelli e di seghe mentre il legno veniva tagliato e disposto a intervalli contro il parapetto. Stephen aveva l'impressione che, chiss perch, nonostante le avvisaglie della grande offensiva in Belgio che si diceva fosse tanto cara al generale Haig, si erano convinti che non sarebbero stati loro a marciare un'altra volta sotto l'uragano di cannoni. Jack Firebrace assistette ai preparativi quando torn dal suo turno di lavoro sottoterra, e ridestarono in lui ricordi che fino ad allora era riuscito a soffocare accuratamente. Ramment come aveva pregato per gli uomini che andavano all'assalto in quella mattina d'estate e come aveva confidato nella loro salvezza. Stavolta aveva esaurito le preghiere. Entr nel grande rifugio scavato in testa alla profonda galleria, dove al momento era alloggiata la sua compagnia. Prepar il t e lo bevve insieme con Evans, poi tir fuori l'album degli schizzi. Dopo la morte di Shaw non c'erano pi suoi ritratti; Jack aveva cominciato invece a ritrarre Stephen. Fin dal momento in cui si era accasciato tr le sue braccia, tornando dal regno dei morti, Jack era rimasto incuriosito. Da allora aveva fatto dei disegni della sua testa grande e bruna, da molte angolature e in molte pose, con i larghi occhi aperti per l'incredulit o socchiusi nella decisione; del sorriso che irritava tanto il suo comandante, il capitano Weir; dell'espressione neutra e remota, come se la memoria l'avesse tradito, con la quale aveva congedato Jack quando si era presentato a rapporto per essersi addormentato mentre era di sentinella. Non riusciva a ricordare il viso di John abbastanza bene da disegnarlo. L'attesa dell'attacco fu breve, ma non per uesto meno dura. Stephen parl ai comandanti dei plotoni che dovevano salire per primi le scale dai pioli distanti, avventurandosi nel mondo incerto oltre il parapetto. -Non dovete esitare,-disse.-La sorte che vi aspetta non si pu cambiare, ma esitando metterete inutilmente in pericolo la vita degli altri. Vide Ellis mordersi le labbra, il suo pallido volto era madido di sudore. Il bombardamento era appena iniziato e scrollava gi grumi di terra dal soffitto del rifugio. Stephen parlava con la calma dell'esperienza, ma ci non gli era di aiuto. Il passato non rappresentava una garanzia che potesse farcela di nuovo. Una volta arrivato il momento, si sarebbe ritrovato faccia a faccia con gli abissi insondabili della sua natura, e temeva di essere cambiato. Il bombardamento dur solo un giorno. Era mirato, cos aveva assicurato l'artiglieria, con precisione scientifica basata su un'accurata ricognizione

aerea. Non ci sarebbero stati reticolati intatti, n ridotti di cemento rimasti integri a sospingere pigre ondate di morte sui campi sventrati. Weir si present nel suo rifugio a mezzanotte, con lo sguardo allucinato e i capelli scarmigliati . A quella vista Stephen si sent a disagio. Non voleva essere contagiato dalla paura dell'altro, non voleva che gli alitasse addosso. -Questo rumore,-esclam Weir.-Non riesco pi a sopportarlo. -Lo dici da 2 anni,-ribatt Stephen con asprezza.-La verit che sei 1 degli uomini pi resistenti dell'esercito inglese. Weir estrasse le sigarette e si guard attorno con aria speranzosa. A malincuore Stephen spinse una bottiglia verso di lui.-Quando attaccherete?-Domand Weir. -Alla solita ora. Andr tutto bene. -Stephen, sono preoccupato per te. Ho un presentimento. -Non voglio sentir parlare dei tuoi presentimenti. -Sei stato un amico meraviglioso per me, Stephen. Non dimenticher mai quando eravamo in quella buca e tu mi hai parlato e.,. -Certo che lo dimenticherai. Ora sta' zitto e basta. Weir tremava.-Tu non capisci. Voglio ringraziarti. E' solo che ho questa premonizione. Ti ricordi l'ultima volta che mi hai fatto le carte e.,. -Io trucco le carte. Baro. Non significano niente.-Stephen non riusciva a sopportare quella conversazione. Weir era stupito e abbattuto. Bevve avidamente.-So che non dovrei dirlo, so che egoista da parte mia, ma.,. -Sta' zitto e basta, Weir.,-Stephen gridava, con la voce incrinata da un principio di singhiozzo. Accost il viso a quello di Weir.-Cerca una buona volta di aiutarmi. Se davvero mi sei grato, cerca di aiutarmi. Cristo, pensi che ne abbia voglia? Pensi che sia nato per questo?-Weir si ritrasse sotto le urla furiose di Stephen. Cominci a protestare, ma Stephen ormai era trascinato dall'ira.-Tutti quei ragazzi di 18 e 19 anni che andranno all'attacco domattina, e io devo andare con loro e stare a guardare. Per favore, cerca di parlare di qualcos'altro, almeno una volta. In un suo modo indiretto, da ubriaco, Weir era altrettanto furioso di Stephen. -Questa una cosa che va detta, e non m'importa se irriguardosa. Ci sono cose pi importanti. Voglio ringraziarti e dirti addio, nel caso che.,. Stephen lo prese per i risvolti della giacca e lo trascin fino all'entrata del rifugio.-Va' all'inferno, Weir, va' all'inferno, basta che te ne vai di qui e mi lasci in pace!-Lo spinse fuori, facendolo cadere nel fango. Weir si alz lentamente, voltandosi a lanciare un'occhiata di rimprovero a Stephen mentre si ripuliva dal fango e dal sudiciume, poi si allontan solitario lungo il tavolato. Finalmente Stephen cominci il viaggio all'interno di se stesso che sarebbe finito all'alba. Scrut attentamente il proprio corpo, rammentando le cose che le sue mani avevano toccato; si guard i polpastrelli delle dita e pass il dorso della mano sulla membrana soffice delle labbra. Si stese sulle assi del letto, assaporando il contatto della coperta di lana contro il viso. Era una sensazione che risaliva all'infanzia Serr gli occhi e pens ai primi ricordi che aveva di sua madre, al tocco delle sue mani, al suono della sua voce e al profumo che aveva. Si avvolse nel mondo che ricordava come in un mantello, sperando di stare al sicuro l dove nessuna granata o proiettile poteva raggiungerlo. Deglut e riconobbe la sensazione familiare della lingua e della gola. Erano le stesse carni che aveva da bambino innocente. Certo non avrebbero permesso che gli accadesse qualcosa adesso. Il rinnovato amore che provava per il mondo gli rendeva intollerabile la prospettiva di lasciarlo. Un'ora prima dell'alba arriv Riley con l'acqua bollita per la rasatura. Stephen fu contento di vedere l'ometto azzimato con i suoi modi ossequiosi. Era riuscito anche a preparargli una grossa pignatta di t. Stephen si fece la barba con cura e mise la cintura che Riley gli aveva lucidato. Uscendo nella trincea, scopri che le razioni erano arrivate in tempo e alcuni uomini si erano preparati il bacon per colazione. Nel buio doveva muoversi con cautela, guardando bene dove metteva i piedi. Trov il sergente maggiore Price che controllava l'equipaggiamento. La scrupolosit di Price lo rincuor; era come se fosse un

giorno uguale a tutti gli altri. Poi parl con Petrossian, il caporale del vecchio plotone. Il suo viso familiare, dalla carnagione scura, guardava Stephen come se sperasse in una liberazione. Stephen distolse lo sguardo e raggiunse un gruppo di uomini che non avevano mai partecipato a un attacco, Barlow, Coker, Goddard e altri, rannicchiati vicino a una scaletta. Si ferm a parlare con loro e anche al buio not l'aspetto strano del loro volto. Era come se la pelle fosse tesa sulle ossa al punto da risplendere. Erano incapaci di reagire alle sue parole; ognuno di essi si era rifugiato da solo in fondo a se stesso, dove il tempo si era fermato e non c'era scampo. l'artiglieria cominci il fuoco di sbarramento sulla terra di nessuno. Videro la terra scoppiettare e sobbalzare oltre il parapetto, rinforzato dai sacchetti di sabbia. Stephen controll l'orologio: 4 minuti al via. S'inginocchi sul gradino destinato ai tiratori scelti e preg, un augurio senza parole. Era accaduto tutto cos in fretta. Il lungo bombardamento prima dell'attacco di luglio era stato quasi intollerabile, ma se non altro aveva concesso agli uomini il tempo di prepararsi. Stavolta gli sembrava di aver cenato con Jeanne appena poche ore prima, e gi doveva accingersi a morire. Non faceva molta differenza che questo, in confronto, fosse un attacco da poco: la morte non ha gradazioni. Si alz per tornare nel punto in cui poteva vedere Ellis che controllava l'orologio. Lo raggiunse, passandogli un braccio sulle spalle. Il viso stravolto di Ellis lo rianim; chiss dove, trov un sorriso rassicurante per accompagnare l'abbraccio. In testa alla trincea di comunicazione c'era Price, con un portablocco a molla. Tese la mano a Stephen, che gliela strinse; Price non avrebbe partecipato all'attacco, anche se ne avrebbe calcolato i costi. Stephen alz gli occhi al cielo, dove la prima luce cominciava a incrinare le nuvole. Si lasci sfuggire un lungo sospiro che percorse il suo corpo fino alla punta degli stivali. -Oh, Dio, oh, Dio,-mormor, mentre un brivido gli scorreva lungo la spina dorsale. Dov'era adesso l'unit amorevole del mondo? A un solo minuto dal via, fu colpito anche lui dalla scoperta che i suoi uomini avevano gi fatto: non c'era modo di tornare indietro. Lanci un'occhiata piena di rimpianto alla trincea di comunicazione affollata, poi si volt verso il fronte. Risuon un fischio, e goffamente gli uomini cominciarono a salire le scale, appesantiti dagli zaini carichi, nell'aria metallica. Stephen osserv i loro movimenti assurdi, da granchi, e si sent stringere il cuore dall'amore e dalla piet per loro. Si fece avanti per seguirli. Gli uomini correvano il pi velocemente possibile sul terreno irregolare; non era una replica della lenta marcia ordinata l'anno prima. Le mitragliatrici stendevano sopra le loro teste un fuoco di sbarramento che si scontrava con il fuoco difensivo del nemico. Stephen avverti la densit di quel suono, mentre chinava la testa cercando di sfruttare al massimo la protezione dell'elmetto d'acciaio. Doveva evitare corpi caduti e saltare piccoli crateri aperti nel fango. Si accorse che la prima linea d'assalto aveva raggiunto la trincea nemica. La sua compagnia, che era di rincal zo, cominci a raggrupparsi nei crateri, una cinquantina di metri pi indietro. Stephen scivol lungo un dislivello di circa 3 metri per finire nella melma, dove vide Goddard e Allen, quest'ultimo con il braccio fasciato. Coker, salito sulle spalle di un altro uomo, guardava oltre l'orlo del cratere, nel tentativo di vedere col binocolo le segnalazioni delle truppe pi avanzate. Salt di nuovo gi nel fango. -Non riesco a vedere un accidente, signore,-grid a Stephen attraverso il frastuono.-Niente segnali, niente. Pare che abbiano superato il reticolato. Si vedono esplosioni di bombe Smilles nella trincea. Stephen sent un fremito di speranza. Era possibile che, per la prima volta nella sua esperienza, l'artiglieria avesse davvero abbattuto il reticolato e i suoi uomini non dovessero trasformarsi in un trastullo per le mitragliatrici nemiche. Petrossian fin incespicando nel cratere. Era nero, coperto dal fango e dal marciume che aveva trovato nei precedenti ripari, ma non perdeva sangue. -Segnale dalla compagnia B, signore,-grid.-Sono passati. -Bene, andiamo.-Stephen risal goffamente l'orlo del cratere sventolando una bandiera. Il terreno cominci a sollevarsi e a vomitare uomini per un tratto di 100 metri e pi. Il frastuono davanti a loro raddoppi, mentre il fuoco tedesco

si scatenava dalle retrovie. Anche se gli uomini della compagnia B tentavano di coprirli, il loro fuoco di fucileria non poteva competere con le mitragliatrici. Gli ultimi 50 metri divennero un esercizio di corsa a ostacoli e a zigzag, con gli uomini che cercavano di schivare i proiettili e inciampavano sui corpi dei caduti. Stephen segu altri 2 uomini in un varco del reticolato tedesco e balz in un'affollata postazione di tiro nella trincea nemica. Nessuno sapeva che cosa stesse succedendo. Lungo la trincea c'erano gruppi di prigionieri tedeschi che esibivano sorrisi nervosi; chiaramente erano sollevati di essere stati catturati , temevano che a quel punto potesse andare male qualcosa e offrivano souvenir e sigarette agli uomini della compagnia B. La loro trincea era fonte di meraviglia per i soldati inglesi, con i suoi enormi rifugi profondi e i parapetti ben tenuti. Fissavano con curiosit estatica l'intimit, immaginata da lungo tempo, che avevano finalmente violato. Stephen riusc a rinchiudere i prigionieri in un rifugio rimasto intatto, dove lasci a sorvegliarli Petrossian con altri 3 uomini. Sapeva che Petrossian, rilassato perch non doveva avanzare oltre, avrebbe trovato gusto a ucciderli, se necessario. Proseguendo lungo la trincea trov Ellis, fradicio di sudore, con gli occhi assenti, come se la battaglia si svolgesse in qualche altro mondo. Sulla sinistra della trincea, dalla parte del canale, si combatteva ancora, anche se mezz'ora dopo videro portar via altri prigionieri tedeschi, e il fragore del fuoco si spense. Ellis pendeva dalle labbra di Stephen.-E adesso? -Verso mezzogiorno riceveremo rinforzi da quel bosco sulla destra, quelli che Gray chiama "i nostri amici della Black Country". Dobbiamo assicurarci il possesso dell'estremit del canale poi fare pressione sulla seconda trincea. Ellis sorrise con aria incerta, mentre Stephen faceva una smorfia.-Abbiamo cominciato adesso a bombardare la loro seconda linea,-grid, udendo un sibilo sopra la testa.-Tieni l'elmetto in testa e incrocia le dita. Nella trincea s'incrociarono movimenti frenetici, mentre gli uomini accumulavano sacchetti di sabbia per poter sparare dal retro della trincea verso la linea di rincalzo dei tedeschi. Molti furono colpiti alla testa e ricaddero all'indietro mentre tentavano di trovare spazio per sparare. I mitraglieri cercavano una postazione sicura da cui prendere meglio la mira, ma per il momento era difficile capire se potevano muoversi prima che li sorprendesse il contrattacco. Pian piano l'artiglieria cominci a centrare i bersagli e si susseguirono gli echi delle granate esplose sull'orlo della trincea, dove uomini e terra saltavano in aria insieme. l'artiglieria tedesca cominci una massiccia replica dalle retrovie. Non c'era modo di comunicare con il comando del battaglione e, in mezzo al fragore e alla carneficina della battaglia, l'unico modo che venne in mente a Stephen per imporre l'ordine fu seguire il piano originale. Sali su un'improvvisa banchina di tiro all'interno della trincea. A quanto poteva vedere , il nemico si preparava a ritirarsi ancora pi indietro, nella trincea di riserva. Se solo ci fosse stato modo di comunicare con l'artiglieria, avrebbero potuto beccarli mentre si spostavano. Grazie a una serie di ordini gridati e uditi solo a met, cominci un secondo attacco. Era meno coordinato del primo, senza ondate distinte, ma i superstiti procedevano verso la seconda linea inebriati dall'esultanza. Non avendo spazio per i fucili, assaltarono la trincea con le baionette e i pugni. Alcuni furono colpiti dalla loro stessa artiglieria, informata in ritardo della seconda avanzata, e altri balzarono dritti incontro alla morte. Stephen riusc a sfondare il reticolato atterrando sul corpo di un caporale tedesco che aveva perso le gambe nell'esplosione di una granata, ma era ancora vivo e tentava di mettersi in salvo. Cercarono di riunirsi a gruppi e di avanzare lungo entrambe le direzioni della trincea in modo da guardarsi sempre le spalle, ma i nuovi arrivi impedivano loro di lanciare bombe a mano oltre i tratti trasversali, nel timore di uccidere i loro stessi uomini. Non c'era altra alternativa che superare l'angolo correndo alla cieca. Il destino dei primi era un buon indizio per quelli che li seguivano. Stephen guard gli uomini avanzare frenetici, inciampando nei corpi degli amici, conquistando una postazione di tiro dopo l'altra, contendendosi a spintoni il privilegio di essere i primi a

superare il tratto diagonale. Avevano in mente fratelli e amici morti; erano tanto galvanizzati da dimenticare la paura. Uccidevano con piacere. Non erano normali. Verso la fine della mattinata avevano completato la conquista della trincea di rincalzo. Stephen mand un distaccamento gi al canale per attestarvisi in modo da resistere al contrattacco. Ora non dovevano fare altro che resistere fino a mezzogiorno, quando sarebbero arrivati i rinforzi che dovevano proteggere l'altro fianco. Stephen non poteva sopportare la vista dei tedeschi e tent di rimandare indietro i prigionieri appena possibile. Nonostante il bombardamento ininterrotto, c'erano volontari sufficienti per scortarli. Aver superato 2 linee in una sola mattina veniva considerato dalla maggior parte degli uomini il massimo della buona sorte a cui si potesse aspirare. Dopo 5 ore di sforzo fisico avevano un disperato bisogno di riposare. Stephen li seguiva con gli occhi, pieno di invidia, mentre si allontanavano esausti. l'intensit del fuoco diminu per un attimo, quindi aument nuovamente, per lo pi sul fianco destro, bersagliato da postazioni invisibili di mitragliatrici e lanciagranate. Stephen non aveva ancora avuto il tempo di gustare il sapore dell'avanzata, quando la loro posizione fu messa sotto assedio . La struttura a zigzag della trincea impediva di scoprire quello che accadeva a pochi metri di distanza, ma alle sue orecchie il contrattacco assunse un suono sinistro. Avverti un sommovimento sulla destra della trincea, man mano che le postazioni di tiro pi vicine venivano evacuate o semplicemente messe a tacere. A mezzogiorno si arrampic con una scaletta su quello che era stato il parapetto e guard in direzione del bosco per spiare l'arrivo dei rinforzi. Non c'era nessuno. Salt di nuovo gi nella trincea, dove scov un periscopio. Guardando indietro verso la terra di nessuno, non riusc a vedere niente, salvo una fila lontana di prigionieri che venivano condotti dietro le linee. Chiuse gli occhi e sospir piano sotto la tempesta di fuoco. Avrebbe dovuto saperlo. Avrebbe dovuto intuirlo. Il comandante di un plotone, un certo Sibley, gli grid qualcosa in un orecchio. Voleva sapere quando sarebbero arrivati i rinforzi. -Non ci sono. Non arriveranno,-rugg Stephen. "Perch?" Chiese Sibley in silenzio, mimando la parola con le labbra. Stephen non rispose. Un'ora dopo, i tedeschi avevano riguadagnato l'estremit della trincea e si combatteva corpo a corpo. Poco dopo, la compagnia B ricevette dal comandante l'ordine di ripiegare sulla trincea di prima linea del nemico, che era stata conquistata al mattino. Scavalcando il parapetto, gli uomini si trovarono sotto il fuoco delle mitragliatrici tedesche, che erano state montate nuovamente sulla trincea di rincalzo. Il fragore impediva di pensare. Stephen si accorse che Ellis gli gridava contro. "Ritiriamoci, ritiriamoci!" Formulavano in silenzio le sue labbra. Stephen scosse la testa. Ellis accost le labbra all'orecchio di Stephen.-La compagnia B se n' andata. -Lo so, lo so.-Stephen non diede spiegazioni. Il compito della sua compagnia era di occupare la trincea; la compagnia B aveva ricevuto l'ordine di attaccare e aveva diritto di scegliere il momento di allontanarsi. A Ellis non avrebbe potuto farlo capire, ma voleva attenersi agli ordini impartiti dal colonnello Gray. Un sergente col viso imbrattato di sangue li spinse da parte per passare, seguito da un'altra ondata di uomini che venivano respinti lungo la trincea dal fianco destro privo di protezione. Ora il contrattacco arrivava anche dalla trincea di riserva, a valanga. 2 mitragliatrici Lewis non erano in grado di tenerli a bada: bastava un attacco dalla parte del canale, e sarebbero stati circondati. Stephen calcol in fretta la possibilit di una ritirata. Ormai nella trincea c'erano tanti tedeschi che avrebbero potuto riprendere la posizione sul parapetto e sparare nella schiena agli uomini in fuga. Ellis piangeva.-Che facciamo?-Gemeva.-Voglio salvare i miei uomini. Che facciamo? Dentro di s, Stephen non riusciva a immaginare altro esito che la sua compagnia ridotta a un mucchio di corpi accatastati come sacchetti di sabbia. Non era quello che aveva sperato, ma era cos. -Che facciamo?-ggemette Ellis sopraffacendo il frastuono. -Difendiamo la linea, difendiamo questa fottuta linea.-La lingua e i denti di Stephen balenarono nella cavit della bocca in un urlo silenzioso. Nel disperato

tentativo di salvarsi la vita, gli uomini difendevano la trincea metro per metro . Stephen si un a loro, sparando in fretta contro le linee grigie che avanzavano. Poco prima delle 3, si sent risuonare all'orecchio una voce dello Yorkshire e si vide davanti un viso che non gli era familiare. Perplesso, guard l'uomo negli occhi: era un tenente del reggimento Duke of Wellington e grid a Stephen che i suoi uomini avevano ripreso il controllo dell'estremit opposta della trincea. Nel giro di un'ora avevano sgomberato di nuovo la strada fino al canale . Arrivarono ulteriori rinforzi con mortai da trincea e altre mitragliatrici. Il contrattacco tedesco era temporaneamente sospeso e i combattenti si ritirarono sulle posizioni acquisite. Stephen scese sul tavolato, proseguendo verso un rifugio dove trov un maggiore del Duke of Wellington. -Sembrate tutti a posto,-disse allegro il maggiore.-Gli ordini per voi sono di ritirarvi. Siamo stati mandati a farvi da copertura. Poco fa, qualcosa andato male. Un altro trionfo della programmazione. Stephen guard in faccia l'uomo. Sembrava cos giovane, pens, eppure aveva compiuto una sorta di miracolo.-E voi che farete? Domand. -Copriremo la vostra ritirata, poi ce ne andremo all'inferno. Stephen gli strinse la mano e usc. Portarono via morti e feriti, e quello che restava della compagnia torn nella trincea al calar della sera. Ellis era stato ucciso dal fuoco delle mitragliatrici. Il gruppetto dei superstiti si trascin nel fango che avevano attraversato al mattino. Non s'informarono sul destino dei loro amici; volevano soltanto raggiungere un posto dove potersi stendere a riposare. Il nuovo compito di Stephen sembrava consistere nell'esaminare le mappe, nel tentativo di individuare la posizione di ogni battaglione. Era alloggiato al villaggio, in una casa confortevole, anche se ogni tanto gli veniva richiesto di trascorrere la notte in un rifugio nella linea di riserva. Anche quello era un notevole miglioramento rispetto alle condizioni di vita che aveva conosciuto. Il lavoro aveva un carattere di urgenza, dato che l'attacco sulle alture di Messines era imminente. Stephen prov un piacere beffardo nel confermare che la compagnia di minatori di Weir aveva diritto a un turno di riposo poco prima dell'assalto. Il loro lavoro doveva essere concluso, ma qualcun altro avrebbe potuto far brillare le mine. Il comandante del reggimento, un certo Stanforth, gli rammentava sotto certi aspetti il colonnello Barclay. Aveva la tendenza ad alzare la voce senza validi motivi e parlava per frasi brevi che, nelle sue intenzioni, dovevano trasmettere all'interlocutore un senso di urgenza. Di fronte a un imprevisto, doveva sempre dimostrare che la situazione era sotto controllo, impartendo ordini energici e complicati, anche se di solito l'intoppo si appianava da s, senza bisogno di interventi esterni. Il giorno del suo arrivo, Stephen dovette affrontare lo sgradevole compito di scrivere una lettera alla madre di Ellis, che era stata gi informata ufficialmente della morte del figlio. Chiuso nel suo ufficio, mordicchi la penna per un paio d'ore, prima di poter cominciare. Era una giornata estiva, con i merli e i tordi che giocavano nel giardino della casa. Dopo molte false partenze, in cui tentava di descrivere parte dell'attacco o i momenti che aveva trascorso con Ellis nel rifugio o ad Amiens, alla fine scrisse solo formali parole di condoglianze. "Cara signora Ellis, le scrivo per esprimerle la mia pi profonda partecipazione per la perdita di suo figlio. Come le avranno gi comunicato, caduto durante un'azione offensiva la mattina del 2 giugno. E' stato ucciso dal fuoco di una mitragliatrice nemica mentre organizzava la difesa di una trincea tedesca valorosamente conquistata dagli uomini sotto il suo comando. E' stato sepolto insieme al tenente Parker e al tenente Davies. La tomba stata debitamente contrassegnata e la sua posizione stata notificata alla Commissione per la registrazione delle sepolture. Nel corso della nostra ultima conversazione, mi disse di non temere la morte e di sentirsi perfettamente in grado di svolgere qualunque compito fosse chiamato ad assolvere. In ogni circostanza, il suo primo pensiero era per il benessere dei suoi subalterni. Gli uomini lo amavano, e io

desidero esprimerle non solo le mie condoglianze, ma anche le loro. Sacrificando la vita in nome dei valori che l'impero si propone di sostenere, stato fra coloro che hanno pagato un alto prezzo. Affidiamo le anime dei nostri fratelli caduti alla misericordia e alla protezione di Dio". Rileggendo la lettera fra s, Stephen sottoline la parola "ogni". "In ogni circostanza.,." Era vero. In pochi mesi Ellis si era guadagnato il rispetto dei suoi uomini perch non aveva paura o, se l'aveva, non lo dava a vedere. Era diventato un buon soldato, per quel che gli era servito. Stephen era stanco di scrivere lettere del genere, e not che il suo stile era diventato sempre pi arido e retorico. Cerc di immaginare l'effetto che la lettera avrebbe avuto sulla vedova affranta che l'avrebbe aperta. Il suo unico figlio scomparso.,. Prefer non pensarci. Nella settimana immediatamente precedente all'attacco, la compagnia di Jack fu addetta agli scavi in profondit sotto la cresta montuosa, dove depositarono tonnellate di esplosivo all'ammonio in camere appositamente predisposte. 2 giorni prima dell'attacco il lavoro fu completato, e Jack riemerse in superficie esausto. Evans, Fielding e Jones salirono dopo di lui, fermandosi nella sezione della trincea all'imbocco del tunnel per congratularsi a vicenda per i risultati delle loro fatiche. Ricevettero l'ordine di presentarsi a rapporto dal capitano Weir prima di essere congedati ufficialmente, e tornarono indietro lungo il ponte di tavole verso il suo alloggio. -Per te si parla di una licenza a casa, Jack,-disse Fielding. -Non ci credo. Prima ci faranno scavare fino in Australia. -Certo, qui non c' pi molto da scavare per noi,-osserv Evans.-L sotto sembra un formicaio. Sarei proprio felice di ritirarmi dietro le linee in un bel letto soffice, con un paio di bicchieri di quel vinello in corpo. -Gi,-disse Fielding,-e magari una di quelle ragazze francesi tanto per completare il quadro. Jack cominciava a pensare di essersi lasciato alle spalle il pe gio della guerra . Si concesse di immaginare l'ingresso della sua casa di Londra con Margaret ad accoglierlo. Weir si diresse verso di loro sul tavolato. Sembrava pi felice del solito. Portava gli stivali, la divisa e il berretto floscio. Mentre si avvicinava, Jack not che alcuni dei sacchetti di sabbia sul parapetto non erano stati rimessi a posto dal giorno prima, quando la fanteria lo aveva scavalcato, e tent di avvertirlo che non era coperto. Weir sal sul gradino sotto le feritoie per lasciar passare la corv del rancio, e il proiettile di un cecchino gli penetr nel cranio sopra l'occhio, facendo schizzare parte del suo cervello sui sacchetti di sabbia della spalletta dietro di lui. Il suo corpo parve per un attimo ignaro di quello che era accaduto, come se dovesse continuare a camminare . Poi si abbatt come una marionetta, allargando di scatto le braccia e abbattendosi di schianto con la faccia nel fango. Stephen ricevette la notizia la sera dopo da un ufficiale del servizio informazioni, un certo Mountford. Si trovava nel suo rifugio sulla linea di riserva, dove fungeva da ufficiale di collegamento fra il comando e gli uomini che la mattina dopo avrebbero fatto parte della seconda ondata. Mountford gli comunic la notizia in modo asciutto. -Credo che fosse un suo amico,-disse. Dal viso di Stephen cap che era meglio andarsene. Stephen rimase immobile sulla sedia per un minuto. l'ultima volta che aveva visto Weir era stato per spingerlo a capofitto sul fondo della trincea; era stato il suo ultimo gesto. Per qualche minuto non riusc a pensare ad altro che all'espressione ferita e piena di rimprovero di Weir mentre si ripuliva il viso dal fango. Eppure gli aveva voluto bene. Solo Weir aveva reso sopportabile la guerra. Il terrore di Weir sotto i cannoni era stato un conduttore per la sua paura, e nel carattere innocente dell'amico Stephen aveva potuto schernire le qualit che, dal canto suo, aveva perduto. Weir era stato molto pi coraggioso di lui; aveva vissuto con l'orrore, lo aveva conosciuto ogni giorno, e con la sua strana ostinazione lo aveva sconfitto. Non aveva ceduto un solo giorno di servizio; era morto in combattimento. Stephen appoggi i gomiti sul rozzo tavolo di legno. Si sentiva pi solo di quanto si fosse mai sentito in vita sua. Solo Weir era stato con lui ai margini della realt, dove lui viveva; solo Weir aveva

udito il suono del cielo a Thiepval. Si stese sul letto, con gli occhi asciutti. Poco dopo le 3 del mattino esplosero le mine, squassando il letto nel quale giaceva. "L'esplosione si sentir fino a Londra" si era vantato Weir. Il telefono squill, e Stephen torn alla sedia dietro la scrivania. Nelle prime ore del mattino non fece che trasmettere messaggi. Alle9 la seconda armata era sulla cresta montuosa. Le voci con le quali parlava erano contagiate dall'euforia; finalmente qualcosa era filato liscio. La deflagrazione era stata colossale e la fanteria, usando metodi copiati dai canadesi, aveva sfondato le linee nemiche. I festeggiamenti correvano sul filo. A mezzogiorno Stephen ricevette il cambio e si stese sul letto per cercare di dormire. Sentiva il bombardamento martellare implacabile le linee tedesche e maledisse la sorte che gli impediva di marciare seguendo il fuoco. Ora, per rispondere alla domanda ipotetica di Gray, ora si che avrebbe ucciso senza scrupoli di coscienza. Invidiava gli uomini che potevano sparare sul nemico indifeso, gli uomini che avevano la possibilit di affondare la baionetta nelle carni inermi, gli uomini che avevano l'opportunit di riversare torrenti di mitraglia su quelli che avevano ucciso il suo amico. Ora sarebbe andato a uccidere a cuor leggero. Tent di pensare che la vittoria su quelle alture avrebbe procurato piacere o vendetta a Weir, ma non riusc a immaginarselo: ormai era semplicemente un'assenza. Stephen pensava al suo viso franco, perplesso, alla pelle color gesso arrossata dai capillari rotti dall'alcol; pens al cranio semicalvo e agli occhi allucinati che non riuscivano a contenere la sua innocenza. Pens allo spreco di quel corpo finito sottoterra senza conoscere un altro corpo umano. Per tutta la notte e il giorno seguente rimase disteso sul letto, immobile. Quando Mountford torn per cercare di scuoterlo, non rispose. Rifiutava il cibo che gli portavano, maledicendo se stesso per quell'ultimo gesto spazientito nei confronti di Weir. Odiava l'egoismo del proprio sentimento, perch sentiva pi pena per se stesso che per l'amico morto. Non poteva farne a meno; come tutti gli altri, aveva imparato a scacciare la morte dai suoi pensieri, ma non riusciva a respingere la solitudine. Ora che Weir se n'era andato, non c'era nessuno che potesse capire. Tent di piangere, ma non c'erano lacrime per esprimere la sua desolazione o il suo amore per il povero, folle Weir. Il terzo giorno, venne a trovarlo il colonnello Gray.-Finalmente un successo, disse.-Quei minatori hanno fatto un lavoro magnifico. Le dispiace se mi siedo, Wraysford?-Stephen era seduto sul letto. Vedendo entrare Gray, aveva fatto 1 sforzo per alzarsi e salutare, ma il colonnello lo aveva liquidato con un gesto della mano. Gli indic la sedia accanto al tavolo. Gray accavall le gambe e si accese la pipa.-I boches non hanno neanche capito che cosa li ha colpiti. Non ho mai creduto troppo nei topi di fogna, che a parer mio regalavano al nemico piccoli crateri da fortificare, ma persino io sono costretto ad ammettere che stavolta hanno fatto un ottimo lavoro.-Seguit a parlare dell'attacco per alcuni minuti, senza badare in apparenza al fatto che Stephen non replicava.-I nostri uomini erano in riserva,-aggiunse.-Non c'era bisogno di loro. Alcuni erano un po' delusi, credo.-Aspir una boccata dalla pipa.-Non molti, per.-Stephen si pass la mano fra i capelli in disordine. Si chiedeva se Gray fosse stato mandato o se avesse deciso di venire a trovarlo di sua iniziativa.-Stanfforth, continu Gray,-ha il tipico aspetto dell'ufficiale di stato maggiore inglese, non vero? Grasso, supponente, male informato. Mi perdoni, Wraysford, come lei sa, non ho niente contro gli inglesi. Nel suo caso, l'aspetto trae in inganno. E' un programmatore molto accurato e credo che in questo attacco abbia risparmiato molte vite umane.-Stephen assent. Un certo interesse cominciava a filtrare attraverso l'aria della sofferenza; somigliava alle prime sensazioni dolorose del sangue che torna a scorrere in un arto intorpidito. Gray continuava a parlare e fumare.-Si sta prospettando una questione piuttosto delicata che riguarda i nostri nobili alleati francesi. Stanno attraversando delle difficolt. Comincia a manifestarsi.,.come la si pu definire?.,.una certa riluttanza. l'allontanamento del brilante generale Nivelle ha migliorato la situazione. Pare che ptain sia un po' pi economo con le loro vite, ma comunque allarmante. Ci risulta che siano interessati, in un modo o nell'altro, 2 terzi dell'esercito, con almeno una divisione su 5 seriamente compromessa.-Stephen era curioso di

sentire quello che diceva Gray. l'esercito francese si era comportato meglio di quello inglese in circostanze analoghe, e aveva mostrato fOrmidabile capacit di resistenza. Un ammutinamento sembrava inconcepibile.-Stanforth chieder a lei e a Mountford di accompagnarlo. Si tratta di un incontro del tutto informale. Gli ufficiali francesi interessati sono in licenza, solo un incontro organizzato da amici. -Capisco,-disse Stephen.-Mi sorprende che sia stato autorizzato. Non incontriamo quasi mai i francesi. -Esatto,-disse Gray, con un piccolo sorriso di trionfo. Aveva indotto Stephen a parlare.-Non autorizzato. E' solo un pranzo fra amici. E gi che ci sono, lei ha un aspetto davvero orribile. Si rada e faccia un bagno. Mi spiace per il suo amico del genio. Ora si alzi.-Stephen lo guard inebetito. Il suo corpo era privo di energia, il suo sguardo si concentr sulle iridi chiare degli occhi di Gray, cercando di attingere forza dall'uomo pi anziano. Vedendo che Stephen tentava di reagire, Gray raddolc il tono.-Lo so che cosa significa restare solo, come se nessun altro avesse condiviso le sue esperienze. Ma dovr andare avanti, Wraysford. Intendo proporla per una Croce di guerra per la sua partecipazione all'azione sul canale. Le piacerebbe? Stephen si riscosse di nuovo.-No, assolutamente no. Non potete distribuire stelle di latta, quando ci sono uomini che anno dato la vita, perdio. Gray sorrise di nuovo e Stephen ebbe ancora una volta la sensazione che aveva avuto spesso in passato, di essere stato suonato come 1 strumento.-Molto bene, niente decorazione. -Ne raccomandi una, ma l'assegni a Ellis o a 1 dei caduti. Potrebbe aiutare la madre. -Si,-disse Gray,-oppure spezzarle il cuore. Stephen si alz in piedi.-Io torno al comando a cambiarmi. -Bene. Se cede adesso, priver la sua vita di ogni significato. Solo arrivando fino in fondo potr assicurargli la quiete. -Le nostre vite hanno perso Ogni significato molto tempo fa, e lei lo sa. A Beaucourt. Gray deglut.-Allora lo faccia per i nostri figli. Stephen estrasse dal rifugio le membra rigide, uscendo nell'aria estiva. Quando si guard attorno, Osservando gli alberi e gli edifici ancora in piedi e il cielo ancora pi in alto, risent un'eco dell'amore panico che aveva sperimentato in Inghilterra e riusc a imporsi di agire, pur temendo che la realt nella quale viveva adesso fosse molto fragile. Scriveva a Jeanne quasi tutti i giorni, ma poi scopriva di non avere niente da dire. Lei rispondeva con racconti della vita ad Amiens e gli riferiva i commenti dei giornali francesi sulla guerra. Insieme a Stanforth e Mountford raggiunse in macchina Arras, dove incontrarono in un albergo 2 ufficiali francesi, Lallement e Hartmann. Lallement, il pi anziano dei 2, era un uomo paffuto e mondano. In tempo di pace era stato avvocato e aveva lavorato per il Servizio civile. Per accompagnare il pasto ordin parecchi vini e mangi una sfilza di pernici, che faceva a pezzi con le mani. Il sugo gli colava sul mento fino al tovagliolo infilato nel colletto. Stephen lo guardava incredulo. l'ufficiale pi giovane, Hartmann, era un ragazzo bruno sulla ventina, dall'aria seria. La sua espressione era impenetrabile, e sembrava restio a parlare quasi temesse di mettere in imbarazzo il collega pi anziano. Lallement parlava per lo pi di caccia e di selvaggina. Stephen traduceva a beneficio di Stanforth, che scrutava l'ufficiale francese con una certa diffidenza. Mountford, che conoscewa la sua lingua, gli fece delle domande sul morale nell'esercito francese. Lallement gli assicur, asciugandosi la salsa dal mento, che raramente era stato pi alto. Dopo pranzo Lallement interrog Stanforth, tramite Stephen, sulla sua famiglia in Inghilterra. Avevano un'amicizia in comune, un'anziana signora francese imparentata con la moglie di Stanforth. Di l, Lallement pass a fare domande sui militari inglesi e sulla loro valutazione della guerra. Nelle risposte, Stanforth era di una franchezza sconcertante, al punto che Stephen si scopri tentato di censurarle; ma presumeva che Stanforth la sapesse pi lunga di lui, e in ogni caso Mountford avrebbe

potuto notare ogni alterazione. Stephen, che non aveva esperienza di operazioni di raccolta delle informazioni, sia pure cos informali, si domandava quando avrebbero scoperto il crollo nel morale dei francesi e la misura in cui anche l'esercito ne erano colpito. All'ora del t, Stanforth aveva gi fornito un resoconto dettagliato dei movimenti di quasi tutte le divisioni in quel settore dell'esercito inglese e un quadro del morale basso degli uomini, che i successi di Vimy e Messines avevano risollevato solo per poco. La depressione aveva cominciato ad attecchire nei ranghi dell'esercito, soprattutto fra quelli che erano al corrente della prospettiva di un'offensiva in grande stile a ypres. Finalmente Lallement si asciug la bocca col tovagliolo e sugger di andare in un bar gestito da un amico nei pressi della piazza principale. Vi rimasero fino alle 10, quando Stephen fu incaricato di rintracciare l'autista di Stanforth. Lo trov addormentato sul sedile posteriore. Quando salutarono i francesi, aveva cominciato a piovere. Stephen si volt a guardare Lallement e Hartmann, in piedi sotto il portico gocciolante. In agosto e settembre and di nuovo a trovare Jeanne. Facevano lunghe passeggiate per la citt, anche se lui resisteva al suggerimento di trascorrere un pomeriggio nei giardini d'acqua. Lei gli disse che era impensierita dalla sua apatia. Era come se avesse rinunciato alla speranza e si lasciasse andare alla deriva. Lui rispose che era difficile evitarlo, vista l'indifferenza dei suoi compatrioti verso quello che avevano sofferto lui e i suoi uomini. -Allora sia forte per me,-ribatt lei.-Io non sono indifferente a quello che accade a lei o a 1 qualsiasi dei suoi amici. Io non sono spazientita. La aspetter.-Si sent incoraggiato e le confid quello che aveva provato quando era stato in licenza in Inghilterra.-Lo vede?-Replic Jeanne.-C' un Dio, c' 1 scopo in tutto questo. Ma lei dev'essere forte.-Gli prese la mano e la strinse con forza. Gli guard il suo viso pallido e supplichevole.-Lo faccia per me,-gli disse.-Torni laggi, vada dove le dicono di andare. Lei fortunato, sopravviver. -Mi sento in colpa per essere sopravvissuto, mentre tutti gli altri se ne sono andati. Rientr al comando di brigata. Non volle restare nello Stato maggiore, voleva tornare con gli uomini delle trincee. Riusciva soltanto a tirare avanti. La sua vita divenne grigia e fievole, come una luce che rischiava di spegnersi da un momento all'altro; traboccava di silenzio. PARTE QUINTA INGHILTERRA 1978 - 1979 -Qualche progresso?-Chiese Elizabeth a Irene, durante la sua visita settimanale. -Per la verit, no,-rispose Irene.-Dice che si sta rivelando pi difficile del previsto. Ci sta ancora lavorando, ma pare che tuO nonno abbia coperto le sue tracce piuttosto bene. Erano passati 2 mesi da quanto Elizabeth aveva consegnato il diario a Bob, e decise che avrebbe dovuto escogitare altri modi per mettersi in contatto col passato. Dal manuale di addestramento per gli ufficiali aveva scoperto in quale reggimento aveva militato il nonno, e tent di rintracciarne il comando. Dopo una serie di telefonate e messaggi rimasti senza risposta, scopr che il reggimento aveva cessato di esistere 10 anni prima, quando si era fuso con un altro. Il quartier generale si trovava nel Buckinghamshire, dove Elizabeth si rec in macchina un sabato pomeriggio. Fu accolta con sospetto. La sua auto fu perquisita meticolosamente in cerca di bombe e la fecero aspettare un'ora prima che un giovanotto si decidesse finalmente a riceverla. Era il primo militare che Elizabeth avesse mai incontrato e fu sorpresa dal suo aspetto poco militaresco. Aveva l'atteggiamento tipico della maggior parte degli impiegati e dei funzionari minori: i documenti relativi al reggimento erano custoditi altrove, erano di difficile accesso, erano confidenziali; non c'erano molte possibilit. -Vede,-spieg Elizabeth,-il fatto che mio nonno ha combattuto in quella guerra, e vorrei saperne qualcosa di pi. I civili non sempre apprezzano i sacrifici che sono stati compiuti per loro.,.e che ancora si compiono per loro.,.da parte delle forze armate. Mi serve soltanto una lista di nomi di componenti del suo.,.

battaglione o compagnia, quel che . Sono certa che un'organizzazione efficiente come l'esercito deve disporre di un buon archivio, no? -Di sicuro molto ben organizzato. Ma una questione di accesso. E di riservatezza, come le ho gi spiegato. Erano seduti in un piccolo corpo di guardia in legno, vicino al cancello principale. Il caporale incroci le braccia. Aveva un colorito pallido e malsano e i capelli castani tagliati corti. Elizabeth sorrise di nuovo.-Fuma?,-e gli offri il pacchetto oltre il tavolo. -Le dir cosa posso fare,-disse lui, proteso per farsi accendere la sigaretta. -Posso lasciarle dare un'occhiata alla storia del reggimento. Questo dovrebbe fornirle almeno alcuni nomi. Poi potr partire di l. Certo, non credo che ne siano rimasti in vita molti. -Allora non c' tempo da perdere. -Lei mi aspetti qui. Vado a procurarle un passi. Usc dalla stanza e un soldato giovanissimo armato di fucile venne a mettersi di guardia, nel caso che lei meditasse un attacco, pens Elizabeth. Il caporale le consegn un cartellino con una spilla di sicurezza, che lei dovette appuntarsi sul petto, e la guid verso un grande edificio di mattoni, facendola entrare in una stanza arredata con un semplice tavolo in legno di abete e 2 sedie dure. A Elizabeth sembr il tipo di locale in cui si tengono gli interrogatori. Le consegn un pesante volume rilegato in tela rossa e rimase in piedi in un angolo a guardarla mentre lei lo sfogliava. In primo piano, fra i nomi rivelati dalla storia del reggimento, c'era quello di un certo capitano, e poi colonnello Gray. Elizabeth annot vari altri nomi su una busta che aveva nella borsetta. A quanto pareva non c'era nessuna speranza che il caporale trovasse, o meglio rivelasse, gli indirizzi. Lo ringrazi calorosamente e torn a Londra. Quella sera telefon a Bob per controllare se aveva fatto progressi con il quaderno. -Ho alcuni nomi di persone che penso abbiano partecipato alla guerra con lui, ma non so in che modo mettermi in contatto con loro. C' un tale di nome Gray, che sembra sia stato un personaggio di rilievo, ma dev'essere incredibilmente vecchio, sempre che sia ancora vivo. Sent Bob fischiettare mentre rifletteva, all'altro capo della linea.-Hai pensato al Chi ? Se questo Gray era un pezzo grosso e ha continuato a distinguersi nella vita civile, pu darsi che compaia l. Nella biblioteca pubblica di Porchester Road, Elizabeth scov una copia del Chi ? di 3 anni prima e controll i dati dei 52 Gray che vi erano inclusi. Si erano distinti in una vasta gamma di attivit finanziarie e nella pubblica amministrazione, ma pochi di loro erano anche solo nati prima del 1918. Voltando pagina, trov un ultimo Gray. "GRAY, William Allan Mc Kenzie" lesse. "Primario dell'ospedale Queen Alexandra, Edimburgo 1932- 48. Nato a Calcutta il 18 settembre 1887, figlio di Thomas Mc Kenzie Gray e Maisie Maclennan; sposato nel 1920 con Joyce Amelia Williams figlia del dottor Albert Robert Williams; un figlio, una figlia. Studi: Thomas Campbel College, Saint Andrew's University, laurea 1909. Scorse in fretta i caratteri minuti finch trov le parole: Guerra 1914- 18. I dettagli combaciavano. In calce alla scheda c'era un indirizzo con un numero telefonico del Lanarkshire. l'unico problema era che il libro risaliva a 3 anni prima, e gi allora Gray doveva avere, calcol Elizabeth.,. 88 anni. Come aveva fatto notare al caporale, non c'era tempo da perdere. Torn a precipizio nel suo appartamento dirigendosi al telefono. Squill prima che potesse raggiungerlo. -Pronto? -Sono io. -Chi? -Stuart. -Oh, Stuart. Come va? -Bene, e tu? -Bene, grazie. Sono molto occupata.-Elizabeth fece una pausa in modo che Stuart potesse dirle per quale motivo aveva telefonato. Non disse niente, cos lei continu a chiacchierare per qualche minuto. Anche stavolta lui rimase in silenzio, quando venne il suo turno, e alla fine Elizabeth concluse:-Bene,

volevi dirmi ualcosa, sai.,.di particolare? -Non sapevo di avere bisogno di un motivo per telefonare.-Sembrava offeso.-Ho chiamato solo per fare 4 chiacchiere. Non era la prima volta che telefonava per chiacchierare e poi non diceva niente. Forse era timido, pens Elizabeth, mentre continuava a parlare di quello che stava facendo. Le riusciva difficile salutare qualcuno senza fingere almeno che dovessero incontrarsi presto, e quando abbass il ricevitore aveva finito per invitare Stuart a cena.-Devi venire da me, qualche volta. -Davvero? E quando? -Be'.,.oddio, che ne dici di sabato?-Non aveva importanza; le era simpatico. Avrebbe trovato il tempo di cucinare qualcosa. Intanto prese la busta dalla borsetta e cominci a formare il prefisso per la Scozia. Mentre il disco del telefono tornava sullo 0, si figur una fredda e grigia fattoria del Lanarkshire, dove un antiquato telefono squillava sonoro sul tavolino nell'atrio e un vegliardo doveva alzarsi a fatica dalla poltrona, a parecchi locali di distanza, e avanzare penosamente lungo il corridoio, solo per trovarsi alle prese con una perfetta sconosciuta che gli rivolgeva domande su una guerra in cui aveva combattuto 60 anni prima. Era ridicolo. Le venne meno il coraggio e interruppe la comunicazione. And in cucina e si prepar un gin con 3 cubetti di ghiaccio e una fettina di limone. Aggiunse una goccia d'acqua tonica, accese una sigaretta e torn in salotto. Che senso aveva tutto questo? Voleva scoprire che cosa era accaduto a suo nonno in modo da poter.,.cosa? Capire meglio se stessa? Essere in grado di parlare ai suoi ipotetici figli del loro retaggio familiare? Forse era soltanto un capriccio, ma era decisa. Il peggio che poteva capitarle facendo quella telefonata era qualche momento di imbarazzo. Non sembrava un prezzo molto alto. Compose di nuovo il numero e sent gli squilli. 8, 9, 10. 14, 15. Sicuramente a quest'ora anche il pi claudicante dei vecchietti avrebbe dovuto.,.-Pronto?-Era una voce di donna. Chiss perch, Elizabeth rimase sorpresa.-Parla.,.parla la signora Gray? -In persona.-La voce aveva un lieve accento di Edimburgo. Suonava distante e molto vecchia.-Joyce Amelia. -Mi spiace molto disturbarla. Mi chiamo Elizabeth Benson e ho una richiesta un po' curiosa da farle. Mio nonno combatt nella stessa compagnia di suo marito nella prima guerra mondiale, e io sto cercando di sapere ualcosa di lui.-La signora Gray non rispose. Elizabeth si domand se aveva sentito.-So che una richiesta molto strana, e sono davvero spiacente di disturbarla. Solo che non sapevo a chi rivolgermi. Pronto? E' ancora in linea? -Si. Vado a chiamare mio marito. Dovr avere pazienza. E parli molto forte, un po' duro d'orecchi. Elizabeth si sent formicolare le mani per l'eccitazione, mentre la signora Gray appoggiava rumorosamente la cornetta di bachelite. La immagin posata sul tavolo dell'atrio, sotto la scala di legno piena di spifferi. Attese un minuto, poi un altro. Finalmente sent in linea una voce tremolante ma sonora.-A che scopo vuole sapere? Santo cielo, sono passati tanti anni.-Sembrava seccato. -Mi scusi, non volevo proprio infastidirla, solo che sono ansiosa di mettermi in contatto con qualcuno che lo conosceva per scoprire che tipo era.-Gray sbuff, all'altro capo della linea.-Si ricorda di lui? Avete combattuto insieme? -Si, melo ricordo. -Che tipo era? -Come? Che tipo era? Dio lo sa. Non vorr impelagarsi in questa storia, adesso? -E invece si. La prego, ho davvero bisogno di sapere. Dalla parte di Gray provennero altri sbuffi spazientiti. Alla fine disse:-Scuro di capelli. Alto. Era orfano o qualcosa del genere. Era superstizioso. E' lui? -Non lo so!-Si ritrov a gridare Elizabeth. Si domand se la signora Kyriades si stesse godendo la conversazione, attraverso la parete.-Voglio che me lo dica lei ! -Wraysford. Dio.,.-Seguirono altri sbuffi. Poi Gray disse:-Era un uomo strano, me lo ricordo bene. Era un combattente straordinario. Un sangue freddo incredibile. Non sembrava mai molto soddisfatto, per. C'era qualcosa che lo tormentava.

-Era gentile, un buon amico per gli altri uomini?-Non pensava che fosse la terminologia corretta per l'esercito, ma era il massimo che poteva fare. -Gentile? Povero me.-Pareva che Gray ridesse.-Introverso, direi. -Era.,.divertente? -Divertente? Era una guerra! Che razza di domanda. -Ma aveva il senso dell'umorismo, secondo lei? -Credo di si. Un po' asciutto, persino per 1 scozzese come me. Elizabeth intui che Gray cominciava a farsi prendere dai ricordi, e insistette. -Che cos'altro ricorda? Mi dica tutto. -Non voleva mai andare in licenza. Diceva che non aveva una casa dove tornare. Amava la Francia. Ricordo di essere andato a trovarlo in ospedale quando era stato ferito. Doveva essere il 1915. No, il 16. Gray sprec qualche minuto nel tentativo di stabilire la data della visita, mentre Elizabeth cercava inutilmente di interromperlo.-Ricorda qualcos'altro? Aveva degli amici? Qualcuno con cui potrei parlare, che lo ricordi? -Amici? Non credo. No, c'era un tale del genio. Non riesco a ricordare il nome. Era un tipo solitario. -Ma un buon soldato. La linea crepit mentre Gray rifletteva.-Era un magnifico combattente, non esattamente la stessa cosa. Torn in linea la voce della signora Gray.-Mi scusi, ma ora devo allontanare mio marito. Non abituato a questo genere di cose e non voglio che si stanchi. Mi capisce? -Ma certo,-rispose Elizabeth.-Sono molto grata a entrambi. Spero proprio di non avervi disturbato troppo. -Niente affatto,-ribatt la signora Gray.-C' un uomo al quale mio marito scriveva spesso. Si chiama Brennan. Stava in una casa di riposo per veterani a Southend. Non lontano da Londra. -Grazie infinite. Lei stata molto gentile. -Arrivederci.-Si sent il suono della cornetta posata sulla forcella. Nel silenzio. Elizabeth senti il rumore sordo della musica dall'appartamento al piano di sopra. La berlina svedese si era rifiutata di nuovo di partire, ed Elizabeth fu costretta a prendere il treno in partenza da Fenchurch Street, 1 dei recenti modelli senza scompartimenti della British Rail, con i sedili nuovi di felpa arancione. Attravers la carrozza che rollava tenendo in mano una tazza di caff, e fece una smorfia quando il liquido bollente filtr dal coperchio scottandola. Quando fu abbastanza freddo per berlo, scopri che il suo gusto si fondeva con l'atmosfera satura di esalazioni dei diesel e mozziconi di sigaretta , al punto che era difficile dire dove finisse l'uno e cominciasse l'altra. Il riscaldamento funzionava al massimo e la maggior parte dei viaggiatori nella carrozza sembrava sul punto di svenire, mentre guardavano dal finestrino le pianure dell'Essex scorrere dietro i finestrini. Elizabeth aveva telefonato alla direttrice della casa di riposo, la quale aveva detto che non valeva quasi la pena di visitare Brennan, ma se voleva venire lui l'avrebbe ricevuta. Lei si sentiva eccitata all'idea di incontrare davvero qualcuno che apparteneva a quell'era. Si sentiva come 1 storico che, dopo aver lavorato sulle cronache, mette finalmente le mani su una fonte documentaria originale. Aveva nella mente un'immagine sfocata di Brennan. Pur sapendo che era vecchio e, a giudicare da quello che aveva detto la direttrice, decrepito, non poteva fare a meno di immaginarlo in divisa, armato di fucile. Quando usc dalla stazione di Southend pioveva, e lei sal su un taxi Vauxhall blu in sosta nel piazzale. l'auto percorse le strade lucide di pioggia, imboccando il lungomare con il grande molo abbandonato e gli alberghi cadenti stile Reggenza. Mentre risalivano la collina, il tassista le indic i banchi di sabbia dove un'imbarcazione per la pesca alle conchiglie era al lavoro, con un'apparecchiatura che somigliava a un gigantesco aspirapolvere sospesa fuoribordo. La casadi riposo era un imponente edificio vittoriano di mattoni rossi, che si vedevano appena dietro la trama delle scale antincendio. Elizabeth pag il tassista ed entr. C'erano dei gradini di pietra che conducevano al banco della portineria. Enormi corridoi dai soffitti

altissimi si aprivano in 2 direzioni opposte. l'addetta al banco era una donna grassoccia con un cardigan color malva e gli occhiali di tartaruga. -La sta aspettando? -Si, credo di si. Ho parlato con la direttrice, la signora Simpson. l'addetta form 2 numeri al telefono.-Si. Una visita per Brennan. D'accordo. si. Abbass il telefono.-Verr qualcuno a prenderla,-annunci, poi riprese in mano la rivista che stava leggendo. Elizabeth abbass la testa, spazzolandosi una briciola dalla gonna. Una donna in divisa da infermiera si avvicin, presentandosi come la signora Simpson.-Lei venuta per Brennan, vero? La prego di passare un momento nel mio ufficio. Percorsero pochi metri di corridoio entrando in una stanzetta surriscaldata e stipata di classificatori. Alla parete c'ra appeso un calendario con una foto di gattini in un cesto. Sul tavolo c'era una pianta di erba miseria , con getti verdi e bianchi che arrivavano fin quasi al pavimento.-Lei non mai stata qui, vero?-Disse la signora Simpson. Era una donna sorprendentemente giovane, con i capelli ossigenati e il rossetto rosso fuoco. Indosso a lei, l'uniforme aveva un aspetto strano.-Quello che deve capire che alcuni degli uomini hanno passato qui tutta la vita. E' tutto quello che sanno tutto quello che ricordano.-Si alz per prendere un fascicolo dal classificatore.-Si, ecco. E' stato ricoverato nel 1919, il suo Brennan. Dimesso nel 1921. Rientrato nel 1923. Da allora qui, a spese del governo. Non ha nessun parente in vita. La sorella morta nel 1950.-Elizabeth fece dei calcoli. Era l da quasi 60 anni. -Sono molto ignoranti, quasi tutti i lungodegenti. Non si tengono aggiornati su quello che succede nel mondo. Noi li incoraggiamo a seguire radio e quotidiani, ma non ce la fanno. -E cos' esattamente che non va nel signor Brennan? -Amputazione,-rispose la signora Simpson.-Mi faccia controllare. si, Ferita riportata durant l'offensiva finale, nell'ottobre del 1918. Per lo scoppio di una granata, Gamba sinistra amputata in un ospedale da campo, Riportato in Inghilterra, e ricoverato all'Ospedale di Southampton. Fu Trasferito a North Middiesex, poi a Rochampton. Internato nel settembre del 1919. Inoltre, choc da granata. Lo sa che cosa significa? -Danni psicologici? -Si, e un'espressione che comprende di tutto. Diciamo che 1 svitato. Alcuni di loro l'hanno superato, altri no. -Vedo. E capir chi sono? Se gli racconto per quale motivo sono venuta, voglio dire? -Forse non mi sono spiegata bene.-La voce garbata della signora Simpson assunse una nota di esasperazione.-Quest'uomo vive in un mondo tutto suo. Sono tutti cos, non hanno il minimo interesse per il mondo esterno. Di solito sono casi disperati, naturalmente. Ma facciamo di tutto per loro. Pasti, igiene personale, tutto. -Riceve molte visite? La signora Simpson scoppi a ridere.-Molte visite? Oh, cielo, l'ultima persona che venuta a trovarlo e stata.,.-Consult il fascicolo sulla scrivania.-La sorella, nel 1949.-Elizabeth abbass gli occhi.-Bene, ora l'accompagno da lui, se pronta. Non si aspetti troppo, per favore.-S'incamminarono sul linoleum verde del corridoio. Le pareti laterali erano piastrellate fino all'altezza della vita, poi si congiungevano in alto in una volta a botte, da cui pendevano lampade gialle appese a lunghi fili elettrici intrecciati. Svoltarono un angolo, poi un altro, superando pile di ceste da bucato e poi un paio di porte basculanti dalle quali si lev una zaffata improvvisa di cavoli e salsa di carne, prima che tornasse a trionfare l'odore onnipresente di disinfettante. Raggiunsero una porta dipinta di blu.-Questa la sala di ricreazione,-annunci la signora Simpson. Spalanc la porta: c'erano alcuni vecchi seduti lungo le pareti, alcuni sulla sedia a rotelle, altri su poltrone ricoperte di plastica marrone chiaro.-E' quello laggi, vicino alla finestra.-Elizabeth attravers la sala, cercando di non inspirare troppo a fondo l'aria calda e stantia che puzzava di urina. Si diresse verso un vecchietto su una sedia a rotelle, con una

coperta sulle gambe. Gli tese la mano. Lui alz la testa e la prese.-Non quello, l'avverti la signora Simpson dalla soglia.-La finestra successiva. Elizabeth lasci andare con un sorriso la mano del vecchio e si spost di alcuni passi nella stanza. Al centro del pavimento c'era un tappeto a disegni arancio e marrone. Era pentita di essere venuta. l'ometto sulla sedia a rotelle sembrava un uccello appollaiato sul posatoio. Portava occhiali dalle lenti spesse, la montatura tenuta insieme da un lato con il nastro adesivo. Elizabeth vide gli occhi azzurri e lacrimosi dietro le lenti. Gli porse la mano, ma lui non si mosse, e allora lei gli prese la mano dalle ginocchia e la strinse. Si sentiva un'intrusa, piena di imbarazzo. Perch mai era venuta? Una vanit riguardo al suo passato immaginario, una sciocca indulgenza per se stessa. Accost una sedia e prese di nuovo la mano di Brennan.-Mi chiamo Elizabeth Benson. Sono venuta a trovarla. Lei il signor Brennan?-Gli occhi lacrimosi di Brennan rotearono sorpresi. Lo sent aggrapparsi alla sua mano. Aveva una testa minuscola; i capelli non lavati erano incolori, pi che grigi, e gli pendevano molli sul cranio. Lei fece per ritirare la mano, ma sent che Brennan tentava di aggrapparvisi, cos gliela lascio, accostando un po' la sedia.-Sono venuta a trovarla. Sono venuta a trovarla perch penso che lei abbia conosciuto mio nonno, Stephen Wraysford. E' stato durante la guerra. Si ricorda di lui?-Brennan non disse una parola. Elizabeth lo guard: indossava una camicia di lana a righe con il colletto abbottonato ma senza cravatta, e un cardigan marrone lavorato a mano . Era cos piccolo, senza una gamba; si domand quanto poteva pesare.-Si ricorda della guerra? Ricorda quei giorni?-Gli occhi di Brennan nuotavano ancora nella sorpresa. Era chiaro che non afferrava quello che stava accadendo.-Vuole che parli io per qualche minuto? O vogliamo stare in silenzio per un po'? Lui continuava a non rispondere, cos Elizabeth gli sorrise posando l'altra mano sulla sua. Scosse il capo per respingere indietro i capelli che le erano ricaduti sulla guancia. Brennan cominci a parlare. Aveva una vocetta acuta come quella di una bambina, la sforzava per superare un grumo di catarro che Elizabeth sentiva muoversi nel suo petto; spesso tra una parola e un'altra doveva ingoiare piccoli sorsi d'aria.-Che fuochi d'artificio. Eravamo tutti l, la strada intera. Si ballava. Restammo fuori tutta la notte, Barbara e io. Mia sorella. Lei cadde. Durante l'oscuramento. Doveva metterlo su ogni sera. Cadde da una scala. -Sua sorella cadde da una scala? -C'era quella canzone che cantavamo tutti, allora.-Ingoll un sorso d'aria in pi e tent di cantarla per Elizabeth. -E si ricorda qualcosa della guerra? Pu dirmi qualcosa di mio nonno? -La liberazione di Maleking, era. Ci danno un t cos cattivo. Non posso berlo. E' una porcheria. E' stato quel dannato Hitler. La mano era calda fra le sue. Fu introdotto nella stanza un carrello su ruote, che si diresse verso di loro con un tintinnio metallico. -Oh, bene, Tom. Hai una visita, eh?-Tuon la donna che lo spingeva.-Che cosa combini con una ragazza cos carina? I tuoi vecchi trucchi, scommetto. Ti conosco, vecchio malandrino. Lo lascio l, va bene?-Pos una tazza di t sul tavolino accanto al gomito di Brennan.-Non lo beve mai,-disse a Elizabeth.-Ne vuole una tazza, tesoro? -Grazie. Il carrello si allontan sferraliando. Elizabeth bevve un sorso di t, ma si sent nauseata da quel sapore orribile e si affrett a posare di nuovo la tazza sul piattino. Si guard attorno nella stanza. In quell'atmosfera soffocante c'era una ventina di uomini. Nessuno parlava; solo 1 ascoltava una radiolina; tenevano tutti lo sguardo fisso nel vuoto. Elizabeth tent di immaginare che cosa voleva dire passare 60 anni in un posto del genere, senza che nulla distinguesse un giorno dall'altro. Brennan riprese a parlare, saltando a caso di ricordo in ricordo. Mentre ascoltava, Elizabeth si accorse che Brennan credeva di vivere nell'epoca che rievocava: quel periodo diventava per lui il presente. La maggior parte dei suoi ricordi sembrava risalire ai primi del secolo o all'inizio degli anni '40 e agli attacchi aerei su Londra. Lo sollecit ancora

una volta ripetendo il nome del nonno; se non reagiva, lo avrebbe lasciato in pace e non si sarebbe pi impicciata di cose che non la riguardavano. -Mio fratello, l'ho riportato indietro io. Ho sempre badato a lui, io. -Suo fratello? Ha combattuto nella guerra? Era con lei? E' mio nonno? Il capitano Wraysford? La voce di Brennan divenne pi acuta.-Pensavamo tutti che fosse matto, quello. E con lui l'ufficiale del genio. Il mio compagno Douglas, quello che sgomberava i detriti dello scavo, diceva:"Quell'uomo strano". Eppure lui lo tenne fra le braccia quando mor. Erano tutti matti. Perfino Price, il sergente maggiore. Il giorno che fin corse fuori senza vestiti. Lo misero in manicomio. Mi portano questo t, io dico che non lo voglio. Mio fratello buono con me, per. Prendeva anche dei bei pesci. Mi piace un bel piatto di pesce. Avrebbe dovuto vedere i fuochi d'artificio. Ballava tutta la strada. La sua presa sul tempo si allent di nuovo, ma Elizabeth era commossa da quello che aveva sentito. Dovette distogliere lo sguardo da Brennan, fissando il tappeto arancio e marrone. Non era importante quello che diceva. Le aveva rivelato che suo nonno era stato strano, qualunque cosa significasse in un contesto del genere; le aveva detto che lui e un suo amico erano matti e, anche se quella parte non era chiara, che aveva confortato un morente. Lei del resto non si sentiva incline a insistere per avere chiarimenti. Anche ammesso che fosse anche lucido per dargliene abbastanza, sentiva che non avrebbe fatto differenza. Non era quello che Brennan diceva; era il fatto che qualche parte incoerente di lui ricordava. Ascoltando la sua voce acuta in quel minuscolo corpo mutilato, lei aveva preservato in qualche modo la catena dell'esperienza. Rest seduta, provando una grande tenerezza per lui, tenendogli la mano, mentre la gamma limitata dei suoi ricordi riprendeva daccapo il suo ciclo. 10 minuti dopo, si alz in piedi per andarsene. Lo baci sulla guancia e attravers in fretta la sala cavernosa. Gli aveva detto che sarebbe tornata a trovarlo, se gli faceva piacere, ma non poteva sopportare di voltarsi a guardare il corpo minuto sulla sedia dove era appollaiato da 60 anni. Appena uscita dalle alte mura vittoriane, corse verso la riva e si ferm solo sul lungomare, sotto la pioggia, aspirando a grandi boccate l'aria salmastra, affondandosi le unghie nel palmo delle mani. Aveva recuperato una connessione vitale, era riuscita nella sua piccola missione; ma una cosa non poteva fare, ed era quello che la spingeva a imprecare e a torcersi le mani: non poteva riportare alla vita il povero Brennan n cancellare la piet del passato. -E' per te,-disse Erich, porgendo a Elizabeth il ricevitore col filo aggrovigliato, in un gesto stanco.-E' un uomo. -Un uomo?-Ribatt Elizabeth.-Come sei preciso, Erich. Era Robert. Quella sera si sarebbe trovato inaspettatamente a Londra e si chiedeva se lei non avesse voglia di andare a trovarlo nel suo appartamento.-Mi spiace che il preavviso sia cos breve,-le disse.-L'ho saputo solo adesso. Immagino che tu non sia libera. Elizabeth doveva andare al cinema e a un ricevimento nella zona sud di Londra. -Certo che sono libera,-menti.-Vengo verso le 8? -Bene. Restiamo in casa, se non ti dispiace. Comprer qualcosa da mangiare. -Non Preoccuparti ci penso io,-ribatt lei con una prontezza basata sull'esperienza. Quando ebbe sbrogliato gli impegni precedenti, pass nello studio di Erich per vedere se pOteva aiutarlo. -E cos,-disse lui, facendosi cadere sul cardigan un centimetro di cenere,-il cavaliere errante si fa sentire. -Preferirei che tu non ascoltassi le mie telefonate. -Se usi un ufficio come centro della tua vita sociale, cosa posso farci? -Non una vita poi cos movimentata, no? Un solo uomo una volta al mese. Ci dev'essere di peggio. Su con la vita, Erich, ti invito a pranzo. Erich sospir.-E va bene, ma non andiamo da Lucca. Sono stufo di quell'uomo. Un giorno dopo l'altro vedi sempre gli stessi vassoi di tramezzini. Penso che si limiti a spalmare un nuovo strato di pasta di sardine su quello che c' gi. Il primo strato deve risalire al 1955, l'anno in cui Lucca venuto a Londra. -Come fai a sapere quando arrivato?

-Noi immigrati siamo solidali, sai. Abbiamo paura della vostra dannata polizia e dei regolamenti del ministero degli Interni, l'anno dell'arrivo importante. -E il ministero degli Interni vi fa seguire un corso su come gestire una tavola calda? Voglio dire, tutti questi italiani che provengono da regioni diverse del loro paese sono venuti su mangiando cibi meravigliosi, poi arrivano qui e sfornano tutti la stessa maionese, la stessa pasta di sardine dentro panini stantii, lo stesso caff che sa di ghiande, mentre in Italia sembra nettare. Quelli dell'immigrazione forniscono un manuale d'istruzioni o cosa? -Tu non hai rispetto per noi poveri profughi, vero? Sta' attenta. O insister per farmi portare nel miglior ristorante di Londra. -Dove vuoi, Erich. Per me sar un piacere. -Mio Dio, quell'uomo ti mette roprio di buon umore, eh? E' come far squillare un campanello. E' come per i topi di Skinner. -Non ti riferisci ai cani di Pavlov? -No, ormai sono anglosassone. Esiste solo Skinner, per me. Rimettiti al lavoro, per favore. Staccher all'una, non un minuto prima. Erich aveva proprio ragione, pens Elizabeth, tornando alla sua scrivania. Robert chiamava, e lei saltava. La sua voce la rendeva felice. D'altronde era meglio avere una fonte di felicit che non averne affatto, no? Lo aveva incalzato e manipolato, nel tentativo di fargli cambiare idea; aveva analizzato i propri sentimenti e cercato di intuire i suoi; aveva fatto tutto il possibile per indurlo a lasciare la moglie, ma senza approdare a nessun risultato. Si era rassegnata a non pensare al futuro. Le conversazioni malinconiche e gli addii lacrimevoli sarebbero ricominciati fin troppo presto. Robert aveva un appartamentino all'ultimo piano di un palazzo a 2 passi da Fulham Road. Mentre aspettava Elizabeth, tent di cancellare le tracce lasciate dalla sua famiglia, anche se era difficile farle sparire del tutto. L'appartamento aveva una cucina aperta, separata dal salotto da una cortina di bamb. Sulla parete divisoria in legno fra le stanze c'erano 2 bottiglie di Chianti con le candele rosse infilate dentro che conferivano all'ambiente l'atmosfera di un bistr di Chelsea negli anni '60, come gli faceva notare spesso Elizabeth. Era impossibile gettarle via perch piacevano alla figlia di Robert. Nel guardaroba era appesa una mezza dozzina di abiti della moglie, e nell'armadietto del bagno c'erano alcuni dei suoi prodotti da trucco. Comunque, poteva almeno far sparire la sua foto dalla credenza, nascondendola nel cassetto sotto le tovaglie. Ogni volta che lo faceva , provava una fitta di terrore superstizioso, come se avesse pugnalato il suo ritratto. Non le augurava alcun male; riconosceva in lei doti di dedizione e generosit delle quali temeva di essere privo, ma non poteva fare a meno di Elizabeth. Molti dei suoi colleghi davano per scontato che fosse un rapporto di convenienza, una storia senza impegno di quelle che avevano in tanti. Robert sapeva che anche Elizabeth lo pensava, per quanto avesse tentato di convincerla del contrario. Quando protestava che non era quel tipo di uomo, rideva di lui. Prima di conoscere Elizabeth aveva tradito sua moglie una sola volta e senza convinzione, ma con lei, tentava di spiegarle, era diverso. Era convinto di avere sposato la donna sbagliata. Non intendeva reclamare un'ipotetica libert, voleva soltanto stare con Elizabeth. All'inizio era stato stregato da lei sul piano fisico, fino a sviluppare una sorta di dipendenza nei suoi confronti; una settimana lontano dal suo corpo lo rendeva svagato e irritabile. Poi era rimasto affascinato dalla beffarda sicurezza del suo carattere. Se davvero si serviva di lei come di un piacevole diversivo, cosa che Elizabeth sosteneva a volte, come mai non era pi allegro? Come mai c'era tanta angoscia in quello che i suoi colleghi davano a intendere fosse cos divertente? Sent suonare il citofono mentre raddrizzava i cuscini sul sof. -Cosa diavolo ?-Esclam Elizabeth, tastando il suo maglione. -Avevo il tempo di cambiarmi, cos.,. -Dove lo hai preso? -L'ho comprato questo pomeriggio. Ho pensato che era venuto il momento di svecchiarmi un po'. -Be', tanto per cominciare puoi liberarti di quello. E cosa sono quei calzoni

scampanati? Robert, insomma! -Non c' un solo uomo in Europa che non porti i pantaloni leggermente scampanati. Nei negozi non si trova altro. Lei and in camera da letto e scov dei vecchi pantaloni di velluto a coste e un maglione decente. Robert fingeva di protestare quando lei si occupava di quei piccoli aspetti della sua vita, ma dentro di s era contento. l'ammirava perch si intendeva di certe cose ed era lusingato che si interessasse a lui al punto da tenerci. Vestito in modo adeguato, prepar da bere e rimase in piedi col braccio intorno alle spalle di Elizabeth mentre lei si dedicava a cucinare i cibi che aveva portatO. Quello era il momento che preferiva, quando tutto era anticipazione e la serata non era ancora cominciata. Mentre mangiavano le parl del suo lavoro e delle persone che aveva incontrato. Elizabeth lo sollecitava facendogli molte domande. Robert temeva di annoiarla, ma era chiaro che a lei piaceva l'ironia con cui descriveva le varie riunioni e cene alle quali aveva partecipato. Riuscirono a trascorrere una sera e una notte in perfetta armonia, senza discutere le difficili decisioni che li aspettavano. Robert ne fu felice e anche Elizabeth, quando se ne and a passi leggeri la mattina dopo, si sentiva euforica. Il sabato pomeriggio Francoise telefon per avvertirla che aveva scovato altri 20 quaderni in soffitta, ed Elizabeth and subito a prenderli. Quellasera non aveva impegni, quindi avrebbe potuto fare un lungo bagno, trascurare la cena e studiare invece i quaderni per vedere se riusciva a venirne a capo l dove Bob aveva fallito. Accese il fuoco nel salotto per scaldare la stanza mentre indugiava nella vasca. Si domand se qualche legge poteva impedir all'azienda del gas di fare sciopero. Lo avevano fatto quasi tutti, durante l'inverno, mettendosi in fila in attesa del loro turno. Se avessero sospeso la fornitura di gas, sarebbe subentrato l'esercito per assicurare il servizio? Poteva sempre andare a vivere da sua madre, che aveva il riscaldamento a gasolio, ma avrebbe dovuto portare con s la signora Kyriades, che altrimenti non avrebbe resistito neanche un giorno al freddo.,. Elizabeth riport i suoi pensieri sui diari. Avvolta nella vestaglia, si raggomitol sul divano per aprire il primo. Sulla copertina c'era una data: 1915. Erano tutti datati, scopr, dal 1915 al 1917. Quello che aveva dato a Bob risaliva al 1918, le sembrava. In alcuni c'erano delle righe in inglese. "Rientrato al comando di compagnia alle 10. Ancora niente da Gray sull'attacco". Elizabeth prov un sussulto di eccitazione alla vista del nome "Gray". Aveva sfiorato ancora una volta il passato; non era pi storia, ma esperienza. Sfogli i diari a casaccio. Sembrava che formassero una serie quasi completa, in sequenza, anche se not che dopo una lunga annotazione del 30 giugno 1916 non c'era pi niente per 2 mesi. Era successo qualcosa? Aveva appena inforcato gli occhiali da lettura e preso un altro quaderno, quando sent suonare al portone. Irritata, attravers l'atrio per rispondere al citofono. -Pronto?-Disse in tono brusco. Si sent un crepitio e un ronzio.-Sono io. -Chi? -Stuart, naturalmente. Qui si gela. Elizabeth rimase di sasso. Stuart. Dio, lo aveva invitato.-Vieni su. Ero.,.stavo facendo il bagno. Sali.-Premette il pulsante del citofono e lasci la porta appena mentre sfrecciava in bagno. Si tolse gli occhiali, strapp i bigodini dai capelli e si avvolse la vestaglia intorno al corpo con maggiore modestia. Lo senti bussare alla porta aperta; doveva aver fatto le scale di corsa. Gli porse la guancia.-Mi spiace, sono un tantino in ritardo. -Hum,-mugol lui.-Infatti mi era sembrato di non sentire aromi invitanti per le scale. -Entra, entra. Mi spiace che ci sia tanto disordine.-I quaderni erano aperti e sparsi sul pavimento; la tazza grande del caff era ancora sul tavolo. A meno di lasciare i vestiti appesi ad asciugare davanti al fuoco, non avrebbe potuto rendere pi esplicito il fatto che non aspettava nessuno. Stuart parve non badarci.-Ti ho portato questo,-disse porgendole una bottiglia di vino che lei scart. -Delizioso. Moscato. E' speciale? Non m'intendo affatto di vini.

-Penso che lo troverai ottimo. -Dovrai scusarmi, mentre finisco di vestirmi. Mi spiace d essere cos caotica. Serviti pure da bere, da quella parte.-Elizabeth imprec sottovoce a tutt'andare mentre si vestiva, indossando una gonna di lana blu al ginocchio che aveva appena comprato, collant di lana e stivali. Medit sull'abbinamento. Non voleva apparire troppo sciatta, ma d'altra parte sarebbe dovuta uscire, affrontando il gelo della sera, per comprare qualcosa da mangiare. Prese una polo dal cassetto e una vecchia giacca di pelle dal guardaroba. Non c'era tempo per truccarsi. Stuart avrebbe dovuto accettarla al naturale! "Che pensiero spaventoso", mormor, spazzolandosi in fretta i capelli. Di certo Lindsay, che la giudicava tanto sicura di s, non avrebbe mai immaginato che potesse cacciarsi in situazioni del genere. Si mise in fretta un paio di orecchini rossi mentre passava dal salotto. -Ah, che trasformazione. Magnifica. Tu.,. -Senti, ho appena scoperto di aver dimenticato la pasta. Volevo preparare un primo e ho dimenticato la pasta, ci crederesti? Cos ora devo fare un salto fuori. C' qualcosa che desideri, gi che ci sono? Sigarette? Accendi pure la televisione. Prendi un altro drink. Ci metto meno di un minuto. Riusc a uscire dalla porta prima che Stuart potesse protestare. Corse al supermarket di Praed Street e mise insieme in fretta il necessario per preparare una rapida cena. In casa aveva dell'altro vino, se la bottiglia di Stuart non fosse bastata. Era un vino rosso acquistato da Robert; non era sicura che Stuart avrebbe approvato, ma la borsa della spesa era gi piena in modo allarmante. -Visto che c'ero, ho pensato di comprare qualche altra cosetta,-spieg ansimando a Stuart mentre andava in cucina. Si verso un gin e cominci a cucinare. -Questa cos'?-Chiese Stuart, fermo sulla soglia, tendendo la mano verso di lei. -Sembra la fibbia di una cintura.-Elizabeth la prese in mano. "Gott n'it uns" lesse sull'incisione.-Dio con noi,-tradusse Stuart,-l'ho trovata sul tappeto. -E' solo una curiosit che ho comprato da un rigattiere,-disse Elizabeth. Doveva essere caduta da 1 dei quaderni, ma non aveva voglia di parlarne. Una volta messa in tavola la cena, Elizabeth cominci a rilassarsi. Stuart non sembrava infastidito dal suo caos organizzativo; anzi, pareva quasi che non se ne accorgesse. Le fece i complimenti per la cucina e si occup personalmente del vino, controllando che i bicchieri fossero sempre pieni. -Allora, parlami di te, Elizabeth Benson,-le disse, rilassandosi sulla sedia. -Penso di averlo gi fatto. Questa volta e la precedente. Fra tutt'e 2, penso di aver esaurito gli argomenti. Tu, piuttosto, parlami di pi del tuo lavoro. Sei un consulente di marketing, no? -Esatto, si. -E questo che cosa comporta? -Vuoi la risposta corta o quella lunga? -Lo sai che cosa intendo. I clienti vengono da te a chiederti come vendere i loro prodotti? E' cos che funziona? -In parte si, ma un po' pi complicato. -Avanti, spiegami. Sono certa di essere in grado di seguirti. -Noi lavoriamo nel settore dei corsi di formazione. Ci piace considerarci dei secondini filantropici. Abbiamo una serie di chiavi per tutte le occasioni. Le chiavi aprono il potenziale di un affare. Dobbiamo insegnare alla gente come usarle, quale chiave pu aprire una certa serratura. Ma soprattutto dobbiamo insegnare loro a formulare le domande giuste. -Capisco,-disse Elizabeth con una lieve esitazione.-Quindi fornite consigli, le vendite aumentano e voi prendete una percentuale, non cos? -Si tratta piuttosto di vedere in che modo un aspetto di un affare pu collegarsi agli altri aspetti. Supponiamo che tu lavori all'incremento della produzione e Bloggs alle vendite: se non farete le domande giuste potreste ritrovarvi a tirare in direzioni opposte. Io dico sempre che il nostro obiettivo principale insegnare alla gente a non avere bisogno di noi. -E come faccio a sapere quando non ho bisogno di te? -Questa un'ottima domanda. -E' una delle domande che mi avresti insegnato a formulare?-Elizabeth sentiva all'angolo della bocca un fremito che tentava di reprimere.

-Non cos semplice. -Lo immaginavo. Comunque, pensavo che fossi un musicista. Stuart si pass la mano fra i capelli e raddrizz gli occhiali.-Sono un musicista, solo che non mi guadagno da vivere suonando. Tu non ti guadagni da vivere cucinando, ma sei pur sempre una cuoca, no? Mi segui? -Penso di si. Comunque suoni il piano molto bene. -Grazie. -Purtroppo c' soltanto del gelato. Avevo intenzione di preparare qualcosa, ma non ne ho avuto il tempo. Ne vuoi un po'? Mentre preparava il caff in cucina e tentava di prendere delle cucchiaiate di gelato dalla confezione senza spezzare il cucchiaio, Elizabeth fu colpita, non per la prima volta, dalla riflessione che la sua vita era tutta frivolezze. Era un susseguirsi frenetico di crisi banali; liquidit incerta, piccoli trionfi, sesso occasionale e troppe sigarette; scadenze mancate che si rivelavano prive di importanza; litigi, vestiti nuovi, slanci di altruismo e sincere risoluzioni di dedicarsi a cose importanti. Il significato pi autentico di tutte le esperienze che formavano la sua vita era quello suggerito dalle parole:"si rivelavano prive di importanza". Per quanto fosse abbastanza soddisfatta di quello che era diventata, era quel continuo senso di superficialit, la natura superflua di ci che faceva, a irritarla. Pens a Tom Brennan, che aveva conosciuto soltanto la vita o la morte, e poi la morte in vita. La sua generazione difettava di intensit. Port in salotto caff e gelato. Stuart aveva messo un disco, un concerto per pianoforte di Beethoven, e l'ascoltava a occhi chiusi. Elizabeth sorrise, mettendogli davanti il gelato. Non riusciva ancora a formulare un giudizio su Stuart. Era impressionata dalla sua abilit di suonare il piano e lusingata dalle sue attenzioni, ma una parte di lei non era convinta. Poi sedettero sul divano e lui le spieg, sempre a occhi chiusi, com'era costruito quel pezzo musicale e dove, a suo parere, l'esecutore stava sbagliando. Quando il disco fin, Elizabeth voleva andare a cambiarlo, ma Stuart la prese per il braccio trattenendola. -Siediti, Liz. Ho una domanda da farti. -Prego? -Voglio che tu mi ascolti con attenzione. Non so che cosa penserai di me e non sono certo che abbia troppa importanza. Voglio raccontarti una storia.-Quando Elizabeth fece per interromperlo, lui alz la mano per zittirla.-C'era una volta una ragazza molto attraente. Aveva tanti amici, un ottimo lavoro, un appartamento in citt, e tutti la invidiavano. Poi, col passare del tempo, le amiche si sposarono ed ebbero dei figli, e questa ragazza divent una donna molto attraente, ma non si spos. Pi invecchiava, pi fingeva che questo non avesse importanza per lei, e intanto spasimava sempre pi, dentro di s, per avere dei figli e un marito. Parte del problema era che, pi fingeva, pi allontanava gli uomini. Perch loro, povere creature, le credevano quando diceva di essere felice.-Elizabeth guardava il pavimento. Una curiosit malsana lottava contro l'imbarazzo che le scorreva a ondate su e gi lungo la spina dorsale. Viceversa Stuart non mostrava alcun segno di imbarazzo. Guardava dritto davanti a s.-Poi un giorno conobbe un uomo che non si lasci affatto intimorire. Era gentile con lei, divertente e amichevole. E quando lei riflett seriamente, cap che, in fondo in fondo, era quello che aveva sempre desiderato. E si trasferirono in campagna ed ebbe tanti figli e vissero per sempre felici e contenti. Elizabeth degluti.-E'? Stuart si gir verso di lei.-Ti sto chiedendo di sposarmi. So che non ortodosso. E' appena la terza volta che ci incontriamo e non mi sono neanche preoccupato di sedurti. Sono un tipo cos dolce e antiquato. Tu sei una donna molto insolita. Penso che, se accetterai la mia proposta, scoprirai che sono un uomo altrettanto insolito. Elizabeth si alz in piedi. Prese una sigaretta e toss nell'aspirare il fumo. -E' molto.,.carino da parte tua. Sono lusingata al pensiero. Ma temo che tu abbia sbagliato persona. Io ho un amico. Io.,. -E' sposato, non vero? Lasciami indovinare, lo vedi una volta al mese per fare

del sesso in fretta e salutarlo fra le lacrime. Lui dice che lascer sua moglie, ma sappiamo tutti che non lo far, non vero? E' questo che vuoi? E' questo il tuo futuro? La voce di Elizabeth assunse un tono tagliente.-Non dovresti parlare di persone che non conosci. Stuart si alz e allarg le braccia in un gesto espansivo.-Ma dai, siamo entrambi adulti, conosciamo le regole. Mi spiace di essermi intromesso in una sofferenza privata, ma questo un argomento molto importante per me. Sono ricco. Ho accennato anche a questo? Oppure si tratta del sesso? Vuoi fare un giro di prova? -Prego? -Be', almeno devi riconoscermi il credito di non averti sedotta. -Cosa diavolo ti fa pensare che ci saresti riuscito? Stuart scroll le spalle con aria insinuante.-Scusami, Liz. Mi sono spinto troppo in l. Ora ti lascio sola. Diciamo che ho gettato un seme. Fammi soltanto il favore di annaffiarlo, di tanto in tanto. Pensaci, Liz.-And a prendere il cappotto dall'attaccapanni nell'ingresso e rientr nella stanza.-Grazie per la magnifica serata,-le disse.-E annaffialo, ti prego, quel piccolo seme. -Io.,.non dimenticher. Certamente non dimenticher. -Bene.-Sorrise, la baci sulla fronte e usc. Elizabeth rimase in stato di choc per alcuni giorni. La presunzione delle parole di Stuart la feriva, retrospettivamente come un'intimit fisica indesiderata; era come se l'avesse violentata. Fece lunghe passeggiate in Hyde Park, respirando a fondo l'aria gelida di gennaio. In ufficio lavorava fino a tardi. Acquist e lesse 2 libri sulla guerra nella quale aveva combattuto il nonno. Formul dei buoni propositi per l'anno nuovo: avrebbe fumato di meno, sarebbe andata a trovare Tom Brennan ogni 15 giorni, se lui lo desiderava, o, in caso contrario, sarebbe andata a trovare qualcun altro della sua generazione. In un modo o nell'altro, avrebbe risarcito il debito, avrebbe chiuso il cerchio. Quando and a fare la prima visita dell'anno nuovo a Tom Brennan, sperava di riuscire a scoprire qualcos'altro sul nonno. Comprendeva abbastanza il suo stato d'animo per non aspettarsi una rievocazione completa, o anche solo un aneddoto, ma sperava almeno in qualche accenno. Stavolta indossava abiti pi leggeri, sapendo com'era forte il riscaldamento centrale nella sala di ricreazione. Pensando alle sue lamentele per il vitto, port a Brennan una torta preparata da sua madre e, mentre la impacchettava, fu colpita dal pensiero che era un po' come mandare un pacco a un soldato nelle trincee. Port anche una bottiglia di whisky; almeno quello era qualcosa che da casa non gli avrebbero mandato. Pur sentendosi in colpa, mise 2 palline antitarme nel fazzoletto, per poterlo accostare al viso e inalare l'odore della canfora, anzich il lezzo nauseabondo dell'urina. Lui era al solito posto vicino alla finestra. Prese la mano di Elizabeth fra le sue e rimasero seduti insieme, placidamente. Elizabeth gli domand che cosa aveva fatto nelle ultime settimane e cosa aveva fatto negli anni precedenti. Le risposte di Brennan non avevano alcun rapporto con le domande. Parl della notte di Maleking, della sorella che era caduta da una scala durante l'oscuramento. Le confid che non gli piaceva il vitto dell'istituto. Di tanto in tanto lei intuiva che una particolare domanda aveva raggiunto la sua coscienza, perch i suoi occhi apparivano allarmati dietro le lenti spesse degli occhiali. Mormorava qualche parola, poi taceva o riesumava una delle storie che conosceva. Elizabeth cominci a sospettare di aver gi sentito quasi tutto il suo repertorio. Stavolta non insistette sull'argomento del nonno. Aveva gi stabilito il primo collegamento essenziale; se lui aveva qualcos'altro da dire, col tempo lo avrebbe fatto; anzi, era pi probabile che lo facesse dopo aver preso familiarit con le sue visite. Gli lasci la torta e il whisky, dicendo che sarebbe tornata fra 2 settimane. La direttrice, la signora Simpson, la raggiunse mentre usciva. -Non pensavo che l'avremmo rivista,-le disse.-Che bellezza! -non esageriamo. Non so se gli abbia fatto piacere vedermi, ma a me ha fatto piacere vedere lui. Gli ho lasciato un pacchetto. E' permesso? -Dipende da quello che c' dentro.

Elizabeth ebbe il sospetto che il whisky fosse proibito e se ne and per non vederlo confiscare. Quella sera a casa fece dei calcoli. Era un compito che rimandava da tempo, perch temeva i risultati. Con l'aiuto dell'agendina dell'anno recedente riusc a stabilire quando era cominciato l'ultimo ciclo. Era senz'altro in corso il 6 dicembre, visto che rammentava di essere arrivata in ritardo a una cena in programma quel giorno perch aveva dovuto fare una corsa in farmacia. Adesso era il 21 gennaio. l'ultima volta che aveva visto Robert non era registrata nell'agenda, ma era stata la settimana prima di Natale. Ricordava le decorazioni nei negozi. In effetti lui era tornato per le vacanze con un giorno di anticipo, ed ecco perch era riuscito a inserire nel suo programma qualche ora da passare con lei. Il giorno dopo Elizabeth era dovuta andare al lavoro, quindi doveva essere un giorno feriale. Restrinse le possibilit al 21 o al 22: erano comunque i giorni centrali del ciclo, che, se non ricordava male, erano quelli a rischio. Tent di ricordare quali precauzioni avesse adottato. Aveva preso la pillola per 4 anni di seguito e il medico le aveva consigliato di smettere. Avevano usato una quantit di mezzi, visto che erano tutt'e 2 molto prudenti; Robert in modo nevrotico, a suo parere. La mattina dopo compr un test di gravidanza nella farmacia di Craven Road. Era una strisciolina di plastica piatta, rettangolare, con 2 finestrelle. And in bagno, poi, 5 minuti dopo, seguendo le istruzioni, guard le finestrelle. La linea blu in ciascuna di esse era decisa e inequivocabile. Non era soltanto una risposta positiva, era 1 scoppio di vita. Trascorse una giornata in cui i suoi sentimenti oscillavano fra gioia e disperazione. Per 2 volte fu sul punto di dirlo a Irene, e per 2 volte la discrezione le impose di tacere. And a pranzo da sola e si ritrov con le lacrime agli occhi mentre mangiava. Provava gi un'assurda passione per quella cosa invisibile dentro di lei. La sera telefon a Robert. Non ebbe risposta, ma gli lasci un messaggio sulla segreteria telefonica che lui aveva acquistato da poco, pregandolo di richiamarla subito. Riemp la vasca e scivol nell'acqua. Si guardava il basso ventre, chiedendosi quali microscopici eventi si stessero svolgendo laggi. Aveva paura dei cambiamenti fisici e si preoccupava di quello che avrebbe detto la gente; ma nonostante l'ansia, era euforica. Il telefono squill e lei si alz di scatto dalla vasca per andare gocciolando a rispondere. Era Bob.-Ce l'ho fatta!-Esclam.-Mi spiace di averci messo tanto. Era del tutto lineare, in realt, una volta capito in che modo funzionava la mente del vecchio svitato. Caratteri greci, lingua francese e un pizzico di codice personale. Elementare, mio caro Watson. Non posso giurare di aver decifrato esattamente tutti i nomi. Ho lasciato qua e l dei punti interogativi, ma sembra che tutto quadri. Superata la delusione che non fosse Robert a chiamare, Elizabeth rispose:-E' meraviglioso, Bob. Grazie infinite. Quando posso passare a prenderlo? -Vieni nel fine settimana, se ti va. Stamattina ti ho spedito per posta un paio di pagine. Ho trascritto solo le ultime 2 del diario, perch erano quelle sulle quali ho lavorato all'inizio. Dovrebbero arrivarti domattina, se non sono in sciopero anche le poste. Non si sa mai, vero? -No, certo. Bene, aspetto con ansia di riceverle domani. -Si. Sono un po' tetre, sai. Prima versati qualcosa da bere. -Non preoccuparti, Bob. E grazie ancora. Robert chiam soltanto a mezzanotte, quando Elizabeth era gi addormentata. Gli disse a bruciapelo che stava per avere un bambino. Era troppo insonnolita per annunciarglielo con tatto, come aveva intenzione di fare.-Non riveler a nessuno il nome del padre. Ora possibile tenerlo segreto,-gli assicur. Robert era scosso.-Potresti almeno mostrarti un po' pi felice,-disse lei. -Dammi tempo,-rispose Robert.-Ne sono felice per te, e col tempo sar felice anche per me e il bambino. Solo, dammi il tempo di abituarmici. -Lo far,-rispose Elizabeth.-Ti amo. Il giorno dopo era sabato e con la posta del mattino arriv il plico da parte di Bob. Elizabeth lo mise da parte per dopo colazione, poi lo apri accuratamente con un coltello. Bob aveva riciclato la busta marrone di qualche vecchio catalogo, incollandovi sopra un'etichetta bianca con il suo nome e indirizzo. Dentro c'erano 2 grandi fogli di carta bianca sottile e frusciante. Elizabeth si

sentiva molto eccitata. Fin dall'istante in cui vide l'inchiostro nero della scrittura precisa di Bob, cap di aver trovato quello che voleva. La voce del vecchio Gray che ringhiava lungo la linea dal Lanarkshire era stata piacevole; i barlumi di memoria che affioravano dal caos dei ricordi di Brennan erano stati emozionanti. Ma ora finalmente aveva quello che voleva: il passato riviveva nelle zampe di gallina della scrittura che teneva fra le mani un poco tremanti. Lesse:"Non so come scorrono i giorni. La collera e il sangue sono passati. Ce ne stiamo seduti a leggere. C' sempre qualcuno che dorme, qualcuno che passeggia. Ci portano da mangiare. Non leggiamo veri libri, ma solo riviste. Qualcuno mangia. Ci sono sempre nuovi irreperibili o assenti. Da quando Weir (?) morto non mi sento molto in contatto con la realt. Mi trovo in un deserto al di l della paura. Il tempo per me crollato. Stamattina ho ricevuto una lettera da Jeanne. Diceva che sono passati 2 mesi dal nostro ultimo incontro. Gli uomini arrivano dall'Inghilterra come emissari di un paese sconosciuto. Non riesco a immaginare che cosa significa vivere in pace. Non so come possa vivere la gente laggi. L'unica cosa che a volte ci riscuote da questa trance il ricordo degli uomini. Nel taglio degli occhi di qualche ragazzo appena arruolato vedo un'immagine di Douglas o di.,.(nome illeggibile Reeve?) e m'irrigidisco ripensando a loro. Mi pare di vedere il cranio di quell'uomo spaccarsi mentre si chinava sul compagno, quella mattina d'estate. Ieri venuto da noi un segnalatore e i suoi gesti mi hanno rammentato Weir. Ho avuto una chiara visione di lui, non disteso nel fango come l'ultima volta che l'ho visto, ma mentre emergeva dalla sua tana nel terreno, con gli occhi allucinati. l'immagine durata solo un attimo, poi il tempo si afflosciato e Weir mi sfuggito di nuovo. Sono stato convocato da Gray per domani. Forse si sentir co s anche lui. Non siamo indifferenti al cannoneggiamento, ma abbiamo perso la capacit di avere paura. Le granate possono cadere sulle linee di riserva senza che noi smettiamo di parlare. Scorre ancora del sangue, anche se nessuno lo vede. C'era un ragazzo senza gambe steso vicino al punto in cui si distribuiva il t. Gli uomini lo hanno scavalcato. Ho tentato di non scivolare in questo mondo irreale, ma mi mancano le forze. Sono stanco. Ora sono stanco nell'anima. Pi di una volta mi sono steso sul letto augurandomi di morire. Mi sento indegno. Mi sento colpevole perch sono sopravvissuto. La morte non viene e io resto alla deriva in un perpetuo presente. Non so che cosa ho fatto per meritarmi questa esistenza . Non so che cosa qualcuno di noi possa aver fatto per spostare l'asse del mondo spingendolo in questa orbita innaturale. Eravamo venuti per restare solo pochi mesi. Nessun figlio, nessuna generazione futura sapr mai com' stato. Non capiranno mai. Quando sar finita, torneremo in silenzio fra i viventi e non glielo racconteremo mai. Parleremo, dormiremo e ci occuperemo delle nostre cose come tutti gli esseri umani. Sigilleremo quello che abbiamo visto nel silenzio dei nostri cuori e neanche una parola ci raggiunger". PARTE SESTA Francia 1918 Stephen ripose penna e quaderno. Era notte. Sulle colline sopra il villaggio splendeva la luna. Accese un'altra sigaretta e volt le pagine di una rivista. Vicino alla sedia si era accumulata una pila di altre riviste che aveva gi sfogliato. Scorreva con gli occhi le pagine, ma di rado leggeva. Usc nel cortile dietro la piccola casa, e le galline scapparono via davanti ai suoi piedi. Imbocc il viottolo, continuando a camminare. La strada era pavimentata solo in parte e sotto i piedi si sentivano pozzanghere e sassi. Arriv fino alla strada principale, dove si guard attorno. I colpi dei cannoni risuonavano sommessi e distanti; sembrava il rombo di un convoglio che passa attraverso un terrapieno. Si ferm per respirare a fondo l'aria notturna e sent il richiamo di una civetta. Cammin lentamente avanti e indietro sul viottolo. La civetta gli ricordava l'infanzia; era un verso che i ragazzi imitavano con le mani. La sua, di infanzia, sembrava tanto lontana che aveva l'impressione che l'avesse vissuta qualcun altro per lui. Rientrato nel suo alloggio, trov Montford seduto al tavolo, intento a giocare a carte con un tenente che si chiamava Tylecote.

Declin l'invito a giocare una partita, ma si sedette come inebetito a guardarli spostare le carte unte sul piano di legno. La mattina dopo and a trovare il colonnello Gray al comando del battaglione, distante poco pi di 3 chilometri. Quando Stephen entr nella stanza, Gray balz in piedi. -Caro Wraysford! Che piacere rivederla. E' cortese da parte di voi altri dello stato maggiore venire a trovarmi.-D'aspetto, Gray era cambiato ben poco. Somigliava a un terrier curioso, con la testa piegata di lato. I baffi e i capelli mostravano delle ciocche grigie, ma i suoi movimenti erano ancora agili e sicuri. Scost una sedia indicandola a Stephen, che si accomod.-Fumi pure,-lo invit.-Allora, vi divertite con le vostre piccole mappe e le vostre liste? Stephen inspir a fondo.-Noi.,.tiriamo avanti. -Tirare avanti? Santo cielo, non questo il tipo di discorsi che sono abituato a sentire da un uomo di prima linea come lei. -Immagino di no. Se ben ricorda, signore, non sono stato io a chiedere il trasferimento. -Lo ricordo benissimo. A mio parere lei soffriva di stanchezza da combattimento. Badi bene, alla maggior parte degli uomini non stato concesso di raggiungere questo stadio. Una pallottola gliel'ha impedito. -Si, sono stato fortunato.-Stephen toss, quando il fumo della sigaretta gli fin nei polmoni. Gray guard fuori dalla finestra e appoggi i piedi sulla scrivania.-Il nostro reggimento se l' cavata piuttosto bene, sa. Sulla Somme abbiamo subito perdite spaventose, ma chi non le ha subite? Per il resto non andata troppo male. Tutt'e 2 i battaglioni sono tornati quasi a pieno organico. -Si, lo so,-disse Stephen, sorridendo.-Ne so parecchio sull'organico delle truppe in questa zona. Pi di quando combattevo. Gray assent di scatto, picchiettando la penna sui denti.-Mi dica, quando la guerra sar finita e il reggimento innalzer un monumento ai caduti, quali parole vi incideremo sopra? -Non lo so. Immaginavo che il monumento sarebbe stato eretto dalla divisione. Il reggimento elencher le azioni alle quali ha partecipato, credo. -Si,-conferm Gray.-E' una lista di cui andare fieri, no?-Stephen non rispose. Non provava il minimo orgoglio per quei nomi maledetti.-Bene, ho una buona notizia per lei. Il suo distacco allo stato maggiore finito. Torner al fronte.-Fece una pausa.-Credevo che fosse quello che voleva. -Io.,.si, credo di si. -Non sembra molto contento. -Non posso essere contento di nessuna notizia che riguardi questa guerra, ma non sono neanche dispiaciuto. Sono indifferente. -Ora mi stia a sentire. Fra poco andremo all'attacco, su un fronte molto lungo. Avanzeremo rapidamente verso la Germania. Parti della prima linea hanno gi cominciato ad avanzare, come lei sa. Se vuole tornare a guidare la sua vecchia compagnia, pu farlo. Il comandante pro tempore diventer il suo comandante in seconda.-Stephen sospir senza rispondere. Avrebbe voluto provare piacere o eccitazione. Gray si alz per fare il giro della scrivania.-Pensi alle parole su qul monumento, Wraysford. Pensi a quelle luride cittadine e a quegli schifosi villaggi i cui nomi saranno innalzati a una gloria fasulla da storici che se ne sono rimasti seduti sui loro grassi deretani a Londra. Noi c'eravamo. Come punizione per Dio sa quali peccati commessi, noi c'eravamo, e i nostri uomini sono morti in ciascuno di quei luoghi disgustosi. Odio i loro nomi, odio il suono di quei nomi, odio anche solo pensarci, ed per questo che non mi spinger al punto da rammentarglieli. Ma mi stia a sentire,-e accost il viso a quello di Stephen.-Ci sono 4 parole che incideranno sotto, proprio in fondo. 4 parole che la gente un giorno guarder. Quando leggeranno le altre parole, ne avranno orrore. Quando leggeranno queste, chineranno la testa, almeno un po'. "Avanzata e offensiva finale". Non mi dica che non vuole vedere quelle parole. Stephen scoppi a ridere.-Non m'importa proprio cosa.,. -Avanti,-ringhi Gray come un cane.-Ci dev'essere almeno una di quelle parole di cui le piace il suono. -"Finale", forse.

Gray lo scroll per le spalle.-Bravo. Avvertir gli uomini che sta arrivando. Il lavoro dei minatori aveva esaurito il suo scopo con l'esplosione sulle alture di Messines. La compagnia di Weir fu assorbita dalle 3 compagnie del genio unite alla divisione nella quale prestava servizio Stephen. Il lavoro era meno impegnativo e meno interessante. Jack Firebrace scrisse:"Cara Margaret, solo poche righe in un momento libero. Grazie per il pacco che arrivato ieri, anche se era un po' danneggiato. Ci avevi messo le lamette? Siamo assegnati di nuovo alle riparazioni stradali. E' un lavoro molto duro, anche se quasi tutti sono del parere che meglio che scavare gallerie. Dobbiamo riempire le buche grosse con pietre e quelle che chiamano facines, cio materiale di recupero, muratura e simili, ricavato dalle case danneggiate. Con tutto il fango, la pioggia e le carogne di animali, non un gran bel mestiere. Ci fanno pena i cavalli morti, delle bestie magnifiche macellate cos; e dire che non lo hanno chiesto loro di venire quaggi. Facciamo ancora qualche lavoro di scavo. Il comandante dice che abbiamo dato il nostro contributo alla guerra, ma che ormai sta diventando molto pi rapida e sar combattuta in superficie. Vedremo. Ora abbiamo cominciato ad avanzare e si ha davvero la senzazione che baster ancora 1 sforzo e poi sar finita. Siamo tutti allegri e di buon umore. Evans ha ricevuto un nuovo mazzo di carte e ormai sono diventato un vero asso a bazzica. Ho fatto anche qualche altro disegno. Spero che tu stia bene e che ci rivedremo presto. Il tuo affezionato marito, Jack". Prima di raggiungere la compagnia, Stephen si prese i 2 giorni di licenza che gli spettavano e and a Rouen, dove Jeanne si era trasferita durante l'offensiva tedesca di primavera. Quando arriv, era un torrido pomeriggio domenicale e nelle strade regnava un'atmosfera festiva. Alcune famiglie andavano in gita a bordo di vecchie automobili, altre su tiri a 4 o carri o biciclette.,.qualun ue cosa, pur di fare la promenade. C'era un'infinit di bambini che correvano sull'acciottolato lanciando richiami ai conducenti. Stephen si muoveva tra la folla un po' frastornato. Seguendo le istruzioni di Jeanne, raggiunse la cattedrale e si'adentr nella parte medievale della citt, dove lei aveva preso in affitto una stanza in attesa di tornare ad Amiens. Quando suon il campanello al portone, lei lo stava aspettando, e lo guid attraverso un cortile fino al proprio alloggio. Erano solo 2 stanze al primo piano, ma era riuscita a renderle piacevoli con gli oggetti che aveva portato via da Amiens. Lo fece sedere su una delle 2 poltrone e lo guard. Era molto dimagrito, con la pelle intorno agli occhi segnata e ispessita. Lo sguardo non era pi vigile; a Jeanne sembr vacuo. Aveva ancora tutti i capelli, anche sulle tempie, ma ormai erano quasi completamente grigi. Si muoveva con grande lentezza, come un sonnambulo, come se l'aria intorno a lui fosse molto densa e dovesse respingerla a fatica. Fumava senza badare a quello che faceva, lasciandosi cadere la cenere sui vestiti. Quello era l'uomo che 8 anni prima aveva tanto turbato la sorella minore. Isabelle non le aveva mai parlato di come facevano l'amore, ma aveva sottolineato la sua presenza fisica accennando alle spalle, agli occhi e ai gesti agili delle mani, l'uomo che Jeanne vedeva era diverso; stentava a credere che fosse la stessa persona. Quel pensiero la faceva sentire pi a suo agio. Andarono a passeggio in citt e poi al museo, ove sedettero nel parco. -Che cosa le successo, in primavera?-Chiese Stephen.-Per qualche tempo non ho ricevuto lettere. -Eppure ho scritto,-rispose Jeanne.-Forse sono andate perdute in tutto quel trambusto. Tanto per cominciare, la citt stata invasa dagli sfollati, man mano che i tedeschi avanzavano. Poi ci hanno bombardato e il sindaco ha dato ordine di evacuare la citt. Io sono rimasta ancora perch non volevo tornare a Rouen. La notte bombardavano usando dei traccianti per regolare la mira; stato spaventoso. Io andavo alla cattedrale per aiutare a smontare le vetrate colorate , avvolgendole tutte nelle coperte. Alla fine ho dovuto allontanarmi, ma non ho detto ai miei genitori dove andavo. Tramite un'amica di giovent sono riuscita a trovare queste stanze. I miei genitori non sanno che sono qui. -Andrebbero in collera? -Non lo so. Penso che ormai abbiano rinunciato a ogni speranza per quanto

riguarda le figlie. Hanno saputo che Isabelle andata in Germania. Hanno ricevuto una lettera da un vecchio amico di Azaire ad Amiens, un certo Brard. Ha detto che pensava dovessero essere informati. Stephen canticchi sottovoce:-"E la barca salp-o-o". -Cosa? -Ho conosciuto quell'uomo. Veniva in visita nel periodo in cui ero l. Era un prepotente, un ometto assurdo, pieno di s, ma a quanto pare esercitava un certo ascendente sugli altri. -Ho scritto a Isabelle per informarla dell'accaduto. Lei mi ha risposto dicendo che, non appena la citt fu occupata dai tedeschi, questo Brard offri al comandante la sua casa come alloggio. Pensava che sarebbero rimasti l per tutta la durata della guerra. Quando se ne andarono dopo qualche giorno, lui si sent svergognato. Secondo Isabelle, in seguito ha tentato di rimediare alla figuraccia mostrandosi molto bellicoso. -Ma non si arruolato nell'esercito? -No. Forse era trOppO vecchio. Isabelle scrive di essere felice, anche se Max non sta bene. Hanno dovuto amputargli la gamba e non si ancora ripreso. Gli molto devota. Stephen annu.-Pover'uomo. Mi dispiace. -E'?-Chiese Jeanne. Gli prese la mano stringendola con il suo modo di fare affettuoso, fraterno.-E' cos pallido e ha un'aria stravolta. Sono preoccupata per lei. Gliel'ho gi detto, vero? Non credo neppure che mangi in modo decente. Stephen sorrise.-Sto benissimo. Nel posto che ho appena lasciato il vitto era molto migliore. Abbondante, per giunta. -Allora come mai dimagrito? Lui alz le spalle.-Non lo so. Gli occhi scuri di Jeanne si accesero mentre gli stringeva forte la mano costringendolo a guardarla.-Stephen, non deve darsi per vinto, non deve lasciarsi andare. E quasi finita. Ormai da un momento all'altro ci sar l'avanzata e lei sar libero di riprendere la sua vita. -Riprendere? Non riesco neanche a ricordare la mia vita di prima. Non saprei da dove cominciare a cercarla. -Non deve parlare cos. Jeanne era in collera. La sua pelle chiara mostrava, per la prima volta da quando Stephen la conosceva, 2 chiazze congestionate sulle guance. Con la mano sinistra batteva leggeri colpi sul legno della panchina dov'erano seduti, per sottolineare quello che diceva.-Certo che non riprender la vita che faceva a Parigi, qualunque fosse, e non si butter via facendo il falegname o quel che diavolo era. Far qualcosa di meglio, far qualcosa di degno. Stephen si gir lentamente a guardarla.-Lei una donna molto cara, Jeanne. Vorrei fare quello che dice. Ma non sono i dettagli della vita che ho perso, la realt in s. Gli occhi di Jeanne si riempirono di lacrime.-Allora dovremo ritrovarla. Gliela riporter io, l'aiuter a trovare quello che ha perduto. Non c' niente di irreparabile. -Perch tanto gentile con me? -Perch le voglio bene, non capisce? Da tutto quello che andato storto, voglio ricavare qualcosa di buono. Dobbiamo tentare. Mi prometta che tenter. Stephen annu.-Tenteremo. Jeanne si alz in piedi, sentendosi incoraggiata. Lo prese per mano guidandolo attraverso i giardini. Che altro poteva fare per rianimarlo, per riportarlo alla realt che aveva smarrito? C'era una possibilit, naturalmente; anche se le complicazioni potevano essere superiori ai benefici. Doveva accadere in modo spontaneo, o altrimenti niente. Cenarono presto in un ristorante sulla strada per tornare all'alloggio di Jeanne. A tavola lei lo fece bere, nella speranza di risollevargli il morale; ma il bordeaux rosso gli scorreva in gola un bicchiere dopo l'altro senza accendere neanche una scintilla di luce nei suoi occhi spenti . Tornando a casa Jeanne disse:-La prego, quando attraverseremo il cortile non faccia rumore. Non voglio che il portinaio sappia che un uomo passa la notte in

casa mia. Stephen rise per la prima volta.-Voi, ragazze Fourmentier! Che cosa direbbe suo padre? -Stia zitto,-ribatt Jeanne, contenta di averlo fatto ridere. Era una notte calda, e non faceva ancora buio. Un'orchestrina suonava in una delle piazze dove i caff cominciavano ad accendere le luci fra i platani. Stephen attravers con esagerata cautela il cortile e non fece il minimo rumore finch non furono al sicuro nell'alloggio di Jeanne. -Le ho preparato il letto sul divano. Vuole andare subito a dormire o le fa piacere restare seduto a chiacchierare? Credo di avere un po' di acquavite. Potremmo stare fuori sul balcone, ma dobbiamo parlare a voce bassa.-Si sedettero su 2 sedie di vimini, sulla striscia stretta che si affacciava su un giardino arido e sabbioso.-Lo sa che cosa voglio fare per lei?-Disse Jeanne.-Voglio farla ridere. Giuro che ci riuscir. Voglio bandire la sua tetraggine anglosassone. Ho intenzione di farla ridere e stare in allegria, come un autentico contadino francese. Stephen sorrise.-E io racconter barzellette e mi dar pacche sulle cosce come un vero fattore normanno. -Senza mai pensare alla guerra e a quelli che se ne sono andati. -Mai.-Mand gi l'acquavite tutta d'un sorso. Lei lo prese di nuovo per mano.-Mi comprer una casa con un giardino sul retro, con tanti rosai e aiuole, e magari un'altalena per far giocare i bambini.,.se non i miei, quelli che verranno a trovarmi. La casa avr delle grandi finestre, e nell'aria alegger l'aroma dei piatti meravigliosi che si prepareranno in cucina. E il salotto sar decorato con fresie e violette. Alle pareti ci saranno quadri di Millet, Courbet e altri grandi artisti. -Verr a trovarla. Forse vivr con lei, e questo scandalizzer tutta Rouen. -La domenica andremo in barca, e il sabato all'opera, e poi a cena sulla piazza grande. 2 volte l'anno daremo dei ricevimenti in casa. Sar illuminata da moltissime candele, e assumeremo dei domestici che andranno in giro a servire da bere su vassoi d'argento a tutti i nostri amici. E ci saranno danze e.,. -Niente danze. -Va bene, niente danze. Ma ci sar un'orchestra, magari un quartetto d'archi o un violinista gitano, e tutti quelli che vorranno potranno ballare, in una stanza a parte. Forse avremo un cantante. -Potremmo persuadere Brard. -Buona idea. Potrebbe cantare qualche Lieder imparato dal comandante tedesco e da sua moglie. I nostri ricevimenti diventerebbero famosi. Non so bene come faremo a pagarli. -Io avr fatto fortuna con qualche invenzione. Suo padre le avr lasciato i suoi milioni.-Bevvero ancora un bicchiere di acquavite, che a lei fece girare la testa, mentre non sembrava avere alcun effetto su Stephen. Quando l'aria rinfresc, rientrarono in casa e Stephen disse che voleva dormire. Lei gli mostr il letto e and a prendere una brocca d'acqua. In camera da letto, Jeanne si spogli. Si sentiva rincuorata sul conto di Stephen, anche se capiva che lui si sforzava per farle piacere. Era un inizio. Nuda, attravers la stanza per andare a prendere la camicia da notte appesa dietro la porta. Questa si apri un attimo prima che lei la raggiungesse, e lei si trov davanti Stephen, in camicia, con le gam e nude. Lui si ritrasse. -Mi spiace, stavo cercando il bagno. Jeanne aveva afferrato d'istinto un asciugamano appeso a una sedia, tentando di drappeggiarselo pudicamente intorno al corpo. Stephen si volt per tornare in salotto. Jeanne disse:-Fermati. Va tutto bene, torna indietro.-Pos l'asciugamano sulla sedia e rimase immobile. Nella stanza non c'era luce, ma la luminosit della sera d'autunno lasciava vedere tutto.-Vieni, fatti abbracciare, gli disse.-Quel suo sorriso lento sal a illuminarle il volto. Stephen entr lentamente nella stanza. Il corpo lungo e sottile di Jeanne rimase fermo ad accoglierlo. Le braccia chiare erano protese, sollevando i seni rotondi che alla luce incerta sbocciavano sul torso come misteriosi fiori bianchi. Stephen and a inginocchiarsi ai suoi piedi, appoggiandole la testa sul fianco,

sotto le costole. Jeanne sperava che fosse ancora viva in lui quella gaiezza forzata. Lui le cinse le cosce con le braccia. La peluria soffice fra le gambe era lunga e nera. Vi pos per un attimo la guancia, poi le appoggi di nuovo il viso contro il fianco. Lo sent singhiozzare.-Isabelle,-mormorava,-Isabelle. Quando Stephen torn alla sua compagnia in prima linea si tennero dei festeggiamenti. Gli uomini speravano in segreto che il prossimo attacco fosse anche l'ultimo, e dopo gli avvenimenti sull'Ancre e l'avanzata sul canale Stephen si era conquistato una fama di invulnerabilit. Anche gli uomini di leva che si erano uniti alle truppe dopo il suo trasferimento sapevano che era considerato 1 che portava fortuna. Giunsero alle loro orecchie dicerie fantasiose sulle stregonerie che compiva nel suo rifugio. Gli uomini del genio e gli zappatori venivano ogni tanto a fare lavori di manutenzione alla trincea. Una lunga galleria che si spingeva nella terra di nessuno veniva periodicamente visezionata e riparata. l'estremit forniva accesso a un utile sebbene pericoloso posto di ascolto vicino alle linee tedesche, apparentemente non ancora scoperto dal nemico. Gli uomini che vi erano stati di guardia avevano sentito i discorsi dei tedeschi in prima linea; si era parlato di ritirata. Il bombardamento nemico seguiva 1 schema regolare. Mirava con precisione alle retrovie, apportando scarsi danni alla prima linea, e si interrompeva per un'ora al momento del pranzo. La replica inglese osservava le stesse formalit, cosicch Stephen pot mangiare in pace, il primo giorno che torn al fronte. Riley aveva scaldato una scatoletta di stufato, ma era riuscito a trovare un cavolo fresco per dargli un po' di sapore. Nel pomeriggio venne a trovarlo Cartwright, il comandante dei genieri. Pur essendo considerato dalla fanteria un individuo debole, aveva una certa combattivit stizzosa che ne faceva un avversario tenace.-Come lei sa,-esord,-fra noi vi l'accordo di aiutarci a vicenda, anche se per quanto mi risulta ne abbiamo approfittato poco.-Aveva il viso pallido, con il mento sfuggente; prediligeva le espressioni familiari e i proverbi, nella speranza che rendessero pi accettabili le sue argomentazioni. -Ora ho ricevuto l'ordine che i miei uomini devono allargare il posto d'ascolto in fondo alla galleria principale. Va tutto bene, ma gli ultimi uomini che ho mandato laggi mi hanno riferito di aver sentito rumori di lavori in corso sopra di loro da parte del nemico. -Capisco. Vuol dire che alcuni dei miei uomini dovrebbero accompagnarvi? -Si, penso che ne abbiamo il diritto. -Credevo che tutti gli scavi fossero stati interrotti. -Con i nostri amici boches non si sa mai, vero? -Pare di no. Sembra piuttosto superfluo, ma.,. -Pensavo che, dal momento che stato via, forse le piacerebbe vedere con i suoi occhi quello che succede. Dopotutto il lavoro serve a proteggere i suoi uomini. -Lei come Weir. Per quale motivo siete sempre tanto ansiosi di farci scendere Sottoterra? -Perch vi abbiamo scavato delle fognature come Si deve, qui, e abbiamo sistemato questo rifugio.-Cartwright accenn alle pareti di legno e agli scaffali Sopra il letto.-Non creder che siano stati i suoi uomini a farlo, vero? -Eva bene,-disse Stephen.-Verr a ispezionare, ma non posSo restare via pi di un'ora. Poi 1 dei suoi uomini dovr riportarmi indietro. -Possiamo fare benissimo cos. Scendiamo domani a mezzogiorno. La luce autunnale mostrava i mozziconi anneriti e scheggiati di quelli che un tempo erano stati alberi. il fondo della trincea, una volta tanto, era discretamente asciutto, quando gli uomini si riunirono in testa alla galleria. Jack Firebrace, Evans e Jones erano in mezzo ad altri 6 scavatori esperti che Porsero caschi, torce e maschere Proto agli uomini della fanteria. Cartwright disse a Jack:-Tu dovrai riaccompagnare il capitano Wraysford dopo che avr ispezionato il lavoro, Firebrace. -Lei non viene?-Domand Stephen, mettendosi in tasca una torcia elettrica. -Non servirebbe a niente scendere l sotto tutti e 2,-ribatt Cartwright. Stephen alz la testa verso il cielo. Era di un azzurro limpido e chiaro, con poche nuvole alte. l'ingresso allo scavo, coperto da una tela cerata, era buio. Lui pensava alla prima volta che era sceso nel sottosuolo insieme a Hunt e Byrne

per proteggere Jack Firebrace. Rammentava l'aura del panico sul viso di Hunt, l'impeto e le ferite. Lui era cambiato, da allora; non era pi tanto sicuro che sarebbe rimasto altrettanto calmo nelle strette gallerie che li aspettavano. Appoggi le mani sul rivestimento in legno che rinforzava la parete della trincea e inspir a fondo. Non esistevano mondi distinti, ma una sola creazione, alla uale era unito dal pulsare del sangue. Sottoterra sarebbe stato lo stesso che l, nell'aria tiepida, con il canto degli uccelli e le nubi gentili sopra di loro. Scese goffamente al seguito dei minatori, tastando con le dita le schegge di legno della scaletta. Il pozzo era verticale e i pioli della scala erano distanti. Stephen esit un attimo a calarsi nel buio, ma fu costretto a proseguire dagli stivali che continuavano la discesa rischiando di pestargli le dita. La luce in cima alla galleria venne oscurata dalla loro mole, e alla fine si restrinse a qualcosa di simile a una finestrella lontana, poi pi nulla. Sent sotto di s la voce di Jack che gli diceva quanto percorso restava ancora da coprire. Alla fine salt gi dalla scala atterrando su una piattaforma quadrata, dal lato di 3 metri circa, dove Jack e 2 uomini della fanteria lo aspettavano con le lampade. Quando arrivarono anche gli altri, furono calate delle travi, a pese all'estremit di funi. Jones e Evans le presero, preparandosi a trasportarle pi avanti nella galleria. Li precedevano 3 minatori, con gli altri 3 dietro e i 6 riluttanti esponenti della fanteria in mezzo. Da principio la galleria era alta quanto bastava per poter stare in piedi e quindi avanzarono rapidamente sul terreno arido e gessoso. Dopo una cinquantina di metri, il capo dei minatori, un tenente scozzese che si chiamava Lorimer, gli avverti che da quel momento in poi dovevano restare in silenzio. Stavano per raggiungere una lunga galleria laterale dalla quale si dipartivano vari rami diretti verso il nemico. Per cominciare sarebbero avanzati tutti lungo il tronco principale, che conduceva alla postazione d'ascolto avanzata; poi, mentre gli uomini lavoravano ad ampliarlo, la fanteria doveva procedere in una galleria parallela per proteggerli; avrebbero potuto portare con s un minatore che indicasse loro la strada. Erano tutti muniti di lampade. Si inginocchiarono per entrare nel tronco principale e Stephen vide le occhiate ansiose che i suoi uomini si scambiavano. l'aria aveva una qualit densa, umida. Ansimarono, nello sforzo di passare attraverso una piccola apertura, ma poi scoprirono di poter stare di nuovo uasi eretti e procedettero piegati in avanti. Stephen not le solide tavole orizzontali che univano quelle verticali a distanza di circa un metro e mezzo l'una dall'altra. Per quanto poteva vedere, il lavoro era ben fatto. Nella solita andatura da granchio dei minatori non c'era alcun sensodi timore o di novit fuori del comune. I 6 fanti, guidati dal tenente Crawshaw, si sforzavano di restare al passo con gli uomini che li precedevano. Stephen li sentiva ansimare. Erano armati di fucile, e questo rendeva difficile usare le mani per sorreggersi. Era un modo strano di passare la guerra, pensava Stephen, come roditori che vivevano in un altro elemento. Questo li aveva protetti dall'impatto dei grandi assalti e dalla vista dei cadaveri che si accumulavano, ma il mondo dei minatori racchiudeva in s il proprio orrore. Si sarebbe spinto fino alla camera principale, poi avrebbe insistito per tornare indietro dai suoi uomini. Gli sarebbero stati riconoscenti per quel gesto, che avrebbe assicurato anche in futuro la cooperazione dei minatori nei lavori che loro trovavano pi faticosi. La galleria si restrinse e furono obbligati a mettersi carponi. Gli uomini in testa si fermarono di colpo, costringendo gli altri ad ammucchiarsi dietro di loro nel buio. -Penso che abbiano sentito qualcosa,-sussurr Crawshaw all'orecchio di Stephen. -Nessuno si muova. Gli uomini rimasero raggomitolati nel tubo di terra, mentre Evans frugava nello zaino e li superava per raggiungere i 3 colleghi in testa. Dopo una consultazione sottovoce, Evans si spinse strisciando ancora pi avanti, verso un tratto di parete asciutto, e vi applic sopra un disco piatto nel quale inseri 1 stetoscopio. Si mise un dito sulle labbra e fece un gesto verso il basso con tutt'e 2 le mani. Gli altri si appiattirono sul fondo del tunnel. Stephen si ritrov una pietra contro la guancia e tent di spostare la testa, ma era bloccato dalla gamba di qualcuno che non poteva vedere e dovette restare dov'era

. Sentiva il cuore battergli lentamente contro le costole. Evans rimase irrigidito contro la parete del tunnel, simile a un medico sporco e non abilitato, in ascolto di segni di una vita ostile. Stephen chiuse gli occhi. Si domandava se, restando abbastanza a lungo in quella posizione, sarebbe potuto scivolare nel sonno finale. l'agitazione degli altri gli impediva di immergersi nei suoi pensieri; avvertiva la loro paura nella tensione dei corpi che premevano contro il suo. Era la passivit a rendere tutto pi difficile; anche contro i cannoni restava qualche possibilit di risposta, ma sotto quel peso erano impotenti. Alla fine Evans si tolse lo stetoscopio dalle orecchie, ripiegandolo in tasca. Scosse la testa mordendosi le labbra. Fece rapporto sottovoce al suo tenente, che a sua volta accost la bocca all'orecchio di Stephen.-Non riesce a sentire niente. Pu darsi che sia stato il bombardamento dalla superficie. Dovremo accelerare i tempi. Gli uomini sul fondo del tunnel si riscossero, assumendo di nuovo la posizione accovacciata in cui potevano riprendere ad avanzare. Stephen si accorse di sudare e dall'odore che si levava dai corpi pressati intorno a lui cap di non essere il solo. Le condizioni di vita nella trincea erano migliorate, ma non al punto di permettere agli uomini di lavarsi, anche con il caldo. Il soffitto della galleria cominci a sollevarsi di poco, tanto che gli uomini pi piccoli, come Evans e Jones, riuscivano a camminare eretti. Raggiunsero un incrocio dove il tenente dei minatori, Lorimer, impart le istruzioni. Il gruppo rincipale di minatori avrebbe proceduto direttamente verso la camera di ascolto; gli altri sarebbero entrati in 1 dei tunnel di combattimento laterali, dei quali ora poteva indicare l'entrata. Stephen sorrise tra s nel vedere l'espressione dei suoi uomini. Esageravano la loro riluttanza facendo smorfie comiche, ma in base alla propria esperienza capiva che era una sensazione abbastanza reale. Fu lieto di entrare in quella che presumibilmente doveva essere la sezione pi larga della galleria. Non aveva paura di andare avanti, purch sentisse di poter tornare indietro. Quello che lo aveva atterrito quando era rimasto sottoterra con Weir era che la terra era franata alle loro spalle e per un attimo aveva pensato che non sarebbero riusciti a tornare fuori. Crawshaw controll che gli uomini avessero bombe a mano e fucili. Dal canto suo portava una rivoltella, che brandiva pericolosamente verso l'ingresso del tunnel. Stephen intui che stava tentando di dimostrare quanto fosse intrepido. Forse gli credevano. Li guard allontanarsi e ricord il senso di tenerezza che aveva provato per gli uomini quando andavano in battaglia o uscivano in servizio di pattuglia. Di solito immaginava la loro vita e le loro speranze, le loro case e le loro famiglie, il piccolo mondo che si portavano sulla schiena e nella mente. Ricordava quella compassione, ma non la provava pi. Il suo gruppo doveva percorrere ancora una trentina di metri fino alla postazione centrale d'ascolto, quando Lorimer si ferm di nuovo portandosi un dito alle labbra. Stephen inspir, teso. Cominciava a pentirsi di essere sceso nella galleria. O Lorimer era nervoso, e stava trasformando un'ispezione di routine in un'esperienza prolungata e sgradevole, oppure c'era un pericolo reale. Evans si era messo in ascolto nel tunnel adiacente. Jack Firebrace fu convocato da Lorimer per accostare l'orecchio alla parete della galleria. Jack si copri con la mano l'altro orecchio e chiuse gli occhi per concentrarsi meglio. Rimasero tutti immobili per mezzo minuto. Alla luce di una lampada da minatore, Stephen fiss con intensit la grana del legno di un pezzo di trave a una dozzina di centimetri dal suo viso. Ne segu con gli occhi le minuscole linee e gli incavi, immaginando come si sarebbe arricciolata al passaggio di una pialla. Jack scost la testa dalla parete e si gir per guardare in faccia Lorimer. Tutti udirono il suo sussurro incalzante. -Si sentono dei passi. sono tedeschi che tornano verso le loro linee. Hanno una galleria a ovest, circa 3 metri pi in alto. Il viso di Lorimer si irrigid; per un attimo non disse niente, poi:-Si ritirano, hai detto? -Si. -Allora penso che dovremmo accelerare i tempi per concludere il lavoro. -Si,-disse Jack,-ma potrebbero aver innescato una carica. Voglio dire, ci sono

tante ragioni per cui.,. -Aspetteremo ancora 5 minuti,-disse Lorimer,-poi procederemo. -Per amor di Dio,-esclam Stephen.-Non pu rischiare le vite di tutti questi uomini per.,.-L'aria gli fuoriusc con violenza dai polmoni prima che potesse completare la frase, mentre un'esplosione li scaraventava indietro contro le pareti della galleria; fu come se il suolo davanti a loro fosse stato proiettato all'indietro da una violenta scossa di terremoto. Stephen urt con la testa contro il legno. Alla luce frastagliata che ardeva nel terreno vide membra umane che volavano disordinatamente in aria insieme a capi di abbigliamento e zaini, caschi, mani e frammenti di gesso che rimbalzavano lungo il tubo cavo, portando via con s i detriti umani in un ruggito di furia condensata. Era disteso sul fondo del tunnel sotto i campi, eppure non era morto. Percepiva la terra che aveva negli occhi e nel naso, ed era oppresso da un peso. Tent di muoversi, ma si sent schiacciato al suolo, come se il terreno lo avesse avvolto in coperte pesanti e confortevoli e lo invitasse a dormire. Il frastuono dell'esplosione sembrava imbottigliato nel tubo stretto. Si immagin la via d'uscita bloccata e un fremito di panico gli si agit nel ventre, ma si spense sotto il peso della sua condizione di prigioniero. Infineil rombo imprigionato tacque. Rimase in ascolto, aspettandosi che fosse sostituito dal suono familiare dell'agonia umana, di uomini che si erano visti strappare le membra, o schizzare il cervello dal cranio. Dapprima non vide nulla. Poi, mentre gli ultimi frammenti di terriccio si posavano sul fondo del tunnel, udi un lungo sospiro pesante; era un suono che non aveva mai Sentito prima, ma cap che era quello di parecchi uomini che spiravano nello stesso istante. Invidi loro quell'esalazione pacifica, respiro e spirito che se ne andavano insieme. Tent di muovere una gamba e scopr di riuscirci. Flettendo le spalle e le braccia, avverti un dolore acuto nella parte superiore del braccio destro. Tent di inghiottire, ma non riusciva a raccogliere saliva sufficiente nella bocca arida, piena di terra. Dopo qualche minuto fu chiaro che non era ferito in modo grave. Le gambe sembravano illese, il braccio destro era danneggiato, ma non aveva importanza, pens, a meno che non dovesse scavare per uscire di l e lo sforzo di un solo braccio non fosse sufficiente. Doveva rimuovere i detriti che aveva sopra di s, per vedere se c'era qualche altro superstite. Inclin il pi possibile la testa all'indietro e vide che la maggior parte del soffitto della galleria era intatta sopra di lui. Era la vecchia buona sorte, lo spregevole voodoo della sopravvivenza. Con la mano sinistra cominci a grattare e spingere la terra che aveva sulle gambe, e alla fine ridusse il peso uanto bastava per poterne scacciare via una parte. Pieg e stir le gambe, scoprendo che, a parte le contusioni, non sembravano ferite. Si gir con la parte superiore del corpo, come se cercasse di scostare delle coperte, e riusc a mettersi seduto, poi si ferm, ansimando di colpo per il dolore al braccio. Sput pi volte per liberarsi la bocca dalla terra e piano piano riusc a raccogliere saliva sufficiente per poter deglutire e poi parlare. Lanci un grido nel buio. C'era una lampada rovesciata di lato: aveva il vetrO incrinato, ma funzionava ancora. Non udiva nessun rumore. Riusc a mettersi carponi e cominci a strisciare in avanti con la lampada. Quando si era verificata l'esplosione, lui era in coda al gruppo; se c'erano dei superstiti, dovevano trovarsi pi avanti. C'erano 4 minatori al lavoro per ampliare la postazione d'ascolto e altri 2 soldati. Stephen si domand fin dove era arrivato l'impatto dell'esplosione. Forse alcuni degli uomini nell'altra galleria parallela non ne avevano risentito. Avanzando, si scontr con una parete solida di detriti. In alto c'erano ancora delle particelle di terra che scorrevano come gocce di pioggia dal punto in cui era franata la volta. Sembrava che da un momento all'altro potesse verificarsi un altro crollo. Stephen si gir per guardare dietro di s: la via sembrava aperta. Anche se avrebbe dovuto procedere a 4 zampe per i primi 10 metri, era abbastanza sicuro dipoter raggiungere la seconda galleria laterale, dove si erano divisi. Di l sarebbe stato abbastanza facile, pensava, tornare verso la galleria principale e quindi ai piedi del pozzo. Qualcosa si mosse nella terra che gli stava davanti. Non riusciva a vedere niente, poi ud un raspare sommesso. Lo segu con le mani e scopri di avere sotto le dita un pezzo di tessuto, attaccato

a un braccio o a una gamba. Il movimento era in quel punto. Con un peso sul cuore sem re pi grande, Stephen cap che avrebbe dovuto tentare di salvare l'uomo a cui apparteneva. S'inginocchi e cominci a grattare la terra con le dita della mano sinistra. Il braccio destro era inutilizzabile. Ostinatamente, si accan contro il terriccio, respingendolo indietro con la mano fino a formare un mucchietto di terra, poi lo scalciava via, spargendolo con la gamba sul fondo della galleria alle sue spalle. Alla luce della lampada esamin i progressi fatti. Alla fine riusc a scavare un buco intorno al frammento di tessuto, che era poi una manica. Ficc la mano dentro e strinse il braccio; riusciva a sentirlo fino alla spalla. Dalla parte opposta della parete di terra gli giunse il suono di una voce umana: un lamento o un saluto. Stephen grid parole di incoraggiamento. Riposatosi per un attimo, si tolse la giacca, staccandola dalla camicia fradicia di sudore a cui era incollata e, liberando il braccio destro vide una macchia nera di sangue. Riprese il lavoro di scavo, preoccupato al pensiero che la terra che allontanava sostenesse dell'altro materiale che sarebbe crollato poi nello spazio libero, ostruendolo in modo ancor pi massiccio. Un'ora dopo aveva sgomberato 1 spazio intorno alle spalle e alla testa dell'uomo. Su di lui era caduta in diagonale un'asse di legno, che sosteneva il peso della terra smossa riparandogli la testa, rimasta incuneata in 1 spazio protetto. Era stato molto fortunato. Ora Stephen era abbastanza vicino da potergli parlare. -Tieni duro.-gli disse.-Resta immobile. Riuscir a tirarti fuori di l. Pens che era improbabile, a causa del peso che chiaramente era caduto sulle gambe dell'uomo, rivolte verso l'ingresso originario della galleria, ma continu a scavare e a sgombrare il terriccio, ansimando fra 1 sforzo e l'altro con meccaniche parole di incoraggiamento. Jack Firebrace, chiuso nella sua opprimente sepoltura, sent la vita tornare a circolare non appena l'aria si alleggeri nella cavit intorno alla testa. Il dolore che proveniva dalle gambe schiacciate gli risal lungo la spina dorsale facendolo svenire, poi ritrovare la lucidit con un lamento, poi svenire di nuovo. Tent di muoverle, perch intuiva che la soffrenza gli avrebbe impedito di morire. Se riusciva a sentire il dolore, sarebbe rimasto cosciente, e quindi ancora vivo. In quello stato riconobbe la voce dell'uomo che un tempo si era accasciato nudo fra le sue braccia con un'imprecazione arida, anche lui sull'orlo della morte. Sentiva la sua mano fiacca scavare nel suolo che lo intrappolava. Si disse che era giusto: a salvarlo sarebbe stato un uomo che, un tempo, era stato salvato da lui. Era fiducioso che Stephen lo avrebbe liberato. La lotta che Jack doveva sostenere era contro se stesso. Concentr i suoi sforzi nel tentativo di resistere alle morbide ondate di sonno che erano la reazione naturale del suo corpo al dolore alle gambe. Finalmente pot muovere la testa e la scosse, nel tentativo di impedire che si annebbiasse. La voce suadente di Stephen gli giunse all'orecchio . Jack sent una mano che lo afferrava sotto l'ascella e tentava di tirarlo fuori. -Non funzioner,-disse.-Ho le gambe intrappolate. -Puoi sentirmi?-Ribatt Stephen. -Si. -Chi sei? -Jack Firebrace. Quello che l'ha riportata in salvo.-Jack fu sorpreso di scoprire che riusciva a parlare cos bene. Il contatto umano lo aveva rianimato. -Che cosa successo?-Chiese Stephen. Jack grugn.-Probabilmente una mina. Erano proprio sopra di noi. Avevano individuato perfettamente il nostro tunnel, dovevano essere in attesa da settimane. -Ce ne saranno altre? -Dio solo lo sa. -Fino a che punto sei intrappolato? -Le gambe sono andate. Non posso muoverle. Le braccia sono a posto. Se mi fa abbastanza spazio posso aiutarla. Sono.,. -Che cosa c'? Stai bene? Jack era svenuto. Parlare gli costava 1 sforzo immane.-Si. Ora non parli, scavi.

-E se ne tiriamo gi dell'altra? -Bisogna rischiare,-ansim Jack. Stephen si tolse la camicia e riprese il lavoro. Jack lo sent strisciare al suo fianco nello spazio gi sgomberato. Gli disse di tentare di puntellare il terreno sopra di loro usando frammenti di travi che erano state travolte nel crollo. Per ore Stephen lavor con una mano sola, seguendo le istruzioni di Jack, e riusc a creare una camera in miniatura all'interno della frana. Jack lo aiut a spingere e a sollevare le travi mettendole in posizione sopra di loro; us le mani per scostare altri detriti finch il suo corpo fu libero fino alla cintola. Alla fine Stephen disse:-Devo riposare, anche solo per qualche minuto. Si stese nel nido che avevano liberato dal terriccio e si addorment subito, con la testa appoggiata al petto di Jack. Lui sentiva il suo respiro alzarsi e abbassarsi. Gli invidiava il sonno, ma non osava unirsi a lui nel timore di non svegliarsi pi. Non aveva detto niente a Stephen, per non suscitare troppe speranze, ma era convinto che dalla trincea doveva essere partita una spedizione di soccorso. Anche se avessero aspettato di essere ragionevolmente sicuri che non ci fossero altre mine nemiche, non potevano tardare molto ad arrivare. Nel buio il tempo non esisteva, ma Jack calcol che dovevano essere sottoterra da circa 6 ore, 5 delle quali trascorse in trappola, mentre Stephen lavorava per liberarlo. Si immaginava Cartqright che organizzava la spedizione di soccorso nella luminosa giornata estiva sopra di loro. Giur che, se riusciva a tornare in superficie, non sarebbe sceso mai pi sottoterra. Avrebbe passato il resto dei suoi giorni all'aria aperta, sentendo sul viso il sole o la pioggia. Si accorse di scivolare di nuovo nell'incoscienza; la sua mente cominciava a inseguire se stessa in lenti circoli sognanti. Decise che doveva svegliare Stephen, altrimenti rischiava di morire. Lo prese per le spalle e lo scroll, ma Stephen gli ricadde addosso. Lo prese a schiaffi, e Stephen gemette, poi si riaddorment. sembrava sopraffatto dalla stanchezza accumulata in quei 4 anni. Jack cominci a imprecare. Pens alle parole pi indecenti che riusciva a dire e le url a Stephen. Lo prese di nuovo a schiaffi, ma niente riusciva a superare il filtro della sua stanchezza. Poi alle loro spalle, pi indietro verso le loro linee, si ud il suono di un'altra esplosione, Jack chiuse gli occhi e si raggomitol sul terreno. Si aspettava che un nucleo di terreno e Wi fiamme si avventasse contro di loro nel tunnel, spinto dalla potenza dell'esplosione. Stephen era sveglio.-Cristo, che cosa stato? Jack scorse il viso ansioso di Stephen alla luce della lampada.-Un'altra mina, pi indietro verso le nostre linee. Hanno individuato tutto il percorso, eccome. -Che significa? -Niente. Dobbiamo tentare di uscire.-Quello che significava in realt, pens Jack, era che forse ormai nessuna spedizione di soccorso sarebbe riuscita a raggiungerli. Dipendeva dal punto esatto in cui era avvenuta l'esplosione. Significava inoltre che, se Stephen fosse tornato indietro senza tentare di salvarlo, a quest'ora sarebbe stato al sicuro in superficie da qualche ora. Aggiunse gentilmente:-E' meglio che tenti d tirarmi fuori. Cos le sar pi utile che se resto incastrato qui. Stephen riprese il suo delicato lavoro e tent di costruire un'intelaiatura di legno sopra le gambe di Jack, in base alle sue istruzioni. Gli rammentava la struttura che mettevano sulle gambe del ragazzo ustiOnato all'ospedale. Doveva sgomberare il terreno e nello stesso tempo costruire. Jack lo aiutava a spingere via la terra. Lavorando, Stephen pensava alla seconda esplosione e ai danni che poteva aver prodotto. Sentiva che la morte tanto desiderata si avvicinava, eppure non riusciva ancora a spalancare le braccia per accoglierla. Alla fine il peso sulle gambe di Jack divenne abbastanza lieve perch Stephen potesse liberarlo: usc come un tappo dalla bottiglia, sia pure con un grido amaro uando le carni stritolate urtarono contro i detriti che le circondavano. Rimase disteso, tremante, sul fondo del tunnel, mentre Stephen tentava di confortarlo. Se solo avessero portato con s dell'acqua. Al momento della partenza gli era venutO in mente che una borraccia sarebbe stata utile, ma prevedeva di restare sottoterra appena un'ora. -E' grave?-Chiese Stephen quando valut che Jack fosse in grado di parlare.

-Penso di avere tutt'e 2 le gambe fratturate. E anche le costole. Ho un dolore terribile qui.-Si tocc il torace. -C' un brutto taglio alla testa. Fa male? -Non proprio, ma mi sento debole. Sono stordito, come se mi avessero colpito alla testa. -Dovr portarti in braccio,-disse Stephen. -Proprio cos. Come quella volta che sono stato io a portarla. -Far del mio meglio, lo prometto. Pensi che ce la faremo? -Dipende da dove crollata la terra. -Forse prima dovrei cercare altri superstiti. -Mi ascolti bene, sar difficile. Non ci sar nessun altro. Possiamo cercare, se vuole, ma io so come vanno le cose quaggi. Il fatto che siamo sopravvissuti in 2 gi un miracolo. Stephen indoss la camicia e la giacca della divisa e si caric sulle spalle Jack. Non era un uomo massiccio, ma con il suo peso sulla schiena, Stephen, che avanzava rannicchiato lungo la galleria, era costretto a fermarsi a intervalli di pochi metri. Per non urlare, Jack stringeva fra i denti il tessuto della giacca di Stephen. Tornarono all'incrocio con la seconda galleria laterale e si sedettero con la schiena addossata alla parete. Jack tremava da capo a piedi. Era stato assalito dalla febbre e dalla tentazione irresistibile di dormire. Stephen ansimava, aspirando lunghe boccate di aria tiepida e rarefatta e tentando di cambiare posizione per dare sollievo ai muscoli della schiena. Quando si furono riposati per un po', chiese:-Da che parte siamo venuti? Mi sono perso. -E' semplicissimo. Sar meglio che glielo spieghi, nel caso che io.,.nel caso dovesse perdermi di vista. Immagini una forchetta con 3 rebbi.-Jack impieg tutte le sue energie per spiegarsi con chiarezza.-Il tratto centrale porta alla camera d'ascolto all'estremit. Noi eravamo a met strada, quando esplosa la mina. I 2 rebbi esterni sono le gallerie di combattimento. Un ramo laterale unisce i 3 rebbi alla base. E' qui che ci troviamo noi ora, nel punto in cui Lorimer ci ha inviati ciascuno verso il proprio tunnel.-Stephen guard l'anonimo tubo nel sottosuolo in cui erano rinchiusi, con i blocchi di legno e terra.-Per tornare indietro,-riprese Jack,-dobbiamo procedere in linea retta, ripercorrendo il manico della forchetta. A met strada c' il punto in cui ci siamo fermati la prima volta ad ascoltare. E' molto stretto, rammenta? Poi, quando finisce l'impugnatura della forchetta, dove dovremmo incontrare la mano, c' la galleria laterale principale. Una volta superata quella, al pozzo verticale manca poco. Si appoggi di nuovo alla parete, sfinito dalla spiegazione. -D'accordo, capisco,-disse Stephen.-Adesso ti lascio solo un momento e vado a dare un'occhiata nelle gallerie di combattimento in cerca di superstiti. -Quella non c' bisogno di controllarla,-disse Jack indicando a sinistra.-Sono andati tutti nella galleria di destra. -Sei sicuro? Penso che dovrei controllare anche l'altra. Jack respir a fatica attraverso i denti serrati.-Deve capire, ormai ho la febbre. Se mi lascia a lungo, non mi trover vivo.-Stephen vide l'angoscia sul viso di Jack. Non era il dolore fisico; stava soppesando il valore della propria vita contro la possibilit di salvare qualcuno dei suoi amici.-Non voglio restare solo a lungo,-gli disse. Stephen deglut. l'istinto gli diceva di tornare il pi presto possibile ai piedi del pozzo, ma immaginava quello che dovevano pensare gli altri nel tunnel, se qualcuno di loro era vivo. Dovevano pregare che lui li raggiungesse. Non era giusto lasciarli senza nessuna possibilit. Ma qualcosa nel viso livido di Jack gli diceva che ogni speranza era vana. Strinse il braccio di Jack.-Percorrer molto in fretta questa, la galleria vuota. Poi torner indietro a vedere come stai. Quindi dar una rapida occhiata a quell'altra. Prometto che non ci metter pi di 10 minuti in tutto.-Si frug nelle tasche per vedere se aveva qualcosa da dargli per rendere l'attesa pi facile. Trov delle sigarette e una tavoletta di cioccolato. Jack sorrise.-Vietato fumare, per via del gas. Grazie dell'offerta.-Stephen lo lasci portando con s la lampada nella galleria di sinistra. Non era ben

puntellata come quella principale. Si vedevano i segni dei colpi di piccone. In un certo senso somigliava a un passaggio, una via di comunicazione che poteva sfociare nella luce e nella comprensione. Avanz rapidamente, nella posizione semiaccovacciata che aveva visto usare dai minatori. Giunto in fondo, vide i segni dell'esplosione. Non era stata forte come nella galleria centrale, ma aveva provocato il crollo di una gran massa di terra. Non avrebbe saputo dire quanto mancasse ancora allo sbocco originario dei tunnel. Per un attimo si ferm. Non c'era pericolo. Nessun rumore. Sospir e si pass una mano fra i capelli. Acquist coscienza di se stesso e delle sue condizioni, nel momento in cui l'imperativo immediato di agire si allentava. Non voleva tornare indietro finch non fosse stato sicuro che lui e Jack erano gli unici superstiti. Se cercando avesse attirato ancor pi la morte, non aveva importanza; restare sepolti sotto il suolo del paese per proteggere il quale avevano combattuto cos a lungo, era una fine dignitosa. Lanci un grido nel buio. Si avvicin allo sbarramento e smosse un po' di terriccio. Accost le labbra al foro e grid ancora. I detriti erano tanto compatti che il suono non penetrava. Qualunque creatura vivente vi fosse stata, doveva essere rimasta schiacciata a morte da tempo. Torn indietro per raggiungere il punto in cui giaceva Jack. S'inginocchi vicino a lui. Jack aveva gli occhi chiusi, e per un attimo Stephen lo credette morto. Gli tast il polso, sotto il tessuto ruvido della camicia. Dovette affondare i polpastrelli fra i tendini per sentirlo, ma trOv un lieve battito in cui pulsava ancora la vita. Lo schiaffeggi leggermente per riscuoterlo. Jack si scosse e alz gli occhi.-Non mi lasci di nuovo. Non se ne vada.-La sua voce era asciutta, ma Stephen vi percepiva una violenta emozione.-Non trover nessun superstite, insistette Jack.-E' l che si verificata l'esplosione principale, in quel tunnel. Noi l'abbiamo ricevuta indirettamente, attraverso la parete. Stephen lo guard. Soffriva e aveva paura di morire, ma non c'era motivo di non credergli; di lavoro nel sottosuolo se ne intendeva.-E va bene,-disse Stephen. -Cercheremo di uscire. Ti senti abbastanza forte? Vuoi riposare ancora un po'? -Tentiamo adesso. Stephen si stir, poi si chin ancora una volta per issarsi in spalla il tronco di Jack, mentre, col braccio sinistro, lo sorreggeva all'altezza delle cosce. Lo trasport come avrebbe fatto con un bimbo addormentato, mentre Jack teneva la lampada sulla spalla di Stephen. Dopo qualche metro Stephen dovette fare una sosta. Il braccio destro, ferito, non reggeva al peso e il sinistro, pi debole per natura e sfinito dal lavoro di scavo, lasciava penzolare le gambe di Jack. Puntell Jack contro la parete laterale del tunnel, poi s'inginocchi davanti a lui e riusc a trasferirlo sulla spalla sinistra. Tenendogli tutt'e 2 le braccia intorno al corpo, riusciva a sorreggerlo per tratti di una decina di metri ciascuno, procedendo accovacciato. Jack sveniva ogni volta che Stephen lo metteva in piedi, cos dopo i primi 3 tentativi Stephen si riposo restando in ginocchio, con Jack sempre in spalla e appoggiando la faccia a terra. Chiudendo gli occhi per difenderli dal sudore che gli colava dalla fronte, imprecava contro la vita e le schegge di gesso che gli si conficcavano nelle ginocchia. Dopo un'ora di lenti sforzi, raggiunsero la fine del tunnel. Non c'era nessuna via di uscita: davanti a loro c'erano soltanto migliaia di tonnellate di Francia . Stephen maledisse Jack. Intendeva parlare sottovoce, ma le parole gli sfuggirono . Jack si agit sulla sua spalla, e Stephen lo depose a terra. -Mi hai portato dalla parte sbagliata, accidenti. Era esausto, e si stese ansimando con la faccia a terra. Jack si riscosse dal delirio all'impatto col terreno e scroll la testa tentando di concentrarsi. -Siamo andati in linea retta, vero?-Tent di sbirciare all'indietro. C'era ancora una lampada appesa al soffitto, quella che Evans aveva sistemato l al loro passaggio. Era un segno terribile. Jack guard di nuovo in avanti e disse sottovoce:-Questa la direzione giusta. Questa non la fine, il punto dove si verificata la seconda esplosione. Siamo a circa 20 metri dalla galleria principale.-Stephen emise un gemito e chiuse gli occhi. Ora la morte lo aveva in pugno, pens; ora l'avrebbe seguita. Rimasero l per un'ora. Nessuno dei 2 aveva

la forza di muoversi. C'era una sola via d'uscita ed era bloccata. Jack stava per morire a causa delle ferite; Stephen sarebbe morto di sete e di fame. Aveva la rivoltella al fianco. Una volta esaurite le speranze, si sarebbe sparato: dritto dentro il palato, nell'intrico di coscienza e memoria. Il pensiero di compiere quello che a nessun nemico era riuscito esercitava sudi lui un'attrazione perversa. Quando si furono assuefatti alla disperazione, ripresero a parlare. Stephen chiese a Jack se la sua compagnia avrebbe tentato di mandare altri uomini a salvarli.-Non credo,-rispose Jack.-E anche se lo facessero, sarebbe difficile rimuovere questa massa di terreno. Dovrebbero farla saltare in aria, col rischio di far crollare il soffitto, peggiorando le cose. E poi troppo vicino alle nostre linee per essere fattibile. Reciteranno una preghiera alla funzione domenicale e ci daranno per dispersi. -Non c' da biasimarli. La guerra quasi finita. -Lei ha paura di morire? -Penso di si.-Stephen fu sorpreso di sentirsi rispondere cos.-Sono stato fortunato a non avere paura in superficie, tranne che nei momenti pi difficili. Ora mi sento.,.solo. Jack ribatt:-Ma non solo. Ci sono qui io, e sono qualcuno.-Spost il peso del corpo sui detriti.-Qual' il suo nome di battesimo? -Stephen. -Posso chiamarla cos? -Se vuoi. Ci fu una pausa, poi Jack disse:-E' strano, non le pare, che debba trovarmi insieme a lei al momento di morire. Che debba essere lei, fra tutte le persone che ho conosciuto in vita mia. -Con chi avresti scelto di trovarti?-Stephen si sent interessato, anche se era oppresso dal pensiero della propria morte.-Quale essere umano avresti scelto, fra tutti quelli che hai conosciuto, perch ti tenesse la mano e ti stesse vicino alle soglie dell'eternit? -Per stare insieme cos, per sempre, vuol dire? -Si. -L'altra met dite. -Mio figlio,-disse Jack. -Tuo figlio. Quanti anni ha? -E' morto 2 anni fa, di difderite. Si chiamava John. -Mi dispiace. -Mi manca. Gli volevo tanto bene. Nell'oscurit del tunnel, la voce di Jack inton inaspettatamente il lamento che si era negato al momento della morte di John; ormai, cos vicino alla propria morte, si sentiva libero da ogni ritegno.-Amavo quel bambino, amavo ogni capello , ogni poro della sua pelle. Avrei ucciso chi avesse fatto anche solo il gesto di alzare una mano su di lui. Il mio mondo era nel suo viso. Non ero pi tanto giovane, quando nato. Mi sono chiesto che significato aveva la mia vita prima di lui: non era niente. Conservavo come un tesoro ogni parola che mi diceva. M'imponevo di ricordare ogni cosa che faceva, il modo in cui voltava la testa, il modo di dire le cose. Era come se sapessi che non sarebbe durato a lungo. Apparteneva a un altro mondo, era una benedizione troppo grande per me. Stephen non disse niente, ma lasci che Jack singhiozzasse piano con la testa fra le mani. Jack non sembrava risentito, neppure nel dolore. Il suo viso piatto e innocente, con gli occhi stretti, sembrava inebetito, incredulo che gli fosse stato concesso un amore simile. Quando si fu calmato un po', Stephen disse:-Ne parli quasi come se fossi stato innammorato. -Penso di si,-rispose Jack.-Penso che fosse un po' cos. Ero geloso, volevo che mi amasse. Sorvegliavo il modo in cui le donne giocavano con lui. Ero contento che fosse felice, ma sapevo che in realt i nostri giochi erano i migliori. Sapevo che i momenti in cui eravamo noi 2 soli erano le cose migliori, le cose pi pure sulla faccia della terra.-Jack parlava dell'innocenza del bambino e di come lo aveva trasformato. Non riusciva a trovare le parole per esprimerlo, e riprese a piangere.

Stephen gli mise un braccio sulle spalle.-Va tutto bene,-disse.-Ti tirer fuori di qui. In un modo o nell'altro ti tirer fuori di qui e avrai altri figli. John non sar l'ultimo. -No, Margaret troppo vecchia, ormai. Non potrebbe averne un altro. -Allora li avr io per te. Quando Jack si fu ricomposto, disse:-Non credo che lei sceglierebbe di morire con me accanto. Non le servo granch. -Tu andrai benissimo,-disse Stephen.-Chiss, non sempre quel che ci piacerebbe davvero meglio di quel che ci tocca. Ho conosciuto uomini con i quali mi sarei avventurato perfino nella bocca dell'inferno. Byrne o Douglas. Ero certo che avrebbero respirato per me, che mi avrebbero pompato il sangue col loro cuore. -Li amava? Avrebbe scelto loro? -Per morire? No. l'unica volta che ho provato quello che tu descrivi stato con una donna. -Un'amante, vuol dire? Non una persona della sua stessa carne e del suo sangue? -Io credo che fosse carne della mia carne e sangue del mio sangue, lo credo davvero.-Stephen parve scivolare in una trance, e Jack non disse niente. Poi, col passare dei minuti, tent di riscuotersi.-Dobbiamo trovare una via d'uscita,-disse.-Tornare al pozzo impossibile, quindi dobbiamo andare avanti. -A che scopo? Ci sono soltanto le gallerie a fondo cieco. -Ci darebbe qualcosa da fare, invece di aspettare la morte. Potremmo tentare di fare rumore, se ce la fa a portarmi di nuovo. Si tolga quella maschera, non fa che intralciarla. E la tolga anche a me. Lasciamole qui.-Stephen s'inginocchi e aiut Jack a issarsi sulle sue spalle, tentando di nascondere la disperazione. Chiaramente era inutile tornare indietro; 2 degli altri 3 tunnel che procedevano in avanti erano bloccati e il terzo, secondo Jack, aveva subito l'impatto peggiore della deflagrazione, quindi era improbabile che li facesse sbucare miracolosamente all'aperto e al sole. A Stephen sembrava che ci fosse qualcosa di frivolo nella loro speranza, mentre arrancavano faticosamente tornando indietro nel buio. Erano faccia a faccia con la morte e non riuscivano a trovare niente di meglio da fare. Sentiva che avrebbero dovuto passare il tempo in modo pi costruttivo; avrebbero dovuto prepararsi inqualche modo alla fine, invece di indulgere a quella speranza inutile. Tuttavia sembrava far piacere a Jack. Quando raggiunsero l'incrocio con la seconda galleria laterale, Stephen lo depose a terra e si accasci accanto a lui. Il torace s'innalzava e si abbassava, mentre lui respirava con forza. Jack aveva chiuso gli occhi per resistere al dolore alle gambe che, not Stephen, emanavano un odore nauseante di sangue. Riaprendo gli occhi, Jack sorrise.-C' una sola possibilit. Tenti il terzo rebbio della forchetta. Dove sono andati quegli altri poveri diavoli. Stephen assent.-Lasciami solo un momento per riprendere fiato. Tanto vale tentare. Almeno allora sapremo.,.-Lasci la frase in sospeso, ancora incapace di dire ci che era ovvio. Lo fece Jack per lui.-Che la fine.-Il pensiero non turbava Jack. Cominciava ad accogliere con piacere l'idea di morire. Mentre un terrore primitivo continuava ad agitarsi in lui, il dolore fisico e le illusioni perdute della sua vita lo inducevano a desiderare che la conclusione si avvicinasse. Amava ancora Margaret , e gli sarebbe piaciuto vederla, ma lei apparteneva a un'esistenza diversa da quella che lui ora viveva con tanta indesiderata intensit. Sarebbe morta anche lei, in ogni caso. Le fondamenta della sua fede si erano rivelate instabili. l'innocenza di John, il messaggio arrivato da un mondo migliore, gli era stata strappata. Qualunque incontro potesse avere con Margaret, qualunque scintilla d'amore potesse ancora accendere in lui si sarebbe rivelata illusoria. l'amore lo aveva tradito, e lui non desiderva pi riunirsi alla vita. Nei momenti in cui il dolore lo abbandonava, si sentiva tranquillo. Non aveva pensieri che andassero al di l del suo corpo, nel buio della galleria; lo sforzo che avevano compiuto sottoterra con le mani, le gambe e la voce era il confine di tutto. Nelle fatiche a cui si sottoponeva Stephen per salvarlo, nel modo in cui si sottometteva con pazienza al suo peso e a quell'inutile sforzo, Jack trovava un senso di giustizia e di calma. Raggiunsero l'inizio del tunnel di destra e

Stephen dovette mettersi carponi per superarne l'ingresso frastagliato. Alla luce sempre pi fioca della lampada, Jack guard l'armatura insufficiente del soffitto e critic in silenzio il lavoro di chi lo aveva realizzato. Non era alto come avrebbe dovuto essere un tunnel di combattimento. Ben presto Stephen dovette accovacciarsi, e dopo qualche metro fu costretto a riposare di nuovo. A Jack pareva che la soluzione pi sensata per Stephen fosse lasciarlo e proseguire, nella speranza di trovare il miracolo che cercavano, qualunque fosse ; ma Stephen non sugger mai quella possibilit. Agli occhi di Jack, Stephen sembrava animato da una sorta di determinazione perversa; pi difficile diventava la loro avanzata, pi sembrava deciso a portare il suo scomodo fardello. Nel terzo tunnel la forza dell'esplosione aveva avuto un effetto diverso: pareva che si fosse ristretto, con le pareti risucchiate verso l'interno. Inginocchiandosi per proseguire, Stephen sollev Jack sulla schiena in modo da consentirgli di tenere la lampada, che oscillava avanti e indietro, proiettando lampi disuguali di luce sulla loro avanzata. Jack lanci un urlo quando una mano gelida gli sfior il viso. Stephen si ferm e Jack inclin la lanterna per guardare. Dalla parete del tunnel sporgeva un braccio; il corpo a qquale apparteneva era sepolto l dietro. Ripresero ad avanzare. Jack vide una gamba sporgere dal terreno, ancora stretta nella divisa. Si fermarono a ispezionarla. -E' Evans,-disse Jack.-Riconosco la cucitura nel tessuto, qui. Era in coppia con me, facevamo i turni insieme. -Mi dispiace. Ma lo sapevamo che se n'era andato, no? -Non importa,-ribatt Jack.-Sta meglio lui. Ora ce ne siamo andati tutti. Shaw, Tyson, Evans, Jones e io. Tutto il nostro gruppetto.-Man mano che avanzavano, Jack perse la testa. Cominci a tremare e a scostarsi dal viso mani immaginarie; sentiva la stretta gelida di tutti i compagni morti. Era in una galleria di spettri. Le anime di tutti coloro che erano morti, amici e compagni; gli spiriti degli uomini che avevano ucciso, i corpi dei tedeschi scagliati in aria nell'esplosione del suolo sopra le grandi mine che avevano fatto brillare; tutti i morti inutili della lunga guerra gli si avventavano contro con le mani gelide. Lo rimproveravano per averli uccisi; lo schernivano perch era ancora vivo. Tremava al punto che Stephen dovette deporlo a terra. Rest disteso al buio, sudando e rabbrividendo di paura, dimenticando per un attimo il dolore alle gambe.-Ormai stiamo per morire,-diceva. Non c'era pi compostezza nella sua voce, ma solo una paura disperata e infantile. Stephen si sedette di fronte a lui, prendendosi la testa fra le mani.-Si, mormor,-penso che sia la fine.-Jack chiuse gli occhi e rotol sul fianco. Avrebbe voluto che la febbre che si era sforzato di tenere a bada lo assalisse, facendolo scivolare nel sonno. Stephen disse:-Non m'importa di morire. Dio lo sa , con tutti questi morti non potremmo chiedere di meglio. Se potessi esaudire un solo desiderio, prima di andarmene, sarebbe un piccolo bicchiere d'acqua. Il pensiero di ruscelli e pozze e rubinetti che scrosciano l'unico che mi spinge ad avanzare. Jack cominci a gemere piano piano. Stephen aveva sentito spesso quel suono; era il lamento sommesso e primordiale che lui stesso si era lasciato sfuggire mentre lo portavano dal chirurgo. Jack invocava la madre. Stephen tast il corpo tremante di Jack e la sua camicia fradicia di sudore. Non aveva niente di asciutto per coprirlo; anche i suoi vestiti erano saturi di sudore per lo sforzo di trasportarlo e di scavare. Tent di mettere comodo Jack, poi lo lasci per proseguire strisciando lungo la galleria. Voleva stare solo, trovare un posto dove potersi stendere. L avrebbe tentato di dormire, nella speranza di non svegliarsi pi. Seguit a strisciare in avanti fino a raggiungere 1 slargo, 1 spazio creato forse dall'esplosione. Si gir sul fianco e si port le ginocchia al petto. Invoc l'oblio e, nonostante il dolore al braccio, si addorment. Per molte ore i 2 uomini dormirono a distanza di pochi metri, ciascuno avvolto nella sua incoscienza. Quando Stephen si svegli, l'odore di umidit e il buio gli diedero l'illusione di trovarsi nel suo rifugio; poi, stirandosi, incontr le

pareti della sua tomba stretta. La lampada si era spenta. Pianse in sordina fra s, mentre gli tornava la memoria. Mosse il braccio ferito e, cercando con la sinistra un appoggio per sollevarsi, sfor qualcosa che gli parve stoffa. Ebbe un brivido di repulsione, pensando di avere scoperto come Jack un corpo, qualche orribile cadavere vicino al quale era rimasto disteso senza saperlo per ore. Invece il tessuto era pi rozzo persino della stoffa usata per le divise dell'esercito. Cerc in tasca la torcia elettrica che gli avevano consegnato all'imbocco della galleria. A quel fioco raggio di luce, esplor il tessuto con le dita: era solo un sacchetto di sabbia. Si mise a sedere e lo tir. Per spostare quel peso, dovette far forza con le gambe contro la parete della galleria, e alla fine riusc a tirarlo indietro, avvicinandolo a s di qualche decina di centimetri. Vide che dietro ce n'era un altro. Quel tratto della parete sembrava fatto di sacchetti. Erano pressati in modo troppo ordinato e compatto per essere stati scagliati l dall'esplosione, quindi probabilmente erano stati sistemati dai minatori, a un certo punto del loro lavoro. I sacchetti di sabbia per quel che ne sapeva lui avevano una sola funzione, che era assorbire la deflagrazione, sia di granate sia di proiettili. Probabilmente avevano considerato particolarmente vulnerabile quella parete della galleria. In tal caso, dovevano sapere che nelle vicinanze c'era una contromina; e se era cos, come mai avevano continuato a scavare in quel punto? Avrebbe dovuto chiederlo a Jack. Torn indietro strisciando verso il punto in cui aveva lasciato Jack, e lo trov rannicchiato e scosso dai brividi. Lo prese per la spalla, tentando di scuoterlo per svegliarlo, e Jack lanci grida incoerenti. A Stephen sembrava che dicesse qualcosa a proposito di 1 scudo. Pian piano Stephen riusc a farlo tornare in s. Lo cull gentilmente e lo chiam per nome. Gli sembrava crudele riportarlo alla realt dell'esistenza, quando qualsiasi delirio sarebbe stato preferibile. Jack lo guard con espressione implorante, quasi a pregarlo di scomparire. Stephen cap che per Jack il suo viso era il segno che era ancora vivo. -Ascolta,-gli disse,-ho trovato un sacchetto di sabbia, laggi. Che cosa pensi che significhi? -Pieno? -Si.-Jack scosse la testa debolmente, senza rispondere. Stephen lo prese per i polsi e li strinse. Accost il viso a quello di Jack, fiutando l'alito marcio che espelleva dai polmoni.-Serve solo per rinforzare la parete, o cosa? A che scopo li usate, voi altri? Avanti, rispondimi. Di' qualcosa.-Lo schiocco inerte della mano sul viso di Jack produsse un'eco ingigantita nello spazio ristretto. -Non lo so.,.non lo so.,. E' solo un sacchetto. Li riempivamo scavando la sotterranea. La Central Line. Dentro il grande scudo. Ci siamo fermati a Bank. -Per amor di Dio, ascoltami. Perch i sacchetti nella parete? Qui in Francia, in guerra, non nella metropolitana. -Ci siamo trasferiti in Liverpool Street nel 1912. Io ero avvilito, di nuovo disoccupato.-Jack continu a parlare del suo lavoro nel sottosuolo argilloso di Londra. Stephen gli lasci liberi i polsi, cosicch le braccia ricaddero sulle gambe inerti, e il dolore dell'im patto parve riscuotere Jack. Si drizz di nuovo a sedere con gli occhi allucinati.-Dietro la camera. Li abbiamo accatastati dietro la carica. -Ma un tunnel di combattimento,-obiett Stephen.-E comunque sono disposti di lato. Jack si fece sfuggire 1 sbuffo di scherno.-Di lato? Lei matto. Stephen prese di nuovo le mani di Jack.-Ascolta, Jack, forse sono matto. Forse lo siamo tutti e 2. Ma moriremo molto presto. Prima di andartene, rifletti bene. Fallo per me. Ti ho portato in spalla fin qui. Ora fammi questo favore. Pensa a quello che possono significare. Tenne gli occhi fissi in quelli di Jack, al fioco chiarore che emanava ancora dalla lanterna. Vedeva che Jack lottava per liberarsi di lui, tentando disperatamente di recidere l'ultimo contatto con il mondo dei vivi. Jack scosse la testa, o meglio la lasci ciondolare di lato, chiuse gli occhi e si adagi di nuovo contro la parete della galleria. Aveva gli angoli della bocca incrostati

di bava e di schiuma. Il suo viso assente, privo di emozioni, sembr ritirarsi ancor pi. Poi gli brillarono gli occhi.-A meno che.,.no.,.a meno che non siano kiwi. Potrebbero essere Kiwi. -Di che stai parlando? kiwi? Che significa? -Loro, i neozelandesi, mettono i sacchetti diversamente. Noi li ficchiamo direttamente dietro la carica. Loro scavano un piccolo cunicolo ad angolo retto con il tracciato principale, e poi ci ficcano dentro la carica. Cos non servono tanti sacchetti di terra di riporto. -Non capisco. Vuoi dire che sistemano la carica non nella galleria principale ma di lato? -Proprio cos. Migliore compressione, dicono. Meno lavoro, se vuole il mio parere. -Meno sacchetti.-Stephen tent di contenere l'eccitazione.-Quello che stai dicendo che potrebbe esserci dell'esplosivo, dietro tutti quei sacchetti? Jack lo guard finalmente negli occhi.-E' possibile. In questi giorni non scendiamo quaggi cos spesso, e so che prima di noi qui c'era una compagnia di kiwi. -Vuoi dire che non vi hanno informati che qui c'era una camera piena di esplosivo? -Lo avranno detto al capitano, ma lui non era tenuto a dirlo a me. Non mi dicono mai niente. Sono sceso soltanto 2 volte, da quando siamo qui. -E poi, vistO che non faremo pi brillare mine, l'abbiamo usata soltanto come galleria di combattimento per proteggere la postazione d'ascolto principale? -Non facciamo brillare mine da mesi. Di questi tempi facciamo soltanto lavori di corv. -E va bene, supponiamo che ci sia dell'esplosivo in una camera dietro quei sacchetti. Potremmo farlo esplodere? -Avremmo bisogno di fili elettrici o di una miccia. E poi dipende da quanto ce n'era. Probabilmente farebbe sprofondare met del paese. -Non abbiamo altre possibilit, no? Jack abbass di nuovo gli occhi.-Io voglio soltanto morire in pace. Stephen s'inginocchi e sollev Jack in posizione rannicchiata, poi se lo iss in spalla e cominci a tornare indietro incespicando nel buio, con la torcia stretta fra i denti. Una nuova energia lo rendeva ignaro del dolore alle membra o del peso di Jack, e persino della sete che lo torturava. Quando tornarono nel punto pi largo dove aveva scoperto i sacchetti, depose di nuovo Jack; voleva disperatamente che sopravvivesse, in modo da potergli dire come far saltare la carica. Ogni sacchetto era lungo 90 centimetri e largo 60. Erano stati riempiti fino all'orlo di quella che Jack chiamava terra di riporto, i detriti dello scavo, in modo da aumentare al massimo la loro capacit di contenere l'esplosione. Con una sola mano valida per tirarli, Stephen lavorava molto lentamente, intervallando 1 strappo di una ventina di centimetri con una pausa di riposo. Mentre lavorava, parlava con Jack, sperando che la sua voce gli impedisse di scivolare nell'incoscienza. Non Otteneva alcuna risposta dalla figura accasciata a terra. Per quanto i progressi si misurassero in centimetri, lavorava con una frenesia alimentata dalla speranza. Nella sua mente si figurava un grande cratere aperto dall'esplosione nel campo sopra di loro, e lui e Jack che sbucavano fuori dal loro riparo di sacchetti per incamminarsi sul fondo della depressione, che, pur essendo 10 metri sotto il livello del suolo, sarebbe stata esposta alla pioggia e al vento. Nel tratto allargato della galleria poteva stare in piedi e stirarsi, di tanto in tanto. Ogni volta che riposava, si chinava su Jack tentando di risvegliarlo con un miscuglio di durezza e lusinghe. Di solito otteneva qualche reazione, anche se bofonchiante e incoerente; sembrava di nuovo in preda al delirio. Si rimise al lavoro. Spense la torcia, affannandosi al buio. Quando ebbe liberato una dozzina di sacchetti, accatastandoli nella galleria principale, lavorare divenne pi facile, perch aveva pi spazio intorno a s. Voleva fermarsi per controllare che Jack resistesse, ma temeva che pi tempo sprecava sottraendolo al lavoro, pi la fine di Jack si sarebbe avvicinata. Tenne duro. Quando la mano sinistra non fu pi abbastanza forte, afferr l'estremit di un sacchetto incastrato con i denti e

lo scalz dalla parete, scrollandolo come fanno i cani. Un frammento di gesso gli spezz un incisivo, penetrando nella gengiva e riempiendogli la bocca di sangue, ma lui se ne accorse appena; continu a lavorare, e infine giunse alla fine della pila di sacchetti accatastati dai neozelandesi in modo cos ordinato e compatto. Torn nel tunnel per raccogliere la tOrcia dal pavimento. Strisciando indietro nello spazio che aveva sgomberato, punt la luce in avanti: c'erano parecchie pile d cassette contrassegnate con la scritta "Pericolo. Esplosivo ad alto potenziale. Nitrato di ammonio/alluminio". Erano sistemate contro la parete anteriore della piccola camera, in direzione del nemico. Si sent percorrere da un lieve fremito di eccitazione. Rimase fermo per un attimo, scoprendo di avere gli occhi umidi, e si concesse di cedere alla tentazione della speranza. Sarebbe stato libero. Torn indietro con prudenza e prese la mano di Jack.-Svegliati,-gli disse.-Ho finito. Ho trovato l'esplosivo. Possiamo uscire, possiamo andarcene di qui. Tu vivrai. Jack sollev appena le palpebre pesanti rivelando 1 sguardo privo di curiosit. -C'era, allora? -Casse di ammonal. -Quante? -Non le ho contate. Forse 200. Jack si lasci sfuggire 1 sbuffo. Cominci a ridere, ma gliene manc la forza. -Significa 4000 e 500 chili. La met basta a far saltare la casa del sindaco di Londra. -Allora dovremo portarle via e lasciare solo quelle che vogliamo. -Basterebbe una sola cassetta per far capire che siamo qui. -Aiutami, Jack. -Non posso. Non posso muovere.,. -Lo so. Basta che tu mi incoraggi. Dimmi che si pu fare. -Certo, lo faccia. Forse ci riuscir. E abbastanza pazzo. Dopo mezz'ora di riposo, Stephen strisci di nuovo nel buco. Le cassette di legno avevano un manico di corda. Pesanti 45 chili l'una, erano l'ideale per essere sollevate e accatastate da un uomo in forma con tutt'e 2 le braccia. Con un braccio solo a disposizione, Stephen compiva sforzi immani. Quelle che sfilava dalla sommit della pila si dovevano prima liberare con 1 strappo, poi tenere sollevate per evitare che cadessero a terra. Dopo un'ora di lavoro aveva spostato solo 6 cassette, trasferendole nel tunnel di combattimento a una distanza che immaginava le mettesse al sicuro dal rischio di una detonazione per simpatia. Tir fuori l'orologio per fare dei calcoli. Ci sarebbero volute approssimativamente 30 ore. Man mano che si stancava e si disidratava, i periodi di riposo sarebbero diventati pi lunghi. Avrebbe avuto bisogno di dormire. Spost lo sguardo dalla sagoma prostrata di Jack al fondo della galleria e si domand se valeva davvero la pena di fare quello sforzo. Prevedeva che Jack sarebbe morto prima che lui riuscisse a finire. Non poteva neanche avere la certezza che lui stesso avrebbe resistito. Comunque, se non altro, aveva trovato dell'aria nella camera da mina. Non era fresca n abbondante, ma c'era un refolo che penetrava chiss da dove. Era possibile che la deflagrazione avesse schiacciato un tubo di ventilazione. Sul fondo, in un angolo, c'era una piccola pozza d'acqua che succhi e trattenne in bocca prima di sputarla sul terreno gessoso. Era troppo fetida per berla, e comunque ne avrebbe avuto bisogno in futuro. Al centro delle cassette c'era un grosso batuffolo di fulmicotone collegato a un filo che Stephen mise da parte. Dopo avere spostato 40 cassette, si stese vicino a Jack e si addorment, l'orologio segnava le 2 e 10, ma non sapeva se fosse mattina o pomeriggio, n da quanto tempo si trovavano sottoterra. Usava la torcia il meno possibile, lavorando con l'istinto di un animale brutale , stupido, cieco. Non pensava a quello che faceva o al perch lo faceva. La vita sulla superficie della terra gli era preclusa. Non ricordava Gray o Weir, non avrebbe saputo dire i nomi di Jeanne o Isabelle. Erano realt sprofondate nel subconscio, e quello che viveva sembrava un sogno bestiale. A volte passando inciampava nel corpo di Jack, a volte lo prendeva a calci con forza, abbastanza da farlo reagire. A intervalli si gettava in ginocchio per succhiare acqua dalla

pozza. Man mano che si avvicinava alla fine dell'impresa, temeva di poter morire prima che fosse completata. Rallent il ritmo e ripos pi a lungo; si controll il polso. Ci vollero 3 giorni per sgomberare la camera, e quando fin era troppo esausto per pensare a far esplodere la sola cassetta rimasta. Si stese e si addorment. Appena sveglio, pens a Jack e gli punt in faccia la torcia accesa. Aveva gli occhi aperti e fissi davanti a s. Stephen lo scroll, certo che fosse morto. Jack gemette protestando per essere stato riportato allo stato di veglia. Stephen gli annunci che aveva sgomberato la camera. Per incoraggiarlo, vi rientr strisciando, raccolse fra le mani un po' d'acqua dalla pozza, la port indietro con cautela e la gett in faccia a Jack. -Dimmi come farla saltare, e avrai tutta l'acqua che vuoi.-La voce di Jack era quasi impercettibile. Stephen dovette accostare l'orecchio alle sue labbra aride . Jack gli disse che usavano dei contatti elettrici.-Posso farlo con una miccia? -Se riesce a fabbricarne una. Dev'essere lunga, in modo che possiamo metterci al riparo. -E se usassi i sacchetti, tagliandoli a strisce e poi legandoli insieme? -Purch siano asciutti. Ma senza innesco non funziona. l'ammonal brucia, ma non esplode, senza il fulmicotone per farlo detonare. Stephen raggiunse il punto in cui aveva accatastato i sacchetti; erano discretamente asciutti. Torn dove aveva lasciato la giacca e tir fuori il coltello e una scatoletta di fiammiferi. Tagli l'estremit di un sacchetto e lo vuot, poi accese un fiammifero. l'estremit sfilacciata prese fuoco subito, mentre le parti pi dense bruciavano lentamente. Non ci si poteva fare affidamento.-E se aprissi una cassetta di ammonio e lasciassi una piccola traccia di polvere, servirebbe? Jack sorrise.-Sia prudente. -Di quanto necessario allontanarsi? -Di un centinaio di metri. Dietro una parete solida. E poi emette dei gas. Dovr recuperare le maschere. Stephen calcol quanto tempo ci sarebbe voluto per tagliare e annodare un centinaio di metri di tela dei sacchetti. Era impossibile. Non poteva usare il fulmicotone asciutto perch senza di esso l'ammonal non detonava. Avrebbe dovuto stendere una traccia di esplosivo. Per prima cosa riport indietro Jack lungo il tunnel di combattimento fino alla galleria laterale. Lo sistemo pochi metri pi indietro dell'imbocco della galleria di sinistra, dove riteneva che sarebbe stato pi protetto. And a recuperare le maschere antigas Proto dal luogo della seconda esplosione e le riport a Jack. Poi sollev cautamente il coperchio di una cassetta di ammonal, prima con la lama, poi con l'impugnatura del coltello. Prese ualche manciata di polvere grigia e la mise in un sacchetto, finch cominci a pesare. Lo trasport nella camera e ne verso un mucchietto sopra l'innesco al fulmicotone, che sistem nella cassetta rimasta. Poi stese un rivoletto largo circa 5 centimetri, tornando indietro attraverso il cunicolo che la collegava alla galleria di combattimento. A quel punto il sacchetto era vuoto e lui and a riempirlo, poi torn nel punto in cui si era fermato e continu, rifornendo 2 volte il sacchetto prima di arrivare nel punto in cui era accatastato il resto dell'ammonal. L cerc di tracciare la scia di esplosivo il pi lontano possibile. Era un rischio che doveva correre; non poteva spostare di nuovo tutto. Interruppe la traccia al centro della galleria laterale. A quel punto svuot e tagli a strisce 6 sacchetti per ricavarne una miccia che arrivasse dalla sua posizione all'inizio della traccia di ammonal. Si sedette accanto a Jack, gli mise la maschera, poi indoss la sua. Un'assurda speranza gli faceva martellare il cuore.-Ci siamo,-disse.-Ora lo faccio saltare. Jack non rispose, cos Stephen si addentr nella galleria e s'inginocchi presso l'estremit della miccia che aveva ricavato dai sacchetti, lunga una decina di metri. Voleva guardarla bruciare fino a che raggiungeva l'ammonal, per essere sicuro che andasse tutto bene. Fece un attimo di pausa, tentando di trovare un pensiero o una preghiera appropriata davanti alla morte, ma la sua mente era troppo stanca e la sua mano troppo impaziente. Sfreg la capocchia del fiammifero contro la scatola e la guard divampare. Nella sua mente non c'era

posto per precauzioni o paure. Accost la fiammella al sacchetto e lo vide prendere fuoco. Il suo cuore balz insieme con la fiamma: voleva vivere. Quell'idea lo fece ridere, con lo sguardo folle e la barba lunga, come un eremita in una caverna. Il tessuto tossicchi e si accese, poi rischi di spegnersi, quindi bruci nuovamente. La fiamma arriv a poco meno di 2 metri dalla fine, poi parve fermarsi. Stephen imprec a voce alta, stringendo la torcia con forza spasmodica.-Cristo. Una scintilla si lev dalla miccia spenta, saltando come un arco elettrico nel vuoto. Tocc l'ammonal, e Stephen vide sprigionarsi una cortina di fiamme alta fino al soffitto della galleria. Si volse e fece 3 passi di corsa per tornare verso Jack, ma prima di raggiungerlo fu proiettato in avanti da un'esplosione che squarci gallerie, pareti e terreno, scagliando in aria i detriti. La forza della deflagrazione scosse il tenente Levi, seduto sul gradino della trincea a mangiare zuppa di piselli con salsicce e pane, distribuita da una cucina della compagnia che aveva percorso centinaia di chilometri da quando era uscita dalla fabbrica in Sassonia. Erano 3 giorni che sulla loro prima linea si concentrava un bombardamento inglese, probabilmente il preannuncio di un attacco su vasta scala. Levi si era chiesto vagamente quanto tempo sarebbe dovuto passare prima che potesse riaprire lo studio medico che in tempo di pace aveva ad Amburgo, dove aveva cominciato a farsi una certa fama come pediatra. Aveva resistito all'arruolamento il pi a lungo possibile, ma le pesanti perdite umane inflitte al suo paese lo avevano reso inevitabile. Aveva lasciato i bambini in ospedale ed era tornato a casa per salutare la moglie. -Non voglio combattere contro i francesi,-le aveva detto,-e soprattutto non voglio combattere contro gli inglesi. Ma questo il mio paese e la nostra patria. Devo fare il mio dovere. Lei gli aveva regalato una piccola stella di David in oro, che apparteneva alla sua famiglia da parecchie generazioni, e gliel'aveva messa al collo, appesa a una catenina. Non era stato solo il quartiere ebraico a dispiacersi della partenza del dottor Levi; allastazione si era radunata una piccola folla per vederlo partire. Dato che l'offensiva tedesca in primavera era stata bloccata e il nemico, che ora aveva ricevuto i rinforzi degli americani, aveva cominciato a spostare in prima linea un gran numero di mezzi corazzati, Levi dava per scontato che, una volta iniziato il bombardamento, sarebbe stata solo questione di settimane prima che lui e sua moglie potessero riunirsi. Quel pizzico di vergogna che sentiva alla prospettiva della sconfitta tedesca era facilmente soverchiato al piacere che provava al pensiero della pace. -A casa lei fa il medico, non vero, Levi?-Disse il comandante di compagnia, avvicinandosi lungo la trincea mentre la scossa dell'esplosione cominciava ad attenuarsi. -Pediatra, ma.,. -Fa lo stesso. E' meglio che vada a dare un'occhiata. Abbiamo una pattuglia, l sotto. Prenda 2 uomini, Kroger e Lamm. Sono i migliori, conoscono tutte le gallerie di questa zona. -Di solito ci sono 2 esplosioni, non vero? Non sarebbe meglio aspettare? -Lasci passare un'ora, poi vada gi. Mezz'ora dopo, si presentarono a rapporto da lui Kroger e Lamm. Kroger era un uomo colto e inteligente che aveva rifiutato pi volte la promozione. Proveniva da una buona famiglia, ma si atteneva a rigidi rincipi di giustizia sociale. Lamm era di estrazione pi umile, bavarese, un minatore bruno e attraente dal carattere imperturbabile. Presero con s le maschere, nel caso l'esplosione avesse sprigionato dei gas nel sottosuolo, insieme a picconi, funi e altri attrezzi che secondo Lamm potevano tornare utili. Lamm, dal canto suo, prese una piccola quantit di esplosivo. -Quanti dei nostri c'erano laggi?-Chiese Levi. - 3,-rispose Lamm.-Erano appena scesi per una pattuglia di routine, per ascoltare le attivit nemiche. -Credevo che avessimo distrutto la loro galleria 3 o 4 giorni fa. -Probabilmente cos. Restiamo in ascolto per capire quando attaccheranno. Non ci aspettiamo che siano in grado di riparare il loro tunnel. Lo abbiamo fatto

saltare in 2 punti. Non si sono neanche accorti del nostro arrivo. Kroger disse:-Andiamo, che ne dite? Preferisco stare sottoterra che restarmene qui sotto questo bombardamento. Udirono le granate sibilare in alto ed esplodere sulle linee di rincalzo alle loro spalle. Levi segu gli altri lungo un piano inclinato che li port gradualmente a una profondit di 10 metri sotto il livello del suolo. Pur sentendosi pi sicuro l dove le granate non potevano raggiungerlo, non era entusiasta all'idea di trovarsi chiuso sottoterra. Erano riforniti di cibo e acqua sufficiente per almeno 3 giorni, quindi qualcuno presumeva che potesse trattarsi di un'operazione lunga. S'incamminarono lungo la galleria principale, procedendo per 10 minuti. Il soffitto era munito di luce elettrica, ma il circuito era stato interrotto dall'esplosione. La rete di gallerie era stata costruita con notevole cura e precisione. Marciando, Lamm e Kroger cantavano. La galleria seguiva 1 schema simile a quello dei tunnel inglesi, anche se la principale galleria laterale della rete tedesca era collegata alle fognature della cittadina vicina. Il posto d'ascolto che avevano creato vicino alle linee inglesi era protetto da una sola galleria di combattimento che correva circa 3 metri al di sopra degli scavi inglesi; da l erano riusciti a scavare in basso e a collocare le 2 cariche che avevano messo fuori uso gran parte del sistema nemico. Avevano percorso soltanto una parte della galleria centrale, quando s'imbatterono in un massiccio sbarramento. Levi si mise a sedere mentre Lamm e Kroger lo esploravano con i picconi. Gli era venuto in mente un pensiero agghiacciante. Suo fratello, un ingegnere in servizio nella stessa compagnia, gli aveva detto che prevedeva di scendere prima o poi a ispezionare il sistema per accertarsi che avessero effettivamente bloccato il tunnel inglese. Di solito non scendeva nel sottosuolo, ma periodicamente ispezionava i nuovi lavori. Levi non lo vedeva da 3 giorni, il che non era un fatto insolito di per s, in quanto i loro incarichi erano del tutto diversi e, pur non sapendo che faceva parte della pattuglia, non poteva avere la certezza che non ne facesse parte. -E' un blocco massiccio,-osserv Lamm.-La soluzione migliore per noi lasciar perdere, per il momento, e andare a vedere che cosa successo nella galleria di combattimento. Se necessario, possiamo tornare indietro. Levi domand:-Sapete quali uomini facevano parte della pattuglia? -No,-rispose Lamm.-E lei? -No. So che sono in 3. Mi venuto il dubbio che ci fosse anche mio fratello. Kroger osserv:-Sono certo che il comandante glielo avrebbe detto. -Ne dubito,-ribatt Levi.-Ha altro per la mente. Sta organizzando una ritirata in massa. -Non ci resta che sperare,-disse Kroger.-Per quello che ci risulta, in ogni caso , sono tutti vivi e stanno svolgendo il loro lavoro. Lamm aveva un'aria piuttosto dubbiosa, mentre infilava il piccone in un cappio di lato allo zaino e guidava la marcia indietro, verso l'imbocco del tunnel. Superando un'entrata stretta, passarono nella galleria di combattimento e cominciarono ad avanzare. Diventava sempre pi buia e angusta, e a tratti dovettero procedere rannicchiati, finch sbucarono in una sezione dove il soffitto era stato innalzato e puntellato secondo i criteri dettati ai loro zappatori. Una cinquantina di metri pi avanti c'era un grande ammassodi detriti creato da un'esplosione. La deflagrazione aveva fatto saltare le pareti del tunnel, allargandone enormemente la circonferenza, pur riempiendo tutto lo spazio di terra e gesso. I 3 tedeschi si scambiarono un'occhiata perplessa. -E' proprio nella galleria principale,-osserv Lamm.-Questa la stessa area di deflagrazione. -Quello che non capisco,-replic Levi,- chi ha fatto detonare questa carica. Cosa pu essere stato? Credevo che li avessimo messi a terra, e non possiamo essere noi, vero? -La mia idea,-rispose Kroger,- che si tratta di un incidente. Quaggi, c'era una carica che non stata usata contro la loro galleria. E' rimasta inutilizzata ed esplosa. E' materiale instabile. -l'altra possibilit,-disse Lamm,- che sia un'azione del nemico.

-Ma come avrebbero potuto arrinare di nuovo qui cos in fretta, ora che abbiamo fatto saltare tutta la loro rete?-Domand Levi. -Il fatto che non sono tornati: che non erano mai usciti. Non sappiamo quanti uomini c'erano quaggi, quando abbiamo fatto brillare quelle cariche. Alcuni potrebbero essere sopravvissuti. -Ma sarebbero certamente morti soffocati, a quest'ora. -Non necessariamente,-ribatt Lamm.-Hanno tubi di ventilazione, pompe dell'aria. Probabilmente ora sono rimasti schiacciati, ma ci sono sacche d'aria e strani sifoni che arrivano fino in superficie. 1 dei nostri sopravvissuto 8 giorni con una sola borraccia. -Dio mio!-Levi era inorridito.-Quindi dietro questi detriti potrebbero esserci non solo 3 dei nostri uomini, vivi o morti, ma un numero imprecisato di inglesi, armati di esplosivo, che vivono in buchi o sacche d'aria, come, come.,. -Come topi,-complet Lamm. Cominciarono ad attaccare l'ostacolo con i picconi. 2 di loro lavoravano, mentre il terzo riposava o sgomberava i detriti accumulati. Riuscirono a lavorare per 5 ore, prima di accasciarsi al suolo tutti e 3. Bevvero meno acqua che potevano e mangiarono gallette e carne secca. Il fratello minore di Levi si chiamava Joseph. A scuola era stato il migliore, quello che vinceva sempre premi in latino e in matematica. Era andato all'universit di Heidelberg perch voleva diventare 1 scienziato. Ne era uscito con un ottimo titolo accademico e si era visto offrire lavoro da numerose ditte, oltre che dal governo. Quel personaggio carico di allori, con il suo occhialuto distacco nei confronti di chi cercava di ricoprirlo di favori, era difficile da conciliare con il ricordo del bambino deciso, malaticcio ma anche piuttosto buffo che Levi aveva conosciuto da piccolo . Joseph si era impegnato in un'aspra competizione con il fratello maggiore, ma la differenza d'et era un grande svantaggio. Levi aveva sentito una profonda tenerezza per Joseph, fin dal momento in cui era nato, soprattutto perch era il frutto di quello che amava di pi al mondo, i suoi genitori. Era ansioso che Joseph imparasse in fretta quello che rendeva i suoi genitori cos importanti e il loro modo di agire cos ammirevole. Il SuO peggior timore era che Joseph per un verso o per l'altro non apprezzasse l'onore di essere nato in quella famiglia, oppure non ne fosse all'altezza. Quindi non aveva provato invidia, ma solo piacere, quando i premi ricevuti da Joseph gli avevano procurato quella fama che lui era segretamente convinto meritasse. A volte il fratello minore lo esasperava con quella che Levi considerava la sua caparbiet. Visto che avevano tante qualit in comune, sembrava superfluo che si sforzasse di non imitare il fratello maggiore in tutto, ma facesse scelte diverse e coltivasse interessi differenti, quasi per un gusto perverso, pareva a Levi. Pensava che lo facesse per fargli dispetto, ma non permetteva a questa sensazione di indebolire il suo attaccamento al ragazzo; anzi dominava l'irritazione, sottomettendola al suo istinto protettivo. n un certo senso sarebbe stato tipico di Joseph cacciarsi in quel tunnel angusto proprio nel momento in cui si era verificata l'esplosione . Mentre Levi attaccava la parete col piccone, vide un'immagine chiara del viso pallido e stranamente inespressivo di Joseph, disteso a occhi chiusi, schiacciato dal peso del mondo sul torace asmatico. Nelle pause del lavoro udivano il fragore del bombardamento in superficie. -L'attacco dev'essersi avvicinato,-comment Kroger. -Non ce la faremo mai a superare questo sbarramento,-disse Lamm.-Dal rumore che fa, si capisce quanto massiccio. Dovr tentare di farlo saltare. -Cos farai crollare il soffitto,-obiett Kroger.-Guarda. -User una carica molto piccola e la sistemer in modo che la deflagrazione avvenga nella direzione giusta. Non preoccuparti, ci metteremo al riparo. Lei che ne pensa? -D'accordo,-rispose Levi.-Se l'unico sistema. Ma sii prudente. Usa la carica pi piccola che puoi. Possiamo sempre ritentare. Non voleva che Joseph restasse ucciso sotto una frana provocata dai suoi uomini. Lamm impieg altre 2 ore a scavare il tipo di foro che voleva. Innesc la carica

e stese il filo fino all'inizio del pendio che portava in superficie. Lo colleg al detonatore che avevano lasciato l e, quando Levi e Kroger furono al sicuro alle sue spalle, abbass la maniglia. Nella tomba stretta in cui giaceva, dove l'aria arrivava attraverso un foro non pi largo di un ferro da calza, ma non la luce, il rumore arriv fino alle orecchie di Stephen. Si sent percorrere da un fremito di speranza. Avevano mandato la spedizione di soccorso. La vecchia compagnia di Weir non li avrebbe abbandonati a se stessi; ci avevano messo un po' a partire, ma ormai erano in cammino. Spost leggermente il peso, anche se non c'era quasi spazio di manovra nel cunicolo che era rimasto loro. Aveva la testa appoggiata a un blocco di gesso che li divideva dai resti della galleria principale. Era l'unico elemento che gli permetteva di orientarsi; il resto del terreno, sconvolto dall'esplosione di ammonal, li aveva intrappolati da tutti i lati. -Ci sei ancora, Jack?-Domand. Allung una gamba e sent la spalla di Jack sotto lo stivale. Si ud un gemito sommesso. Tent di riscuoterlo parlando.-Tu non li odi, i tedeschi?-Gli domand.-Non li detesti con tutte le tue forze, loro e il loro paese?-Dal momento dello scoppio, Jack non era pi del tutto cosciente. Stephen tentava di provocarlo.-Hanno ucciso i tuoi amici. Non vuoi restare vivo per vederli sconfitti? Non vuoi vederli respinti e umiliati? Non vuoi invadere il loro paese, seduto su 1 dei nostri carri armati? Vedere le loro donne che ti guardano intimorite? Jack non reag. Fintanto che lui era vivo, Stephen sentiva che c'era un filo di speranza. Se fosse rimasto solo, senza l'idea di dover aiutare qualcun altro, avrebbe ceduto alla disperazione che, a rigor di logica, avrebbe gi dovuto sopraffarlo. Non sapeva di dove venisse l'aria, ma dalla parte superiore dello spazio che occupavano arrivava un soffio respirabile. Periodicamente cambiava posto con Jack in modo che anche lui ne godesse. Immaginava che qualche condotto di ventilazione proveniente dalla superficie fosse stato reciso da una delle esplosioni e continuasse a immettere una minuscola ma vitale corrente d'aria. Era l'oscurit a preoccuparlo pi di ogni altra cosa. Dal momento dell'esplosione non vedevano pi nulla. La torcia gli era scappata di mano ed era finita chiss dove. All'inizio erano stati ricoperti di terra, ma pian piano erano riusciti a scrollarsela di dosso. Lo spazio in cui si trovavano era lungo non pi di un metro e mezzo e non pi largo della portata delle loro braccia. La prima volta che ne aveva saggiato le dimensioni a tentoni, Stephen aveva lanciato un urlo di disperazione. La linea di condotta pi ovvia era restare immobili e attendere la morte. A un certo punto, nello sforzo di scavare, aveva perso la camicia, la giacca della divisa e la cintura con la pistola. Aveva ancora i pantaloni e gli stivali, se voleva uccidersi, doveva prendere dalla tasca il coltello e tagliarsi un'arteria. Nel buio apri di scatto la lama e se l'appoggi sul collo. Godette della sensazione familiare della lama a un solo taglio, scrupolosamente affilata. Trov il battito silenzioso sotto la pelle, dal cervello al corpo. Era pronto a farlo, a porre fine all'orrore di essere sepolto vivo. Il battito leggero nei polpastrelli della mano destra continuava regolare, indifferente alle circostanze. Batteva come quando lui era un bambino di campagna o un giovanotto al lavoro; la sua pulsazione imperturbabile non faceva alcuna differenza fra i vari scenari in cui Stephen aveva vissuto con tanta convinzjone e chiarezza. Fu colpito dalla sua fedele indifferenza a tutto ci che non fosse il proprio ritmo. -Jack, mi senti? Voglio parlarti dei tedeschi e di quanto li odio. Voglio spiegarti perch devi vivere.-Non ottenne risposta.-Jack, devi voler vivere. Devi credere.-Stephen attir a s il corpo di Jack, sapendo che quel movimento gli avrebbe causato dolore.-Perch non vuoi vivere? Perch non tenti? Riscosso dal dolore e riportato a una semicoscienza, Jack finalmente parl. -Quello che ho visto.,. Non voglio pi vivere. Quel giorno che avete attaccato. Stavamo a guardare. Io e Shaw. Il cappellano, quell'uomo, non ricordo il suo nome. Se lei avesse visto, capirebbe. Si strapp la croce dal collo. Il mio ragazzo, andato. Che razza di mondo gli abbiamo preparato. Sono contento che sia morto. Sono contento. -C' sempre una speranza, Jack. E continuer ad esserci. Con o senza di noi,

continuer. -Non per me. In un ospizio, senza gambe. Non voglio la loro piet. -Preferisci morire in questo buco? -Cristo, si. La loro piet sarebbe.,.senza speranza.-Stephen scopri che Jack l'aveva convinto. Quello che lo spingeva a desiderare di vivere non era un motivo sensato, ma una voglia o un istinto brutale.-Quando sar morto,-aggiunse Jack,-sar insieme a uomini che capiscono. -Eppure a casa ti hanno amato. Tua moglie, tuo figlio, i tuoi genitori prima di loro. Tanti ti amerebbero ancora. -Mio padre morto quando ero piccolo. Mi ha allevato mia madre. Ero circondato da donne. Ora se ne sono andate tutte. Solo Margaret, e non potrei parlarle pi. Sono successe troppe cose. -Non ti piacerebbe vederci vincere la guerra?-Nel momento stesso in cui faceva quella domanda si accorse che suonava vuota. -Nessuno pu vincere. Ora mi lasci in pace. Dov' Tyson? -Ti racconter una storia, Jack. Sono venuto in questo paese 8 anni fa. Sono andato ad abitare in una grande casa su un viale, in una cittadina non lontano da qui. Ero giovane. Ero avventato, curioso ed egoista. Ero sensibile alle tentazioni pericolose, quelle che pi tardi nella vita sfiori soltanto, passando oltre.,.perch sono tro po rischiose. A quell'et non hai paura. Pensi di poter capire le cose, che col tempo tutto assumer un significato per te. Capisci uello che voglio dire? Nessuno mi aveva mai amato. Questa la verit, anche se allora non ne ero cosciente. Io non ero come te con tua madre. A nessuno importava dov'ero, se ero vivo o morto. Ecco perch m'inventavo delle ragioni per vivere, ecco perch uscir di qui, in un modo o nell'altro, perch non mai importato a nessuno. Se necessario, uscir aprendomi un varco con i denti, come un ratto. Jack era in preda al delirio.-Non voglio ancora la birra. Non ancora. Dov' Turner? Staccatemi da questa traversa. -Incontrai una donna. Era la moglie dell'uomo che possedeva la grande casa. M'innamorai di lei e credevo che anche lei mi amasse. Con lei provavo sensazioni di cui ignoravo l'esistenza. Forse ero soltanto sopraffatto dalla sensazione che qualcuno potesse amarmi. Ma non credo che fosse soltanto quello. Avevo delle visioni, avevo dei sogni. No, non esatto. Non erano visioni, questo il fatto strano. C'era soltanto la carne, il lato fisico. Le visioni vennero dopo. -Ora hanno azionato il compressore. Chiedilo a Shaw. Tirami via. -Non che l'ami ancora, anche se vero; l'amer sempre. Non che mi manchi, oppure che sia geloso del suo amante tedesco. C'era qualcosa, in quello che accadeva fra noi, che mi permetteva di sentire altre cose al mondo. Era come se varcassi una porta al di l della quale c'erano suoni e segni di un'esistenza migliore. E' impossibile capirli, ma dato che li ho sentiti non posso negarli, nemmeno adesso. Gli parve che Jack stesse soffocando. Non riusciva a capire se tentava di trattenere una risata o stava singhiozzando.-Mi tiri su,-disse Jack quando riusc a riprendere fiato. Stephen lo sollev tenendolo fra le braccia e lo prese sulle ginocchia. Le gambe inerti pendevano di lato, mentre la testa gli ricadde sulla spalla. -Io avrei potuto amarti.-La voce di Jack era diventata limpida. Gli sfugg di nuovo quel suono strozzato e ora, con la testa cos vicina alla sua, Stephen sent che rideva, un suono lieve e beffardo nell'oscurit angusta. Mentre si affievoliva, Stephen cominci a battere ritmicamente con il coltello sulla parete di gesso accanto alla testa, per guidare la spedizione di soccorso nella sua direzione. L'esplosione controllata di Lamm aveva aperto nello sbarramento di detriti un foro abbastanza grande da permettere ai 3 di passare. Levi segu gli altri 2 con un misto di ansia e apprensione. Ritrovarono la linea del condotto principale tedesco, ma dai puntelli fracassati intuirono che c'erano altri danni pi oltre. Kroger ferm gli altri 2 additando loro un punto pi avanti. La base della galleria sembrava scomparire in un foro. Quando furono vicinissimi, Lamm prese una fune dallo zaino e ne assicur un'estremit a 1 dei puntelli rimasti in

piedi.-Vado gi a dare un'occhiata,-annunci.-Voi 2 reggete l'estremit della fune, nel caso che la trave si spezzi. Lo guardarono calarsi con prudenza nell'abisso. Lamm lanciava dei richiami verso l'alto ogni 2 o 3 passi. Alla fine raggiunse un altro livello sul quale poteva stare in piedi. Si leg saldamente alla vita la fune e grid ai 2 rimasti in alto di reggere forte. Sollevando la lampada, scrut attorno a s e un bagliore metallico si sprigion in mezzo alla penombra. Si chin a guardare: era un elmetto. A 4 zampe, frug nel terreno con le mani. Trov qualcosa di solido che non somigliava affatto al gesso; gli lasci sulla mano una sensazione appiccicosa. Era una spalla rivestita di feldgrau, il grigio dell'uniforme tedesca. Il resto del corpo era l, anche se dalla cintola in gi era sepolto nella frana. La testa era pio meno integra, e dai lineamenti del viso Lamm intui che quello era il corpo del fratello di Levi. Inspir ed espir di nuovo sbuffando. Non aveva voglia di gridare la notizia agli altri che aspettavano in alto, ma non gli sembrava giusto nei confronti di Levi nascondere la verit. Sollev di nuovo la lanterna per uardarsi attorno nella camera. Non vide altri segni di corpi o di attivit. Tast le mani del morto per vedere se aveva un anello; gli aveva sfilato dal collo la piastrina di identificazione, ma voleva qualcosa di meno squallido per consentire al fratello di identificarlo. Le dita erano nude, ma trov un orologio e se lo mise in tasca. Diede 2 strattoni alla fune e grid che stava arrivando. Sent la corda tendersi mentre Kroger e Levi contribuivano alla sua ascesa facendo da contrappeso. Era un dislivello di circa 6 metri e ci vollero parecchi minuti per tirarlo su mentre graffiava con gli stivali le pareti cedevoli, nel tentativo di trovare un solido appiglio. -Allora?-Disse Levi, quando ebbero ripreso fiato tutti. Qualcosa nel bel viso di Lamm lo turbava; era restio a incontrare il suo sguardo. -Ho trovato un corpo. 1 dei nostri. Dev'essere rimasto ucciso all'istante. -Hai preso la piastrina?-Chiese Kroger. Levi era rimasto impietrito. -Ho questo.-Lamm porse l'orologio a Levi, che lo prese malvolentieri. Abbass lo sguardo: era di Joseph. Era un regalo che gli era stato fatto dal padre per qualche ricorrenza familiare; per il bar mitzvah, gli sembrava, oppure come premio per essere stato ammesso all'universit. Levi annu.-Che stupido ragazzo,-comment.-Manca cos poco alla fine.-Prosegu di qualche metro nel tunnel, allontanandosi dagli altri, per poter stare solo. Lamm e Kroger si sedettero sul pavimento della galleria per mangiare qualcosa. Un'ora dopo Levi torn, dopo aver pregato. La sua religione gli impediva di accettare il cibo che Lamm gli offri. Scosse la testa.-Devo digiunare,-spieg. -Intanto, dovremmo continuare la ricerca. Kroger si schiar la gola, parlando in tono gentile.-Mi domando se sia prudente. Lamm e io ne abbiamo parlato. Abbiamo visto le proporzioni dell'esplosione e Lamm mi dice che in pratica non esiste nessuna possibilit di trovare qualcuno ancora in vita nel tunnel. Il nostro dovere di soccorritori lo abbiamo fatto. Abbiamo accertato l'accaduto e possiamo riportare in superficie suo fratello e dargli una sepoltura adeguata. Se continuiamo, rischiamo la vita per niente. Non sappiamo che cosa pu essere successo in superficie. Abbiamo fatto il nostro dovere. Penso che dovremmo tornare indietro. Levi si sfreg con la mano la mascella, dove cominciava gi a crescere la barba. Non avrebbe pi potuto radersi per tutto il periodo di lutto.-Vi capisco, rispose,-ma non sono d'accordo. 2 nostri compatrioti sono da qualche parte qui sottoterra. Se sono morti, dobbiamo trovarli per poterli seppellire come si conviene. Se sono vivi, dobbiamo salvarli. -Le probabilit sono.,. -Non importa quante sono le probabilit. Dobbiamo portare a termine il nostro incarico. Kroger scroll le spalle. Lamm vide i problemi pratici del ritardo.-Quaggi fa molto caldo. Il suo corpo.,. -La carne debole. Quello che veramente rester di lui, non pu corrompersi. Quando verr il momento, lo porter io stesso.-Lamm abbass gli occhi.-Non aver paura,-gli disse Levi.-Qua sotto ci sono 2 nostri compatrioti. Non vogliono essere abbandonati sotto questo suolo straniero. Devono tornare nei luoghi che

hanno amato e per cui sono morti. Non ami il tuo paese? -Naturalmente,-rispose Lamm. Un ordine un ordine non c'era pi motivo di continuare a discutere. Si alz e cominci a raccogliere la fune per proseguire. -Io amo la mia patria,-disse Levi.-In un momento come questo, con un lutto in famiglia, mi sento legato al mio paese pi che mai.-Guard con aria di sfida Kroger, che annu tristemente, come se fosse convinto che il fervore di Levi era frutto di un accesso temporaneo. Levi lo prese per la spalla.-Tutto bene, Kroger ? Guard il viso intelligente e pieno di dubbi di Kroger. Non era convinto, ma avrebbe obbedito. Kroger and ad aiutare Lamm nei preparativi per scendere di nuovo. Levi lo accompagn, lasciando Kroger di sopra a riposare. 6 metri pi in basso della galleria principale, cominciarono ad attaccare con i picconi i detriti lasciati dall'esplosione. Non sapevano che cosa stavano cercando, ma sgomberando la terra smottata pi di recente speravano di capire con maggiore chiarezza che cosa era successo. Accaldati per la fatica, si tolsero la camicia. I loro picconi producevano echi sonori l dove colpivano il gesso compatto. Stephen tolse il vetro all'orologio in modo da poter sentire l'ora con le dita nell'oscurit. Erano le 4 meno 10 quando sent di nuovo i rumori di 1 scavo, anche se non sapeva se fosse mattina o pomeriggio. Calcol che lui e Jack erano sottoterra da 5 o forse 6 giorni. Sospinse ancora una volta Jack in alto, verso la minuscola corrente d'aria, per il suo turno. Rimase disteso con le dita sull'orologio, cronometrando la mezz'ora che doveva trascorrere all'estremit soffocante della bara. Non fece alcun movimento per non aumentare il consumo di ossigeno. Lo prese un nuovo attacco di claustrofobia. Rifletteva fra s che, dal momento che era accaduto il peggio, e ormai era sepolto vivo senza neanche lo spazio per girarsi, non avrebbe dovuto avere pi paura. La paura sta tutta nell'anticipazione del male, non nella sua presenza. Eppure il panico non lo abbandonava. Talvolta doveva stringere i denti per impedirsi di urlare. Desiderava disperatamente accendere un fiammifero. Anche se non avesse fatto altro che mostrare i limiti della sua prigione, sarebbe stato pur sempre qualcosa. Poi venivano minuti di vita contratta. La sua immaginazione e i suoi sensi sembravano ripiegarsi su se stessi, come luci che venivano spente una dopo l'altra in una grande casa. Alla fine restava solo un lieve lucore, come una traccia di volont. Un'ora dopo l'altra, restando l disteso, non cessava di protestare dentro di s contro quello che gli stava accadendo. Si ribellava alla sua sorte con un rancore amaro. Nonostante che la sua intensit variasse a seconda delle energie del corpo, consumato dalla sete e dalla stanchezza, l'asprezza della sua collera indicava che una luce, per quanto fioca, restava accesa. Quando venne il suo turno, torn strisciando indietro per stendersi al fianco di Jack.-Sei ancora con me, Jack? Ud un gemito, poi la voce di Jack affior attraverso vari strati di coscienza, ritrovando una lucidit che non aveva da giorni.-Sono contento di avere queste calze per appoggiarci la testa. Ne ho ricevuto un paio nuovo da casa ogni settimana, durante la guerra. Sollevandolo, Stephen sent la lana lavorata a mano sotto la guancia di Jack.-Io non ho mai ricevuto un pacco,-rispose. Jack cominci a ridere.-Lei un burlone. Mai un pacco in 3 anni? Ne riceviamo almeno 2 la settimana. E quanto alle lettere.,. -Zitto. La senti? E' la spedizione di soccorso. Li senti scavare? Ascolta. Stephen spost Jack in modo da fargli accostare l'orecchio alla parete di gesso. -Stanno arrivando,-disse Stephen. Dal suono dell'eco capiva quanto fossero distanti, ma a Jack diede a intendere che li avevano quasi raggiunti.-Da un momento all'altro, direi. Ci tireranno fuori di qui. -E lei ha portato sempre le calze dell'esercito? Povero diavolo. Neanche il pi miserabile soldato semplice della sezione ha.,. -Ascolta! Stai per essere liberato. Stiamo per uscire.-Jack stava ancora ridendo . -Non voglio. Non voglio.,. La risata si tramut in un colpo di tosse, e poi in 1 spasmo che gli fece sollevare il petto fra le braccia di Stephen. Il suono squassante, rantolante,

riemp lo spazio ristretto, poi cess. Jack esal un lungo respiro finale mentre tutto il fiato gli sfuggiva e il corpo ricadeva all'indietro nella quiete che aveva desiderato. Per un attimo Stephen continu a tenere il suo corpo fra le braccia, in segno di rispetto, poi lo trasferi all'estremit della tana priva di aria. Accost la bocca alla corrente d'aria e inspir a fondo. Allung le gambe, stirandosi, e respinse il corpo un po' pi lontano. Si sentiva desolatamente solo. A tenergli compagnia c'erano soltanto il suono dello scavo, che, ormai non poteva pi nasconderlo a se stesso, era disperatamente lontano, e il peso della terra. In tasca trov dei fiammiferi. Non c'era nessuno a proibirgli di accenderne 1, ma non lo fece. Imprec contro Jack perch era morto, perch non aveva creduto nella possibilit della salvezza. Poi la collera si dissolse e la sua mente si concentr sul suono ritmico e distante del piccone sul gesso. Finch sentiva quel suono, era come il battito del suo cuore. Prese di nuovo il coltello dalla tasca e cominci a batterne l'impugnatura contro la parete, vicino alla testa, con tutta la forza che aveva. Dopo 4 ore di lavoro, Levi e Lamm avevano ottenuto ben poco. Levi chiam Kroger, avvertendolo che doveva scendere a dare il cambio a Lamm. Mentre aspettava l'arrivo di Kroger, Levi si sedette a riposare. Per lui ritrovare i compagni del fratello era diventato un punto d'onore. Joseph non avrebbe apprezzato che lui diventasse il tipo d'uomo che consentiva al dolore personale di piegarlo. Non era tanto il suo onore, a essere in gioco, quanto quello di Joseph. Le sue azioni potevano restituire una certa dignit al corpo straziato del fratello. Al di sopra del suono raschiante del suo respiro ud un battito, molto fioco. Accost la testa alla parete e si mise in ascolto. Poteva essere un ratto, pens da principio, ma era troppo ritmico e troppo in profondit. Per qualche motivo, era chiaro che quel suono proveniva da molto lontano; e solo un essere umano avrebbe avuto la forza di farlo giungere fino a l. Kroger salt a terra, legato alla fune, e Levi gli disse di avvicinarsi. Kroger si mise in ascolto. Annu.-C' senz'altro qualcuno. Leggermente pi in alto di qui, credo, ma pi o meno in parallelo. Non sembra abbastanza forte per essere un piccone o una vanga . Penso che sia qualcuno che rimasto intrappolato. Levi sorrise.-Te lo avevo detto che dovevamo insistere. Kroger esitava.-Il punto : come faremo a raggiungerlo? Fra noi e lui c' parecchio gesso. -Cominceremo col farlo saltare. Solo un'esplosione controllata. Io salgo e mando gi Lamm al mio posto. Lui sa come piazzare la carica.-Il viso di Levi era animato da un entusiasmo risoluto. Kroger obiett:-E se il rumore non fosse prodotto da 1 dei nostri uomini, ma da 1 dei nemici che ancora in trappola? Levi sgran gli occhi per la sorpresa.-Non credo che qualcuno possa essere ancora vivo dopo tutto uesto tempo. E ammesso che cos fosse, allora.,.-Allarg le braccia con una spallucciata. -Allora cosa?-Disse asciutto Kroger. -Allora sarebbe l'uomo che ha ucciso mio fratello e i suoi 2 compagni. Kroger lo guard con aria infelice.-Occhio per occhio. Non star pensando alla vendetta, vero? Il sorriso di Levi svan.-Non sto pensando a niente del genere. La mia fede mi fornisce una guida per ogni circostanza. Non temo di incontrarlo, comunque, se questo che intendi. Saprei cosa fare. -Dovremmo prenderlo prigioniero,-gli fece notare Kroger. -Basta cos,-ribatt Levi. Si diresse ai piedi della fune e chiam Lamm per farsi tirare su. Lamm, che era sul punto di addormentarsi, non replic quando Levi gli disse che cosa voleva da lui. Prepar una carica e la sistem nello zaino, poi scese lungo la fune. Il misto di gesso e terriccio si rivel difficile da scavare per lui e Kroger. Impiegarono 5 ore prima di realizzare un foro per la carica che soddisfacesse Lamm. Levi fece a turno con lui per aiutare Kroger, riempiendo dei sacchetti e stipandoli ben stretti dietro l'esplosivo. Kroger s'interruppe per bere un po' d'acqua e mangiare ancora un po' della sua razione di carne e gallette. Levi declin la sua offerta. Cominciava a sentirsi

stordito dal dolore e dallo sfinimento, ma era ben deciso a rispettare il digiuno. Continu a lavorare con frenesia, ignorando il sudore che gli bruciava gli occhi e il tremito alle mani mentre riempiva i sacchetti. Non sapeva chi o che cosa si aspettasse di trovare dietro la parete; avvertiva soltanto l'impulso di continuare. La curiosit era legata al senso di perdita. La morte di Joseph si poteva spiegare e giustificare solo se lui fosse riuscito a trovare quell'uomo ancora vivo e a confrontarsi con lui. Srotolarono i fili e si ritirarono al sicuro ai piedi del lungo pendio che portava in superficie. Dalla superficie udivano il suono di un bombardamento pesante, intervallato dal fuoco dei mortai e delle mitragliatrici. Era cominciato l'attacco. Lamm abbass il detonatore e il terreno trem sotto i loro piedi. Ci fu un ruggito ardente, come una calda ondata che si gonfi, per poi tornare a rifluire. Per un attimo parve che sfere infuocate di terra e gesso piombassero verso di loro attraverso il tunnel, poi il suono si plac per la seconda volta stemperandosi nel silenzio. Tornarono indietro in fretta attraverso il basso ingresso puntellato dalle travi , strisciando, trascinando i piedi e correndo verso l'imboccatura del pozzo sul terreno sottostante. Una nube di gesso li fece tossire, costringendoli a ritirarsi per un minuto, finch non si fu posata. Levi ordin a Kroger di restare indietro mentre Lamm scendeva con lui. Voleva che Lamm valutasse la deflagrazione, e dubitava della generosit di Kroger. Passarono attraverso il foro aperto dall'esplosione, scavando per allargarlo man mano che avanzavano. Li aveva portati direttamente nel posto d'ascolto principale degli inglesi. Esaminarono l'armatura di legno straniera, perplessi e interessati. -Ascolti.-Levi pos la mano sul braccio di Lamm. Il battito era frenetico, molto pi vicino di prima. Levi era tanto eccitato che fece un salto e picchi la testa contro il soffitto della camera.-Ci siamo,-esclam.-Ce l'abbiamo fatta. Avevano fatto saltare il diaframma che li separava. Ora non restava che scavare e tendere le mani. Nel suo spazio angusto Stephen fu scosso dalla nuova esplosione. Rotol su se stesso, riparandosi la testa con le braccia contro l'immaginario crollo del mondo; ma per quanto il rumore rimbalzasse dalle pareti , queste rimasero intatte. Comincio a scalciare e inarcare il corpo entro i confini del suo rifugio. La claustrofobia che aveva tenuto a bada s'impadroni di lui. Il pensiero di uomini che si muovevano liberamente a poca distanza da lui e il timore che potessero non udirlo, che non riuscissero a raggiungerlo lo faceva impazzire. Dimenandosi, smosse la terra che era stata scossa dall'esplosione, e una pesante frana sulle gambe lo indusse a fermarsi per un attimo e a dominarsi. Riprese a picchiettare con il manico del coltello, gridando con tutta la voce che aveva in corpo:-Sono qui. Sono quaggi. S'immagin gli uomini della compagnia di Weir, con le facce allegre e sorridenti sotto il casco, mentre lavoravano di piccone per raggiungerlo. Chi poteva esserci? Quali uomini avevano mandato a prenderlo? Non riusciva a ricordare n nomi n facce. C'era stato Jack, ma era morto al suo fianco. Un uomo dall'espressione assente con i capelli chiari, Tyson, ma era morto tanto tempo prima. E quei piccoletti che davano l'impressione di non stare mai in piedi, neanche all'aperto, anche se forse c'erano anche loro sottoterra con lui, quando si era verificata la prima esplosione. Stephen sent che la sua mente diventava straordinariamente limpida. Era affollata di immagini del mondo normale, un mondo popolato di donne, dove la gente si muoveva in pace, faceva l'amore e beveva, e c'erano bambini, sesso e risate. Pens a Jeanne e a quel suo incredibile sorriso che si irraggiava a partire dagli occhi come 1 sprazzo di sole. Quel mondo orribile e angusto di terra, sudore e morte, non era l'unica realt; anzi era un'illusione, una prigione dalle pareti sottili, da cui sarebbe evaso da un momento all'altro. La sete e lo sfinimento erano dimenticati; era animato da una passione per il mondo, per le stelle e gli alberi, e per la gente che si muoveva e viveva nel mondo. Se non fossero riusciti a raggiungerlo, avrebbe abbattuto le pareti della terra, avrebbe grattato con le unghie, mangiato e inghiottito il terriccio, pur di uscire di l e risalire alla luce. -Avanti,-incalzava ridendo Levi, con gli occhi ardenti. Aveva la pelle lucida di

sudore mentre conficcava il piccone nella parete, dalla quale avevano asportato il rivestimento di travi. Lamm strizz gli occhi, sotto i capelli incollati dal sudore, e lo guard alla luce della lanterna.-Avanti,-gridava Levi,-avanti.-Era sull'orlo del delirio e continuava ad affondare il piccone nella terra. Dentro di s vedeva soltanto il volto del suo adorato fratello Joseph. Lo aveva amato tanto e aveva vissuto attraverso di lui; quanto aveva desiderato che Joseph gli somigliasse, ma in meglio, perch potesse trarre profitto dalla sua esperienza e fre qualcosa che rendesse onore alla nobile natura dei genitori e degli av. Lamm continu a lavorare a ritmo incalzante, con le fasce di muscoli delle spalle che guizzavano avanti e indietro sotto la maglia grigia fradicia di sudore, mentre il piccone demoliva l'ultimo diaframma, Lavorando a 10 metri di distanza da Levi, incontr il vuoto: aveva sfondato la parete. Lanci un grido. Levi lo spinse da parte e cominci a raspare freneticamente con le mani, scagliando la terra all'indietro come un cane. Lanci un richiamo all'uomo in trappola. Stavano arrivando, erano da lui. Fu Levi, non Lamm, ad allentare il terreno ai piedi della bara di Stephen quanto bastava per consentirgli di strisciare fuori, scavalcando il corpo disteso di Jack Firebrace. Si spost all'indietro, procedendo sulle mani e sulle ginocchia, fra i detriti prodotti dalla sua esplosione. Circa un metro pi avanti vide che il tunnel era ancora intatto. Era di li che Lamm era riuscito a passare. Levi spinse indietro Lamm per penetrare nella galleria inglese, ingannato dall'eco dei colpi di Stephen, imbocc la direzione sbagliata, cominciando ad allontanarsi da lui. Gorgogliando e sputando terra dalla bocca, Stephen si apr la strada con le unghie, urlando mentre procedeva, Riusciva a vedere la luce di una lanterna che oscillava nella galleria davanti a lui, C'era aria, Poteva respirare, Levi lo ud, si volt e torn indietro, Man mano che il soffitto del tunnel diventava pi alto, Stephen pot avanzare rannicchiato e gridare di nuovo, La luce della lanterna lo investi. Alz la testa e vide le gambe del suo soccorritore. Erano rivestite del feldgrau tedesco, il colore dei suoi sogni pi cupi. Si alz barcollando e la sua mano corse alla rivoltella, ma non c'era pi nulla, tranne i resti laceri e fradici dei pantaloni. Guard in faccia l'uomo che gli stava di fronte e serr i pugni all'altezza del volto, come un ragazzo di campagna che si accinge a una rissa. A un livello profondo, ben al di sotto di quello che la sua mente esausta poteva raggiungere, i conflitti della sua anima si susseguirono dentro di lui come onde che raschiano la ghiaia compatta di una spiaggia. Il richiamo della vita che lo attirava su una strada lontana; i volti degli uomini massacrati, gli occhi chiusi di Michal Weir nella bara; l'odio ardente per il nemico, Max e tutti gli uomini che lo avevano portato a quel punto; la pelle e l'amore di Isabelle, e gli occhi della sorella. Molto pi in l del pensiero cosciente, trov la risposta, e si accorse che le sue braccia, ancora sollevate, cominciavano ad allargarsi e ad aprirsi. Levi guard quella figura dagli occhi allucinati, quasi folle: l'assassino di suo fratello. Per qualche ragione che non riusciva a esprimere, scopri che aveva aperto a sua volta le braccia, e i 2 si abbracciarono piangendo, l'uno sulla spalla dell'altro, l'amara stranezza della vita umana. Aiutarono Stephen a raggiungere l'estremit della fune e gli offrirono dell'acqua. Lo issarono in alto, e Levi lo accompagno sorreggendolo con il braccio fino in fondo alla galleria, mentre Lamm e Kroger tornavano indietro nel buio per estrarne il corpo di Jack Firebrace. Levi guid i passi lenti di Stephen su per il piano inclinato verso la luce. Dovettero proteggersi gli occhi dai raggi potenti del sole, e infine sbucarono all'aperto nella trincea tedesca, dove Levi aiut Stephen a superare il gradino. Stephen respirava a boccate rofonde. Guard il cielo azzurro e distante, pennellato da nubi irregolari. Sedette sul gradino della trincea e si prese la testa fra le mani. Udirono il canto degli uccelli. La trincea era vuota. Levi si arrampic sul parapetto puntando il binocolo. La trincea inglese era deserta. Guard dietro le linee tedesche, ma non c'era niente da vedere nel raggio di una decina di chilometri. La diga aveva ceduto, l'esercito tedesco era stato spazzato via. Ridiscese nella trincea per sedersi accanto a Stephen. Nessuno dei 2 parl. Ascoltavano quella quiete paradisiaca. Infine Stephen si rivolse a Levi. -E' finita?-Domand in inglese.

-Si,-rispose Levi, anche lui in inglese.-E' finita. Stephen abbass gli occhi sul fondo della trincea tedesca. Non riusciva a capire cosa fosse successo. 4 anni erano durati tanto a lungo che il tempo sembrava essersi fermato. Michael Weir il volto pallido che emergeva dalla sua tana sotterranea. Byrne come un corvo decapitato. Le decine di migliaia di uomini che si erano lanciati all'assalto con lui quella mattina d'estate. Non sapeva pi cosa fare. Non sapeva come reclamare la sua vita. Sent che il labbro inferiore cominciava a tremargli e lacrime ardenti gli colmavano gli occhi. Appoggi la testa al petto di Levi e cominci a singhiozzare. Riportarono in superficie il corpo di Jack e, dopo aver riposato, scavarono una tomba per lui e Joseph Levi. Diedero loro una sepoltura comune, visto che la guerra era finita. Stephen recit una preghiera per Jack, e Levi per il fratello. Colsero dei fiori e li gettarono sulla tomba, piangendo tutti e 4. Poi Lamm and a cercare viveri nei rifugi e torn indietro con l'acqua e qualche scatoletta di cibo. Mangiarono all'aperto, poi rientrarono nel rifugio per dormire. Il giorno dopo Stephen disse che doveva riunirsi al suo battaglione. Strinse la mano a Kroger e a Lamm, e poi a Levi. Di tutte le carni che aveva vistO e toccato, era stata la mano di quel medico a liberarlo. Levi non voleva lasciarlo andare. Si fece promettere che gli avrebbe scritto, una volta che fosse tornato in inghilterra. Stacc la fibbia dalla sua cintura e gliela don come ricordo.-Gott mit uns. Stephen gli offr il coltello e si strinsero di nuovo in un abbraccio. Poi Stephen sal la scaletta e scavalc il parapetto per uscire nella terra di nessuno. Non lo accolse un uragano di proiettili, un bacio lacerante di metallo. Tornando verso le linee inglesi, sent sotto i piedi il terreno arido e sconvolto. Un'allodola cantava nel cielo illeso sopra di lui. Aveva il corpo e la mente stanchi oltre ogni possibiit di espressione e di risanamento, ma nulla poteva tenere a freno l'esultanza sommessa della sua anima. PARTE SETTIMA Inghilterra 1979 Elizabeth era preoccupata al pensiero di quello che avrebbe detto sua madre, sentendosi annunciare che lei era incinta. Francoise era sempre stata rigida su certi argomenti, al punto che Elizabeth non le aveva confidato che il suo amico era sposato. -Lavora all'estero,-era stata la sua scusa, quando Francoise aveva voluto sapere perch non glielo aveva mai presentato. Rinviava di giorno in giorno il momento di dirglielo, ma a marzo cominci a mettere su peso. Invece di lasciar cadere casualmente la notizia nella conversazione durante una delle sue visite a Twickenham all'ora del t, decise di invitare la madre a cena a Londra per festeggiare la novit. In parte, ammise con se stessa, era per depistare Francoise, mettendola sulla difensiva; ma sperava che la madre avrebbe condiviso la sua felicit. La data venne fissata e il ristorante prenotato. Anche dirlo a Erich e Irene fu imbarazzante, perch la gravidanza significava che avrebbe dovuto lasciare il lavoro per qualche tempo. Erich prese la notizia come un affronto personale e come un'offesa nei confronti di suo figlio che, secondo una sua profonda e folle convinzione, avrebbe dovuto essere il padre dei figli di Elizabeth, per quanto fosse felicemente sposato con un'altra donna. Anche Irene fu dispiaciuta. Elizabeth non riusciva a capire: Irene era una delle sue migliori amiche, prendeva le sue parti in tutto. Eppure di fronte a quella notizia importante parve incapace di condividere la gioia e l'eccitazione di Elizabeth. Brontol qualcosa a proposito del matrimonio e della famiglia. Qualche settimana dopo che Elizabeth l'aveva informata, Irene entr nel suo ufficio per chiederle scusa.-Non so perch, ma quando mi hai detto del bambino ci sono rimasta un po' male. Immagino che sia semplicemente invidia. Sono molto contenta per te, cara. Ti ho gi preparato queste.-Consegn a Elizabeth un sacchetto di carta nel quale c'era un paio di calzette di lana lavorate a mano. Elizabeth l'abbracci.-Grazie. Mi spiace di essere stata cos priva di tatto. Avrei dovuto pensarci. Grazie, Irene. Quando le chiesero chi era il padre del bambino, Elizabeth si rifiut di rispondere. Da principio ne furono offesi.

-Prima o poi dovr venire a galla, sai,-le dicevano quelli che non sapevano di Robert.-Non puoi lasciare che il bambino resti senza padre. Elizabeth scrollava le spalle, replicando che se la sarebbe cavata. Quelli che invece sapevano di Robert pensavano che fosse lui il padre. Elizabeth replicava: -No comment. E' un segreto. Alla fine l'irritazione si spense, e con essa la curiosit. Avevano i loro problemi a cui pensare, e se Elizabeth era cos stupida, erano fatti suoi. Dunque, come aveva pensato, era possibile mantenere il segreto; alla fin fine l'indifferenza prevaleva sulla curiosit; o, per metterla in modo pi generoso, alla fin fine ti lasciavano vivere la tua vita. Elizabeth doveva incontrarsi con la madre un sabato sera. Al mattino fin di leggere l'ultimo dei diari del nonno, tradotti nella calligrafia aracnoide di Bob. Erano ricchi di particolari. C'era un lungo resoconto della sua prigionia sotterranea con Jack Firebrace e delle conversazioni fra loro. Elizabeth fu particolarmente colpita da un passo, un po' oscuro nella versione di Bob, in cui sembrava che avessero parlato di figli, chiedendosi se ne avrebbero avuti dopo la guerra. "Gli ho detto che li avrei avuti per lui", ecco in che modo si concludeva il dialogo. Molto pi chiaro, invece, era il paragrafo in cui Stephen rievocava l'amore di Jack per un figlio di nome John. Dopoaver letto tutti i diari, oltre a 2 o 3 libri sulla guerra, Elizabeth aveva finalmente un quadro preciso di quello che era stata. Jeanne, o "Grand Mre", come la chiamava Elizabeth, faceva numerose apparizioni verso la fine, anche se la narrazione non rivelava niente di quello che Stephen poteva aver provato per lei. "Gentile" era la parola tiepida che pi spesso lo caratterizzava nella traduzione di Bob; ogni tanto faceva qualche apparizione un "cara". Non era il linguaggio della passione. Elizabeth fece dei calcoli su un foglio di carta. Grand' Mre era nata nel 1878. La mamma era nata.,.non sapeva esattamente quanti anni avesse sua madre. Fra i 65 e i 70. Lei era nata nel 1940 . Qualcosa non quadrava nei conti, ma la matematica non era il suo forte. In realt, non aveva importanza. Si vest e si trucc per la serata con molta cura. Riordin l'appartamento e si vers da bere mentre aspettava sua madre. In piedi davanti al fuoco, raddrizz gli oggetti sulla mensola: una coppia di candelabri, un invito, una cartolina e la fibbia della cintura, che aveva pulito e lucidato al punto che scintillava con il fervore luccicante che doveva avere quando era stata appena fusa: Gott nit uns. Quando arriv Francoise, apr una mezza bottiglia di champagne. -Che cosa festeggiamo?-Chiese Francoise, sorridendo mentre levava il bicchiere. -Tutto. La primavera, te, me.-Darle l'annuncio le riusciva pi difficile del previsto. Il ristorante che aveva scelto le era stato raccomandato da un amico di Robert. Era un localino buio in Brompton Road, specializzato nella cucina della Francia settentrionale. C'erano delle panche ricoperte di felpa scarlatta e pareti brune e fumose con dipinti a olio di porticcioli normanni pieni di barche da pesca. Appena entrata, Elizabeth si sent delusa. Si era aspettata qualcosa di pi vivace, con una clientela chiassosa pi intonata a una sera di liete novelle. Studiarono il men, mentre il cameriere tamburellava con la penna sul taccuino. Francoise ordin carciofi e sogliola alla maniera di Dieppe, Elizabeth chiese per cominciare dei funghi e poi filetto di manzo. Ordin un vino costoso, Gevrey Chambertin, senza sapere se fosse rosso o bianco. Mentre aspettavano, bevvero tutt'e 2 gin and tonic. Elizabeth moriva dalla voglia di fumare una sigaretta. -Hai smesso del tutto?-Chiese Francoise, vedendo le mani nervose della figlia. -Assolutamente. Neanche una,-rispose Elizabeth sorridendo. -E come risultato hai messo su peso? -Io.,.b, un po', credo. Il cameriere arriv con i primi.-Per lei, Madame? I carciofi? E per lei funghi? Quale delle 2 signore gradisce assaggiare il vino? Quando finalmente le lasci e cominciarono a mangiare, Elizabeth disse con imbarazzo:-E' vero che ho messo su qualche chilo, ma non perch ho smesso di fumare. e' perch aspetto un bambino.-Si fece forza in attesa della reazione. Francoise le prese la mano.-Bene, sono molto felice.

Elizabeth, con le lacrime agli occhi, le disse:-Pensavo che ti saresti dispiaciuta. Sai.,.perch non sono sposata. -Sono semplicemente contenta per te, se questo che vuoi. -Oh, si, si. E' proprio quello che voglio.-Elizabeth sorrise.-Non sembri molto sorpresa. -Non lo sono. Avevo notato che ti eri appesantita. E poi avevi smesso di fumare. Mi avevi detto che e