Sei sulla pagina 1di 33

FARMACOLOGIA

Docente: Giuseppe Nocentini


Ricevimento: ore 14 di ciascun lunedì e durante le lezioni dopo la lezione o il lunedì pomeriggio su
appuntamento.
Tel. 0755858186
e-mail: giuseppe.nocentini@unipg.it
sito internet: http://file.webalice.it

username: giu.giro
password: nocentini (file lezioni, programmi dettagliti degli esoneri risultati degli esoneri e comunicazioni

username: nocentini.giuseppe
password: nocentini (file lezioni di chemoterapia in cartella specifica)

dipartimento di medicina
sezione di Farmacologia
Edificio D, secondo piano, Piazzale Severi 1
Università degli studi di Perugia, 06132 San Sisto (PG)

27 ore I semestre
63 ore II semestre
27 ore I semestre V anno
13 crediti????

Iscrizione agli esoneri: http://www.med.unipg.it/ccl/Terni/Moduli iscrizione esami....


Iscrizione agli orali sul SOL

Libri di testo: Rossi Cuomo Riccardi II edizione, Farmacologia, Minerva Medica


Altri libri di testo usabili:
- Katzung, farmacologia generale e clinica, IX edizione, Piccin editore
- S. Govoni, Farmacologia, I edizione, Ambrosiana
Testi di consultazione:
- Goodman e Gilman, Le basi farmacologiche della terapia, XII edizione, Zanichelli (troppo
approfondico e poco didattico, rappresenta la posizione ufficiale della farmacologia statunitense)
- F. Clementi, G.Fumagalli, Farmacologia generale e molecolare

OBIETTIVI GENERALI
Lo studente deve conoscere dei farmaci più significativi nella pratica medica:
 La farmacodinamica
 La farmacocinetica

Il corso è diviso in 3 parti. A Dicembre, Gennaio e Febbraio, bisognerebbe sostenere il primo esonero in cui
si porta la farmacologia generale. Se si risostiene l’esonero una seconda volta si tiene il volto più alto. Si
hanno due possibilità. I tre esoneri vanno sostenuti all’interno di un anno.
Il voto finale. È uguale ad una media ponderata: primo esonero + secondo esonero x 2 + terzo esonero +
voto colloquio x 1,5 tutto diviso per 5,5
Ciascun esonero è un compito a scelta multipla che indaga le cose sofisticate e i vero falso che indaga le
conoscenze di base. Risposta esatta sono 0,5 punti, - 0,3 per risposta sbagliata. Se non risponde non è
attribuito nessun punteggio.
Il tempo è 70 minuti, se consegni in 40 minuti hai due punti in più, 1 se consegni in 50 minuti. Il punteggio
massimo non è il massimo dei voti. Se fai tutto bene, entro 40 minuti prendi 33. Se ti presenti con una
media superiore al 30 puoi ambire alla lode all’orale.
Se non si riesce a sostenere gli esoneri in questo anno e mezzo, due, si ha un’altra possibilità. Tra il primo
esonero e l’ultimo devono passare massimo due anni. Nella modalità fuori corso il programma è diviso in
due parti invece che in tre. Meno scelte multiple e più vero falso.
Il colloquio finale, c’è una serie di domande da sorteggiare da cui vengono tolte le più difficili se ci si
presenta con una media non brillante. Domanda es. paziente con rinite allergica, come si affronta la
terapia: farmaci, dose, effetti avversi, meccanismi di azione, linee guida.
LEZ 1 - 05/10/2015
IL NOME DI UN FARMACO
Il nome chimico ci permette di costruire la molecola del farmaco, il nome generico e il nome commerciale.
A noi interessa il nome generico, perché tanti nomicommerciali diversi possonofare riferimento allo stesso
principio attivo.

CLASSIFICAZIONE
Secondo l’uso terapeutico, secondo il meccanismo e il sito di azione (es diuretici che possono essere
utilizzati in diverse situazioni). Talvolta può essere utile fare riferimento alla struttura chimica.

IL PLACEBO
Il termine adottato originariamente per indicare una sostanza farmacologicamente inerte utilizzata per
compiacere il desiderio del paziente di ricevere dal medico un trattamento tangibile, volto a debellare il
disturbo presentato (placebo intenzionale).
Usato come controllo nelle ricerche cliniche, un placebo è attualmente definito come una sostanza unt
rattamento privo di attività specifica nei confronti della condizione clinica di studio.
Un qualsiasi atto terapeutico o supposto tale può portare alla guarigione del paziente. Bisogna capire il
reale motivo alla base della guarigione. Il placebo è inerte, non viene assorbito, non modifica il pH dello
stomaco, somministrato in maniera dissimulativa: al paziente si dice che gli viene somministrata un
farmaco potente.
In un gruppo di persone con dolore alla spalla si somministrano dei farmaci e il giorno dopo li si fa
compilare un questionario per capire se il dolore alla spalla è sparito o diminuito.
In una parte succederà questo. Se divido in due, in una metà diciamo che non c’è rimedio e in una metà
diamo placebo. Nella metà placebo il dolore sarà diminuito. Una parte dei soggetti sarà andato incontro a
guarigione spontanea. Quasi il 50% di quelli a cui si somministra placebo sta meglio rispetto a quelli in cui
non si somministra niente.
- Istruzione verbale: “ti do questo farmaco e ti passerà il dolore”. Anche effetto nocebo, le vecchiette
che leggono il bugiardino. Più una cosa è detta con convinzione più l’effetto è maggiore. Ancor di
più se è alta l’autorevolezza di chi pronuncia queste parole. Accogliere il paziente, starlo a sentire,
più il paziente è sentito trattato bene più è efficace l’effetto. Es. l’omeopata fa una visita che dura
tre quarti d’ora e da una sostanza che è acqua e da una rigida modalità di assunzione del
“farmaco”. Un sacco di persone guariscono con l’omeopatia. Perché? …
Un medico non può prescrivere un placebo. Se è specializzato in omoepatia può somministrare un
farmaco omeopatico al limite.
Se è esatta la diagnosi e la terapia, senza una istruzione verbale adeguata l’effetto della terapia sarà
inferiore. Un effetto del placebo è un effetto anche ansiolitico.
Prescrivere un qualcosa anche in caso in cui non sia necessario per gratificare il paziente.

Teoria conoscitiva. Forma della compressa, sapore dello sciroppo. Viene collegato l’effeto del farmaco con
quel sapore e con quel rito, quella ritualità. Le associazioni ripetute (forma, colore, gusto) permettono un
effetto simile a quello del cane di Pavlov, riflesso condizionale.
Si dice che l’effetto placebo è fino alla metà dell’effetto della morfina, il più potente analgesico che
conosciamo.

Fino agli anni 2000 si diceva di star parlando di psicologia. In realtà è un fenomeno organico, un fenomeno
reale. I ricercatori svedesi … hanno impiegato una tecnica per valutare l’attivazione di alcune vie cerebrali
nei pazienti trattati con placebo. Es circuiti endogeni delle endorfine attivati dal placebo. Alcuni riescono
ad attivarli da solo. Tossico eroinomane trae effetti diversi se assume la sostanza in una stanza diversa dalla
abituale. L’eroina fa la sua parte ma non basta, non c’è solo quello. Siamo materia ma siamo anche psiche,
che agisce pesantemente sulla risposta terapeutica.
COME NASCONO I FARMACI
Sviluppo esplorativo che porta ad una molecole. Studi clinici I-III che portano a validare il farmaco. Poi,
autorità regolatoria ed entrata in commercio del farmaco.
Quanto tempo ci vuole per passare dall’idea alla messa in commercio? 10-15 anni.
In italia, c’è un altro annetto per passare dall’autorizzazione dell’europa alla autorizzazione nazionale. Poi,
autonomia delle regione e quindi ogni regione può commercializzare il farmaco ad un prezzo specifico, per
cui la casa farmaceutica contratta con ogni regione; passano altri 12 mesi.
Circa 35 farmaci nuovi all’anno compaiono. In realtà sono una ventina di farmaci nuovi l’anno.
Il grafico fa vedere un fenomeno preoccupante. Negli ultimi anni le cause farmaceutiche stanno
commercializzando sempre di meno. Contemporaneamente commercializzano molte meno molecole
piccole e più farmaci biologici (anticorpi, proteine di fusione…)
Aumento dei costi durante gli anni. Quanto costa mettere a punto un nuovo farmaco? 802 milioni di dollari.
Il costo fa riferimento non solo al farmaco ma a tutti i tentativi messi in atto per riuscire ad arrivare a quel
farmaco. Il farmaco costa molto più in questi anni rispetto al ’75 ad esempio. La maggior parte dei costi
sono nelle fasi cliniche (fasi I, II, III). Quando un farmaco esce e costa 1000 euro quel prezzo non è del
farmaco ma è perché la casa farmaceutica è un privato che commercializza dei farmaci che però deve
rispondere ai propri azionisti, che devono ricevere i loro dividendi. La casa investe su mille nuove molecole
e ne riesce a commercializzare una o due. Vengono pagati tutti gli sforzi andati male. Nessun pubblico,
nemmeno gli stati uniti, si possono permettere di fare una operazione del genre, nessun pubblico porta un
farmaco oltre la fase uno perché il rischio è troppo alto. Le case farmaceutiche si assumono questo rischio e
poi si fanno pagare.
L’Europa insieme investe quanto investono gli stati uniti. Anche il Giappone da solo investe parecchio.
L’Italia investe molto poco rispetto agli altri paesi europei.
Si investe su SNC e tumori. I problemi cardiovascolari sono i primi per mortalità ma per cui esistono già un
sacco di farmaci che funzionano. Farmaci blockbuster: patologie neurodegenerative è il primo bisogno non
soddisfatto dalle case farmaceutiche, malattie autoimmunitarie anche se un po’ più di nicchia (artrite
reumatoide), osteoporosi (ci sono i bifosfonati ma non funzionano), AIDS (non esiste ancora una cura!). le
cause farmaceutiche guadagnano quando trovano una cura. Non regge il discorso delle persone che
sostengono che le cause farmaceutiche hanno una cura ma non la tirano fuori. Se una causa farmaceutica
trovasse la cura, trovasse un vaccino, farebbe bingo, le sue azioni crescerebbero tantissimo andando a
guadagnare strada sulle altre cause farmaceutiche. Forse potrebbe avere senso sulle piccole scoperte.
Depressione, il viagra è stato l’ultimo blockbuster. Non solo problemi mortali ma anche problemi che
riducono la qualità della vita. Antipsicotici. Hanno limiti pesantissimi.
In questo momento c’è una crisi della case farmaceutiche perché non riescono a trovare farmaci
blocbuster?
Sulle malattie infettive e tumorali i farmaci biologici stanno prendendo sempre più piede nel commercio.
La ricerca farmacologica va di pari passo con il miglioramento delle tecnologie

Cause di mortalità dei nuovi farmaci.


Nel duemila solo il 5% erano motivi commerciali per cui venivano rimosse dal commercio i farmaci. Un
terzo delle molecole funzionanati non arrivano in fondo perché sono rivolte a patologie già curate. Quasi la
metà dei farmaci non venivano commercializzati per la farmacocinetica (una volta assunti vengono
trasformati in quacos’altro,…), mancano di efficacia e tossicità, nell’animale e nell’uomo.

I nuovi farmaci blockbuster sono sempre di meno. Devo rispondere a bisogni scoperti a cui il farmaco deve
sopperire. Si parla i nickbuster per farmaci che sono capaci di coprire una più piccola di popolazione ma che
non si devono confrontare con altri farmaci.
Meno del 5% dei farmaci oncologici arrivano sul mercato dopo test sugli umani.
Tempi vano dai 12 ai 17 anni. I costi sono altissimi
Patologie orfane … i farmaci che si rivolgono alle patologie orfane stanno aumentando per una sinergia
pubblico-privato. Si trattano patologie non coperte. Ci sono anche bandi specifici anche da organizzazioni
no profit che sono rivolti a queste patologie orfane. Es. gli investimenti sulla malaria sono bassissimi perché
è una patologia che colpisce paesi poveri. Allora organizzazioni no profit mondiali (Melinda e Bill Gates
hanno fatto una organizzazione no profit indirizzata verso goal importanti ma meno remunerati).

Ricerca preclinica si avvale della ricerca di base, studi biochimici, molecolari, per capire il funzionamento e
la funzione nella terapia di una data patologia.
Si dividono i small molecules e biotecnologici. Gli ultimi sono anticopri, prodotti di fusione, citochine,
prodotti già presenti nell’organismo. Per le small molecules si sono messi in atti screening…. Lo scopo ora è
quello di trovare small molecules che abbiano la stessa funzione dei prodotti biotecnologici.
Studi in vitro.
Studi in vivo.
C’è il problema di chi difende i diritti degli animali. C’è chi è contro la ricerca quindi sugli animali. Il nostro
modello di sviluppo prevede che si passi prima dall’animale e poi all’uomo. Non solo sul topo che costa 8
euro comprarlo e 10 cent al giorno per mantenerlo. A Perugia arrivano a conigli, ratti (i costi sono
allucinanti, quello che si può testare in vitro si testa in vitro perché i costi sono molto più inferiori, le
tecniche sono semplici, i risultati hanno una maggiore predittività e i tempi sono molto più contratti). È
vero che quello che risulta buono nel topo non è necessariamente buono sull’essere umano o che farmaci
che non funzionano sul topo possono funzionare sull’uomo. Non si può saltare la sperimentazione sugli
animali a meno che non si sperimenta direttamente sull’uomo. Se fosse possibile fare ricerca senza animali
si farebbe perché costa meno. Sugli animali si testa la tossicità, acuta e cronica, di fatto imprevedibile.
Mettere dentro un organismo un farmaco non si sa cosa comporta. Cioè, fa quello per cui è testata, ma può
avere effetti collaterali che non la rendono utilizzabile.
Studi di tossicità acuta. Si prendono batterie di animali, es 10 per concentrazioni del farmaco, ed
aumentare le dosi finche non compare la tossicità.
Tossicità subacute e croniche
Studi di farmacocinetica
Studi tossicologici sulla riproduzione.
La predittività del sistema animale non è del 100% sul sistema umano. La fase I riguarda volontari sani
pagati su cui viene fatto il salto di specie. Prima di arrivare alla sperimentazione sull’uomo bisogna risolvere
una serie di problemi: gusto del farmaco, un farmaco amarissimo non può essere somministrato per bocca,
sopravvivenza sullo scaffale, tempo che passa da quando viene fatto un farmaco e il momento in cui arriva
all’utilizzatore; si deve impacchettare il farmaco, si mette la sostanza insieme agli eccipienti che servono a
conservarlo, dargli una certa forma, dargli un certo sapore, permettergli un certo tipo di assorbimento.

Preparazione dei farmaci


- Farmaco generico: commercializzato quando il brevetto scade. Il farmaco può essere
commercializzato da case farmaceutiche diverse da quelle che l’hanno brevettato. Per legge si deve
chiamare come il principio attivo.
- Farmaci da banco o OTC (over the counter): medicinali che si acquistano senza bisogno di ricetta
medica.
Compresse, capsule. Possono sciogliersi nello stomaco o essere gastroresistenti. Le gastroresistenti
vengono fatti per quei farmaci sensibili alla acidità dello stomaco. Se la compressa ha il taglietto allora è
gastroresistente. Se non c’è nulla allora bisogna sospettare che il farmaco sia sensibile alla acidità dello
stomaco.
Sciroppo elisir e sospensione. Sospensione, se sta fermo nel ripiano le particelle depositano quindi va
agitato. Gli elisir contengono etanolo. Lo sciroppo è zuccherato quindi attenzione nei pazienti diabetici.
Per applicazione cutanea abbiamo lozioni, a base acquosa o idroalcolica, da non dare sulle mucose perché
brucia. Creme, pomate e unguenti. Unguenti più unti e le creme meno unte, cambia la quantità di grassi. A
volte gli unguenti così unti permettono meglio la penetrazione del farmaco.
LEZ 2 – 12/10/2015

In sperimentazione animale usiamo modelli di malattia, non animali che si ammalano spontaneamente.
Inoculazione del tumore per ridurre i tempi. Differenza con un essere vivente che si ammala di quel
tumore. Grande limitazione per malattie psichiatriche, come si può pensare ad un topo un ratto depresso,
schizofrenico. Farmaci diretti alla psiche e antitumorali sono più complicati da testare. Più semplice il
discorso di malattie infettive (tranne virus specifici per la specie umana). Per il cardiovascolare i modelli
funzionano molto meglio. Siamo geneticamente diversi (simili al 99%). Il sistema immunitario del topo si
rivela essere leggermente diverso. Il farmaco si inserisce nelle piehge del sistema fisiologico, piccole
differenze possono fare grandi differenze. Nonostante sia indispensabile usare l’animale, è limitante. Si
selezionano alcune sole molecole. La casa farmaceutica compra un solo brevetto, decide di brevettare una
molecola,. Solitamente piccole case farmaceutiche che brevettano 2,3,4, 10 sostanze. Dopodichè lo
rivendono alle grandi case farmaceutiche.
Si fanno studi di farmacologia su volontari sani. Poi, nella fase II, III, IV

Fase I
Contrariamente a quanto si possa immaginare, non studia l’efficacia del farmaco, tranne eccezioni.
Studiamo la dose massima tollerata dall’essere umano. In linea generale, si tratta di persone sane,
tendenzialmente giovani, tendenzialmente maschi, che comunque rischiano, essendo la prima volta che la
molecola viene introdotta nell’essere umano. La fase I non si fa in Italia, famosa è la Svizzera. Vengono
esclusi i volontari particolarmente bisognosi, come i tossicodipendenti. La molecola potrebbe essere
modificata da condizioni preesistenti. C’è bisogno quindi di gente bisognosa di soldi ma sana. Inizialmente
vengono valutati tutti gli esami possibili, poi si prendono 3 di questi soggetti e poi si inocula il dosaggio in
dosi molto minori rispetto a quello che era la dose risultata tossica nel topo (con modifiche in base alla
massa). Dopo averlo inoculato nel paziente questo viene rivalutato sotto tutti i punti di vista: si può avere
alterazione ecgrafica, alterazioni enzimi epatici, ecc. si possono fare due volte l’anno massimo, uno non può
farlo di mestiere. Se va tutto bene la dose viene raddoppiata, finche non viene raggiunta la dose massima
tollerata.
C’è specificamente per antitumorali e anti HIV una delega sul fatto che si tratti di volontari sani. In questo
caso non si tratta più di volontari sani ma di pazienti, sui cui ancora viene valutata la tossicità.
Con l’antiipertensivo si valuta la tossicità, perché nel soggetto normale non causa abbassamenti di
pressione
Dura circa un anno l’intera procedura. I volontari vengono pagati tranne i malati. L’obiettivo è la massima
dose tollerata in acuto. Si studia la farmacocinetica. Come variano le concentrazioni pasmatiche nel tempo
(prelievi ogni 15, 30 minuti). Nel sangue prelevato non si rileva solo la presenza del farmaco ma anche dei
metaboliti che possono essere diversi da quelli degli animali di laboratorio.
Bisogna chiedere autorizzazione alla autorità sanitaria prima di intraprendere una fase I.

Fase II
La fase due usa malati. Dalla fase II in poi i pazienti non sono più pagati. Quale è il vantaggio? Uno è quello
di poter avere beneficio. Seconda cosa è che non pagano nulla (analisi …, è tutto a carico dell’organizzatore
dello studio clinico). Un altro vantaggio è che hai un accesso privilegiato al medico curante, che ti segue
molto di più rispetto al medico che prescrive la terapia. Il medico non viene pagato molto più rispetto ad
una attività libero professionale. Viene pagata anche l’azienda che organizza lo studio (50% va al clinico e
chi aiuta il clinico, 50% va all’azienda). All’inizio sono studi simili a quelli della fase I nel senso che non
prevedono più gruppi. Cioè si prevedono più gruppi ma per cercare quale è la dose migliore. Anche questa
fase dura un annetto. Non sono studi molto complicati, quelli della fase IIa. Quelli della fase IIb si.
Dalla fase IIb
- Presenza di un gruppo all’interno dello studio che o non fa nessun farmaco o fa un farmaco di
riferimento. Quando possiamo accettare eticamente che un gruppo di pazienti non faccia il
farmaco? Quando o non c’è nessun altro farmaco o quando non si sa bene come approcciarsi ad
una patologia (es. sindrome del colon irritabile che è trattato con ansiolitici, diete, spasmolitici, ma
non esiste un farmaco apposta per il colon irritabile. Qui si può usare un gruppo placebo. Se si
vuole usare un antiipertensivo o un antitumorale occorre utilizzare come confronto un farmaco che
magari ha una efficacia anche minima (non si può sospendere la terapia in questi soggetti). Si
possono fare due tipi di studi: di non inferiorità o di superiorità. Lo studio di superiorità ha un
impatto economico migliore, può forzare meglio l’approvazione. In linea generale in uno studio
deve dimostrare che quel farmaco è migliore degli altri già presenti: più efficace o meno tossico,
meglio se entrambi. Quindi, o placebo o composto di riferimento.
- Doppio cieco. Nel singolo cieco il paziente non sa quale farmaco sta assumendo. Questo per
l’eventuale effetto placebo che si potrebbe avere, sia in un senso che nell’altro. Nel doppio cieco
nemmeno il medico sa che quale farmaco sta assumendo il paziente, perché anche il medico può
investire di più o di meno, condizionando psicologicamente il paziente. Ci sono inoltre diecimila
parametri che non sono affidati ai puri numeri (pressione arteriosa, ecg, possono essere
condizionati ..). Per fare in modo che il medico non sappia quello che fa il paziente è importante la
randomizzazione, non una distribuzione standard dei gruppi. In passato esistevano le tavole di
randomizzazione, ora sono fatte col pc, in modo talvolta centralizzato. L’effetto finale esiste una
distribuzione equilibrata, 50% gruppo A e 50% gruppo B, ma con uno schema non intuibile. Quindi
fase IIB: doppio cieco, randomizzazione, riferimento o placebo. Si può fare che tre gruppi, 1
riferimento, 2 dose a, 3 dose b. solo l’organizzatore dello studio è al corrente di tutto, e deve
mantenere segreto l’impianto dello studio. Esiste la busta di randomizzazione, una busta illegibile
dentro la quale c’è scritto cosa fa il paziente numero 1, perché il medico deve sapere cosa fa il
paziente in caso di emergenze. Se il medico decidere di interrompere il cieco apre la busta. Il
paziente viene però escluso da quello studio.
L’obiettivo della fase IIb è verificare l’efficacia del farmaco per quella patologia: minima dose
efficace, farmacocinetica …

Consenso informato: il paziente deve informare un foglio prima che venga incluso nello studio clinico. Viene
spiegato qual è l’obiettivo dello studio, quali sono i rischi e quale è l’impianto dello studio. Il consenso
informato va spiegato
Comitato etico: ogni azienda ha il suo comitato etico, ogni regione è il suo comitato etico, l’Italia ha il suo
che non vale tutto per sperimentare tutti i farmaci. Bisogna passare per ogni comitato etico prima di
intraprendere lo studio.

- Terminata la fase II bisogna iniziare la fase III. La fase III è multicentrica, viene effettuata su molti
centri (20,30,40) centri in giro per il mondo (occidentale, USA, Canada, Nord Europa, in generale
l’Europa, meno Italia e GB, l’Australia, poca America Latina e basta, Giappone. Nell’america
coesistono più gruppi etnici, se no mancherebbe una parte della popolazione mondiale. Quindi
questi studi vengono sperimentati tendenzialmente nei paesi ricchi che possono permettersi di
pagare il farmaco. Vengono testati 2-3mila pazienti, in più centri in modo da poter terminare in 2-4
anni lo studio. Gli obiettivi sono identici a quelli del IIb ma su una popolazione più ampia. Alla fine
la casa chiede la autorizzazione alla commercializzazione.

In passato gli studi non erano comparativi, ma storici. Non si usava il composto di riferimento. Non va bene
gli studi storici perché diecimila sfumature possono cambiare col tempo.

Sperimentazione sul viagra. Prima del viagra c’erano delle terapie contro l’impotenza, ma niente di che.
Quando si è sperimentato il viagra si è usato come controllo il placebo. 20% rispondevano al placebo. 70%
rispondevano al viagra. Il viagra viene commercializzato, se ne parla. Dopo 3 anni si sperimenta un secondo
farmaco, i tadalafil. Il tadalafil ha caratteristiche simili al sildenafil (viagra). Casa farmaceutica concorrente.
Anche loro fanno confronto col placebo. In questo caso il placebo risponde molto di più, 35%. La gente ha
capito che questa cosa è possibile e risponde meglio al placebo. Per questo è utile fare studi comparativi. Al
termine dello studio si raccolgono i dati, si interrompe il cieco e si analizzano i dati.
I limiti in questi studi grossolani e non risolvibili. Il limite principale consiste nel fatto che, quando devo
studiare una popolazione, invece che studiare la popolazione di ipertesi, studio la popolazione ipertesa, con
pressione media compresa tra 115 e 118, non troppo anziani, non bambini, non fumatori, che magari
assumono un farmaco in più ma spesso escludendo altri farmaci, non diabetici. Questo perché con la
randomizzazione magari finiscono tutti in un gruppo i pazienti diabetici che rispondono diversamente alla
terapia. Nello studio clinico si cerca di avere un gruppo di esseri umani tutti identici. C’è il problema delle
donne, le quali 1) fino a 10-15 anni fa i maschi venivano preferiti alle femmine , perché la donna ha la
possibilità di rimanere incinta. Gli effetti teratogeni dei farmaci non sono noti. La donna infatti si impegna a
non rimanere incinta durante la durata dello studio. In passato, grazie al dramma della teratinamide, si
decise che gli studi andassero fatti sui maschi. Oggi, da 15 anni, le agenzie regolatorie americana e europea
hanno deciso che gli arruolati devono essere 50% maschi e 50% femmine. Farmacologia pensata per i
maschi. Ma ci sono importanti differenze, in primis ormonali e questo crea importanti differente
soprattutto per quanto riguarda effetti avversi. Ma poi anche la stazza è diversa. (es. aspirina è stata
studiata sui maschi e basta, ora non ci si mette a ristudiare i farmaci per il sesso femminile). Non ci sono
analisi stratificati per maschi e femmina. Come si stratificano i dati per diabete non diabete, fumatori e no
fumatori, bisognerebbe stratificare per maschi e femmine per studiare separatamente i dati (eritromicina
da aritmie solo nelle donne).
Abbiamo una serie di problemi importanti.
Altro problema è la rappresentatività per le razze. In america abbiamo detto che convivono più etnie ma la
maggior parte dei test è sui caucasici.

Nella fasi II il 50% dei farmaci vengono scartati per motivi farmacocinetici, 30% per motivi strategici, 20%
risulta sicuro. …

Dopo fase II e fase III, i farmaci convincenti vengono proposti per la commercializzazione. Dati clinici e
preclinici vengono presentati alle agenzie regolatorie che sono…. America, Europa o tutte e due. Si può
puntare su una delle due e l’altra agenzia può eventualmente seguire a ruota. Inizialmente il farmaco viene
prescritto solo in ospedale, piano piano entra nell’uso.
Quali sono i motivi che possono portare ad avere sorprese tra la fase tre e la vita normale del farmaco nel
mondo. Formalmente il farmaco esce con indicazioni specifiche, non è stato testato su tutti. Esiste la off
label, si va fuori dal range studiato. Ancora, interazione con altri farmaci. È una cosa talmente importante
(es. interazione con le statine ha portato al ritiro di un farmaco). Effetti collaterali molto rari, non osservati
nei gruppi di ricerca. Alcuni effetti rarissimi possono essere anche pericolosi per la vita del paziente,
potendo pesare tantissimo sul rapporto rischio-beneficio. Quindi, effetti collaterali che possono essere
sfuggiti durante la fase III, anzi, durante le due fasi III, che comprendono 5-6 mila pazienti.
Nelle fase III non viene studiato l’utilizzo prolungato, quindi effetti collaterali dovuti ad un utilizzo cronico.
O ancora, effetti collaterali che si presentono con un ritardo di anni, anche conseguenti ad un trattamento
già terminato. Ancora, altre patologie concomitanti (presenza di comorbidità). Gravidanza. Utilizzo di
alcool, fumo, sostanze stupefacenti (soprattutto oppioidi). Dieta: vedremo gli effetti della dieta sul
metabolismo dei farmaci. Si pensi alla dieta cinese rispetto alla nostra. Ancora, vegani, vegetariani ad
esempio possono avere una risposta differenza. Uso di altro (fitoterapia, è l’utilizzo di un ammasso
abnorme talvolta non noto di sostanze di origine vegetale. Ad esempio le alghe contengono dei
simpaticomimetici importanti. La gravità della fitoterapie è che il prescrittore non conosce …). Ancora
doping e interazioni col doping. Il doping non è utilizzato solo da professionisti ma da una fetta molto più
ampia della popolazione.

Per accorgersi di questi problemi quando entra in commercio? Per sapere se un farmaco fa realmente bene
si utilizza la comparazione statistica. In un qualche modo si costruisce a posteriori il meccanismo del
farmaco. È importante l’efficacia che si valuta attraverso la statistica. Si prendono i pazienti trattati e non
trattati con la stessa patologia e studiarli. Si studiano bene gli effetti avversi meno la efficacia. La
farmacovigilanza deve valutare la presenza di affetti avversi eventualmente non riconosciuti durante la fase
II e III. In linea generale il risultato si può dedurre solo raccogliendo i dati, migliaia di dati. Anche questa è
una operazione molto costosa. Inizia dal medico prescrivente che deve segnalare eventi avversi non
segnalati. Non devono essere segnalati eventi noti (es mal di stomaco in aspirina) ma eventi avversi gravi:
morte, invalidità permanente, effetto teratogeno, ricovero in ospedale (infarto, come, dolore forte ecc.,
tutti motivi per il ricovero in ospedale) e prolungamento del tempo di ricovero. Sono tutte parametri
oggettivabili. Se si presenta un effetto avverso grave il paziente esce dagli studi clinici di fase II e III. Durante
queste fasi bisogna segnalare non solo quello che pare essere collegato al trattamento ma anche eventi
come incidenti stradali che possono essere provocati dal farmaco.

In Italia non si fa farmacovigilanza perché 1) manca il senso del bene comune

Si utilizza il termine di
- Effetto collaterale: correlato alle proprietà farmacologiche (mal di stomaco da aspirina)
- Reazione avversa: quello che capita al paziente che non dipenda solo dalle proprietà
farmacologiche
- Reazione avversa inaspettata: reazione la cui natura o gravità non è riportata nella scheda tecnica o
nella autorizzazione rilasciata per la commercializzazione o che sia inaspettata in base alla
caratteristiche del farmaco
I medici sono dovuti a segnalare le reazioni avverse. In America si è deciso che non è obbligatoria la
segnalazione. La non obbligatoria espone all’over reporting. 15 anni fa un giornalista fa una relazione
fraudolenta fra autismo e un tipo di vaccino. Qualche giorno dopo aumentano i casi di autismo nelle
persone sottoposte a quel vaccino.

Oltre alla farmacovigilanza è stata anche istituita la vaccinovigilanza. È una problematica nella problematica
perché gli affetti avversi che capitano nel paziente sono a suo beneficio (il paziente sta male). I vaccini
spesso sono somministrati a soggetti sani che possono causare danni anche gravi.
Qualche anno fa si diceva che non si vede la soluzione perché non si vede il problema. Se non si fa
farmacovigilanza non ci si accorge quello che avviene sotto i nostri occhi. In altri paesi che fanno
farmacovigilanza sono stati riportati affetti avversi non riscontrati in Italia.
Il numero di pazienti da osservare con reazioni avverse deve essere 65 mila con una incidenza di 1:10000

L’autoprescrizione è un altro fenomeno molto diffuso

Anche infermieri e farmacisti sono dovuti a riportare reazioni avverse correlate ad un farmaco prescritto.

Il paziente può a sua volta riempire una scheda. Viene anche chiesto se si è riportato la reazione al medico
curante e chi sia il medico curante. È un controllo interno del sistema perché le informazioni ricavate da
persone spartane sono molto meno istruttive.

Sono essenzialmente gli ospedalieri che segnalano. Solo il 19% delle segnalazioni proviene da medici
curanti.
“i medici sono tenuti a segnalare ogni presunta reazione aversa,della quale vengano….”
Sistema americano con problema di under e over reporting

Gli effetti avversi esistono? Il farmaco da un sacco di effetti avversi.


Quali sono i farmaci responsabili? Analgesici per overdose non intenzionali, antibiotici.

Prima di dire che un farmaco da un effetto avverso bisogna stare molto attenti. Es. vaccinazione per la
pertosse. Gli epidemiologici, mettendo insieme la penetrazione della vaccinazione per la pertosse, si vede
che man mano che il vaccino viene fatto a più bambini aumenta la morte in culla. Dal ’75 in poi si è
scatenata una epidemia di queste morti. Perché? Qualcuno mese in correlazione il vaccino per la pertosse
con le morti in culla. Contemporaneamente dei geni avevano messo in giro una nozione di policultura: era
meglio che il bimbo neonato dormisse a pancia sotto, secondo l’osservazione che il bambino rigurgita
frequentemente e che quindi potrebbe morire soffocato dal proprio rigurgito. Nell’85 qualcuno ha
sostenuto che se il bambino è a ancia in su e rigurgita può girare il collo e far uscire il vomito, mentre se è a
pancia in giù il cuscino può diventare impermeabile all’aria e farlo morire soffocato. Cambiata questa
sbagliata abitudine è scomparsa la epidemia di morti in culla.

Tra vaccini e autismo la correlazione è più evidente, sopraggiungendo l’autismo una settimana dopo.

In linea generale bisogna avere dati più convincenti:


- Sclerosi multipla
- Guillain barre
- Artrite reumatoide
- LES
- Dermatomiosite

Bisogna comparare l’incidenza delle patologie nella popolazione con quelli sottoposti a vaccino.

Il farmaco nuovo è sempre migliore?


Esistono due tipi di farmaci nuovi: innovativi e che permettano il galleggiamento della casa farmaceutica.
Solo il 20% dei nuovi farmaci è rappresentato da farmaci innovativi. I farmaci innovativi possono
rappresentare salti di qualità nella terapia di alcune patologie e migliorare il rapporto costo/beneficio.

La farmacoeconomia mette in relazione morte salute qualità di vita e costi del farmaco. Bisogna quantizzare
quanto valgono le problematiche. Problema della sostenibilità economica delle terapie. Bisogna
confrontarsi coi politi su quale è il contributo dei farmaci innovativi nell’allungamento della vita.
Il 10% dei farmaci che hanno superato la fase III vengono ritirati negli anni successivi per tutti i meccanismi
di cui abbiamo parlato. La metà dei ritiri si verifica entro due anni dalla messa in commercio. Consiglio: non
utilizzare farmaci nuovi nei primi due anni dalla commercializzazione a meno che non si ritenga che
possano aggiungere un notevole aumento nell’aspettativa o qualità di vita del paziente.

I farmaci fai da te. Ogni 10 anni si ha un caso di farmaco fai da te. Il caso Di Bella. Col metodo Di Bella si
sosteneva che curasse il tumore. Il ministro della sanità allora Rosi Bindi è stata costretta dall’opinione
pubblica ad organizzare una fase III per comparare il metodo tradizionale col metodo Di Bella. Al termine
della fase III risulta che il tradizionale è meglio della fase Di Bella. È stato detto che la sperimentazione non
era valida. Spesi soldi a casaccio ma con l’era di internet la pressione era elevatissima.
Prima di di Bella c’era il siero di Bonifacio. Urina di capra: se le capre non avevano tumore nell’urina ci deve
essere un qualche agente non tumorale.
Il caso Vanoni consiste nelle cellule staminali per la terapia. Si basa sulle e
LEZ 3 - 19/10/2015

Il farmaco può essere un prodotto chimico, un estratto (quindi un composto naturale, non come in
fitoterapia in cui c’è una miscela di sostanze), semisintetici (naturali e poi modificati in laboratorio).
Qualsiasi sostanza può rivelarsi tossica o velenosa o può essere un farmaco. Il farmaco può essere curativo
e i progressi della medicina hanno portato ad un aumento di farmaci curativi ma sicuramente abbiamo
migliorato nella prescrizione di farmaci sintomatici oltre che la qualità del farmaco anche per l’attenzione al
problema qualità di vita ma soprattutto i grandi avanzamenti sono stati fatti nella terapia preventiva. Più
del 50% delle prescrizioni non sono curative ma preventive (raramente prevenzione primaria, molto più
frequentemente la prevenzione secondaria; es diabete è una terapia non per curare il diabete ma
semplicemente per fare in modo che il diabete crei meno problematiche rispetto ad un soggetto non
curato). Una critica ingenerosa rivolta nei confronti della farmacologia o della medicina è che più che curare
i pazienti noi cronicizziamo le malattie. Molte malattie non siamo in grado di curarle ma di controllarle
(malattie autoimmuni, diabete, ipertensione) con tutti i problemi che derivano dall’uso cronico di farmaci.
Terapie oncologiche possono curare. Altra patologia che cronicizziamo è l’AIDS. Abbiamo anche i farmaci
diagnostici.
Farmaco o veleno? Problema dose, problema caso/accidente, rapporto tra farmaco e tossicità. Non
esistono farmaci non pericolosi. Da questo possono derivare due problematiche: prescrivere troppo o
troppo poco.

FARMACOCINETICA
Somministriamo una certa dose e avremo una certa concentrazione plasmatica. Da qui il farmaco va al sito
di azione dove si avrà una risposta clinica all’arrivo del farmaco. Allo stesso tempo raggiunge gli altri tessuti.
Pochi sono i farmaci intelligenti. Sempre grazie al plasma arriva agli organi che lo metabolizzano e a quelli
che lo eliminano. La farmacocinetica studia la prima parte, quali sono le leggi e le problematiche che
portano una sostanza ad andare in giro per il corpo. La farmacocinetica studia quello che il corpo fa al
farmaco fino a studiare come mai termina l’effetto del farmaco.
FARMACODINAMICA
Parte dalla considerazione che il farmaco è arrivato dove doveva arrivare, studia l’effetto farmacologico,
l’efficacia, la tossicità, studia quali sono i meccanismi di azione del farmaco.

La farmacocinetica è fondamentale. Tanti fallimenti terapeutici sono dovuti a problematiche di tipo


farmacocinetico. La farmacogenetica potrà incidere su questi casi in maniera molto importante su questo.
La farmacocinetica studia:
- Assorbimento
- Distribuzione
- Eliminazione del farmaco: metabolismo ed escrezione
Partendo da una certa dose ammettiamo di avere una certa concentrazione plasmatica da cui derivano gli
effetti. Se somministriamo il farmaco secondo la modalità A, B o C inizialmente il farmaco non avrà effetto.
Ci sarà una concentrazione plasmatica sotto la quale non ci saranno effetti. Nella modalità A e B la
concentrazione plasmatica sale finché non si raggiunge una concentrazione minima sopra la quale
compaiono gli effetti. Nela caso A la concentrazione continua ad alzarsi fino ad arrivare una concentrazione
plasmatica in cui compaiono gli effetti avversi. Noi individuiamo tra le due linee tratteggiate quello che noi
chiamiamo finestra terapeutica: concentrazioni efficaci nella finestra, inefficaci, sotto, tossiche sopra. Esiste
la problematica finestra terapeutica ma esiste anche il problema tempo. C è sempre inefficace, A efficace
per poco poi tossico, B effetto terapeutico per tempo più lungo. In tutti e tre i casi la concentrazione scende
dopo un certo tempo sotto la dose efficace.
Noi ci aspettiamo che ad una dose corrisponda una data concentrazione terapeutica, in realtà la variabilità
è enorme. Problematica variabilità farmacocinetica: do la stessa dose ottenendo concentrazioni
plasmatiche diverse. Esiste anche la variabilità farmacodinamica: esiste una differenza recettoriale
all’interno dei vari individui che ci porta a rispondere in modo diverso alla stessa concentrazione
plasmatica.
Quando somministriamo il farmaco all’inizio è tutto dove l’abbiamo somministrato (es. muscolo). Poi si
distribuisce e rimane molto meno nel luogo in cui l’abbiamo deposto. Contemporaneamente aumenta la
quantità nel corpo (assorbimento da parte del tratto gastrointestinale che avviene progressivamente, o
cerotto dermico). Aumenta ma poi da un certo punto in poi diminuisce. L’aumento progressivo dipende
dall’assorbimento del sito. Diminuisce perché man mano che il farmaco è nel corpo inizia ad essere
escreto, metabolizzato (virtualmente è come se sparisse perché si trasforma) e poi vengono escreti anche i
metaboliti.
All’aumentare della dose si riduce la cura di inefficacia ed aumenta la curva di efficacia. Il farmaco non è
efficace nel 100% dei pazienti. Dobbiamo anche non commettere l’errore di pensare che possiamo ottenere
la risposta aumentando il dosaggio a dismisura. Tachipirina, talvolta non funziona, ma non bisogna andare
oltre i 4 grammi al giorno perché l’efficacia inizia ad essere sempre più importante ma da un certo punto in
poi compare la tossicità minore (effetti collaterali) e poi la tossicità maggiore (tossicità vera e propria). Da
queste curve si può costruire una curva a campana che quantifica il rapporto rischio-beneficio. Ogni
farmaco ha una curva di efficacia-tossicità, rimanendo vero che anche i dosaggi molto bassi sono inefficaci.
La curva rossa è la curva di utilità: inizialmente non è utile, inizia ad essere utile da un certo dosaggio in poi,
poi la utilità è ottima, da un punto diventa meno utile perché compaiono gli effetti indesiderati, dopodiché
l’utilità cala a picco. Questa curva è in rapporto alla patologia che stiamo trattando: è chiaro che il bilancio
rischio-beneficio dipende molto dalla gravità della patologia. A dosi piccole la curva di utilità non è zero ma
è spostata verso il negativo: a dosaggi bassi, 10 volte sotto la finestra terapeutica, alcuni pazienti possono
risultare allergici, talvolte anche portare alla morte del paziente, in rapporto a benefici nulli (assenza di
effetto terapeutico). Allora non è vero che prescrivere sotto dose il farmaco costa al sistema sanitario ma la
vecchietta che vuole essere curata è felice, o madre col bambino con sindrome influenzale. Anche dal
punto di vista medico legale esiste un problema se una persona vi denuncia per una allergia mortale
bisogna dimostrare che la prescrizione era necessario farla.
La bontà del farmaco. Finestra terapeutica (minima concentrazione efficace e minima concentrazione
tossica) piccola. Se la finestra è grande il rischio nella prescrizione è diminuito, la durata dell’effetto è
superiore, efficace a concentrazioni minori. Più è grande la finestra terapeutica più il farmaco è buono. La
ricerca cerca di tirare fuori farmaci sempre meno tossici e più efficaci. Questo non c’entra con il dosaggio.
L’unica cosa che trasforma un veleno in un farmaco è la sua capacità di discriminare: es un farmaco
antitumorale deve colpire meglio una cellula tumorale rispetto ad una cellula normale. Riuscire ad entrare
nelle pieghe della patologia per ottenere i risultati voluti senza danneggiare altre strutture.

- Proprietà farmacocinetiche
- Finestra terapeutica
- Stato del paziente (importante peso ed età. Età: in un ottantenne i benefici di una terapia
preventiva non superano i rischi come in un soggetto 40 che ha una aspettativa di vita di gran lunga
maggiore). Gravità della malattia, consumo di altre sostanze
- Fattori socioeconomici e psichici: problematica costo. Si cerca di prescrivere il farmaco migliore ma
talvolta è troppo costoso rispetto ad un farmaco allo stesso modo efficace ma meno buono.
Compliance, meglio aderenza, descrivono la precisione di come il paziente segue quello che dice il
medico. La prima causa di fallimento terapeutico è la mancanza di aderenza, soprattutto quando si
prescrivere un farmaco che da qualche fastidio per la cura di una terapia che fastidi non ne da
(prendere meno, più, non alla distanza giusta, saltare una dose. Bisogna convincere il paziente che
quello che prende gli fa bene, c’è bisogno di un buon rapporto con il paziente, ottenendo anche
effetto placebo). Problema qualità di vita. Problema accanimento terapeutico (soldi che si
spendono per tenere in vita una persona senza attività cerebrale quando con gli stessi soldi si
potrebbero salvare molte altre persone).

ASSORBIMENTO
Un farmaco, per essere assorbito ha bisogno di avere una serie di proprietà: attraversare membrane,
citosol, sostanze acquose… se fosse solo bilayre lipidico il farmaco ionizzato non riuscirebbe ad entrare
nella cellula.
- Trasporto passivo: richiede un carrier che riconosce un farmaco che o assomiglia ad un tossico o ad
una molecola endogena. Non richiede energia perché procede secondo gradiente di
concentrazione. Il trasporto è specifico nel senso che il trasportatore trasporta alcune sostanze e
non altre ed è saturabile, una volta che tutti i trasportatori sono occupati non dipende più dalla
differenza di concentrazione. Cinetic di ordine 0
- Trasporto attivo: utilizza energia (ATP). Procede anche contro gradiente di concentrazione. È
specifico e saturabile. Cinetica di ordine 0
- Diffusione passiva: ad esempio utilizzato il ferro nelle anemie ferro carenziali, prescritto per os
intramuscolo e endovenosa. Os può dare stipsi, dispepsia, sapore ferroso. Se la donna non risponde
ai dosagi usuali di ferro non bisognar raddoppiare la dose perché il ferro è anche tossico e allora ci
sono fini meccanismi di regolazione nell’assorbimento. I trasportatori sono saturati quindi non
cambia. Si deve scegliere via intramuscolare o endovenosa. Nella diffusione passiva il trasporto non
richiede energia, cinetica di primo ordine. (nell’ordine zero al massimo viene assorbita una quantità
costante. Nella cinetica 1 è costante la percentuale assorbita, è a disposizione una superficie di
assorbimento virtualmente infinita). Dipende da: gradiente di concentrazione, coefficiente di
ripartizione, coefficiente di diffusione, area e spessore della superficie assorbente. Area e spessore
della superficie assorbente: tratto gastro intestinale. L’area dello stomaco è clamorosamente
inferiore rispetto all’intestino. Anche in condizioni sfavorevoli l’assorbimento nell’intestino tante
volte porta all’assorbimento completo del farmaco. Tutti i farmaci somministrati per os vengono
principalmente assorbiti dall’intestino. Anche dallo stomaco in alcuni casi. Per quanto riguarda lo
spessore della superficie che assorbe pensiamo ad un cerotto transdermico o una pomata data su
una mucosa, cute o cute inspessita. Efficiente a livella della mucosa efficiente, a livello della cute
può o meno essere efficiente, sulla cute inspessita (fisiologica, mani piedi, o patologica, cerotti
messi sempre nella stessa area) è chiaramente meno assorbita. Legge di Fick, più lo spessore è
grande più lenta è la diffusione. Legge di Fick: dC x D x A / d. D dipende dalla solubilità del farmaco
in membrana. Allora affrontiamo la problematica solubilità. Dipende dalla grandezza della
molecola, carica, polarità. Proprietà che riguarda acidi o basi deboli. A scopo didattico ragioniamo
sugli acidi, tendono a liberare H+. Da capovolgere il discorso per le basi. Se il farmaco è un acido
(AH), nella forma AH non è carico e quindi è liposolubile e in questa forma passa la membrana.
Nella cellula si dissocia e non è più liposolubile e quindi in grado di attraversare la membrana.
Prima si pensava alle basi o acidi come sostanze che cambiano il ph dell’acqua. I liquidi del nostro
corpo sono tamponati. Inoltre la quantità di farmaco che somministriamo è ridicola rispetto ai
tamponi, a meno che non utilizziamo farmaci apposta come il Malox che hanno lo scopo di
diminuire il pH dello stomaco. Normalmente i farmaci modificano poco o nulla il pH del corpo.
Dobbiamo pensare che cosa fa l’ambiente a questo farmaco. L’acido si definisce in funzine del suo
pKA, il valore di pH in cui è al 50% nella forma associata e nel 50% nella sua forma indissociata. Fort
pK 2-1, debole 4-5. L’aspirina ha pKa di 4,4 ovvero al pH del 4,4 è presente al 50% nella forma
dissociata. Nello stomaco il pH p diciamo 4, vengono bene assorbite quelle in forma indissocita che
sono il 50%. Nel duodeno il pH è molto più alto, la percentuale delle molecole indissociate è
bassissima. Viene assorbito molto meno. Prendiamo aspirina dopo mangiato, assorbita solo quella
a contatto con le pareti. Viene assorbite più velocemente dallo stomaco e poi più lentamente
assorbita nell’intestino. Una base debole non sarà assorbita a livello dello stoma, breve tempo di
permanenza, pH sfavorevole.
Eliminazione renale. la maggior parte delle sostanze nel sangue finisce nella preurina. La
maggioranza delle sostanze viene riassorbita attivamente dal tubulo. Pensiamo ad una
intossicazione da aspirina. Possiamo rendere più acida o più basica l’urina somministrando dei Sali.
Per fare in modo che aumenti l’eliminazione renale dobbiamo rendere l’urina basica, l’aspirina
viene riassorbita molto meno, rimane nell’urina. Questa può essere una strategia per trattare il
paziente intossicato con un acido debole. Il citrato o il bicarbonato aiutano ad eliminare i farmaci
acidi, il cloruro di ammonio aiuta ad eliminare i farmaci basici. Pensiamo alla donna che allatta e
prende un farmaco. Incredibilmente gli studi sulla farmacocinetica sulla donna che allatta sono
scarsissimi. C’è un ragionamento che si può fare. Il latte è leggermente più acido del plasma, quindi
tendono ad accumulare i farmaci basici ma non quelli acidi. Di aspirina ne dovremmo trovare poca
nel latte, ma di anfetamina ne possiamo trovare più rispetto alla concentrazione plasmatica. Nei
primi mesi il bambino prende 1/5 del proprio peso corporeo in latto. La presenza del farmaco
significa dosare il neonato in maniera pesante. Lo stesso ragionamento lo possiamo fare con la
mucca, e questo riguarda tutti noi che beviamo latte di mucche e magari fraudolentemente
alimentate con antibiotici o con altre sostanze. Nei latticini viene usato tantissimo latte.

Quindi, i farmaci attraversano le membrane lipidiche principalmente con … ricopia slides (riassumendo).

VIE DI SOMMINISTRAZIONE DEI FARMACI


Enterale, pareneterale, topica mucosa e inalatoria. In alcuni testi si considera enterale la via orale, rettale e
sublinguale. Sublinguale da spostare nelle vie topiche e mucose. Noi consideriamo il farmaco come se fosse
fatto per agire su tutto l’organismo. In funzione della via di somministrazione, il farmaco può avere
principalmente o esclusivamente azione locale. Dobbiamo chiederci se una sostanza ha effetto
principalmente sistemico o locale. La via os ha usualmente effetto sistemico. Raramente locale, la
gentamicina non viene assorbita e ha effetto locale. Ancora il malox. Col bicarbonato, questo viene
assorbito e scompare e lo stomaco nel frattempo risponde producendo più succhi. Dopo sollievo iniziale si
sta più male dopo.
Via parenterale (prevede utilizzo di ago) endovenosa, intramuscolare, sottocutanea, intradermica,
intraperitoneale, intrapleurica. In generale hanno tutte effetto sistemico tranne epidurale perché il farmaco
viene diretteamente apposto all’interno del CSF e gli effetti sono a carico dei neuroni sono li. La
distribuzione è resa difficoltosa (barriera ematoencefalica?) agendo sui nervi avremo un effetto loco
regionale. La intraarticolare è locale, i farmaci rimangono per giorni e giorni perché c’è una certa difficoltà a
tornare nel resto dell’organismo. La via arteriosa viene utilizzata per dare un farmaco antitumorale ad un
organo. L’intraperitoneale è classicamente sistemica. L’intrapleurica ha effetto locale. La via endovenosa
può prevedere effetti locali, soprattutto avversi (dolore e irritazione della vena, della zona di iniezione nel
muscolo).
Topica e mucosa. Transdermica o transcutanea (cerotti medicati). La via transdermica è una via sistemica.
Lo stesso per le pomate: se metto la pomata sul quadricipite deve attraversare un sacco distrati. Forse per il
ginocchio, … La via cutanea è locale (pomata antibiotica, tranne quelle con aminoglicosidi non penetrano,
penetrano solo se la cute è lesionata, antifunginei, cortisone, per affezioni della pelle). Sitemico in alcuni
casi. La via sublinguale non si può utilizzare per tutti i farmaci. La via transdermica evita il passaggio nello
stomaco e gli eventuali danni diretti. Sublinguale è sempre e solo a scopo sistemico. Vaginali è locale, per
alcuni è locoregionale. Lo spray nasale è essenzialmente locale. Una piccola quantità viene assorbita dando
effetti sistemici. La mucosa nasale riesce ad assorbire peptidi. I colliri hanno un effetto locale, al limite
compreso anche il naso, cos’ come la via nasale può avere effetto retrofaringeo.
Via inalatoria. Vapori hanno effetto sistemico. Aerosol l’effetto è locale e talvolta sistemico.

Biodisponibilità (F)
Possibilità che somministro 100 ma che dentro al corpo ne ritrovo 90, 40, 20, 1%. È la frazione della dose
del farmaco che raggiunge in forma attiva la circolazione sistemica. La via parenterale con particolare
riferimento alla via endovenosa è pari al 100%. La via orale può prevedere una buonissima biodisponibilità,
talvolta una biodisponibilità anche scarsa. Dipende da due problemi: quanto farmaco viene assorbito e la
presenza dell’effetto del primo passaggio.
Somministriamo il farmaco per os, una parte potrebbe essere distrutta all’interno dello stomaco. Qualcosa
che crea rallentamento dello svuotamento gastrico diminuisce la biodisponibilità. Una compressa deve
avere la possibilità di disgregarsi. Può succedere che la compressa è fatta male e non si disgrega. Poi, può
essere catabolizzato dall’intestino. Un paziente può avere un malassorbimento o ha la diarrea. Una volta
assorbito dall’intestino va integralmente nel sistema portale e giunge quindi al fegato. Se il fegato è
particolarmente aggressivo nei confronti del farmaco, la quantità di farmaco che fuoriesce dal fegato è
molto minore. Effetto di primo passaggio. Per via endovenosa è una piccola parte che arriva ogni unità di
tempo al fegato. Per effetto di primo passaggio si intende un metabolismo massiccio sul farmaco
somministrato per via orale o per via rettale.
Vantaggi e svantaggi via di somministrazione orale.
- Può prevedere biodisponibilità buona o non buona: se fosse del 50% in tutte le persone non
sarebbe problema, aggiusti le dosi, somministri il doppio rispetto alla via endovenosa. Può essere
un problema rispetto alla variabilità individuale e al variare delle condizioni. Es. sciroppo al bimbo
con influenza. Il bimbo vomita. Lo sciroppo può avere una disponibiltà dello 0 o del 100%. Diarrea,
morbo celiaco non diagnosticato. Problema dell’aderenza: da prender prima dei pasti o dopo dei
pasti, spiegare che vuol dire prendere almeno mezz’ora prima dei pasti dopo essere stato a digiuno
da un po’.
LEZ 26/10/2015

Biodispinibiltà, F nelle formule, riguarda la somministrazione orale e rettale. E tutti i farmaci con massiccia
clearance epatica. Antibiotici che non devono arrivare al colon. Non sempre uguale la biodisponibilità se no
basterebbe aggiustare le dosi.
Contenuto gastrico e patologie gastrintestinali croniche (colite ulcerosa) con malassorbimento e vomito. In
quanto tempo si distribuisce il farmaco all’interno del nostro organismo? È raro che avvenga prima di 45
minuti. Ci sono gli acidi deboli che possono essere assorbiti per il 30-40 percento nello stomaco e questa è
una eccezione. L’assorbimento che normalmente avviene all’interno dell’intestino e il picco si raggiunge in
una o due ore a stomaco vuoto ma a stomaco pieno anche più. Placebo nella somministrazione per os,
sollievo quasi immediato quando di fatto il farmaco è ancora in fase di assrobimento. La orale è la più
economica (no strumenti, no personale specializzato, nella via pareneterale il farmaco non deve essere
dannoso a livello venoso? Un materiale non solubilizzato può portare al clogging e può creare danni a livello
del polmone (embolia polmonare), emolisi, rischio di infezione, sia gli strumenti che il farmaco devono
essere sterili. Le compresse non sono sterili, possono esserci contaminati ambientali. Questo rende la via
parenterale più costosa. La somministrazione di os è più sicura per una questione di tempistica: allergia, se
faccio una endovenosa e il soggetto è allergico, l’allergia si scatena nell’arco di secondi, idem
nell’intrauscolo. Nella somministrazione per os l’assorbimento è lento e allo shock si arriva in un tempo
molto più lungo (5-10 minuti). Abbiamo due tipi di problemi: vogliamo fare in modo che il farmaco agisca
velocemente (per os non è il massimo); a volte vogliamo fare in modo che il farmaco continui ad essere
assorbito in tempo più lungo per garantire una assorbimento, un effetto continuo nel tempo (formulazioni
retard). Queste formulazioni retard indicano che la compressa, la capsula, la microcapsule, microgranuli
prevedono meccanismi che le fanno solubilizzare lentamente a contatto con i liquidi gastrointestinali. è
possibile preparare preparazioni che rilasciano il farmaco lentamente per 4-5 ore.
La piacevolezza del preparato è comunque una caratteristica che può incidere positivamente sul consumo
del farmaco. Piacevolezza: morfina, cocaina, benzodiazepina. Quando si prescrivono questi faramaci
dobbiamo essere consapevoli che somministriamo benzodiazepine a persone con ansia, rischio di
sovraddosaggio. Un conto è prenderla per bocca, un conto è per intramuscolo. Anche antidolorifici in
generale (FANS) hanno rischio di abuso.

Via rettale
In generale andava molto di moda negli anni 60-70 e che ha perso di appeal perché per il problema di una
variabilissima biodisponibilit (diarrea, stipsi, quanto sale la supposta). Prendi una supposta analgesica e non
sai se non fa effetto perché anche se c’è nel sangue non è efficace o per un problema di biodisponibilità. È
una via usata, consigliata nel trattamento di emergenza delle crisi epilettiche soprattutto nel bambino. In
una crisi è difficile somministrare un farmaco per via endovenosa. Peretta. In questo caso non si pone il
problema della biodisponibilità non si pone perché la biodisponibilità la si valuta … se dopo breve tempo,
30 s la crisi non passa allora si fa un’altra peretta. Si somministra una quantità di farmaco sufficiente per far
passare la crisi.

Via endovenosa
Non problemi di biodisponibilità per definizione. Problemi dell’effetto di primo passaggio nel fegato perché
non tutte le vie di somminsitrazione indirizzano il farmaco al fegato. Utilizzabile nelle emergenze permette
la titolazione del dosaggio se disponiamo della disponibilità di controlare fc, fr, o livello analgesia chirurgica.
Un parametro che indica l’efficacia del farmaco possiamo titolare il farmaco per ottenere concentrazione
ottimale. Obbligatoria per farmaco con alto peso molecolare e peptidi. Utile per larghi volumi e per
sostanze irritanti che devono essere comministrate in grandi volumi perché concentrate darebbero un
effetto irritante. Svantaggi. Aumentato rishcio di affetti avversi (embolia polmonare). Non utilizzabile per
soluzioni oleose e sostanze insolubili. Rischio dell’operatore (rischio di contagio per HIV, epatite ecc) per
schizzo di sangue su cute lesionate oppure puntura con l’ago dopo che è venuto a contatto con il paziente.
alti costi (sterilità e grandi volumi). Preclusa durante il trattamento anticoagulante e in presenza di shock. Si
raccomanda di somministrare il farmaco lentamente e in condizioni sterili. Aprire l’ago in un ambiente non
sterile inquina l’ago, cos’ come quando si apre la boccettina in cui è contenuto il farmaco.
Via sottocutanea
Può essere fatta o con un farmaco solubilizzato con eccipienti con assorbimento rapido (effetto non come
endovena ma comunque simile) o può essere fatto con altri eccipienti che formano un deposito e quindi il
farmaco può essere lentamente assorbito dal liello sottocutaneo. (soluzioni acquose e preparazioni
deposito dette retard). Allergeni desensibilizzanti che possono permanere per una settimana. Il liquido può
rimanere li e c’è problema del dolore e della necrosi per le sostanze irritanti. Non si può utilizzare per larghi
volumi (max ml). Costi simili a quelli degli atrli parenterali. Problematica allergene: … soluzioni oleose in via
endovenosa problema embolia polmonare.

Intramuscolo
Più utilizzata dopo la via orale. Le buone pratiche prevedono prima di verificare se non si è presa una vena
(aspirare). Per molte preparazione non sarebbe un problema. Alcune sono rischiose se inoculate in vena. La
intramuscolo deve essere intramuscolo. In una paziente cicciottella si rischia di non prendere il muscolo. Si
fa intraadipe (ferro intraadipe che può diffondersi nel tessuto sottocutaneo effetto tatuaggio).
Distribuzione che può essere veloce o lenta e continua. Sopra i 5ml raro fare intramuscolo. Durante
anticoagulante abbiamo sanguinamento. Può interferire con certi test diagnostici. Microtraumi ripetuti a
livello del muscolo che uccidono cellule che liberano enzimi. Positività di alcuni enzimi che possono essere
scambiati per enzimi cardiaci (da tenere presente in un paziente pesantemente trattato)

Sublinguale
Si può fare per determinati farmaci con certe caratteristiche. Più costosi della via orale. Cosa soffice soffice.
Il paziente deve metterlo sotto la lingua e lasciandolo completamente dissolvere, l’assorbimento avviene,
per l’80% 90% sarà assorbito dal pavimento della lingua che presenta una ricchissima irrorazione. La
mucosa ha una permeabilità al farmaco diversa rispetto alla permeabilità dell’epidermide. L’assorbimento è
buono (vicini al 100% se fatto correttamente). Velocità quasi come endovena. (Es nitroglicerina nei
cardiopatici per angina pectoris). Tempo di risposta paragonabile ad una endovenosa. Anche alcuni fans per
via sublinguale, veloce assorbimento e no effetto di primo passaggio. Farmaci disgustosi e irritanti non
devono essere usati. Non tutti devono esser impacchettati in questo modo, e più costosa

Transdermica
Prevede l’utilizzo di cerotti o pomate con eccipienti idonei con dosatore specifico. Gli effetti della via
transdermica sono di tipo sistemico tranne eventuali irritazioni dovute all’utilizzo del cerotto. Possiamo
usare farmaci tendenzialmente liposolubili. Cerotti che sostituiscono la pillola, uno a settimana. Lo
svantaggio è che il farmaco non può essere assorbito velocemente, non è una via di emergenza. FANS che
possono rilasciare il principio attivo per ore, anche per un giorno. Farmaco contro le cinetosi.

Aerosol e spray nasale


L’aerosol non è da confondere con l’introduzione di gas nell’apparato respiratorio. Questi arrivano agli
alveoli e scambio gassoso ….
I farmaci più utilizzati non prevedono l’utilizzo di gas ma di microparticelle o di polvere o di liquido che
come una fine nebbiolina si depositano o sulla mucosa nasale o sulla mucosa delle basse vie respiratorie.
Studi su dimensioni, eccipienti pe fare arrivare il farmaco dove deve arrivare. Qui in italia noi abbiamo in
tutte le case la macchinetta aerosol. Non va bene perché non è pensata per le varie particelle e tira fuori
particelle di grandi dimensioni per qualsiasi molecola. Vanno utilizzate le bombolette pressurizzate. Fanno
le particelle di dimensione giusta. Problema nell’aerosol: nasale bisogna inspirare mentre si fa la pompetta
e non è un problema anche se non respira. Invece ci deve essere una precisa coordinazione tra momento in
cui si somminsistra e il momento in cui si inspira, 3 s dopo l’inizio della corrente di inspirazione.
Problematica nel bambino, per questo parecchi pediatri prescrivono aerosol con la macchinetta. Esistono
delle camere, un cilindro ad una estrmità si attacca una bomboletta, all’altra la mascherina e ci sono delle
valvolette che prevedono la somministrazione solo durante la inspirazione.
A proposito degli spray nasali. La mucosa nasale ha pori grandi, ottimo assorbimento, si possono utilizzare i
peptidi. Dobbiamo considerare che il farmaco viene comunque assorbito. I farmaci hanno il principale
effetto sulla mucosa dove arrivano. Il farmaco viene poi assorbito, si diluisce. Per gli spray nasaliil dosaggio
è basso, per l’albero bronchiale il dosaggio è più elevato. Novità, glucocorticoidi di nuova generazione che
con una serie di meccanismi vengono inattivati una vota nell’organismo. Per lo spray nasale dobbiamo
sottolineare l’inopportunità di somministrare in modo diffuso i vasocostrittori. Ipo o pertrofia nasale
(polipi) se preso per periodi lunghissimi, più problemi per cardiopatici che è un vasocostrittore. Va utilizzare
in acuto, non oltre una settimana ogni mese, due mesi. Cocainomani che si bucano il setto nasale, cocaina è
un potente vasocostrittore.
[uso del distanziatore, nuvoletta che si aspira per evitare spennellata sulla lingua, es candidiasi da
glucocorticoiti] Tutto ciò che viene introdotto anche se introdotto correttemente, il farmaco non si deposita
solo nei polmoni ma anche altre parti delle vie aeree e si pensa che fino al 70% del farmaco non arrivi a
destinazione e venga deglutito e passa a livello del tratto GI e ci sarà effetto di primo passaggio. Il diametro
delle particelle non deve essere né troppo grande né troppo piccolo. Particelle inferiore a 10 micron che
possono arrivare a liveello di alveoli e micron. Devono arrivare ai bronchioli terminali. Se troppo piccole
non si deposita e arriva a livello alveolare.

I preparati retard
Sono utili per permettere l’allungamento dell’effetto del farmaco. Per via transdermica è per definizione
una vie retard, le altre solo con eccipienti idonee. La via endovenosa può esser di due tipi:
- In bolo
- Per infusione continua: via retard, somminsitrazione nell’arco di ore a seconda dello
sgocciolamento.
Compressa retard che può assorbire acqua e solo l’acqua assorbita si sporca di farmaco, solubilizza una
piccola quantità di farmaco e viene rilasciata ….
Tecnologie più sofisticate, problema delle imitazioni.

COME SI CALCOLA LA BIODISPONIBILITà


Si calcola attraverso la cosiddetta area sotto la curva (AUC). Si traccia la curva monitorando la
concentrazione nel sangue nel tempo. Sarà possibile tracciare una linea e calcolare l’area sotto la curva.
L’area sotto la curva standard di riferimento è quella che segue alla somministrazione endovenosa del
paziente. In fase 1 e 2. Area sotto la curva soluzione iniettata e somministrata per via orale. Orale 20-30%
(area sotto la curva per somministrazione orale diviso area sotto la curva iniettata per 100).
Per definizione è 100% per via endovenosa, intramusclo, sottocutane transdermia sono minori o uguali a
100% le altre (..)
La biodisponibilita GI cambia in funzione di una serie importantissima di parametri dove il produttore
centra tantissimo, incidono anche le caratteristiche del paziente. Lo stesso tempo di svuotamento gastrico
è importante: più rimane nello stomaco più cambia la AUC. Cambia in senso assoluto e come forma.
Peggiora la biodisponibilità. La AUC può essere diversa dal punto quantativo puro o può esser diversa la
forma nei vari pazienti. Può essere uguale l’area complessiva ma diversa la forma (cambia il picco, la cmax).
L’attività fisica rallenta l’assorbimento perché sottrae sangue al tubo GI e in generale diminuisce la
biodisponibilità. Fenomeno induzione enzimatica.

Interazioni farmacocinetiche in fase di assorbimento


- Farmaco può essere chelato da altri farmaci
- Si può modificare pH gastrico
- Può assorbito da superficie che non assorbono
- Modificazioni della …
Es. tetraciclina, antibiotico non molto usato ora, insieme al latte succedeva che si azzerava la
biodisponibilità. O malox, è come se non facesse il trattamento.
Es ketoconazolo insieme a sucral o ranitidina (per ulcera gastrica, antiacido) si riduce la biodisponibilità.

Concetto della bioequivalenza.


Si definiscono bioequivalenti due farmaci in commercio contenenti la stessa quantità dello stesso principio
attivo e se hanno la stessa biodisponibilità, la stessa AUC. Da cosa dipende la bioequivalenza dei due
preaparati con stesso principio e quantità dipende dagli eccipienti. Ogni produttore ha la propria ricetta
degli eccipienti. Se cambiano gli eccipienti cambia la biodisponibilità.

Farmaci generici e farmaci equivalenti sono sinonimi?


I farmaci generici sono quella classe di farmaci disponibili in farmacia che contengono principi attivi di
farmaci non più protetti da brevetto. L’effetto può essere diverso per la diversità degli eccipienti,
assorbimento e biodisponibilità.
GENERICO: medicinale prodotto industrialmente ..
Quanto dura un brevetto? Dura 20 anni. Protegge l’inventore in modo tale che ci possa rientrare dal punto
di vista economico. Quando l’inventore brevetta il farmaco? Prima della fase I, ma di solito prima ancora di
iniziare la fase sull’essere umano, quando la molecola esce dall’anonimato ed inizia ad attirare l’interesse.
In circa un anno hai il brevetto. Passano almeno 10 anni prima che il farmaco venga sperimentato sull’uomo
per la prima volta. Si chiede l’estensione fino a 5 anni del brevetto che può durare da 20 a 25. Dura venti se
metti meno di 5 anni dal brevetto alla commercializzazione. Se passano più di 5 anni, hai un anno in più fino
ad un massimo di 5 anni. Il brevetto dura da 20 a 25 anni, l’estensione si chiama SPC, concessa sulla base
del ritardo sulla commercializzazione. Dipende dall’interazione con le agenzie regolatorie che devono
concedere il permesso per la commercializzazione.

Lo stato vuole guadagnare dalla possibilità di usare i brevetti scaduti: ti permetto di commercializzare il
farmaco con brevetto scaduto se lo vendo con un prezzo di almeno 20% inferiore rispetto al farmaco
commercializzato dal detentore del brevetto. Il SN sanitario risparmia sia perché il farmaco generico ha
prezzo più basso sia perché si abbassa il prezzo del farmaco che aveva il brevetto. Rincorsa al ribasso fino a
che la casa ex detentrice tende a cercare di strangolare il produttore del generico fino ad arrivare a prezzi a
buon mercato. I consumatori per poco in più tende a prendere quello originale. La corsa al ribasso si porta
a termine nell’arco di 5-10 anni.
In Italia, appena è uscita fuori questa legislazione tutti hanno continuato ad usare il farmaco brand, e non si
aveva il risparmio previsto. Con la finanziaria del 2001 si è introdotto il criterio della sostituibilità, cioè voi
scrivete aulin e in farmacia il farmacia dà un generico anche senza dirlo al paziente. Il farmacista può dare
qualsiasi cosa e il SN restituisce al farmacista quello che costa il generico. Il farmacista deve chiedere se
vuole il brand e chiedere quantitativo aggiuntivo di soldi. Se non c’è scritto insostituibile verrà dato il
generico. Sono i generici, diversi farmaci generici. Abbiamo il farmaco brand e 10 generici, ognuno dei quali
ha potenzialmente una sua biodisponibilità che a loro volta può essere diversa da quella del farmaco brand.
(per gli integratori non esiste questa legislazione. Spesso non rispettano quello che scrivono. I nas
controllano invece il reale quantitativo di farmaco nella bustina ma non valuta la biodisponibilità, non si
pone questo problema nel testo di legge ).
Il mercato dei generici è amplissimo, vale molto di più dei farmaci non generici. Ondata di antiipertensivi,
antibiotici, farmaci su cardiovascolare, anti ulcera. Questo inizia a diventare un problema per la
biodisponibilità. In questi farmaci le dosi sono importantissime e il dosaggio viene spesso definito
empiricamente.

Un farmaco bioequivalente viene definito come? Ogni AUC ha 3 caratteristiche:


- T max
- AUC
- C max
Sono bioequivalenti se la AUC non si discosta di più del 20%. Anche la C max. Il 20% perché la
biodisponibilità cambia già da individuo ad individuo. Spesso si prendono diversi generici, ogni farmacia
avrà più interesse a dare un tipo di generico. Tra due generici ci può essere una differenza di 40%.
Bisognerebbe, se si passa al generico, utilizzare sempre lo stesso.
Il problema è importante per i farmaci a basso indice terapeutico: immunosoppressori, anticoagulanti,
antiaritmici, antiepilettici,… evitare intercambiabilità tra i diversi generici. Ruolo degli eccipienti nella
biodisponibilità. Zucchero per diabetici, amido per celiaci, aspartame per fenilchetonuria. Nimesulide
d’orum a pappetta: risparmiano sul centesimo per non essere strangolati ed un impacchettamento fatto
male può far entrare acqua e una molecola in ambiente acquoso può degradarsi. Biodisponibilità ancora
inferiore rispetto a quando imbustato. Il farmaco generico può essere sempre non idoneo. Le vecchiette lo
dicono che da quando prendono i generici si lamentano. Effetto placebo o il farmaco fa veramente meno
bene. Mercato dei generici inaffidabile, usare noi e nostri pazienti i farmaci di riferimento anche perché
diminuisce la spesa sanitaria si abbassa per la corsa al ribasso.
Dal 2006 i farmaci entrati nuovamente in commercio devono essere autocertificati. In america i dati devono
essere pubblici.

Proposte di ulteriore adeguamento normativo


- Restringere il range

Problematica dei biosimili. Biofarmaci brevettati negli anni 80 (insulina, gh, vaccino …) sono prodotti da
lieviti, batteri stanno per perdere il brevetto. In questo caso si ha il problema di folding, glicosilaizione e
altre modificazioni post traduzionali. In altri termini, per i farmaci chimici il principio attivo è uguale
indubbiamente, per i biofarmaci le molecole sono diverse a seconda del produttore.
I biofarmaci sono simili ma non identici. Agli altri problemi si associano i problemi di diversità del principio
attivo.
Le case produttrici possono anche speculare dicendo che le loro molecola è migliore del farmaco di
riferiemento. Ma il farmaco di riferimento ha passato una fase 1, 2, 3. Per stabilire che un farmaco è
migliore bisognerebbe riproporre una fase 2 e una fase 3.

L’uso del generico abbassa il prezzo del farmaco e permette di curare più persone a prezzi più basi
Occorre riuscire ad ..
Medico e farmacista devono avere nozioni su questa problematica
Avvento dei biosimili

[scaduto il brevetto del viagra e lo pfizer che detiene il brevetto ha iniziato a produrre anche i farmaci
bioequivalenti. Devono avere il nome del principio attivo e accanto il nome del produttore. Con la scadenza
del brevetto hanno fatto anche dosaggi più bassi a scopo ricreazionale. Con altri eccipienti ecc]

LEZ 09/11/2015

Abbiamo affrontato il problema assorbimento e dei bioequivalenti. Ora analizziamo il problema


distribuzione.
Una volta somministrato, il farmaco viene assorbito o somministrato direttamente in vena. In plasma può
andare nei tessuti, può essere metabolizzato e può essere eliminato. La risposta clinica devia dalla
concentrazione del farmaco del sito da azione ma la concentrazione del farmaco negli altri tessuti comporta
affetti avversi. Prescindendo da quanto e come somministrato, ciò che importa è quanto ce n’è nel plasma.
Quanto viene metabolizzato e eliminato dipende da quanto ce n’è nel plasma.
Grafico mostra farmaco somministrato per via endovenosa in bolo (al tempo zero concentrazione più
elevata; stesso quadro per somministrazione sublinguale). Il farmaco segue un andamento di questo tipo:
concentrazione plasmatica iniziale elevata che scende rapidamente. Ad una certa la concentrazione
continua a ridursi ma più lentamente. La scala della concentrazione non è lineare, ma logaritmica (distanza
tra 1 e 2 poco inferiore della distanza tra 2 e 5…). Il corpo non ragiona in termini assoluti ma in termini
logaritmici. Due curve. Prima curva che riguarda il problema della distribuzione del farmaco, dal sistema
circolatorio ai tessuti, la concentrazione plasmatica si riduce. La seconda curva rispecchia il problema della
eliminazione che sua volta si divide in eliminazione per escrezione ed eliminazione per metabolismo. Nel
punto in cui cambia la pendenza della curva la distribuzione è finita. La concentrazione del farmaco nel
plasma è uguale alla concentrazione del farmaco nei tessuto? Solo talvolta la concentazione plasmatica del
farmaco è uguale alla concentrazione plasmatica nei tessuti, ed è un caso speciale di cui parleremo. Se
tenessimo costante la concentrazione plasmatica attraverso la infusione continua la concentrazione nei
tessuti non cambia ma non necessariamente è uguale a quella plasmatica.
Le concentrazioni nel sangue e nei vari tessuti di solito sono diverse anche quando si è raggiunto l’equilibrio
(cioè al termine della distribuzione). Una volta raggiunto l’equilibrio il rapporto concentrazione
tessutale/concentrazione plasmatica rimane costante. Questo varia al variare del farmaco. Plasma
espander, infusione in caso di riduzione volemia (emorragia) con sostanze che non si distribuiscono. Quindi
varia il grado di distribuzione di un farmaco.
Primo parametro della farmacocinetica è la biodisponibilità (solitamente orale se non specificato).
Volume apparente di distribuzione è il volume di fluido necessario a contenere la quantità totale di farmaco
presente nell’organismo alla stessa concentrazione di quella presente nel plasma. Il volume apparente di
distribuzione di un plasma espander è quello del letto circolatorio. Può essere maggiore del volume di
liquidi del nostro corpo, se è più concentrato a livello dei tessuti che nel plasma. Dipende dalla affinità del
farmaco per alcune strutture (iodio tiroide, sostanze chelanti il calcio ossa). Farmaci liposolubili hanno un
grande volume di distribuzione sono i farmaci liposolubili che si concentrano in tessuto adiposo e nervoso.
Se si concentra nel cervello avrà tossicità cerebrale o gli effetti voluti (farmaci attivi al livello del sistema
nervoso sono liposolubili). Se il farmaco scompare la velocità con cui il farmaco viene eliminato sarà
bassissima perché è attraverso il plasma che il farmaco arriva a livello degli organi che lo metabolizzano e lo
escretano. I farmaci con un ampio volume di distribuzione hanno un problema ad essere eliminati. Rischio
intossicazione, si può dare un antidoto che contrasti gli effetti ma possono passare anche settimane prima
che vada via il farmaco. Il DDT per le zanzare ha un ampissimo volume di distribuzione. Il tonno e il pesce
spada hanno molti più inquinanti di un pesce piccolo (effetto accumulo). Se prendo un farmaco liposolubile
e dimentico di prenderlo un giorno ho gli effetti del farmaco accumulato nelle settimane nel tessuto
adiposo che ne cede un po’ al plasma ristabilendo l’equilibrio.
Def 2. Ammettendo che il corpo sia costituito esclusivamente da un liquido non compartimentalizzato ….
Sottoproblemi. Nel plasma il farmaco è sotto due forme: libero e legato. Un farmaco con piccolo volume di
distribuzione è eliminato in grande quantità a meno che non sia legato alle proteine plasmatiche. Il
farmaco legato è farmacologicamente inattivo. Albumina (affinità acidi deboli) e …
Fenomeno dello spiazzamento: competizione fra sostanze legate alla stessa proteina, es albumina.
Sulfamidici somministrati spiazzavano la bilirubina dando ittero.

Volume totale di acqua sono 42 litri, 18.

Più la Kp è elevata più la concentrazione tessutale del farmaco sarà elevata. Più tempo sarà necessario per
raggiungere la concentrazione massima.

Recupero lezione giovedi 19 dalle 11 alle 14. Esercitazione identica all’esame.

Un esempio importante in clinica di ridistribuzione è l’anestesia generale. Un soggetto deve essere intubato
fino a che non recupera. In parte esistono gli antidoti. Come termina l’anestesia? È un meccanismo di
redistribuzione dal cervello al tessuto adiposo. Funziona solo se l’anestesia è relativamente breve (2-3 ore;
se l’intervento dura 12 ore non vale più).

PROBLEMA ELIMINAZIONE.
Il farmaco viene eliminato anche se formalmente una parte rimane nell’organismo. Il metabolismo prevede
la trasformazione di una molecola in un’altra, che può o meno essere metabolicamente attiva. Viene
metabolizzato ciò che è nel plasma.
L’eliminazione dipende dallo stato del paziente e dalle proprietà chimico fisiche del farmaco.
LEZ 16/11/2015

Tabella che prende in considerazione due tipologie di farmaci: 1- finestra terapeutica sufficientemente
grande: se il farmaco ha una emivita inferiore ai 30 m non è somministrabile per os.
Se ha un emivita tra i 30 minuti e le 3 ore può essere somministrato per ore ( volte al giorno, teoricamente
anche più, ma sopra le 4 volte al giorno non si somministra il farmaco per os, ma per altre modalità). 3-8
ore prevedono somministrazione 3 volte al giorno. 8-24 si somministra 1-2 volte al giorno. Più di 24 ore una
volta al giorno. Somministrando preparati retard il discorso cambia completamente. Se un preparato retard
prevede l’assorbimento del farmaco per 5-6 ore è come se facessi una infusione continua nell’arco delle sei
ore. In caso di cerotto, preparato transdermico, possiamo addirittura pensare che si arriva ai 7 giorni.
Questo prescinde dall’emivita perché è come se somministrassimo continuativamente il farmaco.

È possibile non aspettare le 3-4 emivite per avere una efficacia immediata nel paziente? Si
È possibile con la dose di carico. Se somministriamo al tempo zero una dose di farmaco superiore rispetto a
quella che poi somministreremo con gli altri dosaggi noi possiamo accelerare fino ad azzerare questa
problematica relativa al raggiungimento della concentrazione plasmatica. Questa si chiama dose di carico. Il
primo motivo è la problematicità di spiegare al paziente che la dose di carico è opportuna solo e soltanto se
prevede un raddoppio o addirittura tre volte la dose in prima giornata. Il paziente tenderebbe a prendere la
dose di carico per tutto il periodo della terapia, raddoppiando la concentrazione plasmatica. Sarebbe
opportuna la dose di carico solamente se il farmaco ha una emivita di più di 24 ore.
Classicamente è usata in ospedale. La digitalizzazione è una dose di carico massiccia effettuata con una
endovena. Significa far raggiungere una dose efficace di digitale in pazienti con sompenso cardiaco, poi il
paziente viene mandato a casa con prescrizione. Comunque, nel caso di farmaci a lunga emivita questo
discorso può esser fattibile. Questo con i farmaci attivi sul SNC invece che usare una dose di carico si usa
una dose minore perché il paziente ha effetti avversi. Se le dosi sono piccole gli affetti avversi sono lievi, e
c’è tempo perché avvenga un meccanismo di tolleranza. Allo stesso modo con i farmaci ipertensivi che
possono dare ipotensione ortostatica all’inizio.

Nel caso di un indice terapeutico piccolo talvolta si fa dose di carico anche con una emivita tra le 3 e le 8
ore. Le due tabelle sono differenti perché se un farmaco non può essere somministrato per forma retard.

L’andamento della dose di carico è simile a quello di un farmaco dato in bolo, con una
monosomministrazione. Mentre viene smaltita questa grande dose vengono somministrate dose più
piccole mantenendo la concentrazione plasmatica.

Dose di carico (mg) = Vd

Problematica relativa alla velocità con cui avviene la somminstrazione.

Curva nera  non c’è assorbimento, endovenosa in bolo. Inizialmente la concentrazione sarà massima.
Man mano che passa il tempo la curva nera è al di sotto di tutte le altre curve. L’area sotto la curva è
identica. Apparentemente le altre curve hanno una emivita diversa ma è lo stesso farmaco semplicemente
somminsitrato con assorbimento più o meno differito. Non cambia l’emivita ma se prendiamo in
considerazione la curva azzurra è come se somministrassimo il farmaco in 6 o più boli. Se somministriamo il
farmaco sotto forma di retard il farmaco continua ad essere assorbito anche a tempi ritardati rispetto al
tempo zero. Ovvero, una parte del farmaco è come se fosse somministrata non al tempo zero ma dopo
un’ora, due tre… è come se una parte del farmaco non venisse somministrata al tempo zero.
A parità di biodisponibilità, se ritardiamo l’assorbimento aumentiamo la durata dell’assorbimento e
cambiamo l’area sotto la curva, dal punto di vista della forma.

L’emivita è una grandezza che non è spiegabile direttamente. Dipende da una serie di operazioni che fa il
corpo. Uno è il volume di distribuzione: l’emivita dipende dal Vd: più il farmaco si distribuisce più l’emivita
sarà grande. Poi abbiamo l’efficienza con cui il farmaco viene eliminato. Via renale, bliare
(gastrointestinale). Ci sono altre vie: la via polmonare, poco rilevante per tanti farmaci diventa rilevante dei
farmaci volatili (alcol, serie difarmaci che subiscono un metabolismo il cui metabolita viene eliminato sotto
forma gassosa anestetici ad esempio). Via mammaria, vera per numerosissimi farmaci, poco rilevante dal
punto di vista della madre ma molto rilevante dal punto di vista del bimbo. Tutte le volte che beviamo latte
di mucca o ancora di più formaggi, la possibilità di assumere farmaci presi dalla mucca è elevata. Se un
soggetto allergico non si risale al primo contatto o c’è una sbagliata anamnesi oppure il primo contatto è
stato attraverso alimenti. Via cutanea: dopo anestesia generale, odore caratteristico.
Il nostro organismo elimina il farmaco attraverso tante strade. Bisogna introdurre un’altra grandezza che è
la clearance. È il volume di plasma dal quale viene allontanato tutto il farmaco nell’unità di tempo.
Prendiamo un farmaco eliminato in via renale: quando arriva in arteria renale la sua concentrazione è di 1
mg/L. nella vena troviamo una concentrazione di 4 mg/L. sono stati allontanati 6 mg/L ma non è possibile
esprimere questi sei mg ma è più facile pensare che nell’unità di tempo fuoriescono dall’arteria renale un
tot di litri di plasma, noi ammettiamo che 600 ml di sangue sono stati completamente eliminati. Noi non
troveremo un sangue pulito e uno sporco ma solo sangue con una ridotta concentrazione. La clearance
totale di un farmaco è uguale alla somma della clearance renale, più la clearance epatica più
eventualmente le altre clearance secondarie. Clearance renale ed epatica non ci sono per tutti i farmaci.
Per alcuni c’è solo clearance renale, altri hanno praticamente solo clearance epatica, ma per altri farmaci ci
sono entrambe le clearance, con una diversa preminenza. Ci interessa sapere ciò perché spesso si ha a che
fare con soggetti epatopatici o nefropatici. Un soggetto con un solo rene dimezza la sua capacità di
clearance renale. il problema è anche l’interazione tra farmaci e le abitudini alimentari. Non solo abbiamo
pazienti in cui le clearance sono diminuite ma abbiamo anche pazienti in cui le clearance possono essere
aumentate. Perché aumenta il metabolismo epatico. Clearance ed emivita sono inversamente
proporzionali: se diminuisce la clearance aumenta l’emivita. Il rischio è la tossicità perché aumentando
l’emivita (es del doppio), se somministrassimo il farmaco in base all’emivita attesa, la concentrazione
plasmatica al plateau sarà doppia.
Emivita e Vd sono direttamente proporzionali. Imparare la formula.
La velocità di eliminazione è direttamente proporzionale alla concentrazione plasmatica del farmaco (ma
non cambia l’emivita in base alla concentrazione plasmatica del farmaco. L’emivita è uguale ma più è
concentrato il farmaco maggior è la quantità eliminata nell’unità di tempo). La velocità di eliminazione è
uguale alla clearance per la concentrazione plasmatica del farmaco.
Nel bambino appena nato la clearance è bassa. I bambini piccoli hanno un clearance variabile solitamente
superiore a quella degli adulti. Gli anziani hanno una clearance più bassa rispetto a quella dell’adulto.
Le differenze quantitative, nei soggetti normali sono importanti. Nei bambini il dosaggio viene ridotto ma
non in modo proporzionale al peso.
Rispetto alla funzionalità renale, possiamo stimarla o calcolare la clearance della creatinina. Si stima usando
delle formule che ci permettono una stima veloce della funzionalità renale partendo dalla creatininemia.
Mentre la clearance epatica è sovrabbondante e si riduce solo negli stadi terminali di epatopatia. La
clearance renale non è sovrabbondante, una piccola riduzione della funzionalità renale può portare ad un
aumento della emivita.

METABOLISMO I UN FARMACO

Le sostanze più difficili da eliminare sono quelle liposolubili. Il fegato è una macchina che opera
biotrasformando in modo da ottenere molecole con maggiore idrosolubilità. Le sostanze liposolubili se
vengono filtrate vengono poi riassorbite dai tubuli. Se la sostanza è trasformata in sostanza idrosolubile può
essere eliminata dal rene. Ci sono anche altri apparati con un proprio metabolismo.
Parlare del metabolismo dei farmaci è complesso.
- L’acido acetil salicilico viene idrolizzato in acido salicilico che può essere trasformato in vari
metaboliti.
Possiamo prendere in considerazione due fasi: fase 1 che prevede una ossidoriduzione e la fase 2 che
prevede l’aggiunta di una molecola più o meno grossa al farmaco che viene metabolizzato.
Alcuni farmaci non subiscono in nessun modo un metabolismo epatico e vengono eliminati direttamente
dal rene. Altri subisono solo reazioni di fase due. Un gruppo numeroso va incontro ad una reazione o più
reazioni di fase 1. I risultanti vengono coniugati e poi eliminati. Raramente la fase uno non va in contro a
coniugazione e viene eliminata. Concetto di profarmaco. I
I prodotti delle reazioni di fase 1 sono inattivi. Invariabilmente i prodotti di fase 2 non hanno tossicità e non
hanno attività farmacologica. Sono ancora nell’organismo ma è come se non ci fossero. Non possiamo dire
la stessa cosa dei prodotti della fase 1. Esistono tre possibilità: un prodotto di fase 1 può essere attivo come
il composto da cui deriva, possibile che sia più o meno attivo ma comunque più tossico rispetto al prodotto
da cui deriva, infine è possibile che il prodotto di fase 1 sia inattivo. La fase 1 può dare luogo alla
produzione di metaboliti tossici che vanno incontro alla fase due e poi vengono eliminati. Una cosa che
dobbiamo tenere in mente è che la fase due è successiva alla fase 1 ma non necessariamente avviene
all’interno dell’epatocita. Può uscire dal fegato e poi rientrare nel fegato per la fase 2. In circolo quindi
avremo farmaco e metaboliti di fase 1 (della fase 2 chi se ne frega). Parecchie tossicità dei farmaci possono
essere attribuite a i metaboliti di fase 1.
Cos’è il profarmaco? È un composto che, testato in vitro su cellule, non ha proprietà farmacologiche ma
una volta somministrato per os subisce il cosiddetto effetto di primo passaggio che normalmente è un
effetto inattivante ma in questo fase prevede la biotrasformazione del farmaco in molecola attiva. Perché
vengono utilizzati i profarmaci? Ridurre tossicità intestinale?
Il profarmaco può essere coniugato e di nuovo diventa inattivo. (fase 1 attivo, fase 2 nuovamente inattivo).
Es di farmaci che sono profarmaci che diventano metaboliti attivi o che, essendo attivi, rimangono
metaboliti attivi. Morfina 6 glucurunato è una eccezione perché è un prodotto di fase due ma è un
metabolita attivo.
Un caso interessante è quello delle benzodiazepine. Il capostipite è il diazepam che viene trasformato in
oxazepam e nordiazepam che sono metaboliti attivi. Quindi nel paziente ci sono 3 benzodiazepine tutte e
tre attive con una diversa emivita. Gli enzimi che producono oxazepam e nordiazepam sono diversi. La
durata dell’effetto può ossere diversa a causa della prevalenza di uno o l’altro enzima nel fegato del
paziente.
Paracetamolo. È uno tra i farmaci con meno tossicità che essendo stato utilizzato dagli anni 40-50,
sperimentato involontariamente incinta su donne incinta e bambini (no effetti teratogeni). Il paracetamolo
è quindi abbondantemente utilizzato. In caso di sovraddosaggio se il fegato esaurisce il GSH (grazie al quale
il metabolita di fase 1 è trasformato in metabolita di fase 2) e nel caso della attività di questi enzimi sia
scarso esiste la possibilità di permanenza nel fegato ad una molecola che da luogo ad una tossicità epatica
grave, talvolta fulminante. No il paracetamolo ad essere tossico ma il suo metabolita di fase 1.

Quindi
- Una reazione di fase I trasforma un composto lipofilo in uno più polare
- I metaboliti di fase II sono normalmente più reattivi (più tossici)
- I metaboliti di fase I possono esser ugualmente …

Continuiamo a concentrarci sulla fase I


- Ossidazioni
- Deaminazioni ossidative
- Riduzioni
- Idrolisi
Responsabili sono enzimi microsomiali (citocromi P450) e al di fuori dei microsomi (alcool deidrogenasi,
monoaminoossidasi).
CITOCROMI P450
Sono una famiglia enzimatica abbondantissima presenti in fegato intestino e altri tessuti. Focalizziamo la
nostra attenzione sui cyp del fegato. Catalizzano una reazione che prevede l’utilizzo di ossigeno, e usa come
catalizzatore un ferro non eme che oscilla tra lo stato di ossidazione +2 e +3 e NADPH trasformato in NADP.
I citocromi si dividono in famiglie e sottofamiglie. Alcune sono presenti molto abbondantemente nel fegato
(CYP3A) altri presenti in piccole quantità come CYP2A6. Da ricordare ….
Ogni farmaco viene metabolizzato da un solo enzima di fase 1? No, la teofillina è metabolizzata da 1A1 e
1A2. L’espressione di questi CYP è diversa in ciascuno di noi. Il polimorfismo genico gioca un ruolo
importante nel metabolismo dei farmaci (PM- poor metabolizer, …)
Ciascuno di noi può essere PM relativamente ad un CYP e EM per un altro CYP.
Caso particolare è il profarmaco. Un paziente PM riguardo ad un CYP in grado di attivare un profarmaco
rischia una mancata efficacie ed un EM presenta rischio di intossicazione. Un farmaco va incontro a fase 1,
arriva nell’organismo e poi subisce la fase 2. Per questo rischio di intossicazione.
La codeina viene trasformata in morfina dall’organismo. Case report di un signore che stava per morire di
intossicazione da morfine in un paziente che assumeva dosi standard di codeina. Lui era un ultra
metabolizer (rate 100 volte superiori rispetto ad un paziente normali). Una donna che allatta e prende
codeina potrebbe portare in grembo un bimbo ultrametabolizer che può rischiare di essere intossicato.

CYP2D6. Poco espresso. 20 varianti alleliche. Inattivo in circa il 6% della popolazione caucasica. Il
polimorfismo di CYP è il responsabile principale della tossicità dei farmaci.
Un 10% dei pazienti non risponderà alla codeina perché non la trasformeranno in morfina.

Problema che si sovrappone a quello del polimorfismo. Il CYP 1A2 ha una serie di farmaci che hanno una
parte della molecola che viene riconosciuta e attaccata dal CYP 1A2. Questi cYP sono inducibili. Hanno
mantenuto cioè la capacità che hanno i batteri che inducono alcuni enzimi al cambiare del terreno di
cultura. Il fegato risponde all’introduzione di alcune sostanze modificando il livello di espressione di questi
CYP. Il fumo di sigaretta (non la nicotina da sola), gli alimenti cotti a carbone, i cavolfiori, alcuni farmaci
come l’omeoprazolo sono induttori dell 1 A 2, vuol dire che aumentano i livelli di espressione di questi
enzimi.

LEZ 19/11/2015

Reazioni di fase 2, nella quale il farmaco va incontro ad un ulteriore metabolismo, normalmente dopo la
fase 1. Talvolta la fase 2 segue immediatamente la fase 1, altre volte invece prevede la possibilità che il
farmaco esca dal fegato dopo aver subito la fase 1 per rientrarci successivamente e subire la fase 2. I
metaboliti di fase 2 sono più idrosolubili dei metaboliti di fase 1 e soprattutto molto di più rispetto alla
sostanza originale. Lo stesso vale per tossici e alcuni tipi di alimenti. Rendere una sostanza più idrosolubile
vuol dire favorire l’eliminazione renale.
La fase 2 si distribuisce in modo abbastanza significativo attraverso 6 tipi di reazioni
- Glucurunazione
- Acetilazione
- Glutatione
- Glicina
- Solfato
- Metilazione
Ciascuna di queste ha un suo ruolo.
Anche per quanto riguarda la fase due abbiamo la problematica dei polimorfismi. La TBC è una
problematica trattata fin dagli anni 40. In alcuni pazienti comparivano neutropenia periferica in pazienti
trattati con isoniazide. Successivamente è stata avanzata l’ipotesi che si trattasse di una problematica di
tipo genetico. Ora sappiamo che dipende dalla N acetil transferasi ma anche da altre sostanze come la
caffeina. Si può parlare anche qui di PM ed EM. È un ragionamento anche questo grossolano. La
distribuzione della concentrazione è una distribuzione
Il problema del polimorfismo è di tipo farmacoeconomic. Se interessa lo 0,1% della popolazione se il rischio
è la morte ci si può pensare, se un effetto avverso si utilizza comunque il farmaco. Nei giapponesi abbiamo
un 90% di acetilatori rapidi. Tra gli egiziani sono soprattutto acetilatori lenti. In italia è al 50%, per questo è
un problema più serio quello dell’acetilatore rapido o lento. Se si deve utilizzare isoniazide bisogna
considerare …
Parecchi degli affetti avversi dei farmaci sono dovuti a problematiche farmacocinetiche, ovvero sarebbero
largamente prevedibili ed evitabili dando il giusto dosaggio in base al fenotipo del soggetto. Addirittura
bisognerebbe stabilire un dosaggio per i maschi e per le femmine. L’unica cosa di cui ci facciamo carico è il
dosaggio di bambini e anziani. Anche in questi casi abbiamo enzimi inducibili diversi dai CYP (es. induzione
dell’alcol deidrogenasi da parte dell’etanolo).

TOLLERANZA FARMACOCINETICA
Per tolleranza intendiamo un fenomeno abbastanza rilevante in clinica che prevede la possibilità che,
continuando a somministrare lo stesso farmaco nel paziente nel corso delle settimane compare inefficacia.
Da cosa dipende? Distinguiamo due tipi di tolleranza: farmacocinetica e farmacodinamica. La
farmacodinamica riguarda adattamenti recettoriali al farmaco. La tolleranza farmacocinetica è un
fenomeno banale che dipende dalla induzione enzimatica che comporta un aumento della clearance
epatica (ma non solo). Questo comporta una diminuzione dell’emivita e quindi della concentrazione
plasmatica al plateau (sottodosaggio). Esiste una adattabilità del sistema che prevede il fatto che venga
indotto l’enzima. Per ogni sostanza si descrive il limite di induzione oltre il quale non si va. Se i metaboliti
del farmaco non sono tossici basterebbe aumentare le dosi. Se il problema diventa farmacodinamico e si
intreccia con quello farmacocinetico potremmo osservare una tolleranza rispetto all’obiettivo terapeutico e
mancata tolleranza dell’effetto avverso. La problematica farmacodinamica è insormontabile. In alcuni casi
si può associare un altro farmaco, ma nella maggior parte dei casi si cambia farmaco.

Ma cosa succede quando termino il trattamento quando è comparsa tolleranza farmacocinetica? Effetto
rimbalzo (rebound) sintomi più gravi rispetto a quello pre-trattamento. Crisi di astinenza in caso di sostanze
di abuso. Questo è dovuto all’instaurarsi di una tolleranza farmacodinamica, fondamentale da conoscere.
La tolleranza farmacocinetica è banale e di nessuna problematicità. Succede che gli enzimi che erano stati
indotti tornano a livelli basali e nel caso in cui dovessi riprendere il trattamento bisogna considerare il
paziente vergine e ricominciare coi dosaggi iniziali.

Effetto di primo passaggio


Fenomeno collegato alla presenza di enzimi epatici capaci di inattivare il farmaco e si applica solo ai farmaci
con un’alta clearance epatica, dove la clearance epatica rappresenta una alta percentuale della clearance
totale. Effetto dovuto al fegato ma anche agli enzimi intestinali. Farmaci che vanno incontro ad effetto di
primo passaggio: morfina, quasi tutti gli oppioidi (no metadone), aspirina, … All’interno dell’effetto di primo
passaggio abbiamo un fenomeno più complesso che è il circolo entero epatico. Quando un farmaco viene
assorbito subisce una fase 1 e poi una glucuronazione. Grazie alla glucuronazione il farmaco può essere
escreto nel rene oppure secreto con la bile nel tubo intestinale. Qui il metabolita di fase 2 inattivo può
essere riassorbito, ma può andare incontro ad un metabolismo batterico in cui si stacca il residuo di acido
glucuronico. In questo, caso, se riassorbito torna al fegato che non intercetta tutto ciò che arriva, diciamo
che un 50% può sfuggire. Quello che arriva al fegato può risubire lo stesso fenomeno, e quindi
glucuronazione epatica e …. Ricircolo. Questo porta ad un aumento della biodisponibilità per merito dei
batteri residenti. Nel caso di una terapia antibiotica orale soprattutto diminuisce il circolo enteroepatica e
diminuisce la biodisponibilità. Quindi, in un soggetto con flora batterica normale.. questo è uno dei motivi
per cui ci può essere un fallimento della pillo anticoncezionale. Per questo si è diminuito il dosaggio che è al
limite che possono far cadere la concentrazione plasmatica al di sotto di quella efficace.

Fattori che possono influenzare l’attività degli enzimi metabolizzanti i farmaci.


- Costituzionale: sesso, età, patologie
- Genetici: polimorfismo
- Ambientali: interazioni farmacologiche (induzione, inibizione)

ELIMINAZIONE RENALE
Il rene è meno rilevante nelle differenze intersoggettive. No problematiche relative ad induzione. La riserva
funzionale del fegato è elevatissima e quando si va a pensare ad una riduzione di dosaggio dei farmaci son
clearance epatica nel caso di epatopatie si pensa quando l’epatopatia è grave. Il rene non ha riserva
funzionale. Se viene rimosso un rene l’altro rene funziona precisamente la metà che può essere sufficiente
per mantenere l’omeostasi ma per un farmaco che ha una esclusiva clearance renale in un paziente che
non ha un rene deve essere dimezzato dal punto di vista del dosaggio. Esiste un nomogramma che ci
permette di fare questi calcoli.
Per quanto riguarda la filtrazione glomerulare, la clearance del farmaco dipende da
- Peso molecolare del farmaco (un anticorpo non viene filtrato)
- Legame con le proteine plasmatiche
- Velocità di filtrazione glomerulare
- (volume di distribuzione)
Secrezione tubulare
Flusso lento. C’è un trasportatore con affinità paragonabile o superiore a quello che il farmaco ha per le
proteine plasmatiche. Per questo farmaci come l’aspirina che sono legati alle proteine plasmatiche hanno
comunque una clearance renale. Per la penicillina,
Riassorbimento tubulare

FARMACODINAMICA

Descrive i meccanismi grazie ai quali il farmaco esercita i propri effetti sull’organismo.


Come funziona un farmaco?
Può funzionare in 4 modi diversi:
- Il farmaco può funzionare grazie alla interazione con dei recettori (ci sono alcuni testi classici in cui
la parola recettore fa riferimento al target del farmaco. Si preferisce lasciare il termine recettore
solo per quei target dei farmaci che sono veri e propri recettori). Il farmaco interagisce con legami
fisici con il recettore. Se nella cellula esiste un recettore ci sarà un ligando endogeno
- Come i FANS, possono interagire con un enzima. I FANS in particolare inibiscono l’enzima anche se
non esistono sostanze endogene che lo inibiscono. Possono avere come target enzimi, canali, DNA,
lipidi e che modificano la struttura di quell’organismo.
- Farmaci che non hanno alcuna interazione con la cellula: antiacidi (malox), alcuni lassativi (alcinati,
non esistono enzimi che digeriscono questa sostanza e che possono funzionare da lassativi se dati
in grandi quantità), plasma espander
- Modulazione allosterica degli enzimi

Sinapsi
Vescicole che immagazzinano un quantum di molecole, ben preciso, tra mille e diecimila molecole. Alcuni
farmaci o tossici agiscono proprio interagendo con il meccanismo di fusione di vescicole e la liberazione del
contenuto nella fessura sinaptica. Meccanismo del kiss and run che prevede che la vescicola mantenga la
propria identità dopo aver rilasciato il contenuto all’esterno.
Esiste un pool di vescicole pronte per essere rilasciate.
Destino del neurotrasmettitore. Le due alternative grossolane sono la degradazione a livello delle sinapsi
che solitamente è una degradazione parziale (risparmio energetico): es acetil colina viene rilasciata poi
distrutta da colinesterasi capace di idrolizzarla in acetato e colina. La colina viene ricaptata, acetilata e
riaccumulate nelle vescicole secretorie.
LEZ 23/11/2015
Recettori canale e le loro subunità
GABA-A, recettore per GABA ha diverse subunità. Sono recettori molto articolati dal punto di vista della
capacità di rispondere al ligando e anche ai farmaci.

Classificazione recettori canale


- Classe 1: eteropentameri
- Classe 2: omo o etero-tetrameri
- Classe 3: eterotetrameri
- Classe 4: recettori dell’ATP, verosimilmente i primi recettori di tipo 1 ad essere nati.
In generale i recettori di tipo 1 hanno 4 domini transmembrana.

Recettore nicotinico.
Si studia nella cristallografia mediante diffrazione dei raggi X. Lo studiano in maniera artificiale, perché
sotto forma di cristallo e non in vivo. 4 domini transmembrana.

Recettore di GABA.

Recettori di tipo 2
Metabotropici accoppiati a proteine G, con 7 domini transmembrana. I ligandi possono interagire con il
recettore a livello dei domini transmembrana oltre che al dominio extracellulare. Anche fotoni possono
interagire.
Meccanismo con cui questi recettori funzionano. L’effetto del ligando con il recettore di tipo 2 è mediato
dalla proteina G. è una proteina organizzata in subunità alfa, beta gamma. Non legata al recettore. Quando
arriva un ligando ad occupare il recettore quindi ad attivarlo si smaschera un gruppo funzionale nel
recettore e la proteina G, in particolare la subunità alfa diventa particolarmente affine per il recettore.
Quando la sub alfa lega il recettore è legata ad un GDP. Una volta legato il recettore elimina il GDP e si
carica di un GTP. La subunità alfa che lega il GTP è una subunità attivata. A questo punto la sub Alfa attivata
si distacca dal recettore e va in giro per la cellula fino a trovare un bersaglio e lo attiva. Questo bersaglio
può essere una chinasi, una ciclasi, un canale. C’è un clock interno alla sub alfa che ad un certo punto si
defosforila. Si perde affinità per il bersaglio mentre maggiore affinità per le subunità betagamma.
Ci sono anche proteine G inibitorie che quando legano il bersaglio lo inattivano.
I bersagli del recettore attivato possono essere diversi. Il recettore attivato attiva un programma all’interno
della cellula. Inoltre i bersagli possono essere bersagli di una proteina Gs o Gi quindi l’effetto finale
dell’attivazione del recettore può essere controbilanciato o annullato dalla attivazione di un altro recettore
di tipo 2. Inoltre, la subunità betagamma quando libera risulta attiva e trasduce un altro messaggio.
Es recettore B1 adrenergico che trasduce tramite una Gs che attiva un adenilato ciclasi e aumenta la
quantità di cAMP all’interno della cellula. Dall’altra parte possiamo avere un recettore M2 per l’acetilcolina
(possono essere recettori di tipo 1 o 2 quelli per l’acetilcolina). Il recettore M2 attiva una Gi che inibisce la
adenilato ciclasi che può dare un effetto opposto che non viene mediato da due ligandi che agiscono sullo
stesso recettore ma da due ligandi che agiscono su due recettori diversi. Oltre ad attivare una Gi, la beta
gamma apre un canale per il potassio dando, nel caso del neurone, un effetto di iperpolarizzazione.
Abbiamo 600 recettori accoppiati a proteine G.

Negli ultimi anni, studi hanno dimostrato che


- In alcuni casi dimerizzano e questo modifica le loro proprietà, eterodimerizzano magari con un
recettore di tipo 1 che è già un eteropentamero.
- Esistono proteine che modificano l’attività recettoriale
- Possono trasdurre anche senza l’intermediazione della proteina G. es fosforilzione coda
intracitoplasmatica, reclutamento beta arrestina che lega SRC che attiva il pathway ERK. Inoltre
l’arrestina provoca una downregulation del recettore che ha legato. Recettore homer..
Recettori di tipo 3. Quelli più famosi sono quelli accoppiati ad attività tirosinchinasica. Sono essenzialmente
fattori di crescita, fattori endoteliali, sono tante famiglie recettoriali. Il meccanismo classico prevede che il
recettore che viene legato dal ligando e che favoriesce la omodimerizzazione del recettore. Il recettore vive
da solo e va ad omodimerizzare in presenza del ligando.
Parecchie volte il recettore di tipo 3 arriva a modificare la trascrizione genica (effetti in tempi più
prolungati).
Ci sono recettori di tipo 3 (caratterizzati da un dominio transmembrana) che trasducono attraverso
proteine adattatrici anche senza il processo di fosforilazione.
Ci sono recettori di tipo 3 che sono già presenti come trimeri in membrana e il ligando fa cambiare loro
conformazione.

I recettori di tipo 4
Possono essere nucleari o citoplasmatici (con traslocazione nucleare in seguito ad attivazione).
- Glucocorticoidi
- Minerla corticoidi
- Ormoni sessuali
- Recettori per ormoni tiroidei
- Recettori per la vit D e i recettori per l’acido retinoico.
Hanno grossolanamente una struttura simile e tante differenze tra i vari recettori. Prevede per tutti la
presenza di zinc finger, una struttura che può chelare due ioni di zinco ed è capace di legare il DNA. Sono
recettoriattivi solo in presenza del ligando. Per i glucocorticoidi abbiamo un solo gene responsabile per la
produzione dei glucocorticoidi che può essere espresso in maniera diversa nelle varie cellule dando
recettori differenti che danno effetti differenti nelle varie cellule. I glucocorticodi vengono trasportati dal
sangue legati ad una beta globulina, passa la membrana cellulare, lega il recettore che è localizzato nel
citoplasma ed è tenuto nel citoplasma mediante il legame con varie proteine. Una volta legati ai recettori,
questi complessi trasmigrano nel nucleo e si legano alla sequenza GRE (glucocorticoid responsive element).
Quindi il recettore di tipo 4 porta ad una variazione nella struttura della cellula perché vengono prodotte
nuove proteine.
Il prinipale meccanismo di questi recettori è quello di modulare negativamente o positivamente la
trascrizione di alcuni geni. Esistono però alcuni effetti mediati dai cosiddettie effetti non genomici dei
glucocorticoidi dovute al fatto che … gli effetti non genomici si vedono immediatamente perché sono
mediati da proteine che agiscono mediante chinasi e quindi modulazione enzimatica.

RELAZIONE
In farmacologia abbiamo considerato l’esistenza del recettore anche non conoscendolo. Il recettore è stato
guardato prima di tutto con analisi di tipo matematico per capire perché il soggetto risponde la farmaco.
La prima teoria degna di nota è la teoria di clark o ci occupazione dl recettore. Esiste un equilibrio dinamico
tra la forma legata e la forma dissociata di recettore e legame e la misura in cui prevale la forma dissociata
dipende dalla costante di dissociazione Kd
Spesso la curva dose risposta e quella farmaco recettore non coincidono.
Esistono inoltre farmaci che occupano lo stesso recettore e producono risposte diverse o non producono
risposta.
Allora è stata proposta una seconda teoria chiamata dell’efficacia o dell’attività intrinseca. L’agonista ha
una sua affinità nei confronti del recettore ma ci deve essere un’altra proprietà del farmaco, chiamata
attività intrinseca, paragonabile al fatto che il farmaco deve non solo legare ma anche attivare il recettore
(attraverso la proprietà chiamata attività intrinseca). Quindi sono necessarie due proprietà indipendenti,
affinità e attività intrinseca e studiabili dal punto di vista matematico separatamente.

Curva dose risposta. Qual è la differnza tra il farmaco x e y. Ammettiamo che tutti i farmaci agiscono. Tra e
y la differenza è una questione di potenza e questo per una questione di affinità per il recettore. Tra x e y la
differenza è una questione di efficacia, diversa attività intrinseca del recettore. Anche se è potente perché è
affine allo stesso modo come x ma non si può arrivare mai all’effetto massimo che invece riesce a
raggiungere il farmaco X. Il farmaco si comporta in maniera diversa. X e y sono agonisti, z è un agonista
parziale: h a un’ottima affinità nei confronti del recettore ma non ottiene mai l’effetto massimo ottenuto
dagli agonisti che possiamo chiamare anche agonisti pieni che stimola al massimo. (rimanendo in ambito
della cellula). (Es effetto massimo su un recettore di tipo 1 è quello di aprire tutti i recettori nella cellula;
ovviamente varie cellule hanno diverso numero di recettori quindi avranno effetti diversi nell’intero
organismo. L’agonita parziale non sfrutta al massimo il sistema recettoriale). L’agonista parziale però ha un
effetto utile. L’overdose da oppioidi è mortale, l’overdose da agonista parziale non lo è perché non deprime
al 100% il centro respiratorio.
La terza categoria è l’antagonista che non è stato possibile graficare perché in un sistema pulito, rispetto
all’effetto massimo, dà una linea piatta. Ha una sua affinità per il recettore ma è privo di attività intrinseca,
cioè non stimola in alcun modo il recettore. Vanno a competere con gli agonisti endogeni. L’antagonista che
non ha effetto nel sistema puro, nella fisiologia del soggetto funziona perché esiste l’agonista endogeno e
dato che l’antagonista ha un’altra affinità per il recettore impedisce al recettore di funzionare.
L’antagonista è anche utilizzato come antidoto o come salvavita (es nell’overdose da oppioidi si
somministra naloxone che è un antagonista del sistema recettoriale oppioide riprende a respirare. Se si
somministra tanto naloxone da sovrastare gli effetti dell’overdose il paziente riprende a respirare).
Per quanto riguarda l’antagonismo la stragrande maggioranza dei farmaci di cui disponiamo sono
antagonisti competitivi. Questo cambia se l’antagonista (o l’agonista) non è competitivo. Es alcuni veleni si
legano al recettore irreversibilmente. Altri farmaci si possono legare e bloccare un recettore
covalentemente e quindi in maniera irreversibile. Alcuni antagonisti non sono competitivi perché agiscono
su un sito diverso da quello dall’agonista e quindi non si stabilisce la competizione per un unico sito. In
questo caso però l’effetto può essere revertito.

Teoria di Leff: modello recettoriale a due stati


I recettori di tipo 1 non sono altro che canali che hanno imparato a rispondere ad un ligando. Questo vuol
dire che ragionevolmente questo ligando potrà anche aprirsi spontaneamente. Il recettore è in equilibrio
tra due conformazioni: una che prevede che il canale sia aperto ed una che prevede che il canale sia chiuso.
In assenza di ligando prevale di gran lunga la forma chiusa. Se facessimo una fotografia istantanea
troveremmo la stragrande maggioranza dei recettori chiusi e pochi recettori aperti (anche per poco tempo).
La superficie del recettore è diversa nella forma aperta rispetto a quella chiusa (nell’immagine). Questo
vuol dire che c’è un cambio di conformazione anche nella porzione all’esterno della cellula. L’agonista,
avendo una affinità superiore per la forma attivata rispetto a quella inattivata stabilizza il recettore nella
forma aperta, chiaramente per un periodo limitato di tempo ma tale da permettere il passaggio di ioni i
quindi favorire la funzione del recettore.
Questa teoria tira fuori un’altra idea. L’agonista completo è quello che ha un’alta affinità per la forma
attivata. L’agonista inverso è quello che ha un’alta affinità per la forma chiusa, inattiva. L’antagonista ha
altissima affinità nei confronti del recettore ma sia della forma attiva che della forma inattiva. Se ci
pensiamo questo non va contro quello che abbiamo detto: il recettore normalmente ha una maggore
tendenza a stare nella conformazione attiva quindi l’antagonista non interferisce con questa tendenza.
Allora qual è la differenza tra antagonista e agonista inverso? Importante perché si inizia a pensare che
l’idea che il recettore sia ogni tanto aperto ha probabilmente una sua rilevanza fisiologica ma soprattutto
fisiopatologica. Nel senso che ci possano essere condizioni in cui un recettore malato possa essere attivato
anche senza la presenza dell’agonista. In questo caso l’antagonista non ha effetto mentre l’agonista inverso
riporta il recettore nella sua forma chiusa. Da ciò si stanno classificando gli antagonisti in agonisti inversi e
antagonisti.
Gli agonisti parziali lega il recettore nella forma attiva ma ha anche una certa affinità per il recettore nella
forma attiva.
In questa teoria abbiamo farmaci che legano la forma attiva (agonista completo) e farmaci che hanno
sempre meno effetto fino all’agonista neutro per poi portare all’agonista inverso.

Ultima teoria
Fino a dieci anni fa il recettore è stato considerato come un fenomeno che può essere attivato o non
attivato. Diversi farmaci che agiscono sullo stesso recettore dovrebbero avere secondo questa visione lo
stesso effetto. Questo può essere vero per i recettori di tipo 1 ma per i recettori di tipo 2 ci si deve chiedere
quale sia l’agonista. Nei recettori di tipo 2 possiamo pensare a tante conformazioni ognuna delle quali
attiva un certo pathway. Uno stesso farmaco può quindi favorire in maniera diversa gli effetti mediati dalle
varie conformazioni del recettore. Prima si pensava che i diversi effetti mediati da un farmaco fossero
dovuti al fatto che il farmaco si legasse al suo recettore e anche ad altri recettori.
In realtà accadono entrambi i fenomeni.

Curva dose-risposta
L’intensità della risposta non è mai lineare ma ha sempre andamento logaritmico
Si ammette che farmaci che agiscono sullo stesso recettore con diversa affinità diano curve parallele (non si
deve prendere l’ipotesi del biased agonism). Più l’agonista è potente più l’EC50 è spostato a sinistra.
Curva di risposta alla acetilcolina. Se prima di mettere acetil colina nel sistema mettiamo atropina che è un
antagonista competitivo la curva dell’acetilcolina sarà identica a quella della sola acetilcolina ma più
spostata verso destra, è come se cambiasse l’affinità. L’affinità è uguale ma abbiamo una competizione con
quella quantità di atropina somministrata. Più è alto il dosaggio di atropina più la curva si sposta verso
destra.
Se l’antagonista è irreversibile la curva che otteniamo ha una forma diversa. Diminuisce l’efficacia perché ci
sono alcuni recettori non disponibili perché irreversibilmente legati ed inibiti. Più è alta la dose
dell’antagonista non competitivo più è scarsa l’efficacia del farmaco.

Grafico del rossi. Bisogna ammettere che il farmaco abbia una sua attività basale che possiamo ammettere
essere una attività basale del … %. Partendo da ciò diciamo che l’agonista aumenta questa attività,
l’antagonista non la modifica, l’agonista inverso la riduce.

Pubblicazione che dice che esiste recettore 5-HT2//alfa1 che facilitano spasmi muscolari in soggetti con
lesione spinale. in seguito alla lesione questi recettori si indipendentizzano e trasducono senza la
serotonina. In questo caso l’agonista inverso reverte il fenomeno ma l’antagonista non ha effetto. Esiste
un’altra cosa fondamentale nella farmacodinamica che chiamiamo specificità: tendenza che ha un ligando
ad attivare un recettore e a non attivare gli altri. Più le curve dose risposta sono distanziate più il farmaco è
specifico. Questa è una proprietà dose dipendente: man mano che aumenta la concentrazione c’è il rischio
di perdita della selettività. La selettività si perde aumentando la dose e questo spiega in maniera molto
grossolana la finestra terapeutica. In una dose giusta attiviamo il recettore voluto, ad alte dosi vengono
attivati altri sistemi recettoriali con effetti non desiderati. Un b2 agonista andrà ad attivare il b2 ma a più
alte dosi si attiverà il b1 con effetti avversi (tachicardia). Chiaramente il primo recettore coinvolto da questo
fenomeno è il recettore b1 perché è più simile al b2.

Si parla di recettori di riserva: una cellula ha 10mila recettori. Per avere un effetto non bisogna attivarli
tutti. Allora a che servono i recettori riserva? Servono rendere più probabile l’interazione fra ligando e
recettore. Se diminuisce la quantità di recettori sulla cellula diminuisce l’efficacia del ligando. Questo vuol
dire che c’è bisogno di attivare un certo numero di recettori per ottenere l’effetto desiderato
LEZ 30/11/2015

TOLLERANZA FARMACODINAMICA
Può o meno comparire. Durante la somministratore continuativa diminuisce la densità recettoriale,
diminuisce anche la quantità di ligando endogeno perché le cellule produttrici di ligando endogeno sono
dotate di feedback avvertono che c’è tanto agonista e producono meno ligando endogeno. Se noi
terminiamo improvvisamente il trattamento si ha meno ligando e meno recettori e questo comporta la
comparsa di crisi di astinenza o effetto rimbalzo. Dura tutto il tempo necessario perché la quantità di
ligando endogeno torni ad essere normale e la quantità di recettori o la trasduzione torni ad essere
normale. Nella crisi di astinenza da eroina più o meno il sistema torna all’equilibrio dopo una settimana. Col
metadone dopo due o tre settimane. La tolleranza è dovuta quindi a tanti motivi. C’è anche una tolleranza
acuta o tachifilassi. Tipico di questa tolleranza acuta è la cocaina. Il paziente inizialmente risponde e poi non
risponde subito dopo anche con altra cocaina. Non c’è tolleranza a lungo termine. Up e down per mancata
risposta recettoriale. In un sistema in cui c’è downregolazione possiamo avere la stesso effetto
aumentando le dosi. Se è presente solo tolleranza farmacocinetica non si ha crisi di astinenza. Compaiono i
sintomi pre trattamento. In caso dell’effetto rimbalzo, ad es betabloccanti, finito il trattamento il soggetto
presenterà livelli di pressione arteriosa più elevati rispetto a quelli pretrattamento. Stesso effetto compare
con l’omeoprazolo, durante il trattamento vengono prodotte più pompe e finito il trattamento si può avere
iperacidità gastrica, più di quanto non ne avesse prima del trattamento.
Altro tipo di tolleranza è quella centrale. un soggetto ubriaco non riesce ad eseguire i test per dimostrare
che non è ubriaco, se vengono mantenuti gli stessi livelli dopo tre ore sarà in grado di superare gli stessi
test.

Guardare meccanismi di adattamento.

In linea generale, invece che pensare ad un recettore in equilibrio con due conformazioni, possiamo
pensare ad un equilibrio con più conformazioni.

Beta arrestina che fa in modo che il recettore venga internalizzato o distrutto e riciclato.

La tolleranza non va all’infinito, ha un limito. 35 volte per gli oppioidi, 3 volte per l’etanolo (a cui si aggiunge
tolleranza farmacocinetica, a meno che non è già comparsa cirrosi epatica).

Quando compare tolleranza farmacodinamica il soggetto diventa dipendente dal farmaco. Dipendenza
fisica. C’è differenza tra una dipendenza fisica da beta bloccanti o oppioidi? Il soggetto con dipendenza
fisica da oppioidi ha sviluppato anche dipendenza psichica. La sindrome di astinenza che si presenta nei
confronti delle sostanze di abuso è un mix tra le manifestazioni fisiche e psichiche.
Dipendenza da oppioidi nel setting clinico e nel tossicodipendente. Diverse manifestazioni per la comparsa
di dipendenza psichica. Qualsiasi sostanza che da piacere induce dipendenza psichica.

Molti farmaci agiscono sul sistem nervoso centrale come rinforzi positivi. Es nimesulide agisce sul centro
piacere, stesso per gli ansiolitici (non direttamente ma eliminando l’ansia). La dipendenza è fisica quando
sopravvengono tutti gli adattamenti fisici e di tipo psichico quando queste sostanze agiscono sul centro del
piacere.
La sindrome di astinenza costituisce un rinforzo psichico negativo.

Talvolta la tolleranza farmacodinamica è un effetto voluto. Un altro effetto voluto è la tolleranza agli effetti
avversi. Iniziare il trattamento con dosaggi più bassi. Es trattamento con barbiturici. Nel tempo si ha
tolleranza farmacodinamica nei confronti degli effetti ipnotici mentre rimane costante l’effetto
antiepilettico.
TOSSICOLOGIA

Tutto ciò che riguarda la farmacocinetica può riguardare l’utilizzo di un farmaco così come di un tossico. Si
stabiliscono quali sono le soglie di tossicità. Il problema è che l’associazione di più farmaci può far diventare
tossico il trattamento, anche se questi test vengono svolti per un test alla volta.

Effetti avversi
Tipo A: 1 overdose (es ipoglicemia da sovraddosaggio di insulina). 2 da bassa specificità (es tremori da
agonista selettivo beta2, usati nel controllo dell’asma; se aumenta il dosaggio si perde la specificità). 4 da
target tissutale non adeguato (donna che prende steroidi anabolizzanti aumenta la massa muscolare ma
recettori per questi steroidi sono presenti in altri tessuti  calvizia, ipertrofia del clitoride, ipotrofia della
mammelle). 4 da target extratissutale non adeguato (es amoxicillina che porta a colite membranosa perché
uccide poco selettivamente i microbi).
Gli affetti avversi di tipo A sono dose dipendenti, perché correlati al meccanismo di azione. Anche tempo
dipendenti. Relativamente comuni perché dipendono dal meccanismo di azione del farmaco e non da
bizzarrie del singolo soggetto, quindi prevedibili. Sono raramente fatali.

Tipo E (end of use). 2 insufficienza funzionale (es paziente trattato con glucocorticoidi). Dipendono dallo
stabilirsi di tolleranza farmacodinamica, dipendenza psichica o inibizione dell’asse ipotalamo-ipofisiario.
Sono conseguenti ad un trattamento prolungato. Frequenti. Prevedibili perché sempre correlati al
meccanismo di azione. La gravità correla con la dose. Non fatali (tranne E2 e crisi di astinenza da etanolo.
L’etanolo agisce su una serie di recettori del SNC con effetto sedante quindi la sospensione brusca espone a
crisi convulsive anche mortali). Questi effetti di tipo E si possono evitare scalando la dose. Come si scala la
dose? Agendo secondo la logica dell’organismo: 10 – 5 – 2,5 – 1,25.

Tipo D (delayed). Correlati al meccanismo di azione. 1 effetti teratogeni (es alchilanti come antitumorali
danno un nuovo tumore nel 25% dei casi). Effetto mutageno a carico di cellule somatiche. Se l’effetto
mutageno colpisce le cellule germinali, soprattutto nella donna, avremo un bimbo o una bimba con una
malformazione. La malformazione di questo paziente con mutazione sulla linea germinale è trasmissibile
alla progenie. L’effetto teratogeno è un effetto non trasmissibile.

Tipo B. possono essere reazioni allergiche mediate da IgE. 2 e 3, dipendente dal complemento e da
immunicomplessi che possono dare luogo a sindromi autoimmuni e scompaiono di solito dopo qualche
mese dalla sospensione del trattamento.

TERATOGENI

Potrebbero piacerti anche