La farmacologia è la scienza che studia le proprietà dei farmaci e tutte le loro interazioni con l’organismo.
• Farmacocinetica: studia il farmaco in qualità di agente esogeno, inteso ciò che l’organismo fa al
farmaco;
• Farmacodinamica: studia l’azione del farmaco sull’organismo.
Farmaco: è una qualunque sostanza che dà una variazione funzionale, talvolta strutturale, nell’organismo,
tramite azione chimica o fisica.
Si sottolinea, però, come anche i farmaci possano essere veleni.
Infatti, un farmaco è un medicamento quando è somministrato in dosi, determinando variazioni funzionali
positive e utili all’organismo, in campo terapeutico, profilattico o diagnostico.
Può diventare un veleno quando invece è somministrato eccessivamente, senza tener conto di dosi
rapportate all’organismo.
Facendo maggior chiarezza, con il termine farmaco si identifica il principio attivo di un preparato
farmaceutico.
Esempio: quella che noi chiamiamo tachipirina non è il farmaco, quanto il preparato farmaceutico.
Il principio attivo della tachipirina, ovvero il farmaco, è invece il PARACETAMOLO.
Nei preparati farmaceutici, oltre al principio attivo, ci sono anche gli eccipienti, altre sostanze contenute nel
“farmaco” che servono a darne volume facilitando l’assunzione, e che aiutano a proteggere il principio
attivo oltre che ad aiutarne l’assorbimento.
Gli eccipienti possono essere cause di allergie.
Classificazione dei farmaci in base alla modalità, o per meglio dire finalità d’azione:
La fase 2 è detta anche fase clinica, nella quale vengono suddivise 4 sotto-fasi:
1. Fase I: detta anche fase di dose finding, vengono arruolati volontari sani che verranno sottoposti al
farmaco.
Questa fase serve per stabilire i parametri della molecola in esame, la comparsa di effetti
indesiderati e la massima dose tollerabile.
2. Fase II: il farmaco è somministrato su pazienti.
In questa fase cercano di acquisire info su efficacia in relazione ad effetto placebo;
3. Fase III: suddivisa a sua volta in IIIA e IIIB. Vengono messi a confronto pazienti a cui viene
somministrata la terapia di prova e pazienti a cui è somministrato effetto placebo → serve per
acquisire informazioni sull’ efficacia e sulla tollerabilità del farmaco in paragone ad altri farmaci già
in uso clinico;
Farmacocinetica
La farmacocinetica studia gli elementi che determinano la concentrazione tissutale e plasmatica di un
farmaco e le sue variazioni nel tempo.
In pratica si occupa di ciò che l’organismo fa al farmaco.
Assorbimento ≠ Dissoluzione
Per dissoluzione si intende la separazione tra principio attivo ed eccipienti, mentre per assorbimento si
intende il passaggio nel sangue del farmaco.
Nel plasma il farmaco può essere libero e quindi attivo, oppure, nel 30-90% dei casi, può essere legato a
proteine (es. albumina) e quindi essere inattivo.
- Via orale: è la via preferita dal paziente, ma non - Via endovenosa: è la più utilizzata. Si inietta il
dal medico. Questo perché viene in massima parte farmaco in vena. Assorbe meglio i farmaci. La
eliminato dal fegato. Fattori che influenzano soluzione somministrata deve essere acquosa;
l’assorbimento nel tratto gastrointestinale sono il - Via intramuscolare: ha in comune con
tempo di svuotamento dello stomaco (cibo nello l’endovenosa l’utilizzo di aghi e siringhe, ma il
stomaco = rallentamento), la superficie del sito di farmaco è inserito in un muscolo. È semplicemente
assorbimento e il tempo di contatto con essa; un modo di bypassare la cute. Il farmaco può avere
- Via sublinguale: assorbimento rapidissimo. Il natura acquosa, solida o oleosa;
farmaco entra direttamente alla vena cava - Via sottocutanea: serve a superare l’epidermide. È
superiore senza passare dal fegato; utilizzata specialmente quando occorre ottenere un
- Via rettale: per produrre effetti sistemici o locali; assorbimento lento, costante e prolungato nel
- Via inalatoria: farmaco somministrato tramite tempo. La via sottocutanea permette anche la
inalatori. Importante è il risciacquo della bocca. somministrazione di farmaci in formulazioni solide;
Questi farmaci solitamente stimolano il SN - Via intratecale: può essere spinale
simpatico; (subaracnoidea) o peridurale (epidurale).
- Via cutanea/transdermica: il farmaco è messo
sulla cute che viene passata ed entra nel sangue.
Ionoforesi: il farmaco è caricato positivamente o
negativamente. Vengono quindi applicati sopra
cerotti e viene fatto passare un campo elettrico in
modo da accelerare l’assorbimento tramite via
cutanea;
- Vie mucosali.
Quindi, la via di somministrazione di un farmaco ne modifica rapidità, intensità e durata d’azione.
ASSORBIMENTO → è il processo per cui un farmaco dall’esterno del nostro organismo penetra nel sangue
(o nella linfa e da questa nel sangue) per raggiungere, tramite i liquidi intercellulari, l’organo o le cellule
bersaglio.
• Il flusso è tanto maggiore quanto maggiore è la differenza di concentrazione (C1-C2) tra i due
compartimenti;
• Il flusso è direttamente proporzionale alla superficie della membrana ed inversamente
proporzionale al suo spessore;
• I farmaci hanno capacità di penetrazione diversa a seconda del loro coefficiente di diffusione.
Il coefficiente di diffusione è un valore legato alla struttura molecolare del farmaco → è inversamente
proporzionale al suo peso molecolare ed è direttamente proporzionale al coefficiente di ripartizione,
inteso come il rapporto tra le concentrazioni nella fase oleosa ed acquosa.
Coefficiente di ripartizione: 0 = idrofilo, 1 = lipofilo. Esso varia in base alla quota ionizzata di farmaco.
Molecole a basso coefficiente di ripartizione (idrofile) restano escluse dalla matrice lipidica delle membrane
cellulari e non possono attraversarla. I farmaci sono generalmente idrofili.
Molecole con coefficiente di ripartizione > 1 (lipofile) sono in grado di attraversare le barriere cellulari
liberamente (anche quella ematoencefalica).
Molecole con coefficiente di ripartizione >> 1 (molto lipofile) si accumulano nella matrice lipidica delle
membrane cellulari, senza essere in grado di dissolversi nell’ambiente acquoso degli interstizi tra le cellule e
nel citoplasma.
In ambienti acidi: predominano le forme protonate (= indissociate) → gli acidi sono elettricamente neutri e
favoriti per l’assorbimento, mentre le basi presentano carica elettrica, quindi non sono favoriti per
l’assorbimento;
In ambienti alcalini: predominano le forme de-protonate (= dissociate) → le basi sono elettricamente
neutre e favorite per l’assorbimento, mentre gli acidi presentano carica elettrica, quindi non sono favoriti
per l’assorbimento.
DISTRIBUZIONE → porta alla caduta della concentrazione plasmatica del farmaco. Esattamente è il
processo attraverso cui un farmaco lascia il torrente circolatorio ed entra nell’interstizio cellulare (liquido
extracellulare) o nelle cellule dei tessuti.
La distribuzione dipende dalla caratteristiche chimiche del farmaco e dalle caratteristiche strutturali e
fisiologiche dell’organismo.
• Organi altamente perfusi (70% gittata cardiaca): polmoni, cervello, fegato, reni, surrenali, tiroide,
miocardio;
• Organi mediamente perfusi (21% gittata cardiaca): muscolatura, cute;
• Organi scarsamente perfusi (9% gittata cardiaca): tessuto adiposo, tessuto scheletrico.
L’albumina plasmatica è la più importante proteina circolante → ha affinità maggiore per farmaci
debolmente acidi.
Il legame dei farmaci all’albumina è reversibile e può avere bassa capacità (→ una molecola di farmaco per
molecola di albumina) o alta capacità (→ più molecole di farmaco per ogni molecola di albumina).
Altre proteine plasmatiche: l’ α1 -globulina ha affinità per i farmaci basici, mentre la transcortina ha affinità
per farmaci liposolubili.
La quantità di farmaco legata alle proteine plasmatiche rappresenta quindi una forma di riserva che viene
rilasciato quando il farmaco libero diminuisce.
Esistono, tuttavia, alterazioni della concentrazione di proteine plasmatiche (es. denutrizione, insufficienza
epatica ed altre forme) che comportano una modifica nel legame farmaco-proteina plasmatica.
Ciò può causare un aumento di quota libera di farmaco nel plasma.
Il VAD stabilisce un’utile relazione tra concentrazione plasmatica e quantità di farmaco nell’organismo,
consentendo di ricavare, dalla misurazione della concentrazione plasmatica, la quantità di farmaco totale in
corpo:
METABOLISMO → è la terza fase della farmacocinetica che prevede modificazioni chimiche che un farmaco
subisce nell’organismo. In questa fase avvengono quelle azioni che portano ad inattivazione e conseguente
eliminazione del farmaco.
Il nostro corpo cerca di eliminare il farmaco in tutti i modi, o di renderlo almeno inoffensivo, tramite un
processo che prevede spesa di energia.
Sede principale del metabolismo è il fegato.
Tramite il metabolismo si tenta di rendere più grandi e idrosolubili le molecole → aumenta volume e
solubilità.
Avvengono quindi modificazioni chimiche all’interno delle molecole del farmaco, tali da renderlo
inoffensivo.
Gli enzimi funzionalizzanti appartengono alla famigli dei citocromi P450 (CYP) monoossigenasi.
Esempio di nomenclatura: CYP2D6
CYP = citocromo P450; 2 = famiglia; D = sotto-famiglia; 6 = isoenzima specifico.
Esiste variabilità individuale nel metabolismo dei farmaci, dettata da fattori quali: età, patologie, dieta e
ambiente.
Induzione enzimatica → fenomeno che produce un aumento dell’attività degli enzimi metabolizzanti ed
una conseguente riduzione dei livelli serici dei farmaci che sono inattivati tramite questi enzimi.
In pratica viene aumentata la capacità di detossificazione del fegato.
Moltissimi farmaci sono induttori enzimatici.
Esistono anche farmaci che inibiscono il potenziale metabolico, cioè che procurano inibizione enzimatica
→ fenomeno contrario all’induzione metabolica che avviene quando determinati composti, tra cui altri
farmaci, o anche molecole contenute in alimenti, sono in grado di inibire il metabolismo di farmaci anche
chimicamente non correlati.
L’inibizione del metabolismo può avvenire anche per competizione con i farmaci per i siti attivi degli enzimi.
N.B.: FRUTTI NORMALMENTE INNOCUI POSSONO ESSERE MORTALI SE ASSUNTI IN GRANDI QUANTITA’ IN
CONCOMITANZA CON FARMACI CARATTERIZZATI DA BASSO INDICE TERAPEUTICO.
Esempio del succo di pompelmo → è un inibitore enzimatico che peraltro aumenta l’attività di alcune
categorie di farmaci arrivando anche a farli diventare tossici.
Il succo di pompelmo inibisce il CYP3A4 a livello intestinale, inibendolo completamente. Il ripristino
dell’attività dell’enzima dipende dalla sintesi di nuovo enzima.
Il succo di pompelmo agisce inibendo il CYP3A4 per 24H, così che anche se si ritarda di diverse ore la
somministrazione del farmaco, l'interazione è ugualmente significativa.
In pratica, il suddetto enzima inibisce la felodipina, così che in condizioni normali appena il 15% del totale di
felodipina somministrata giunge al sangue e ai tessuti.
Il succo di pompelmo, invece, inibendo l’enzima non permette il corretto metabolismo del farmaco, così
che ben il 45% raggiunge il fegato.
Riassumendo:
Senza succo di pompelmo = felodipina (100%) → intestino (CYP3A4 intestinale degrada il 70%, quindi solo
30% arriva al fegato) → fegato (CYP3A4 epatico degrada il 50%, quindi 15%).
Con succo di pompelmo = felodipina (100%) → intestino (CYP3A4 intestinale è inibito e degrada solo il 10%,
quindi al fegato arriva il 90%) → fegato (CYP3A4 epatico rimane comunque attivo e degrada il 50%, quindi
45%).
Eliminazione renale
L’eliminazione renale è attuate dai nefroni, unità funzionali del rene.
L’eliminazione renale è il risultato di 3 meccanismi:
1. Filtrazione glomerulare: il farmaco passa dai capillari del glomerulo all’interno della capsula di
Bowman. Il farmaco libero, ovvero non legato all'albumina, passa nella capsula di Bowman, mentre
i farmaci legati a proteine plasmatiche (albumina, globuline..) non sono filtrati;
2. Secrezione attiva tubulare: farmaci che non passano attraverso il glomerulo possono comunque
essere secreti nel tubulo contorto prossimale per opera di 2 sistemi di trasporto attivo → nelle
cellule che delimitano il tubulo prossimale, proteine trasportatrici legano i farmaci nel liquido
interstiziale e lo trasferiscono all’interno del tubulo;
3. Riassorbimento passivo: i farmaci parzialmente dissociati o protonati (acidi e base deboli) sono
riassorbiti in modo direttamente proporzionale alla loro quota elettricamente neutra.
I farmaci liposolubili attraversano le pareti del tubulo distale e dei dotti collettori e ridiffondono nel
circolo ematico.
I farmaci coniugati con molecole polari non possono attraversare il tubulo e sono eliminati nelle
urine.
Eliminazione epatica
L’eliminazione epatica è attuata dal fegato che elimina il farmaco tramite la bile e quindi attraverso le feci.
La bile viene rigettata nell’intestino → il farmaco non viene necessariamente eliminato in quanto, se le sue
caratteristiche chimico-fisiche lo permettono, esso può venire riassorbito a livello intestinale.
Farmacodinamica
Studia i meccanismi di azione dei farmaci. Esattamente studia le modificazioni strutturali e fisiologiche
indotte dai farmaci nell’organismo e la loro interazione.
I farmaci confondono l’organismo, comportandosi ed assomigliando a molecole endogene.
Interazione farmaco-recettore
Interazione F-R reversibile: l’interazione è limitata nel tempo → una molecola di farmaco si stacca dal suo
recettore, diffonde ed eventualmente si attacca ad un altro recettore, mentre il primo recettore rimane
libero fino a quando non è occupato da un’altra molecola di farmaco.
I farmaci di impiego più comune producono interazioni reversibili.
Interazione F-R irreversibile: quando il numero dei legami chimici è estremamente alto, l’energia utile a
staccare il farmaco dal recettore deve essere elevata, per questo può essere che l’energia nel sistema
biologico può essere insufficiente a causare il distacco del farmaco dal recettore.
Le interazioni irreversibili producono effetti farmacologici prolungati.
La cellula dovrà sintetizzare nuovamente i recettori o gli enzimi ormai inattivati dal farmaco.
I farmaci irreversibili trovano impiego clinico più limitato.
BMAX: numero massimo dei recettori disponibili per il legame con il farmaco. È un indice dell’efficacia del
farmaco.
KD: concentrazione di farmaco che lega il 50% dei recettori disponibili. È un indice dell’affinità del farmaco
per il recettore.
Affinità: un farmaco deve essere affine al recettore. Dipende dalla compatibilità strutturale tra il farmaco
ed il suo bersaglio. Dall’affinità deriva l’EC50.
Finestra terapeutica: intervallo di concentrazioni nel quale si ottiene l’efficacia terapeutica senza che si
manifestino effetti collaterali.
L’indice terapeutico di un farmaco è rappresentato dal numero derivante dal rapporto tra la dose tossica
(massima dose tollerata) e la dose terapeutica (minima dose efficace).
Ad esempio per un farmaco che ha una dose tossica di 10 g/Kg ed una dose terapeutica di 2 g/Kg → IT = 5
Quanto più l’indice terapeutico di un farmaco è basso (vicino all’unità), tanto più ristretto è il margine di
sicurezza nel dosaggio del farmaco.
Farmaci dotati di indice terapeutico alto possono essere somministrati in dosi distanziate nel tempo.
Tolleranza: il termine tolleranza si applica a quei casi in cui la somministrazione cronica di un farmaco causa
una diminuzione dell'effetto con la somministrazione di dosi terapeutiche → per mantenere costante la
risposta terapeutica si rivela necessario aumentare la dose.
Reazioni avverse rarissime → riguardano l’induzione di nuove malattie o la modifica dell’incidenza di una
malattia da parte di farmaci assunti per periodi di tempo molto prolungati (es. aumento dell’incidenza di
tumori al seno indotta da ormoni progestinici utilizzati come contraccettivi orali o come terapia sostitutiva
post-menopausa).
Infine, diversi farmaci sono fotosensibili (foto-tossici → simile scottature, o foto-allergici → simile
dermatite).
Il ganglio è un ammasso di corpi neuronali. Per il sistema parasimpatico si parla anche di ganglio
intraneurale.
Simpatico vs parasimpatico
• Localizzazione neuroni: i neuroni del parasimpatico si trovano nel tronco encefalico e nel midollo
spinale sacrale, mentre i neuroni del simpatico si trovano nel midollo spinale toraco-lombare.
Inoltre:
o Simpatico: pregangliare → corto; postgangliare → lungo;
o Parasimpatico: pregangliare → lungo; postgangliare → corto.
• Neurotrasmettitori:
o Simpatico: Ach → NA → organo effettore;
o Parasimpatico: Ach → Ach → organo effettore.
• Recettori:
o Simpatico: recettore colinergico nicotinico (su soma postgangliare) → recettore
adrenergico α1-2/β1-2-3 (organo effettore);
o Parasimpatico: recettore colinergico nicotinico (su soma postgangliare) → recettore
colinergico muscarinico (organo effettore).
• αs: subunità stimolante. Attiva la adenilatociclasi (AC) che produce cAMP da ATP (ATP → cAMP).
Il cAMP è un metabolita messaggero che attiva la proteinachinasi A (PKA), enzima che fosforila
diversi substrati;
• αi: subunità inibente. Inibisce la adenilatociclasi (AC);
• αq: subunità stimolante. Attiva la fosfolipasi C che trasforma il PIP2 (fosfatidil-inositolo-disfosfato) in
IP3 e DAG (inositolo-trifosfato e diacil-glicerolo).
IP3 e DAG sono due secondi messaggeri. Il primo è in grado di diffondere attraverso la cellula e fa
aprire i canali Ca2+. Il secondo, invece, rimane all’interno della membrana e fa attivare la
proteinchinasi C (PKC);
Il sistema parasimpatico favorisce lo svolgimento dei: processi digestivi, processi di escrezione, attività
riproduttiva → mantiene le funzioni essenziali dell’organismo ed è essenziale per la vita.
Il sistema simpatico, invece, produce: aumento FC e P sanguigna, mobilizzazione delle riserve energetiche,
dilatazione bronchiale, stimola midollare del surrene a produrre adrenalina → ha la proprietà di regolare le
funzioni dell’organismo in risposta a condizioni di stress.
Tutti gli apparati subiscono importanti modificazioni.
Sinapsi colinergica
L’Ach viene sintetizzata da acetil-CoA + colina.
Ach viene quindi captata nelle vescicole di immagazzinamento e trasportata in prossimità delle sinapsi dove
viene liberata.
Ach libera si lega ai recettori colinergici (nicotinici o muscarinici) che vengono quindi attivati.
Una volta terminata la risposta, Ach viene degradato dall’acetilcolinesterasi in acetil-CoA + colina; la colina
viene ricaptata dal neurone e riutilizzata (rientra nel neurone assieme ad una molecola di Na +).
Recettori adrenergici:
− α: 1 e 2;
− β: 1, 2 e 3.
α1: legati a proteine G αq, responsabili delle azioni contratturanti del simpatico sulla muscolatura liscia,
stimolano glicogenolisi. NA>A;
α2: legati a proteine G αi, rilassanti, riducenti liberazione di neurotrasmettitore. A>=NA.
I β sono invece tutti legati a proteine G stimolanti (subunità αs) che attivano l’enzima adenilatociclasi (AC).
β1: si trovano a livello del cuore, sono cardiostimolanti. Aumentano forza di contrazione, quindi aumenta FC
e GC. A=NA;
β2: producono rilassamento della muscolatura lisca, danno vasodilatazione e stimolano glicogenolisi, come
per gli α1. A>NA;
β3: sono metabolizzanti di lipidi. NA>A.
In linea generale la noradrenalina induce le risposte di contrazione (soprattutto α1, ma anche β1),
l’adrenalina quelle di rilasciamento (soprattutto β2, ma anche α2).
Farmaci anti-muscarinici
I farmaci anticolinergici ad impiego più diffuso sono antagonisti dei recettori muscarinici (farmaci anti-
muscarinici).
Atropina (estratta dalla pianta atropa belladonna) e scopolamina (estratta dalla pianta iosciamus niger).
Se somministrati per via sistemica, producono una diminuzione generalizzata del tono parasimpatico.
L’atropina è tuttora un farmaco di emergenza per trattare le intossicazioni da composti parasimpatico-
mimetici come gli inibitori dell’acetilcolinoesterasi contenuti in pesticidi e gas nervini.
Buscopan → rilascia la muscolatura liscia dello stomaco, dell’intestino, della vescica e dell’utero e riducono
la secrezione ghiandolare gastrica.
Questi farmaci danno effetti collaterali quali: tachicardia, secchezza delle fauci, ritenzione urinaria, visione
offuscata, sedazione e sonnolenza (in quanto nel SNC il sistema colinergico mantiene lo stato di veglia),
riduzione motilità gastrointestinale.
La somministrazione orale è priva di efficacia, poiché sia l'adrenalina che le altre catecolamine sono
inattivate completamente dagli enzimi intestinali.
Noradrenalina
La noradrenalina è il neurotrasmettitore per eccellenza del simpatico, e in teoria dovrebbe stimolare tutti i
tipi di recettori adrenergici.
In pratica, quando il farmaco viene somministrato a dosi terapeutiche nell'uomo, vengono attivati in misura
maggiore i recettori α ed in misura minore i β1. Non ha alcun effetto sui β2.
Catecolamine sintetiche
Tra gli agonisti sintetici a struttura catecolaminica, i farmaci più utilizzati sono l’isoproterenolo e la
dobutamina.
Tutte le catecolamine, naturali e sintetiche, sono inserite nella lista WADA dei farmaci proibiti in
competizione.
Fenilefrina per α1. Utilizzato principalmente come decongestionante nasale. Provoca vasocostrizione nei
capillari della mucosa nasale e riduzione dell’ipersecrezione di liquido.
I farmaci agonisti β2 sono farmaci usati nel trattamento dell’asma bronchiale e di altre forme bronco-
ostruttive. Hanno proprietà anaboliche e facilitanti l’apporto d’ossigeno.
Esempio è il clenbuterolo (elevata attività anabolizzante), ma anche il salbutamolo (= ventolin).
I motivi per cui i farmaci beta-agonisti sono utilizzati come doping sportivo sono molteplici:
L'effetto indesiderato più frequente è l'ipotensione ortostatica. Altro effetto grave è il broncospasmo, per
questo motivo ne è sconsigliata l’assunzione nei soggetti asmatici.
I farmaci β bloccanti sono dopanti solo in alcune discipline sportive (es. tiro con l’arco, nuoto
sincronizzato..).
I β bloccanti, soprattutto β1 selettivi, sono usati negli sport in cui la coordinazione posturale, l’assenza di
tremore ed il controllo dell’ansia sono più performanti rispetto alla forza muscolare ed alla capacità
aerobica.
Anfetamine: derivano dall’efedrina che è stato il primo decongestionante nasale introdotto in terapia.
(efedrina → metamfetamina → anfetamina)
Farmaci anti-infiammatori
L’infiammazione è un processo difensivo, scatenata da una risposta immunitaria, alla quale contribuiscono
l’intrusione di tossine batteriche o danni tissutali (es. traumi fisici, ipossia..), e che può essere self o non-
self.
L’infiammazione si divide in 3 fasi → bisogna combattere la terza fase (fase cronica proliferativa) che rischia
di portare a degenerazione tissutale e fibrosi.
Anche la fase 1 e la fase 2, rispettivamente fase acuta transitoria e fase subacuta ritardata, possono
causare dolore.
Tra le molecole maggiormente coinvolte nel processo infiammatorio vi sono istamina, citochine e
prostaglandine.
Le ultime sono i principali mediatori dell’infiammazione, appartenenti alla famiglia degli autacoidi.
Gli autacoidi derivano da un fosfolipide di membrana contenente acido arachidonico (AA).
Questi sono rilasciati dalla cellula nell’ambiente extracellulare in cui diffondono per un breve raggio e
generano risposte fisiologiche nella cellula stessa che li ha prodotti ed in cellule poste nelle immediate
vicinanze → gli autacoidi funzionano da messaggeri autocrini e paracrini.
Quando un fattore scatena l’infiammazione, la fosfolipasi A (PLA) si attiva, andando ad ageire su un
fosfolipide contenente AA.
AA viene così scisso dal fosfolipide che così diventa in forma libera.
AA diviene poi substrato delle lipossigenasi (LIX) e delle ciclossigenasi (COX).
Le prime generano leucotrieni che fungono da broncocostrittori.
I secondi, invece, generano PGH2 da cui si originano:
• Prostaglandine (PGE2, PGD2 e PGF2A): sono le molecole più spesso implicate nell’infiammazione,
stimolando la vasodilatazione e la fuoriuscita di leucociti e plasma (NON sangue), creando edema,
ovvero ristagno di liquidi nei tessuti → diapedesi;
• Prostacicline: molecole non tanto legate all’infiammazione;
• Trombossani: implicati nella formazione di tappi piastrinici.
Dal midollo si sale all’ipotalamo, centro della termoregolazione. La febbre è l’espressione di una sua
temporanea alterazione.
Agenti infettivi e tossine stimolano la produzione di sostanze pro-infiammatorie (IL-1 e IL-6 →
interleuchine) che a livello dell’ipotalamo stimolano le ciclossigenasi a produrre prostaglandine,
comportando un aumento della temperatura.
L’inibizione dell’enzima ciclossigenasi (COX) riduce la sintesi di prostaglandine che riporta i nocicettori alla
normalità e riduce la trasmissione dell’impulso nocicettivo dal midollo spinale alla corteccia cerebrale, oltre
a bloccare la risposta infiammatoria.
Quindi, l’inibizione dell’attività enzimatica delle ciclossigenasi (COX) riduce la produzione di prostaglandine
e produce effetti antinfiammatori (eliminazione infiammazione), analgesici (riduzione del dolore) e
antipiretici (abbassamento temperatura).
• COX-1: è un enzima costitutivo, ovvero il cui numero all'interno della cellula è costante e non
influenzato da stimoli esterni o da processi di degradazione o di diluizione.;
• COX-2: è un enzima inducibile, sintetizzato dalla cellula solo in caso di presenza del suo substrato o
di un altro composto strutturalmente correlato (induttore).
COX-1 è presente in tutte le cellule, in particolare nelle cellule di stomaco, rene e piastrine.
COX-2 invece è espresso solo in alcuni tessuti (cervello, reni, vasi..). È il vero e proprio responsabile
dell’infiammazione.
Alcuni FANS producono metaboliti tossici (es. nimesulide → aulin) causando epatossicità, perché agiscono
anche su COX-1 che viene inibita, inibendo la produzione di muco protettivo nello stomaco (la cui
produzione è sotto il controllo positivo delle prostaglandine).
In pratica, no COX-1 → no prostaglandine → no muco di protezione.
In assenza di muco protettivo, l’acido cloridrico (HCl), secreto dalle cellule della parete gastrica, danneggia
la parete dello stomaco e del primo tratto dell’intestino.
Pazienti con patologie epatiche dovrebbero utilizzare con cautela i FANS e in particolare il nimesulide (es.
aulin).
Per questo sono meglio FANS ad azione selettiva COX-2; oppure, allo scopo di ridurre la gastrolesività dei
FANS, è utile associare la loro assunzione con farmaci che riducono la secrezione acida gastrica.
A livello renale, invece, i FANS inibiscono produzione prostaglandine e prostacicline con conseguente
riduzione diuresi e aumento ritenzione di sodio.
Infine, i FANS, come detto, inibiscono l’aggregazione piastrinica, in quanto viene bloccata anche la
produzione di trombossani.
Sconsigliati quindi soprattutto durante la gravidanza! (l’unico antidolorifico/antipiretico somministrabile
con sicurezza è il paracetamolo).
• Diclofenac
Indicato come antinfiammatorio per episodi acuti e patologie infiammatorie croniche a carico delle
articolazioni.
Trattamenti prolungati producono tossicità renale ed epatica.
• Nimesulide (aulin)
È un inibitore preferenziale della COX-2 utilizzato come antinfiammatorio ed analgesico.
Possiede minore gastrolesività ed è indicato per il trattamento di breve durata di cefalea, mal di
denti e dismenorrea, o per episodi infiammatori acuti → il trattamento prolungato è associato alla
comparsa di epatotossicità.
• Meloxicam
Potente antinfiammatorio con buona attività antalgica e antipiretica.
Coxib e celecoxib sono i farmaci ad attività selettiva COX-2 più conosciuti, sviluppati sulla base dell’ipotesi
che solo la COX-2 sia l’isoforma implicata nell’attivazione dei processi infiammatori, senza causare lesioni
alla mucosa gastrica e senza interferire con l'aggregazione piastrinica.
La maniera di scelta dei FANS deve sempre seguire la strategia empirica, provare farmaci finché non si trova
il migliore per il soggetto, quello più efficace.
Inoltre, la scelta del FANS ricade sul fine terapeutico che si va ricercando.
Derivano dal cortisolo, prodotto dalla parte corticale della ghiandola surrenale. È un ormone ad azione
glucocorticoide, che modifica quindi il metabolismo del glucosio (→ effetto contrario dell’insulina), oltre ad
essere un importante antinfiammatorio.
A seguito di stress fisico o emozionale, la secrezione di cortisolo può superare 10 volte le concentrazioni
basali. L’eliminazione avviene attraverso il rene dopo metabolismo epatico.
Se i FANS lavorano sulla COX, i farmaci steroidei, invece, inibiscono a monte la fosfolipasi A (PLA),
bloccando a valle la COX.
Effetti collaterali
Iperglicemia, riduzione della massa muscolare, assottigliamento della cute, fragilità capillare (formazione di
strie e smagliature violacee) , ritardata cicatrizzazione delle ferite, aumento della lipolisi con
ipertrigliceridemia e ridistribuzione del grasso a livello di addome, viso e dorso.
E ancora, edemi e ipertensione dovuti a ritenzione idrica e di sodio, suscettibilità alle infezioni e
osteoporosi.
Altro effetto è la fotosensibilizzazione.
Idrocortisone (cortisolo)
Somministrato per via endovenosa è il farmaco di prima scelta come terapia sostitutiva dell'insufficienza
surrenalica acuta, primitiva o secondaria.
Viene usato inoltre come trattamento d'emergenza in corso di stati anafilattici gravi, shock chirurgico,
cardiogeno.
Dalla molecola del cortisolo derivano tutti farmaci antinfiammatori steroidei sintetici.
Tra gli antinfiammatori steroidei più utilizzati si ricordano il prednisone e il prednisolone.
Gli steroidi antiasmatici devono essere somministrati per via inalatoria. Dopo l’inalazione è importante il
risciacquo della bocca per eliminare il farmaco dalla mucosa orale.
Nocicezione: ricezione da parte del SNC di stimoli nervosi evocati dall’attivazione di recettori sensitivi
specializzati (nocicettori).
Dolore: esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o
descritto come tale.
→ non tutti gli stimoli attivati dai nocicettori vengono percepiti come dolorosi.
Gli oppioidi
Sono più utili nella terapia contro al dolore rispetto a FANS; gli analgesici oppioidi sono adatti a qualsiasi
intensità alla quale il dolore si manifesta.
Le fibre C e le fibre Aδ sono differenti in quanto a rapidità di trasmissione e finalità del tipo di trasmissione.
Le fibre C, infatti, a differenze delle Aδ, sono amieliniche e quindi più lente nella trasmissione del dolore.
Le fibre Aδ sono responsabili del primo momento doloroso, e successivamente arriva lo stimolo portato
dalle fibre C che si recano in zone del sistema limbico.
Gli oppiacei agiscono sulla via paleo-spino talamica, modulando quindi la fastidiosità del dolore.
La modulazione endogena del dolore è governata dal sistema neurotrasmettitoriale oppioide.
In pratica, gli oppioidi endogeni agiscono a livello del midollo spinale, inibendo il passaggio della sensazione
dolorifica dal midollo spinale al cervello.
Oppiaceo ≠ oppioidi
Gli analgesici derivati dall’oppio prendono il nome di oppiacei. Più in generale viene utilizzato il termine
oppioide per indicare tutte le sostanze, sia endogene che esogene, che hanno un'attività simile alla
morfina, considerata il farmaco analgesico di riferimento.
I recettori degli oppioidi endogeni sono tutti di tipo inibitorio e che sono pertanto accoppiati a proteine G
αo/i.
Questi recettori sono: μ, κ, δ, σ → la loro attivazione produce inibizione dell’eccitabilità neuronale.
Si trovano principalmente a livello del midollo spinale, nella sinapsi tra il neurone sensitivo primario e il
neurone di proiezione sovraspinale.
L’acido glutammico è il neurotrasmettitore della via.
Nel midollo spinale, i neuroni sensitivi primari terminano in una zona ricca di interneuroni inibitori (ININ)
che rilasciano GABA o oppioidi endogeni. In questo modo vengono attivati i canali del K+ che così è libero di
uscire, mentre vengono inibiti quelli del Ca2+ che non entra (= iperpolarizzazione → servirà uno stimolo più
intenso per attivare il sistema); inoltre, i recettori attivati inibiscono il rilascio di neurotrasmettitore.
Se il dolore è maggiore, le fibre C riescono ad inibire l’azione degli interneuroni.
Entrano in gioco le fibre Aβ (conducono sensazioni pressorie e tattili) che modulano l’attivazione
dell’interneurone (inibito).
Effetti indesiderati
Causano depressione respiratoria (→ effetto centrale). Gli oppioidi agiscono sul centro bulbare del respiro
bloccandolo, e vengono inattivati i chemocettori.
In questo caso bisogna somministrare il naloxone.
Altro problema è la tolleranza → bisogna aumentare la dose per avere effetti desiderati.
La tolleranza è rapida per alcuni effetti, mentre per altri no.
In pratica, molti effetti dei farmaci oppioidi diminuiscono di intensità a seguito di somministrazione cronica.
Infine causano dipendenza, determinano rallentamento della peristalsi intestinale con effetto costipante,
inducono bradicardia e ipotensione, inducono il rilascio di istamina dai mastociti causando prurito,
vasodilatazione ed ipersudorazione.
Astinenza → i sintomi dell’astinenza fisica da oppioidi si manifestano entro 8-10 ore dall’ultima assunzione
e raggiungono la massima intensità dopo 2-3 giorni.
Può essere fisica, data da iperattivazione del sistema algesico, e psichica.
La comparsa dei sintomi fisici della crisi d'astinenza si associa ad un bisogno insopprimibile di
somministrarsi la sostanza (= craving).
Codeina e tramadolo sono oppioidi deboli utilizzati per contrastare il dolore moderato, diarrea, tosse.
Come effetti indesiderati possono dare nausea e costipazione.
Oppioidi forti
Non ammessi in vicinanza gare (ok, invece, tramadolo e codeina).
Tutti gli oppioidi forti sono inseriti nella lista WADA.
Da non usare in caso di malattie alle vie aeree e in corso di coliche gastrointestinali. No in caso di trauma
cranico in quanto causano vasodilatazione cerebrale aumentando il possibile riversamento.
Non utilizzare in vicinanza al parto → causa insufficienza respiratoria nel neonato (al bambino che nasce
senza respirare deve essere somministrato naloxone).
→ le associazioni permettono di ridurre le dosi dei singoli farmaci riducendone gli effetti collaterali e
mantenendone intatta l’efficacia.
Diverse sono le patologie che colpiscono l’apparato respiratorio e che possono provocare una riduzione
della capacità ventilatoria.
Tra queste:
• Asma bronchiale;
• Rinite;
• BPCO.
Le riniti
Per rinite si intende uno stato di irritazione e congestione della mucosa nasale che può essere causato da
diverse situazioni patologiche.
È una patologia benigna in termini di salute generale.
Vanno curate con anti-istaminici.
Diversi fattori favoriscono la produzione di istamina (es. traumi, freddo, allergie, farmaci, veleni animali..).
I farmaci di prima generazione sono più lipofili e passano più facilmente la barriera ematoencefalica
causando sonnolenza. Danno inoltre secchezza delle fauci e tachicardia per la loro azione anticolinergica
(→ bloccano recettori colinergici muscarinici, quindi si inibisce il parasimpatico).
Indicazioni terapeutiche
Prima generazione → non vengono più utilizzati per contrastare le riniti, poiché inducono a sedazione e
sonnolenza. Vengono più largamente impiegati come antichinetosici (es. mal d’auto).
Seconda generazione → vengono maggiormente utilizzati in caso di rinite.
N.B.: Non sono efficaci nella terapia dell’asma bronchiale perché l’istamina nell’uomo ha un effetto
broncocostrittivo modesto.
Gli anti-istaminici non vanno presi quando compaiono i sintomi, ma vanno presi prima dello sfogo della
rinite, in quanto non spazzano via completamente l’istamina dai recettori.
In terza battuta, quando si vuole decongestionare per un breve periodo la mucosa nasale, si può agire sul
SNA.
Si ricorda che:
Parasimpatico → vasodilata le mucose (più sangue, maggior fuoriuscita di muco);
Simpatico → vasocostringe le mucose (minor rinorrea).
Quindi si utilizzano decongestionanti nasali per vasocostringere le mucose nasali agendo in 2 modi:
L’utilizzo di agonisti simpatici è indicano negli adulti e nei ragazzi dai 12 anni in su.
La terapia è di breve durata → NON deve superare i 3/4gg in quanto il loro effetto sugli α1 è limitato nel
tempo. Inoltre, dopo i giorni indicati, smettendo la terapia si avrà un aumento della sensibilità
parasimpatica andando ad irritare maggiormente le mucose nasali.
L’asma
Patologia infiammatoria cronica delle vie aeree, caratterizzata da iperreattività bronchiale a stimoli irritanti
(es. infezioni batteriche e virali, polvere, allergeni, attività fisica in aria secca e fredda) che scatenano
episodi di broncocostrizione acuta reversibile.
Si manifesta con dispnea, tosse, oppressione toracica, respiro rapido e sibilante.
Nei soggetti asmatici, la caratteristica è che a livello delle mucose nasali e nella muscolatura liscia
bronchiolare sono presenti un maggior numero di leucociti eosinofili e mastociti.
I mastociti, oltre a rilasciare istamina, rilasciano anche leucotrieni, responsabili della contrazione della
muscolatura liscia bronchiale.
Strategie che si possono usare dal punto di vista farmacologico → impedire ai leucotrieni liberati dai
mastociti di causare vasocostrizione.
Quando si tratta l’asma allergico bisogna quindi cercare di agire bloccando l’attivazione dei mastociti.
Il primo intervento in caso di insorgenza di asma è broncodilatare (antiasmatici broncodilatatori)
Bloccare quindi l’azione dei leucotrieni, bloccandone la sintesi e i recettori. Inibire dunque la
degranulazione dei mastociti e bloccare l’attivazione degli eosinofili (antiasmatici preventivi → abbassano
la frequenza degli attacchi d’asma).
Si distinguono inoltre in: farmaci antiasmatici convenzionali ed alternativi.
• Agonisti β2 adrenergici: usati per le forme più lievi, a breve durata d’azione (es. salbutamolo →
Ventolin; terbutalina → Bricanyl). Sono i farmaci di prima scelta.
La via di somministrazione più corretta e la via inalatoria utilizzando inalatori dotati di
distanziatore;
• Corticosteroidi anti-infiammatori (glucocorticoidi): sono farmaci preventivi che riducono la
frequenza degli attacchi.
Forme di asma più gravi vengono trattati con agonisti β2 ad azione più lunga (es. salmeterolo e formoterolo)
che hanno una maggiore durata di effetto dilatante (8-12H).
Non in tutti i soggetti i β2 agonisti vanno bene → causa mutazione del gene che codifica i recettori β2.
In questi pazienti sarà opportuno somministrare farmaci che bloccano il parasimpatico.
Corticosteroidi vs FANS
I corticosteroidi bloccano la PLA, così che non viene prodotto acido arachidonico che si ricorda essere
responsabile dell’attivazione delle COX e soprattutto delle lipo-ossigenasi che producono leucotrieni (→
vasocostrittori e fanno contrarre la muscolatura liscia bronchiale). I corticosteroidi si rivelano ottimi nella
cura contro l’asma.
I FANS, invece, agisono solamente sulle COX, mentre la produzione dei leucotrieni aumenta, in quanto
l’acido arachidonico agirà solamente sulle lipo-ossigenasi. Per questo i FANS non sono indicati nella cura
contro l’asma.
• Inalatori;
• Orali: utilizzati nelle forme gravi che non rispondono ai glucocorticoidi inalatori e nella terapia di
urgenza.
− Asma lieve intermittente (attacchi occasionali e di lieve entità): si impiegano agonisti adrenergici b2
a breve durata d’azione (tipicamente salbutamolo);
− Asma lieve persistente (attacchi ripetuti nella giornata e di entità ingravescente): si rende
necessario l’uso regolare di agonisti b2 adrenergici o glucocorticoidi per via inalatoria (100-400
g/giorno);
− Asma moderata persistente: alte dosi di glucocorticoidi per inalazione o dosi standard di
glucocorticoidi inalatori associati ad agonisti β2 adrenergici a lunga durata d’azione;
− Asma grave persistente → alte dosi di glucocorticoidi per inalazione e uso regolare di agonisti β 2
adrenergici;
− Asma molto grave persistente → somministrazione regolare di glucocorticoidi per via orale in
aggiunta al broncodilatatori agonisti β2 adrenergici.
Asma e sport
L’asma indotto da esercizio (EIA, exercise-induced asthma) è una sindrome broncocostrittiva acuta
scatenata dall’esercizio aerobico intenso.
La terapia di elezione per prevenire gli attacchi prevede l’utilizzo di agonisti β 2 adrenergici somministrati
per via inalatoria 30-60 minuti prima dell’attività fisica.
La BPCO
La Bronco-Pneumopatia Cronica Ostruttiva è una ostruzione progressiva delle vie aeree conseguente ad
infiammazione cronica polmonare.
Seppure inefficaci nel rallentare la progressione della malattia, i farmaci di prima scelta sono: agonisti β 2
adrenergici e antagonisti colinergici.
Farmaci anti-tosse
Possono servire ad alleviare la tosse continua.
Definizione di sostanza ergogenica: sostanza che migliora direttamente variabili fisiologiche associate al
gesto sportivo o che rimuove limitazioni soggettive che possono limitare la prestazione.
In pratica è una sostanza che facilita lo sviluppo di energia.
Creatina: agente ergogenico non dopante.
La creatina è il precursore della fosfocreatina (CP), molecola che produce ATP, donando il suo gr. fosfato
all’ADP.
La fosforilazione della creatina, durante il recupero aerobico, ripristina i depositi di fosfocreatina.
Viene prodotta dal fegato e accumulata nel muscolo. Viene espulsa dal rene sotto forma di creatinina.
Quando si decide di iniziare un ciclo di creatina bisogna stare attenti a controllare il suo parametro nel
rapporto sangue-rene (→ può causare blocchi renali).
Un tipico protocollo di supplementazione ergogenica prevede:
La creatina deve essere assunta con bevande zuccherine per favorirne l’assorbimento.
Doping
Sono molecole ad azione farmacologic,a originariamente impiegate per uso terapeutico, e che solo in
seguito, assunte per incrementare le prestazioni atletiche, sfruttando alcune loro proprietà intrinseche.
Ogni anno la WADA, agenzia internazionale con il compito di promuovere la pratica dello sport agonistico
privo dell’uso di tutti quei trattamenti farmacologici, emette una a lista di sostanze incompatibili con
l’attività sportiva, suddividendole in:
− Stimolanti;
− Narcotici;
− Cannabinoidi;
− Steroidi antiinfiammatori.
I farmaci stimolanti
Aumentano il tono del sistema nervoso simpatico ed hanno azione psicostimolante sul SNC.
In pratica accrescono l’attenzione, riducono il senso di fatica e aumentano competitività ed aggressività.
I farmaci β2 agonisti
Anch’essi attivano il sistema simpatico.
Aumentano la GC, la ventilazione, la vascolarizzazione del tessuto muscolare.
Producono effetti metabolici che favoriscono la produzione di substrati energetici muscolari ed aumentano
la forza di contrazione muscolare.
Gli agonisti β-adrenergici assunti per via inalatoria sono ammessi sino a determinati dosaggi.
Alle dosi impiegate nel doping sportivo, gli agonisti β2 perdono la selettività ed agiscono anche sui β1
presenti nel cuore → tachicardia e aritmie cardiache che possono anche portare a fibrillazioni atriali e
ventricolari.
I farmaci anabolizzanti
Stimolano il deposito di massa, preparando il fisico a compiere sforzi maggiori.
Tra questi si ricordano: steroidi androgeni, GH, insulina.
Gli steroidi androgeni sono utilizzati in terapie per ipogonadismo (= ridotta funzione testicolare), sterilità e
deficit dell’erezione.
In passato erano utilizzati anche nel trattamento dell’anemia prima della scoperta dell’EPO.
Trovano impiego anche in bambini con forme gravi di gracilità e di bassa statura → il trattamento non deve
superare i 6 mesi per evitare di indurre saldatura prematura delle epifisi e blocco della crescita.
Il testosterone è inefficace per via orale, perché quasi completamente eliminato dal metabolismo epatico di
primo passaggio → viene dunque somministrato per via intramuscolare o transdermica.
La somministrazione segue una fase ciclica, in cui c’è una fase di somministrazione del testosterone, detta
on, ed una fase in cui non viene somministrato, detta off.
Nella fase off si assume la gonadotropina corionica umana (hCG) per stimolare la produzione di
testosterone endogeno, soppresso dall’assunzione cronica degli steroidi.