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FARMACOLOGIA

La farmacologia è la scienza che studia le proprietà dei farmaci e tutte le loro interazioni con l’organismo.

Per questo si suddivide la farmacologia in:

• Farmacocinetica: studia il farmaco in qualità di agente esogeno, inteso ciò che l’organismo fa al
farmaco;
• Farmacodinamica: studia l’azione del farmaco sull’organismo.

Farmaci e patologie danno modificazioni all’organismo.

Farmaco: è una qualunque sostanza che dà una variazione funzionale, talvolta strutturale, nell’organismo,
tramite azione chimica o fisica.
Si sottolinea, però, come anche i farmaci possano essere veleni.
Infatti, un farmaco è un medicamento quando è somministrato in dosi, determinando variazioni funzionali
positive e utili all’organismo, in campo terapeutico, profilattico o diagnostico.
Può diventare un veleno quando invece è somministrato eccessivamente, senza tener conto di dosi
rapportate all’organismo.

Facendo maggior chiarezza, con il termine farmaco si identifica il principio attivo di un preparato
farmaceutico.
Esempio: quella che noi chiamiamo tachipirina non è il farmaco, quanto il preparato farmaceutico.
Il principio attivo della tachipirina, ovvero il farmaco, è invece il PARACETAMOLO.
Nei preparati farmaceutici, oltre al principio attivo, ci sono anche gli eccipienti, altre sostanze contenute nel
“farmaco” che servono a darne volume facilitando l’assunzione, e che aiutano a proteggere il principio
attivo oltre che ad aiutarne l’assorbimento.
Gli eccipienti possono essere cause di allergie.

Classificazione dei farmaci in base alla modalità, o per meglio dire finalità d’azione:

• Farmaci causali (o eziologici): farmaci che curano la causa di una malattia;


• Farmaci patogenetici (o sostitutivi): compensano la carenza di una sostanza;
• Farmaci sintomatici: controllano i sintomi di una malattia → bloccano la sintomatologia,
impedendo comorbilità (= sviluppo di più malattie contemporaneamente). Esempio: antiipertensivi,
l’ipertensione stimola patologie cardiache;
• Farmaci palliativi: allievano i sintomi di una malattia.

Altri termini importanti:

− Efficacia: capacità di indurre gli effetti desiderati;


− Tossicità: non esistono farmaci non tossici → capacità di causare reazioni avverse o indesiderate,
per questo i farmaci devono essere correttamente somministrati;
− Beneficio: è inteso come il rapporto tra efficacia e tossicità. Un farmaco è benefico quando ha
un’efficacia elevata, in rapporto ad una bassa tossicità;
− Indice terapeutico: rapporto tra dose tossica e dose efficace.
È un parametro fondamentale. Maggiore è l’indice terapeutico, maggiore sarà la “maneggevolezza”
del farmaco, ovvero tanto sarà più sicuro quel farmaco.
Per esempio, un farmaco a dose 1 è efficace, mentre a dose 100 è tossico → tradotto, fino a 100
sto bene, indice terapeutico elevato.

Sede di azione dei farmaci:

• A livello locale: effetto in sede di applicazione;


• A livello regionale: effetto in altra sede diversa da quella di applicazione (es. per anestetizzare la
mano si effettua la puntura di anestetizzante a livello del braccio, prendendo il nervo brachiale);
• A livello generale: effetto in una sede diversa da quella di somministrazione, raggiunta dopo
l’assorbimento tramite il circolo linfo-ematico.

Il farmaco inganna l’organismo cercando di fingersi endogeno.


Esso può andarsi a legare a recettori di membrana o nucleari. Possono anche avere la funzione di enzimi
oltre che ad altre svariate funzioni.

Nascita e sviluppo di un farmaco


Vengono suddivise tre fasi.
La fase 1 è detta fase preclinica, ed è in questa fase che avviene l’identificazione del bersaglio, la
preparazione di molecole attive e la valutazione dell’efficacia in vitro.
Al finire di questa fase, ci sarà la valutazione della farmacologia e della tossicologia sugli animali.

La fase 2 è detta anche fase clinica, nella quale vengono suddivise 4 sotto-fasi:

1. Fase I: detta anche fase di dose finding, vengono arruolati volontari sani che verranno sottoposti al
farmaco.
Questa fase serve per stabilire i parametri della molecola in esame, la comparsa di effetti
indesiderati e la massima dose tollerabile.
2. Fase II: il farmaco è somministrato su pazienti.
In questa fase cercano di acquisire info su efficacia in relazione ad effetto placebo;
3. Fase III: suddivisa a sua volta in IIIA e IIIB. Vengono messi a confronto pazienti a cui viene
somministrata la terapia di prova e pazienti a cui è somministrato effetto placebo → serve per
acquisire informazioni sull’ efficacia e sulla tollerabilità del farmaco in paragone ad altri farmaci già
in uso clinico;

La fase 3 è la fase di farmacovigilanza.

Farmacocinetica
La farmacocinetica studia gli elementi che determinano la concentrazione tissutale e plasmatica di un
farmaco e le sue variazioni nel tempo.
In pratica si occupa di ciò che l’organismo fa al farmaco.

Vengono quindi studiati: ASSORBIMENTO, DISTRIBUZIONE, METABOLISMO ed ELIMINAZIONE → ADME.

A Assorbimento: il farmaco passa dall’esterno al sangue (plasma).


D Distribuzione: fuoriuscita del farmaco dal torrente circolatorio ed ingresso nei tessuti bersaglio.
M Metabolismo: reazioni enzimatiche che preparano il farmaco ad essere reso inoffensivo.
E Eliminazione: farmaco buttato fuori dall’organismo tramite urina, bile e feci.

Obj di una terapia: ottenere e mantenere costante l’effetto terapeutico desiderato.


L’effetto è funzione della concentrazione del farmaco nell’organo bersaglio → la concentrazione
nell’organo bersaglio è generalmente correlata alla concentrazione plasmatica.
La concentrazione plasmatica dipende dalla dose assorbita che a sua volta dipende dalla dose
somministrata e dalla velocità con cui l’organismo elimina il farmaco.

LA CONCENTRAZIONE DI UN FARMACO NEGLI ORGANI BERSAGLIO E’ REGOLATA DAL SUO


COMPORTAMENTO FARMACOCINETICO.

Assorbimento ≠ Dissoluzione
Per dissoluzione si intende la separazione tra principio attivo ed eccipienti, mentre per assorbimento si
intende il passaggio nel sangue del farmaco.

Nel plasma il farmaco può essere libero e quindi attivo, oppure, nel 30-90% dei casi, può essere legato a
proteine (es. albumina) e quindi essere inattivo.

Parametri fondamentali della farmacocinetica

1. Biodisponibilità: termine legato all’assorbimento. È una percentuale. Esattamente è la percentuale


di farmaco che si ritrova nel plasma dopo la somministrazione.
Se viene somministrato per via endovenosa, si ritroverà nel plasma in concentrazione pari al 100%
(es. se somministro per via orale, nel sangue non se ne ritroverà il 100%, ma una minor
percentuale);
2. Volume apparente di distribuzione: parametro in litri;
3. Clearence: velocità con cui viene eliminato il farmaco (ml/min). Quantità di sangue depurata dal
farmaco nell’unità di tempo;
4. Emivita: detto anche tempo di dimezzamento, è il tempo necessario affinché la sua concentrazione
plasmatica si riduca della metà.

Assorbimento: esterno → sangue.

L’assorbimento dipende dalla via di somministrazione.


Esistono vie naturali e vie artificiali.

Vie naturali Vie artificiali

L’assorbimento è permesso dalla struttura chimica La somministrazione è favorita da strumentazione


del farmaco. come aghi.
Esempi di vie naturali sono: Tra queste vie:

- Via orale: è la via preferita dal paziente, ma non - Via endovenosa: è la più utilizzata. Si inietta il
dal medico. Questo perché viene in massima parte farmaco in vena. Assorbe meglio i farmaci. La
eliminato dal fegato. Fattori che influenzano soluzione somministrata deve essere acquosa;
l’assorbimento nel tratto gastrointestinale sono il - Via intramuscolare: ha in comune con
tempo di svuotamento dello stomaco (cibo nello l’endovenosa l’utilizzo di aghi e siringhe, ma il
stomaco = rallentamento), la superficie del sito di farmaco è inserito in un muscolo. È semplicemente
assorbimento e il tempo di contatto con essa; un modo di bypassare la cute. Il farmaco può avere
- Via sublinguale: assorbimento rapidissimo. Il natura acquosa, solida o oleosa;
farmaco entra direttamente alla vena cava - Via sottocutanea: serve a superare l’epidermide. È
superiore senza passare dal fegato; utilizzata specialmente quando occorre ottenere un
- Via rettale: per produrre effetti sistemici o locali; assorbimento lento, costante e prolungato nel
- Via inalatoria: farmaco somministrato tramite tempo. La via sottocutanea permette anche la
inalatori. Importante è il risciacquo della bocca. somministrazione di farmaci in formulazioni solide;
Questi farmaci solitamente stimolano il SN - Via intratecale: può essere spinale
simpatico; (subaracnoidea) o peridurale (epidurale).
- Via cutanea/transdermica: il farmaco è messo
sulla cute che viene passata ed entra nel sangue.
Ionoforesi: il farmaco è caricato positivamente o
negativamente. Vengono quindi applicati sopra
cerotti e viene fatto passare un campo elettrico in
modo da accelerare l’assorbimento tramite via
cutanea;
- Vie mucosali.
Quindi, la via di somministrazione di un farmaco ne modifica rapidità, intensità e durata d’azione.

ASSORBIMENTO → è il processo per cui un farmaco dall’esterno del nostro organismo penetra nel sangue
(o nella linfa e da questa nel sangue) per raggiungere, tramite i liquidi intercellulari, l’organo o le cellule
bersaglio.

Determinazione della quantità di farmaco che attraversa la membrana

(C1 – C2) x superficie membrana x coefficiente di diffusione


------------------------------------------------------------------------------
spessore membrana

C1-C2: differenza di concentrazione tra dentro e fuori la membrana.

• Il flusso è tanto maggiore quanto maggiore è la differenza di concentrazione (C1-C2) tra i due
compartimenti;
• Il flusso è direttamente proporzionale alla superficie della membrana ed inversamente
proporzionale al suo spessore;
• I farmaci hanno capacità di penetrazione diversa a seconda del loro coefficiente di diffusione.

Il coefficiente di diffusione è un valore legato alla struttura molecolare del farmaco → è inversamente
proporzionale al suo peso molecolare ed è direttamente proporzionale al coefficiente di ripartizione,
inteso come il rapporto tra le concentrazioni nella fase oleosa ed acquosa.

Coefficiente di ripartizione: 0 = idrofilo, 1 = lipofilo. Esso varia in base alla quota ionizzata di farmaco.

Molecole a basso coefficiente di ripartizione (idrofile) restano escluse dalla matrice lipidica delle membrane
cellulari e non possono attraversarla. I farmaci sono generalmente idrofili.

Molecole con coefficiente di ripartizione > 1 (lipofile) sono in grado di attraversare le barriere cellulari
liberamente (anche quella ematoencefalica).

Molecole con coefficiente di ripartizione >> 1 (molto lipofile) si accumulano nella matrice lipidica delle
membrane cellulari, senza essere in grado di dissolversi nell’ambiente acquoso degli interstizi tra le cellule e
nel citoplasma.

In ambienti acidi: predominano le forme protonate (= indissociate) → gli acidi sono elettricamente neutri e
favoriti per l’assorbimento, mentre le basi presentano carica elettrica, quindi non sono favoriti per
l’assorbimento;
In ambienti alcalini: predominano le forme de-protonate (= dissociate) → le basi sono elettricamente
neutre e favorite per l’assorbimento, mentre gli acidi presentano carica elettrica, quindi non sono favoriti
per l’assorbimento.

Biodisponibilità: frazione di farmaco somministrato che raggiunge la circolazione sistemica (ventricolo


sinistro) in forma farmacologicamente attiva, espressa come percentuale della dose somministrata per via
endovenosa (considerata come 100%).

La biodisponibilità si determina confrontando i livelli plasmatici raggiunti da un farmaco, somministrato per


esempio per via orale, con i livelli plasmatici che si ottengono dopo somministrazione endovenosa.

Somministrazione orale (o altra)/Somministrazione endovenosa x 100


Fattori che limitano la biodisponibilità orale:

1. INSUFFICIENTE DISSOLOZIONE DELLA PREPARAZIONE FARMACEUTICA;


2. INSTABILITA’ CHIMICA DEL FARMACO;
3. IRREGOLARITA’ NELLO SVUOTAMENTO GASTRICO E NEL TRANSITO INTESTINALE;
4. METABOLISMO EPATICO DI PRIMO PASSAGGIO EPATICO.

DISTRIBUZIONE → porta alla caduta della concentrazione plasmatica del farmaco. Esattamente è il
processo attraverso cui un farmaco lascia il torrente circolatorio ed entra nell’interstizio cellulare (liquido
extracellulare) o nelle cellule dei tessuti.

La distribuzione dipende dalla caratteristiche chimiche del farmaco e dalle caratteristiche strutturali e
fisiologiche dell’organismo.

Percentuale di perfusione ematica


La quantità di sangue che giunge ai capillari dei diversi distretti dell’organismo varia ampiamente a causa
dell’ineguale distribuzione della gittata cardiaca ai vari organi.
Si distinguono:

• Organi altamente perfusi (70% gittata cardiaca): polmoni, cervello, fegato, reni, surrenali, tiroide,
miocardio;
• Organi mediamente perfusi (21% gittata cardiaca): muscolatura, cute;
• Organi scarsamente perfusi (9% gittata cardiaca): tessuto adiposo, tessuto scheletrico.

Legame con le proteine plasmatiche


Il legame con le proteine plasmatiche sequestra i farmaci in una forma non diffusibile e ne rallenta il
trasferimento fuori del compartimento vascolare, impedendone sia il raggiungimento del sito d’azione che
l’eliminazione per metabolismo epatico e filtrazione renale.

L’albumina plasmatica è la più importante proteina circolante → ha affinità maggiore per farmaci
debolmente acidi.
Il legame dei farmaci all’albumina è reversibile e può avere bassa capacità (→ una molecola di farmaco per
molecola di albumina) o alta capacità (→ più molecole di farmaco per ogni molecola di albumina).

Altre proteine plasmatiche: l’ α1 -globulina ha affinità per i farmaci basici, mentre la transcortina ha affinità
per farmaci liposolubili.

La quantità di farmaco legata alle proteine plasmatiche rappresenta quindi una forma di riserva che viene
rilasciato quando il farmaco libero diminuisce.

Esistono, tuttavia, alterazioni della concentrazione di proteine plasmatiche (es. denutrizione, insufficienza
epatica ed altre forme) che comportano una modifica nel legame farmaco-proteina plasmatica.
Ciò può causare un aumento di quota libera di farmaco nel plasma.

Volume apparente di distribuzione


Parametro utile a predire quantitativamente l’effetto del farmaco. È il volume di farmaco che si ritrova nei
tessuti una volta che l’organismo ha completato la fase di distribuzione.

Dose di farmaco somministrata (mg)


VAD = ----------------------------------------------------------
Concentrazione plasmatica del farmaco (mg/L)
Tanto maggiore è la dose somministrata, tanto maggiore sarà il volume apparente di distribuzione.

Il VAD stabilisce un’utile relazione tra concentrazione plasmatica e quantità di farmaco nell’organismo,
consentendo di ricavare, dalla misurazione della concentrazione plasmatica, la quantità di farmaco totale in
corpo:

Quantità totale = VAD x Cp

e di predire la concentrazione plasmatica determinata da una singola dose di farmaco:

Concentrazione plasmatica = dose/VAD

METABOLISMO → è la terza fase della farmacocinetica che prevede modificazioni chimiche che un farmaco
subisce nell’organismo. In questa fase avvengono quelle azioni che portano ad inattivazione e conseguente
eliminazione del farmaco.

Il nostro corpo cerca di eliminare il farmaco in tutti i modi, o di renderlo almeno inoffensivo, tramite un
processo che prevede spesa di energia.
Sede principale del metabolismo è il fegato.

Tramite il metabolismo si tenta di rendere più grandi e idrosolubili le molecole → aumenta volume e
solubilità.
Avvengono quindi modificazioni chimiche all’interno delle molecole del farmaco, tali da renderlo
inoffensivo.

Ci sono 4 possibili biotrasformazioni dei farmaci:

1. Farmaco attivo → metabolita inattivo (caso più frequente);


2. Farmaco inattivo → metabolita attivo (es. codeina → morfina);
3. Farmaco attivo → metabolita attivo;
4. Farmaco attivo → metabolita tossico (es. paracetamolo → parabenzochinone, che è un ossidante).

Nel fegato, gli epatociti svolgono due tipi di reazioni enzimatiche:

• Fase 1 (funzionalizzazione): attuata da enzimi funzionalizzanti che rompono le molecole del


farmaco, con perdita di efficace di quest’ultimo, e aggiungono gruppi funzionali riutilizzabili per le
reazioni di coniugazione;
• Fase 2 (di coniugazione): attuata da enzimi coniuganti che attaccano alla molecola altre molecole
grosse e polari. Alcuni farmaci subiscono direttamente la fase 2. In pratica una molecola endogena
si lega al composto derivato dalle reazioni di fase 1 creando un prodotto coniugato.
Le coniugazioni con acido glucuronico sono le più diffuse.

Entrambi i tipi di enzimi si trovano nel citoplasma degli epatociti.


Più farmaci possono diventare substrati di uno stesso enzima (es. all’enzima A si collega il substrato 1, ma
possono legarsi anche i substrati 2, 3, 4…).

Gli enzimi funzionalizzanti appartengono alla famigli dei citocromi P450 (CYP) monoossigenasi.
Esempio di nomenclatura: CYP2D6
CYP = citocromo P450; 2 = famiglia; D = sotto-famiglia; 6 = isoenzima specifico.
Esiste variabilità individuale nel metabolismo dei farmaci, dettata da fattori quali: età, patologie, dieta e
ambiente.

Induzione enzimatica → fenomeno che produce un aumento dell’attività degli enzimi metabolizzanti ed
una conseguente riduzione dei livelli serici dei farmaci che sono inattivati tramite questi enzimi.
In pratica viene aumentata la capacità di detossificazione del fegato.
Moltissimi farmaci sono induttori enzimatici.

Vengono distinti due tipi di induzione enzimatica:

− Tipo fenobarbitale: coinvolge tutti i sistemi metabolizzanti e si accompagna a modificazioni


citologiche negli epatociti (= aumento del reticolo endoplasmatico) e a modificazioni strutturali e
funzionali del fegato = (aumento del peso e del flusso ematico e biliare);
− Tipo metilcolantrene: riguarda un numero limitato di sistemi metabolici e non si accompagna a
modificazioni strutturali e funzionali del fegato.

Esistono anche farmaci che inibiscono il potenziale metabolico, cioè che procurano inibizione enzimatica
→ fenomeno contrario all’induzione metabolica che avviene quando determinati composti, tra cui altri
farmaci, o anche molecole contenute in alimenti, sono in grado di inibire il metabolismo di farmaci anche
chimicamente non correlati.
L’inibizione del metabolismo può avvenire anche per competizione con i farmaci per i siti attivi degli enzimi.

N.B.: FRUTTI NORMALMENTE INNOCUI POSSONO ESSERE MORTALI SE ASSUNTI IN GRANDI QUANTITA’ IN
CONCOMITANZA CON FARMACI CARATTERIZZATI DA BASSO INDICE TERAPEUTICO.

Esempio del succo di pompelmo → è un inibitore enzimatico che peraltro aumenta l’attività di alcune
categorie di farmaci arrivando anche a farli diventare tossici.
Il succo di pompelmo inibisce il CYP3A4 a livello intestinale, inibendolo completamente. Il ripristino
dell’attività dell’enzima dipende dalla sintesi di nuovo enzima.
Il succo di pompelmo agisce inibendo il CYP3A4 per 24H, così che anche se si ritarda di diverse ore la
somministrazione del farmaco, l'interazione è ugualmente significativa.

In pratica, il suddetto enzima inibisce la felodipina, così che in condizioni normali appena il 15% del totale di
felodipina somministrata giunge al sangue e ai tessuti.
Il succo di pompelmo, invece, inibendo l’enzima non permette il corretto metabolismo del farmaco, così
che ben il 45% raggiunge il fegato.

Riassumendo:
Senza succo di pompelmo = felodipina (100%) → intestino (CYP3A4 intestinale degrada il 70%, quindi solo
30% arriva al fegato) → fegato (CYP3A4 epatico degrada il 50%, quindi 15%).
Con succo di pompelmo = felodipina (100%) → intestino (CYP3A4 intestinale è inibito e degrada solo il 10%,
quindi al fegato arriva il 90%) → fegato (CYP3A4 epatico rimane comunque attivo e degrada il 50%, quindi
45%).

ELIMINAZIONE → è l’ultima fase della farmacocinetica e comporta l’eliminazione, inteso come la


fuoriuscite dall’organismo del farmaco.
Avviene in diversi modi: via renale (urine), biliare (feci), polmonare, lacrimale, salivare, sudoripara, sebacea
ed anche tramite latte materno.
L’eliminazione tramite latte materno deve essere tenuta in considerazione quando si prescrivono farmaci a
madri che allattano, per i possibili rischi di tossicità a cui si può esporre il neonato.

Eliminazione renale
L’eliminazione renale è attuate dai nefroni, unità funzionali del rene.
L’eliminazione renale è il risultato di 3 meccanismi:

1. Filtrazione glomerulare: il farmaco passa dai capillari del glomerulo all’interno della capsula di
Bowman. Il farmaco libero, ovvero non legato all'albumina, passa nella capsula di Bowman, mentre
i farmaci legati a proteine plasmatiche (albumina, globuline..) non sono filtrati;
2. Secrezione attiva tubulare: farmaci che non passano attraverso il glomerulo possono comunque
essere secreti nel tubulo contorto prossimale per opera di 2 sistemi di trasporto attivo → nelle
cellule che delimitano il tubulo prossimale, proteine trasportatrici legano i farmaci nel liquido
interstiziale e lo trasferiscono all’interno del tubulo;
3. Riassorbimento passivo: i farmaci parzialmente dissociati o protonati (acidi e base deboli) sono
riassorbiti in modo direttamente proporzionale alla loro quota elettricamente neutra.
I farmaci liposolubili attraversano le pareti del tubulo distale e dei dotti collettori e ridiffondono nel
circolo ematico.
I farmaci coniugati con molecole polari non possono attraversare il tubulo e sono eliminati nelle
urine.

1 e 2 favoriscono l’eliminazione, la 3 la contrasta.

Eliminazione epatica
L’eliminazione epatica è attuata dal fegato che elimina il farmaco tramite la bile e quindi attraverso le feci.

Unità funzionali del fegato sono i lobuli epatici.


Il fegato svolge due diverse importante funzioni sui farmaci presenti nell’organismo → metabolismo ed
escrezione.
L’escrezione biliare e le attività metaboliche degli epatociti hanno particolare importanza per i farmaci
somministrati per via orale che attraverso il circolo portale raggiungono il fegato e possono subire
metabolismo ed escrezione prima di raggiungere il circolo sistemico → effetto di primo passaggio o “first-
pass”).
Avviene quindi una significativa riduzione della biodisponibilità.

La bile viene rigettata nell’intestino → il farmaco non viene necessariamente eliminato in quanto, se le sue
caratteristiche chimico-fisiche lo permettono, esso può venire riassorbito a livello intestinale.

Parametri farmacocinetici dell’eliminazione dei farmaci: clearence ed emivita.


Clearence: volume di plasma contenente la quantità di farmaco che viene rimosso nell’unità di tempo.
Emivita: tempo necessario perché una data concentrazione plasmatica di farmaco si riduca di metà. Per cui
farmaci con tempo di dimezzamento breve vengono eliminati velocemente dall’organismo e quindi sono
necessarie più somministrazioni giornaliere per mantenere delle concentrazioni plasmatiche clinicamente
efficaci, mentre farmaci con tempo di dimezzamento lungo possono dare origine, per dosi ripetute, a
fenomeni di accumulo nel tempo e quindi alla comparsa di effetti collaterali da sovradosaggio.

Farmacodinamica
Studia i meccanismi di azione dei farmaci. Esattamente studia le modificazioni strutturali e fisiologiche
indotte dai farmaci nell’organismo e la loro interazione.
I farmaci confondono l’organismo, comportandosi ed assomigliando a molecole endogene.

I bersagli dei farmaci sono i più disparati.


Principalmente sono recettori, siano essi di membrana o nucleari.
Possono agire anche su canali e pompe ioniche e soprattutto anche su enzimi.

Interazione farmaco-recettore
Interazione F-R reversibile: l’interazione è limitata nel tempo → una molecola di farmaco si stacca dal suo
recettore, diffonde ed eventualmente si attacca ad un altro recettore, mentre il primo recettore rimane
libero fino a quando non è occupato da un’altra molecola di farmaco.
I farmaci di impiego più comune producono interazioni reversibili.
Interazione F-R irreversibile: quando il numero dei legami chimici è estremamente alto, l’energia utile a
staccare il farmaco dal recettore deve essere elevata, per questo può essere che l’energia nel sistema
biologico può essere insufficiente a causare il distacco del farmaco dal recettore.
Le interazioni irreversibili producono effetti farmacologici prolungati.
La cellula dovrà sintetizzare nuovamente i recettori o gli enzimi ormai inattivati dal farmaco.
I farmaci irreversibili trovano impiego clinico più limitato.

La risposta all’azione di un farmaco è proporzionale al numero di recettori occupati.


Il legame farmaco-recettore è saturabile → il farmaco si lega, in relazione alla sua concentrazione, al suo
recettore, fintanto che non vengono occupati tutti i siti recettoriali.

BMAX: numero massimo dei recettori disponibili per il legame con il farmaco. È un indice dell’efficacia del
farmaco.
KD: concentrazione di farmaco che lega il 50% dei recettori disponibili. È un indice dell’affinità del farmaco
per il recettore.

L’effetto biologico sarà proporzionale al numero di recettori occupati dal farmaco.


EMAX: è la massima risposta ottenibile dal legame farmaco-recettore (effetto massimo).
EC50: è la concentrazione di farmaco che induce la metà dell’effetto massimo.

Affinità: un farmaco deve essere affine al recettore. Dipende dalla compatibilità strutturale tra il farmaco
ed il suo bersaglio. Dall’affinità deriva l’EC50.

Attività intrinseca: capacità del legame recettore-farmaco di dare il via ad un segnale.


Da affinità ed attività intrinseca derivano:
Potenza: un farmaco è potente quando riesce a dare un effetto a dosi basse. Tanto minore è la sua EC 50,
tanto più potente sarà il farmaco.
Efficacia: un farmaco è più efficace di un altro, quando riesce a dare un effetto massimo maggiore rispetto
all’altro a parità di dosi

I farmaci possono aumentare o diminuire l’attività del recettore.


Un farmaco si dice:

• Agonista puro quando riproduce l’azione del ligando naturale;


• Agonista parziale quando riproduce con minore efficacia l’azione del ligando naturale;
• Agonista inverso quando lega il recettore, ma induce un effetto opposto a quello dell’agonista
naturale;
• Antagonista quando si lega al recettore, ma non produce alcuna risposta → il legame recettore-
antagonista riduce l’interazione dell’agonista (endogeno o esogeno) con il recettore, diminuendone
la risposta. I farmaci antagonisti possiedono affinità per il recettore, ma non attività intrinseca.
Tra i farmaci antagonisti, si individuano i farmaci:
o Antagonisti competitivi → si legano reversibilmente allo stesso sito del recettore a cui si
lega l’agonista, sia esso il ligando naturale o un altro farmaco. Le due molecole competono
per un sito comune. I farmaci antagonisti competitivi diminuiscono la potenza del ligando
endogeno o di un altro farmaco agonista;
o Antagonisti non competitivi → si legano ad un sito del recettore diverso da quello occupato
dall’agonista e producono modificazioni della struttura del recettore che ne diminuisce
l’affinità per l’agonista.

Finestra terapeutica: intervallo di concentrazioni nel quale si ottiene l’efficacia terapeutica senza che si
manifestino effetti collaterali.

Indice terapeutico: ALTO → farmaco sicuro, BASSO → farmaco poco maneggevole.

L’indice terapeutico di un farmaco è rappresentato dal numero derivante dal rapporto tra la dose tossica
(massima dose tollerata) e la dose terapeutica (minima dose efficace).
Ad esempio per un farmaco che ha una dose tossica di 10 g/Kg ed una dose terapeutica di 2 g/Kg → IT = 5
Quanto più l’indice terapeutico di un farmaco è basso (vicino all’unità), tanto più ristretto è il margine di
sicurezza nel dosaggio del farmaco.
Farmaci dotati di indice terapeutico alto possono essere somministrati in dosi distanziate nel tempo.

Tolleranza: il termine tolleranza si applica a quei casi in cui la somministrazione cronica di un farmaco causa
una diminuzione dell'effetto con la somministrazione di dosi terapeutiche → per mantenere costante la
risposta terapeutica si rivela necessario aumentare la dose.

Viene a distinguersi la tolleranza farmacocinetica e la tolleranza farmacodinamica.


La prima è causata dall’induzione metabolica → il farmaco è in grado di stimolare la produzione degli
enzimi microsomiali epatici che lo metabolizzano, accelerando l'eliminazione così da accorciarne l'emivita.
La seconda, invece, rappresenta un "adattamento" delle cellule bersaglio del farmaco alla sua azione,
cosicché esse reagiscono in misura minore alla presenza di concentrazioni uguali di farmaco.

Reazioni avverse dei farmaci


Esistono tre tipi di effetti collaterali che un farmaco può dare:

− Effetti collaterali frequenti;


− Effetti collaterali prevedibili;
− Effetti collaterali dose-dipendenti.

Le reazioni avverse causano effetti indesiderati → necessario lo stop della terapia.

Ipersensibilità ai farmaci: reazione abnorme, o esagerata, ad un farmaco.


Gli effetti indesiderati compaiono a dosi più basse in quei pazienti predisposti, rispetto ad altri pazienti i
quali avrebbero effetti collaterali a dosi più elevate.
La reazione può essere di natura allergica o idiosincrasica (= risposta alterata dal punto di vista quantitativo
e qualitativo).

Reazioni avverse rarissime → riguardano l’induzione di nuove malattie o la modifica dell’incidenza di una
malattia da parte di farmaci assunti per periodi di tempo molto prolungati (es. aumento dell’incidenza di
tumori al seno indotta da ormoni progestinici utilizzati come contraccettivi orali o come terapia sostitutiva
post-menopausa).

Infine, diversi farmaci sono fotosensibili (foto-tossici → simile scottature, o foto-allergici → simile
dermatite).

Farmacologia del SNA


I farmaci modificano le funzioni viscerali che non sono il controllo della coscienza.
Modificano GC, digestione, escrezione, distribuzione del flusso ematico..

La maggior parte dei farmaci agiscono sulla modulazione del SNA.

Il SN è divisibile in SNP e SNC.


Il SNP è diviso in due sezioni: una afferente (nervi dalla periferia al centro) ed una efferente (nervi dal
centro alla periferia/organi bersaglio).

Quest’ultima è suddivisa in SNA e SNS. Il SNA è diviso in simpatico e parasimpatico.


Il SNA simpatico agisce sulla zona toraco-lombare;
Il SNA parasimpatico, invece, agisce sulla zona cranio-sacrale.

Anatomia del SNA


Il SNA, sia simpatico che parasimpatico (sono strutturalmente simili), presenta una via bisinaptica → due
neuroni in serie.

Neurone pregangliare → ganglio/neurone postgangliare → organo effettore.

Il ganglio è un ammasso di corpi neuronali. Per il sistema parasimpatico si parla anche di ganglio
intraneurale.

Simpatico vs parasimpatico

• Localizzazione neuroni: i neuroni del parasimpatico si trovano nel tronco encefalico e nel midollo
spinale sacrale, mentre i neuroni del simpatico si trovano nel midollo spinale toraco-lombare.
Inoltre:
o Simpatico: pregangliare → corto; postgangliare → lungo;
o Parasimpatico: pregangliare → lungo; postgangliare → corto.
• Neurotrasmettitori:
o Simpatico: Ach → NA → organo effettore;
o Parasimpatico: Ach → Ach → organo effettore.
• Recettori:
o Simpatico: recettore colinergico nicotinico (su soma postgangliare) → recettore
adrenergico α1-2/β1-2-3 (organo effettore);
o Parasimpatico: recettore colinergico nicotinico (su soma postgangliare) → recettore
colinergico muscarinico (organo effettore).

Recettori accoppiati a proteine G


La proteina G presenta 3 subunità: α, β e γ.
Sulla subunità α è legata una molecola di GDP.
Quando la proteina viene attivata, GDP viene sostituita con una molecola di GTP (GDP non viene fosforilata,
ma appunto sostituita).
A questo punto, le altre due subunità si staccano.
Al termine della risposta, la subunità α si comporta da enzima, e stacca un gr. fosfato dal GTP che ha legato,
così che si trasformi in GDP e il ciclo può ricominciare a nuovo stimolo.
Alla subunità α appartengono diversi sottotipi:

• αs: subunità stimolante. Attiva la adenilatociclasi (AC) che produce cAMP da ATP (ATP → cAMP).
Il cAMP è un metabolita messaggero che attiva la proteinachinasi A (PKA), enzima che fosforila
diversi substrati;
• αi: subunità inibente. Inibisce la adenilatociclasi (AC);
• αq: subunità stimolante. Attiva la fosfolipasi C che trasforma il PIP2 (fosfatidil-inositolo-disfosfato) in
IP3 e DAG (inositolo-trifosfato e diacil-glicerolo).
IP3 e DAG sono due secondi messaggeri. Il primo è in grado di diffondere attraverso la cellula e fa
aprire i canali Ca2+. Il secondo, invece, rimane all’interno della membrana e fa attivare la
proteinchinasi C (PKC);

• α0: modifica la permeabilità ionica della membrana iperpolarizzandola.


In pratica fa uscire K+ ed entra Ca2+. Inoltre inibisce la adenilatociclasi (AC).

Il sistema parasimpatico favorisce lo svolgimento dei: processi digestivi, processi di escrezione, attività
riproduttiva → mantiene le funzioni essenziali dell’organismo ed è essenziale per la vita.
Il sistema simpatico, invece, produce: aumento FC e P sanguigna, mobilizzazione delle riserve energetiche,
dilatazione bronchiale, stimola midollare del surrene a produrre adrenalina → ha la proprietà di regolare le
funzioni dell’organismo in risposta a condizioni di stress.
Tutti gli apparati subiscono importanti modificazioni.

La modulazione del sistema parasimpatico


Si ottiene mediante l’attivazione od il blocco dei recettori muscarinici postgangliari.

Sinapsi colinergica
L’Ach viene sintetizzata da acetil-CoA + colina.
Ach viene quindi captata nelle vescicole di immagazzinamento e trasportata in prossimità delle sinapsi dove
viene liberata.
Ach libera si lega ai recettori colinergici (nicotinici o muscarinici) che vengono quindi attivati.
Una volta terminata la risposta, Ach viene degradato dall’acetilcolinesterasi in acetil-CoA + colina; la colina
viene ricaptata dal neurone e riutilizzata (rientra nel neurone assieme ad una molecola di Na +).

Recettore colinergico muscarinico


Prende il nome dall’agonista muscarina.
È un recettore metabotropico accoppiato alle proteine G.

Si conoscono 5 sottotipi (M1, M2, M3, M4, M5).


M2 ed M4 (inibenti) sono legati a proteine G αi/o→ inibiscono l’attività secretiva contrattile od elettrica
della cellula.
M1, M3 ed M5 (attivanti) sono legati a proteine G αq → producono un aumento degli ioni calcio nel
citoplasma e stimolano la contrazione muscolare e la secrezione ghiandolare.

Effetti della stimolazione del sistema parasimpatico


Le ghiandole sono solitamente stimolate dall’azione del parasimpatico (salivari, lacrimali, e delle mucose
bronchiali, gastriche, intestinali e pancreatiche).
Contrazione della muscolatura liscia dei bronchi, del tratto gastro-intestinale, della colecisti, del dotto
biliare, della vescica e degli ureteri.
Rilassamento degli sfinteri.
Rallentamento del ritmo cardiaco e riduzione della pressione arteriosa.

Controllo farmacologico su simpatico


Lo stop della NA è data da un ricaptatore (= reuptake).

Il sistema simpatico funziona grazie a NA (noradrenalina) o A (adrenalina).


La loro sintesi avviene grazie ad un comune precursore, la tirosina che si trasforma in DOPA e
successivamente in dopamina.
La dopamina diventa quindi NA e successivamente può diventare A.

Recettori adrenergici:

− α: 1 e 2;
− β: 1, 2 e 3.

Questi sottotipi si distinguono per il tipo di subunità α legata alla proteina G.

α1: legati a proteine G αq, responsabili delle azioni contratturanti del simpatico sulla muscolatura liscia,
stimolano glicogenolisi. NA>A;
α2: legati a proteine G αi, rilassanti, riducenti liberazione di neurotrasmettitore. A>=NA.
I β sono invece tutti legati a proteine G stimolanti (subunità αs) che attivano l’enzima adenilatociclasi (AC).

β1: si trovano a livello del cuore, sono cardiostimolanti. Aumentano forza di contrazione, quindi aumenta FC
e GC. A=NA;
β2: producono rilassamento della muscolatura lisca, danno vasodilatazione e stimolano glicogenolisi, come
per gli α1. A>NA;
β3: sono metabolizzanti di lipidi. NA>A.

In linea generale la noradrenalina induce le risposte di contrazione (soprattutto α1, ma anche β1),
l’adrenalina quelle di rilasciamento (soprattutto β2, ma anche α2).

Modulazione farmacologica del SNA


Parasimpatico: mimetici (agonisti colinergici) e litici (anticolinergici/anti-muscarinici).

Farmaci anti-muscarinici
I farmaci anticolinergici ad impiego più diffuso sono antagonisti dei recettori muscarinici (farmaci anti-
muscarinici).
Atropina (estratta dalla pianta atropa belladonna) e scopolamina (estratta dalla pianta iosciamus niger).
Se somministrati per via sistemica, producono una diminuzione generalizzata del tono parasimpatico.
L’atropina è tuttora un farmaco di emergenza per trattare le intossicazioni da composti parasimpatico-
mimetici come gli inibitori dell’acetilcolinoesterasi contenuti in pesticidi e gas nervini.

Vengono principalmente usati come ipertensivi e cardiostimolatori, nonché come broncodilatatori.

Buscopan → rilascia la muscolatura liscia dello stomaco, dell’intestino, della vescica e dell’utero e riducono
la secrezione ghiandolare gastrica.

Antimuscarinici e patologie dell’apparato respiratorio → il sistema parasimpatico stimola la contrazione le


cellule muscolari lisce bronchiali (broncocostrizione) e la produzione di muco. Tramite farmaci anti-
muscarinici si inibisce il sistema parasimpatico.
L’atropina non è però utilizzata come broncodilatatore nella terapia dell’asma o della BPCO perché blocca
anche la motilità delle ciglia dell’epitelio bronchiale e ostacola l’espulsione del muco.

Questi farmaci danno effetti collaterali quali: tachicardia, secchezza delle fauci, ritenzione urinaria, visione
offuscata, sedazione e sonnolenza (in quanto nel SNC il sistema colinergico mantiene lo stato di veglia),
riduzione motilità gastrointestinale.

Simpatico: mimetici (adrenergici) e litici (anti-adrenergici).

Farmaci ad azione diretta → farmaco che simula NA/A;


Farmaci ad azione indiretta → farmaco che stimola la sinapsi a produrre, a rilasciare o recuperare più NA/A.

Farmaci simpatico-mimetici (adrenergici) DIRETTI


Sono agonisti per i recettori adrenergici.
1 → Molecole a struttura catecolaminica.
2 → Molecole a struttura non catecolaminica.

1→ Farmaci simpatico-mimetici catecolaminici


Possono essere naturali (A o NA) o sintetici (dobutamina o isoproterenolo).
Effetti farmacologici dell’A
La A è cardiostimolante e broncodilatante, per questo viene facilmente somministrata in caso di schock
anafilattico (può essere mortale causando collasso circolatorio e insufficienza respiratoria).

È il farmaco salvavita per eccellenza, che agisce su β1 (stimolando il cuore) e su β2 (broncodilatando).


Inoltre ha effetto iperglicemizzante (agisce su α1 e su β2).
Infine promuove lipolisi (agisce anche su β3).

La somministrazione orale è priva di efficacia, poiché sia l'adrenalina che le altre catecolamine sono
inattivate completamente dagli enzimi intestinali.

Noradrenalina
La noradrenalina è il neurotrasmettitore per eccellenza del simpatico, e in teoria dovrebbe stimolare tutti i
tipi di recettori adrenergici.
In pratica, quando il farmaco viene somministrato a dosi terapeutiche nell'uomo, vengono attivati in misura
maggiore i recettori α ed in misura minore i β1. Non ha alcun effetto sui β2.

Catecolamine sintetiche
Tra gli agonisti sintetici a struttura catecolaminica, i farmaci più utilizzati sono l’isoproterenolo e la
dobutamina.

Il primo è un buon anti-asmatico. Agisce su β1 (alte dosi) e β2 (basse dosi).


Grazie alla sua azione cardiostimolante β1 e broncodilatatrice β2 può essere impiegato nella terapia di
emergenza nell’arresto cardiaco → inserito nella lista WADA.
Il secondo è utilizzato soprattutto per scompensi cardiaci.
È un agonista selettivo per i recettori β1 adrenergici che aumentano la forza di contrazione del cuore.

Tutte le catecolamine, naturali e sintetiche, sono inserite nella lista WADA dei farmaci proibiti in
competizione.

2 → Farmaci simpatico-mimetici non catecolaminici

Fenilefrina per α1. Utilizzato principalmente come decongestionante nasale. Provoca vasocostrizione nei
capillari della mucosa nasale e riduzione dell’ipersecrezione di liquido.

Gli agonisti α2 diminuiscono la funzione del simpatico a favore del parasimpatico.

I farmaci agonisti β2 sono farmaci usati nel trattamento dell’asma bronchiale e di altre forme bronco-
ostruttive. Hanno proprietà anaboliche e facilitanti l’apporto d’ossigeno.
Esempio è il clenbuterolo (elevata attività anabolizzante), ma anche il salbutamolo (= ventolin).
I motivi per cui i farmaci beta-agonisti sono utilizzati come doping sportivo sono molteplici:

1. Aumento delle prestazioni cardiache;


2. Aumento del calibro bronchiale;
3. Aumento della vascolarizzazione del tessuto muscolare;
4. Mobilizzazione del glucosio;
5. Aumento della forza di contrazione muscolare.
Farmaci simpatico-litici (anti-adrenergici)
Inibiscono l’azione del sistema simpatico sulla forza di contrattilità e sul ritmo cardiaco e sulla riduzione di
perfusione renale.

L'effetto indesiderato più frequente è l'ipotensione ortostatica. Altro effetto grave è il broncospasmo, per
questo motivo ne è sconsigliata l’assunzione nei soggetti asmatici.

I farmaci β bloccanti sono dopanti solo in alcune discipline sportive (es. tiro con l’arco, nuoto
sincronizzato..).
I β bloccanti, soprattutto β1 selettivi, sono usati negli sport in cui la coordinazione posturale, l’assenza di
tremore ed il controllo dell’ansia sono più performanti rispetto alla forza muscolare ed alla capacità
aerobica.

Farmaci simpatico-mimetici (adrenergici) INDIRETTI


Questi farmaci lavorano a monte.
Aumentano il rilascio di catecolamine e ne inibiscono la loro ricaptazione e metabolismo.

Anfetamine: derivano dall’efedrina che è stato il primo decongestionante nasale introdotto in terapia.
(efedrina → metamfetamina → anfetamina)

Stimolano il rilascio di catecolamine.


Sono state usate per alcuni decenni da molti atleti, specialmente negli sport di resistenza, per ridurre il
senso di stanchezza e per aumentare la soglia di resistenza al dolore → la riduzione del senso di fatica e di
dolore muscolare comporta un grave rischio di sottoporre il sistema cardiocircolatorio a sollecitazioni
prolungate in debito d’ossigeno, sino all’insorgenza di ischemia cardiaca che talvolta progredisce fino
all’infarto acuto.

Farmaci anti-infiammatori
L’infiammazione è un processo difensivo, scatenata da una risposta immunitaria, alla quale contribuiscono
l’intrusione di tossine batteriche o danni tissutali (es. traumi fisici, ipossia..), e che può essere self o non-
self.

L’infiammazione è caratterizzata da rossore, gonfiore e calore del distretto interessato, accompagnato da


dolore e talvolta dalla perdita della funzionalità dell’organo.

L’infiammazione si divide in 3 fasi → bisogna combattere la terza fase (fase cronica proliferativa) che rischia
di portare a degenerazione tissutale e fibrosi.
Anche la fase 1 e la fase 2, rispettivamente fase acuta transitoria e fase subacuta ritardata, possono
causare dolore.

Tra le molecole maggiormente coinvolte nel processo infiammatorio vi sono istamina, citochine e
prostaglandine.
Le ultime sono i principali mediatori dell’infiammazione, appartenenti alla famiglia degli autacoidi.
Gli autacoidi derivano da un fosfolipide di membrana contenente acido arachidonico (AA).
Questi sono rilasciati dalla cellula nell’ambiente extracellulare in cui diffondono per un breve raggio e
generano risposte fisiologiche nella cellula stessa che li ha prodotti ed in cellule poste nelle immediate
vicinanze → gli autacoidi funzionano da messaggeri autocrini e paracrini.
Quando un fattore scatena l’infiammazione, la fosfolipasi A (PLA) si attiva, andando ad ageire su un
fosfolipide contenente AA.
AA viene così scisso dal fosfolipide che così diventa in forma libera.
AA diviene poi substrato delle lipossigenasi (LIX) e delle ciclossigenasi (COX).
Le prime generano leucotrieni che fungono da broncocostrittori.
I secondi, invece, generano PGH2 da cui si originano:

• Prostaglandine (PGE2, PGD2 e PGF2A): sono le molecole più spesso implicate nell’infiammazione,
stimolando la vasodilatazione e la fuoriuscita di leucociti e plasma (NON sangue), creando edema,
ovvero ristagno di liquidi nei tessuti → diapedesi;
• Prostacicline: molecole non tanto legate all’infiammazione;
• Trombossani: implicati nella formazione di tappi piastrinici.

Tutte queste sostanze sono autacoidi.

Le prostaglandine facilitano la generazione e la trasmissione degli impulsi dolorosi, provocando


ipersensibilità delle terminazioni nervose.
Ecco spiegato il motivo per cui quando c’è un infiammazione si accusa dolore → le prostaglandine, formate
a seguito di infiammazione, attivano le fibre nervose nocicettive, agendo sulla terminazione nocicettiva (la
soglia di attivazione si abbassa) e nel midollo spinale (a livello della sinapsi tra neurone nocicettivo primario
e neurone di proiezione sovraspinale → tutti gli antidolorifici agiscono sui recettori posti in questa sinapsi).

Dal midollo si sale all’ipotalamo, centro della termoregolazione. La febbre è l’espressione di una sua
temporanea alterazione.
Agenti infettivi e tossine stimolano la produzione di sostanze pro-infiammatorie (IL-1 e IL-6 →
interleuchine) che a livello dell’ipotalamo stimolano le ciclossigenasi a produrre prostaglandine,
comportando un aumento della temperatura.

L’inibizione dell’enzima ciclossigenasi (COX) riduce la sintesi di prostaglandine che riporta i nocicettori alla
normalità e riduce la trasmissione dell’impulso nocicettivo dal midollo spinale alla corteccia cerebrale, oltre
a bloccare la risposta infiammatoria.
Quindi, l’inibizione dell’attività enzimatica delle ciclossigenasi (COX) riduce la produzione di prostaglandine
e produce effetti antinfiammatori (eliminazione infiammazione), analgesici (riduzione del dolore) e
antipiretici (abbassamento temperatura).

I farmaci antinfiammatori sono stati distinti in steroidei e non steroidei.


I farmaci steroidei presentano sostanze derivate dal cortisolo.
I farmaci non steroidei, conosciuti come FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei), non derivano dal
cortisolo. Sono i più utilizzati.

Esistono due tipi di COX:

• COX-1: è un enzima costitutivo, ovvero il cui numero all'interno della cellula è costante e non
influenzato da stimoli esterni o da processi di degradazione o di diluizione.;
• COX-2: è un enzima inducibile, sintetizzato dalla cellula solo in caso di presenza del suo substrato o
di un altro composto strutturalmente correlato (induttore).
COX-1 è presente in tutte le cellule, in particolare nelle cellule di stomaco, rene e piastrine.
COX-2 invece è espresso solo in alcuni tessuti (cervello, reni, vasi..). È il vero e proprio responsabile
dell’infiammazione.

Farmaci antinfiammatori non steroidei

FANS: svolgono un’azione diversa in base al dosaggio.


A basse dosi fungono da antiaggreganti piastrinici, fino a dosi alte che fungono anche da antinfiammatori.
Antiaggreganti piastrinici → antipiretici → analgesici → antinfiammatori.
Hanno come meccanismo d’azione comune l’inibizione dell’attività degli enzimi ciclossigenasi (COX).

Possono essere affini per COX-1 o per COX-2:

− Aspirina e ketorolac, e altri farmaci selettivi COX-1, agiscono preferibilmente su COX-1;


− FANS non selettivi (ibuprofene, ketoprofene..) agiscono sia su COX-1 che COX-2 indipendentemente
dal dosaggio;
− FANS ad attività preferenziale COX-2 (es. nimesulide → aulin);
− FANS che agiscono esclusivamente su COX-2 sono privi di effetti collaterali sullo stomaco (es.
celecoxib), perché COX-2 non è sintetizzata nella mucosa gastrointestinale e neanche nelle
piastrine.

Classificazione farmacologica dei FANS


Farmaci dotati di effetto analgesico ed antipiretico, ma con scarsa azione antinfiammatoria (es.
paracetamolo → tachipirina).
Farmaci dotati di effetto analgesico ed antipiretico e con effetto antinfiammatorio moderato (es.
ibuprofene → brufen o moment).
Farmaci dotati di effetto analgesico ed antipiretico e con notevole effetto antinfiammatorio (es. nimesulide
→ aulin).

Farmacocinetica dei FANS


I FANS mostrano un elevato assorbimento (che si ricorda essere il processo per cui un farmaco dall’esterno
del nostro organismo penetra nel sangue) per via orale, ed una biodisponibilità (termine legato
all’assorbimento, percentuale di farmaco che si ritrova nel plasma dopo la somministrazione) variabile dal
70 al 90%.
Posseggono un effetto irritante diretto sulla mucosa dello stomaco. Per questo vengono solitamente
assunti a stomaco pieno.

I FANS subiscono metabolismo epatico ed escrezione renale come composti coniugati.


In caso di sovradosaggio si può avere saturazione degli enzimi metabolizzanti con modificazioni significative
della cinetica di eliminazioni ed allungamento dell’emivita → attenzione ai pazienti anziani o con funzione
renale compromessa!
L’emivita dei FANS è assai variabile tra le diverse classi (da 2 a 40 ore).

Farmacodinamica dei FANS


I FANS sono suddivisibili in 3 classi.
Classe I → meccanismo competitivo semplice: competono reversibilmente con l’AA per il sito catalitico
della ciclossigenasi (COX) e formano un complesso enzima-FANS facilmente dissociabile.
I farmaci appartenenti a questa classe hanno efficacia su COX-1 e COX-2 equivalenti (es. ibuprofene).
Classe II → meccanismo competitivo tempo-dipendente lentamente reversibile: si legano rapidamente e
reversibilmente, ma se restano legati all’enzima per un tempo sufficiente, provocano un cambiamento
conformazionale dell’enzima da cui si dissociano molto lentamente.
Classe III → meccanismo di inibizione irreversibile: il legame con il farmaco produce un’alterazione stabile
dell’enzima ed il complesso diviene inscindibile.

Reazioni avverse ai FANS


I FANS bloccando la COX non bloccano solo la produzione di prostaglandine, ma anche di prostacicline e
trombossani.
I principali effetti indesiderati si rivertono a livello gastrointestinale, renale e aumento sanguigno ferite.

Alcuni FANS producono metaboliti tossici (es. nimesulide → aulin) causando epatossicità, perché agiscono
anche su COX-1 che viene inibita, inibendo la produzione di muco protettivo nello stomaco (la cui
produzione è sotto il controllo positivo delle prostaglandine).
In pratica, no COX-1 → no prostaglandine → no muco di protezione.
In assenza di muco protettivo, l’acido cloridrico (HCl), secreto dalle cellule della parete gastrica, danneggia
la parete dello stomaco e del primo tratto dell’intestino.
Pazienti con patologie epatiche dovrebbero utilizzare con cautela i FANS e in particolare il nimesulide (es.
aulin).
Per questo sono meglio FANS ad azione selettiva COX-2; oppure, allo scopo di ridurre la gastrolesività dei
FANS, è utile associare la loro assunzione con farmaci che riducono la secrezione acida gastrica.

A livello renale, invece, i FANS inibiscono produzione prostaglandine e prostacicline con conseguente
riduzione diuresi e aumento ritenzione di sodio.

Infine, i FANS, come detto, inibiscono l’aggregazione piastrinica, in quanto viene bloccata anche la
produzione di trombossani.
Sconsigliati quindi soprattutto durante la gravidanza! (l’unico antidolorifico/antipiretico somministrabile
con sicurezza è il paracetamolo).

FANS ad azione preferenziale COX-1

• Acido acetilsalicilico - ASA (aspirina)


È stato il primo FANS introdotto in terapia.
Inibisce irreversibilmente la COX.
In base al dosaggio produce diversi effetti:
o Inibitore dell’aggregazione piastrinica → a basse dosi (40-100mg) l’aspirina è usata per
ridurre l’incidenza di trombosi durante interventi di by-pass aorto-coronarico e per ridurre
l’incidenza di attacchi ischemici in pazienti con ischemia cerebrale transitoria;
o Analgesico → dosi tra i 400-600mg;
o Antipiretico → sempre tra i 400-600mg). Riduce l’iperpiressia, ma non modifica la
temperatura corporea normale;
o Antinfiammatorio → ad alte dosi (fino a 3-4g) è un efficace anti-infiammatorio. Indicata per
artrite reumatoide, osteoartrite, febbre reumatica.
Il trattamento con ASA induce la comparsa degli effetti collaterali comuni dei FANS, ovvero
irritazione gastrica, riduzione della filtrazione renale e aumento del tempo di sanguinamento delle
ferite.
Non somministrare ai bambini in quanto può causare sindrome di Reye, e no in gravidanza.
• Paracetamolo (efferalgan e tachipirina)
Uno dei farmaci più utilizzati come antipiretico e analgesico. Non ha effetto anti-infiammatorio.
La sua azione è specifica sul SNC → non è né gastrolesivo né nefrotossico e non influenza
l’aggregazione piastrinica, quindi somministrabile anche in gravidanza.
È un farmaco molto sicuro, ma a dosi elevate anch’esso può dare epatotossicità e nefrotossicità.
Dosi consigliate adulto 4 volte al giorno 325-500mg a somministrazione, bambino 125-250mg.
• Ketorolac
È un potente analgesico dotato di moderata azione antinfiammatoria → FANS di prima scelta per
alleviare il dolore post-operatorio, in alternativa o in associazione con i farmaci oppioidi.
L'assorbimento è completo. Più del 99% del farmaco è legato alle proteine plasmatiche.
Il ketorolac è consigliato solo per terapie di durata non superiore a 5 giorni, quando somministrato
per via orale, e per non più di 2 giorni per la via intramuscolare.
La reazione avversa più grave è la tossicità renale che compare più frequentemente in seguito a
trattamenti prolungati.

FANS ad azione non selettiva

• Ibuprofene (brufen e moment)


È un antinfiammatorio con attività antalgica simile a quella del paracetamolo ed ottima
biodisponibilità orale.
Ampiamente utilizzato come farmaco da banco.
• Ketoprofene (OKI)
È un FANS dotato di efficacia simile all’ ibuprofene ma con maggiori effetti indesiderati soprattutto
a carico del tratto gastroenterico e del SNC, per questo è talvolta inserito in preparazioni che
contengono anche agenti gastroprotettivi. È inoltre un farmaco foto-tossico e foto-allergico.
• Naproxene (momendol)
È caratterizzato da buona attività antinfiammatoria e antalgica.
• Piroxicam

FANS ad azione preferenziale COX-2

• Diclofenac
Indicato come antinfiammatorio per episodi acuti e patologie infiammatorie croniche a carico delle
articolazioni.
Trattamenti prolungati producono tossicità renale ed epatica.
• Nimesulide (aulin)
È un inibitore preferenziale della COX-2 utilizzato come antinfiammatorio ed analgesico.
Possiede minore gastrolesività ed è indicato per il trattamento di breve durata di cefalea, mal di
denti e dismenorrea, o per episodi infiammatori acuti → il trattamento prolungato è associato alla
comparsa di epatotossicità.
• Meloxicam
Potente antinfiammatorio con buona attività antalgica e antipiretica.

FANS ad attività selettiva COX-2

Coxib e celecoxib sono i farmaci ad attività selettiva COX-2 più conosciuti, sviluppati sulla base dell’ipotesi
che solo la COX-2 sia l’isoforma implicata nell’attivazione dei processi infiammatori, senza causare lesioni
alla mucosa gastrica e senza interferire con l'aggregazione piastrinica.
La maniera di scelta dei FANS deve sempre seguire la strategia empirica, provare farmaci finché non si trova
il migliore per il soggetto, quello più efficace.
Inoltre, la scelta del FANS ricade sul fine terapeutico che si va ricercando.

Farmaci antinfiammatori steroidei

Derivano dal cortisolo, prodotto dalla parte corticale della ghiandola surrenale. È un ormone ad azione
glucocorticoide, che modifica quindi il metabolismo del glucosio (→ effetto contrario dell’insulina), oltre ad
essere un importante antinfiammatorio.

Il cortisolo è prodotto insieme ad aldosterone (mineralcorticoidi) ed ormoni androgeni.

Sintesi del cortisolo


Il precursore è il colesterolo che si modifica in pregnenolone e dal quale si originano i mineralcorticoidi, i
glucocorticoidi (cortisolo) e ormoni androgeni.

Il surrene sintetizza cortisolo quando stimolata dall’ormone adrenocorticotropo (ACTH) prodotta


dall’adenoipofisi (la parte anteriore dell’ipofisi), che è a sua volta regolata dal fattore ipotalamico
corticotropin-releasing-factor (CRF).
Ipotalamo → (CRF) adenoipofisi → (ACTH) corticale del surrene → cortisolo.

A seguito di stress fisico o emozionale, la secrezione di cortisolo può superare 10 volte le concentrazioni
basali. L’eliminazione avviene attraverso il rene dopo metabolismo epatico.

Il cortisolo è fondamentale per la vita.


Fa liberare glucosio dai depositi inibendone la captazione nei tessuti. Stimola la lipolisi. Stimola la
conversione degli amminoacidi in glucosio. Inibisce linfociti e attivazione dei macrofagi. Inibisce COX-2.
L’importanza del cortisolo si evidenzia soprattutto in condizioni di stress metabolico (es. durante il digiuno)
quando mantiene livelli di glicemia adeguati al corretto funzionamento delle attività cerebrali.

Se i FANS lavorano sulla COX, i farmaci steroidei, invece, inibiscono a monte la fosfolipasi A (PLA),
bloccando a valle la COX.

Effetti collaterali
Iperglicemia, riduzione della massa muscolare, assottigliamento della cute, fragilità capillare (formazione di
strie e smagliature violacee) , ritardata cicatrizzazione delle ferite, aumento della lipolisi con
ipertrigliceridemia e ridistribuzione del grasso a livello di addome, viso e dorso.
E ancora, edemi e ipertensione dovuti a ritenzione idrica e di sodio, suscettibilità alle infezioni e
osteoporosi.
Altro effetto è la fotosensibilizzazione.

La somministrazione prolungata di antinfiammatori steroidei (oltre i 7 giorni) riduce la secrezione ipofisaria


di ACTH e provoca conseguente atrofia funzionale della corteccia surrenalica → la sospensione della terapia
deve quindi essere effettuata gradualmente.

Idrocortisone (cortisolo)
Somministrato per via endovenosa è il farmaco di prima scelta come terapia sostitutiva dell'insufficienza
surrenalica acuta, primitiva o secondaria.
Viene usato inoltre come trattamento d'emergenza in corso di stati anafilattici gravi, shock chirurgico,
cardiogeno.
Dalla molecola del cortisolo derivano tutti farmaci antinfiammatori steroidei sintetici.
Tra gli antinfiammatori steroidei più utilizzati si ricordano il prednisone e il prednisolone.

Gli steroidi antiasmatici devono essere somministrati per via inalatoria. Dopo l’inalazione è importante il
risciacquo della bocca per eliminare il farmaco dalla mucosa orale.

Gli steroidi antinfiammatori sono inseriti nella lista WADA/CIO.


L’impiego degli steroidi antinfiammatori per la prevenzione dell’asma da esercizio o per alleviare
infiammazioni transitoria causata da traumi sono pratiche permesse.
La somministrazione per via topica (oftalmica o dermatologica), intra-articolare o inalatoria di steroidi
antinfiammatori sono ammesse solo se accompagnata da notificazione alla Commissione Medica del CIO.
Al contrario, la somministrazione sistemica (orale, intramuscolare ed endovenosa) di steroidi
antinfiammatori è considerata una procedura illecita.

Nocicezione: ricezione da parte del SNC di stimoli nervosi evocati dall’attivazione di recettori sensitivi
specializzati (nocicettori).
Dolore: esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o
descritto come tale.

→ non tutti gli stimoli attivati dai nocicettori vengono percepiti come dolorosi.

Farmaci impiegati nella terapia del dolore


Dolore lieve → paracetamolo o FANS, con o senza farmaci adiuvanti;
Dolore moderato → oppioidi minori, paracetamolo, FANS..
Dolore forte → oppioidi forti, paracetamolo, FANS..

Gli oppioidi
Sono più utili nella terapia contro al dolore rispetto a FANS; gli analgesici oppioidi sono adatti a qualsiasi
intensità alla quale il dolore si manifesta.

Classificazione del dolore

− Dolore nocicettivo somatico: stimolazione ed attivazione dei nocicettori. Il soggetto riesce a


discriminare facilmente il dolore, individuandone la sua provenienza, intensità e durata.
Viene diviso in:
o Superficiale: proveniente dai tessuti superficiali (es. cute);
o Profondo: proveniente da muscoli, tendini, legamenti;
o Viscerale: avvertito in profondità a livello di organi interni. Può essere causato anche da
sostanze tossiche. Mal descrivibile, mal localizzabile e accompagnato da riflessi
neurovegetativi.
− Dolore neuropatico: diviso in periferico e centrale, è causato da lesioni di nervi periferici o da
lesioni del sistema nervoso centrale. Per questi dolori, gli oppioidi trovano meno campo di
applicazione.

Trasmissione e modulazione del dolore


Uno stimolo attiva un nocicettore, recettore del dolore che presenta terminazioni nervose libere.
Dal recettore, il nervo afferente conduce il segnale al midollo spinale. È bene specificare che il nervo
afferente non sia un unico assone, ma un fascio di assoni che hanno, inoltre, diversa natura. Infatti ci sono
fibre C, fibre Aβ e fibre Aδ → le ultime 2 con guani mielinica, si occupano della modulazione del dolore.
A livello del midollo spianale avviene una prima sinapsi con il neurone di proiezione sovraspinale che
decussa.
Il nervo sale quindi alla corteccia cerebrale e al sistema limbico tramite via paleo-spino talamica (dolore
non localizzato) e via neo-spino talamica (localizzazione del dolore ben individuabile).

Le fibre C e le fibre Aδ sono differenti in quanto a rapidità di trasmissione e finalità del tipo di trasmissione.
Le fibre C, infatti, a differenze delle Aδ, sono amieliniche e quindi più lente nella trasmissione del dolore.
Le fibre Aδ sono responsabili del primo momento doloroso, e successivamente arriva lo stimolo portato
dalle fibre C che si recano in zone del sistema limbico.

Gli oppiacei agiscono sulla via paleo-spino talamica, modulando quindi la fastidiosità del dolore.
La modulazione endogena del dolore è governata dal sistema neurotrasmettitoriale oppioide.
In pratica, gli oppioidi endogeni agiscono a livello del midollo spinale, inibendo il passaggio della sensazione
dolorifica dal midollo spinale al cervello.

Oppiaceo ≠ oppioidi
Gli analgesici derivati dall’oppio prendono il nome di oppiacei. Più in generale viene utilizzato il termine
oppioide per indicare tutte le sostanze, sia endogene che esogene, che hanno un'attività simile alla
morfina, considerata il farmaco analgesico di riferimento.

I recettori degli oppioidi endogeni sono tutti di tipo inibitorio e che sono pertanto accoppiati a proteine G
αo/i.
Questi recettori sono: μ, κ, δ, σ → la loro attivazione produce inibizione dell’eccitabilità neuronale.
Si trovano principalmente a livello del midollo spinale, nella sinapsi tra il neurone sensitivo primario e il
neurone di proiezione sovraspinale.
L’acido glutammico è il neurotrasmettitore della via.

Nel midollo spinale, i neuroni sensitivi primari terminano in una zona ricca di interneuroni inibitori (ININ)
che rilasciano GABA o oppioidi endogeni. In questo modo vengono attivati i canali del K+ che così è libero di
uscire, mentre vengono inibiti quelli del Ca2+ che non entra (= iperpolarizzazione → servirà uno stimolo più
intenso per attivare il sistema); inoltre, i recettori attivati inibiscono il rilascio di neurotrasmettitore.
Se il dolore è maggiore, le fibre C riescono ad inibire l’azione degli interneuroni.

Entrano in gioco le fibre Aβ (conducono sensazioni pressorie e tattili) che modulano l’attivazione
dell’interneurone (inibito).

Come si inibisce la sensazione del dolore?


Inibendo il passaggio periferia → centro;
Facilitando la via discendente (serotonina – noradrenalina).
Gli oppioidi endogeni inibiscono la trasmissione degli impulsi dolorosi dal midollo spinale al ponte,
mesencefalo e talamo.
Gli oppioidi endogeni potenziano l’azione delle vie discendenti cortico-spinali che a loro volta attivano gli
ININ del midollo spinale.

Il dolore non va sottovalutato → deve essere combattuto subito, anche da lieve.

Morfina: farmaco che in Italia è stato per lungo tempo marginalizzato.


Si tratta di un farmaco di prima scelta, infatti qualsiasi dolore nocicettivo è trattabile con morfina.
Non influisce sull’attività del SNC, né sull’attività cardiaca.
Farmaci oppioidi
Vengono distinti in forti (morfina, metadone, fentanile e ossicodone) e deboli (codeina e tramadolo).
Tramadolo e metadone sono efficaci anche contro il dolore neuropatico.

La morfina agisce in 20min e il suo effetto permane per 3-4 ore.


Dalla morfine si sono sintetizzati oppioidi con differente emivita.
Per esempio, il metadone o il fentanile (→ usato soprattutto nei parti dolorosi, agisce in poco tempo e il
suo effetto dura un massimo di 30min).

Farmaci oppioidi antagonisti → naloxone.

Effetti terapeutici di un agonista oppioide


Analgesia in primis (primo effetto desiderato), associato a sedazione ed euforia (= sensazione di positività).
Sono particolarmente efficaci su dolori di origine traumatica, infiammatoria e oncologica.
Gli oppioidi inibiscono inoltre il riflesso della tosse e hanno azione antidiarroica.

Effetti indesiderati
Causano depressione respiratoria (→ effetto centrale). Gli oppioidi agiscono sul centro bulbare del respiro
bloccandolo, e vengono inattivati i chemocettori.
In questo caso bisogna somministrare il naloxone.

Altro problema è la tolleranza → bisogna aumentare la dose per avere effetti desiderati.
La tolleranza è rapida per alcuni effetti, mentre per altri no.
In pratica, molti effetti dei farmaci oppioidi diminuiscono di intensità a seguito di somministrazione cronica.

Infine causano dipendenza, determinano rallentamento della peristalsi intestinale con effetto costipante,
inducono bradicardia e ipotensione, inducono il rilascio di istamina dai mastociti causando prurito,
vasodilatazione ed ipersudorazione.

Astinenza → i sintomi dell’astinenza fisica da oppioidi si manifestano entro 8-10 ore dall’ultima assunzione
e raggiungono la massima intensità dopo 2-3 giorni.
Può essere fisica, data da iperattivazione del sistema algesico, e psichica.
La comparsa dei sintomi fisici della crisi d'astinenza si associa ad un bisogno insopprimibile di
somministrarsi la sostanza (= craving).

Codeina e tramadolo sono oppioidi deboli utilizzati per contrastare il dolore moderato, diarrea, tosse.
Come effetti indesiderati possono dare nausea e costipazione.

La codeina è un oppiaceo naturale, precursore della morfina (→ profarmaco).


È inattivo e quando giunge al fegato è trasformato in morfina dalla citocromo P450 (CYP2D6).
Per questo è un farmaco a cui il soggetto può rispondere bene, come no.
Utilizzato come analgesico e contro la tosse

Il tramadolo è molto usato per contrastare il dolore post-operatorio.

Oppioidi forti
Non ammessi in vicinanza gare (ok, invece, tramadolo e codeina).
Tutti gli oppioidi forti sono inseriti nella lista WADA.
Da non usare in caso di malattie alle vie aeree e in corso di coliche gastrointestinali. No in caso di trauma
cranico in quanto causano vasodilatazione cerebrale aumentando il possibile riversamento.
Non utilizzare in vicinanza al parto → causa insufficienza respiratoria nel neonato (al bambino che nasce
senza respirare deve essere somministrato naloxone).

Derivati dalla morfina → eroina e desomorfina.


Eroina: introdotta agli inizi del 1900 per migliorare l’efficacia della morfina. Diffonde molto rapidamente nel
SNC dove è rapidamente trasformata a morfina.
L’effetto analgesico dell’eroina è molto intenso, ma troppo breve per avere utilità terapeutica ed è
accompagnato da notevoli effetti psicotropi (confusione mentale, euforia ed allucinazioni) e da depressione
respiratoria. L’eroina è stata perciò rapidamente ritirata dal commercio.
Desomorfina: ha effetto analgesico 10 volte maggiore rispetto alla morfina ma la durata d’azione è breve
(2-3 ore). Gli effetti psicotropi sono maggiori.

FANS, oppioidi e dolore


I FANS sono indicati in monoterapia per alleviare stati dolorosi lievi o moderati (dolore post-operatorio
moderato, cefalee, mal di denti, dolori mestruali, artralgie, mialgie).
In associazione ad oppioidi, rinforzano l’azione antidolorifica degli oppioidi per controllare dolori post-
operatori forti e per alleviare il dolore oncologico nelle cure palliative.

→ le associazioni permettono di ridurre le dosi dei singoli farmaci riducendone gli effetti collaterali e
mantenendone intatta l’efficacia.

Farmaci attivi sull’apparato respiratorio

Diverse sono le patologie che colpiscono l’apparato respiratorio e che possono provocare una riduzione
della capacità ventilatoria.
Tra queste:

• Asma bronchiale;
• Rinite;
• BPCO.

Le riniti
Per rinite si intende uno stato di irritazione e congestione della mucosa nasale che può essere causato da
diverse situazioni patologiche.
È una patologia benigna in termini di salute generale.
Vanno curate con anti-istaminici.

Le riniti possono essere di varia natura:

− Allergica: essenzialmente pediatrica. Può evolvere nella pericolosa “febbre da fieno”. Vi è


infiammazione della mucosa nasale che abbonda di mastociti e leucociti eosinofili che vengono
attivati dall’esposizione agli allergeni. È quella che ai fini del nostro studio ci interessa di più;
− Infettiva: scatenata da batteri o virus;
− Vasomotoria: fattori genetici che determinano uno sbilanciamento dei sistemi simpatico e
parasimpatico. È rara (non supera il 10%). Avviene una cronica dilatazione di quei piccoli capillari
che irrorano la mucosa;
− Medicamentosa: data da un abuso eccessivo di agonisti α1. Se si continua il trattamento con questi
farmaci per almeno 2 settimane, essi perdono di efficaci e avviene una iperattivazione del
parasimpatico.

Rinite, cosa succede?


Si stimolano i leucociti eosinofili che producono IgE. Queste si legano ai mastociti producendo istamina (ed
anche leucotrieni, prostaglandine e altri mediatori chimici) che andrà a legarsi principalmente ai recettori
H1 e H2 , presenti a livello della cute e delle mucose.
L’istamina produce vasodilatazione della mucosa nasale ed aumento della permeabilità dei capillari, dando
congestione nasale e prurito.

Strategie farmacologiche contro riniti

• Inibizione del legame dell’istamina ai tessuti periferici → anti-istaminici (es. zirtec);


• Inibizione della degranulazione dei mastociti → steroidi antinfiammatori, antagonisti dei
leucotrieni, cromoglicato;
• Decongestione della mucosa nasale → anticolinergici, agonisti a1-adrenergici per attivare il sistema
simpatico.

Diversi fattori favoriscono la produzione di istamina (es. traumi, freddo, allergie, farmaci, veleni animali..).

Farmaci anti-istaminici utilizzati nella rinite allergica


Sono tutti antagonisti del recettore H1.
Vengono suddivisi in farmaci di prima e di seconda generazione in base alla loro farmacodinamica.
I farmaci di prima generazione agiscono anche su recettori colinergici, mentre i farmaci di seconda
generazione sono più selettivi sugli H1.

I farmaci di prima generazione sono più lipofili e passano più facilmente la barriera ematoencefalica
causando sonnolenza. Danno inoltre secchezza delle fauci e tachicardia per la loro azione anticolinergica
(→ bloccano recettori colinergici muscarinici, quindi si inibisce il parasimpatico).

Indicazioni terapeutiche
Prima generazione → non vengono più utilizzati per contrastare le riniti, poiché inducono a sedazione e
sonnolenza. Vengono più largamente impiegati come antichinetosici (es. mal d’auto).
Seconda generazione → vengono maggiormente utilizzati in caso di rinite.

N.B.: Non sono efficaci nella terapia dell’asma bronchiale perché l’istamina nell’uomo ha un effetto
broncocostrittivo modesto.

Gli anti-istaminici non vanno presi quando compaiono i sintomi, ma vanno presi prima dello sfogo della
rinite, in quanto non spazzano via completamente l’istamina dai recettori.

Sono efficaci dopo somministrazione orale.


La loro azione varia in base anche alla capacità di degradazione epatica.
Non sono inseriti nelle liste WADA in quanto non migliorano la prestazione.

Steroidi anti-infiammatori nella terapia della rinite allergica


Rappresentano una valida alternativa all’utilizzo degli anti-istaminici orali, anche se l’effetto è ritardato,
soprattutto quando si cerca di contrastare le forme più gravi di rinite (= quando avviene anche
broncocostrizione).
La modalità di somministrazione è topica nella mucosa nasale → si impiegano spray nasali.
L’erogazione deve essere eseguita in assenza di respiro in modo da far depositare il farmaco sulla mucosa
del naso (no come antiasmatici).
Non vengono riportati effetti indesiderati.

In terza battuta, quando si vuole decongestionare per un breve periodo la mucosa nasale, si può agire sul
SNA.
Si ricorda che:
Parasimpatico → vasodilata le mucose (più sangue, maggior fuoriuscita di muco);
Simpatico → vasocostringe le mucose (minor rinorrea).

Quindi si utilizzano decongestionanti nasali per vasocostringere le mucose nasali agendo in 2 modi:

• Blocco del parasimpatico, bloccando i recettori M1 ed M3 associati a proteine α i/o;


• Attivazione del simpatico con agonisti simpatici (es. fenilefrina) che attivano i recettori α1 che si
trovano anche nel naso. Un esempio di farmaco è il tachifludec (fenilefrina + paracetamolo).

L’utilizzo di agonisti simpatici è indicano negli adulti e nei ragazzi dai 12 anni in su.
La terapia è di breve durata → NON deve superare i 3/4gg in quanto il loro effetto sugli α1 è limitato nel
tempo. Inoltre, dopo i giorni indicati, smettendo la terapia si avrà un aumento della sensibilità
parasimpatica andando ad irritare maggiormente le mucose nasali.

I decongestionanti sono solitamente utilizzati nelle riniti non allergiche.

L’asma
Patologia infiammatoria cronica delle vie aeree, caratterizzata da iperreattività bronchiale a stimoli irritanti
(es. infezioni batteriche e virali, polvere, allergeni, attività fisica in aria secca e fredda) che scatenano
episodi di broncocostrizione acuta reversibile.
Si manifesta con dispnea, tosse, oppressione toracica, respiro rapido e sibilante.

È una patologia curabile, pericolosa se lasciata progredire.

Nei soggetti asmatici, la caratteristica è che a livello delle mucose nasali e nella muscolatura liscia
bronchiolare sono presenti un maggior numero di leucociti eosinofili e mastociti.

I mastociti, oltre a rilasciare istamina, rilasciano anche leucotrieni, responsabili della contrazione della
muscolatura liscia bronchiale.

Strategie che si possono usare dal punto di vista farmacologico → impedire ai leucotrieni liberati dai
mastociti di causare vasocostrizione.

L’asma più diffuso è l’asma allergico.


Diversi fattori attivano i mastociti che producono istamina, leucotrieni e prostaglandine causando la
risposta immediata.
I mastociti producono anche interleuchine che attivano gli eosinofili che a loro volta producono leucotrieni
e causano la risposta tardiva.

Quando si tratta l’asma allergico bisogna quindi cercare di agire bloccando l’attivazione dei mastociti.
Il primo intervento in caso di insorgenza di asma è broncodilatare (antiasmatici broncodilatatori)
Bloccare quindi l’azione dei leucotrieni, bloccandone la sintesi e i recettori. Inibire dunque la
degranulazione dei mastociti e bloccare l’attivazione degli eosinofili (antiasmatici preventivi → abbassano
la frequenza degli attacchi d’asma).
Si distinguono inoltre in: farmaci antiasmatici convenzionali ed alternativi.

I farmaci antiasmatici sono sintomatici → controllano i sintomi dell’asma.

Farmaci antiasmatici convenzionali

• Agonisti β2 adrenergici: usati per le forme più lievi, a breve durata d’azione (es. salbutamolo →
Ventolin; terbutalina → Bricanyl). Sono i farmaci di prima scelta.
La via di somministrazione più corretta e la via inalatoria utilizzando inalatori dotati di
distanziatore;
• Corticosteroidi anti-infiammatori (glucocorticoidi): sono farmaci preventivi che riducono la
frequenza degli attacchi.

Forme di asma più gravi vengono trattati con agonisti β2 ad azione più lunga (es. salmeterolo e formoterolo)
che hanno una maggiore durata di effetto dilatante (8-12H).

Non in tutti i soggetti i β2 agonisti vanno bene → causa mutazione del gene che codifica i recettori β2.
In questi pazienti sarà opportuno somministrare farmaci che bloccano il parasimpatico.

Corticosteroidi vs FANS
I corticosteroidi bloccano la PLA, così che non viene prodotto acido arachidonico che si ricorda essere
responsabile dell’attivazione delle COX e soprattutto delle lipo-ossigenasi che producono leucotrieni (→
vasocostrittori e fanno contrarre la muscolatura liscia bronchiale). I corticosteroidi si rivelano ottimi nella
cura contro l’asma.
I FANS, invece, agisono solamente sulle COX, mentre la produzione dei leucotrieni aumenta, in quanto
l’acido arachidonico agirà solamente sulle lipo-ossigenasi. Per questo i FANS non sono indicati nella cura
contro l’asma.

I glucocorticodi sono i farmaci di prima scelta in pazienti affetti da asma cronico.


Possono essere:

• Inalatori;
• Orali: utilizzati nelle forme gravi che non rispondono ai glucocorticoidi inalatori e nella terapia di
urgenza.

Quindi, ricapitolando un po’ tutto:

− Asma lieve intermittente (attacchi occasionali e di lieve entità): si impiegano agonisti adrenergici b2
a breve durata d’azione (tipicamente salbutamolo);
− Asma lieve persistente (attacchi ripetuti nella giornata e di entità ingravescente): si rende
necessario l’uso regolare di agonisti b2 adrenergici o glucocorticoidi per via inalatoria (100-400
g/giorno);
− Asma moderata persistente: alte dosi di glucocorticoidi per inalazione o dosi standard di
glucocorticoidi inalatori associati ad agonisti β2 adrenergici a lunga durata d’azione;
− Asma grave persistente → alte dosi di glucocorticoidi per inalazione e uso regolare di agonisti β 2
adrenergici;
− Asma molto grave persistente → somministrazione regolare di glucocorticoidi per via orale in
aggiunta al broncodilatatori agonisti β2 adrenergici.

Asma e sport
L’asma indotto da esercizio (EIA, exercise-induced asthma) è una sindrome broncocostrittiva acuta
scatenata dall’esercizio aerobico intenso.
La terapia di elezione per prevenire gli attacchi prevede l’utilizzo di agonisti β 2 adrenergici somministrati
per via inalatoria 30-60 minuti prima dell’attività fisica.

L’utilizzo di glucocorticoidi per via sistemica è SEMPRE dopante!

Farmaci antiasmatici non convenzionali


Sono utilizzati nel trattamento delle forme di asma allergica di grado moderato o severo in pazienti che
rispondono male alla terapia con agonisti β2 adrenergici, o che manifestino effetti avversi mal tollerabili al
trattamento con alte dosi di glucocorticoidi.

• Antagonisti colinergici: bloccano i recettori M1 ed M3 riducendo l’attivazione del sistema


parasimpatico. Il prototipo degli anticolinergici è l’atropina che, però, è controindicata per il
trattamento di tutte le patologie bronco-ostruttive in quanto riduce la motilità dell’epitelio ciliato
dei bronchi e causa la stagnazione di tappi di muco. Si usano quindi suoi derivati amminici
quaternari che non inibiscono la mobilità delle ciglia;
• Antagonisti dei leucotrieni: impediscono il legame dei leucotrieni alle cellule della muscolatura
liscia dei bronchi. Esempio sono il montelukast (antagonista reversibile dei recettori dei leucotrieni)
e il zileuton (inibitore della lipo-ossigenasi).

La BPCO
La Bronco-Pneumopatia Cronica Ostruttiva è una ostruzione progressiva delle vie aeree conseguente ad
infiammazione cronica polmonare.

A livello farmacologico si può fare ben poco.


Non è causata dagli eosinofili, ma dai neutrofili → più difficili da gestire.

Seppure inefficaci nel rallentare la progressione della malattia, i farmaci di prima scelta sono: agonisti β 2
adrenergici e antagonisti colinergici.

Farmaci anti-tosse
Possono servire ad alleviare la tosse continua.

Bisogna fare un distinguo sui tipi di tosse:


→ tosse secca: utilizzo anti-tosse (es. codeina e destrometorfano). Sono entrambi oppioidi. Non vanno
bene i soggetti asmatici e con BPCO perché appunto inibiscono la tosse;
→ tosse grassa: utilizzo mucolitico e mucoregolatori. Ad esempio l’N-acetilcisteina.

Il doping nello sport

Definizione di sostanza ergogenica: sostanza che migliora direttamente variabili fisiologiche associate al
gesto sportivo o che rimuove limitazioni soggettive che possono limitare la prestazione.
In pratica è una sostanza che facilita lo sviluppo di energia.
Creatina: agente ergogenico non dopante.
La creatina è il precursore della fosfocreatina (CP), molecola che produce ATP, donando il suo gr. fosfato
all’ADP.
La fosforilazione della creatina, durante il recupero aerobico, ripristina i depositi di fosfocreatina.

Viene prodotta dal fegato e accumulata nel muscolo. Viene espulsa dal rene sotto forma di creatinina.

Quando si decide di iniziare un ciclo di creatina bisogna stare attenti a controllare il suo parametro nel
rapporto sangue-rene (→ può causare blocchi renali).
Un tipico protocollo di supplementazione ergogenica prevede:

1. Un dosaggio di attacco (5g, 4 volte al giorno per max 6 giorni);


2. Dose di mantenimento (2g al giorno per max 3 mesi);
3. Almeno un mese di astinenza prima di un nuovo ciclo.

La creatina deve essere assunta con bevande zuccherine per favorirne l’assorbimento.

Effetti dell’assunzione di creatina:

• Aumenta la quantità di fosfocreatina depositata nei muscoli del 20% c.a.;


• Accelera la rigenerazione di fosfocreatina nella fase di recupero aerobio;
• Riduce il senso di affaticamento muscolare → la defosforilazione della fosfocreatina consuma
l’idrogeno dell’acido lattico.

Alcuni atleti possono comunque non riportare miglioramenti.


Al contrario, possono dare maggior sfogo agli effetti indesiderati. Per esempio, la creatina richiama liquidi
nell’intestino, provocando diarrea e disidratazione.

Caffeina: altro agente ergogenico non dopante.


Era considerata doping fino al 2004, anno in cui è stata eliminata dalla lista WADA → in realtà non è ancora
stata tolta del tutto, ma è ancora sotto ossrvazione.

Doping
Sono molecole ad azione farmacologic,a originariamente impiegate per uso terapeutico, e che solo in
seguito, assunte per incrementare le prestazioni atletiche, sfruttando alcune loro proprietà intrinseche.

Sono sostanze dopanti: stimolanti, narcotici, anabolizzanti, diuretici e ormoni.

Ogni anno la WADA, agenzia internazionale con il compito di promuovere la pratica dello sport agonistico
privo dell’uso di tutti quei trattamenti farmacologici, emette una a lista di sostanze incompatibili con
l’attività sportiva, suddividendole in:

• Sostanze illecite proibite sempre;


• Sostanze proibite solo durante le competizioni;
• Sostanze proibite solo per alcuni sport.

Farmaci proibiti sempre

− Agenti anabolizzanti (steroidi androgeni e clembuterolo);


− Ormoni peptidici e fattori di crescita (EPO, ormoni ipotalamici e ipofisari, fattori di crescita);
− Agonisti β adrenergici → solo se somministrati per via sistemica, mentre per via inalatoria dipende
dalla quantità somministrata;
− Modulatori ormonali e metabolici (es. insulina);
− Diuretici → tentano di nascondere tracce di sostanze dopanti.

Farmaci proibiti in competizione

− Stimolanti;
− Narcotici;
− Cannabinoidi;
− Steroidi antiinfiammatori.

Farmaci proibiti in alcuni sport

− Alcool → tiro con l’arco, automobilismo, paracadutismo..;


− Β bloccanti → sci/snowboard, tiro con l’arco, pistola/carabina..

I farmaci stimolanti
Aumentano il tono del sistema nervoso simpatico ed hanno azione psicostimolante sul SNC.
In pratica accrescono l’attenzione, riducono il senso di fatica e aumentano competitività ed aggressività.

Tra queste di ricordano le anfetamine, derivanti dall’efedrina, aumentando la disponibilità di


catecolammine (NA, A e DA).
Le amfetamine sono state usate per alcuni decenni da molti atleti, specialmente negli sport di resistenza,
per ridurre il senso di stanchezza e per aumentare la soglia di resistenza al dolore.
L’utilizzo di amfetamine tuttavia produce reazioni avverse cardiocircolatorie pericolosissime tra cui
ipertensione e aritmie.

I farmaci β2 agonisti
Anch’essi attivano il sistema simpatico.
Aumentano la GC, la ventilazione, la vascolarizzazione del tessuto muscolare.
Producono effetti metabolici che favoriscono la produzione di substrati energetici muscolari ed aumentano
la forza di contrazione muscolare.

Gli agonisti β-adrenergici assunti per via inalatoria sono ammessi sino a determinati dosaggi.

Alle dosi impiegate nel doping sportivo, gli agonisti β2 perdono la selettività ed agiscono anche sui β1
presenti nel cuore → tachicardia e aritmie cardiache che possono anche portare a fibrillazioni atriali e
ventricolari.

A differenza degli agonisti, gli antagonisti inibiscono il sistema parasimpatico.


Sono ritenuti dopanti solo in alcune discipline sportive → usati negli sport in cui la coordinazione posturale,
l’assenza di tremore ed il controllo dell’ansia sono più performanti rispetto alla forza muscolare ed alla
capacità aerobica (es. tiro a segno).

I farmaci anabolizzanti
Stimolano il deposito di massa, preparando il fisico a compiere sforzi maggiori.
Tra questi si ricordano: steroidi androgeni, GH, insulina.

Gli steroidi androgeni anabolizzanti hanno 2 effetti: androgenizzante e anabolizzante.


Effetto androgenizzante → promuovono lo sviluppo e il mantenimento dei caratteri sessuali maschili.
Effetto anabolizzante → aumentano la sintesi proteica del muscolo.

Il testosterone ha attività sia androgenizzante che anabolizzante.


Il diidrotestosterone ha attività androgenizzante maggiore del testosterone → chi si dopa cerca di inibire la
5-α-reduttasi per ridurre gli effetti virilizzanti della terapia con testosterone.
Si cercano anche di inibire le aromatasi.

Gli steroidi androgeni sono utilizzati in terapie per ipogonadismo (= ridotta funzione testicolare), sterilità e
deficit dell’erezione.
In passato erano utilizzati anche nel trattamento dell’anemia prima della scoperta dell’EPO.
Trovano impiego anche in bambini con forme gravi di gracilità e di bassa statura → il trattamento non deve
superare i 6 mesi per evitare di indurre saldatura prematura delle epifisi e blocco della crescita.

Il testosterone è inefficace per via orale, perché quasi completamente eliminato dal metabolismo epatico di
primo passaggio → viene dunque somministrato per via intramuscolare o transdermica.

Modifiche strutturali della molecola di testosterone


Esterificazione C17 → prolungamento durata d’azione;
Metilazione C17 → protegge il testosterone dal metabolismo epatico (= somministrabile oralmente);
Demetilazione C19 → riduce l’affinità per le aromatasi e per la 5-alfa-reduttasi (= si mantiene effetto
anabolizzante, eliminando quello androgenizzante).

La somministrazione segue una fase ciclica, in cui c’è una fase di somministrazione del testosterone, detta
on, ed una fase in cui non viene somministrato, detta off.
Nella fase off si assume la gonadotropina corionica umana (hCG) per stimolare la produzione di
testosterone endogeno, soppresso dall’assunzione cronica degli steroidi.

Effetti collaterali: effetti metabolici e virilizzanti/femminilizzanti.


I primi avvengono più pericolosamente a livello cardiovascolare. Possono dare ipertrofia ventricolare
sinistra, aumentata produzione globuli rossi, quindi aumento tensione.
I secondi → nella donna (effetti virilizzanti) riduzione della massa grassa, acne, irsutismo, abbassamento
tono della voce dovuto a ingrossamento laringe; nell’uomo (effetti femminilizzanti) ginecomastie, atrofia
testicolare, ma anche calvizie.

Gli steroidi anabolizzanti causano inoltre dipendenza psicologica e fisica.

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