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FARMACOLOGIA

La definizione dell’AIFA è la seguente:


“Un farmaco (o medicinale) è una sostanza impiegata per curare o prevenire le malattie. È
composto da un elemento, il principio attivo, da cui dipende l’azione curativa vera e
propria, e da uno o più “materiali”, privi di ogni capacità terapeutica chiamati eccipienti
che possono avere la funzione di proteggere il principio attivo da altre sostanze chimiche,
facilitarne l’assorbimento da parte dell’organismo, oppure mascherare eventuali odori o
sapori sgradevoli del farmaco stesso”.

AZIONE DI UN FARMACO
Fase farmaceutica: caratterizzata dalla disponibilità farmaceutica, cioè dalla capacità
della forma farmaceutica (capsule, compresse, supposte, soluzioni, aerosoli, etc.) a
cedere il principio attivo affinché venga assorbito ed assoggettato ai processi
farmacocinetici.
Fase farmacocinetica: dipende dalle caratteristiche chimiche e chimico-fisiche del
farmaco e comprende una serie di processi che determinano la quota di farmaco
disponibile al sito di azione.
Fase farmacodinamica: è costituita dall’interazione del farmaco o di un suo metabolita
attivo con il sito di azione (macromolecola recettoriale), che a sua volta attiva la risposta
biologica.

FARMACOCINETICA
Branca della farmacologia che studia l'andamento temporale delle concentrazioni di
farmaco all'interno di un organismo.
I processi di farmacocinetica controllano la velocità di inizio dell’azione di un farmaco,
l’intensità del suo effetto, e la durata del suo effetto.

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Le caratteristiche di Assorbimento, Distribuzione, Metabolismo ed
Eliminazione/Escrezione (ADME) sono proprietà importanti da considerare nello sviluppo
di nuovi agenti terapeutici. Anche la tossicità è un fattore importante ed è a sua volta
correlato alle proprietà ADME.
Con il termine biodisponibilità si fa riferimento alla quantità percentuale della dose di
farmaco somministrata che raggiunge in forma attiva il circolo ed è quindi disponibile per le
azioni sistemiche.

L’area sotto la curva è importante perché la concentrazione nel tempo di un farmaco deve
essere tale da avere la concentrazione minima efficace ma deve essere tale da non
raggiungere la concentrazione minima tossica.
- Concentrazione minima efficace. (MEC) è definita come Il livello plasmatico di farmaco al
di sotto del quale non avvengono gli effetti terapeutici. Quindi, per essere di beneficio, un
farmaco deve essere presente in concentrazioni uguali o superiori alla MEC.
-Concentrazione tossica. La tossicità avviene quando i livelli plasmatici di farmaco
diventano troppo elevati. Il livello plasmatico in cui incominciano gli effetti tossici è
denominato la concentrazione tossica. Le dosi devono essere tenute basse abbastanza
da non raggiungere la concentrazione tossica.

COEFFICIENTE DI RIPARTIZIONE
Il coefficiente di ripartizione misura la solubilità di un farmaco nel doppio strato lipidico.
Esso è un indice del valore di come un farmaco si distribuisce nella soluzione contenente
acqua.
Il coefficiente di ripartizione ci dà, quindi, il rapporto della concentrazione del farmaco nella
fase oleosa rispetto alla fase acquosa.
Le tre vie più importanti utilizzate dai farmaci per attraversare le membrane cellulari sono
(1) il passaggio attraverso canali o pori, (2) il passaggio con l’aiuto di un sistema di
trasporto, e (3) la diretta penetrazione della membrana stessa. Delle tre, la penetrazione
diretta della membrana è la più comune.
1) I canali nelle membrane sono estremamente piccoli, e sono specifici per certe
molecole. Di conseguenza, solo i composti più piccoli possono passare attraverso
questi canali, e solo se il canale è quello giusto. I composti con la capacità di
passare le membrane attraverso canali includono ioni, come potassio e sodio.

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2) I sistemi di trasporto sono carrier che possono muovere i farmaci da un lato
all’altro della membrana. Tutti i sistemi di trasporto sono selettivi.
3) Per la maggioranza dei farmaci, il movimento attraverso il corpo dipende dalla
capacità di penetrare direttamente nelle membrane, poiché molti farmaci sono
troppo grandi per passare attraverso i canali o i pori e la maggioranza dei farmaci
non hanno sistemi di trasporto che li aiutino ad attraversare tutte le membrane che
li separano dai loro siti d’azione. Per penetrare direttamente nelle membrane, un
farmaco deve essere liposolubile (lipofilo).
La matrice delle membrane cellulari è costituita da fosfolipidi, (I fosfolipidi sono
semplicemente lipidi che contengono un atomo di fosfato) mentre il citoplasma e gli spazi
extracellulari sono soluzioni acquose. Per diffondere attraverso una cellula, un farmaco
deve possedere un grado di idrofilia sufficiente a tenerlo in soluzione nei liquidi acquosi
extra- ed intracellulari ed al tempo stesso un grado di lipofilia (o idrofobicità) sufficiente a
permettergli di distribuirsi in un ambiente lipidico quale la matrice della membrana
cellulare.

Un farmaco per esser assorbito deve essere lipofilo. Nel momento in cui viene
metabolizzato diventa idrofilo per permettere la secrezione attraverso le urine.

[farmaco] nella fase oleosa


COEFFICIENTE DI RIPARTIZIONE= ---------------------------------------
[farmaco] nella fase acquosa

Se > 1 il farmaco è lipofilo e diffonde facilmente (lega bene con i grassi)


Se < 1 il farmaco è idrofilo e non diffonde facilmente (lega con l’acqua)
Il coefficiente di ripartizione non è un parametro fisso, ma può variare in diverse situazioni,
per esempio:
• per metabolizzazione del farmaco (stomaco, sangue)
•a seconda del pH dell’ambiente nel quale si trovano
La velocità di assorbimento e la quantità di farmaco assorbita sono correlate al
coefficiente di ripartizione: >liposolubilità=>assorbimento
Acidi e basi sono assorbiti di preferenza in forma indissociata.
La maggior parte dei farmaci è assorbita per diffusione passiva. Solo le molecole di
farmaco libere in soluzione sono capaci di attraversare la barriera endoteliale; stati di
aggregazione o legame del farmaco a proteine plasmatiche riducono drasticamente la
velocità con cui il farmaco lascia il circolo.

1) ASSORBIMENTO
L’assorbimento dei farmaci è il processo per mezzo del quale un farmaco passa dal
sito di somministrazione al sangue (plasma). Il ritmo di assorbimento determina quanto
velocemente inizieranno gli effetti. La quantità dell’assorbimento aiuta a determinare
quanto intensi saranno gli effetti.
Proprietà chimiche e variabili fisiologiche che influenzano l’assorbimento di un
farmaco.

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Proprietà Chimiche natura chimica: Variabili dipendenti dalla superfice assorbente:
- solubilità -Superficie del farmaco
- coefficiente di ripartizione -Permeabilità
-Vascolarizzazione

i processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione sono tutti


influenzati dalla capacità del farmaco di attraversare membrane cellulari.

VIA ENDOVEOSA: Quando un farmaco è somministrato per IV, non ci sono barriere per
l’assorbimento. Dal momento che la somministrazione IV mette direttamente un farmaco
nel sangue, tutte le barriere vengono sorpassate. La somministrazione endovena risulta in
un “assorbimento” che è al tempo stesso istantaneo e completo. risulta in un rapido inizio
d’azione.

INTRAMUSCOLO: Quando un farmaco è iniettato IM, la sola barriera all’assorbimento è la


parete capillare. Nei letti capillari ci sono “grandi” spazi tra le cellule che compongono la
parete capillare. I farmaci possono passare attraverso questi spazi con facilità, non
occorre attraversare le membrane cellulari per entrare nella circolazione sanguigna. I
farmaci che sono altamente idrosolubili saranno assorbiti rapidamente.

SOTTOCUTANEA: La farmacocinetica della somministrazione subQ è quasi identica a


quella della somministrazione IM. Come per la somministrazione IM, non ci sono barriere
significative all’assorbimento: una volta che il farmaco è stato iniettato subQ, entra
prontamente nel sangue passando negli spazi tra le cellule della parete capillare.

ORALE: In seguito alla somministrazione orale, i farmaci vengono assorbiti nello stomaco
o nell’intestino. In ogni caso, ci sono due barriere da attraversare: (1) lo strato delle cellule
epiteliali che rivestono il tratto GI, e (2) la parete capillare. Per passare lo strato di cellule
epiteliali, strettamente aderenti, i farmaci devono passare attraverso le cellule piuttosto
che tra di esse. Per alcuni farmaci, l’assorbimento intestinale può essere ridotto dalla
P-glicoproteina, un trasportatore che pompa alcuni farmaci fuori dall’epitelio intestinale
verso il lume intestinale.

L’assorbimento del farmaco a livello del plasma avviene in due modi diversi:
-Legato, l’eccipiente viene legato alla glicoproteina e l’albumina (farmaci acidi)
-Libero, che è in grado di poter attraversare l’endotelio, distribuirsi, agire sui siti bersaglio
e indurre una risposta biologica.

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La concentrazione plasmatica: aumenta finché l'assorbimento è maggiore
dell'eliminazione, smette di crescere (picco massimo) quando i due flussi si equivalgono
ed infine diminuisce quando i processi di eliminazione prevalgono.
Il grado di dissolubilità del farmaco è fondamentale per un suo assorbimento efficace.
Per dissolubilità si intende la capacità della preparazione farmaceutica di sciogliersi
completamente nell'ambiente da cui deve essere assorbita. In alcuni casi il farmaco viene
appositamente preparato in modo che la sua dissoluzione sia particolarmente lenta così
da assicurare un assorbimento lento e prolungato (preparazioni ritardo).

2) DISTRIBUZIONE DEI FARMACI


È il processo per mezzo del quale un farmaco passa da un distretto corporeo all’altro fino
a raggiungere il sito d’azione.
Trasporto dei farmaci:
 Per diffusione attraverso i lipidi.
 Per diffusione facilitata: trasporto della sostanza in direzione del gradiente
elettrochimico, senza impiego energetico
 Per associazione ad un trasportatore: trasportatori attivi associati ad
ATP (idrolizzata) e associati al gradiente elettrochimico del Na+
Nell’attraversare le varie membrane biologiche (cioè nel processo di distribuzione tra i
diversi distretti dell’organismo), la concentrazione del farmaco tende a diminuire
progressivamente per effetto dell’escrezione, dell’inattivazione metabolica e dell’accumulo
in siti di deposito, quali ad es. i grassi e le proteine plasmatiche.
Il deposito o accumulo è di norma reversibile ed il farmaco accumulato viene rimesso in
libertà (secondo la legge d’azione di massa) via via che la sua concentrazione ematica
diminuisce, comportandosi come farmaco ad azione protratta o forma ritardo: F + P = FP
dove F =farmaco, P = proteina, FP = complesso farmaco-proteina.
In genere il complesso FP costituisce una riserva del farmaco, in forma inattiva, che nel
frattempo non subisce trasformazioni metaboliche né viene eliminato per escrezione.
Fattori che influenza la distribuzione:
• Flusso sanguigno
• Maggiori quantità di farmaco distribuiti ad organi con maggior flusso ematico
• Legame alle proteine plasmatiche

I farmaci acidi si legano alla albumina plasmatica (che lega due molecole per ogni sua molecola)
I farmaci basici legano la β-globulina, e la glicoproteina acida

Il legame dei farmaci alle proteine plasmatiche non è selettivo ed è quindi facile che, nel
caso in cui vengano somministrati due o più farmaci, si verificano fenomeni di
competizione tra le varie molecole per il legame ad uno stesso sito. Questo può
determinare variazioni importanti nei livelli di farmaco libero che possono raggiungere la
concentrazione tossica.

3) METABOLISMO DEI FARMACI


Per essere assorbiti e distribuiti ai vari distretti dell'organismo i farmaci devono possedere
caratteristiche fisico-chimiche che sono diverse da quelle che ne favoriscono

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l'eliminazione. La lipofilia facilita l'assorbimento, ma è una caratteristica sfavorevole per
l'eliminazione. È quindi necessario che l'organismo provveda alla trasformazione delle
molecole lipofile in idrofile modificandone la struttura.
Il processo di biotrasformazione delle sostanze e in particolare dei farmaci e detto
metabolismo dei farmaci. Il metabolismo ha lo scopo di trasformare all’interno
dell’organismo le sostanze rendendole più idrosolubili e aumentandone l'escrezione.
La biotrasformazione di un farmaco può portare alla formazione di:
- Metaboliti INATTIVI, che hanno perso le proprietà terapeutiche.
-Metaboliti ancora ATTIVI dotati di spettro farmacologico simile a quello del composto di
origine
-Metaboliti ATTIVI (profarmaci), un profarmaco è un composto che è
farmacologicamente inattivo alla somministrazione e quindi va incontro alla conversione
nella sua forma attiva all’interno dell’organismo. (un esempio è la conversione metabolica
del prazepam in desmetildiazepam. il prazepam è un parente stretto del diazepam, un
farmaco familiare con il nome di Valium). => psicofarmaco della categoria delle
benzodiazepine
-Metaboliti TOSSICI. Un esempio è il paracetamolo, ossi un farmaco antiinfiammatorio
che viene biotrasformato in un metabolita tossico che è il parabenzochinone. Se il
paracetamolo viene somministrato a dosi terapeutiche corrette il metabolita tossico viene
coniugato con il glutatione ed eliminato. Se il paracetamolo viene somministrato a dosi
troppo elevate, il metabolita tossico, dopo aver saturato tutto il glutatione disponibile, si
lega alle proteine degli epatociti causando epatotossicità. In questo specifico caso un
antidoto importante è l’N-acetilcisteina, un precursore del glutatione, che se somministrata
entro 8 ore dall’overdose può essere risolutiva nel salvare la vita del paziente.

La biotrasformazione (o metabolismo) avviene nel fegato.


Sebbene ogni tessuto sia dotato di una certa capacità di metabolizzare i farmaci, il fegato
è la sede principale del metabolismo. Anche altri tessuti come polmoni, intestino e rene
hanno una attività metabolizzante significativa.
Il metabolismo dei farmaci si attua attraverso due fasi:
• Fase I Funzionalizzazione: Mettono in evidenza gruppi utilizzabili per la coniugazione,
quali –OH, -SH, -NH2, -COOH
• Fase II Coniugazione: Rendono il farmaco idrosolubile, quindi più adatto
all’eliminazione.
La maggior parte dei meccanismi di metabolizzazione, soprattutto in sede epatica,
tendono ad aumentare il grado di idrofilia o polarizzazione dei substrati, favorendone così
la successiva escrezione.

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EFFETTO DI PRIMO PASSAGGIO
Il termine effetto di primo passaggio si riferisce alla rapida inattivazione epatica di alcuni
farmaci orali. Dopo somministrazione orale molti farmaci sono assorbiti dall'intestino tenue
e subito trasportati attraverso il sistema portale al fegato dove subiscono una notevole
metabolizzazione. L'effetto di primo passaggio consiste nell’impiegare altre vie di
somministrazione, ciò consente al farmaco di sorpassare temporaneamente il fegato, e
quindi di raggiungere livelli terapeutici di concentrazione plasmatica.

INDUZIONE FARMACO-METABOLICA
(i farmaci non possono essere assunti in concomitanza con altre sostanze poiché il fegato
si concentra a metabolizzare/eliminare queste sostanze e non sintetizza il farmaco).
Una caratteristica degli enzimi epatici è che la loro sintesi e attività possono aumentare in
seguito a somministrazione ripetuta di sostanze come farmaci, pesticidi, sostanze
chimiche (etanolo). L'induzione farmaco-metabolica si traduce in un'accelerazione del
metabolismo e, normalmente, in una riduzione dell'azione farmacologica non solo della
sostanza induttrice ma anche di farmaci somministrati contemporaneamente all'induttore.
Può portare a:
• riduzione dell’effetto terapeutico
• aumento dell’effetto tossico
La presenza di induttore può portare alla somministrazione di dosi elevate del farmaco
associato che diventano tossiche alla sospensione del trattamento inducente.

4) ESCREZIONE
È il processo per mezzo del quale un farmaco viene eliminato dall’organismo.
L’escrezione può avvenire:
• attraverso i reni con l’urina
• attraverso il dotto biliare e l’intestino con le feci.
Meno importanti sono l’eliminazione per via polmonare (anestetici generali volatili) e quella
attraverso la pelle.
I farmaci mediante la bile raggiungono l’intestino, dove come tali o sotto forma di
metaboliti, possono essere eliminati con le feci. La maggior parte di essi però viene
riassorbita e dall’intestino, mediante la vena porta, torna di nuovo nel torrente circolatorio e
con questo al fegato, chiudendo così il circolo enteroepatico.
Il fegato svolge due diverse importanti funzioni sui farmaci presenti nell'organismo:
metabolismo ed escrezione. I due processi sono strettamente legati in quanto un
importante processo metabolico operato dagli epatociti consiste nella riproduzione di
farmaci con gruppi polari, processo che li rende più suscettibili alla escrezione attiva nella
bile. Nel percorso lungo il nefrone processi attivi di riassorbimento di ioni determinano il
riassorbimento del 99% dell'acqua filtrata; contemporaneamente tutti i farmaci
sufficientemente lipofili e in grado di attraversare per diffusione passiva le membrane delle
cellule tubulari, sono riassorbiti dalla preurina e ritornano in circolo. I composti con
caratteristiche di idrofilia intermedia vengono parzialmente riassorbiti in funzione del loro
grado di ionizzazione e del coefficiente di ripartizione; le molecole cariche o con basso

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coefficiente di ripartizione, che non sono in grado di attraversare le membrane cellulari
tubulari, sono escrete.

Con il termine CLEARANCE (Cl) si intende il volume di sangue virtualmente ripulito


nell’unità di tempo dai processi di eliminazione.
Nell’unità di tempo viene eliminata una frazione costante (Ke) della quantità di farmaco
presente nell’organismo.
Un importante concetto, per studiare la distribuzione di un farmaco nell'organismo, è il
volume di distribuzione (Vd ).
Cl = Ke x Vd
Per ogni farmaco la clearance da un valore costante indipendente dalla concentrazione
plasmatica.
Alterazioni del flusso renale o glomerulare, patologie che limitano la permeabilità
glomerulare o la funzionalità tubulare determinano una riduzione della clearance renale
dei farmaci.

EMIVITA DI UN FARMACO
Si riferisce all’eliminazione e può essere definito come: il tempo necessario a ridurre del
50% la concentrazione plasmatica di un farmaco.
L’emivita è un parametro che dipende sia dal volume di distribuzione (Vd) che dalla
costante di eliminazione (Ke). È indipendente dalla concentrazione del farmaco ed
unicamente dipendente dallo stato funzionale degli organi e dei sistemi del paziente
preposti all’eliminazione del farmaco stesso.
Ogni farmaco è caratterizzato da un valore di emivita che può variare da pochi minuti a
diverse settimane.
TOLLERANZA
Un fenomeno della farmacocinetica è la tolleranza, ossia dopo un po’ di tempo allo stesso
dosaggio l’effetto diminuisce. È definita come l’adattamento biologico verso la ripetuta
esposizione a una sostanza chimica, caratterizzata da una diminuita risposta per cui è
obbligatorio l’aumento progressivo della dose per ritrovare l’effetto della dose iniziale.
Ci sono diversi tipi di tolleranza:
-Innata, cioè una mancanza di sensitività geneticamente determinata e osservabile già
dalla prima somministrazione.
-Acquisita, suddivisa a sua volta in:
 Farmacocinetica (variazioni dell’assorbimento, distribuzione, metabolismo,
eliminazione)
 Farmacodinamica del recettore che è reso meno sensibile dal continuo contatto con
la sostanza assunta.
 Appresa, per riduzione dell’effetto per un meccanismo appreso che si distingue in:
- Comportamentale, acquisizione di strategie atte a conservare una data funzione
nonostante lo stato tossico (es.: imparare a camminare lungo una linea retta,
nonostante l’incordinazione motoria prodotta dall’intossicazione da alcool.) -
Condizionata, è un meccanismo di apprendimento che si sviluppa quando il farmaco

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viene sempre assunto in presenza di riferimenti ambientali (es.: odore associato al
farmaco, visione della siringa, ecc..).

FARMACODINAMICA
La farmacodinamica (descritta come l'azione del farmaco sull'organismo) è lo studio degli
effetti molecolari, fisiologici e biochimici sul corpo e comprende il legame del farmaco
con il recettore, gli effetti post-recettoriali e le interazioni chimiche. La risposta
farmacologica dipende dal legame del farmaco al suo bersaglio e la concentrazione del
farmaco al sito recettoriale influenza il suo effetto.
.
La farmacodinamica di un composto può essere influenzata da cambiamenti fisiologici
dovuti a:
-Un disturbo, che influenza le risposte farmacodinamiche come ad esempio mutazioni
genetiche, morbo di Parkinson e alcune forme di diabete mellito insulino-resistente.
Tali patologie possono modificare il legame del farmaco ai recettori, alterare il livello di
proteine che legano il farmaco o diminuire la sensibilità recettoriale .
-Invecchiamento, che tende a modificare le risposte farmacodinamiche mediante
alterazioni del legame al recettore o modificazioni della risposta post-recettoriale sensitiva.
-Altri farmaci, in quanto le interazioni farmacodinamiche tra farmaci causano la loro
competizione per i siti di legame recettoriale o alterano la risposta postrecettoriale.

I bersagli dell’azione dei farmaci sono:


- Recettori (per i neurotrasmettitori: adrenalina) Il legame di un ligando endogeno o di un
farmaco agonista attiva il recettore, che a sua volta attiva la proteina G, che a sua volta
attiva l’effettore (tipicamente un canale ionico o un enzima).
- Canali ionici (calcio-antagonisti; anestetici locali) La funzione di questi recettori è di
regolare il flusso di ioni verso l’interno e l’esterno della cellula. Ciascun canale dipendente
dal ligando è specifico per un dato ione. Quando un ligando endogeno o un farmaco
agonista si lega al recettore, il canale si apre, consentendo agli ioni di fluire. (La direzione
del flusso è determinata dal gradiente di concentrazione degli ioni attraverso la
membrana.)
- Enzimi (ciclo-ossigenasi: aspirina) i recettori di questo tipo attraversano la membrana
cellulare, Il legame di una molecola regolatoria endogena o di un farmaco agonista attiva
l’enzima, aumentando quindi la propria attività catalitica.
- Trasportatori (pompa protonica: omeprazolo) i fattori di trascrizione si trovano all’interno
della cellule piuttosto che sulla superficie (sul DNA nel nucleo), e le risposte all’attivazione
di questi recettori sono ritardate. La loro funzione è di regolare la sintesi delle proteine.
L’attivazione di questi recettori stimola la trascrizione delle molecole di RNA messaggero,
che quindi agisce come stampo per la sintesi di proteine specifiche.

Un recettore è il componente di una cellula che interagisce con un farmaco dando inizio
alla catena di eventi biochimici che portano agli effetti farmacologici. Si tratta di una
molecola di natura proteica, localizzata sulla superficie o all’interno di una cellula,

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costituiti da lipoproteine o glicoproteine, che lega in modo specifico un ligando endogeno
o esogeno (farmaco).
Dispongono di un sito di legame specifico che consente il legame con un determinato
composto. Inoltre, la conformazione e la funzionalità cambiano quando c’è il legame con il
composto.
L’affinità di un farmaco per un recettore è misurata da una costante, che si chiama
costante di affinità (KD).

L’equazione generale per l’interazione tra i farmaci ed i loro recettori è la seguente (dove
F = farmaco e R = recettore): F+R= COMPLESSO F-R =RISPOSTA. Il legame di un
farmaco con il proprio recettore è di solito reversibile.
I farmaci quando legano i recettori possono aumentare, diminuire o bloccare la
generazione o trasmissione del segnale. I farmaci sono quindi dei modulari di recettori.
Spesso se i recettori sono tutti occupati da un farmaco, l’organismo può sintetizzare altri
recettori per poterli rendere disponibili ai mediatori endogeni.

I farmaci si distinguono in:


-Agonisti sono molecole che attivano i recettori; Poiché i neurotrasmettitori, gli ormoni, e
tutti gli altri regolatori endogeni attivano i recettori a cui si legano, tutti questi composti
sono considerati agonisti. Quando i farmaci agiscono come agonisti, semplicemente si
legano ai recettori e mimano le azioni delle molecole regolatorie proprie dell’organismo.
L’affinità permette all’agonista di legarsi ai recettori, mentre l’attività intrinseca permette
all’agonista legato di “attivare” o “accendere” la funzione recettoriale.
-Antagonisti producono i loro effetti prevenendo l’attivazione dei recettori da parte delle
molecole regolatorie endogene e dei farmaci. Gli antagonisti non hanno virtualmente
nessuna azione propria sulla funzione recettoriale. un antagonista è un farmaco con
affinità per un recettore ma senza attività intrinseca. L’affinità consente all’antagonista di
legarsi al recettore, ma la mancanza di attività intrinseca impedisce che l’antagonista
legato possa causare l’attivazione del recettore. Gli antagonisti possono produrre effetti
benefici bloccando le azioni di molecole regolatorie endogene o bloccando l’azione di
farmaci.
L’esposizione continua delle cellule agli agonisti può risultare in desensibilizzazione
recettoriale, mentre l’esposizione continua agli antagonisti può causare ipersensibilità.
L’indice terapeutico è una misura della sicurezza di un farmaco. è definito come il
rapporto della DL50 e della DE50 di un farmaco. (la DL50, o dose letale media, ovvero la
dose che è letale per il 50% degli animali trattati.)

ANTIBIOTICI
Un antibiotico per poter esplicare la sua attività antibatterica deve essere in grado di
entrare nella cellula batterica e raggiungere il sito di azione, legarsi fisicamente al
bersaglio coinvolto in un processo, inibire il processo e non subire modifiche all’interno
della cellula batterica. Si tratta di un composto dotato di attività antibatterica di origine
naturale (prodotto da batteri, funghi, ecc..).

I batteri si distinguono in:

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-Gram positivi, la parete cellulare assorbe un particolare colorante o resiste ala
decolorazione con alcool.
-Gram negativi, la parete cellulare non assorbe un particolare colorante o viene
decolorata con alcool.
-Aerobici, dipendono dall’ossigeno per la sopravvivenza.
-Anaerobici, non utilizzano ossigeno.

Gli antibiotici possono essere batteriostatici, che bloccano la duplicazione dei batteri e
limitano la diffusione dell’infezione (concentrazione minima inibente-MIC), o battericidi,
che inducono a morte cellulare (concentrazione minima battericida-MCB). La cellula
batterica non riesce più ad accedere alle informazioni contenute nei geni. In questo modo,
tutti i processi cellulari (compresa la replicazione) vengono interrotti e il battere muore.
M.I.C. o minima concentrazione inibente è la minima concentrazione di antibiotico in
grado di impedire lo sviluppo dei microrganismi (μg/ml).
M.B.C. o minima concentrazione battericida è la minima concentrazione di antibiotico in
grado di portare a morte le cellule batteriche (μg/ml).
Se l’antibiotico è battericida i valori di MIC e MBC coincidono.
Se l’antibiotico è batteriostatico i valori di MIC e MBC sono differenti.

La resistenza agli antibiotici, o antiobiotico-resistenza, è un fenomeno per cui un


batterio risulta resistente all’attività di un farmaco antimicrobico. Tale resistenza può
essere naturale o acquisita.
Le condizioni che facilitano l’instaurarsi delle resistenze sono:
-Abuso di antibiotici (soprattutto ad ampio spettro)
-Uso di dosaggi sub-ottimali
-Profilassi antibiotica inopportuna

Gli antibiotici agiscono attraverso uno spettro di attività che può essere ristretto, e
quindi efficace solo contro pochi microrganismi, o ampio, utile nel trattamento di un’ampia
varietà di infezioni. Affinché la terapia abbia successo è necessario ottenere attività
antibatterica nella sede d’infezione senza che si abbiano manifestazioni tossiche nel
paziente.
Per raggiungere questo obiettivo vanno valutati alcuni fattori:
-Scelta del farmaco e della via di somministrazione.
-Mantenere costanti le concentrazioni antibatteriche del farmaco nella sede di infezione.
-Difesa dell’ospite, perché con ridotte difese immunitarie è necessario utilizzare farmaci
battericidi.
-Il pH delle cavità ascessuali.
-Patologie renali ed epatiche.
-Allergie a farmaci.
-Età
-Pus
Molti antibiotici come le penicilline hanno un altissimo indice terapeutico poiché
agiscono specificatamente sul batterio e hanno pertanto un basso potenziale tossico.
Altri farmaci, hanno un alto potenziale tossico, e possono essere utilizzati solo quando il
beneficio supera il rischio.

Antibiogramma  un esame in vitro che permette di valutare se un microrganismo è


sensibile a un determinato antibiotico. In particolare, si può calcolare la resistenza (R) o la

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sensibilità (S) o, nel caso si parli di sensibilità media, (MS) del microrganismo
all'antibiotico.

PENNICILLINE
Sono battericide e agiscono sull’inibizione della sintesi della parete batterica. Le
penicilline si distribuiscono rapidamente nel liquido extracellulare della maggior parte dei
tessuti, in particolare in presenza di infiammazione.
Parliamo di un farmaco di origine naturale come la PENICILLINA G
(BENZILPENICILLINA®) che può essere somministrata per via intramuscolare e
endovenosa, ma non per via orale in quanto è distrutta dall’acidità gastrica. La
penicillina G deve essere assunta 1 h prima o 2 h dopo i pasti
Per la somministrazione orale troviamo la FENOSSIPENICILLINA, PENICILLINA V
(FENOSPEN®).
La penetrazione nel Sistema Nervoso Centrale delle penicilline dipende dallo stato
d’infiammazione delle meningi.
La PENICCILINA G e V hanno un’attività principale sui Gram positivi, e sono inattivi
contro i batteri produttori di beta-lattamasi o penicillasi (es.: Staphilococcus Aureus).

Gli utilizzi terapeutici sono:


-La polmonite pneumococcica, causata dallo Strptococcus pneumoniae. La resistenza
alla PENICILLINA G è fortemente aumentata nel mondo a causa di mutazioni in una o più
proteine che legano la penicillina batterica.
-La sifilide, una malattie venerea contagiosa che interessa progressivamente molti
tessuti. Un trattamento singolo con penicillina risulta curativo e non è stato segnalato
nessun caso di resistenza all’antibiotico.
-La gonorrea, La gonorrea è un'infezione sessualmente trasmessa causata dal batterio
Neisseria gonorrhoeae (gram negativo).

PENNICILLINE RESISTENTI ALLE PENICILLASI


Sono però state create pennicilline resistenti alle penicillasi (enzima prodotto da batteri
penicillino-resistenti) come l’OXACILLINA (PENSTAPHO®), somministrabile per via
intramuscolare ed endovenosa, e la DICLOXACILLINA (DICLO’®), per uso orale.
L’utilizzo di queste penicilline è ristretto al trattamento di infezioni provocate dallo
Staphilococcus Aureus.

AMINOPENICILLINE
Sono state create per ampliare lo spetro di azione a Gram positivi e negativi, sono
sensibili agli enzimi penicillasi, che si distinguono in:
-AMPICILLINA (AMPLITAL®) somministrabile per via orale e intramuscolare, e se
sommata al SULBACTAM da luogo all’UNASYN ® da somministrare per via endovenosa e
intramuscolare.
-AMOXICILLINA (VELAMOX) da somministrare per via orale, che sommata all’ACIDO
CLAVULANICO (inibitore degli enzimi penicillasi) genera l’AUGMENTIN ®.

Per quanto riguarda l’uso terapeutico, si utilizzano per infezioni del tratto urinario, alte vie
respiratorie, meningite nei bambini e infezioni da salmonella.

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PENNICILLINE ANTIPSEUDOMONAS
Pseudomonas aeruginosa è soprattutto un patogeno nosocomiale opportunista; produce
quindi infezioni soprattutto nei pazienti ospedalizzati, predilingendo quelli debilitati,
immunocompromessi o sottoposti a cateterismi uretrali, ventilazione meccanica, punture
lombari e perfusioni intravenose.
Le penicilline antipseudomonas come la PIPERACILLINA + TAZOBACTAM
(TAZOCIN®) sono somministrabili per via endovenosa e intramuscolare, la cui efficacia è
contro molti gram-negativi.
Gli effetti collaterali sono per lo più rappresentati da reazione d’ipersensibilità che si
manifesta con orticaria, febbre, broncospasmo, shock anafilattico, ma anche disturbi
gastrointestinali.

CEFALOSPORINE
Sono simili strutturalmente e funzionalmente alle penicilline con cui condividono il
meccanismo d’azione e quello di resistenza ma sono più resistenti alle B-lattamasi. Le
cefalosporine penetrano bene nella maggior parte dei liquidi corporei e nel liquido
extracellulare della maggior parte dei tessuti, specialmente in presenza di infiammazione.
Si distinguono in quattro generazioni:
-I GENERAZIONE, hanno una buona attività contro i Gram positivi e una modesta attività
contro i Gram negativi.
-II GENERAZIONE, con una buona attività contro i Gram positivi e una maggiore attività
contro i Gram negativi rispetto alla I generazione.
-III GENERAZIONE, ridotta attività contro i Gram positivi ma un’eccellente attività contro i
Gram negativi.
-IV GENERAZIONE, con uno spettro d’azione più ampio rispetto alla III generazione e
maggiore stabilità all’idrolisi da parte delle B-lattamasi.

Tutte le cefalosporine, eccetto CEFIXIMA (SUPRAX®), CEFACLOR (PANACEF®),


CEFALEXIMA (CEPOREX®) che sono assorbite per via orale, devono essere
somministrate per via parenterale (es.: CEFTRIAXONE (ROCEFIN®).

Gli effetti collaterali sono simili alle reazioni d’ipersensibilità delle penicilline e disturbi
gastrointestinali soprattutto nelle somministrazioni per via orale.

AMINOGLICOSIDI
Sono battericidi che agiscono sulla subunità proteica 30S dei ribosomi. Alcuni esempi
sono:
-AMIKACINA (BBK8®; i.m o topica)
-GENTAMICINA (GENTALYN®; i.m, e.v., topica)
-NEOMICINA (BIMIXIN®; topica)
-STREPTOMICINA® (topica)
-TOBRAMICINA (NEBIMICINA®; i.m, e.v., topica)

Hanno un’attività principale sui Gram negativi, ma limitata contro i Gram positivi.
A causa degli importanti effetti tossici che inducono, sono impiegati quando altri antibiotici
risultano inefficaci.
Tra i principali effetti tossici troviamo l’ototossicità, nefrotossicità, paralisi, eruzioni
cutanee.

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Le applicazioni terapeutiche tipiche degli aminoglicosidi sono:
-Tularemia, che normalmente si contrae durante la stagione della caccia al coniglio da
parte dei cacciatori che scuoiano animali infetti.
-Infezioni causate da enterococchi, i quali sono intrinsecamente resistenti alla maggior
parte degli antibiotici, e per una terapia efficacie richiedono l’uso di due antibiotici ad
azione sinergica. La terapia raccomandata consiste nell’utilizzo di gentamicina o
streptomicina in associazione a vancomicina o un B-lattamico come la Penicillina G.
-Infezioni dovute a Pseudomonas Aeruginosa, che colpisce prevalentemente soggetti
sani, ma può causare infezioni in speciali circostanze quali immunocompromessi e
ustionati.

TETRACICLINE
Si tratta di batteriostatici che agiscono sulla componente proteica 30S dei ribosomi.
Hanno un ampio spettro di azione, ma a causa del loro ampio impiego in passato si è
verificato un importante sviluppo di resistenze.
Di conseguenza l’uso terapeutico è mirato solo ad alcuni microbi.
Tra questi troviamo:
-Demeciociclina
-Doxiciclina (BASSADO®)
-Minociclina (MINOCIN®)
-Tetraciclina (AMBRAMICINA®)

L’assorbimento di questo tipo di farmaci è ridotto con latticini, idrossido di alluminio,


idrossido di calcio, idrossido di magnesio, sali di ferro, sali di zinco.
L’uso terapeutico delle tetracicline riguarda:
-Infezioni da Clamidie, che rappresenta la causa principale di malattie sessualmente
trasmesse. Causa uretriti, malattia infiammatoria pelvica e linfogranuloma venereo.
-Febbre esantematica delle montagne rocciose, si manifesta con febbre, dolori ossei e
articolari.
-Colera, causato da Vibrio cholerae il quale si moltiplica nel trattogastronintestinale dove
secerne un enterotossina che provoca diarrea.
-Malattia di Lyme, contratta con il morso di una zecca infetta e provoca lesioni cutanee,
cefalea e febbre a cui seguono meningoencefalite e artrite
-Polmonite da micoplasma, che rappresenta la causa più comune di polmonite negli
adulti giovani.
Gli effetti collaterali comprendono:
-Disturbi gastrointestinali: nausea, vomito, bruciore epigastrico, dolori addominali
-Superinfezioni: diarrea
-Fotosensibilizzazione: eritema solare (soprattutto con la doxaciclina)
-Tossicità vestibolare: vertigini (soprattutto con la minociclina)
Mai assumere Tetracicline scadute perché possono produrre nefrotossicità.

CLORAMFENICOLO
È un batteriostatico e un battericida che agisce sull’inibizione della sintesi proteica 50S
dei ribosomi.
Ha un ampio spettro di azione, ma per la grave tossicità che induce non è un
antibiotico di prima scelta per infezioni causate da qualsiasi tipo di microrganismo.
È un farmaco di scelta in caso di meningiti, ascessi cerebrali (eccellente penetrazione
nel Sistema Nervoso Centrale), tifo e febbre delle montagne rocciose.

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Può essere utilizzato come antisettico ginecologico o disinfettante chirurgico
(CHEMICETINA®).
Per quanto riguarda gli effetti collaterali del cloramfenicolo, il più importante è
sicuramente la mielodepressione (la soppressione del midollo osseo) che può
manifestarsi in alcuni soggetti anche in dosi basse di farmaco. Altre sono l’anemia
aplastica fatale, leucopenia (il numero di globuli bianchi nel sangue è inferiore alla
norma) e trombocitopenia (carenza di piastrine nel sangue) che si manifestano con
trattamenti prolungati.
Nei neonati, un eventuale accumulo porta alla Sindrome del bambino grigio (mortalità
del 40%) che si manifesta con vomito, diarrea, flaccidità, ipotermia e colorazione cinerea
della cute.

MACROLIDI
Sono batteriostatici che agiscono sull’inibizione della sintesi proteica 50S dei
ribosomi, con un ampio spettro d’azione.
Tra i tanti ci sono:
-Azitromicina (ZITROMAX®)
-Claritromicina (KLACID®)
-Eritromicina (ERITROMICINA®), che ha uno spettro di attività simile alla Penicillina G

Gli effetti collaterali variano in base al farmaco:


-Claritromicina e Azitromicina, presentano effetti collaterali modesti e reversibili con la
sospensione della terapia. I più comuni sono i disturbi del tratto gastrointestinali.
-Eritromicina, è un antibiotico sicuro infatti sono rari i casi di comparsa di effetti collaterali
gravi. I più comuni sono nausea e diarrea. Questo farmaco però interferisce con il
metabolismo di molti farmaci quali contraccettivi, corticosteroidi, benzodiazepine,
antistaminici.

SULFAMIDICI
Sono battericidi e i più important sono il SULFAMETAXOZOLO + TRIMETOPRIM
(BACTRIM®), e COTRIMOAXOLO che insieme manifestano una maggiore inibizione
della crescita batterica.
L’uso terapeutico comprende:
-Polmonite da Pneumocystis Jeroveci.
-Listeriosi, che può causare meningite o setticemia. Il trattamento prevede l’ampicillina o
il cotrimoxazolo.
-Infezioni della prostata e delle vie urinarie, che possono essere trattate con
trimetoprim che si concentra nel liquido prostatico e vaginale, il che lo rende efficace. Per
quanto riguarda le infezioni croniche rispondono al cotrimoxazolo.
-Infezioni gastrointestinali, trattate con cotrimoxazolo come la shigellosi e la salmonella
non tifoide.
-Infezioni respiratorie, anche queste trattate con cotrimoxazolo.
Gli effetti collaterali comprendono:
-Alterazioni del sistema emapoietico (rare) Le cellule ematopoietiche sono ospitate nel
midollo osseo e la loro funzione è quella di produrre le normali cellule del sangue: globuli
rossi, globuli bianchi e piastrine.
-Disturbi del tratto urinario.
-Reazioni d’ipersensibilità, rappresentate da reazioni cutanee o necrosi.
-Disordini gastrointestinali.

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CHINOLONI
I chinoloni sono farmaci antibatterici di origine sintetica.
Il capostipite dei chinolonici è l’Acido Nalixidico da cui derivano:
-Fluorochinoloni, di cui fanno parte Ciprofloxacina, Norfloxacina, Ofloxacina, Enoxacina.
-Antisettici urinari, come la Nitrofurantoina.
L’uso terapeutico riguarda:
-Infezioni urinarie non complicate e complicate
- Infezioni delle vie respiratorie
- Infezioni della cute
-Prostatiti
-Infezioni delle ossa
- Infezioni gastrointestinali
-Infezioni ginecologiche.

CIPROFLOXACINA
È un battericida che agisce sul blocco della replicazione del DNA ed ha un ampio
spettro di azione. (CIPROXIN®)
L’uso terapeutico riguarda:
-Infezioni tratto urinario
-Prostatiti
-Infezioni gastrointestinali
-Infezioni tratto respiratorio
-Infezioni osso, articolazioni
-Malattie a trasmissione sessuale

È un farmaco che ha effetto sulle membrane plasmatiche e quindi può provocare


cefalee, vertigini, allucinazioni ma anche attacchi epilettici in individui predisposti.
Poiché si è visto che può provocare tossicità per la cartilagine è controindicata in
gravidanza e allattamento, nei bambini sotto gli 8 anni, e in pazienti che soffrono di
tendinite.
Gli effetti avversi comprendono nausea, vomito, diarrea, eruzioni cutanee e
fotosensibilizzazione.

NITROFURANTOINA
È un antisettico urinario, batteriostatico e battericida che si concentra a livello dei
tubuli renali. L'uso di nitrofurantoina può alterare il colore delle urine che possono
diventare marroni. Questo effetto è normale e non deve destare preoccupazioni.

Tra gli effetti collaterali ci sono:


-Disturbi gastrointestinali
-Reazioni d’ipersensibilità
-Ittero colestatico
-Epatiti attive
-Disturbi neurologici occasionali

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FARMACI ANTINFIAMMATORI
NON STEROIDEI (FANS)
(meccanismo d’azione comune l’inibizione della sintesi delle prostaglandine.)
I FANS esercitano il proprio effetto analgesico ed antiinfiammatorio essenzialmente
attraverso l'inibizione dell'enzima cicloossigenasi (COX). Questo enzima converte
l'acido arachidonico presente nel nostro organismo in prostaglandine, prostacicline e
trombossani (promuovono i processi coagulativi).
Le prostaglandine - e in particolar modo le prostaglandine G2 e H2 - sono coinvolte nei
processi infiammatori e mediano le risposte dolorose. Mentre le prostaglandine di tipo E
(PGE) inducono la febbre. Prostacicline PGD e PGE2: sono vasodilatatori. In condizioni
normali, le prostaglandine svolgono un ruolo importante nel garantire l'integrità della
mucosa gastrica, una normale circolazione renale ed una funzione piastrinica efficiente.
Durante il processo dell'infiammazione, dai fosfolipidi delle membrane cellulari, vengono
prodotti i cosiddetti mediatori dell'infiammazione, grazie a un enzima chiamato fosfolipasi
(inibito dai farmaci corticosteroidei) si produce acido arachidonico, che viene poi
convertito dalle lipoossigenasi (LOX) e dalle cicloossigenasi (COX) in prostaglandina
H2 (precorritrice di tutte le prostaglandine), prostacicline e trombossani.

Gli effetti farmacologici dei FANS in relazione all’inibizione della COX sono:
- Effetto antinfiammatorio, per inibizione della produzione di PGE2 e PGI1 in siti specifici

- Effetto analgesico, per inibizione della produzione di PGE2


- Effetto antipiretico, per inibizione della produzione di PGE2 a livello ipotalamico
Sono state inoltre identificate due cicloossigenasi dette:
- COX-1 costitutiva, che controlla la formazione delle prostaglandine e si trova in tutte le
cellule. poiché coinvolta nei meccanismi di omeostasi cellulare è sempre presente.
- COX-2 inducibile, cioè indotta dalle infiammazioni ed è proprio questa che va bloccata.
Presente solo in caso di infiammazione.
Gli inibitori selettivi COX-2 sono stati sviluppati con l’obiettivo di ridurre la tossicità
gastrointestinale attraverso il risparmio dell’attività della COX-1 del tratto
gastrointestinale.
Le indicazioni terapeutiche riguardano l’osteoartrosi, artrite reumatoide, spondilite
anchilosante, dolori associati all’artrite gottosa acuta.
I FANS si legano massicciamente alle proteine plasmatiche e possono spiazzare in misura
significativa altri farmaci: la dose di tali farmaci dovrebbe venir ridotta opportunamente, o
andrebbe evitata la somministrazione di FANS in pazienti già in terapia con altri farmaci.
(aumenta l’induzione farmaco-metabolica).
La risposta ai diversi FANS evidenzia una considerevole variabilità individuale. Evitare le
associazioni di due o più FANS, non essendo provato un aumento di benefici per il
paziente, mentre risultano potenziati gli effetti collaterali.

COX INIBITORI NON SELETTIVI

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 SALICILATI
I salicilati agiscono in virtù del loro contenuto di acido acetilsalicilico. I tipi di dolore
generalmente sensibili ai salicilati sono quelli di lieve intensità (cefalea, mialgia,
atralgia) che originano dalle strutture tegumentarie piuttosto che dai visceri profondi.
I salicilati sono gli analgesici più utilizzati ed espletano la loro azione antidolorifica
prevalentemente mediante meccanismi periferici.
I salicilati sono frequentemente causa di intossicazione (ampio uso, facile
disponibilità).
INTOSSICAZIONE LIEVE (SALICILISMO): cefalea, vertigini, ipoacusia, offuscamento
della vista, confusione mentale, stanchezza, sonnolenza, sudorazione, sete,
iperventilazione, nausea, vomito, occasionalmente diarrea.
INTOSSICAZIONE GRAVE: una rara complicanza è la porpora trombocitopenica.
Una caratteristica dell’intossicazione è l’alterazione dell’equilibrio acido-base e della
composizione di elettroliti plasmatici. Al progredire dell’intossicazione, la stimolazione
centrale viene seguita da depressione crescente, stupore e coma. Seguono collasso
cardiovascolare, insufficienza respiratoria e talvolta convulsioni terminali con apnea ed
edema polmonare. La morte sopraggiunge per insufficienza respiratoria dopo un periodo
di incoscienza.
NON SOMMINISTRARE SOTTO I 16 ANNI.
Acido acetilsalicilico, meglio conosciuto come Aspirina ®. è ancora utilizzato per il suo
marcato effetto antinfiammatorio e per il discreto potere antifebbrile. L'effetto più utile
dell'aspirina è tuttavia quello antiaggregante piastrinico, che si manifesta quando viene
assunta a bassi dosaggi (Cardioaspirina ®). Questo farmaco trova un largo impiego nella
prevenzione delle malattie trombotiche,
La terapia con aspirina andrebbe sospesa almeno 1 settimana prima degli interventi
chirurgici.
L’uso dell’aspirina dovrebbe essere assolutamente evitato nel terzo trimestre di
gravidanza, anche perché potrebbe causare la chiusura prematura del dotto arterioso di
Botallo (corto collegamento vascolare che durante la vita intrauterina unisce l’arteria
polmonare del feto con l’arteria aorta, avendo il compito di deviare in quest’ultima quasi
tutto il sangue dell’arteria polmonare. Alla nascita il dotto di B. si atrofizza gradualmente).
L’acido salicilico ha un effetto molto irritante sulla cute e sulla mucosa, e distrugge le
cellule epiteliali. La sua azione cheratolitica viene utilizzata nel trattamento locale di
verruche, calli, infezioni fungine e alcuni tipi di dermatite eczematosa.

 DERIVATI DELL’ACIDO PROPIONICO


Il gruppo degli acidi proprionici è - tra i FANS - quello più importante dei dopo il gruppo
dei salicilati. questi farmaci vengono assorbiti rapidamente e metabolizzati dal fegato
per essere infine escreti attraverso la via renale.
IBRUPOFENE: (Moment, Brufen…) viene utilizzato come antinfiammatorio nell’artrite
reumatoide, osteoartrosi, periartriti, lombalgie, sciatalgie alla dose di 2,4 g/die.
A dosi inferiori è privo di attività antinfiammatoria e viene usato come analgesico per
dolore da lieve a moderato di diversa origine in adulti e bambini, come mal di testa, dolore

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cervicale, mal di gola, mal di denti, dolore post-partum, dismenorrea, dolore post-
operatorio di varia natura.
Ha emivita breve, di 1-2 ore, è fortemente legato alle proteine plasmatiche, ed ha una
bassa gastrolesività.
NAPROXENE: (Aleve, Momendol, Naprosyn…) L'utilizzo del naprossene è indicato per il
trattamento sintomatico di: affezioni dell'apparato muscoloscheletrico È un farmaco ben
tollerato. Ha lunga emivita, 12-15 ore. L’emivita è circa raddoppiata nei pazienti anziani
rendendo quindi necessarie modifiche di dosaggio.
KETOPROFENE: (Oki, Zepelindue, Artrosilene, Flexen,…) Il ketoprofene può provocare
perforazione, ulcerazione e sanguinamento gastrointestinale, è in grado di indurre una
tossicità gastrointestinale maggiore rispetto agli altri FANS. Può essere valutata una
terapia concomitante con farmaci gastroprotettori. Infine, il ketoprofene potrebbe
provocare effetti collaterali in grado di alterare la capacità di guidare veicoli e/o di utilizzare
macchinari, perciò va usata molta cautela.
FLURBIPROFENE: (Froben, Benactiv…) L'utilizzo del flurbiprofene è indicato per il
trattamento di: dolore, infiammazione e irritazione del cavo orale e della gola, stati
infiammatori e dolorosi di tipo ginecologico, pneumologico, reumatologico, traumatologico,
ortopedico ecc. Dolore e infiammazione dell'apparato muscoloscheletrico, stati
infiammatori e dolorosi (su base non infettiva) del segmento anteriore dell'occhio.
- Furprofene (Dolex)
- Oxaprozina (Walix)

 DERIVATI DELL’ACIDO ACETICO

INDOMETACINA: Questo farmaco è dotato di una potente azione antinfiammatoria. È più


tossico, ma più efficace dell’aspirina. L'utilizzo dell'indometacina è indicato anche in
condizioni infiammatorie extra-articolari come la pericardite. Inoltre, l'indometacina
somministrata per via oculare è indicata nel trattamento di stati dolorosi e infiammatori (su
base non infettiva) del segmento anteriore dell'occhio, in particolare, in seguito ad
interventi chirurgici di cataratta.
DICLOFENAC: (Voltaren, Dicloreum) Ha proprietà analgesiche, antinfiammatorie e
antipiretiche e potenza maggiore di altri FANS.
È indicato per le patologie infiammatorie croniche come l’artrite reumatoide e l’osteoartrite.
Viene anche utilizzato come analgesico nel caso di lesioni muscolo-scheletriche, tendiniti,
dolore postoperatorio e dismenorrea.
KETOROLAC: (Toradol) È un potente analgesico moderatamente antinfiammatorio. è
indicato per il trattamento a breve termine di: dolore post-chirurgico da moderato a severo.
A differenza degli analgesici oppioidi non dà tolleranza, dipendenza e depressione
respiratoria.
Viene utilizzato come alternativa agli oppioidi e per coliche renali.
Viene somministrato oralmente nella terapia del dolore cronico.

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 DERIVATI DEGLI OXAM

- Meloxicam
- Cinnoxicam
- Lornoxicam
- Tenoxicam

PIROXICAM: Possiede buona attività antiinfiammatoria, analgesica e antipiretica.


Il suo principale vantaggio è la lunga emivita (circa 50 ore; va incontro a ricircolo
enterogastrico) che consente somministrazioni di dosi singole e giornaliere.
Viene assorbito completamente per via orale e il picco plasmatico è raggiunto in 2-4 ore.
Viene ampiamente legato dalle proteine plasmatiche.
 PARACETAMOLO (buscopam, tachipirina, efferalgan, zerinol)
Analgesico, antipiretico, ma debolissimo antiinfiammatorio. Somministrato per via
orale, picco plasmatico in 30-60 min e metabolismo epatico (t1/2=2-4 ore). Si
distribuisce in modo uniforme nei liquidi extracellulari.
I bambini hanno una ridotta capacità di glucuronicazione del farmaco.
Non vanno mai superati i 3g al dì.

COX-2 INIBITORI (COXIB)

 NIMESULIDE
inibisce prevalentemente COX-2 inducibile quindi su prostaglandine e prostacicline
prodotte dall’infiammazione e non basali.
La nimesulide è un FANS in grado di esercitare un buon effetto analgesico,
antinfiammatorio e antipiretico.Tuttavia, a causa della sua alta tossicità a carico del
fegato, la nimesulide viene utilizzata come farmaco di seconda linea.
Inibisce anche l’attivazione dei neutrofili e ha attività antiossidante.

 ROFECOXIB
È antiinfiammatorio, analgesico e antipiretico. Stessa attività dei FANS classici nel mal
di denti, dolore post-operatorio e dolore associato alla dismenorrea primaria.
Alle concentrazioni terapeutiche non inibisce la COX-1 e non altera la funzionalità
piastrinica. Inibisce significativamente la produzione di prostaglandine endogene.
Viene prontamente assorbito per via orale ed è altamente legato dalle proteine
plasmatiche. Metabolizzato a livello epatico e successivamente escreto nelle urine.
Emivita circa 17 ore.

 CELECOXIB
È antiinfiammatorio, analgesico, antipiretico. Approvato per il trattamento
dell’osteoartrosi e dell’artrite reumatoide.
L’assorbimento orale è moderato, con picco plasmatico dopo 2-4 ore.

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Ampiamente legato dalle proteine plasmatiche. Eliminato nelle urine e nelle feci
coniugato con acido glucuronico. Emivita di circa 11 ore.
Proprietà farmacologiche ed effetti tossici sovrapponibili a quelli del rofecoxib.

OPPIOIDI
Sono molto utilizzati in ambito clinico per la loro efficacia nel trattamento del dolore, sia a
breve che a lungo termine. Per quanto riguarda ulteriori applicazioni terapeutiche degli
oppioidi, si possono utilizzare per l’infarto acuto del miocardio o edema polmonare
acuto grazie al loro effetto ansiolitico, riduzione del sovraccarico cardiaco e
vasodilatazione.
Contro la tosse, a dosi basse, si utilizza la Codeina, mentre per la diarrea si utilizzano
agonisti degli oppioidi che non passano la barriera ematoencefalica (Loperamide
[IMODIUM®]).
Sono utilizzati anche in anestesia e preanestesia per le proprietà sedative, ansiolitiche e
analgesiche.

Alcaloidi/Oppiacei Derivati semi-sintetici Derivati sintetici Oppioidi endogeni


naturali (Oppiacei) (Oppioidi)

Morfina - Idromorfone Fenilpiperidine: petidina e Sostanze prodotte


- Codeina e Tebaina- - Idrocodone fentanil fisiologicamente dal
Papaverina - Ossicodone Metadonici: metadone nostro organismo,
Benzomorfani: come endorfine,
pentazocina e ciclazocina
Derivati della tebaina:
encefaline,
etorfina, buprenorfina endomorfine
Tramadolo
Dall’oppio si possono ricavare circa 20 principi attivi che possono essere divisi in:
-Benzilisochinolonici, con un’attività NON oppiacea come la Papaverina
(miorilassante) e la Noscapina (antitosse)
-Fenantrenici

Gli oppioidi agiscono sui recettori del SNC e nel tratto gastrointestinale.
Tra quelli maggiormente usati troviamo:
-Morfina (MORFINA CLORIDRATO®) È efficace non solo nella rimozione del dolore, ma
anche nel rimuovere la componente emotiva del dolore ed è per questo motivo che è
utilizzata anche come farmaco stupefacente
-Metadone (METADONE®) è un composto con le stesse proprietà della morfina, ma che
ha una durata d’azione molto più lunga, in quanto si lega efficacemente ai tessuti e viene
rilasciato lentamente. È un oppioide con un’emivita tra le 24 e 36 ore. Le principali
indicazioni terapeutiche sono il trattamento del dolore cronico e il trattamento della
dipendenza da oppiacei. Ha una ridotta sintomatologia in caso di crisi d’astinenza
-Tramadolo (CONTRAMAL®)
-Buprenorfina (SUBUTEX®)
-Ossicodone (OXYCONTIN®) L’ossicodone risulta però essere il più utilizzato,
soprattutto nel trattamento del dolore oncologico. L’Ossicodone è un oppioide con effetto
simile alla morfina, ma più debole.

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-Idromorfone (JURNISTA®)
-Fentanil (FENTANEST®)

La dipendenza si distingue in psicologica e fisica, quest’ultima si presenta con la


Sindrome d’astinenza la cui sintomatologia comprende sudorazione, febbre, insonnia,
irrequietezza, diarrea, crampi e dolori muscolari. La somministrazione di un agonista
abolisce rapidamente la sintomatologia della crisi di astinenza. In genere si somministra
.
La tolleranza agli oppioidi si sviluppa rapidamente entro 12-24 ore.
Gli effetti collaterali comprendono:
-Depressione respiratoria
-Aumento della pressione intracranica
-Immunosoppressione
-Sedazione
-Contrazione della diuresi
-Stipsi
-Impotenza

Gli antagonisti: non è raro che vi sia una volontaria (a scopo autolesionistico) o
involontaria assunzione o somministrazione di oppioidi. Per questo motivo risulta
necessario intervenire tempestivamente, andando ad “annullare” gli effetti del farmaco (fra
cui la depressione respiratoria).
-Naloxone (NARCAN®), che viene utilizzato nel trattamento dell’intossicazione acuta da
oppioidi in quanto è in grado di antagonizzare la depressione respiratoria in circa 2 minuti.
-Naltrexone (NALOREX®), che è in grado di bloccare gli effetti della morfina per 48 ore
garantendo un buon assorbimento tramite somministrazione orale.

FARMACI ANTIINFIAMMATORI
STEROIDEI (CORTISONICI) FAS
Rappresentano i più potenti agenti antinfiammatori in questo momento disponibili e il loro
impiego si estende a numerose patologie di origine immunoreattiva. Quelli attualmente
disponibili per uso sistemico sono stati sviluppati a partire dal cortisolo (ormone naturale
secreto dalle ghiandole surrenali), ossia il principale glucocorticoide naturale nell’uomo,
dotato di attività antinfiammatoria, immunosoppressiva. I farmaci antinfiammatori
steroidei agiscono bloccando la sintesi delle prostaglandine pro–infiammatorie,
responsabili di edema, eritema e dolore. mentre i FANS possono essere utilizzati in modo
occasionale e sporadico, i FAS necessitano invece di essere assunti in maniera regolare e
per un periodo più prolungato. Il loro utilizzo rimane comunque palliativo, cioè destinato ad
attenuare i sintomi di una malattia senza rimuoverne la causa.
I corticosteroidi sono usati nei casi di insufficienza surrenalica per sostituire la mancata
produzione di ormoni endogeni.
Meccanismo d’azione dei farmaci corticosteroidi :I corticosteroidi agiscono a livello
della regolazione neuroendocrina dell’infiammazione inibendo l’azione proinfiammatoria di
alcune proteine. Bloccano la tappa iniziale di liberazione dell'acido arachidonico che dà

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origine alla cascata infiammatoria.
Quando un cortisonico viene somministrato per un periodo prolungato si verifica la
soppressione della funzione surrenalica, il che implica una sospensione della terapia
che deve essere eseguita lentamente in quanto se la dose viene ridotta troppo
rapidamente possono ripresentarsi i sintomi della malattia con maggiore intensità. Sono
generalmente necessari 2-3 mesi per il ripristino della funzione ipofisaria mentre la
produzione di cortisolo può richiedere anche 6-9 mesi per tornare alla normalità.
.

I corticosteroidi di sintesi (es. desametasone) differiscono dal cortisolo per una serie di
modificazioni chimiche finalizzate ad amplificare l’azione antinfiammatoria, riducendo
l’attività mineralcorticoidea e a prolungare la durata d’azione.

I cortisonici sono suddivisi in due categorie:


I GLUCORTICOIDI Attivi sul metabolismo del glucosio. I glucocorticoidi agiscono per
innalzare la glicemia (aumentata produzione di insulina), incrementando la produzione di
glucosio a partire da alcuni amminoacidi e diminuendo il suo utilizzo periferico; questi
ormoni stimolano inoltre il deposito di glicogeno nel fegato. I glucocorticoidi espletano
un'importante attività sul sistema immunitario ed hanno, nel complesso, un'azione
soppressiva sulle difese corporee. Tale proprietà viene abbondantemente sfruttata in
terapia per ridurre gli stati infiammatori.
Gli effetti metabolici causati dai glucocorticoidi sono:
-Metabolismo dei carboidrati e delle proteine, stimolano la gluconeogenesi e
glicogenosintesi epatica. Inoltre, aumentano il catabolismo delle proteine e inibiscono la
sintesi proteica a livello muscolare.
-Metabolismo lipidico, attivano la lipolisi e inducono la ridistribuzione del grasso corporeo
a collo, spalle e viso.
-Metabolismo del calcio e osso, riducono l’assorbimento del calcio e la sintesi del tessuto
osseo oltre ad aumentare il riassorbimento osseo.
I MINERALCORTICOIDi sono un gruppo di ormoni steroidei prodotti dal surrene;
rappresentano una sottocategoria dei corticosteroidi. Attivi sul metabolismo idrominerale,
regolano il ricambio idrico e salino, trattenendo sodio ed acqua a livello renale, e
favorendo l'eliminazione di potassio ed idrogenioni mediante un processo di secrezione
attiva. Di conseguenza, aumentano il volume plasmatico (volemia) e di riflesso la
pressione arteriosa.

I principali farmaci corticosteroidei sono:


-Idrocortisone (es.: Cortison Chemicetina, Flebocortid®)
-Cortisone (es.: Cortone acetato)
-Prednisone (es.: Deltacortene)
-Betametasone (es.: Bentelan®)
-Desametasone
−Deflazacort

Gli effetti indesiderati più frequenti dei corticosteroidi possono distinguersi in:
Acuti: Cronici:
- Ritenzione idrosalina -Miopatia
- Ipokalcemia -Osteoporosi
- Iperglicemia -Diabete mellito
- Turbe psichiatriche -Cataratta

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- Turbe gastriche -Maggiore suscettibilità alle infezioni
- Ipertensione arteriosa -Insufficienza cortico-surrenalica
- Acne
- Glaucoma

Per quanto riguarda la Sindrome di Cushing iatrogena riassume molti degli effetti collaterali dei
glucocorticoidi tra cui euforia, ipertensione endocranica, gobba di bufalo, ipertensione, gambe e
braccia sottili, ecchimosi facili, scarsa cicatrizzazione delle ferite, aumento del grasso addominale.

Possono verificarsi delle interazioni con alcuni farmaci:


-FANS, Alcool, anticoagulanti: sanguinamento gastrointestinale
-Antiacidi, Colestiramina: ridotto assorbimento, assumere corticosteroidi a distanza di 2
ore
-Anticoagulanti: variazioni del tempo di protrombina
-Antidiabetici, insulina: aumento della glicemia

FARMACI PER IL CONTROLLO DI DISTURBI DEL


TRATTO GASTROENTERICO
FARMACI ANTIULCERA
Il nostro stomaco produce acido cloridrico per aiutare nella digestione e per uccidere i
batteri; tuttavia, l'acido è corrosivo per i nostri tessuti, e per questo delle cellule
specializzate producono il muco che riveste e protegge la mucosa dello stomaco
dall'acido. Quando questa barriera di muco si danneggia, l'acido corrode il tessuto dello
stomaco causando la gastrite. Il trattamento con inibitori della pompa protonica riduce la
produzione dell'acido facilitando la guarigione della gastrite o prevenendone la
formazione. La riduzione della produzione acida nello stomaco aiuta anche a curare i
sintomi del reflusso gastro-esofageo, perche così c'è meno acido capace di fuoriuscire
dallo sfintere esofageo superiore ed irritare l'esofago.L’ulcera peptica è una lesione nel
rivestimento interno del tratto gastrointestinale che si verifica di solito nello stomaco, nel
duodeno o nella prima porzione di intestino. È causata dall’Helicobacter Pylori (Gram -),
ossia un batterio che invade lo stomaco. La maggior parte delle ulcere gastriche si
sviluppoano a causa dell’iperacidità del succo gastrico. In circostanze normali l’attività
della mucosa gastrica e duodenale è mantenuta grazie a un bilancio tra fattori aggressivi,
come l’acido e la pepsina, e i normali meccanismi difensivi dell’epitelio, fra cui la
secrezione di muco e bicarbonato e la rigenerazione di nuove cellule epiteliali.
Oltre all’Helicobacter Pylori altre cause dell’ulcera peptica possono essere:
-FANS, per inibizione della sintesi delle prostaglandine
-Zollinger-Ellison, un tumore secernente gastrina
Per l’eradicazione dell’Helicobacter Pylori si utilizzano inibitori della pompa protonica e
due antibiotici tra Metronidazolo, Claritromicina e Amoxicillina.
 INIBITORI DELLA POMPA PROTONICA: sono forse la categoria di farmaci più
importante nel trattamento della gastrite, dell'ulcera duodenale e del reflusso

24
gastroesofageo. Nell’ambiente acido dei canalicoli delle cellule parietali, questi
“profarmaci” vengono convertiti in sulfenamidi che interagiscono covalentemente con i
gruppi sulfidrilici presenti nel dominio extracellulare (luminare) della pompa
protonica. ???
La secrezione di acido gastrico da parte delle cellule parietali è regolata dall’enzima
H+/K+-ATPasi (pompa protonica).
Poiché l’attivazione della pompa protonica è l’ultimo stadio del processo di secrezione
acida, l’inibizione di questo enzima blocca la secrezione acida indotta da qualunque
mediatore chimico (istamina, gastrina o ACh).
.
Somministrati in preparazioni farmaceutiche gastroresistenti, vengono assorbiti a livello intestinale
e distribuiti nell’organismo e nelle cellule parietali.
Nonostante abbiano una breve emivita, questi farmaci determinano l’inibizione irreversibile della
pompa protonica per formazione di legami di solfuro con la proteina. Viene pertanto fortemente
inibita la secrezione gastrica acida basale e stimolata.

 ANTAGONISTI RECETTORE H2: sono molecole antagoniste dei recettori


istaminergici (l’istamina ha un ruolo cruciale nella regolazione della secrezione
gastrica) i quali - non essendo più attivati - inattivano la pompa protonica e riducono il
rilascio di ioni idrogeno; questi farmaci agiscono soprattutto sulla secrezione acida
notturna, ma anche sulla secrezione indotta dall'ingestione degli alimenti.

FARMACI ANTIEMETICI
Il vomito viene innescato dal centro del vomito che riceve stimoli da altri organi e invia

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tramite i neuroni il segnale del vomito alle ghiandole salivari, diaframma, stomaco ed
esofago. La prima fase della sintomatologia comprende nausea, sudorazione, pallore,
midriasi, tachicardia, per arrivare alla seconda fase in cui si verifica il vomito.
Questa tipologia di farmaci coinvolge diversi recettori quali Acetilcolina, Istamina,
Serotonina, Dopamina.

Gli ANTIMUSCARINICI vengono utilizzati per la prevenzione e il trattamento della nausea e


del vomito causati dalla cinetosi (o mal da movimento). l'azione antivomito di questo
principio attivo viene esercitata attraverso l'antagonizzazione dei recettori muscarinici
presenti a livello dell'apparato vestibolare
-Scopolamina (Anticolinergico), i cui effetti collaterali possono comprendere stipsi, visione
offuscata o ritenzione urinaria.
-Dimedidrinato (Antistaminico), il cui unico effetto collaterale è la sonnolenza.

Per la nausea dovuta a chemioterapia e terapia radiante:


-Proclorperazina (Antidopaminergico)
-Metoclopramide (PLASIL®) (Antidopaminergico), che può essere utilizzato da solo o in
associazione con Desametasone.
-Ondasentron (ZOFRAN®) (Antiserotoninergico), anch’essa associabile al
Desametasone. Rappresenta un farmaco 70 volte più attivo del PLASIL®.
Tra gli effetti collaterali stipsi, cefalea, vertigini, sensazione di calore.

Per la nausea dovuta a vertigini:


-Prometazina (Antistaminico e Antidopaminergico), i cui effetti collaterali sono
sonnolenza, sedazione, diplopia.
-Tietilperazina (Antidopaminergico)

FARMACI ANTIACIDI
Sono sostanze basiche che legano i protoni. L’effetto neutralizzante può essere
impiegato nella terapia dell’iperacidità gastrica da errori dietetici, abuso di alcool etc. e
nelle forme lievi di esofagite da reflusso. L’antiacido è un farmaco che non agisce andando
ad eliminare la causa che produce acidità, ma agisce a livello sintomatico, eliminando gli
effetti prodotti dall’acidità gastrica. L’antiacido deve aumentare il pH gastrico portandolo a
valoriintorno a 3,5-4,5 e non di più per non creare l’effetto chiamato “rimbalzo acido” in cui,
esaurito l’effetto benefico, si ha un peggioramento secondario. In secondo luogo, deve

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avere una durata di almeno 3 ore.
Gli antiacidi usati più comunemente sono sali di alluminio e magnesio, preferibilmente in
associazione poiché i sali di Al provocano stipsi e quelli di Mg provocano diarrea.
 GAVISCON: Acido alginico
 RIOPAN: il cui principio attivo è il magaldrato (composto monoidrato costituito da
magnesio e alluminio)
 CITROSODINA: Sodio Citrato
 MAALOX: Magnesio idrossido e alluminio ossido.
Somministrati a digiuno: effetto antiacido breve
Effetto più prolungato (~ 1h) se assunto a stomaco pieno

EFFETTI INDESIDERATI
Alterando il pH gastrico e intestinale, si possono verificare interazioni con l’assorbimento di
altri farmaci: intervallo di almeno 2 ore fra le somministrazioni dei farmaci.

FARMACI PER LA STIPSI


• PURGANTI OSMOTICI
Si distinguono in:
-Sali non assorbibili come il magnesio fosfato e il sodio fosfato, che vanno
somministrati con molta acqua. A dosi basse si avrà un effetto lassativo in 6-8 ore, mentre
in caso di somministrazione a dosaggio elevato si avrà un’evacuazione di feci liquide entro
30 minuti – 3 ore. Possono avere un utilizzo terapeutico prima degli esami endoscopici e
in caso di intossicazioni. Le controindicazioni nell’utilizzo riguardano casi di insufficienza
renale e cardiaca.
-Zuccheri [LAEVOLAC®], composto da Galattosio e Fruttosio con un effetto lassativo
blando che si manifesta nell’arco di 1 a 3 giorni. attraverso un meccanismo osmotico,
questi farmaci sono in grado di trattenere i liquidi nell'intestino, oppure agiscono
modificando la distribuzione dei liquidi nella massa fecale.
 LUBRIFICANTI EMOLIENTI
Il capostipite di questa classe di farmaci è la paraffina liquida. I lubrificanti emolienti come l’olio di
vasellina non vengono metabolizzati e sono scarsamente assorbiti.
Il loro uso terapeutico riguarda le emorroidi, oppure permettono di evitare sforzi in caso di
angina o infarto.
L’unica controindicazione è la gravidanza.

 LASSATIVI
Favoriscono l’accumulo di acqua nel lume intestinale causando movimenti peristaltici e
quindi lo svuotamento. indicati per uso occasionale nel trattamento della stitichezza o
prima di un intervento chirurgico a livello del colon.
Ce ne sono diversi:
-Derivati Antrachinolici principalmente estratti vegetali (Rabarbaro, Aloe…). Un esempio
e il PURSENNID® che ha un effetto lassativo nelle 6-12 ore. Tra gli effetti collaterali ci
sono coliche addominali, ipopotassiemia e diarrea. Sono controindicati in gravidanza.
-Olio di ricino, che ha un effetto lassativo di 2-6 ore con scariche semiliquide e il cui unico
effetto collaterale è rappresentato da dolori addominali. Controindicato in caso di
gravidanza e ragadi e fistole anali.

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FARMACI ANTIDIARROICI
Si distinguono in:
-Farmaci assorbenti come il Carbone Attivo
-Farmaci antimotilità (Difenossilato + Atropina [REASEC®], Loperamide [IMODIUM®]),
che sono generalmente privi di effetti collaterali anche se in caso di sovradosaggio si può
verificare stipsi.
-Farmaci antimicrobici
Importante la reidratazione per ripristinare i liquidi e i sali persi:
e.v. soluzioni elettrolitiche per terapia infusionale contenenti NaCl, KCl, glucosio.
Esistono anche medicinali molto utili nel trattamento di questo disturbo contenenti,
appunto, microorganismi antidiarroici.Più precisamente, questi medicinali contengono
spore o microorganismi inattivati e alcuni di questi sono spesso definiti come probiotici.
Generalmente questi farmaci sono impiegati per il trattamento della diarrea nei bambini
piccoli, oltre a trovare impiego nella terapia coadiuvante per il ripristino della normale flora
batterica intestinale che può essere compromessa, ad esempio, da terapie antibiotiche.
Infatti, questi microorganismi sono capaci di sopravvivere all'ambiente acido dello
stomaco, arrivando così all'intestino, nel quale sono in grado di moltiplicarsi e crescere
favorendo, appunto, il riequilibrio della flora batterica.

ANTAGONISTI COLINERGICI AD AZIONE PERIFERICA


Si utilizzano in caso di manifestazioni spastico-dolorose del tratto gastrointestinale,
biliare e genito-utinario. Un esempio è il Butilbromuro di Joscina (BUSCOPAN®), i cui
effetti collaterali possono comprendere stipsi, visione offuscata, ritenzione urinaria,
xerostomia o midriasi. In caso di alti dosaggi può causare tachicardia.

FARMACI CARDIOLOGICI
I farmaci del cuore vengono usati quando si presenta un disordine cardiaco, come lo
scompenso cardiaco.
Le principali classi di farmaci per il trattamento dello scompenso cardiaco sono
- Digitalici
- Ace-inibitori
- Beta-bloccanti
- Calcio-antagonisti
- Diuretici

FARMACI DIGITALICI
Questi farmaci sono molecole complesse ricavate dalle foglie della Digitalis Lanata o
Purpurea. Si caratterizzano per l’effetto:
- inotropo positivo (inotropismo: contrattilità) cioè l’aumento della forza di contrazione
- dromotropo negativo (dromotropismo: conduzione dello stimolo) cioè il rallentamento

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del tempo di conduzione Atrio-Ventricolare
- batmotropo positivo (batmotropismo: eccitabilità) cioè l’aumento dell’eccitabilità
elettrica, dell’automatismo del tessuto contrattile e del tempo di conduzione Ventricolare

Essi aumentano la disponibilità di calcio libero in prossimità delle proteine contrattili e


favoriscono la contrazione ventricolare durante la sistole, quindi vanno ad aumentare la
gittata cardiaca. Questo meccanismo è dovuto proprio alla maggiore disponibilità del
calcio intracellulare, che favorisce i processi di contrazione e mantiene efficace la funzione
di pompa cardiaca.
Quindi gli inotropi positivi hanno come principale indicazione il trattamento dello
scompenso cardiaco congestizio. Comprendono: glicosidi cardioattivi (digossina,
digitossina), inibitori delle fosfodiesterasi (amrinone, milrinone), agonisti beta-
adrenergici (dobutamina).

Meccanismo d’azione: i digitalici bloccano la pompa Na/Ca e si verifica una diminuzione


intracellulare della concentrazione di Na e un aumento intracellulare della concentrazione
di Ca. Come risposta si verifica un aumento della gittata cardiaca con conseguente
riduzione della dilatazione cardiaca, riduzione delle resistenze periferiche, aumento della
portata plasmatica renale e miglioramento della diuresi.

 I glucosidi cardioattivi sono digossina e digotossina, hanno la caratteristica


peculiare di avere un basso indice terapeutico, in quanto a dosaggi leggermente più alti
rispetto a quelli terapeutici possono essere letali. Quindi per evitare l’effetto tossico
bisogna monitorare le concentrazioni plasmatiche del farmaco, valutare le
concentrazioni di Na e Ca, monitorare la funzione epatica e renale e monitorare
l’attività cardiaca con ECG.
L’effetto tossico dei digitalici si manifesta con disturbi gastrointestinali come anoressia, vomito,
diarrea, disturbi neurologici come malessere, fatica, confusione, dolore facciale, insonnia,
depressione e vertigini, disturbi cardiaci come palpitazioni, aritmie e sincope, e disturbi ematologici
come ipo-iper creatininemia, magnesiemia, calcemia, potassiemia.

 Digotossina: è molto liposolubile, ha un’emivita lunga (5-7 g) e può ridurre la funzione


epatica in quanto viene metabolizzata nel fegato, assorbita nell’intestino ed eliminata
per via biliare.
 Digossina: è più idrosolubile, ha un’emivita più breve (33-36 h), viene assorbita
nell’intestino, metabolizzata scarsamente nel fegato ed eliminata per via renale.

 I beta-antagonisti agiscono sui recettori beta-1 e beta-2 e sono dopamina,


dobutamina, adrenalina e isoproterenolo.
β1, sono localizzati a livello cardiaco e renale (l'attivazione di questi recettori aumenta
il lavoro del cuore).
β2, sono localizzati a livello della muscolatura liscia arteriolare, gastrointestinale e
bronchiale (l'attivazione di questo recettore ne favorisce il rilassamento) .
Questi farmaci funzionano come gli inotropi positivi e vengono usati in situazioni di
emergenza, come in pronto soccorso e rianimazione.

 Gli inibitori delle fosfodiesterasi si dividono in inibitori della fosfodiesterasi V, che


sono usati per il trattamento della disfunzione erettile (Sildenafil, Vardenafil, Tadalafil) e
inibitori della fosfodiesterasi III che sono utilizzati per l’effetto cardiotonico (Milrinone,
Amrinone e il Viagra) i quali inibiscono gli enzimi responsabili dell’idrolisi dell’AMP

29
ciclico, facendolo aumentare e, in modo indiretto, aumentano anche i livelli di calcio
intracellulari, di conseguenza aumentano quindi la contrattilità cardiaca

 I calcio-antagonisti hanno l’azione di regolare il calcio intracellulare. Un esempio è il


Levosimendan, il quale migliora la contrattilità miocardica attraverso l’aumento della
sensibilità della troponina C al calcio senza indurre variazioni dei livelli citoplasmatici
del calcio stesso.
Esso va somministrato EV ed ha un’emivita di circa 1-2 h.
Gli effetti indesiderati sono legati ad episodi ipotensivi, ma la tossicità cardiaca è
modesta, il miglioramento della performance è evidente e l’aumento di sopravvivenza è
significativo.

FARMACI ANTIPERTENSIVI
La terapia per l’ipertensione segue diversi gradini:
-Step 1, che comprende modificazioni dello stile di vita come dieta iposodica e ipolipidica,
riduzione del peso corporeo, abolizione del fumo, riduzione di alcool e caffeina,
incremento attività fisica.
-Step 2, se le misure precedenti non sono sufficienti si passa ad una terapia
farmacologica monoterapica.
-Step 3, se la risposta del paziente è insufficiente si apporteranno modifiche del dosaggio
e della classe di farmaci.
-Step 4, include tutte le misure precedenti con l’aggiunta di uno o più agenti antipertensivi
fino al controllo della pressione arteriosa.
SIMPATICOLITICI – INIBITORI ADRENERGICI
Tra questi:
-Simpaticolitici α1 bloccanti (Doxazosina [CARDURA®], Terazosina [ITRIN®], i quali
agiscono sui recettori α1 che di norma controllano la vasocostrizione, gli α1 se vengono
inibiti portano a vasodilatazione con conseguente abbassamento della pressione.
Possono essere utilizzati anche in caso di Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB) in quanto la
Doxazosina riduce il tono della muscolatura liscia della prostata.
Gli effetti collaterali comprendono vertigini, tachicardia, disfunzioni sessuali, nausea,
vomito, ipotensione posturale.
La prima dose di questa tipologia di farmaci può avere un effetto ipotensivo molto
marcato entro 90 minuti dalla 1a somministrazione, quindi iniziare con dosi basse e
aumentare gradualmente.
.
-Simpaticolitici β bloccanti (Bisoprololo [CARDICOR®], Atenololo [TENORMIN®],
Metoprololo [LOPRESOR®], che inibiscono i recettori β1 normalmente coinvolti
nell’aumento della contrattilità cardiaca e tachicardia, riducendo così la gittata cardiaca
e un abbassamento della pressione. bloccano l'azione di ormoni come l'adrenalina.
Possono essere usati per curare:
-la pressione alta (ipertensione arteriosa), anche in associazione ad altri farmaci
-il dolore al petto (angina pectoris) causato dal restringimento delle arterie coronarie che

30
irrorano il cuore
-l’incapacità del cuore di pompare sufficiente sangue nelle arterie (insufficienza cardiaca)
-il battito cardiaco irregolare (fibrillazione atriale)
Gli effetti collaterali comprendono ipotensione, bradicardia, impotenza, insonnia,
depressione, broncocostrizione (solo ad alte dosi).
Da ricordare che si può presentare la Sindrome da sospensione di β-bloccanti quando
s’interrompe improvvisamente il trattamento, la cui sintomatologia comprende angina e
infarto. Ragion per cui per la sospensione di questi farmaci è necessario dimezzare il
dosaggio ogni 2-3 giorni, e la sospensione completa dovrebbe avvenire non prima di tre
riduzioni consecutive.
.
-Adrenergici ad azione centrale agonisti α2 (Clonidina [CATAPRESAN®], A-Metil Dopa
[ALDOMET®]). La clonidina agisce principalmente sui recettori alfa2-adrenergici (deputati
al controllo vasomotorio), con conseguente inibizione dell’attività simpatica efferente a
livello periferico, con effetto la riduzione della frequenza cardiaca. L’azione di questo
farmaco su recettori pre-sinaptici causa l’inibizione del rilascio di noradrenalina. Mostrano
un ottimo assorbimento orale. L’eliminazione è per il 50% metabolica e per il 50% urinaria.
Causano ritenzione idrosalina, è spesso somministrati in associazione a diuretici tiazidici,
come il clortalidone.
Gli effetti collaterali comprendono ipotensione ortostatica, bradicardia, sedazione e
sonnolenza, disfunzioni sessuali, ma anche sindrome da sospensione acuta (aumento
pressione arteriosa, tachicardia, tremore, sudorazione).

DIURETICI
I diuretici sono farmaci che per definizione aumentano il flusso urinario e il cui
meccanismo d’azione consiste nell’inibire il riassorbimento di Na+ e quindi di acqua a
livello del tubulo renale con conseguente natriuresi e aumento del volume urinario. Si
utilizzano per il trattamento dell’ipertensione e dell’edema.
Ci sono diversi tipi di diuretici:
-Diuretici dell’ansa (es.: Furosemide [LASIX®]), che bloccano il cotrasportatore di
Na+, K+, Cl-.
Si utilizzano per ipertensione di media ed elevata intensità, edemi sistemici di differenti
organi e edema polmonare acuto e cronico dell’insufficienza cardiaca congestizia.
Tra gli effetti collaterali ipopotassiemia, iperuricemia (gotta), ipovolemia, ipotensione,
perdita di calcio e magnesio, ototossicità e reazioni allergiche.
.
- Diuretici tiazidici (es.: Metolazone [ZAROXOLYN]), sono i più comunemente utilizzati.
In aggiunta agli effetti antipertensivi, causano una piccola vasodilatazione solo se il
volume intravascolare è normale. I tiazidici agiscono come inibitori del trasportatore
contemporaneo di sodio e cloro a livello distale, riducendo il riassorbimento di acqua e
sodio a livello del tubulo contorto distale, da cui deriva una riduzione della ritenzione idro-
salina, della gittata cardiaca e delle resistenze periferiche, accompagnata dall'incremento
del volume di urina espulsa. Si utilizzano per il trattamento dell’ipertensione di media
gravità (spesso in associazione con altri diuretici risparmiatori di potassio) e di edema

31
associato a patologie cardiache. Introdotti per via orale vanno metabolizzati e condotti a
livello del rene
Gli effetti collaterali comprendono ipopotassiemia, iperuricemia (gotta), ipercalcemia,
iperglicemia, ipotensione, impotenza sessuale e reazioni allergiche.
.
- Risparmiatori di potassio, (così denominati perché sono gli unici a non provocare
ipopotassemia) caratterizzati dalla mancata promozione dell'escrezione di potassio
nelle urine. Presentano una scarsa attività diuretica, infatti vengono utilizzati in
associazione ad altri diuretici, in particolare i tiazidici, per rimediare alla perdita di potassio
causata da quest’ultimi.
Il capostipite è lo Spironolattone (ALDACTONE®, LUVION®), un antagonista del
recettore dell'aldosterone e la sua azione porta dunque a un'inibizione del
riassorbimento di sodio e a una riduzione della secrezione di K+, H+ e acido urico.
-Diuretici osmotici, come il mannitolo, non agiscono su un livello preciso ma sull'intero
tubulo renale incrementando il volume delle urine; possono essere somministrati per via
parenterale od orale, ma in tal caso si presenta un effetto secondario lassativo. Gli usi
terapeutici riguardano la riduzione della pressione intracranica ed intraoculare, e la
possibilità di eliminare le tossine per via renale.

INIBITORI DEL SISTEMA RENINA – ANGIOTENSINA

.
- ACE-INIBITORI (Ramipril [TRIATEC]) ACE=“enzima di conversione dell’angiotensina”.
Nel nostro organismo è presente l’ormone angiotensina II, che ha effetto vasocostrittore
ed ipertensivo; gli ACE–inibitori, andando ad agire sul sistema renina–angiotensina, ne
inibiscono il rilascio, con un conseguente effetto ipotensivo. Fisiologicamente l’attività
simpatica renale libera renina, che a sua volta consente la trasformazione
dell’angiotensinogeno in angiotensina I, che viene poi convertita dall’ACE in
angiotensina II.
Sono farmaci che in caso di pazienti diabetici hanno un effetto nefroprotettore. L’utilizzo
comprende il controllo dell’ipertensione, terapia dello scompenso cardiaco congestizio,
infarto miocardico (nelle prime fasi del post infarto riduce l’area di necrosi della zona
infartuata, insufficienza renale cronica (rallentano la progressione verso l’emodialisi).
Gli effetti collaterali comprendono tosse secca, ipotensione alla I somministrazione,
iperpotassiemia (non associare a diuretici risparmiatori di potassio o a supplementi di
potassio).
.

32
- Gli inibitori dei recettori dell’angiotensina II (Sartani) (es: Valsartan [TAREG®],
Candesartan [BLOPRESS®], Irbesartan [APROVEL®]), esercitano la loro attività
antipertensiva attraverso l'antagonizzazione competitiva dei recettori di tipo AT1 per
l'angiotensina II, inibendo il sistema renina-angiotensina direttamente a livello
recettoriale, indipendentemente dalla sorgente da cui proviene l'angiotensina. Questi
recettori sono in grado di mediare tutti gli effetti cardiovascolari dati dall'angiotensina II
quali vasocostrizione, rimodellamento cardiovascolare e ritenzione idrica. Qualora questi
recettori AT1 fossero attivati, indurrebbero vasocostrizione, sintesi, rilascio di aldosterone
e riassorbimento del sodio.
Un inibitore dei recettori dell'angiotensina II non deve essere associato a un ACE-
inibitore, ma se usato con un β-bloccante riduce la frequenza di ospedalizzazione nei
pazienti con insufficienza cardiaca.
Si utilizzano in sostituzione degli ACE inibitori in caso di intollerabilità della tosse

CALCIO ANTAGONISTI
I calcio antagonisti, sono una classe di antipertensivi che bloccano i canali del calcio
presenti a livello della muscolatura liscia della parete dei vasi arteriosi e del miocardio,
riducendo la pressione arteriosa.
Possono essere distinti in:
−Diidropiridine (Nifedipina [ADALAT®]) ossia dei potenti vasodilatatori periferici che
riducono la pressione sanguigna riducendo le resistenze vascolari periferiche totali;
talvolta provocano tachicardia riflessa.
.
−Calcio antagonisti non diidropiridinici, come Il Verapamil (ISOPTIN®]
(Feninalchilamine) e il Diltiazem (ALTIAZEM®) (Benzotiazepine), rallentano la frequenza
cardiaca, riducono la conduzione atrioventricolare e la contrattilità miocardica.
La differenza tra queste tre tipologie diverse di calcio antagonisti è:
•Diidropiridine, agiscono sulle arterie generando una vasodilatazione arteriosa
(coronarie, cerebrali, periferiche)
•Fenilalchilamine, agiscono sul cuore riducendo frequenza, contrazione e conduzione
cardiaca
•Benzotiazepine, agiscono sulle arterie e sul cuore
.
Gli effetti collaterali delle Diidropiridine comprendono ipotensione, lipotimia, cefalea,
vertigini, vampate, edemi malleolari, tachicardia. Benzotiazepine e Fenilachinamine
hanno effetti collaterali come ipotensione, cefalea, bradicardia o blocco atrio
ventricolare, scompenso cardiaco (Verapamil).

EMERGENZA IPERTENSIVA
Possiamo distinguere:
-Urgenza ipertensiva, ossia un’ipertensione grave (>180/120 mmHg) senza danni
d’organo la cui necessità è quella di dover ridurre la pressione arteriosa nell’arco di
diverse ore.
-Emergenza ipertensiva, segue a un’ipertensione grave (>210/130 mmHg) con lesione
d’organo che impone un’immediata riduzione della pressione arteriosa per prevenire o

33
ridurre al minimo i danni d’organo.
Il trattamento farmacologico consiste nell’utilizzo di diuretici (Furosemide [LASIX®] e di
vasodilatatori αβ- bloccanti.
Per il sistema nervoso centrale utilizzare Clonidina (CATAPRESAN®).

FARMACI ANTICOAGULANTI
I fattori della coagulazione in forma inattiva sono prodotti dal fegato ed immessi nel circolo
ematico. A seguito di stimoli, sono liberati enzimi che trasformano alcuni fattori nella loro
forma attiva.
In una serie a cascata, i fattori attivi fungono da enzimi attivanti altri fattori, amplificando il
segnale ad ogni passaggio.
 Via estrinseca: attivata da un fattore rilasciato dall’endotelio lesionato (detto anche
tromboplastina) che lega il FVII attivandolo. Rapida, ma poco amplificata.
 Via intrinseca: coinvolge molti fattori che sono presenti in forma inattiva nel plasma.
Una cascata di attivazione più lunga comporta più tempo ma anche una maggiore
amplificazione del fenomeno coagulativo. Lenta, completa e rafforza la coagulazione.
Le due vie si ricongiungono nella attivazione del Fattore X e nella successiva attivazione
della trombina dal suo precursore, la protrombina o Fattore II della coagulazione.
Il risultato finale della cascata coagulativa è che, dopo che è stato attivato il Fattore X, che
ha attivato la protrombina trasformandola in trombina, la trombina trasforma il fibrinogeno
in monomeri fibrina, i quali polimerizzano rapidamente. La fibrina polimerizzata, però, è
ancora solubile, quindi c’è un ultimo passaggio che è messo in atto dal Fattore XIII della
coagulazione, il quale rende la fibrina insolubile creando legami crociati tra le catene.
Si formano quindi le cosiddette maglie di fibrina, una specie di rete nella quale sono
trattenuti i corpuscoli del sangue presenti in quel momento, prevalentemente piastrine e
globuli rossi.
Ricapitolando:
1. La cascata inizia con la via estrinseca dove la lesione vascolare rilascia il fattore TF-III
chiamato Tissue Factor o Tromboplastina
2. Il TF-III lega il Fattore VII della coagulazione trasformandolo in Fattore VIIa
3. Il Fattore VIIa della coagulazione attiva il Fattore X della coagulazione (in questo
momento viene attivata la via intrinseca, che si ricongiunge con quella estrinseca) che si
trasforma in Fattore Xa
4. Il Fattore Xa attiva la Protrombina trasformandola in Trombina
5. La Trombina attiva il Fibrinogeno trasformandolo in Fibrina
6. La Fibrina viene resa insolubile dal Fattore XIIIa della coagulazione e si forma il coagulo
Gli emofilici, infatti, mancano di alcuni Fattori della coagulazione, quindi nel loro
organismo non può avvenire la cascata di coagulazione che porta alla formazione del
coagulo; infatti agli emofilici vengono somministrati i fattori della coagulazione, a seconda
di quelli che mancano nel loro organismo.

34
Nel nostro organismo ci sono degli anticoagulanti fisiologici, ovvero fattori proteici
fisiologici che agiscono a feed-back negativo per limitare il fenomeno coagulativo. Ad
esempio, la Proteina C (PC) la quale viene attivata trasformandosi in APC dal complesso
Trombina-Trombomodulina
I farmaci anticoagulanti comprendono farmaci ad assunzione orale, tra cui Cumarine e
NAO (nuovi anticoagulanti orali), e farmaci ad assunzione parenterale, tra cui Eparine a
diverso peso molecolare, Irudina e altri farmaci antitrombinici.

CUMARINE: Questi farmaci si ottengono dal principio attivo presente in un vegetale, il


trifoglio, chiamato dicumarolo, in quanto è stato osservato che il trifoglio ingerito dal
bestiame causava morte per emorragia. Il farmaco più utilizzato della classe di Cumarine è
il Warfarin. Osservando la struttura chimica del Warfarin e della vitamina K, c’è
un’evidente analogia strutturale.
Meccanismo di azione delle cumarine: le cumarine agiscono sequestrando il calcio non
rendendolo più disponibile e, dato che molti fattori della coagulazione necessitano della
presenza di calcio per passare da inattivi ad attivi e per esplicare la loro attività, le
cumarine vanno a bloccare l’azione di questi fattori, impedendo la formazione della
cascata coagulativa. Più specificamente le cumarine bloccano il ciclo di gamma-
carbossilazione dei fattori della coagulazione, quindi i fattori non sono carbossilati e, anche
se attivati, non sono più funzionali poiché non riescono più a legare il calcio.
Quindi le cumarine hanno una duplice funzione: da un lato legano il calcio sottraendolo ai
fattori di coagulazione, dall’altro bloccano il ciclo di gamma-carbossilazione dei residui
glutammici dei fattori della coagulazione impedendo loro di legare il calcio (quindi essi non
possono trasformarsi in fattori attivi e la cascata coagulativa cessa)
N.B: le cumarine agiscono bloccando la sintesi di NUOVE proteine funzionali, ma quelle
che già si sono formate permangono attive fino alla loro normale degradazione;
di conseguenza l’inizio dell’attività anticoagulante necessita di un tempo di latenza dovuto
al graduale ricambio dei fattori di coagulazione nel sangue; in questo modo l’effetto delle
cumarine persiste anche dopo l’interruzione del trattamento, fino alla risintesi graduale dei
nuovi fattori funzionali.
Precauzioni nell’uso delle cumarine:
 Bisogna fare particolare attenzione all’aggiustamento del dosaggio, per evitare effetti
eccessivi delle cumarine con conseguenti gravi emorragie, o per evitare che il dosaggio
sia troppo basso (per aggiustare il dosaggio bisogna monitorare la capacità di
coagulazione del sangue tramite l’INR)
 Bisogna fare attenzione all’interazione con altri farmaci
 In caso di sovradosaggio bisogna somministrare la vitamina K (che rappresenta
l’antidoto delle cumarine), mentre nei casi gravi ed urgenti l’antidoto è rappresentato da
trasfusioni di sangue contenenti fattori della coagulazione correttamente funzionanti.

NAO:Sono i nuovi anticoagulanti orali che agiscono su un enzima responsabile


dell’attivazione dei fattori della coagulazione chiamato P-PAR, attraverso un’azione

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recettoriale. A differenza delle cumarine non hanno alcuna relazione con la vitamina K
quindi le persone possono fare un’alimentazione adeguata, non c’è bisogno di
aggiustamenti di dosi poiché il loro effetto comincia quando si assumono e termina quando
si smette di assumerli quindi non c’è bisogno di controlli di INR. I più usati sono Eliquis,
Xarelto, Praxada.

EPARINE A BASSO PESO MOLECOLARE: Le eparine sono costituite da polimeri di


glucosamminoglicano, sono ottenute da fonti animali e attualmente sono in uso anche dei
derivati semisintetici a mino peso molecolare.
Meccanismo d’azione: l’eparina agisce per disattivare la trombina. In genere la trombina
viene inattivata attraverso il legame con un fattore fisiolofico, l’antitrombina III, formando il
complesso Trombina + Antitrombina III; l’eparina si lega a questo complesso formandone
un altro, Eparina + Trombina + Antitrombina III, che ha lo stesso effetto ovvero quello di
disattivare la trombina, ma con una velocità maggiore.
Quindi l’antitrombina III è il fattore fisiologico che lega la trombina disattivandola, ma la
velocità di legame è bassa; l’eparina si lega a questo complesso e aumento questa
velocità. Oltre alla trombina, l’antitrombina III inattiva altri fattori e, complessandosi con
l’eparina, li inattiva più velocemente.
L’eparina non passa le membrane fisiologiche ed è degradato dall’ambiente gastrico per
questo motivo non può essere somministrata per SO, quindi è necessaria la
somministrazione parenterale, in modo particolare la somministrazione sottocute o
endovena, in quanto se somministrata intramuscolo può causare pericolosi ematomi.
Un vantaggio molto grande dell’eparina è la possibilità di uso in gravidanza, in quando non
è in grado di oltrepassare la barriera placentare.
Il dosaggio di somministrazione dell’eparina dipende dal peso della persona che la deve
assumere.
Le eparine a basso peso molecolare si producono tramite depolarizzazione chimica o
enzimatica controllata, fino a raggiungere un basso peso molecolare. Esse hanno meno
attività sulla trombina, hanno migliori caratteristiche farmacocinetiche (maggiore
biodisponibilità e migliore risposta dose-effetto) e minori effetti indesiderati.
Effetti collaterali dell’eparina:
 Bisogna fare attenzione all’aggiustamento della dose per evitare il rischio di gravi
emorragie
 E’ possibile che insorga una piastrinopenia
 In caso di sovraddosaggio si somministra protamina solfato (antidoto), una proteina
con elevato numero di cariche positive, a differenza dell’eparina che ha un elevato numero
di cariche negative (fortmnte basica)

FARMACI COAGULANTI
I farmaci coagulanti essenzialmente servono a sopperire a mancanze genetiche, come
l’emofilia in cui il sangue non coagula. In questi casi si somministra plasma contenente i

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fattori della coagulazione, oppure concentrati del particolare fattore di cui c’è carenza,
oppure vitamina K, anche se fenomeni di carenze sono in genere limitati a difficoltà di
assorbimento molto rare, o a causa di trattamenti farmacologici.

FARMACI FIBRINOLITICI
I farmaci fibrinolitici, vanno ad eliminare il tappo di fibrina, in quanto il coagulo
sanguigno, dopo aver svolto la sua funzione di fermare l’emorragia e aver permesso il
ripristino del tessuto lesionato, deve essere rimosso.
Fisiologicamente, vi è un meccanismo che porta alla attivazione di un’enzima che degrada
la fibrina ma questo meccanismo fibrinolitico può essere inibito da molti fattori. In questo
caso intervengono i farmaci fibrinolitici, che sono salva-vita quando la formazione di
trombi causa la mancata irrorazione sanguigna di organi vitali.
I farmaci fibrinolitici sono usati esclusivamente in ospedale ed utilizzano attivatori del
plasminogeno, il quale si trasforma in plasmina che, a sua volta, trasforma la fibrina
insolubile in prodotti di degradazione della fibrina (frammenti X, Y, D, E).
Questi due farmaci, urochinasi e streptochinasi, legano direttamente il plasminogeno
circolante attivandolo a livello sistemico; mentre l’Alteplase forma dapprima un complesso
con la fibrina e tale complesso attiva il plasminogeno presente in situ, ovvero solo nel
coagulo, esplicando un effetto localizzato selettivamente dove è necessario, e non a livello
sistemico.

FARMACI ANTIFIBRINOLITICI
In caso di condizioni emorragiche, si usano farmaci antifibrinolitici, ovvero che limitano il
processo fibrinolitico, quindi in questo caso non sono attivatori del plasminogeno, bensì
inibitori della plasmina.
L’Ugurol (farmaco) agisce come antifibrinolitico perché il plasminogeno si lega alla fibrina
attraverso siti contenenti residui di lisina; l’Ugurol va ad occupare questi siti e favorisce
l’attivazione della plasmina, ma in seguito ne inibisce l’attività fibrinolitica, limitando il
processo fibrinolitico.

FARMACI ANTIAGGREGANTI
I farmaci antiaggreganti impediscono l’aggregazione piastrinica quindi vanno
somministrati quando c’è un’iperattivazione piastrinica.
Le piastrine:
- Sono cellule senza nucleo (assenza di sintesi proteica ex novo)
- Hanno vita media 7-10 gg
- Sono presenti in un numero pari 250.000/mm3 nel sangue
- Hanno un’alta concentrazione di granuli contenenti attivatori della aggregazione.
- Hanno numerosi recettori di membrana per il legame con fattori di attivazione o di
inattivazione

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L’aggregazione piastrinica è modulata dalla presenza di attivatori ed inibitori nel sangue.
L’endotelio intatto libera fattori inibitori dell’aggregazione piastrinica, come la prostaciclina
PGI2 e il monossido di azoto; quando l’endotelio è lesionato non rilascia più questi fattori e
si ha un’alterazione dell’aggregazione piastrinica.

 F. AGENTI SULLA CASCATA DELL’ACIDO ARACHIDONICO


Comprendono i farmaci inibitori delle PGH sintasi e farmaci antagonisti del trombossano.

 F. FANS INIBITORI DELLA CICLOSSIGENASI (COX)


Essi sono: acido acetil-salicilico (aspirina), indobufene e sulfinpirazone.

 F. AGENTI SUI RECETORI DELL’ADP


Essi sono: Ticlopidina (Tiklid) e Clopidogrel (Plavix).
Essi provocano la mancata attivazione di alcuni meccanismi come l’esposizione dei recettori per il
fibrinogeno.

 F. INIBITORI DELLA FOSFODIESTERASI


Come il dipiridamolo, che favorisce l’aumento di cAMP, ma agisce anche con altri meccanismi
non tutti noti. A volte viene associato vantaggiosamente in terapia con acido acetil salicilico,
specie nei trattamenti post ictus.

FARMACI DIABETOLOGICI
Gli antidiabetici sono farmaci che aiutano a mantenere i livelli di glicemia nella norma e
ad alleviare i sintomi del diabete, ad esempio la sete, la poliuria, la perdita di peso e la
chetoacidosi. L'obiettivo finale di un trattamento a base di questi farmaci è ridurre il rischio
che compaiano le complicanze tipicamente associate al diabete o, quantomeno,
rallentarne la progressione.
.
INSULINA
L’insulina è la molecola che riduce i livelli di zuccheri nel sangue come farebbe l'insulina
naturalmente prodotta dal pancreas. La sua iniezione è l'unica scelta a disposizione di chi
soffre di diabete di tipo 1, ma può essere prescritta anche in alcuni casi di diabete di tipo 2.
Viene ottenuta da animali (suini o bovini) e mediante metodiche ricombinanti. Tutte le
preparazioni non contengono il peptide C di connessione e permettono di valutare se i
livelli circolanti di insulina siano derivati da somministrazione esogena o da fisiologico
rilascio.
Ha un’emivita bassa (5-6 min) ed è degradata nel fegato.
La durata d’azione dipende dalla cinetica di solubilizzazione della proteina dai complessi
nei quali viene:
 Insulina a breve o rapida durata d’azione (5-8 h): somministrare 45-30 min prima del
pasto
 Insuline ad azione intermedia (24h)

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 Insulina ad azione lenta (36 h):
Diminuiscono la secrezione di insulina dalle beta cellule:
• Diazossido(vasodilatatore liberatore di NO) e alcuni diuretici tiazinici
• Calcioantagonisti e beta2 agonisti
• Contraccettivi orali e GC: diminuzione captazione del glucosio e aumento della
gluconeogenesi con effetti iperglicemizzanti periferici che si oppongono a quelli
dell’insulina.

IPOGLICEMIZZANTI ORALI
Gli ipoglicemizzanti orali possono agire aumentando la produzione di insulina da parte del
pancreas o riducendo la secrezione di glucagone (l'altro ormone che controlla gli zuccheri
nel sangue), modificando il fabbisogno di insulina dell'organismo, la sintesi di glucosio nel
fegato o agendo sull'assorbimento del glucosio o sugli acidi grassi liberi.
1. SULFANILUREE:
1. generazione: lunga emivita: tolbutamide(3 ore) e cloropramide(fino a 48h)
2. generazione: breve emivita,ma potenza maggiore
Meccanismo d’azione:
Agiscono riducendo la permeabilità al potassio delle cellule β bloccando un canale del
potassio ATP-dipendente inducendo depolarizzazione della membrana. Ciò facilita
l’ingresso del Ca++ e di conseguenza la liberazione di insulina. Sebbene il meccanismo
non sia selettivo per le cellule β del pancreas il farmaco sembra non interferire coi canali
del potassio del tessuto cardiovascolare.
Effetti indesiderati:
·Ipoglicemia che si manifesta con
tachicardia,letargia,confusione,vertigini,parestesie,convulsioni,depressione del
SNC,diaforesi,coma.
· Aumento di peso per aumento del senso di fame
· Ipersensibilità
· Aumento accidenti cardiovascolari
· Diminuzione flusso arti inferiori e risposta vasodilatatoria

2. BIGUANIDI (metformina):
l’effetto principale consiste nell’aumentare la captazione del glucosio nel muscolo
scheletrico (riducendo quindi la resistenza all’insulina) e nel diminuire la produzione
epatica di glucosio. La metformina, oltre a diminuire la glicemia, riduce anche la
concentrazione plasmatica di LDL e VLDL.

3. GLITAZONI:
Posseggono una buona farmacocinetica, per OS il tempo di dimezzamento è di 3-6 ore. Il
problema di questi farmaci è la loro epatotossicità che si è rivelata abbastanza seria tanto

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che viene raccomandato il monitoraggio. Inoltre, determina una ritenzione di fluidi che può
peggiorare l’insufficienza cardiaca;

4. ACARBOSIO:
agisce inibendo l’ α-glucosidasi riducendo l’assorbimento intestinale del glucosio.

Recentemente sono stati sviluppati farmaci ai quali manca il gruppo sulfanilurea ma che
sono in grado di stimolare la secrezione dell’insulina (repaglinide, nateglinide) attraverso il
blocco dei canali del potassio. Essi hanno il vantaggio di promuovere un minore
incremento ponderale rispetto alle sulfaniluree tradizionali.

Inizio Picco Durata


Insulina rapida 1,5 – 2 ore 8 -12 ore 20 – 28 ore
(umana ricombinante)
Insulina zinco globina 1,5 – 2 ore 8 -16 ore 20 - 28 ore
Insulina zinco 1,5 – 2 ore 8 -12 ore 18 – 24 ore
Zinco protamina 3 – 4 ore 8 -12 ore 36 ore
Insulina zinco 3 – 4 ore 8 -14 ore 36 ore
protratta
Lispro ottenuta mediante l’inversione di un residuo di prolina con uno di lisina,
possiede un picco di azione rapido e un effetto intermedio che si
prolunga nel tempo. Ciò permette di evitare di associare un’insulina
rapida con una lenta

ANESTETICI GENERALI
L’anestesia porta il paziente in uno stato di incoscienza ed assenza di dolore ed è
caratterizzata da 4 fasi:
- Fase I: Analgesia, caratterizzata da anaglesia, amnesia ed euforia
- Fase II: Eccitamento, caratterizzata da eccitamento, delirio e comportamento combattivo
- Fase III: Anestesia Chirurgica, caratterizzata da incoscienza, respirazione regolare e
diminuzione del movimento oculare

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(- Fase IV: Depressione Midollare, caratterizzata da arresto respiratorio, arresto cardiaco e
nessun movimento oculare. è importante che la persona non arrivi mai alla IV fase, in
quanto questa fase è irreversibile.)
Le caratteristiche ideali che deve avere un anestetico sono:
- Induzione rapida e gradevole
- Rapida variazione della profondità dell’anestesia
- Soddisfacente rilasciamento muscolare
- Ampio margine di sicurezza
- Assenza di tossicità e di altri effetti collaterali alle usuali dosi terapeutiche
- REVERSIBILITA’

I gas anestetici si distinguono in non alogenati ed alogenati


 I non alogenati comprendono il protossido di azoto
 Gli alogenati comprendono l’Alotano, Metossiflurano, Enflurano, Isoflurano,
Sevoflurano, Desflurano

Questi sono i gas anestetici che si usano oggi, mentre in passato si usavano dietiletere,
etilene, ciclopropano (non alogenati), cloroformio, tricloroetilene e fluoroxene (alogenati)
Meccanismo di azione: in realtà i gas anestetici elevano la soglia dei potenziali d’azione
e inibiscono la permeabilità delle membrane agli ioni sodio, ma non si capisce bene
come, ci sono studi che affermano che questi anestetici alterino la membrana, altri che si
formino cristalli pieni di gas, altri che disorganizzino la membrana, ma non è certo il
meccanismo con cui essi agiscono.
MAC: è la minima concentrazione alveolare in grado di determinare assenza di
reazione a uno stimolo nocicettivo nel 50% dei pazienti (è un indice che ci dice quanto è
potente un anestetico).
Le caratteristiche della MAC sono:
-Scarsa variabilità interindividuale nell’ambito di una stessa specie
-Non viene modificata da sesso, altezza, peso corporeo del paziente o durata
dell’anestesia
-Le MAC dei diversi anestetici sono additive, infatti spesso si fanno dei cocktail di
anestetici

I fattori che influenzano la farmacocinetica degli anestetici inalatori sono:


- Concentrazione dell’anestetico nell’aria inspirata (deve essere alta)
- Ventilazione polmonare
- Flusso ematico polmonare
- Solubilità dell’anestetico
- Rilascio dell’anestetico dal sangue ai tessuti corporei (gli anestetici sono liposolubili e si
vanno a depositare nel grasso)

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Gli anestetici inalatori possono dare diversi tipi di tossicità, tra cui:
- Epatotossicità
- Nefrotossicità
- Ipertermia maligna (è un’alterazione congenita dei canali del calcio che provoca il rilascio
di una concentrazione di calcio molto alta e pericolosa che porta ad un aumento della
temperatura fino a 45°; tale alterazione viene scoperta, in genere, solo quando si viene
sottoposti ad anestesia. Un antidoto è il dantrium o dantrolene, che cattura il calcio)
- Tossicità cronica (mutagenicità, cancerogenicità, effetti sulla riproduzione,
ematotossicità)

Oltre agli anestetici inalatori ci sono anche quelli endovenosi, tra cui:
- Tiopentale: veloce (si accumula dando luogo ad un recupero lento) e si usa per
anestesie ordinarie; può dare depressione respiratoria e cardiovascolare
- Etomidato: l’induzione è rapida e il recupero è abbastanza veloce; può dare effetti
eccitatori sia durante l’anestesia che nel recupero
- Propofolo: l’induzione è rapida e il recupero è molto veloce e rapidamente
metabolizzato, si può usare per infusione continua; può dare depressione respiratoria e
cardiovascolare
- Ketamina: l’induzione è lenta e dà una buona analgesia e amnesia e scarsa depressione
respiratoria e cardiovascolare
- Diazepam
- Midazolam

ANESTETICI LOCALI
Gli anestetici locali sono farmaci che bloccano in maniera reversibile la conduzione
dell’impulso nervoso modificando la propagazione del potenziale d’azione a livello
assonale. Essi eliminano la sensibilità e quindi anche la percezione degli stimoli
nocicettivi, solo nelle aree corporee innervate dalla fibra bloccata.
- Anestetici generali: soppressione della sensibilità al dolore e della coscienza
- Anestetici locali: inibizione della conduzione del dolore e blocco dei recettori del dolore
- Analgesici: eliminazione ed attenuazione della sensibilità al dolore senza eliminazione
della coscienza

Il potenziale di riposo di una cellula nervosa è circa -70mV; se la membrana si


depolarizza fino a -55mV ("valore soglia") si ha l'apertura di proteine dette canali del
sodio/potassio voltaggio-dipendenti, che fanno sì che ioni positivi (sodio) entrino nella
cellula, depolarizzando ulteriormente la membrana fino a valori di +35 mV. La membrana
quindi si depolarizza, poi segue un’uscita di ioni Potassio dalla cellula che porta ad una
fase di iperpolarizzazione. Dopodiché si ha una fase chiamata periodo refrattario, cioè al
termine del potenziale d'azione, molti canali del sodio si trovano nello stato inattivato e la
membrana è temporaneamente refrattaria. La durata del periodo refrattario, che determina

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la frequenza massima raggiungibile dai potenziali d'azione, dipende dalla velocità di
recupero dall'inattivazione.. I
canali voltaggio-dipendenti sono caratterizzati da tre stati funzionali:
 a riposo: stato chiuso (prevale nei potenziali di riposo normali)
 attivato: stato aperto (promosso da una breve depolarizzazione)
 inattivato: stato di blocco (risulta dalla chiusura del canale da parte di una
componente pieghevole della porzione intracellulare della proteina costituente il
canale)
Per ogni potenziale d'azione, i canali del sodio sono soggetti a un ciclo attraverso i tre stati
(a riposo, attivato, inattivato).

Gli anestetici locali agiscono sui canali del sodio bloccandoli e quindi impedendo la
propagazione del potenziale d’azione.
Ci possono essere due diversi blocchi:
 Blocco uso-dipendente: In questo tipo di blocco il legame dei farmaci aumenta in
relazione all'aumento della frequenza di scarica dei potenziali d'azione, che è in stretta
relazione al numero di canali in stato di inattivazione e, perciò, sensibili al farmaco. I
farmaci in grado di legarsi più fortemente quando il canale è nello stato inattivato
prolungano il periodo refrattario e riducono la frequenza massima di generazione dei
potenziali d'azione.
 Blocco voltaggio-dipendente: Molti dei farmaci che bloccano i canali del sodio a pH
fisiologico sono di tipo cationico e sono quindi influenzati dal gradiente di voltaggio
esistente a livello della membrana cellulare; di conseguenza la loro azione di blocco
viene favorita dalla depolarizzazione.

Gli anestetici locali si distinguono in Amino-Esteri e Amino-Amidi.


 Gli esteri comprendono procaina, cocaina, tetracaina, benzocaina ecc
 Le amidi comprendono lidocaina, prilocaina, dibucaina, etidocaina
Variazioni sul metabolismo:
 Aminoesteri: rapida inattivazione per idrolisi
 Aminoamidi: metabolismo epatico per ossidazione (stabilità e resistenza
all’idrolisi).

Per evitare che gli anestetici locali, in particolare la lidocaina, vada a livello sistemico,
vanno somministrati insieme ad un vasocostrittore, in questo modo si riduce il
riassorbimento ematico, si aumenta il fissaggio degli anestetici locali sulla fibra nervosa, si
migliora la qualità e si prolunga la durata del blocco. L’ADRENALINA, è la più efficace e la
meno nociva; una concentrazione superiore espone ad effetti sistemici e locali d'ischemia.

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Effetti collaterali: sono dovuti ad intossicazione sistemica da anestetici locali e
sovraddosaggio e possono essere sia effetti cardiocircolatori che cerebrali come
convulsioni, spasmi muscolari, perdita di coscienza, coma, depressione e arresto
respiratorio o cardiocircolatorio. Tali effetti sono la conseguenza della azione sistemica
(non desiderata) di queste molecole, e sono legati alla interferenza con i canali del Na in
organi e tessuti diversi dalle fibre nervose su cui si intendeva diretta la loro azione

 LIDOCAINA
La lidocaina è classificata come agente antiaritmico. La sua distribuzione sistemica
in seguito ad assorbimento accidentale può quindi influenzare profondamente la
funzione cardiaca ed indurre alterazioni del ritmo. L’applicazione topica sotto forma
di crema o gel, richiede cautela per la possibilità di assorbimento significativo. Il
rischio aumenta quando la lidocaina è applicata su ampie zone di cute e/o con
bendaggio occlusivo (il bendaggio occlusivo aumenta la temperatura cutanea e
favorisce l’assorbimento del farmaco)
Effetti collaterali della lidocaina

1.Sistema nervoso centrale: Sintomi iniziali testa vuota, vertigini, disturbi visivi e uditivi,
disorientamento, sonnolenza. Sintomi con dosi elevate: spesso si verificano dopo una
iniziale eccitazione del SNC rapidamente seguita da una depressione del SNC e sono
spasmi muscolari, convulsioni, perdita di coscienza, coma, depressione e arresto
respiratorio, depressione e collasso cardiocircolatorio
2.Sistema cardiovascolare: Effetti cardiaci diretti: depressione miocardica, disturbi del
ritmo. Effetti periferici: vasocontrizione a basse dosi, vasodilatazione a dosi maggiori
(ipotensione). Segni e sintomi di tossicità cardiovascolare: dolore toracico, dispnea con
respirazione superficiale, cardiopalmo, testa vuota, diaforesi, ipotensione, sincope.
3.Ematologici: A bassi livelli la metemoglobinemia può essere asintomatica, ma a livelli
più elevati può essere accompagnata dai seguenti segni e sintomi: cianosi, discolorazione
cutanea (grigia), tachipnea, dispnea, intolleranza all’esercizio fisico, fatica a riposo,
vertigini e sincope, astenia.
4.Ipersensibilità (Esteri > amidi) : Orticaria, rashes. La tossicità sotto forma di reazioni
anafilattiche è molto rara, si manifesta inizialmente con starnutazioni e respiro affannoso.
5.Danno tissutale locale: alte dosi di anestetico possono determinare un blocco
irreversibile della conduzione in 5 min. La neurotossicità periferica può manifestarsi sotto
forma di deficits motori e prolongata insensibilità. Danni muscolari scheletrici, a volte
riportati, sono reversibili.

N.B. Ogni qualvolta si proceda ad eseguire un’anestesia locale o locoregionale si deve


avere a disposizione il necessario per la rianimazione cardio-polmonare nel caso
sopraggiungessero complicanze di qualsiasi natura: incannulamento di una vena
periferica, lettino o barella rigidi, fonte di O2 con possibilità di circuito per ventilare il
paziente e/o ambu con maschera facciale, cannule oro-faringee, kit per intubazione

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d’emergenza e aspiratore, benzodiazepine o barbiturico, monitoraggio ECG e se possibile
SaO2.

CHEMIOTERAPICI o ANTINEOPLASTICI
La parola chemioterapia letteralmente indica qualunque trattamento terapeutico a base di
sostanze chimiche. I farmaci chemioterapici hanno una capacità di distruzione, il più
possibile mirata e selettiva, di manifestazioni biologiche patologiche. Le sostanze utilizzate
per questi trattamenti interferiscono con i meccanismi legati alla replicazione delle cellule,
uccidendole durante questo processo (azione citotossica) In base alla loro natura, si
distinguono:
• chemioterapia antimicrobica, o anti-infettiva, che ha il bersaglio nei microrganismi
patogeni e nelle cellule da essi infettate;
• chemioterapia antineoplastica (nel linguaggio comune, chemioterapia per
antonomasia), che colpisce le cellule neoplastiche con farmaci noti come antitumorali.
Requisito fondamentale per un farmaco chemioterapico è dunque la selettività di
bersaglio, che lo porta all'eliminazione delle cellule neoplastiche preservando la salute
di quelle sane. Si tratta in ogni caso di un requisito del tutto ideale, dal momento che non
esistono chemioterapici in grado di agire in modo esclusivo sulla massa tumorale, e di non
presentare effetti collaterali su altri tessuti dell'organismo.
L'effetto della chemioterapia, quindi, si fa sentire soprattutto sui tumori che crescono
velocemente, ma anche su alcuni tipi di cellule sane soggette a rapida replicazione
(come le cellule dei bulbi piliferi, del sangue e quelle che rivestono le mucose dell'apparato
digerente). Si spiegano così i più comuni effetti collaterali di questi trattamenti perdita di
capelli, anemia e calo delle difese immunitarie, vomito, diarrea. Tali tessuti sono
solitamente in grado di ritornare alla normalità al termine della terapia.
Di solito vengono somministrati più farmaci antineoplastici secondo una procedura
chiamata polichemioterapia. Lo scopo principale è evitare la selezione di una
popolazione neoplastica resistente ai farmaci.Inoltre l'effetto di una associazione di
farmaci è in genere superiore (sinergismo) alla somma degli effetti dei singoli agenti
utilizzati in monoterapia: questo consente di ottenere gli stessi risultati con un dosaggio
più basso e conseguentemente con minori effetti tossici per l'organismo. Questo è
particolarmente importante per farmaci che hanno, come gli antineoplastici, un basso
indice terapeutico.
Meccanismi di resistenza intrinseca:
 Diminuzione del trasporto intracellulare: la concentrazione intracellulare di un
determinato farmaco antineoplastico può essere ridotta a causa di un alterato
legame con una proteina di trasporto. La resistenza è determinata da una
mutazione a carico della proteina legante i folati.
 Aumentato trasporto extracellulare del farmaco: L'aumentato efflusso è dovuto
all'espressione di proteine specifiche, come la P-glicoproteina (P-gP) e la MultiDrug
Resistance-associated Protein 1 (MRP-1), che hanno la funzione di escludere gli
xenobiotici dall'interno della cellula. Questo meccanismo è alla base della

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resistenza verso farmaci antineoplastici con diversa struttura e diversa modalità
d'azione.
 Diminuzione dell'attivazione del farmaco: questo meccanismo interessa farmaci
quali l'ARA-C (citosina arabinoside) che per il loro funzionamento richiedono
un'attivazione enzimatica. Le cellule sono resistenti ad ARA-C perché povere in
chinasi e fosforibosil-transferasi (enzimi necessari per l'attivazione intracellulare del
farmaco).
 Aumento dell'inattivazione del farmaco
La classificazione non è ancora stata uniformata ma si possono distinguere alcune ampie
categorie:
-Citotossici generali
-Agenti alchilanti: svolgono la loro azione antitumorale trasferendo il gruppo alchilico a
vari costituenti cellulari, in particolare all'azoto quaternario delle guanine sul DNA. Questo
impedisce la sintesi del DNA e quindi la replicazione delle cellule tumorarie
-Agenti antimetaboliti (interazione con la via biosintetica dei precursori del DNA e
dell'RNA)
-Antibiotici antitumorali: i meccanismi d'azione sono vari: le Antracicline agiscono
intercalandosi al DNA ed RNA e impedendone la replicazione, alterando la membrana
cellulare e di conseguenza il trasporto di ioni e producendo radicali dell'ossigeno e
semichinonici (quest'ultimo è responsabile della cardiotossicità di questi farmaci).
-Ormoni e anti-ormoni gli ormoni vengono utilizzati in particolare per le neoplasie agli
organi più sensibili, come la mammella nella donna e la prostata nell'uomo, soprattutto in
seguito all'intervento chirurgico per eliminare eventuali cellule rimaste ed evitare la
formazione di metastasi. Poiché questi organi si sviluppano rispettivamente grazie agli
ormoni estrogeni e testosterone, quando nell'organo si forma un tumore anch'esso è
sottoposto all'influenza (e quindi allo sviluppo) da parte degli ormoni. Attualmente la
terapia si basa principalmente su anti-estrogeni nel caso della donna.
-Antitumorali alcaloidi vegetali: sono estratti da piante ed esplicano la loro azione
antitumorale in vari modi: inibiscono la mitosi cellulare per depolimerizzazione dei
microtubuli; bloccano le cellule in fase S e G2; disturbano la formazione del fuso mitotico
cellulare per aumento della polimerizzazione della tubulina.

I principali tipi di immunoterapia attualmente in uso per trattare i tumori includono:


-VACCINI: si tratta di sostanze che, introdotte nell'organismo, stimolando una risposta
immunitaria contro specifiche malattie.Alcuni vaccini possono prevenire o trattare i tumori.
-ALTRE NON SPECIFICHE IMMUNOTERAPIE: Questi trattamenti stimolano il sistema
immunitario in maniera generale e questo può contribuire al trattamento antitumorale.

Un anticorpo è una proteina che lega con elevata specificità una proteina specifica che
prende il nome di antigene. Gli ANTICORPI MONOCLONALI (mAbs) sono un insieme di
anticorpi identici fra loro in quanto sono prodotti da linee cellulari provenienti da un solo
tipo di cellula immunitaria. Gli anticorpi coniugati sono più potenti ma possono indurre

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anche una maggiore tossicità.
Rispetto alla chemioterapia classica, gli anticorpi monoclonali presentano una minore
incidenza di effetti collaterali. Un effetto collaterale riscontrato sono rush cutanei più o
meno gravi.
Un importante compito del sistema immunitario è quello di discriminare tra self e non-self.
Di conseguenza questo permette di eradicare tutto ciò che è considerato estraneo
nell’organismo, preservando ciò che invece è riconosciuto proprio dell’organismo stesso.
Per far ciò si parla di molecole checkpoint che le cellule immunitarie necessitano per
essere attivate o meno ad iniziare una risposta immunitaria.
Le cellule tumorali spesso sfruttano questi checkpoints per evitare di essere eliminate dal
sistema immunitario.

Gestione delle complicanze


 Gastroenterica: Nausea e vomito, dipendono da una stimolazione dei
chemiorecettori cerebrali che portano impulsi allo stomaco all’esofago, al centro del
vomito. Possono essere influenzati dlla tipologia del farmaco, dalla sua dose, dalla
via e schema di somministrazione, dalla velocità di infusione, dall’ora di
somministrazione e dalla combinazione di farmaci.
Trattamento: Antiemetici e cortisonici.
L’approccio infermieristico sarà mirato ad una modificazione comportamentale della
vita quotidiana, con suggerimenti quali: Assunzione di cibi secchi, salati, poco
conditi; evitare cibi molto caldi e piccanti. Assumere i pasti piccoli e frequenti
durante la giornata. Evitare bevande molto fredde, gasate, non coricarsi subito
dopo il pasto.
 Mucosite: infiammazione dell’apparato gastrointestinale che si manifesta con
stomatite, infiammazione del cavo orale, facilmente individuabile poiché il paziente
avverte dolore e bruciore durante la masticazione, esofagite, infiammazione della
mucosa dell’esofago
Trattamento con anestetici locali,(lidocaina),fino all’utilizzo di antidolorifici sistemici
prima dei pasti; accurata igiene orale prima e dopo i pasti con disinfettanti
(clorexidina), utilizzando uno spazzolino con setole morbide e dentifricio non
abrasivo, o bicarbonato di sodio, in caso di protesi dentarie eseguire lavaggio
accurato evitando colluttori che contengono alcool.
Evitare succhi e spremute di frutta acidi, cibi freddi, duri, caldi e irritanti. Evitare
fumo ed alcol.
 Diarrea: compare con più scariche giornaliere di feci liquidee può insorgere subito
dopo la seduta di terapia ed a volte persistere a lungo.
Trattamento Comportamentali: Evitare latte e latticini, mangiare cibi ad alto
contenuto di fibre, bere molti liquidi che abbiano un apporto di elettroliti, assumere
cibi ricchi di proteine e di calorie.
Farmacologici: Antidiarroici
 Alopecia: è un effetto secondario comune ad alcuni farmaci utilizzati in
chemioterapia, anche se non tutti i pazienti possono subirla. Inizia in genere dopo
un paio di settimane dall’inizio della terapia. Costituisce un importante problema
psicologico sia per le donne che per gli uomini, pur essendo questo un sintomo
temporaneo.

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Trattamento: Prima di iniziare la terapia si consiglia al paziente di tagliare corti i
capelli e eventualmente consigliare l’acquisto di una parrucca.
 Ematologica: di conseguenza alla terapia antiblastica o all’evoluzione della
patologia, si riduce l’attività del midollo osseo con conseguente neutropenia,
leucopenia, piastrinopenia, ed anemia.
In corso di mielodepressione si avranno infezioni, emorragie, anemie.
Il momento di maggior pericolo si ha tra il 7° e il 14° giorno dopo il ciclo di
chemioterapia; quando la conta dei neutrofili raggiunge il valore più basso.
Trattamento: lavaggio accurato delle mani, del cavo orale dei cibi della biancheria.
Limitazione delle visite di persone potenzialmente portatrici di infezioni, di bambini
di animali domestici, allontanamento di piante e fiori, mantenimento di una accurata
pulizia del luogo ove soggiorna il paziente. Riduzione di tutte le manovre invasive,
iniezioni, cateterismo vescicale, biopsie.
 Dermatologica: I farmaci antiblastici possono essere: irritanti, vescicanti,
vescicanti-necrotizzanti, non irritanti non vescicanti.
Trattamento: (per gli irritanti) Il pronto intervento sarà rivolto nell’applicare
tempestivamente una crema al cortisone e coprire con impacchi di ghiaccio.
(non vescicanti e non irritati) A questo punto è indispensabile aspirare la massima
. quantità di farmaco stravasato e facilitare la dispersione.

FARMACI ANTISTAMICI
Un antistaminico è un farmaco utilizzato per trattare i sintomi delle reazioni allergiche.

Possono essere ad esempio assunti in caso di:

- allergia agli acari della polvere
- allergia stagionale (la cosiddetta febbre da fieno)
- allergie alimentari

Non sono però in grado di controllare tutti i possibili sintomi della reazione allergica. In
caso di congestione nasale, ad esempio, potrebbe essere più indicato un
decongestionate, tanto che alcuni medicinali abbinano l'uso di un antistaminico a un
principio attivo di questo tipo.

Il meccanismo d'azione di questi farmaci si basa sul blocco dell'istamina, la sostanza


rilasciata dalle cellule del sistema immunitario quando l'organismo entra in contatto con
l'allergene nei confronti dei quali si è ipersensibili. È proprio l'istamina, agendo come
mediatore dell'infiammazione, a scatenare i sintomi tipici delle reazioni allergiche, dal
gonfiore dei tessuti del naso, all'aumento della lacrimazione degli occhi, passando per
pruriti e, a volte, anche eruzioni cutanee.

In genere un antistaminico inizia a fare effetto 15-30 minuti dopo l'assunzione e raggiunge
l'efficacia massima in 1 o 2 ore. Quelli di nuova generazione hanno un effetto prolungato
che può raggiungere le 24 ore e possono quindi essere assunti anche solo una volta al
giorno.

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Gli antistaminici possono avere effetti avversi differenti. Quelli comunemente detti "di
prima generazione" tendono a scatenare più effetti collaterali, mentre quelli "di nuova
generazione" hanno meno effetti avversi.
In generale, quando si assume un antistaminico si può avere a che fare con:
 secchezza delle fauci
 sonnolenza
 capogiri
 nausea e vomito
 problemi di minzione
 vista annebbiata
 senso di confusione
 nei bambini, irrequietezza o cambiamenti d'umore

In generale non è consigliabile assumere antistaminici prima di mettersi alla guida o prima
di utilizzare macchinari pericolosi. Piuttosto, è bene assumerlo prima di coricarsi.

FARMACI EQUIVALENTI
I farmaci si definiscono generici o equivalenti quando, rispetto alla specialità medicinale o
“farmaco di marca”, presentano stesso principio attivo, stessa forma farmaceutica, stesso
dosaggio e stessa via di somministrazione. Dal punto di vista farmacologico, non esiste
alcuna differenza tra un farmaco di marca e un farmaco equivalente. All’atto della
registrazione il Ministero della Salute garantisce la pari efficacia del farmaco equivalente
con quello di marca (bioequivalenza).
I farmaci equivalenti sono farmaci a tutti gli effetti e possono essere messi in commercio
quando la specialità medicinale di marca non è più coperta da brevetto. Il farmaco
equivalente può avere il nome del principio attivo seguito da quello del produttore oppure
un nome di fantasia.
Dal punto di vista economico esiste invece una differenza di prezzo che può essere
sostanziale: il farmaco equivalente è più economico del farmaco di marca, deve costare
all’atto della registrazione almeno il 20% in meno.
Spesso, per non perdere quote di mercato, i produttori tendono ad allineare il prezzo del
farmaco di marca con quello del medicinale equivalente. In poco tempo, per effetto della
concorrenza il prezzo di un noto antinfiammatorio di marca si è ridotto del 50% quando,
scaduto il brevetto, altre ditte hanno prodotto lo stesso medicinale a un prezzo inferiore.
 Il farmaco equivalente non deve più ammortizzare le spese di ricerca (che sono già state
ammortizzate durante il periodo di copertura brevettuale). Per commercializzarlo non ci
sono spese di promozione perché la molecola è già ampiamente conosciuta da anni.
Pertanto il prezzo di un equivalente può essere molto più basso del prezzo che aveva la
specialità di marca, quando il principio attivo era ancora coperto da brevetto. i risparmi

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conseguiti possono essere investiti sui nuovi medicinali innovativi per patologie rare o
croniche
 

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