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FARMACEUTICA
Prof.ssa Rita Muzzalupo
TECNOLOGIA FARMACEUTICA _
INTRODUZIONE
Raramente si somministrano principi attivi (API-Active Pharmaceutical
Ingredient) da soli, come tali.
sinonimi: farmaco, attivo, molecola attiva [sostanza che che possiede attività
terapeutica, diagnostica o preventiva]
Le forme di dosaggio possono essere sistemi molto semplici [es. soluzioni acquose del
p.a.] oppure molto sofisticati [es. pompe osmotiche].
TECNOLOGIA FARMACEUTICA _ INTRODUZIONE
DRUG
Forma fisica
Via di somministrazione
Modalita’ di liberazione
es. compresse?
Distribuzione Eliminazione
L.A.D.M.E. Liberazione
Assorbimento
sangue
Escrezione
+
Metabolizzazione
• La tecnologia farmaceutica riguarda gli aspetti scientifici e tecnologici della
progettazione e della produzione di forme farmaceutiche.
• Riguarda la comprensione:
• Prove di dissoluzione
• Test di stabilità
DRUG DELIVERY
Sicuro
Efficiente
Accurato
Riproducibile
Conveniente
• I medicinali o forme farmaceutiche sono costituiti:
Farmaco o principio attivo
Additivi o eccipienti
Progettazione di forme farmaceutiche dipende:
Fase principale: la dissoluzione di particelle solide per formare una soluzione nel tratto gastrointestinale
Una formulazione di un filtro solare in crema applicata sulla pelle limita la presenza del
componente attivo alla superficie della cute
Mentre una formulazione di estradiolo in gel, applicata sempre sulla cute, è formulata in modo
tale da assicurare un’efficace penetrazione del farmaco attraverso la cute nella circolazione
sistemica.
Il preparato farmaceutico dotato di confezionamento, etichetta e foglietto
illustrativo nella normativa italiana prende la denominazione di medicinale.
Eliminatio
solide compresse, confetti Circulatory
Drug
polveri, granuli, pellets, capsule, pastiglie Systems
gomme bustine
n
liquide soluzioni, emulsioni
sospensioni
Drug
Metabolic
semisolide gel, paste Tissues Sites Metabolites
Sintesi organiche
Ricerca NCE [Nuove Entita’ Chimiche]
Isolamento da piante
Modificazioni molecolari
Biodisponibilità
Frazione di farmaco somministrato che
raggiunge la circolazione sistemica senza
subire alcuna modificazione chimica e che
può quindi svolgere l’azione terapeutica
richiesta.
Sistema LADME
L’insieme dei processi che avvengono a carico del farmaco una volta introdotto
nell’organismo è riassunto dal cosiddetto sistema LADME:
•Liberazione
Passaggio del farmaco dalla forma farmaceutica ai fluidi biologici nel sito di somministrazione.
•Assorbimento
Passaggio del farmaco dai fluidi biologici nel sito di somministrazione al circolo ematico.
•Distribuzione
Trasferimento del farmaco dal sangue ai vari distretti dell’organismo.
•Metabolizzazione
Trasformazione chimica irreversibile del farmaco
•Escrezione
Eliminazione del farmaco e dei sui metaboliti tramite gli organi preposti.
I processi LADME dipendono:
• Metabolizzazione
• Escrezione
La biodisponibilità dipende:
• dai processi LADME
• dalla via di somministrazione (in relazione ai processi LADME)
Via endovenosa Biodisponibilità del 100%
Via sottocutanea e
Biodisponibilità leggermente
intramuscolare
inferiore al 100%
Parametri Farmacocinetici
Cmax Massima concentrazione plasmatica
Tmax Tempo a cui è raggiunta la massima concentrazione plasmatica
AUC (area under the curve) Quantità di farmaco inalterato che ritroviamo nell’intervallo di tempo
considerato
Fase di assorbimento: velocità di
assorbimento maggiore della velocità
di allontanamento del farmaco.
𝐴𝑈𝐶𝑃𝑂 𝐷𝑖𝑣
𝐹 % = × × 100
𝐴𝑈𝐶𝑖𝑣 𝐷𝑃𝑂
Biodisponibilità relativa (Frel)
𝐴𝑈𝐶𝐴 𝐷𝐵
𝐹 % = × × 100
𝐴𝑈𝐶𝐵 𝐷𝐴
• Forme di dosaggio
convenzionali
Non convenzionali
Forme di dosaggio convenzionali
• Progettate per determinare una pronta e totale liberazione
dell’attivo, cioè per renderlo immediatamente disponibile
all’assorbimento.
• La velocità di comparsa dell’attivo nel torrente circolatorio
dipende esclusivamente dalle sue proprietà chimico-fisiche e dalle
caratteristiche della membrana che deve attraversare.
• Le caratteristiche complessive di design della forma di dosaggio,
per definizione, non devono rappresentare lo step limitante la
velocità di assorbimento.
Forme di dosaggio non convenzionali
• Progettate per rilasciare l’attivo e renderlo disponibile all’assorbimento
secondo tempi e velocità tali da permettere il raggiungimento di determinati
obiettivi terapeutici non ottenibili con forme convenzionali destinate alla
stessa via di somministrazione.
• La velocità di comparsa dell’attivo nel torrente circolatorio, per definizione,
deve dipendere dal pattern di rilascio.
• La velocità di rilascio rappresenta lo step limitante della velocità di
assorbimento.
FORME DI DOSAGGIO ORALI A RILASCIO MODIFICATO
L’intervallo di accertabilità per definire due prodotti bioequivalenti è del 20%. Tale
parametro deriva dalla variabilità normalmente osservata quando un prodotto si
somministra a soggetti diversi o in diversi momenti.
• Il valore ± 20% è stato scelto perché i fenomeni biologici sono
variabili, infatti due unità posologiche dello stesso farmaco,
somministrate a due differenti soggetti o in diversi momenti, danno
curve di biodisponibilità differenti entro un range del ± 20%.
• Il concetto di bioequivalenza si applica :
• Equivalenti farmaceutici: prodotti che contengono le stesse quantità
di un p.a. nella stessa forma chimica e in forma farmaceutica
identica
la forma di dosaggio
la via di somministrazione
𝑑𝑀 𝐷 × 𝐴 × 𝐾1 𝐶1 − 𝐾2 𝐶2
=
𝑑𝑡 ℎ
Quantità di farmaco
assorbito nell’unità di
tempo Spessore dello strato
di diffusione
Area della
membrana
interessata
alla
diffusione
• In condizioni sink cioè C1>>C2 si applica l’equazione semplificata
𝑑𝑀 𝐷 × 𝐴 × 𝐾1 𝐶1
= = 𝑃 × 𝐴 × 𝐶1
𝑑𝑡 ℎ
𝐷𝐾1
𝑃=
ℎ
Equazione per una cinetica del primo ordine e indica che la velocità
dell’assorbimento passivo è proporzionale alla conc del farmaco
Sviluppo farmaceutico:
Preformulazione
Preformulazione
È lo studio che precede l’allestimento (formulazione) della forma farmaceutica finale.
Durante questo studio vengono determinate le principali proprietà chimico-fisiche dei potenziali farmaci.
Proprietà chimico-fisiche:
•Intrinseche (sono caratteristiche della molecola e quindi possono essere modificate solo in seguito
a cambiamenti di tipo chimico)
•Derivate (sono la risultante di interazioni intermolecolari e quindi possono essere influenzate dal tipo
di forma assunta nello stato solido, dalla forma fisica e dalle condizioni ambientali, oltre che da altri
fattori)
Principali parametri
Stabilità chimica
Solubilità e velocità di
dissoluzione
Costante di dissociazione
Coefficiente di ripartizione
Proprietà intrinseche
Cristallinità e polimorfismo
Solvatazione e dimensioni
particellari
Compatibilità farmaco-
eccipiente
Studi preliminari in vivo
La solubilità di una molecola di un farmaco in acqua condiziona largamente le vie di somministrazione.
In acqua ai
differenti pH 1-7,5
La solubilità è la quantità di sostanza per unità di volume che
passa in soluzione ad una data temperatura costante in una
soluzione satura (equilibrio tra solido disciolto e corpo di
fondo).
Preformulazione:
•Acqua
•0.1 M HCl
•0.1 M NaOH
La solubilità di una sostanza in un’altra può essere spiegata
sulla base di due fattori:
C7H16 – C8H18
Forze di London
Legami
idrogeno
Dipende dalla natura chimica del farmaco
ACIDA BASICA
𝐾1 𝐻+
𝑆 = 𝑆0 1+ + ANFOTERA 𝑆 = 𝑆0 1+
𝐻 𝐾2
S= solubilità ad un dato pH
S0 = solubilità della forma neutra
K= costante di dissociazione
∆𝐻
ln 𝑆 = − +𝐶
𝑅𝑇
Entalpia di soluzione
Solubilità
definizione: è la quantità di una sostanza che passa in soluzione quando si stabilisce un
equilibrio tra il soluto in soluzione e l’eccesso di sostanza non disciolta La soluzione che si
ottiene in queste condizioni è detta satura.
La velocità con cui passa in soluzione una sostanza (velocità di
dissoluzione) e la quantità che può essere disciolta (solubilità) non sono
la stessa cosa e non sono necessariamente correlate tra loro.
In generale:
Un’elevata solubilità di un farmaco è associata a un’elevata velocità
di dissoluzione
La velocità di dissoluzione dipende da:
Area superficiale
Solubilità della sostanza nel mezzo di dissoluzione
Caratteristiche dell’interfaccia solido/liquido
La teoria della formazione delle cavità nel processo di Rappresentazione schematica della sostituzione
dissoluzione di molecole di cristallo con molecole di solvente
durante il processo di dissoluzione
Matematicamente viene descritto dall’equazione:
𝑑𝑀
= 𝑘𝐴 𝐶𝑠 − 𝐶
𝑑𝑡
M=massa disciolta
A= area superficiale
Cs= solubilità della sostanza nel mezzo di
dissoluzione
C= conc. della sostanza al tempo t
In condizioni sink C<<Cs la velocità di
K=costante cinetica di dissoluzione
dissoluzione è proporzionale alla
solubilità del soluto nel mezzo
𝑑𝑀
= 𝑘𝐴𝐶𝑠
𝑑𝑡
Schema dello strato diffusionale e della variazione di
concentrazione intorno a una particella che si sta Applicando la legge di Fick il flusso J
sciogliendo.
definito come la quantità di
sostanza trasportata per unità di
tempo e di area sarà
𝑑𝐶
𝐽 = −𝐷
𝑑𝑥
Se il gradiente di concentrazione è lineare e C=Cs alla superficie (x=0) e C=Cb
all’interfaccia tra la soluzione e film allora:
𝑑𝐶 𝐶𝑏 − 𝐶𝑠
=
𝑑𝑥 ℎ
1 𝑑𝑀 −𝐷 𝐶𝑏 − 𝐶𝑠
= = 𝑘 𝐶𝑠 − 𝐶
𝐴 𝑑𝑡 ℎ
𝐷
𝑘= 𝑐𝑚 ∙ 𝑠 −1
ℎ
k ricavata sperimentalmente
rappresenta la capacità del
farmaco di passare in soluzione
Se l’area superficiale è costante si può integrare l’eq.:
𝑑𝑀
= 𝑘𝐴 𝐶𝑠 − 𝐶
𝑑𝑡
infatti la massa disciolta M sarà funzione del volume V del mezzo di dissoluzione e della
concentrazione C
M=VC
𝜕𝐶
𝑉 = 𝑘𝐴 𝐶𝑠 − 𝐶
𝜕𝑡
In condizioni sink 𝐶𝑠 − 𝐶 ≈ 𝐶𝑠
𝑘𝐴𝐶𝑠
𝐶= ×𝑡 Equazione di una retta che
𝑉 permette di ricavare k
Se non valgono le condizioni sink allora
𝑑𝐶 𝑘𝐴
= 𝑑𝑡 = −𝑑𝑙𝑛 𝐶𝑠 − 𝐶
𝐶𝑠 − 𝐶 𝑉
𝑘𝐴
−𝑙𝑛 𝐶𝑠 − 𝐶 = 𝑡 + 𝑐𝑜𝑠𝑡
𝑉
𝑘𝐴 𝑘𝐴
𝑙𝑛 𝐶𝑠 − 𝐶 − 𝑙𝑛𝐶𝑠 = − 𝑡 𝐶 = 𝐶𝑠 1 − 𝑒 −𝛼𝑡 𝛼=
𝑉 𝑉
Fattori che influenzano solubilità
•Temperatura
•Struttura molecolare del soluto
•Natura del solvente
•Caratteristiche del cristallo (polimorfi e idrati)
•Dimensioni del cristallo
•pH
•Effetto ione a comune
•Formazione di complessi
•Agenti solubilizzanti
COEFFICIENTE DI SOLUBILITÀ: variazione di solubilità di un
solido al variare unitario della temperatura:
Benzene
Fenolo
Solubilità in acqua 1,4 g/l
Solubilità in acqua 84g/l
Cosolventi uso orale
• Acqua deionizzata
•Alcool etilico
•Glicerina
•Glicol propilenico
•Ecc.
Fattori che influenzano solubilità
•Temperatura
•Struttura molecolare del soluto
•Natura del solvente
•Caratteristiche del cristallo (polimorfi e idrati)
•Dimensioni del cristallo
•pH
•Effetto ione a comune
•Formazione di complessi
•Agenti solubilizzanti
Cs: solubilità totale (somma delle concentrazioni delle due specie, ionizzata e non ionizzata, nella soluzione satura)
CSi: solubilità della forma non ionizzata (ossia solubilità intrinseca)
• Acidi
𝐻 + 𝐴−
HA H+ +A- 𝐾𝑎 =
𝐻𝐴
BASI
𝐶𝑠 = 𝐶𝑖 1 + 10𝑝𝐻−𝑝𝐾𝑎
𝐴− 𝐵
𝑝𝐻 = 𝑝𝐾𝑎 + log 𝑝𝐻 = 𝑝𝐾𝑎 + log
𝐻𝐴 𝐵𝐻 +
𝐴−
𝑝𝐻 − 𝑝𝐾𝑎 = log
𝐻𝐴
𝐴− 1
= 10−2 = 0.01 = Acido acetil salicilico pKa = 3
𝐻𝐴 100
Nell’intestino pH=5,5
𝐴−
= 102.5 = 316
𝐻𝐴
𝐴−
= 104.4 = 27000
𝐻𝐴
Salificazione
•Acido debole (base debole) + base Forte (Acido forte) Sale
•Acido debole (Base debole) + Base debole (Acido debole) Sale
•Elettroliti forti:
•Cloridrati (per basi deboli) 43%
•Sali sodici (per acidi deboli) 62%
•Solfati (basi deboli)
Velocità di dissoluzione
(mg/mincm2)
pH pH1,5
soluzione (HCL 0,1 N)
satura
Acido pH6,8 1,7 27
salicilico (tampone
fosfato)
Salicilato di 8,78 1870 2500
sodio
Perché?
Sono oligomeri ciclici costituiti da 6, 7 o 8
unità di glucosio, legate da legami glucosidici
(14)
Caratteristiche strutturali
In virtù della conformazione a sedia assunta nello spazio dalle unità di D(+) glucosio, la
conformazione molecolare più stabile di questi macrocicli è quella di un tronco di cono.
L’estremità più larga è costituita dai gruppi ossidrilici secondari, la più piccola da quelli
primari.
La superficie esterna delle ciclodestrine, per la presenza dei gruppi
ossidrilici, possiede caratteristiche idrofile, mentre quella interna,
poiché è foderata dai protoni H-3 e H-5 e dagli O-4 dei legami
glucosidici, possiede caratteristiche idrofobe
Faccia secondaria
Per composti relativamente insolubili la velocità di dissoluzione è
spesso lo stadio che determina la velocità del processo globale di
assorbimento.
Per i composti solubili la velocità di permeazione attraverso le
membrane biologiche rappresenta lo stadio limitante la velocità del
processo.
Il coefficiente di ripartizione, per esempio tra olio e acqua, è una misura del carattere lipofilo
delle molecole.
Se una sostanza, che è solubile in entrambi i componenti di una miscela di liquidi immiscibili, viene
sciolta in tale miscela, quando viene raggiunto l’equilibrio a temperatura costante, si avrà che il soluto
si sarà distribuito tra i due liquidi in modo tale che il rapporto tra le attività della sostanza nei due
liquidi sia costante.
Ciò è noto come legge di distribuzione di Nernst che per soluzioni ideali
𝐶𝑜𝑙𝑖𝑜
𝑃=
𝐶𝑎𝑐𝑞𝑢𝑎
Utilizzo tecnologico
Polimorfismo
Dimensioni particellari
Igroscopicità
Proprietà di scorrimento
Morfologia
Metodi di indagine dello stato solido
Microscopia ottica
Analisi termica (DSC)
Spettroscopia IR
Diffrattometria raggi X
Risonanza magnetica nucleare
Stato solido caratterizzato da disposizione ordinata e periodica dei
costituenti
L’acido acetilsalicilico
Diversa velocità
di dissoluzione
Biodisponibilità
Compattazione
L’abito cristallino definisce l’apparenza esterna, la forma del cristallo nel suo complesso in termini
generali (aspetto macroscopico). Per uno stesso tipo di abito possono esistere diverse combinazioni
delle forme cristallografiche.
Acidulare (aghiforme)
Prismatico
Piramidale
Laminare
Equidimensionale
Colonnare
Lamellare
A piastra Stessa forma cristallografica (esagonale) ma diverso abito
Quando un composto non possiede una propria struttura interna, cioè quando non è
presente una cella elementare che si ripete nelle tre direzioni, il composto è definito
amorfo
Per studiare il polimorfismo di una sostanza, è necessario esaminare:
numero di forme cristalline possibili ed intervallo di temperatura in cui
sono stabili;
esistenza di uno stato non cristallino (amorfo) e sua possibile utilizzazione
in una forma farmaceutica;
esistenza di forme metastabili e possibilità di stabilizzarle;
solubilità di ciascuna forma e studio della possibilità di ottenere cristalli
puri di ciascuna forma;
qualora la forma più solubile sia metastabile, occorre valutare se
questa si mantiene tale anche dopo particolari processi di
fabbricazione (micronizzazione, compressione, ecc.);
studio della reattività con gli altri componenti della forma
farmaceutica.
Alto punto di fusione = reticolo cristallino forte
=difficile rimuovere una molecola
=bassa velocità di dissoluzione
L'Ampicillina si può trovare in due forme: anidra e idrata; la prima, presenta una solubilità
maggiore del 20% rispetto alla forma anidra, ed ha una maggior velocità di dissoluzione.
Sono cristalli che contengono solvente di cristallizzazione (solvati) ed in particolare
acqua (idrati)
Solvati polimorfi (il solvente partecipa alla formazione del reticolo cristallino
(sono molto stabili, il solvente è difficilmente eliminabile e la sua eliminazione determina la
distruzione del cristallo di partenza ed una nuova cristallizzazione del farmaco)
Solvati pseudopolimorfi (il solvente occupa semplicemente degli spazi vuoti del
reticolo ma non contribuisce alla sua formazione
(sono meno stabili, l’eliminazione del solvente è più semplice e non determina distruzione del
cristallo di partenza)
Livelli serici ottenuti dopo somministrazione orale di una
sospensione contenente 250 mg di ampicillina
Amorfismo
Stato amorfo non cristallino con maggiore attività termodinamica
Maggiore solubilità
Tendenza a convertirsi nello stato cristallino
Area superficiale
Particelle più
piccole Maggiore solubilità
2𝛾𝑀
𝑆 = 𝑆0 𝑒𝑥𝑝
𝑟𝜌𝑅𝑇
Indagini biofarmaceutiche
QUALITA’ EFFICACIA
SICUREZZA
Validità
Intervallo di tempo durante il quale un prodotto mantiene, entro limiti definiti e
fino alla sua data di scadenza, le medesime proprietà e caratteristiche che esso
possiede al momento della produzione
Tossicologica
nessun incremento di tossicità
L’instabilità può determinare:
3) Interazioni fisico-meccaniche:
- shock da impatto
- compressione
4) Interazioni biologiche:
- contaminazioni microbiologiche
- contaminazioni da animali (insetti, ecc.)
- contaminazioni da parte dell'uomo.
DEGRADAZIONE FISICA DI UN
PRODOTTO FARMACEUTICO
Puah!
Perdita di acqua
Varia lo stato di
aggregazione
lipofilia
Cosa influisce sulla stabilità dei preparati?
DISTRIBUZIONE STOCCAGGIO
Scopo:
•Ricercare le cause che determinano il deterioramento dei farmaci
•Studiare la velocità con cui avviene tale deterioramento
•Studiare misure adatte a ridurre l’entità e la velocità del deterioramento
Sollecitazioni esterne:
Chimiche:
Fisiche:
Azione dell’acqua o
di solventi diversi Temperatura
Azione dell’ossigeno Pressione
Acidi Umidità
Basi Radiazioni
Eccipienti Ecc.
Incompatibilità
Microbiologiche
Principali cause di alterazione
Interazioni biologiche
Interazioni fisiche con il contenitore
Contaminazioni microbiologiche
Adsorbimenti
Contaminazioni animali (insetti, ecc.)
Estrazione
Contaminazioni da parte dell’uomo
Principali conseguenze:
•modifiche organolettiche
del preparato
•modifiche della
biodisponibilità del preparato
•non uniformità di dosaggio
SOLIDO LIQUIDO
sostanze igroscopiche/deliquescenti miscele eutettiche
LIQUIDO SOLIDO
precipitazione di un componente
(es. per cambiamento di temperatura, o per formazione di una specie meno solubile)
•POLIMORFISMO
•ADSORBIMENTO DI ACQUA
•PERDITA DI ACQUA/COSTITUENTI VOLATILI
•FENOMENI DI ESTRAZIONE
Stabilità microbiologica
•Disidratazione
•Solvolisi (idrolisi)
•Sensibilità all’umidità
•Idratazione
•Incompatibilità tra farmaci
•Ossidazione
Decarbossilazione
•Fotolisi (degradazione fotochimica)
•Pirolisi
•Racemizzazione
•Polimorfismo
•Isomerizzazione •Evaporazione
Principali conseguenze:
•diminuzione del contenuto di principio attivo
•alterazione della biodisponibilità
•eventuale comparsa di tossicità e immunogenicità
Degradazione chimica
idrolisi
ossidazione
isomerizzazione/racemizzazione
degradazione fotochimica
polimerizzazione
Ionica (sali)
IDROLISI
presenza di acqua
pH
sostanze che catalizzano la reazione
temperatura
concentrazione
È una reazione che avviene tra il solvente (alcol etilico, glicolpropilenico, glicerina,
glicolpolietilenico ecc.) ed il principio attivo o un componente della formulazione.
Esteri
Lattoni
Ammidi
Ossime
Immidi
Metodi di protezione contro l’idrolisi
•Prevenire il contatto con H2O!!! (confezionamento-sistemi monodose-preparazioni
estemporanee)
•Controllo del pH (nelle forme liquide)
•Scelta di un solvente diverso
•Presenza di tensioattivi
In fase di sviluppo
•Produzione di molecole insolubili (es. esteri)
•Modifiche della struttura chimica della molecola idrolizzabile (effetto sterico, polare ecc.)
Idratazione
Addizione di H20 ad un doppio legame.
Stesso meccanismo di azione dell’idrolisi.
Si ossida o no?
Eo potenziale standard di ossidazione/riduzione
oppure l’addizione
di un radicale
o di un atomo elettronegativo.
Sostanze con alto valore di E0 (potenziale standard) sono ossidanti (si riducono
facilmente e si ossidano difficilmente)
Sostanze con basso valore di E0 sono riducenti (si riducono difficilmente e si
ossidano facilmente)
Cause e fattori che possono influenzare i processi
ossidativi:
◊ ossigeno atmosferico
◊ pH
◊ presenza di sostanze e/o ioni che fungono da
◊ catalizzatori (Cu2+ ,Mn2+ ,Ni2+ ,Fe2+ e Co2+ ).
esposizione a radiazioni elettromagnetiche
◊ calore
Autossidazione di oli e grassi
Iniziatore:
•Calore
•Luce visibile
•Luce ultravioletta
•Tracce di ioni metallici (Fe+3, Mn+3, Co+3, Ni+2, Cu+2)
Metodi di protezione contro l’ossidazione
Rimozione dell’ossigeno atmosferico (Contenitori ben chiusi, Dosi singole, Uso di gas
inerti (azoto, CO2)
Agenti Chelanti (EDTA, acido citrico, acido tartarico, acido fosforico, amminoacidi)
Aggiunta antiossidanti
Ciò può essere ottenuto conservando i farmaci in contenitori ben riempiti e chiusi
e, nel caso dei preparati iniettabili in dosi singole, l'ossigeno è rimosso sostituendo
l'aria a contatto con la soluzione con un gas inerte (azoto, anidride carbonica) e
chiudendo immediatamente il contenitore.
Esempio:
Mantenere in frigo
• Cisteina
• Tioglicerolo
• Acido tioglicolico
• Tiosorbitolo
antiossidanti possibili MeccanisMi d’azione
•Sono adatti a soluzioni acquose, sono caratterizzati da potenziali di riduzione più bassi
rispetto alla sostanza da proteggere per cui realizzano una protezione sacrificale.
•Vengono spesso associati ad agenti chelanti che hanno la funzione di chelare i metalli
pesanti.
Clordiazepossido Ossiaziridina
Sistemi di protezione:
- contenitori di vetro ambrato (esclude
la luce con λ < 470 nm)
- rivestimento protettivo
Lunghezza d’onda e energia
Pilocarpina
Tetracicline
Epinefrina (l-epinefrina)
Adrenalina
La velocità di racemizzazione
dipende:
Prostaglandina A2 Prostaglandina B2
Acido Cinnamico
Processo mediante il quale due o più molecole si combinano tra loro per
formare molecole più complesse
Durante lo
stoccaggio!
• Il processo può continuare e dare origine a polimeri ad alto peso molecolare. Tali
sostanze polimeriche posseggono proprietà antigeniche e vengono considerate come
responsabili delle reazioni allergiche dell’ampicillina nell’uomo.
Altre sostanze che polimerizzano:
la formaldeide,
alcuni eccipienti (es. acrilati)
• l’insulina (proteina->POLIMERO)
Decarbossilazione
Reazioni chimiche con altri componenti
(incompatibilità chimiche)
NB Compounding!
FORME di DOSAGGIO SOLIDE ORALI – SCHEMA di PREPARAZIONE
Forma farmaceutica a se
stante
Bustine monodose o capsule
riempite di polveri. Il materiale di partenza per la
Le polveri non costituiscono preparazione di altre forme
solamente una forma farmaceutiche o intermedi di
farmaceutica nella categoria produzione
dei solidi orali, ma possono Granulato si ottiene dalle
essere utilizzate anche per polveri, tramite un processo di
via inalatoria (polveri agglomerazione delle polveri.
inalatorie, DPI) o cutanea. La maggior parte delle altre
Base per preparazione forme farmaceutiche che non
estemporanee di soluzioni ad rientrano nella categoria dei
uso parenterale. solidi orali, sono comunque
preparate a partire da qualche
componente in polvere.
Classificazione delle polveri in base alle dimensioni
fondamentali derivate
•Scorrevolezza;
•Forma; •Densità apparente;
•Dimensione •Assestamento;
(taglia); •Porosità;
•Area superficiale; • Flusso
•Igroscopicità;
•Cristallinità e
polimorfismo;
•Adesività.
PROPRIETA’ DELLE POLVERI: CRISTALLINITÀ E POLIMORFISMO
PROPRIETA’ DELLE POLVERI:
•Macinazione
•Compressione
•Granulazione
•Atomizzazione
•Liofilizzazione
•Essiccamento
Proprietà delle singole particelle
Dimensione e forma
Granulometria (Micromeritics)
Proprietà delle polveri : dimensione
•Setacci;
•Velocità di
sedimentazione;
Le dimensioni •Velocità di dissoluzione;
•Microscopio
hanno •Scorrevolezza;
ottico;
influenza: •Penetrazione nelle vie
•Contatore di
aeree
particelle (Coulter
•Cinetica di rilascio
Counter);
•Diffrazione laser.
Metodi indiretti:
Metodi diretti:
Sedimentazione
Stacci
Permeabilità
Microscopio
Coulter counter
Il microscopio a scansione di
elettroni e quello a trasmissione di
elettroni portano i limiti inferiori di analisi
a valori molto più bassi di quelli permessi dal
microscopio ottico.
Diametro equivalente
Superficie s= d2
Volume v= d3/6
Densità =p/v
Diametro di Martin. La
superficie A e la superficie
B sono equivalenti.
Particella avente lo
stesso diametro sferico
equivalente della maglia
del setaccio utilizzato.
Analisi al microscopio ottico
Range: 0,2- 100
Campione disperso (sospensione) su di un vetrino.
Obiettivi muniti di scala micrometrica
Possibilità di proiettare su uno schermo.
Possibilità di prendere fotografie.
Sistemi a lettura automatica e computerizzata (costosi).
analisi al microscopio generalmente eseguita in via preliminare, es. per la verifica della presenza di
aggregati di particelle, ed anche per guidare la scelta del metodo piu’ adatto all’analisi e/o dei
parametri operativi dell’analisi stessa.
MICROSCOPIO OTTICO
gazza
MICROSCOPIO OTTICO
gazza
MICROSCOPIO OTTICO
! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 12
MICROSCOPIO OTTICO
gazza
MICROSCOPIO OTTICO
MICROSCOPIO OTTICO
! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 12
MICROSCOPIO OTTICO
MICROSCOPIO OTTICO
7 6 5 4 3 2 1
7 6 5 4 3 2 1
MICROSCOPIO OTTICO
1 .s
• ••• •' •' •
l
() o e'
o
o
Q, O· o. o. o. o . o,
Clo-.u Cguf>ted : 7- 6 BB
6- 5
- 41
gazza
Classe Media della Numero % in numero
granulometrica Classe particelle
granulometrica contate
4-8 6 5 1,92
8-12 10 15 5,75
12-16 14 46 17,62
16-20 18 68 26,05
20-24 22 58 22,22
24-28 26 32 12,26
28-32 30 22 8,43
32-36 34 10 3,83
36-40 38 2 0,77
40-44 42 2 0,77
44-48 46 0 0,00
48-52 50 1 0,38
261 100
Pipetta di Andreasen
Vv = Vb - Vt
Vb Vt Vt
(%) 100 1 100
Vb Vb
Relazioni Massa-Volume
VUOTI INTERPARTICELLARI
VUOTI INTRAPARTICELLARI (open/closed)
• ρ v = m/v [g/cm3]
t densita’ vera
In funzione della forma e della dimensione delle particelle, cambia la
capacità della polvere di scorrere:
1) Particelle di grandi dimensioni e di forma sferica avranno minore tendenza
ad aderire tra di loro e maggiore tendenza a scorrere sotto l’effetto della
forza di gravità
2) Le forme irregolari determinano minore scorrevolezza e le piccole
dimensioni portano ad un impaccamento compatto e stabile
coesione
adesione
Coesione attrazione fra particelle dello stesso tipo
Fs = Fc
Fs forza di gravità
densità vera delle particelle
inclinazione del piano
•forze di taglio: quando un solido è veicolato da un liquido i cui strati si muovono in una
stessa direzione con velocità diverse, si trova sottoposto a più forze di taglio che lo
sollecitano frantumandolo (su questo principio si basa il mulino colloidale)
•forze di pressione: sono forze simili a quelle di impatto, la cui durata è però prolungata
nel tempo;
Molino a sfere: attrito+impatto
La velocità di rotazione ottimale è 60-80% della velocità critica, il carico utile è 60% del
volume totale
R =raggio cilindro
r=raggio particelle
𝑔
Ω= ൗ 𝑅−𝑟
MOLINO A ENERGIA FLUIDA
Molino a letto fluido: attrito+impatto
F = m · v2/R R = m · v2/F
Altri tipi di molini
Molino a cilindri
mulino a lame Due cilindri o rulli a distanza regolabile
mulino a martello
Le caratteristiche specifiche dei vari mulini possono essere riassunte nella tabella
seguente.
DIMENSIONI
MULINO AZIONE ADATTO INADATTO
POLVERI
droghe vegetali
coltello o lame taglio 850-200 e animali, materiali friabili
grezze e fibrose
attrito e materiale
sfere 850-75 solidi soffici
impatto abrasivo
martelli impatto 40-20 quasi tutte solidi soffici
materiale materiale
cilindri pressione 850-75
soffice abrasivo
materiale
attrito e materiale poco
energia fluida 30-1 morbido e
impatto friabile
abrasivo
materiale
colloidale taglio e vortici 100-1 disperso in un materiali secchi
fluido
MACINAZIONE
FASI:
- Pesata
- Miscelazione
- Compattazione precompressione
Uno dei componenti deve
avere proprietà coesive
-Frantumazione (sgranatura)
… queste due
Granulazione operazioni possono
vera e propria avvenire nella stessa
macchina
- Calibrazione [setacci]
Punzone superiore
scarpa
matrice
Punzone inferiore
FASI:
-Miscelazione attivo ed eccipienti
-Eventuale uso di lubrificante
-Compattazione
-Frantumazione dei compatti e passaggio forzato attraverso una rete/setaccio
[sgranatura]
-Ottenimento granuli
Se l’obiettivo è l’ottenimento di
compresse si procede ad una
eventuale ulteriore miscelazione con
lubrificante seguita dalle operazioni di
tabletting
Tradizionalmente usata soprattutto nel processo di
preparazione delle compresse
– si può arrivare ad ottenere granuli con requisiti fisici in
genere ottimali per il successivo processo di compressione
- Pesata
- Miscelazione Leganti
- Bagnatura (solvente o soluzione legante) - Amido, gelatina, PVP,
- Impasto zuccheri, gomme, derivati
- Granulazione (damp screening) cellulosa …
- Essiccamento … solventi tal quali – molto
- Setacciatura, classificazione (dry raramente solventi organici
screening)
1- Aggiunta di solvente formazione di ponti liquidi PENDULAR STATE
2- Maggior quantità di solvente aumento della resistenza dei granuli FUNICOLAR STATE
end point
Porosità (Porosity)
Resistenza-Friabilità (Strength) Proprietà dei granuli
Densità
Area superficiale (raramente misurata)
Forma e distribuzione granulometrica
Il test prevede
che i granuli siano sottoposti ad una serie di stress
meccanici standardizzati e si va a valutare la quantità
di polvere fine prodotta, cambiamenti nel particle size.
friabilometro Roche
Caratteristiche di granuli
Dipendono da:
➢ componenti della formulazione e della loro concentrazione
➢ tipo di procedimento di granulazione impiegato
compresse rivestite
compresse effervescenti
compresse solubili
compresse dispersibili
compresse orodispersibili
compresse a rilascio modificato
compresse gastroresistenti
compresse da utilizzare nella cavità buccale
Attività formulativa
Primi Obiettivi
composizione quali-quantitativa
PRINCIPIO ATTIVO ECCIPIENTI Diluenti
Leganti
Glidanti
Lubrificanti
Antiaderenti
Disgreganti
Tensioattivi
DILUENTI
… comunemente usati: …… amido,
Potrebbe essere indispensabile utilizzare:
•Lattosio, Calcio Fosfato
Bibasico, Cellulosa
un particolare range Microcristallina,
dimensionale (area superficiale specifica) Saccarosio, Mannitolo ...
implicazioni biofarmaceutiche
(biodisponibilità) implicazioni biofarmaceutiche
(la solubilita’ dei singoli diluenti
tecnologiche puo’ influire sulla velocita’ di
(scorrevolezza, compattazione) dissoluzione dell’attivo)
Plasma level (mcg/ml)
30
Ibuprofen (Dvs= 5 mm) 300 mg
conventional tablets
10
0
0 5 10 15
time (h)
- Costituzione : per avere una massa di principio attivo appropriata nella preparazione del prodotto
finito;
- Produzione: per facilitare i processi tecnologici di fabbricazione del prodotto finito;
- Liberazione (biofarmaceutica): per modulare il rilascio del principio attivo dalla preparazione
farmaceutica;
- Conservazione: per preservare le caratteristiche chimiche, fisiche, microbiologiche, tossicologiche e
terapeutiche del prodotto finito, in riferimento al sistema contenitore-chiusura (stabilità della
preparazione farmaceutica);
- Presentazione: per favorire il gradimento da parte del paziente.
• GLI ECCIPIENTI CHE SVOLGONO UN RUOLO COSTITUTIVO SONO:
• - DILUENTI: SOSTANZE CAPACI DI CONFERIRE UNA MASSA ADEGUATA PER LA PREPARAZIONE E
LA SOMMINISTRAZIONE DELLA FORMULAZIONE FARMACEUTICA;
• - ASSORBENTI: SOSTANZE CHE ASSORBONO L’UMIDITÀ E FAVORISCONO LA CONSERVAZIONE
DEL MEDICINALE;
• - ADSORBENTI: POLVERI FINEMENTE SUDDIVISE CAPACI DI ADSORBIRE GAS, TOSSINE E BATTERI.
• GLI ECCIPIENTI CHE SVOLGONO UN RUOLO PRODUTTIVO SONO:
• - LUBRIFICANTI: SOSTANZE IN GRADO DI PREVENIRE L’ADESIONE DELLE POLVERI DA COMPRIMERE ALLA SUPERFICIE
DELLA MATRICE E DEI PUNZONI, RIDUCENDO LE FRIZIONI E FACILITANDO L’ESPULSIONE DELLE COMPRESSE DALLA
MATRICE. I LUBRIFICANTI POSSONO ESSERE DISTINTI IN ANTIADERENTI (LIMITANO L’ADESIONE DEL MATERIALE ALLE
PARTI METALLICHE) O ANTIFRIZIONE (RIDUCONO LE FRIZIONI TRA METALLO E MATERIALE);
• - LEGANTI: SOSTANZE NECESSARIE ALLA FORMAZIONE DEI GRANULI E DELLE COMPRESSE, CHE IMPARTISCONO
QUINDI COESIONE ALLE POLVERI;
• - PLASTICIZZANTI: SOSTANZE UTILIZZATE NELLA PREPARAZIONE DELLE CAPSULE, O DEI FILM, CAPACI DI CONFERIRE
CARATTERISTICHE DI ELASTICITÀ E PLASTICITÀ;
FL FA
coefficiente di
lubrificazione R=
FA FD FD
1%
60
40 5,0 %
20
0
0 10 20 30 40 50
Time (minutes)
Time (hours)
comunemente usati:
amido (5-10%)
superdisgreganti (1-2%)
PLASMA LEVELS - g ml -1
10
A
8
6 C
4 B
2
D
0
0 2 4 6 8 10 12 14 1618 2022 24
TIME AFTER DOSING - HOURS
TENSIOATTIVI
favoriscono la bagnabilità
comunemente usati: Sodiolaurilsolfato, sodio docusato (solidi) 0,1 - 0,5 %
10
2
Time (hours)
0
g/ml
0 1 2 3 4 5 6 7 8
Comprimitrice rotante
• LE COMPRESSE POSSONO ESSERE OPPORTUNAMENTE RIVESTITE ALLO SCOPO DI
MASCHERARE EVENTUALI ODORI E SAPORI SGRADEVOLI, PER PROTEGGERLE DALL'UMIDITÀ O
DALL'OSSIDAZIONE, PER CONTROLLARE IL RILASCIO DELLA SOSTANZA ATTIVA, OPPURE PER
OTTENERE UN RIVESTIMENTO GASTRORESISTENTE. LA CONFETTATURA, A VOLTE, PUÒ AVERE IL
SOLO SCOPO DI MIGLIORARE L'ASPETTO ESTETICO.
Nella tabella seguente, sono riportati alcuni esempi noti di sistemi dispersi.
DISPERSIONI GROSSOLANE
range dimensionale > 0.5 mm
(visibili al microscopio)
Alle dispersioni grossolane appartengono la maggior parte delle emulsioni e sospensioni per
uso farmaceutico e cosmetico
Le principali caratteristiche dei sistemi colloidali possono essere
attribuite all'esistenza di un'interfaccia tra fase dispersa e mezzo
disperdente.
Le particelle colloidali presentano un’area superficiale enorme rispetto
ad un uguale volume di particelle di dimensioni maggiori.
GENERAZIONE DI SUPERFICI:
Suddividendo un cubo di 1 cm di lato in sferette con
raggio di 0,01 micron (=10-6cm) l’area sviluppata è
pari a 600 m2.
all’ultramicroscopio.
• SISTEMI COLLOIDALI
2- La sua solvatazione
ciascuna di esse, data l’affinità per le molecole del solvente,
viene avvolta da uno o più strati di queste molecole
(adsorbimento); il velo solvente agisce da protettore, quindi
impedisce l’aggregarsi delle molecole per contatto.
I sistemi colloidali sono classificati in tre gruppi:
quando un raggio Laser investe una soluzione, la quando un raggio luminoso investe una
attraversa direttamente dispersione, la luce viene diffusa in tutte le
direzioni
ACQUA E ARGILLA ACQUA E SOLFATO DI RAME
ACQUA E LATTE
Adsorbimento
Coagulazione
Dialisi
Le particelle disperse si muovono continuamente a causa alle continue
collisioni con le molecole circostanti del mezzo disperdente e con le
pareti del contenitore.
Il moto browniano è più rapido quanto più piccole sono le particelle,
aumenta con la temperatura (in quanto aumenta l'energia cinetica del
sistema) e diminuisce con la viscosità del mezzo.
TENSIOATTIVO
Le micelle hanno un
diametro tra 5 e 20 nm ed
un numero di
aggregazione medio pari a
50-100.
All’aumentare della
Micella cilindrica concentrazione sono
Micella sferica
possibili morfologie diverse.
L’impaccamento sferico
richiede che il tensioattivo
occupi un volume conico
•Esteri solforici
Tensioattivi cationici
I tensioattivi anionici sono molecole la cui testa polare è carica
positivamente, sono costituiti quasi esclusivamente da composti
di ammonio quaternari. Il loro impiego principale è come
battericidi o batteriostatici (benzalconio cloruro o cetrimide).
Sono molecole che presentano sia gruppi carichi positivamente che gruppi
carichi negativamente.
Lecitina
Sono molecole non presentano gruppi carichi, la parte idrofila si compone
di molecole neutre solubili in acqua
Span 60
Glicidil monostereato
Tween 60
Bilancio idrofilico-lipofilico (HLB)
𝑃𝑀𝑝𝑜𝑟𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑖𝑑𝑟𝑜𝑓𝑖𝑙𝑎
𝐻𝐿𝐵 = 20
𝑃𝑀𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒
Vescicola/liposoma
N Br
Nanosistemi
Liposomi
T
D è collegato al coefficiente di frizione delle particelle dalla legge della diffusione di Einstein:
K = R/N
𝐷𝑓 = 𝐾𝑇 dove f=6πηα
K = costant di Boltzmann
R = costante dei gas
quindi: N = numero di Avogadro
η = viscosità
𝐾𝑇 𝑅𝑇 α = raggio delle particelle
D= =
6pha 6phaN
2. Centrifugazione
1-Si può ritenere che la CMC rappresenti la concentrazione delle molecole libere alla
saturazione e le micelle sono considerate come una fase distinta alla CMC.
2- Le molecole libere sono considerate in equilibrio dinamico con le micelle; a questo sistema
in equilibrio può essere applicata la legge dell’azione di massa:
[M] M = micelle
Km = D = tensioattivo
[D]n
MICELLE IONICHE: a concentrazioni non lontane dalla CMC, le micelle ioniche assumono forma
molto vicina a quella sferica. In soluzioni concentrate la forma delle micelle cambia
assumendo struttura cilindrica o laminare.
Soluzione=
(soluto) + (acqua)
Sospensione=
(solido)+ (acqua)
Presentano tutti i vantaggi delle formulazioni orali.
Somministrazione di PA insolubili
Facilità di somministrazione
Flessibilità di dosaggio
Le sospensioni trovano impiego:
• - per uso orale,
• - per via parenterale
(escluse le vie endovenosa e intratecale).
• - per uso oftalmico (Neomycin Sulfate and Hydrocortisone
Acetate Ophthalmic Suspension)
• - per via auricolare o nasale (ciproflossacina auricolare)
• - per inalazione
• - per uso esterno
(sospensione di zolfo, Le sospensioni iniettabili devono
desametasone e neomicina solfato) essere sterili e richiedono un
accurato controllo della viscosità e
delle dimensioni delle particelle, sia
per ragioni di biodisponibilità sia
perché il prodotto possa fluire
liberamente dall'ago della siringa.
Dispersione uniforme delle particelle
solido.
lipofila.
DE= gls DA
Affinché la sospensione sia stabile si deve fare in modo che il sistema non aumenti
il suo contenuto energetico.
𝑓𝑟 = 6𝜋𝜂𝑅𝑣
4
𝑓𝑝 = − 𝜋𝑅3 𝜌𝑔
3
Infine, il moto della sferetta sarà anche contrastato dalla spinta di Archimede:
4 3
𝑓𝐴 = 𝜋𝑅 𝜌0 𝑔
3
In queste condizioni deve essere necessariamente nulla la risultante delle
forze agenti su di essa come vuole il principio d'inerzia.
𝑓𝑟 + 𝑓𝑝 + 𝑓𝐴 =0
d2 (ρ s- ρ o ) g
V=
18h
Tale legge mette in evidenza i fenomeni principali che influenzano la
velocità di sedimentazione.
Il processo di sedimentazione può essere rallentato o annullato mediante:
tempo
Fenomeni di Sedimentazione
Fenomeno della Flocculazione: Quando prevalgono le forze attrattive
le particelle si aggregano formando degli aggregati risospendibili
detti flocculi.
le particelle sospese sono flocculi porosi Le particelle sospese sono singole particelle
la sedimentazione avviene rapidamente Sedimentazione lenta
sedimento è voluminoso Sedimento compatto non risospendibile
CAKE
Per favorire la formazione di sospensioni flocculate maggiormente
stabili si aggiungono delle sostanze dette:
Agenti Flocculanti
Diminuiscono il potenziale zeta delle particelle cariche sospese causandone
l’aggregazione in flocculi.
PREVALGONO
PREVALGONO FORZE
FORZE REPULSIVE
ATTRATTIVE
LE PARTICELLE SI
RESPINGONO
LE PARTICELLE
SI AGGREGANO IN FLOCCULI
IL SISTEMAAPPARENTEMENTE E’
RAPIDA FORMAZIONE DEL +STABILE, MA POI SI FORMA UN
SEDIMENTO FLOCCULATO SEDIMENTO NON RISOSPENDIBILE
Classificazione delle Sospensioni
Sospensioni Orali
Generale Sospensioni per uso esterno
Sospensioni Parenterali
In base alla % di Particelle di fase Solida Sospensioni Diluite (fino al 10% w/v)
Sospensioni Concentrate (50%w/v )
In base alla Natura Elettrocinetica Sospensioni Flocculate
delle Particelle di fase Solida
Sospensioni Deflocculate
312 PHT 81
✐Granulometria
✐Sedimentazione e Risospendibilità
✐Viscosità
✐Densità
✐Test di invecchiamento accelerato ad elevate T
✐Contenuto di PA
312 PHT 82
Le emulsioni sono sistemi dispersi, eterogenei e termodinamicamente instabili,
formate da almeno due fasi liquide immiscibili tra loro.
Dimensione Aspetto
Microglobuli Si distinguono le 2 fasi
Ø > 1 mm Emulsione lattea
Ø da 1 a 0.1 mm Emulsione bianca-azzurra
Ø da 0.1 a 0.05 mm Gel traslucido semitrasparente
Ø < 0.05 Gel o fluido trasparente
Dal 25.98% al 74.02% può esistere sia come fase dispersa che come
fase continua;
Diluizione:
Se una data emulsione è diluibile in acqua (ad es., latte, maionese) è di tipo O/A;
nel caso contrario è di tipo A/O (ad es., burro, margarina);
Uso di coloranti:
un'emulsione addizionata con un colorante idrosolubile (ad es., blu di metilene),
risulterà uniformemente colorata se è di tipo O/A.
Se il colorante aggiunto all'emulsione è liposolubile (ad es., sudan - non per uso
alimentare), si avrà colorazione uniforme se l'emulsione è di tipo A/O;
Conducibilità elettrica:
poiché l'olio, al contrario dell'acqua conduce la corrente elettrica in misura
estremamente ridotta, è ovvio che solo le emulsioni di tipo O/A permetteranno il
passaggio di corrente fra due elettrodi;
Fluorescenza:
la maggior parte degli oli, e quindi le emulsioni A/O, emettono fluorescenza se
eccitati con radiazioni elettromagnetiche di opportuna lunghezza d'onda.
STABILITÀ DELLE EMULSIONI
Creaming e sedimentazione:
Si ha sedimentazione quando le goccioline di fase dispersa si depositano
sul fondo dell’emulsione mentre nell’affioramento i globuli si muovono
verso la superficie
(Sono entrambi fenomeni reversibili, ma è preferibili che non si
verifichino);
.
Aggregazione (flocculazione):
Quando le gocce di fase dispersa si riuniscono formano aggregati tenuti
insieme da deboli interazioni. In questo caso il film di emulsionante che
circonda i globuli è intatto e la ridispersione per agitazione è ancora
possibile. La flocculazione dipende dal potenziale zeta
Emulsionante sbagliato
Rapporti sbagliati tra le fasi
Incompatibilità chimica fra i componenti
Differenza di densità
Errato metodo di lavorazione
Presenza di particelle grossolane
Eccessivo riscaldamento o raffreddamento
Eccessivo incorporamento d’aria
Viscosità insufficiente
Decomposizione degli agenti emulsionanti
Presenza di elettroliti
SAGGI ACCELERATI DI STABILITÀ
Elevate temperature
Forza centrifuga
• pH dell’emulsione
L= gO/A DA
Affinché l’emulsione si formi facilmente e il sistema non aumenti il suo contenuto
energetico si deve fare in modo che questo lavoro meccanico sia più basso
possibile.
significativa, è necessario
stabilizzante, detto
EMULSIONANTE
goccioline disperse
Scelta del tensioattivo
Per scegliere un tensioattivo efficace per formare
un'emulsione stabile si deve considerare l’HLB richiesto.
Noto il valore di HLBr, si può scegliere il tensioattivo più adatto, non solo come indice di
HLB, ma anche in base a compatibilità chimiche e norme legislative.
I valori di HLB richiesto delle varie fasi lipofile sono tabulati (sono diversi a
seconda se l’olio è la fase interne o esterna) e possono quindi essere utilizzati
per determinare il valore HLB richiesto di qualsiasi emulsione.
HLB = (3 + 15)/2 = 9
risulta: Y = (1- x)
quindi HLBr = (x) (HLBx) + (y) (HLBy)
e sostituendo si ha:
poiché i rispettivi HLB (O/A) riferiti alle sostanze singole sono: 10,5,
15, 13 il valore di HLBr richiesto per preparare l'emulsione più stabile
con la loro associazione, sarà:
HLBr = (10.5 · 91.7 + 15 · 5.5 + 13 · 2.8 )/100 = 10.78
• Le microemulsioni sono un particolare esempio di sistemi
dispersi, costituiti da due fasi liquide immiscibili tra loro, che si
differenziano dalle emulsioni essendo caratterizzate da un
valore molto basso delle dimensioni delle particelle disperse
comprese tra 20 e 200nm.
La capacità di rilascio di una microemulsione è legata alla mobilità del principio
attivo nel veicolo.
APPLICAZIONI TOPICHE
• ANESTETICI LOCALI
• DETERSIONE FERITE
• RUBEFACENTI
• ANTIBATTERICI
• ANTIFUNGINI
• ANTI-INFIAMMATORI STEROIDEI
• CEROTTI SPRAY
•APPLICAZIONI ORALI
E SUBLINGUALI
• ANESTETICI LOCALI APPLICAZIONI NASALI
• ANTISETTICI • DECONGESTIONANTI
•ANTI-INFIAMMATORI
• ANTIANGINOSI
STEROIDEI
• ANTI-INFIAMMATORI STEROIDEI
APPLICAZIONI FARMACEUTICHE
DELLE BOMBOLE SPRAY
APPLICAZIONI A LIVELLO
DELL’APPARATO RESPIRATORIO
• BRONCODILATATORI
• ANTI-INFIAMMATORI STEROIDEI
• ANTIALLERGICI
• ANTIVIRALI
•FARMACI PER USO SISTEMICO (ES.,
NICOTINA, ERGOTAMINA TARTRATO)
VANTAGGI DELLE BOMBOLE
SPRAY
LE PREPARAZIONI PRESSURIZZATE, CARATTERIZZATE DA UN COSTO SUPERIORE
RISPETTO A QUELLE CONVENZIONALI, PRESENTANO NUMEROSI VANTAGGI:
VANTAGGI SVANTAGGI
•BASSA TOSSICITA’ PER •LO SVANTAGGIO PRINCIPALE E’ CHE LA
INALAZIONE PRESSIONE DIMINUISCE DURANTE L’USO
DEL PREPARATO. CIO’ E’ DOVUTO AL
• ALTA PUREZZA
FATTO CHE PROGRESSIVAMENTE IL
• ELEVATA STABILITA’ CHIMICA VOLUME (SPAZIO DI TESTA) AUMENTA E
PERCIO’ LA PRESSIONE DIMINUISCE IN
• BASSO COSTO
BASE ALL’EQUAZIONE DEI GAS IDEALI:
•POSSIBILITA’ DI ESSERE
PV = nRT
STERILIZZATI
CIO’ SI RIFLETTE SULL’AUMENTO
• NON COMPORTANO DANNI
PROGRESSIVO DELLE PARTICELLE
AMBIENTALI (NON DANNEGGIANO
EROGATE
LA FASCIA DELL’OZONO)
GAS COMPRESSI NON
LIQUEFATTI
LA TABELLA RIPORTA LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE FISICHE DEI
GAS COMPRESSI NON LIQUEFATTI:
GAS COMPRESSI LIQUEFATTI:
IDROCARBURI NON ALOGENATI
TRA I GAS COMPRESSI LIQUEFATTI POSSIAMO RICORDARE
INNANZITUTTO GLI IDROCARBURI NON ALOGENATI, GENERALMENTE
NON USATI DA SOLI A CAUSA DELL’ALTA INFIAMMABILITA’.
VANTAGGI SVANTAGGI
• COSTO CONTENUTO • ALTAMENTE INFIAMMABILI
•SCARSI DANNI ALLA FASCIA • ODORE PARTICOLARE
DELL’OZONO
•TOSSICITA’ PER INALAZIONE NON
•SCARSO CONTRIBUTO BEN CONOSCIUTA
ALL’EFFETTO SERRA
•BASSA DENSITA’ ALLO STATO
• OTTIME PROPRIETA’ SOLVENTI LIQUIDO
GAS COMPRESSI LIQUEFATTI:
IDROCARBURI NON ALOGENATI
LA TABELLA RIPORTA LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE FISICHE DEI
GAS COMPRESSI NON LIQUEFATTI:
GAS COMPRESSI LIQUEFATTI:
IDROCARBURI ALOGENATI
LE VALVOLE DOSATRICI,
LE VALVOLE
QUANDO VIENE
CONTINUE
PREMUTO IL TASTO DI
EROGANO
EROGAZIONE, FANNO
PRODOTTO
USCIRE SOLO UN
FINCHE’ VIENE
VOLUME PRESTABILITO
TENUTO
DI PRODOTTO (25-125 µL
PREMUTO IL
PER FARMACI DA
TASTO DI
INALARE, FINO A 5 ML
EROGAZIONE
PER SPRAY TOPICI)
SPRAY TRIFASICI
TRATTO DA CASADIO
FUNZIONAMENTO DEGLI SPRAY
EVAPORAZIONE PROPELLENTE
PARTICELLE DI
PARTICELLE SOLIDE DI FARMACO
FARMACO SOSPESE IN AGGREGATE
UNA GOCCIA DI
PROPELLENTE
EVAPORAZIONE PROPELLENTE
PARTICELLA DI
FARMACO
MOLECOLE DI PRECIPITATA
FARMACO DISPERSE
IN UNA GOCCIA DI
PROPELLENTE
Validità
Intervallo di tempo durante il quale un
prodotto mantiene, entro limiti definiti e
fino alla sua data di scadenza, le
medesime proprietà e caratteristiche
che esso possiede al momento della
produzione
… criterio generalmente riconosciuto …
DISTRIBUZIONE STOCCAGGIO
Scopo:
In termini generali
Vreaz =-dC/dt
ordine zero 𝑑𝐶
− = 𝐾0
𝑑𝑡
la perdita di farmaco è
indipendente dalla
concentrazione dei reagenti, è
quindi costante nel tempo..
Reazioni di ordine 0
v=k
-d[A]/dt = k
[A] = [A]0 – kt Equazione di una retta con
t1/2 = [A]0/(2k) pendenza –k e intercetta
[A]0
𝑪 = −𝑲𝟎 𝒕 + 𝑪𝟎
Concentrazione p.a.
Tempo
CINETICHE DI DEGRADAZIONE ordine primo
𝑑𝐶 ln 𝐶 = −𝐾𝑡 + 𝑙𝑛𝐶0
= 𝐾𝐶
𝑑𝑡
Reazioni di ordine 1
v = k [A]
-d[A]/dt = k [A]
t1/2 = ln2/k
Cinetiche di secondo ordine 2 casi
A + A PRODOTTO
V = k [A]2
A + B PRODOTTO
V = k [A] [B]
Reazioni di ordine 2
v = k [A]2
-d[A]/dt = k [A] 2
Equazione di una retta
1/[A] = 1/[A]0 + kt con pendenza +k e
intercetta 1/[A]0
60
50
40
V 30
20
10
0
0 5 10 15 20 25
[A]
ln 𝐶 = −𝐾𝑡 + 𝑙𝑛 𝐶0
t = 210 giorni
Obiettivi:
Individuare le condizioni di conservazione
adatte per il “prodotto farmaceutico”
Farmaco, forma di dosaggio, packaging
𝐸𝑎
−𝑅𝑇
𝐾= 𝐴𝑒
K costante specifica
A fattore di Arrhenius o fattore frequenza
R costante dei gas 1.987 cal/K mole
PROBLEMA
La costante di decomposizione dell’idrossimetilfurfurale a 120°C è 1,173 hr-1
e quella a 140°C è 4,860 hr-1 . Calcolare, in questo range di temperatura,
l’energia di attivazione in Kcal/mole e il fattore A in sec-1 .
𝐸𝑎 = 23 𝐾𝑐𝑎𝑙/𝑚𝑜𝑙𝑒
23000 𝑐𝑎𝑙
log 3,258𝑥10−4 𝑠𝑒𝑐 −1 = 𝑙𝑜𝑔𝐴 −
2,303𝑥1,987𝑥393
𝐴 = 2𝑥109 𝑠𝑒𝑐 −1
Medicinali allestiti in farmacia
Questo limite deve essere ridotto o può essere superato solo sulla
base di specifiche conoscenze ed accorgimenti connessi con la
contaminazione microbica del preparato e con le caratteristiche
chimico-fisiche dei suoi componenti.
SOLUZIONI
Una soluzione è una miscela omogenea (=la sua
composizione e le sue proprietà sono uniformi in ogni
parte del campione) di due o più sostanze formate da
ioni o molecole.
Differenza con i colloidi che differiscono in quanto le
particelle sono più grandi delle molecole normali ma
non ancora visibili al microscopio (10-2000 Å).
Equilibrio
dinamico
SOLUBILITA’ DI GAS
Processo diverso da quello dei soluti solidi.
La solubilità di un gas in un liquido comporta il passaggio da uno
stato di deboli interazioni tra le particelle (gas) a uno stato di
interazioni più forti (liquido). Il processo è esotermico.
LA SOLUBILITA’ DI UN GAS IN UN LIQUIDO
DIPENDE DALLA T E DALLA P.
Aumenta all’aumentare
della pressione
s=kHP
La solubilità di un gas, a
temperatura costante, è
direttamente proporzionale
alla pressione parziale del
gas, P, sopra la soluzione:
s=kHP
Pertanto un grafico della solubilità in funzione della
pressione parziale del gas corrisponde ad una retta
Interpretazione molecolare: maggiore è la pressione parziale
del gas e maggiore è il numero di molecole di gas che urtano la
superficie e passano in soluzione
Esempio: 27 g di acetilene si sciolgono in un litro di acetone ad
1 atm. Quanti grammi si sciolgono a 12 atm?
0,20 moli
0,10 mol/l 0,10 M
2,0 litri
Preparazione in laboratorio di una soluzione 0,01M di di K2MnO4
0,0025 moli (0,395 g) in 250 ml di acqua
Percentuale in massa di soluto
E’ definita come:
massa di soluto
% massa di soluto 100
massa della soluzione
3,5 g
% massa NaCl 100 3,5 %
3,5 g 96,5 g
0,20 moli
0,10 mol/Kg 0,10 m
2,0 Kg
Esempio: Calcolare la molalità di una soluzione ottenuta
sciogliendo 5,67 g di glucosio (C6H12O6) in 25,2 g di acqua
5,67 g
n glucosio 0,0315 mol glucosio
180,2 g/mol
0,0315 mol
molalità 1,25 m
25,2 10 Kg
-3
Frazione molare
moli di A moli di A
xA
moli totali soluzione moli di A moli di B
1,40
x H 2O 0,978 x H 2 O x g luco sio 1
0,0315 1,40
Conversione fra unità di concentrazione
Molalità 1 Kg di solvente
Molarità 1 litro di soluzione
Frazione molare 1 mole di soluzione
% massa 100 g di soluzione
21,6
% massa glucosio 100 2,11 %
1000 21,6
Frazione molare Molalità
0,150 mol
molalità glucosio 9,8 m
15,3 10 Kg
-3
Frazione molare % massa
27,0 g
% massa glucosio 100 63,8 %
27,0 g 15,3 g
Molalità Molarità
Calcolare la molarità di una soluzione 0,273 m di KCl in acqua,
avente densità 1,011103 g/l.
Per 1 Kg di solvente vi sono 0,273 moli di KCl e quindi:
massa KCl 0,273 mol 74,6 g/mol 20,4 g
La massa totale di soluzione è:
massa to t massa H 2 O massa K Cl 1000 g 20,4 g mol 1020 g 1,02 10 3 g
Nell’espressione per il calcolo della molarità c’è però il volume in
litri della soluzione, calcolabile tramite la densità:
massa
d
volume
massa 1,02 10 3 g Si noti che per
volume 1,009 l
d 1,011 10 3 g/l soluzioni diluite
0,273 mol molarità molalità
molarità 0,271 M
1,009 l
Molarità Molalità
Calcolare la molalità di una soluzione 0,907 M di Pb(NO3)2 in acqua,
avente densità 1,252 g/ml.
Per 1 litro di soluzione vi sono 0,907 moli di Pb(NO3)2. La massa di
un litro di soluzione è:
mas s a s o luzio ne volume d 1,000 10 3 ml 1,252 g/ml 1252 g
La massa di Pb(NO3)2 è:
mas s a Pb(N O 3 ) 2 0,907 mol 331,2 g/mol 300 g
La massa di acqua è:
mas s a H 2 O 1252 g - 300 g 952 g
La molalità è quindi:
0,907 mol
molalità 0,953 m
0,952 Kg
Soluzioni per uso orale
§ Sono dispersioni monomolecolari di un soluto in un mezzo
dissolvente liquido
§ Il solvente conferisce le proprietà al sistema disperso
Gocce Elisir
Sciroppi Alcolaturi
Tisane SISTEMI GROSSOLANI
Tinture
Infusi (EMULSIONI o
SOSPENSIONI PER USO
Decotti
ORALE)
Pozioni
Sciroppi
1.SCIROPPO SEMPLICE
2.SCIROPPI PER LA CORREZIONE DEL GUSTO
3.SCIROPPI MEDICATI
4.SCIROPPI A BASE DI ZUCCHERI DIVERSI DAL
SACCAROSIO
Vapore
Condensa
del vapore
Sapore Aromi
Amaro Cacao, lampone, ciliegia, liquirizia, menta
Salato Cacao, anice liquirizia, menta, lampone, arancia, ciliegia e
mandarino
Acido Limone, arancia, mandarino, lampone, fragola, frutti di bosco
Metallico Ciliegia, amarena, lampone
Oleoso Agrumi miscelati con menta
Sciroppi medicati
A A freddo B A caldo
P= PA° - PA
LIQUIDO
soluzione
1,00 atm
Temperatura di
ebollizione della
SOLIDO GAS soluzione
0°C 100°C
temperatura
Un diagramma di fase completo mostra che per una
soluzione si ha un innalzamento del punto di ebollizione e
un abbassamento del punto di fusione rispetto al solvente
Per soluzioni diluite si può dimostrare che
moli soluto
m moli= m Kg solvente
Kg solvente
Quindi:
Moli = m Kg solvente = 0,088 mol/Kg 78,110-3 Kg
= 6,9 10-6 mol
massa
moli
Mm
massa 1,07 10 - 3 g
Mm 1,6 10 2
g/mol
moli 6,9 10 mol
-6
Osmosi
Anche il fenomeno dell’osmosi (pressione osmotica) è associato
all’abbassamento della tensione di vapore. Esso riveste una
grande importanza in relazione a sistemi biologici.
Coinvolge membrane semipermeabili, cioè strati sottili e con
fori abbastanza larghi da far passare le molecole di solvente,
ma non di soluto, specie di elevato peso molecolare.
Osmosi: flusso di molecole di solvente dal solvente puro
alla soluzione (in generale dalla soluzione meno
concentrata a quella più concentrata)
Pressione osmotica: pressione che occorre esercitare
sulla soluzione, A, per bloccare il flusso osmotico
Membrana semipermeabile
soluzione
A B solvente
puro
La pressione osmotica è una proprietà colligativa ed è
proporzionale alla concentrazione molare del soluto M:
= M R T
Ciò perché ogni unità formula NaCl si dissocia in ioni Na+ e Cl-,
cioè in due particelle che contribuiscono entrambe a tale
proprietà colligativa.
In generale per le principali proprietà colligative si può scrivere:
Tb= i Kb m
Tf= i Kf m
= i M R T
i = 1 + α (ν – 1)
diidrogenofosfato - idrogenofosfato
H2PO4- + H2O = H3O+ + HPO42-
2. acido carbonico - idrogenocarbonato
CO2 + H2O = H2CO3 = H+ + HCO-3
3. proteine - anioni proteinato
proteina = H+ + ione proteinato-
[ CH3COO- ] [H3O+]
Ka =
[ CH3COOH ]
[ CH3COOH ]
[H3O+] = Ka
[ CH3COO- ]
Soluzioni Tampone:
come funziona
Consideriamo una soluzione contenente CH3COO-
[ CH3COO - ]
[OH-] = Kb
[ CH3COOH ]
Soluzioni Tampone:
come funziona
Se preparo una soluzione dell’acido debole con la sua
base coniugata a concentrazioni circa uguali i due
equilibri saranno operativi insieme
[ CH3COOH ] [OH-]
[ CH3 COO- ] [H3 O+]
Kb =
Ka = [ CH3COO- ]
[ CH3COOH ]
Soluzioni Tampone:
come funziona
CH3COOH +H2O CH3COO- + H3O+
Ca
[H3 O+] = Ka
Cs
Facciamo un esempio…
Soluzione 0,321 M di acido acetico e 0,281 M di
acetato di sodio
[ CH3COOH ] 0,321
[H3 O+] = Ka = 1,8 x 10-5
[ CH3COO- ] 0,281
C’a=Ca/10
C’s=Cs/10
C’a Ca/10 Ca
[H3O+] = Ka = =
C’s Cs/10 Cs
Soluzioni Tampone
Ca
[H3 O+] = Ka
Cs
Piccole=minore di Ca o Cs
Soluzioni Tampone
Aggiungo Acido forte C0HCl
a soluzione tampone CH3COOH/CH3COONa
CH3COOH +H2O CH3COO- + H3O+
HCl H+ + Cl-
[ CH3COOH ]= Ca+ C0HCl
CH3COO- + H+ CH3COOH + H2O
[ CH3COO- ]= Cs- C0HCl
[ CH3COOH ]
[H3O+] = Ka
[ CH3COO- ]
Ca + C0HCl
[H3O+] = Ka
Cs- C0HCl
Soluzioni Tampone
Aggiungo Base forte C0NaOH
CH3COOH +H2O CH3COO- + H3O+
NaOH Na+ + OH-
[ CH COOH ]= Ca- C NaOH
CH3COOH + OH- CH3 COO- + H2O 3 0
Ca - C0NaOH
[H3O+] = Ka
Cs+ C0NaOH
Soluzioni Tampone
Aggiungo Acido forte C0HCl
HCl H+ + Cl-
Ca + C0HCl
[H3O+] = Ka
Cs- C0HCl
Ca - C0NaOH
[H3O+] = Ka
Cs+ C0NaOH
Tanto maggiore è la conc. dell’acido e della sua base coniugata
tanto maggiore sarà l’efficacia del tampone, cioè la quantità di
acido e di base che puo’ essere neutralizzata senza variazioni
apprezzabili di pH
CAPACITA’ TAMPONANTE e
INTERVALLO DI TAMPONAMENTO
Capacità tamponante indica la quantità di acido o di base che il
tampone è in grado di neutralizzare senza che il suo pH vari
apprezzabilmente. E’ massima quando Ca e Cs sono alte e
uguali tra di loro.
L’intervallo di tamponamento è l’intervallo di pH in cui un
tampone neutralizza efficacemente gli acidi e le basi aggiunte
mantenendo il pH praticamente costante.
Ca Ca
[H3O+] = Ka -log [H3O+] = -log Ka -log
Cs Cs
Cs Cs
pH = pKa + log = 1 pH = pKa
Ca Ca
Cs
pH = pKa + log pH = pKa
Ca
Quando:
Cs
= 0.1
Ca
Il pH diminuisce di una unità di pH rispetto al valore di
pKa in quanto –log 0.1 = -1
Quando:
Cs
= 10
Ca
Il pH aumenta di una unità di pH rispetto al valore di pKa
in quanto –log 10 = 1 Intervallo di tamponamento
Ossia l’intervallo massimo a cui
pH = pKa 1 la soluzione tampone “resiste”
ad aggiunte di acido o base
forte
Quindi tampone acido acetico-
acetato di sodio tamponerà
nell’intervallo di pH 3.7-5.7 avendo
pKa = 4.7
Tampone ammoniaca-cloruro di
ammonio tamponerà nell’intervallo di
pH 8.3-10.3 avendo pKa = 9.3
Etc….
Come preparo un tampone?
Se CA=CB
ISOTONIA
CALORIMETRIA A SCANSIONE
DIFFERENZIALE
DIFFERENTIAL SCANNING
CALORIMETRY
DSC
CALORIMETRIA A SCANSIONE DIFFERENZIALE
• SCANSIONE: fornisce informazioni sia qualitative che quantitative su processi endotermici (es.
fusione) ed esotermici (es. cristallizzazione) scansionando su un intervallo di temperature.
• DIFFERENZIALE: le misure sono condotte confrontando il flusso di calore assorbito dal campione
rispetto a quello assorbiti da un riferimento.
Il DSC fa parte di un gruppo di tecniche, dette ANALISI TERMICHE, nelle quali una proprietà fisica di una
sostanza viene misurata in funzione della temperatura o del tempo mentre la sostanza è sottoposta ad un
trattamento a temperatura programmata.
La DSC misura le variazioni di entalpia nei campioni, dovute alle alterazioni delle loro proprietà fisiche e chimiche
in funzione della temperatura.
ü PUREZZA DI UN MATERIALE
ü PASSAGGI DI STATO (es: solido-liquido, liquido-vapore)
ü MODIFICHE STRUTTURALI (polimorfismo)
ü STABILITA’ TERMICA
ü DECOMPOSIZIONE TERMICA
ü REATTIVITA’ CHIMICA
ü ANALISI QUALITATIVA
ü ANALISI QUANTITATIVA
Informazioni tipiche che si possono ottenere da misure DSC:
q Solidi compatti (granulati, component stampate, ecc.) come termoplastici, gomme, resine, materiali
organici, ceramiche, vetri, metallici e materiali edili.
q Liquidi
DEFINIZIONI UTILI
CALORE: forma di energia interna a un corpo dovuta al moto disordinato e rapidissimo delle molecole che lo
compongono. Si misura in Joule (1J=m2 kg s-2) o 1 cal = 4,184 J.
CAPACITA’ TERMICA (Cp): il rapporto fra il calore scambiato tra il corpo e l’ambiente e la variazione di
temperatura che ne consegue. È una proprietà di ogni sostanza.
CALORE SPECIFICO (Cp): quantità di calore espressa in J che bisogna fornire ad 1 kg di sostanza per far innalzare
la sua temperatura di 1 K. È espresso in J/kg K ed è una caratteristica intrinseca della sostanza.
CALORE LATENTE (λ): calore rilasciato o assorbito quando un materiale fonde o gela, bolle o si condensa. Si
misura in J/g ed è caratteristico per ogni sostanza pura.
FLUSSO DI CALORE = dQ / dt
VELOCITA’ DI RISCALDAMENTO= dT / dt
Ora dividiamo il flusso calorico per la velocità di riscaldamento ed otteniamo il calore specifico:
CALORE SPECIFICO =
Ricordiamo: quando viene fornita una certa quantità di calore a qualche materiale, la sua temperatura aumenterà di un certo
livello e la quantità di calore che richiede per ottenere un determinato aumento di temperatura viene detta calore specifico, Cp.
Otteniamo il calore specifico dividendo il calore fornito per l'aumento di temperatura ottenuto.
DEFINIZIONI UTILI
Solido-solido: TRANSIZIONE TRA DUE POLIMORFI, evento sia endotermico che esotermico
Inoltre in DSC si possono misurare i CALORI DI REAZIONE, oppure si può stabilire il DIAGRAMMA DI FASE DI UNA
MISCELA, punto importante durante la preformulazione e l’ottimizzazione dei processi di liofilizzazione.
TRANSIZIONE DI FASE
transizioni termiche nelle quali si ha un rilascio oppure un transizioni termiche nelle quali NON si ha rilascio od
assorbimento di CALORE LATENTE nel punto di transizione. Durante assorbimento di CALORE LATENTE, ma solo un
tali transizioni, un sistema termodinamico assorbe o rilascia una cambiamento di CALORE SPECIFICO. In corrispondenza del
quantità di energia fissa, e generalmente grande. Poiché l'energia punto di transizione non si ha una variazione di entropia fra
non può essere istantaneamente trasferita dal sistema all'ambiente le due fasi.
circostante, le transizioni del primo ordine sono associate a "regimi La transizione vetrosa (Tg) è una transizione di secondo
di fase mista" in cui alcune parti del sistema hanno completato la ordine.
transizione, mentre altre ancora no.
FENOMENI OSSERVABILI IN DSC
Fornace
Riferimento
Campione
Crogioli (pans)
• Campione e riferimento (crogiolo vuoto) sono sottoposti ad una rampa lineare di temperatura (10°C/min), con un
tasso di riscaldamento fisso e impostato dall’operatore. Durante l’esperimento, campione e riferimento sono
mantenuti alla stessa temperatura.
• Se ad una certa temperatura il campione intraprende dei fenomeni endotermici o esotermici, la quantità di calore
necessaria a mantenerlo in isotermia col riferimento sarà rispettivamente maggiore o minore a causa
dell’assorbimento o cessione di calore da parte del campione.
• La misura differenziale del sistema è estremamente importante sia dal lato teorico che dal lato pratico, perché il
segnale risultante è così pulito da tutti quegli effetti termici esterni al sistema che si ripercuotono in modo eguale sui
due campioni, permettendo di ricevere in uscita il comportamento proprio del materiale.
Durante il riscaldamento della cella DSC, il riferimento si scalda più rapidamente del campione, a causa della capacità termica
(Cp) del campione stesso.
la temperatura del riferimento (TR, in verde nella
figura) aumenta più velocemente di quella del
campione (TP, in rosso).
Le due curve crescono parallelamente durante il
riscaldamento a velocità costante, fino a quando
nel campione non avviene una reazione.
Se il campione comincia a fondere al tempo t1.
Durante la fusione, la temperatura del campione
non varia, mentre quella del riferimento continua
a crescere linearmente.
Quando il processo di fusione è completo, tempo
t2, anche la temperatura del campione torna a
crescere linearmente.
- Il segnale differenziale (ΔT) calcolato per le due
curve di temperatura, riportato nella parte bassa
della figura, è caratterizzato al centro da un picco
(in blu), che rappresenta il processo endotermico
di fusione del campione. L’area del picco è
correlata al calore latente della transizione
(entalpia di fusione, in J/g).
PREPARAZIONE DEL CAMPIONE
Uno dei due crogioli rimarrà vuoto Il crogiolo viene ermeticamente
in quanto servirà come riferimento sigillato con il suo coperchio con
Si pesano circa 10 mg del per la misura differenziale. l’ausilio di una pressa di sigillatura e
materiale da analizzare. il materiale si dispone all’interno del viene perforato per consentire il
crogiolo in modo tale da ricoprirne contatto del campione con
totalmente il fondo per garantire l’atmosfera interna alla cella.
una buona trasmissione del calore;
I crogioli vengono scelti in modo da resistere alle temperature di prova senza interagire
con il campione in esame.
Le analisi termiche vengono effettuate generalmente in un range di T compreso tra 25 e
300 °C, in atmosfera di azoto, e un tasso di riscaldamento di 10 °C/min.
Una volta iniziata la prova, il calore ceduto dalla
Si chiude ermeticamente la fornace in modo da isolare
fornace riscalda sia il campione che il provino di
l'ambiente di prova dall'esterno.
riferimento in egual modo.
Una volta impostato il programma termico all'interno della
Un sistema di termocoppie:
fornace viene creata un'atmosfera inerte con un flusso
- controlla che le differenze di temperatura tra i due
continuo ed uniforme di Azoto che distribuisce il calore
crogioli sia costante per tutto il tempo
uniformemente tra il campione in esame e quello di
- raccoglie i dati di temperatura e li invia ad un
riferimento.
elaboratore che mediante un apposito software li
elabora per generare l'output per l'utente.
La differenza nel flusso di calore fornita al Ogni variazione di temperatura tra i due è dovuta a
sistema di riscaldamento viene registrata e fenomeni che insorgono nel materiale da analizzare:
una reazione esotermica innalzerà la temperatura del
mostrata su un TERMOGRAMMA in funzione
campione mentre una endotermica farà l'opposto.
della temperatura.
TERMOGRAMMA
Il grafico riporta sulle ascisse la temperatura (°C) e sulle ordinate la velocità differenziale di riscaldamento o flusso di
calore (mW = mJ/s)).
NOTA
La convenzione europea vuole
che il flusso di calore rispetto al
riferimento sia positivo nel caso di
una variazione di temperatura di
trasformazioni esotermiche (picco
verso l’alto), viceversa una
deflessione negativa per
trasformazioni endotermiche
(picco verso il basso).
Al contrario la convenzione UK.
Nel descrivere un esperimento di DSC è importante inoltre riportare le condizioni sperimentali, quali
la velocità di riscaldamento e il tipo di portacampione utilizzato: aperto, chiuso, forato.
Il picco che si osserva viene caratterizzato da una temperatura di «onset» (che corrisponde alla
temperatura dell’evento), dalla temperatura del massimo picco e dall’area del picco (che corrisponde
all’entalpia della transizione).
Curva DSC dell’Indio misurata in portacampione ermetico alla velocità di 5°/min, Tonset =156.6 °C,
Tpeak = 157.2 °C e ΔH = 28.3J/g.
Una misura di DSC richiede una calibrazione dello strumento con un materiale (uno standard) di cui sia noto il calore
di fusione.
Per lo standard si deve registrare un termogramma nelle stesse condizioni sperimentali usate per la misura con il
campione, in particolare usando la stessa rampa termica e una quantità di sostanza tale da ottenere entalpie di
transizioni simili per campione e standard.
Possiamo ottenere molto più di un semplice calore specifico con una analisi DSC!
TRANSIZIONE VETROSA
La temperatura di transizione vetrosa (Tg) rappresenta il valore di temperatura al di sotto della quale un
materiale amorfo si comporta da solido vetroso. Tg è una transizione del secondo ordine caratterizzata da un
cambiamento endotermico della capacità termica del materiale prima e dopo la transizione (non accompagnata
da assorbimento o sviluppo di calore). Si presenta come un flesso di debole intensità (direzione endotermica)
La temperatura di transizione
vetrosa è quella a cui si osserva
l’inizio della variazione di Cp
(temperatura di onset).
Ma c'è di più…molto di più!
CRISTALLIZZAZIONE
Il calore può far in modo che si formino cristalli all'interno del polimero
ma un'eccessiva quantità di calore può disfarli. Se continuiamo a scaldare
il polimero oltre la sua Tc otterremo un'altra transizione termica, chiamata
fusione (fenomeno endotermico).
Quando viene raggiunta la temperatura di fusione del polimero o Tm
l’agitazione molecolare è tale da vincere le forze di coesione nei cristalli i
quali fondono assorbendo calore.
Sul termogramma osserveremo un picco rivolto verso il basso.
RICORDA: Per la transizione vetrosa non c'è flessione e non c'è picco, in quanto non viene rilasciato, o assorbito, calore latente da parte del
polimero durante la transizione vetrosa. L'unica cosa che si vede in effetti alla temperatura di transizione vetrosa è un cambiamento del calore
specifico.
La transizione vetrosa determina un cambiamento nel calore specifico, ma non viene coinvolto il calore latente, è quindi una transizione del
secondo ordine. Transizioni come fusione e cristallizzazione, dove in effetti vi è calore latente sono transizioni del primo ordine.
SOLIDO AMORFO vs SOLIDO CRISTALLINO
solido con elevato disordine nella disposizione delle solido con molecole che assumono posizioni regolari
molecole (struttura irregolare); ed ordinate.
non presenta un definito punto di fusione; Ha un punto di fusione netto
è caratterizzato da una specifica Tg. È caratterizzato da una specifica Tc.
non è stabile e per questo definito METASTABILE.
Le sostanze in forma amorfa rispetto alle corrispondenti forme cristalline presentano caratteristiche peculiari legate al
loro “disordine” interno: Come risultato della maggiore
- maggiore solubilità/velocità di dissoluzione energia interna, lo stato amorfo
- tendenza alla cristallizzazione presenta una maggiore attività
- maggiore reattività allo stato solido termodinamica che si riflette in
- maggiore igroscopicità una maggiore solubilità.
Proprietà fisiche dei solidi come durezza, rigidità, comprimibilità, punto di fusione a un ben determinato valore di T
dipendono da questa organizzazione interna.
Tali proprietà mancano nei liquidi, nei gas e nella sostanze amorfe che, pur avendo un volume proprio e una scarsa
comprimibilità, non possiedono una struttura interna ordinata e regolare.
Una sostanza può cristallizzare in forme o modificazioni diverse, caratterizzate cioè da una diversa disposizione delle
molecole all’interno del cristallo, questo fenomeno è definito POLIMORFISMO. Le proprietà delle diverse modificazioni
possono essere molto diverse, ad es. il carbonio cristallizza in diamante o grafite. Il diamante è incolore, durissimo
trasparente e prezioso. La grafite è tenera, nera, opaca.
La struttura interna di un farmaco può influenzare le sue proprietà fisico-meccaniche e fisico-chimiche, in particolare
§ la stabilità chimica,
§ le caratteristiche tecnologiche (come ad esempio le proprietà di scorrimento e di compattazione di una polvere),
§ la solubilità,
§ la velocità di dissoluzione,
§ la biodisponibilità.
Molti farmaci possono cristallizzare in due o più strutture cristalline denominate polimorfi.
Es. il fenomeno del polimorfismo è particolarmente diffuso tra i sulfamidici, i barbiturici e gli steroidi.
In una famiglia di polimorfi esiste unna sola modificazione stabile, mentre tutte le altre sono metastabili e caratterizzate da
una maggiore attività termodinamica (es. solubilità) e dalla tendenza a trasformarsi nella forma stabile. La relazione di
stabilità tra due polimorfi in funzione della T viene determinata dallo studio del comportamento termico con l’analisi DSC.
Un fenomeno correlato al polimorfismo è chiamato PSEUDOPOLIMORFISMO: capacità di alcune sostanze di
incorporare molecole di solvente nel reticolo cristallino per dare nuove entità solide con composizione chimica
differente, formando i cosiddetti “solvati”; in particolare, nel caso in cui sia l’acqua il solvente di cristallizzazione si
parla di “idrati”.
Le forme solvatate di un farmaco possono avere punti di fusione e solubilità talmente diversi da influenzare il loro
comportamento farmaceutico in termini di solubilità, velocità di dissoluzione, biodisponibilità, stabilità chimica.
Perché studiare il polimorfismo di un farmaco?
Esempio:
Effetto della macinazione sulla conversione di fase dell’indometacina.
Le forme polimorfe dell’indometacina tendono a convertire per effetto della macinazione. Il tipo
e il grado di conversione dipende dalla temperatura alla quale il processo è condotto.
Se le forme α e γ vengono macinate a 4°C si produce una forma amorfa (stabile a 4°C), invece, se
la macinazione è condotta a 30°C, si osserva la conversione di fase da γ ad α.
Il meccanismo proposto per questa osservazione è che la forma γ sottoposta a macinazione
diventa amorfa, ma l’amorfo a questa temperatura tende a cristallizzare nella forma α.
TRANSIZIONI POLIMORFICHE
• La purezza
• Il grado di cristallinità
• Una stima del peso molecolare (polimeri)
La determinazione del punto di fusione permette di avere in modo semplice e rapido informazioni:
• sul tipo di composto (identificazione possibile per confronto con dati tabulati in letteratura)
• sul grado di purezza del composto
In teoria la fusione di una sostanza cristallina pura (a pressione costante) è caratterizzata da una entalpia di fusione ΔHf
(o calore latente di fusione) in un intervallo infinitesimo di grado corrispondente alla temperatura di fusione Tf.
L’allargamento dell’intervallo di fusione, accompagnato da un abbassamento della temperatura di fusione, è indice
della presenza di impurezze nella sostanza.
Le sostanze pure presentano una temperatura di fusione fissa e caratteristica individuabile grazie al fenomeno della
sosta termica, il periodo di tempo in cui, pur continuando a somministrare calore, la temperatura del sistema resta
costante perché l’energia fornita viene utilizzata per disgregare il reticolo cristallino.
La presenza di, anche piccole, quantità di impurezze in una sostanza causa:
un abbassamento della temperatura a cui inizia la fusione perché le impurità producono un indebolimento del
reticolo cristallino e, quindi, è necessaria meno energia per vincere le forze di coesione presenti;
un ampliamento dell’intervallo di temperatura in cui avviene la fusione (non esiste più la sosta termica)
PUNTO DI FUSIONE di MISCELE DI SOSTANZE
Un EUTETTICO è una miscela di sostanze, caratterizzata da un ben determinato rapporto in massa tra i suoi
costituenti, la cui temperatura di fusione, più bassa di quella delle singole sostanze che la compongono
assume un fisso e ben preciso valore. Quando le due sostanze sono miscelate nell’esatta percentuale che
corrisponde alla formazione dell’eutettico, il sistema si comporta come se fosse una sostanza pura e quindi si
osserva la presenza di un picco a una ben determinata temperatura, detta temperatura eutettica
Stabilità al calore
Un intervallo di fusione, oltre che della presenza di impurezze, può essere indice del fatto che la sostanza si
decompone durante il riscaldamento. Molte sostanze organiche, anche a temperature non particolarmente
elevate, se confrontate con quelle dei composti inorganici, si modificano, decomponendosi o decolorandosi.
La tecnica della determinazione della temperatura di fusione può essere utilizzata per stabilire fino a quale
temperatura è possibile riscaldare una sostanza senza che subisca alterazioni. Questo valore fornisce
indicazioni relative alla stabilità termica del composto e si può utilizzare per avere informazioni sulla possibile
temperatura di essicamento.
Sostanza pura
• Curva di fusione lineare
• Melting point definito da Tonset
• Esotermica
• Endotermica
CRISTALLINITA’
Inoltre, dai valori dell’entalpie di cristallizzazione a freddo (ΔHc ) e di fusione (Δ Hm ) è possibile determinare la
cristallinità di un materiale ( Xc ) sulla base della seguente equazione:
l picco ottenuto verrà integrato per determinare l’entalpia associata alla fusione.
Dato che soltanto le zone cristalline partecipano alla transizione di fase della fusione, l’entalpia di fusione del
materiale è un indice di quanto è cristallino il campione. Dividendo l’entalpia misurata per quella teoricamente
valutata del materiale cristallino al 100% si otterrà il grado di cristallinità misurato via DSC.
Esercitiamoci
È buona norma caratterizzare un composto allo stato solido con un ciclo di riscaldamento fino alla fusione,
raffreddamento e secondo riscaldamento, per verificare se per ricristallizzazione del fuso si ottiene sempre
la stessa fase.
a. Trimetoprim puro
b. PVP puro
Assorbimento
La luce può essere riemessa a diverse λ
(fluorescenza o fosforescenza)
Diffusione o Scattering
Riflessione/rifrazione/diffrazione
(particelle ordinate)
Anelastico Elastico Quasi-elastico
(diversa λ) (stessa λ) (quasi stessa λ)
es. Raman SLS DLS o QELS
particelle libere di
muoversi in
soluzione
Cambio della polarizzazione
Curiosità… Lo scattering della luce spiega perché il cielo è blu?
Assorbimento
Scattering
SCATTERING DI RAYLEIGH
Quando le dimensione della particella sono
più piccole della λ della radiazione incidente. SCATTERING DI MIE
L’intensità della luce scatterata è simmetrica Particelle perfettamente sferiche di dimensioni
in avanti e all’indietro rispetto al fascio dello stesso ordine di grandezza o maggiori
incidente ed è indipendente dall’angolo dello della lunghezza l’onda della radiazione
scattering (scattering isotropico). incidente.
SCATTERING GEOMETRICO
quando le particelle hanno un diametro molto
maggiore rispetto alla λ della radiazione
incidente lo scattering può essere calcolato sulla
base dell’ottica geometrica di riflessione,
rifrazione e diffrazione. Lo scattering è
fortemente dipendente dalla forma e
dall’orientazione della particella
I parametri principali che governano lo scattering e l’assorbimento della luce da parte
di una particella sono:
• La λ della radiazione incidente
• Il diametro della particella (Dp)
• Le sue proprietà ottiche (indice di rifrazione)
A seconda del valore di α, il fenomeno dello scattering può essere suddiviso in 3 domini:
• α<<1 Rayleigh scattering
• α≈1 Mie scattering
• α>>1 scattering geometrico
DIPENDENZA ANGOLARE
La luce viene diffusa dalla particella con un angolo inversamente
proporzionale alla dimensione della stessa. L’energia associata alla diffusione
diminuisce all’aumentare dell’angolo.
Perché?
Con l’aumentare della dimensione delle molecole, la quantità di luce scatterata
dipenderà dall’angolo di misura. Questo fenomeno è chiamato ‘dipendenza
angolare dello scattering’ proviene dal fatto che con l’aumentare della
dimensione molecolare i fotoni non sono più diffusi in modo indipendente ma
interferiscono tra loro.
Scattering isotropico è generato da
piccole molecole (Rg < 15nm) che
presentano una dipendenza angolare
nulla o trascurabile, lo scattering è
identico in tutte le direzioni.
Scattering anisotropo è generato da
molecole grandi (Rg > 15nm) per le
quali l’intensità diffusa varia con
l’angolo di misura θ, la luce è
scatterata in diverse direzioni con varie
intensità.
SLS – DLS
Gli esperimenti che si basano sul principio della diffusione della luce possono
essere divisi in due grandi categorie che differiscono per il modo in cui la
radiazione diffusiva viene raccolta ed analizzata.
Le due tecniche sono complementari nel senso che sfruttano due diverse
caratteristiche completamente indipendenti della luce diffusa
K= costante ottica
M= peso molecolare
Rθ= Rapporto di Reyleigh (rapporto tra intensità della luce scatterata e intensità della luce incidente) all’angolo di misura θ
A2= 2° coefficiente del viriale
C= concentrazione del campione
Θ= angolo di misura
P(θ)= fattore di forma
In termini semplici, l’equazione di Rayleigh ci dice che l’intensità della luce scatterata a un determinato angolo
dipende da molti fattori tra cui
- peso molecolare
- dimensione molecolare.
Equazione di Reyleigh
B22 :
Proprietà termodinamica che
descrive l’interazione tra molecola e
solvente.
A2 >0 la molecola tende a stare in
soluzione
A2 <0 le molecole tendono a
cristallizzare o aggregare.
DLS :caratterizzazione di nanoparticelle, dei colloidi e delle biomolecole
Biomolecole (es.
Emulsioni Liposomi
proteine)
Polimeri
Microemulsioni
Nanoparticelle
• Con la DLS si ottiene una distribuzione dimensionale (nel caso fossero presente diverse
popolazioni),
DLS-SLS
DLS
5. L’ equazione di Stokes-Einstein
consente poi di convertire il coefficiente
di diffusione in raggio idrodinamico.
Raggio idrodinamico
raggio di una sfera equivalente che diffonde alla stessa velocità della molecola che stiamo
studiando
Le particelle sono oggetti tridimensionali e molto spesso non sono delle sfere perfette quindi
non possono essere descritte da un singolo parametro come il raggio o il diametro.
Per particelle non sferiche, DLS darà un diametro di una sfera che ha lo stesso
coefficiente di diffusione medio delle particella analizzata.
Più piccole sono le particelleà più veloce sarà il moto browniano
Più grandi sono le particelleà più lento sarà il moto browniano
Le variazioni di intensità della luce diffusa sono analizzate dall’autocorrelatore che genera
una funzione di correlazione g2(τ). La curva risultante verrà analizzata per ottenere la
DIMENSIONE DELLA PARTICELLA e la DISTRIBUZIONE DIMENSIONALE.
DLS : funzione di correlazione
La linea di base da
L’angolo di informazioni sulla presenza di
decadimento grandi particelle/aggregati
fornisce
informazioni
sulla
polidispersità
della
dispersione
INDICE DI POLIDISPERSIONE
3
• Particelle molto piccole
• PdI medio
• Assenza di grandi particelle/aggregati
(linea di base piatta)
1
• Particelle grandi
• PdI medio
• Presenza di grandi particelle/aggregati
(linea di base rumorosa)
2
• Particelle molto grandi
• PdI alta
• Presenza di grandi particelle/aggregati
(linea di base rumorosa)
3
Monodisperso: Polidisperso:
tutte le particelle hanno la stessa campione costituito da particelle di
dimensione. diverse dimensioni.
POTENZIALE ZETA: misura della forza repulsiva tra le particelle ed un indice della
stabilità dei colloidi Una particella dispersa in un liquido generalmente
presenta delle cariche elettrostatiche superficiali (per es.
prodotte durante la polverizzazione) che determinano un
campo elettrico responsabile della ridistribuzione degli
ioni presenti nello spazio che circonda la particella.
Questa distribuzione comporta un aumento della
concentrazione di controioni in prossimità della
superficie.
In particolare, lo strato di liquido con gli ioni che
circonda la particella è composto da due strati che
costituiscono un doppio strato elettrico intorno a
ciascuna particella:
POTENZIALE ZETA: misura della forza repulsiva tra le particelle ed un indice della
stabilità dei colloidi uno interno (strato stazionario, o di Stern)
molto ricco di ioni di segno opposto fortemente
legati alla particella carica
uno esterno (strato diffuso), costituito da ioni di
entrambi i segni, ma con una predominanza
degli ioni che costituiscono anche lo strato di
Stern dove le interazioni sono più deboli.
Lo strato diffuso può essere diviso in due parti, lo
strato più interno (strato fisso, ricco delle cariche
dello strato di Stern) che rimane sempre legato allo
strato di Stern e lo strato più esterno che invece non
è legato al colloide (strato mobile).
Il punto si separazione è chiamato piano di
scivolamento (shear plane), poiché se si applica
una forza tangenziale solo lo strato interno si
muoverà con il colloide.
All'interno dello strato diffuso gli ioni formano strutture
metastabili:
quando la particella si muove nel liquido, gli ioni si
muovono con essa; in particolare, quelli oltre il piano di
taglio (shear plane) sostituiscono e sono continuamente
sostituiti dagli ioni liberi presenti nel liquido in modo che
le dimensioni del doppio strato, determinate dal potenziale
zeta rimangano costanti.
Poiché alla fine dello strato diffuso si ritorna alla
elettroneutralità, si genera una differenza di potenziale tra i
vari strati e la soluzione:
Il grafico mostra, per una generica particella carica, la
variazione del potenziale elettrico in funzione della distanza
dalla sua superficie: si può vedere come questo diminuisca
rapidamente all'interno dello strato stazionario, più
lentamente all'interno dello strato diffuso e poi ancora più
lentamente fino ad annullarsi, per definizione, all'infinito.
In particolare, poiché la carica intrinseca sulla
superficie della particella è schermata dalle cariche
dello strato stazionario, le interazioni fra particelle
saranno ovviamente regolate proprio dal potenziale
presente alla superficie di questo strato.
i tensioattivi non ionici, vengono adsorbiti creando una barriera all'avvicinamento delle
particelle.
Il potenziale zeta può essere calcolato misurando sperimentalmente la mobilità
elettroforetica
L’Electrophoretic Light Scattering ci consente di misurare la mobilità
elettroforetica di particelle sospese in un liquido, la quale è direttamente
proporzionale al loro potenziale Zeta come descritto dall’equazione di Henry.
SPETTRO ELETTROMAGNETICO
La spettrofotometria di assorbimento è interessata ai fenomeni di assorbimento delle
radiazioni luminose della regione dello spettro elettromagnetico appartenenti al
campo del visibile (350–750 nm) e del vicino ultravioletto (200–350 nm).
Viene interessato anche l’UV lontano (10 – 200 nm), anche se in questo caso si opera
sotto vuoto o in atmosfera di gas inerte, perché l’ossigeno atmosferico copre i segnali
delle altre sostanze.
Energia
Stato eccitato
hν> ΔE hν= ΔE
Radiazione NON assorbita Radiazione assorbita
hν< ΔE
Radiazione NON assorbita
Stato fondamentale
La branca dell'analitica che studia il comportamento della materia in questo campo va
sotto il nome di "spettrofotometria di assorbimento"
Una radiazione può essere assorbita dalla materia solo se la sua energia è pari alla
differenza di energia tra lo stato fondamentale e quello eccitato della molecola.
Lo spettrofotometro utilizza proprio questa capacità della luce di essere assorbita, a
diverse frequenze, dalle sostanze chimiche o biologiche.
SPETTRO ELETTROMAGNETICO
Raggi g Raggi X UV VIS IR RADIO
La luce visibile occupa solo una piccola porzione della zona centrale dello
spettro.
I nostri occhi percepiscono la radiazione elettromagnetica di lunghezza d’onda
compresa tra 700 nm (luce rossa) e 400 nm (luce violetta).
Alle diverse radiazioni visibili che differiscono per la loro lunghezza d’onda (quindi per la
loro diversa frequenza ed energia) corrispondono i diversi colori.
La luce bianca proveniente dal sole è policromatica perché contiene non solo frequenze
del visibile ma anche altre, per esempio UV e raggi infrarossi.
Al contrario, una radiazione di un solo colore caratterizzata da una ben precisa lunghezza
d'onda e frequenza, viene detta fascio di luce monocromatica.
Misurando:
I0 : intensità del flusso luminoso
all'ingresso della cella con il
campione
I : intensità del flusso luminoso
all'uscita della cella con il
campione
la frazione di luce trasmessa, rispetto a quella incidente, si definisce TRASMITTANZA T, data
da:
0<T<1
Questa grandezza esprime quale frazione della luce incidente ha attraversato il campione
senza essere assorbita, può assumere valori compresi tra 0 e 1, e tale rapporto è tanto più
piccolo quanto maggiore è stato l’assorbimento.
L’entità della radiazione assorbita è detta più comunemente ASSORBANZA (A) pari al
logaritmo dell’inverso della trasmittanza: l
I0
I
Soluzione di
concentrazione c
Poiché l’assorbimento della luce è funzione della concentrazione delle molecole
assorbenti, esiste una legge quantitativa che lega l’assorbanza (collegata alla trasmittanza)
in funzione della concentrazione. L’espressione è detta legge di Lembert-Beer:
l
𝑨 = 𝜺𝒄𝒍
dove
- ε coefficiente di estinzione molare [M-1 cm-1]
I0 I
- c concentrazione molare del soluto [cm]
- l cammino ottico (lunghezza della cuvetta) [M]
Soluzione di
concentrazione c
Quindi…
Se si conosce la costante ε, caratteristica della specie assorbente in esame, è possibile
determinarne la concentrazione, misurando A (per una opportuna λ)
c ppm
APPLICAZIONI DELLA SPETTROSCOPIA UV NELL’ANALISI FARMACEUTICA
VANTAGGI LIMITI
caffeina
RETTA DI TARATURA
La prima cosa da fare, qualora per la sostanza in esame non si conosca già il coefficiente di
estinzione molare che spesso si trova tabulato, è costruire una retta di taratura.
Si prepara una serie di concentrazioni note della sostanza in analisi pura e disciolta in un
solvente (acqua, alcool, solventi organici...), si misura il bianco (azzeramento
dell'assorbanza) con la cuvetta piena del solo solvente e quindi leggere le assorbanze delle
varie concentrazioni note ponendo le rispettive cuvette nello strumento una dopo l'altra.
La retta risultante tra Assorbanza sulle ordinate e Concentrazione (espressa per es. in
mg/ml) in ascisse sarà di questo tipo:
C (mg/ml)
A questo punto per determinare la concentrazione incognita del campione in analisi
basterà prepararne una diluizione nello stesso solvente, determinare il valore di
Assorbanza e, grazie alla retta creata con gli standard noti, ricavare il relativo valore di
concentrazione (considerando eventuali fattori di diluizione usati).
Retta di taratura di una soluzione di anticorpo monoclonale antiCD-20 (λ 280 nm).
• Si riporta su un grafico Excel l’Abs in funzione della concentrazione e si traccia una retta.
𝐴0
𝐶𝑥 % 𝑝⁄𝑣 =
𝐴 1%, 1𝑐𝑚
LA LEGGE DI LAMBERT – BEER È UN’ASTRAZIONE, ESSENDO VALIDA SOLO PER
SOLUZIONI MOLTO DILUITE
Circa le cause che provocano queste deviazioni, l'ipotesi più corretta è quella che
all'aumentare della concentrazione aumenta il numero di particelle in soluzione ed
aumenta anche il numero di urti fra queste; le forze interioniche e/o intermolecolari
aumentano e possono formarsi molecole o aggregati di particelle più complesse, diverse
per struttura da quelle in esame, per cui si potrà avere uno spostamento del massimo di
assorbimento.
Per questo motivo, le condizioni di lavoro usuali prevedono che le soluzioni siano sempre
diluite al massimo, compatibilmente con la sensibilità dello strumento, per avere di valori
accettabili di assorbanza.
1) L’ibuprofene mostra il massimo di assorbanza a 265 nm. Sapendo che ε265 = 8400
mol-1 cm-1 e lo spessore della soluzione attraversato dalla radiazione è di 1 cm calcolare l
concentrazione di una soluzione di tale sostanza se A265 = 0.70
Esercizio 2
La citosina ha un coefficiente di estinzione molare di 6 x 103 L mol-1 cm-1 a 270 nm ad
un valore di pH uguale a 7. Calcolare l’assorbanza e la percentuale di luce trasmessa
quando la concentrazione della soluzione è 1 x 10-4 M e quando la concentrazione
della soluzione è 1 x 10-3 M e lo spessore della soluzione attraversato dalla radiazione
è di 0.1 cm
Entriamo in laboratorio…
SPETTROFOTOMETRO UV-VIS
Lo strumento è costituito da diverse parti schematizzabili nella seguente figura:
Una sorgente di luce, generalmente nell'UV/visibile, genera la luce che viene filtrata da
un monocromatore in grado di lasciar passare una singola lunghezza d'onda.
Nello strumento l'impostazione della lunghezza d'onda di utilizzo viene effettuata
generalmente in via digitale tramite in pannello elettronico dello strumento.
Questa radiazione passa attraverso l'alloggiamento dello strumento in cui viene posto
il campione, all'interno di una provetta particolare chiamata cuvetta.
COMPONENTI DI UNO SPETTROFOTOMETRO
I0 I1
Monocromatore Rivelatore
seleziona una stretta converte la radiazione
banda di lunghezze d’onda elettromagnetica
dallo spettro della trasmessa in energia
sorgente elettrica
Sorgente Cella
in cui viene inserito il
fornisce una radiazione
campione da analizzare
continua sulle lunghezze
d’onda di interesse
1. SORGENTE di LUCE POLICROMATICA
Parte dell’apparecchio da cui prende origine la radiazione policromatica (contenenti cioè tutte le
lunghezze d'onda del campo richiesto) che viene diretta sul campione.
Negli strumenti che misurano la luce ultravioletta e visibile sono presenti due diverse lampade:
Dopo la sorgente è posta inoltre la 'fenditura di ingresso' che serve (associata anche a lenti e/o
specchi) a rendere paralleli i raggi ed evitare luce diffusa nello strumento.
2. MONOCROMATORE
Il monocromatore è il sistema ottico usato per disperdere la luce policromatica in bande
monocromatiche, che vengono inviate in successione sul campione.
il monocromatore, tramite una serie di specchi e lenti mobili, può isolare una sola componente cromatica
(ovvero lunghezza d'onda) per poi utilizzarla
Esistono due tipi di monocromatori:
• basati su FILTRI (ottici o interferenziali), che bloccano una parte della luce e lasciano passare
solo la parte desiderata
• basati su un ELEMENTO DISPERDENTE (prisma o reticolo), che separano le varie componenti
della radiazione e ne permettono la successiva selezione della banda desiderata
3.
Tale segnale elettrico (proporzionale all'intensità luminosa) viene poi trasferito a un indicatore
analogico o elaborato per via elettronica in modo più o meno complesso.
Costituisce la parte dello strumento che esegue la misura vera e propria, molto importante, per quanto
riguarda sia la sensibilità sia l'accuratezza dello spettrofotometro.
In UV-Vis si possono utilizzare:
Ø Fototubi e fotiomoltiplicatori;
Ø Fotodiodi.
Infine…
SISTEMA DI ELABORAZIONE E PRESENTAZIONE DEI DATI
Il segnale proveniente dal rivelatore viene opportunamente amplificato e un amperometro ne rileva
l’intensità.
Il lettore converte il segnale elettrico in un valore numerico proporzionale all’intensità del segnale, e
questo valore va da 0 a 100.
Ponendo pari a 100 il valore del segnale in assenza del campione, otteniamo la trasmittanza e da
questa l’assorbanza.