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N° 3525

CHIMICA FARMACEUTICA E TOSSICOLOGICA 1


2012-2013

DI FABIANA

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CHIMICA
FARMACEUTICA E
TOSSICOLOGICA I
Sbobine complete

Anno scolastico 2012-2013


Prof. Fruttero

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CHIMICA FARMACEUTICA E TOSSICOLOGICA I

È una disciplina molto complessa, ce ne renderemo conto studiandola. Secondo la definizione IUPAC, si
occupa della scoperta, dello sviluppo e direi anche della progettazione ed interpretazione del
meccanismo d’azione di composti biologicamente attivi. Il farmaco costituisce il suo oggetto di studio
più importante e quindi fa già una prima distinzione tra composto biologicamente attivo e farmaco. Un
composto biologicamente attivo è un qualsiasi composto che ha in qualche modo una sua attività in un
sistema biologico che può essere animale o vegetale e ha una qualsiasi attività. Il significato di farmaco
è in senso più stretto, è un composto biologicamente attivo che può essere utilizzato a fini terapeutici o
anche diagnostici nella cura di patologie umane o animali. In realtà la chimica farmaceutica è molto
vasta e si occupa di principi attivi molto in generale, però ovviamente il suo principale campo di
applicazione è quello dei nuovi farmaci. Non si occupa solo della progettazione e della sintesi, ma anche
della caratterizzazione dei farmaci, quindi la chimica farmaceutica si occupa dello studio del farmaco
da quando questo viene progettato fino a seguire il percorso che il farmaco fa nell’organismo, quindi di
assorbimento, distribuzione fino all’escrezione, ma soprattutto fino all’attività biologica. Disciplina
molto vasta, che fonda le proprie radici nelle scienze chimiche, biologiche; proprio per queste per
studiarla sono richieste competenze biochimiche, biologiche, mediche (patologia) e soprattutto di
chimica organica.

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Non vi sarà (penso) mai chiesto di indicare il nome chimico di un farmaco, ma di ricordare solo la
struttura e le proprietà. Non voglio dire che non dobbiate sapere la chimica organica, perché le
proprietà del farmaco e alla fine tutto il comportamento del farmaco dipende dalla struttura. La
chimica farmaceutica è solo una piccola parte della farmacologia che in senso lato è lo studio del
farmaco.

Ci sono due corsi di chimica farmaceutica: la I e la II. La I fa un discorso molto blando sul _________
del farmaco, vi darà solo delle nozioni e invece affronteremo molto bene tutte le fasi d’azioni del
farmaco, quindi la fase farmaceutica, farmacocinetica e farmacodinamica.
Faremo questo studio, tenendo presente i parametri chimico-fisici che influenzano le fasi d’azione del
farmaco. Facendo questa parte generale che è di supporto alla seconda parte. Utilizzeremo come
esempi dei farmaci che vedrete anche nella parte sistematica. Alcune volte sarà difficile trovare come
esempi dei farmaci che verranno utilizzati nella seconda parte del corso, ma verranno utilizzato esempi
di farmaci che vedremo nella chimica farmaceutica II. Per quanto riguarda i farmaci trattati nella
seconda parte (Lazzarato) verrà sicuramente chiesta la struttura, degli esempi fatti in questa prima
parte non verrà chiesta la struttura ma solo l’attività. La Fruttero insiste molto sulla descrizione dei
parametri chimico-fisici che vanno ad influenzare il comportamento del farmaco nel sistema
dell’organismo.

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Quindi cercheremo di soffermarci molto su questo. Su alcuni argomenti la Fruttero era solita mettere
domande ed esercizi (con diversi calcoli), ma delle modalità di esame ne parleremo alla fine del corso.
Invece per quanto riguarda la parte della Lazzarato, vedrete la descrizione di alcune classi
terapeutiche, in particolare classi di farmaci che vengono utiizzati per trattamenti terapici come
antibatterici, antimicotici e anche farmaci antitumorali. Questa sarà la parte descrittiva e sistematica
che dovrete studiare nella chimcia farmaceutica I.

Nella chimica farmaceutica II parleremo di tutte le altri classi, quelle che agiscono a livello centrale,
quelle che agiscono a livello periferico. Ovviamente ci saranno formule da memorizzare, nello studiare
bisogna imparare le parti più salienti delle strutture e di legare sempre le caratteristiche chimico-
fisiche del farmaco alla sua struttura e als uo comportamento, non va studiato come un elenco del
telefono ma con un altro approccio. Per quanto riguarda i libri, non si consigli acquisto libro almeno per
la prima parte.
Avete frequentato nel primo semestre il corso Caron/Visentin e avete affrontato logP, logD e lipofilia,
questi sono i parametri chimico-fisici che affronteremo, importanti non solo nell’analisi dei farmaci,
sono importanti anche nello
studio del farmaco e
nell’elaborazione del farmaco
da parte della ditta
farmaceutica.
La ditta farmaceutica,
sempre di più, è meno legata
all’effetto del nuovo farmaco,
molto spessoi nuovi farmaci
sono un’elaborazione di
farmaci già in uso.
La modalità di esame rimarrà
la stessa, quindi uno scritto e
un’orale, ma ne parleremo
come vi ho già detto alla fine
delle mie lezioni.
(Le definizioni delle slide sono state lette alla lettera, quindi da studiare per bene)

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Il farmaco è uno xenobiotico, ma lo xenobiotico può essere anche un additivo alimentare per esempio,
cioè una sostanza che non fa parte dei composti fisiologici, lo xenobiotico tutto ciò che non è presente
nell’organismo quindi che proviene dall’esterno.
C’è chi usa il termine farmaco e medicamento come sovrapponibili, il farmaco è appunto un’entità
chimica di naturale o di sintesi, il medicamento o forma di dosaggio è una formulazione complessa. Si
possono distinguere due tipi di medicamento: la forma farmaceutica (il farmaco è abbinato ad
eccipienti) e la specialità medicinale (forma farmaceutica preparata da una casa farmaceutica).
La definizione normativa di farmaco: preparato medicinale il cui impiego clinico o veterinario è stato
autorizzato dall’autorità preposta, dall’AIFA.

La storia della chimica farmaceutica è molto lunga, ci vorrebbero pagine e pagine, ma vediamo solo
alcuni eventi importanti.
 1897: il primo farmaco di sintesi, i farmaci più vecchi sono tutti di origine naturale, quindi
questa data è molto importante in quanto data di sintesi dell’acido acetilsalicilico prodotto dalla
Bayer.
 Altra data storica lo studio della farmacologia, lo studio di come un farmaco va a interagire con
un sistema biologico, uomo o animale; prima i farmaci naturali univano utilizzati in modo
abbastanza empirico.

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 XX secolo: la chimica farmaceutica diventa una disciplina a sé stante, prima non lo era, era
considerata un ramo particolare della farmacologia. Questo sviluppo c’è stato perché i
ricercatori hanno dimostrato che si potessero sintetizzare delle molecole aventi determinate
proprietà biologiche. Oggi invece si è fatto un passo indietro, si sono sintetizzate moltissime
molecole, oggi si cerca di ottimizzare l’uso delle molecole che ci sono già. All’epoca si cercava di
scoprire nuove molecole, poche molecole di sintesi.
 Dal XX secolo in poi, la chimica farmaceutica si è sviluppata grazie alle competenze acqusite in
diversi campi, quali la chimica organica, l’analisi dei farmaci. La ditta farmaceutica si occupa
molto dell’analisi dei farmaci, l’analisi dei farmaci non è una materia confinata nella facoltà di
farmacia piuttosto che nel corso di laurea di ctf, ma è un’analisi molto importante anche per le
ditte farmaceutiche che fanno studi sui farmaci. Tutte le innovazioni che ci sono state nel
campo dell’analisi dei farmaci, hanno consentito lo sviluppo della chimica farmaceutica.

Anche qui la classificazione dei farmaci, ci


sono stati diversi metodi di classificazione
dei farmaci, i farmaci si classificano in base
alle fonti, in base all’origine (mondo minerale,
animale, microorganismi, vegetale come la
morfina, di sintesi o semisintesi), in base alla
modalità d’azione, alla classe terapeutica e
alla struttura chimica. Ciò che è importante
ricordare è la terminologia, classificanzo i
farmaci in base alla modalità d’azione,
abbiamo farmaci eziologici cioè che curano la
causa, possono essere sintomatici, possono
essere preventivi (non curano i sintomi, ma
ovviamente prevengono) e possono essere sostituitivi. Nella chimica farmaceutica I, di fatto facendo gli
antimicrobici ad esempio facciamo lo studio di farmaci _________, non vedrete farmaci sostituitivi
che sono quel tipo di farmaci che mimano l’azione di molecole che per qualche motivo sono carenti
nell’organismo e si tratta ad esempio di ormoni. Per i preventivi portiamo come esempio l’aspirina come
antitrombotico.
Poi vengono classificati in base alla classe terapeutica, antimicrobici, antiipertensivi. Poi vengono
distinti in base alla struttura chimica, ma ci soffermeremo più avanti. Vengono distinti in base al target
molecolare (farmaci che interferiscono con i mediatori chimici, farmaci che non intereferiscono con
messaggeri cellulari). Una distinzione
importante è quella in base al meccanismo
d’azione, si distinguono in farmaci
strutturalmente aspecifici (sono farmaci che
hanno un’attività assolutamente e largamente
indipendente dalla struttura, generico sito di
binding) e specifici (attività strettamente
dipendente dalla natura, specifico sito di
binding). Molti farmaci che si pensava fossero
aspecifi, in realtà si è scoperti che sono
specifici. Un’altra classificazione che un
farmacista fa è la classificazione ATC, l’indice
anatomico-terapeutico-chimico.

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I farmaci possono essere di orgiine


naturale: dal regno vegetale come la
digossina o il taxolo, o dai funghi come
la penicillina G (antibiotico), ma tutti
questi li vedremo in dettaglio più
avanti. La natura è stata un ottimo
serbatoio di farmaci, da un certo in
momento in poi si è iniziato estrarre
farmaci dalla natura e a modificarlo
naturalmente per cercare di
migliorarlo.
Questo è il caso delle penicilline
(scoperta da Fleming), che derivano
tutte quante dalla penicillina G. la
struttura della penicillina G, è quella in cui il gruppo amminico ha il sostituente indicato nella slide,
prodotta in grande quantità dai
funghi. Si è cercato di estrarre la
penicillina G e di modificarla,
ottenendo penicilline semplici. Per
ottenere le penicilline si lavora
quindi sul gruppo sostituente
dell’ammina, il gruppo delle
penicilline è quindi di per sé un
gruppo molto omogeneo, si
differenziano tutti per quel
sostituente, anche perché è l’unica
variazione che si può fare senza
alterare ovviamente l’attività
biologica.
Di origine sintetica c’è stata un’
escalation di farmaci che sono stati sintetizzati in laboratorio. Nella seguente slide, abbiamo tutti
farmaci antiipertensivi tr acui la nifedipina, la prazosina, tutti farmaci che sono accomunati dalla
modalità d’azione, quindi avremo
farmaci presenti nella stessa classe
terapeutica. I farmaci con la
medesima struttura chimica, hanno
spesso meccanismo d’azione diverso,
ad esempio le 1,4-diidropiridine sono
dei calcio bloccanti, le 1,4
benzodiazepine, hanno struttura
simile ma sono ansiolitici (sono
entrambi appartenenti alla classe
degli steroidi). Quindi anche farmaci
che appartengono alla stessa classe
possono avere effetti differenti.

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È una classificazione molto usata in farmacia. Ad ogni farmaco viene dato un codice, altamente
identificativo, dove la prima lettera indica sempre l’organo bersaglio (vedi slide sopra). Poi abbiamo il
gruppo terapeutico, basti sapere che la sigla indica non solo il farmaco, ma l’organo bersaglio, il gruppo
terapeutico, il sottogruppo terapeutico, la classe chimica e il principio attivo. Ad esempio, il valium,
nome generico
diazepam, viene
registrato con suo
codice ATC; ma già
nel caso della
clonidina, la
situazione è già più
complicata perché ha
due codici a causa dei
suoi diversi effetti
su organi diversi,
varia anche l’organo
bersaglio.
Il concetto è che il
farmaco può avere
più codici, abbia più
funzioni.

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Esiste una lista di


farmaci in
commercio, questa
lista viene aggiornata
ogni due anni;
osserviamo che dal
1977 al 1997, quindi
in 20 anni si sono
aggiunti 166 farmaci.
Non si sa perché
vengano chiamati
“farmaci essenziali”,
da cosa dipenda
l’essenzialità.

Nomenclatura è molto importante. Ogni farmaco è indicato con un nome, l’aspirina è stato chiamato così
dalla Bayer per
indicare l’acido
acetilsalicilico.

 Il nome
commerciale,
brevettato è
sempre un nome
fantasia;
 Il nome generico
che serve per
identificare una
determinata
molecola perché
serve alle altre
case
farmaceutiche (a
brevetto scaduto)
a produrre quel
farmaco, ad esempio paracetamolo, che la comunità internazionale riconosce come quel farmaco;
noi utilizzeremo spesso il nome generico, una delle principale difficoltà dello studente è quello di,
in seguito allo studio della chimica farmaceutica, con lo studio di nomi generici, di trovarsi in
farmacia con migliaia di scatolette con il nome commerciale;
 Il nome chimico è quello che non si usa mai.

Quando una ditta farmaceutica fa un brevetto, non brevetta solo l’aspirina, la Bayer ha brevettato
l’aspirina e varie alterazioni strutturali dell’aspirina; la ditta farmaceutica si tiene molto larga, scaduto
il brevetto, anche altre ditte farmaceutiche possono metterci mano. In Italia tante piccole ditte fanno
dei farmaci generici che possono essere preparati allo scadere del brevetto.

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Il nome chimico non è


così difficile nel caso
dell’aspirina, con un
piccolo sforzo l’acido
acetilsalicilico e il
paracetamolo siete in
grado di disegnarlo.

Studiando la farmaceutica vi renderete conto che a determinate strutture corrispondono determinate


desinenze molto spesso, per esempio quando termina il nome di un farmaco con “-cillina” sicuramente è
presente della penicillina, stessa cosa per la ciclina.

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Come ben sapete, la struttura esterea varia in ambiente acido e basico, se vediamo un farmaco
contenente una struttura esterea, sappiamo come sarà in ambiente acido e basico. Molto importante un
ripasso di chimica organica.

Questi eterocicli sono molto ricorrenti nelle


strutture dei farmaci che vedrete con la
professoressa Lazzarato.

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Sta uscendo un nuovo testo, il Greco, un testo che racchiude assieme gli antitumorali. Chi non ha ancora
i testi si tenga materiale didattico e slides e ci pensi ancora un attimo prima di andare a cercare il libro
di testi e di attendere il libro che è già preparato con gli antitumorali. Tutti i libri di farmaceutica sono
tomi voluminosi dove c’è molto di più che dobbiamo imparare. I testi di Greco sono molto ben fatti e
sintetici dove c’è il minimo di ciò che dobbiamo sapere (C’è una selezione delle cose importanti).

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Abbiamo visto come


avviene nella ditta
farmaceutica la
scoperta e lo sviluppo
di farmaci, abbiamo
visto la scelta della
malattia da trattare
come viene fatta, la
scelta del bersaglio
che viene fatta sulla
base di conoscenze
sulla biochimica che
abbiamo ampiamente
acquisito.
Eravamo
all’identificazione del
LEAD COMPOUND o i
lead compound sono
una serie di composti su cui vengono effettuati i primissimi studi, non è detto che debbano essere
prodotti già attivi sui sistemi che si vogliono studiare o sui quali si vogliono sviluppare i farmaci, non è
detto che siano privi di effetti tossici perché sono abbastanza sconosciuti, sono molecole organiche
potenzialmente attive.
Eravamo nella fase dell’identification, nell’identificazione appunto dei lead compound. Abbiamo
cominciato a veder quali siano le principali strategie di identificazione di questi lead. Un aiuto come al
solito viene dato dalla natura quindi la ricerca, la caratterizzazione, l’estrazione di molecole provenienti
dalla natura, tra gli alcaloidi (fonte principale nel campo della natura), glicosidi. Eravamo arrivati a una
terza modalità, lo screening sistematico che adesso va molto meno di moda ed era la possibilità di molte
ditte farmaceutiche di provare
varie molecole che avevano
determinate attività su
determinati sistemi anche su
altri sistemi tramite l’uso di
animali modello.
Tutte questi primi studi
vengono effettuati su animali
modello, ci sono dei veri e
propri protocolli che vedono
quel particolare tipo di animale
per quel determinato target da
studiare ed è questo il modo in
cui sono nati, a partire da
molecole che hanno attività
antistaminico, dei neurolettici e
degli anticolinergici. Esempi di
nuovo da non studiare non nel particolare perché fanno parte della farmaceutica II.

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Il modo di effettuare uno


screening sistematico su diversi
tipi di composti deriva proprio
dalle collezioni di composti che nel
frattempo una ditta farmaceutica
accumula negli anni, le ditte
farmaceutiche lavorano sulle
sintesi di composti e producono una
quantità di composti enorme.
In una sintesi gli intermedi
producono una quantità enorme di
derivati. Uno dei modi per cercare
un ipotetico iter può essere quello
di iniziare a testare delle collezioni
di prodotti che l’industria
farmaceutica ha in casa o che può anche acquistare dall’esterno da altre ditte farmaceutiche o che può
acquistare da laboratori dell’università, quindi non è detto che siano composti di proprietà purché
dall’analisi dei brevetti non risulti che siano stati brevettati da un’altra ditta farmaceutica o che siano
coperti da brevetti dell’università (perché anche l’università fa sintesi di composti e li può brevettare).
Questo riguarda l’isomiazide, per esempio, è un antitubercolare che fa parte dei farmaci che vedrete
con Lazzarato, la sua attività tubercolare è stata scoperta in questo modo, la ditta aveva deciso di
screenare una serie di tiosemicarbazoni derivati dall’isochinolincarbaldeide per attività
antitubercolare. Questi test di screening su animali modello hanno evidenziato che l’isoniazide, che è un
intermediario della sintesi per arrivare a questi derivati, era molto più attiva dei derivati stessi. Hanno
pensato di fare lo screening non solo sui prodotti finali, ma anche su questo intermedio ed è risultato
molto più attivo dei composti che si volevano usare come antitubercolari.
Le ditte farmaceutiche,
soprattutto ultimamente, hanno
sviluppato processi di sintesi,
molto veloci attraverso la sintesi
combinatoriale cioè un modo
particolare di fare sintesi che
consente di fare sintesi su piccole
quantità di composti senza
necessità di tutti quei processi di
purificazione che devono seguire la
sintesi, perché nella sintesi da un
reattivo non si ottiene solo il
prodotto in quantità e resa del
100%, ma molto spesso si ottiene il
prodotto desiderato in presenza di
prodotti non desiderati. La sintesi combinatoriale è innanzitutto una sintesi automatizzata, fatta in
fase solida e quindi su resine, in piccolo, su sistemi su resine che fanno in modo che avvenga la reazione
e si riesce a fare in modo che si sleghi il prodotto della reazione da queste resine, ottenendolo puro
senza processi di purificazione. Questo è un modo molto veloce, in questo modo si riescono a produrre
delle vere e proprie librerie di prodotti, in modo più veloce! C’è modo di fare dei test di screening su
questi prodotti per isolare il cosiddetto prototipo.

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Un altro modo di arrivare a un


lead che funzioni su un
determinato bersaglio è quello di
indagare, di studiare un po’ meglio
gli effetti secondari dei farmaci.
I farmaci hanno sempre un
effetto principale e uno o più
effetti secondari, talvolta gli
effetti secondari di un farmaco
sono così spiccati che è possibile
sfruttare questo farmaco anche
per altri fini terapeutici. Talvolta
questi effetti collaterali, magari
spiccati, si riesce a capire che
siano dovuti a una particolare
struttura presente nel farmaco,
quindi quello che il chimico farmaceutico fa è trasformare il farmaco di partenza cercando di
conservare quella porzione che fa in modo che ci sia quell’effetto collaterale che in questo caso diventa
voluto. È il modo attraverso il quale si sono sviluppati a partire dai sulfamidici (farmaci antibatterici)
almeno due classi di diuretici e un’importante classi di ipoglicemizzanti. I sulfamidici sono farmaci
antibatterici ricchi di effetti collaterali, i due principale effetti collaterali erano quello diuretico e
ipoglicemizzante, studiando meglio la struttura e i componenti strutturali che favorivano l’uno p l’altro
effetto collaterale, nel tempo, con diversi passaggi, si è arrivati alla definizione delle caratteristiche
che davano l’effetto diuretico e di quelle che davano l’azione di tipo ipoglicemizzante, si è arrivati a
produrre queste importanti classi
di farmaci. Questi sono esempi
ma ce ne sarebbero tantissimi,
l’importante è capire il concetto.
Poi ancora lo studio dei
metaboliti, talvolta sono stati
sintetizzati farmaci, è un
commercio che si fa; il fatto che
nel farmaco vi siano dei
metaboliti attivi viene scoperto
ovviamente prima dell’immissione
in commercio, quando si fanno dei
test sul metabolismo dei farmaci.
Tanti farmaci in commercio sono
in realtà dei farmaci che si
attivano mediante metabolismo o
che diventano più attivi mediante metabolismo o che hanno nel loro derivato di metabolismo anche
un’azione completamente diversa ed è il caso dell’idrossizina che è un antistaminico di prima
generazione, antistaminico sì, ma che ha come effetto secondario un forte effetto sedativo, quello che
è attivo come antistaminico è più che altro il suo derivato metabolico dovuto all’ossidazione da parte del
citocromo CYP450, quindi ossidazione epatica, parliamo quindi della cetirizina; studiando questo
metabolita che si otteneva dall’idrossizina si è scoperto che in realtà aveva un ottimo effetto
antiallergico e antistaminico ed era privo di quegli effetti sedativi che riguardavano l’idrossizina, come

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antistaminico la cetirizina che è un metabolita dell’idrossizina è sicuramente migliore del suo


precursore. Lo stesso vale per il prontosil rosso, si è scoperto che il vero e proprio principio attivo era
il derivato della riduzione da parte del citocromo P450 cioè il cosiddetto prontosil bianco. Questo è un
altro esempio di quando il vero lead possa essere il metabolita di un farmaco.
Un’altra gande fetta della ricerca del lead compound è sulla farmacomodulazione dei lead naturali, cioè
dei messaggeri
cellulari. I farmaci,
soprattutto quelli
della farmaceutica II,
vanno ad essere
agonisti o antagonisti,
quindi stimolano o
bloccano, dei percorsi
dei messaggeri
cellulari che elaborano
un determinato
effetto finale. La cosa
migliore per cercare di
bloccare o di stimolare
una determinata
attività biologica è
quella di fare dei
farmaci simili ai lead
naturali; nel sistema nervoso centrale ci sono il sistema istaminergico, adrenergico, dopaminergico e
noradrenergico, il modo migliore per identificare un lead che funzioni su questi sistemi è andare a fare
delle modifiche su adrenalina, serotonina, istamina… sui modulatori naturali. Questo lavoro è stato
fatto ampiamente, ottenendo dall’adrenalina vasocostrittori, dalla serotonina diversi farmaci per il
trattamento dell’emicrania, ecc.. questo è un esempio di come è stata modulata l’adrenalina, non è detto
che dal lead naturale si
ottengano soltanto
agonisti che fanno
quindi lo stesso lavoro
dell’adrenalina, si
possono ottenere anche
farmaci antagonisti che
fanno quindi un effetto
opposto fatto
dall’adrenalina.

Nella slide a sinistra


vediamo altri esempi di
farmaci che fanno
parte della chimica
farmaceutica II.

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Oppure farmacomodulazione di un lead naturale ed p il caso della modulazione che è stata fatta sulla
morfina, da morfina e codeina che abbiamo visto che sono estratti dal lattice della capsula, si
ottengono morfine, codeina e
diversi altri alcaloidi. Morfina e
codeina che sono i più attivi e
interessanti sono stati
ampiamente modulati ed in
particolare dalla morfina sono
stato ottenute almeno 4 classi di
oppioidi particolarmente
importanti anche utilizzati in
terapia che sono morfinani,
benzomorfani, fenilpiperidine e
difenilpropilamine. Queste
modificazioni sono state fatte
andando di volta in volta ad
eliminare una porzione, nella
nomenclatura della morfina tutti
gli anelli sono identificati con delle lettere, in questa modulazione si è provato via vai ad eliminare un
anello del sistema della morfina e si sono ottenute queste classi di composti, tutte hanno un’attività.
Questa è sempre farmaceutica II,
questo vuol dire che non dovrete
ricordare le strutture, ma gli
esempi di morfina e codeina da cui
sono stati ottenuti via via derivati
più semplici eliminando degli anelli.
Inoltre c’è un altro modo molto
comodo di fare venir fuori un lead,
ed è quello dei cosiddetti farmaci
copia. Un modo molto comodo che
hanno le ditte farmaceutiche di
identificare un nuovo prodotto è
quello di copiare il farmaco che p
stato messo in commercio da
un’altra ditta farmaceutica,
ovviamente per una questione brevettuale non è possibile copiare il farmaco di un’altra ditta
farmaceutica, una ditta che immette in commercio un farmaco non brevetta soltanto qual farmaco ma
brevetta quel farmaco e diverse modificazioni strutturali di quel farmaco. Se una ditta farmaceutica
però concorrente riesci ad individuare una struttura simile al farmaco dell’altra ditta ma che non sia
coperta da brevetto allora può provare a sintetizzarla e a testarla sullo stesso target molecolare (per
questo è molto importante fare i brevetti ed individuare le strutture). È il caso del captopril (ACE
inibitore, ipertensivo) che era stato coperto da brevetto, la cui modulazione ha portato alla nascita per
modificazioni strutturali di almeno tre farmaci (in due casi si tratta della ditta Merck) che sono
strutturalmente simili, sono ACE inibitori e derivano tutti dal captopril. Questo è un metodo molto
comodo che fa risparmiare molto tempo, sempre se si è molto fortunati da individuare qualche buco,
qualche carenza nel brevetto della ditta. Molto spesso questi farmaci copia sono più attivi rispetto al
farmaco di partenza , anche perché viene fatto tutto un lavoro di farmacomodulazione.

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Un altro caso è quello della


nifedipina che è un prototipo delle
1,4 diidropiridine (antipertensivi).
Vediamo dalla slide quanti derivati
ottenuti fondamentalmente per
modulazione delle funzioni esteree
della 1,4 diidropiridina sono stati
messi in commercio da diverse
ditte. Messi tutti in commercio da
ditte diversi.

Poi ci sono metodi molto più razionali,


molto meno comodi, progettazione sulla
base di target molecolari, molto
difficile perché bisogna aver
caratterizzato attentamente con la
cristallografia a raggi x la proteina
bersaglio (sempre se di proteina si
tratta) o target per quel determinato
farmaco o prototipo, a tavolino sulla
base della modellistica molecolare, è
possibile tentare di disegnare un
prototipo per sintetizzarlo e testarlo.
Cosi sono nati i cosiddetti COXIB, gli
inibitori selettivi della COX-2 che sono
farmaci antinfiammatori.
Molto spesso questa progettazione
offre parecchio lavoro perché nel caso
del captopril (ACE inibitori) si può
studiare nel dettaglio questo enzima
ed andare a cercare dei modelli che
blocchino proprio questo enzima, in
realtà il sistema su cui si va agire è
molto complesso, i passaggi sono molti,
il sistema renina-angiotensina e i punti
su cui si può intervenire sono molti e
sono molti i farmaci che hanno
un’attività su questo sistema.

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Un altro sistema di progettazione su


basi razionali è stato fatto sulla
modulazione dell’istamina per
ottenere cimetidina e ranitidina, che
sono farmaci antiulcera, antiH2
attivi sul recettore dell’istamina di
tipo H2. In questo caso ci si è basati
sulla modulazione di un lead che è
l’istamina. Tentando di modularlo si
sono ottenuti tutta una serie di
modelli, ma queste modifiche non
sono state fatte basandosi sul caso
ma sono state fatte in modo
razionale cercando di identificare
quale fosse la sottostruttura. La
burimamide e la metiamide avevano problemi di tossicità, si è cercato di eliminare questo aspetto di
tossicità e di migliorare
l’antagonismo al recettore H2,
facendo tutta una serie di
modifiche, quindi attraverso uno
studio molto lungo si è arrivati
quindi poi a questi due modelli: la
cimetidina introdotta in
commercio nel ’74 e la ranitidina.
Alla fine di tutta questa
modulazione, la cimetidina ancora
ancora, ma la ranitidina non
assomiglia molto all’istamina di
partenza. Ci si è arrivati con un
lunghissimo percorso razionale,

modulando la struttura tentando


di eliminare le porzioni strutturali
che potevano dare dei problemi,
però di fatto si è arrivato a un
farmaco strutturalmente
completamente diverso rispetto
all’istamina.
Una volta identificato il lead o i
lead (spesso ci sono anche una
decina di candidati modello, di lead
per potenziali farmaci, non per
l’immissione in commercio ma di
lead per gli studi approfonditi che
avverranno in seguito), si fanno
approfonditi studi di relazione
struttura attività. Non approfondiremo questo aspetto.

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La relazione struttura attività che


possono essere fatte in gran parte
fornendosi della modellistica molecolare,
avendo la cristallografia a raggi x della
proteina, del sito bersaglio, dell’enzima su
cui il farmaco deve agire è molto facile
costruirlo a tavolino; non è detto che
funzioni ma è molto semplice che funzioni a
tavolino, oppure sintetizzando tutta una
serie di composti che vanno testati nei
test in vitro per vedere quale sia l’attività
e vedere se sia migliore o peggiore e quindi
per fare una scala di attività dei LEAD che
abbiamo identificato.
Le relazioni struttura attività le faremo dei farmaci che abbiamo studiato, si stanno andando a valutare
dei lead, immaginiamo di aver un pool di
10 lead si prendono questi potenziali
farmaci e si va ad evidenziare, gruppo
funzionale per gruppo funzionale, quali
potrebbero essere le interazioni che
questo gruppo funzionale dà con il sito
target, il sito bersaglio. Si fa un lavoro di
modulazione, difficile dal punto di vista
sintetico, come è stato fatto per la
morfina dove sono stati eliminati via via
gli anelli, in questo caso si eliminano o si
sostituiscono i gruppi funzionale per
vedere che effetto fa sul sistema,
sempre test in vitro che danno risposte
più veloci (non sono ancora test su animali modello, ma in vitro su colture cellulari).
L’ossidrile, come sappiamo, è spesso coinvolti il legami idrogeno, se tolgo l’ossidrile che effetto avrò?
Se tolgo un estere che effetto avrò? Se
faccio un estere su un ossidrile che
effetto avrà sull’attività? Facendo questo
si va a capire quali siano le porzioni
strutturali importanti per l’interazione
con quel determinato sito bersaglio ed
eliminando le strutture, sostituendo,
ecc… si arriva a capirlo. Importante
considerare anche la stereochimica
perché vedremo poi quando l’interazione
con un recettore è altamente specifica,
nella maggior parte dei casi ha la sua
importanza, spesso l’attività è anche
stereoselettiva, spesso solo un
enantiomero è attivo o spesso uno solo dei due enantiomeri è meno attivo dell’altro.

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È molto difficile, se l’azione è


specifica e se l’interazione con
il recettore è molto selettiva,
che i due enantiomeri abbiamo
la stessa attività
farmacologica e scatenino lo
stesso responso, questo
succede relativamente mai.
Tutto questo lavoro di
modulazione porta ad indicare
il cosiddetto farmacoforo che
è, all’interno di una molecola,
l’insieme di tutti i gruppi
funzionali che sono
fondamentali per l’attività
biologica; se non ci sono questi
gruppi funzionali la molecola non è attiva o lo è molto meno, quindi il farmacoforo identifica quella
porzione della molecola che è indispensabile per quella particolare attività.
Eutomero e distomero sono cose che vi ho detto prima, cioè solitamente uno dei due enantiomeri è
attivo e l’altro no o molto meno; quello attivo è l’eutomero, quello non attivo o molto meno è il distomero.
Molto spesso, per quanto riguarda la maggior parte dei farmaci, esistono dei sistemi che riescono a
dare l’interconversione dei due enantiomeri, molto spesso i farmaci vengono commercializzati alla fine
come miscela racemica come due enantiomeri, come nel caso dell’ibuprofene, perché si sa che in vivo ci
sono dei sistemi che riescono a convertire l’enantiomero non attivo in attivo.

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Devono essere fatti degli studi, spesso le ditte farmaceutiche possono passare sopra la questione della
stereochimica perché ci sono dei sistemi appunti, ma è una situazione da valutare bene.
Quindi quando una ditta farmaceutica mette in commercio un farmaco come singolo enantiomero non
come miscela racemica ne deve proprio valere la pena, cioè non ci deve essere l’interconversione in vivo
e ci deve essere una grande differenza tra le attività dei due enantiomeri; solitamente viene
commercializzata la miscela racemica. Tutte questo lavoro di modulazione e di relazione struttura
attività che porta ad indicare il farmacoforo sfocia poi nel momento dell’ottimizzazione del lead.
Sulla base di tutta la modulazione che si basa sulla relazione struttura attività dei 20 composti che
avevamo per le mani prima (qui abbiamo visto tutto in maniera sequenziale, molto spesso però queste
fasi vengono portate avanti contemporaneamente altrimenti i tempi sarebbero più dilatati), abbiamo il
pool di composti che contengono il farmacoforo potenzialmente attivi sul sistema come farmaci,
occorre ottimizzarli, cioè scartare quelli inattivi e modulare i più attivi.
Nella modulazione sono da tenere in considerazione non solo l’aumento dell’attività quindi l’affinità per il
sito bersaglio ma anche le proprietà farmaco-cinetiche quindi il suo comportamento ancora prima di
raggiungere la biofase quindi il sito di azione (lo vedremo nel dettaglio dopo aver fatto la
farmacocinetica).
Ultimamente le ditte farmaceutiche stanno cercando di migliorare proprio questo processo, si sono resi
conto che uno dei principali motivi di fallimento del farmaco o meglio di un lead che deve diventare
farmaco sono la tossicità (scoperta tardi) e il fatto di non aver effettuata dei buoni studi di farmaco
cinetica e di non aver modulato bene la farmacocinetica del farmaco, per cui può essere molto attivo,
molto attivo quando studiato in vitro sulle cellule, ma perdere anche completamente l’attività quando
viene studiato in vivo su un organismo complesso; è da modulare quindi anche l’aspetto farmacocinetico
del farmaco. Poi si dovrebbe cercare di diminuire gli effetti collaterali ed è ciò che è stato fatto con i
derivati antiH2, passando dalla metiamide alla cimetidina si è cercato di modulare gli effetti collaterali.
Una volta ottimizzato il lead, viene fatto tutta una serie di studi farmacocinetici, tossicologici, questi
studi vengono già effettuati su animali modello.
È molto importante la scelta dell’animale modello perché gli organismi viventi hanno più o meno gli stessi
enzimi e proteina, molto spesso però si può parlare di isoenzimi cioè enzimi che lavorano allo stesso
modo e che sono largamente simili ma non del tutto sovrapponibili.
Il pool enzimatico di un ratto è parzialmente sovrapponibile al pool enzimatico di un topo ed è
parzialmente sovrapponibile al nostro pool enzimatico però ci sono delle grandi differenze intraspecie,
abbiamo citato il caso della talidomide, dove sono stati effettuati male gli studi di tossicità effettuati
sugli animali che non ne hanno evidenziato la teratogenicità, sono stati sfortunati i ricercatori della
ditta tedesca che ha messo in commercio la talidomide perché hanno scelto l’animale modello sbagliato.
Hanno effettuato i test di mutagenicità e teratogenicità sugli animale, ma sui topi o ratti, su un modello
animale sul quale non sono riusciti ad evidenziare nessun effetto teratogeno; se avessero fatto gli
stessi esperimenti sui conigli che evidentemente da quel punto di vista hanno un pool enzimatico molto
più simile al nostro, per cui metabolizzano la talidomide in modo più simile a noi si sarebbero resi conto
dell’effetto teratogeno. Sembra banale ma non è banale la scelta dell’animale modello, deve essere
adatta per il target che abbiamo scelto (non tutti gli animali vanno bene per studiare qualsiasi tipo di
composto) e devono avere anche una certa sovrapponibilità dal punto di vista del pool enzimatico con la
specie umana. La scelta dell’animale modello non è sempre facile ed ha causato anche una serie di errori.
In tutti questi studi si vede già quale sarà tra i prototipi il più promettente, nel frattempo non
vedetela strettamente in cascata ma parallelamente, naturalmente l’industria farmaceutica pensa già
con i suoi chimici, anche perché per lo sviluppo sui modelli e la modulazione si fanno già dei test, i test
su animali saranno fatti ovviamente dai biologi in un’altra sede, parallelamente viene già messo a punto
un sistema di produzione in grande scala per produrre il lead che si dimostra essere il più promettente.

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I gruppi funzionali
possono essere
modificati, uno dei modi
per modificare il gruppo
funzionale senza
sconvolgere
completamente la
struttura è quello di
sostituirlo con un gruppo
funzionale isostero, ad
esempio sostituire –CH3,
-NH2, -OH, -SH…, gli
isosteri sono gruppi
funzionali che hanno gli
stessi elettroni di
valenza e che occupano
più o meno lo stesso
spazio e che hanno più o
meno le stesse caratteristiche chimico-fisiche, avendo gli stessi elettroni di valenza dovrebbero avere
più o meno la stessa reattività. Oppure –CH2NH con l’ossigeno e lo zolfo. Il modo migliore per fare
delle piccole variazioni che non turbino in maniera particolare la struttura della molecola è quella di
sostituire i gruppi funzionali con un isostero; se abbiamo una molecola con un –OH e vogliamo vedere se
l’ossidrile dà potenzialmente interazione idrogeno e quindi un gruppo importante per dare interazioni
con il sito bersaglio, lo sostituisco non con un anello benzenico, che ha caratteristiche completamente
diverse, ma con un suo isostero, con –SH o –CH3, così facendo capiamo se l’ossidrile nella struttura ha
un’importanza o meno. L’isosteria e la sostituzione con gruppi isosteri è il modo per variare il meno
possibile la struttura ella molecola, in questo tipo di studi relazione struttura attività. Questo è per
minimizzare i cambiamenti della struttura.
Questa slide ci dice che le
penicilline che sono in
commercio adesso, per fortuna,
sono tutte uguali, perché la
struttura dell’anello beta
lattamico non può
assolutamente essere variata, è
tutto essenziale. Sono stati
fatti studi di
farmacomodulazione per vedere
quali gruppi fossero
fondamentali e qual’era il
farmacoforo che è quello che
vediamo nella slide, l’unica cosa
che può variare è il sostituente
più R. lo stesso discorso vale o
meno anche per i carbapenemi, tutto rimane uguale eccetto l’R. sono una classe di farmaci
strutturalmente abbastanza omogenee.

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Quindi la fase preclinica è quella


degli studi sugli animali, sugli
studi sui modelli, dove vengono
fatti sugli animali gli studi di
metabolismo e tossicità,
azzeccando il modello di animale
giusto. Poi si passa allo sviluppo
industriale. Naturalmente lo
studio del metabolismo è
estremamente importante per la
progettazione dei farmaci, è
proprio in questa fase che ci si
accorge che quello che è attivo è
il metabolita e non il lead che
abbiamo testato. Qui viene in
aiuto l’analisi dei farmaci, una
volta fino allo sviluppo della HPLC era impossibile ad andare ad identificare i metaboliti di un
determinato farmaco, anche solo identificarli strutturalmente; oggi con l’HPLC accoppiato
preferibilmente alla massa (LC-massa) è più semplice andare ad identificare cosa si ottiene dal farmaco
per metabolismo, magari isolare questa sostanza o riprepararla sinteticamente per vedere se lei stessa
ha una sua attività, comunque di tutti i metaboliti, una volta evidenziati, va studiata non solo l’attività
ma anche la tossicità. Già
in base a ciò, vediamo
quanto tempo e denaro
occorre per sviluppare un
farmaco, dove si riesce si
tenta di accorciare i
tempi. Finalmente si
arriva con uno o al
massimo due candidati,
dipende dalla quantità di
denaro, da quanto siano
promettenti questi lead,
si arriva agli studi di
sperimentazione clinica,
che vengono fatti in
diverse fasi. Gli studi di
sperimentazione clinica
riguardano l’uomo, mentre prima colture cellulari e poi animali modello (fase preclinica). Gli studi
partono con una prima fasi di 20-50 persone sane che volontariamente si sottopongono alla terapia,
l’obbiettivo di questa fase è valutare il dosaggio, la sicurezza e la tollerabilità del farmaco (con
tollerabilità s’intende banalmente la compliance del paziente). Ha soprattutto lo scopo di valutare il
dosaggio, quindi i lead vengono somministrati a diversi esperimenti, a diverso dosaggio. Nella fase I,
spesso i formulatori non hanno ancora fatto il loro lavoro, questa è un’occasione in cui un paziente può
assumere un farmaco in forma non formulata, i farmaci non formulati sono delle polveri e spesso
sgradevoli. Spesso i farmaci non sono formulati, vengono date delle piccole dosi mediante cialde.

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Nella fase II ci sono già dei pazienti volontari, gli obiettivi sono valutare la dose selezionata, l’efficacia
e il comportamento del farmaco. Nella persona sana si studia principalmente la farmacocinetica, quanto
dura il farmaco nell’organismo, quando viene eliminato con le urine nel tempo; qui nei pazienti si vuole
vedere anche l’efficacia del farmaco.
Anche qui c’è la ricerca delle dosi, normalmente questi studi vengono effettuati su un grande numero di
pazienti, spesso si tratta di studi internazionali, dove c’è una cooperazione tra ospedali italiani ed
europei, condotto in parallelo su una cinquantina di pazienti delle Molinette e una cinquantina di pazienti
francesi e una cinquantina tedeschi, questo aumenta ovviamente la validità anche statistica dello studio.
Questi studi vengono fatti per controllare l’efficacia del farmaco con un placebo, gli studi sono fatti in
cieco, non sanno se stanno assumendo il farmaco o il placebo; non lo sa nemmeno il medico
probabilmente, il problema è etico per patologie gravi come il cancro, non è molto etico, quindi nel caso
di un farmaco che non va a curare una patologia molto grave una parte di pazienti è tratta con il
farmaco, anzi non dovrei dire farmaco ma con il lead (molecola promettente) e l’altra con il placebo; nel
caso di patologie gravi una parte di pazienti è trattata con la molecola promettente, l’altra con un
farmaco già in uso, quindi si vede il vantaggio dell’uso della nuova molecola rispetto a quella in
commercio. La fase III è simile alle II, variano i numeri, ci sono piccole differenze, molto spesso
quando la molecola è molto promettente in fase III, si passa già all’immissione in commercio.
Quando una molecola nella fase III viene evidenziato un netto vantaggio, si passa direttamente
all’immissione in commercio, dopo la quale la responsabilità della ditta non finiscono, c’è la fase IV di
farmacovigilanza con la quale il farmacista o l’operatore farmaceutico è obbligato a compilare moduli
per segnalare alla ditta e all’AIFA in Italia eventuali effetti collaterali non segnalati nel bugiardino.
Questa ha portato all’eliminazione dal commercio al rofecoxib inibitore nel 2001 o 2004 da parte della
ditta Mercks, farmaco utilizzato come antinfiammatorio per l’artrite reumatoide perché cardiotossico.
Quando succedono queste cose, la ditta ha una perdita enorme. Le famiglie delle vittime hanno chiesto i
danni, un disastro economico notevole per la ditta.
In questa slide vediamo i
tempi ma non ci interessano
particolarmente, quanto le
cause di fallimento di
questo processo.
Le cause di fallimento sono
o problemi di tipo
farmacocinetico, di
biodisponibilità del farmaco
per il 39% (molto attivo sul
target in vitro ma avere
difficoltà in vivo), efficacia
(magari in vivo nonostante
le buone caratteristiche
farmacocinetiche non
riesce ad essere attivo
sull’uomo), la tossicità (es
talidomide), il marketing (banalmente un composto non piace o non ha mercato, perché il formulatore
con eccipienti magari non piace, determinati aromi non piacciono).
Soprattutto per l’ultimo motivo della formulazione, le ditte investono molto negli informatori
farmaceutici, nelle pubblicità, ecc..

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Questa slide serve per fare vedere la


scala dei tempi contro le scale delle
spese, che sono delle spese enormi. Si
parte da più di 10000 specie di
composti attivi che hanno evidenziato
attività sul target di interesse, si
arriva a un dato farmaco ed è una
grossa spesa.

Le fasi di azione del farmaco vanno dalla sua somministrazione, da quando si trova nella forma
farmaceutica, fino alla sua azione nel
suo target. Le fasi dell’azione del
farmaco sono divise molto
scolasticamente in: fase
farmaceutica, fase farmacocinetica e
fase farmacodinamica. È una
distinzione che rende l’idea che ci
siano tre momenti nell’azione del
farmaco, un primo momento che è la
fase farmaceutica ed è quando il
farmaco, da farmaco inglobato in
vari modi in forma farmaceutica
passa in soluzione e si rende
disponibile per il lungo cammino
nell’organismo. La fase farmaceutica
per il farmaco, farmaco inteso
come forma farmaceutica
complessa, è diversa a seconda del
tipo di forma farmaceutica; nel
caso di compresse avremo la
disgregazione e dissoluzione, nel
caso di una forma farmaceutica
liquida, il prodotto si trova già in
forma liquida. La fase farmaceutica
si identifica con l’acronimo di L per
la liberazione del principio della
forma farmaceutica, mentre la
fase farmacodinamica si identifica
con l’acronimo ADME. Anche la
fase farmaceutica va ottimizzata,
l’ottimizzazione è un lavoro è più un
lavoro tecnologico, della fase farmaceutica si occupa il tecnologo farmaceutico, quindi Brusa e
Gallarate.

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È la tecnica farmaceutica che va a


valutare quale sia il modo migliore di
formulare il farmaco facendo diverse
prove per fare in modo che il farmaco sia
biodisponibile per l’assorbimento, quindi il
fine ultimo è ottimizzare la disponiblità
farmaceutica. rispetto alla dose di
farmaco è presente nella forma
farmaceutica, quanto effettivamente
passa in soluzione ed è disponibile per
essere assorbito. Il termine
biodisponibilità lo vedremo spesso, i
significati possono essere diversi, nella
fase farmaceutica s’intende la quantità di farmaco rispetto alla dose somministrata nella formulazione
che è effettivamente in soluzione e disponibile per essere assorbito, solo il farmaco in soluzione può
essere assorbite.
Nella fase farmacocinetica, il farmaco è in soluzione pronto ad essere assorbito, anche qui la prima
membrana che il farmaco incontri, quindi il sito di assorbimento è molto diverso a seconda della via di
somministrazione che abbiamo scelto, se continuiamo con la somministrazione della compressa per os, la
prima membrana che incontra è quella del tratto gastrointestinale, la membrana cellulare del tratto
gastrointestinale.
La fase farmacocinetica comincia con l’assorbimento, si ha la distribuzione per attraversamento di
membrana del farmaco nei diversi distretti, poi il metabolismo del farmaco e alla fine l’escrezione.
Abbiamo detto alla fine, ma anche qui il tutto non è da guardare tutto in maniera sequenziale, l’acronimo
ADME è in maniera sequenziale, ma le fasi della farmacocinetica non sono sequenziali.
La prima fase deve essere necessariamente l’assorbimento. A seguito dell’assorbimento, ci può anche
essere un’eliminazione diretta dei farmaco attraverso le urine o altri vie, ci può essere un metabolismo
contemporaneo oppure non è detto che l’escrezione sia solo dei metaboliti ma anche del farmaco
diretto. Quindi distribuzione, metabolismo ed escrezione sono processi contemporanei, non sequenziali.
La fase farmacocinetica deve essere buona e ottimizzata perché determina la biodisponibilità, quando il
termine biodisponibilità non è associato ad alcun altro termine, si parla della biodisponibilità
farmacocinetica quindi quella che dà l’idea della quota di farmaco disponibile per il sito di azione, la
quota di farmaco che raggiunge il sito bersaglio.
Quando si parla, invece, di biodisponibilità farmaceutica è quella che intende la quota di farmaco che
entra in soluzione, che è disponibile all’assorbimento, quella farmacocinetica è la quota di farmaco per il
passaggio successivo che è l’azione sul target., quindi hanno significati diversi.
A seguito della fase farmacocinetica, il farmaco è arrivato al target e comincia la fase
farmacodinamiche che è quella dove il farmaco interagisce con il target, che può essere un recettore o
acidi nucleici, proteine, enzimi. Quindi qui abbiamo l’effetto biologico desiderato. Anche per fare capire
che esiste una certa sequenzialità nelle tre fasi, ma nella fase farmacocinetica, oltre l’assorbimento
che è il primo step, la distribuzione, il metabolismo e l’escrezione sono contemporanee e dipende dalle
caratteristiche chimico fisiche del farmaco da quanto è prevalente un farmaco piuttosto che un altro.
È la fase farmacocinetica che differenzia i farmaci, lo vedremo soprattutto nelle penicilline,
strutturalmente simili, stesso meccanismo d’azione, reagiscono allo stesso modo con la biofase, ma sono
differenziate oltre dalla catena R (che non incide più di tanto nella risposta biologica) dalla fase
farmacocinetica, differenza che saranno marcate dal sostituente R.

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Ci sono farmaci più metabolizzati, chi più meno, chi più escreto con le urine, chi meno e qui la fase
farmacocinetica dipende molto dalle caratteristiche chimico fisiche dei farmaci.
Raramente i farmaci sono somministrati in forma non formulata. Come abbiamo detto in fase I, i
formulatori non hanno ancora svolto il loro dovere, spesso il farmaco è somministrato in forma non
formulata, sotto forma di polveri anche spesso sgradevoli.
La ricerca della formulazione viene fatta per migliorare la compliance del paziente, anche il lavoro di
ricerca e tecnica farmaceutica viene fatta per migliorare la biodisponibilità, per fare in modo che il
farmaco passi molto presto in soluzione nel caso non lo sia già.
Non è detto che tutti i farmaci abbiano le caratteristiche per essere preparati in soluzione. Ci sono
tanti farmaci in commercio, per esempio paracetamolo, che esistono in quasi tutte le forme
farmaceutiche, non quelle strane come rilascio controllato, però tachipirina supposte, sciroppo,
compresse. Non tutti i farmaci possono essere somministrati in diverse forme farmaceutiche, a volte la
scelta della forma farmaceutiche
è abbastanza obbligata, ma questi
sono i problemi dei formulatori.
La fase farmaceutica dipende
dalla via di somministrazione e
dal tipo di forma farmaceutiche
che viene scelte. Il rilascio di un
principio attivo da una forma
farmaceutica è tanto più
facilitato e veloce quanto più la
forma farmaceutica è simile a
una forma farmaceutica liquida,
quindi il rilascio sarà lento da
parte delle compresse rivestite.
Le compresse rivestite sono
quelle compresse rivestite da un film che deve proteggere il principio attivo magari dai succhi gastrici
che sarebbe danneggiato, idrolizzato dal succo gastrico; dalle compresse rivestite il principio attivo
farà più fatica ad essere liberato. Poi in scala avremo le compresse, le capsule di gelatina, i granuli, le
polveri, le sospensioni, le capsule di gelatine molli, le emulsioni e le soluzioni acquose. Ad esempio il
moment è uscito da poco in commercio in capsule molli, perché a parità di dosaggio con la compressa, ha
una fase farmaceutica migliore, fa
in modo che l’ibuprofene si attivi
più in fretta rispetto alla
compressa dove è un po’ più lento il
processo di solubilizzazione. Nelle
soluzioni acquose non esiste la
forma farmaceutica perché il
farmaco è già in soluzione, quindi
fase farmaceutica zero. O meglio
non nelle soluzioni acquose ma
liquide, perché le acquosa possono
essere anche idroalcoliche. Nella
compressa il primo passo è la
disgregazione, nel caso delle polveri
il processo di disgregazione non c’è.

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Inghiottita la compressa deve liberarsi il principio attivo, c’è un grande lavoro da fare da parte
dell’intestino. Si arriva alla dissoluzione del farmaco e ricompare di nuovo la biodisponibilità
farmaceutica, quindi la quota di farmaco che arriva in soluzione, disponibile per l’assorbimento.
La fase farmaceutica quando è complessa e riguarda le compresse dipende da due fattori: dimensione
delle particelle e solubilità nei solventi acquosi. La fase farmaceutica ci deve condurre al farmaco in
soluzione. Quanto è buona la fase farmaceutica è determinato dalla sua solubilità intrinseca, dal suo
valore di solubilità quindi e dalle dimensioni delle particelle. Questi sono i due fattori che sono da
ricordare e che determinano la velocità di dissoluzione. La velocità come proprietà chimico fisica
dipende da altre proprietà cioè dalle
dimensioni molecolari, dalla lipofilia,
dallo stato elettrico quindi dalla pka
(se i il farmaco è idrolizzabile e
quindi può essere in diversi stati
elettrici). Queste sono cose
fondamentali da ricordare. E nel caso
di una compressa la dissoluzione può
essere schematizzata in questa
maniera (vedi slide a fianco). La
compressa nell’immagine è già
disgregata, quindi vediamo i granuli,
attorno ai granuli della compressa,
dove c’è il farmaco che sta tentando
di passar e in soluzione c’è uno strato
di diffusione dove c’è una iperconcentrazione maggiore, una soluzione sovra satura del farmaco. Poi ci
sono i contenuti gastrointestinali che diluiscono e portano via il farmaco da questo strato di diffusione.
Il processo di dissoluzione è descritto dall’equazione di Noyes-withney. L’equazione ci dice che la
velocità di dissoluzione di un farmaco dal granulo, dipende in modo direttamente proporzionale dalla
differenza di concentrazione (formula da sapere). La driving force del processo di dissoluzione è avere
una cs e ct molto diverse, perché la velocitò di dissoluzione aumenta all’aumentare della differenza.
Quindi la velocità di dissoluzione è strettamente legato alla solubilità del farmaco. Il farmaco
nell’ambiente gastrico se è molto solubile la differenza sarà alta, quindi la velocità di dissoluzione anche
sarà molto grande. La velocità di dissoluzione è strettamente legata alla solubilità del farmaco nel
sistema. Altri hanno poi indagato cosa fosse questa costante di proporzionalità, la velocità di
dissoluzione non dipende solo dalla solubilità ma anche dall’area della particella esposta (tanto maggiore
l’area tanto maggiore la velocità), il coefficiente di diffusione del soluto (caratteristica del sistema) e
lo spessore dello strato di diffusione. Dal punto di vista tecnologico, quando un principio attivo è molto
solubile in acqua non ci sono problemi, sarà molto buona la delta c, quando non è buona quindi principi
attivi con scarsa solubilità bisognerà lavorare sulle altre grandezze, sulla dimensione delle particelle
perché le altre non sono questioni controllabili. Abbiamo sentito parlare di microlizzazione, aumentiamo
quindi la superficie della polvere (mettendo la stessa quantità di sale grosso e fino in acqua, si scioglie
prima il sale fino). Per i farmaci poco solubili si fanno delle preparazioni dove le polveri sono finemente
microlizzate per cui si aumenta questo fattore A. Si favorisce la dissoluzione.
Avrete sicuramente parlato con Caron e Visentin, di cosa sia la solubilità. La solubilizzazione è una
questione di equilibrio di forze, nel processo di solubilizzazione abbiamo il solido dove le molecole sono
organizzate, è necessario che si stacchi una molecola dal sistema e quindi fornire una certe energia,
sarà un processo a δH inferiore di zero, una molecola si sposta per lasciare posto al soluto.

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Tanto è favorito quindi questo


processo di solubilizzazione tanto
ha una δH positiva questo
processo, quello di solvatazione
dove si stabiliscono delle
interazioni tra la molecola di
soluto e le molecole di solvente
che lo circondano. Più queste
interazioni tra soluto e solvente
sono vantaggiose tanto più questo
processo sarà favorito dal punto di
vista energetico e potrà bilanciare
i due δH negativi. È un equilibrio di
energie, il processo di solvatazione
è un processo che deve offrire
necessariamente un vantaggio energetico rispetto alla situazione in cui il solido sta da una parte e il
soluto dall’altra, perché se no non c’è solubilizzazione. Le sostanze più solubili sono quelle sostanze che
hanno delle migliori interazioni con il solvente. La solubilità dipende dal volume della molecola (dal peso
molecolare), perché è necessario creare dello spazio tra le molecole di solvente, non è indifferente
avere una molecola piccola o una molecola grande per il grado di solubilizzazione, dipende anche dal peso
molecolare; dall’area superficiale quindi dalla forma della molecola e poi da altre caratteristiche come
lipofilia, idrofobicità e dal suo stato di ionizzazione che dipenda dalla pka e dal pH del mezzo. La
solubilità è una concentrazione e si esprime in tutti i modi in cui si esprime la concentrazione, si può
esprimere in modo qualitativo o quantitativo. Si esprime in moli/litro, %p/v, %v/v, ppm.
Come viene influenzata la
solubilità? Una è l’idrofobicità o
lipofilia. Guardando la struttura di
un farmaco dovremmo essere in
grado di identificare la struttura
che favoriscono la solubilità e
sfavoriscono la lipofilia e viceversa.
Gli unici gruppi funzionali idrofobi
sono quelli indicati nella slide
affianco, catene alchiliche, anelli
aromatici, alogeni come sostituenti.
Lipofilia e solubilità sono
inversamente proporzionali. Non
dobbiamo sapere a memoria la
scala, ma avere idea s e un gruppo
funzionale apporta maggiore lipofilia o meno. A parità di gruppi funzionali che sono idrofili o lipofili,
tanto maggiore è la ramificazione della molecola, tanto maggiore sarà la sua solubilità. È meglio una
catena ramificata piuttosto che una catena lineare, per la questione del buco che fanno all’interno del
sistema del solvente, più facile accogliere una molecola anche grossa con gruppi idrofili ma contenuti in
un certo spazio piuttosto che allungata nello spazio.

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I seguenti lucidi spiegano cosa sia


il tampone e quanto vale la
costante di ionizzazione in
funzione del pH del mezzo, ma
sono abbastanza inutili. L’unica
cosa importante da avere chiara è
che ci sono diversi compartimenti
del nostro organismo che di fatto
sono dei tamponi, il nostro
organismo è ricco di
compartimenti a diversi pH ed
hanno un potere tamponante. Ciò
che dà il potere tampone ai diversi
fluidi biologici (il sangue ha un
sistema tampone a pH 7,3) sono gli
aminoacidi. Ma nel sangue c’è più di un sistema che dà il potere tampone come i bicarbonati.

Almeno una domanda riguardano le proprietà chimico-fisiche, una sorta di esercizio dove bisogna
calcolare la specie ionizzata in un determinato compartimento. Bisogna avere chiaro il farmaco con una
determinata pka in che forma si trova in un determinato compartimento, a grandi linee. Un farmaco con
una pka di 3, dissociazione acida, bisogna sapere in quale stato di ionizzazione si trova intorno ai vari
pH. Un sito ionizzabile gioca la sua ionizzazione intorno ad una o due unità dal suo pH. Se pH uguale pka,
il farmaco è ionizzato al 50%.

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Se ci allontaniamo di un’unità logaritmica rispetto alla pka, il farmaco è già al 91% in una forma e al 9%
nell’altra forma. Il grosso della ionizzazione del farmaco si gioca proprio intorno alla pka. Senza le
formule per calcolare l’esatta quantità di farmaco non ionizzato, se il pH è sufficientemente lontano
dalla pka va già da sé che il farmaco sarà per quasi il 100% in una forma e per quasi lo 0% nell’altra
forma. Lasciamo perdere la pkb, per un farmaco sperimentale valuteremo la pka sia che si tratti di un
sito acido sia che si tratti di un sito basico. Il concetto di pka è molto importante perché il 70-80% dei
farmaci contiene almeno un sito ionizzabile. Molti farmaci hanno anche tre siti ionizzabili con natura
diversa, acida o basica.

Un sito ionizzabile di natura acida è quando può perdere un protone, mentre quello basico è quando
accetta il protone. Noi vedremo sempre il sito acido che cede il protone e il sito basico sarà visto
nell’ottica dell’acido coniugato che lascia il protone, parliamo sempre di pka in questo modo. Se ho un
farmaco con sito basico e uno acido, partiremo da un pH acido, identifico il sito acido con A e il sito
basico con B; partiamo da pH acido estremo come pH=1, dove il sito basico sarà in forma BH +, quello
acido in forma HA; man mano aumentiamo il pH, qui dipende da quale sito ionizzi prima, immaginiamo sia
quello acido, allora avremo inizialmente che a un certo valore di Ph, che dipende dalla pka, inizia a
deprotonare prima un sia poi l’altro, ma sia nel caso del sito acido che sito basico bisogna vederlo come
deprotonazione. BH+ diventa B, Ha diventa A-.
Le penicilline ad esempio hanno un gruppo acido, per molecole più complesse avere idea di quali siano le
caratteristiche chimiche dei gruppi funzionali può essere importante. Vediamo nelle slide sovrastanti i
gruppi messi in scala di pka. I fenoli sono acidi ma pka non molto alte, nelle solfonamidi l’azoto è di fatto
acido perché non accetta protoni ma li dona con pka intorno a 5-6, ma pka acide di deprotonazione;
questo perché la carica negativa che si forma sull’azoto (che non ha doppietti disponibili quindi acido) va
in risonanza ed è fortemente stabilizzata, per questo ha la pka di un acido. Ci sono diversi esempi anche
sulle basi, derivati amminici aromatici, basicità di ammine primarie, secondarie, terziarie, fino ad
arrivare a gruppi guanidinici che sono fortemente basici per una questione di risonanza e
stabilizzazione, per la carica positiva che si crea (questa volta l’azoto accetta un protone). Poi ci sono i
farmaci neutri che non hanno caratteristiche di ionizzazione, dei gruppi funzionali che sono
potenzialmente ionizzabili ma a pH estremi e che non sono pH che si trovano nell’organismo quindi anche
nella chimica organica gli alcoli si ionizzano ma in condizioni estreme che non sono sovrapponibili alle
condizioni fisiologiche. Di fatto gli alcoli sono da considerarsi sostanze neutre.

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