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Antibiotici —> sostanze di origine naturale, elaborate da microrganismi (muffe,

lieviti e batteri) o da altri microrganismi del mondo vegetale e animale, in grado di


impedire la moltiplicazione di altri microrganismi, anche a concentrazioni
estremamente modeste.

TOSSICITA’ SELETTIVA
Il principio della tossicità selettiva afferma che un chemioterapico può risultare utile
nella pratica medica solo se è in grado di arrecare danni agli agenti patogeni senza
determinare effetti tossici di rilievo sulle cellule dell’ospite. I composti caratterizzati
da una maggiore tossicità selettiva (quindi grande maneggevolezza) sono. Quelli che
agiscono tramite meccanismi indirizzati su strutture specifiche delle cellule bersaglio;
ne sono un esempio la penicillina e tutti i suoi congeneri, che agiscono sulla parete
batterica. Minore è invece la tossicità selettiva (e quindi anche la maneggevolezza) di
quei composti che agiscono su strutture esistenti anche nelle cellule degli organismi
ospiti.
Attualmente tutti i farmaci antimicrobici, per quanto dissimili sotto il profilo
dinamico e cinetico, sono classificabili nella sola categoria dei chemioterapici. Nella
stessa categoria sono inquadrate anche tutte quelle sostanze (come i disinfettanti e
antisettici) che presentano meccanismi d’azione antimicrobica rivolti su strutture
cellulari, come la membrana citoplasmatica, non specifiche delle cellule procariote.
Analogamente fanno parte dei chemioterapici anche i composti, naturali o di sintesi,
che sviluppano un’azione antiparassitaria nei confronti di organismi viventi eucarioti
(funghi, elminti, protozoi) e i farmaci antitumorali che agiscono nei confronti di
cellule dell’organismo ospite sfuggite ai normali meccanismi regolatori di crescita, e
quindi considerate estranee. Infine fanno parte dei chemioterapici anche gli antivirali,
composti attivi su organismi viventi che, privi dei processi biochimici per la
produzione di energia, mancano di capacità autonome di sintesi e ricorrono per il loro
ciclo vitale all’utilizzo dei meccanismi metabolici delle cellule ospiti.

CLASSIFICAZIONE DEI CHEMIOTERAPICI

x. CHEMIOTERAPICI ANTIBATTERICI

Gli antibatterici sono in genere classificati come battericidi o batteriostatici.


I primi provocano danni strutturali incompatibili con la vita dei microrganismi. E
agiscono in genere su cellule procariote in attiva replicazione. I secondi agiscono
invece rallentando, o inibendo, la moltiplicazione batterica; la loro efficacia è
maggiore nelle fasi acute di malattia, quando le difese immunitarie dell’ospite sono
ancora pienamente efficienti.
I chemioterapici antibatterici esercitano i loro effetti agendo, con meccanismi
d’azione diversi, su differenti bersagli cellulari:
- Inibitori della sintesi-costruzione della parete batterica: l’inibizione della sintesi
della parete, così come la sua alterata costruzione, comporta lisi dei batteri.
Agiscono tramite questo meccanismo, potenzialmente battericida, penicilline e
cefalosporine (che con gli inibitori delle β-lattamasi, formano il gruppo delle β-
lattamine), la vancomicina e la bacitracina
- Perturbatori della funzionalità di membrana: composti ad attività battericida,
alterano la funzionalità di membrana (modificando la permeabilità) e provocando
la fuoriuscita di componenti intracellulari essenziali. Sono efficaci soprattutto nei
confronti dei Gram-. A questo gruppo appartengono antibiotici a struttura
polipeptidica come le polimixine
- Inibitori reversibili delle sintesi proteiche: interferiscono sulla funzionalità delle
subunità ribosomiali 30S o 50S inducendo inibizione reversibile della proteina-
sintesi batterica. Agiscono con questo meccanismo batteriostatico i macrolidi, le
lincosamidi, le tetracicline e i fenicolati
- Alteratori delle sintesi proteiche: antibiotici aminoglicosidi-aminocitolitici; si
legano alle subunità ribosomiali 30S e inducono alterazioni nei processi di
proteina-sintesi in grado di provocare la morte microbica (battericidi)

- Inibitori dell sintesi degli acidi nucleici: interferiscono sul metabolismo degli acidi
nucleici microbici (attività battericida). Tra questi le rifamicine, i derivati
cinologici e fluorochinolonici.
- Antimetaboliti: sulfamidici e trimethoprim; bloccano l’attività di enzimi essenziali
per il metabolismo dei folati. Spesso impiegati in associazione in ragione del
doppio blocco metabolico sequenziale che questi farmaci determinano nei processi
di sintesi dei folati

FAMIGLIA TIPI DI AZIONE MECCANISMO FARMACI SPETTRO


D’AZIONE ANTIMICROBICO

Sulfamidici Batteriostatica Inibita sintesi di Sulfadiazina, Gram positivi e


acido eolico per sulfametazina, negativi
antagonismo sulfamerazina,
competitivo con sulfachinossalina,
l’acido para- sulfadimetossina,
aminobenzoico sulfacloropiridazina
, sulfametopirazina,
sulfamonometossin
a

Diaminopirimidine Batteriostatica Inibita riduzione di Trimetoprim, Gram positivi e


acido eolico ad ormetoprim, negativi
acido folinico per haquiloprim,
interferenza con aditoprim
l’attività della
diidrofolato-
reduttasi

Chinoloni Battericida Blocco della sintesi Ac.nalidixico, ac. Gram negativi

del DNA per inibita Ossolinico,


attività della DNA- ac.piromidico,
girasi umechina

Fluorochinoloni Cipro oxacin, Gram positivi e


marbo oxacin, negativi
dano oxacin,
enro oxacin
fl
fl
fl
fl
fl

FAMIGLIA TIPI DI AZIONE MECCANISMO FARMACI SPETTRO


D’AZIONE ANTIMICROBICO

β-lattamine: Battericida Interferenza nella Benzilpenicillina


Gram positivi

sintesi-costruzione
Penicilline della parete Ampicillina, Gram positivi e
batterica amoxicillina
negativi

Carbenicillina
Gram negativi

Cloxacillina, Gram positivi

dicloxacillina,
ucloxacillina

Cefalexina,
Cefalosporine cefalotina, Gram positivi e
cefazolina, negativi

cefapirina,
cefamandolo

cefoperazone Gram negativi

Macrolidi Batteriostatica Inibita Eritromicina, Gram positivi,


proteinosintesi spiramicina, micoplasmi

batterica per tilosina,

complessazione
stabile con
subunità 50S Lincomicina, Gram positivi
Lincosamidi clindamicina

Aminoglicosidi Battericida Alterata Streptomicina e Gram positivi

proteinosintesi diidrostreptomicina

batterica per
interazione con
subunità 30S e
permeabilizzazione Kanamicina,
membrana neomicina, Gram negativi (e
batterica amminosidina, pochi Gram
gentamicina, positivi)
amikacina

Tetracicline Batteriostatica Inibita Tetraciclina, Gram positivi e


proteinosintesi clortetraciclina, negativi
batterica per ossitetraciclina,
interferenza sul doxiciclina
legame tra
aminoacil-tRNA e
subunità 30S

Fenicolati Batteriostatica Inibita Cloramfenicolo, Gram positivi e


proteinosintesi tiamfenicolo, negativi
batterica per orfenicolo
blocco traslazione
a livello di subunità
50S
fl
fl
FAMIGLIA TIPI DI AZIONE MECCANISMO FARMACI SPETTRO
D’AZIONE ANTIMICROBICO

Polipeptidi Battericida Inibita sintesi- Bacitracina


Gram positivi

costruzione parete
batterica

Alterata
permeabilità di Colimicina, Gram negativi
membrana polimixine

Rifamicine Batteriostatica Arresto biosintesi Rifamicina SV, Gram positivi


RNA per inibizione Rifampicina
della RNA-
polimerasi DNA-
dipendente

x. CHEMIOTERAPICI ANTIFUNGINI

Distinti in 3 gruppi: attivi sul nucleo (griseofulvina e flucitosina; hanno come


bersaglio i processi intranucleari di replicazione che vengono inibiti portando a morte
i miceti), attivi sulla membrana (Amfotericina B e nistatina alterano la permeabilità
della membrana; i derivati azolici inibiscono la sintesi di ergosterolo e alterano la
permeabilità), attivi sulla parete.

FAMIGLIA TIPO DI AZIONE MECCANISMO FARMACI SPETTRO


D’AZIONE ANTIFUNGINO

Attivi sul nucleo Fungistatica Inibizione dei Griseofulvina


Dermato ti (come
processi di Microsporum,
replicazione Trichophyton,
Epidermophyton
spp.)

Flucitosina Cryptococcus,
Candida spp.

Attivi sulla Fungistatica Alterazione Amfotericina B


Molti ceppi
membrana permeabilità di Nistatina
patogeni di
membrana per Derivati azolici: interesse
legame con miconazolo, veterinario (tra
l’ergosterolo ketoconazolo, questi
(amfotericina B e itraconazolo, H.capsulatum, C.
nistatina) o per uconazolo, neoformans,
inibizione della sua enilconazolo B.dermatidis,
sintesi (derivati Candida spp.,
azolici) Aspergillus spp.,
Malassezia spp..)

Attivi sulla parete Fungistatica Inibizione sintesi Cilofungina Molti ceppi fungini
della chitina; del genere Candida
danneggiamento
nei processi di
sintesi-costruzione
di parete
fl
fi

x. CHEMIOTERAPICI ANTIELMINTICI

FAMIGLIA TIPO DI AZIONE MECCANISMO FARMACI SPETTRO


D’AZIONE ANTIELMINTICO

Benzimidazoli Elmintostatica Legame Tiabendazolo, Nematodi


irreversibile con la albendazolo, (ancilostomi,
tubulina e cambendazolo, ascaridi, tricocefali,
conseguente inibita ubendazolo, strongili, trichiuridi),
formazione dei mebendazolo, Cestodi
microtubuli cellulari tiofanato

Pro-benzimidazoli Elmintostatica Legame Netomibina, Nematodi


irreversibile con la febantel (ancilostomi,
tubulina e ascaridi, tricocefali,
conseguente inibita strongili, trichiuridi),
formazione dei Cestodi
microtubuli cellulari

Imidazotiazoli Elmintostatica Paralisi per Butamisolo, Nematodi


prolungata tetramisolo, (ancilostomi,
contrazione dovuta levamisolo ascaridi, tricocefali,
a stimolazione strongili, trichiuridi)
gangliare di tipo
colinomimetico

Tetraidropirimidin Elmintostatica Paralisi per blocco Pyrantel, morantel Nematodi


e neuromuscolare di (ancilostomi,
tipo depolarizzante ascaridi, tricocefali,
strongili, trichiuridi),

Organofosforati Elmintostatica Paralisi per Diclorvos, Nematodi


(Impiegati inibizione triclorfon, cumafos (ancilostomi,
soprattutto come dell’acetilcolinester ascaridi, tricocefali,
insetticidi; poco asi (AchE) strongili, trichiuridi),
di usi) Ectoparassiti

Lattoni Elmintostatica Iperpolarizzazione Ivermectina, Nematodi


macrociclici cellule post- abamectina, (ancilostomi,
sinaptiche e doramectina, ascaridi, tricocefali,
paralisi (o morte) milbemicina, strongili, trichiuridi)

dei parassiti per moxidectina Ectoparssiti


apertura dei canali
del cloro della
membrana cellulare

Anticestodici Elminticida Digestione del Bunamidina, Cestodi


parassita niclosamide,
nell’intestino per praziquantel
meccanismi diversi

Antitrematodici Elmintostatica Disaccoppiamento Ossiclonazide, Trematodi


fosforilazione nitroxinil,
ossidativa e blocco rafoxanide
produzioni
energetiche dei
parassiti
fl
ff

x. CHEMIOTERAPICI ANTIPROTOZOARI
Ne fanno parte i sulfamidici e gli antibiotici ionofori (monensin).

x. CHEMIOTERAPICI ANTIVIRALI
Distinti in diversi gruppi:
- analoghi degli acidi nucleici, che inibiscono selettivamente la DNA-polimerasi
virale
- Inibitori della transcriptasi inversa nonnucleosidica
- Inibitori di enzimi virali essenziali (proteasi, neuraminidasi)

SENSIBILITA’ MICROBICA AI CHEMIOTERAPICI

Ogni antimicrobica possiede un proprio spettro d’azione, che ne individua l’efficacia


su un numero più o meno rilevante di specie microbiche: fenicolati, tetracicline,
fluorochinoloni e sulfamidici sono considerati ad ampio spettro; β-lattamine,
macrolidi e aminoglicosidi a medio spettro; benzilpenicillina e antibiotici
polipeptidici a stretto spettro.
La sensibilità microbica rappresenta un fattore di scelta di un chemioterapico: essa
viene di norma saggiata in laboratorio con metodi diversi. Uno dei più diffusi è il
metodo delle diluizioni seriali in terreni liquidi o solidi insemenzati con il
microrganismo da saggiare: la diluizione maggiore alla quale il farmaco inibisce la
crescita del germe rappresenta la Concentrazione Inibente Minima (MIC); la
concentrazione minore alla quale si registra la morte del 99,9% della popolazione
microbica rappresenta la Concentrazione Battericida Minima (MBC). Diffusi sono
anche i metodi automatizzati che misurano la densità ottica di un brodo-coltura
insemenzata con il microbo da saggiare in presenza del chemioterapico: se la densità
ottica della coltura supera un valore soglia predefinito significa che a quella
concentrazione il farmaco non ostacola la moltiplicazione microbica. Con questi
metodi la MIC è definita come la concentrazione di farmaco alla quale il valore della
densità ottica è inferiore a quello del valore soglia predefinito.

Il successo di un chemioterapico dipende da altri molteplici fattori come la capacità


del farmaco di conseguire nel sito infetto concentrazioni adeguate per controllare la
moltiplicazione microbica. Le concentrazioni del farmaco nel sito infetto devono
anche essere in grado di non provocare effetti tossici sulle cellule dell’ospite (tossicità
selettiva): solo in questo caso il farmaco scelto può essere ritenuto efficace per il
controllo del microrganismo patogeno.

USO DEI CHEMIOTERAPICI IN ASSOCIAZIONE

Le associazioni tra chemioterapici possono comportare non solo sinergismo di


potenziamento o di sommazione degli effetti dei singoli composti associati, ma anche
negativi fenomeni di antagonismo tra farmaci. In genere si ritiene che l’associazione
tra battericidi può potenziare l’effetto dei singoli farmaci associati, quella tra
batteriostatici determinare la sommazione dei singoli effetti e infine quella tra
battericidi e batteriostatici provocare possibili antagonismi.
L’ampliamento dello spettro antimicrobico è stata la prima motivazione d’uso delle
associazioni; ciò era giustificato in passato dalla difficoltà di identificare con rapidità
e sicurezza i patogeni responsabili delle infezioni.
La riduzione della tossicità dei singoli composti è un’altra motivazione d’uso delle
associazioni. Es. i sulfamidici, ad ampio spettro, hanno potenziale nefrotossicità
manifestano, quando associati tra loro, una più contenuta tossicità renale in quanto
ogni componente, possedendo un proprio indice di solubilità, durante l’escrezione
renale, si comporta come se fosse in soluzione nelle urine da solo.
La protezione di un farmaco per l’azione di un altro componente dell’associazione è
considerata la motivazione di maggiore interesse: es associazione β-lattamiche, cioè
tra β-lattamine a spettro medio-ampio ma sensibili sensibili all’inattivazione da β-
lattamasi batteriche (es amoxicillina) e β-lattamine a spettro stretto ma resistenti ed
efficaci anche nei confronti di microrganismi β-lattamasi produttori (ad es
cloxacillina). Questo tipo di associazione ha subito ulteriore evoluzione per la
scoperta degli inibitori delle β-lattamasi (sulbactam, acido clavulanico…), antibiotici
privi di attività antimicrobica significativa ma in grado di chelare in modo

irreversibile, inibendoli, gli enzimi inattivanti. Un’altra motivazione di impiego delle


associazioni è quello di controllare i fenomeni di resistenza ricorrendo alla
combinazione di composti caratterizzati da spettri d’azione sovrapponibili ma
diversificati meccanismi d’azione.

RESISTENZA MICROBICA AI CHEMIOTERAPICI

Il successo di un trattamento antimicrobico è influenzato da un lato dallo stato


clinico del paziente e dall’altro da fattori di natura dinamica e cinetica che
determinano il raggiungimento di concentrazioni efficaci del farmaco nel sito infetto.
I batteri si considerano resistenti ad un chemioterapico quando le concentrazioni di
farmaco necessaire ad inibirne la moltiplicazione o a provocarne la morte sono
maggiori di quelle conseguibili in vivo (resistenza clinica); da un punto di vista
strettamente microbiologico, sono considerati resistente tutti i batteri che possiedono
dei geni di resistenza.
La resistenza rappresenta per i batteri un fenomeno evolutivo: la pressione selettiva
esercitata da un chemioterapico su una popolazione batterica forza i batteri a
sviluppare meccanismi che permettano loro di sfuggire all’attività inibente del
farmaco. I ceppi batterici sensibili vengono così eliminati mentre i resistenti
continuano a moltiplicarsi arrivando nel tempo al predominio.
Due sono i meccanismi principali che permettono ai batteri di acquisire resistenza:
• Resistenza cromosomica—> si basa sulla comparsa di mutazioni (modificazioni
ereditabili) in sequenze di basi del DNA microbico che rendono il batterio
insensibile all’azione del farmaco. (Es mutazioni che inducono resistenza nei
confronti della streptomicina)
• Resistenza extra-cromosomica—> dovuta alla presenza di plasmidi, trasposti o
cassette di resistenza, che contengono uno o più geni di resistenza. I plasmidi sono
elementi extra-cromosomici liberi nel citoplasma batterico, dotati di sistemi di
replicazione, e possono quindi replicarsi autonomamente dal DNA batterico; quelli
che contengono geni “γ” di resistenza ai chemioterapici sono detti plasmidi R.

I trasposoni non posseggono sistemi di replicazione e per replicarsi devono quindi


integrarsi nel DNA cromosomico o nei plasmidi.
Le cassette di resistenza sono piccoli elementi mobili privi di sistemi di
replicazione, costituiti da un singolo gene di resistenza. Varie cassette di resistenza
possono integrarsi in unità di maggiori dimensioni dette integroni.

La diffusione della resistenza si realizza attraverso:


- trasferimento verticale (o clonale)—> si verifica nella resistenza per mutazione:
una volta acquisiti, i geni di resistenza vengono trasferiti dalla cellula madre alle
cellule figlie
- Trasferimento orizzontale—> più frequente, prevede il passaggio di plasmidi/
trasposoni/cassette di resistenza da una cellula donatore ad una accettare tramite
meccanismi di coniugazione (implica un contatto tra le cellule attraverso il quale
viene trasferito il DNA extra-cromosomico. La capacità di coniugare risiede nei
plasmidi di coniugazione che codificano per la produzione di tubuli proteici, detti
sex pili, che, connettendo le cellule, permettono il passaggio di plasmidi da un
batterio all’altro. La coniugazione è di grande importanza per la diffusione della
resistenza tra batteri anche di genere e specie diverse), trasduzione (processo
mediato da batteriologi, virus che infettano i batteri nei quali iniettano il loro DNA
che può replicarsi indipendentemente dal DNA della cellula ospite o integrarsi in
esso. La trasduzione è un processo di diffusione della resistenza che coinvolge in
genere batteri della stessa specie), trasformazione (consiste nell’incorporazione nel
genoma batterico di DNA liberato nell’ambiente originato da batteri lisati. Ha
importanza limitata nella diffusione della resistenza).

I meccanismi biochimici principali attraverso cui i batteri possono sviluppare


resistenza sono:
• un’attivazione enzimatica del farmaco—> molti enzimi batterici sono in grado di
modificare la struttura chimica dei chemioterapici inattivandoli. Uno dei più
comuni meccanismi è quello che prevede l’idrolisi delle β-lattamine ad opera di

enzimi batterici noti come β-lattamasi. Le β-lattamasi idrolizzano l’anello β-


lattamico dei farmaci e in tal modo li inattivano annullandone l’attività antibiotica
• Riduzione dell’accumulo intracellulare del farmaco per ridotta penetrazione
(modificazioni su base cromosomica della permeabilità della membrana esterna,
secondarie alla ridotta produzione dei canali delle orine, comportano una
diminuzione delle concentrazioni intracellulari di tetracicline, β-lattamine,
fluorochinoloni, mentre alterazioni a carico dei lipopolisaccaridi di parete sono
causa di ridotta penetrazione cellulare degli aminoglicosidi) o per aumentata
estrusione ( diversi sistemi di efflusso, associati a geni a localizzazione
cromosomica ed extracromosomica codificanti per proteine della membrana, sono
in grado di ridurre la concentrazione intracellulare di diversi chemioterapici quali
tetracicline, aminoglicosidi, β-lattamine)
• Alterazione del sito di attività: questo tipo di resistenza si realizza attraverso diversi
meccanismi:
- modificazione chimica del sito di attività, come la sostituzione di alcuni
aminoacidi della DNA-girasi responsabile della resistenza ai fluorochinoloni
- acquisizione di proteine bersaglio che presentano ridotta affinità per i
chemioterapici (es la resistenza ad alcune penicilline può dipendere da una
alterazione di PBPs- Penicillin Binding Proteins)
- produzione di proteine dotate di attività di protezione dei ribosomi e che
inibiscono il legame del farmaco con il ribosoma stesso
- iperproduzione a livello del sito bersaglio del chemioterapico o sua sostituzione
con altri siti a minore sensibilità, come nel caso della resistenza ai sulfamidici, per
iperproduzione di acido para-aminobenzoico (PABA)

SULFAMIDICI E DERIVATI PIRIMIDINICI

I sulfamidici sono derivati dell’acido solfanilico (o acido para-amino-


benzensolfonico). Il capostipite del gruppo è la sulfanilamide.
La scoperta dell'attività antimicrobica dei sulfamidici si deve al chimico tedesco
Gerhard Domagk che cominciò a studiare l'attività di un particolare colorante azoico,
il "Prontosil rosso”. il Prontosil rosso si rivelò assolutamente inefficace nei test in
vitro. Si dimostrò, invece, efficace in vivo, nel trattamento d'infezioni da
streptococchi nei topi. Qualche anno più tardi, in Francia, i chimici e farmacologi
Jacques Tréfouël, Daniel Bovet e Federico Nitti intrapresero degli studi sul Prontosil
rosso. I chimici scoprirono che l'urina dei topi trattati con il colorante era efficace
nell'inibire la crescita batterica in vitro, cosa che non avveniva utilizzando il Prontosil
rosso come tale. Il frazionamento delle urine dei topi trattati con il Prontosil rosso
portò all'individuazione e all'isolamento del composto dotato di attività antibatterica:
l'ammide dell'acido para-amminobenzensolfonico (o p-amminobenzensolfonico), più
conosciuta come sulfanilammide. I ricercatori arrivarono a capire che il Prontosil
rosso di per sé non era dotato di attività antibatterica, ma - una volta assunto dal topo
- subiva una degradazione metabolica nel suo fegato che portava alla sintesi della
molecola antibatterica vera e propria, cioè alla sintesi della sulfanilammide. Pertanto,
oggi, il Prontosil rosso sarebbe considerato un profarmaco.
Tutti i sulfamidici derivano dalla sulfanilamide, costituita da un anello benzenico
recante un radicale amminico (SO2NH2) in posizione R1 ed un radicale amminico
(NH2) in posizione R4. I composti che ne derivano differiscono essenzialmente per
sostituzioni in posizione R1 (sulfamidici R1-derivati), in posizione R4 (sulfamidici R4-
derivati) o, più raramente, in posizione R1 e R4(sulfamidici R1/R4-derivati). I
sulfamidici, poco idrosolubili come basi, sono di solito allestiti come sali sodici che,
solubili in acqua, consentono la somministrazione parenterale. Numerose sono le
preparazioni farmaceutiche contenenti associazioni tra diversi sulfamidici: es quella
tra sulfadiazina, sulfamerazina e sulfametazina nella quale l’attività antimicrobica è
uguale alla somma delle singole attività dei composti associati. Questa associazione

polisulfamidica permette di ridurre i rischi di precipitazione nei tubuli renali di


metaboliti insolubili dei sulfamidici e di controllarne così la potenziale nefrotossicità.
I sulfamidici esercitano un'azione batteriostatica, interferendo con la sintesi di acido
folico. Essi, infatti, inibiscono in maniera competitiva uno degli enzimi coinvolti
nella sintesi dell’acido folico: la diidropteroato sintetasi. I sulfamidici si sostituiscono
al substrato endogeno di tale enzima, l'acido para-amminobenzoico o PABA (di cui il
nucleo della struttura dei sulfonamidici è analogo). In questo modo, la sintesi
dell'acido folico si arresta e, come conseguenza finale, il batterio non è più in grado di
sintetizzare nuovo DNA. Tuttavia, basta un semplice aumento della concentrazione
cellulare di PABA per spiazzare il sulfamidico dal legame con la diidropteroato
sintetasi e riprendere così la sintesi dell'acido folico.
L’efficacia dei sulfamidici è maggiore negli stati acuti di malattia.
Presentano ampio spettro antimicrobico, agendo contro Gram positivi ( come
streptococchi, stafilococchi, pneumococchi, actinobacilli) e negativi (come
pasteurelle, shigelle, proteus, haemophilus, coli), clamidie, rickettsie e protozoi come
toxoplasma e coccidi.
La resistenza microbica ai sulfamidici, solitamente di tipo plasmidico, è indotta o da
inadeguata penetrazione intracellulare dei farmaci o da produzione di diidropteroato
sintetasi sulfamido-resistenti. Meno frequente è invece la resistenza per mutazioni
cromosomiche. I fenomeni di sulfamido-resistenza sono piuttosto frequenti e motivati
dal notevole utilizzo di questi farmaci negli animali. Sono stati segnalati anche casi di
resistenza crociata completa tra i diversi sulfamidici, vale a dire una resistenza
microbica che, indotta dall’uso di un singolo composto, si estende a tutti i farmaci
congeneri.

I sulfamidici vengono classificati in:


- Sulfamidici intestinali o a ridotto assorbimento intestinale: le principali
indicazioni di impiego sono il controllo e la cura di infezioni intestinali ad
eziologia batterica e protozoaria. Sono somministrati solo per via orale; sviluppano
l’azione antimicrobica successivamente alla loro lenta degradazione intestinale,
che ne libera la componente attiva, il sulfatiazolo. Sono composti a quasi completa
eliminazione fecale. Le piccole quote assorbite non sviluppano attività terapeutiche
sistemiche e sono eliminate in forma attiva o metabolizzata con le urine
- Sulfamidici sistemici, distinti a loro volta in in sulfamidici ad alto dosaggio e
sulfamidici a basso dosaggio. Utilizzati sia per os che per via parenterale,
sviluppano azione terapeutica sistemica. I sulfamidici ad alto dosaggio
(sulfanilamide, sulfapiridina…) sono somministrati a dosi di 100-200 mg/kg;
quelli a basso dosaggio sono somministrati a dosi di 40-80 mg/kg. I sulfamidici
sistemici sono assorbiti rapidamente e quasi totalmente. Dopo somministrazione
orale, l’assorbimento è favorito in genere dalle condizioni di digiuno. Si
distribuiscono in tutti i tessuti e liquidi organici (compresi il l.sinoviale e
cerebrospinale). Si legano alle proteine plasmatiche in misura variabile in funzione
del composto e della specie animale. Il processo di acetilazione epatica rappresenta
la via biotrasformativa più importante per la maggior parte delle specie, tranne nel
cane. Presentano rischio di nefrotossicità per la possibile precipitazione di cristalli
insolubili in sede tubulare. Altre vie metaboliche possibili sono l’idrossilazione
aromatica (importante nei ruminanti) e la glucuronoconiugazione; i metaboliti che
ne derivano sono molto idrosolubili e facilmente eliminati con le urine, senza
rischi di precipitazione. Tutti i metaboliti possiedono attività antimicrobica nulla o
quasi e sono eliminati per via renale, principalmente per filtrazione glomerulare,
ma anche per secrezione tubulare attiva e passiva. Quote ridotte sono eliminate con
la bile, feci, saliva, lacrime, sudore, latte. L’eliminazione urinaria è influenzata dal
pH; in presenza di urine acide è favorito il riassorbimento tubulare e di
conseguenza è prolungata l’emivita, mentre urine alcaline favoriscono
l’eliminazione.

Effetti collaterali:
- disturbi a carico del tratto urinario come cristalluria ed ematuria, che nei casi più
gravi possono arrivare a blocco per ostruzione tubulare
- Disturbi del sistema emopoietico (poco frequenti): piastrinopenia, leucopenia
- Limitatamente alla sulfachinossalina, per i suoi effetti antagonisti nei confronti
della vit.K: diatesi emorragica, ipotrombinemia, emorragie

Sulfamidici potenziati e derivati pirimidinici

Trimetoprim, ormetoprim, baquiloprim e aditoprim sono derivati pirimidinici di


sintesi in grado di contrastare la riduzione di acido folico ad acido folinico, e per
questo sono spesso usati in associazione con i sulfamidici. Sono farmaci ad ampio
spettro, attivi soprattutto nei confronti di aerobi Gram+ e negativi. Sono
batteriostatici; prevengono la sintesi batterica delle purine (quindi del DNA) in un
passaggio successivo della medesima sequenza metabolica su cui agiscono anche i
sulfamidici, determinando così quello che viene definito “doppio blocco metabolico
sequenziale”. Per questo motivo vengono associati a sulfamidici sistemici (come
sulfadiazina, sulfametossazolo, sulfadimetossina, sulfamonometossina) e spesso
l’associazione determina un vero e proprio effetto battericida.
Si legano alle proteine plasmatiche e si distribuiscono omogeneamente in tutti i
tessuti e liquidi organici. Il metabolismo è epatico (per reazioni di ossidazione e
coniugazione). Sono composti relativamente atossici: gli effetti di maggiore rilievo
sono rappresentati dall’induzione di deficienze di acido folico che si possono
verificare quando i farmaci sono somministrati per lunghi periodi di tempo e a
dosaggi elevati.

β-LATTAMINE

I β-lattamici sono una classe di antibiotici che impediscono la sintesi-costruzione


della parete cellulare dei batteri, inibendo la transpeptidasi, un enzima responsabile
della formazione dei legami crociati, che si formano per rafforzare la struttura del
peptidoglicano, componente essenziale di tali pareti.
Le β-lattamine presentano nella loro struttura base un anello β-lattamico. Le
differenze nei diversi gruppi sono legate alle altre componenti strutturali, come
l’anello tiazolidinico per le penicilline e l’anello diidrotiazinico per le cefalosporine.
Le β-lattamine esercitano un’azione battericida che si realizza solo nelle cellule in
fase di crescita nelle quali è fortemente attiva la sintesi del peptidoglicano. L’alterata
sintesi-costruzione della parete espone la cellula alla spinta della pressione
endocellulare, incrementata anche dalla penetrazione di acqua dall’ambiente
circostante, e la porta rapidamente a morte per lisi.
La resistenza microbica alle β-lattamine può dipendere da diverse cause, come:
- produzione di β-lattamasi: sono enzimi di sintesi microbica; si riconoscono in
particolare le penicillinasi (capacità inattivante nei confronti delle penicilline,
prodotte maggiormente da batteri Gram+) e le cefalosporinasi (maggiore attività
inattivante verso le cefalosporine, sintetizzate maggiormente dai Gram-). Una
possibile soluzione per risolvere il problema dell’inattivazione delle β-lattamine
sensibili è la loro associazione con composti β-lattamasi resistenti (come le
penicilline isossazoliche) o con inibitori delle β-lattamasi
- Riduzione della permeabilità della capsula lipopolisaccaridica esterna: comporta
diminuita capacità del farmaco di penetrare nel batterio e raggiungere il sito-
bersaglio
- Modificazione dei siti di legame: meccanismo importante soprattutto negli
stafilococchi resistenti alla meticillina, comporta incapacità del farmaco di
riconoscere e agganciarsi ai siti deputati al legame con le penicilline

PENICILLINE

La benzilpenicillina, capostipite naturale delle penicilline, manifesta rapida attività


battericida nei confronti di numerosi Gram+ e pochi Gram-, ma presenta anche
importanti limitazioni d’uso: instabile a pH acido (quindi non si può somministrare
per os); è sensibile alle penicillinasi.
Il nucleo base della benzilpenicillina è l’acido 6-aminopenicillanico (6-APA).

Le penicilline possono essere classificate in:


- penicilline naturali: benzilpenicillina; azione battericida verso Gram+, pochi cocchi
Gram- e leptospire; sensibile alla penicillinasi; in gran parte degradata in sede
gastrica dopo somministrazione per os. Disponibile in preparazioni per uso
parenterale e topico. Tra le prime si ricordano preparazioni a rapido assorbimento
(soluzioni acquose di sali sodici o potassici di benzilpenicillina) e le preparazioni a

lento assorbimento (sospensioni acquose o oleose di sali procainici o benzatinici). Tra


le seconde si riscontrano pomate allestite per il controllo intramammario delle mastiti
- penicilline semisintetiche acidoresistenti: somministrabili per os; spettro
antimicrobico sovrapponibile alla benzilpenicillina e analoga sensibilità alle
penicillinasi
- Penicilline semisintetiche resistenti alle β-lattamasi: spettro limitato agli
stafilococchi. Il sottogruppo più importante è rappresentato dalle penicilline
isossazoliche (oxacillina, cloxacillina ecc...) che uniscono alla resistenza alle
penicillinasi anche la stabilità a pH acidi (possibilità di somministrazione per os).
Le p.isossazoliche sono utilizzate nel controllo di infezioni ad eziologia
stafilococcica.
- Penicilline semisintetiche ad ampio spettro (aminopenicilline): efficacia verso i
Gram-. Capostipite di questo gruppo è l’ampicillina, seguita da composti come
amoxicillina, etacillina, pivampicillina, bacampicillina. Presentano ampio spettro e
resistenza all’acidità gastrica, ma sono sensibili alle penicillinasi. Etacillina,
pivampicillina, bacampicillina sono dei pro-farmaci e vengono arrivate
nell’organismo per processi di idrolisi che portano alla liberazione di ampicillina.
- Penicilline semisintetiche a spettro esteso a Pseudomonas e Proteus: si distinguono
carbossipenicilline (carbenicillina e ticarcillina) e ureidopenicilline (azlocillina,
mezlocillina, piperacillina); le prime sono efficaci nei confronti di Ps.aeruginosa e
Proteus; le seconde sono più efficaci nei confronti di Pseudomonas e utili anche
per il controllo di infezioni da Klebsiella. Entrambi sono sensibili alle penicillinasi.

Dopo somministrazione orale l’assorbimento delle penicilline dipende da vari fattori,


tra cui stabilità in ambiente acido, specie animale, stato di digiuno o presenza di cibo.
Le penicilline si distribuiscono omogeneamente in tutti i tessuti e liquidi organici,
hanno la capacità di superare la barriera ematoplacentare e di distribuirsi nei tessuti
fetali. Si legano alle proteine plasmatiche, vengono eliminate in forma attiva per via
renale. L’emivita è relativamente breve.

Presentano trascurabile tossicità diretta. I rari casi di effetti indesiderati sono


attribuibili a sensibilizzazione indotta dai prodotti di degradazione delle penicilline
che, fungendo da apteni si combinano con le proteine dell’organismo ospite
acquisendo proprietà antigeniche. Gli episodi di ipersensibilità si manifestano con
febbre, eruzioni urticarioidi, edemi angioneurotici, più raramente, reazioni
anafilattiche. Dopo somministrazione per os, soprattutto le penicilline ad ampio
spettro o a spettro esteso, sono frequenti i disturbi a carico del tratto digerente
(nausea, vomito, diarrea). Nel coniglio e nei lagomorfi bisogna osservare precauzioni
in quanto producono grave dismicrobismo intestinale accompagnato da enteriti,
diarrea, sepsi, rallentamento dell’incremento corporeo e alopecia, seguiti spesso da
morte.

CEFALOSPORINE

Il nucleo delle cefalosporine, l'acido 7-aminocefalosporanico (7-ACA), sono


idrosolubili e stabili in ambiente acido. Sono sensibili in misura variabile, alle
cefalosporinasi. Spesso sono somministrabili solo per via parenterale; sono
battericide e poco tossiche, hanno emivita breve e sono escrete in forma attiva con le
urine.

Reazioni di tipo allergico-iperergico, anche gravi come lo shock anafilattico, sono


rare. A volte, dopo iniezione i.m. o s.c. possono comparire modesti e transitori
fenomeni algici nel sito di inoculo, mentre episodi tromboflebitici possono seguire
l’iniezione e.v.

INIBITORI DELLE β-LATTAMASI (ACIDO


CLAVULANICO, SULBACTAM)

Si legano in modo irreversibile alle β-lattamasi, inattiva sole e impedendo la


degradazione delle β-lattamine. L’acido clavulanico possiede scarsa attività
antibatterica intrinseca e si lega alle β-lattamasi prodotte da molti Gram+ e negativi.
Il farmaco di solito è associato ad amoxicillina in rapporto di 1:2/4. L’eliminazione
avviene per via urinaria. I possibili effetti collaterali sono rappresentati da disturbi
gastroenterici (nausea, vomito, diarrea) che ne sconsigliano l’uso in erbivori e
lagomorfi.
Il sulbactam è un sulfone dell’acido penicillanico, di norma associato all’ampicillina
o al cefoperazone. Viene eliminato con le urine.

CARBAPENEMI

Differiscono dalle penicilline per la presenza di un atomo di carbonio in sostituzione


dell’atomo di zolfo nell’anello tiazolidinico. L’imipenem, unico composto
attualmente disponibile per l’uso, presenta uno spettro medio-ampio, nei confronti di
Gram+ e Gram-, tra i quali anche lo Pseudomonas. Viene escreti dal rene dove viene
metabolizzato ad opera di un enzima deidropeptidasico. Per questo motivo il farmaco
è di norma usato in associazione con cilastatina, composto che ne inibisce la
degradazione enzimatica renale e favorisce l’escrezione in forma attiva con le urine.

MONOBATTAMI

Sono β-lattamine caratterizzate dalla presenza del solo anello β-lattamico e prove
quindi dell’anello tiazolidinico o diidrotiazinico. Il solo composto che viene
attualmente usato è l’aztreonam, battericida, che altera la sintesi-costruzione della
parete batterica. Ha spettro medio orientato su Gram- tra cui Pseudomonas a. Assente
attività nei confronti dei Gram+.

TETRACICLINE

La clortetraciclina è stato il primo composto isolato, verso il 1948, a partire da colture


di Strptomyces. Modifiche strutturali apportate, attraverso processi di semisintesi,
sulla molecola di base hanno permesso di ottenere altre tetracicline.
Le tetracicline sono un gruppo di composti anfoteri caratterizzati tutti dalla presenza
di una struttura base costituita da 4 snelli esa-atomici. I diversi farmaci differiscono
tra loro per sostituzioni di radicali chimici specifici in diversi siti della struttura
tetraciclica. Le tetracicline sono caratterizzate da notevole igroscopicità, da acidità
delle loro soluzioni acquose e dalla proprietà di generare sali reagendo sia con acidi
che con basi. I sali più usati sono i sali cloridrati. Le tetracicline sono batteriostatici
che agiscono inibendo la sintesi delle proteine nei batteri sensibili. Dopo diffusione
attraverso la membrana cellulare esterna, i farmaci superano la membrana
citoplasmatica interna grazie ad un processo mediato da carrier. Una volta penetrate
nella cellula, le tetracicline si legano irreversibilmente ai recettori delle subuxità
ribosomiali 30S e a questo livello interferiscono con il legame tra aminoacil-tRNA e
complesso ribosoma/RNA messaggero, ostacolando così la sintesi proteica nei germi
in fase di crescita o moltiplicazione. Le tetracicline esercitano anche una modesta
inibizione della proteino-sintesi nelle cellule eucariote. Sono antibiotici ad ampio
spettro, attive nei confronti di Gram+ aerobi (Bacillus spp., Corynebacterium spp.,
Erysipelothrix rhusiopathiae, Listeria monocytogenes, streptococchi) e Gram-
(Actinobacillus spp., Bordetella spp., Brucella spp., Haemophilus spp., Pasteurella,
Yersinia, Campylobacter foetus, Borrelia spp., Leptospira spp.). sono attivi anche nei
confronti di alcuni anaerobi come Actinomyces,, Mycoplasma, Clamydia, Rickettsia,
Erlichia, e nei confronti di protozoi come Theileria e Anaplasma. Hanno anche
efficacia variabile nei confronti di stafilococchi, enterococchi, enterobatteriacee,
E.coli, Klebsiella, Proteus, Salmonella. Tra i microrganismi resistenti si annoverano
Mycobacterium spp., Pseudomonas aeruginosa e Serratia, M. Bovis,
M.hypopneumoniae.

I microrganismi resistenti ad una tetraciclina diventano solitamente resistenti anche


agli altri composti del gruppo (resistenza crociata). I fenomeni di resistenza sono di
tipo plasmido-mediato e comportano un’interferenza negativa nel processo di
trasporto attivo dell’antibiotico all’interno della cellula ed una facilitazione dei
fenomeni di estrusione del chemioterapico dalla cellula. Il trasposone Tn10 è uno dei
principali determinanti di resistenza.
Tutte le tetracicline possono essere somministrate per via parenterale, per quanto la
via orale risulti quella preferita nella maggior parte delle specie animali.
Dopo somministrazione orale le tetracicline sono in genere discretamente ed
omogeneamente assorbite in sede intestinale. La loro somministrazione in
concomitanza con l’assunzione di alimenti ricchi di cationi polivalenti (Ca2+, Mg2+,
Fe2+, Al3+) o di preparazioni a base di caolino, pectina o antiacidi ne diminuisce
l’assorbimento a causa della tendenza delle tetracicline a formare complessi (chelati
tetraciclinici) microbiologicamente inattivi e inassorbibili in sede enterica. Nei
ruminanti e nel cavallo, se somministrate per os, possono provocare alterazioni della
microflora ruminale e intestinale gravi al punto da sconsigliarne l’uso per questa via.
Dopo l’assorbimento, le tetracicline si legano alle proteine plasmatiche in percentuali
diverse in funzione del principio attivo e della specie animale e si distribuiscono nei
vari tessuti, accumulandosi prevalentemente nel fegato e nel rene. La liposolubili dei
diversi composti influenza la capacità di distribuzione. Alcune tetracicline, come
doxiciclina e minociclina, sono maggiormente liposolubili per cui diffondono meglio
e si distribuiscono anche a cervello, liquor, prostata; la minociclina raggiunge
concentrazioni significative anche nelle secrezioni bronchiali, tiroide, saliva, lacrime.
Il metabolismo delle tetracicline non prevede una loro rilevante biotrasformazione,
con l’eccezione di minociclina e doxiciclina. Circa il 60% delle dosi somministrate
vengono eliminate per via renale; le quote residue sono escrete con le feci e sono
soggette a ricircolo entero-epatico. La doxiciclina viene escreta per via intestinale
direttamente per diffusione e tramite eliminazione biliare: il suo impiego è quindi
raccomandato in caso di insufficienza renale.
Effetti collaterali:

Le tetracicline sono farmaci maneggevoli e ben tollerati. Negli animali nefropatici


possono indurre effetti tossici a causa della ridotta capacità escretiva; di conseguenza
il loro impiego in questi animali è sconsigliato, o comunque si devono monitorare le
funzionalità renali. Più comunemente le tetracicline inducono disturbi a carico dello
stomaco (irritazione gastrica) e delle porzioni prossimali del piccolo intestino, sedi
principali di assorbimento dopo somministrazione per os. Epatotossicità si può
manifestare in caso di ridotta e difficoltosa eliminazione renale, o per la
somministrazione di dosi eccessive o troppo ravvicinate nel tempo.
L’iniezione endovenosa rapida può causare collassi, per raggiungimento rapido di
elevati livelli ematici e la conseguente chelazione del calcio circolante, evitabili con
una somministrazione più lenta o con preparazioni diluite con soluzione fisiologica.
La maggior parte delle tetracicline presentano istoirritabilità che ne consiglia
l’impiego solo per os o e.v. nei ruminanti e negli equini, la somministrazione per os
altera la flora microbica ruminale e intestinale, fino alla soppressione della stessa e
disturbi digestivi che, soprattutto negli equini, possono causare forme diarroiche così
gravi da portare a morte l’animale. Questi gravi effetti tossici possono manifestarsi
anche dopo somministrazione parenterale di minociclina e soprattuto doxiciclina che
nel cavallo è considerata una farmaco potenzialmente letale.
Altri effetti possono aversi a carico dei denti con la comparsa di scolorimenti o
macchie bruno-giallastre quando vengono somministrate durante il primo mese di
vita o alle madri durante lo sviluppo dentale del feto.
La clortetraciclina è impiegata esclusivamente negli animali da reddito (acqua di
bevanda o mangimi medicati) per il controllo di infezioni dell’apparato digerente e
respiratorio sostenute da batteri sensibili. È disponibile in commercio da sola o
associata ad altri antibatterici come benzilpenicillina, sulfamidici, tilosina e
tiamulina.
La tetraciclina è usata soprattutto nelle specie d’affezione e in alcune specie esotiche
per il trattamento di infezioni sostenute da microrganismi sensibili a carico
dell’apparato digerente, respiratorio e urinario. In associazione con altri
chemioterapici (aminoglicosidi e polipeptidi) la tetraciclina è impegnata anche nel

trattamento di mastiti bovine sostenute da batteri sensibili e nel controllo di infezioni


batteriche a carico di apparato digerente e respiratorio dei volatili.
L’ossitetraciclina è la più usata; impiegata per il trattamento di infezioni respiratorie,
intestinali e urogenitali sostenute da microrganismi sensibili, per il controllo della
polmonite enzootica del vitello e per la cura della pasteurellosi, della colibacillosi e
della salmonellosi del coniglio. Può essere impiegata in associazione a tiamulina,
tilosina e spiramicina. È disponibile anche in preparazioni a letto rilascio (long-
acting).
La doxiciclina presenta una maggiore liposolubilità e di conseguenza maggiore
capacità di penetrazione cellulare e incrementata capacità di distribuzione tissutale.
Dopo somministrazione orale viene assorbita rapidamente e quasi completamente e il
suo assorbimento è meno ostacolato dalla presenza di alimenti e ioni calcio. Possiede
maggiore capacità di legame alle proteine plasmatiche; diffonde nel liquor, nel
polmone, nelle secrezioni bronchiali, nelle lacrime e nella saliva. Il farmaco è
eliminato con le feci sotto forma di coniugato o di chelato inattivi, con scarsi effetti
sulla flora microbica intestinale. Può essere somministrata anche in soggetti con
funzione renale alterata. È usata per il trattamento di infezioni localizzate e/o
sistemiche sostenute da germi sensibili (bronchiti, broncopolmoniti, complicanze
batteriche da virosi respiratorie, pesteurellosi, gastroenteriti, enteriti, colibacillosi,
poliartriti settiche, infezioni podali, mastiti, metriti, ferite settiche). Nel cane e nel
gatto rappresenta il farmaco di prima scelta per il trattamento di forme respiratorie
superficiali e profonde e di infezioni da Clamydia, Haemobartonella, Erlichia,
Rickettsia.
La minociclina, come la doxiciclina, presenta maggiore solubilità rispetto alle altre
tetracicline, maggiore assorbimento intestinale e capacità di penetrazione nelle
cellule. Ha attività nei confronti di ceppi di Staphylococcus aureus penicillino-
resistenti e nei confronti di microrganismi Gram+ e negativi in genere. La presenza di
cibo e di alimenti contenenti cationi polivalenti non riduce in misura rilevante
l’assorbimento gastroenterico della minociclina. Il farmaco si lega in percentuale
elevata alle proteine plasmatiche e si distribuisce bene in tutti i tessuti. È eliminata
con la bile e subisce ricircolo entero-epatico, responsabile in parte della sua emivita

prolungata rispetto alle altre tetracicline. Può essere indicata in pazienti con funzione
renale alterata.
Doxiciclina e minociclina sono controindicate negli equini.

AMINOGLICOSIDI-AMINOCICLITOLI E POLIPEPTIDI

Gli aminoglicosidi sono un gruppo di antibiotici costituiti da aminozuccheri uniti


mediante legami glicosidici ad un aminociclitolo. Sono usati soprattutto nel
trattamento delle infezioni sostenute da aerobi Gram negativi, e sono tutti battericidi,
tranne la spectinomicina. Possono dar luogo a fenomeni di resistenza crociata tra i
diversi composti del gruppo per fenomeni mutazioni o per l’acquisizione di plasmidi.
La streptomicina è stato il primo aminoglicoside scoperto.
Gli aminoglicosidi sono polveri cristalline, moto idrosolubili, termostabili, fortemente
polari, a carattere basico, non assorbitili in sede gastrointestinale e somministrabili
per via parenterale sotto forma di solfati. Sono costituiti da un nucleo centrale,
l’aminociclitolo unito mediante legame aminoglicosidico a due o più aminozuccheri.
Gli aminociclitoli puri (spectinomicina e trospectomicina), invece, sono composti che
non presentano aminozuccheri legati all’aminociclitolo e pertanto sono privi di nefro-
ed ototossicità. Gli aminoglicosidi si possono classificare in:
• Aminoglicosidi naturali o estrattivi:
- streptomicina.
-neomicina
-kanamicina
-aminosidina
-gentamicina
-tobramicina
-apramicina
-sisomicina
-spectinomicina
• Aminoglicosidi semisintetici:
-diidrostreptomicina
-amikacina
-dibekacina
-netilmicina

In base all’utilizzazione clinica, invece, si possono classificare in:


• Aminoglicosidi ad uso parenterale (meno tossici): streptomicina,
diidrostreptomicina, kanamicina, gentamicina, tobramicina, sisomicina, amikacina,
dibekacina, netilmicina
• Aminoglicosidi ad uso orale (più tossici): neomicina, saminosidina

Gli aminoglicosidi hanno azione battericida rapida e dose-dipendente su


microrganismi sensibili anche in fase di quiescenza. Il meccanismo d’azione consiste
in:
- penetrazione nella cellula batterica tramite trasporto passivo e trasporto attivo; è
necessaria la presenza di ossigeno per il trasporto attivo
- Interazione a livello ribosomiale con il recettore specifico della subunità 30S
(errore di trascrizione dell’informazione dell’mRNA) e produzione di proteine
anomale incompatibili con la sopravvivenza dei batteri
- Alterazione della permeabilità di membrana e successiva lisi e morte
Non segue questo meccanismo la spectinomicina che agisce, invece, da
batteriostatico.
Gli aminoglicosidi sono attivi nei confronti di numerosi aerobi Gram- e alcuni
Gram+; in particolare agiscono su E.coli, Klebsiella, Enterobacter, Brucella,
Pasteurella, Bordetella, Shigella, Salmonella, Proteus, Serratia, Staphylococcus,
Listeria e Mycobacterium. Sono insensibili gli streptococchi, pneumococchi,
enterococchi, spirochete, clamidie, micoplasmi, legionelle, nocardie e anaerobi in
genere.
Gli aminoglicosidi possono essere associati a betalattamine, avendo così un effetto
sinergico.
L’attività battericida è influenzata dal pH e risulta maggiore in ambiente alcalino.
Per quanto riguarda i fenomeni di resistenza, 3 sono i meccanismi con cui può
instaurarsi:
- mancata penetrazione del farmaco nella cellula batterica, per mutazione genetica di
natura cromosomiale

- Mancato aggancio dell’aminoglicoside alla subuxità 30S; di natura cromosomiale,


evento raro.
- Un’attivazione dell’aminoglicoside ad opera di enzimi batterici metabolizzanti
sintetizzati da fattori R. Di natura extracromosomiale. Ci sono 3 diverse categorie
di enzimi: acetiltransferasi; adeniltransferasi; fosfotransferasi. Questi enzimi non
distruggono gli aminoglicosidi bensì impediscono loro di agganciarsi alle strutture
target delle subunità 30S.

Gli aminoglicosidi sono scarsamente assorbiti dopo somministrazione orale e


vengono eliminati immodificati con le feci. In genere vengono somministrati per via
parenterale (la neomicina solo per os) e hanno rapido e completo assorbimento e
ridotta capacità di legame alle proteine plasmatiche. Presentano scarsa capacità di
diffusione tissutale, superano con difficoltà le membrane biologiche lipoproteiche e
diffondono solo in sede extracellulare. Tendono a concentrarsi soprattutto nel rene
(possono essere causa di nefrotossicità). Subiscono scarsa metabolizzazione epatica e
sono escreti come tali principalmente per via renale; piccole quote sono eliminate con
la bile.
Per quanto riguarda gli effetti collaterali, i più comuni, soprattutto con gli
aminoglicosidi di vecchia generazione, sono:
- neurotossicità a carico dell’VIII paio di nervi cranici: disturbi dell’equilibrio per
interessamento del ramo vestibolare (alterazione della postura e deambulazione e
atassia), nel cane e nel gatto questi disturbi possono essere poco appariscenti;
ototossicità (ipoacusia, sordità) per interessamento del ramo cocleare. Può
permanere anche dopo sospensione del trattamento; è potenziata dalla
contemporanea somministrazione di diuretico d’ansa. Streptomicina e gentamicina
provocano danni prevalentemente a livello vestibolare; kanamicina, amikacina e
neomicina a livello cocleare. La tobramicina risulta tossica per entrambi i rami
nervosi. Il rischio comunque si riduce somministrando i farmaci a dosi adeguate
- nefrotossicità (necrosi tubulare acuta), dose-dipendente, caratterizzata da
proteinuria e presenza di calcoli tubularu nelle urine. È conseguente a terapie
prolungate. In genere è reversibile con la sospensione del trattamento

- Blocco neuromuscolare: causa paralisi muscolare acuta e apnea respiratoria, con


possibile morte per azione anticolinergica curarizzante (non depolarizzante) sul
recettore nicotinico. La somministrazione di anticolinesterasici o di sali di calcio
permette una rapida risoluzione della paralisi. Il blocco può essere favorito da dosi
elevate.
- Ipocalcemia conseguente all’interferenza sul metabolismo del calcio dopo
somministrazione parenterale
- Depressione cardiovascolare che consegue a iniezione e.v.rapida di dosi elevate;
caratterizzata da riduzione della gittata cardiaca per diminuzione della forza
contrattile, riduzione della pressione sistemica e diastolica per vasodilatazione
- Manifestazioni allergiche

Streptomicina—> attiva su numerosi Gram- e su alcuni ceppi di Staphylococcus


aureus; Leptospira, Yersinia, Campylobacter. Si può trovare anche in associazione
con la benzilpenicillina, utile per ampliare lo spettro antimicrobico
Neomicina—> indicata per via orale, nel trattamento di infezioni enteriche sostenute
da Gram- (E.coli, Enterobacter, Klebsiella, Salmonella, Shigella, Proteus) e da
Staphylococcus aureus. Trova impiego, per via vaginale ed endouterina, anche nella
prevenzione e trattamento di infezioni genitali sostenute da germi sensibili e, per via
topica, nella cura di eczemi, otiti, dermatiti, congiuntiviti, ferite infette e post-
chirurgiche
Aminosidina—> spettro antimicrobico simile a quello della neomicina; è l’unico
aminoglicosidico ad attività antiprotozoaria (amebe, toxoplasmi, giardie, tricomonas)
Kanamicina—> attiva su micobatteri, micoplasmi, Gram- (E.coli, Salmonella,
Shigella, Enterobacter, Vibrio, Proteus, Campylobacter) e alcuni Gram+
(stafilococchi e corinebatteri)
Gentamicina—> ritenuto uno dei composti più efficaci, tra gli aminoglicosidi, e con
lo spettro antimicrobico più ampio. È attiva nei confronti della maggior parte dei
Gram- e alcuni Gram+ (stafilococchi e streptococchi β-emolitici). È disponibile per
uso parenterale, ma non per via orale.

Amikacina—> deriva dalla kanamicina, ha maggiore attività antimicrobica. Resiste


all’azione degli enzimi inattivanti ed è indicata in caso di infezioni sostenute da
Pseudomonas aeruginosa e da altri batteri Gram-. Tra i Gram+ sono sensibili
Nocardia e Staphylococcus aureus, mentre sono resistenti gli anaerobi in genere, gli
streptococchi e alcuni Pseudomonas.
Apramicina—> spettro d’azione sovrapponibile a quello degli altri aminoglicosidi,
ma ha maggiore attività nei confronti di E.coli, Salmonella, Staphylococcus aureus e
alcuni micoplasmi. L’apramicina non è inattivata dagli enzimi responsabili dei
fenomeni di resistenza plasmido-mediata e pertanto la resistenza batterica è
evenienza molto rara tra i Gram negativi
Tobramicina—> simile alla kanamicina; in veterinaria non è molto usata, anche se
può essere impiegata nelle specie d’affezione per la tossicità contenuta e la rilevante
attività nei confronti dello Pseudomonas aeruginosa, per il quale viene considerato
antibiotico d’elezione
Spectinomicina—> a differenza degli altri aminoglicosidi, ha attività batteriostatics.
Si lega alla subuxità ribosomiale 30S e inibisce la proteino-sintesi microbica
prevenendo l’allungamento delle catene polipeptidiche in fase di traslazione. Ha
limitato impiego pratico per la rapida insorgenza di resistenza batterica. In veterinaria
è usata nel trattamento di setticemie, diarie e infezioni dell’apparato respiratorio,
sostenute da micoplasmi e Gram negativi

POLIPEPTIDI: BACITRACINA E POLIMIXINE

Prodotti da colture del genere Bacillus. Hanno struttura polipeptidi complessa. I più
importanti sono bacitracina, polimixina e colistina. Gli ultimi due farmaci
costituiscono a loro volta il sottogruppo dei peptolitici o polipeptidi ciclici.
Bacitracina—> è un polipeptide ad elevato peso molecolare contenente legami
amidici, costituito da una miscela di varie componenti. La bacitracina A è il
principale componente della miscela e il maggiore responsabile dell’attività
antimicrobica. Ha attività battericida conseguente a inibizione della sintesi dei
peptidoglicani di parete. Lo spettro antimicrobico è simile a quello della
benzilpenicillina: cocchi e bacilli Gram positivi sia aerobi che anaerobi. Spesso viene
associata ad aminoglicosidi o polimixine per ampliarne lo spettro d’azione nel
trattamento di ferite cutanee e di enteriti batteriche. La somministrazione parenterale
è poco usata per l’elevata nefrotossicità del farmaco e per la dolorabilità,
l’indurimento dei tessuti e la comparsa di petecchie emorragiche nel sito d’iniezione.
Viene usata soprattutto per os o per via topica, nel trattamento di infezioni sensibili a
carico di cute e mucose. L’eliminazione avviene quasi totalmente con le feci; le
piccole quote assorbite sono escrete con le urine e la bile. La bacitracina viene usata
per l profilassi e la terapia di massa di enteriti da Clostridi in suinetti, conigli e
pollame. Il suo impiego più comune è per applicazione topica nel trattamento di ferite
superficiali e infezioni cutanee, auricolari e oculari sostenute da microrganismi
sensibili, spesso in associazione con neomicina e polimixine

Polimixine—> sono antibiotici basici a struttura polipetidica ciclica. Nella pratica è


usata solo la polimixina B e la polimixina E o colistina. Si presentano come polveri
bianche, cristalline, igroscopiche, idrosolubili, ad elevato peso molecolare e
caratterizzate da un’attività surfactante responsabile dell’azione battericida. Hanno
spettro d’azione ristretto ai bacilli Gram- e presentano ridotta diffusione tissutale.
Sono fortemente neurotossiche a seguito di somministrazione parenterale, sono

impiegate per applicazioni locali su cute e mucose e per via orale, non essendo
assorbite in sede gastroenterica, nel trattamento di infezioni intestinali.
Presentano rapida e potente azione battericida sui batteri in fase di moltiplicazione o
di quiescenza. Interagiscono con i fosfolipidi di membrana inducendo alterazioni
morfologiche delle membrane stesse, con incremento della permeabilità e
modificazione delle proprietà osmotiche, cui conseguono fuoriuscita di componenti
citoplasmatici, nucleotidi e aminoacidi e morte della cellula batterica. Le polimixine
neutralizzano gli effetti indesiderati delle endotossina prodotte dai batteri Gram-,
grazie al legame della loro porzione cationica con la porzione anionica dei lipidi delle
endotossine, di cui determinano l’inattivazione. L’azione antimicrobica delle
polimixine è ostacolata dalla presenza di cationi bivalenti (Ca2+ e Mg2+), acidi grassi
insaturi, detriti cellulari, essudati purulenti e composti dell’ammonio quaternario.
Dopo somministrazione orale le polimixine sono scarsamente assorbite in sede
intestinale e possono essere impiegate per tale via prima di interventi chirurgici
addominali per sterilizzare l’intestino. Le polimixine vengono somministrate per via
parenterale sotto forma di derivati metansulfonati per ridurne la tossicità e con
l’aggiunta di un anestetico locale per diminuirne la dolorabilità nel sito di iniezione.
Dopo somministrazione parenterale sono prontamente assorbite e conseguono livelli
ematici terapeuticamente utili; si legano alle proteine plasmatiche per il 70-90% e si
distribuiscono rapidamente in vari tessuti (cuore, fegato, rene e muscolo scheletrico)
mentre non superano la barriera emato-encefalica e diffondono poco nel liquor.
L’eliminazione, lenta e in forma non metabolizzata, avviene per via renale anche a
distanza di 2-3 giorni dal termine dei trattamenti. Dopo somministrazione orale
l’eliminazione è essenzialmente fecale. Per l’accentuata tossicità s carico dei
glomeruli e dell’epitelio tubulare, le polimixine sono impiegate topicamente su
superfici cutanee, ferite, infezioni superficiali, per via congiuntivale nelle infezioni
oculari e per aerosol nelle infezioni bronchiali e polmonari.
La somministrazione parenterale produce gravi effetti tossici, in particolare
nefrotossicità (albuminuria, cilindruria, ematuria e aumento dell’azotemia),
neurotossicità (con parestesie, vertigini, anoressia, ipertermia, polinevriti, depressione
del sensorio e atassia, reversibili con la sospensione del trattamento), effetti

curarizzanti (con blocco neuromuscolare che, a differenza degli aminoglicosidi, non


viene antagonizzato da neostigmina e calcio gluconato).
La polimixina E o colistina è la meno tossica dei due antibiotici.

MACROLIDI, LINCOSAMIDI E STREPTOGRAMINE

Macrolidi:
L’eritromicina è il capostipite dei macrolidi, che presentano una struttura
macrociclica lattonica. Il meccanismo d’azione consiste nell’inibizione della sintesi
proteica della cellula procariota. In questo gruppo sono inclusi anche i lincosamidi e
le streptogramine, caratterizzati da target d’azione simile ma da diversa struttura
molecolare. Questo gruppo di chemioterapici viene individuato, nell’insieme, con il
termine di MLS (Macrolidi-Lincosamidi-Streptogramine).

I macrolidi sono composti naturali, il cui capostipite è l’eritromicina, usati nel


trattamento di numerose infezioni e, in particolare, nel controllo delle cosiddette
“community-acquired disease”, quindi infezioni causate da microrganismi altamente
prevalenti nelle comunità. Al gruppo dei macrolidi si aggiungono anche i ketolidi.
In umana vengono usati soprattutto quando i pazienti presentano allergie alle
penicilline, e nelle infezioni sostenute da pneumococchi, streptococchi e micoplasmi.
Eritromicina, tilosina, tilmicosina e spiramicina sono i macrolidi attualmente più usati
in Italia per il trattamento di alcune malattie infettive degli animali.
I macrolidi esercitano tossicità negli erbivori (soprattutto monogastrici), sono
particolarmente dolorosi se iniettati per via parenterale e sono caratterizzati da lunghi
tempi di sospensione.
Sono composti basici dotati di elevata liposolubilità; presentano nella loro struttura
un anello polidrossilattonico macrociclico, cui sono legati vari aminozuccheri e
possono essere classificati in rapporto al numero di atomi formanti l’anello.
Anello tetradecatomico Anello pentadecatomico Anello esadecatomico
(azalidi) (tilonolidi)

Eritromicina Azitromicina Spiramicina

Roxitromicina Tilosina

Claritromicina Josamicina

Diritromicina Midecamicina

Anello tetradecatomico Anello pentadecatomico Anello esadecatomico


(azalidi) (tilonolidi)

Fluritromicina Miocamicina

I macrolidi vengono distinti in composti naturali e derivati semisintetici.


L’eritromicina, capostipite dei composti naturali, è costituita da una grossa molecola
ad anello polidrossilattonico tetradecatomico, cui sono legati due diversi
aminozuccheri: il cladinosio e la desosamina. I composti semisintetici vengono a loro
volta suddivisi in 3 sottogruppi in funzione della modificazione chimica apportata
alla struttura di base dell’eritromicina: il primo sottogruppo comprende i composti
modificati solo nei sostituenti dell’anello lattonico (come roxitromicina,
claritromicina, fluritromicina); il secondo comprende composti ottenuti per modifica
dell’aglicone (azitromicina); il terzo include i chetolidi ottenuti per modificazione
dell’α-L-cladinosio presente in posizione C3. Le modifiche della struttura
macrolidica influenzano la cinetica, la potenza e lo spettro antimicrobico. La rottura
dell’anello lattonico provoca perdita dell’attività antibatterica, così come la rimozione
del cladinosio dell’eritromicina o dei gruppi amminici terziari della desosamina nei
macrolidi con anello a 14 e 15 atomi-sostituito. Al contrario, l’inclusione di un azoto
metil-sostituito in posizione C10 dell’anello lattonico rende l’azitromicina da 2 a 8
volte più potente dell’eritromicina nei confronti dell’H.influenzae; la modifica
favorisce anche una maggiore acido-stabilità: in ambiente acido infatti, circa il 10%
dell’eritromicina è degradato in pochi secondi mentre sono necessari 20 minuti per
un’analoga degradazione dell’azitromicina.
I macrolidi interferiscono con i meccanismi che regolano la proteino-sintesi; hanno la
capacità di legarsi alle subuxità ribosomiali 50S dei microrganismi e di inibire la
sintesi proteica, prevenendo così la moltiplicazione microbica. Una volta penetrati nel
citoplasma microbico, questi farmaci si legano in modo reversibile alla subunità 50S
a livello del sito P e, ostacolando i processi di transpeptidazione/translocazione,
causano la dissociazione del peptidil-tRNA dal ribosoma durante i processi di
traslazione e il prematuro distacco di catene peptiche incomplete e incompatibili con
il normale sviluppo microbico.

I microrganismi Gram- sono naturalmente resistenti ai macrolidi in quanto


caratterizzati da una membrana impermeabile a questi composti. La resistenza
acquisita invece è il risultato di almeno 3 diversi meccanismi:
1. Produzione costitutiva o inducibile di un enzima metilasi in grado di modificare il
sito di legame del farmaco alla subunità ribosomiale. È il meccanismo più
importante dal punto di vista clinico perché produce una resistenza crociata a
macrolidi, lincosamidi e streptogramina B (resistenza MLSB) ed è caratterizzato
da un supporto genetico costituito da una famiglia di geni (erm- erythromycin-
resistant-methylases) che codifica enzimi in grado di catalizzare reazioni che
portano alla riduzione dell’affinità del macrolide per il ribosoma. Il gene erm può
essere portato dal cromosoma batterico oppure essere trasportato da un
plasmidio. Questo meccanismo induce resistenza nei confronti dei macrolidi a
14-15 atomi e anche di quelli a 16 atomi, della clindamicina, della streptogramina
B e dei chetolidi.
2. Attivazione di sistemi di efflusso che estrudono il farmaco dalla cellula.
Abbastanza comune come causa di insorgenza della resistenza all’eritromicina ed
è mediato da una serie di geni (mefA, mefB, mreA) che codificano proteine di
membrana con funzioni di pompe di efflusso. Questo tipo di resistenza si ha nei
confronti di tutti i macrolidi e non è crociata con lincosamidi e streptogramine.
3. inattivazione del farmaco ad opera di enzimi batterici. È mediata da
fosforilazione e glicosilazione del macrolide o da esterificazione dell’anello
lattonico.

I macrolidi sono considerati batteriostatici alle concentrazioni ematiche conseguibili


alle dosi terapeutiche. Lo spettro di attività è rivolto a cocchi e bacilli Gram+ aerobi,
in particolare stafilococchi, streptococchi e corinebatteri. Sono poco efficaci nei
confronti dei bacilli aerobi Gram-, sebbene la loro attività possa essere potenziata se
utilizzati in ambiente alcalino (pH 8) dove possono risultare addirittura battericidi.
Questa caratteristica risulta di particolare valore in un eventuale trattamento di
infezioni urinarie sostenute da tali patogeni e sconsiglia l’associazione di questi
composti con acidificatori urinari.

L’attività dei macrolidi di nuova generazione si esplica bene sia per i patogeni
extracellulari che intracellulari e sono considerati farmaci di prima scelta per alcune
infezioni intracellulari (M.avium, Chlamydia, Legionella).
I macrolidi esercitano anche un’attività antiprotozoaria nei confronti di toxoplasma,
cryptosporidium e plasmodium.
I macrolidi presentano, inoltre, anche effetti non antimicrobici, quali:
- effetti procinetici: i macrolidi pentadeca- ed esadecatomici stimolano i recettori
della motilina, per cui si ha aumento delle contrazioni gastrointestinali
- Effetti antinfiammatori/immunitari: eritromicina, roxitromicina, claritromicina e
azitromicina modulano la funzione di cellule infiammatorie (polimorfonucleati,
leucociti, linfociti, macrofagi), interferiscono direttamente con la funzione delle
cellule secretorie delle vie aeree e delle cellule epiteliali, inibiscono la produzione
di anioni superassimo, attivano la fagocitosi e la funzione battericida nelle cellule
polimorfonucleate, regolano la liberazione di TNF, IL-8, IL-6. A questi effetti è
attribuita l’efficacia sintomatica dei macrolidi nel trattamento di alcune forme
respiratorie iper-reattive come la bronchiolite asmatiforme e la parabronchiolite
diffusa.
Per quanto riguarda la farmacocinetica, l’assorbimento enterico è variabile;
presentano ottima distribuzione tissutale ed eliminazione, dopo estesa
biotrasformazione, attraverso tutti gli organi emuntori.
La biodisponibilità orale è condizionata dalla stabilità in ambiente acido. Sono state
preparate formulazioni gastroresistenti e più stabili in ambiente acido, in modo da
migliorare la biodisponibilità orale. Ciò ha permesso anche di ridurre i dosaggi
efficaci e di conseguenza di ridurre l’incidenza di effetti indesiderati a carico
dell’apparato gastroenterico.
I macrolidi presentano notevoli capacità di concentrazione nei tessuti, fino a 5-20
volte maggiore di quella ematica. Ciò dipende dalle caratteristiche chimico-fisiche
dei farmaci che diffondono per diffusione passiva non ionica, nei tessuti che
presentano pH inferiore a quello del sangue dove invece rimangono intrappolati
(intrappolamento ionico). Le elevate concentrazioni tissutali sono espressione della
rilevante capacità dei macrolidi di concentrarsi nelle cellule, il che ne comporta anche

una prolungata persistenza nelle specie animali produttrici di derrate alimentari, che
ne può limitare l’uso soprattutto in categorie di animali quali i produttori di latte.
Effetti collaterali: irritazione, dolorabilità nel sito di iniezione extravenoso; flebiti,
tromboflebiti dopo somministrazione e.v.; gravi reazioni infiammatorie dopo
infusione intracanalicolare mammaria. L’intolleranza gastrointestinale
all’eritromicina si manifesta con anoressia, nausea, vomito, dolori addominali e
diarrea. Sono stati descritti anche casi di epatite, legati principalmente all’uso di
eritromicina estolato, che evolvono in ittero colestatico e sono in parte attribuibili
all’azione sul citocromo P450. Questi effetti sono più frequenti e gravi nell’uomo che
negli animali, con l’eccezione degli equini, nei quali le elevate quote di farmaco che
vengono riversate con la bile nell’intestino modificano la motilità della muscolatura
liscia e alterano la flora microbica intestinale con selezione di ceppi patogeni di
Clostridium difficile che possono esitare in gravi forme di diarrea emorragica e in
coliche, a volte fatali.

Eritromicina—> primo macrolide utilizzato. Poco acido-stabile, incompletamente


assorbito nella porzione iniziale del piccolo intestino, per questo viene allestito sotto
forma di formulazione farmaceutica gastro-resistente o come sale stearato o estere
estolato. L’assorbimento è ritardato o ridotto dalla presenza di cibo che induce
aumento della secrezione acida gastrica. Ne consegue che l’assorbimento orale varia
in rapporto alla formulazione impiegata e alla specie animale, così come la sua
biodisponibilità. La somministrazione parenterale garantisce buona biodisponibilità
ma è dolorosa. Si lega alle proteine plasmatiche per il 70-90%, soprattutto alle α1-
glicoproteine acide. Subisce ampia metabolizzazione epatica ed è escreta soprattutto
con bile e feci. È attiva soprattutto nei confronti dei Gram+, efficace in particolare
verso gli stafilococchi e streptococchi pyogenes e pneumoniae. Tra i Gram- sono
sensibili Neisseria, Bordetella, Bartonella henselae. Sono sensibili anche micoplasmi,
legionella, clamidia, helicobacter, alcune specie di rickettsia e campilobacter

Spiramicina—> spettro d’azione simile a quello degli altri macrolidi; elevata capacità
di concentrarsi nei tessuti. Viene usata, nell’upmo per la profilassi e trattamento della
toxoplasmosi
Tilosina—> più stabile in ambiente gastrico dell’eritromicina, ben assorbita in sede
intestinale. Spettro antimicrobico simile all’eritromicina ma meno attiva di questa nei
confronti dei batteri e più efficacenei confronti di molti micoplasmi
Tilmicosina—> attività antimicrobica intermedia tra eritromicina e tilosina. Sono
insensibili le enterobatteriacee

Claritromicina, azitromicina—> azione protratta che permette di ricorrere ad un


unico trattamento per il controllo di micoplasmosi e campilobatteriosi e infezioni
sostenute da germi a localizzazione intracellulare. La claritromicina ha buona stabilità
gastrica, bene assorbita a livello intestinale, presenta elevato metabolismo di primo
passaggio. Elevata capacità di diffusione tissutale e intracellulare. Viene
metabolizzata a 14(R)-OH-claritromicina, dotato di attività simile al composto
originario. La claritromicina e il metabolita sono escreti con la bile e con le urine.
Spettro antimicrobico simile all’eritromicina.
L’azitromicina appartiene al gruppo delle azalidi, che presentano un gruppo azoto
nella struttura di base. Viene assorbita rapidamente e si distribuisce a tutti i comparti
dell’organismo, tranne nel liquor. L’amino-sostituzione nella struttura di base crea la
potenzialità di una seconda carica positiva in ambiente acido per cui le azalidi sono
considerata molecole con proprietà di-basiche. In ambiente endocellulare le due
cariche vengono esposte all’interno dei lisosomi acidificati, condizione che determina
una prolungata ritenzione intracellulare: questo fenomeno comporta prolungata
esposizione ai farmaci dei patogeni endocellulari e li distingue da altri macrolidi che
vengono estrusi più facilmente dalle cellule. Le azalidi non sono metabolizzate dal
P450. L’azitromicina viene per la maggior parte eliminata con la bile. È più efficace
di eritromicina e claritromicina nei confronti dei Gram- ma, rispetto ad esse, meno
nei confronti di quelli +.

Ketolidi—> sono di semisintesi; sono lipofili e dotati di buona capacità di


penetrazione cellulare. Presentano elevata potenza nei confronti dei patogeni
respiratori, ed efficacia verso i cocchi Gram+ eritromicino-resistenti.

Lincosamidi:

La lincomicina, isolata da attinomiceti, è costituita da un aminoacido legato ad un


aminozucchero e non è quindi strutturalmente correlata agli altri macrolidi non
possedendo il classico anello lattonico macrociclico. Come i macrolidi, la
lincomicina interagisce con la subunità 50S dei ribosomi e inibisce la sintesi proteica.
La clindamicina è il 7-deossi,7-cloro-derivato della lincomicina e questa modifica le
conferisce in più favorevole assorbimento gastrointestinale, meno influenzato dalla
presenza di alimenti nel tratto digerente, così come una maggiore attività nei
confronti dei cocchi aerobi Gram+ e un ampliamento dello spettro anche ai
microrganismi anaerobi. Dopo somministrazione per os la clindamicina viene
assorbita con rapidità e in misura quasi completa. Diffonde bene nella maggior parte
dei tessuti, escluso il SNC. Il farmaco tende ad accumularsi in polimorfonucleati e
macrofagi. Viene escreta con urine e bile, dopo metabolismo epatico. Il ricircolo
entero-epatico che il farmaco e i suoi metaboliti subiscono ne giustifica la prolungata
persistenza nelle feci e accresce i rischi di insorgenza di diarree e coliti.
Le lincosamidi sviluppano attività antimicrobica simile ai macrolidi. Clindamicina e
lincomicina si dimostrano battericidi o batteriostatici in funzione delle concentrazioni
e sono soprattutto attive nei confronti di Gram+, e batteri anaerobi; hanno anche
attività antiprotozoaria. La clindamicina, in associazione ad altri farmaci, è usata per
il trattamento della babesiosi, della malaria clorochino-resistente e toxoplasmosi. Le
lincosamidi sono farmaci di seconda scelta alternativi alle penicilline. Trovano anche
applicazione topica nel trattamento dell’acne Vulgaris, anche se la loro principale
indicazione d’uso è il trattamento delle infezioni gravi da anaerobi.

Streptogramine:

Sono composti naturali elaborati da differenti specie di streptomiceti e costituiti da


una complessa miscela di macrolattoni. Ne fanno parte mikamicina, pristinamicina,
estreomicina, virginiamicina. Sono distinte in 2 gruppi principali (tipo A e tipo B). I
composti di entrambi i gruppi si legano alla subunità ribosomiale 50S e interrompono
l’allungamento della catena peptidica (streptogramine di tipo A) o interferiscono con
l’attività dell’enzima peptidil-transferasi (tipo B). Entrambi i gruppi presentano
attività batteriostatica, ma il loro impiego in associazione sviluppa attività battericida.
Non sono usate in veterinaria.

PLEUROMUTILINE

La pleuromutilina è un composto naturale elaborato da un basidiomicete, il


Pleuromotus mutilus. Esercita la sua attività antimicrobica inibendo la sintesi proteica
tramite inibizione della peptidil-transferasi. La tiamulina è un derivato tioacetato
della pleuromutilina, così come la valnemulina.
La tiamulina viene somministrata per via parenterale come base e per os come sale
idrogeno fumarato ed ha proprietà cinetiche e spettro d’azione sovrapponibili a quelli
della tilosina, rispetto alla quale però presenta maggiore attività nei confronti di
batteri anaerobi e micoplasmi.
La timulina in genere è ben tollerata, ma può indurre gli stessi effetti indesiderati dei
macrolidi: istoirritabilità, disturbi gastrointestinali.
Se associata con farmaci ionofori (monesin, natasin, salinomicina) può provocarne
mancata biotrasformazione e conseguenti concentrazioni ematiche fatali per alcune
specie (suini, polli). La timulina può essere usata per il trattamento di infezioni
batteriche respiratorie dei ruminanti, ma la sua principale applicazione è per il
trattamento delle micoplasmosi respiratorie, della dissenteria e della leptospirosi
suina.

FENICOLATI

Il cloramfenicolo, isolato da un ceppo di Streptomyces venezuelae, è un antibiotico


ad ampio spettro, caratterizzato dalla presenza di un nitrogruppo. Suoi derivati sono il
tiamfenicolo (TAF) e l’azidamfenicolo. L’uso del cloramfenicolo, nell’uomo, è
attualmente limitato (per via degli effetti collaterali, quali anemia aplastica
irreversibile e non dose-correlata) al trattamento di infezioni potenzialmente letali che
non possono essere trattate con altri chemioantibiotici.
Dal 1994 l’uso del cloramfenicolo è autorizzato solo per le specie da compagnia e per
quelle non produttrici di derrate alimentari. Poiché gli effetti collaterali decritti per il
cloramfenicolo non sono stati osservati nell’uomo e negli animali trattati con
tiamfenicolo, questo farmaco, insieme a un altro derivato ad esclusivo uso
veterinario, il florfenicolo, sono oggi autorizzati in alcuni paesi europei e negli USA
per il controllo delle infezioni respiratorie del bovino e del suino, per il trattamento
delle pododermatiti (flemmone interdigitale) del bovino sostenute da Fusobacterium
necrophorus e Bacteroides melaninogenicus.
Il cloramfenicolo è un composto molto stabile a temperatura ambiente; possiede
caratteristiche anfotere, si conserva non ionizzato a pH fisiologico ed è scarsamente
solubile in soluzione acquosa. È un potente inibitore della sintesi proteica, tramite
formazione di un legame irreversibile con l’enzima peptidiltransferasi a livello della
subunità 50S del ribosoma batterico 70S, che determina l’interruzione
dell’allungamento della catena peptidica in formazione e una conseguente potente
attività batteriostatica. Il cloramfenicolo può interagire con i ribosomi mitocondriale
delle cellule eucariote; particolarmente sensibili sono le strutture mitocondriale delle
cellule del midollo osseo e, come possibile conseguenza di questa interazione,
l’attività mitocondriale delle cellule midollari può risultare alterata e la funzione del
midollo osseo soppressa.
Il cloramfenicolo è considerato uno dei chemioterapici ad attività batteriostatica con
il più ampio spettro d’azione, che comprende Gram+ e molti Gram- aerobi e
anaerobi, ma anche clamidie, rickettsie, micoplasmi.

Il cloramfenicolo base può essere somministrato per os ma la scarsa palatabilità ne


limita l’uso. Di norma viene somministrato sotto forma di estere palmitato o
succinato, microbiologicamente inattivi, che vengon idrolizzati ad opera di esterasi
intestinali o ematiche rilasciando così il principio attivo. Il cloramfenicolo succinato,
idrosolubile, viene utilizzato in preparazioni farmaceutiche per uso parenterale. Dopo
la somministrazione orale o parenterale, il cloramfenicolo viene bene assorbito in
tutte le specie tranne nei ruminanti in quanto il farmaco viene degradato dalla flora
microbica prestomacale. Tutti i derivati fenolici sono caratterizzati da ottima
distribuzione tissutale, correlata alla loro ridotta percentuale di legame alle proteine
plasmatiche e alla loro capacità di attraversare con facilità le membrane biologiche e
penetrare nei tessuti. Questa capacità permette il raggiungimento di concentrazioni
efficaci nel SNC e nell’umor acqueo. La scarsa tendenza alla ionizzazione non ne
determina accumulo in particolari tessuti. La metabolizzazione epatica, in particolare
reazioni di glucuronoconiugazione, rappresentano il principale processo di
eliminazione. Nel gatto (carente di efficienti sistemi di glucuronoconiugazione)
l’emivita del cloramfenicolo è notevolmente più prolungata (5-6h) che in altre specie.
Il cloramfenicolo e il suo metabolita glucuronato inattivo vengono eliminati
principalmente per via renale e in minor misura per via biliare.
Effetti collaterali:
- anemia aplastica irreversibile non dose-dipendente (non ancora descritta per gli
animali; riscontrata solo nell’uomo). Il divieto d’uso nelle specie da reddito è
dettato dall’evidenza che questa anemia, non è dose-dipendente, per cui non
possono essere identificate né una concentrazione sicuramente esente da effetti
(No Observable Effect Level- NOEL) né una concentrazione residuale massima
tollerabile nelle derrate di origine animale (Maximum Residue Level-MRL).
- Soppressione dell’attività del midollo osseo reversibile e dose-correlata (sindrome
del midollo grigio) nei neonati e bambini
- Ipersensibilità (occasionale) con rash cutanei, fino a shock anafilattico
Negli animali i cloramfenicolo è ben tollerato e solo nel gatto sono stati segnalati casi
di depressione dell’attività del midollo osseo con pancitopenia a seguito di trattamenti

prolungati. La sintomatologia tossica, in questo caso, regredisce con l’interruzione


del trattamento.
Il cloramfenicolo è un potente inibitore dell’attività degli enzimi metabolizzanti
epatici e ciò comporta rischio di interazione sfavorevole quando il farmaco viene
somministrato in associazione a composti la cui eliminazione è principalmente
condizionata da biotrasformazioni. È stato osservato che il cloramfenicolo prolunga e
potenzia la tossicità dei barbiturici, del fenilbutazone, della ketamina, della xilazina e
degli antibiotici ionofori.

RIFAMICINE

Note anche come ansamicine, isolate da ceppi di Amycolaptosis rifamycinica, che


produce almeno o5 composti biologicamente attivi e clinicamente utili, designati
come rifamicina A, B, C, D, E. Da questi composti sono stati ottenuti analoghi di
semisintesi (rifamicina SV, rifamixina, rifocina, rifambutina, rifamide, rifapentina), il
più noto dei quali è la rifampicina (o rifampin).
In passato questi farmaci erano usati per il trattamento della tubercolosi e della
lebbra.
Le rifamicine presentano nella struttura un nucleo cromoforo naftoidrochinonico con
una larga catena alifatica che riunisce due punti del nucleo aromatico.
Le rifamicine bloccano la trascrizione dell’informazione genetica delle cellule
batteriche per inibizione della RNA polimerasi DNA-dipendente. Il risultato finale è
l’inibizione della sintesi proteica.
I microrganismi possono sviluppare rapidamente resistenza alla rifampicina,
ascrivibile a una mutazione del gene rpoB, responsabile della codificazione della
subunità β della RNA polimerasi (sito specifico d’azione delle rifamicine), che
rappresenta la base genetica della comparsa del fenomeno della resistenza
cromosomica tipica per questi antibiotici. La resistenza alle rifamicine non è
trasferibile e non promuove resistenza crociata con nessun altro gruppo di
antibatterici.
La rifampicina è il composto più utilizzato in veterinaria, tra le rifamicine, ed esercita
attività battericida sia nei confronti dei microrganismi a localizzazione extracellulare
che intracellulare (Brucella, Mycobacterium, Chlamydia ecc…). Il suo spettro
d’azione comprende soprattutto Gram+ ed è molto efficiente nei confronti di
Staphylococcus aureus ed epidermidis e degli stafilococchi coagulasi-negativi. Sono
sensibili anche streptococchi, corinebacterium, clostridi e listeria. Presenta buona
attività anche nei confronti di micobatteri e limitata attività nei confronti di alcuni
Gram- (come le brucelle).

La rifampicina è altamente liposolubile e stabile in ambiente acido. Pur


somministratile per via parenterale, piò essere somministrato per os con garanzia di
buon assorbimento, contrariamente a rifamicina SV e rifamixina che non sono
assorbite in sede gastroenterica. Il farmaco assorbito si lega per circa l’80% alle
proteine plasmatiche; la quota libera si distribuisce bene ed omogeneamente nei
tessuti dove può raggiungere concentrazioni maggiori di quelle ematiche. Il farmaco
tende a concentrarsi nelle cellule ematiche della serie bianca (neutrofili) e nei
macrofagi. La rifampicina è biotrasformata in sede epatica in un metabolita ancora
attivo: entrambi possono essere eliminate con le urine che, per la loro presenza,
assumono una tipica colorazione rossa, ma la via elettiva di eliminazione è quella
biliare che può comportare ricircolo entero-epatico.
Effetti collaterali: la rifampicina è in genere ben tollerata; raramente son ostati
descritti episodi di piastrinopenia, anemia emolitica, anoressia, vomito, diarrea. Il
farmaco può comportarsi da patene e quindi si possono verificare fenomeni immuno-
allergici in soggetti precedentemente trattati. Presenta inoltre potenziale
teratogenicità, per cui non si può usare in animali gravidi. Epatiti gravi sono state
descritte nel cane affetto da patologie epatiche e trattato con rifampicina: questa
tossicità è attribuita alla potente attività di induzione enzimatica manifestata dal
farmaco che determina una progressiva riduzione delle sue concentrazioni ematiche
nel corso di terpie prolungate.

CHINOLONI E FLUOROCHINOLONI

L’acido nalidixico è il capostipite dei cinologi; di questa categoria fanno parte anche
l’acido piromidico, l’acido pipemidico e l’acido ossolinico. Per le caratteristiche dello
spettro antimicrobico (batteri Gram- aerobi e anaerobi), la rapida escrezione renale e
il conseguimento di elevate concentrazioni urinarie, i chinoloni sono impiegati quasi
esclusivamente nel trattamento delle infezioni delle vie urinarie. Son ormai poco usati
soprattutto in considerazione del loro spettro d’azione e dei frequenti fenomeni di
resistenza. A partire dai chinoloni sono stati sintetizzati dei nuovi composti, i
fluorochinoloni che, caratterizzati dalla presenza di un atomo di fluoro nella loro
struttura, presentano uno spettro antimicrobico notevolmente più ampio e fenomeni di
resistenza e di tossicità nettamente più contenuti. Dopo somministrazione orale, i
fluorochinoloni presentano un buon assorbimento intestinale, cui segue un’omogenea
distribuzione in tutti i tessuti e le cellule dell’organismo ed una prolungata emivita di
eliminazione. L’insorgenza di fenomeni di resistenza osservata in alcuni
microrganismi patogeni è il principale svantaggio applicativo di questi farmaci, che
può essere controllato ricorrendo all’impiego di opportuni livelli di dosaggio.
Attualmente in Italia sono autorizzati per l’impiego negli animali d’affezione e/o
negli animali da reddito e nel pollame il danofloxacin, il difloxacin, l’enrofloxacin, la
flumequina, il marbofloxacin e il norfloxacin.
I fluorchinoloni presentano struttura chinolonica di volta in volta modificata con
diversi sostituenti chimici e catene laterali. Le sostituzioni apportate nella struttura di
base ne influenzano le caratteristiche cinetiche, e in particolare la biodisponibilità, la
capacità di distribuzione tissutale e i ritmi escretivi. Il meccanismo d’azione, di tipo
battericida, è rapido e dose-dipendente e si esercita a livello di due enzimi: la
topoisomerasi II (DNA-girasi) e la topoisomerasi IV. Funzione della prima è quella di
introdurre un superavvolgimento negativo nella molecola a doppio filamento del
DNA batterico al fine di compattare e ridurre la molecola di DNA. La topoisomerasi
II è costituita da 2 subunità (A e B) che agiscono contemporaneamente per realizzare
il superavvolgimento: la subunità A contiene il sito di legame del DNA e controlla la

capacità di ricongiungere le interruzioni della catena; la subunità B dirige la


produzione dell’energia necessaria al superavvolgimento a partire dall’idrolisi di ATP
ed è ritenuta la principale responsabile dell’avvolgimento. La topoisomerasi IV è
invece costituita da due subunità (parC e parE) implicate nello svolgimento del DNA
ATP-dipendente. I fluorochinoloni agiscono selettivamente sulle due subunità della
topoisomerasi II e sulla topoisomerasi IV. Gli effetti tossici sulla cellula batterica si
esplicano a causa della formazione irreversibile di complessi costituiti da
fluorochinolone, topoisomerasi e DNA aperto ( chiamato “complesso ternario”). Il
complesso previene la progressione della replicazione e trascrizione, portando alla
frammentazione del cromosoma e alla morte della cellula. Per i batteri Gram- il
bersaglio dei fluorochinoloni è rappresentato principalmente dalla topoisomerasi II,
mentre per i batteri Gram+, in particolare stafilococchi e streptococchi, il bersaglio
principale è la topoisomerasi IV.
I fluorochinoloni sono attivi nei confronti di Gram- come enterobatteriacee,
Actinobacillus, pleuropneumoniae, Haemophilus, Pasteurella. Sono attivi anche nei
confronti di Bordetella bronchiseptica, Brucella, Chlamydia, Mycoplamsa,
Ureaplasma. I fluorochinoloni determinano un effetto battericida concentrazione-
dipendente.
I fenomeni di resistenza batterica sono dovuti a 3 meccanismi:
- diminuita permeabilità della parete cellulare per alterazione dei pori idrofilici
- Incrementata estrusione del farmaco dalla cellula microbica
- Modificazioni a carico dei siti di legame dei farmaci presenti sulla struttura di
DNA-girasi e/o di topoisomerasi IV
La resistenza nei confronti dei fluorochinoloni è di tipo cromosomico (quindi stabile)
e la sua comparsa è direttamente proporzionale alle concentrazioni di farmaco nel sito
d’infezione: tanto maggiore è la concentrazione del farmaco tanto minore è il rischio
di comparsa di resistenza.
In genere la resistenza è di tipo crociato: la comparsa del fenomeno nei confronti di
un composto del gruppo induce resistenza anche nei confronti di composti congeneri.
Sono stati segnalati episodi di resistenza crociata nei confronti di gruppi di
chemioterapici diversi come cefalosporine e tetracicline.

Nei monogastrici i fluorochinoloni sono rapidamente assorbiti solo somministrazione


orale e conseguono la concentrazione picco a distanza di circa 2h dal trattamento. Nei
poligastrici è preferita la somministrazione per via parenterale in considerazione della
ridotta biodisponibilità e dell’inattivazione che questi farmaci subiscono nel rumine
solo somministrazione orale. Nei monogastrici le percentuali di assorbimento sono
superiori all’80%, con l’eccezione della norfloxacina per la quale è previsto un
assorbimento di circa il 40% delle dosi somministrate per via orale.
La presenza nel tratto digerente di alimenti ricchi di ioni metallici come magnesio e
alluminio prolunga i tempi di raggiungimento dei livelli ematici picco ma in genere
non modifica i livelli conseguibili. Dopo l’assorbimento, in funzione della notevole
lipofilia, delle ridotte percentuali di legame alle proteine plasmatiche e del modesto
grado di ionizzazione, i fluorochinoloni si distribuiscono in modo rapido e omogeneo
nei tessuti e nei liquidi organici, raggiungendo elevate concentrazioni nelle secrezioni
bronchiali, nei liquidi cerebrospinali e prostatico e nei tessuti osseo e cartilagineo. Le
concentrazioni maggiori si registrano però negli organi escretori, rene e fegato, e
nella bile. A 24h dal trattamento nelle urine si possono riscontrare concentrazioni di
farmaco fino a 100 volte maggiori di quelle ematiche, mentre nella bile i livelli
possono essere 10-20 volte superiori a quelli registrabili nel torrente circolatorio.
I fluorochinoloni subiscono parziale metabolizzazione epatica e danno origine a
metaboliti attivi che vengono escreti con bile e urine.
I metaboliti di alcuni composti sono a loro volta utilizzati in terapia, come nel caso di
ciprofloxacin, principale metabolita di enrofloxacin, o di sarafloxacin, metabolita del
difloxacin. Le emivite di eliminazione sono in genere piuttosto prolungate e
permettono somministrazioni a intervalli di 12-24h.
I fluorochinoloni agiscono in modo sinergico con β-lattamine, aminoglicosidi e
vancomicina nei confronti di alcuni batteri patogeni, tra i quali si ricordano lo
Staphylococcus aureus, lo Pseudomonas aeruginosa e gli enterococchi, mentre
agiscono in modo antagonistico con nitrofurani e cloramfenicolo. Quando
somministrati in associazione con metronidazolo per il controllo di infezioni
polimicrobiche si registra invece un ampliamento dello spettro antimicrobico. I

fluorochinoloni interferiscono sul metabolismo epatico di sostanze quali teofillina e


caffeina.
Tra i chinoloni trovano ancora impiego l’acido nalidixico e l’acido ossolinico: il
primo viene usato soprattutto nel cane e nel gatto, il secondo nelle specie da reddito,
da solo o associato a colistina. I due composti hanno attività nei confronti di Gram-
aerobi e anaerobi, in particolare E.coli, Proteus, Klebsiella, Salmonella, Brucella,
Passerella. L’assorbimento, variabile in base alla preparazione farmaceutica e in
funzione della specie animale, delle condizioni di salute e dello stato di replezione
gastrica, risulta rapido e pari a circa l’80-90% della dose somministrata.
L’eliminazione è prevalentemente renale; quote minori dei due farmaci sono rilevabili
anche nelle feci. Negli animali, l’utilizzo dei fluorochinoloni (danofloxacin,
difloxacin, enrofloxacin, flumequina, norfloxacin, marbofloxacin) offre numerosi
vantaggi: la possibile somministrazione per via orale, la notevole attività nei
confronti di molti aerobi Gram- e la discreta attività nei confronti degli aerobi
Gram+, l’ampia distribuzione tissutale e la ridotta tossicità. Questi farmaci, efficaci
nel trattamento delle infezioni urinarie per la loro eliminazione renale in forma attiva,
sono utili anche nel caso di setticemie gravi e infezioni respiratorie sostenute da
microrganismi sensibili. Per la loro capacità di penetrare nelle cellule fagocitarie, i
fluorochinoloni sono utili anche nella terapia di micoplasmosi e infezioni causate da
batteri atipici come micobatteri, brucelle, clamidie, coxielle, erlichie e rickettsie.
Effetti collaterali: somministrati per os possono indurre manifestazioni avverse a
carico dell’apparato digerente con nausea, vomito, diarrea. L’unico effetto collaterale
di rilievo registrato negli animali è un processo di tipo erosivo a carico di cartilagini
d’accrescimento e di sostegno, ma si tratta di un fenomeno talvolta così grave e
intenso da richiedere il sacrificio degli animali. Tra tutte, la specie canina è la più
esposta al processo erosivo, seguita da quella equina: per evitare possibili lesioni è
consigliabile non somministrare questi farmaci prima degli 8 mesi di vita nei cani di
piccola e media taglia e dei 14-18 mesi in quel di grossa taglia. Nel gatto è stata
segnalata tossicità oculare indotta da dosi di enrofloxacina 6-10 volte superiori a
quelle suggerite (midriasi, atrofia retinica, attenuazione dei vasi retinici, aumentata
riflessione del tapetum, apparente cecità).

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