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Antibiotici

Gli antibiotici sono delle sostanze che sono prodotte da batteri, funghi (actinomiceti) quando
questi organismi crescono in condizioni di carenza di cibo, in particolare di substrato azotato. In
queste condizioni iniziano a competere fra di loro per prendere il substrato stesso e producono delle
molecole tossiche in grado di uccidere gli altri microrganismi concorrenti. Queste sostanze sono,
appunto, gli antibiotici.
Ovviamente esistono antibiotici estrattivi, cioè prodotti dai batteri, ma la maggior parte degli
antibiotici oggi sono di sintesi chimica.
Il problema fondamentale della terapia antibiotica è lo sviluppo delle resistenze. Questo è un
fenomeno in continua crescita ed è estremamente preoccupante perché rappresenta la principale
causa di un numero molto alto di decessi ogni anno (più di 30.000 in Europa). Il nostro paese
eccelle in questo non nobile primato: infatti, circa 1/3 delle morti dovute a resistenza agli antibiotici
avviene in Italia. Nel nostro Paese il consumo di antibiotici è superiore alla media europea,
soprattutto per alcune classi per cui si è cercato anche di restringerne l’utilizzo (ultimamente sono
state infatti poste delle limitazioni all’uso di questi antibiotici). Sono soprattutto chinoloni e
macrolidi ad esser somministrati e prescritti in modo non congruo.
L’Italia, insieme alla Grecia, ha il primato in Europa per la diffusione di batteri resistenti agli
antibiotici perché si tende a dare questi farmaci anche quando non ce n’è bisogno, per esempio
contro infezioni virali in cui gli antibiotici non sono attivi (eccezione fatta nel caso di un sospetto di
sovra infezione batterica in un paziente che presenta infezione virale). Questo comporta, invece, una
selezione di batteri resistenti senza curare la patologia, implementando la trasmissione della
resistenza stessa.
Che cosa si intende per resistenza batterica?
Innanzitutto, un batterio si dice sensibile agli antibiotici se viene inibito da concentrazioni
plasmatiche di farmaco che sono inferiori a quelle che si ottengono nel sangue alla posologia
indicata e approvata.
Si dice che un microrganismo è resistente ad un farmaco quando, invece, continua a moltiplicarsi
in presenza di concentrazioni di farmaco che risultano essere inibitorie per la maggior parte degli
stipiti della stessa specie.
Un’altra definizione afferma che un microrganismo è resistente anche quando è in grado di
moltiplicarsi in presenza di concentrazioni di farmaco che sono uguali a quelle massime
raggiungibili nel corso della somministrazione terapeutica dell’antibiotico. Ovviamente non
possiamo somministrare dosi più alte dell’antibiotico perché avremmo troppi effetti tossici e alle
dosi massime somministrabili il microrganismo continua a proliferare.
Esistono due tipi di resistenza:
Resistenza naturale: rappresenta quella resistenza che hanno i microrganismi a un determinato
farmaco senza mai essere stati esposti precedentemente a quel farmaco. Un batterio è naturalmente
resistente ad un antibiotico, per esempio, se non ha il sito di legame a cui si lega l’antibiotico. Per
esempio, i micoplasmi non hanno parete cellulare e quindi quegli antibiotici che agiscono inibendo
la parete cellulare dei batteri non possono funzionare sui micoplasmi. È ovvio quindi che i
micoplasmi sono naturalmente resistenti agli antibiotici che agiscono inibendo la formazione della
parete batterica. Oppure la resistenza può essere data dal fatto che alcuni microrganismi non
fanno penetrare al loro interno gli antibiotici. Alcuni antibiotici, infatti, penetrano normalmente
attraverso i pori della parete esterna dei batteri gram negativi (i più difficili da penetrare) ma, se
troviamo dei batteri che presentano dei pori piccolissimi o hanno pochissimi pori, allora questi
saranno resistenti a quella determinata classe di antibiotici perché impediscono proprio l’entrata al
farmaco.
Resistenza acquisita: viene indotta dalla somministrazione del farmaco e quindi dall’esposizione
del microrganismo al farmaco stesso.
L’antibiotico resistenza è una proprietà geneticamente trasmissibile dal microrganismo. La
trasmissione può essere di tipo cromosomiale o extra-cromosomiale.
- Trasmissione cromosomiale: dipende dalla presenza del cromosoma batterico. È una
trasmissione rara e rappresenta circa il 10% di tutte le resistenze acquisite. È, inoltre, una
trasmissione stabile, ereditaria e lenta da acquisire.
- Trasmissione extra-cromosomiale: dipende dalla presenza di elementi extra-cromosomiali
ed è molto più frequente (rappresenta il 90% delle resistenze acquisite), in più è molto
pericolosa, poiché si trasmette anche tra batteri di specie diversa. Si trasmette attraverso
tre meccanismi principali:
 Trasformazione: passaggio di frammenti di DNA libero che si creano in seguito alla lisi
batterica e che sono trasmessi ad un batterio ricevente;
 Trasduzione: trasferimento mediato dai virus dei batteri (batteriofagi);
 Coniugazione: cosiddetto trasferimento per “via sessuale” delle resistenze che avviene
attraverso il pilo (c’è un contatto fisico).
I meccanismi biochimici che comportano l’instaurarsi di una resistenza batterica sono più o
meno 5:
- Inattivazione del farmaco da parte del batterio che produce enzimi che inattivano il
farmaco;
- Modificazione del sito di legame del farmaco sul batterio da parte del batterio stesso
impedendogli di legarsi;
- Diminuzione dell’ingresso dell’antibiotico nel batterio (per esempio riducendo il
diametro dei pori della parete esterna);
- Pompe di efflusso (come la glicoproteina P che prende l’antibiotico e lo butta fuori prima
che questo possa esplicare i suoi effetti terapeutici);
- Costruzione di vie metaboliche alternative all’interno del batterio in modo tale che il
farmaco blocca una determinata via metabolica del microrganismo, ma quest’ultimo impara
a utilizzarne un’altra.
Classificazione antibiotici
Gli antibiotici vengono classificati in base al loro meccanismo d’azione. Abbiamo:
Inibitori della sintesi della parete cellulare
I procarioti, diversamente dagli eucarioti, hanno una parete cellulare e quindi ci sono degli
antibiotici che agiscono proprio a livello della parete del batterio. Appartengono al gruppo degli
inibitori della sintesi della parete cellulare:
 antibiotici beta-lattamici (beta-lattamine): il nome deriva dal gruppo beta lattamico
contenuto all'interno della molecola di tutti questi antibiotici che è responsabile dell'attività
farmacologica, cioè dell'attività terapeutica dell’antibiotico. A questo gruppo di antibiotici
betalattamici appartengono le Penicilline, le Cefalosporine, i Carbapenemi e i
Monobattami.
 antibiotici polipeptidici a loro volta suddivisi in:
- glicopeptidi: antibiotici che hanno uno spettro di attività ristretto ai batteri Gram
+. A questo gruppo appartengono la Vancomicina, la Teicoplanina e congeneri;
- polipeptidi: Bacitracina (attivo verso i Gram + e anche verso alcuni bacilli Gram
-) che ha un’elevata tossicità sia per il rene che per il fegato e per questo si
somministra per via locale e non per via sistemica. Infatti, viene utilizzata per la
terapia di un numero ristretto di infezioni (cute,
occhio, orecchio). La Bacitracina nel suo uso è sempre
associata ad un altro antibiotico che fa parte di un’altra
classe di antibiotici con un altro meccanismo di azione
(non inibisce la sintesi della parete cellulare), che è la
Neomicina, facente parte della classe degli
aminoglicosidi. L’associazione tra Bacitracina e
Neomicina ha come nome commerciale Bimixin e si
dà per os, in quanto non viene assorbito, ma si ferma nell’intestino e viene utilizzato
per il trattamento delle infezioni gastrointestinali.
- analoghi degli amminoacidi: Cicloserina (simile alla struttura dell’aminoacido D-
alanina). Viene utilizzata per la terapia di infezioni sostenute sia da batteri Gram +
sia Gram- ed è inoltre attiva anche su Mycobacterium tubercolosis.
Antibiotici che agiscono a livello della membrana cellulare
Polimixine: antibiotici molto tossici che legano il polisaccaride che si trova sulla membrana
plasmatica alterandone le proprietà meccaniche formando
dei pori. Causano morte del batterio per lisi osmotica.
Sono attive nei confronti dei bacilli gram- (con esclusione
del Proteus). Sono molto tossiche soprattutto nei confronti
del rene e del sistema nervoso, per questo si utilizzano per
via topica per infezioni di cute, orecchio e occhio.
Esiste una indicazione delle Polimixine, e in particolare
della Polimixina B, nello shock settico refrattario al
trattamento. Il nome commerciale del farmaco è
TORAYMYXIN, che appunto si utilizza nello shock settico refrattario al trattamento, perché è in
grado di assorbire e neutralizzare le tossine, che nello shock settico sono rilasciate dai batteri.
Essendo un farmaco che non può essere dato per via sistemica, si utilizza l’emoperfusione per il
trattamento dello shock settico. L’emoperfusione consiste nella circolazione extracorporea con
perfusione del sangue venoso del paziente. Con questo metodo si fa passare una cartuccia che
contiene delle fibre di polistirene che hanno adese la Polimixina B. In questo caso si sfrutta la
capacità della Polimixina B di prelevare dal sangue le tossine e quindi di filtrare il sangue. È una
terapia che deve essere effettuata entro 24 h dalla diagnosi di shock settico refrattario e prima
che questa condizione determini IRA.
Inibitori della sintesi proteica
Vengono a loro volta suddivisi in due sottogruppi che differiscono per il sito ribosomiale a cui si
legano:
 antibiotici che agiscono a livello della subunità ribosomiale batterica 30S:
Aminoglicosidi, Tetracicline
 antibiotici che agiscono a livello della subunità ribosomiale batterica 50S:
Cloramfenicolo, Macrolidi (più frequentemente distruggono la flora batterica intestinale),
Lincosamidi, Oxazolidinoni, Streptogramine.
Antimetaboliti
Appartengono a questa classe antibiotici che ingannano il metabolismo del batterio perché sono
simili nella struttura a sostanze che il batterio usa nelle sue reazioni.
Sulfamidici e Trimetropim : sono analoghi dell’ acido folico. Vengono scambiati per
quest’ultimo inibendo in questo modo gli enzimi metabolici coinvolti nella sintesi dell’acido
tetraidrofolico.
Inibitori della sintesi di DNA/RNA
DNA: Fluorochinoloni (molto utilizzati nella terapia delle infezioni urinarie), antibiotico
Metronidazolo (nome commerciale “Flagyl”) che agisce nei confronti di protozoi e batteri
anaerobi perché in presenza di ossigeno, il Metronidazolo si ossida e diviene inattivo; è un
profarmaco, cioè un farmaco non attivo che viene attivato all’interno dell’organismo (in questo
caso presenta un nitrogruppo che viene ridotto dal microrganismo e si trasforma in un nitroradicale
in grado di danneggiare il DNA del microrganismo che lo ha attivato).
RNA: Rifampicina (molto utilizzato nella terapia della tubercolosi, ma anche in altre infezioni)
che inibisce la RNA polimerasi DNA dipendente.
Come si misura la potenza degli antibiotici?
La potenza indica il modo di utilizzo e la dose, la posologia. Ci sono due parametri per
determinare la potenza degli antibiotici: MIC (minima concentrazione plasmatica che inibisce la
proliferazione batterica) e MBC (minima concentrazione plasmatica battericida). Si misurano
facendo delle colture batteriche ed esponendole a diverse concentrazioni dell’antibiotico. Se MIC e
MBC sono molto simili l’uno all’altro, allora l’antibiotico è battericida: le stesse concentrazioni
plasmatiche di antibiotico che inibiscono la proliferazione delle colonie, ne causano altresì la morte.
Se MIC è molto più bassa rispetto alla MBC, allora l’antibiotico è batteriostatico, e sarà il
nostro sistema immunitario che eliminerà i batteri mediandone la morte, i quali però saranno non
più proliferanti grazie all’azione dell’antibiotico.
Altro concetto importante per la terapia è la differenza tra gli antibiotici tempo-dipendenti e
concentrazione-dipendenti.
Antibiotici tempo-dipendenti: per agire in modo efficace devono rimanere nel nostro corpo per un
periodo di tempo prolungato a concentrazioni plasmatiche uguali o di poco superiori alla MIC per
un intervallo di tempo che sia almeno pari al 40% dell’intervallo tra le dosi. Dosi più alte non
servono. L’importante è avere una dose costante simile alla MIC per un periodo di tempo definito.
Antibiotici quali beta-lattamici (Penicilline, Cefalosporine, Carbapenemi, Monobattami) e i
glicopeptidi sono tempo dipendenti. La differenza tra glicopeptidi e beta-lattamici, invece,
risiede in un altro parametro: il PAE (effetto post-antibiotico). Quando si cessa la
somministrazione dell’antibiotico con PAE, l’antibiotico stesso mantiene l’efficacia per un certo
periodo perché è in grado di indurre la fagocitosi da parte dei monociti del sangue, anche se le
concentrazioni plasmatiche sono quasi pari a zero. Gli antibiotici che hanno il PAE sono:
glicopeptidi, carbapenemi (unici antibiotici tra i beta-lattamici che hanno il PAE), molti tra gli
antibiotici che inibiscono la sintesi proteica.
Antibiotici concentrazione-dipendenti: questi sono per lo più antibiotici che inibiscono la sintesi
proteica. Devono essere somministrati in alte dosi, perché la loro efficacia dipende dal picco di
concentrazione plasmatica, quindi più è alta la concentrazione plasmatica, più sono efficaci, e per
brevi periodi, perché purtroppo questi antibiotici hanno anche diversi effetti collaterali e quindi
per minimizzarli si danno per brevi periodi. Una penicillina (antibiotico tempo dipendente) si da per
un periodo di tempo prolungato, di solito almeno 6-7 giorni. Un antibiotico che inibisce la sintesi
proteica si dà per un periodo più breve e a concentrazione più alta.
β-lattamici
I β-lattamici (-lattamine è sinonimo di β-lattamici) sono antibiotici che agiscono sulla parete
batterica. Sono molto utilizzati e comprendono 4 sottoclassi:
 Penicilline
 Cefalosporine
 Carbapenemi
 Monobattami
Tutti i β-lattamici posseggono l’anello β-lattamico: in esso è possibile apprezzare il lattone (il
chetone attaccato all’anello) e, sempre all’interno dell’anello, un atomo di azoto.
Penicilline
Furono scoperte, per caso, da Fleming, nel 1928. Esse sono prodotte da una muffa di un fungo, il
Penicillium notatum. Sono battericidi e tempo dipendenti, cioè alle dosi che si danno in clinica
riescono a raggiungere concentrazioni plasmatiche tali da uccidere il batterio (qualsiasi antibiotico
se dato a dosi altissime, con il conseguente raggiungimento di concentrazioni altissime, arriverebbe
più o meno ad uccidere i batteri, ma questo non si può fare per molti antibiotici a causa degli effetti
collaterali).
La struttura comprende l’anello β-lattamico unito all’anello
tiazolidinico (anello che ha come sostituente lo zolfo). La
struttura attiva farmacologicamente, che conferisce l’azione
battericida, è l’anello β-lattamico. Tale anello presenta
quattro atomi, di cui uno è N ed un altro con funzione
chetonica. Presenta poi come sostituente un gruppo
carbonilico, il quale lega:
 Il gruppo NH2, formando un legame peptidico (in tutte le penicilline)
 Il gruppo R, il quale varia tra le diverse penicilline.
Poiché la struttura attiva è l’anello β-lattamico, se l’anello β-lattamico si rompe, si ha la perdita di
funzione dell’antibiotico. Esistono infatti degli enzimi prodotti da alcuni batteri, le β-lattamasi, che
rompono l’anello β-lattamico aprendolo e questo determina perdita di funzione dell’antibiotico. Le
β-lattamasi rappresentano un meccanismo di resistenza agli antibiotici beta-lattamici sviluppato
dai batteri in seguito alla somministrazione dei suddetti antibiotici.
Il meccanismo d’azione è uguale per tutti gli antibiotici della classe dei beta-lattamici. Le
penicilline inibiscono la sintesi del peptidoglicano, presente sia nei gram+ (più di 100 molecole di
peptidoglicano organizzate in più strati, disposti al di sopra della membrana plasmatica), che nei
gram- (un solo strato di peptidoglicano sopra la parete interna). La presenza della parete esterna nei
gram- conferisce però in molti casi resistenza intrinseca ad alcuni antibiotici; su questa membrana
esterna sono infatti presenti dei pori che risultano essere eventualmente l’unica via di accesso
dell’antibiotico. Molti batteri gram- possono quindi modificare il diametro di questi pori così da
ostacolare tale accesso. Un esempio è rappresentato da P. aeruginosa, batterio molto resistente in
virtù dei pori estremamente piccoli situati sulla propria membrana esterna.
Il peptidoglicano è formato da uno scheletro di acido N-
acetilmuramico (NAMA) legato da N-
acetilglucosammina (NAG), con il quale si formano dei
filamenti. I diversi filamenti sono poi uniti tra loro
tramite legami crociati con il nucleotide di PARK, un
pentapeptide che possiede due D-alanine terminali: la
L-lisina del nucleotide di PARK e che viene prima delle
due alanine lega una coda di cinque glicine che permette
il legame con un altro nucleotide di PARK, in
corrispondenza della sua penultima D-alanina. La
sintesi del peptidoglicano avviene nel citosol del batterio.
Il processo prevede l'attacco di un nucleotide di PARK all'acido N-acetilmuramico;
originariamente, quando viene attaccato all'acido N-acetilmuramico, questo nucleotide di PARK
non termina con le due D-alanine, ma con due L-alanine. La racemasi, tuttavia, trasforma le L-
alanine in D-alanine; queste ultime necessarie per la formazione del peptidoglicano.
Esiste un antibiotico, la Cicloserina, che, essendo un analogo della L-alanina, blocca le racemasi
impedendo la conversione delle L-alanine in D-alanine. Questo impedisce quindi la sintesi del
peptidoglicano e infatti abbiamo inserito questo antibiotico nella nostra classificazione tra gli
inibitori della parete, pur non essendo un β-lattamico.
Una volta che il complesso con il nucleotide di PARK si è formato, viene trasportato dal citosol
sulla regione esterna della membrana. In questa regione si trovano degli enzimi che si chiamano
transpeptidasi, che formano i legami crociati legando l'ultima glicina di quelle cinque glicine alla
penultima D-alanina di un altro acido N-acetilmuramico. I legami crociati sono molto importanti
per la stabilità della parete del batterio in quanto conferiscono a questa resistenza meccanica.
L'anello beta lattamico di tutti questi antibiotici beta lattamici è un analogo del dipeptide D-
alanina /D-alanina: è simile strutturalmente e si posiziona in modo similare a livello strutturale.
Gli antibiotici beta lattamici, quindi, vanno ad impedire la formazione dei legali crociati poiché si
posizionano al posto del dipeptide D-alanina/D-alanina.
Tutti gli antibiotici β-lattamici, attraverso questo anello, legano quindi le transpeptidasi
impedendo la formazione dei legami crociati; la parete perde resistenza e il batterio va incontro a
morte. Nello specifico, le transpeptidasi sono delle serin-penicilloil transferasi, cioè presentano
nel proprio sito attivo una serina il cui -OH lega il chetone dell’anello β- lattamico. Questo
legame rompe l’anello e comporta la formazione di un legame covalente tra la transpeptidasi e la
penicillina, e proprio questo legame blocca l’attività della transpeptidasi.
Le β-lattamasi sono simili alle transpeptidasi perché anche loro rompono l’anello β-lattamico.
Sono però delle serin-penicilloil lattamasi: alla rottura dell’anello β-lattamico (-OH della serina
interagisce con il chetone dell’anello beta-lattamico) non segue il legame e questo impedisce alle
penicilline di agire. Questo, tra l’altro, permette alle β-lattamasi di compiere più cicli catalitici.
Esistono dei farmaci che ci permettono di inibire, in parte, l’azione delle β-lattamasi batteriche. Tre
farmaci in commercio sono inibitori delle β-lattamasi: acido clavulanico, tazobactam,
sulbactam. Hanno la stessa struttura delle penicilline, legano le β-lattamasi e le inattivano in modo
irreversibile. In presenza di batteri che producono β-lattamasi, si possono dare inibitori delle β-
lattamasi insieme all’antibiotico per superare la resistenza. Questo funziona per alcuni batteri e non
funziona per altri. Acido clavulanico, tazobactam e sulbactam sono anch’essi antibiotici β-lattamici,
ma non sono molto attivi come tali, quindi si usano unicamente come inibitori e devono essere
associati a un antibiotico β-lattamico per avere l’effetto antibiotico. Se somministrate come singole,
infatti, hanno scarso potere antibiotico. In commercio esistono delle formulazioni già pronte di
antibiotico β-lattamico associato a inibitore delle β-lattamasi.
Classificazione delle transpeptidasi
Le transpeptidasi sono anche chiamate Penicillin Binding Protein (PBP). Esistono diversi tipi di
PBP (E. coli ha 7 diversi tipi di PBP; S. aureus ha 4 diversi tipi di PBP). Le più importanti sono le
prime tre: PBP1, PBP2, PBP3. Le altre sono addizionali e incostanti (possono esserci o non
esserci). I β-lattamici differiscono tra loro per il legame alle PBP:
- Quando le PBP1 e PBP2 sono legate da un qualunque antibiotico β-lattamico, il loro blocco
determina la morte del batterio, molto rapida nel caso di PBP1, un po’ più lenta, ma sempre
abbastanza rapida nel caso della PBP2, perché il batterio forma lo sferoplasto e si ha morte
per lisi osmotica.
- Se invece vengono legate le PBP3, si ha una trasformazione del batterio in una forma
filamentosa, non si forma lo sferoplasto e la morte avviene più lentamente.
La velocità con cui gli antibiotici β-lattamici inducono la morte del batterio dipende da che tipo di
PBP c’è sul batterio e da che tipo di PBP viene legata.
La modifica della PBP nel sito che lega gli antibiotici, cioè la mutazione del target, costituisce un
secondo meccanismo di resistenza ai β-lattamici. La modifica delle PBP porta alla formazione di
PBP a bassa affinità per gli antibiotici beta-lattamici.
Per esempio, il batterio Gonococco ha un gene che codifica per la PBP2 e, attraverso un fago, ha
combinato questo gene con i geni di due tipi di Neisseria (N. cinerea e N. flavescens). Da questa
“combinazione di geni” è venuta fuori una PBP2a che è a bassa affinità per le penicilline e per
tutti i beta-lattamici. L’antibiotico che si utilizza per le infezioni da gonococco è il ceftriaxone
(Rocefin), che è una cefalosporina, ma se il gonococco esprime la PBP2a il ceftriaxone non è più
efficace e di conseguenza si deve utilizzare un antibiotico che agisce sul DNA batterico e che
appartiene alla classe dei fluorochinoloni. I fluorochinoloni sono antibiotici molto efficaci, che
agiscono a livello del DNA, e che, sebbene siano molto utilizzati anche in altre infezioni, hanno un
ruolo importante nelle infezioni urinarie. Come già detto, si utilizzano in seconda linea nelle
infezioni da gonococco quando questo è resistente al ceftriaxone. Esiste attualmente una
formulazione di ceftriaxone one-shot, che consiste in una singola dose di ceftriaxone da
somministrare nelle infezioni da gonococco, cosa che contrasta un po’ con quanto detto prima sugli
antibiotici tempo-dipendenti.
La profilassi con gli antibiotici non si fa mai, se non in rarissimi casi. Tuttavia, le cefalosporine
sono state molto utilizzate in profilassi in passato. Italia e Spagna sono al primo posto in Europa per
resistenze indotte.
Lo Pneumococco, invece, ha fatto una ricombinazione con i geni dello Streptococcus mitis, da cui
si sono formate delle PBP1a, PBP2b, PBP2x, che sono a bassa affinità e che se espressi dallo
pneumococco conferiscono resistenza agli antibiotici β-lattamici.
Purtroppo, queste resistenze vengono trasmesse anche ad altre specie batteriche; in particolare
l’Enterococco, esprimente la PBP2a, tramite coniugazione ha trasmesso la PBP2a ad un batterio
che già di per sé era resistente ai β-lattamici, cioè lo Staphylococcus aureus β-lattamasi-
produttore, che è diventato quindi, con anche la PBP2a, Staphylococcus aureus meticillino
resistente (MRSA), che è resistente a tutti gli antibiotici β-lattamici. Contro l’MRSA si usano gli
antibiotici glicopeptidici. La meticillina è una penicillina di sintesi, che è stata sintetizzata per
rendere la penicillina particolarmente attiva e resistente alle β-lattamasi batteriche. MRSA è
resistente alla meticillina (a causa della presenza della PBP2a).
Classificazione delle β-lattamasi
- Classe 1: cefalosporinasi
Sono attive in particolare nei confronti delle cefalosporine che, in generale, come classe antibiotica,
sono abbastanza resistenti alle β-lattamasi. Inattivano tutti gli antibiotici β-lattamici, tranne i
carbapenemi. Sono enzimi inducibili, cioè la terapia antibiotica può indurli. Sono prodotte
soltanto dai gram-. Fortunatamente la resistenza delle cefalosporinasi si trasmette solo per via
cromosomica, quindi la trasmissione è verticale, più lenta, e necessita di divisione cellulare. Non
può esservi la trasmissione per via verticale, tra batteri di specie diversa. Le cefalosporinasi sono
resistenti agli inibitori delle β-lattamasi.
- Classe 2: enzimi prodotti sia da gram+ che da gram-, e che in genere sono sensibili agli
inibitori delle β-lattamasi:
 Beta-lattamasi 2a: prodotte solo da batteri gram+. Conferiscono resistenza a
trasmissione plasmidica, trasmissibile quindi orizzontalmente anche a microrganismi
appartenenti a classi batteriche diverse. Quindi per esempio l’enterococco lo può
trasmettere allo pneumococco; sono chiamate “penicillinasi plasmidiche”.
 Beta-lattamasi 2b: prodotte da batteri gram- e in particolare E. coli, N. gonorrhoeae, K.
Pneumoniae, H. influenzae. Il plasmide che trasmette questa β-lattamasi, o meglio, il più
frequentemente utilizzato, è chiamato TEM (da Temoniera). Conferiscono resistenza
alle penicilline e alle cefalosporine di prima e seconda generazione (con esclusione di
quelle di terza e quarta generazione).
 Beta-lattamasi 2be (o a spettro allargato, o esteso) (o ESBL) (o extended-spectrum β-
lactamase): la trasmissione è plasmidica, quindi molto veloce anche tra specie
batteriche diverse. Sono prodotte da gram-. Conferiscono resistenza alle penicilline, a
tutte le cefalosporine (quindi per esempio anche al Rocefin) e ai monobattami. Come
nel caso delle cefalosporinasi, non conferiscono quindi resistenza ai carbapenemi.
Purtroppo, molto spesso i plasmidi che trasmettono la resistenza ESBL trasmettono
anche resistenze ad altre classi di antibiotici, come per esempio gli aminoglicosidi
(antibiotici molto efficaci appartenenti alla classe degli inibitori della sintesi proteica).
Quindi è molto comune che ad una resistenza ESBL siano associate anche altre
resistenze, che conferiscono resistenza ad altri antibiotici.
 Beta-lattamasi 2c (AmpC): Amp sta per ampio spettro. Prodotte da batteri gram-. La
C richiama il nome di una penicillina di sintesi, una penicillina specializzata, chiamata
carbenicillina, che viene disattivata dalla AmpC. La carbenicillina è attiva verso
microrganismi nei confronti dei quali le altre penicilline non funzionano e che sono
molto difficili da debellare: Pseudomonas aeruginosa, Proteus indolo-positivo. La
AmpC è prodotta spesso da batteri che appartengono al gruppo degli SPACE: Serratia,
Pseudomonas e Proteus, Acinetobacter, Citrobacter, Enterobacter. Non è sensibile agli
inibitori delle beta-lattamasi. Conferisce resistenza nei confronti di tutte le penicilline
e delle cefalosporine esclusa la quarta classe.
 Beta-lattamasi 2d (oxacillinasi): prodotte da gram-. Inattivano le penicilline anti-
stafilococco (cloxacillina). Ci sono delle penicilline che sono state sintetizzate perché
fossero resistenti alle beta-lattamasi, tra cui la cloxacillina e altre. Le penicilline
resistenti alle beta-lattamasi oggi sono attive solo nei confronti dei gram+ produttori di
beta-lattamasi e poiché lo stafilococco le produce ormai praticamente sempre, si
chiamano penicilline antistafilococco.
 Beta-lattamasi 2e: specifiche per le cefalosporine. Inattivano tutte le cefalosporine
 Beta-lattamasi 2f: molto importanti, da ricordare. Conferiscono resistenza anche verso
i carbapenemi, che finora erano stati risparmiati, in quanto attivi contro tutte le altre
beta lattamasi.
- Classe 3: metallo-enzimi inducibili
Enzimi rari, inducibili, contengono zinco. Prodotti da solo alcuni batteri gram- e anaerobi
obbligati (per esempio il Bacteroides fragilis, un batterio anaerobio obbligato, che si trova per
esempio negli ascessi, e che è piuttosto difficile da eradicare). Conferiscono resistenza verso tutti i
β-lattamici, tranne i monobattami. Non sono sensibili agli inibitori delle β-lattamasi.
- Classe 4: rare penicillinasi
Classe enzimatica poco diffusa. Prodotti dai gram-. Conferiscono resistenza alle penicilline. Non
sono sensibili agli inibitori delle β-lattamasi

Classificazione delle penicilline


Le penicilline scoperte da Fleming sono le penicilline naturali, prodotte dal Penicillium notatum, e
sono due: penicillina G e penicillina V.
Ci sono oggi delle penicilline di semisintesi (ottenute modificando lo scheletro della penicillina G
e della penicillina V) e di sintesi.
Le penicilline di sintesi e di semisintesi si dividono in:
 Aminopenicilline;
 Penicilline resistenti alle β-lattamasi (dette anche isoxazolinpenicilline, dal nome del
sostituente, isossazolo), che oggi sono resistenti solo alle β-lattamasi dei gram+;
 Penicilline specializzate, che sono le carbossipenicilline e le ureidopenicilline, e che sono
attive nei confronti di altri microrganismi contro cui le altre penicilline non funzionano
Le penicilline naturali sono:
- penicillina G: presente in commercio come sale sodico o come sale potassico, si chiama
anche benzilpenicillina. È acido-labile, dunque non si può dare per os, poiché verrebbe
completamente inattivata dal basso pH gastrico, quindi si deve dare solo per via
parenterale.
- penicillina V, chiamata anche, per il sostituente R (fenossimetile), fenossimetilpenicillina.
È resistente al pH acido, e quindi può essere data per os.
L’emivita (t/2) delle penicilline naturali è molto breve, circa 30 minuti, ma a volte può arrivare fino
ad un’ora. Un farmaco con un’emivita così breve deve essere somministrato più volte al giorno.
Se si utilizza una penicillina naturale, bisogna fare più somministrazioni giornaliere. Sono state
messe in commercio delle formulazioni a lento rilascio, per evitare la somministrazione di più dosi
nell’arco della giornata. Con la formulazione a lento rilascio il principio attivo viene rilasciato più
lentamente e di conseguenza rimane più a lungo nell’organismo; questo permette un minor numero
di somministrazioni, distanziate nel tempo.
Oltre alle penicilline naturali a rilascio immediato, abbiamo in commercio le formulazioni a lento
rilascio:
 Penicillina G benzatina: viene somministrata ogni 14 giorni, in alcuni casi si può
somministrare anche una volta al mese. Ha una struttura microcristallina, quindi non può
essere mai somministrata in vena, perché potrebbe formare degli emboli, e dunque
provocare arresto circolatorio e morte. Di conseguenza può essere somministrata solo
intramuscolo. È particolarmente utile per infezioni che richiedono lunghi periodi di
trattamento.
 Penicillina G procaina: ha un’emivita un po’ più breve, quindi viene somministrata ogni 2
giorni. Non può mai essere somministrata in vena, perché contiene procaina che, se va in
vena, dà reazioni avverse: vertigini, cefalea, tinnito, allucinazioni, convulsioni. Deve quindi
essere somministrata anch’essa per via intramuscolare.
In Italia esiste una formulazione di penicillina G procaina associata alla penicillina G benzatina e
alla penicillina G sale potassico (a rilascio immediato). Questa formulazione ha come nome
commerciale Triwycillina ed è l’unica formulazione in cui esiste la penicillina G procaina in Italia.
Infatti, in Italia la penicillina G procaina non esiste in commercio da sola. La penicillina G
benzatina, invece, si trova in commercio anche da sola.
Per la penicillina V non esistono formulazioni a lento rilascio, solo a rilascio rapido.
Poiché queste sono penicilline naturali, le dosi spesso sono in unità internazionali. Per le penicilline
naturali la dose è espressa in unità internazionali: 1 unità internazionale rappresenta l’attività
specifica contenuta in 0,6 microgrammi di penicillina G sale sodico cristallino. 1 mg di penicillina
G sale sodico=1667 UI. 1 mg di penicillina G sale di potassio=1595 UI
Farmacocinetica delle penicilline
Una prima buona caratteristica è che circolano poco legate alle proteine plasmatiche e quindi non
ci si deve preoccupare di eventuali fenomeni di spiazzamento.
Purtroppo, non passano la barriera emato-encefalica e dunque, tranne che in caso di processo
infiammatorio in atto, non penetrano nel SNC in concentrazioni sufficienti per evocare l’azione
terapeutica. L’infiammazione delle meningi, in corso di meningite, rende la BEE più lassa e
permette il passaggio delle penicilline. E questo è il motivo per cui le penicilline si possono usare
nella meningite.
Non penetrano nel corpo vitreo dell’occhio e non penetrano nel pancreas.
Non sono metabolizzate. Questa è un’ottima informazione, perché vuol dire che non si avranno
interazioni farmacocinetiche.
Vengono escrete dal rene in forma ancora attiva, in quanto non vengono metabolizzate.
Vengono legate da uno dei trasportatori che lega le sostanze disciolte nel sangue e le trasporta
direttamente nel tubulo, e cioè il trasportatore degli anioni organici (OATP). Il probenecid, che
si lega all’OATP, si usa quando si vuole far rimanere nell’organismo più a lungo la penicillina
(come nel caso di meningite batterica), perché compete con il trasporto a livello del tubulo renale
delle penicilline, quindi ne prolunga il tempo di permanenza all’interno del nostro organismo.
Spettro d’azione delle penicilline naturali
Lo spettro d’azione comprende tutti i batteri contro i quali sono attive le penicilline. Lo spettro
d’azione delle penicilline naturali è variato dall’origine, cioè da quando sono state scoperte da
Fleming. Attualmente purtroppo lo spettro delle naturali è molto più ristretto, perché sono
insorte le resistenze. Lo spettro originale comprendeva tutti i batteri gram+ (sia cocchi che bacilli) e
i cocchi gram-, le Spirochete e il Fusobacterium.
Lo spettro d’azione attuale comprende:
1. gram+ aerobi e cocchi, quindi soprattutto Stafilococchi e Streptococchi
Lo Staphylococcus aureus e lo Staphylococcus epidermidis ormai producono praticamente tutti β-
lattamasi, quindi in caso di infezione da parte di questi batteri, o si aggiungono inibitori delle beta-
lattamasi o si usa una penicillina resistente alle β-lattamasi dei gram+. Gli Streptococchi hanno
delle resistenze, ma in parte sono ancora sensibili.
Esistono due classificazioni, entrambe in vigore attualmente, per gli streptococchi: una in base alle
capacità emolitiche; un’altra in base ai sierotipi di Lancefield.
I tre principali gruppi sierologici di Lancefield, che vengono classificati in base alla presenza del
polisaccaride C, che è l’antigene che sta sul peptidoglicano, sono A, B, D.
Lo Streptococcus pyogenes è streptococco beta-emolitico di gruppo A. Il pyogenes causa faringiti,
infezioni dermatologiche, scarlattina. Se abbiamo una faringite da pyogenes, possiamo utilizzare
una singola iniezione di penicillina G benzatina (non si utilizza molto oggi), oppure una
cefalosporina per os (molto più usata).
Lo Streptococcus agalactiae è streptococco beta-emolitico di gruppo B. L’agalactiae colonizza il
tratto cervico-vaginale delle donne e si trova anche nella mucosa uretrale degli uomini. Si trasmette
dalla madre al feto, infatti causa infezioni soprattutto nei neonati (molto gravi, con sepsi, polmonite,
meningite), e per rapporti sessuali. Funzionano nei confronti dell’agalactiae le aminopenicilline. Le
penicilline non funzionano più. In Italia c’è solo un antibiotico che appartiene al gruppo delle
aminopenicilline.
Gli Enterococchi oggi in realtà non sono più classificati tra gli streptococchi. Sono di gruppo D e
sono gamma-emolitici. Non sono più classificati tra gli streptococchi perché sopravvivono nella
bile, al contrario degli streptococchi. Gli enterococchi sono dei batteri piuttosto difficili da eradicare
e serve sempre una combinazione di due antibiotici, per evitare la comparsa di resistenze. La
combinazione che normalmente si utilizza, tranne in alcuni casi in cui ci sono particolari resistenze,
consiste di un antibiotico β-lattamico associato ad un antibiotico che agisce inibendo la sintesi
proteica, in particolare un aminoglicosidi. Gli enterococchi causano endocarditi, infezioni cutanee,
infezioni intra-addominali. La combinazione (associazione) β-lattamico + aminoglicosidi ha un
effetto sinergico. Sinergismo vuol dire che i due farmaci dati insieme hanno un’efficacia molto
superiore alla semplice somma dell’efficacia dei due antibiotici se dati da soli, perché si potenziano
a vicenda. In questo caso specifico, gli aminoglicosidi devono entrare nel citosol, dove sta il
ribosoma e i β-lattamici, inibendo la formazione della parete, facilitano l’entrata degli
aminoglicosidi.
Lo Streptococcus viridans non ha un sierogruppo specifico e quindi viene classificato unicamente
in base alle capacità emolitiche e il viridans è alfa-emolitico. Il viridans causa caria dentale ed
endocardite.
Lo Streptococcus pneumoniae (pneumocco) può essere sia β-emolitico (in anaerobiosi), sia α-
emolitico (in presenza di ossigeno), perché la sua emolisina è ossigeno labile. Causa polmonite,
otite media, sinusite, meningite, batteriemia. Purtroppo, mentre prima lo pneumococco era sempre
sensibile alle penicilline, adesso molti ceppi di pneumococco sono resistenti e il meccanismo di
resistenza coinvolto è la modificazione della PBP. Infatti, non produce β-lattamasi.

Infezioni principali causate da batteri:


Faringite: causata da S. pyogenes, come otite, infezioni dermatologiche e scarlattina, si
somministra la penicillina G-benzatina con singola iniezione o cefalosporine per os.
Erisipela: infezione superficiale con interessamento linfatico, su cui funziona la penicillina V.
Impetigine: causata più spesso non dallo S. pyogenes, ma dallo Staphylococcus aureus, che è
resistente perché produce β-lattamasi, o addirittura perché è un MRSA ed è quindi resistente a tutte
le penicilline. Per l’impetigine da S. aureus resistente si usa un diverso antibiotico poco utilizzato,
cioè il Bactrobam, che è una mupirocina, e che inibisce la isoleucil-tRNA sintetasi del batterio.
Cellulite: coinvolge lo strato più profondo della cute e poiché i batteri rilasciano enzimi litici e
tossine, è un’infezione che può oltrepassare la cute e andare anche più in profondità. Può essere
purulenta, causata da batteri che producono pus, o non purulenta: se è non purulenta, si possono
utilizzare le penicilline resistenti alle β-lattamasi (ma non le penicilline naturali) oppure le
cefalosporine o altri antibiotici, come i fluorochinoloni; se è purulenta, allora molto probabilmente
l’agente eziologico è un MRSA, nei confronti del quale le β-lattamine non si possono usare e quindi
bisogna utilizzare un antibiotico specifico per l’MRSA.
Un’evenienza grave del S. pyogenes è la fascite necrotizzante, detta anche gangrena
streptococcica, che può essere causata anche allo stesso tempo da altri microbi. Infatti, facile trovare
una flora microbica mista nella fascite necrotizzante. Sintomi: dolori, febbre, trombosi del
microcircolo (con pericolo di necrosi ischemica) e frequenti l’insufficienza renale e lo shock
cardiovascolare. C’è un’alta mortalità. Nel caso di fascite necrotizzante da S. pyogenes si fa una
terapia intensiva con antibiotici β-lattamici ad ampio spettro (quindi non penicilline naturali), ma
molto più spesso cefalosporine, che hanno uno spettro più ampio.
Due complicanze tardive dell’infezione da S. pyogenes sono la malattia reumatica e la
glomerulonefrite poststreptococcica.
La malattia reumatica si dice che colpisca il cuore e lambisca le articolazioni, perché il bersaglio
principale è il cuore e poi ci sono danni alle articolazioni. Lo S. pyogenes ha degli antigeni
(proteina M) simili agli antigeni presenti sul nostro cuore e sulle nostre articolazioni. Si instaura
quindi una cross-reazione con produzione di autoanticorpi.
Nella glomerulonefrite post-streptococcica si formano degli immunocomplessi antigene-anticorpo
e a livello del glomerulo renale con danno al glomerulo.
Queste due complicanze tardive si prevengono e si trattano con le penicilline naturali.
2. batteri gram+ anaerobi obbligati
Clostridi: Perfrigens, Tetani, Botulinum, Difficile. Le penicilline sono attive unicamente sul C.
Perfrigens, che causa infezioni principalmente alimentari, con sintomi gastrointestinali: nausea,
vomito, crampi addominali, che prevalentemente necessitano unicamente di idratazione. Se, in
alcuni casi, si ha danno al tessuto muscolare e gangrena gassosa, allora si danno le penicilline, ma
non le penicilline naturali, altre penicilline, ovvero quelle di sintesi e di semisintesi.
3. batteri gram+ anaerobi facoltativi
Listeria monocytogenes, è molto sensibile sia alle penicilline naturali che alle sintetiche, mentre
non è sensibile alle cefalosporine; causa monocitosi sistemica, caratterizzata principalmente da
disturbi gastrointestinali, in alcuni casi può causare anche meningite ed endocardite.
Bacillus anthracis, che negli erbivori causa il carbonchio (produce lesioni scure a livello della
cute). Nell’uomo il bacillo dell’antrace può produrre due tipi di patologie: una a livello
esclusivamente cutaneo e un’altra a livello polmonare, forma molto più grave. Il B. anthracis è
sensibile alle penicilline naturali, che però oggi non si utilizzano. Si preferisce usare le penicilline
di semisintesi. La caratteristica del bacillo dell’antrace è che produce delle spore che sono molto
resistenti e che rimangono nell’ambiente per molti anni. Germinano e si moltiplicano quando
entrano in contatto con un ambiente ricco di aminoacidi e di glucosio, come per esempio il sangue o
i tessuti umani. L’infezione avviene molto frequentemente per contatto cutaneo, ma può avvenire
anche per ingestione e per inalazione delle spore.
Se l’infezione è cutanea, la terapia si può fare con le penicilline. Come già detto, non si usano le
penicilline naturali, ma si usano invece le aminopenicilline. Si possono usare anche altri antibiotici,
per esempio una tetraciclina o i fluorochinoloni.
Se l’infezione è gastrointestinale, avremo delle lesioni del cavo orale e di tutto il tratto
gastrointestinale, perché il batterio rilascia una tossina che provoca delle ulcere emorragiche.
Quindi ci possono essere emorragie e ci può essere compromissione dei linfonodi mesenterici.
L’emorragia può portare ad ostruzione e perforazione e quindi l’infezione gastrointestinale è più
grave di quella cutanea. Si fa la terapia con gli stessi tipi di antibiotici che si danno per l’infezione
cutanea, quindi aminopenicilline se si vuole utilizzare una penicillina.
L’infezione polmonare è molto grave, spesso porta a morte, e in questo caso si usano antibiotici β-
lattamici come le penicilline. Si possono usare anche i carbapenemi, che devono essere sempre
associati ad un altro antibiotico (altro caso di terapia combinata a due antibiotici). L’altro
antibiotico che si utilizza è un inibitore della sintesi proteica, spesso un aminoglicosidi. In questo
caso si fa anche la profilassi: infatti in quei casi di bioterrorismo si è fatta la profilassi anche in
soggetti che erano venuti in contatto con quelli che avevano inalato le spore e la profilassi si fa con
le tetracicline, non con le penicilline, e in particolare con una specifica tetraciclina che si chiama
doxiciclina, oppure si può fare con i fluorochinoloni. Quindi per la terapia si usano le penicilline,
per la profilassi si usano tetracicline o fluorochinoloni.
4. actinomiceti gram+
Le penicilline naturali erano originariamente attive anche nei confronti degli actinomiceti.
L’actinomiceta più frequente nelle patologie umane è il Corynebacterium diphtheriae, che può
essere sia aerobio che anaerobio. Causa la difterite. Produce una esotossina che causa danni al
tessuto miocardico e al tessuto nervoso. Nella difterite per la tossina si da l’antitossina difterica;
per eradicare il microrganismo dal faringe si utilizzano le penicilline. Chi ha il C. diphteriae nella
faringe è portatore della malattia, può essere sano.
5. gram-: cocchi, Spirochete, Fusobacterium
I cocchi gram- sono due: la Neisseria gonorrhoeae e la Neisseria meningitidis.
La N. gonorrohoeae oggi è totalmente resistente alle penicilline, quindi si utilizzano le
cefalosporine, in particolare il ceftriaxone. Quando diventa resistente anche al ceftriaxone, si
utilizzano i fluorochinoloni.
Invece N. meningitidis è sensibile, quindi nella meningite si possono usare le penicilline. In realtà
si preferiscono le cefalosporine. Le penicilline si utilizzano principalmente oggi in un solo caso,
cioè prima dell’arrivo in ospedale. Prima dell’arrivo in ospedale si può fare una somministrazione
di penicillina, ma da noi non si fa comunemente. Comunque questo è l’unico caso, poi si
preferiscono le cefalosporine per la meningite batterica.
Spirochete
Per quanto riguarda le spirochete ce ne sono tre principali: Treponema pallidum (sifilide), Borrelia
(malattia di Lyme), Leptospira (leptospirosi). Hanno parete simile ai gram-.
Le penicilline sono assolutamente efficaci nei confronti del Treponema pallidum, sono efficaci
contro la sifilide di ogni grado.
Nella malattia di Lyme (Borrelia, veicolata dalle zecche) si forma un eritema migrante, c’è febbre,
c’è artrite. Si possono usare le penicilline. Non si utilizzano però le penicilline naturali, si
utilizza un’aminocillina, che è l’amoxicillina, e poi si utilizzano anche delle cefalosporine e delle
tetracicline.
Per la leptospirosi, trasmessa per contatto di ferite con le urine degli animali (roditori) che hanno la
malattia. La leptospirosi causa artromialgie, insufficienza renale, a volte anche insufficienza
epatica, e raramente meningite. Le penicilline funzionano nei confronti della Leptospira.
Fusobacterium
Infine, il Fusobacterium può causare una patologia molto grave che è la trombosi della giugulare
interna. È sensibile alle penicilline, anche a quelle naturali, ma oggi si preferiscono le penicilline
specializzate, in particolare la piperacillina.
Informazioni generali da ricordare: le penicilline naturali non sono attive nei confronti dei
bacilli gram- e non lo sono mai state. Tutti gli antibiotici del gruppo dei beta-lattamici non
sono attivi nei confronti dei microrganismi intracellulari obbligati, che sono Clamidia,
Rickettsie, e intracellulari facoltativi, Brucellae, e nei confronti del Mycoplasma, che non ha parete,
e nei confronti di virus, funghi, amebe.

Attuali impieghi clinici delle penicilline naturali.


Penicilline naturali a rilascio immediato:
- Penicillina G: si usa per infezioni delle vie respiratorie superiori da S. pyogenes e per la
meningite batterica, anche se in quest’ultimo caso si preferiscono le cefalosporine.
- Penicillina V: si usa per le infezioni delle vie respiratorie superiori causate da S. pyogenes.
Non si usa mai per la meningite batterica perché ha un assorbimento un po’ erratico, quindi
variabile, poiché si dà per os. Quindi, essendo la meningite batterica è una condizione grave,
non si rischia dando un antibiotico che può avere diversi profili di assorbimento nei diversi
pazienti.
Penicilline naturali a lento rilascio:
Le formulazioni a lento rilascio si usano nella profilassi delle complicanze dello S. pyogenes. Si
utilizzano nella terapia del Treponema pallidum. Si usano quando sono necessarie terapie
prolungate. La Triwycillina ha questo tipo di indicazione. La penicillina G-benzatina, che è l’unica
in Italia commerciata da sola, si dà in una sola somministrazione nella faringite/tonsillite da S.
pyogenes in profilassi per evitare la comparsa delle complicanze che abbiamo visto.

Penicilline di semisintesi
Oltre alle penicilline naturali esistono quelle di sintesi e di semisintesi.
Delle seconde fanno parte innanzitutto le aminopenicilline, che hanno uno spettro esteso anche ai
bacilli gram-, a differenza delle penicilline naturali che invece sono attive unicamente nei confronti
dei cocchi gram- (nello specifico solo nei confronti della Neisseria meningitidis, essendo il
gonococco resistente).
Le aminopenicilline sono due:
- Ampicillina: ad oggi la sua commercializzazione in Italia è sospesa.
- Amoxicillina: è commercializzabile da sola, ma anche in associazione con l’Acido
Clavulanico, un inibitore delle beta-lattamasi. La coformulazione di questi 2 farmaci
prende il nome di Augmentin. L’amoxicillina viene somministrata per os o in alcuni casi
per via parenterale e viene usata in caso di affezione dell’apparato respiratorio,
dell’apparato urinario e in caso di cellulite o di osteomielite.
Queste penicilline, come abbiamo detto, sono attive nei confronti dei bacilli gram- e tra questi sono
particolarmente attive verso le Enterobacteriaceae: E. coli, Salmonella, Shigella, Proteus indolo
(soltanto il Proteus indolo negativo è trattabile con le penicilline, il Proteus indolo positivo è
sempre resistente), Haemophilus influenzae.
Questi bacilli sono però produttori di beta-lattamasi e a causa di ciò è necessario aggiungere
all’aminopenicillina un inibitore delle beta-lattamasi anche perché, essendo questi dei batteri gram-,
le penicilline resistenti alle beta-lattamasi non sono efficaci. Gli inibitori sono tre: A.
clavulanico, Tazobactam, Sulbactam.
Il complesso formato da questa e dall’inibitore aumenta la tossicità dell’antibiotico a livello
epatico, soprattutto nel paziente con età superiore ai 65 anni. Quando ci troviamo davanti ad un
batterio gram- che non produce beta-lattamasi si predilige quindi l’uso di amoxicillina senza
inibitore per prevenire danni epatici.
Le aminopenicilline sono state sviluppate per ampliare lo spettro verso le enterobatteriacee. Queste
Enterobatteriacee sono raggruppabili principalmente in 3 gruppi:
- Gruppo delle Escherichiae a cui appartengono le E. coli
- Gruppo KESC di cui fanno parte: Citrobacter, Klebsiella, Enterobacter, Serratia (tutti
batteri molto simili tra loro)
- Gruppo delle Proteae con: Proteus indolo positivo, Morganella e Providencia e Proteus
indolo negativo.
Oggi il principale problema con le Enterobatteriacee è che queste hanno sviluppato resistenze
cromosomiche e plasmidiche agli antibiotici. Di questi batteri quasi tutti esprimono beta-
lattamasi ESBL (a spettro esteso) che determinano resistenza a penicillina, cefalosporine e a
monobattami. Queste ESBL, tuttavia, sono sensibili agli inibitori delle beta-lattamasi
specialmente a quelli del gruppo KESC.
Le Enterobatteriacee però producono anche un'altra beta-lattamasi, la Amp-C che è resistente agli
inibitori. Questa beta-lattamasi è prodotta principalmente da batteri del gruppo KESC
(Citrobacter, Enterobacter e Serratia) e del gruppo Proteae (la Providencia e la Morganella) i quali
poi la hanno trasferita agli altri. Al giorno d’oggi, infatti, noi abbiamo altre enterobatteriacee come
Klebsiella e Proteus indolo positivo che posseggono Amp-C perché gli è stata trasferita. Anche l’
E. Coli può avere questa Amp-C però normalmente in quantità minore rispetto agli altri, restando
quindi per lo più sensibile alle Aminopenicilline ad eccezione di quando riceve il plasmide TEM.
In questo caso sarà necessaria la somministrazione di un Aminopenicillina associata ad un inibitore
della beta-lattamasi altrimenti questa penicillina non potrà agire.
In conclusione, ad oggi le Enterobacteriaceae rappresentano un grande problema terapeutico,
non tanto perché producono beta-lattamasi ESBL (in questo caso possiamo sempre usare degli
inibitori), ma in quanto molti esprimono anche Amp-C (c’è chi la produce e chi la riceve dal
produttore) che è resistente agli inibitori delle beta-lattamasi
Sono resistenti alle Aminopenicilline anche:
- I batteri del gruppo delle Pseudomonadaceae di cui fa parte Pseudomonas aeruginosa
che è uno dei batteri più difficili da debellare a causa dei suoi molteplici meccanismi di
resistenza.
Questo causa principalmente infezioni delle vie aeree, ma può dare anche infezioni delle vie
urinarie. Inoltre, sulla membrana ha sia dei pori che può restringere, limitando così
l’ingresso di antibiotici, sia delle pompe di efflusso che agiscono similarmente alle
glicoproteine P andando ad espellere i farmaci. La resistenza di questo batterio è dovuta
anche alla sua produzione di beta-lattamasi, di Amp-C e di cefalosporinasi. Quest’ultime
inibiscono le Cefalosporine e tutti gli altri antibiotici beta-lattamici, tranne i Carbapenemi.
Pseudomonas produce inoltre beta-lattamasi 2f che inibiscono i Carbapenemi. Le
aminopenicilline quindi non funzionano mai sul Pseudomonas aeruginosa (come non
funzionano mai sul Proteus indolo positivo e sulle Klebsielle).
- I batteri del gruppo delle Moraxellaceae, tra cui la Moraella Catarrhalis. Questa va a
determinare infezioni delle vie aeree superiori (sinusiti, in alcuni casi anche otiti) ed alcune
volte anche polmoniti e meningiti. A questo batterio si possono dare gli inibitori delle beta-
lattamasi poiché produce delle beta-lattamasi sensibili al proprio inibitore.
Le Aminopenicilline non sono attive solo verso i bacilli gram-, ma anche verso quelli gram+.
Sono particolarmente sensibili a questi antibiotici: Meningococco, Enterococco e Listeria
monocytogenes.
Lo Streptococco viridans mostra, invece, delle resistenze a queste penicilline, ma è comunque
prevalentemente sensibile. Lo Pneumococco presenta delle resistenze che però negli anni stanno
diminuendo in Italia.
Abbiamo già detto che l’Ampicillina è un antibiotico ormai non più commercializzato in Italia, ma
quali sono le principali differenze con l’Amoxicillina? Entrambe possono essere somministrate
sia per os che per via parenterale. La differenza principale tra le due è riscontrabile nel loro
assorbimento, l’Ampicillina dovrebbe essere somministrata lontana dai pasti, mentre
l’Amoxicillina non ha questa limitazione, la sua somministrazione è indipendente dai pasti..
L’Amoxicillina è maggiormente assorbita a livello del tratto gastro-intestinale e a causa di ciò dà
meno l’effetto collaterale della diarrea, che invece è più intenso con l’utilizzo dell’ampicillina. È
anche vero però che l’Amoxicillina può avere una maggiore tossicità renale e quindi la sua dose
deve essere ridotta se il paziente ha un’insufficienza renale.
La profilassi antibiotica non si fa quasi mai se non in alcuni casi specifici. Uno di questi casi sono
i soggetti con valvole cardiache artificiali che si devono sottoporre ad un’operazione odontoiatrica
(lesione alle gengive); su questi si applica una profilassi contro l’endocardite al fine di evitare che
il S. viridans che alberga nel cavo orale possa entrare nell’organismo e causare la malattia. La
profilassi in questo caso consiste in un una singola somministrazione (one shot) prima dell’inizio
dell’intervento
L’Amoxicillina può invece essere utilizzata nella meningite batterica anche se vengono utilizzate
principalmente le Cefalosporine.
Sempre tra le penicilline di semisintesi abbiamo poi le penicilline specializzate che sono divise in
2 sottogruppi:
- Carbossipenicilline
- Ureidopenicilline
Carbossipenicilline
Di questo gruppo fanno parte la Carbanicillina, la Ticarcillina e l’Indanil-carbenicillina, ovvero
il sale della carbanicillina. Queste penicilline sono definite specializzate poiché sono attive verso
quei microrganismi verso cui le altre penicilline non lo sono. Tra questi microrganismi abbiamo:
Pseudomonas aeruginosa, Enterobacter e Proteus indolo positivo. Le Carbossipenicilline
devono essere usate solo in infezioni date da questi microrganismi poiché su infezioni da altri
batteri sono meno efficaci di altre penicilline, oltre a non essere attive verso la Klebsiella. Queste
penicilline non sono resistenti alle beta-lattamasi e proprio a causa di ciò devono essere
somministrate in associazione ad un inibitore della beta-lattamasi come, ad esempio, il Clavucar
= farmaco formato dalla penicillina Ticarcillina + A. clavulanico).
Alcuni batteri gram+ sono resistenti alle Carbossipenicilline: S. aureus, E. faecalis, L.
monocytogenes.
Tra le tre Carbossipinicilline, la Carbanicillina è stata ritirata dal commercio a causa dei suoi
effetti collaterali, lasciando così sul mercato solo la Ticarcillina e l’Idanil-cabenicillina.
La Ticarcillina tra le tre è la più attiva verso Pseudomonas aeruginosa, è somministrabile solo per
via parenterale e può determinare come effetto collaterale l’inibizione delle piastrine causando
così una trombocitopenia.
La Indanil-carbanicillina essendo un sale è stabile in ambiente acido e quindi può essere
somministrato per os. Questa è utilizzata solamente in infezioni delle vie urinarie date da
Pseudomonas aeruginosa o Proteus mirabilis.
Ureidopenicilline
Le ureidopenicilline sono l’altro gruppo di penicilline specializzate. Tra queste in commercio ad
oggi c’è solo la Piperacillina, poiché la Mezlocillina è stata revocata. La Piperacillina è venduta
coformulata con un inibitore delle beta-lattamasi, il tazobactam, formando così il Tazocin che si
dà per via intramuscolare e per via endovenosa. La piperacillina è tra tutte la penicillina più
attiva verso Pseudomonas aeruginosa, ma è attiva anche verso le Enterobatteriacee, inclusa
Klebsiella verso cui tra l’altro è l’unica penicillina efficace dato che le carbossipenicilline non sono
attive. La piperacillina è attiva anche verso il Proteus positivo, Bacteroides fragilis (anaerobio
obbligato molto difficile da debellare che si trova soprattutto negli ascessi o comunque negli
ambienti a bassa tensione di ossigeno), Enterococco faecalis e Enterobacter. La Piperacillina ha
però come effetto collaterale:
- tossica per il midollo osseo, inducendo neutropenia e leucopenia;
- tossica per le piastrine, riducendo la loro aggregazione e favorendo le emorragie;
- causa ipokalemia (pericolosa per le aritmie cardiache) soprattutto nei pazienti che hanno già
una concentrazione di K bassa, quasi al limite;
- se somministrata in concomitanza ad un miorilassante, un prolungamento del blocco
neuromuscolare indotto dal miorilassante.
Penicilline resistenti alle beta-lattamasi
Queste sono resistenti alle beta-lattamasi dei gram+ ~ penicilline anti-stafilococciche. Esse
sono:
- Meticillina: causava tossicità renale e perciò è stata ritirata dal commercio
- Nafcillina: causava profonda neutropenia e perciò è stata ritirata
- Isoxazolil-penicilline: queste sono suddivise in oxacillina, cloxacillina, dicloxacillina e
flucloxantina.
Lo Stafilococco aureus meticillino resistente, così come lo Stafilococco epidermidis meticillino
resistente (MRSE), è resistente a tutte le penicilline anti-stafilococciche, ma ha preso il nome dalla
prima che fu sviluppata cioè la Meticillina.
Effetti avversi penicilline
Le reazioni di ipersensibilità sono le reazioni avverse che più facilmente si hanno con le
penicilline. Queste reazioni non sono dose-dipendenti, cioè il rischio di sviluppare una reazione di
ipersensibilità è indipendente dalla dose somministrata. Le penicilline possono dare tutti e 4 i tipi di
reazioni di ipersensibilità:
- 1 tipo: reazione allergica alla somministrazione della penicillina. Queste reazioni sono
mediate dalle IgE e si manifestano dopo la seconda esposizione al farmaco. È possibile,
però, che il soggetto manifesti una reazione allergica già dopo solo la prima esposizione al
farmaco; ciò si può verificare se il soggetto è precedentemente entrato in contatto con
l’antibiotico prodotto da alcune muffe oppure con penicilline contenute nella carne
d’allevamento dove il loro utilizzo è comune. Gli allergeni delle penicilline si distinguono
in:
- Determinate maggiore: acido penicillinoico, che si ottiene dalla rottura
dell’anello beta-lattamico a seguito dell’attività delle penicilline.
- Determinanti minori: sali dell’acido penicilloico.
Queste due tipologie di determinanti non si differenziano sulla base della frequenza con cui
danno reazioni allergiche, quanto piuttosto sull’intensità di queste reazioni. I determinanti
minori sono i più pericolosi perché, nonostante abbiano una frequenza inferiore rispetto al
determinante maggiore, determinano reazioni più severe. I sintomi tipici sono:
broncocostrizione, rinite, lacrimazione, eritema e nei casi più gravi delle vere e proprie
reazioni anafilattiche.
- 2 tipo: reazioni di tipo citotossica. Tra cui l’anemia emolitica, una forma di anemia dovuta
al legame della penicillina sulla membrana plasmatica degli eritrociti e che determina la
formazione di IgG e IgM, i quali riconoscono il complesso penicillina-eritrociti come un
antigene. Ciò comporta l’attivazione di diversi meccanismi immunitari: attivato il
complemento (lisi cellulare), opsonizzazione (con attivazione fagocitosi) e sono attivati i
linfociti T citotossici (danneggiano la cellula).
- 3 tipo: formazione di immunocomplessi che possono causare danno renale e malattie da
siero. Quest’ultime sono caratterizzate da linfoadenite, mialgie, artralgie e febbre.
- 4 tipo: reazione di ipersensibilità di tipo ritardato. Avvengono normalmente dopo 72h dalla
somministrazione della penicillina. Sono caratterizzate dall’attivazione dei linfociti Th1, i
quali producono citochine che attivano monociti e macrofagi. Queste cellule, poi, rilasciano
sostanze responsabili dello sviluppo di dermatite da contatto.
Le reazione di 2 e 3 tipo sono le più rare, mentre le reazioni di 1 e 4 tipo sono le più comuni.
Se un soggetto è allergico alle penicilline ha una buona probabilità di essere allergico anche ad altri
antibiotici della famiglia dei beta-lattamici, con l’esclusione dei monobattami. Esiste una
crossreattività del 30% tra le penicilline e le cefalosporine, cioè se ad un paziente allergico ad
una penicillina do una cefalosporina questo ha il 30% di possibilità di sviluppare una reazione
avversa. In parte c’è crossreattività anche con i carbapenemi. La crossreattività tra penicilline e
cefalosporine risulta essere un problema per tutte quelle patologie in cui questi due antibiotici sono
fondamentali per il trattamento. Come facciamo a trattare queste patologie se il soggetto è
allergico alle penicilline o alle cefalosporine? Innanzitutto, bisognerà accertarsi dell’allergia del
paziente all’antibiotico (in questo caso penicillina/cefalosporina): si iniettano piccoli quantitativi di
antibiotico nel derma e si osserva se si manifesta una reazione allergica; se la reazione non si
osserva allora si somministra l’antibiotico anche a livello sottocutaneo e si osserva nuovamente se
la reazione si manifesta. Nel caso in cui la reazioni si manifesti sappiamo con sicurezza che il
soggetto è allergico a quell’antibiotico. Una volta accertata l’allergia, in una condizione in cui il
trattamento con cefalosporine è di prima scelta, come in caso di meningite batterica, sarà
necessaria una desensibilizzazione del paziente. Questa è una pratica ospedaliera che si basa
sull’iniezione di dosi progressivamente più alte di antibiotico allo scopo di esaurire lentamente
tutte le IgE ed evitare reazioni allergiche nel momento in cui si inizierà la terapia antibiotica.
Una volta raggiunta la desensibilizzazione questa va mantenuta fino alla fine del trattamento
antibiotico. Per far ciò sono necessarie almeno 2 somministrazioni giornaliere di antibiotico; se
la somministrazione viene interrotta per più di 48 h il paziente perde la desensibilizzazione.
Altri effetti avversi dati dalle penicilline:
- dolore e bruciore nella zona di somministrazione intramuscolare dell’antibiotico;
- se somministrate per os si possono avere dei disturbi gastro-intestinali come nausea,
diarrea e dolori addominali. Gli antibiotici più assorbiti di base danno meno disturbi di
quelli meno assorbiti; l’Amoxicillina dà meno diarrea dell’Ampicillina perché è
assorbita di più;
- la tossicità epatica è rara: si può avere epatite in caso di utilizzo di Oxacillina, una
penicillina resistente alle beta-lattamasi;
- depressione del midollo osseo con associata granulocitopenia;
- alterazione delle emostasi; questo effetto si vede soprattutto nei soggetti che già prendono
anticoagulanti e che con l’aggiunta delle penicilline aumentano il rischio emorragie.

Cefalosporine
Rappresentano il secondo gruppo di antibiotici beta-lattamici, scoperti per la prima volta in una
fogna in Sardegna e prodotte dal micete Cephalosporium acremonium.
Sono caratterizzate da una struttura contenente l’anello beta-lattamico, legato ad un anello a 6
atomi, il quale contiene zolfo (S) e lega il gruppo -COOH. Questa è la struttura dell’acido-7-
aminocefalosporanico.
Inoltre, l’anello beta-lattamico è legato mediante un legame
peptidico ad un sostituente R1. Nelle cefalosporine possiamo
osservare due sostituenti:
- R1 = le cui sostituzioni modificano l’attività
antibatterica della cefalosporine, ovvero lo spettro
d’azione;
- R2 = le cui sostituzioni modificano la farmacocinetica
della cefalosporine.
Un particolare sottogruppo di cefalosporine sono le Cefamicine. Queste presentano in posizione 7
sul gruppo beta-lattamico il gruppo metossi (-OCH3) che conferisce loro efficacia nei confronti
dei batteri anaerobi, in particolare verso i Bacteroides fragilis che sono difficili da eradicare.
Le cefalosporine rispetto alle penicilline sono più resistenti alle beta-lattamasi. Inoltre, si
distribuiscono meglio nell’organismo, in quanto riescono ad attraversare bene la barriera
ematoencefalica (sono usate molto nelle meningiti) e a penetrare nell’umore acqueo, ma molto
poco nel vitreo.
In generale tutte le cefalosporine non sono attive verso:
 Enterococchi: richiedono l’utilizzo di due antibiotici = una penicillina associata ad un
aminoglicoside.
 L. monocytogenes, sensibile alle penicilline.
 Legionella, sensibile alle penicilline.
 Mycoplasma che, non possedendo una parete, non subisce l’azione di alcun beta-lattamico.
 Intracellulari obbligati: questo vale per tutti i beta-lattamici.
In base allo spettro d’azione le cefalosporine possono essere classificate in 4 generazioni.
Per quanto riguarda la farmacocinetica gli antibiotici di 1° e 2° generazione sono poco legate alle
proteine plasmatiche, mentre quelle di 3° e 4° generazione sono legate alle proteine e possono
dare problemi di spiazzamento. Le cefalosporine non sono metabolizzate; fa eccezione la
Cefotaxima che viene deacetilata. Sia cefalosporine sia penicilline sono, invece, escrete a livello
renale però con delle differenze:
- le cefalosporine son filtrate a livello del glomerulo renale;
- le penicilline sono eliminate mediante trasporto tubulare (OATP).
Alcune cefalosporine possono essere inoltre escrete nella bile come Cefpiramide o Cefoperazone,
che spiazza la bilirubina impedendo la formazione della bilirubina coniugata ed inducendo ittero
neonatale. Infine, delle cefalosporine possono avere escrezione mista: Ceftriaxone e Cefixima.
1° generazione cefalosporine
È oggi meno utilizzata, con l’eccezione di Ceporex (principio attivo = Cefalexina). La caratteristica
principale di questa generazione è che risulta molto attiva verso i batteri gram- (tranne verso gli
Enterococchi) e verso i batteri anaerobi cavo orale (eccezione verso B. fragilis).
Possono essere somministrate:
 via parenterale:
- Cefalotina = solo per via endovenosa a causa del suo effetto irritante. È usata per le
infezioni della cute e infezioni dei tessuti molli causate da Stafilococco aureus non
MRSA (produce beta-lattamasi, ma non PBP a bassa affinità) e da Stafiloccoco
pyogenes. Ma l’utilizzo, comunque, non è molto comune;
- Cefezolina = somministrata sia per via endovenosa sia per via intramuscolare. Non
molto usata.
 per os:
- Cefalexina = principio attivo di Ceporex. Utilizzata per le infezioni vie aeree,
nonostante non presenti una buona resistenza alle beta-lattamasi degli stafilococchi,
perciò necessita di un inibitore. Viene somministrata per infezioni sostenute
principalmente da gram+, in quanto i gram- sono poco sensibili (solo Proteus, E. coli
e Klebsiella sono leggermente sensibili).

- Cefadrina.
2° generazione cefalosporine
Questa generazione comprende antibiotici particolarmente attivi verso i batteri gram-, come E. coli,
Klebsiella, Proteus positivo, H. influenzae e meno attivi verso i gram+. Inoltre, sono più
resistenti alle beta-lattamasi rispetto a quelle di 1° generazione. Anche in tale categoria possiamo
distinguere due vie di somministrazione possibili:
 via parenterale:
- Cefamicine (gruppo metossi in posizione 7): Cefotetan, Cefoxitina, Cefmetazolo.
- NON Cefamicine (meno attive nei confronti di batteri anaerobi): Cefamandolo,
Cefuroxima, Cefprozil.
 via orale: Cefuroxima Axetil (sale della Cefuroxima), Cefprozil, Cefaclor, Lorecarbef.
Tra tutte, le più utilizzate sono il Cefamandolo e Cefuroxima.
Il Cefamandolo e il Cefotetan hanno una particolare tossicità perché contengono il gruppo MTT
(metil tetrazolo tiometile) che conferisce loro l’effetto Antabuse. Abbiamo già parlato dell’effetto
Antabuse quando abbiamo studiato le alcol deidrogenasi e abbiamo visto come questo corrisponda
ad un inibizione dell’acetaldeide deidrogenasi che poi porta, dopo l’ingestione di alcol, ad un
accumulo di acetaldeide che determina rossore, nausea, vomito, etc. Se si prendesse il Cefamandolo
o il Cefotetan e poi si bevesse alcol, l’effetto sarebbe lo stesso. L’MTT conferisce, inoltre, a questi
antibiotici la capacità di causare ipotrombinemia poiché queste cefalosporine competono con la
vitamina K aumentando il rischio di sanguinamento.
3° generazione di cefalosporine
Sono molto attive verso i batteri gram- (soprattutto verso le Enterobacteriaceae) e riguadagnano
attività anche verso i gram+. Sono le cefalosporine più utilizzate, soprattutto nelle polmoniti. È
bene distinguere:
- polmoniti comunitarie CAP, che derivano da patogeni presenti sul territorio.
- polmoniti nosocomiali HAP, che derivano da patogeni presenti in ambiente ospedaliero.
Si tratta di due ambienti differenti, in quando in ospedali, dove si fa un ampio uso di antibiotici, c’è
uno sviluppo di batteri resistenti. Quindi una polmonite contratta in ospedale è facilmente dovuta a
batteri non presenti sul territorio, resistenti agli antibiotici, dunque più difficili da eradicare con
varie complicanze associate. Si può affermare che una polmonite è stata contratta in ospedale
quando i sintomi si manifestano dopo 72 ore dal ricovero. Questo è l’intervallo di tempo che ci
assicura che l’infezione sia stata contratta in ospedale e che il paziente non fosse già infetto prima
del ricovero.
Ma oltre che per le polmoniti, le cefalosporine di 3° generazione sono anche molto usate per le
infezioni urinari e rappresentano il farmaco di prima scelta per le meningiti.
Inoltre, le cefalosporine di 3° generazione sono molto legate alle proteine plasmatiche e vengono
escrete con le urine. Tra queste abbiamo:
- Ceftazidima e Cefoperazone = sono le uniche ad agire contro P. aeruginosa.
- Cefotaxima;
- Ceftriaxone;
- Ceftizoxima;
- Cefixima;
- Cefpiramide.
Il Ceftriaxone (molto utilizzata) ha un’emivita più lunga rispetto alle altre cefalosporine, quindi
può essere somministrato solo 1-2 volta al giorno, mente le altre sono somministrate dalle 2 alle 3
volte al giorno. È usata nella gonorrea (N. gonorrhoeae: cocco gram-), malattia di Lyme e nella
meningite (come anche Cefotaxima). Il Ceftriaxone contiene il gruppo MTT, quindi non può
essere assunto con l’alcol e può dare sanguinamento. Inoltre, lega il Ca causando nefrolitiasi
biliare = accumulo di Sali formati da Ceftriaxone e Ca.
La Ceftazidima oggi viene venduta in associazione ad un particolare inibitore delle beta-lattamasi,
Avibactam (inibitore ad oggi è associato solo alla Ceftazidima); tale inibitore è molto importante
perché permette l’inibizione anche dell’Amp-C. Quindi la Ceftazidima associata ad Avibactam è
attiva anche verso le Enterobatteriacee ESBL produttrici di Amp-C. La Ceftazidima +
Avibactam è utilizzata nelle infezioni da Enterobatteriacee, ma non è attiva versa i gram+.

La Cefixima è un’altra cefalosporina molto utilizzata; somministrazione per os; usata per le
infezioni vie urinarie e per le infezioni da H. influenzae (otite nei bambini).
4° generazione cefalosporine
Fino a pochi anni fa questa generazione era costituita solo da Cefepima e Ceferome.
Le cefalosporine di 4° generazione sono attive verso Pseudomonas, Enterobacter, Citrobacter e
Serratia. Queste, come quelle di 3° generazione, agiscono sui gram-, ma anche sui gram+. Inoltre,
sono degli zwitterioni perché hanno sia una parziale carica positiva sia una parziale carica negativa
e ciò permette loro di muoversi facilmente per diffusione semplice, avendo così un ottima
distribuzione.
Recentemente è stata messo in commercio una nuova cefalosporina, il Ceftalozano. Questa è
commerciata in forma associata con l’inibitore delle beta-lattamasi Tazobactam ed è la più
efficace di tutte verso Pseudomonas, oltre ad essere attiva anche verso le Enterobatteriacee che
esprimono ESBL.

Ci sono anche delle Cefalosporine specializzate nei confronti dei batteri gram-, in particolare nei
confronti dei MRSA, MRSE e Pneumococco (S. pneumoniae, alfa emolitico). Esse sono:
- Ceftarolina = Zinforo (nome commerciale), somministrata per via endovenosa.
Indicazioni: (1) infezioni della cute e dei tessuti molli complicate (cSSTI) e (2) polmonite
comunitaria (CAP).
Queste cefalosporina è particolarmente attiva verso MRSA perché lega la sua PBP2a (a
bassa affinità) e verso lo Pneumococco resistente perché lega la sua PBP2x (a bassa
affinità). Questa non è attiva però verso le Enterobacteriaceae con ESBL ed è inattivata da
carbapenemasi, metallo-beta-lattamasi e Amp-C. La Ceftarolina, infatti, non è attiva verso i
gram-.
- Ceftobiprolo = Mabelio (nome commerciale), somministrato per via endovenosa. Le sue
indicazioni sono: (1) CAP e (2) HAP. È esclusa invece la polmonite associata a ventilazione
meccanica (VAP). Il Ceftobiprolo lega la PBP2a del MRSA, la PBP1a, PBP2b, PBP2x dello
Pneumococco e la PBP5a di Enterococco faecalis. È attivo solo verso gram+, non funziona
verso gli Enterobacteriaceae con ESBL ed è inattivato da carbapenemasi, metallo-beta-
lattamasi e Amp-C.
Reazioni avverse delle cefalosporine L
a. Reazioni di ipersensibilità, con crossreazione del 30% con le penicilline;
b. Disturbi gastrointestinali: nausea, dolori addominali e crampi;
c. In particolare, la Cefepima se somministrata in paziente con insufficienza renale può dare
encefalopatia e può abbassare la soglia delle convulsioni dando uno stato epilettico.
d. Alcuni microrganismi non possono essere trattati con cefalosporine di 1° e 2° generazione
poiché queste non solo non sono attive, ma inducono questi microrganismi a dereprimere i
geni delle cefalosporinasi (beta-lattamasi di 1 gruppo che inattivano le cefalosporine di tutte
le generazioni). Questi microrganismi sono: Citrobacter, Maganella, Providencia,
Acinetobacter ed Enterobacter.
Carbapenemi
Presentano l’anello beta-lattamico fuso con un anello a 5 atomi insaturo. A differenza dell’anello
delle Penicilline, che contiene zolfo (S), questo contiene tutti carboni e un azoto.
Sono antibiotici ad ampio spettro, attivi contro: gram+, gram-,
microrganismi aerobi, anaerobi e resistenti a molte beta-lattamasi.
Hanno poche resistenze crociate, cioè non hanno crossreattività con le
altre classi di antibiotici (ad eccezione di alcuni altri beta lattamici),
quindi non sono coinvolti nella MDR (multi-drug-resistent).
Ai carbapenemi sono sensibili gli Streptococchi, compreso
Pneumococco penicillino resistente, Enterococco faecalis, gli Stafilococchi, eccetto MRSA
(Methicillin-Resistant Staphylococcus aureus) e MRSEE, Enterobatteriacee (ora alcune hanno
cominciato a sviluppare resistenza), P. aeruginosa e Acinetobacter.
I Carbapenemi attualmente in commercio sono quattro: Imipinem, Meropenem, Doripinem,
Ertapenem.
Si somministrano tutti per via parenterale ed hanno una indicazione ristretta per infezioni
batteriche gravi (antibiotici ospedalieri che non si trovano in farmacia).
Imipinem = somministrato unicamente per via endovenosa, una volta in circolo diventa uno
zwitterione e di conseguenza attraversa molto bene le barriere cellulari.
Ottimo volume di distribuzione, poco legato a proteine plasmatiche, breve emivita (sono necessarie
3/4 somministrazioni giornaliere). Ma l’Imipinem è tossico per il rene: nel tubulo contorto
prossimale incontra gli enzimi deidropeptidasi, i quali lo metabolizzano e trasformano in un
metabolita nefrotossico. Ragion per cui è presente in commercio insieme ad un inibitore delle
deidropeptidasi = cilastatina (l’associazione è fondamentale altrimenti la nefrotossicità sarebbe
troppo elevata). Circa il 70% della dose non viene metabolizzata così, permettendone l’utilizzo. Se
è presenta un’insufficienza renale bisogna diminuire le dosi di Imipinem. Inoltre, è epatotossico e
fortemente pro-convulsionante, per tale motivo non viene utilizzato in caso di meningite batterica
perché a causa dell’infiammazione entrerebbe facilmente nel SNC (processo infiammatorio  BEE
più lassa), inducendo convulsioni. Quindi si utilizza un altro carbapeneme, meno convulsionante, il
Meropenem. Infine, può cause eosinofilia alle cellule del sangue, neutropenia e trombocitopenia,
che risulta critica se il paziente assume anticoagulanti (aumentato rischio di emorragia per
trombocitopenia + anticoagulanti).
Imipinem è indicato:
- UTI (infezioni del tratto urinario) complicate;
- Polmoniti nosocomiali HAP e VAP = respirazione assistita meccanica;
- Infezioni gravi tessuti molli;
- Pre e post partum;
- Infezioni di tipo ginecologico (Proteus e Morganella).
L’Imipinem e gli altri Carbapenemi diminuiscono la concentrazione di “Valproato” (antiepilettico),
quindi si cerca di un’alternativa in pazienti con tale patologia.
Meropenem = è utilizzato nelle infezioni nosocomiali e presenta le indicazioni dell’Imipinem, con
aggiunta della meningite batterica. Ha una breve emivita, infatti è prevista una somministrazione
per 3 volte al giorno. Non è substrato delle deidropeptidasi, non causa danno renale e non è
associato con cilastatina. Risulta più attivo verso i gram- rispetto all’Imipinem, meno verso gli
enterococchi.
Doripinem = simile a Meropenem; è indicato nelle HAP, cSST, UTI complicate. È utilizzato
principalmente contro P. aeruginosa.
Ertapenem = caratterizzato da una emivita più lunga (è somministrato 1 volta al giorno) ed è molto
attivo nei confronti delle Enterobacteriaceae (gram-) e dei gram+, mentre è il meno attivo contro
Pseudomonas aeruginosa, Enterococco, Acinetobacter.
Monobattami
Chiamati così perché costituiti da un unico anello beta-lattamico e include soltanto un antibiotico.
Aztreonam: somministrazione per via intramuscolare e via endovenosa. Ha uno spettro d’azione
più ristretto: si preferisce somministralo nei confronti di batteri gram- aerobi (massima efficacia).
Risulta resistente alle beta-lattamasi dei gram-, ma non alle ESBL. Ha una breve emivita, deve
essere somministrato ogni 6-8 ore. Non è legato a proteine plasmatiche e viene escreto, senza essere
metabolizzato, con le urine. Lega solo PBP3. È un farmaco ospedaliero e tra i beta-lattamici è
l’unico che non determina crossreattività (immuno-allergiche) alle penicilline.
Effetti avversi: epatotossico nei bambini; spesso causa trombocitopenia. Tra le reazioni di
ipersensibilità prevalgono quelle a carico della cute.
Inibitori parete cellulare
Glicopeptidi
I glicopeptidi sono antibiotici inibitori della sintesi della parete batterica e sono costituiti da un
peptide, al quale è legato uno zucchero, tale struttura conferisce loro determinate caratteristiche.
Questi antibiotici agiscono inibendo la sintesi della parete batterica, ma in modo diverso dagli
antibiotici beta-lattamici (bloccano le transpeptidasi), infatti i glicopeptidi bloccano la formazione
del peptidoglicano agendo a livello delle 2 D-Alanine terminali del nucleotide PARK (sulla
penultima D-Ala si forma il legame che permette la formazione del legame crociato e quindi
consente la stabilità della parete batterica). In particolare, i glicopeptidi incapsulano le due D-Ala
terminali, legandole, e in tal modo impediscono la formazione dei legami crociati.
I glicopeptidi hanno uno spettro d’azione ristretto rispetto agli ab beta-lattamici, in quanto sono
attivi solo contro i batteri gram positivi, in quanto non riescono a passare la membrana esterna
dei gram negativi (non riescono ad attraversare i pori della membrana dei gram-). L’indicazione di
questi ab è, per così dire, “di nicchia” perché si utilizzano soltanto per i batteri gram+ resistenti ai
beta-lattamici, non sono antibiotici somministrati in prima linea, ma antibiotici di seconda linea.
Sono attivi nei confronti dello Stafilococco aureus ed Stafilococco epidermidis meticillino-
resistenti (MRSA e MRSE; contro di essi non funziona nessuna beta-lattamina), degli
Pneumococchi resistenti ai beta-lattamici (perché presentano PBP a bassa affinità), degli
Enterococchi resistenti alle penicilline. Gli Enterococchi patogeni per l’uomo sono l’E. faecalis e
l’E. faecium: E. faecium è più raro e presenta alcuni ceppi resistenti ai glicopeptidi, mentre E.
fecalis è sensibile ai glicopeptidi ed è resistente alle penicilline. Gli antibiotici glicopeptidici non
sono attivi nei confronti dei lattobacilli, perché questi ultimi hanno nella loro parete un
peptidoglicano con nucleotide di PARK che non ha le due D-Ala terminali, quindi manca del sito
target su cui agiscono i glicopeptidi; i lattobacilli si chiamano così perché invece di avere le due D-
Ala terminali sul nucleotide di PARK, hanno due lattati (D-lattato), in questo modo sono
naturalmente resistenti ai glicopeptidi (resistenza naturale, non acquisita). I lattobacilli hanno
trasmesso la resistenza ai glicopeptidi ad altri generi batterici, tra cui alcuni ceppi di Enterococco
faecium, i quali sono quindi diventati resistenti in maniera acquisita dai lattobacilli. I glicopeptidi,
nonostante le resistenze, sono degli antibiotici molto efficaci.
Il meccanismo di resistenza è mediato dai geni VAN, dal primo antibiotico glicopeptidico messo
in commercio per il quale si è vista comparire la resistenza, la Vancomicina. I geni VAN sono
inducibili ovvero possono essere indotti dalla terapia con glicopeptidi. La trascrizione dei geni
VAN porta alla sostituzione del D-lattato al posto della D-Ala. I microrganismi che hanno il D-
lattato nel peptidoglicano invece della D-Ala, presentano un peptidoglicano con una struttura meno
resistente, quindi la parete batterica è meno resistente.
Esistono 3 fenotipi di resistenza:
 resistenza VAN A, posseduta dagli Enterococchi resistenti, conferisce resistenza a tre
antibiotici: Vancomicina (glicopeptide), Teicoplanina (glicopeptide), Dalbamicina
(lipopeptide).
 resistenza VAN B, solo verso la Vancomicina.
 resistenza VAN C, solo verso la Vancomicina.
Il meccanismo di resistenza è inducibile : quando si fa terapia con i glicopeptidi, essi incapsulano il
nucleotide di PARK legandosi alle due D-Ala e così facendo si accumulano all’esterno della
membrana cellulare, tale accumulo di glicopeptidi viene percepito dalla proteina sensore VAN A
che si trova sulla membrana cellulare del microrganismo; la proteina VAN A trasmette il segnale ad
una proteina citosolica, la proteina VAN R, che si attiva e trasloca nel nucleo dove si lega al
promotore di alcuni geni, attivando così la trascrizione dei geni per la resistenza, si producono
quindi delle proteine che sono in grado di staccare le D-Ala dal nucleotide di PARK e di sostituirle
con il D-lattato. Se il peptidoglicano contiene il D-lattato, i batteri non sono più in grado di usare le
PBP a bassa affinità per fare il peptidoglicano e quindi devono ritornare a utilizzare le PBP
originarie ad alta affinità per gli antibiotici beta-lattamici, ciò fa sì che, in alcuni casi, quando il
batterio diventa resistente ai glicopeptidi, può ritornare ad essere sensibile agli antibiotici beta-
lattamici (si possono somministrare beta-lattamici).
Vancomicina: è stato il primo antibiotico glicopeptidico ad essere messo in commercio. Presenta 2
amminozuccheri ed è solubile a pH acido, ciò significa che non può essere somministrata né per via
intramuscolare poiché sarebbe irritante per il tessuto muscolare, né per os perché non sarebbe
assorbita (non passa per diffusione passiva le membrane plasmatiche). La Vancomicina viene
quindi somministrata per via endovenosa, ma in alcuni casi può essere somministrata per os, ciò
avviene quando non vogliamo che essa venga assorbita, ma che rimanga nel tratto gastro-intestinale
(es. quando abbiamo la presenza di un batterio all’interno del tratto gastro-intestinale). La
Vancomicina per os è utilizzata in caso di infezione da Clostridium difficile (terapia con
Clindamicina e Tetracicline seleziona il Clostridium difficile e porta alla morte di tutti gli altri
batteri) che causa la colite pseudomembranosa, la Vancomicina somministrata per os arriva nel
colon senza essere assorbita e lì agisce nei confronti del Clostridium.
Farmacocinetica
Non lega le proteine plasmatiche, quindi, non presenta il fenomeno dello spiazzamento, ha una
breve emivita (si somministra almeno 2 volte al giorno) e penetra poco nel SNC, quindi non è un
farmaco che si può usare per infezioni del SNC, a meno che non vi sia in atto un processo
infiammatorio (se le meningi sono infiammate, come ad esempio nella meningite, la BEE è più
lassa e si può utilizzare la Vancomicina). L’escrezione è principalmente renale.
Tra gli effetti avversi vi è la nefrotossicità (comune a molti ab glicopeptidici, monitorare
costantemente la creatininemia) e il rilascio di istamina. L’istamina è contenuta nei granuli
secretori di mastociti e basofili, e induce vasodilatazione e prurito; poiché la Vancomicina induce il
rilascio di istamina, si avrà la cosiddetta “sindrome dell’uomo rosso” caratterizzata dalla
dilatazione dei vasi del collo e del volto (rossore a livello di viso e collo). La Vancomicina causa
anche tachicardia, ipotensione e dispnea. Si possono avere inoltre reazioni di ipersensibilità,
anche gravi, come lo shock anafilattico o la sindrome di Steven Johnson= SJS o la necrolisi
epidermica tossica. La Vancomicina è tossica per le piastrine e induce trombocitopenia ed è
anche ototossica in quanto può indurre sordità (agendo a livello dell’apparato acustico-cocleare
dell’orecchio) e tinnito = formazione di suoni all’interno dell’orecchio che non provengono
dall’esterno, ronzii (agendo a livello dell’apparato vestibolare). La Vancomicina può anche
determinare neuropatie periferiche.
Indicazioni
- Infezioni complicate di cute e tessuti sottocutanei
- Endocarditi (vancomicina in associazione a inibitori della sintesi proteica come gli
aminoglicosidi, se il batterio è resistente all’associazione penicilline + aminoglicosidi)
- Polmoniti ospedaliere (nosocomiali)
- Meningiti
In ogni caso la Vancomicina è usata in caso di infezioni causate da batteri gram+ resistenti alle
beta- lattamine.
Teicoplanina: ha 8 amminozuccheri, è solubile a pH fisiologico, perciò può essere somministrata
sia per via endovenosa che per via intramuscolare; nel sangue viaggia legata alle proteine
plasmatiche, ha un’emivita (t/2) molto lunga e quindi si somministra 1 volta al giorno.
Indicazioni: simili a quelle della Vancomicina con l’aggiunta di infezioni dell’apparato osseo e
delle articolazioni, polmonite nosocomiale e comunitaria, infezioni del tratto urinario, infezioni
sostenute da batteri gram+ resistenti alle beta-lattamine.
Lipoglicopeptidi
Antibiotici inibitori della sintesi della parete batterica che contengono una porzione lipidica nella
loro membrana. La coda lipidica permette a questi ab di ancorarsi alla membrana del batterio,
bloccando così le D-Ala del nucleotide di PARK. Sono 3:
Telavancina: oltre al meccanismo di incapsulamento delle due D-Ala terminali, ha un ulteriore
meccanismo d’azione, ovvero è in grado di legare direttamente la membrana plasmatica del
batterio e di depolarizzarla determinando un aumento della permeabilità e quindi provocando
danno al batterio; si somministra solo per via endovenosa, è un ab usato in ambito ospedaliero
(non si trovano in farmacia), è molto legata alle proteine plasmatiche ed ha un’emivita di circa 7
ore; ha indicazioni più ristrette rispetto a Vancomicina e Teicoplanina, si somministra unicamente
nelle polmoniti nosocomiali e comunitarie (HAP e VAP) provocate da Stafilococco aureus
meticillino-resistente (MRSA); gli effetti avversi sono rappresentati dalla nefrotossicità (è più
nefrotossica di Vancomicina e Teicoplanina), infatti è controindicata in caso di paziente con
insufficienza renale acuta o cronica di grado severo, bisogna monitorare costantemente la funzione
renale (giornalmente per i primi 3-5 giorni e poi ogni 48-72 ore). Pazienti particolarmente a rischio
di nefrotossicità da Telavancina sono pazienti con diabete mellito, insufficienza cardiaca
congestizia e ipertensione. Provoca allungamento del tratto QT nell’ECG (allungamento del QT
corretto) e inoltre causa ototossicità.
Dalbavancina: ha indicazione per infezioni della cute e dei tessuti molli da Stafilococco aureus
meticillino-resistente (MRSA), S. pyogenes e S. agalactiae; è molto legata alle proteine
plasmatiche e ha una lunga emivita, infatti presenta una posologia particolare: si somministra con 1
sola infusione endovenosa che può essere da 1-1.5 g alla quale si fa seguire, dopo 1 settimana, la
metà della dose somministrata (0.5g se si è dato 1 g). La Dalbavancina è in grado di penetrare
nell’osso, ma non nel SNC, inoltre rappresenta un vantaggio rispetto agli altri ab glicopeptidici
perché non è nefrotossica, è però ototossica. Nei paziente con grave insufficienza renale si può
somministrare Dalbavancina. Viene poco metabolizzata.
Reazioni avverse: reazioni di ipersensibilità, cefalea, nausea, diarrea, aumento enzimi epatici.
Oritavancina: lega le membrane del batterio come la Telavancina (presenta un ulteriore
meccanismo d’azione oltre all’incapsulamento del nucleotide di PARK), depolarizzando così la
membrana del batterio e procurando danno. Viaggia nel sangue molto legata e ha una lunga emivita
(10 giorni). Ha grande volume di distribuzione. Si somministra per infusione singola endovenosa.
Le indicazioni sono limitate alle infezioni complicate della cute e dei tessuti molli. Può determinare
un aumento del rischio di osteomielite e di ascessi.
L’Oritavancina è sia un induttore sia un inibitore enzimatico: inibisce CYP2C9 e CYP2C19 e
induce CYP3A4 e CYP2D6. Rispetto agli altri glicopeptidi è molto meno nefrotossica, ma è
ototossica, inoltre prolunga il tempo di coagulazione (se il paziente assume anti-coagulanti
aumenta il rischio di emorragia); induce anemia, cefalea, vertigini, tachicardia, mialgia, nausea,
vomito e diarrea.
Inibitori sintesi proteica
Si dividono in due gruppi:
- Inibitori subunità ribosomiale 30S  Tetracicline e Aminoglicosidi;
- Inibitori subunità 50S  Cloramfenicolo, Macrolidi, Oxazolidononi, Streptogramine,
Lincosamidi.
Tetracicline
Sono costituite da quattro anelli a sei atomi di carbonio. Gli actinomiceti ne producono due
naturalmente:
 Clortetraciclina = da cui viene prodotta la tetraciclina propriamente detta;
 Ossitetraciclina = da cui vengono prodotte tutte le altre.
Sono divise in tre gruppi in base alla lipofilicità:
- I gruppo: scarsa lipofilicità. Include la Clortetraciclina (prodotta dallo Streptomyces
aurofacies, quindi anche detta aureomicina), Ossitetraciclina, Tetraciclina, Limeciclina,
Roticiclina e Metaciclina. La Clortetraciclina ha solo una formulazione topica
dermatologica.
Le tetracicline sono molto attive contro il Proprione Bacterium, agente eziologico
dell’acne vulgaris, il quale colonizza i bulbi piliferi, metabolizza gli acidi grassi, producendo
metaboliti responsabili dell’infiammazione. Anche la Clindamicina inibisce la subunità 50S
(lincosamidi), è molto efficace contro l’acne vulgaris.
- II gruppo: lipofilicità intermedia. La Demeclociclina è stata ritirata dal commercio perché
induceva il diabete insipido come effetto avverso.
- III gruppo: lipofilicità maggiore; sono le più utilizzate. Esse sono: Minociclina e
Doxiciclina, somministrate per os e per via parenterale (solo endovenosa).
Farmacocinetica:
Assorbimento per os incompleto e diminuisce con la dose (più aumenta la dose meno sono
assorbite), ad eccezione della Minociclina e Doxiciclina.
Le Tetracicline inibiscono l’assorbimento dei latticini, antiacidi, Ca, Mg, Zn, Al, Fe (cioè catione bi
e tri-valenti), in quanto li chelano e precipitano.
Emivita = 6-12 ore  vengono somministrate 3/4 volte al giorno, ad eccezione della Minociclina
e Doxiciclina che vengono date 2 volte al giorno.
Hanno un ampio volume di distribuzione, raggiungono la prostata e superano la barriera emato-
encefalica e la placenta.
Si accumulano nel fegato, milza, midollo osseo, tessuto osseo, dentina e smalto dei denti non erotti,
per questo non può essere dato ai bambini prima della dentizione definitiva perché potrebbe causare
pigmentazioni scure nei denti.
Vengono eliminate tramite il rene, ad eccezione della Doxiciclina (eliminata anche con la bile).
Fanno tutte il ricircolo enteropatico, nessuna viene metabolizzata, tranne la Minociclina.
Meccanismo d’azione e spettro d’azione
Sono batteriostatici: hanno una MIC e MIB distanti tra loro.
Sono attive contro gram+. S. pyogenes e S. pneumoniae sono ancora parzialmente sensibili. Il
problema è che lo Pneumococco resistente alle Penicilline è anche resistente alle Tetracicline. S.
aureus MSSA e MRSA sono sensibili, gli Enterococchi sono resistenti. I gram- sono generalmente
meno sensibili alle Tetracicline. H. influenzae è sensibile alla Doxiciclina.
Sono farmaci di seconda scelta sia perché molti batteri hanno sviluppato resistenze sia per gli
effetti collaterali. Sono usati per infezioni da batteri intracellulari obbligati, perché tutti gli altri
antibiotici beta lattamici non funzionano. Ad esempio, sono usati per le Rickettsie che danno varie
patologie, tra cui le 4 più importanti sono:
a. Tifo esantematico o petecchiale: veicolato dal pidocchio all’uomo; si manifesta con
esantema maculopapulare. A livello cutaneo, febbre, artromialgie, compromissione del
sensorio (stupor) e lesioni vascolari.
b. Tifo murino: il serbatoio è il ratto e il vettore è la pulce del ratto. Meno grave
dell’esantematico perché non provoca compromissione del sensorio. È presente esantema,
febbre, artromialgie.
c. Febbre bottonosa: il serbatoio è il cane e il vettore è la zecca. È endemica nella regione
mediterranea, in particolare tra i cacciatori. Si formano ispessimenti della cute (bottone). È
una patologia simil influenzale. Prevalentemente nel periodo estivo.
d. Febbre purpurea delle montagne rocciose: è la forma più grave delle rickettsiosi, si
riscontra principalmente negli Stati Uniti e Messico. Il periodo di massima infezione è tra
primavera ed estate. La zecca rappresenta sia il serbatoio sia il vettore. I sintomi
comprendono compromissione dell’apparato cardiovascolare e del sensorio.
Nelle rickettsiosi le Tetracicline sono i farmaci di prima scelta.
Inoltre, altri batteri intracellulari obbligati verso cui si usano le Tetracicline sono:
Clamidia  ne abbiamo diverse; in questo caso le Tetracicline non sono farmaci di prima scelta
(solo nel linfogranuloma venereo sono dei farmaci di prima scelta), in quanto la prima scelta sono
i Macrolidi (inibitori 50S).
- C. Pneumoniae è l’agente eziologico di una polmonite batterica, di solito lieve, che nei
soggetti anziani tende a recidivare.
- C. Psittaci è responsabile di una ornitosi che giunge all’uomo attraverso l’inalazione di
particelle degli escrementi dei pappagalli e causa una polmonite grave.
- C. Trachomatis è l’agente eziologico del tracoma, che è una congiuntivite a corpi inclusi.
È responsabile anche di patologie urogenitali e del linfoma venereo (si presenta con ulcere
uro-genitali). Nell’uomo si presentano uretriti, orchite ed epididimiti, nella donna cerviciti e
salpingiti. Nella donna sono per il 50% asintomatiche, ma possono risalire le tube e causare
infertilità.
Mycoplasma  non ha pareti, quindi i beta-lattamici non funzionano, mentre le Tetracicline sì.
Causa infezioni delle basse vie respiratorie, come polmoniti gravi. Può portare a infezioni
dell’apparato urinario. I farmaci di prima scelta sono i Macrolidi, quelli di seconda scelta le
Tetracicline.
Si utilizzano le tetracicline anche per microrganismi intracellulari facoltativi:
Brucella: coccobacillo responsabile di una zoonosi. Il contagio avviene per ingestione di carne
infetta, o latte e latticini non pastorizzati. La più diffusa in Italia è B. Melitensis, agente eziologico
della febbre di malta. Le manifestazioni della febbre di malta dipendono dall’organo che viene
infestato da Brucella; è sempre presente febbre, cefalea, artromialgie. Se localizzate a livello del
SNC porta a meningite ed encefalite, nel SNP determina neuropatia periferica. Spesso causa
cardiopatie ed infetta fegato (può portare epatite granulomatosa) e milza (con epatosplenomegalia),
può portare ad orchite (= tumefazione dolorosa dei testicoli). Le Tetracicline sono farmaci di
prima scelta.
Ureaplasma: provoca infezioni dell’apparato urinario. I Macrolidi sono di prima scelta, le
Tetracicline di seconda scelta.
Mycobacterium marinum: è un particolare Mycobatterio in cui le Tetracicline sono di prima
scelta (per i Mycobatteri “alternativi”, cioè ≠ tubercolosis, i farmaci di prima scelta per il
tubercolosis non funzionano, si prova quindi con le Tetracicline).
Spirochete: ma nella neurosifilide (stadio avanzato) funzionano solo le penicilline, negli altri stadi,
più leggeri, vanno bene le Tetracicline.
Propionebacterium: nelle infezioni del parodonto.
Vibrio cholerae: la terapia consiste in reidratazione con elettroliti. È stato osservato
che l’impiego delle Tetracicline riduce la diarrea del 50%.
Le tetracicline sono di prima scelta nella profilassi della peste di Yersinia Pestis, Francisella
Tularensis (determina patologia simil peste) e B. Anthracis (per antrace uso per profilassi le
Tetracicline e per terapia uso penicilline).
Meccanismi di resistenza per la Tetracicline:
ë I batteri esprimono pompe di efflusso (come la glicoproteina P);
ë Modificazione del target delle Tetracicline (la subunità 30S);
ë Inattivazione dell’antibiotico tramite la sintesi di enzimi che lo modificano;
ë Alterazione del diametro dei pori sulla membrana dei Gram-.
Recentemente sono state create delle nuove Tetracicline, in particolare in posizione 9 è stato
aggiunto un gruppo ButilGlicil-Aminico che ha portato alla sintesi delle Glicilglicine.
Glicilglicine: attualmente abbiamo un unico antibiotico che è la Tigeciclina. Ha uno spettro più
ampio e minori resistenze perché lega un sito del ribosoma che il batterio non
modifica (cioè evade la resistenza data dalla modifica della 30S). Il gruppo GlicilAminico riduce la
affinità per le pompe di efflusso (che sono usate molto da Proteae e Pseudomonas).
È molto attiva contro i cocchi gram+ (Pyogenes, Stafilococchi anche MRSA, Enterococchi); anche
contro alcuni gram- (H. Influenzae, Acinetobacter, B. Fragilis e contro Ureaplasma)
Quando è indicata la Tigeciclina:
- Infezioni complicate della cute e dei tessuti molli (Acute Bacterial Soft Skin Structure
Infection = ABSSSI), escluse le infezioni del piede diabetico;
- Infezioni addominali complicate.
Con il termine complicate si intende che si utilizza la Tigeciclina solo quando gli altri antibiotici
non sono adeguati per effetti collaterali o interazioni tra farmaci. È quindi usato come seconda
scelta. Ciò perché dopo l’immissione in commercio si sono notati degli episodi di superinfezioni a
carico di organi diversi (spesso polmonite nosocomiale con prognosi negativa) rispetto a quelli in
cui albergavano i batteri che si volevano eliminare con la Tigeciclina e sono dovute a batteri diversi
rispetto a quelli che si volevano eliminare. Causa anche danno epatico colestatico che in alcuni casi
ha portato a insufficienza epatica fatale. È escreta con la bile per 50%.
Le ABSSSI sono rappresentate da Cellulite, infezione del tessuto connettivo sottocutaneo, Erisipela,
infiammazione del derma e ipoderma, ferite infette da almeno 75 mm, infezioni gravi dell’addome
che possono portare a suppurazione.
Effetti collaterali Tetracicline
1. Chelano i metalli: a livello osseo e denti marroni per il calcio e per questo non può essere
somministrato al di sotto degli 8 anni né in donne in gravidanza (si deve stare attenti anche a
somministrare metalli bi- tri-valenti in contemporanea, cioè integratori, oppure latticini nella
dieta).
2. Aumentano il rischio della pressione intracranica nei neonati.
3. Danno mucositi (anche ulcere della tunica muscolare in alcuni casi) del tratto
gastrointestinale se dato per os.
N.B. Fare alzare il paziente (in piedi o seduto) per velocizzare il passaggio della tetraciclina
nel tratto intestinale.
4. Nausea, vomito, diarrea, pancreatiti (rare)
5. Alterazione dei microvilli della lingua che diventa nera e villosa (soprattutto in donne che
prendono la pillola e nei pazienti diabetici).
6. Facilitano superinfezioni da Candida del cavo orale e esofagite perché riducono i
coliformi (flora intestinale, batteri saprofiti che tengono sotto controllo i patogeni).
7. Le tetracicline non sono attive contro C. Difficile (causa colite pseudomembranosa) che può
essere selezionato quindi, e farlo proliferare molto bene, per questo è frequente che il
paziente trattato con Tetracicline sviluppi colite pseudomembranosa. Le tetracicline sono i
secondi antibiotici che più frequentemente causano colite pseudomembranosa dopo la
Clindamicina.
8. Le tetracicline possono dare danno epatico e renale (tranne con la Doxiciclina) soprattutto
nei pazienti con insufficienza renale o nelle donne in gravidanza.
9. Come tutti i farmaci che inibiscono la sintesi proteica, se si aumenta la dose, potrebbero
essere non più selettivi contro i ribosomi batterici, ma colpire anche i ribosomi dei
mitocondri umani perché sono molto simili. Questo può causare: riduzione delle piastrine
e granulociti, aumento del lattato in circolo.
10. Causano fotosensibilità (mai esporsi al sole, ripercussioni gravi a livello cutaneo,
raccomandate creme protettive).
11. Se vengono assunte scadute possono causare la Sindrome di Fanconi (insufficienza renale).
12. In terapia prolungata possono dare porpora trombocitopenica con formazione di piccoli
trombi in circolo.
13. La Minociclina può dare tossicità a livello dell’apparato vestibolare dell’orecchio (ronzii e
perdita equilibrio che scompare in 2-3 giorni).
14. Tutte le tetracicline possono dare reazioni di ipersensibilità.
Cloramfenicolo (inibitore 50S)
È un antibiotico di seconda/terza scelta poiché si sono sviluppate molte resistenze e causa
abbastanza effetti collaterali. È ancora molto utilizzato nei paesi in via di sviluppo contro la
Salmonella (anche se il 50% sono resistenti) e la febbre tifoide, per il suo basso costo ed ampio
spettro (anche per queste infezioni non rappresenta in realtà il farmaco di prima scelta).
Agisce legandosi alla subunità 50S. È batteriostatico (MIC e MIB diversi), tranne che per 3 batteri
verso cui è battericida = Pneumococco, H. influenzae e Meningococco. Può essere somministrato
per via sistemica in caso di meningiti e rickettsiosi potenzialmente fatali solo se gli altri
antibiotici non funzionano.
Da noi è presente in commercio una formulazione endovenosa di cloramfenicolo: la Chemicetina,
che è un sale del cloramfenicolo, è un profarmaco (forma inattiva) che viene attivato attraverso
idrolisi, processo così lento che una parte del farmaco viene escreta in forma ancora inattiva
(eliminiamo il farmaco prima di idrolizzarlo). Questo riduce l’efficacia della Chemicetina. La
formulazione per os non è in commercio da noi.
Esiste anche la Cortisonchemicitina (Cortisone + Chemicetina) è una formulazione topica e ve ne
sono 2 tipi: una pomata per le infezioni oftalmiche (pomata di primo grado) e una pomata
dermatologica (di secondo grado), le quali differiscono per la quantità di Cortisonchemicitina.

Esiste anche una formulazione in ovuli vaginali che si usa per le infezioni del tratto genitale
provocate dalla clamidia (microrganismo intracellulare obbligato).
Salmonella: nei paesi in via di sviluppo è ancora utilizzata contro la Salmonella. Le salmonelle
sono classificate in: S. typhi di gruppo D, responsabile dell’ileotifo, e S. paratyphi (tipi A, B e C)
responsabile del paratifo. Il tipo B è il più comune, seguito dall’A, il tipo C non è quasi presente in
Italia. Altre salmonelle sono causa di tossinfezioni gastrointestinali (quindi patologie molto più
blande di tifo e paratifo) che derivano dall’ingestione di alimenti che contengono le tossine, sono di
lieve entità.
Meccanismo infezione: una volta che la salmonella giunge a livello dell’intestino tenue, aderisce
agli enterociti, viene internalizzata nella cellula intestinale e comincia a proliferare. Alcune
salmonelle sono libere, altre sono fagocitate, ma sopravvivono ed entrambe, penetrano nei vasi
chiliferi, raggiungono la circolazione sistemica e colonizzano la milza, il midollo osseo e la
colecisti, dove si concentrano. La colecisti rappresenta un serbatoio di salmonella che entra a far
parte della bile e quindi vengono riversati nell’intestino all’altezza del duodeno; qui ricomincia il
ciclo venendo internalizzata nuovamente. La lesione caratteristica della salmonella è a livello della
mucosa enterica ed è la cosiddetta escara, un’area necrotica con un centro chiaro, che può rompersi
causando entorragia e perforazione intestinale. Questo causa addome acuto, un’emergenza
chirurgica con addome chiuso = feci e gas non escono.
I primi sintomi dell’infezioni da Salmonella sono disturbi gastrointestinali: diarrea e crampi
addominali, dopo 24h iniziano i disturbi del sensorio (perdita conoscenza).
Esiste oggi un vaccino nei confronti di S. typhi e S. paratyphi che utilizza un ceppo mutante
ricombinante vivo, non patogeno, somministrato per os in 3 dosi a giorni alterni.
Nel caso di infezione gli antibiotici di prima scelta sono i beta-lattamici, soprattutto le
cefalosporine di terza generazione (quelle attive contro le Enterobatteriacee) e l’ampicillina. Per
eliminare i portatori sani (con batterio nella colecisti e senza sintomi) non usa il cloramfenicolo,
perché questo è metabolizzato a livello epatico ed inattivato; quindi, giunge alla cistifellea in forma
inattiva, per cui per i portatori sani si utilizza ampicillina o amoxicillina. Se si intraprende una
terapia antibiotica (qualsiasi antibiotico) quando l’escara è già formata, c’è comunque il rischio di
entorragia ed addome acuto, perché i farmaci non agiscono sulla lesione preesistenti.
Resistenza e farmacocinetica Cloramfenicolo
ë la resistenza più comune è la sintesi di acetil transferasi, che inattiva il farmaco (farmaco
acetilato non lega il ribosoma);
ë diminuzione diametro pori presenti sulla membrana;
ë protezione ribosomiale (viene alterato il sito di legame del farmaco).
Il cloramfenicolo viaggia poco legato alle proteine plasmatiche, ha un ampio volume di
distribuzione, passa la BEE. È metabolizzato dal fegato, viene glucuronoconiugato ed escreto
prevalentemente per via renale. L’unico enzima che lo metabolizza è l’UGT, ma se c’è
insufficienza epatica, la glucuronoconiugazione viene ridotta e quindi bisogna diminuire la dose di
farmaco. Inoltre, nei neonati (UGT poco matura) sia la glucuronoconiugazione che l’escrezione
renale sono inferiori; quindi, c’è un maggior rischio di tossicità e bisogna utilizzare delle dosi più
basse.
Il cloramfenicolo è un inibitore enzimatico: inibisce il CYP2C9 e il CYP2C10 che metabolizzano
(isomero S) Warfarin (reazione avversa: sanguinamento), la fenitoina e alcune Sulfoniluree
(reazione avversa: ipoglicemia), quindi è bene non associare, altrimenti aumentiamo le azioni
avverse di tutti i farmaci.
Cloramfenicolo non deve essere in associazione con il paracetamolo per combattere la febbre.
L’associazione con il paracetamolo (analgesico e antipiretico) è pericolosa poiché il paracetamolo
inibisce il metabolismo del cloramfenicolo e quindi l’associazione determina un aumento del
rischio di effetti collaterali del Cloramfenicolo.
Effetti collaterali Cloramfenicolo
Si possono avere reazioni di ipersensibilità, che possono essere anche molto gravi. Possono
causare anche sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica tossica, reazioni molto gravi.
Può portare alla sindrome di Jarish-Herxheimer che è causata dalla lisi del microrganismo contro
cui è diretto il Cloramfenicolo (soprattutto dalla lisi di Salmonella, Brucella e T. Pallidum) che
provoca il rilascio in circolo delle tossine batteriche che causano una reazione allergica di Jarish-
Herxheimer che può essere fatale.
Il secondo tipo di effetti collaterali è rappresentato dalle discrasie ematiche. Il cloramfenicolo può
causare:
- Anemia emolitica in soggetti con favismo;
- Anemia dose-dipendente, per blocco della sintesi ribosomiale dei mitocondri umani. Tra
gli enzimi prodotti dai ribosomi mitocondriali c’è una ferrochetolasi, che è l’ultimo enzima
nella maturazione dell’eritrocita; quindi, questo non è prodotto e abbiamo anemia. Si ha una
forte soppressione di questo tipo se la concentrazione plasmatica del farmaco supera i 25
μg/ml. In questo caso avremo leucopenia e trombocitopenia;
- Anemia aplastica, dose-indipendente, comporta la riduzione di cellule sia della linea bianca
che della linea rossa. Potrebbe avere come causa la presenza di un nitrogruppo nella
molecola del cloramfenicolo, che viene ridotto ad ammina a livello intestinale. Però
l’anemia aplastica si verifica anche dopo somministrazione parenterale (questo fa sorgere
dubbi sul ruolo del nitrogruppo poiché la riduzione avviene a livello intestinale; quindi,
questa complicazione dovrebbe insorgere solo quando somministrato per os, cosa che in
Italia non facciamo). Se insorge dopo almeno 2 mesi dall’inizio della terapia con
cloramfenicolo aumenta il rischio che questa possa essere fatale;
- Sindrome del bambino grigio, dovuta alla riduzione della metabolizzazione del
cloramfenicolo nei neonati e nei bambini. Nei neonati non si possono somministrare più di
25 mg/kg e nei bambini la dose massima è 50 mg/kg. Le manifestazioni cliniche sono
vomito, distensione addominale, colorito grigiastro per cianosi, ipotonia muscolare,
ipotermia, debolezza ed incapacità di nutrirsi (il neonato non si attacca al seno). Nel 40% dei
casi la prognosi è infausta. Questa stessa sindrome può verificarsi anche nell’adulto se
vengono somministrate dosi troppo alte di cloramfenicolo o se il paziente ha insufficienza
epatica;
- Neurite ottica (riduzione della vista), è un effetto collaterale grave ma raro;
- Se dato per os (da noi non esiste più) causa disturbi del tratto GI, quali nausea, vomito,
disgeusia (alterazione del gusto) e diarrea;
- Come tutti gli inibitori della 50S, per blocco della sintesi mitocondriale, causa acidosi
lattica, depressione midollare, neuropatie periferiche, che possono portare ad
offuscamento della vista e parestesie sensitive.
Aminoglicosidi (AG)
Sono prodotti da actinomiceti, esistono aminoglicosidi naturali e derivati semisintetici. Sono
costituiti da un aminociclotolo (un composto ciclico, cicloesano a 6 atomi di C che ha un
sostituente amminico NH2 e un OH) legato con un legame glicosidico a 2 o più aminozuccheri. Gli
aminozuccheri sono legati tra loro con legami glicosidici.
A seconda del tipo di aminozucchero contenuto nell’aminoglicoside abbiamo due sottogruppi di
AG:
 aminozucchero = streptidina, l’AG è la Streptomicina (uno dei primi antibiotici ad essere
messo in commercio; è stato il primo antibiotico per la cura della tubercolosi);
 aminozucchero = deossistreptamina, abbiamo tutti gli altri AG.
Gli aminoglicosidi sono antibiotici concentrazione-dipendenti (mentre i beta-lattamici sono
tempo-dipendenti), ovvero si somministrano per un breve periodo ad alte dosi, non si fa mai una
terapia troppo prolungata perché aumenterebbero troppo gli effetti collaterali. Gli aminoglicosidi,
pur appartenendo alla classe degli inibitori della sintesi proteica, che normalmente è caratterizzata
dall’essere parte degli antibiotici batteriostatici (MIC e MBC molto diversi tra di loro), presentano
valori di MIC e MBC simili e quindi sono battericidi. Gli aminoglicosidi sono dotati di effetto
post-antibiotico (PAE). Questi antibiotici sono attivi solo nei confronti dei microrganismi aerobi,
gli anaerobi facoltativi in condizioni anaerobiche e gli anaerobi obbligati non sono quindi
sensibili.
Microrganismi sensibili: batteri gram– aerobi, Enterobacteriacee tutte sensibili tranne
Acinetobacter baumanii, cocchi gram– (Neisserie) sono sensibili con una certa variabilità, quindi
possono sviluppare un certo grado di resistenza. I batteri gram+ aerobi sono poco sensibili, e non
si deve mai utilizzare un AG in monoterapia per un’infezione da batteri gram+; gli AG si
utilizzano nelle infezioni da gram+ aerobi sempre in combinazione con un antibiotico di un altro
gruppo, ad esempio in combinazione con gli antibiotici beta-lattamici oppure con i glicopeptidi.
Quando somministrati in associazione, gli AG funzionano contro: Stafilococchi, Streptococco
viridans, Enterococchi, Listerie.
Sempre in combinazione con altri antibiotici, gli AG funzionano anche nei confronti dei
micobatteri, come Mycobacterium tuberculosis (agente eziologico della tubercolosi, ricorda:
Streptomicina, primo antibiotico contro la tubercolosi). Gli AG non sono attivi contro le
spirochete, i micoplasmi, le clamidie e gli altri streptococchi (ad eccezione del viridans citato
prima). Gli AG vanno usati in politerapia solo per il trattamento di alcune infezioni gravi che
richiedono l’utilizzo di particolari combinazioni di antibiotici, come le endocarditi batteriche.
Uso degli AG contro l’Enterococco faecalis e faecium: E. faecalis è più comune, è ancora molto
sensibile alle penicilline, e, in alcuni casi, può essere resistente agli aminoglicosidi (nel 44% dei
casi); E. faecalis è uno degli agenti eziologici dell’endocardite per la quale è necessaria una
politerapia basata su due antibiotici (beta-lattamina in particolare penicilline + aminoglicosidi).
Nell’ endocardite se E. faecalis è sensibile agli AG, la combinazione utilizzata è: amoxicillina
(aminopenicillina) + gentamicina (aminoglicoside); se E. faecalis è resistente agli aminoglicosidi,
oppure il paziente non può assumere aminoglicosidi a causa dei loro effetti collaterali (che sono
principalmente a carico di rene e orecchio), sempre per il trattamento dell’endocardite si fa una
terapia che comporta l’associazione di amoxicillina con una cefalosporina di terza generazione
come il ceftriaxone. Quando si mette in atto una politerapia, non bisognerebbe usare
antibiotici che hanno lo stesso meccanismo d’azione, in quanto si creerebbe una competizione
tra i due antibiotici, che invece di indurre un’efficacia maggiore, determinerebbe un’efficacia
minore. Allora perché somministrare amoxicillina + ceftriaxone che hanno lo stesso meccanismo
d’azione? Perché legano PBP diverse e quindi il fine di questa terapia è quello di saturare tutte le
PBP, legando tutte le diverse PBP, in modo da indurre più facilmente la morte del microrganismo.
E. faecium è molto raro (5% delle infezioni) e rappresenta un problema perché è molto resistente
agli AG (70% dei ceppi sono resistenti), in più E. faecium è anche resistente alle Penicilline (80%
dei ceppi sono resistenti) e alla Vancomicina (18%). Nelle endocarditi da E. faecium, non si può
utilizzare la combinazione di beta-lattamine, né gli aminoglicosidi; se E. faecium è resistente alle
penicilline, non è contemporaneamente resistente alla vancomicina e viceversa, quindi è sempre
possibile o utilizzare una penicillina o la vancomicina, in combinazione con un secondo farmaco
(che vedremo in seguito).
Farmacocinetica
Sono policationi, quindi idrosolubili, hanno carattere basico e funzionano al meglio in presenza di
un pH alcalino; non possono essere somministrati per os, perché non essendo lipofili non
verrebbero assorbiti, vengono quindi somministrati per via parenterale, fatta eccezione per le
condizioni in cui si vuole che l’antibiotico non venga assorbito, ad esempio per un’infezione
gastrointestinale (impieghi locali nell’intestino), allora è consentita la somministrazione per os.
Sono poco legati alle proteine plasmatiche, tranne la Streptomicina, e quindi non provocano
fenomeni di spiazzamento. Hanno un volume di distribuzione simile a quello dell’acqua
interstiziale, quindi si localizzano preferenzialmente a livello tissutale, accumulandosi a livello
dell’orecchio interno, nella perilinfa e nell’endolinfa  sono infatti ototossici; si accumulano
anche nella corticale del rene  nefrotossici. In caso di infiammazione delle meningi, riescono a
penetrare nel SNC; in presenza di processi infiammatori penetrano anche nella cavità peritoneale e
pericardica, e quindi in tal caso possono essere impiegati per le infezioni che si localizzano in
queste aree. Hanno una breve emivita (2-3 ore), ma nel neonato l’emivita è molto più lunga: nella
prima settimana di vita se il neonato pesa meno di 2 Kg, l’emivita è di 8-11 ore, se pesa più di 2 Kg,
l’emivita è di 5 ore, perciò la posologia nel neonato sarà diversa rispetto alla posologia nel bambino
più grande. Alcuni aminoglicosidi si utilizzano nella terapia della fibrosi cistica (patologia che
colpisce soprattutto le vie respiratorie, i polmoni e il pancreas; insorge fin dalla prima infanzia,
provoca infezioni ricorrenti). L’emivita degli AG nella terapia della fibrosi cistica si riduce e quindi
bisogna somministrare delle dosi più alte. Gli AG sono poco metabolizzati e sono principalmente
escreti dal rene per filtrazione glomerulare e in minor misura attraverso il trasporto tubulare,
vengono in minima parte escreti attraverso il fegato. Gli aminoglicosidi non devono essere mai
messi nella stessa sacca di fleboclisi o nella stessa siringa insieme alle penicilline perché
penicilline inattivano gli aminoglicosidi in vitro; quindi, in caso di politerapia penicilline +
aminoglicosidi devono essere somministrati al paziente separatamente.
Meccanismo d’azione
Sono inibitori della sintesi proteica, quindi devono entrare nel citosol del batterio, fanno ciò
attraversando la membrana esterna del batterio tramite i pori. Una volta arrivati a livello della
membrana interna, per attraversarla hanno bisogno di un trasporto attivo (che necessita il consumo
di ATP) che dipende dal gradiente elettrico transmembrana. Questo particolare tipo di trasporto
viene inibitoS: in mancanza di ATP, in condizioni di iperosmolarità, in condizioni di basso pH, in
anaerobiosi (se manca l’ossigeno non si produce ATP e quindi si blocca il trasporto ATP-
dipendente) e in presenza di alte concentrazioni di ioni calcio e magnesio. In queste condizioni
l’antibiotico non riesce ad attraversare la membrana interna del batterio e quindi non ha effetto,
oppure agisce di meno. Gli AG, quindi, non funzionano nelle infezioni in cui i microrganismi
patogeni si ritrovano in ambienti con bassa tensione di ossigeno, come ad esempio negli ascessi;
perciò, negli ascessi non si possono somministrare gli aminoglicosidi. Le infezioni urinarie molto
spesso sono caratterizzate da urine acide e iperosmolari, e quindi gli aminoglicosidi dati per
contrastare le infezioni urinarie complicate possono avere meno efficacia.
Gli AG, una volta penetrati all’interno del citosol del microrganismo, agiscono bloccando la
subunità ribosomiale 30S legandosi ad essa.
Il legame alla subunità ribosomiale 30S può determinare: formazione di complessi tra l’AG e il
complesso d’inizio della traduzione  blocco della traduzione dell’mRNA; oppure nel caso in cui
la traduzione dell’mRNA sia già iniziata, il legame dell’aminoglicoside alla subunità 30S determina
l’interruzione prematura della traduzione e così non viene tradotto integralmente l’mRNA.
Oppure il legame dell’AG alla subunità 30S può determinare misreading, ovvero errata lettura
dell’mRNA con produzione di proteine anomale e non funzionanti; molto spesso le proteine
anomale sono proteine di membrana e se queste vengono inserite in membrana, causano
un’alterazione a livello della membrana, aumentandone la permeabilità. L’aumento della
permeabilità della membrana batterica migliora la penetrazione dell’aminoglicoside all’interno del
microrganismo e causa la lisi osmotica e quindi la morte del batterio.
Gli aminoglicosidi, diversamente dagli altri antibiotici inibitori della sintesi proteica (che sono
batteriostatici), sono batterici.
Classificazione degli aminoglicosidi:
1° gruppo: Neomicina e Paromomicina; molto tossici, non si somministrano mai per via
sistemica, per uso unicamente topico; si utilizzano:
 nelle infezioni intestinali dati per os (essendo policationi non vengono assorbiti e
rimangono nel tratto intestinale, agiscono localmente a livello intestinale e poi vengono
escreti dal rene);
 per sterilizzare l’intestino dei pazienti che si devono sottoporre ad operazioni chirurgiche
a livello addominale (i pazienti che devono subire chirurgia addominale devono avere il
campo chirurgico sterilizzato per evitare che i batteri della flora batterica intestinale, in
seguito alla lesione operata dal chirurgo, vadano in circolo e provochino infezioni 
somministrazione antibiotici prima dell’operazione; si usa soprattutto la Neomicina per os
per sterilizzare l’intestino);
 come adiuvanti nel coma epatico: per grave insufficienza epatica, si formano delle
anastomosi porta-cava inferiore per bypassare il fegato; il sangue e tutto ciò che è disciolto
nel sangue e che si trova nella vena porta, invece di andare al fegato, si riversa nella vena
cava inferiore e da qui nella circolazione sistemica; i batteri del microbiota intestinale
producono ammoniaca, e, se questa raggiunge il SNC, è tossica; se il filtro epatico viene
saltato in caso di presenza di shunt porta-cava, l’ammoniaca può raggiungere il SNC
causando coma epatico. Somministrando antibiotici che permangono a livello dell’intestino
si sterilizza il tratto gastrointestinale per far sì che i batteri presenti muoiano e non possano
produrre sostanze tossiche;
 per instillazione vescicale nei pazienti cateterizzati, ovvero possono essere immessi
direttamente in vescica attraverso un catetere nei pazienti che per lesioni spinali sono
cateterizzati perché non riescono ad urinare spontaneamente; ciò per evitare infezioni
vescicali e urinarie e per sterilizzare.
La Paromomicina è attiva nei confronti di alcuni parassiti come Leishmania, Entamoeba
histolytica, Giardia e Cryptosporidium parvum, quindi può essere utilizzata nelle amebiasi
intestinali, caratterizzate da megacolon (ingrandimento del colon) e diarrea, nella Leishmaniosi
viscerale che è caratterizzata da epatosplenomegalia, febbre, pancitopenia e può essere grave se il
paziente non viene trattato prontamente, nella Leishmaniosi cutanea che si manifesta con ulcere o
noduli non dolorosi e nei pazienti immunodepressi perché assumono farmaci immunosoppressori
(es. trapiantati) o farmaci oncologici. Anche la Paromomicina non viene assorbita e rimane a livello
dell’intestino.
Tra Neomicina e Paromomicina, la più utilizzata è la Neomicina, che si trova in commercio
insieme ad altri antibiotici e combinata con sulfamidici o cortisonici. Le formulazioni in commercio
della Neomicina sono: il Bimixin  antibiotico usato per infezioni intestinali in cui la Neomicina è
accoppiata alla bacitracina (la Neomicina agisce principalmente sui gram– e la bacitracina agisce su
gram+ e gram-), il Cicatrene  antibiotico per via cutanea che viene usato sulle ferite per
eliminare la contaminazione batterica delle ferite e facilitarne la rigenerazione, lo Streptosil 
antibiotico sotto forma di polvere dermatologica, combinazione di Neomicina e sulfatiazolo
(sulfamidico), si utilizza per le infezioni cutanee superficiali, il Desamix  combinazione di
Neomicina e desametasone (cortisonico, potente anti-infiammatorio e immunosoppressore), crema
dermatologica che si utilizza per le infezioni batteriche associate ad infiammazione o ad allergia.
2° gruppo: Gentamicina, Tobramicina, Sisomicina
A questo gruppo appartengono gli aminoglicosidi più potenti, ovvero quelli che si utilizzano a dosi
più basse. Vengono somministrati per via parenterale o per via topica sotto forma di pomate, ad
esempio la Gentamicina esiste sotto forma di Gentalyn, pomata che si usa per le infezioni cutanee.
Si utilizzano per via parenterale per le infezioni gravi, soprattutto da batteri gram- come le
Enterobatteriacee. Si possono utilizzare anche per le infezioni delle alte vie urinarie (pielonefriti),
per le infezioni delle basse vie respiratorie (polmoniti comunitarie e nosocomiali) e per endocarditi
e meningiti (in politerapia).
La Gentamicina è uno degli aminoglicosidi più utilizzato in terapia, si può somministrare
intramuscolo, per via endovenosa, per via oftalmica per le infezioni oculari e per via topica per le
infezioni cutanee; è l’antibiotico di elezione per la co-somministrazione con beta-lattamine, quali
penicilline (amoxacillina + gentamicina).
Il batterio Pseudomonas aeruginosa è sensibile agli AG di 2° gruppo: il più efficace contro di esso
è la Tobramicina, seguita dalla Sisomicina e infine dalla Gentamicina.
La Tobramicina non è attiva verso i gram+ come Enterococchi e non è attiva nei confronti dei
micobatteri; è formulata per via inalatoria e si utilizza nella fibrosi cistica (dove si hanno molto
frequentemente super-infezioni batteriche che causano polmonite, tra i batteri più frequentemente
coinvolti c’è P. aeruginosa). La somministrazione per via inalatoria consente che essa sia più attiva
e arrivi in maggiore quantità nelle vie respiratorie dove deve agire. La Tobramicina è anche molto
utilizzata nei colliri per le infezioni oculari.
Sisomicina e Gentamicina sono molto attive nei confronti della Serratia Marcescens che dà
infezione delle vie urinarie, infezioni intestinali e raramente polmoniti.
La Serratia Marcescens si chiama così perché marcisce; è un batterio che predilige gli amidi e gli
ambienti caldo-umidi e in queste condizioni è in grado di colonizzare il pane; marcendo produce un
pigmento rosso che poi si liquefà formando una mucillagine rossa.
3° gruppo: appartengono a questo gruppo Amikacina e la Kanamicina.
Amikacina: è un aminoglicoside importante perché è quello con meno resistenze batteriche, ha
uno spettro che è esteso a Serratia, Proteus, P. aeruginosa, Klebsiella, Enterobacter ed E. coli
resistenti a Tobramicina e Gentamicina. Gli enterococchi non rispondono (in questo caso bisogna
utilizzare preferibilmente la Gentamicina). L’Amikacina è anche attiva nei confronti del
Mycobacterium tuberculosis resistente alle terapie di prima linea per la tubercolosi (per quanto
riguarda la tubercolosi ci sono molte resistenze verso i farmaci di prima linea, in questi casi si può
usare l’Amikacina).
Kanamicina: è poco utilizzata perché molto tossica, oggi si usa quasi esclusivamente nella
tubercolosi in cui il micobatterio è resistente a molti farmaci.
4° gruppo: Netilmicina e Isepamicina
Sono antibiotici molto attivi verso i batteri gram- (quindi verso tutte le Enterobacteriaceae), e
hanno poche resistenze e meno effetti collaterali rispetto agli altri aminoglicosidi.
Fuori gruppo:
Fa gruppo a sé la Streptomicina, è stato il primo aminoglicoside messo in commercio, ma oggi si
utilizza molto poco perché molto tossica. Presenta un’importante tossicità a livello dell’apparato
vestibolare dell’orecchio e a livello del sistema nervoso periferico (può dare neurite periferica). Si
può utilizzare:
 se c’è resistenza alla Gentamicina, in associazione alla Penicillina nell’endocardite da
enterococco;
 nella tubercolosi quando il micobatterio è molto resistente e gli altri farmaci non
funzionano;
 nella peste;
 nella tularemia (causata dalla Francisella Tularensis) se la Gentamicina non funziona.
Meccanismi di resistenza
Anche nei confronti degli aminoglicosidi purtroppo sono sorti dei meccanismi di resistenza:
1) Il più frequente è quello mediato dall’inattivazione dell’antibiotico. È una resistenza che si
acquisisce attraverso i plasmidi, quindi una resistenza orizzontale molto veloce da
trasmettere. Consiste nella sintesi di enzimi che metabolizzano e inattivano l’antibiotico
mediante acetilazione, fosforilazione o adenilazione, a seconda del tipo di antibiotico. Per
esempio, i batteri che hanno una resistenza alla Gentamicina spesso hanno anche resistenza
crociata ad altri aminoglicosidi come la Tobramicina, Amikacina, Kanamicina e
Netilmicina. Questo è un problema perché impedisce l’utilizzo di quasi tutti gli
aminoglicosidi, tuttavia, la Streptomicina non è coinvolta in questo tipo di resistenza e può
quindi essere utilizzata.
2) Il secondo meccanismo di resistenza è la modifica del target, quindi della subunità 30S
ribosomiale: vengono modificate le proteine che la formano. È una resistenza sviluppata nei
confronti della Streptomicina da E. coli e Pseudomonas aeruginosa, fortunatamente non si
sviluppa nei confronti della Gentamicina e quindi questo rende sempre possibile lo scambio
tra Streptomicina e Gentamicina.
3) Il terzo meccanismo di resistenza è quello di impedire all’antibiotico la penetrazione nella
cellula batterica, per esempio i gram- lo fanno stringendo i pori.
Effetti avversi
Gli aminoglicosidi AG hanno alcuni effetti avversi che ne limitano l’utilizzo in terapia: sono tossici
per il rene e in particolare per l’orecchio, per questo se ne sconsiglia l’uso nei soggetti con più di
65 anni perché questi pazienti tendono già a perdere un po’ l’udito e il rene inizia a funzionare di
meno. L’ototossicità è sia vestibolare che uditiva, quindi coinvolge entrambi gli apparati:
vestibolare e cocleare.
La tossicità vestibolare consiste nell’alterazione dell’endolinfa e perilinfa, questo è possibile
perché gli aminoglicosidi finiscono all’interno di endolinfa e perilinfa e danneggiano la
trasmissione alle ciglia; questa ototossicità è preceduta da cefalea ed è seguita da tinnito.
Nella tossicità uditiva si assiste ad una degenerazione delle ciglia e dei neuroni cocleari: il primo
sintomo è un acufene acuto, lo sviluppo di questa tossicità è particolare perché gli aminoglicosidi
danneggiano in un primo momento la parte bassa dell’orecchio dove vengono processate le alte
frequenze e solo in un secondo momento danneggiano la porzione alta della coclea dove vengono
processate le basse frequenze; noi nella vita di tutti i giorni utilizziamo le basse frequenze quindi il
paziente si accorge tardi che il suo udito sta diminuendo. Poiché vengono danneggiate le
terminazioni del nervo acustico, questo tipo di ototossicità è irreversibile.
Gli aminoglicosidi più tossici per l’orecchio sono la Neomicina, la Amikacina e la Kanamicina,
questi danno una tossicità principalmente di tipo uditivo in un’alta percentuale dei pazienti trattati
(20-25%) che può manifestarsi anche dopo la cessazione della terapia; la Gentamicina e soprattutto
la Streptomicina danno tossicità vestibolare, la Tobramicina può dare entrambe.
Per quanto riguarda la nefrotossicità, l’8-25% dei pazienti trattati con aminoglicosidi sviluppa
un’insufficienza renale lieve anch’essa caratteristica per il modo in cui si sviluppa: pensando a
un’insufficienza renale si pensa ad una riduzione della diuresi, mentre all’inizio la nefrotossicità da
aminoglicosidi non è oligurica perché questi competono con l’ormone antidiuretico, ovviamente
con il perdurare del danno il rene non è più in grado di filtrare e quindi si avrà oliguria.
Gli aminoglicosidi che causano nefrotossicità sono Neomicina e Gentamicina, meno la
Streptomicina.
Poiché sono ototossici e nefrotossici non possiamo associarli ad altri farmaci che condividono lo
stesso tipo di tossicità, tra questi:
- farmaci antineoplastici come il cisplatino che è tossico sia per il rene che per l’orecchio;
- la vancomicina e i glicopeptidi, ototossici e nefrotossici; purtroppo è un’associazione
utilizzata nell’endocardite batterica sostenuta da batteri resistenti alle beta-lattamine, e
questo aumenta molto il rischio di tossicità
- la ciclosporina che è un immunosoppressore, nefrotossico;
- gli antipertensivi come gli ACE inibitori, nefrotossici;
- l’Amfotericina B, antifungino nefrotossico.
Terzo tipo di tossicità caratteristica degli aminoglicosidi è la tossicità acuta per la placca
neuromuscolare e la possibilità di indurre apnea.
Per la tossicità della placca neuromuscolare la Neomicina si classifica al primo posto, seguita da
Kanamicina, Amikacina, Gentamicina e Tobramicina.
Bisogna stare attenti a dare gli aminoglicosidi insieme a miorilassanti o anestetici perché si ha
un potenziamento dell’effetto e non bisogna utilizzarli nei pazienti con miastenia grave.
Infine, gli aminoglicosidi possono dare delle rare reazioni di ipersensibilità.
Inibitori della subunità ribosomiale 50S
Macrolidi
I macrolidi, diversamente dal Cloramfenicolo, anch’esso facente parte degli inibitori della 50S,
sono degli antibiotici molto utilizzati.
Sono dei lattoni ciclici coniugati con dei deossizuccheri; si chiamano Macrolidi perché la
molecola è formata da molti cicli, quindi è un macrociclo, e vengono classificati in base al numero
di atomi di carbonio dei lattoni ciclici: i principali sono quelli a 14 e 15 atomi di C.
Tra i Macrolidi a 14 atomi di C abbiamo:
Eritromicina (un prodotto naturale dello Streptomyces erythreus);
Claritromicina(il nome commerciale è Klacid, terapia 5-14giorni).
Tra i Macrolidi a 15 atomi di C: Azitromicina (nome commerciale Zitromax).
Oltre che per il numero di atomo di carbonio, questi tre antibiotici differiscono perché la
Claritromicina e l’Azitromicina, grazie ai sostituenti che presentano sulla struttura di base, hanno
maggiore stabilità in ambiente acido e quindi maggiore capacità di diffondere nei tessuti e anche
maggiore spettro d’azione.
La Claritromicina e l’Azitromicina si distinguono per la durata della terapia: con la prima la
terapia va da un minimo di 5 a un massimo di 14 giorni, con la seconda la terapia è più breve,
dura 3 giorni o in alcuni casi si fa terapia one shot (singola somministrazione). Tra i macrolidi
un’eccezione è quella dei Ketolidi, Macrolidi con 14 atomi di C che hanno un gruppo chetonico in
C3 e un gruppo carbammato tra C11 e C12; oggi non sono più in commercio a causa degli effetti
collaterali troppo gravi.
Sono molto utilizzati, anche in pediatria, perché hanno un buon profilo di sicurezza anche se sono
insorte delle resistenze che oggi ne limitano l’uso per alcuni microorganismi.
Meccanismo d’azione
Si legano alla subunità ribosomiale 50S nello stesso sito dove si legano il Cloramfenicolo e i
Lincosamidi. Legandosi tutti allo stesso sito non devono essere somministrati insieme altrimenti ci
sarebbe competizione e la terapia funzionerebbe meno.
Spettro d’azione
I macrolidi sono attivi nei confronti dei batteri intracellulari obbligati, è sensibile anche il
Micoplasma (intracellulare facoltativo) e Legionella pneumophila, causa di polmonite.
Tra i cocchi gram+:
 gli streptococchi sono sensibili, tranne lo pneumococco MDR;
 gli stafilococchi sono resistenti.
Tra i bacilli gram+:
 sono efficaci associati all’antitossina difterica, in caso di persone non vaccinate infettate da
C. diftheriae;
 sono attivi nei confronti della Listeria, ma si preferisce l’Amoxicillina;
 sono attivi nei confronti dei Clostridi (in particolare C. perfringens e C. tetani).
Per i bacilli gram-:
 tutte le Enterobacteriaceae.
Per i cocchi gram-:
 la Neisseria gonorrhoeae è sensibile e la Neisseria meningitidis è sempre resistente;
 Moraxella catarrhalis: alcuni ceppi sono sensibili altri resistenti.
Tra le Pasteurellaceae:
 Bordetella pertussis (verso la quale abbiamo una vaccinazione generale, quindi è difficile
che ci sia questa infezione) i macrolidi rappresentano la prima scelta.
 Pasteurella multocida (coccobacillo gram- che infetta gli animali da compagna, i quali,
mordendo l’uomo causano la pasteorellosi: un’infezione che si sviluppa soprattutto a livello
delle articolazioni e delle ossa, ma anche a livello delle valvole cardiache, può dare
endocardite). Negli animali si usano i macrolidi, nell’uomo le penicilline;
 H. influenzae è in parte sensibile e in parte resistente ai macrolidi, tra questi si preferisce
Azitromicina.
Tra le spirochete:
 Borrelia, agente eziologico della sifilide, è sensibile. Si possono usare i macrolidi nella
sifilide primarie (non nella neurosifilide), se il paziente è allergico alle Penicilline (=
antibiotici di prima scelta).
Infine, i macrolidi sono attivi nei confronti di un micobatterio atipico che causa una forma di
tubercolosi diversa da quella causata da M. tuberculosis; questo batterio è normalmente non
patogeno nell’individuo sano, ma diventa patogeno nell’immunodepresso (prima che ci fosse una
terapia efficace, era molto comune nei soggetti con HIV). Si tratta del Mycobacterium Avium
Complex, che causa una tubercolosi molto difficile da eradicare che necessita spesso di una terapia
a vita.
Indicazioni
Si utilizzano:
- Nelle infezioni del tratto respiratorio superiore (tonsilliti, faringiti, sinusiti batteriche) in
alternativa agli antibiotici β-lattamici (la prima scelta sono i β-lattamici, se c’è allergia allora
si usano i macrolidi);
- Per le otiti (le otiti medie acute sono molto frequenti nei bambini e possono essere curate
con i macrolidi);
- Per le infezioni del tratto respiratorio inferiore (polmonite comunitaria, mentre quella
nosocomiale è di solito causata da batteri che sono resistenti ai macrolidi, però in alcuni
casi, quando si fa una politerapia, i macrolidi possono essere associati ad altri antibiotici
nella terapia nosocomiale);
- Nelle infezioni odontostomatologiche, i dentisti normalmente prescrivono Penicilline o
Macrolidi;
- Nelle infezioni cute e tessuti molli (S. aureus è resistente ai Macrolidi, ma infezioni
sostenute da altri microrganismi gram+ sono sensibili);
- Nelle uretriti non causate dal gonococco (principale agente eziologico), ma da altri
microrganismi (in particolare Chlamydia trachomatis, intracellulare obbligato), i Macrolidi
possono essere usati; in particolare si utilizza Azitromicina one shot. Se l’uretrite è da
Chlamydia, le cefalosporine (Ceferome) non possono essere utilizzate perché non attive nei
confronti degli intracellulari obbligati.
- I Macrolidi sono attivi nei confronti di Haemophilus ducrei, agente eziologico dell’ulcera
molle (ulcera genitale che si associa a linfoadenopatia); in questo caso si utilizza
Azitromicina one shot.
- Sono utilizzati nel protocollo farmacologico impiegato per l’eradicazione di Helicobacter
pylori (agente eziologico dell’ulcera peptica). Per eradicarlo si fa una politerapia, che dura
circa 2 settimane, in cui si associa un Macrolide che è la Claritromicina ad una Penicillina
che è l’Amoxicillina, insieme ad un inibitore di pompa protonica: Omeprazolo (farmaco
che blocca la pompa che trasporta H nel lume gastrico, acidificandolo), questo alza il pH
gastrico perché per eradicare H. pylori serve un ambiente non troppo acido.
Meccanismi di resistenza
Sono emerse delle resistenze nei confronti dei Macrolidi, i meccanismi individuati sono
principalmente tre:
1. Modificazione del target: il target è la subunità 50S, e i batteri hanno imparato a metilarla nel
sito dove si legano i Macrolidi in modo che essi non possano più legarsi.
Questo tipo di resistenza è denominata fenotipo MLSB perché conferisce residenza a Macrolidi,
Lincosamidi e Streptogramine B.
2. Espressione di pompe da efflusso: la glicoproteina P butta fuori l’antibiotico e gli impedisce di
agire, questo tipo di resistenza è chiamato fenotipo M ed è posseduta dagli Stafilococchi, dallo
Pneumococco e dallo Streptococcus pyogenes.
3. Espressione di enzimi: le Enterobacteriacee sintetizzano delle esterasi che inattivano i
Macrolidi.
Ketolidi: costituiscono un sottogruppo di Macrolidi, erano stati messi in commercio (rappresentati
unicamente dalla Telitromicina), per superare alcune di queste resistenze; infatti, la Telitromicina
legava la subunità 50S in un sito diverso dagli altri Macrolidi che non viene metilato. Tuttavia, è
stata ritirata dal commercio per tossicità epatica.
I principali macrolidi sono quindi eritromicina, claritromicina e azitromicina.
Eritromicina: è una base che viene assorbita in modo incompleto quando somministrata per os, è
acido-labile, perciò viene in parte distrutta nello stomaco; è presente sottoforma di compresse
gastroresistenti che permettono all’eritromicina di dissolversi solo nel duodeno, va somministrata
lontana dai pasti.
Altre formulazioni sono gli esteri dell’eritromicina: Stearato, Estolato (epatox), Etilsuccinato,
Lattobionato per via endovenosa; tra queste l’Eritromicina Estolato è la più tossica, tutti gli esteri
tranne il Lattobionato (che può essere dato solo per via endovenosa) si danno sia per via
intramuscolare che endovenosa, tutti sono influenzati dal cibo e vanno somministrati lontani dai
pasti tranne il Lattobionato.
L’eritromicina si distribuisce bene nell’organismo, ha un buon volume di distribuzione, tuttavia,
non passa la BEE, è legata alle proteine plasmatiche, ma non in maniera significativa da dare
fenomeni di spiazzamento (ad eccezione dalla forma di Eritromicina Estolato che è molto legata,
per il 96%), ha una breve emivita e quindi necessita di più somministrazioni giornaliere (di solito 3
nelle 24h). Una volta somministrata si concentra nel fegato, viene metabolizzata dal CYP3A4 e
viene escreta nella bile.
L’Eritromicina, così come la claritromicina, è un importante inibitore enzimatico, inibisce molti
enzimi metabolici, quindi bisogna stare attenti alle interazioni con altri farmaci metabolizzati dagli
enzimi del CYP o di fase 2.
Claritromicina: a differenza dell’eritromicina è assorbita rapidamente ma, se data per os, è
soggetta a metabolismo di primo passaggio, quindi la sua biodisponibilità per os è solo del 50%;
esistono delle forme a rilascio prolungato che devono essere somministrate con il cibo.
Si distribuisce molto bene, si ritrova anche nell’orecchio medio quindi si utilizza nelle infezioni
dell’orecchio, ha una breve emivita, ma il suo metabolita (il 14-OH-claritromicina) è attivo e
questo prolunga l’emivita totale del farmaco. Tale emivita rende possibile una posologia di 2
somministrazioni nelle 24h. La Claritromicina viene escreta prevalentemente dal rene.
Azitromicina: dev’essere somministrata lontano dai pasti, è assorbita molto velocemente, ma ha
una bassa biodisponibilità per os, quindi viene data a dosi elevate. Si distribuisce bene
nell’organismo, ma non arriva nel SNC, è poco metabolizzata e, diversamente da Eritromicina e
Claritromicina, non è un inibitore di enzimi metabolici. Ha l’emivita più lunga tra i macrolidi (1
somministrazione nelle 24h) ed è escreta prevalentemente con la bile.
Effetti avversi
I macrolidi sono in genere ben tollerati, tant’è vero che si utilizzano in molte terapie. Gli effetti
avversi più comuni sono:
- disturbi gastrointestinali (nausea, crampi addominali); in particolare l’Eritromicina può
dare spiccati dolori epigastrici e crampi addominali perché interferisce con la motilina
(proteina che controlla la contrazione della muscolatura liscia intestinale); l’eritromicina può
anche dare stenosi del piloro.
- a livello epatico dopo 10-20 gg dall’inizio della terapia con Eritromicina si può avere
epatite colestatica, reversibile interrompendo la terapia; questo è un effetto molto meno
frequente con Claritromicina e Azitromicina.
- reazioni di ipersensibilità, sono molto meno frequenti rispetto ai beta-lattamici e sono
principalmente rappresentate da eruzioni cutanee che possono essere associate a febbre ed
eosinofilia.
- alte dosi di Macrolidi possono causare alterazioni dell’udito e tinnito.
- prolungamento del QT corretto (QTc) e quindi favoriscono, in alcune condizioni,
l’insorgenza di alcune forme di aritmie. Questo non avviene se il macrolide non è
somministrato con altri farmaci con simile effetto.
Lincosamidi
Altri antibiotici inibitori della subunità 50S sono i Lincosamidi, di questo gruppo l’unico
antibiotico principale che si utilizza è la Clindamicina, già citata perché è l’antibiotico che più
frequentemente causa colite pseudomembranosa.
Meccanismo d’azione e farmacocinetica
La clindamicina è attiva verso i microorganismi anaerobi, soprattutto se questi sono gram-. Il
meccanismo d’azione è lo stesso degli altri antibiotici inibitori della 50S, infatti si lega allo stesso
sito al quale si legano il Cloramfenicolo e i Macrolidi e quindi non devono essere somministrati
insieme.
Viene somministrata per os ed è ben assorbita, può essere anche somministrata come sale per via
intramuscolare e per via endovenosa. Si distribuisce abbastanza bene, raggiunge il tessuto osseo,
ma passa poco nel SNC, ha una breve emivita e deve essere somministrata 4 volte al giorno, è
metabolizzata dal fegato (N-acetilazione e solfoconiugazione) ed escreta sia con la bile che con le
urine.
Indicazioni
È attiva contro i batteri anaerobi gram+, quindi le indicazioni devono essere per quelle patologie
in cui i batteri si ritrovano a bassa tensione d’ossigeno:
- perforazioni intestinali;
- tutti gli ascessi con l’eccezione degli ascessi cerebrali (perché non passa molto nel SNC) ed
è il farmaco di prima scelta per gli ascessi polmonari;
- si utilizza nelle infezioni della cute e dei tessuti molli (molto attiva verso i batteri
responsabili dell’acne vulgaris insieme all’aureomicina);
- osteomielite;
- ha una spiccata attività nei confronti del Pneumocistis carinii, il principale agente
eziologico della polmonite nei soggetti immunodepressi. Un tempo la prima manifestazione
dell’AIDS era proprio questa polmonite, oggi si riscontra meno perché abbiamo dei farmaci
che mantengono l’attività del sistema immune.
- è molto sensibile alla Clindamicina anche il Toxoplasma gondii che causa un’encefalite nei
pazienti immunodepressi e quindi ancora una volta nei paziente affetti da HIV. Nonostante il
Toxoplasma gondii si trovi nel cervello, è così sensibile alla Clindamicina che anche quel
poco antibiotico che riesce a passare la BEE è in grado di eradicarlo;
- tra i clostridi la maggior parte è sensibile con l’eccezione del C. difficile e il C. perfringens.
Il problema con la Clindamicina è che spesso dopo terapia prolungata il paziente sviluppa colite
pseudomembranosa da C. difficile perché tutti gli altri batteri anaerobi gram positivi vengono
eliminati mentre il C. difficile no.
Meccanismi di resistenza
Anche nei confronti della Clindamicina ci sono delle resistenze, il meccanismo è quello
caratterizzato dal fenotipo MLSB (metilazione del sito d’azione della clindamicina, subunità 50S,
che conferisce resistenza crociata a Macrolidi e Streptogramine B oltre che alla Clindamicina).
Effetti collaterali
Per quanto riguarda gli effetti collaterali può dare:
 reazioni allergiche, in particolare dermatite da contatto (soprattutto quando utilizzata con
formulazione topica nella terapia per l’acne), eruzioni cutanee (soprattutto nei pazienti con
HIV);
 disturbi gastrointestinali (nausea, raramente vomito, crampi addominali, colite
pseudomembranosa);
 quando è somministrata per via endovenosa può dare tromboflebite locale;
 se viene somministrata a pazienti che prendono miorilassanti può ulteriormente inibire la
 trasmissione neuromuscolare
Oxazolidinoni
Sono, come i glicopeptidi, degli antibiotici di seconda linea, sono cioè utilizzati solo per batteri
resistenti agli altri farmaci (cosiddetta “ultima spiaggia” della terapia antibiotica).
Sono attivi verso i batteri gram+ resistenti a tutti gli altri antibiotici, in particolare verso
Stafilococcus aureus, epiderdermis meticillino-resistenti (MRSA/MRSE), resistenti anche alla
Vancomicina. Sono attivi nei confronti dello Pneumococco resistente alla Vancomicina e nei
confronti dell’Enterococco resistente alla Vancomicina.
Comprendono il Linezolid e il Tedizolid che si somministrano sia per os che per via endovenosa e
inibiscono la subunità 50S legandola in un sito diverso rispetto agli altri inibitori della 50S e questo
fa sì che ci siano meno resistenze nei loro confronti.
Il Linezolid è indicato nella polmonite nocosomiale e comunitaria e nelle infezioni complicate della
cute e dei tessuti molli da gram positivi.
Si somministra 2 volte nelle 24h (“BID” sta per il latino bis in die, due volte al giorno), circola poco
legato alle proteine plasmatiche e non è metabolizzato da enzimi, ma per semplice ossidazione non
enzimatica, è eliminato con le urine.
Il Tedizolid ha una sola indicazione: quella delle infezioni della cute e dei tessuti molli da gram+,
diversamente da Linezolid circola legato alle proteine plasmatiche e ha un’emivita più lunga, viene
somministrato una volta al giorno (QD sta per il latino quaque die, una volta al giorno), viene
solfoconiugato ed escreto con le feci.
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali sono quelli tipici degli inibitori della subunità 50S; questa subunità è simile
alla subunità ribosomiale dei ribosomi mitocondriali umani e quindi avremo una tossicità che deriva
dalla parziale inibizione anche dei ribosomi mitocondriali umani; per questo meccanismo
avremo: acidosi lattica, altri effetti collaterali possono essere neutropenia, trombocitopenia,
neuropatia e convulsioni.
In particolare, con questi farmaci, si è manifestata una neuropatia grave caratterizzata dalla perdita
irreversibile della vista; questo grave effetto collaterale ha fatto sì che la durata della terapia con gli
Oxazolidinoni fosse accorciata: oggi c’è un massimo di giorni di terapia per evitare la tossicità a
livello dell’acuità visiva. Nel caso del linezolid la terapia non può superare i 28 giorni (in realtà è
preferibile limitarla ad un massimo di 10-14 giorni); per il Tedizolid la terapia non deve superare i 6
giorni.
Entrambi i farmaci sono dei deboli inibitori delle MAO. La co-somministrazione con altri farmaci
che inibiscono le MAO va evitata perché altrimenti i livelli in circolo e nelle terminazioni
sinaptiche delle monoammine che sono metabolizzate dalle MAO (come noradrenalina e
serotonina) crescono e questo causa dei rischi. Quindi Linezolid e Tedizolid:
- non vanno somministrati con gli antidepressivi della classe degli inibitori selettivi della
ricaptazione della serotonina (SSRI) perché in questo caso aumenta la concentrazione di
serotonina libera e quindi c’è rischio di sindrome serotoninergica, tale sindrome è
caratterizzata da disturbi gastrointestinali, danni muscolari, danni al rene e dall’aumento
della temperatura corporea che porta a disidratazione (una condizione pericolosa per la vita
quindi il paziente deve essere reidratato e la temperatura deve essere abbassata).
- Non si associano con farmaci che si utilizzano per la terapia dell’emicrania, i Triptani:
questo perché i Triptani sono agonisti serotoninergici quindi avremmo un potenziamento
della trasmissione serotoninergica con conseguente rischio di sindrome serotoninergica.
- Non si associano con un analgesico, un oppiaceo minore, che è il Tramadolo, perché anche
questo potenzia la trasmissione serotoninergica.
- Non si dovrebbero associare a una dieta con cibi ricchi in Tiramina, che spiazza la
noradrenalina nelle vescicole sinaptiche e quindi causa crisi ipertensive; contenuta nel
cioccolato fondente, nei formaggi stagionati, nel vino rosso, nei crostacei ecc.
Streptogramine
Ultimo gruppo di inibitori della subunità 50S è il gruppo delle Streptogramine, in commercio
abbiamo una formulazione che prende il nome di Synercid.
Il Synercid consiste in una combinazione di due diverse Streptogramine che insieme hanno azione
sinergica:
- La Streptogramina B presente per il 30%, è anche detta Quinupristina e lega il sito dei
Macrolidi sulla subunità 50S;
- La Streptogramina A presente per il 70%, è detta anche Dalfopristina e, legandosi alla
subunità 50S in un sito diverso dalla precedente, facilita il legame della Quinupristina
attraverso un cambiamento conformazionale.
Quindi la Dalfopristina fa in modo che la Quinupristina si leghi meglio e di più e per questo
vengono somministrate insieme.
Spettro d’azione e farmacocinetica
Le Streptogramine sono antibiotici di “ultima spiaggia” attivi nei confronti dei cocchi gram+
resistenti agli altri antibiotici, nei confronti di Legionella, Clamidia e Micoplasma, mentre non
sono attivi nei confronti dei gram-.
Indicazioni
Si utilizzano nelle polmoniti nosocomiali, nelle infezioni acute della cute e dei tessuti molli e nelle
infezioni sostenute da Enterococcus faecium Vancomicina resistente.
Si danno unicamente per via endovenosa attraverso una catetere centrale, non si può utilizzare un
accesso periferico perché è molto alto il rischio di tromboflebiti; la somministrazione per via
endovenosa deve essere lenta e deve durare almeno 1h (sono antibiotici ospedalieri, come anche gli
Oxazolidinoni).
Sono metabolizzati attraverso reazioni di fase II ed escreti con la bile.
Sono inibitori del CYP3A4 e non devono essere associati ad un farmaco antiaritmico molto
efficace che è la Lidocaina perché questa, essendo metabolizzata dal CYP3A4, potrebbe dare effetti
tossici (in particolare i farmaci antiaritmici possono causare aritmie).
Meccanismi di resistenza
Esiste, anche se non ancora molto diffusa, una resistenza mediata da meccanismi diversi a seconda
del tipo di streptogramina:
 La resistenza alla Streptogramina B è quella associata al fenotipo MLSB e alla sintesi di
lattonasi che inattivano l’antibiotico;
 La resistenza alla streptogramina A, invece, è dovuta alla sintesi da parte del batterio di
acetiltransferasi che inattivano l’antibiotico e di pompe d’efflusso.
La resistenza alla combinazione (al Synercid) è sempre mediata dalla resistenza alla
streptogramina A; se la resistenza si manifesta soltanto nei confronti della streptogramina B e in
particolare se è una resistenza mediata dal fenotipo MLSB, allora le Streptogramine che sono
battericide diventano batteriostatiche.
Quindi se c’è resistenza verso streptogramina A, l’antibiotico non funziona, se c’è resistenza nei
confronti della streptogramina B ed è la MLSB, allora l’antibiotico funziona meno.
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali del Synercid sono:
- reazioni allergiche (prurito, rash cutanei, reazioni anafilattiche rare);
- tossicità articolare e muscolare (artralgia e mialgia);
- disturbi gastrointestinali;
- cefalea e insonnia;
- riduzione del numero delle piastrine, neutropenia, eosinofilia;
- può determinare allungamento del QT.

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