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Resistenza agli antibiotici

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La resistenza agli antibiotici, o antibiotico-resistenza, è un fenomeno per il quale un batterio risulta


resistente all'attività di un farmaco antimicrobico.

Indice
Cenni storici
Distinzioni
Abuso degli antibiotici
Principali meccanismi di antibiotico-resistenza
L'antibiogramma
Iniziative contro lo sviluppo delle resistenze
Ricerca
Procalcitonina
Note
Bibliografia
Collegamenti esterni

Cenni storici
Nel 1952 è stato isolato un ceppo di Shigella multi-resistente (tetracicline, streptomicina e sulfamidici)
isolati ceppi multi-resistenti fino a 5 antibiotici. Nel 1959 la resistenza multipla era trasferibile da Shigella ad
E. coli per trasmissione genica.

Negli anni, l'antibiotico-resistenza è diventata sempre più importante, soprattutto per quanto riguarda ceppi
batterici la cui sensibilità a certi farmaci sembrava indiscussa (ad esempio Salmonella e cloramfenicolo);
una delle principali cause di questa tendenza è un uso improprio degli antibiotici[1].

Distinzioni
La resistenza può essere naturale o acquisita:

naturale, come quella dei micoplasmi che, non avendo parete cellulare, hanno una
resistenza verso gli antibiotici che hanno la parete come target specifico (vedi penicilline,
cefalosporine ecc.) o ancora gli enterococchi, che risiedono nel tratto intestinale ed
utilizzano l'acido folico assorbendolo dall'esterno, risultando quindi resistenti ai sulfamidici;
acquisita, che è generalmente scatenata da una precedente esposizione del patogeno
all'antibiotico, e si attua secondo diversi meccanismi di cui i principali sono: la modifica del
target batterico, la produzione da parte del batterio di enzimi inattivanti l'antibiotico, la ridotta
permeabilità all'antibiotico, e l'efflusso attivo che induce l'uscita dell'antibiotico stesso dalla
cellula grazie ad un sistema di pompe attive.

Le farmaco-resistenze che si instaurano in seguito a modificazioni genetiche possono essere distinte in:

cromosomiche, dette anche endogene, dovute a mutazioni spontanee, cioè provocate da


meccanismi biochimici che operano normalmente nella cellula e che hanno un'intrinseca
capacità di errore, per il locus cromosomico che controlla la sensibilità al farmaco e
caratterizzate da una frequenza estremamente bassa.
extracromosomiche, definite anche esogene, controllate da plasmidi o da trasposoni, cioè
frammenti di DNA privi di meccanismi di replicazione autonoma e che "saltano" da un
cromosoma ad un altro cromosoma o ad un plasmide trasmissibili da un microrganismo ad
un altro e caratterizzate da una frequenza più elevata.

Abuso degli antibiotici

«La prima regola degli antibiotici è cercare di non usarli, la seconda è cercare di non
usarne troppi.»

(Paul L. Marino, The ICU Book )

L'abuso e l'utilizzo inappropriato degli antibiotici hanno contribuito alla comparsa di batteri resistenti. Il
problema è ulteriormente aggravato dalla auto-prescrizione di antibiotici da parte di individui che ne
assumono senza la prescrizione di un medico qualificato, e dall'uso sistematico degli antibiotici come
promotori della crescita in zootecnia. Gli antibiotici vengono spesso prescritti per situazioni in cui il loro uso
non è giustificato (per esempio nei casi in cui le infezioni possono risolversi senza trattamento). L'uso
eccessivo di antibiotici come la penicillina e l'eritromicina, che un tempo erano considerate "cure
miracolose", sono state associate con la resistenza emergenti dal 1950. L'uso terapeutico degli antibiotici
negli ospedali si è visto essere associato ad un aumento di multi-batteri resistenti agli antibiotici.

Forme comuni di uso improprio di antibiotici comprendono: l'uso eccessivo di antibiotici nella profilassi dei
viaggiatori; in caso di prescrizione medica, la mancata presa in considerazione del peso del paziente e della
storia del precedente uso di antibiotici, dal momento che entrambi i fattori possono influenzare fortemente
l'efficacia di una prescrizione di cura per antibiotici; il mancato rispetto dell'intero corso prescritto di
antibiotico, l'omissione nel prescrivere o nel seguire il corso del trattamento secondo precisi intervalli
giornalieri (ad esempio, "ogni 8 ore" o semplicemente "3 volte al giorno"), o il mancato riposo per il
recupero sufficiente a consentire la liquidazione dell'organismo infettante. Tutte queste pratiche citate
possono facilitare lo sviluppo delle popolazioni batteriche resistenti agli antibiotici. Un inappropriato
trattamento antibiotico costituisce un'altra comune forma di abuso di antibiotici.

Un esempio comune di errore è la prescrizione e l'assunzione di antibiotici per trattare le infezioni virali
come il raffreddore comune, su cui non hanno alcun effetto. Uno studio sulle infezioni del tratto respiratorio
ha trovato che "i medici erano più inclini a prescrivere antibiotici ai pazienti che hanno creduto se lo
aspettassero, anche se correttamente identificandone la necessità solo per circa 1 su 4 di questi pazienti".
Interventi multifattoriali rivolti sia a medici e pazienti possono ridurre l'inappropriata prescrizione di
antibiotici. Il ritardo nella somministrazione di antibiotici per 48 ore nell'attesa di una risoluzione spontanea
delle infezioni del tratto respiratorio può ridurre l'utilizzo di antibiotici; tuttavia, questa strategia può ridurre
la soddisfazione dei pazienti.

Principali meccanismi di antibiotico-resistenza


Ridotta affinità per il bersaglio (il gene che produce il bersaglio dell'antibiotico subisce una
mutazione piccola, tale per cui il bersaglio continua a funzionare, anche se con una
funzionalità drasticamente ridotta, ma non interagisce più con l'antibiotico); è un esempio di
resistenza cromosomica.
Iperproduzione del bersaglio (il gene che produce il bersaglio dell'antibiotico subisce una
mutazione tale per cui viene sovr-espresso); è un esempio di resistenza cromosomica.
Inattivazione intracellulare dell'antibiotico (provocata dalla produzione di enzimi che
inattivano l'antibiotico es. beta lattamasi, cloramfenicolo acetil-transferasi); è un esempio di
resistenza extracromosomica.
Diminuita penetrazione dell'antibiotico nella cellula batterica (dovuta alla produzione di
trasportatori di membrana che riconoscono ed estrudono l'antibiotico dalla cellula); è un
esempio di resistenza extracromosomica.
Sostituzione del bersaglio (il bersaglio di un antibiotico viene sostituito da un'altra molecola
che svolge le medesime funzioni ma con cui l'antibiotico non interagisce); è un esempio di
resistenza extracromosomica.

Un esempio importante e attuale di antibiotico-resistenza è la meticillino-resistenza relativa agli stafilococchi


e, in particolare, Staphylococcus aureus. Gli stafilococchi meticillino-resistenti rappresentano una delle
principali cause di infezioni nosocomiali. Tali batteri presentano una proteina, definita PBP 2a, che presenta
scarsa affinità a tutti gli antibiotici β-lattamici, cioè le penicilline e le cefalosporine, rispetto alla normale
forma della proteina PBP 2.

Un altro importante esempio di antibiotico-resistenza è la vancomicino-resistenza degli enterococchi. La


vancomicina è una molecola ad alto peso molecolare che impedisce la produzione del peptidoglicano, la
principale componente della parete cellulare batterica (l'inibizione della produzione del peptidoglicano
determina l'incapacità della cellula di mantenere la propria forma per la forte pressione osmotica tra interno
ed esterno della cellula; di conseguenza la cellula tende ad incamerare acqua, scoppia e muore). Questa
antibiotico-resistenza prevede l'acquisizione di un trasposone, costituito da nove geni. Una delle proteine
codificate da questi geni, detta Van S, si colloca all'esterno della cellula batterica, e, in presenza della
vancomicina, è in grado di legarsi ad essa, determinando la nascita di un segnale intracellulare. Tale segnale
provoca la produzione di altre proteine che, attraverso un meccanismo complesso, sostituiscono il bersaglio
della Vancomicina con un'altra molecola che l'antibiotico non è in grado di riconoscere. In questo modo, la
Vancomicina è resa totalmente inattiva.

L'antibiogramma
È particolarmente importante, specialmente in ambito clinico, eseguire l'antibiogramma, vale a dire la
valutazione in vitro della sensibilità batterica ai chemio-antibiotici. L'antibiogramma è un metodo che
consente di valutare l'entità dell'efficacia di un antibiotico su microorganismi isolati, cioè tolti dal loro
ambiente di infezione e portati in terreno di coltura. Ecco elencati i principali procedimenti
dell'antibiogramma:

si preleva un campione di fluido corporeo dal paziente (urine, feci, saliva, tampone oro-
faringeo) e si isolano i microorganismi presenti in terreno di coltura massimo,
omogeneizzandoli il più possibile in maniera tale che le varie colonie siano costituite dallo
stesso organismo;
si preleva una di queste colonie e la si trasferisce in un altro terreno di coltura,
omogeneizzando il più possibile i microorganismi presenti nella superficie del terreno;
una volta formatesi delle colonie si prende uno strumento, dotato di piccoli cilindri all'interno
dei quali sono presenti dei dischetti imbevuti di antibiotico (naturalmente ogni dischetto sarà
imbevuto di un determinato antibiotico in modo tale da analizzare l'entità dell'efficacia di vari
antibiotici contemporaneamente);
questi dischetti vengono fatti scivolare sulla superficie del terreno, in maniera tale da far
diffondere il farmaco nell'agar;
si noterà la formazione di zone di "non crescita" attorno ai vari dischetti, dette aloni di
inibizione, provocate dal fatto che l'antibiotico, diffusosi nell'agar, ha inibito la crescita
batterica, determinando, appunto, la formazione di tali aloni. Pertanto, maggiore è
l'ampiezza dell'alone di inibizione di un certo antibiotico, maggiore sarà l'efficacia di
quell'antibiotico verso quel microrganismo. Tuttavia l'antibiogramma presenta un limite
importante, cioè richiede molto tempo (circa due-tre giorni) in modo tale da permettere la
crescita delle colonie. Perciò tale metodo non si può utilizzare in caso di emergenze, nelle
quali si utilizzano inizialmente antibiotici a largo spettro.

Dal punto di vista strettamente biologico, i termini sensibile e resistente esprimono la capacità o meno di un
microrganismo di moltiplicarsi in presenza di una data concentrazione del farmaco.

Da un punto di vista clinico, un microrganismo può essere considerato sensibile ad un antibiotico se


indagini condotte in vitro suggeriscono che un paziente infettato da quel microrganismo ha, probabilmente,
la capacità di rispondere favorevolmente al farmaco, se somministrato in quantità appropriata. Il termine
resistente pertanto implica che l'infezione, probabilmente, non risponde a tale terapia.

Nella pratica, il grado di sensibilità viene spesso definito quantitativamente come la più bassa
concentrazione di antibiotico capace di inibire la crescita di un microrganismo. Tale concentrazione è nota
come Concentrazione Minima Inibente (MIC) cioè la minima concentrazione di un antibiotico che permette
la completa inibizione, o quasi, della crescita batterica in determinate condizioni.

In genere gli antibiotici, inibendo la riproduzione batterica per un periodo abbastanza lungo, permettono
all'ospite di rimuovere, mediante i suoi meccanismi naturali di difesa, il microrganismo infettante dalla sede
d'infezione. Se tali meccanismi dell'ospite non funzionano in maniera ottimale (ad esempio in soggetti
immunocompromessi) l'infezione potrebbe non essere influenzata dalla terapia o potrebbe rispondere
temporaneamente e ricomparire dopo la sua sospensione. In questi casi potrebbe essere più opportuno
valutare la concentrazione minima battericida (MBC) vale a dire la minima concentrazione di un antibiotico
in grado di uccidere il 99.9% della popolazione batterica iniziale, quindi di sopperire alle funzioni
normalmente svolte dai meccanismi di difesa dell'ospite (ad esempio dal sistema immunitario).

Iniziative contro lo sviluppo delle resistenze


Diverse organizzazioni interessate al tema della resistenza agli antibiotici sono attive nell'esercitare pressioni
per un miglioramento del contesto normativo. Approcci alla risoluzione dei problemi di abuso o di uso
eccessivo di antibiotici vengono fatti per la creazione degli Stati Uniti di una Interagency Task Force sulla
resistenza antimicrobica che intende affrontare attivamente il problema della resistenza agli antimicrobici.
Tali attività vengono organizzate e coordinate dal Centro statunitense per il controllo e la prevenzione delle
malattie, la Food and Drug Administration (FDA), e il National Institutes of Health (NIH), e coinvolgono
anche diverse altre agenzie federali. Un gruppo di campagne delle ONG è Keep Antibiotics Working. In
Francia, a partire dal 2002 una campagna del Governo dal titolo "Gli Antibiotici Non Sono Automatici" ha
portato ad una significativa riduzione delle prescrizioni superflue di antibiotici, specialmente nei bambini.
Nel Regno Unito, ci sono manifesti in molti ambulatori indicando che purtroppo nessuna quantità di
antibiotici consente di sbarazzarsi del raffreddore, a seguito della richiesta rivolta da molti pazienti al
proprio medico, in particolare la prescrizione inappropriata di antibiotici, nella convinzione che potessero
aiutare nel trattamento di infezioni virali.

Nel settore agricolo, la resistenza agli antibiotici associati con l'uso non terapeutico degli antibiotici come
promotori della crescita negli animali ha portato ad un loro uso limitato nel Regno Unito nel 1970
(relazione Swann 1969). Attualmente vi è un divieto su scala UE dell'uso non terapeutico degli antibiotici
come promotori della crescita. Si stima che più del 70% degli antibiotici usati negli Stati Uniti sono
impiegati per alimentare gli animali (ad esempio, polli, suini e bovini) in assenza di malattia. L'uso degli
antibiotici negli animali da produzione alimentare è stato associato alla comparsa di ceppi resistenti
all'antibiotico - Escherichia coli di batteri compresi Salmonella spp., Campylobacter spp., ed Enterococcus
spp. Studi statunitensi e studi europei suggeriscono che questi batteri resistenti possano causare infezioni
nell'uomo che non rispondono agli antibiotici comunemente prescritti. In risposta a queste pratiche e ai
problemi che ne conseguono, diverse organizzazioni (ad esempio la American Society for Microbiology
(ASM), American Public Health Association (APHA) e l'American Medical Association (AMA)) hanno
chiesto che fossero poste restrizioni sull'uso di antibiotici negli animali da produzione alimentare e che sia
posto un limite a tutti gli usi non terapeutici. [citazione necessaria] Tuttavia, i ritardi nelle azioni normative e
legislative per limitare l'uso di antibiotici sono comuni, e possono includere la resistenza a questi
cambiamenti da parte delle industrie, così come il tempo dedicato alla ricerca per stabilire un collegamento
causale tra l'uso di antibiotici e comparsa di malattie incurabili batteriche. Due disegni di legge federale
(S.742 e HR 2562), volti a eliminare gradualmente gli antibiotici non-terapeutici dalla produzione degli
alimenti di origine animale negli Stati Uniti sono stati proposti, ma non hanno ottenuto grandi consensi.
L'Unione europea ha vietato l'uso di antibiotici come agenti di promozione della crescita dal 2003.

I principali luoghi di diffusione nell'ambiente di antibiotici resistenti sono i reflui delle stalle industriali e dei
depuratori urbani .

Ricerca

Tra le iniziative per fronteggiare il fenomeno, vi è la ricerca di nuovi farmaci che incontrano minore
resistenza. Si tratta di un campo che richiede forti investimenti, che le case farmaceutiche si sono mostrate
riluttanti a fare, perché prevedono che dei nuovi antibiotici sarà scoraggiata la prescrizione su vasta scala al
fine di ritardare lo sviluppo di farmacoresistenze, un'eventualità considerata quasi inevitabile[2].

Tra gli antibiotici sviluppati in tal senso, vi sono alcuni antibiotici polipeptidici, tra i quali Tirotricina e
Polimixina B, o il Teixobactin, quest'ultimo scoperto nel 2015 e in attesa di trial clinici[3].

Procalcitonina
È stato dimostrato che l'utilizzo di algoritmi di diagnosi delle infezioni batteriche e somministrazione della
terapia antibiotica (Antibiotic Stewardship) guidati da procalcitonina può ridurre sensibilmente l'esposizione
agli antibiotici. È possibile quindi supporre un beneficio indiretto in termini di riduzione
dell'antibioticoresistenza derivante dall'utilizzo della PCT.

Note
1. ^ Iss: aumenta la resistenza agli antibiotici, su iss.it. URL consultato il 19 gennaio 2015 (archiviato
dall'url originale il 19 gennaio 2015).
2. ^ Kelly Grant, Newly discovered antibiotic shows promise in fight against superbugs, in The
Globe and Mail, Toronto, 7 gennaio 2015. URL consultato il 9 gennaio 2015.
3. ^ Ling LL, Schneider T, Peoples AJ, Spoering AL, Engels I, Conlon BP, Mueller A, Schäberle
TF, Hughes DE, Epstein S, Jones M, Lazarides L, Steadman VA, Cohen DR, Felix CR,
Fetterman KA, Millett WP, Nitti AG, Zullo AM, Chen C, Lewis K, A new antibiotic kills
pathogens without detectable resistance, in Nature, 7 gennaio 2015,
DOI:10.1038/nature14098, PMID 25561178.

Bibliografia
Egidio Romero, Gaetano Filice, Giuseppe Miragliotta, Microbiologia Medica, McGraw-Hill
Michele La Placa, Principi di microbiologia medica, 12ª edizione, Società editrice Esculapio
Raimondo Villano, Antibioticoresistenza, Napoli, Chiron, 2015, ISBN 9788897303251.

Collegamenti esterni
Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali. L’uso degli antibiotici in Italia. Rapporto
Nazionale 2017. (PDF), su aifa.gov.it. URL consultato il 29 maggio 2021.
Thesaurus BNCF 58384 (https://thes.bncf.firenze.sbn.it/termine.php?id=58384) ·
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