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FARMACI ANESTETICI

Il termine “anestesia” deriva dal greco e vuol dire “mancanza di sensibilità”, dunque i farmaci
dell’anestesia generale sono una classe di farmaci utilizzati per deprimere in maniera reversibile il
sistema nervoso centrale e consentire l’esecuzione di un intervento chirurgico.
Prima del 1846, anno del reale avvento dell’anestesia, i metodi per lenire la sensazione di dolore
associata ad interventi chirurgici si riducevano ad alcol, derivati dell’oppio, ischemia, ipotermia,
compressione nervosa, il colpo in testa, o lo pseudo-strangolamento.
Occorreva inoltre immobilizzare il paziente che subiva atroci sofferenze.
Il 16 Ottobre 1846 il dottor Thomas Morton praticò la prima anestesia generale in un intervento
chirurgico per l’asportazione di un tumore vascolare cervicale su Gilbert Abbot, segnando così la
nascita della moderna anestesia. Il suo apparecchio consisteva in una sfera di vetro contenente una
spugna imbevuta di etere e provvista di due aperture: una comunicava con l’esterno, l’altra con un
raccordo, veniva applicata al paziente che respirava i vapori di etere.
Nel 1847 nasce anche il cloroformio, anch’esso non più utilizzato in quanto epatotossico.
Nel 1868 nasce invece il protossido d’azoto, tuttora in uso.
Nel 1929 nasce il ciclopropano, capostipite degli idrocarburi anestetici
Nel 1935 è introdotto il tiopentale, barbiturico, primo anestetico somministrato per e.v
Nel 1956 nasce l’alotano, capostipite degli anestetici alogenati, ampiamente utilizzati.
L’anestesia è costituita da cinque componenti:
ANALGESIA: assenza di dolore
AMNESIA: perdita della memoria
PERDITA DELLA COSCIENZA: il paziente non è cosciente
ATTENUAZIONE DELLE RISPOSTE DEL SNA
RILASCIAMENTO DELLA MUSCOLATURA SCHELETRICA
Gli anestetici generali si classificano in:
A loro volta, gli anestetici inalatori si suddividono in:
Gli anestetici parenterali risultano essere altamente lipofili in quanto devono attraversare la barriera
ematoencefalica. Di questa classe di composti fanno parte anche i barbiturici come tiopentale,
tiamilale e metoesitale.

La causa dell’anestesia generale, in un primo momento fu esplicata attraverso la cosiddetta teoria


unitaria dell’anestesia, basata sulla legge di Meyer Overton, cioè sulla correlazione tra potenza
anestetica e liposolubilità. Secondo questa teoria, gli anestetici agivano interagendo e perturbando
la matrice lipidica dei neuroni cerebrali. La specificità di enantiomeri di alcuni anestetici, smentì
tuttavia questa teoria, in quanto, pur non cambiando il grado di lipofilia della molecola, la potenza
risultava alterata.
Ciò fece presupporre che l’anestetico reagisse con un target preciso ossia proteine specifiche,
legandosi a domini idrofobici o a lipidi confinanti di recettori canale del SNC.
MECCANISMO D’AZIONE DELL’ANESTESIA
- Alcuni anestetici, sia alogenati (alotano) che parenterali ( propofol, barbiturici, etomidato),
agiscono potenziando l’azione del recettore GABAa mediante un meccanismo allosterico, dunque
provocando un aumento dell’ingresso di cloro. Questo meccanismo è responsabile di amnesia e
rilassamento muscolare.
- Tutti gli anestetici, ad eccezione della ketamina e dell’etomidato, potenziano i recettori canale del
cloro della glicina (GLIR), situati a livello del midollo spinale e del tronco. Questo meccanismo è
responsabile dell’analgesia.
- Gli anestetici inalatori, inibiscono i recettori nicotinici neuronali. Questo meccanismo è
responsabile di analgesia e amnesia
- La ketamina, protossido di azoto e xenon bloccano i recettori NMDA. Questo meccanismo è
responsabile della perdita di coscienza.
- Alcuni anestetici inalatori (alogenati, xenon, protossido di azoto) attivano dei canali del K+,
determinando iperpolarizzazione. Essi sono detti two pore domain e sono costituiti da due
subunità, la cui unione porta alla formazione di un poro.
- Alcuni anestetici, in particolare gli alogenati, agiscono legandosi a proteine coinvolte
nell’esocitosi del neurotrasmettitore (sintassina, SNAP-25 e sinaptobrevina), provocano quindi n
inibizione del rilascio dei neurotrasmettitori.

Oggi la pratica dell’anestesia generale è effettuata attraverso una combinazione di farmaci che
permette di abbassare i dosaggi degli anestetici inalatori, rendendola sicura e meno pericolosa. Si
utilizzano dunque farmaci che agiscono su diverse componenti del sistema nervoso centrale:
- per l’analgesia si utilizzano gli oppioidi
- Per il rilassamento muscolare si utilizzano i curari
- Per l’ipnosi si utilizzano barbiturici a basse dosi, protossido di azoto e alogenati.
CARATTERISTICHE DI UN ANESTETICO IDEALE
1) Induzione rapida
2) Rapidi cambiamenti del livello di anestesia, a seconda dell’evolversi della procedura chirurgica
3) Adeguato rilassamento muscolare
4) Ampio indice terapeutico (DL50/DE50)
5) Assenza di reazioni tossiche/avverse
6) Stabilizzazione delle risposte vegetative (simpatico)
7) Rapido risveglio al termine dell’intervento

Non desiderata

Quando si effettuava l’anestesia con un unico farmaco, essa era costituita da diversi stadi:
Diverse dagli stadi, sono le fasi dell’anestesia, cioè i processi necessari al raggiungimento dell’effetto
desiderato, in ognuna delle quali si utilizzano farmaci specifici:
- PREPARAZIONE PRE-ANESTETICA
- INDUZIONE (INCLUSO RILASSAMENTO MUSCOLARE)
- MANTENIMENTO
- RISOLUZIONE

(I neurolettici bloccano i recettori D2 della dopamina, dunque sono anche antiemetici)


Nel caso in cui non si utilizzino
neurolettici è necessario
somministrare antiemetici.

Nonostante il protossido di azoto sia


un ottimo anestetico, non può essere
utilizzato da solo in quanto, essendo
poco potente, richiederebbe dosi
elevate, che ridurrebbe le
concentrazioni di ossigeno
Il naloxone è un antagonista degli oppioidi.
Il flumazenil è un antagonista sul sito di legame
delle benzodiazepine del recettore GABAa.
Gli anticolinesterasici sono invece utilizzati nel
caso in cui vengano utilizzati i curari (non
depolarizzanti): bloccando la degradazione
dell’acetilcolina, aumentano le sue concentrazioni
ed essa andrà a competere con il curaro a livello
dei recettori nicotinici. Nel caso in cui sia stata
utilizzata la succinil-colina (depolarizzante) gli
anticolinesterasici non vanno utilizzati in quanto
ciò peggiorerebbe il blocco poiché succinil-colina è
un agonista del recettore nicotinico muscolare e
ciò desensibilizzerebbe ulteriormente il recettore
nicotinico aumentando la paralisi.
Nel caso del rocuronio esiste un antidoto specifico, il Sugammadex

ANESTETICI INALATORI
Comprendono gli anestetici alogenati e il protossido di azoto.
La potenza degli anestetici inalatori si misura mediante la MAC (concentrazione alveolare minima):
concentrazione minima a livello alveolare che rende immobili il 50% dei pazienti esposti ad uno
stimolo doloroso, dunque più è bassa la MAC più l’anestetico è potente. Alcune condizioni possono
alterare la MAC:
- ETÀ: nei bambini serve più anestetico, dunque è necessaria una MAC più elevata
- IPOTENSIONE, IPOTERMIA, GRAVIDANZA: condizioni fisiopatologiche che rendono l’individuo
più sensibile all’anestetico permettendo di ridurre la MAC
- FARMACI (oppioidi, benzodiazepine): permettono di ridurre la dose di anestetico, riducendo la
MAC.
FARMACOCINETICA DEGLI
ANESTETICI INALATORI:

(Cervello o midollo spinale)


VARIABILI CHE INFUENZANO LA VELOCITÀ ALLA QUALE UN ANESTETICO RAGGIUNGE IL
CERVELLO

1) PROPRIETÀ DEGLI ANESTETICI


Le caratteristiche fondamentali che determinano la velocità di induzione e di risveglio sono:
• Coefficiente di ripartizione sangue/gas, che rappresenta il grado di solubilità dell’anestetico nel
sangue.
Paradossalmente, più è elevato il coefficiente di ripartizione sangue/gas, più risulta essere lento il
tempo di induzione e di risveglio dall’anestesia.
Il gas dagli alveoli polmonari raggiunge il circolo ematico mediante un meccanismo di diffusione
passiva dal compartimento a maggiore pressione parziale a quello a minore pressione parziale
(ricordiamo che la pressione parziale è la pressione esercitata dal gas sull’alveolo e dal gas
sull’endotelio) fino al raggiungimento dell’equilibrio delle pressioni parziali. Questo equilibrio delle
pressioni parziali si raggiunge più velocemente per farmaci poco solubili nel sangue e che dunque
hanno un coefficiente di ripartizione basso. Infatti un coefficiente di ripartizione sangue/gas elevato
è indice di un farmaco molto solubile nel sangue e che dunque occuperà un compartimento ematico
molto elevato, dunque avrà bisogno di più tempo per occupare tutto il compartimento.
Al contrario, se è poco
solubile nel sangue
necessiterà di minor tempo in
quanto occuperà un
compartimento ematico
minore (riuscendo a
raggiungere concentrazioni
plasmatiche minori), dunque
raggiungerà subito il cervello.
Ad esempio il protossido di
azoto ha un coefficiente di
ripartizione sangue/gas
basso, dunque è
caratterizzato da un risveglio
e un induzione molto rapidi,
al contrario dell’alotano il
quale, avendo un coefficiente
di ripartizione elevato ha un
tempo di induzione e di
risveglio molto lenti, motivo
per il quale, insieme ad altre
ragioni, non viene più utilizzato. Dunque gli anestetici più utilizzati sono quelli poco solubili.
• Coefficiente di ripartizione olio/gas, che rappresenta la liposolubilità del gas, condizione
necessaria affinché l’anestetico attraversi la BEE. Più il farmaco è liposolubile, più facilmente
raggiungerà il cervello.
2) PROPRIETÀ FISIOLOGICHE
• Ventilazione polmonare (frequenza e profondità)
• Gittata cardiaca, in quanto l’anestetico raggiunge il cervello attraverso i vasi, all’interno dei quali
il flusso ematico è regolato dalla spinta cardiaca
Gli anestetici inalatori alogenati sono caratterizzati da indici terapeutici molto bassi, dunque devono
essere somministrati a basse dosi in un anestesia bilanciata per ridurre il rischio di reazioni tossiche
o addirittura mortali.

• È un composto volatile, fotosensibile. Non infiammabile, non esplosivo


• Elevato coefficiente di ripartizione sangue/gas e grasso/sangue (accumulo nel tessuto adiposo)
dunque ha un induzione e un risveglio lenti
• Eliminato per via polmonare, metabolizzato nel fegato, dove forma dei metaboliti trifluorurati,
che possono complessarsi con le proteine epatiche, formando degli apteni, i quali scatenano una
risposta immunitaria e causano necrosi.
Era utilizzato nella fase di mantenimento dell’anestesia, ormai superato, ed era meglio tollerato nel
bambino, proprio per questo talvolta è ancora utilizzato in pediatria e nei paesi in via di sviluppo.
EFFETTI COLLATERALI
- Cardiovascolare: diminuzione della pressione arteriosa dovuta ad una diminuzione della gittata
cardiaca
- Respiratorio: respirazione rapida e superficiale in quanto determina un aumento della frequenza
respiratoria e una riduzione del volume corrente (quantità di aria inalata per ogni atto
respiratorio), dunque si verificherà un aumento della CO2. Causa broncodilatazione, dunque può
essere utilizzato anche dal paziente asmatico
- Nervoso: aumento del flusso cerebrale, il quale provoca un aumento della pressione intra
cranica e dunque un peggioramento dell’edema cerebrale, non quindi essere utilizzato in
neurochirurgia. Esso inoltre provoca una riduzione del metabolismo, cioè una riduzione del
consumo di ossigeno da parte del cervello.
- Muscolare: provoca rilassamento muscolare (effetto centrale), potenziando l’effetto dei
miorilassanti. L’alotano inoltre può causare ipertermia maligna, una reazione idiosincratica
causata da una rara mutazione genica che riguarda canali del calcio presenti sul reticolo
sarcoplasmatico della cellula muscolare scheletrica, chiamati recettori della rianodina RYR1.
L’alotano dunque, a livello di questi recettori mutati, può causare un aumento di calco
intracellulare, con conseguente contrazione muscolare, aumento della pressione arteriosa,
tachicardia, aumento dellla temperatura corporea fino a 46 °C, acidosi metabolica, ipercapnia,
iperkalemia, rabdiomiolisi (rottura della fibra muscolare scheletrica). L’unico antidoto per questa
pericolosa reazione idiosincratica è il dantrolene (antagonista del recettore della rianodina)
- Renale: riduzione del flusso renale, oliguria (riduzione della diuresi)
- Fegato: epatotossicità fino a necrosi epatica dovuta ad una reazione immunitaria data dalla
trifluoroacetilazione di proteine epatiche, mortalità del 50%
E’ importante sottolineare che tutte le reazioni avverse precedentemente illustrate , tranne alcune
specifiche come l’ipertermia maligna e l’epatotossicità, sono comuni a tutti gli anestetici inalatori
alogenati.

Osserviamo che l’isoflurano:


- Presenta un coefficiente di ripartizione sangue/gas più basso dell’alotano, dunque l’induzione e il
risveglio risulteranno essere più rapidi.
- Liquido volatile. Non infiammabile, non esplosivo.
- Eliminato per via polmonare, in parte trascurabile metabolizzato nel fegato, non è epatotossico.
- È più sicuro dell’alotano, impiegato soprattutto nel mantenimento dell’anestesia dopo induzione
(in quanto ha un odore pungente, irrita le vie respiratorie)
EFFETTI COLLATERALI
• Cardiovascolare
- Diminuzione della pressione arteriosa da diminuzione delle resistenze vascolari
(vasodilatazione)
• Respiratorio:
- Depressione della ventilazione con un aumento dell’anidride carbonica, dunque una respirazione
rapida e superficiale
- Broncodilatazione ma anche tosse e laringospasmo, a causa dell’irritazione
• Nervoso
- Aumento del flusso cerebrale e dunque anche della pressione intracranica (non adatto alla
neurochirurgia
• Muscolare
- Rilassamento muscolare, dunque presenta un effetto sinergico in associazione ai miorilassanti
• Renale
- Riduzione del flusso renale, che causa oliguria
• Fegato
- No epato-tossicità

• Liquido volatile non infiammabile, non esplosivo.


• Coefficiente di ripartizione sangue/gas poco inferiore a quello dell’alotano: induzione risveglio
relativamente lenti.
• Eliminato per via polmonare, in parte trascurabile metabolizzato nel fegato (no epatotossicità)
• E’ neurotossico, in particolare è un agente pro-convulsivante, caratteristica che ne limita l’uso.
USO CLINICO: usato nel mantenimento dell’anestesia, poco utilizzato proprio perché provoca un
abbassamento della soglia convulsiva e per il tempo di induzione e risveglio relativamente lenti.
EFFETTI COLLATERALI
• Cardiovascolare
- Diminuzione della pressione arteriosa da diminuzione della contrattilità del miocardio e delle
resistenze vascolari (vasodilatazione)
• Respiratorio:
- Riduzione del volume corrente, con una respirazione rapida e superficiale, e un aumento
dell’anidride carbonica
- Broncodilatazione
• Nervoso
- Aumento del flusso cerebrale e dunque anche della pressione intracranica (non adatto alla
neurochirurgia
- Pro-convulsivante: abbassa la soglia convulsiva
• Muscolare
- Rilassamento muscolare, dunque presenta un effetto sinergico in associazione ai miorilassanti
• Renale
- Riduzione del flusso renale, che causa oliguria
• Fegato
- No epato-tossicità

Desflurano e sevoflurano sono i più utilizzati in quanto presentano un basso coefficiente di


ripartizione sangue/gas e quindi permettono un induzione e un risveglio molto rapidi.
- Liquidi volatili. Non infiammabili, non esplosivi. Quando si utilizza il Sevflurano bisogna fare
attenzione alla calce sodata usata per essiccare l’anidride carbonica: il Sevoflurano infatti può,
con la calce sodata, dare una reazione esotermica, con formazione di monossido di carbonio e un
possibile incendio.
- Sono eliminati per via polmonare (>95%), in parte trascurabile metabolizzati nel fegato (no
epato-tossicità).
L’effetto farmacologico dell’anestetico generale cessa quando l’anestetico lascia il cervello e ritorna
nel sangue, dunque la scomparsa dell’effetto è dato più da un fenomeno di distribuzione che di
metabolismo.
USO CLINICO: Sono altamente utilizzati per la rapida induzione e risveglio. Utili nel mantenimento
dell’anestesia, il Sevoflurano è utilizzabile anche per l’induzione nei bambini (non ha effetto
irritante sulle vie respiratorie)
EFFETTI COLLATERALI
• Cardiovascolare
- Diminuzione della pressione arteriosa da diminuzione delle resistenze vascolari
(vasodilatazione)
• Respiratorio:
- Riduzione del volume corrente, con una respirazione rapida e superficiale, e un aumento
dell’anidride carbonica
- Tosse da desflurano (non è utilizzabile per l’induzione)
• Nervoso
- Aumento del flusso cerebrale e dunque anche della pressione intracranica (non adatto alla
neurochirurgia)
• Muscolare
- Rilassamento muscolare, dunque presenta un effetto sinergico in associazione ai miorilassanti
• Renale
- Probabile nefrotossicità per il Sevoflurano (ancora da dimostrare)
• Fegato
- No epato-tossicità

PROTOSSIDO DI AZOTO
CARATTERISTICHE GENERALI

- Buon anestetico, in quanto presenta tempi di induzione e di risveglio molto rapido.


- Gas inodore a temperatura ambiente
- Nè infiammabile, nè esplosivo
- Unico aspetto negativo è rappresentato dal fatto che, essendo poco potente, è necessaria la
somministrazione di dosi elevate di protossido di azoto, ciò diluirebbe l’ossigeno nella miscela
anestetica somministrata, causando ipossia.
- Utilizzato in combinazione ad altri anestetici, ne riduce la MAC, permettendo di somministrare
dosi più sicure.
- Buon analgesico: il protossido di azoto causa un blocco dei recettori NMDA presenti anche sugli
interneuroni GABAergici di tipo inibitorio, essi infatti inibiscono il sistema antinocicettivo
endogeno (via discendente del dolore). Il protossido di azoto, tramite il blocco del recettore
NMDA potenzia l’analgesia determinando una mancata inibizione della via discendente del
dolore.
Farmacocinetica:
- Basso coefficiente di ripartizione sangue/gas (0.5)
- Non è metabolizzato dal fegato, quindi non è epatotossico
- Eliminato per via polmonare immodificato

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