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ORMONALE
Sbobina n° 31 [Biochimica] (20.04.2021)
Prof.ssa: Chiarugi
INTRODUZIONE
Iniziamo a vedere come funziona la trasduzione del segnale, come gli ormoni possono condizionare le
risposte delle cellule, che tipo di attori molecolari usano e i sistemi con cui le cellule si parlano e
condizionano il proprio comportamento in relazione al segnale che arriva loro da lontano.
Dopo questa introduzione alla segnalazione ormonale la professoressa Giannoni svolgerà delle lezioni sulla
biosintesi da parte delle ghiandole di buona parte degli ormoni che l’Homo Sapiens usa. Ovviamente non li
faremo tutti perché sono moltissimi e sarebbe impensabile farlo, ma tratteremo i più importanti del
metabolismo cellulare.
La fotografia del metabolismo è stata completata. Avete visto l’introduzione alla biochimica e alla biologia
molecolare, il metabolismo cellulare e come gli ormoni vengono sintetizzati. Rimane da fare la summa di
tutto questo. Allora ci rivedremo nell’arco di maggio e rifaremo la parte di biochimica di sistematica umana,
quindi come funziona il fegato e come funziona la regolazione ormonale del fegato, come funziona il rene, il
tessuto adiposo. Parleremo anche della connessione ormonale e metabolica fra i vari organi.
Per affrontare in maniera efficiente quella parte di corso vi gioverebbe di riguardare la parte sul
metabolismo in modo da comprenderlo meglio.
Gli ormoni sono dei messaggeri, in particolare sono i primi messaggeri perché sono messaggeri
extracellulari che vengono secreti da delle ghiandole che possono essere anche molto distanti dalla cellula
che recepisce il segnale, la quale è detta cellula bersaglio (o cellula target). Questi segnali influenzano il
comportamento della cellula bersaglio.
Generalmente si tende parlare di ormoni indentificandoli unicamente con gli ormoni endocrini, quali
insulina, glucagone, adrenalina, noradrenalina, glucocorticoidi, ormoni sessuali. Questi vengono secreti da
delle ghiandole endocrine e veicolati nel torrente circolatorio fino ad arrivare alla cellula bersaglio, che
varia il suo comportamento.
In realtà ci sono anche tanti altri ormoni che non sono endocrini, ma che vengono secreti da cellule vicine
alla cellula target e che quindi non hanno bisogno del torrente circolatorio, altri possono essere secreti
dalla stessa cellula che recepisce il segnale. In più possiamo usare il termine ormone in un’accezione più
ampia, riferendosi a stimoli esterni che la cellula recepisce con la stessa tipologia di molecole che servono
per recepire i segnali, cambiando poi il suo comportamento. Un esempio è la luce, che cambia il
comportamento delle cellule che avendo i fotorecettori recepiscono il segnale luminoso. La stimolazione
meccanica tecnicamente non è un ormone, ma propriamente sì perché cambia il comportamento delle
cellule che la sentono.
ECCO COSA VIENE INSERITO SOTTO L’EPITETO ORMONI:
Inoltre ci sono anche segnali che lo terminano, che lo chiudono. Ad esempio finché io ho la
stimolazione indotta dallo stressogeno, l’adrenalina viene sintetizzata dalla midollare del surrene. Ad un
certo punto il segnale smette perché ci saranno degli enzimi che si occupano della TERMINAZIONE del
segnale. I segnali funzionano solo ed esclusivamente se hanno un termine, altrimenti si va incontro
ad una trasformazione neoplastica, che è un esempio in cui il segnale non termina mai, ad una
duplicazione segue una seconda e poi una terza.
INTEGRAZIONE Alla cellula arrivano insieme diversi segnali. La cellula allora risponde insieme a
tutti facendo una sommatoria dei segnali. Qualche volta i segnali sono antitetici e in questo caso si
produrrà una somma algebrica dei segnali all’interno della cellula.
Il segnale si origina fuori dalla cellula, va su un recettore (nell’immagine si tratta di un recettore che sta
sulla membrana. La maggior parte dei recettori stanno sulla membrana, ma non tutti). Il recettore cambia
conformazione, si attiva e manda un segnale dentro. Il segnale viene mediato dai cosiddetti secondi
messaggeri (nell’immagine sono indicati come intracellular signaling
protein), che sono proteine (anche se talvolta possono non essere
proteine) che hanno una funzione segnalatoria. I secondi messaggeri
possono essere uno, due, tre o molti. Arrivano ad effettori che sono
enzimi (qualche esempioà se voglio regolare la sintesi del glucosio,
andrò a regolare la gluconeogenesi. Se voglio regolare la trascrizione
dei geni, andrò a regolare la RNA polimerasi). Questi effettori vanno a
fare il loro mestiere. Possono indurre il movimento delle cellule,
alterare il metabolismo, alterare l’espressione genica.
Tecnicamente il segnale può essere breve o di lunga durata. Ci sono ormoni che inducono segnali di breve
durata, ormoni che inducono segnali di lunga durata oppure ormoni che
inducono un segnale sia di breve che di lunga durata.
Se siamo in caso di digiuno prolungato si attiveranno altri ormoni. Ad esempio i glucocorticoidi, sintetizzati
dalla midollare del surrene, nello specifico il cortisolo. Il cortisolo ha meno effetti sugli enzimi, non andrà
sulla glicogeno fosforilasi, anche perché dopo molti giorni di digiuno il glicogeno è terminato. Allora il
glicogeno dovrà essere sintetizzato. Per fare questo si attiverà la trascrizione genica, avremo quindi tutta
azione “slow”.
Ricapitolando quindi glucagone e glucocorticoidi fanno la stessa cosa perché regolano entrambi la
gluconeogenesi ma in momenti fisiologici diversi e con meccanismi diversi:
Sopravvivenza. La sopravvivenza non è semplice per la cellula. La cellula è programmata per morire. Se
sopravvive vuol dire che ha sentito un segnale che le ha detto di sopravvivere. La cellula innesca quindi la
risposta
Crescita e divisione. Queste sono due effetti diversi. Alcuni ormoni, come
l’insulina, dicono di fare anabolismo e di ingrandire il citoplasma, senza
proliferare. Altri ormoni stimolano la divisione, stimolando l’entrata in fase S
e quindi la biosintesi del DNA. Sono due risposte diverse
Morte per apoptosi. Alcuni segnali dicono alle cellule di morire. La cellula va
quindi incontro alla morte cellulare programmata.
Domanda
Gli interferoni sono ormoni? Sì, fanno parte della classe di citochine e hanno una azione paracrina. Vengono
sintetizzate dalle cellule e sentite da altre non molto lontane.
ORMONE HA TANTI EFFETTI DIVERSI A SECONDA DAL TESSUTO CON CUI INTERAGISCE.
Lo stesso ormone può fare cose diverse a seconda del tessuto con cui
interagisce. Si raggiunge questo effetto cambiando tipo di recettore.
E’ attivo sulla muscolatura liscia. Può indurre contrazione della muscolatura liscia in un distretto e
rilassamento della muscolatura liscia in altri distretti. Induce rilassamento nel tratto genito-urinario, ma è
vaso costrittrice in altri ambiti. È lo stesso ormone e le cellule sono sempre muscolari lisce, tuttavia i
distretti sono diversi. Ma come può avvenire ciò? Il motivo è che vengono espressi recettori diversi in
tessuti diversi.
Un ormone se sintetizzato in quantità diverse può avere effetti diversi. Piccole quantità indurranno un
effetto, alte quantità indurranno altri effetti.
Tipico è il caso del tumor grow factor- beta (TGF-beta)à sintetizzato in piccole quantità è differenziativo e
inibitorio della crescita. Le cellule che differenziano non proliferano, si specializzano in qualcosa.
Da un punto di vista molecolare possiamo distinguere due grandi gruppi: ormoni idrofili e idrofobi.
ORMONI IDROFILI:
ORMONI LIPOFILI:
• quando girano nel torrente circolatorio di solito hanno un carrier, quando girano nel torrente
circolatorio hanno bisogno di qualcosa che gli aiuti a trasportarli, di solito hanno un carrier
plasmatico che di solito è una proteina con affinità lipofila
• possono attraversare la membrana e quindi non necessitano di un recettore di membrana, ma
possono avere un recettore interno alla cellula o addirittura dentro il
nucleo. Qualche volta possono avere un recettore di membrana, ma
comunemente entrano nella cellula.
• Non hanno bisogno tecnicamente di secondi messaggeri
A questo gruppo appartengono tutti gli ormoni steroidei, che derivano dal
colesterolo. Il colesterolo è un lipide che ha un piccolo OH su un anello, ma
negli ormoni steroidei questo non è presente, quindi sono lipofili.
Rientrano in questo gruppo i glucorticoidi, tutti gli omoni sessuali, gli
androgeni (precursori degli ormoni sessuali) e i mineralcorticoidi. Tutti
questi hanno recettori citosolici. Un altro gruppo è composto dagli ormoni
tiroidei T3 e T4. Questi derivano dall’associazione di due tirosine che
lasciano il gruppo fenilico all’interno del T3 e del T4, alla fine si originano
due ormoni molti lipofili, che non solo entrano dentro la membrana ma
passano anche dentro il nucleo. Il recettore dell’ormone tiroideo è
addirittura nucleare. Si tratta di una segnalazione facilitata.
• L’effetto è la modifica della trascrizione dell’RNA di una serie di geni: vedremo che i recettori sono
essi stessi dei fattori trascrizionali.
Sia per quanto riguarda gli ormoni lipofili che idrofili l’effetto finale è la modifica trascrizionale. In
un caso è veloce, nell’altro è più lento, ci sono più passaggi.
Le subunità si staccano:
• La subunità alfa va a regolare un
effettore (nell’immagine E), che
cambia a seconda dell’ormone.
• La subunità beta-gamma fa sempre la
stessa cosa in tutti i recettori
accoppiati alle proteine G: si occupa della desensitizzazione e della terminazione del segnale.
L’effettore diventa la parte che dà specificità al segnale essendo la parte che cambia a seconda del
recettore e dell’ormone
2. CANALI IONICI
Sono delle proteine di membrana, costituite da un canale
pervio a degli ormoni e selettivo. Il passaggio sarà
condizionato dal legame del ligando, altrimenti il canale
rimane chiuso. I canali per il sodio fanno passare il sodio,
quelli per il potassio solo il potassio. Le proteine canale
hanno selettività anche per l’ormone che accende e apre il
canale
In aggiunta sono essi stessi degli enzimi, sono delle idrolasi del GTP: se
legano il GTP si attivano, ma loro idrolizzano il GTP e si spengono, sono
degli interruttori a tempo. Quanto dura l’attivazione sarà regolata da
altre proteine che regoleranno questo interruttore, alcune proteine
allungheranno la durata dell’attivazione e altre la abbrevieranno.
La proteina G andrà ad interagire con un effettore. Alcuni di questi effettori sono la adenilato-ciclasi, la
fosfolipasi C, SRC.
Le subunità sono ancorate alla membrana attraverso delle zone lipofile che servono
a mantenere delle proteine, che non sarebbero di membrana, nelle immediate
vicinanze della membrana. Sono quindi lipoproteine. Se questa proteina fosse
sparsa per il citoplasma non svolgerebbe la sua funzione.
Queste zone lipofile sono delle ancore lipidiche che possono essere:
Ci sono tanti tipi diversi di G-alpha, essendo anche molti gli effettori, invece le beta e le gamma sono
sempre le stesse.
Quindi queste sono proteine simili, in quanto tutte legano il GTP, sono tutte idrolasi del GTP e sono tutte
attive e inattive se hanno legato rispettivamente GTP e GDP, ma funzionano su effettori diversi.
Le vedremo in azione nel momento in cui parleremo dei singoli ormoni. Attiveranno segnali diversi in organi
diversi.
Ritorniamo ora all’esempio dell’adrenalina. Lo stesso ormone in qualche caso attiva la Gq, in altri un’altra
Galpha. Questo è possibile perché tessuti diversi esprimono recettori diversi, i quali hanno proteine G
diverse, che hanno effettori diversi. L’adrenalina è in grado di produrre effetti che vanno dall’aumento della
velocità di contrazione del muscolo cardiaco, alla vasodilatazione di alcuni distretti, alla regolazione del
metabolismo epatico del glucosio o del metabolismo dei lipidi nel tessuto adiposo.
Questi sono due regolatori, o meglio deregolatori, in quanto sono tossine, delle subunità Galpha. Questi
inducono una modifica post-traduzionale stabile della Galpha, ossia
l’ADP-RIBOSILAZIONE. Prendono l’ADP-RIBOSILE DL NAD, lo staccano e
lo portano sulla subunità Galpha. La subuntà Galpha non funziona più
bene nell’idrolisi del GTP e di conseguenza è mantenuta sempre attiva,
in quanto sempre carica con il GTP.
Nel primo caso avremo cAMP alto, nel secondo basso. Entrambi i casi
non sono regolabili da nessuno ormone, perché le tossine hanno
bloccato le G aplha nella forma GTP-bound. Sono tossine perché
operano una modifica che è duratura.
Nell’immagine vediamo un recettore verde e uno giallo. Il recettore verde funziona con una G-alpha-s, che
stimola l’adenilato ciclasi. L’adrenalina (detta anche epinefrina), il glucagone, l’ormone adrenocorticotropo
(che stimola la ghiandola surrenale a sintetizzare gli
ormoni steroidei) sono esempi di ormone che
funzionano in partnership con la subunità G alpha-s.
Cosa fa una cellula che possiede entrambi questi recettori nel caso in cui questi ligandi dovessero arrivare
insieme (ad esempio se l’adrenalina arriva insieme alla prostaglandina)? La cellula ha in questo caso due
stimoli, uno opposto all’altro. La cellula fa la somma algebrica, si parla di integrazione del segnale. L’effetto
finale dipenderà anche dal tessuto, in quanto ci sono tessuti estremamente sensibili alle prostaglandine e
quindi il segnale sarebbe più inibitorio, altri più sensibili all’adrenalina e quindi l’effetto cambierebbe.
Sbobina n° 32 – Biochimica III 21/04/2021
Prof.ssa: Paola Chiarugi
Sbobinatori: Alberto Franceschini, Giuseppe Diele
Revisore: Alessia Corbia
Proseguiamo la lezione della volta scorsa; avevamo visto la trasduzione del segnale associata ai recettori
accoppiati a proteine G e che differiscono per la tipologia della subunità α, che regola un effettore diverso a
seconda della tipologia e che è target di una modifica come l’ADP ribosilazione operata dalla tossina
pertussica e la tossina colerica; queste bloccano la subunità α nella conformazione attiva (GTP-bound) e
quindi bloccano la Gα corrispondente, in un caso la Gα-s, in un caso la Gα-i, bloccando la capacità o di
sintetizzare cAMP, o di distruggerlo.
Abbiamo anche visto che i recettori sono soggetti a integrazione, e a volte è proprio l’effettore a essere
l’integratore del segnale; abbiamo fatto l’esempio di segnali che possono essere sia positivi che negativi
sull’effettore adenilico ciclasi, ne emergerà un segnale che sarà la sommatoria algebrica dei due segnali.
Le subunità β/γ che sono molto simili in tutti i recettori a proteine G; mentre le Gα variavano al variare
dell’effettore, queste svolgono un po’ la stessa funzione in tutti i recettori: si occupano della
desentitizzazione, processo a cui i recettori vanno incontro che li rende meno recettivi se il segnale perdura
nel tempo.
Per fare questo il recettore è rimosso temporaneamente dalla superficie della membrana, internalizzato in
vescicole endocitotiche (impedendogli di entrare in contatto con l’ormone) con conseguente inibizione del
segnale.
Il processo è guidato dalle subunità β e γ (che rimangono sempre associate) che seguono un ciclo.
Queste subunità reclutano un enzima detto β arrestina kinasi, attivandolo, che è in grado di fosforilare a
livello di una Serina (si tratta dunque di una Serina Kinasi) sulla coda C-terminale del recettore; in questo
modo il recettore viene reso meno efficiente (manda un segnale meno rilevante), e la β arrestina si potrà
legare all’estremità fosforilata formando un complesso.
Avviene un’internalizzazione per endocitosi del recettore; le proteine responsabili dell’endocitosi,
principalmente clatrina e proteine associate ad essa, invaginano la membrana nella zona del recettore
fosforilato, la vescicola gemma verso l’interno della cellula e il recettore viene rimosso dalla superficie della
cellula.
Il recettore ha due possibili destini:
- Essere degradato dai sistemi proteolitici se la vescicola si fonde con le vescicole lisosomiali, in questo
caso la regolazione è duratura (il recettore non si recupera)
- Fusione con delle vescicole endocitotiche con ambiente leggermente acido (meno dei lisosomi);
l’acidità porta al distacco del complesso ormone-recettore, una volta che il recettore è liberato
dall’ormone può essere riesposto. La vescicola può quindi fondersi con la membrana e riportare il
recettore sulla superficie, se l’ormone è ancora presente all’esterno della cellula il segnale continua.
Per questo si parla di desentitizzazione e non di terminazione del segnale, perché i due possibili destini fanno
sì che se l’ormone permane all’esterno della cellula la risposta continui seppur con meno recettori.
Il segnale che parte dai recettori a proteine G è facilmente omologabile ma vedremo, quando parleremo dei
secondi messaggeri, come questi abbiano esiti diversi; qui (immagine a sopra) vediamo vasopressina,
adrenalina o epinefrina (due nomi alternativi), la luce, gli odoranti e il gusto dolce.
I recettori per quanto siano tutti con sette domini transmembrana, sono tutti diversi, la Gα che è sempre
presente, cambia: c’è la G-i, la G-s, la trasducina, la G olfattiva (ce ne sono due, per odoranti diversi) e la G-
gust (del gusto dolce).
Alle Gα si associa un effettore che a sua volta cambia; vediamo che l’adenilico ciclasi nel primo caso viene
inibita e nel secondo attivata, l’adenilico ciclasi ricompare anche dopo, ma in cellule diverse il cAMP (il
secondo messaggero dell’adenilico ciclasi) ha effetti diversi.
Sia nel caso dell’epinefrina (il recettore è un recettore β che si trova in fegato e cuore), che del secondo
odorante (epitelio nasale), che del gusto dolce (cellule che sentono il gusto) il cAMP aumenta; ma tessuti
diversi esprimono proteine diverse e quindi la risposta sarà diversa.
Nel fegato il cAMP andrà a regolare la glicogeno fosforilasi e si avrà un rilascio di glucosio nel fegato, nel caso
del gusto dolce il cAMP attiva la PKA (protein kinasi cAMP dipendente) che fosforila un canale, il quale si
chiude e blocca il passaggio del potassio, in questo modo la cellula del gusto sente il dolce; nell’epitelio
olfattivo invece si apre un canale che fa passare calcio e sodio.
Cellule diverse esprimono proteine diverse, sentono ormoni diversi ma lo schema di funzionamento è spesso
simile.
Nel caso del primo odorante e della luce, l’effettore non è l’adenil ciclasi ma altri, che modulano secondi
messaggeri diversi.
Nel caso della luce, la trasducina (la Gα) attiva la fosfodiesterasi del cGMP, un nucleotide ciclico molto
inusuale nella cellula (lo sente subito quando aumenta di concentrazione); la fosfodiesterasi lo distrugge,
idrolizza il legame fosfodiestere ciclico 3’ 5’ nel ribosio e così funziona la visione (lo rivedremo comunque più
avanti).
Nel caso degli odoranti la G olfattiva ha come effettore la fosfolipasi C, questa ha come secondo messaggero
l’inositolo trifosfato (IP3), piccola molecola cha va ad aprire dei canali del calcio che stanno sul RE, un deposito
di calcio; aumentando la concentrazione di IP3 si aumenta quindi anche quella di calcio; il calcio è un catione
che si comporta da secondo messaggero.
È arrivato il segnale al recettore accoppiato a proteine G, è stato modulato l’effettore, si è staccata la subunità
βγ, è andata a down-regolare il recettore portando a desentitizzazione e poi che succede?
La Gα in questo caso ha stimolato l’adenilil ciclasi, il cAMP è aumentato e va su una proteina detta PKA , una
proteina kinasi con 4 subunità, due regolatorie e due catalitiche; le due regolatorie sono capaci di legare
ciascuna due cAMP che le fanno staccare dalle subunità catalitiche che a questo punto sono libere di
funzionare.
La regolazione effettuata dalle subunità regolatorie è quindi un’inibizione della subunità C (catalitica).
La subunità catalitica è una kinasi e quindi fosforila dei substrati, ad esempio la glicogeno fosforilasi nel fegato
e nei muscoli.
L’effetto generale di questi ormoni è di permettere a questa proteina catalitiamente attiva (la subunità C
della PKA) di entrare nel nucleo e fosforilare dei fattori trascrizionali, che in questo modo si attivano.
Entra nel nucleo grazie a una sequenza di localizzazione nucleare che prima era coperta, infatti la subunità C
ha cambiato conformazione al distacco dalle subunità regolatorie.
I fattori trascrizionali fosforilati si associano con le istone acetilasi (infatti tutte le volte che c’è una trascrizione
c’è anche una acetilazione istonica); i fattori trascrizionali inoltre andranno a trascrivere il gene “giusto” che
riconoscono grazie a delle sequenze sul promotore.
Vari geni sono trascritti da questi fattori trascrizionali ormone-dipendenti e questi hanno la sequenza CRE
(Cyclic-AMP Responsive Element, elemento di risposta ad AMP ciclico), tutti i geni che hanno la CRE
rispondono a cAMP.
CRE è una sequenza palindromica di una ventina di basi presente solo nei geni regolati dai fattori trascrizionali
fosforilati.
La fosforilazione da parte della PKA non è solo sui fattori trascrizionali ma anche su delle proteine regolatrici
dei fattori; la trascrizione è infatti finemente regolata e coinvolge molte proteine, una di queste si chiama
CREB (Cyclic-AMP Responsive Element Binding protein), uno dei bersagli della fosforilazione, che lega la
sequenza CRE del DNA.
Tutti gli ormoni seguono lo stesso criterio di questo esempio, cambia il responsive element (la sequenza di
dna), perciò nel caso dell’ormone tiroideo avrò il TRE (Thyroid Responsive Element), se invece parlo dei geni
regolati dai glucocorticoidi, ormoni steroidei sintetizzati dalla corticale del surrene, avrò un GRE
(Glucocorticoid Responsive Element), se ho l’aldosterone, un mineralcorticoide, un altro steroide della
corticale del surrene, ci sarà un MRE nel promotore.
Cambia la sequenza, cambia il tipo di regolazione ormonale.
Non tutti i nomi sono necessariamente così intuitivi: SRE (Serum Responsive Element), il siero è il mitogeno
per eccellenza, al suo interno ci sono tanti ormoni mitogeni, tutti gli ormoni mitogeni attivano gli stessi geni
della regolazione del ciclo (ciclo cellulare); è perciò che il responsive element di tutti gli ormoni mitogeni si
chiama SRE invece che prendere il nome dal singolo mitogeno
Se guardiamo la fosfolipasi C notiamo che sono indicati dei domini, SH3 e SH2, ancora non posso andare nel
dettaglio ma noi già sappiamo cosa sono dei domini: parti della proteina con funzioni specifiche e conservate,
e che quindi posso ritrovare in proteine diverse; si chiamano SH perché per la prima volta sono stati trovati
nella proteina Src (letto “sarc”), un oncogene che è mutato in molti tumori, in particolare nei sarcomi dei
tumori molto aggressivi e metastatici.
Questi domini sono comuni a molte proteine con funzione conservata: il dominio SH2 lega le tirosine
fosforilate, infatti sia la GAP, che la PI 3 kinasi che la fosfolipasi C hanno questo dominio, altrimenti non
legherebbero la tirosina fosforilata del recettore.
Il dominio SH3 a sua volta media il contatto proteina-proteina e interagisce con un’altra proteina che ha una
zona ricca di proline, la prolina è un amminoacido inusuale, chiuso a gomito e nemmeno un amminoacido
vero e proprio ma un imminoacido a causa del legame interno; quindi quando ci sono tante proline, la
proteina ha una struttura tridimensionale sui generis e quindi facilmente riconoscibile.
Il dominio SH3 si è quindi evoluto per riconoscere questa struttura inusuale in un’altra proteina, questo crea
una sorta di collante specifico.
Le proteine funzionano basandosi molto sui domini, Tony Towson, un canadese, per tutta la vita ha studiato
i domini delle proteine (li è valso il Nobel) e ha identificato una serie di domini che si conservano nelle
proteine, tra cui SH2 e SH3.
Trasduzione del segnale RTK
Fase 1: interagisce l’ormone con il ligando, le subunità dimerizzano, si fosforilano (prima trans- fosforilazione
poi cis-fosforilazione)
Fase 2: le tirosine fosforilate interagiscono con i domini SH2 di un’altra proteina, in quest’immagine si segue
solo una via di trasduzione del segnale ma se ci sono tre tirosine ci saranno almeno altre tre vie, con 18, 18
vie e così via.
Nella diapositiva è mostrata la via mitogenica, la via di attivazione della mitosi, questi recettori fanno uscire
la cellula dalla fase G0 e la fanno entrare in G1 attivando il percorso delle cicline D.
La proteina con il dominio SH2 ha anche il dominio SH3, questa funge da adattatore: la SH2 serve a legare la
proteina adattatore al recettore e la SH3 serve a legarla ad un’altra proteina; la proteina collante (o
adattatore) si chiama GRB2 (letto “greb2”)
Fun Fact by Paolina Chiarugi: per rendere pronunciabili a noi gente dell’ovest (infatti in asia
pronunciano senza problemi anche 16 consonanti di fila) è consuetudine inserire una vocale
all’interno degli acronimi con cui indichiamo i geni, “quale vocale? Vattelappesca” (cito
testualmente)
In pratica per conoscerla dovete averla sentita dire, si tramanda oralmente, e quando la sbagliate a
un convegno vi prendono per dei raccattati, e la vergogna lo imprimerà a fuoco nella vostra
memoria.
(l’aneddoto traumatico della chiarugi termina qui, ma ci servirà da monito nei giorni che verranno)
(il tutto è riferito a Src e GRB2 che si leggono sarc e greb2)
La proteina a cui GRB2 si lega è la proteina SOS che ha delle zone ricche di prolina; il nome SOS vuol dire
Son Of Sevenless (in pratica nulla), è stata scoperta in Drosophila e a tutte le proteine che sono scoperte in
Drosophila gli mettono un nome che non ha alcun significato da cui estrapolano un acronimo, quindi
quando troviamo un acronimo che non ha nulla a che fare con la funzione, è stata scoperta in drosophila.
(drosophila melanogaster è un modello di studio molto comune)
Nonostante il nome SOS ha una funzione importante, è un
regolatore di una GTPasi.
Le GTPasi sono degli interruttori molecolari, sono attivi
quando legano il GTP e inattivi quando legano il GDP; le
proteine G non sono solo trimeriche (α,β e γ) ma ne esistono
anche di monomeriche che sono importanti secondi
messaggeri, queste sono molto simili alla Gα e sono dette
small GTPase; fuzionano nello stesso modo, attive con GTP e
inattive con GDP, si autoinattivano perché hanno attività
idrolasica (un ciclo).
Il capostipite di questi secondi messaggeri è il Ras, un
oncogene mutato nel 50% dei tumori umani (impotante), è il
capostipite dei segnali di tipo proliferativo, delle mitosi
incontrollate, e molte delle mutazioni del Ras mutano
l’attività GTPasica, non si scarica più e la mitosi continua a
procedere.
(Domanda di un nostro collega: “I domini SH2 ed SH3 sono sempre accoppiati?”; risposta della prof.: “Si,
sono sempre accoppiate”. Ps. Non ho la certezza che la domanda sopra riportata sia quella realmente
proposta durante la lezione poiché nella registrazione la voce dello studente non è udibile. La domanda che
ho riportato mi è stata riferita da una nostra collega sul gruppo di Whatsapp.).
Come dicevamo l’NO è un segnalatore paracrino che fuoriesce rapidamente dalla cellula endoteliale ed
altrettanto velocemente raggiunge la cellula muscolare liscia dove induce un rilassamento che avviene in
quanto il contatto actina-miosina nel muscolo liscio è regolato dal cGMP, il NO va sul suo recettore che
viene attivato ed inizia a sintetizzare GMP ciclico, questo va sul regolatore della miosina e inibendola induce
il miorilassamento.
• Inizialmente l’acronimo JAK stava per janus kinase dal dio Giano, il dio bifronte, con due teste,
questo perché anche queste proteine hanno una struttura simile, ovvero presentano queste due
componenti catalitiche simili a due teste;
• L’altra interpretazione di questo acronimo è just another kinase, a significare che è un’ulteriore
kinasi che si aggiunge alle molteplici già presenti.
A parte le JAK, altre kinasi che possono essere reclutate ed attivate da questi recettori sono le Src di cui
abbiamo già parlato e su cui torneremo in quanto sono una classe di proteine molto importante.
Sono costituiti da una proteina di membrana, solitamente multimerica, che attraversa la membrana 4-5,
mai 7 volte, si associano e formano un canale che si trova chiuso finchè non avviene l’interazione con
l’ormone che induce una modifica conformazionale sulla subunità che ha
interagito con l’ormone e che si propaga alle altre subunità permettendo
l’apertura del canale ed il passaggio dello ione. Ci sono canali molto disparati
così come sono diversificati anche gli ioni che li attraversano, qui in
particolare è riportato il recettore per l’acetilcolina, un ormone che presenta
più tipologie di recettori: esistono i recettori nicotinici ed i recettori
muscarinici, inibiti rispettivamente dalla nicotina e dalla muscarina,
quest’ultima presente in una specie di fungo. Sono due classi di recettori che
rispondono entrambi all’acetilcolina ma con criteri differenti. I recettori
nicotinici sono quelli rappresentati nell’immagine sulla sinistra; strutture
semplici che si basano sull’apertura e sulla chiusura del canale. I muscarinici
invece sono del tipo accoppiati alle proteine G, un po' più complicati. Lo
stesso ormone presenta rece ttori diversi per svolgere funzioni diverse.
Esistono poi due recettori differenti per ciascuna tipologia (2 nicotinici e 2 muscarinici) per differenziare
ulteriormente le varie segnalazioni.
Parlando dei recettori nicotinici abbiamo detto che si tratta di strutture semplici, “buchi” nella membrana.
Tuttavia questi “buchi” possono presentare una certa regolazione: esiste uno stato di riposo, in cui il canale
è chiuso e l’ormone non è arrivato; uno stato di eccitazione
in cui l’ormone ha interagito con il recettore ed il canale è
aperto; e poi esiste uno stato desensitizato, in cui il canale
non è né ben aperto né completamente chiuso, dovuto ad
una situazione in cui l’ormone è rimasto un po' troppo al
lungo. In questo caso è solo una questione sterica,
conformazionale, ovvero non vi è l’azione della beta
arrestina che induce la fosforilazione, c’è solo la presenza
di questi tre stati.
Questi recettori sono molto coinvolti nello sviluppo ontogenetico, ovvero nel differenziamento.
Sono dei recettori di membrana costituiti da grandi proteine che vengono protolizzati quantomeno due
volte:
• il primo taglio avviene nel reticolo del golgi
durante la maturazione della proteina, prima
dell’esposizione alla membrana (nell’immagine
possiamo vedere come questo taglio avvenga sul
sito 1 prima che avvenga l’interazione con
l’ormone). A questo punto la proteina viene
esposta sulla membrana citoplasmatica e le due
subunità proteiche che si sono venute a formare
in seguito al primo taglio proteolitico si vanno ad
associare tramite un’interazione proteina-
proteina e per un legame covalente;
• a questo punto avviene l’iterazione con un
ligando per questo recettore, solitamente una
proteina di membrana di un’altra cellula
(parliamo allora di una segnalazione eterotipica)
nella fattispecie nell’immagine possiamo osservare l’interazione tra il recettore NOTCH ed il ligando
Delta (proteine riconosciute durante degli studi effettuati sui drosofila ma che presentano gli stessi
nomi anche nell’uomo). Delta interagisce con la subunità extracellulare di NOTCH e induce il
secondo taglio su NOTCH da parte di una proteasi vicina alla membrana. NOTCH a questo punto
perde la subunità extracellulare che resta attaccata a Delta, mentre la porzione extracellulare della
subunità transmembrana subisce una proteolisi limitata che porta all’attivazione di NOTCH;
• questa attivazione prosegue all’interno della cellula che porta ad un terzo tagio che questa volta
avverrà sul versante citosolico portando al distacco della componente citosolica della proteina e
lasciando adesa alla membrana solo la porzione idrofobica .
Questa porzione citosolica della proteina, una volta separata dalla componente che la legava alla
membrana, si trova libera all’interno del citoplasma e migra all’interno del nucleo dove andrà ad associarsi
con dei fattori trascrizionali andando a regolare l’espressione genica.
Quindi possiamo osservare come i meccanismi terminali di queste segnalazioni siano sempre gli stessi, a
modificarsi, anche ampiamente, sono le metodologie di recezione del segnale che osserviamo a livello della
membrana.
I SECONDI MESSAGGERI
Abbiamo presentato i secondi messaggeri come qualcosa che si trova a valle dei recettori e alcuni li
abbiamo anche presentati in modo prettamente generico, ora entreremo un po' più nel dettaglio.
IL cAMP
L’AMP, ciclico o adenosino monofosfato 5I-3I ciclico, è costituito dalla base
azotata adenina legata tramite un legame N-glicosilico al ribosio ed i carboni 3 e
5 del ribosio sono legati da un legame fosfodiestere ciclico che è stato
sintetizzato dall’enzima adenilato ciclasi a partire da una molecola di ATP.
Questo secondo messaggero ha poi un sistema per essere recepito dalla cellula
che prende il nome di PKA, protein cinasi AMP ciclico dipendente. Il cAMP è un
secondo messaggero molto utilizzato, ad esempio lo troviamo nelle segnalazioni
mediate dall’adrenalina, dall’ormone adreno-corticotropo, dal glucagone,
dall’ormone follicolo-stimolante, dall’ormone luteinizzante, dall’ormone
tireotropo, dall’ormone paratiroideo, dalla vasopressina, da diverse
prostaglandine, ed altri ancora. Possiamo quindi dire che questo secondo messaggero è molto utilizzato,
forse il più utilizzato, motivo per cui è stato il primo ad essere scoperto e caratterizzato come secondo
messaggero.
IL cGMP
Molto simile al primo troviamo il guanosin monofosfato ciclico, la cui unica
differenza dal cAMP sta nella base azotata che non è più un’adenina ma una
guanosina, per il resto ritroviamo la stessa struttura già osservata. Ovvaimente
questa volta troveremo l’enzima guanilato ciclasi che andrà a formare il nostro
secondo messaggero a partire da una molecola di GTP.
Viene percepito anche lui dalla cellula da una protein kinasi in questo caso una
PKG ovvero proein kinasi GMP ciclico dipendente. Un’altra caratteristica che
accomuna questi due secondi messaggeri è che possono essere entrambi idrolizzati dalle fosfodiesterasi,
degli enzimi specifici per ciascuno dei due secondi messaggeri che vanno a distruggerli appunto per idrolisi.
Quindi per controllare la concentrazione di questi secondi messaggeri posso agire sia sull’enzima che li
sintetizza che su quello che li distrugge, attivandoli o inibendoli. Ad esempio nella visione inibiamo una
fosfodiesterasi.
DAG
Un altro secondo messaggero è il diacil glicerolo. Un glicerolo, che presenta
treatomi di carbonio, in cui la prima e la seconda posizione rimangono
esterificate ad un acido grasso mentre la terza no, così come avviene nei
fosfolipidi solo che questi ultimi presentano anche un gruppo fosfato con una
testa polare. Questo secondo messaggero deriva infatti da un fosfolipide a cui è
stata rimossa la testa polare.
IP3
In questo caso il secondo messaggero è costituito da una testa polare. L’inositolo
1,4,5 trifosfato, lo abbiamo già osservato parlando dei meccanismi di rilascio del
calcio dai depositi del reticolo endoplasmatico. Per comprendere la relazione tra l’IP3
e il DAG pensiamo alla struttura del fosfatidil inositolo, un fosfolipide molto
importante nelle membrane biologiche, possiamo osservare come questo sia
solitamente fosforilato in posizione 4 e 5, in più c’è il gruppo fosfato che sta a ponte
tra la testa polare e il glicerolo. Se un enzima idrolizza il legame in terza posizione liberando la testa polare
ci dà il diacil glicerolo. IP3 e DAG sono in connessione.
Ca2+
Le due molecole appena descritte sono in relazione non solo tra loro ma
anche con un altro secondo messaggero che è il calcio. Essendo il
messaggio qualcosa che posso recepire/rilevare, anche uno ione come il
calcio la cui concentrazione viene mantenuta bassa all’interno della
cellula, può fungere da secondo messaggero
mediante un aumento della sua conentrazione
intracellulare, un messaggio che verrà recepito
grazie ad una serie di proteine in grado di
legare il calcio la cui capostipite è una proteina
molto piccola chiamata calmodulina. Questa
proteina è solitamente una subunità di proteine
multimeriche calcio dipendenti, ovvero tutte le
proteine calcio-dipendenti presentano tra le loro subunità una calmodulina in
grado di legare gli atomi di calcio in quanto presenta degli amminoacidi carichi negativamente nel sito
catalitico che attirano il calcio che è un catione instaurando questo legame di tipo elettrostatico.
La calmodulina esiste in due conformazioni, una aperta ed una chiusa, la conformazione aperta è data cpon
il legame con 4 ioni calcio (in giallo nell’immagine). Il legame con gli ioni calcio determina un’attivazione
della calmodulina che viene propagata alla proteina di cui la calmodulina fa parte. Un esempio è la
glicogeno fosforilasi che ha tra le sue subunità una calmodulina che ne permette la regolazione tramite il
calcio, cosa non presente nel fegeto ma che è fondamentale nel muscolo dove l’attività della glicogeno
fosforilasi è strettamente legata alla contrazione che a sua volta è anch’essa regolata dalla presenza di ioni
calcio nel citoplasma.
Altre proteine che vanno ad utilizzare il calcio come sensore sono la F-actinina, un regolatore del
citoscheletro; la calcineurina B, una proteina molto importante nella neurotrasmissione; la calretinina,
anch’essa coinvolta nella neurotrasmissione; la mieloperossidasi, fondamentale nei meccanismi di
infiammazione ad opera dei neutrofili; la tioredoddina reduttasi, importante nella biosintesi del DNA; la
troponina C, coinvolta nella contrazione muscolare; e tante altre.
Precedentemente abbiamo accennato al fatto che questi ultimi tre secondi messaggeri sono associati tra
loro, ovvero quando c’è uno troviamo anche gli altri. Nell’immagine possiamo osservare il fosfatidil
inositolo 4-5 bifosfato, un fosfolipide di membrana, uno dei più comuni. Possiamo osservare: il glicerolo; i
due acidi grassi, uno saturo ed uno insaturo, quest’ultimo solitamente in posizione 2; più sotto vediamo il
gruppo fosfato; e sotto ancora c’è l’inositolo fosforilato nelle posizioni 4 e 5. Questo fosfolipide incontra il
suo effettore ovvero l’enzima fosfolipasi C che va ad idrolizzare il legame tra il fosfato ed il glicerolo e
rilascia il diacilglicerolo, le cui code apolari, i due acidi grassi, rimangono dentro la membrane, parliamo
quindi di un secondo messaggero lipofilo; e poi c’è l’inositolo trifosfato, IP3, tre perché un fosfato deriva
dal fosfolipide. L’IP3 va a questo punto sui depositi reticolari del calcio dove vi è un suo recettore, un canale
che viene regolato dall’inositolo trifosfato. Questo canale prende il nome di canale del calcio rianodina-
dipendente, così chiamato perché l’agonista riadonina, un farmaco, è in grado di modularlo.
Sia il calcio che il Diacil glicerolo sono dei regolatori di una protein kinasi, ovvero per il calcio la protein
kinasi C, o PKC, che va a fosforilare delle molecole come la glicogeno fosforilasi o dei canali.
Anche il DAG che rimane in seguito al taglio
adeso alla membrana va ad attivare la PKC.
Come accennato il calcio viene mantenuto costantemente a concentrazioni molto basse così da
permettergli di funzionare da secondo messaggero. Ci sono infatti una serie di trasportatori che
consentono in maniera efficiente il mantenimento di quesa concentrazione molto bassa. Nella fattispecie,
sulla membrana abbiamo sia uno scambiatore calcio-sodio (trasporto attivo secondario) che una pompa
per il calcio ATPasica, mentre nel reticolo agirà principalmente la pompa e nel mitocondrio avremo
un’attività prevalente ad operà dello scambiatore.
PI3P
Il fosfatidil indositolo 3 fosfato è un secondo messaggero ,olto particolare. È e rimane
un fosfolipide di membrana. Che il fosfatidil inositolo sia fosforilato o meno nelle
posizioni 4, 5 o entrambe,non fa differenza l’importante è che ad essere fosforilata sia
la posizione 3 in quanto funge da sito di attivazione della molecola. Avremo quindi un
enzima, la fosfatidil inositolo 3 cinasi, che lo fosforila in posizione 3 formando il
nostro secondo messaggero. Questa molecola è una dei più importanti secondi
messaggeri se non la più importante, perché è un segnale di sopravvivenza e la
sopravvivenza della cellula è il punto primo affinchè la cellula stessa possa percepire gli
altri segnali, se la cellula va in apoptosi gli altri segnali saranno inutili.
La PKB è anche un oncogene, ovvero un gene che se dovesse essere mutato o alterato nella sua funzione
indurrebbecalcinogenesi, una trasformazione neoplastica. Quando sono un oncogene presentano un nome
diverso ovvero Akt (il nome è differente in quanto nello stesso periodo due ricercatori distinti hanno
scoperto la stessa molecola, uno come recettore del segnale di sopravvivenza e lo ha chiamato PKB; mentre
il secondo gruppo di ricercatori ha scoperto questa proteina mutata in un tessuto tumorale e l’ha chiamata
Akt. Solo successivamente si sono resi conto che si trattava della stessa molecola che aveva però subito una
mutazione).
Sbobina n° 33 – [Biochimica II] (23/04/2021)
Prof.ssa: Chiarugi
Sbobinatore: Lorenzo Goti
Revisore: Elena Ferretti
Secondi messaggeri
Fosfatidilinositolo 3 fosfato (PI3P)
Secondo messaggero particolare perché rimane nella membrana, quindi
è in grado di regolare effettori che sono o dentro la membrana o nelle
immediate vicinanze. [per essere effettori proteici nelle immediate
vicinanze della membrana basta avere una modificazione post-
traduzionale per le proteine di tipo lipofilo, come proteine prenilate o
addizionate ad acidi grassi].
Il PI3P è inoltre particolare poiché fosforilato nella posizione 3, e la
condizione che lo converte da un normale fosfolipide di membrana a
essere un messaggero, quindi foriero di un segnale ormonale, è proprio
l’esclusiva fosforilazione in posizione 3. Di fatto questi fosfolipidi di
membrana possono essere fosforilati anche nelle posizioni 4 e 5, e
quindi potremmo identificare una sorta di famiglia di secondi
messaggeri in cui la fosforilazione in 3 è comune, ed è quella che
segnala, ma può esserci la fosforilazione in 4, in 5, o addirittura in
entrambe le posizioni. PI3P è in grado di interagire con dei domini delle
membrane, in particolare domini chiamati PH, da pleckstrin homology,
omologhi alla plecstrina, cioè la prima proteina che è stata trovata ad
Figura 1 – Fosfatidilinositolo 3 fosfato
interagire con il fosfatidilinositolo. Poi è stato visto che tutte le proteine (PI3P)
che interagiscono con il fosfatidilinositolo hanno in comune questo
dominio PH. Tra queste, la proteina più importante che funge da trasduttore del segnale portato dal PI3P è
la PKB, una proteina chinasi che segnala alla cellula di sopravvivere. È un segnale attivato in moltissimi
tumori, che saranno in grado di sopravvivere anche in condizioni disvitali in cui invece altre cellule
morirebbero per apoptosi, perché hanno una mutazione in questa PKB che la rende costitutivamente
attiva, svincolata dalla regolazione ormone-dipendente che segnala attraversa il dominio PH e la presenza
di PI3P. Questa proteina oncogenica prende il nome di AKT.
1
regolazione di una chinasi
chiamata TOR, la quale fosforila
le proteine ribosomiali in modo
tale da attivare il ribosoma e
renderlo più efficiente; quindi,
non ha un effetto specifico sulla
traduzione di una singola
proteina, ma sulla traduzione di
Figura 3 – Tabella riassuntiva dei membri più importanti delle famiglie delle piccole un po’ tutte le proteine,
GTPasi velocizzandone la loro sintesi.
Della sottofamiglia Rho fa parte Rho, importante nella contrattilità cellulare miosina-dipendente. Di
questa famiglia fanno poi parte Rac, importante nella motilità, e Cdc-42, importante per la polarità
cellulare, è una caratteristica di tutte le cellule che si muovono e serve per definire qual è il fronte
anteriore e quale quello posteriore in modo da dare una direzione;
Della famiglia Ran esiste un unico membro, Ran appunto, che serve per trasportare le proteine
all’interno del nucleo attraverso i pori nucleari;
La famiglia ARF, di cui fanno parte 6 membri (ARF1-ARF6), serve per regolare il traffico, soprattutto
in uscita, delle vescicole endocitotiche ed esocitotiche;
La famiglia Rab (Rab1-Rab60), regola soprattutto il traffico in entrata delle vescicole.
Inoltre, queste piccole proteine G sono reclutate nella compagine intracellulare di più o meno tutti i
recettori di membrana dal momento che sono i migliori “interruttori” che la natura abbia messo a punto,
cioè sono in grado di gestire il segnale (aperto/chiuso – acceso/spento) in maniera eccellente.
2
segnale, per questo rientrano nei secondi messaggeri.
Proteine adattatrici
Tra il grande gruppo dei secondi messaggeri è opportuno includere anche le cosiddette proteine
adattatrici, le quali non sono formalmente degli enzimi però sono in grado di legare i recettori sulla loro
facciata citosolica del recettore e funzionare da adattatori veri e propri. Un esempio è GRB-2: non ha
un’attività enzimatica in sé stessa, ma senza la sua presenza e i suoi relativi domini SH-2 e SH-3 non sarebbe
possibile la trasduzione del segnale mitogenico. Di questi adattatori ce ne sono moltissimi e ne esiste una
grandissima famiglia. In generale, il loro meccanismo di azione è quello mostrato nell’immagine
sottostante: ci sono delle vere e proprie proteine
chiamate scaffold che hanno la capacità di
interagire con il recettore nella sua parte citosolica,
ma presentano anche numerosi siti di interazione
con tantissime altre proteine presenti all’interno
della cellula, funzionando così come una sorta di
“ciabatta” adattatrice per tante spine diverse.
Quindi queste proteine scaffold sono molto comuni
e uno dei segnali che funziona più largamente
attraverso il reclutamento di questi scaffold è
proprio il segnale dell’insulina (più precisamente,
questa recluta una grande proteina adattatrice
chiamata IRS-1 o Insuline Receptor Substrate 1).
Figura 6 – Propagazione del segnale mediante proteine scaffold
Concettualmente, la capacità di reclutare una serie di proteine attraverso il legame di una proteina scaffold
è funzionale soprattutto alla propagazione del segnale. Proteine che sarebbero disperse nel citoplasma,
infatti, in questo modo vengono concentrate e reclutate verso la superficie della cellula. È dunque un
sistema di settorializzare il segnale cellulare nelle vicinanze del recettore.
3
Reclutamento di proteine segnalatorie sui lipidi di membrana
Il PI3P è un secondo messaggero
particolare anche per il fatto che, a
differenza di quanto visto fino ad
adesso, trasduce il segnale
direttamente sulla superficie della
membrana. Come si può vedere in
Figura 8, il fosfatidilinositolo viene
mostrato a sinistra con due
fosforilazioni, verosimilmente le
posizioni 4 e 5; in seguito
all’interazione ligando-recettore ed al
Figura 8 – Reclutamento di proteine segnalatorie sui lipidi di membrana conseguente cambio conformazionale
di questo, viene aggiunta la
fosforilazione in posizione 3, formando PI3P. Tuttavia, il secondo messaggero, ovvero il trasduttore del
segnale, rimane legato alla membrana perché ha ancora i 2 acidi grassi esterificati al glicerolo, e quindi sono
le proteine (la 1 e la 2, rispettivamente in verde e in arancione) che dovranno essere attivate ad essere
reclutate a livello della superficie della membrana, dove si andranno a legare al secondo messaggero
mediante il dominio PH. Dopodiché queste si attivano e porteranno ad un segnale downstream, che
certamente dopo essersi propagato a livello della membrana giungerà anche nel citoplasma per poi passare
nel nucleo dove sarà convertito in risposta cellulare.
4
In Figura 10 abbiamo uno schema per osservare
quanti sono i segnali che un recettore può attivare
in seguito all’interazione con il suo ormone. Le
due principali famiglie di recettori sono i GPCR (G
protein-coupled receptors, recettori accoppiati a
proteine G) e i RTK (receptor tyrosine kinase,
recettori a tirosino-chinasi), e sono acronimi
molto utilizzati perché sono le due famiglie più
grandi. Entrambe sono in grado di attivare vie che
attivano moltissime chinasi diverse, come la
chinasi cAMP-dipendente, la chinasi Ca2+-
dipendente, la MAP-chinasi (via proliferativa), la
PKB/AKT (via di sopravvivenza), o la calmodulina
chinasi (di cui non abbiamo parlato, noi abbiamo
trattato solo la calmodulina, cioè quella subunità
presente in molte proteine in grado di legare
Figura 10 – Recettori GPCR e RTK
calcio e capace di regolare, in relazione alle
concentrazioni di calcio, molte proteine, fra cui la calmodulina chinasi).
5
Via di trasduzione del segnale di sopravvivenza
Importante poiché tutte le cellule
necessitano di un segnale di
sopravvivenza per inibire un
segnale apoptogenico, cioè di
morte, che di default sarebbe
attivato e a cui le cellule
andrebbero incontro se non ci fosse
appunto un segnale di
sopravvivenza a contrastarlo.
Questo segnale di sopravvivenza
può essere di semplice
sopravvivenza o di sopravvivenza
che contrasta segnali di morte: se la
cellula è priva di segnali di morte,
Figura 12 – Trasduzione del segnale di sopravvivenza mediato da RTK
basta anche un segnale di sopravvivenza basso per sopravvivere; se invece la cellula è bombardata da
segnali di morte sarà necessario un segnale di sopravvivenza alto per contrastarlo (da ricordare in questo
caso il concetto dell’integrazione, cioè della sommatoria dei segnali). Il segnale di sopravvivenza parte da
recettori di sopravvivenza: circa il 90% di recettori sono recettori di sopravvivenza, tanto è vero che questa
è garantita anche dalle integrine stesse, che sono dei recettori di membrana nel contesto extracellulare.
Sappiamo infatti che una cellula che è in contatto con la propria matrice extracellulare vive tranquillamente
in attesa di un diverso segnale di comportamento. In questo caso (Figura 12) ci si riferisce ad un recettore
ad attività tirosino-chinasi (RTK): il segnale di sopravvivenza induce la fosforilazione del recettore (cosa che
non si avrebbe se il recettore fosse un’integrina); questa fosforilazione va quindi ad attivare la
fosfatidilinositolo-3-chinasi, che fosforilando in posizione 3 il fosfatidilinositolo-4,5-bisfosfato, sintetizza
come secondo messaggero il fosfatidilinositolo-3,4,5-trifosfato (se parlassimo di integrine l’attivazione della
fosfatidilinositolo-3-chinasi non sarebbe mediata dalla fosforilazione, ma sempre dall’attivazione del
recettore, quindi non cambierebbe moltissimo, semplicemente non c’è questo gruppo fosfato iniziale). Il
secondo messaggero fosforilato nella posizione 3 interagisce successivamente con i domini PH di due
proteine, l’AKT (ne abbiamo parlato prima) e la PDK1 (una chinasi); quest’ultima ha sempre i domini PH e
ha il compito di potenziare il segnale su AKT. A questo punto AKT, chinasi in grado di dissociarsi dalla
membrana una volta iperfosforilata, dà un segnale multiplo: principalmente va a fosforilare la proteina Bad,
una proteina molto importante dal punto di vista della regolazione della morte cellulare programmata
perché, normalmente, quando il segnale di sopravvivenza non è presente, la Bad è legata ad una proteina
inibitrice dell’apoptosi, chiamata Bcl-2, rendendola inattiva. Quindi quando Bad non è fosforilata, la
proteina antiapoptotica Bcl-2 è legata a Bad e quindi la prima non è capace di svolgere la sua funzione;
quando AKT fosforila Bad, invece, questa si stacca da questa proteina Bcl-2, che sarà quindi capace di
inibire l’apoptosi. In questo modo il segnale di sopravvivenza è attivo, ed è bloccata la capacità della cellula
di entrare in apoptosi, grazie al secondo messaggero fosfatidilinositolo-3-chinasi che ha attivato la AKT.
Nell’immagine è indicato anche mTOR, che, come dicevamo prima, è una chinasi che fosforila le proteine
del ribosoma attivandolo; anche questo è intuitivo, perché una cellula che deve sopravvivere deve anche
sintetizzare le proteine vitali.
6
accresca la propria massa citoplasmatica ci sono dei veri e
propri fattori di crescita, che attivano sempre la PI3-K, la
quale andrà a sintetizzare il secondo messaggero PI3P, che a
sua volta attiva AKT/PKB. AKT/PKB va ad attivare la piccola
GTPasi Rheb, regolatoria della chinasi TOR, la quale fosforila
le proteine ribosomiali, aumentando l’efficienza della
traduzione a livello dei ribosomi, influenzando positivamente
la crescita della cellula.
Processo importante tanto quanto l’inizio o la trasduzione stessa del segnale, considerato il fatto che i
segnali devono durare per il tempo necessario affinché siano recepiti e per indurre un cambiamento di
risposta della cellula, ma non devono durare troppo altrimenti si passa a segnali non più percepiti dalla
cellula oppure percepiti in un contesto di tipo neoplastico.
I sistemi con cui la terminazione del segnale può essere ottenuta sono diversi:
Sequestramento del recettore all’interno di vescicole endocitotiche: queste vescicole, essendo
leggermente acide, inducono il rilascio dell’ormone dal recettore e successivamente questa
vescicola può rilasciare il recettore inattivato sulla superficie cellulare. È un esempio di
inattivazione transitoria.
Down-regulation: la regolazione appena vista può culminare anche in una inattivazione vera, fisica,
proteica del recettore, in quanto la vescicola formatosi può fondersi con il lisosoma e in quel caso si
distrugge tutto. Si tratta quindi di una inattivazione definitiva: non si può tornare indietro ma
occorre risintetizzare il recettore prima di poter recepire una nuova “ondata” di segnali ormonali.
Inattivazione di tipo recettoriale: il recettore stesso viene disattivato. È il caso, ad esempio, della
fosforilazione del recettore su un residuo di serina (β-arrestina chinasi, che fosforila il recettore
rendendolo meno sensibile).
Inattivazione a carico delle proteine intracellulari: come sopra, ma invece che il recettore vengono
disattivate le proteine intracellulari. Diverse fosfatasi, infatti, possono defosforilare il recettore, ma
talvolta anche le proteine che il recettore aveva precedentemente fosforilato, inducendo la
terminazione del segnale.
Biosintesi di proteine inibitorie: il recettore stesso le sintetizza, e la loro trascrizione viene regolata
proprio dal recettore stesso, in modo da indurre una down-regolazione. In questo caso si tratta di
un meccanismo molto più lento perché prevede appunto la trascrizione e la traduzione di nuove
proteine.
I recettori nucleari
Sono recettori che rispondono ad ormoni di natura lipofila, come ormoni steroidei e tiroidei. In questo
caso, a differenza degli ormoni proteici che necessitano obbligatoriamente di recettori di membrana per
trasdurre il segnare all’interno della cellula, gli ormoni lipofili possono scegliere: possono infatti sia entrare
direttamente nella cellula, in quanto in grado di permeare la membrana, sia rimanere all’esterno. Il
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vantaggio di non entrare è che si può sfruttare un sistema di trasduzione del segnale estremamente più
complicato: il recettore è di varie categorie, si cooptano diversi secondi messaggeri, andando ad attivare
moltissime vie; il segnale è quindi più complesso, in qualche modo pleiotropico. Normalmente, ormoni
steroidei e tiroidei hanno quasi esclusivamente recettori nucleari o citosolici, ma ci sono ormoni lipofili,
quali ormoni eicosanoidi paracrini, derivanti dall’acido arachidonico (20 atomi di carbonio), che presentano
recettori di membrana (nella fattispecie recettori accoppiati a proteine G) con una conseguente via di
segnalazione assai più complicata.
Tuttavia, è opportuno precisare che il trasporto di questi ormoni lipofili risulta un problema dal momento
che il plasma è un ambiente estremamente idrofilo: per ovviare a tale problema esistono specifiche
proteine carrier plasmatiche. Il legame carrier-ormone è sicuramente reversibile (non covalente) però è un
aspetto da tenere in conto perché quando si va a considerare la quantità di ormone attivo bisogna sempre
pensare che quello legato al carrier non è attivo, cioè non è capace di interagire col recettore, ma è
semplicemente trasportabile. Il complesso carrier-ormone ha comunque una valenza: funziona infatti da
riserva circolante dell’ormone e lo protegge dai meccanismi di degradazione ed escrezione, aumentandone
l’emivita.
La risposta agli ormoni lipofili è caratterizzata da due fasi, una rapida e una lenta. Quella rapida, o early
response, è una fase in cui l’ormone interagisce con il suo recettore; il complesso ormone-recettore entra
nel nucleo e induce la trascrizione di una serie di proteine, definite proteine della risposta primaria.
Queste, a loro volta danno luogo a una risposta secondaria, lenta. Spesso sono esse stesse proteine
trascrizionali o vanno a regolare dei fattori trascrizionali, causando una nuova trascrizione regolata, detta di
seconda generazione o delayed response, che induce la biosintesi di nuove proteine. La regolazione della
trascrizione delle proteine indotta dagli ormoni lipofili sarà dunque una regolazione che dura molto a lungo
essendo questa costituita da una risposta precoce e da una tardiva.
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Il recettore comune a tutti gli ormoni lipofili è una proteina il cui cambio di conformazione è molto ingente.
È costituito da una zona che lega il ligando, normalmente legata a una proteina inibitrice (in grigio in Figura
16) molto spesso della famiglia delle HSP (Heat-Shock Protein, le abbiamo nominate varie volte, in relazione
al fatto che sono protettive per gli shock termici, per questo hanno questo nome), chaperoni molecolari in
grado di legare domini di proteine impedendone la loro normale funzione; in questo caso impediscono al
recettore di funzionare anche in assenza dell’ormone. Oltre a questa zona di legame all’ormone, il
recettore, in quanto fattore trascrizionale, presenta una zona di legame diretta con il DNA ed hanno la
capacità di attivare la trascrizione in quanto presentano un cosiddetto trans activation domain, un dominio
mediante il quale vanno ad interagire con proteine attivatrici, solitamente istoni acetilati. Al momento in
cui l’ormone lega il suo dominio specifico, la proteina inibitrice HSP viene rilasciata, il recettore cambia del
tutto conformazione, si può legare l’istone acetilasi o proteina co-attivatrice, il dominio che lega il DNA
risulta totalmente disponibile a legare il DNA, che verrà dunque legato in particolari regioni costituenti i
promotori dei geni che saranno i target di questi ormoni. [Stiamo parlando in maniera generale, e non
specifica, infatti in Figura 16 si parla semplicemente di ligando e non di un particolare ormone, di un
recettore non specifico, di geni target generici, e si parla di un elemento di risposta all’ormone senza
spiegare quale sia. Chiaramente potremmo entrare in dettaglio, qualora si parlasse di un ormone specifico.]
In realtà, tale processo è leggermente più complesso di quanto può sembrare da questa prima analisi:
intanto il recettore risulta legato a delle HSP (verdi in Figura 18) e quindi tale legame è regolato da
particolari domini che mediano questo legame e l’interazione tra ormone steroideo e recettore induce il
distacco delle HSP; il recettore, una volta che è migrato nel nucleo, spesso viene fosforilato da chinasi
nucleari. Questi recettori fosforilati vanno incontro a dimerizzazione, fondamentale per costruire il dominio
attivo del legame al DNA. Una volta che tale legame si è formato in maniera efficiente, è possibile che i
recettori vengano ulteriormente fosforilati dalle stesse chinasi perché hanno cambiato nuovamente
conformazione dopo aver legato il DNA, e questa risulta essere la condizione che media la definitiva
attivazione della trascrizione. Riassumendo, gli eventi sono sempre molto semplificati rispetto alla
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trasduzione dei segnali idrofili, ma sono leggermente complicati da una doppia fosforilazione e da una
dimerizzazione.
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Tutti questi recettori, per concludere, agiscono con lo stesso meccanismo ma interagendo con sequenze
diverse del DNA; nella fattispecie queste hanno delle sequenze consenso sul DNA, che prendono il nome di
elementi di risposta, che sono sequenze palindromiche, nel 90% dei casi, estremamente conservate e
contenute all’interno dei promotori dei geni che devono essere regolati da quei particolari ormoni.
Tali sequenze consenso sono formate da sei coppie di basi:
con 3 nucleotidi “spaziatori” (n) per GRE ed ERE;
senza nucleotidi spaziatori per le altre.
Alcuni esempi:
Le GRE (Glucocorticoid Responsive Element)
sono l’elemento di risposta presente in tutti i
geni che devono essere regolati dai
glucocorticoidi;
ERE per gli estrogeni;
Figura 21 – Esempi di elementi di risposta
TREp per gli ormoni tiroidei.
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Sbobina n°34 -biochimica II-26/04/2021
Prof.ssa: Chiarugi
Sbobinatore: Eleonora Bianchi
Revisore: Simone Eccheli
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• Specie reattive non radicaliche:
-Perossido di idrogeno H2O2, che si forma come sottoprodotto di molte reazioni enzimatiche (comune acqua
ossigenata, smacchiante e disinfettante)
-Perossinitrito ONOO- si forma dall’incontro tra monossido di azoto e radicale superossido
-Acido ipocloroso HOCl-, viene sintetizzato da delle cellule, la componente leucocitaria, con lo scopo di
utilizzarlo come arma nei confronti degli agenti patogeni grazie alla sua forte azione ossidante
Tutte queste specie reattive dell’ossigeno hanno una caratteristica
comune: hanno un’emivita molto bassa, che cresce al ridursi del
potere ossidante (quelle fortemente ossidanti hanno un’emivita
bassissima, quelle con minor potere ossidante hanno un’emivita un
po’ più alta). Questo è dovuto al fatto che ossidano un substrato
(hanno una forte tendenza a farlo) e quindi si riducono.
Esiste un potenziale di riduzione con le quali si potrebbero
classificare, ma non è importante conoscere i valori nello specifico
Un’ eccezione è ad esempio l’acido ipocloroso che è molto ossidante,
ma invece ha una stabilità che dipende un po’ dal substrato che va a ossidare, quindi è più difficile
classificarlo.
• Via respiratoria (energetica): nella catena di trasporto degli elettroni, attraverso riduzioni
incomplete si forma l’anione superossido
• Via metabolica: ci sono alcune reazioni metaboliche che come sottoprodotto hanno anche una
specie reattiva dell’ossigeno, come l’ anione superossido o acqua ossigenata
Ci sono cellule che professionalmente esprimono enzimi che gli servono per produrre specie reattive
dell’ossigeno come i granulociti, che utilizzano un enzima NADPH ossidasi e producono anione
superossido O2°- che usano come ‘’arma’’ (è un grande ossidante)
• Via reattiva: è tipica delle cellule della componente immune (neutrofili e macrofagi) che sfruttano il
grande potere ossidante di queste molecole come un’arma, producono queste specie attivamente
Queste vie non sono ugualmente produttive: la via metabolica ne produce poche, la via energetica ne
produce in medie quantità, la via reattiva ne produce tantissime.
L’ossidazione delle molecole, qualsiasi siano i target, può costituire un grave danno (ossidazione dei lipidi,
DNA, proteine), ma quando abbiamo parlato delle modifiche post traduzionale abbiamo visto anche le
modifiche redox con un ruolo regolatorio, quindi se le specie reattive dell’ossigeno sono poche, confinate e
controllate nella produzione e rimozione, possono essere uno strumento e non un danno (ad esempio per
regolare le proteine).
Via energetica
Nella catena di trasporto degli elettroni ci sono dei siti dove ci
può essere una riduzione incompleta dell’ossigeno (nella
fattispecie complesso I e III) perché l’ossigeno sta ovunque, è
lipofilo, non ha un sito di permanenza. Nella catena c’è una
grande mobilità di elettroni, l’O2 è molto elettron-attrattore e
riesce ad acquisirne alcuni, si va incontro a riduzione incompleta
e si forma anione superossido O2°-
L’ossigeno non completamente ridotto può arrivare ad essere il
4-5%, che è il valore massimale che si raggiunge nelle cellule
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senescenti, l’invecchiamento è stato associato con un danno ossidativo continuo, in tutte le replicazioni a cui
queste cellule sono andate incontro, che si accumula e rende disfunzionali molti meccanismi cellulari, tra
cui anche la catena di trasporto che funziona meno bene quindi è più capace di perdere elettroni (più leaky)
e cederli all’ossigeno.
Per una catena di trasporto efficiente si parla dell’ 1-2% di produzione delle specie reattive, che comunque è
una quantità che se non si fosse parallelamente evoluto un sistema di protezione sarebbe distruttiva,
incompatibile con la vita
Via enzimatica
Ci sono diversi enzimi che producono specie reattive
dell’ossigeno:
- La mieloperossidasi (MPO) è un enzima di
membrana, endocitotico, che produce acido
ipocloroso a partire da acqua ossigenata nei leucociti
- La xantinossidasi, che abbiamo visto nel catabolismo
dei nucleotidi purinici, produce perossido di idrogeno
H2O2
- La eme-ossigenasi, la abbiamo già vista.
- La lipoossigenasi, che insieme alla ciclossigenasi,
produce eicosanoidi (che derivano dall’acido
arachidonico precursore a 20 atomi di carbonio) e sono: prostaglandine, le prostacicline, i leucotrieni
e i trombossani. Ogni volta che producono eicosanoidi producono anche specie reattive
dell’ossigeno.
- Citocromo p450 monossigenasi, (sono una famiglia di più di mille enzimi) tutti producono specie
reattive dell’ossigeno come sottoprodotto, sono prevalentemente epatici. Verranno trattati più
avanti perché nel fegato svolgono un ruolo importante di detossificazione.
- NADPH ossidasi enzima di membrana, presente in tutte le cellule (sono 6 isoenzimi tessuto specifici)
è usata professionalmente nei granulociti neutrofili (dove è stata scoperta), produce quantità di
specie reattive controllate, quelle a cui ci si riferiva riguardo alla regolazione di tipo redox delle
proteine
- Sintasi dell’acido nitrico (eNOS dove ‘’e’’ sta per endoteliale perché è un mediatore prevalentemente
endoteliale) produce monossido di azoto NO che può complessarsi con il superossido O2°- a dare il
perossinitrito ONOO-
- Citocromo b5 che abbiamo trovato nella sintesi dell’acidi grassi insaturi, fa parte di una piccola catena
di trasporto degli elettroni
Infatti i meccanismi che hanno a che fare con gli elettroni, queste piccole catene di trasporto degli elettroni,
sono zone di potenziale ‘’sfuggita’’ di elettroni che vengono attratti dall’ossigeno
La biosintesi degli acidi grassi insaturi, appunto, avviene nel reticolo endoplasmatico liscio, zona di membrana
quindi lipofila, dove l’ossigeno trova le sue condizioni adatte
Sistemi di difesa
Abbiamo delle difese che servono per ridurre le specie reattive dell’ossigeno, agenti danneggianti, o i danni
causati da queste e possono essere:
• Enzimi: superossido dismutasi, catalasi, glutatione perossidasi sono enzimi deputati a far parte del
sistema antiossidante
• Vitamine: C, E, A che sono antiossidanti
Vitamina C, (idrosolubile) ne abbiamo parlato nel momento in cui abbiamo parlato del collagene
Vitamina E (liposolubile), sopracitata
Vitamina A o acido retinoico (liposolubile)
• Altre sostanze che di solito sono esogene, che hanno un potenziale antiossidante
Come il tè verde che contiene epigallocatechina che ha forte azione antiossidante, si trova molto
diluita nel tè.
Il vino rosso contiene resveratrolo, che viene usato anche sulle cellule e ha un buonissimo potere
antiossidante.
Ci sono altre catechine presenti in altre specie vegetali (come il tè nero)
Nessuna di queste molecole comunque è un trattamento rispetto all’esposizione di un agente
ossidante.
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Enzimi:
Superossido dismutasi: E’ un metallo enzima, ne esistono diverse forme isoenzimatiche, mitocondriali
citoplasmatiche e extracellulari, che dipendono dal manganese Mn3+ o dal rame Cu2+. Catalizza la reazione
di dismutazione ( La dismutazione è un particolare tipo di reazione di ossidoriduzione, nella quale un'unica
sostanza in parte si ossida e in parte si riduce) del superossido in acqua ossigenata e ossigeno molecolare
O2 .- + O2 .- + 2H+ → H2O2 + O2
L’acqua ossigenata H2O2 è sempre un ossidante ma un po’ più debole, inoltre assieme alla superossido
dismutasi reagiscono la catalasi o la glutatione perossidasi che rimuovono l’acqua ossigenata.
La catalasi, è una eme proteina, si trova nei perossisomi, quindi non è ben distribuita, ma i perossisomi sono
un’ importante sede del catabolismo degli acidi grassi che produce specie reattive dell’ossigeno.
Produce ossigeno e acqua secondo la reazione 2H2O2 → 2H2O + O2
Le perossidasi (sono una famiglia, la glutatione perossidasi è la più importante), sono seleno proteine che
non hanno una cisteina ma una selenocisteina nel sito attivo, non è un vero gruppo sulfidrilico SH ma un SeH
si ossida e riduce formando dei ponti simili ai ponti disolfuro. Il ciclo di reazione è costituito dalla donazione
di un gruppo riducibile dell’enzima (SH o SeH) che si ossida a spese della riduzione dell’acqua ossigenata.
SH2 + H2O2 → S + 2H2O
Questa viene eliminata, ma c’è l’enzima ossidato, che deve essere
ridotto perché compia un nuovo ciclo.
Quindi questo sistema si associa alla glutatione reduttasi che è capace
di prendere gli elettroni dal NADPH, che è il donatore di elettroni per
eccellenza (viene formato dal ciclo dei pentosi fosfati o dall’enzima
malico)si ossida, e si riduce nuovamente cedendoli ai
gruppi sulfidrilici della perossidasi che si sono ossidati
Questo glutatione perossidasi che oscilla tra la sua forma
ossidata e quella ridotta deve il recupero della sua
funzionalità alla glutatione reduttasi.
E’ una partnership che parte dal ciclo dei pentosi fosfati
per il 99%
Le piante hanno sistema di produzione del NADPH più
funzionale, lo producono dalla fotosintesi, utilizzano
l’energia solare, poi lo stress ossidativo viene affrontato
nello stesso modo
Il ciclo dei pentosi fosfati è un pathway fondamentale per garantire il recupero dai danni redox, tutte le cellule
ne hanno bisogno.
Vitamine:
Quello che abbiamo visto fino a ora funziona bene nel
citoplasma ma non nelle zone lipofile, che
comprendono tutte le membrane, sia plasmatiche che
degli organelli, come il reticolo endoplasmatico liscio
che è una centrale importantissima per i processi
biosintetici e per questo si trovano molte specie reattive
dell’ossigeno.
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In questi ambienti la Vitamina E ha delle caratteristiche chimico-fisiche che gli enzimi che abbiamo visto
prima non riescono a sopperire.
Il Ferro è uno ione che non può stare libero nella cellula, è come se potenziasse la pericolosità delle specie
reattive dell’ossigeno, è un meccanismo complicato di cui vediamo solo alcuni aspetti
In presenza del ferro (circondato di giallo nella
figura) sono possibili due reazioni:
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Se la valenza è regolatoria di solito si produce ossidazione delle cisteine, in maniera transitoria, perché ci
sono enzimi che inducono il recupero di queste ossidazioni.
Ci sono tante classi di molecole che vengono regolate via redox:
- GTPasi Ras è redox dipendente, ha una cisteina che se viene ossidata è attivata, idrolizzerà meno
bene il GTP e starà più tempo GTP-bound
- Chinasi: ci sono dei recettori tirosino chinasi che se sono ossidati sono attivati
Es. TRK (si dice trak) è un recettore tirosin chinasico importante durante lo sviluppo neuronale
espresso nel tessuto nervoso, Src (si dice sarc) chinasi che ha domini SH2- SH3, ed è regolata
- Fosfatasi, enzimi che staccano gruppi fosfati
Queste regolazioni avvengono nel citoplasma perché è un ambiente riducente, se si produce uno stress
ossidativo questo si può percepire.
Mentre l’ambiente extracellulare e l’ambiente delle vescicole endocitotiche del reticolo endoplasmatico
rugoso (che sono in continuità) sono sempre ossidanti, lì non è possibile ossidare una proteina.
Le specie reattive ossidano le proteine e normalmente si formano disolfuri che possono essere:
• interni (due cisteine della stessa proteina reagiscono tra loro e formano un ponte disolfuro)
• misti (due cisteine di due proteine diverse formano un ponte disolfuro e dimerizzano covalentemente),
è tipico dei fattori trascrizionali che dimerizzano associandosi e formano ponte disolfuro attivatorio.
• Ponte disolfuro con un glutatione che ha un altro SH (uno degli amminoacidi del glutatione è una cisteina)
e la proteina si trova a essere glutationilata.
Questo è regolatorio perché cambia la struttura e modula la funzione della proteina
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-l’acido sulfinico (SO2H), che è un pochino più ossidato, ancora recuperabile dai sistemi di riduzione
(riconvertito dalla sulfiredossina, scoperta da poco)
-l’acido sulfonico (SO3H), che è un’ossidazione troppo massiccia e non ci sono dei sistemi cellulari che
recuperino queste proteine.
L’ossidazione è quindi reversibile finchè si arriva a SO2-oltre è
irreversibile, e le proteine sono indirizzate al proteasoma
Quando una proteina si trova nello stato ossidato, cambia la forma e struttura della proteina e quindi cambia
la funzione ecco perché si chiama regolazione redox, che può essere attivatoria o inattivatoria, dipende dalla
classe di enzimi:
• Le fosfatasi sono inattivate dalla regolazione redox
• Le chinasi sono attivate dalla regolazione redox
• I fattori trascrizionali sono attivati dalla regolazione redox
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regolazione il sistema di recupero è lo stesso, costituito da proteine che hanno due cisteine che si ossidano
e si ri-riducono recuperando gli elettroni dal NADPH derivante dal ciclo dei pentosi fosfati.
I ROS quando regolano le proteine attivano molti segnali
- Regolano fattori trascrizionali HSF1 ,NF-kB (coinvolti nella
gestione dell’infiammazione)
- p53 fattore trascrizionale coinvolto nell’apoptosi, è
guardiano del genoma, viene attivato ogni volta che c’è un
blocco del ciclo cellulare e l’attivazione di un checkpoint
-La fosfatidilinositolo trichinasi (Akt), sono chinasi sono
attivate via redox, se ossidate sono più attive (anche SRC)
-Map cinasi sono proteine che abbiamo menzionato a valle
della piccola gtpasi ras come degli esecutori della
proliferazione della mitosi, hanno tanti nomi, tra cui ERK
(extracellular regulator kinases, chinasi regolate in maniera
extracellulare)
Vediamo un esempio, la terminazione del segnale dei recettori tirosin-cinasi
Ci sono molti metodi per terminare il segnale dei recettori ormonali, uno di questa era l’inattivazione
dell’enzima (quando il recettore è un enzima)
I recettori tirosin-cinasi interagiscono con il ligando,
si autofosforilano e propagano il segnale attraverso il
reclutamento delle proteine che legano le tirosine
fosforilate.
C’è un momento in cui il segnale deve cessare, un
sistema per farlo è redox dipendente: il recettore tra
le tante vie che attiva, attiva anche il suo
spegnimento attraverso l’attivazione della NADPH
ossidasi (enzima che produce le specie reattive
dell’ossigeno in maniera controllata).
Senza entrare nei dettagli
-ci sarà una molecola che ha un SH2 domain che
interagisce con il recettore e che attiva la NADPH ossidasi
- questa attivata produce acqua ossigenata H2O2 o superossido O2°-
-queste due specie reattive dell’ossigeno ossidano le tirosino fosfatasi (Protein tyrosine phosphatases, PTPs)
nel sito catalitico, si forma ponte disolfuro, si inibiscono e non compiono più la loro funzione, ovvero
interagire con il recettore tirosin-cinasi e defosforilare le tirosine fosforilate. Quindi il loro compito è
‘’disattivare’’ il recettore, ma finchè il recettore deve funzionare (il tempo di funzionamento varia da
recettore a recettore) vengono inibite le fosfatasi tramite H2O2 o O2°-
Dopo che il recettore ha svolto la sua funzione:
-i sistemi riducenti, cioè le perossiredossine, interagiscono con le fosfatasi e le riducono
-queste recuperano la loro attività catalitica, vanno sul recettore lo defosforilano spegnendolo.
C’è un lag time tra la ossidazione delle fosfatasi e l’attivazione delle perossiredossine, che è il tempo in cui il
recettore deve essere nello stato attivato.
La regolazione redox che è transiente è importante per la regolazione della funzionalità e della durata del
segnale ormonale.
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Patologie
Ci sono una serie di patologie connesse
alla quantità di ROS che si producono.
Tutte le sorgenti dei ROS possono essere
dismetaboliche e possono produrre una
quantità eccessiva di ROS, compresa la
catena di trasporto degli elettroni nel
fenomeno della senescenza, che non
sarebbe da classificare tra le patologie.
Cause esogene di produzione patologica
di ROS possono essere smog, fumo,
radiazioni UV
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Nell’immagine sono riportati i farmaci che possono attivare il fenotipo favico in un individuo favico, sono
farmaci che aumentano lo stress ossidativo, disturbano un equilibrio delicato provocando emolisi
Qua vi riporto la spiegazione presente sulle sbobine 2019 che tratta il glutatione in modo, a mio parere, molto
più esaustiva
Una molecola essenziale per la gestione dello stress ossidativo è il glutatione (chiamato anche γ-glutamil
cisteinilglicina), un tripeptide che non è sintetizzato sui ribosomi, né a partire dall’idrolisi di proteine più
lunghe è invece sintetizzato da reazioni di biosintesi, a spese di energia, nel citoplasma di tutte le cellule,
anche se può variare la sua concentrazione, essendo una via metabolica generale. Il tripeptide glutatione è
sintetizzato a partire da glutammato, cisteina e glicina e viene assemblato: la prima reazione è catalizzata
dalla γ-glutammina cisteina sintetasi ATP dipendente, unendo il glutammato alla cisteina. Il glutammato ha
2 gruppi carbossilici: uno sul carbonio α e uno su quello γ, per formare un legame amidico (peptidico) può
usare uno qualsiasi dei due gruppi: in un ribosoma avrebbe usato sicuramente il carbonio α (come in tutte le
proteine wild type), mentre questa è un’eccezione e il C del gruppo γ-carbossilico si lega all’N del carbonio α
della cisteina. Si forma un dipeptide che è substrato della glutatione sintetasi ATP dipendente, cui aggiunge
l’ultimo amminoacido, la glicina, formando il tripeptide. Questo tripeptide ha un amminoacido reattivo che
è la cisteina, la quale può ossidarsi e formare un ponte disolfuro un legame covalente, fra due cisteine,
formando un amminoacido ossidato chiamato cistina. Questa è una reazione redox con perdita di elettroni e
ossidazione dei due zolfi delle cisteine e formazione di un ponte S-S. Quindi 2 molecole di glutatione ridotto
(GSH) reagiscono e formano il ponte nella molecola glutatione ossidata (GSSG). Si passa da una all’altra grazie
all’enzima glutatione reduttasi, donatore di elettroni, che trasferisce gli elettroni dal glutatione al NADPH e
viceversa. Tutte le volte che il glutatione deve reagire da ridotto a ossidato e da ossidato a ridotto il NADP è
il cofattore. Quando nella cellula c’è un livello di GSSG alto, vuol dire che questo glutatione ha eliminato una
serie di danni alla cellula e il NADPH lo recupera facendolo tornare attivo (in forma ridotta), attraverso la
reazione catalizzata dalla glutatione reduttasi. Il glutatione quindi funge da scavenger dei danni nei confronti
delle biomolecole. Se un lipide ossidato (lipoperossido) deve essere recuperato, si utilizza la glutatione
perossidasi che invece di avere nel suo sito attivo una cisteina ha una selenocisteina, il 21° amminoacido,
rarissimo, presente solo in una decina di enzimi in tutta la cellula, è per questo che il selenio serve solo in
tracce (e anche per questo non sono utili gli integratori di selenio venduti in farmacia).
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Sbobina n°1 Biochimica ormonale (26/04/21)
Prof.ssa Elisa Giannoni
Sbobinatori: Ciurlo Giada e Gaiani Alessia
Revisore: Esposto Lorenzo
GLI ORMONI
Un ormone (dal greco hormon= eccitare) è una molecola che può avere una diversa natura
chimica e che porta un segnale che viene recepito solo e soltanto da quelle cellule che
possiedono i recettori in grado di rispondere all’ormone. Tali recettori possono avere diversa
localizzazione a livello cellulare a seconda della natura chimica dell’ormone.
Principali ghiandole
Nella figura sono rappresentate le principali ghiandole endocrine:
⮚ Ipotalamo: centro importante per la regolazione dell’asse ipotalamo-
ipofisi. Produce gli ormoni che agiscono sull’ipofisi, che a sua volta
produrrà altri ormoni;
⮚ Ipofisi: gli ormoni prodotti da questa ghiandola sotto effetto
dell’ipotalamo in parte agiscono su tessuti bersaglio, mentre altri, detti
ormoni tropinici , agiscono su altre ghiandole endocrine, stimolando la
produzione di altri ormoni;
⮚ Paratiroidi: producono il paratormone;
⮚ Tiroide: ivi troviamo i tireociti, che produrranno gli ormoni tiroidei, e le
cellule c della tiroide, che produrranno la calcitonina. Tirociti e cellule c
sono essenziali per la regolazione del metabolismo del calcio,a cui
contribuirà anche la vitamina D.
⮚ Surrenali: hanno due porzioni, ovvero la corticale del surrene che
produce i mineral corticoidi, i glucocorticoidi e parte degli androgeni, e
la midollare del surrene che produce le catecolamine;
⮚ Ovaio e testicolo: producono gli ormoni sessuali;
⮚ Pancreas: ha una porzione endocrina, deputata alla sintesi dell’insulina
e del glucagone, e una porzione esocrina che ha un’attività importante nella produzione
degli zimogeni pancreatici.
Meccanismi di funzione
Le funzioni biologiche degli ormoni si svolgono con tre principali meccanismi:
Endocrino: Gli ormoni vengono prodotti da una ghiandola endocrina e possono andare ad
agire a diversa distanza rispetto al sito in cui sono stati prodotti, quindi su tessuti bersaglio
lontani dal luogo d’origine perché sfruttano il torrente circolatorio. È il meccanismo più
diffuso.
PAGE \* MERGEFORMAT 1
Paracrino: gli ormoni agiscono nelle immediate vicinanze della ghiandola endocrina che le ha
prodotte (ad esempio le catecolamine). Non entrano nel circolo ematico, ma sfruttano il
mezzo extra-cellulare.
Autocrino: La cellula che produce l’ormone ha anche il sistema recettoriale per rispondere
all’ormone stesso, quindi l’ormone esce dalla cellula e oltre ad agire su altri tipi cellulari
agisce anche sulla cellula produttrice (è il caso delle prostaglandine).
❖ Ormoni steroidei: a differenza degli ormoni peptidici non sono polari, ma lipofili, quindi
apolari e insolubili nei solventi acquosi. Tra questi ci sono i glucocorticoidi, i
mineralcorticoidi e gli ormoni sessuali.
❖ Ormoni derivati dall’acido arachidonico: tra questi troviamo tutti gli eicosanoidi,quindi
prostaglandine, trombossani, prostacicline e leucotrieni. Derivano tutti da un acido
grasso polinsaturo che l’uomo non può sintetizzare per via endogena, che è appunto
l’acido arachidonico. Questo si trova a livello dei fosfolipidi di membrana e, a seguito di
un segnale specifico, viene rimosso e utilizzato nelle sedi opportune per la sintesi degli
eicosanoidi.
MECCANISMO D’AZIONE
PAGE \* MERGEFORMAT 1
termine (significa che il tempo impiegato nella risposta è breve). Alcuni ormoni peptidici
hanno anche una riposta a lungo termine.
PAGE \* MERGEFORMAT 1
riversati all’esterno della cellula endocrina.
- Non sono solubili nel plasma, perché non sono idrofili, quindi necessitano di un
trasportatore che ne mascheri la loro idrofobicità. Ogni tipo di ormone avrà il proprio
trasportatore, anche se l’albumina serve per il trasporto di tutti gli ormoni, con minore
o maggiore affinità, svolge quindi un ruolo pleiotropico.
- Nel momento in cui l’ormone individua la propria cellula bersaglio il recettore non sarà
esposto sulla membrana, ma l’ormone così come è uscito per diffusione semplice dalla
cellula di origine può entrare nella cellula bersaglio e sarà all’interno della cellula che
troverà il proprio recettore, che potrà avere sede citosolica o nucleare.
Indipendentemente da questo, l’attività del recettore si esplicherà sempre a livello
nucleare, quindi se è citosolico dovrà entrare nel nucleo, se è direttamente nucleare
sarà l’ormone a raggiungerlo. Il ruolo di questi recettori è legare specifiche sequenze di
DNA presenti su promotori genici particolari e andare a regolare l’espressione genica, in
senso positivo o negativo. Questo implica che ci sia una regolazione a lungo termine, a
un ormone steroideo non si risponde nel giro di pochi secondi o minuti, perché è
necessario che si attivi la trascrizione e vengano sintetizzate le proteine. Tutti gli ormoni
lipofili hanno una risposta a lungo termine che porta ad una regolazione
dell’espressione genica.
INSULINA E GLUCAGONE
Pancreas
Il pancreas ha due porzioni:
PAGE \* MERGEFORMAT 1
~ Parte 1: INSULINA~
Caratteristiche L’insulina è un ormone che fa parte della classe degli ormoni peptidici, quindi
è idrofilo e polare. Ha azione ipoglicemizzante: viene secreto dalle cellule β del pancreas
quando vi è un aumento dei livelli glicemici del sangue. L’insulina è costituita da due catene,
a e b che sono mantenute unite da due ponti disolfuro.
Attività L’insulina può avere due tipi di attività:
1) Metabolica, che è la più frequente, per svolgerla agisce principalmente sul fegato, sul
muscolo e sul tessuto adiposo.
2) Mitogenica, ovvero induce una proliferazione di alcun citotipi e agisce su una varietà
più grande di tessuti.
Quando viene secreta Normalmente la glicemia deve essere mantenuta in un range che va
dai 4.5 ai 5 mM. Nel momento in cui i livelli glicemici, ad esempio dopo un pasto, iniziano a
salire, si ha la secrezione dell’insulina da parte delle cellule β pancreatiche. L’insulina,
poiché è un ormone proteico, è già stata sintetizzata ed è immagazzinata a livello di granuli
secretori presenti nelle cellule β pancreatiche, quando arriva lo stimolo iperglicemico i
granuli vengono riversati all’esterno e l’insulina può entrare nel torrente ematico.
Può essere indotta anche dalla diminuzione dei livelli di glucagone, perché questo determina
un effetto inibitorio nei confronti della secrezione di insulina. Quindi nel momento in cui il
glucagone è alto l’insulina non viene secreta. Quando i livelli di glucagone si abbassano
l’insulina può iniziare ad essere secreta, sempre se c’è un contemporaneo aumento dei livelli
glicemici.
Inibitori La secrezione è inibita dalla somatostatina e dalle catecolamine adrenalina e
noradrenalina. L’inibizione deriva dal fatto che hanno un effetto opposto, l’insulina, infatti, è
anabolizzante, mentre adrenalina e noradrenalina sono catabolizzanti.
Tra le catecolamine annoveriamo anche la dopamina, che tuttavia non ha azione ormonale,
ma è un neurotrasmettitore a livello del Sistema Nervoso Centrale. Anche adrenalina e
noradrenalina hanno tale effetto se prodotte dal SNC, ma se parliamo delle catecolamine
prodotte nella midollare del surrene adrenalina e noradrenalina si comportano da ormoni.
MATURAZIONE DELL’INSULINA
PAGE \* MERGEFORMAT 1
● L’insulina viene inizialmente prodotta a livello delle cellule β del pancreas sotto forma
di Preproinsulina. Quando un ormone proteico deve essere secreto la sua sintesi deve
passare attraverso modifiche che avvengono nel RE, dove viene indirizzata verso le
vescicole secretorie. Affinché la proteina possa entrare nel RE, subire altre modifiche ed
essere impacchettata nelle vescicole di secrezione, deve avere una sequenza segnale.
L’ormone ce contiene tale sequenza segnale è detto pre-ormone.. Nell’immagine la
sequenza segnale è in rosso. Quando la proteina è entrata nel reticolo questa sequenza
segnale non ha più alcun ruolo e viene rimossa. Non sempre, ma nella maggior parte dei
casi, è presente all’estremità amminoterminale. La preproinsulina si converte quindi in
proinsulina.
● All’interno del reticolo la proinsulina va incontro a delle modifiche, tra cui la formazione
di tre ponti disolfuro. Il pro-ormone è costituito da una catena A (più chiara) da una
catena B (la più scura) e da una catena C (colore intermedio). Si formerà quindi un
ponte disolfuro intracatena a livello della catena A e due pontidisolfuro tra le catene A e
B.
● A livello del reticolo endoplasmatico e del Golgi la proinsulina subisce un altro taglio
proteolitico rimuovendo il peptide c. Quella che si è formata è l’insulina matura,
costituita soltanto da due catene unite tra loro per la presenza di due ponti disolfuro.
Questa insulina matura e il peptide C che si è distaccato con il secondo taglio
proteolitico rimangono entrambi a livello dei granuli secretori. Quando arriva lo stimolo
alla secrezione di queste vescicole, quini al riversamento, non verrò secreta solo
insulina, ma anche peptide C.
Peptide C : non ha nessuna attività biologica, non ha un suo recettore, non induce
nessun effetto, ma è importante da un punto di vista clinico - diagnostico.
Prendiamo, per esempio, un paziente affetto da diabete di tipo I. Il diabete di tipo I è
caratterizzato da una patologia auto immune che porta alla distruzione delle cellule β
del pancreas. Ci sono anche casi in cui non è questa la causa, ma le cellule β diventano
incapaci o poco capaci di produrre e secernere insulina. I pazienti con questa patologia
vengono trattati con insulina esogena, si cerca di supplementare ciò che l’organismo
non riesce a garantire. Un paziente deve essere seguito nella sua evoluzione, quindi
diventa una cosa importante capire, nel caso in cui non si abbia una completa
disfunzionalità, ma una parziale, la quantità di insulina prodotta endogenamente.
Dosando la quantità di insulina, se si tratta di un paziente trattato con insulina esogena,
non riusciremo a discriminare quale sia quella somministrata dall’esterno e quella che è
stato prodotta dalle cellule β pancreatiche del paziente. Per sapere quanta insulina
produce il paziente si dosa il peptide C, perché viene prodotto in quantità equimolare
con l‘insulina matura.
PAGE \* MERGEFORMAT 1
2. Assorbimento di glucosio tramite GLUT2
Le cellule β pancreatiche, insieme alle cellule
epatiche, hanno la caratteristica di avere come
trasportatori del glucosio i GLUT2, che sono i
trasportatori, o i membri della famiglia GLUT,
caratterizzati da una bassa affinità per il glucosio.
Legano il glucosio e gli permettono di
attraversare la membrana soltanto quando
questo supera una concentrazione paria 5mM. Il
fegato, quindi, non sottrae glucosio dal circolo,
ma lo lascia ai tessuti che hanno l’obbligo di
utilizzarlo, quindi i tessuti glucosio dipendenti.
Per questo motivo esprime trasportatori poco
affini per il glucosio.
Nella cellula β pancreatiche l’assorbimento del
glucosio ha un
significato ben
preciso, ovvero
recepire un
segnale di lieve
iperglicemia e innescare una riposta soltanto quando il
livello glicemico sale sopra i livello di normoglicemia. Solo e
soltanto quando il glucosio ematico supera i livelli di 5mM il
trasportatore GLUT 2 assume affinità per il glucosio e lo fa
entrare all’interno. Quando il glucosio entra all’interno
viene catabolizzato. Si attiva la glicolisi, normalmente
questo è lo stato resting della cellula β pancreatica
(riportato nell’immagine accanto). Dal punto di vista del
catabolismo del glucosio è una cellula spenta, ha bassi livelli
di ATP. Quando comincia ad entrare glucosio si ha un
incremento del tasso glicolitico, un incremento del ciclo d
Krebs, un aumento della sintesi di ATP.
4. Rilascio di calcio
La depolarizzazione di membrana viene sentita da dei canali per il calcio voltaggio-
dipendenti detti canali VOC. Questi canali vengono attivati dallo stimolo depolarizzante, si
aprono e fanno entrare calcio all’interno della cellula. Il calcio è un classico segnale che
induce la secrezione delle vescicole secretorie, quindi la fusione di vescicole preformate con
la membrana e il riversamento del contenuto delle vescicole all’esterno, così come funziona
nella trasmissione sinaptica, quando si ha la liberazione delle vescicole contenti il
neurotrasmettitore, a livello del terminale presinaptico nello spazio intersinaptico. Il calcio
ha lo stesso significato.
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Trattamento pazienti con difficoltà a livello di secrezione nelle cellule β pancreatiche
I canali del potassio sono un target farmacologico , perché, come abbiamo visto, tutto il
processo si basa sulla loro regolazione ATP dipendente. Quando c’è una ridotta capacità
secretoria da parte delle cellula β pancreatiche questo si ripercuote su una bassa capacità di
secernere insulina. I pazienti possono essere trattati con dei farmaci che si chiamano
sulfaniluree , che vanno a determinare una chiusura dei canali per il potassio
indipendentemente da tutto il segnale metabolico. Quindi stimolano la secrezione di insulina
andando a determinare per via farmacologica la chiusura dei canali per il potassio, lo stimolo
depolarizzante e l’apertura dei canali per il calcio.
Dimerizzazione Nonostante il recettore per l’insulina sia già un dimero si parla comunque di
effetto di dimerizzazione, perché nel momento in cui si lega l’insulina si osserva un
avvicinamento tra le due catene beta. L’avvicinamento sarà importante per portare le
catene beta a distanza idonea in modo che un monomero possa fosforilare tirosine sull’altro
monomero.
Attività Come tutti i recettori a tirosino chinasi sono caratterizzati da una modalità di azione
che prevede l’interazione con il ligando, la dimerizzazione del recettore e l’evento di trans
fosforilazione. Ciò vuol dire che un monomero attraverso la sua attività tirosino chinasica va
a fosforilare tirosine sull’altro monomero, quindi trans fosforilazione, che porta alla
formazione di residui di tirosina fosforilati su entrambi i monomeri.
Dopodiché le fosfotirosine a livello del versante intracelluare agiranno da siti di
reclutamento nei confronti di effettori a valle, questi effettori, che verranno reclutati a
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livello del recettore fosforilato e quindi attivato, saranno diverse a seconda che l’insulina
abbia un’attività metabolica o un’attività mitogenica.
5. Inibizione GSK3
Uno dei target è un enzima, GSK3, che sta per glicogeno sintasi chinasi 3, è una chinasi
dell’enzima glicogeno sintasi. Quando la GSK3 viene fosforilata da PKB questa viene inibita.
Si inibisce la sua attività chinasica, PKB fosgorila GSK3 e la inattiva. Quale sarebbe stato il
ruolo di G6K3 se fosse stata in froma attiva? Il suo ruolo sarebbe stato quello di fosforilare la
glicogeno sintasi (che nell’immagine viene rappresentata con GS). Quindi la GSK3 è un
enzima che se attivo fosforila e inattiva la glicogeno sintasi, spegnendo la glicogeno sintesi.
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L’insulina fa l’esatto contrario, deve attivare la glicogeno sintesi, perché c’è tanto glucosio in
circolo che deve essere smaltito. Una via per smaltire glucosio è quello di farlo entrare nelle
cellule epatiche e muscolari ed attivare la glicogeno sintesi, affinché questo accumulo possa
essere utilizzato per formare una molecola di riserva, che è il glicogeno. Quindi l’insulina
deve attivare la glicogeno sintesi. Una modalità on cui l’attiva è proprio quella si spegnere
GSK3, quindi la fosforilazione di PKB su GSK3 inibisce GSK3 e impedisce a questa di
fosforilare e inibire la glicogeno sintasi e quindi in definitiva la via di segnalazione metabolica
dell’insulina va a mantenere defosforilata e attiva la glicogeno sintasi, determinando
un’attivazione della glicogenosintesi.
Tutto questo viene favorito anche dal fatto che un altro target di PKB è una fosfatasi, la
fosfatasi PP1, che ha lo stesso effetto, cioè quello di defosforilare la glicogeno sintasi
mantenendola nel suo stato defosforilato e quindi attivo.
Quindi da una parte si inibisce GSK3 he andrebbe a fosforilare e inibire la glicogeno sintasi,
dall’altra si attiva la fosfatasi PP1 che mantiene defosforilata e attiva la glicogeno sintasi:
sono due modi per arrivare allo stesso effetto.
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In seguito a un aumento della glicemia ematica, in particolare basta che si oltrepassi la soglia
dei 5 mM, i trasportatori GLUT2 diventano affini per il glucosio. Il glucosio entra all’interno
delle cellule beta pancreatiche e si ha la secrezione dell’insulina.
Può andare ad agire sulle cellule epatiche oppure su adipociti e cellule muscolari.
Cellule epatiche : L’insulina attiva la glicogeno sintesi, quindi utilizza il glucosio in eccesso
per stoccarlo sotto forma di glicogeno per utilizzi futuri. Inoltre attiva la glicolisi, che non ha
tanto il ruolo di produrre energia, ma soprattutto di produrre acetil coenzima A, attivando
l’anabolismo lipidico. Tutto questo glucosio in eccesso se non c’è bisogno di energia non
viene catabolizzato via ciclo di Krebs. Quindi tutto il glucosio in eccesso in parte viene
accumulato sotto forma di glicogeno, ma la quantità di glicogeno che la cellula epatica e
muscolare può immagazzinare è comunque limitata, quindi si smaltisce attivando
l’anabolismo lipidico e quindi convertendo il glucosio in acidi grassi e trigliceridi, inviandoli al
tessuto adiposo. In questo modo si elimina l’eccesso di glucosio.
Cellule muscolari e adipociti: l’insulina induce l’esposizione del GLUT 4 sulla membrana per
favorire una rapida rimozione di glucosio dal circolo e induce la glicogeno sintesi, soprattutto
a livello de muscolo, a livello del tessuto adiposo indurrà anche la lipogenesi per andare a
immagazzinare l’eccesso di glucosio sotto forma di lipidi. Il tessuto adiposo in parte formerà
da solo i propri lipidi e in parte li riceverà dal fegato. Ruolo opposto avrà il glucagone.
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ristabilire la normo glicemia. Nel caso invece del fegato la cellula epatica possiede GLUT 2
che diventa affine al glucosio nel momento in cui questo sale sopra la soglia del 5mM. A
questo punto il glucosio verrà convertito in piruvato grazie alla glicolisi. Dopo essere stato
decarbossilato entrerà nel ciclo di Krebs per produrre energia, ma non tutto, perché non è
quello di cui ha bisogno ora il fegato. Nella maggior parte dei casi questo acetil coenzima A
verrà deviato verso la lipogenesi, quindi verso la sintesi degli acidi grassi. Quindi si ha la
sintesi di due prodotti di immagazzinamento del glucosio, da una parte glicogeno e dall’altra
parte trigliceridi.
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sintesi viene attuata dalla glicogeno sintasi. Glicogeno
fosforilasi e glicogeno sintasi vengono regolate da
modifiche post traduzionali in maniera opposta.
La glicogeno fosforilasi è un enzima che può esistere in due
forme: una forma A una forma B. La forma A è la forma
fosforilata e quindi attiva. La forma B è al forma
defosforilata e quindi inattiva. La glicogno fosforilasi è
quell’enzima che catalizza la degradazione del glicogeno
per fosforolisi,perche entra non acqua ma un fosfato.
La glicogeno sintasi è l‘opposto. Per la glicogeno sintasi
quando è fosforilata è inattiva, mentre quando è
defosforilata è attiva.
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glicogeno fosforilasi, ma anche l’enzima a monte in modo tale che questo si spenga e non
possa più andare ad attivare la glicogeno fosforilasi. Quindi la PP1 spegne entrambi gli
enzimi.
3. Va a bloccare il segnale indotto dal glucagone, non soltanto andando a defosforilare
e inibire la glicogeno fosforilasi chinasi, che era stata attivata da PKA, ma inibisce il segnale
inizialmente attivato dal glucagone anche andando a ridurre i livelli di AMPciclico. (LA PKA si
chiama così perché è una proteina chinasi AMP ciclico dipendente, vuol dire che solo e
soltanto quando c’è un innalzamento dei livelli di AMP ciclico la PKA si attiva). Quindi per
interrompere l’attività di PKA bisogna abbassare i livelli di AMP ciclico. La fosfodiesterasi
AMP ciclico dipendente abbassa tali livelli. Questa viene attivata da insulina, quindi l’insulina
oltre a determinare una defosforilazione di entrambi gli enzimi, abbassa anche il livelli di
AMPciclico attivando la fosfodiesterasi, che porta ad un crollo dei livelli e a uno spegnimento
di PKA.
Chiaramente PP1 andrà anche a defosforilare e attivare la glicogeno sintasi,quindi la via
anabolica e catabolica del glicogeno vengono regolate in maniera opposta.
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Regolare l’attività chinasica e fosfatasica dell’enzima bifunzionale in modo
tale da variare i livelli di fruttosio 2,6 si fa attraverso una regolazione
ormonale: l’insulina attiva PP1 (la solita fosfatasi) che, oltre ad avere come
target gli enzimi del metabolismo del glicogeno, ha come target anche
l’enzima bifunzionale. Quando PP1 defosforila l’enzima bifunzionale,
questo evento di defosforilazione spegne la FBPasi-2 e attiva la PFK-2.
Quindi la defosforilazione PP1 dipendente dell’enzima bifunzionale
spegne la fosfatasi e attiva la chinasi. PFK-2 fosforila il fruttosio 6 fosfato
in posizione 2 e quindi i livelli di fruttosio 2,6 bisfosfato aumentano. Se i
livelli di fruttosio 2,6 bisfosfato aumentano, andranno a stimolare la PFK-
1 (e quindi la glicolisi) e a inibire la fruttosio 1,6 bisfosfatasi spegnendo la
gluconeogenesi. Quindi soltanto con una defosforilazione dell’enzima
bifunzionale l’insulina riesce ad aumentare i livelli di fruttosio 2,6
bisfosfato che andranno ad agire positivamente sulla PFK1 attivando la
glicolisi e negativamente sulla fruttosio 1,6 bisfosfatasi spegnendo la
gluconeogenesi.
Il glucagone avrà chiaramente l’effetto opposto. Il glucagone andrà a
fosforilare l’enzima bifunzionale in maniera PKA mediata: la fosforilazione
dell’enzima bifunzionale porta ad una inattivazione della chinasi PFK-2 e
ad una attivazione della FBPasi-2, facendo abbassare i livelli di fruttosio
2,6 bifosfato. Questi bassi livelli di fruttosio 2,6 andranno a inibire PFK-1,
abbassando il tasso glicolitico, e andranno a riattivare la fruttosio 1,6
bifosfatasi stimolando la gluconeogenesi.
L’insulina, oltre ad avere questo effetto, che è a breve termine perché
defosforilare l’enzima bifunzionale determina immediatamente
l’attivazione della chinasi e quindi l’attivazione del metabolismo glicolitico,
può avere anche un effetto a lungo termine. L’effetto a lungo termine è
quello di andare a inibire la sintesi di due enzimi importanti per la
gluconeogenesi, ossia la glucosio 6 fosfatasi e la fosfoenolpiruvato
carbossichinasi. Per spegnere o abbassare la velocità della
gluconeogenesi, oltre ad agire a breve termine modificando mediante
fosforilazione gli enzimi che abbiamo visto, può anche andare a ridurre i
livelli di espressione di due enzimi importanti per la gluconeogenesi. Questo lo fa sempre attraverso
PKB.
Quando l’insulina si lega al suo recettore, PKB si attiva. Un target di
PKB è un fattore trascrizionale che si chiama FOXO1. Quando FOXO1
è allo stato defosforilato può entrare nel nucleo e trascrivere i geni
che codificano per la PEP carbossichinasi e per la glucosio 6 fosfatasi.
Quando, però c’è un segnale insulinico, l’insulina va a determinare
una fosforilazione PKB mediata di FOXO1: questa fosforilazione è uno
stimolo per la degradazione della proteina. (FOXO1, una volta
fosforilata, viene destinata verso una degradazione ubiquitina
dipendente e quindi non potrà più andare nel nucleo e trascrivere
questi due geni che codificano per due enzimi importanti per la
gluconeogenesi.
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METABOLISMO LIPIDICO
Oltre al metabolismo del glucosio e del glicogeno, l’insulina regola anche il metabolismo lipidico.
Abbiamo detto che sia nel fegato che nel tessuto adiposo, l’insulina attiva la lipogenesi perché questo
eccesso di glucosio non viene solo immagazzinato sottoforma di glicogeno ma viene immagazzinato
anche sottoforma di trigliceridi. Due enzimi importanti per attivare la lipogenesi sono la citrato liasi e
l’acetil-CoA carbossilasi. La citrato liasi è quell’enzima che si trova nel citoplasma e che serve a
degradare il citrato e a convertirlo in ossalacetato e acetil-CoA, questo funziona nel cosiddetto “shuttle
del citrato”. Quando c’è un aumento dei livelli di citrato nel mitocondrio significa che c’è tanto acetil-
CoA: l’acetil-CoA come prima tappa del ciclo di Krebs si condensa con l’ossalacetato a formare il citrato.
Se il citrato viene smaltito via ciclo di Krebs, non si accumula e tutto questo acetil-CoA viene ossidato
per dare energia. Ma quando non c’è bisogno di questa energia, ossia il ciclo di Krebs non riesce a
smaltire il citrato in eccesso, succede che il citrato aumenta di concentrazione a livello mitocondriale.
Questo aumento è uno stimolo per dei trasportatori del citrato che riconoscono il citrato soltanto
quando questo è in concentrazione superiore ad una certa soglia; dunque il citrato si lega a questi
trasportatori che lo fanno uscire dal mitocondrio e lo portano nel citoplasma. Nel citoplasma il citrato
troverà la citrato liasi che taglierà il citrato in ossalacetato
e acetil-CoA: l’ossalacetato rientrerà nel mitocondrio
attraverso due strade (non le vediamo), mentre l’acetil-
CoA sarà il substrato per la biosintesi degli acidi grassi e il
primo enzima che agirà per la biosintesi degli acidi grassi
sarà proprio l’acetil-CoA carbossilasi, che andrà a
carbossilare l’acetil-CoA a Malonil-CoA che sarà il
substrato per l’acido grasso sintasi.
L’insulina va a defosforilare e attivare sia la citrato liasi,
sia l’acetil-CoA carbossilasi innescando la sintesi degli
acidi grassi. Dunque da una parte attiva la biosintesi degli
acidi grassi, dall’altra, soprattutto a livello del tessuto
adiposo dovrà inibire la lipolisi, ossia quel processo grazie
al quale i trigliceridi conservati nelle gocce lipidiche
vengono mobilizzati andando a formare acidi grassi liberi
e glicerolo. Questo processo viene inibito dall’insulina
perché l’insulina fa l’esatto opposto di quello che fa il
glucagone via PKA.
L’insulina andrà a defosforilare due substrati: il primo è la perilipina (che costituisce quel guscio
proteico che impedisce da parte degli enzimi l’accesso ai trigliceridi cosi che non ci sia una
mobilizzazione dei trigliceridi non controllata). La perilipina riesce a formare questo guscio soltanto
quando è allo stato defosforilato; sarà la fosforilazione glucagone mediata (dipendente da PKA) che
andrà a dissociare questo guscio proteico consentendo l’accesso degli enzimi lipolitici a livello della
goccia lipidica. La defosforilazione della perilipina fa si che questo guscio proteico che circonda le gocce
lipidiche si mantenga intatto. Oltre a questo l’insulina porta ad una defosforilazione e inibizione della
lipasi ormone-sensibile che andrà ad agire a livello dei trigliceridi.
L’insulina ha questa azione anti lipolitica perché mantiene defosforilata la perilipina garantendo
l’integrità di questo guscio proteico, e inoltre defosforila la lipasi ormone-sensibile impendendo la sua
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attività lipolitica a livello dei trigliceridi. Da un punto di vista di metabolismo dei lipidi, l’insulina va ad
attivare la sintesi degli acidi grassi e a inibire la liberazione degli acidi grassi da parte del tessuto adiposo.
METABOLISMO PROTEICO
L’insulina stimola la sintesi proteica grazie all’attivazione della PKB, che va a fosforilare mTOR. La via di
mTOR è un meccanismo di trasduzione del segnale importante per attivare quei fattori di allungamento
fondamentali per la sintesi proteica. L’insulina è un ormone anabolizzante per quanto riguarda il
metabolismo delle proteine perché aumenta la sintesi proteica.
Nella slide accanto si vedono le
azioni di cui abbiamo già
parlato, è una slide un po’
riassuntiva.
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Ricapitolando: il profilo metabolico che viene indotto dalla stimolazione insulinica si esplica
principalmente su tre tessuti bersaglio: il fegato, il muscolo e il tessuto adiposo. Nel muscolo e nel
tessuto adiposo aumenta l’esposizione di GLUT4 alla membrana e quindi le rende più capaci di
rimuovere velocemente glucosio dal circolo. Nel muscolo attiverà anche la glicogeno sintesi, quindi
utilizzo di questo glucosio in eccesso per sintetizzare glicogeno; nel tessuto adiposo stimolerà la
biosintesi degli acidi grassi e avrà un’azione anti lipolitica, ossia inibire la mobilizzazione dei trigliceridi
contenuti a livello delle gocce lipidiche. Senza dubbio, uno degli effetti principali è anche quello che
l’insulina esercita a livello del fegato perché attiva la glicogeno sintesi e inibisce la glicogenolisi, attiva
la glicolisi e inibisce la gluconeogenesi. L’attivazione della glicogeno sintesi consente di accumulare
glicogeno per utilizzi futuri; l’attivazione della glicolisi consente di avere piruvato che poi potrà essere
convertito in acetil-CoA, il quale verrà condensato con l’ossalacetato formando citrato. Il citrato poi
esce e grazie all’attivazione della ciitrato liasi darà disponibiltà nel citoplasma di acetil-CoA che servirà
per la sintesi di acidi grassi. Questi acidi grassi poi verranno incorporati a livello di trigliceridi che, solo
in parte, potranno essere trattenuti e immagazzinati a livello della cellula epatica. Un eccesso di
trigliceridi non potrà mai rimanere nella cellula epatica, altrimenti si andrà incontro a steatosi epatica.
Quindi, una volta che i trigliceridi son stati sintetizzati per andare a smaltire l’eccesso di glucosio, questi
verranno incorporati nelle VLDL e trasferiti al tessuto adiposo laddove saranno immagazzinati e
stoccati. Altra cosa che si attiva non solo nel fegato, ma anche nel muscolo, sotto stimolazione da parte
dell’insulina è la sintesi proteica: visto che l’innalzamento della glicemia ematica si ha prevalentemente
dopo un pasto (nel quale si introducono anche amminoacidi, non solo glucosio), gli amminoacidi
vengono trasportati sia a livello del muscolo sia a livello del fegato e qui si ha un’attivazione della sintesi
di nuove proteine che, nel caso del fegato, può anche essere importante per sintetizzare proteine
plasmatiche che verranno messe in circolo. Il glucosio, che in condizioni iperglicemiche è in eccesso,
verrà utilizzato anche dal cervello a scopi energetici.
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INSULINA: EFFETTO MITOGENICO
Attivazione della via delle MAPK
Questa è l’ultima diapositiva sull’insulina per dirvi che come abbiamo accennato all’inizio, l’insulina dal
punto di vista metabolico agisce principalmente sul fegato, sul muscolo, sul tessuto adiposo, ma
abbiamo detto che l’insulina non ha solo una attività metabolica ma anche un’attività mitogenica e
quindi può agire anche su altri tessuti rispetto a quelli che abbiamo visto adesso.
Il signaling mitogenico dell’insulina ha dei tratti in comune con il signaling metabolico ma chiaramente
ha poi una via di trasduzione del segnale che è diversa. Si parte sempre dal recettore dell’insulina che
viene dimerizzato e transfosforilato in seguito all’interazione con il ligando, si ha sempre il reclutamento
di IRS-1 il quale viene reclutato dal recettore attivato e fosforilato a sua volta dall’attività
tirosinchinasica del recettore.
Ma, mentre per quanto riguarda il signaling metabolico abbiamo detto che le fosfotirosine di IRS-1
servivano da docking site nei confronti della P3 chinasi che poi faceva partire tutta la cascata a valle, in
questo caso le fosfotirosine di IRS-1 servono da docking site per un’altra proteina.
Questa proteina è Grb2 ed è una proteina adattatrice. E’ come il pezzo di un puzzle: riesce a combinare
due mediatori della vita di trasduzione del segnale che altrimenti non potrebbero mai interagire l’uno
con l’altro. Questi due mediatori, per quanto riguarda il caso specifico, sono: IRS-1 e Sos. IRS-1 e Sos
non potrebbero mai riconoscersi, a meno che Grb2 non funzioni da adattatore.
Grb2 funziona da adattatore perché ha molteplici domini. Grb2 possiede dei domini SH2 che sono affini
alle fosfotirosine ed è per questo che
riesce ad essere reclutato da IRS-1
fosforilato con i suoi domini SH2. Ma
Grb2 possiede anche altri domini che
si chiamano domini SH3. I domini
SH3 sono affini per le sequenze
ricche in prolina. Grazie alla presenza
dei domini SH3, Grb2 riesce a legare
SOS, perché SOS ha delle sequenze
ricche in prolina.
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sotto il controllo dell’insulina. Questi, normalmente, sono geni che servono per la proliferazione
cellulare. Quindi in questo modo l’insulina diventa un mitogeno attraverso l’attivazione della cascata
delle MAP chinasi che comunque ha origine dal recettore dell’insulina attraverso il reclutamento di IRS-
1. Quindi per il segnale metabolico, da IRS-1 si va su P3 chinasi, per il segnale mitogenico si va su Grb,
Sos e la via delle MAP chinasi.
GLUCAGONE
Il glucagone fa l’esatto opposto di quello che fa l’insulina. Abbiamo avuto modo di richiamarlo varie
volte, proprio perché i target enzimatici di queste vie di trasduzione del segnale sono esattamente gli
stessi.
Il glucagone è prodotto dalle cellule alfa delle isole di langherans della porzione endocrina del pancreas
e anche questo è un ormone di natura peptidica. E’ un oligopeptide di 29 amminoacidi che, a differenza
dell’insulina, non ha un’azione ipoglicemizzante, ma ha un’azione iperglicemizzante. Quindi serve a
rispondere a stimoli ipoglicemici e
a ristabilire i livelli di
normoglicemia.
In realtà questa azione
iperglicemizzante ce l’avranno
anche i glucocorticoidi e in parte
anche le catecolammine. Però,
mentre i glucocorticoidi
indurranno questo effetto
iperglicemizzante soprattutto in
seguito a condizioni di stress, fisici
e psicologici, il glucagone risponde
invece ad uno stimolo
ipoglicemizzante da digiuno.
Quindi il glucagone è l’ormone principale che reagisce in seguito a uno stimolo ipoglicemizzante da
digiuno.
Il glucagone agisce su delle sedi molto ristrette rispetto all’insulina. Agisce soltanto al livello del fegato
e del tessuto adiposo. Perché solo fegato e tessuto adiposo esprimono ed espongono in superficie i
recettori specifici per il glucagone.
Il glucagone viene secreto in seguito a una riduzione dei livelli di glucosio nel sangue e viene stimolata
la secrezione del glucagone anche quando c’è un aumento dei livelli di catecolammine in circolo. (Le
catecolammine, insieme ai glucocorticoidi, reagiscono prevalentemente a condizioni di stress, da
digiuno, ma hanno anche questa attività nei confronti del glucagone andando a favorirne la secrezione.)
Quindi, le cellule alfa pancreatiche vengono stimolate primariamente da una riduzione dei livelli di
glucosio in circolo, ma subiscono uno stimolo positivo anche da parte degli amminoacidi (in particolare
è stato visto che l’arginina ha un effetto stimolatorio nei confronti della secrezione di glucagone). Le
cellule alfa pancreatiche ricevono anche una stimolazione da parte del sistema parasimpatico e del
sistema simpatico , in particolare da acetilcolina che viene attivata soprattutto in seguito a processi
digestivi o in seguito alle catecolammine, adrenalina non adrenalina. Riceve però degli stimoli inibitori
da parte dell’insulina e della somatostatina. Quindi la somatostatina prodotta dalle cellule delta del
pancreas ha un’azione inibitoria sia per quanto riguarda la secrezione di insulina, che per quanto
riguarda la secrezione di glucagone. Quindi insulina e glucagone hanno questi effetti di regolazione
reciproca: alti livelli di insulina inibiscono la secrezione di glucagone e viceversa.
Quello che fa il glucagone è andare ad aumentare la lipolisi a livello del tessuto adiposo mentre a livello
del fegato la sua attività è quella di andare a indurre glicogenolisi e gluconeogenesi, perché chiaramente
lo stimolo che ha indotto la secrezione del glucagone è uno stimolo di ipoglicemia, quindi c’è bisogno
di ristabilire la glicemia. E per far questo si sfruttano delle riserve di glucosio già pronte, già presenti a
livello della cellula epatica, ossia il glicogeno (basta rimuovere il glucosio dal glicogeno e questo è il
primo meccanismo con cui si tampona l’ipoglicemia). Poi essendo i granuli di glicogeno comunque non
infiniti è chiaro che si deve attivare la glucogenesi per ristabilire correttamente la normoglicemia.
Quindi nel fegato il glucagone regola primariamente il metabolismo del glicogeno e il metabolismo del
glucosio andando a stimolare la glicogeno lisi e chiaramente inibire la glicogenosintesi, a stimolare la
gluconeogenesi e chiaramente a inibire la glicolisi.
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Il recettore per il glucagone è diverso rispetto al recettore per l’insulina perché non fa parte della classe
del RTK, ma fa parte dei GPCR (recettori accoppiati a proteine G). E in particolare il glucagone si associa
ad una proteina G trimerica che ha come subunità alfa la subunità G-alfaS. (S sta ad indicare che è
stimolatoria nei confronti della Adenilato ciclasi).
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Quindi la via di trasduzione del segnale prevederà:
● l’associazione del glucagone con il suo recettore
● il recettore va incontro ad una modifica
conformazionale che porta alla attivazione della
proteina G trimerica
● L’attivazione della proteina G trimerica è dovuta ad
una dissociazione del dimero beta gamma inibitorio
rispetto alla subunità Alfa GS
● La sub unità Alfa GS, una volta liberata dal dimero
inibitorio trasla sulla membrana dove va a incontrare il
suo effettore che è appunto l’Adenilato ciclasi
● L’Adenilato ciclasi si attiva in seguito all’interazione con la sub unità Alfa GS GTP bound
e porta avanti la sua attività. L’attività dell’Adenilato ciclasi è quella di utilizzare ATP
per formare AMP ciclico. Quindi si rimuove il gruppo difosfato dall’ATP e AMP viene
utilizzato per ciclizzare il fosfato in alfa tra le posizioni 3’ e 5’.
Quindi la AMP ciclico, una volta formato va a funzionare da attivatore allosterico di PKA (proteina
chinasi AMP ciclico dipendente). PKA è costituito da quattro subunità, due catalitiche e due regolatorie:
quando quattro AMP ciclico si legano alle due
subunità regolatorie, queste perdono affinità per le
subunità catalitiche e le subunità catalitiche si
dissociano andando a smascherare il sito attivo che a
questo punto ha accesso ai target che saranno l’ATP
e il target specifico di PKA, target che potrà essere
diverso a seconda della via metabolica che andrà ad
essere regolata.
Come si regola il metabolismo del glicogeno lo
abbiamo già detto. Che cosa fa la PKA che è stata
attivata dal glucagone? Andrà a fosforilare e attivare
la glicogeno fosforilasi chinasi che, una volta
fosforilata e attivata andrà ad agire sulla glicogeno
fosforilasi che verrà a sua volta fosforilata e attivata
andando quindi mediare questa stimolazione della
glicogenolisi.
La PKA oltre a fosforilare e attivare la fosforilasi
chinasi e far partire questa cascata di fosforilazioni
attivanti, andrà anche a fosforilare e inibire la
glicogeno sintasi. Quindi da una parte si attiva per
fosforilazione la glicogeno fosforilasi e quindi la
glicogenolisi dall’altra si inattiva per fosforilazione la
glicogeno sintasi andando a inibire la glicogeno
sintesi.
Come vedete qui è riportata anche la adrenalina,
perché in realtà nel fegato e nel muscolo l’adrenalina
coopererà con il glucagone per portare a
quest’innesco della glicogeno lisi.
La glicogeno fosforilasi via PKA oltre ad attivare per
fosforilazione la glicogeno fosforilasi attraverso la
fosforilasi chinasi e a inibire per fosforilazione la glicogeno sintasi, potenzia questo segnale anche con
un altro meccanismo. Così come l’insulina per massimizzare i suoi effetti doveva anche andare ad
interrompere la segnalazione PKA mediata, e lo faceva attivando la fosfodiesterasi per AMP ciclico,
anche il glucagone deve andare a potenziare la sua attività. Quindi oltre a portare avanti la
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fosforilazione degli enzimi target, deve andare a inibire l’attività di PP1, per andare ad inibire queste
defosforilazioni PP1 mediate.
Come fa ad inattivare PP1? Un altro target di PKA è questa proteina IP che è un inibitore di PP1. Questa
proteina normalmente inibisce PP1 soltanto quando è allo stato fosforilato. Quindi per inibire PP1 la
via di segnalazione glucagone mediata fosforila questo inibitore di PP1 ed è la PKA che lo fosforila e a
questo punto questo inibitore una volta fosforilato potrà andare a legarsi a PP1 e a inattivarla.
In questo modo il glucagone partecipa anche all’inibizione di PP1 così come l’insulina partecipava
all’inibizione di PKA. Quindi andando a spegnere PP1, il glucagone impedisce che questa fosfatasi possa
andare a desfosforilare e attivare la glicogeno sintasi e a defosforilare e inibire la glicogeno fosforilasi.
Quindi è un modo di arrivare allo stesso risultato ma andando ad agire su punti diversi: da una parte si
attiva PKA dall’altra si inibisce PP1, ma l’effetto che si ottiene è il medesimo.
Quali sono gli effetti dell’aumento della AMP ciclico glucagone mediato? Questo andrà ad attivare cAPK
(è la stessa cosa di PKA, soltanto un modo diverso di chiamarlo). La AMP ciclico attiva PKA, PKA da una
parte fosforila e attiva la glicogeno fosforilasi chinasi che a sua volta fosforila e attiva la glicogeno
fosforilasi attivando la glicogenolisi. Dall’altra parte, PKA fosforila l’inibitore per PP1 andando ad inibire
PP1, che quindi non potrà più ne defosforilare questi due enzimi inibendoli ne defosforilare la glicogeno
sintasi, attivandola. La glicogeno sintasi non più defosforilata da PP1, sarà invece fosforilata da PKA e la
fosforilazione andrà ad inibirne l’attività. Quindi grazie a questo processo AMP ciclico mediato si andrà
a stimolare la glicogenolisi e a inibire la glicogeno sintesi.
Quando lo stimolo del glucagone verrà meno e quindi i livelli di AMP ciclico cominceranno a calare,
chiaramente si verificherà l’effetto opposto. La fosfatasi PP1 non sarà più inibita quindi potrà di nuovo
a defosforilare i suoi substrati che saranno da una parte la glicogeno fosforilasi chinasi e la glicogeno
fosforilasi e con queste defosforilazioni inattiverà la glicogeno lisi, dall’altra potrà tornare a
defosforilare glicogeno sintasi attivando la glicogenolisi e questo sarà promosso anche dal segnale
insulina dipendente.
Metabolismo del glucosio: enzimi chiave regolati dal glucagone
L’attività del glucagone nel mediare questa attivazione della gluconougenesi si esplica sulla regolazione
dell’enzima bifunzionale. Quindi la PKA
va a fosforilare l’enzima bifunzionale e
la fosforilazione dell’enzima
bifunzionale porta allo spegnimento
dell’attività chinasica PFK2 e
attivazione dell’attività fosfatasica
fruttosio 2,6 bifosfatasi. Quindi la
fruttosio 2,6 bifosfatasi va a idrolizzare
il fruttosio 2,6 bifosfato a fruttosio 6
fosfato comportando un crollo dei
livelli di fruttosio 2,6. Se i livelli di
fruttosio 2-6 calano, da una parte si
inibisce la PFK-1, dall’altra si attiva la
fruttosio 1,6 bifosfatasi
e quindi avremo una
diminuzione della
glicolisi e un aumento
della gluconeogenesi.
(Niente di più di quello
che abbiamo visto al
contrario per
l’insulina).
Ruolo del glucagone a
livello del tessuto
adiposo
Stessa cosa per il metabolismo dei lipidi, anche in questo caso niente di diverso da quello che abbiamo
visto prima. Come fa il glucagone ad avere questa attività lipolitica a livello del tessuto adiposo? Perché
PKA attivata dal glucagone, da una parte fosforila la perilipina, la fosforilazione della perilipina consente
alle molecole di perilipina di dissociarsi le une dalle altre e questo va a rompere il guscio proteico che
mantiene isolati i trigliceridi all’interno. Questo fa si che la lipasi ormone sensibile, a sua volta fosforilata
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e attivata da PKA, possa entrare
all’interno della goccia lipidica e avere
accesso per la mobilizzazione dei
trigliceridi. (Lo avete già visto con il prof
Cirri ma sapete che la lipasi ormone
sensibile non trigliceride lipasi ma è una
digliceride lipasi.) Quindi ci vuole un
enzima che agisca prima sui trigliceridi
che vada a rimuovere il primo acido
grasso. La trigliceride lipasi, quindi il primo
enzima che agisce sui trigliceridi, in realtà
viene attivata dal distacco. ATGL è la
trigliceride lipasi che è la prima che agisce
sui trigliceridi e questa ATGL viene attivata
perché la fosforilazione della perilipina
non serve solo a aprile il varco ma serve
anche a liberare questa proteina che si
chiama CGI, che è un attivatore della
trigliceride lipasi. Finché CGI viene
mantenuta legata alla perilipina non può
attivare l’enzima, ma quando la perilipina viene fosforilata perde affinità per questa CGI, la quale viene
liberata e può andare ad interagire con
la trigliceride lipasi e quindi viene
attivata.
La trigliceride lipasi stacca il primo
acido grasso (quindi un acido grasso
più triacilglicerolo). È sul diacilglicerolo
che agirà la lipasi ormone sensibile
perché questa è una digliceridelipasi e
staccherà quindi il secondo acido
grasso. Si formerà un
monoacilglicerolo su cui agirà la
monoacilgicerololipasi che quindi
produrrà il glicerolo e l’ultimo acido
grasso.
La trigliceridelipasi in realtà è un
enzima citosolico che, nel momento in
cui la perilipina si apre, arriva e con la
dissociazione di CGI dalla perilipina si
attiva e quindi può cominciare la
mobilizzazione dei trigliceridi.
Profilo metabolico indotto da
glucagone
Questo è il profilo metabolico indotto
da glucagone. Il glucagone agisce
primariamente sul fegato e sul tessuto
adiposo. A livello del tessuto adiposo
induce la lipolisi, quindi si liberano
acidi grassi e glicerolo che entreranno nel circolo. A livello del fegato, invece, il glucagone induce sia la
glicogenolisi, quindi rende disponibile subito glucosio che può essere immesso all’esterno aumentando
la glicemia ematica e quindi andando a rifornire glucosio per il cervello, che è uno dei tessuti glucosio
dipendenti, ma visto che il glicogeno comunque limitante a livello del fegato si attiva anche la
gluconeogenesi, che chiaramente supporterà questo ruolo iperglicemizzante.
Come fa il fegato ad avare precursori per la gluconeogenesi? Li ha ha perché il glicerolo arriva dal tessuto
adiposo e può essere un precursore per gluconeogenesi, ma a livello del muscolo che non sente più lo
stimolo dell’insulina, in presenza del glucagone, si avrà un aumento della degradazione delle proteine,
quindi questo libererà amminoacidi e in particolare l’alanina andrà a diventare un precursore per la
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gluconeogenesi. Quindi in condizioni di digiuno si avrà anche un aumento della degradazione di
proteine a livello del muscolo che formeranno precursori per la gluconeogenesi.
Gli acidi grassi che si liberano dal tessuto adiposo serviranno per supportare l’attività anabolica
gluconeogenetica del fegato perché formeranno un nutriente che sarà utilizzato per via energetica.
Quindi siccome il fegato non può utilizzare glucosio perché sta producendo glucosio, utilizzerà per avere
energia gli acidi grassi che provengono dal tessuto adiposo. Quindi al livello del fegato si innescherà la
beta ossidazione e questa supporterà dal punto di vista energetico il fegato. Oltre a questo in condizioni
di digiuno e soprattutto di digiuno prolungato, vista questa forte attività catabolica nei confronti degli
acidi grassi, a livello del fegato si avrà anche la produzione di corpi chetonici perché c’è una forte
produzione di acetilcoenzimaA perché è fortemente stimolata la beta ossidazione. Ma tutto questo
acetilcoenzimaA non potrà essere smaltito per via ossidativa, perché contemporaneamente il fegato
sta facendo gluconeogenesi quindi utilizza e preleva ossalacetato dal ciclo di Krebs per garantire la
gluconeogenesi.
Quindi questa riduzione dei livelli di ossalacetato, perché questi sono utilizzati per la gluconeogenesi,
fa si che questa acetilcoenzimaA non trovi un corretto smaltimento via ciclo di Krebs ed è per questo
che l’acetilcoenzimaA viene deviato verso la sintesi dei corpi chetonici. Quindi in una situazione di
digiuno prolungato il fegato viene definitivo un fegato cheto genetico, vuol dire che ha fortemente
attivati il catabolismo degli acidi grassi, l’anabolismo del glucosio e la sintesi dei corpi chetonici. Corpi
chetonici che servono indubbiamente per rifornire, per garantire la presenza di un nutriente alternativo
in condizioni di emergenza, quando il glucosio può diventare limitante e che può essere utilizzato dal
cuore e dal cervello. Un nutriente che può essere utilizzato in condizioni di uricemia.
Patofisiologia della deficienza di insulina
E questi sono gli effetti dovuti al deficit di insulina, che si può verificarsi in pazienti affetti da diabete.
Che cosa succede quando c’è un deficit di insulina? Indubbiamente vengono meno tutte quelle
regolazioni insulina mediate, quindi viene meno l’attivazione della glicolisi, della glicogeno sintesi, il
blocco della lipolisi e oltre a questo se i livelli di insulina non sono sufficienti si ha anche una secrezione
compensatoria di glucagone. Quando le cellule alfa non sentono che c’è abbastanza insulina, queste
cominciano a secernere
glucagone. Quindi anche in una
condizione in cui in realtà non
siamo in condizioni
iperglicemiche ma siamo soltanto
in condizioni di carenza di
insulina, il pancreas risponde
andando a secernere il glucagone
che peggiora il quadro
iperglicemico perché stimola il
fegato a fare gluconeogenesi.
Quindi da una parte l’insulina non
è sufficiente quindi non attiva
l’aumento del trasporto di
glucosio nel muscolo e nel tessuto
adiposo (non c’è rimozione del
glucosio dal circolo) quindi
condizione iperglicemica
peggiorata dal fatto che il
pancreas secerne glucagone e questo stimola la gluconeogenesi epatica. Quindi un quadro
iperglicemico che peggiora.
Quando si raggiungono certi livelli di glucosio nel sangue, il glucosio non ce la fa neppure ad essere
riassorbito dal filtro renale quindi si ha anche una perdita di glucosio con le urine (glicosuria). Sapete
bene che il glucosio è una molecola osmoticamente attiva quindi richiama acqua. Se c’è perdita di
glucosio con le urine, ci sarà anche una perdita eccessiva di acqua e quindi diuresi osmotica e questo
comporterà anche una perdita di elettroliti. Quindi effetto di disidratazione e di squilibrio elettrolitico.
La carenza di insulina induce anche un aumento della degradazione delle proteine, quindi aumento dei
livelli di aminoacidi plasmatici e perdita di azoto con le urine e la carenza di insulina determina anche
un aumento dell’effetto lipolitico a carico del tessuto adiposo. Quindi aumento degli acidi grassi liberi
nel plasma e abbiamo detto che questo induce nel fegato un aumento dei corpi chetonici che quindi
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portano inizialmente a una chetosi e poi a una chetoacidosi perché i corpi chetonici liberano idrogenioni
nel plasma e quindi questo porta anche a una riduzione del pH ematico. L’organismo tende a rispondere
a questo effetto di disidratazione mediante polidipsia perché aumenta il senso di sete, ma c’è
comunque una poliuria, eccesso di perdita di acqua con le urine che porta a disidratazione e squilibrio
elettrolitico.
Il diabete (alta glicemia)
I tipi di diabete sono tre:
INSULINO DIPENDENTE e INSULINO INDIPENDENTE. Se non funziona la secrezione da parte delle cellule
pancreatiche si parla di insulino dipendente perché questo viene tamponato con la somministrazione
di insulina dall’esterno, se invece il sistema recettoriale ad essere deficitario si parla di INSULINO
INDIPENDENTE.
Un diabete particolare è il diabete giovanile ad insorgenza tardiva (MODY) che invece è dovuto a
mutazioni a livello di glucocinasi epatica, che non ce la fa a fosforilare il glucosio e quindi ad
intrappolarlo a livello del fegato con conseguente quadro iperglicemico.
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Sbobina n°35 – BIOCHIMICA 27/04/2021
Sono gli ormoni ipotalamici e pituitari, che possono agire direttamente su dei tessuti bersaglio, oppure
possono a loro volta andare a controllare l’attività di altre ghiandole endocrine.
Gli ormoni prodotti dai parvicellulari, vengono liberati direttamente a livello ipotalamico, dopo essere
rilasciati dagli assoni dei parvicellulari attraversando il circolo portale e rilasciati dalla adenoipofisi (la parte
anteriore). Qui questi ormoni stimoleranno le cellule della adenoipofisi a produrre altri ormoni, ovvero gli
ormoni pituitari.
ORMONI SECRETI
-L’ormone antidiuretico ADH o vasopressina e ossitocina vengono rilasciati dal lobo posteriore dell’ipofisi
(neuroipofisi), e prodotti a livello ipotalamico.
-Gli ormoni invece prodotti e secreti dalla adenoipofisi in seguito alla stimolazione da parte degli ormoni
ipotalamici da parte dei neuroni parvicellulari, sono l’ormone luteinizzante (LH) e l’ormone follicolo
stimolante (FSH), la prolattina, l’ormone adrenocorticotropo (ACTH), l’ormone della crescita (growth
hormon, GH) e l’ormone stimolate la tiroide (TSH).
-Alcune cellule della parte intermedia (quella poco sviluppata) producono l’ormone stimolante ovvero i
melanociti (MSH).
• Gli ormoni ipotalamici (rilasciati dai neuroni parvicellulari) che stimolano i pituitari sono:
Quando l’azione è indiretta si parla di ormoni tropinici, ovvero ormoni che stimolano altre ghiandole
endocrine. In parte anche il GH può essere considerato tropinico anche se non regola in realtà una ghiandola
endocrina ma regola il fegato, che è un tessuto che produce non ormoni ma fattori di crescita.
La neuroipofisi, che è una estensione dell’ipotalamo, raggiunta dalle terminazioni assoniche dei
magnicellulari, andrà a determinare la secrezione di ADH e ossitocina che agiranno direttamente su tessuti
bersaglio. L’antidiuretico agirà a livello renale, l’ossitocina agirà sia a livello dell’utero sia a livello della
ghiandola mammaria.
L’asse ipotalamo-ipofisario è estremamente regolato, con regolazioni a feedback. Gli ormoni prodotti dalle
ghiandole bersaglio sono ormoni che quando aumentano di concentrazione, vanno ad inibire la loro
produzione dei corrispondenti ormoni stimolatori sulla ipofisi (feedback negativo. Anche un aumento degli
ormoni prodotti dalla adenoipofisi può mediare un feedback negativo, inibendo la sintesi di realising hormon
a livello dell’ipotalamo, quindi un doppio feedback negativo. In alcuni casi gli ormoni prodotti direttamente
dalle ghiandole bersaglio possono andare ad inibire direttamente il rilascio di RH a livello ipotalamico. Gli
stessi realising hormon possono indurre una autoinibizione, ovvero, superata una certa soglia, un loro
aumento impedisce della produzione degli stessi RH. La stimolazione positiva invece fa sì che i RH stimolino
gli ormoni pituitari e questi le ghiandole endocrine a valle.
• OSSITOCINA
L’ossitocina è un piccolo peptide costituito da soli 9 AA, con 2 cisteine che ripiegandosi possono formare un
ponte disolfuro. È un ormone che nel processo di sintesi passa attraverso il reticolo endoplasmatico e viene
immagazzinato in vescicole e poi granuli secretori dove vengono immagazzinati nelle terminazioni sinaptiche,
e verranno secreti in seguito a stimolo di depolarizzazione del neurone magnocelullare (questo vale per tutti
gli ormoni pituitari). L’ossitocina è prodotta come un pre-pro-ormone, che identifica la presenza di una
sequenza segnale che serve alla proteina per essere indirizzata a livello del reticolo, e una volta lì la sequenza
segnale N-term viene rimossa e rimarrà solo il pro-ormone. Quest’ultimo subirà un altro taglio proteolitico
(proteolisi limitata) che porta al
rilascio di due frammenti: neurofisina
1 (non ha effetto della ossitocina) e
ossitocina accumulati nei granuli
secretori. L’ossitocina è un ormone
peptidico, solubile nel torrente
circolatorio con però vita media di
2,4 minuti, quindi la sua produzione
deve essere continua. Ossitocina e
vasopressina sono molto simili per
catena, differiscono solo per 2 amminoacidi. Solo che l’ossitocina ha una isoleucina e leucina al posto di una
fenilalanina e arginina della vasopressina. L’ossitocina segnala attraverso un recettore accoppiato a G-
proteine, il recettore segnala attraverso la subunità GS-alfa (quindi è un recettore accoppiato ad una proteina
G trimerica, che oltre al dimero beta e gamma ha una subunità di tipo S, ovvero stimolatoria nei confronti
dell’ adenilatociclasi, recettore che segnala attraverso l’innalzamento dei livelli di un secondo messaggero,
che è l’AMPciclico che porterà all’attivazione della PKA). Questo è quello che succede a livello della ghiandola
mammaria, a livello dell’utero invece ci sono altri recettori che si possono legare all’ossitocina, sempre
recettori legati a G-proteine ma con subunità GQ-alfa, che trasduce il segnale andando ad attivare un altro
effettore, la fosfolipasi-C-gamma, che servirà per andare a tagliare un fosfolipide di membrana, il PIP2
(fofatidilinositolo 4,5 bisfosfato) e produrre diacilglicerolo e IP3, che agirà su canali IP3 dipendenti a livello
del reticolo determinando l’innalzamento dei livelli di calcio.
Effetti: a livello della mammella regola lo stato di contrazione delle cellule mioepiteliali, per regolare il rilascio
di latte dalla ghiandola mammaria. La contrazione ha effetto di feedback positivo, poiché stimola
ulteriormente la produzione di ossitocina, come a seguito dello stimolo da suzione dei capezzoli. A livello
dell’utero induce contrazioni uterine nel momento della mestruazione e del parto. Anche qui le contrazioni
uterine stimolano ulteriormente la produzione di ossitocina. Naturalmente (quindi non con farmaci)
l’ossitocina viene prodotta dall’ipotalamo quando abbiamo distensione della cervice uterina. La distensione
viene favorita dall’iniziale transito della testa del feto a livello della cervice. Questo fa sì che parta il rilascio
di ossitocina che induce contrazione uterina. Queste contrazioni fanno effetto di feedback positivo. Nel
momento in cui il feto esce, la cervice non è più distesa e cala lo stimolo e quindi anche i livelli di ossitocina.
Le forti contrazioni sono dovute e stimolate sia alla produzione di ossitocina dall’ipotalamo sia dagli estrogeni
(prodotti durante il parto) che aumentano l’espressione dei recettori per l’ossitocina a livello dell’utero,
facendo sì che l’utero sia più recettivo nei confronti dello stimolo ormonale. Oggigiorno per stimolare le
contrazioni del parto vengono usate le prostaglandine al posto dell’ossitocina.
DOMANDA? RISPOSTA: se vuoi andare a regolare questi meccanismi in questo caso si deve agire con dei
farmaci, che però non consistono in vasopressina o ossitocina ricombinante. Perché anche nel caso del
parto, non abbiamo bisogno di sapere quanta ossitocina è prodotta durante il parto in quel momento. Non
hai la necessità di produrre qualcosa di diverso in condizioni equimolari. Nei pazienti diabetici trattati con
insulina esogena, invece lo facciamo.
2) Stimolo dell’ipotalamo da parte dei barocettori cardiaci, ovvero dei recettori sensoriali sensibili alla
distensione delle pareti vascolari. Sono localizzati nelle vene, nella carotide, nell’aorta e quando
subiscono distensione o rilassamento delle pareti fanno partire un segnale: la diminuzione del
volume plasmatico, associato ad uno stimolo ipotensivo, portano a un rilassamento delle pareti e
stimola rilascio di ADH che agirà a livello del rene determinando riassorbimento di acqua da parte
dei tubuli distali, quindi un aumento del volume plasmatico e quindi aumento anche della pressione
sanguigna, contrastando così lo stimolo che ne ha indotto il rilascio.
3) La vasopressina è stato visto che viene anche indotta da stress emozionali, fisici o da dolore, che
inibiscono così la sintesi di ADH.
La vasopressina agisce insieme a recettori accoppiati a G-proteine. Abbiamo recettori di 2 tipi (poiché in
realtà il terzo non è stato ancora ben caratterizzato):
- V1, ubiquitari, accoppiati a proteine G, che hanno come subunità GQ-alfa (la stessa su cui poteva andare
ad agire l’ossitocina) che stimola la fosfolipasi C-gamma che taglia il fosfatidil-inositolo 4,5 bisfosfato in
DAG e IP3. L’IP3 va ad agire sui canali per il calcio IP3 dipendenti presenti sul reticolo endoplasmatico,
che una volta legati ad IP3 fanno uscire Ca2+ dal reticolo (visto che il reticolo è una sorta di
immagazzinatore di calcio9. Così si attiva o la PKC (protein chinasi C), attivata dall’associazione con il
calcio e interazione con DAG, oppure il calcio può
mediare la trasduzione del segnale legandosi alla
calmodulina, proteina con alta affinità per il calcio,
e il complesso creato può andare a regolare effettori
a valle, ad esempio la protein chinasi calcio-
calmodulina dipendente, che è un’altra
serinotreonino chinasi che fosforilerà proteine
target a valle. Induce vasocostrizione, quindi agisce
sulle cellule muscolari lisce dei vasi e
conseguentemente ha effetto ipertensivo,
aumentando la pressione, rispondendo in maniera
opposta all’azione ipotensiva indotta dal rilascio di
ADH.
-V2 sono invece presenti a livello renale, sono GPCR associati ad una GS-alfa, ovvero che attivano
l’adenilatociclasi, aumentando la concentrazione di AMP ciclico e stimolando la PKA. Uno dei target
importanti di PKA a livello dei tubuli distali renali è l’acquaporina 2. Le acquaporine sono dei canali per
l’acqua, che servono a favorirne il trasporto attraverso la membrana. Ce ne sono di varie tipologie,
espresse in vari tessuti. L’acquaporina 1 è espressa a livello dei tubuli prossimali, la 2 a livello dei tubuli
distali. La 1 non subisce regolazione, è sempre presente e garantisce il riassorbimento costitutivo di
acqua. La 2 invece è regolata da ADH, che stimola i recettori dei tubuli distali. Si ha la fosforilazione PKA-
mediata della acquaporina 2 che porta ad una esposizione di questa acquaporina nella membrana e un
riassorbimento di acqua dei tubuli distali. Questo regola il riassorbimento del 10% di acqua, il restante
90% è gestito a livello dei tubuli prossimali in maniera non regolata.
• Ormoni secreti dalla adenoipofisi, in seguito alla stimolazione di RH prodotti a livello ipotalamico.
ORMONI GLICOPROTEICI
TSH,LH,FSH e hGC (gonadodropina corionica umana) non secreta dalla adenoipofisi ma prodotta dalla
placenta, ma condivide la struttura e meccanismo di azione rispetto a questi ormoni glicoproteici. Tutti questi
ormoni hanno una struttura eterodimerica, sono cioè costituiti da una catena alfa e una beta. La alfa
presenterà sicuramente una N-glicosilazione (residui di asparagina glicosilati). La beta può esserlo o non
esserlo. La catena alfa è costante, è la stessa per tutti. La parte variabile che dà la specificità funzionale ad
ogni ormone è la catena beta. Le catene alfa e beta derivano da un’iniziale duplicazione genica, con
inizialmente un solo gene che codificava per una sola catena proteica (probabilmente per la catena alfa) e
quindi dopo, per duplicazione genica e per divergenza genica ha generato tutti i vari geni che codificano per
le catene beta. Queste sono proteine che subiscono modifiche post-traduzionali, perché non solo verranno
prodotti come pre-pro-ormoni (subendo taglio proteolitico), ma dovranno subire anche N-glicosilazione a
livello della catena alfa e formazione di ponti disolfuro intracatena, per la presenza di alcune cisteine, su alfa
e beta.
La trasduzione del segnale per LH,FSH,TSH,GnRH (quest’ultima promossa grazie a all’interazione con recettori
accoppiati a proteine G) presenta la segnalazione guidata dalla GS-alfa che stimola l’adenilato ciclasi e quindi
PKA.
• FSH e LH agiscono a livello delle gonadi (si vedranno nel dettaglio successivamente).
-FSH stimola la follicologenesi, ovvero maturazione delle cellule follicolari a livello dell’ovaio, mentre LH
stimola la produzione di progesterone da parte del corpo luteo (a livello femminile). A livello maschile FSH
stimola le cellule del Sertoli nei testicoli per indurre spermatogenesi e LH stimola la sintesi di testosterone da
parte delle cellule di Leydig. In entrambi i casi regolano quindi la gametogenesi, e in più nel caso della donna
regolano anche il ciclo di ovulazione. Visto che le gonadi producono ormoni steroidei (estrogeni, androgeni
o progesterone, derivanti tutti dal colesterolo, FSH e LH regolano anche la sintesi di colesterolo, e più a valle
quindi anche la sintesi degli ormoni steroidei.
Le tappe regolate da FSH e LH sono: nelle gonadi questi ormoni andranno ad incrementare e stimolare la fase
finale della sintesi del colesterolo (conversione dell’acetato in squalene, e in particolare la ciclizzazione dello
squalene) oppure promuovono il colesterolo in un metabolita che sarà il precursore sia degli ormoni
progestinici ed estrogenici, sia del testosterone, il pregnenolone. Ci sarà una prima fase di sintesi degli
ormoni steroidei in cui il colesterolo verrà indirizzato verso la sintesi degli ormoni steroidei, e questa sarà la
tappa limitante che verrà stimolata da FSH e LH. Quindi si stimolerà l’entrata del colesterolo all’interno del
mitocondrio, dove subirà una reazione particolare che lo convertirà in pregnenolone, precursore per tutti gli
ormoni steroidei prodotti dalle gonadi.
• hCG - GONADOTROPINA CORIONICA UMANA (anche questi trattati più nel dettaglio successivamente)
È una glicoproteina sintetizzata, non nell’adenoipofisi, ma nella placenta. I suoi livelli incrementano subito
dopo l’impianto dello zigote nell’endometrio, infatti viene utilizzato per la diagnosi precoce di gravidanza,
proprio perché il livello di hCG a livello sierico aumenta notevolmente in seguito all’impianto dello zigote.
L’hCG serve a sostenere il corpo luteo, poiché nelle fasi iniziali della gravidanza sarà questo a produrre
progesterone fino a quando la placenta non sarà in grado di sostituirvi e provvedere al sostegno della
gravidanza fino al suo termine. L’hCG a livello plasmatico cala drasticamente dopo il terzo mese di gestazione,
perché in questo caso la gravidanza si è già avviata e quindi verrà sostenuta dal progesterone prodotto a
livello della placenta.
Domanda: L’hCG funziona anche da marker tumorale? Sì, perché alcune cellule tumorali acquisiscono la
capacità di produrre la gonadotropina corionica, che può essere quindi utilizzata per valutare soprattutto il
breast cancer (carcinoma mammario) e il tumore dell’ovaio, che sono i tumori per cui è stato vista una
maggiore correlazione con l’aumento di hCG.
È un ormone proteico con massa di 30kDa che stimola la produzione e la secrezione di ormoni tiroidei da
parte dei tireociti, che sono le cellule che costituiscono i follicoli della tiroide. Il TSH ha sia degli effetti a
breve termine che degli effetti a lungo termine (i vari step con cui agisce il TSH saranno visti più in dettaglio
con la sintesi degli ormoni tiroidei a livello della tiroide). Tra gli effetti a breve termine, che si esplicano a
pochi minuti dal rilascio del TSH da parte dell’adenoipofisi, si ha un aumento sia della sintesi che della
secrezione degli ormoni tiroidei perché si agisce in tre fasi diverse della biosintesi:
• nella fase iniziale, uno degli step più importanti affinché si possa avere la sintesi degli ormoni tiroidei a
livello dei follicoli tiroidei è l’aumento della concentrazione di iodio a livello dei tireociti: il TSH stimola
questo processo aumentando l’ingresso di iodio a livello dei tireociti e questo consiste in uno dei primi step
essenziali per formare la colloide, che sarà una sorta di proteina immatura da cui si origineranno gli ormoni
tiroidei;
• il TSH, in seguito, promuove l’organicazione dello iodio, in quanto lo iodio dovrà andare a unirsi a dei residui
di tirosina, a livello di un precursore proteico detto tireoglobulina;
• Prodotta la tireoglobulina (che contiene tante tirosine iodinate), essa dovrà essere degradata per andare a
liberare gli ormoni attivi; anche l’idrolisi della tireoglobulina (quindi la liberazione degli ormoni maturi che
saranno il T3 e il T4) è quindi indotta dal TSH.
C’è poi un effetto a lungo termine, che si esplica nell’ambito di ore, che è dovuto:
- al fatto che il TSH induce un aumento del flusso ematico che arriva alla tiroide, al fine di favorire il rilascio e
la distribuzione degli ormoni tiroidei.
-alla modulazione dell’espressione genica di tutti gli enzimi che agiscono per garantire la biosintesi degli
ormoni tiroidei.
Quindi l’effetto a breve termine è un’attivazione di alcuni enzimi, mentre l’effetto a lungo termine è un
aumento dell’espressione di questi enzimi, sia del canale dello iodio, sia di tutti gli enzimi che vanno ad agire
a livello di questa impalcatura proteica che è la tiroglobulina. Come effetto a lungo termine, il TSH induce
anche un’ipertrofia della tiroide, cioè un aumento sia del numero che delle dimensioni delle cellule follicolari,
quindi dei tireociti, che sono deputati alla sintesi degli ormoni.
ORMONI PROTEICI
Sono prodotti dalle cellule somatotrope e dalle cellule lattotrope e sono rispettivamente l’ormone della
crescita e la prolattina. Sono costituiti da circa 190 amminoacidi, entrambi possiedono un solo residuo di
triptofano in una posizione simile tra i due, due ponti disolfuro intracatena e presentano un’omologia di
sequenze del 35%. Anche in questo caso la secrezione di essi è regolata da fattori prodotti a livello
dell’ipotalamo e questi sono gli unici due ormoni ubiquitari che possono ricevere sia una stimolazione che
una inibizione dall’ipotalamo:
- la prolattina è stimolata dall'ormone di rilascio della prolattina prodotto dall'ipotalamo e viene inibita dalla
dopamina.
- il growth hormone viene stimolato dall’ormone di rilascio del growth hormone mentre è inibito dalla
somatostatina.
Ha una massa molecolare di 22 kDa ed è essenziale per garantire l’accrescimento. L’ormone della crescita
non ha praticamente nessun effetto in fase prenatale (non è stato caratterizzato nessun effetto, o per lo
meno effetti non rilevanti), mentre ha un grosso effetto in fase post natale:
Quando si parla di fattore di crescita si pensa che questo induca un aumento della proliferazione cellulare
(aumento del numero di cellule) ma in realtà ci sono alcuni fattori di crescita che inducono una proliferazione
cellulare e altri che lasciano inalterato il numero di cellule, ma vanno ad agire come fattori di accrescimento
cellulare (quindi favoriscono un vero e proprio aumento delle dimensioni cellulari). L’IGF1 ha questo ruolo di
indurre non tanto la proliferazione quanto l’accrescimento cellulare, mentre l’IGF stimola la proliferazione
vera e propria. È stato visto che sia il GH che le IGF possono indurre sia l’accrescimento delle ossa lunghe nei
bambini che della cartilagine negli adulti, andando a regolare il processo di osteogenesi e di condrogenesi.
Sia il GH che le somatomedine possono essere anche regolatori metabolici in maniera diretta o indiretta:
Domanda: La sinergia tra IGF1 (fattore mitogeno) e IGF2 (fattore di accrescimento cellulare), che inducono
diversi tipi di processi, permette l’accrescimento del tessuto cartilagineo e del tessuto osseo.
Il recettore per l’ormone della crescita, che è presente a livello delle cellule epatiche (con cui si stimola la
produzione delle somatomedine e anche direttamente a livello dei tessuti bersaglio) non è un GPCR, a
differenza di tutto quello che è stato
visto finora, ma è un recettore
appartenente alla famiglia dei
recettori delle citochine di classe 1.
Il recettore per il GH, infatti, non ha
di per sé un’attività enzimatica ma
nel momento in cui interagisce col
ligando, riesce a reclutare, a livello
della porzione intracellulare del
recettore, delle tirosin-chinasi
citosoliche, le quali poi, in seguito ad
associazione con il recettore,
attivano la loro attività tirosin-
chinasica, quindi fosforilano sia delle
tirosine del recettore, sia si autofosforilano. In particolare, una delle tirosin-chinasi solubile maggiormente
reclutata da questi recettori è la tirosin-chinasi JAK.
Nello schema della via di signaling del GH è visibile che il passaggio fondamentale è il reclutamento da parte
del recettore del GH di queste tirosin-chinasi solubili JAK: queste vengono reclutate solo quando il recettore
entra in contatto col ligando, perché si ha una modificazione conformazionale della porzione intracellulare
del recettore che determina un aumento dell’affinità per le proteine JAK. Esse possono avere vari bersagli:
- in primis il recettore stesso: alcune tirosine del recettore vengono fosforilate e diventano un “docking site”
(sito di attracco) per il reclutamento di altri mediatori della segnalazione, per esempio le proteine STAT,
che sono dei fattori trascrizionali.
- le STAT vengono a loro volta fosforilate dalla tirosin-chinasi JAK e una volta fosforilate formano degli
eterodimeri diversi, ossia una proteina STAT si associa a un’altra proteina STAT (ne esistono diverse
isoforme come STAT1,STAT2,STAT3…) e a seconda di quello che si forma andrà nel nucleo e si legherà a dei
responsive element (promotori genici) specifici, andando quindi a regolare geni diversi in cellule diverse.
Questa è la via di segnalazione dell’ormone della crescita ed è grazie a questa che nel fegato, per esempio, il
GH induce la sintesi e la secrezione delle somatomedine, in quanto il gene che codifica per queste viene
attivato dalla via di segnalazione JAK-STAT. Tra i geni che hanno nel promotore gli elementi di risposta alle
proteine JAK, ci saranno anche i geni per IGF1 e IGF2, oppure nei tessuti bersaglio diversi dal fegato, il GH va
a indurre la sintesi di altre proteine specifiche.
È stato visto che sia il GH sia l’IGF possono andare a indurre la via delle MAP-chinasi: anche in questo senso
il GH può agire da mitogeno direttamente sui tessuti bersaglio perché, non solo può attivare la trascrizione
di geni dipendenti dall’asse JAK-STAT, ma può anche andare ad attivare la trascrizione di geni che sono
dipendenti dalle ERK-MAP chinasi, quindi esattamente gli stessi mediatori della segnalazione mitogenica del
recettore dell’insulina.
Anche in questo caso si attiva la proteina adattatrice GRB2, ma cambia la partenza: in questo caso chi recluta
GRB2 a livello del recettore del GH, non è IRS-1, ma è questa proteina SHP2 e da qui parte la cascata delle
MAP-chinasi, che è identica a quella attivata dal recettore dell’insulina. (vedi immagine precedente)
In alcuni casi, anche se questo ruolo non è stato ancora ben investigato, il recettore per il GH può anche
attivare IRS-1, perché IRS-1 può essere fosforilato da JAK e quindi dare origine alla stessa via di segnalazione
indotta dall’insulina (quindi a volta il GH fa partire una segnalazione insulino-mimetica).
! C’è però un’incongruenza, infatti questo ruolo del GH non è ancora stato chiarito: innanzitutto questa via
di segnalazione non è una via tra le prevalenti
indotte dal GH, ma guardando gli effetti metabolici
dell’ormone della crescita, questo aumenta la
gluconeogenesi e la glicogenolisi, ossia processi
opposti rispetto a quelli indotti dall’insulina; per
questo non è chiaro il ruolo del GH nell’attivare
questa via metabolica, ma si pensa che questo
ormone serva da stimolo anti-apoptotico: si attiva
la via di IRS-1, non tanto per una regolazione a
livello metabolico, ma perché comunque
l’attivazione di PI3K ad opera di IRS-1 porta
all’attivazione di AKT (altro nome di PKB), che oltre
ad avere tutti i suoi ruoli metabolici, è anche un
fattore anti-apoptotico.
Ci sono dei casi in cui si presenta un deficit di growth hormone, fondamentale per la condrogenesi e
osteogenesi: questo può indurre un problema di nanismo, se c’è un deficit di GH o una carenza di produzione
di IGF1 e IGF2 (soprattutto nell’infanzia), oppure a gigantismo o acromegalia se c’è una produzione eccessiva
di GH e di IGF. Esistono anche delle forme ricombinanti di GH umano che possono servire come supplemento
nel caso ci siano dei ritardi nella crescita e queste forme ricombinanti non ci sono solo relativamente alla
forma umana dell’ormone, ma anche relativamente ad altre forme di GH di altre specie. Ad esempio, nella
industria ittica il GH specifico dei pesci viene somministrato negli allevamenti per favorire l’accrescimento
rapido delle orate e dei branzini.
• PRL - PROLATTINA
È un ormone proteico di 23 kDa. La sua secrezione aumenta soprattutto durante la gravidanza in seguito ad
una stimolazione estrogenica. La PRL agisce sulle cellule lattotrope della ghiandola mammaria, quindi
mantengono la lattazione, e induce anche il mantenimento del corpo luteo insieme all’LH (per questo la
prolattina viene anche definita LTH ormone luteotropo).
Anche questo ormone agisce attraverso recettori privi di attività tirosin-chinasica intrinseca, attraverso
l’attivazione dell’asse JAK-STAT come il growth hormone, anche se indubbiamente i target a livello genico
saranno diversi e determineranno l’attivazione del processo di lattazione.
Da un punto di vista di alterazioni nella sintesi o nella risposta alla prolattina, sono stati individuati ad esempio
dei tumori a livello delle cellule produttrici, quindi a livello dell’adenoipofisi, che possono indurre ad
amenorrea o ginecomastia, oppure a galattorrea o impotenza maschile.
A questo punto la pro-opiomelanocortina può andare incontro ad altri tagli proteolitici, che però sono diversi
a seconda del tessuto considerato (o comunque della porzione che si considera anche a livello
dell’adenoipofisi), in quanto cellule diverse esprimono enzimi proteolitici diversi, che di conseguenza
operano tagli proteolitici diversi a livello del precursore e quindi danno prodotti diversi. Questi enzimi
responsabili dei tagli proteolitici sono detti pro-ormone convertasi.
Nelle cellule corticotrope dell’adenoipofisi, che producono ACTH, ci saranno particolari tipi di pro-ormone
convertasi che verranno attivati dal CRH ipotalamico (Corticotropic Realising Hormone) e che indurranno la
sintesi di ACTH. In questo caso la pro-opiomelanocortina viene tagliata in due punti dando origine a due
prodotti: il primo, verso l’estremità N-terminale, è l’ACTH (che ha una lunghezza di 39 amminoacidi), il
secondo prodotto è la β-lipotropina. Nel caso delle cellule corticotrope dell’adenoipofisi il prodotto
principale è l’ACTH, perché la β-lipotropina viene secreta ma non viene ulteriormente degradata.
Nelle cellule nervose può essere rilasciato anche il γ-MSH (Melano Sidestimulating Hormone) e questo
avviene grazie a due tagli proteolitici che riguardano la porzione N-terminale della pro-opiomelanocortina;
questo γ-MSH prodotto non ha però grossa attività biologica. La grossa attività biologica nella stimolazione
della secrezione di melanina da parte dei melanociti è posseduta dall’ɑ-MSH, che viene sintetizzato solo e
soltanto nelle cellule melanotrope dell’ipofisi intermedia (che nell’uomo non è molto sviluppata, ma contiene
queste cellule che producono la pro-opiomelanocortina, la quale, in seguito al primo taglio che produce ACTH
e β-lipotropina, operano un secondo taglio proteolitico che fornisce l’ɑ-MSH). Le cellule melanotrope
dell’ipofisi quindi non producono ACTH perché questo va subito incontro a un secondo taglio, ma producono
l’ɑ-MSH che va ad agire a livello dei melanociti regolando quindi la pigmentazione della cute.
A livello delle cellule corticotrope, oltre all’ACTH, viene prodotta anche la β-lipotropina, che in alcuni casi può
andare incontro a tagli successivi: in seguito ad un primo taglio dà origine alla γ-lipotropina, che non ha una
grossa attività biologica, e alla β-endorfina, che invece è un oppiaceo endogeno, quindi ha un importante
effetto soprattutto analgesico a livello dell’organismo.
La β-endorfina può essere ulteriormente modificata dando origina alla ɑ-endorfina e alla γ-endorfina, ma
quella con attività biologia maggiore resta la β-endorfina.
• ACTH - ORMONE ADRENOCORTICOTROPO [Lo ritroveremo quando parleremo della corticale del surrene
e quindi della biosintesi degli ormoni steroidei a livello corticale]
L’ACTH è rilasciato prevalentemente in risposta a condizioni di stress sia fisico che psicologico e agisce a livello
della corticale del surrene, dove induce la produzione di ormoni steroidei come corticosterone, cortisolo e
delle forme poco attive degli androgeni che sono prodotte nella zona reticolata della corticale.
Questo ormone agisce mediante un recettore accoppiato a proteine G e accoppiato a una subunità GS-alfa,
che va a stimolare l’asse adenilato ciclasi-cAMP e attiva la PKA.
Così come è stato visto per l’LH e per l’FSH che stimolavano la produzione di ormoni steroidei a livello delle
gonadi, anche l’ACTH, che stimola la produzione di ormoni steroidei, ma a livello della corticale del surrene,
va un po’ a regolare le loro stesse tappe, anche se in una sede diversa poiché agisce nella corticale del surrene,
dove aumenta la sintesi di colesterolo, in particolare:
- la facies lunaris, ossia faccia a luna piena, che mostrano tutti i pazienti
affetti da questa sindrome.
- obesità centripeta prevalentemente in sede addominale.
- presenza di striature rosse a livello dell’addome.
- tendenza alla ecchimosi.
- arti molto sottili.
- resistenza all’insulina e iperglicemia: molto spesso questi pazienti acquisiscono anche una patologia da
sindrome metabolica e possono sviluppare un quadro di insulino-resistenza e, se questo va avanti, anche
di diabete, perché chiaramente il cortisone e i corticosteroidi hanno ruoli importanti come
iperglicemizzanti, quindi svolgono un ruolo simile al glucagone, il quale è rilasciato in seguito a ipoglicemia,
mentre questi sono rilasciati in seguito a stimolazione da parte di stress fisici e psicologici.
• B-ENDORFINE
Le β-endorfine si legano a dei recettori accoppiati a proteine G e l’interazione può avere effetti diversi a
seconda del tipo di recettore. Questi recettori riescono anche a legare degli oppiacei esogeni, che possono
essere utilizzati o come antidolorifici o come sostanze stupefacenti, come la morfina: le endorfine scatenano
una risposta che è 50 volte superiore rispetto alla morfina, quindi come attività biologica gli oppiacei
endogeni hanno sicuramente un’attività maggiore di quelli esogeni, considerando ovviamente pari
concentrazioni.
In particolare, esistono tre tipologie di GPCR (recettori a proteine G): k, δ “delta” e µ “mu”:
• i recettori δ e µ, in seguito al legame con gli oppiacei, vanno a regolare dei canali per il potassio K+ (questi
recettori sono accoppiati a G, quindi hanno attività inibitoria nei confronti dell’adenilato ciclasi).
• il recettore k va invece a mediare un’attivazione dei canali per il calcio Ca2+ sempre via GPCR (nel caso in
questione sembra sia mediato da una GQ-alfa).
In entrambi i casi quello che cambia è lo stato di polarizzazione della membrana, quindi agiscono comunque
da neuromodulatori. Gli effetti però che si hanno in seguito a stimolazione dei recettori µ e in seguito a
stimolazione dei recettori k, sono diversi:
‣ la stimolazione dei k porta allo stimolo di sedazione e all’effetto analgesico; infatti i farmaci di tipo
endorfinico utilizzati a scopo sedativo e analgesico vanno a legare principalmente i recettori di tipo k
(chiaramente sono farmaci sintetizzati ad hoc per avere maggior affinità per questo tipo di recettori).
‣ la stimolazione dei recettori µ, oltre all’effetto analgesico, determina anche un effetto di dipendenza,
causato ad esempio dall’eroina e dalla morfina, un effetto di euforia generale e un effetto di depressione
respiratoria, quindi rallenta il ciclo respiratorio. Per evitare gli effetti indotti dalla stimolazione dei recettori
µ, ci sono degli agonisti specifici per il recettore k che, nonostante abbiano un effetto analgesico e sedativo,
evitano questo effetto di dipendenza e questo effetto euforico.
Domanda: A parità di concentrazione, le endorfine esogene hanno attività biologica minore di quelle
endogene probabilmente perché c’è una più rapida desensibilizzazione del recettore in seguito a stimolazione
con sostanze esogene; chimicamente queste molecole sono simili poiché hanno affinità per gli stessi recettori,
ma chiaramente non sono la stessa molecola, quindi probabilmente questo incide anche sulle modificazioni
che inducono nel recettore anche sul suo ciclo di spegnimento.
Sbobina n°37 – Biochimica Ormonale
Prof.ssa: Elisa Giannoni
Data: 29 Aprile 2021
Sbobinatore: Melissa Faggi
Revisore: Emma Deng
- Zona glomerulare (zona più esterna): vengono prodotti i mineralcorticoidi, sotto stimolo
dell’angiotensina II;
- Zona reticolata (zona più interna, a contatto con la midollare): vengono prodotti sia i
glucocorticoidi, ma principalmente gli androgeni. Gli androgeni non hanno una attività
biologica importante, in quanto questi dovranno subire una modifica in modo da convertirsi
in androgeni più attivi: questa modifica la subiranno in sede extracorticale, principalmente
a livello delle gonadi.
I mineralcorticoidi, in primis l’aldosterone, sono composti a 21 atomi di carbonio che hanno il ruolo
di regolare il riassorbimento di sodio a livello dei tubuli renali, partecipando alla regolazione
dell’equilibrio idrosalino.
1
Questi vengono secreti in seguito a una riduzione del volume plasmatico e in seguito a uno stimolo
ipotensivo, contrastandolo e determinando un aumento del volume plasmatico e della pressione
sanguigna. Questa funzione è svolta in concomitanza con la vasopressina o ormone antidiuretico
che viene prodotto dalla neuroipofisi.
Gli androgeni sono ormoni a 19 atomi di carbonio. Quelli che vengono prodotti in sede corticale
sono il deidroepiandrosterone e l’androstenedione, che hanno un’attività biologica piuttosto bassa
e che verranno convertiti in una forma più attiva in sede extracorticale.
Gli ormoni steroidei derivano dal colesterolo. Il colesterolo può essere assunto con la dieta
(attraverso alimenti di origine animale): viene assorbito a livello intestinale e viene poi trasportato
al fegato e ad altri tessuti attraverso i chilomicroni. Una delle sedi principali dove viene accumulato
il colesterolo è il fegato, il quale non riceve soltanto quello alimentare ma può anche attivare una
sintesi endogena di colesterolo, soprattutto in alcune condizioni (es. grande disponibilità di Acetil-
CoA).
Il fegato provvede alla biosintesi endogena di colesterolo per il 20-25%, anche se gran parte di
questa sintesi può avvenire a livello della corticale del surrene e a livello delle gonadi, dove il
colesterolo svolge un ruolo molto importante come precursore degli ormoni steroidei.
Rimanendo nel contesto della corticale del surrene, il colesterolo che verrà utilizzato per la sintesi
dei mineralcorticoidi, glucocorticoidi e androgeni, può derivare dalle LDL ematiche oppure essere
sintetizzato a livello delle cellule corticali.
Il colesterolo, proveniente da entrambe le vie, viene accumulato nelle cellule della corticale del
surrene (sia fascicolata, reticolata e glomerulare) sottoforma di gocce lipidiche, che prendono il
nome di lipid droplets. Nel momento in cui vi è necessità di utilizzare questo colesterolo per
un’intensa sintesi di ormoni steroidei, questo deve essere liberato da questa forma di
immagazzinamento.
Un primo evento importante è l’azione dell’ACTH che agisce a livello della zona fascicolata e della
zona reticolata e dell’angiotensina II che agisce a livello della zona glomerulare, promuovendo la
mobilizzazione del colesterolo dalle gocce lipidiche.
Un altro step importante che commissiona il colesterolo verso la sintesi degli ormoni steroidei è la
sua conversione in pregnenolone, il quale è il precursore di tutti gli ormoni steroidei. Questo step
di commissionamento e di conversione in pregnenolone è la reazione limitante dell’anabolismo
degli ormoni steroidei. L’enzima che catalizza questa reazione si trova a livello del mitocondrio: il
colesterolo, dalla sua sede citosolica (dove viene accumulato nei lipid droplets), dovrà raggiungere
la matrice mitocondriale.
Nella traslocazione del colesterolo dal citoplasma alla matrice mitocondriale svolge un ruolo
importante l’ACTH, il quale la promuove a livello delle zone fascicolata e reticolata.
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Questo stesso ruolo, nella zona glomerulare, verrà portata avanti dall’angiotensina II: innesca la
biosintesi dell’aldosterone quando arriva uno stimolo della riduzione del volume plasmatico o della
pressione plasmatica.
L’ACTH è un ormone ipofisario che, nelle zone fascicolata e reticolata, si lega a recettori accoppiati
a proteine Gsα, con conseguente aumento cAMP e attivazione della PKA. In questo modo, l’ACTH
può avere degli effetti a breve termine.
Gli effetti a breve termine sono l’attivazione della PKA che fosforilerà e attiverà una colesterolo
esterasi, che avrà il ruolo di mobilizzare il colesterolo dalle lipid droplets. Il secondo target della PKA
attivata è una proteina integrale della membrana mitocondriale interna, la StAR (Steroidogenic
Acute Regulatory protein), la quale ha la funzione di trasportare il colesterolo dal citoplasma verso
la matrice mitocondriale.
L’attivazione ACTH-mediata della colesterolo esterasi e della proteina StAR sono passaggi
fondamentali al fine di avere l’anabolismo degli ormoni steroidei a livello della corticale del surrene.
L’ACTH può avere anche degli effetti a lungo termine che riguardano la regolazione dell’espressione
genica, in particolare aumentando la trascrizione di tutti i geni codificanti enzimi coinvolti nella
biosintesi degli ormoni steroidei.
Lo step successivo per la biosintesi degli ormoni steroidei avviene a livello della matrice
mitocondriale, laddove il colesterolo è stato trasportato grazie alla proteina StAR. Questa reazione
è la reazione limitante della sintesi degli ormoni steroidei: il colesterolo viene commissionato e
convertito nel precursore di tutti gli ormoni steroidei che è il pregnenolone.
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Questa reazione è catalizzata da una monossigenasi mitocondriale, appartenente alla famiglia delle
citocromo P450 ossidasi (proteina CYP450 11A1), la quale viene stimolata a sua volta da ACTH e che
induce una idrossilazione di due carboni (in ordine, prima il 22 e poi il 20) a livello della catena
alifatica del colesterolo. L’attività di questo enzima, dipendente sia da O2 che da NADPH, porterà
alla doppia idrossilazione del colesterolo, alle cui seguirà un taglio della catena laterale con
conseguente formazione del pregnenolone e dell’isocaproaldeide che non ha più una funzionalità
biologica.
I citocromi P450 sono degli enzimi che utilizzano ossigeno e prendono il nome di monossigenasi
perché soltanto uno degli atomi di ossigeno verrà introdotto nel substrato, in questo caso verranno
introdotti due gruppi idrossilici (in posizioni 22 e 20). L’altro atomo di ossigeno verrà ridotto ad
acqua. Quindi, grazie agli elettroni donati dal NADPH, entrambi gli atomi di ossigeno della molecola
di O2 verranno ridotti ma soltanto uno dei due verrà introdotto nel substrato. In definitiva qui sono
2 step di idrossilazioni, verrano utilizzate 2 molecole di O2, 2 di NAPH e usciranno 2 molecole di
acqua.
A partire dal pregnenolone potranno essere sintetizzati con vie di sintesi particolari e specifiche, per
ogni zona della corticale del surrene, i diversi ormoni steroidei.
- Glucocorticoidi (zona fascicolata): cortisolo e corticosterone;
- Androgeni (zona reticolata): androstenedione e deidroepiandrosterone;
- Mineralcorticoidi (zona glomerulare): aldosterone.
Per quanto riguarda l’estradiolo e il progesterone non verranno sintetizzati a livello della corticale
del surrene, ma bensì:
- L’estradiolo a livello dell’ovaio e del tessuto adiposo;
- Il progesterone a livello dell’ovaio, del corpo luteo e della placenta.
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Biosintesi degli ormoni steroidei
Adesso vediamo come a partire dal pregnenolone possono essere sintetizzati i diversi ormoni
steroidei nei diversi livelli della corticale del surrene.
Il punto di partenza è uno, mentre le vie che si possono seguire sono diverse a seconda della
localizzazione anatomica.
- Box in rosa: identifica la via biosintetica che si segue a livello della zona glomerulare, con
sintesi dei mineralcorticoidi stimolata dall’angiotensina II;
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- Box in verde: via biosintetica che si segue a livello della zona fascicolata, dove vengono
sintetizzati i glucocorticoidi;
- Box in azzurro: via biosintetica che caratterizza la zona reticolata, dove vengono prodotti in
parte i glucocorticoidi ma in particolare gli androgeni a bassa attività.
Sempre a livello del REL, agirà una 21-idrossilasi (che appartiene sempre
alla famiglia delle citocromo P450 monossigenasi), la quale catalizzerà
l’idrossilazione del carbonio in posizione 21 del progesterone. Si viene a
formare così il deossicorticosterone, che verrà trasportato nuovamente
a livello del mitocondrio, sede dove agirà l’enzima successivo, ovvero la
11β-idrossilasi.
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Biosintesi a livello della zona fascicolata (box in verde)
Questa è la via principale che porta alla sintesi dei glucocorticoidi (nello specifico cortisolo), che
avviene a livello della zona fascicolata della surrene.
In piccola parte, il pregnenolone potrà seguire la stessa via che è prevalente nella zona glomerulare,
fermandosi però allo step di formazione del corticosterone, poiché qui non sono presenti gli enzimi
necessari.
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Biosintesi a livello della zona reticolata (box in azzurro)
Altrimenti, invece di essere rilasciato, può andare incontro alla stessa reazione catalizzata dal 3-β-
idrossisteroide deidrogenasi e la Δ5,4-isomerasi (sempre nel reticolo), con formazione
androstenedione. Questo è l’androgeno a bassa attività che viene prodotto e rilasciato
principalmente a livello della reticolata del surrene.
L’androstenedione verrà poi convertito in testosterone mediante una riduzione a livello del C17 che
però avverrà in sede extracorticale. Una piccola quota di testosterone si può formare a livello della
reticolata del surrene, in quanto l’enzima che catalizza la reazione in esame è presente, ma è poco
rappresentato e presenta scarsa attività.
Compartimentazione subcellulare
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Per quanto riguarda il cortisolo,
possiamo vedere come il primo
e il quinto step avvengano nel
mitocondrio:
1. Conversione da
colesterolo a pregnenolone
(step limite);
5. Conversione da 11-
deossicortisolo a cortisolo.
GLUCOCORTICOIDI
Secrezione dei glucocorticoidi
La secrezione dei glucocorticoidi nella zona fascicolata e degli androgeni nella zona reticolata
dipende dalla sintesi di ACTH (ormone adrenocorticotropo), che a sua volta è stimolata dalla sintesi
ipotalamica di CRH (corticotropin releasing hormone), il quale è prodotti dai neuroni parvicellulari
dell’ipotalamo.
L’ipotalamo da una segnalazione di azione all’adenoipofisi per secernere l’ACTH, il quale stimola
recettori Gsα localizzati sulle cellule delle zone fascicolata e reticolata della corteccia surrenale, e
porta così a sintesi e secrezione di glucocorticoidi e androgeni surrenalici.
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Trasporto plasmatico dei glucocorticoidi
I glucocorticoidi sono ormoni steroidei e quindi, essendo lipofili, non possono circolare liberamente
nel torrente circolatorio ma hanno bisogno di una proteina carrier. Il carrier è costituito
principalmente dalla transcortina, che è detta anche CBG (globulina legante i corticosteroidi), la
quale è quindi deputata principalmente al trasporto di cortisolo e corticosterone a livello ematico.
In parte, anche l’albumina svolge questo ruolo, ma si occupa principalmente del trasporto
dell’aldosterone che viene secreto dalla zona glomerulare.
I glucocorticoidi vengono secreti dalla corticale del surrene e raggiungono i loro tessuti bersaglio,
dove andranno ad espletare il loro ruolo. Questi tessuti bersaglio possono essere diversi e per
quanto riguarda il controllo metabolico saranno principalmente il fegato, il muscolo scheletrico, in
parte il cardiaco: ovvero dove andranno a stimolare la glicogenolisi in sede muscolare e la
glicogenolisi e gluconeogenesi in sede epatica.
I glucocorticoidi segnalano anche a livello del tessuto adiposo, nel quale prosegue una parte del
loro metabolismo. Questo tessuto non è un bersaglio dell’attività dei glucocorticoidi ma una sede in
cui prosegue la via biosintetica e, in particolare, avverrà la conversione dei glucocorticoidi in ormoni
sessuali.
Il fegato e il rene, invece, hanno un ruolo importante nel catabolismo, degradazione ed escrezione
dei glucocorticoidi. Infatti, in queste sedi, gli ormoni vengono inattivati mediante la formazione di
17-idrossicorticosteroidi: l’idrossilazione in posizione 17 porta alla formazione di glucocorticoidi
inattivi che poi subiranno anche altre modifiche, tra cui una solfonazione e una glucurazione, che li
renderanno più solubili e permetteranno la loro escrezione con le urine.
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(mediata principalmente dal cortisolo), a differenza dell’iperglicemia post digiuno che è
mediata dalla stimolazione da parte del glucagone.
Come abbiamo detto prima, a livello del muscolo scheletrico e del fegato, che sono gli organi
nei quali si ha una attivazione sostanziale di glicogenolisi (entrambi) e di gluconeogenesi
(solo nel fegato), si ha questa risposta che porta poi all’effetto iperglicemico.
3. Incremento della lipolisi nel tessuto adiposo: il ruolo è sempre quello di sostenere la
glicemia ematica. Il tessuto adiposo fornisce acidi grassi, in modo che questi possano essere
utilizzati come substrati energetici per risparmiare il glucosio. A livello epatico, questi acidi
grassi sosterranno anche l’intensa gluconeogenesi che viene attivata dal cortisolo.
Se si stimola lipolisi a livello del tessuto adiposo al fine di immettere in circolo acidi grassi,
un effetto contrario si ha a livello del tessuto adiposo che si trova nel volto e nel tronco: in
questo caso, i glucocorticoidi, invece di indurre un effetto lipolitico, inducono un effetto
lipogenico.
La secrezione degli steroidi segue un ritmo circadiano. Gli ormoni steroidei, i glucocorticoidi, quando
vengono sintetizzati non vengono accumulati, ma vengono secreti immediatamente.
Esiste un ritmo circadiano: è stato visto che sotto stimolo di ACTH, che ha a sua volta una liberazione
ipofisaria che segue un certo ritmo circadiano, il cortisolo viene secreto soprattutto intorno alle ore
8 del mattino. Quindi questo ritmo circadiano prevede un elevata concentrazione di cortisolo al
mattino con una rapida riduzione alla sera/notte. Questo suggerisce l’esistenza di un ruolo cruciale
di questo ormone nel preparare il nostro cervello alle migliori prestazioni sia mentali che fisiche
subito dopo il risveglio.
Anche quando si utilizzano farmaci che mimano l’effetto dei glucocorticoidi, questi devono essere
somministrati ad orari specifici, in modo da riuscire a mimarne l’effetto.
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MINERALCORTICOIDI
Secrezione dei mineralcorticoidi
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La renina viene attivata da questi barocettori che “sentono” il rilassamento della parete dei vasi,
dovuto a uno stimolo ipotensivo o a una riduzione del volume plasmatico.
La renina è una proteasi che va a tagliare l’angiotensinogeno, che è una proteina plasmatica
prodotta dal fegato, convertendola in angiotensina I.
L’angiotensina I è una proteina costituita da 10 amminoacidi che va incontro a un altro taglio
proteolitico controllato ad opera di un enzima che prende il nome di ACE (angiotensin converting
enzyme), che è sintetizzato in sede polmonare e che esegue un taglio proteolitico, convertendo
l’angiotensina I in angiotensina II, che è costituita da 8 amminoacidi.
13
L’aldosterone viene immesso in circolo e trasportato prevalentemente dall’albumina. La sua azione
si ha a livello delle cellule dei tubuli distali del rene, andando a stimolare principalmente il
riassorbimento di sodio, a cui segue un riassorbimento di acqua, e stimola anche la secrezione di
potassio, idrogenioni e ione ammonio.
L’aldosterone viene catabolizzato a livello epatico attraverso una coniugazione con l’acido
glucuronico, che lo rende più solubile e così escreto a livello delle urine.
In questa immagine possiamo osservare ciò che abbiamo descritto poco fa, ovvero il sistema di
regolazione renina-angiotensina-aldosterone, con una sola differenza: infatti, in questa immagine
può essere osservato come l’angiotensina II, prodotta in seguito alla stimolazione delle cellule della
zona iuxtaglomerulare del rene, non va a stimolare solo direttamente il riassorbimento di sodio a
livello dei tubuli distali del rene e la vasocostrizione a livello dei vasi, ma va a stimolare anche la
corticale del surrene e anche a livello della neuroipofisi. Quindi non induce soltanto il rilascio di
aldosterone, ma anche di vasopressina, che è un ormone antidiuretico.
Quindi queste sono diverse azioni che hanno lo stesso scopo di favorire un riassorbimento idrico a
livello renale e di favorire un aumento del volume plasmatico, con effetto ipertensivo.
L’effetto ipertensivo andrà a “spegnere” la produzione di renina e, con un processo di feedback
negativo, andrà a “spegnere” l’intero sistema renina-angiotensina-aldosterone.
Questi effetti, sia dei mineralcorticoidi che dei glucocorticoidi, sono mediati a livello dei tessuti
bersaglio (cellule muscolari lisce dei vasi, cellule dei tubuli distali del rene) da dei recettori che
servono a recepire il segnale portato dagli ormoni della corticale del surrene.
14
I recettori per gli ormoni della corticale del surrene (aldosterone, glucocorticoidi, androgeni) sono i
cosiddetti “recettori per gli ormoni steroidei”. Sono recettori localizzati a livello citosolico, in quanto
questi ormoni sono lipofili ed entrano direttamente nelle cellule del tessuto bersaglio.
A differenza dei recettori per gli ormoni tiroidei, i quali erano già presenti in sede nucleare e già
associati alla cromatina, i recettori per gli ormoni della corticale del surrene si trovano a livello
citosolico, resi inattivi mediante il legame con delle heat shock protein (hsp). Questa inibizione è
analoga a quella del recettore dell’acido retinoico (rxr) per il recettore degli ormoni tiroidei.
Le hsp che si associano al recettore per questi ormoni della corticale e che inibiscono la sua attività
sono diversi a seconda del tipo di ormone (vedi figura).
Queste hsp mantengono in uno stato inattivo questi recettori citosolici. Nel momento in cui arriva
l’ormone, questo si lega al recettore spiazzando il legame che questi avevano con le hsp, rendendo
attivo il recettore.
Quindi, a questo punto il recettore può migrare nel nucleo e legarsi ai cosiddetti hormone
responsive elements a livello dei promotori dei geni specifici, regolando così la trascrizione di geni
responsivi all’ormone che sta portando avanti la sua segnalazione.
Ci troviamo in un tipo di regolazione a lungo termine.
Importante però sottolineare che prima di migrare nel nucleo, i recettori per gli ormoni corticali
subiscono anche una dimerizzazione. Non si tratta di omodimerizzazione come nel caso degli ormoni
tiroidei che aveva un ruolo inattivante, ma bensì si tratta di una omodimerizzazione in senso
attivante.
Affinché i recettori per gli ormoni corticalici siano attivi devono legare l’ormone, formare un
omodimero ed essere fosforilati; una volta attivi potranno entrare nel nucleo e legarsi a specifici
elementi sul DNA, attivando la trascrizione di geni specifici.
15
Chiaramente, ogni tipo di recettore riconosce una sequenza specifica. Vi sarà un hormone
responsive element (HRE) diverso per i diversi recettori dei vari ormoni.
Una volta che questi HRE saranno occupati dal recettore omodimerico e fosforilato, andranno a
reclutare anche dei coattivatori, tra cui la RNA polimerasi per portare avanti l’effetto di trascrizione.
16
Nonostante i recettori per gli ormoni steroidei (in generale e non solo della corticale del surrene, in
quanto vale anche per quelli prodotti a livello delle gonadi), “sentono” ligandi diversi e agiscono su
geni diversi, hanno una struttura molto simile.
Infatti, tutti questi recettori sono formati da 4 domini, dove ciascuno di questi ha una attività
particolare.
- Il dominio AB: contiene delle sequenze che modulano la trascrizione, ruolo che condivide
con il dominio E;
- Il dominio C: è implicato nella formazione dell’omodimero, ruolo condiviso a sua volta con il
dominio E, e anche nella funzione di legare il DNA, che è una funzione esclusiva del dominio
C dei diversi recettori per gli ormoni steroidei. Qua sarà presente una particolare struttura
della proteina (nello specifico a dita di zinco) che avrà un’estrema affinità per il DNA e che
garantirà il legame dei recettori con le specifiche sequenze, per ogni recettore si andranno
a legare zone diverse del DNA;
- Il dominio D: contiene il sito di localizzazione nucleare, ovvero è qua che si trova la sequenza
del recettore per l’ormone steroideo che serve per far migrare il recettore nel nucleo. Questa
funzione è condivisa con il dominio E;
- Il dominio E presenta tante funzioni che vengono condivise con gli altri domini del recettore,
ad eccezione della funzione di garantire il legame con l’ormone, specifica per ciascun
recettore nei confronti di ciascun ormone.
Le sequenze consenso (le HRE) che vengono legate dai vari recettori attivati sono diverse a seconda
dell’ormone. In alcuni casi sono delle sequenze palindromiche con tre nucleotidi spaziatori (come
per i recettori dei glucocorticoidi GRE o per gli estrogeni ERE). In altri casi sono delle sequenze
palindromiche senza nucleotidi spaziatori (come per i recettori tiroidei) oppure addirittura non
palindromiche (come per la vitamina D).
17
Gli ormoni delle gonadi
Gli ormoni che vengono prodotti a livello delle gonadi (testicoli e ovaie) sono
ormoni steroidei (e lipofili) che garantiscono sia la gametogenesi sia lo sviluppo
dei caratteri sessuali primari e secondari, sia nell’uomo che nella donna.
Gli androgeni e gli estrogeni, quindi gli ormoni che vengono prodotti in sede
gonadica sia nei testicoli che nelle ovaie, vengono regolati dalle gonadotropine
(FSH e LH) che sono secrete dall’adenoipofisi, che a loro volta sono regolati dal
rilascio del Gn-RH (ormone di rilascio delle gonadotropine) a livello
ipotalamico.
Si ha quindi una stimolazione che prevede quest’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi
che porta alla sintesi degli androgeni, estrogeni e progestinici. Questi tre tipi
di ormoni vengono prodotti sia dall’uomo che dalla donna (quindi non esistono
ormoni maschili o femminili), quindi ciò che varia è la percentuale in cui
vengono sintetizzati nell’uomo e nella donna questi ormoni steroidei, e quindi
la percentuale che si ritroverà in circolo e che svolgerà la propria funzione.
Nell’uomo, l’ormone gonadico prevalente è il testosterone, mentre nella
donna saranno gli estrogeni e i progestinici.
La biosintesi di questi ormoni è molto simile a quella degli ormoni che vengono prodotti dalla
corticale del surrene e la prima fase è esattamente identica. Cambia la stimolazione, nel senso che
nella corticale del surrene la produzione degli ormoni steroidei veniva indotta dall’ACTH nella zona
fascicolata e reticolata, mentre dall’angiotensina II nella zona glomerulare; per quanto riguarda la
sintesi degli ormoni gonadici, questa viene stimolata dall’FSH e dall’LH prodotti a livello della
ghiandola pituitaria.
Le fasi iniziali della via biosintetica sono essenzialmente le stesse. Anche in questo caso, il precursore
per la sintesi degli ormoni delle gonadi è il colesterolo, che può derivare dalle LDL ematiche oppure
biosintetizzato a livello delle gonadi e viene accumulato a livello delle lipid droplets nelle gonadi.
Nel momento in cui arriva la stimolazione con LH o FSH, si ha liberazione di colesterolo da parte
dagli accumuli lipidici e la stimolazione, mediante fosforilazione, della proteina StAR che media la
traslocazione del colesterolo nella matrice mitocondriale.
A livello della matrice mitocondriale sarà presente lo stesso enzima di commissionamento, la
citocromo P450 11A1, che verrà stimolata principalmente da LH e che medierà l’idrossilazione in
posizione 22 e 20 del colesterolo, il taglio della catena laterale e la formazione del pregnenolone,
che sarà il vero precursore degli ormoni delle gonadi.
18
SINTESI DI TESTOSTERONE
Si ha sia a livello delle gonadi maschili (cellule di Leydig e del Sertoli) che femminili (cellule della
teca e della granulosa dell’ovaio).
Parte del testosterone può essere prodotto anche in sede extragonadica e quindi provenire anche
dalla zona reticolata della corticale del surrene (anche se la quota è minima).
Il pregnenolone che viene prodotto a livello delle gonadi potrà seguire due vie biosintetiche distinte,
per arrivare al testosterone.
19
- 17,20-liasi: rimozione della catena laterale in posizione 17, con formazione di
androstenedione;
- 17β—idrossisteroide deidrogenasi: converte l’androstenedione in testosterone.
L’enzima che catalizza questa reazione è la 5α-reduttasi, che è espressa dalle cellule bersaglio e che
riduce il doppio legame presente nell’anello A, rimuovendo in questo modo l’insaturazione. Per
ridurre l’insaturazione, l’enzima necessita di NADPH.
Nonostante il DHT sia l’androgeno può attivo, la sua concentrazione in circolo è circa 10 volte
inferiore rispetto alla concentrazione di testosterone, poiché il testosterone verrà convertito in DHT
soprattutto a livello dei tessuti bersaglio. Possiamo confrontarlo a ciò che abbiamo detto per gli
ormoni tiroidei: il T3 è più attivo del T4, ma presenta una concentrazione circa 10 volte inferiore.
20
Mentre il testosterone può essere un precursore per la sintesi degli estrogeni, una volta che è stato
ridotto in DHT, questo non può essere convertito in estrogeni. Per questo nelle donne l’ormone
principale è l’estrogeno, perché il testosterone verrà subito convertito in estrogeni.
Vi sono degli individui che presentano delle mutazioni a carico della 5α-reduttasi che sono
associate a ermafroditismo maschile.
Oltre ai tessuti bersaglio, un’altra sede che viene raggiunta dal testosterone e quindi un altro destino
che ha il testosterone oltre a quello di essere convertito in DHT, è quello di raggiungere il tessuto
adiposo dove il testosterone viene aromatizzato (l’anello A viene convertito in anello aromatico) e
convertito in 17β-estradiolo dall’enzima aromatasi.
L’aromatasi è presente principalmente in sede gonadica e, in piccola parte, può essere presente
anche a livello del tessuto adiposo. Il 17β-estradiolo è l’ormone estrogenico a più alta attività.
Un altro destino del testosterone è quello di raggiungere il fegato e di andare incontro a reazioni di
degradazione. Qui, infatti, il testosterone verrà ossidato in posizione 17 mediante l’azione
dell’enzima 17β-idrossisteroide deidrogenasi II, con produzione dei 17-chetosteroidi inattivi
(principalmente androsterone).
I 17-chetosteroidi hanno la funzione di essere associati con acido glucuronico o con solfati ed essere
resi quindi più idrosolubili, ed essere eliminati con le urine.
Soltanto nelle donne, a livello delle ovaie, il testosterone sarà il precursore degli estrogeni,
mediante l’azione dell’enzima aromatasi, il quale è maggiormente rappresentato in questa sede.
Durante la vita fetale, si producono grandi quantità di DHT e questo rende conto dello sviluppo dei
genitali esterni maschili nei maschi, ma alla nascita la sintesi viene inibita. Riprenderà alla pubertà
e durerà per tutta la vita nei maschi; nelle femmine si arriva al massimo alla produzione di
testosterone in quanto non si ha la presenza di 5α-reduttasi e quindi non si ha la produzione di DHT.
21
RECETTORI PER GLI ANDROGENI
I recettori per gli androgeni sono recettori per gli ormoni steroidei e quindi vale ciò che è stato detto
per i recettori per gli ormoni della corticale del surrene.
La produzione di testosterone a livello del testicolo è stimolata dall’LH e principalmente sono le
cellule di Leydig che “sentono” questa stimolazione. La segnalazione dell’LH si ha attraverso un
GPCR, associato alla proteina Gsα e stimolazione del cAMP e della PKA, la quale andrà a stimolare
(come l’ACTH nella corticale del surrene) sia la colesterolo esterasi che la proteina StAR per la
traslocazione del colesterolo a livello del mitocondrio.
Il testosterone ha vari ruoli, tra cui quello di aumentare la gametogenesi (spermatogenesi nel
maschio), di determinare il differenziamento e la maturità sessuale e quello di andare a promuovere
anabolismo a livello del tessuto muscolare.
22
Nella figura di seguito possono essere osservate delle mutazioni che si possono avere a carico della
biosintesi del testosterone che possono riguardare step diversi:
- mutazioni a carico della via biosintetica, dovuto a deficit di enzimi che portano avanti la
biosintesi del testosterone (una delle varie idrossilasi, oppure della 17,20-liasi, oppure
dell’enzima tipico delle gonadi);
- mutazione che riduce l’attività della 5α-reduttasi, mutazione tipica dell’ermafroditismo
maschile;
- difetti nella segnalazione: riduzione dell’affinità dei recettori per il testosterone nei confronti
dell’ormone oppure alterazioni a livello degli HRE (in questo caso si parla di receptor-positive
resistance).
Queste alterazioni, dovute a un motivo o ad un altro, portano a ipogonadismo che può essere
primitivo o secondario.
- Primitivo: insufficienza congenita o acquisita di produzione del testosterone a livello dei
testicoli;
- Secondario: ridotta secrezione di gonadotropine a livello delle ipofisi.
23
MATERIA Biochimica ormonale
BIOCHIMICA
Abbiamo visto come gli estrogeni sono sinte1zza1 primariamente nelle gonadi femminili, ossia le
ovaie, ed in piccola percentuale anche a livello del tessuto adiposo.
Abbiamo visto come gli
androgeni e gli
estro g en i , ossi a gl i
ormoni steroidei
prodo: principalmente
a livello delle gonadi
maschili e quelli prodo:
principalmente a livello
delle gonadi femminili,
hanno come precursore
il colesterolo che può
essere sinte1zzato in
sede gonadica o che può
essere prelevato dal
circolo ema1co, dove
viene principalmente
trasportato nelle LDL.
Dal colesterolo vi è la
prima conversione in
Pregnenolone, che viene poi conver1to in due vie dis1nte in testosterone:
1. A livello dei tes1coli (nelle cellule di Leydig e del Sertoli) la via principale di conversione
del pregnenolone in testosterone è la cosiddeFa via del Deidroepiandrosterone.
2. Nelle ovaie, questa conversione avviene tramite la cosiddeFa via dell’Androstenedione
(Pregnenolone! Progesterone, che viene poi idrossilato in posizione 17! 17a-
idrossiprogesterone! Androstenedione (tramite 17,20 liasi che elimina
completamente la catena laterale)! Testosterone (soFo l’azione della 17b-
deidrogenasi, che porta a riduzione del gruppo carbonilico in 17 in gruppo ossidrilico).
Nelle ovaie sia l’Androstenedione che il Testosterone possono essere conver>> in ESTROGENI
grazie alla presenza dell’enzima Aromatasi, che catalizza l’aroma>zzazione dell’anello A degli
Androgeni.
L’aromatasi può agire sia sull’androstenedione e sul testosterone sinte1zza1 in sede ovarica, sia su
androstenedione e testosterone sinte1zza1 in zone diverse, ma che raggiungono sempre le le
ovaie, provenendo ad esempio dalla cor1cale del surrene. Infa: livello della zona re1colare della
cor1cale del surrene, viene prodoFo principalmente l’androstenedione, androgeno a bassa a:vità
che viene rilasciato principalmente sempre dalla cor1cale del surrene. Tu2avia sappiamo che
anche in sede cor;cale può avvenire una parziale conversione dell’androstenedione in
testosterone.
- L’aroma1zzazione dell’Androstenedione ! Estrone, un estrogeno che non ha elevata
a:vità biologica.
- L’aroma1zzazione del Testosterone ! 17beta-Estradiolo, il principale estrogeno che poi
verrà secreto dalle ovaie ed è indubbiamente il più a:vo.
Nel caso sia l’androstenedione che viene usato per sinte7zzare estrone, questo può essere
conver1to in 17b-Estradiolo dall’enzima 17b-idrossideidrogenasi, che porta alla riduzione del
gruppo carbonilico 17 in gruppo -OH.
In ul1ma analisi, sia mediante l’aroma1zzazione dell’androstenedione che del testosterone, le
ovaie producono principalmente 17b-Estradiolo.
• Il terzo estrogeno in figura, l’estriolo, che si forma grazie all’a:vità della 16alfa-idrossilasi che
idrossila in posizione 16 l’anello B dell’estrone, si forma solo e soltanto a livello della placenta.
Infa:, l’estriolo è il principale estrogeno di origine placentare prodoFo quando si instaura una
gravidanza.
La sintesi degli estrogeni a livello ovarico vede la collaborazione streFa tra le Cellule della Teca e le
Cellule della Granulosa, con ruoli diversi. Soltanto una sinergia tra le due par7, porterà alla sintesi
e alla secrezione dell’estrogeno a@vo, cioè principalmente il 17b-Estradiolo.
- Infa:, le Cellule della teca, s1molate dalle gonadotropine, LH e FSH, hanno la funzione di
conver1re il colesterolo in androgeni, quindi possono sinte1zzare tramite la via del
Progesterone sia l’androstenedione che il testosterone, che sinte1zzare il colesterolo a
par1re dall’Ace1l-CoA e conver1rlo in pregnenolone, ma non hanno la capacità di
conver1re androstenedione e testosterone in estrogeni, perché non esprimono. Quindi le
cellule della teca possono sinte;zzare androgeni ma non possono conver;rli in estrogeni,
in quanto non esprimono l’enzima aromatasi.
- L’aromatasi è invece espressa dalle Cellule della Granulosa (anch’esse s1molate dalle
Gonadotropine LH e FSH) che sono quindi in grado di conver1re gli androgeni, prodo:
dalle cellule della Teca, in estrogeni; non però hanno la capacità di sinte;zzare androgeni
a par;re da Progesterone.
La via principale di produzione del testosterone a livello delle ovaie, che vediamo in figura
riquadrata in rosso, avviene esclusivamente a livello delle Cellule della Teca, ma non in quelle della
Granulosa. Invece, la reazione catalizzata dall’aromatasi che porta a sintesi di estrogeni, può
avvenire esclusivamente nelle Cellule della Granulosa ma non nelle Cellule della Teca .
Per questo mo1vo parliamo di una collaborazione tra Cellule della Teca e della Granulosa,
essenziale affinché l’ovaio diven7 efficiente nel produrre e secernere estrogeni.
Quindi, riassumendo, le Cellule della Teca si occupano della prima parte, ossia sintesi del
colesterolo, conversione in pregnenolone e sintesi del testosterone aKraverso la via del
progesterone. Successivamente androstenedione e testosterone saranno veicola> verso le
cellule della granulosa dove avverranno reazioni di aroma>zzazione, con produzione di 17beta-
estradiolo. Le Cellule della Granulosa e le Cellule della Teca vengono s>molate nelle loro varie
fasi da FSH ed LH.
ESTROGENI: TRASPORTO
Al pari di tu: gli ormoni steroidei, gli estrogeni non possono circolare liberamente all’interno del
torrente ema1co in quanto lipofili. Perciò, il loro trasporto è principalmente garan1to dalla
proteina SHBG, che trasportava anche testosterone.
Il meccanismo di trasduzione del segnale degli estrogeni, al pari di quello degli androgeni,
coinvolge receKori citosolici: gli estrogeni entrano all’interno dei tessu1 bersaglio dove trovano i
receFori citosolici tenu1 nello stato ina:vo mediante il legame con Hsp (Heath shock protein). Nel
momento in cui si lega l’ormone, le Hsp vengono dissociate dal receFore, il quale va incontro a
omodimerizzazione e
fosforilazione; riesce così a
traslocare nel nucleo e a
trascrivere geni specifici soFo
il controllo degli ormoni
estrogenici.
Perciò se non abbiamo la con1nuazione della gravidanza, i livelli di progesterone crollano con inizio
del flusso mestruale; in caso contrario, qualora sia avvenuto l’impianto dello zigote
nell’endometrio, il corpo luteo viene mantenuto soFo s1molazione dell’LH, e con1nua a produrre
progesterone, che man1ene l’endometrio in condizioni o:mali per proseguire la gravidanza. In
par1colare, i livelli di progesterone sono mantenu1 tali anche dalla gonadotropina corionica
umana.
Al terzo mese di gravidanza, il corpo luteo viene sos>tuito dalla placenta, che diventa il principale
organo produJore di progesterone. Il progesterone si manterrà alto fine alla fine della gravidanza
per garan1rne il proseguimento.
Durante la gravidanza avremo un innalzamento dei livelli di estriolo, derivato dall’estrone, che
garan7ranno il mantenimento della gravidanza fino ad arrivare al termine; la placenta garan1sce
anche la produzione di laKogeno placentare.
Il parto è innescato da un crollo sia dell’estriolo, sia dei livelli di progesterone; la fase del parto è
supportata anche dalle contrazioni uterine, s1molate dalla distensione delle pare1 della cervice
uterina in quanto questa sarà occupata dal feto in tale momento. Infa: la distensione della cervice
uterina diventa uno s1molo per la produzione e secrezione dell’ossitocina da parte della
neuroipofisi; l’ossitocina andrà a s1molare le contrazioni uterine, le quali a feedback posi1vo,
s1moleranno
un’ulteriore
produzione di
ossitocina. Gli
e s t r o g e n i ,
sopraFuFo l’estriolo,
aumentano il
numero di receKori
di ossitocina a livello
dell’utero, così che
questo sia rice:vo
all’aumento dei livelli
di ossitocina e che
quindi si verifichino
le contrazioni
u t e r i n e ,
fondamentali per
l’espulsione del feto.
Domanda: I farmaci
an7concezionali, forma7 di solito da estrogeni e proges7nici, come fanno a impedire l’ovulazione?
Perché si gioca sui livelli di estrogeni e progesteroni. Quindi in par7colari momento del ciclo, se si
sbilanciano i livelli di estrogeni e progesteroni, visto che ci dev’essere un picco di estrogeni prima
della fase luteinica, e poi un picco di progesterone nella fase luteinica, si interrompe la fase di
ovulazione: si basa sulla concentrazione di estrogeni e proges7nici in par7colari giorni del ciclo.
MENOPAUSA
Nel momento in cui si raggiunge un’età variabile, 45-55 anni, interviene nelle donne la
menopausa. CaraFerizzata dalla perdita di tuM i follicoli e quindi la cessazione di estrogeni, in
par1colare 17beta-estradiolo, e di proges1nici.
In realtà rimane una piccola produzione di estrogeni: viene infa: prodoFo estrone (derivante dalla
reazione catalizzata dall’aromatasi a carico dell’androstenedione) sopraFuFo a livello dei tessu1
periferici, anche nel tessuto adiposo.
Questa bassa produzione non è sufficiente a garan7re il ciclo riprodu@vo della donna, ma è
sufficiente per inibire l’atrofia dei genitali e per contrastare i fenomeni di osteoporosi.
Per contrastare questa demineralizzazione ossea, in parte garan1ta da bassi livelli di estrone, di
solito viene affiancata una terapia con supplemento estrogenico per minimizzare i danni dovu1 a
questa carenza di estrogeni.
• CARCINOMA MAMMARIO: I receFori per gli estrogeni sono espressi anche a livello delle
ghiandole mammarie, in quanto gli
estrogeni hanno anche il ruolo di
garan1re la maturazione della
ghiandola mammaria. In seguito ad
una patologia neoplas1ca, come
quella del carcinoma mammario, si
nota un forte incremento
dell’espressione dei receKori per gli
estrogeni a livello della ghiandola
mammaria, che quindi diventa
estremamente dipendente dagli
estrogeni per garan;re la
proliferazione delle cellule di
ca r c i n o m a m a m m a r i o . Q u e sta
caraFeris1ca è 1pica della maggior
parte carcinoma mammari, defini1
come “Oestrogen receptor-posi>ve
breast cancer (ER+)”; ques1 1pi di
carcinoma vengono affrontan1 a livello
farmacologico con la terapia
endocrina. I cancri mammari posi1vi a
ques1 receFori per gli estrogeni, ossia
dove possiamo vedere questa up-
regolazione del receFore estrogenico,
cos1tuiscono i 2/3 dei carcinoma
mammari. Lo Standard of care è proprio
questa terapia endocrina, che consiste in farmaci che bloccano la segnalazione estrogenica,
principalmente a livello della ghiandola mammaria ipersensibile e iperdipendente dagli
estrogeni per garan1re la proliferazione delle cellule di carcinoma mammario, ma che avrà
effe@ collaterali di 7po chemioterapico anche su altri tessu7 estrogeno-dipenden7,
sebbene non si possa definire questo 1po di farmaci dei chemioterapici.
Domanda: Come funziona? La cellula mammaria diventa ipersensibile agli estrogeni perché c’è il
tumore o è il contrario?
Perché le cellule tumorali over-esprimono i receJori per gli estrogeni e quindi diventano i principali
ormoni che garan7scono la trascrizione di geni per la proliferazione del carcinoma mammaria: il
carcinoma mammario è dipendente dagli estrogeni per crescere. Avremo la trascrizione di geni che
controllano la proliferazione del carcinoma mammario, ed è per questo mo7vo che andiamo a
colpire la regolazione estrogenica: vogliamo ridurre l’accrescimento del carcinoma mammario. A
volte possiamo avere una regressione del carcinoma spesso ma dipende molto dalla paziente, che
quindi deve essere inquadrata correJamente da un punto di vista diagnos7co.
Sono ancora in vie di studio vie alterna1ve per contrastare crescita e poi metasta1zzazione del
tumore primario del carcinoma mammario, cercando eventuali altri target che possano impedire
ques1 processi di resistenza associa1 alle terapie per ora u1lizzate.
Domanda: In caso di carcinoma che segue la menopausa, è più frequente un carcinoma che sfruJa
l’a@vazione ligando-indipendente oppure no?
In fase post menopausa, la maggior parte dei carcinomi mammari sono ER+ ed HER+ (quindi Sì)
Di solito lo Standard of care è l’u7lizzo di AI associa7 a RTKI, quindi abbiamo indubbiamente
un’a@vazione dei receJori ligando-indipenden7.
Le Catecolammine
sinte1zzate a livello
della midollare del
surrene, vengono
inquadrate come
“ormoni deriva; da
un Amminoacido”
proprio come gli
ormoni 1roidei, al
cui pari derivano,
mediante una via
biosinte1ca diversa,
dalla >rosina.
La 1rosina è un
amminoacido
“essenziale”, perché
può anche essere viene sinte1zzata a livello dell’organismo a par1re dalla fenilalanina; la
fenilalanina è tuFavia un amminoacido essenziale, perciò solo in sua presenza è possibile
sinte1zzare la 1rosina a livello endogeno.
La Fenilalanina forma Tirosina tramite la Fenilanalina-drossilasi.
La Tirosina, nelle cellule cromaffini della midollare del surrene, diventa il precursore della
biosintesi delle catecolammine.
1. La prima reazione a cui va incontro la Tirosina è catalizzata dalla Tirosina Idrossilasi, che è
l’enzima della tappa limitante dell’intero sistema. Questo enzima viene inibito tramite
“feedback nega>vo” dalle Catecolammine (Adrenalina,Noradrenalina) e questa ha il ruolo di
impedire un’eccessiva produzione di catecolammine quando queste sono già prodoFe in
maniera idonea (azione retroaMva da prodo2o, per cui i prodo@ finali della via biosinte7ca
vanno ad inibire l’enzima della prima tappa della stessa via). Questa idrossilasi è un enzima
redox, che i catalizza la riduzione dei due atomi di ossigeno molecolare, inserendone uno a
livello di un gruppo idrossilico che viene inserito nel substrato (monossigenasi), l’altro viene
ridoFo ad acqua (uno dei prodo: di questa reazione). Affinché ci possa essere questa riduzione
a livello dell’ossigeno a gruppo -OH e ad H2O, ci vuole un donatore di eleFroni: questo è la
tetroidrobiopterina, che contestualmente sarà ridoFa a diidrobiopterina; questa è un cofaJore
essenziale per garan7re la funzionalità della 7rosina-idrossilasi.
2. A questo punto si forma la DOPA (diidrossifenilalanina), perché la 1rosina deriva da
un’idrossilazione della fenilalanina, e a sua volta la 1rosina viene idrossilata dalla 1rosina-
idrossilasi, e perciò avremo due gruppi idrossilici sull’anello aroma1co: parliamo quindi di DOPA.
3. La DOPA va incontro alla seconda reazione catalizzata dalla DOPA Decarbossilasi (genericamente
definita Amminoacido-Aroma7co Decarbossilasi), che è un enzima PLP dipendente, ossia che
dipende dal piridossalfosfato, u1lizzato come cofaFore.
4. La DOPA viene quindi decarbossilata: perde gruppo carbossilico -COO- legato al C alpha con
formazione della DOPAMINA
Nei neuroni dopaminergici nel SNC, la dopamina può essere il prodoKo finale della via
biosinte>ca ed essere rilasciato come neurotrasmePtore; nelle cellule della midollare del surrene
questo non avviene, e la dopamina deve obbligatoriamente proseguire nella via biosinte1ca:non
c’è rilascio di dopamina a
livello della midollare del
surrene.
A questo punto, la
dopamina diventa
substrato della dopamina
beta-idrossilasi, un’altra
monossigenasi, che
idrossila il substrato
andando a ridurre
l’ossigeno da una parte in
-Hh e da una parte in H20,
ma a differenza della
1rosina-idrossilasi, qui il
donatore di eleFroni non è
la tetroidrobiopterina, ma
l’acido ascorbico, ridoFo in
acido deidroascorbico.
Quindi la Vitamina C è
importante anche per garan7re la funzionalità della Dopamina b – idrossilasi e quindi per garan7re
un’adeguata sintesi di catecolamine a livello delle cellule della midollare del surrene.
La dopamina beta-idrossilasi è un metallo-enzima contenente rame, ed ha la peculiarità di essere
relegato nel Re7colo endoplasma7co delle cellule cromaffini della midollare del surrene. Siccome a
livello del RE, gemmano le vescicole che poi andranno a immagazzinare l’adrenalina e la
noradrenalina, prima che arrivi lo s1molo e che quindi possono essere secrete a livello ema1co,
l’enzima viene introdoJo all’interno delle vescicole di secrezione insieme agli intermedi della via
biosinte7ca.
La sintesi di Noradrenalina (prodoFo della dopamina b-idrossilasi) può avvenire anche all’interno
dei granuli di secrezione: quindi questo enzima re1colare, che verrà localizzato anche a livello dei
granuli secretori, potrà mediare il proseguimento della sintesi della dopamina in noradrenalina
proprio a livello di queste vescicole.
Quando arriva lo s1molo, allora, insieme alla noradrenalina verrà secreto anche l’enzima dopamina
beta-Idrossilasi; per questo mo1vo, le cellule della midollare del surrene dovranno andare incontro
a con>nua neosintesi di
quest’enzima che non rimane
costante in sede ma che verrà
secreto insieme all’ormone.
In alcune cellule, però, la via
biosinte7ca con7nua e la
Noradrenalina viene conver7ta
in Adrenalina dall’enzima
feniletanolammina N-
me;ltransferasi (PNMT), che
però è un enzima che si trova a
livello citosolico e non nei
granuli di secrezione.
In tuFe le cellule in cui il
prodoJo finale è adrenalina, la
noradrenalina dovrà uscire dai
granuli di secrezione affinchè
nel citosol possa incontrare
PNMT, ch e co nver1rà l a
noradrenalina in adrenalina.
PNMT trasferisce un gruppo
me1lico dal donatore di me1li,
è quindi una me>li-transferasi,
che trasferisce un gruppo
me1le da S-
adenosilme;onina, al gruppo
amminico della noradrenalina.
SAM, ceduto il suo gruppo
me1lico, esce come S-
adenosilcisteina.
Una volta che si è formata
adrenalina nel citosol, questa
deve essere reimmessa nei
granuli di secrezione, con un
processo che spende energia
come ATP (Trasporto a:vo) in quanto ci saranno delle punte che andranno a concentrare
l’adrenalina nei granuli di secrezione.
I Glucocor;coidi, in par1colare il Cor>solo (prodoFo dalla cor1cale del surrene) s1mola la sintesi e
a:vità della PNMT e quindi s>mola la midollare a produrre e a secernere adrenalina.
Così come le catecolammine sono sinte1zzate, devono anche andare incontro ad un processo di
degradazione che avviene ad opera dell’a:vità sinergica di due enzimi che sono:
• Catecol-O me1li-transferasi (o COMT): enzima che catalizza il trasferimento di un me7le in
posizione 3 dell’anello benzenico ed è un processo SAM dipendente così come la reazione
catalizzata dalla PNMT.
• Mono-amminoossidasi (o MAO): enzima redox che determina una deaminazione
ossida7va delle catecolammine. Esistono due isoforme della MAO che si dividono nella
MAO-A che è espressa principalmente nel tessuto nervoso e nella MAO-B che invece è
espressa in tu: i tessu1; inoltre gli inibitori delle MAO vengono u1lizza1 anche come
an1depressivi.
I deriva1 di questa a:vità catali1ca portata avan1 dalle MAO e dalla COMT saranno poi soFopos1
a glucuronazione a livello epa1co per favorire l’escrezione a livello renale.
Reazioni di degradazione di adrenalina (o epinefrina), noradrenalina (o norepinefrina) e
dopamina (solo a livello del Sistema Nervoso Centrale):
È necessario che agiscono sia le MAO che le COMT, ma non è deJo che ci sia un’azione primaria
obbligatoria dell’una o dell’altra: nel senso che prima può agire la MAO e poi la COMT e viceversa.
In tu: e due i casi si forma comunque un prodoFo finale che è iden1co: acido vanilmandelico per
la degradazione di adrenalina e noradrenalina e acido omovanillico per la degradazione di
dopamina, sia che prima agisca la MAO, sia che prima agisca la COMT.
Per quanto riguarda adrenalina e noradrenalina (che differiscono soltanto per quanto riguarda il
gruppo me7lico presente nell’adrenalina), se prima agisce la MAO si ha questa deaminazione
ossida1va e quindi si rimuove il gruppo amminico, con formazione di quello idrossilico per andare
a formare l’acido diidrossimandelico. A questo punto agisce la COMT, che determina l’aggiunta del
gruppo me1lico per la formazione del prodoFo finale che consiste nell’acido vanilmandelico.
Se al contrario agisce prima la COMT si avranno prodo@ intermedi differen7: per quanto riguarda
l’adrenalina si aggiunge un gruppo me1lico e si va a formare la metanefrina (o metadrenalina),
mentre per quanto riguarda la noradrenalina il gruppo me1lico che viene aggiunto andrà a
cos1tuire la normetanefrina e solo successivamente, con l’azione della MAO, si formerà l’acido
vanilmandelico.
Stessa ques1one vale anche per la dopamina qualsiasi enzima agisca prima.
Nel caso invece dei receFori adrenergici che vanno a cogliere lo s7molo proveniente dalle
catecolammine circolan7 (quelle prodoFe dalla midollare del surrene), abbiamo i receKori alfa
adrenergici (alfa1 e alfa2) e beta adrenergici (beta1, beta2 e beta3).
Tu: i receFori adrenergici, indipendentemente che siano alfa o beta, sono receFori accoppia1 a
proteine G, quello che cambia sarà la composizione della sub-unità alfa della proteina G trimerica
che sarà diversa a seconda che si tra: di receFori alfa1, alfa2 o beta (indipendentemente che
siano beta1, 2 o 3: hanno tu: e tre la stessa composizione della sub-unità alfa).
Mentre i receJori alfa sono più affini all’adrenalina, i receJori beta sono più affini alla
noradrenalina, ciò però non impedisce che gli alfa si possano legare alla noradrenalina e i beta con
l’adrenalina, diminuisce soltanto l’affinità.
Tabella che riassume le localizzazioni principali dei vari receJori adrenergici e gli effe@ provoca7
dalla s7molazione adrenergica di essi:
Per quanto riguarda i receFori alfa1 adrenergici essi sono espressi principalmente a livello della
muscolatura liscia dei vasi, dei bronchi, del traFo genito-urinario, ma anche del traFo
gastrointes1nale. La s1molazione alfa1 adrenergica a livello di queste cellule muscolari per quanto
riguarda i vasi, i bronchi e il traFo genito-urinario indurrà un effeFo di contrazione della
muscolatura liscia:
• A livello dei bronchi indurrà una broncocostrizione (chiusura delle vie aeree)
• A livello dei vasi (sia vene che arterie) indurrà una vasocostrizione (s1molo ipertensivo)
• A livello del traKo genito-urinario anche qui si avrà uno s7molo ipertensivo con un
aumento della contra:lità delle cellule della muscolatura liscia che farà contrarre la
muscolatura liscia del traFo
• A livello del traKo gastrointes>nale i receFori alfa1 adrenergici indurranno l’effeFo
opposto: la s1molazione adrenergica dei receFori alfa1 determina rilassamento della
muscolatura liscia del traJo gastrointes7nale inducendo quindi un arresto temporaneo
della diges1one.
I receJori alfa1 sono anche espressi però a livello del muscolo scheletrico e a livello del fegato: la
s1molazione adrenergica dei receFori alfa1 in essi andrà a mediare effe: metabolici:
• Nel muscolo andrà ad a:vare la glicogenolisi
• Nel fegato andrà ad a:vare la glicogenolisi e la gluconeogenesi
Avrà quindi:
• Un effeFo catabolizzante: andare a demolire il glicogeno.
• Un effeFo iperglicemico: andare ad aumentare la gluconeogenesi e perciò incrementare la
disponibilità di glucosio in circolo.
Il receFore alfa2 invece può avere due localizzazioni dis1nte: può essere espresso in sede
presinap>ca a livello del Sistema Nervoso Centrale o, se si parla di localizzazione a livello di tessu1
che non riguardino il Sistema Nervoso Centrale, questo è espresso a livello della muscolatura liscia
dei vasi. A livello di quest’ul1ma, al pari del receFore alfa1, il receFore alfa2 induce contrazione
della muscolatura liscia (vasocostrizione ! effeFo ipertensivo).
1. ReceFore beta1: localizzato principalmente a livello del cuore. Esso media una contrazione
delle cellule del miocardio e quindi induce un aumento della frequenza cardiaca e della
forza di contra:lità del miocardio.
2. ReceFore beta2: espresso a livello della muscolatura liscia dei bronchi, dei vasi e del traKo
genito-urinario (come i receFori alfa1). In tuFe e tre queste sedi la s1molazione del
receFore beta2 induce rilassamento della muscolatura liscia, quindi va a contrastare
l’effeKo della s>molazione alfa1 adrenergica: dove la s1molazione alfa1 adrenergica
induce contrazione della muscolatura liscia, la s1molazione beta2 adrenergica induce
rilassamento della muscolatura liscia:
• A livello dei bronchi indurrà dilatazione delle vie aeree (broncodilatazione)
• A livello dei vasi indurrà una vasodilatazione (effeFo ipotensivo)
• A livello del traKo genito-urinario anche qui si avrà un effeFo ipotensivo con
rilassamento del traFo
Il receJore beta2 essendo espresso, come il receFore alfa1, a livello del muscolo scheletrico
e del fegato, può indurre una risposta metabolica:
• Glicogenolisi a livello muscolare
• Glicogenolisi e gluconeogenesi al livello epa>co
Al pari della s1molazione alfa1 adrenergica, anche la beta2 induce un effeFo di
iperglicemia: maggior rilascio di glucosio nel sangue.
3. ReceFore beta3: è espresso prevalentemente nel tessuto adiposo dove determina
un’a@vazione della glicolisi favorendo quindi la mobilizzazione dei trigliceridi e l’immissione
in circolo di acidi grassi liberi affinché possano servire a scopo energe1co
Immagine riassun7va:
L’informazione in più presente nell’immagine è il 1po di sub-unità alfa caraFeris1ca della proteina
G trimerica che è associata alla segnalazione di ques1 receFori:
1. Il receFore alfa1 adrenergico è un receFore a G proteine che sfruFerà come effeFore una
proteina G trimerica che possiede come sub-unità alfa la sub-unità Gaq (si legge “G alfa q”),
quella che porta all’a:vazione della fosfolipasi C, che agisce sul fosfa>ldinositolo 4-5
bifosfato (o PIP2) andando a liberare diacilglicerolo e IP3 che a sua volta sarà coinvolto
nella liberazione di calcio dal re1colo endoplasma1co. Effe: indo: quindi dalla
s1molazione del receFore alfa1 adrenergico sono:
• Aumento della glicogenolisi muscolare e glicogenolisi e gluconeogenesi epa7ca
• Contrazione della muscolatura liscia dei vasi, dei bronchi e del traJo genito-
urinario
• Rilassamento della muscolatura liscia del traJo gastrointes7nale
2. I receFori alfa2 adrenergici invece, dipende da dove sono espressi:
• A livello del SNC in sede presinap>ca portano ad inibire il rilascio dei
neurotrasme:tori
• Al di fuori del SNC la loro espressione agisce a livello della muscolatura liscia di
bronchi e vasi dove induce contrazione come l’alfa1 adrenergico
Gli alfa2 segnalano aFraverso una Gai (si legge “G alfa i”) inibitoria nei confron1 della
adenilato ciclasi; questa inibizione dell’adenilato ciclasi porta alla riduzione dei livelli di
AMP ciclico e all’inibizione dell’a:vità della PKA.
3. I receJori beta, sia che si traFa di beta1, 2 o 3, sono tu: associa1 ad una proteina G
trimerica che ha come sub-unità alfa Gas (si legge “G s alfa”), s1molatoria nei confron1
dell’adenilato ciclasi. La segnalazione beta1, beta2 e beta3 adrenergica prevede
comunque l’a:vazione dell’adenilato ciclasi, l’aumento dei livelli di MP ciclico e l’a:vazione
della PKA.
Per quanto riguarda l’aumento della contrazione della muscolatura liscia dei bronchi,
dei vasi e del traFo genito-urinario, la fosfolipasi C, che viene a:vata in queste cellule
della muscolatura liscia, andrà, come nel caso del muscolo scheletrico, a idrolizzare PIP2
e quindi produrre DAG e IP3: quindi aumento di calcio nel citosol per rilascio di calcio dal
re7colo endoplasma7co. A questo punto questo calcio e questo diacilglicerolo
andranno ad a:vare alcune protein-chinasi tra cui la PKC (a:vata sia da calcio che da
DAG) o la proteina chinasi calcio calmodulina dipendente a:vata soltanto dal calcio.
Entrambe queste due protein-chinasi sono delle serinotreoninochinasi; in par1colare la
PKcalcio calmodulina dipendente ha come target la catena leggera della miosina:
proteina MLC che quando viene fosforilata potrà associarsi all’ac7na a formare i pun7
acto-miosinici fondamentali affinché si abbia il processo di contrazione.
Quindi la s1molazione alfa1 adrenergica via Gaq e via PLC produce DAG e IP3 il quale
porta ad un aumento di calcio. Il calcio poi a:va la PK calcio calmodulina dipendente la
quale fosforila la catena leggera della miosina (proteina MLC) che fosforilata può
interagire con l’ac1na per dare via al processo di contrazione.
Questa è una
prima modalità
con cui la
s1molazione
a l f a 1
adrenergica
media la
contrazione della
muscolatura
liscia dei vasi, dei
bronchi e del traFo genito-urinario perché in realtà il calcio fa anche qualcos’altro: è in grado di
unirsi ad una calmodulina libera nel citoplasma e formare un complesso calcio-calmodulina che si
andrà a legare alla MLCK (chinasi della catena leggera della miosina) che ha un doppio
meccanismo di regolazione:
- Se si lega al complesso calcio-calmodulina verrà a:vata e poi potrà andare a fosforilare il
suo target specifico, MLC, per poterla poi far interagire con l’ac7na e favorendo il processo
di contrazione. In defini1va la MLC viene fosforilata aFraverso due meccanismi:
- Fosforilata direFamente dalla protein-chinasi calcio calmodulina dipendente
- Fosforilata direFamente dalla MLCK a sua volta a:vata mediante il legame con il
complesso calcio-calmodulina
- La regolazione della MLCK in senso opposto la vedremo fra un po’ (per ora la prof ci ha
deJo solo questo) ! La MLCK è inibita se fosforilata da PKA, quando quindi MLCK è
fosforilata non è più a:va e non potrà più andare a fosforilare la catena leggera della
miosina
Perché a livello del traFo gastrointes1nale la stessa segnalazione alfa1 adrenergica ha un effeKo
opposto (rilassamento della muscolatura liscia del traFo)?
Perché qui la stessa segnalazione PLC dipendente, lo stesso aumento di calcio indoFo dai receFori
alfa1 adrenergici a:va1 ha in realtà un effeFo diverso perché non andrà ad a:vare la MLCK o la
PK calcio-calmodulina dipendente inducendo contrazione, ma avrà un target diverso: l’aumento del
calcio nella muscolatura liscia del traFo gastrointes1nale andrà ad a:vare dei canali per il KCa
(potassio-calcio) dipenden> inducendo un’iperpolarizzazione di membrana che determina un
effeJo di rilassamento della muscolatura liscia del traJo gastrointes7nale. Effe: diversi nelle due
sedi perché il target del calcio è diverso.
2. I receKori alfa2 adrenergici invece, dipende dove agiscono:
3. I receKori beta adrenergici segnalano tu: allo stesso modo, sia che si tra: di beta1, di
beta2 o di beta3: tuP segnalano aKraverso Gas (alfa G s):
-A u m e n t a n o a @ v i t à
dell’adenilato ciclasi
-Aumentano i livelli di
AMP ciclico
-A@vano la PKA
I receFori beta sono localizza1 in sedi diversi a seconda della 1pologia come deFo
prima.
- La s1molazione dei receFori beta1 adrenergici cardiaci, sia con catecolammine
endogene, sia con agonis1 farmacologici determina aumento della contraPlità
del miocardio e aumento della frequenza cardiaca.
- La s1molazione dei beta2 induce invece rilassamento dei vasi (effeFo
ipotensivo) e dei bronchi (broncodilatazione); hanno a:vità anche a livello del
traFo genito-urinario.
- Gli agonis1 dei receFori beta3 invece hanno un’azione lipoli1ca: mobilizzano i
trigliceridi a livello del tessuto adiposo
- nel muscolo liscio dei vasi la MLCK è inibita da una fosforilazione PKA mediata
Nel cuore perciò i receJori beta1 inducono contrazione, nella muscolatura liscia dei vasi, dei
bronchi e del traJo genito-urinario la segnalazione beta2 adrenergica induce rilassamento.
Nella muscolatura liscia dei vasi la s7molazione alfa1 indurrà contrazione aumentando
calcio e a@vando la MLCK, mentre la s7molazione beta2 indurrà rilassamento a@vando
PKA e inibendo invece la MLCK: segnalazione beta2 andrà dunque a contrastare la
segnalazione alfa1 e questo dipenderà dai livelli di adrenalina e noradrenalina in circolo in
quanto ques7 due receJori hanno affinità diverse per queste due catecolammine.
Domanda: “Ma il receJore per la piccola GTPasi Rho favorisce la contrazione perché inibisce la
fosfatasi?”
In quest’immagine è scriJo in questo modo ma in realtà non è chiaro come la GTPasi Rho
determina questa contrazione, sembra però che la GTPasi Rho vada ad a@vare la MLCK, punto
però non molto chiaro quindi la prof ha deJo che non si è spinta a parlare della fosfatasi della
MLCK.
È chiaro però che la GTPasi Rho, a:vata dalla vasopressina e dall’angiotensina, determina
un’a:vazione di MLCK e quindi ha un effeFo procontraPle nei confron1 della muscolatura
liscia dei vasi.
EffeFo metabolico dei receKori alfa1 e beta2 adrenergici è stato già un po’ deFo: nella
muscolatura scheletrica si esprimono entrambi ques1 due receFori ed entrambi cooperano
nell’aumentare un effeJo di glicogenolisi. Per quanto riguarda la s1molazione alfa1
adrenergica abbiamo deFo che questo si ha perché gli alfa1 aumentano la concentrazione
di Ca che si lega alla sub-unità delta della glicogeno fosforilasi chinasi e ne aumenta
l’a@vità. Contemporaneamente se c’è anche una s7molazione beta2 essa andrà ad a@vare
la PKA la quale fosforilerà la
glicogeno fosforilasi chinasi
che quindi assumerà una
piena a@vità, perché non solo
è fosforilata da PKA, ma
prevede anche il legame con il
Ca con il complesso calcio-
calmodulina a livello della
sub-unità delta perché la sub-
unità delta è in realtà una
calmodulina. Perciò la
glicogeno fosforilasi chinasi
così a:vata, in presenza di
calcio e in presenza di
fosforilazione PKA mediata,
potrà andare a fosforilare la
glicogeno fosforilasi e quindi
indurre una glicogenolisi: questo è importante per le catecolammine che sono ormoni
importan1 per la risposta “fight or flight” (comba: o fuggi). Devono quindi a:vare queste
vie cataboliche, in par1colare la glicogenolisi, ma poi i receFori beta3 adrenergici anche la
lipolisi, perché devono preparare l’organismo o alla loFa o alla fuga ed è perciò importante
avere disponibilità di substra1 energe1ci: la degradazione del glicogeno da disponibilità di
glucosio, la mobilizzazione (degradazione) di trigliceridi a livello del tessuto adiposo darà
disponibilità di acidi grassi comunque u1lizzabili a scopo energe1co.
Ci sono delle forme di tumore, in par1colare il Feocromocitoma, che sono dei tumori delle cellule
cromaffini della midollare del surrene che porta iperproduzione di adrenalina e noradrenalina; in
par1colare l’overproduzione di adrenalina porta ad un effeFo ipermetabolico quindi eccesso di
lipolisi nel tessuto adiposo e di glicogenolisi nel muscolo, mentre l’eccesso di noradrenalina porta
ad un effeFo ipertensivo per l’a:vità a livello della muscolatura liscia dei vasi.
Sbobina n° 39 – Biochimica ormonale
Prof.ssa: Giannoni
Data: 03/05/2021
Sbobinatori: Lucrezia Forti e Susanna Feldi
Revisore: Nicola Giambalvo e Teresa Codrino
• la fosfolipasi A1 che rompe il legame estere tra il primo gruppo idrossilico del glicerolo e il primo
acido grasso
• la fosfolipasi A2 che rompe il legame estere tra la seconda posizione alcolica del glicerolo e il secondo
acido grasso
• la fosfolipasi C che invece rompe il legame tra il terzo gruppo idrossilico del glicerolo e la testa polare
facendo uscire la testa polare insieme al gruppo fosfato e lasciando quindi diacilglicerolo
• la fosfolipasi D invece rompe il legame tra il fosfato e la testa polare facendo uscire l’acido fosfatidico
e la testa polare non fosforilata
La fosfolipasi A2 è quella che libera acido arachidonico perché in posizione 2 del glicerolo frequentemente è
presente questo acido grasso polinsaturo. La
fosfolipasi A2 si attiva o in seguito ad uno stimolo
ormonale o in seguito a stimoli che non sono di
origine ormonale e porta alla liberazione di
questo acido arachidonico.
ALCUNI EICOSANOIDI
I trombossani sono invece costituiti da un anello a 6 termini e questo anello contiene anche un ossigeno
sotto forma di endoperossido e quello che vediamo rappresentato è il trombossano A2.
C’è infine la classe dei leucotrieni, che a differenza delle altre tre non contiene anelli ciclici, e per questo
vengono definite molecole lineari. Presentano 3 doppi legami coniugati, e questa è la caratteristica della
classe dei leucotrieni.
LA VIA CICLICA
La COX-1 che è l’enzima costitutivamente espresso è particolarmente importante e presente a livello delle
cellule della mucosa gastrica laddove induce la sintesi di mucina gastrica (quel muco protettivo che va a
proteggere le pareti dello stomaco) impedendo che l’acido cloridrico possa agire sulle cellule della mucosa
gastrica andando quindi a promuovere un effetto di ulcerazione. Quindi la COX-1 riveste un ruolo essenziale
per proteggere la mucosa gastrica contro una possibile ulcerazione della parete gastrica.
La COX-2 che invece è indotta dall’interleuchina-1 che è una classica citochina pro-infiammatoria o dall’LPS
batterico quindi da un’infezione batterica. Porta soprattutto a sintesi di prostaglandine che sono coinvolte
come mediatori dell’infiammazione del dolore e della febbre. L’induzione dell’espressione della COX-2 viene
inibita dai glucocorticoidi, che non agiscono solo inibendo l’attivazione della fosfolipasi A2, ma anche
inibendo l’espressione della COX-2 soprattutto a livello delle cellule dei tessuti sede di infiammazione.
Domanda n.1
Mi sembrava di sapere che stanno studiando l’aspirina anche come prevenzione in alcuni tipi di tumore, è
possibile?
Si, soprattutto tumori del colon perché questa capacità che ha di promuovere questa acetilazione sembra che
abbia un ruolo nell’acetilare anche delle proteine che intervengono in alcune vie di signaling soprattutto dei
fattori di crescita. Sembra che abbia un’azione di inibizione di questi mediatori della segnalazione e che quindi
vada ad interrompere o a contrastare la segnalazione dei fattori di crescita e per questo l’attività proliferativa
indotta da alcuni fattori di crescita e per questo è in studio anche come prevenzione. Al momento se ne sta
proponendo anche se bisogna andarci molto cauti come possibile trattamento con dosi particolari ma ancora
niente di definitivo nel trattamento dei carcinomi del colon.
L’aspirina ha questo nome perché viene isolata da un principio attivo presente nella pianta spirea, è stata
isolata per la prima volta dalla pianta spirea e quindi per questo prende il nome di aspirina. In realtà la prima
volta che è stato definito il ruolo dell’acido acetilsalicilico è perché è stato visto che degli estratti del salice
potevano avere queste proprietà antiinfiammatorie perché il salice contiene acido acetilsalicilico ma siccome
poi l’acido acetilsalicilico è stato trovato anche in altre specie vegetali come la spirea, la spirea è stata quella
da cui per primo è stato poi estratto il principio attivo ed è per questo che l’acido acetilsalicilico prende il
nome di aspirina.
IBUPROFENE
I LEUCOTRIENI
Diversa è la funzione della 15-LOX che forma inizialmente il 15-HPETE quindi l’idroperossido che però si
converte nel corrispondente gruppo mediatore idrossilico15-HETE che però da origine alle lipossine. Le
lipossine a differenza dei leucotrieni B4 del 5-HETE sono mediatori ad attività antinfiammatoria. La 15
lipossigenasi è espressa soprattutto a livello dei linfociti T e delle cellule dell’epitelio della trachea ed è
l’enzima deputato alla sintesi di questi mediatori ad attività anti-infiammatoria che sono le lipossine.
EFFETTI DEI LEUCOTRIENI
Il calcio è un elemento molto abbondante nell’organismo, basti pensare che in un individuo di 75Kg, 1Kg è
la quantità stimata di calcio.
1. Pool fisso: costituisce il 99% della riserva di calcio e si ritrova sottoforma di idrossiapatite a livello
osseo (la matrice inorganica dell’osso). Il tessuto osseo viene considerato una riserva di calcio
dell’organismo, a livello della quale si andrà a mobilizzare il calcio nel momento in cui le concentrazioni
dei livelli plasmatici di quest’ ultimo diminuiscono.
2. Pool miscibile: è l’1% della quantità totale di calcio che si trova nell’organismo ed è il calcio disperso a
livello plasmatico. Non è presente solo a livello del plasma, ma si ritrova anche nella matrice
extracellulare e negli interstizi cellulari.
Il calcio plasmatico ha una concentrazione che si attesta attorno a 2,2/2,6 mMol/L e si presenta in tre
forme diverse:
1. Forma diffusibile: rappresenta il 50% del calcio plasmatico.E’ la forma ionizzata libera (Ca2+) ed è il
calcio che può entrare liberamente nel citoplasma cellulare. Le sue concentrazioni si attestano tra
1,1/1,3 mMol/L.
2. Forma non diffusibile: è 45% il calcio plasmatico, che è invece legato a proteine, in particolare
all’albumina. Affinché possa entrare nelle cellule, deve staccarsi da questa proteina plasmatica di
trasporto e convertissi in forma ionizzata libera (ovvero in forma miscibile), che è quella disponibile
per le cellule.
3. Forma diffusibile legata: per il 5% il calcio plasmatico è complessato con anioni come fosfato e
bicarbonato.
Cosi come la concentrazione intercellulare di calcio deve essere strettamente regolata, perché il calcio ha
un ruolo importante nei processi di secrezione e di trasduzione del segnale, anche il calcio che si trova
livello plasmatico deve contenersi in limiti molto stretti. Quindi la tolleranza dell’organismo alle fluttuazioni
di calcio plasmatico è veramente minima, perché anche scarse variazioni possono portare ad effetti molto
importanti come:
Ci sono poi altri ormoni che, nonostante abbiano altri ruoli primari, riescono a regolare il calcio in maniera
indiretta, tra questi troviamo:
Il calcidiolo è la forma più abbondante di vitamina D, non ancora attiva, che si ritrova nel sangue. Questo
infatti ha una lunga emitiva, proprio perché è legato a queste proteine di trasporto, in particolare: la
proteina legante la vitamina D “VDBP”, che è una glicoproteina, il cui ruolo è quello di andare ad
aumentare l’emivita di questi precursori dell’ormone attivo e di trasferirli: nel fegato, nel caso della
vitamina D3, o nel rene, nel caso del calcidiolo, dove subirà un’idrossilazione attivante in posizione 1,
catalizzata dalla 1 a-idrossilasi, che lo convertirà nell’ormone attivo calcitriolo. Quest’ultimo potrà uscire
dal rene. legarsi alla proteina legante la vitamina D e quindi raggiungere i tessuti bersaglio.
Ma a livello del rene può avvenire anche un altro tipo di idrossilazione, perché il calcidiolo, oltre ad essere
idrossilato in posizione 1, sarà idrossilato in particolari situazioni, anche a livello della posizione 24. Questa
specifica idrossilazione in 24 , catalizzata da una 24-idrossilasi, a differenza dell’ idrossilazione in posizione
1, non è un’idrossilazione attivante, ma è un idrossilazione che inibisce l’ormone. Quindi abbiamo due casi,
se il il 25-idrossicolecalciferolo, che arriva nel rene, viene idrossilato:
Quindi l’idrossilazione in posizione 24, in un certo senso, può essere visto come un meccanismo di
regolazione negativa della sintesi si 1-25 diidrossicolecalciferolo o calcitriolo (l’ormone attivo), perché se
invece dell’idrossilazione in 1 avviene quella in 24, questa previene la sintesi dell’ormone attivo.
La 24-idrossilasi può agire non soltanto sul 25-idrossi colecalciferolo, impedendo la sua attivazione verso la
forma diidrossilata, ma può agire direttamente anche sul calcitriolo andando ad idrossilarlo in posizione 24,
formando un 1-24-25 triidrossi colecaciferolo, che è una forma inattiva dell’ormone.
Entrambi i meccanismi determinano quella che è una diminuzione della concentrazione dell’ormone
calcitriolo.
• Regolato positivamente: dal paratormone, l’altro ormone che regola il metabolismo del calcio, le
paratiroidi sentono l’ipocalcemia, rispondono andando a secernere il paratormone, che va ad
aumentare l’attività dall’1-alphaidrossilasi renale; comportando quindi un aumento della sintesi e
della secrezione del calcitriolo, che al pari del paratormone, avrà un’azione ipercalcemizzzante.
Ci sarà un a sinergia tra paratormone e calcitriolo nell’indurre questo aumento della calcemia
ematica.
• Regolata negativamente: dal
calcitriolo stesso, quindi La regolazione della sintesi di Vit D3
quest’ultimo, attraverso un
processo di feedback
Il principale punto di
negativo, quando aumentano regolazione è l'enzima 1α-
idrossilasi del rene, che
molto le sue concentrazioni attiva definitivamente la
plasmatiche va ad inibire l’ vitamina D3.
Questo enzima è regolato:
alpha 1 idrossilasi renale, in - positivamente dal PTH, che
aumenta l'attività dell'enzima ;
modo tale da inibire la sintesi - negativamente dal calcitriolo ,
con un feedback negativo che
di calcitriolo stesso. riduce la biosintesi dell'enzima; di
contro, l'ormone upregola la 24α-
Contemporaneamente per idrossilasi (idrossilazione
inattivante) .
inibire la sintesi della forma - negativamente dai livelli
attiva del calcitriolo, questo plasmatici di calcio ; feedback
negativo.
va non solo a inibire l’ alpha
1 idrossilasi, ma va anche ad attivare la 24 idrossilasi, che potrà andare ad agire sul 25
colecalfiferolo. Il calciferolo inibisce quindi la sua stessa sintesi; formando il 24-25
dididrossicolecalciferolo (forma inattiva), oppure andando ad agire direttamente sul calcitriolo già
formato, creando l’1-24-25 tridrosssicolecalciferolo, che è una forma inattiva.
La sintesi del calcitriolo è anche negativamente regolata dai livelli plasmatici di calcio, perché l’
ipercalcemia inibisce la sintesi di calcitriolo, proprio perché si è già ristabilita la corretta normocalcemia e
quindi non c’è bisogno di attivare ulteriormente la sintesi di calcitriolo. Quando aumenta il livello di calcio
plasmatico, questi inibiscono la sintesi di calcitriolo, andando sempre a inibire l’attività della alpha 1
idrossilasi.
Domanda n.3
C’è un motivo per cui questa via biosintetica è regolata così infondo? Se si guarda la via precedente, questa
è regolata ancor prima che possa iniziare, ma anche molte altre, perché di solito si evita di creare degli
intermedi inutili.
Indubbiamente c’è subito un’inibizione del paratormone. Gli alti livelli calcemici che inibiscono proprio la
secrezione di paratormone, si va quindi ad inibire tutti gli effetti a valle. L’attività del paratormone è
comunque sull’1 idrossilasi, quindi gli intermedi a monte saranno tuttavia già prodotti. E’ una forma
diciamo di “spreco”, perché non c’è nessun enzima delle tappe a monte, che viene regolato dai livelli di
calcio. La fotolisi chiaramente non è regolabile, quindi la vitamina D3 sarà prodotta comunque e
l’isomerizzazzione è anch’essa un processo non regolabile. In realtà l’unico processo regolabile a monte
dell’1-idrossilasi renale è soltanto l’idrossilasi epatica, che purtroppo però non ha un meccanismo di
regolazione. In definitiva, non si ha una regolazione a monte della via biosintetica finale che avviene a livello
renale. Vi è comunque la presenza, a livello plasmatico, del calcitriolo (che è inattivo), poiché non si può
prevenire, dato che la 25 idrossilasi non è regolata ne dal paratormone ne dai livelli di calcemia. Non viene
regolato il primo enzima della via, ma il secondo. La via è molto breve e si agisce a valle.
Domanda n.4
Se il calcitriolo, quindi la forma già attiva, viene idrossilato anche in posizione 24, c’è una certa reversibilità
di questa reazione?
Assolutamente no, una volta formata la forma triidrossilata questa viene degradata, ma non può più
recuperare nessuna attività. Queste idrossilazioni non sono mai reversibili, se si idrossila il 25-
idrossicolacifrerolo in posizione 24, resta una forma inattiva, così come se idrossila il calcidiolo non si potrà
più perdere l’idrossilazione inattivante.
EFFETTI DEL CALCITRIOLO
Agisce andando a legarsi a dei recettori
citosolici, che poi svolgeranno la loro
funzione a livello nucleare, cosi come tutti i
recettori per gli ormoni lipofili. Il recettore
per i derivati della vitamina D o VDR, è un
recettore che è presente a livello citosolico,
che in seguito al legame con il suo ligando,
che è il calcitriolo, potrà formare un
eterodimero insieme al recettore per acido
retinoico RXR. In questa forma
eterodimerica, legante il calcitriolo, il
recettore potrà entrare nel nucleo e andare
a regolare positivamente i geni che sono
responsivi a questo recettore.
Ha un ruolo diverso del recettore per l’acido reteinoico, rispetto a quello per gli ormoni tiroidei; nel caso
degli ormoni tiroidei infatti il recettore, l’RXR, era un repressore del recettore per gli ormoni tiroidei, era
quello che lo manteneva legato alla cromatina, ma in forma inattiva fino a che non arrivava il T3. In questo
caso invece, l’RXR ha un ruolo attivante perché quando il VDR lega il calcitriolo, smaschera un sito di
legame per l’RXR, si forma questo eterodimero che, solo in forma eterodimerica, potrà andare a legare gli
elementi di risposta al recettore della vitamina D e quindi andare a trascrivere i geni sotto il controllo di
questo ormone (effetto a lungo termine).
In realtà è stato visto, anche se si sa pochissimo ancora, che esiste anche un recettore G-proteine, che è in
grado di legare e rispondere al calcitriolo. Questo appartiene a una classe dei recettori che sono i MARS
(membran associated rapid responsive steroid), che danno questo segnale mediato dall’attivazione di una
proteina Gmerica, che contiene un unità Alpha e una G+ alpha; che vanno ad attivare la fosforilasi C, porta
all’innalzamento di calcio e attiva la PKC. Non è ancora ben chiaro come procede la via di trasduzione del
segnale e quali siano i suoi effetti a breve termine.
Quindi l’aumento di espressione, del TRPV 6 e della Carbimdina, sono due modalità con cui il
calcitriolo agisce a livello dell’intestino, andando a favorire all’assorbimento di calcio, portando
conseguentemente a un aumento della calcemia ematica.
A livello delle cellule dei tubuli distali renali e a livello delle ossa e in questo caso agisce in sinergia
con il paratormone, che va a stimolare la sintesi del calcitriolo andando a regolare positivamente
l’espressione e l’attività dell’ alpha1-idrossilasi.
Quindi paratormone e calcitriolo vanno ad agire, in maniera sinergica, a livello del rene a stimolare
il riassorbimento di calcio a livello dei tubuli distali, mentre e a livello delle ossa favoriscono il
processo di demineralizzazzione ossea.
2. Per quanto riguarda quello che succede a livello renale, anche qui si ha un aumento di espressione
dei canali per il calcio a livello della porzione apicale delle cellule dei tubuli renali e anche un
aumento di espressione di calmindina che, al pari del ruolo che ha nelle cellule intestinali, serve per
il trasporto di calcio da una porzione apicale a una baso -laterale, favorendone l’uscita verso il
circolo ematico.
3. A livello osseo il calcitriolo va a determinare un attivazione degli osteoclasti, che sono le cellule che
promuovono questa demineralizzazione ossea e quindi liberano il calcio.
Domanda n.5
E’ per questo che, visto che nei paesi scandinavi ci sono dei periodi di buio e scarsa esposizione solare,
viene dato l’olio di fegato di merluzzo?
Si, perché oltre all’olio di fegato di merluzzo, in generale alimenti che contengono la vitamina D2 (che è
prevalentemente addizionata ai latticini, perché sembra essere molto più statbile in questi alimenti) e l’
uso di integratori di vitamina D2, risolve il problema di una scarsa esposizione solare per lunghi periodi
di tempo. Nei paesi scandinavi è assolutamente fondamentale integrare con questa vitamina esogena.
Il calcitriolo non fa tutto da solo come ormone ipercalcemizzante, perché è fortemente dipendente
anche per la sua stessa sintesi, da un altro ormone che è il paratormone.
PARATORMONE
Il paratormone, diversamente dal
calcitriolo, è un ormone
peptidico prodotto a livello delle
paratiroidi. È un peptide di 84
amminoacidi, la cui sintesi e
secrezione è indotta dalla
riduzione della calcemia ematica.
In realtà, a livello dei granuli di secrezione, nelle cellule della paratiroide, c’è una intensa attività di
degradazione del paratormone. E’ stato visto che è presente un elevata espressione, già a livello delle
paratiroidi, di questi enzimi proteolitici che, a livello del granulo di secrezione, possono indurre dei tagli
sul paratormone attivo e andare a formare dei frammenti che perdono completamente l’attività.
Quindi le cellule delle paratiroidi formano paratormone attivo, ma lo degradano anche rapidamente,
trasformandolo in frammenti non più attivi.
Quindi a livello delle paratiroidi non si hanno solo quei tagli che avvengono, a livello della porzione N-
ter, che rimuovono sia la sequenza segnale sia l’ulteriore frammento di 6 amminoacidi e che quindi
portano all’ormone attivo di 84
amminoacidi; ma nei granuli
secretori avvengono anche questi
tagli proteolitici, aventi invece un
ruolo inattivante.
Il paratormone viene secreto in risposta a uno stimolo di tipo ipocalcemico, quando la calcemia ematica
va sotto ai 7,5 mg/dl e il suo ruolo ipercalcemizzante serve a ristabilire la normocalcemia. E ‘ un
ormone idrofilo, quindi polare, reagisce con recettori esposti sulla membrana, in particolare a recettori
accoppiati a proteine G, dove la proteina dimerica possiede una subunità GSa e quindi provoca un
aumento del CAMP e quindi l’attivazione della PKA. Questo agisce in sinergia con il calcitriolo, sia a
livello delle cellule del tubolo distale del rene sia a livello delle ossa.
A livello del rene stimola il riassorbimento del calcio a livello delle cellule epiteliali renali e ha lo stesso
tipo di funzione che ha il calcitriolo, ossia va a determinare l’attivazione di trasportatori per il calcio a
livello della porzione apicale delle cellule dei tubi distali e va a aumentare anche la sintesi di calbidina in
modo tale da mediare questo trasporto di calcio, dalla porzione apicale verso quella baso laterale.
E’ vero infatti, che il paratormone agisce attraverso la PKA, ma la PKA non ha solo una funzione a breve
termine ma anche una a lungo termine, andando ad attivare la via della chinasi e quindi andando a
determinare la trascrizione di geni sotto il controllo della MAP chinasi (la calbidina è una di queste).
Oltre a questo, il paratormone serve anche ad attivare la 1-alpha idrossilasi a livello renale che stimola
la produzione di calcitriolo. Dunque, a livello renale il paratormone ha un doppio ruolo:
• Serve direttamente ad aumentare la calcemia ematica, favorendo il riassorbimento di calcio a
livello dei tuboli distali del rene.
• Serve ad attivare la 1 alpha-idrossilasi, che può produrre la sintesi di calcitriolo, il quale andrà
ad agire in sinergia con il paratormone.
Il calcitriolo andava a determinare un’attivazione degli osteoclasti, che poi sono direttamente coinvolti
in questo processo di demineralizzazione ossea; mentre il paratormone non attiva direttamente gli
osteoclasti, ma determina un differenziamento degli osteroblasti in osteoclasti, i quali avranno
dissolveranno questi cristalli di idrossipatite.
In particolare, una riduzione della calcemia ematica, aumenta la trascrizione del gene per il
paratormone, quindi favorisce la sintesi di paratormone attivo. E’ è stato visto che un’ ipocalcemia
prolungata può anche determinare un incremento del numero e delle dimensioni delle cellule
paratiroidi, quindi andare a determinare un ipertrofia a livello delle ghiandole paratiroidi, le quali
promuoveranno anche un aumento della sintesi dell’ormone attivo, cioè un maggior numero di cellule
produttrici.
Il paratormone regola anche la degradazione proteolitica dell’ormone attivo, sia a livello delle
paratiroidi sia a livello periferico; andando ad inibire l’attività di queste proteasi che tagliano il
paratormone e producono frammenti inattivi.
La calcemia regola anche la secrezione del paratormone a livello delle paratiroidi con un meccanismo
leggermente diverso rispetto a quello che abbiamo visto finora, perché fino a questo momento
abbiamo studiato come i processi di secrezione erano sempre indotti da un aumento della
concentrazione citosolica di calcio; nel caso delle cellule paratiroidi invece, la secrezione dei granuli
contenenti paratormone è stimolata da una diminuzione della concentrazione di calcio a livello del
citosol.
Quindi quando si ha un ipocalcemia plasmatica, questa si traduce anche in una riduzione del calcio
presente nelle cellule delle paratiroidi e questo è uno stimolo per secernere i granuli all’esterno; in
maniera assolutamente contraria a come avviene in tutte le altre ghiandole endocrine.
Questa è la regolazione tra paratormone
e calcitriolo, come questi due ormoni
rispondono alla calcemia ematica (vedi
immagine)
LA CALCITONINA
È un ormone proteico che è prodotto dalle cellule C della tiroide, che non hanno niente a che vedere con le
cellule che producono ormoni tiroidei, sono cellule che circondano i follicoli tiroidei e che producono
questo ormone peptidico di 32 amminoacidi, che ha un azione ipocalcemizzante, a differenza del calcitriolo
e del paratormone.
La calcitonina agisce al pari del calcitriolo e del paratormone, ovvero sia a livello renale che a livello
dell’intestino, chiaramente con attività opposte. A livello del rene inibisce l’assorbimento di calcio nei
tuboli distali, mentre a livello dell’osso inibisce l’attività degli osteoclasti. Sembra che il calcitriolo abbia un
effetto nel promuovere la sintesi di calcitonina, per impedire che quest’effetto ipercalcemizzante del
calcitriolo possa superare certi livelli. Quindi così come il calcitriolo inibisce la sintesi di se stesso attivando
la 24 idrossilasi renale, sembra abbia anche un attività di stimolo della secrezione della calcitonina, con lo
scopo di mantenere una regolazione del calcio plasmatico entro i termini della normocalcemia.
Una cosa particolare che è stata notata è: che se si va a valutare come viene regolato il metabolismo del
calcio in pazienti affetti da carcinoma della tiroide o in pazienti che abbiano subito un rimozione della
tiroide; si vede che andando quindi a rimuovere la tiroide e quindi non solo i tireociti che determinano
sintesi di ormoni steroidei, ma anche le cellule C che producono calcitonina, non si ha i realtà un effetto di
alterazione della calcemia ematica. Nei casi di carcinoma della tiroide, dove si ha un iperproliferazione
delle cellule C della tiroide, non si assiste a nessuna alterazione della calcemia ematica.
Quindi rimane in dubbio di quanto in realtà sia rilevante l’effetto della calcitonina. L’organismo ha la
capacità di regolare il calcio plasmatico, quindi sembra che andare ad alterare la produzione di calcitonina,
non ha tutto questo effetto sul mentalismo del calcio; probabilmente perché già queste regolazioni a
feedback positivo, tra paratormone e calcitriolo hanno già la capacitò di regolare sia in senso positivo che in
senso negativo la calcemia ematica. Rimane quindi un punto interrogativo sulla rilevanza della calcitonina
in questo metabolismo, è tuttavia giusto menzionarla in quando ha un effetto a livello degli stessi tessuti
bersaglio del calcitriolo e de paratormone: quindi rene e tessuto osseo.