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Schemi fisiologia 1

La fisiologia studia il normale funzionamento dell’organismo vivente e delle


parti che lo compongono, compresi i processi chimici e fisici, partendo dal
presupposto che la funzione di un tessuto è strettamente legata alla sua
struttura.
Approcci di studio alla fisiologia:

1) Teologico: ricerca il motivo di un processo e la sua funzione (perchè


finalistico)

2) Meccanicistico: analizza come avviene un processo (perchè causale)

Ambiente e omeostasi:
L’omeostasi (scoperta da Claude Bernard nel 1865) è l’adattamento
cellulare al continuo variare, a causa di metabolismi e altri fattori,
dell’ambiente esterno e interno, al fine di mantenere un equilibrio dinamico,
tramite scambi continui di materiale, che permetta la sopravvivenza
dell’organismo e la stabilità dei parametri vitali. Uno dei meccanismi di
regolazione volto al mantenimento dell’omeostasi corporea è il bilancio delle
quantità di sostanze chimiche in ingresso e in uscita dalle cellule. Il corpo
cerca sempre di mantenere o di recuperare questa condizione di equilibrio
tramite azioni compensatorie, in caso contraro si sviluppano problemi
cellulari.

Le proprietà dell’omeostasi sono state evidenziate nei postulati di Cannon:

1) Nella regolazione dell’omeostasi corporea hanno un ruolo centrale il


sistema nervoso e il sistema endocrino, per l’integrazione e la
coordinazione delle informazioni.

2) Essa può essere regolata a livello tonico per produrre effetti diversi (es:
gradi di contrazione della muscolatura liscia nei vasi sanguigni)

3) Essa può essere regolata per controllo antagonista, laddove due neuroni,
che agiscono in maniera cross inibitoria, inducano una risposta opposta nel
bersaglio; non possono essere segnali copresenti (es: contrazione cardiaca).

4) Essa può essere regolata da segnali chimici, con effetti diversi in base al
bersaglio, in quanto ogni molecola presenta recettori cellulari specifici.
apire frima fight
is
or
,
Flight

Alla base dell’omeostasi sono presenti:

1) Un controllo locale, che consiste in una risposta limitata alla regione


interessata dal cambiamento. É composta da meccanismi autocrini o
paracrini.

2) Un controllo riflesso, che consiste in una risposta che non è situata nella
regione di interesse, ma coinvolge il sistema nervoso o il sistema endocrino.

Questa via si attiva a seguito della percezione della perdita dell’omeostasi da


parte di recettori specializzati; a questo punto si attivano due vie. La prima è
quella afferente, nel quale il segnale viene inviato al centro d’integrazione,
che elabora e compara i valori con quelli da mantenere; essa è composta dal
sistema nervoso o da quello circolatorio. La seconda è quella efferente nella
quale, tramite le stesse vie, viene inviato un segnale di risposta agli effettori,
al fine di recuperare l’omeostasi.

I sistemi di controllo dell’omeostasi sono costituiti dal sistema nervoso, dal


sistema endocrino e dall’interfaccia neuroendocrina di questi due sistemi; i
primi due differiscono per:

1) specificità: Il sistema nervoso ha azione su regioni discrete, mentre il


sistema endocrino ha azione sistemica, su ogni cellula dell’organismo.

2) velocità: il sistema nervoso è istantaneo, mentre il sistema endocrino è


più lento.

3) durata: Il sistema nervoso innesca risposte brevi; il sistema endocrino dà


origine a risposte durature

4) natura segnale: Il sistema nervoso trasmette un segnale elettrochimico,


mentre quello endocrino trasferisce un segnale esclusivamente chimico.

5) codifica intensità stimolo

Tutti i meccanismi di regolazione omeostatica sfruttano un sistema di


controllo a retroazione negativa, che si basa sul mantenimento di un valore
ad un certo setpoint. Esso è un valore di riferimento al quale bisogna tornare
se ci si discosta da esso (errore), tramite l’induzione di una risposta
compensatoria (guadano = risposta/errore —> solo se = 1 si ha la stabile).
Variazioni del setpoint di un parametro fisiologico sono la causa dei ritmi
biologici.

Per i controlli non omeostatici abbiamo invece un controllo a retroazione


positiva, che produce una risposta volta ad incrementare lo stimolo iniziale.
Per disattivare ciò bisogna eliminare lo stimolo il segnale di partenza tramite
un fattore esterno (es: ossitocina nel parto).

Sistema nervoso:
È l’interfaccia tra ambiente esterno e il comportamento messo in atto dagli
organismi, ed ha il compito di migliorarne l’interazione. Esso è costituito da:

Sensori: rilevano lo stato di una serie di parametri dell’ambiente interno ed


esterno

Rete di neuroni: funge da sistema integrativo per l’innesco di un output


motorio o secretorio

Effettori: mettono in atto la risposta

Durante la filogenesi è aumentata la complessità strutturale e funzionale di


tale sistema pur mantenendo costanti le basi chimico-cellulari; ciò è
riscontrabile nell’aumento del numero di interconnessioni neuronali (sinapsi)
e nello sviluppo preferenziale di alcune aree specifiche del cervello.

Esso è composto da:

1) astrociti: sono regolatori, derivanti dall’ectoderma, del metabolismo


cerebrale e forniscono energia al SN, ad esempio fornendogli lattato,
sfruttato per ricavare glucosio. Gli scambi energetici di glucosio e lattato tra
le cellule gliali ed i neuroni sono regolati dall’attività delle pompe Na+/K+
degli astrociti e dei neuroni. Appartengono ad una famiglia estesa che
include la glia radiale durante lo sviluppo; coprono l’intero tessuto nervoso e
interagiscono con i neuroni per:

A) formare nuove sinapsi

B) modulare attività elettrica neuronale

C) regolare omeostasi e metabolismo neuroni

D) difesa stimoli nocivi

E) formare barriera ematoencefalica (BBB) tramite apposizione pedicelli


sui vasi cerebrali, formando delle giunzioni strette che regolano lo scambio di
sostanze. Essa impedisce il passaggio di tossine, batteri, ormoni citocine e
farmaci, permettendo invece quello di cellule immunitarie. Questa barriera
comprende anche i periciti, cellule muscolari lisce che, contraendosi,
modificano il diametro dei vasi cerebrali; tale processo può essere indotto da
metaboliti del SN (es: glutammato induce vasodilatazione, attraverso la
produzione di NO e prostaglandine.). Tuttavia per monitorare la
concentrazione ormonale, in alcune aree la BBB è più lassa, e ne permette il
passaggio (neuroipofisi).

F) regolare flusso ematico cerebrale e drenaggio metaboliti tossici

Essi sono morfologicamente eterogenei in base ai neuroni con cui


interagiscono.

Astrogliosi: è una risposta per cui gli astrociti, in seguito a danneggiamento


del SN, attenuano la loro funzione regolatoria al fine di proliferare
velocemente e formare cicatrici.

2) oligodendrociti: derivano dal’ectoderma che si distinguono in due tipi:

A) Progenitori: proliferanti nel tessuto nervoso adulto, sono sostituiti dagli


oligodendrociti maturi ed è probabile abbiano funzione di neuromodulazione.

B) Oligodendrociti mielinizzati: sono quelli maturi e formano il rivestimento


mielinico degli assoni neuronali nel SNC; facilitando la conduzione dei
segnali nervosi.

3) celule di Schwann: producono la mielina nel SNP

4) microglia (i primi 3 compongono la macroglia): costituisce il sistema


immunitario intrinseco del sistema nervoso e ha origine dal mesoderma;
presenta diverse morfologie e serve a svolgere le seguenti funzioni:

A) Partecipazione alla sinaptogenesi durante lo sviluppo

B) Rimozione dei detriti

C) Mediazione di una risposta innata locale in caso di fenomeni infiammatori

5) ependima: sono cellule strettamente imparentate con gli astrociti che


rivestono l’interno del sistema nervoso, attorno ai ventricoli contenenti il
liquido cerebrospinale; esse originano dal neuroectoderma. Esso agisce
come un filtro tra il tessuto cerebrale e il liquido cerebrospinale, secernendo
delle sostanze nel liquido stesso e agendo da operatore attivo. Questo
liquido è prodotto dalle cellule specializzate dei plessi corioidei.

6) neuroni: è l'unità cellulare che costituisce il tessuto nervoso; essa


presenta una morfologia polarizzata e d è formata da:

A) dendriti: sono i processi emergenti del corpo cellulare che ricevono il


segnale

B) corpo cellulare (soma): esso integra i segnali ed elabora una risposta a


livello del monoticolo assonale (punto di contatto con assone)

C) assone: propaga la risposta fino ai terminali assonali

D) terminale assonale: sono ciò che contatta le cellule bersaglio (neuroni,


cellule muscolari o secretorie)

Il citoscheletro mantiene la struttura tridimensionale del neurone; esso è


composto da diverse strutture proteiche, che sono i microfilmanti di actina,
neurofilamenti e microtubuli (formati da monomeri di tubulina). Esso serve a
regolare efficacemente il trasporto di sostanze lungo assone, poichè essi
possono raggiungere fino ad un metro di lunghezza.

Il trasporto assonale prevede due modalità:

1) trasporto rapido: avviene sia in senso anterogrado (dal corpo cellulare ai


terminali) sia in senso retrogrado (dai terminali al corpo cellulare). Esso
coinvolge meccanismi attivi, che necessitano di energia, come le chinesine,
che devono mutare e spostarsi lungo gli assoni; esse si ancorano ai
microtubuli e trasferiscono diversi substrati (vescicole sinaptiche, vescicole
secretorie e mitocondri) dal soma al terminale e viceversa. (Fanno fino a 40
cm al giorno)

2) trasporto lento: è di tipo passivo e avviene solo in senso anterogrado;


esso infatti non richiede energia e si basa su un flusso di citoplasma, che
segue per interazioni aspecifiche, l’incorporazione di nuove componenti dei
microtubuli (fanno fino a 1 mm al giorno) il pattern di mielinizzazione dei
neuroni, se presente, varia nel corso della vita degli organismi con una certa
plasticità. I neuroni sono classificati in base a:

1) morfologia: numero di prolungamenti che origina dal soma neuroni ,


quindi possono essere unipolari, bipolari, pseudo-unipolari o multipolari

2) funzione: neuroni sensitivi, motori e interneuroni

3) neurotrasmettitore utilizzato: glutammatergici, GABAergici,


dopaminergici

Lezione Z

Scambi neuronali con l’ambiente:


Avviene attraverso il doppio strato fosfolipidico delle membrane neuronali,
nel quale sono inserite proteine integrate di membrana. La permeabilità
delle membrane cellulari è selettiva e variable, in quanto è determinata dalla
sua struttura chimica; sono permeabili a: gas respiratori (CO2 ,O2),
molecole idrofobiche (Benzene), molecole piccole polari (H2O ed etanolo) e
molecole lipidiche (derivati del colesterolo: ormoni). Invece NON sono
permeabili: Molecole polari (Glucosio), ioni o molecole cariche (Sodio,
Calcio, Cloro, Potassio) e amminoacidi o grosse molecole; esse
necessitano di proteine di membrana, spesso polimeriche e con più subunità
(canali, pompe), per passare. La testa dei fosfolipidi costituisce l’elemento
fondamentale di scambio tra le cellule e l’ambiente esterno ed è il principale
regolatore dell’equilibrio omeostatico di ogni cellula. Lo scambio può
avvenire per:

1) flussi passivi: avvengono secondo gradiente di concentrazione (da + a -)


e non richiedono energia

A) diffusione semplice: è un flusso netto di sostanze da un’area a


concentrazione più alta ad una più bassa, che continua fino a quando le
concentrazione non divengono uniformi. La velocità di tale flusso è
proporzionale al gradiente di concentrazione inversamente proporzionale alla
distanza. Inoltre è direttamente correlata alla temperatura (aumenta energia
cinetica) ma inversamente alla grandezza delle molecole. Esso può avvenire
in un sistema aperto o attraverso una barriera tra due sistemi, come la
membrana cellulare; il flusso è direttamente proporzionale alla superficie
della membrana e inversamente alla resistenza e allo spessore.

B) diffusione facilitata: richiede dei trasportatori transmembrana, che


devono essere specifici per il ligando (possibile competitività per il legame) e
possono presentare fenomeni di modificazione allosterica in seguito al
legame (possono sfruttati). La velocità e il flusso di diffusione sono
direttamente proporzionali solo in un certo range di concentrazione, dopo il
flusso raggiunge un plateau, perché si giunge a saturazione. Oltre a
trasportatori e pompe esistono canali ionici, costitutivamente chiusi, che
possono aprirsi in seguito all’interazione con specifiche sostanze chimiche,
(canali ionici a porta chimica), o in funzione delle variazione di stimoli
elettrici (canali ionici a porte elettriche).

2) flussi attivi: avvengono contro gradiente (da - a +) e necessitano di


energia.

A) primario: utilizza ATP e pompe metaboliche per spostare molecole contro


gradiente (es: pompa Na+/K+)

B) secondario: è un cotrasporto che permette di trasportare contro


gradiente, sfruttando come dispendio energetico indiretto, un gradiente di
un’altra sostanza formato grazie ad un dispendio energetico diretto. Può
essere simporto, se vanno nella stessa direzione (pompe sodio
amminoacidi), o antiporto, se vanno in direzioni opposte.

Esistono altri meccanismi di trasporto più complessi che richiedono energia


e permettono di trasferire parte di citoplasma o gruppi di molecole, come
l’esocitosi/endocitosi (scambi di citoplasma) o a pinocitosi (scambi di
piccoli volumi di liquido con qualche sostanza). Essi sfruttano il flusso di
volume, ovvero il movimento di tutte le molecole insieme in un’unica
direzione. Ciò permette il trasporto di molte sostanze per lunghi tratti.

3) flusso di solvente: permette il movimento di acqua attraverso i


compartimenti cellulari, seguendo le forze di pressione osmotica (forze di
attrazione delle molecole di soluto sull’acqua) proporzionali al gradiente di
concentrazione dei soluti; il sistema raggiunge l’equilibrio quando la
concentrazione è isotonica. Se la cellula viene posta in un ambiente
ipotonico, allora essa assorbe acqua e esplode, se invece è ipertonico,
essa espelle acqua raggrinzendo.

Generazione e propagazione del segnale elettrico:


Il segnale elettrico è generato da una specifica distribuzione di cariche tra
l’interno e l’esterno della membrana neuronale, che varia a seconda che il
neurone sia a riposo o eccitato. Questa differenza di cariche è generata da
ioni Na+, K+, Ca2+ e Cl-, ma anche da anioni proteici; sodio, cloro e
calcio sono prevalentemente extracellulari, mentre potassio e anioni
proteici sono intracellulari. Questa differenza di cariche tuttavia non porta
ad una propagazione di un segnale in quanto:

1) I neuroni sono cattivi conduttori, a causa del rapporto sfavorevole tra la


lunghezza e il diametro: infatti il numero di cariche che attraverserebbe la
sezione nell’unità di tempo sarebbe bassa e porterebbe scarsa informazione

2) le membrane neuronali hanno un potere isolante limitato, in quanto


presentato pori costruttivamente aperti: si disperderebbero quindi le cariche

3) le membrane sottraggono una frazione di cariche al flusso


citoplasmatico, non facendole giungere al terminale assonino.

Per far avvenire la trasduzione del segnale c’è bisogno quindi di un


cambiamento delle distribuzioni delle cariche.

Potenziale di membrana:
L’interno della membrana è più negativa rispetto all’esterno di circa 70 mV:
possiamo quindi dire che il valore del potenziale di membrana di un neurone
a riposo è di circa -70mV (cellule muscolari invece circa -90mV). Questo
gradiente elettrico può generare la forza necessaria per muovere le correnti
elettriche; La relazione che lega la corrente I è data dal rapporto tra la
differenza di voltaggio e la resistenza del sistema (I=V/R). Bisogna
sottolineare che ioni carichi non passano attraverso la membrana lipidica ma
possono fluire da canali selettivamente permeabili.

A partire dal potenziale a riposo si possono avere due variazioni possibili:

1) depolarizzazione: quando aumenta il valore del potenziale (verso valori


positivi) per uscita ioni - o entrata ioni +.

2) iperpolarizzazione: quando diminuisce il valore del potenziale (verso


valori negativi) per uscita ioni + o entrata ioni -.

Dopo uno di questi due eventi, per tornare al valore iniziale avviene un
processo di ripolarizzazione. Questo tipo di cambiamenti, intensi e veloci,
del potenziale di membrana si chiamano potenziali d’azione.

Generazione e mantenimento del potenziale di riposo nei neuroni nel


tempo:

Al mantenimento del potenziale di membrana a riposo contribuiscono:

1) permeabilità selettiva delle membrane, determinata dai leakage


channels (pori costitutivamente aperti a riposo)

2) gradienti di concentrazione

3) gradienti elettrici
Questi fattori permettono di mantenere un gradiente elettro-chimico, ovvero
un potenziale di diffusione, tramite un flusso continuo di ioni, nonostante le
cellule sarebbero per natura portate a raggiungere una situazione di
equilibrio (che per i neuroni coincide però alla morte cellulare).

La pompa più importante è quella Na+/K+, che usa ATP per trasferire 3 ioni
sodio all’esterno e 2 ioni potassio all’interno; questo scambio contrasta i
flussi dei rispettivi ioni secondo i gradienti, ma risulta anche leggermente
elettrogenico, poiché non comporta lo scambio ionico è asimmetrico.
Funzionamento pompa: 1) 3Na+ si legano alla pompa. 2) essa viene
fosforilata con ATP e cambia conformazione, virando verso l’esterno e
liberando i 3 sodi. 3) Si portano 2K+ all’interno a seguito di un’altra
fosforilazione e cambiamento conformazione della pompa. 4) si defosforila la
pompa e riinizia il ciclo.

Equazione di Nernst ci permette di predire il potenziale di equilibrio


elettrochimico della membrana per un singolo ione, anche se realisticamente
è una condizione impossibile (es: quelli potassio sono più significativi nel
mantenimento del potenziale a riposo di quelli sodio).

(l’equilibrio è una condizione dinamica, in cui il flusso netto è uguale a zero,


ma lo ione non è statico, continua a muoversi)

Equazione di Goldman permette di definire il potenziale di membrana a


riposo di una cellula considerando la permeabilità e i gradienti di
concentrazione di diversi ioni rilevanti, combinando l’equazione di Nerst per
molteplici ioni. Ci permette di capire il potenziale di membrana a riposo dei
neuroni. A differenza di quella di Nernst non viene inserita la valenza (viene
quindi invertita la concentrazione di cloro)

Lezione 3

Variazioni potenziale di membrana:


Gli stimoli che portano ad una variazione di questo potenziale possono
essere di tipo meccanico, chimico o termico. Essi danno origine a dei
potenziali graduati/locali, ovvero variazioni transienti di intensità variabile
del potenziale di membrana (a livello dei dendriti o nel corpo cellulare), in
punti specifici (diffondono per pochi micron e hanno un’ampiezza variabile)
che corrispondono all’area della membrana neuronale nella quale lo stimolo
è stato applicato e/o rilevato. Se questi potenziali locali avvengono in
determinate circostanze e sono sopra un certo valore soglia, allora si origina
una risposta nel neurone; anch’essa è una variazione del potenziale di
membrana. Questo output neuronale, propagato fino alle cellule bersaglio, è
appunto il potenziale di azione, ma è un evento piuttosto raro.

Questi flussi di carica, attraverso i canali specializzati, sono definibili correnti


ioniche/elettriche, si indicano con I e si misurano in ampere. Un altro
parametro è la conduttanza elettrica, che è indicata con GE, si indica la
misura della facilità con cui uno ione può attraversare la membrana cellulare;
si misura in Siemens. Il suo inverso è la resistenza cioè la misura della
difficoltà con la quale uno ione può attraversare la membrana cellulare; si
misura in ohm.

Una volta generata la corrente elettrica, le cariche si accumulano nel punto


di entrata dei canali e si respingono vicendevolmente, propagandosi nelle
zone adiacenti della membrana per diffusione semplice. Questo processo,
man mano che si procede lungo i neuroni, porta ad una dispersione delle
cariche, fino ad annullarsi (per le ragioni viste prima che rendono un neurone
un cattivo conduttore); il punto in cui il potenziale locale è più alto infatti il
punto di origine.

Affinché si generi un potenziale di azione è necessaria l’integrazione di più


stimoli (sia depolarizzazioni che iperpolarizzazioni), che vengono sommati
algebricamente a livello del monticolo assonale (chiamato anche zona
trigger o cono di emergenza): c’è infatti bisogno che avvenga una
depolarizzazione oltre un certo valore, definito valore soglia, che è intorno ai
-55 mV. Questa zona è funzionale a ciò, in quanto presenta una
composizione chimica specializzata; più precisamente c’è una alta densità di
canali voltaggio dipendenti, normalmente chiusi, che, aprendosi,
determinano delle correnti depolarizzanti.

Posizioni degli stimoli sulla membrana neuronale:


Più si è vicini al monticolo assonale minore sarà la dispersione delle cariche e
quindi più influente sarà l’effetto sulla risposta; quindi affinché si scateni il
potenziale d’azione, è necessario che le depolarizzazioni avvengano vicino
al monticolo, mentre le iperpolarizzazioni no, cosi da far si che la somma
algebrica sia oltre i -55mV.

I potenziali locali possono essere impiegati dal neurone per:

1) tradurre gli stimoli sensoriali in segnali elettrici


2) ricevere informazioni da altri neuroni nelle sinapsi (siti di contatto)

3) indurre un potenziale d’azione (a seguito di somma algebrica nel


monticolo)

Generazione e propagazione del potenziale di azione:


Tale processo è stato studiato da Hodgkin e Huxley su un assone di un
macroneurone di calamaro (1mm di diametro), sottoponendolo a correnti
depolarizzanti e iperpolarizzanti.

Un potenziale di azione, in ciascuna classe di neurone, avviene sempre


uguale a se stesso, non è modulabile, non può avere intensità variabile e
neanche durata. Esso è costituito da una forte depolarizzazione, da -70mV
a +30mV, a cui a cui segue una ripolarizzazione altrettanto veloce, che
magari porta ad una lieve iperpolarizzazione, da +30mV a -80mV; dopo di
ciò, con la riapertura delle pompe prima viste, si ristabilisce il valore a riposo.
(questo evento dura alcuni millisecondi)

Tale processo inizia con un aumento significativo delle concentrazioni di Na+


intramembrana, grazie ad una maggior permeabilità di quest’ultima, ma
anche di K+, anche se più lento; questi incrementi sono transienti. Gli autori
di queste correnti sono i canali ionici voltaggio dipendenti, che sono
altamente specifici per un ione (es: sodio, potassio, calcio…); nello specifico,
quelli maggiormente implicati nella creazione del potenziale di azione sono
quelli K+ e Na+.

1) canali v.d. Na+: si aprono quando il potenziale di membrana raggiunge il


valore soglia e fanno entrare sodio nel neurone. Essi passano tra le tre
conformazioni, attivo (>-55mV)/inattivo (>-70mV <-55mV)/chiuso (-70mV),
repentinamente, seguendo le variazioni di potenziale. La conformazione
inattiva, che non permette il passaggio di ioni pur non essendo ancora
chiusa, viene raggiunta senza necessità di ulteriori stimoli. Questi canali
funzionano anche con un meccanismo a retroazione positiva, che fa si che
l’ingresso di Na+ porti all’apertura di ulteriori canali sodio.

2) canali v.d. K+: si aprono quando il potenziale di membrana raggiunge il


valore soglia e fanno uscire potassio nel neurone, anche se in maniera più
lenta rispetto a quelli sodio, che, in questa fase, DEVONO essere tutti in
conformazione inattiva. Essi sono infatti più semplici, in quanto presentano
sono due conformazioni: aperta e chiusa. L’uscita degli ioni K+ serve a
controbilanciare l’ingresso degli ioni Na+, che hanno depolarizzato l
membrana; questo canale serve quindi a ripolarizzare la membrana. Tuttavia,
visto che sono lenti nei loro processi di apertura e chiusura, la membrana
risulterà lievemente iperpolarizzata (coda di iperpolarizzazione), a causa di
una eccessiva uscita di potassio.

Esistono delle tossine naturali velenose che interferiscono con il


funzionamento dei canali sodio e potassio voltaggio dipendenti:

- la tossina del pesce palla

- altri anestetici locali, come la lidocaina,

- alcune tossine degli scorpioni

Dato che i potenziali d'azione sono sempre uguali a se stessi per ciascuna
categoria di neuroni, il codice che viene utilizzato dal sistema nervoso è un
codice di frequenza, cioè il numero di potenziali d'azione prodotti nell’unità
di tempo (non modulazione di durata e intensità di depolarizzazione). Infatti i
neuroni producono potenziali d’azione con frequenza diversa, alcuni in
maniera disparata, mentre altri in serie. I fattori che determinano ciò sono:

1) Intensità depolarizzazione: ad esempio una lunga può indurre la


produzione di due potenziali di azione in sequenze
2) durata depolarizzazione: una lunga e anche intensa ne può indurre di più

Come si propaga il potenziale di azione:

Un potenziale d’azione che viene propagato lungo l’assone mantiene


sempre la stessa intensità (ampiezza); esso quindi non si disperde
propagandosi, e può raggiungere lunghe distanze (diversamente dal
potenziale locale). I potenziali di azione, a differenza di quelli locali, non si
sommano, questo garantisce il trasferimento fedele delle informazioni dal
monticolo assonale ai terminali del neurone stesso. Ciò avviene grazie a dei
canali per il voltaggio, canali sensibili al voltaggio permeabili al sodio e al
potassio e la pompa sodio potassio, che riequilibra il gradiente di
concentrazione, permettendo la produzione di un successivo potenziale di
azione. La durata e l’intensità degli stimoli ricevuti, si traduce in variazione
della frequenza con la quale i potenziali d'azione vengono prodotti.

Efficienza neuronale:

Vista che la resistenza interna, la resistenza di membrana e la capacità di


membrana risultano importanti nella formazione del potenziale d’azione, per
valutare l’efficienza di un neurone si sono adottati una serie di parametri
misurabili:

1) costante di spazio lambda: corrisponde alla lunghezza nella quale la


variazione iniziale di voltaggio prodotta da un potenziale locale decade al
37% del suo valore iniziale. Lambda corrisponde alla radice quadrata della
resistenza di membrana fratto la radice dell’ambiente esterno dei liquidi
extracellulari più la resistenza citoplasmatica interna, essa è direttamente
proporzionale alla resistenza di membrana e inversamente proporzionale
alla resistenza del citoplasma. Anche il diametro influisce su lambda, in
quanto più è piccolo maggiore sarà la resistenza interna; un ampio diametro
caratterizza un miglior conduttore. Tuttavia la dimensione del diametro
neuronale non può superare un certo valore per motivi di spazio, e quindi per
migliorare la loro efficienza si aumenta la resistenza di membrana, che
porta ad un aumento di lambda. Per fare ciò si riveste gli assoni con la
mielina (SNC=membrane oligodendrocitiche per più assoni / SNP=ogni
cellula di Schwann mielinizza un solo assone)

2) costante di tempo tau: corrisponde al tempo necessario affinché una


certa variazione di voltaggio, indotta da uno stimolo, raggiunga il 63% del
Lezione 4

suo valore massimo; essa è pari al prodotto tra la resistenza di membrana e


la capacità di membrana. Cellule piccole hanno una tau lunga e cellule larghe
hanno una tau corta. Tuttavia variazioni troppo transienti (tau corta), rendono
difficile l’integrazione dei diversi potenziali locali, in quanto finiscono prima
che arrivino gli altri segnali.

Tra due stimoli soprasogliari c’è un periodo, nella quale non si genera alcun
potenziale d’azione, che è definito periodo refrattario; se infatti lo stimolo
successivo avviene in questo periodo esso non darà origine ad una risposta,
nonostante magari raggiunga il valore soglia. Però se si applica uno stimolo
di maggiore intensità rispetto al primo, vediamo che magari il periodo
refrattario diminuisce, pur non scomparendo; possiamo infatti distinguere
due fasi:

1) Periodo refrattario assoluto: è il tempo minimo entro il quale NON si può


produrre mai un secondo potenziale d’azione, qualsiasi sia lo stimolo

2) Periodo refrattario relativo: periodo nel quale si può generare un


potenziale d’azione SOLO SE lo stimolo è molto più intenso di quello
precedente.

Queste due fasi corrispondono a stati funzionali diversi dei canali voltaggio
dipendenti (PRA=canali Na+ inattivi / PRR=canali Na+ chiusi). Questo
sistema fa si che solo stimoli significativi, e quindi con una certa intensità,
inducano una risposta neuronale.

Unidirezionalità del potenziale di azione (PA):


Il periodo refrattario assoluto è ciò che fa si che il verso di propagazione del
potenziale di azione sia univoco, ovvero che viaggi dal monticolo assonale
verso le porzioni più distali dell'assone, sempre con la stessa intensità
anche al variare della distanza, in quanto non è una semplice diffusione, ma
sfrutta sistemi di depolarizzazione più sofisticati. Questa unidirezionalità è
dovuta alle diverse configurazioni dei canali sodio v.d.: infatti la
depolarizzazione del neurone avviene in entrambe le direzioni, ma dal lato del
corpo cellulare troverà questi canali in configurazione inattiva, e quindi nel
periodo refrattario assoluto, mentre nell’altro verso saranno in
configurazione chiusa, e quindi potranno riaprirsi e propagare il segnale. Nel
tempo in cui quelli inattivi saranno tornati in configurazione chiusa, il
potenziale sarà già troppo avanti per produrre una nuova depolarizzazione
efficace all’induzione di una nuova risposta; il nostro potenziale di azione si
muoverà quindi solo in una direzione, quella dei terminali assonali.

Questo meccanismo di propagazione del potenziale è definito


autorigenerativo poiché il potenziale d’azione funziona da stimolo per la
generazione di nuovi potenziali d’azione in porzioni adiacenti, verso la
porzione più distale dell'assone stesso. L’induzione del segnale è quindi un
meccanismo attivo, mentre la propagazione della risposta è passivo.

Guaina mielinica:
Per velocizzare la propagazione del potenziale, gli assoni neuronali sono
ricoperti da una guaina mielinica, ciò permette infatti di:

1) aumentare la resistenza di membrana (aumentare lambda)

2) ridurre la permeabilità della membrana nei i tratti mielinizzati

Essa è composta da avvolgimenti delle membrane plasmatiche delle cellule


della macroglia; per questo motivo esse sono composte da 70% lipidi e
30% proteine, che subiscono un turnover continuo. La guaina mielinica
NON riveste l’intero assone, ma è organizzata in segmenti, chiamati
internodi, che sono a loro volta interrotti dai nodi di Ranvier, zone quindi in
cui l’assone è “nudo”. Dal momento che nei luoghi in cui è presente la
mielina non può avvenire la depolarizzazione, ciò accadrà solo in
corrispondenza dei nodi di Ranvier, producendo un meccanismo di
propagazione, di tipo saltatorio, che provocherà un aumento della velocità.
In questi nodi vi è infatti una alta concentrazione di canali Na+ v.d., che
permettono di produrre dei flussi di cariche che vengono mantenuti costanti,
senza disperdersi, fino al nodo successivo, grazie a queste guaine
mieliniche. Il potenziale d’azione di un nodo funge quindi da stimolo per
quello successivo, in quanto provoca la sua apertura dei canali e la
conseguente depolarizzazione.

Patologie correlate alla mielina:


1) sclerosi multipla: malattia autoimmune, dove il sistema immunitario
attacca in maniera dominante la mielina (e non solo)

2) leucodistrofia: patologie a base genica, producono e causano una


demolizione progressiva della sostanza bianca.

Queste malattie, che provocano una diminuzione della mielina, portano


rallentamento della velocità di conduzione del potenziale e all’incremento
della quantità di energia che si deve usare per produrre e attivare le pompe
Na+/K+ (che cercano di compensare la mancanza di mielina).

Struttura nodi e internodi:

1) i canali del sodio voltaggio dipendenti sono nella porzione nuda della
membrana dell’assone, e quindi nei nodi di Ranvier

2) i canali per il potassio voltaggio dipendenti sono presenti nella porzione


iniziale dell’internodo, già sotto la mielina, chiamata juxtaparanodo.

3) ci sono inoltre una serie di macchinari molecolari:


a) Caspr: fa parte delle contattine, e connette assone e guaina mielinica

b) anchirine: mantengono i canali Na+ nella loro posizione legandoli alle


spectrine
c) neurofascine e gliomedine: legano i canali alla matrice extracellulare
Piccole variazioni della lunghezza del nodo e/o internodo determinano delle
modulazioni della velocità di trasmissione dei potenziali d’azione.

Processo mielinizzazione:

Affinché avvenga la mielinizzazione devono essere presenti due condizioni:

1) I progenitori degli oligodendrociti devono ricoprire tutto il tessuto di un


neurone e toccarsi.

2) E’ inoltre necessario che il diametro degli assoni sia di una certa


dimensione. Solo con un determinato diametro essi possono infatti
instaurare una interazione con i processi degli oligodendrociti, che li
andranno a mielinizzare.

In ogni caso la mielinizzazione avviene in maniera soggettiva per ciascun


individuo, in base a vari fattori. È importante sottolineare che il numero di
nodi si mantiene costante, nonostante l’allungamento dell’assone, in quanto
viene aggiunta guaina mielinica; nell’unità di tempo quindi verrà prodotto
sempre lo stesso numero di potenziali d'azione, ma questi potranno
percorrere una lunghezza maggiore (velocità di conduzione circa 120 m/s).

Alcuni tipi di assoni possono essere divisi in base al diametro, in quanto, se


mielinizzati, presentato uno scambio di sostanze trofiche.

Concentrazione potassio nel sangue:

Le concentrazioni di K+ nel sangue sono importanti in quanto influenzano la


propagazione del segnale:

1) Iperkaliemia: se si ha troppo potassio nel sangue si riduce il necessario


gradiente che dovrebbe esserci tra il dentro e il fuori delle cellule neuronali.

- Si ha quindi già una parziale depolarizzazione, poiché il potenziale di


membrana è più positivo del solito

- Il potenziale di riposo delle cellule eccitabili è quindi più vicino al valore


soglia per scatenare un potenziale d’azione.

- Pericolosa per le cellule del miocardio, poiché l’ipereccitabilità induce un


aumento della frequenza cardiaca

2) Ipokaliemia: se si ha poco potassio nel sangue questo gradiente di


concentrazione aumenta.

- il potenziale di membrana è più negativo e più lontano dal valore soglia,


quindi le cellule diventano eccitabili più difficilmente

- rallentamento della frequenza cardiaca


Lezione s
Sinapsi:
È il punto di contatto funzionale tra due cellule nervose o una cellula nervosa
e una target. Essa è composta da un elemento presinaptico, nel terminale
assonale, e uno postsinaptico, nella cellula target.

Esse si dividono in base:

1) alla localizzazione:

a) asso-dendritiche

b) asso-somatiche

c) asso-assonica

2) alla natura del segnale:

a) elettriche: sono presenti laddove ci siano continuità citoplasmatica tra i


due elementi, ovvero giunzioni comunicanti GAP (formate da due
emicanali connessoni), formate da connessine; attraverso di esse possono
passare acqua, ioni e piccole molecole. È un tipo di comunicazione molto
rapida ma che NON consente unidirezionalità nella propagazione; essa è
inoltre un meccanismo passivo, che non presenta alcun tipo di risposta
misurabile nell’elemento post sinaptico, in quanto la corrente viene poi
dispersa (deve infatti avere sufficiente intensità per passare). La distanza tra
la componente pre e postsinaptica è di circa 3,5 nm; inoltre il terminale
presinaptico è ricco di mitocondri e ciò suggerisce che ciò che accade nel
terminale richiede grande dispendio energetico da parte della cellula (aprire i
canali per permettere flusso passivo). Nei vertebrati esse, solitamente,
servono a collegare i dendriti di alcuni gruppi neuronali che devono agire in
maniera sincronizzata. Esse servono a svolgere lavori quasi automatici o
“istintivi” grazie al fatto di essere estremamente rapide (es: contrazione
diaframma, rilascio inchiostro seppia).

b) chimiche: sono più recenti e caratterizzanti il sistema nervoso di tutti i


vertebrati. Non vi è presente continuità citoplasmatica, e tra i due
componenti è presente uno spazio chiamato fessura sinaptica, lunga
30-50nm. Qui il segnale elettrico, trasportato fino al termine presinaptico,
viene convertito in un segnale chimico, veicolato da un neurotrasmettitore,
che andrà poi a contattare l’elemento postsinaptico. Questi
neurotrasmettitori vengono raccolti in vesciole nel terminale presinaptico e
diffondono nella fessura sinaptica secondo gradiente di concentrazione;
essi raggiungeranno poi dei recettori specializzati, sull’elemento
postsinaptico, con cui interagiranno in modo transiente. Questa interazione
dà origine ad un nuovo segnale elettrico, un potenziale locale, nella cellula
target. A differenza di quella elettrica il passaggio qui non è istantaneo, ma
avviene in 0,3 ms.

I vantaggi di una sinapsi chimica su una elettrica risiedono nel:

1) Uso di ligandi specifici: sinapsi che appartengono a circuiti diversi


possono usare neurotrasmettitori differenti e l’elemento postsinaptico può
usare per la risposta un arsenale (questa piace ad Andrea) di recettori
specializzati, capaci di rilevare la presenza di differenti ligandi
2) Modulazione del segnale: le sinapsi chimiche permettono di modulare la
quantità di informazione e rilasciare diverse quantità di neurotrasmettitori a
seconda della natura del segnale elettrico

3) Plasticità sinaptica: diversi tipi di recettori possono rispondere allo


stesso ligando con risposte differenti nella componente postsinaptica;
posso infatti essere indotti meccanismi di trasformazione della sinapsi, che
possono diventare più o meno sensibile allo stesso ligando.

4) è garantita l’unidirezionalità: grazie alla presenza di un gradiente e di


recettori specifici

Struttura sinapsi chimica:


Esse sono molto più complesse di quelle elettriche, pur presentando sempre
un terminale presinaptico e uno postsinaptico. Nel primo è presente una
zona attiva che contiene strutture specializzate per la trasmissione
dell’informazione e che sporge sulla membrana del terminale; nel secondo è
invece presente una zona di ricezione, caratterizzata da un forte
addensamento di recettori, che si legheranno ai neurotrasmettitori rilasciati. I
recettori si dividono in due classi: ionotropi e metabotropi (guarda dopo).

Terminale presinaptico: è formato da:

1) citoscheletro

2) zona attiva: contiene macchinari molecolari, che regolano la fusione delle


vescicole sinaptiche con la membrana e canali Ca2+ v.d.

3) vescicole: composte da un doppio strato fosfolipidico contenenti


all’interno i neurotrasmettitori. Esse presentano due compartimenti:

a) uno è ancorato al citoscheletro tramite le sinapsine, ed è più distale


rispetto alla zona attiva. Esso è definito pool di riserva

b) uno è prossimo alla zona attiva ed è nominato pool di rilascio

Passaggio segnale elettrico in chimico: il potenziale d’azione, nel


terminale presinaptico, induce una forte depolarizzazione, che a sua volta fa
aprire i canali Ca2+ v.d. della zona attiva; il calcio così entra nel terminale
secondo gradiente. Ciò provoca delle modificazioni alle vescicole dei due
pools:

1) in quello di rilascio provoca la fusione delle vescicole con la membrana,


cosa che permette l’espulsione del neurotrasmettitore.
2) induce invece quello di riserva a raggiungere la zona attiva, così da
sostituire le vescicole appena fuse.

Questi processi richiedono un elevato dispendio energetico, infatti i terminali


presinaptici sono ricchi di mitocondri. Inoltre questi processi di rilascio di
neurotrasmettitore sono accompagnati dalla ricaptazione delle vescicole,
ovvero la loro rigenerazione a partire dalla membrana sinaptica; permette di
risparmiare energia e di mantenere costante il volume della membrana.
Questo processo avviene in diverse modalità, tra le quali la più rilevante è
quella tramite la formazione di un rivestimento di clatrina.

Tramite diversi esperimenti nei quali venivano bloccati i canali Na+/K+ v.d.,
si è capito quindi che non sono tanto queste correnti ioniche a indurre una
risposta postsinaptica, quanto più quella di Ca2+, che permette il rilascio del
neurotrasmettitore. A verifica di ciò sono stati fatti ulteriori esperimenti nei
quali o si inseriva un chelante del calcio, che ne impediva l’interazione con
altre molecole (loss of function: no risposta postsinaptica), oppure lo si
inseriva esogenamente nel terminale dopo aver silenziato il potenziale di
azione, cosa che mimava il normale rilascio del neurotrasmettitore (gain of
function: si risposta postsinaptica). Il rilascio del neurotrasmettitore non è
altro che una esocitosi calcio dipendente, regolata strettamente nel tempo
e nello spazio. Esso è infatti il messaggero secondario di molti pathways
metabolici, e permette fenomeni quali quello della plasticità sinaptica.

Componenti citoscheletriche: le componenti del citoscheletro sono


costituite da filamenti di actina e sinapsine, fosforilate da chinasi calcio
calmodulina dipendenti quando entra il calcio, così da permetterne lo
spostamento alla zona attiva.

Componenti delle vescicole: sono presenti molecole con varie funzioni:

1) interazione vescicole-membrana: sono delle proteine, della famiglia


SNARE, chiamate SNAP receptors (SNAP= soluble NFS attachment protein
/ NFS= ATPase sensible N-etilmaleimide). Queste proteine possono stare sia
sulla vescicola, come la sinapto-tagmina e la sinapto-brevina, sia sulle
membrane, vicino ai canali v.d., come la SNAP 25 e la sintaxina
(sintassina). L’interazione attiva avviene tra la sinapto-brevina e il
complesso costituito da SNAP 25 e sintaxina, il livello successivo prevede
l’interazione della sinapto-tagmina con il complesso creatosi in precedenza
(priming). L’interazione tra questi componenti permette l’esocitosi del
neurotrasmettitore.

Modalità di fusione delle vescicole: sono molteplici e si dividono in:

1) poco fuse: vengono immediatamente ricaptate nel terminale e portano


alla formazione di un piccolo poro per il neurotrasmettitore (kiss and run)

2) più fuse: è un meccanismo più lento che porta alla formazione di un poro
di dimensioni maggiori; anche la vescicola viene ricaptata più lentamente.

Riempimento vescicole: dopo essere sta ricaptate, si disgrega il


rivestimenti di clatrina e esse vengono riempite con il neurotrasmettitore;
esso avviene in due stadi:

1) Un trasportatore, che è una pompa protonica ATPasica, pompa ioni H+


dentro le vescicole contro gradiente

2) Un trasportatore di membrana, presente sulla membrana delle vescicole


stesse, scambia, per antiporto, gli H+ con molecole di neurotrasmettitore
sintetizzate in modo libero nel terminale sinaptico; le quantità sono fisse e
ben determinate.

Il turnover di una vescicola è piuttosto lento, dura circa 1 minuto.

Classi di neurotrasmettitori:

1) Classici: sono prodotti nei terminali sinaptici, sono a basso peso


molecolare e permettono una trasmissione sinaptica rapida. Sono piccole
molecole derivate o costituite esse stesse da amminoacidi, come
Glutammato, Glicina, GABA, Acetilcolina, Istamina, Serotonina,
Noradrenalina, Adrenalina e Dopamina.

2) Neuropeptidi: sono prodotti nel corpo cellulare del neurone (e in seguito


portati al terminale per trasporto attivo) e agiscono nella modulazione di
risposte rapide, come la regolazione dei ritmi circadiani. Essi sono piccoli
peptidi che vengono inglobati in granuli di secrezione e trasportati al
terminale, ne fanno parte: ormoni come il glucagone e la calcitonina,
neuroormoni ipotalamici, come TRH e CRH, peptidi del sistema digerente
come CCK, VIP e sostanza P e peptidi oppioidi, come le encefaline e le
endorfine.

Le vescicole che contengono i neurotrasmettitori classici sono piccole e


trasparenti, le vescicole che contengono neuropeptidi sono più grandi e
scure. A differenza delle vescicole per i neurotrasmettitori classici, quelle dei
neuropeptidi vengono attivate solo in seguito a un treno di potenziali di
azione ad alta frequenza che provoca un maggior flusso di Ca2+, in quanto
sono posizionate più distalmente. Il rilascio del neuropeptide può essere
quindi disaccoppiato dal rilascio del neurotrasmettitore classico, presente
nello stesso terminale (in seguito a un segnale non forte). Il rilascio del
neuropeptide, inoltre, NON avviene di fronte alla fessura sinaptica, e quindi
nella zona attiva, ma in porzioni distali e laterali del terminale; cosa che
permette il coinvolgimento di più neuroni localizzati nelle aree adiacenti.

Principio di Dale–Eccles: Un neurone libera lo stesso tipo di


neurotrasmettitori da tutti i suoi terminali sinaptici, potendoli comunque
variare nel corso della sua vita.

Destino neurotrasmettitore dopo il rilascio:


Una volta che il neurotrasmettitore, captato dai recettori specifici, ha indotto
la risposta nell’elemento postsinaptico, per evitare il perdurare del segnale,
hanno luogo diversi meccanismi:

1) esso può essere ricaptato dalle cellule gliali circostanti e venir ritrasferito
al terminale presinaptico

2) può passare all’interno del sangue

3) può essere degradato da enzimi specifici (es: acetilcolina esterasi


scinde l’acetilcolina in colina e acetato)

4) Una parte del neurotrasmettitore è direttamente captata dal terminale


presinaptico
Questi meccanismi possono essere inibiti da alcuni farmaci specifici con
l’obiettivo di aumentare la concentrazione di alcuni neurotrasmettitori a livello
delle sinapsi (es: antidepressivi inibiscono il riassorbimento della serotonina,
gli inibitori delle MAO inibiscono la sua degradazione e di altri
neurotrasmettitori delle ammine biogene).

Classi di recettori:
1) Ionotropi: nel momento in cui avviene l’interazione con un ligando
specifico, si trasformano in canali, aprendo il proprio poro centrale (sono
infatti detti a porta chimica). Questi recettori non presentano
amplificazione e hanno come mediatori i soli neurotrasmettitori.

Un esempio è quello dei recettori nicotinici per l’acetilcolina, presenti nelle


giunzioni neuromuscolari: questi aprono il poro a seguito dell’interazione
con 2 molecole del neurotrasmettitore, permettendo il passaggio di ioni Na+
(di più)/K+, affinché si generi la depolarizzazione nella membrana
postsinaptica. I canali permeabili ai cationi inducono una depolarizzazione
(ad eccezione del K+) e quindi una risposta eccitatoria, mentre quelli per gli
anioni determinano una iperpolarizzazione e quindi una risposta inibitoria.

2) Metabotropi: nel momento in cui arriva il ligando interagiscono con una


proteina G e danno luogo ad una via di secondi messaggeri che porta
diversi effetti, tra cui variazioni del potenziale di membrana (attraverso
meccanismi di fosforilazione dei recettori ionotropi), interazione genica o
l’induzione di enzimi. Le risposte sono più lente nella loro attivazione rispetto
agli ionotropi, ma sono più durature. Non si limitano infatti alla zona della
membrana dove il recettore è espresso e interagisce con il ligando, ma
possono portare a modificazioni che avvengono dentro la cellula
postsinaptica (in distretti o organelli fino a raggiungere il nucleo). Visto il
numero di modulatori implicati, questi recettori permettono di amplificare e
modulare le risposte e non solo (plasticità sinaptica).

Integrazione dei segnali sintetici:


Le sinapsi, che ricoprono i neuroni, possono essere localizzate o a livello del
corpo cellulare o su delle spine (protrusioni specializzate, Es: sinapsi
glutammatergiche a livello delle spine dendritiche), che soggette a
costante turnover e cambio morfologico. L’integrazione avviene attraverso
diversi principi:

1) Sommazione spaziale: quando si integrano potenziali locali, sui diversi


siti, per somma algebrica

2) Sommazione temporale: quando si integrano i potenziali locali che si


susseguono nel tempo, purché siano ravvicinati

Entrambe queste sommazioni facilitano il processo di generazione del


potenziale di azione.

3) inibizione presinaptica/assoassonica: serve per evitare che venga


rilasciato il neurotrasmettitore all’ultimo momento, blocca l’effetto di
depolarizzazione portato dal potenziale d’azione, impedendo l’apertura dei
canali del calcio.

Funzioni neurotrasmettitori:

Lezione 6
Affinché una molecola venga considerata un neurotrasmettitore essa deve
avere tre requisiti:

1) devono essere contenute in vescicole sinpatiche a livello del terminale

2) devono essere liberate, all’arrivo di un potenziale di azione, nello spazio


sinaptico (e non solo)

3) L'applicazione della molecola in un sistema sperimentale di manipolazione


del signalling, con agonisti e antagonisti deve:

- mimare l'azione del neurotrasmettitore stesso nella cellula target

- bloccare l'azione del neurotrasmettitore

Circuiti sinaptici fondamentali:

Sono organizzati secondo due principi:

1) Divergenza: una stessa informazione captata da un certo neurone viene


distribuita in parallelo a più circuiti per essere elaborata in parallelo da più
circuiti

2) Convergenza: più informazioni vengono convogliate su gruppi di neuroni
specifici, che poi trasmettono il comando effettore agli organi predisposti

Essi si dividono in due tipi:

1) con connessioni punto-punto: Mediano azioni rapide e sono destinati al


trasferimento di informazioni sensoriali e di comandi motori, utilizzando
prevalentemente GABA, glutammato e acetilcolina (per connessioni tra i
motoneuroni, localizzati nel SNC, e le loro cellule bersaglio). Essi sono
organizzati topograficamente in maniera molto precisa, in base ai segnali
che devono captare e trasdurre; Es: sensibilità cutanea e movimento sono
elaborati a livello dell’homunculus sensoriale, posto sulla corteccia
sensitiva primaria.

2) a proiezione diffusa: non presentano una topografia ordinata della


connettività, come quella punto-punto; essi originano da piccoli gruppi di
neuroni, localizzati in zone discrete del SNC, che hanno degli assoni che
diffondono in praticamente tutto il SNC. Essi rilasciano neurotrasmettitori
specializzati (dopamina, serotonina e acetilcolina) che modulano
contemporaneamente diverse funzioni. Questi circuiti aumentano o
diminuiscono l’attività di diverse regioni cerebrali, esercitando anche una
regolazione sui sistemi basati su connessione punto-punto.

Circuiti punto-punto:
1) Trasmissione eccitatoria/glutamatergica: il neurotrasmettitore è il
glutammato, che è riconosciuto da tre tipi di recettori ionotropi (AMPA,
NMDA e Kainato), ma anche 3 metabotropi (classe I, II e III). Dopo che il
glutammato è stato recepito, esso verrà recuperato dagli astrociti che lo
trasformano in glutammina e, tramite SAT, verrà riportato nel neurone; esso
verrà ripristinato in glutammato grazie alla glumaminasi. VGLUT (vescicular
Glu transporter, i più importanti sono VGLUT1 e VGLUT2) lo trasportano poi
all’interno delle vescicole.

Per quanto riguarda i recettori ionotropi, essi sono tetramerici e presentano


differenze per quanto riguarda la permeabilità e la selettività:

- AMPA: permeabile a Na+ e K+. La selettività del poro è regolata tramite un


filtro specifico M2

- Kainato: permeabile a Na+ e K+

- NMDA: permeabile a Na+, K+ e Ca2+. Può essere modulato da glicina,


ione magnesio, che ha un sito di legame dentro il poro, e altre molecole. Il
Mg chiude i canali fino a quando è presente e, avendo carica positiva,
depolarizza già leggermente i neuroni. L’interazione con il glutammato può
favorire l'apertura, poiché la depolarizzazione della membrana causata
dell'apertura dei recettori AMPA o kainato spiazza l’interazione tra il
magnesio e il poro di questi canali-recettori, che dunque si aprono
completamente e fanno passare i cationi al loro interno. Con l’apertura dei
recettori NMDA, l'ingresso del Ca2+ produce delle depolarizzazioni molto
potenti nella cellula bersaglio e tipicamente innesca dei meccanismi di
plasticità sinaptica.

2) Trasmissione inibitoria/gabatergica: essa è mediata dal rilascio di


GABA e glicina, che vengono recepiti da recettori ionotropi e metabotropi
(B1 e B2); entrambi questi recettori portano ad una iperpolarizzazione delle
membrane, inibendo la formazione del potenziale d’azione.

- metabotropi: sono permeabili al K+

- ionotropi: sono pentamerici e permeabili al Cl-. Sono strutturalmente simili


a quelli per l’acetilcolina e presentano: dei domini transmembrana e una
porzione extracellulare N terminale, che lega il neurotrasmettitore. Per
aprire uno di questi canali sono necessarie due molecole di GABA e anche in
questo caso ciò che stabilisce la selettività è la porzione M2. I recettori per la
glicina hanno una permeabilità superiore, cosa che li rende più inibenti.
Anche in questo caso il GABA viene ricaptato dagli astrociti e trasportato al
terminale tramite delle GAT; per quanto riguarda invece la glicina essa
subirà un meccanismo diverso. Si hanno dei trasportatori specializzati, sia
gliali che del terminale, che la ricaptano. Essa può derivare dal glucosio
attraverso l’intermedio serina, che viene trasformata in glicina attraverso
una idrossimetiltransferasi.

Ci sono alcune molecole che favoriscono il mantenimento del stato aperto


dei canali GABA, agendo come inibitori del sistema nervoso:
benzodiazepine, barbiturati, steroidi e alcool.

Non sempre i recettori ionotropi GABAergici mediano delle azioni inibitorie.


In realtà, durante lo sviluppo dei neuroni, cioè in fasi immature del loro
funzionamento, agiscono come degli eccitatori, in quanto inizialmente il Cl- è
concentrato maggiormente intracellularmente (con l’apertura dei canali
quindi esce e porta a depolarizzazione).

Circuiti a proiezione diffusa:


Si dividono in:

-Sistema noradrenergico, che usa la noradrenalina e i suoi derivati


-Sistema dopaminergico, che usa la dopamina

-Sistema serotoninergico, che usa la serotonina

-Sistema istaminergico, che usa l'istamina

-Sistema colinergico, che usa l'acetilcolina

I primi quattro recepiscono le amine biogeniche, e i primi due recepiscono


anche le catecolamine; esse derivano dalla tirosina, che subisce l’azione di
una tirosina idrossilasi, che produce un intermedio chiamato DOPA. Essa
viene decarbossilata da una DOPA decarsbossilasi divenendo Dopamina,
sulla quale agisce una dopamina idrossilasi, che la rende noraadernalina
(norepinefrina); infine agisce una metiltransferasi che crea adrenalina
(epinefrina).

Questi circuiti coordinano simultaneamente diverse risposte integrate,


regolando funzioni complesse, come l'apprendimento, i ritmi circadiani, lo
stato di veglia, il livello di attività del sistema nervoso, l'attenzione e
l'elaborazione delle emozioni. Loro alterazioni portano a patologie come
depressione, Parkinson, la schizofrenia e l'Alzheimer.

Neuroanatomicamente essi presentano una innervazione molto diffusa e


contatti sinaptici con l’SNC stesso; questi contatti non sono presenti a livello
del terminale ma lungo le ramificazioni dell’assone (sono detti diffusi).
Questa diffusione laterale, più estesa rispetto a quelli punto-punto,
favorisce un'azione e una modulazione molto ampie su tanti neuroni target.

L'effetto inibitorio o eccitatorio di questi circuiti non dipende dal numero di


subunità dei recettori, ma dai residui amminoacidici che sono presenti nella
porzione M2.

1) circuiti noradrenergici: la noradrenalina è un neurotrasmettitore


eccitatori che è stato visualizzato poiché emette fluorescenza (come
dopamina). Questi circuiti originano dal locus coeruleus, una porzione del
tronco encefalico; gli assoni si diffondono in quasi tutto il SNC. Gli effetti
che induce sono:

- attivazione dell’attenzione verso stimoli (agendo su neuroni talamici)

- aumento stato di veglie e allerta

- regola ritmi circadiani

- Promozione dell'apprendimento
- Promozione dei fenomeni di plasticità sinaptica
- Regolazione dello stato emotivo, modulando lo stress e l'ansia
- Controllo dell'umore, nel senso di gratificazione

- Regolazione dell'attività del sistema nervoso autonomo e delle risposte


riflesse
Presentano dei recettori adrenergici, che sono metabotropi attivanti o
inibitori appartenenti alle famiglie alfa (1 e 2) e beta. Gli alfa 1 mediano
depolarizzazioni lente, inibendo i canali K+, mentre gli alfa 2 mediano
iperpolarizzazioni lente, aprendo i canali K+. Questi recettori sono associati a
pathways presentanti enzimi come: fosfolipasi C, adenillil ciclasi e altri che
modulano le concentrazioni di Ca2+.
Gli enzimi che degradano la noradrenalina sono: a livello del terminale
presinaptico, nei mitocondri, la MAO (mono-ammino-ossidasi), mentre a
livello postsinaptico, nel citoplasma, la COMT (catcol-O-metiltransferasi).

2) circuiti dopaminergici: coprono diverse vie di proiezione e originano da


gruppi di neuroni localizzati nella sostanza nera e nel nucleo ventrale
tegmentale; sono presenti quindi in profondità del tronco. Questi recettori
possono essere sia postsinaptici che presinaptici, cosa che permette una
modulazione a livello del terminale stesso; essi sono tutti metabotropi e si
dividono in 3 famiglie:

- D1: che attivano l’adenilil ciclasi



- D2: che inibiscono l’adenilil ciclasi

- D5: che attivano dell’adenilil ciclasi

Tra i fasci di assoni uscenti dai neuroni dopaminergici troviamo:

- fascio nigrostriatale: parte dalla sostanza nera e arriva allo striato, una
porzione profonda dell’encefalo. Permette il controllo dell’inizio del
movimento volontario e sue alterazioni provocano il Parkinson, in cui si ha
una degenerazione dei neuroni che costituiscono la sostanza nera.
- fascio mesolimbico: parte dalla regione del segmento ventrale e raggiunge
la corteccia frontale. Si connette anche con amigdala e nucleus
accumbens, coinvolti nella regolazione di comportamenti emotivi; anche
con l’ippocampo, sede di alcune tipologie di memoria. Questo fascio
costituisce il sistema mesolimbico, che regola comportamenti quali paura,
percezione, percezione sensazioni emotive, apprendimento e comportamenti
immotivati (come bere se hai sete…e che cazzo dovrei fare scusa). Un altro
fascio raggiunge l’area prefrontale e regola aspetti si pensa legati alla
schizofrenia. E’ molto difficile modulare l’attivazione o inibizione di questi
recettori dopaminergici, perchè, oltre ad essere complessi, vanno incontro
anche a fenomeni di compensazione, ovvero che, se iperstimolati, danno
luogo a reazioni compensatorie per cui la loro espressione viene diminuita e i
farmaci perdono di efficacia. L’anfetamina potenzia il rilascio di dopamina e,
visto che viene associata a sensazione di gratificazione, quest’ultima è stata
considerata per molto tempo il neurotrasmettitore del piacere. Avviene un
aumento di dopamina nel momento in cui si ingerisce del cibo, cosa che ci
fa aumentare il senso di gratificazione (sistema reward)

- sistema ipotalamo-pituitario: è un fascio di fibre che raggiunge


l’ipotalamo e regolano il rilascio di ormoni come prolattina e GH.

3) circuiti serotoninergici: sono nove gruppi di neuroni, situati tra il ponte e


il mesencefalo, che si proiettano per tutto l’SNC. Il gruppo di neuroni più
anteriore modula, attraverso il rilascio della serotonina, il funzionamento dei
circuiti sensoriali, percezioni sensoriali a livello del SNC, il ciclo sonno veglia,
i comportamenti alimentari (sazietà), il comportamento riproduttivo e
l'aggressività e l'umore (disfunzioni associate alla depressione, si
contrastano con un incremento della concentrazione). Il gruppo di neuroni
più posteriore, a livello del bulbo, è un regolatore della funzione dei circuiti
sensoriali e modula anche quelli nocicettivi, quindi media la percezione del
dolore. La serotonina deriva dal triptofano, i suoi canali possono essere sia
ionotropi che metabotropi e presenta enzimi degradativi, come MAO
(bersaglio del farmaco fluoxetina), e di reuptake, come SERT (bersaglio di
farmaci come esipramina e maprotilina). Tutti questi enzimi possono essere
regolati sia al fine di incrementare la concentrazione di serotonina sia al fine
di ridurla.

4) circuiti colinergici: è un circuito, localizzato tra i motoneuroni e le cellule


muscolari scheletriche, che sfrutta l’aceticolina come neurotrasmettitore. Il
nucleo basale di Meynert è uno dei gruppi di neuroni che produce questo
neurotrasmettitore, e permette di regolare il ciclo sonno-veglia; lesioni a
questo gruppo di neuroni porta a fenomeni di letargia o eccitazione, ma
anche a patologie quali Alzheimer. Un secondo gruppo di neuroni in grado
di produrre acetilcolina è quello del nucleo mediale settale, in una porzione
molto centrale del sistema nervoso centrale; esso si proietta nell’ippocampo
(e non solo), modulando i meccanismi di apprendimento e memoria. Un terzo
gruppo di neuroni è il complesso pontomesencefalotegmentale, che
modula fenomeni percettivi e ritmi circadiani.

I recettori per l’aceticolina, che variano a seconda degli organi interessati,


possono essere:

- ionotropi, come i nicotinici: sono pentamerici e simili a quelli per il GABA:


necessitano infatti di due acetilcoline per aprire il canale, che produce
depolarizzazioni molto intense nella giunzione neuromuscolare (+70 mV), e
altre meno intense nel SNC (+ 1 mV). Quando 2 molecole di acetilcolina
interagiscono con il recettore nicotinico, causano un cambiamento
conformazionale del recettore stesso che, aprendosi, crea delle correnti di
ingresso di sodio maggiori alla corrente in uscita di potassio, facendo sì che
la membrana della placca motrice si depolarizzi.

- metabotropi, come i muscarinici: sono importanti per la modulazione


della contrattilità delle cellule muscolari cardiache e vascolari, localizzate in
tutti i distretti corporei; essi possono indurre sia contrazione che
rilassamento. Essi sono anche presenti a livello del’SNC, come nello striato,
dove sono antagonisti della dopamina; nell’ippocampo sono invece
eccitatori e favoriscono i processi di memorizzazione.

Sono presenti degli enzimi di degradazione, quali l’acetilcolina esterasi, che


la degrada in colina, che viene ricaptata da trasportatori e mandata al
terminale presinaptico, e acetato. La colina viene ricombinata con
acetilCoA, derivante dal glucosio, a formare di nuovo acetilcolina.

Tossina recettori acetilcolina:

1) botulinica: è una metallo proteina che presenta, nel suo dominio


catalitico, lo zinco; ciò permette di attuare tagli proteolitici a livello delle
SNARE, inattivandole e impedendo la fusione tra vesciole contenenti il
neurotrasmettitore e la membrana. Presenta anche un dominio di
traslocazione, che favorisce la mobilitazione di tale tossina fino all’SNC; un
dominio di legame favorisce poi l’ingresso della tossina all’interno delle
membrane dei terminali neuronali. Essa è prodotta dal clostridium botulinum,
che come effetti porta a paralisi muscolare, in quanto i neurotrasmettitori non
verrano rilasciati, inducendo un segnale di risposta; essa ha infatti
prevalentemente effetto sulle sinapsi colinergiche, in particolare a livello del
muscolo scheletrico.

2) tetanica: viene prodotta dal clostridium tetani, presente nel tratto


gastriintestinale di animali erbivori; all'interno dell’organismo, queste spore si
riprodurranno e verranno tagliate in subunità generando la tetanolisina e la
tetanospasmina. Quest’ultima lega i gangliosidi che, invescicolata la
tossina, la portano, tramite il sistema linfatico, fino ai terminali assonici; esse
verrano qui endocitate e andranno a fare un taglio zinco proteolitico a livello
delle SNARE di vescicole contenenti neurotrasmettitori inibitori. Si ha
quindi una sovreccitazione dei circuiti attivatori e, quindi, una esagerata
contrazione del muscolo.

3) curaro: è una tossina vegetale che blocca i recettori nicotinici

4) atropina: blocca i recettori muscarinici (permette di dilatare la pupilla)

lezione 7
Sistema somatomotore:
È un sistema costituito dai neuroni motori, i cui corpi cellulari sono localizzati
all’interno del midollo spinale, e il bersaglio è il muscolo scheletrico. Gli
assoni, che sono molto estesi, viaggiano attraverso i nervi periferici e
formano la sinapsi neuromuscolare, che come neurotrasmettitore presenta
l’’acetilcolina. L’unità motoria è costituita da un singolo motoneurone che
innerva molteplici fibre muscolari dello stesso tipo, il cui numero dipende
dal tipo muscolare (da poche unità a diverse migliaia); essa corrisponde alla
minima unità contrattile di un muscolo. Le strutture delle giunzione
neuromuscolare sono a rete interrotta (pretzel) e gli assoni dei motoneuroni
di questo sistema sono mielinizzati dalle cellule di Schwann. La cellula
muscolare è costituita da una serie di invaginazioni, chiamate Pliche, che
aumentano la superficie di ricezione per il neurotrasmettitore; all’apice di
queste strutture sono presenti molteplici recettori nicotinici, che le rendono
particolarmente sensibili al rilascio di acetilcolina e quindi portano a una
elevata depolarizzazione (+70 mV). Il senso funzionale di tale intensità è di
produrre un comando di contrazione per ciascun evento sinaptico che
avviene nella giunzione neuromuscolare.

Fisiologia muscolare:
1) Le cellule muscolari scheletriche sono dei sincizi, ovvero sono
composte da elementi distinti fusi, striati e multinucleati.

La loro membrana si chiama sarcolemma ed è messa in continuità con il


reticolo sarcoplasmatico (deposito di ioni Ca2+) tramite i tubuli T (che
sono invaginazioni del sarcolemma ricoperti da mucopolisaccaridi a carica
negativa). Il reticolo sarcoplasmatico si trova in stretta contiguità (li
avvolge) con una serie di filamenti chiamati filamenti sottili, che sono quelli
di actina, i cui monomeri formano catene che si avvolgono l’un l’altra, e
filamenti spessi, che sono costituita da fasci di miosina, presentanti una
lunga coda e una testa globulare. Essi si organizzano a formare il
sarcomero, che è l’unità contrattile: qui le code di miosina interagiscono
nella zona H, mentre i filamenti di actina sono connessi tramite un disco z.
Questi due elementi mantengono in relazione i monomeri dei filamenti sottili
e spessi in modo tale che essi possano scorrere gli uno sugli altri all’intento
del sarcomero, provocandone una variazione nella lunghezza. Ci sono
anche altre molecole che regolano l’interazione tra monomeri di actina e le
teste globulari di miosina, che sono la tropomiosina, la troponina, la titina
e la nebulina. I Tubuli T, Reticolo sarcoplasmatico e sarcomero
costituiscono la triade funzionale delle cellule muscolari scheletriche. La
contrazione, che consiste in un accorciamento del sarcomero, è dovuta allo
scorrimento dei filamenti di actina trainate dalle teste globulari di miosina;
questo fenomeno di scorrimento prende il nome di ciclo dei ponti
trasversali:

- Nella prima fase c’è una relazione tra la testa della miosina (a 45 gradi
rispetto al filamento spesso) e la molecola numero 1 di actina; questo
legame forte vene definito stato di rigor.

- Se è presente ATP, questo legame è reso instabile dal punto di vista


energetico: la miosina infatti possiede un’attività ATPasica, in grado di fare
idrolisi di ATP. Facendo ciò si produce energia, liberando ADP + P, che
permette alla miosina di cambiare forma, facendo avanzare la propria testa
sull’actina 2.

- Una volta legata, si perde il gruppo fosforico, cosa che riporta la struttura
a ripiegarsi su se stessa e a riformare un angolo di 45 gradi: questo
meccanismo è definito colpo di frusta.

- Fatto ciò si rilascia l’ADP e il ciclo può ripartire nuovamente; se però non è
presente ATP, la testa di miosina rimane attaccata ad una molecola di
actina, provocando un fenomeno definito rigor mortis.

Oltre all’ATP, a svolgere un ruolo fondamentale nel processo di contrazione


c’è il Ca2+ citosolico; esso infatti è in grado di spiazzare la troponina e la
tropomiosina, che, in assenza di contrazione, mascherano i punti di
interazione, sull’actina, con la miosina. Se infatti giunge uno stimolo di
contrazione, aumenta la concentrazione citosolica di Ca2+ libero, che
interagisce con la troponina, modificandone la forma e inducendone l’uscita
dal sito, insieme alla tropomiosina. Questo aumento di calcio è dovuto da
un potenziale di azione proveniente dal motoneurone, che, recepito da
recettori nicotinici, viene trasdotto alle cellule muscolari grazie a canali
cationici v.d.; questa depolarizzazione della membrana cellulare muscolare
prende il nome di potenziale di placca (è SEMPRE soprasogliare). Una volta
arrivata alla membrana delle cellule muscolari, questa depolarizzazione
viaggia attraverso i tubuli T e va ad attivare dei recettore sensibili alla
diidropiridina (DHP) v.d. che, cambiando forma, modificano il
funzionamento dei canali calcio del reticolo sarcoplasmatico, chiamati
canali rianodinici. Ciò porta alla fuoriuscita di calcio nei tubuli t, che sono
rivestiti negativamente, e al processo di accorciamento del sarcomero. Non
appena però il calcio verrà rilasciato, si attiveranno anche delle pompe che,
spendendo energia, riporteranno il calcio dentro il reticolo sarcoplasmatico,
evitando di avere una contrazione continuata. Questo macrocomplesso
proteico contiene anche la distrofina che, se mutata, porta a degenerazione
delle cellule muscolari scheletriche, come buchi nel sarcoplasma,
provocando distrofia muscolare.

Metabolismo energetico muscolo:


I muscoli scheletrici sono ricchi di molecole energetiche, quali glucosio,
sotto forma di glicogeno, e fosfocreatina, che permette di creare ATP in
maniera estremamente veloce grazie alla creatinachinasi; questo secondo
meccanismo permette però di fare uno sforzo per soli pochi secondi, dopo i
quali subentrano meccanismi più lenti ma duraturi come krebs e
fosforilazione ossidativa. Per attività intense abbiamo invece processi di
glicolisi. (Dettagli su sbobine)

Esistono due tipologie di cellule muscolari, alcune implicate in uno sforzo


rapido e intenso e altre in uno sforzo duraturo; questo ci permette di
distinguere due tipologie di fibre:

1) rapide glicolitiche: hanno grandi dimensioni, pochi mitocondri, molti


enzimi glicolitici, pochi capillari intorno (no hanno bisogno di O2), la miosina
è veloce nel idrolizzare ATP, non hanno mioglobine e perdono di efficacia
velocemente poiché, producendo acido lattico, inibiscono alcuni enzimi a
causa dell’abbassamento del PH.

2) lente ossidative: hanno piccole dimensioni, molti mitocondri, pochi


enzimi glicolitici, molti capillari (perchè necessitano di O2), la miosina è lenta
a rompere ATP, c’è molta mioglobina e producono poco acido lattico.

Si potrebbe aggiungere una ulteriore classe di fibre rapide ma resistenti alla


fatica. Queste 3 divisioni si basano sulle diverse forme di miosina, la diversa
densità dei vasi e la presenza di un metabolismo anaerobio; comunque
all’interno di una unità motoria le fibre hanno le stesse attività metaboliche,
e il reclutamento di tali fibre, in base all’attività che si sta svolgendo, è
progressivo.

L’intervallo di tempo che intercorre tra la generazione del potenziale


d’azione e l’avvio della contrazione muscolare è abbastanza lungo, ovvero
8 ms. Una contrazione muscolare individuale che segue un singolo
potenziale d’azione può sviluppare una forza di tensione muscolare che dura
tra i 10 ms e i 100 ms a seconda del tipo di fibre che sono presenti nel
muscolo. Per ciascun potenziale d’azione segue dunque una risposta
discreta costituita da una contrazione muscolare che ha una densità e una
durata che dipendono dalle variazioni della concentrazione citoplasmatica di
Ca2+, dal substrato energetico e dai macchinari che vengono messi in
azione nella cellula muscolare stessa; in sostanza il metabolismo energetico
dei muscoli si adatta al tipo di sforzo al quale ci sottoponiamo. Il singolo
potenziale d’azione che genera una contrazione muscolare è definito scossa
semplice. Se invece insorgono più potenziali di azione di fila, prima che si
sia ristabilito l’equilibrio a livello del calcio, si ottiene un contrazione
maggiore, in quanto i livelli di calcio fluttuano, ma non si ripristinano mai
(questa fase si chiama tetano incompleto); se aumenta ancora la frequenza
dei potenziali, si arriva poi ad una condizione in cui la concentrazione di
calcio è massima e perdurante, cosa che non fa cessare la contrazione che
si stabilizza al suo massimo (questa fase si chiama tetano).

Fatica muscolare: è composta da due componenti:

1) centrale: che può essere psicologica o determinata da riflessi protettivi, a


seguito di sforzo eccessivo

2) periferica: può essere costituita da difetti della giunzione neuromuscolare


o da problemi di carattere metabolico (effetti acido lattico o deplezione
glicogeno)

2) Le cellule del muscolo cardiaco sono striate e mononucleate, quindi


NON sono sincizi e sono inoltre connesse tra di loro tramite sinapsi
elettriche e quindi giunzioni comunicanti; tuttavia anche ormoni specifici,
quali adrenalina e noradrenalina, possono influenzare la frequenza delle
contrazioni cardiache. Queste cellule presentano tutti i componenti per fare il
potenziale d’azione e la contrazione muscolare, ma sono potenziati
affinché lo stimolo sia più rapido e modulabile (andamento oscillatorio della
contrazione cardiaca). Nelle cellule cardiache la contrazione è lenta è dura
tanto quanto il potenziale d’azione (poiché si inattivano i canali sodio v.d.):
ciò è importante perchè così facendo si ottiene un allungamento del periodo
refrattario assoluto (che dura appunto quanto una contrazione) e ciò evita
un accavallamento degli stimoli che porterebbe alla fase di tetano; se infatti
ciò avvenisse il cuore, che alterna momenti di contrazione a momenti di
rilascio, si pianterebbe.

Infarto: avviene quando le cellule cardiache si disconnettono, ma, essendo


capaci di inviare segnali elettrici autonomamente (pacemaker), inducono la
produzione di potenziali di azione non coordinati, provocando contrazioni
scoordinate e mandando il cuore in fibrillazione.

Lezione 8
3) Le cellule del muscolo liscio non presentano striature, perchè non hanno
dei sarcomeri, e hanno una specifica organizzazione del citoscheletro. Esse
sono innervate dal sistema nervoso autonomo e sono caratteristiche degli
organi cavi; si raggruppano in fibre muscolari piccole e a contrazione lenta,
cosa che permette anche di risparmiare energia. Esse si dividono in due tipi:

- unitario: sono cellule individuali mononucleate, collegate le une con le


altre da giunzioni comunicanti (GAP), ovvero sinapsi elettriche. Questo tipo
di cellule, che si raggruppa in sincizi, presenta una attività spontanea: alcune
di esse hanno infatti un potenziale di membrana fluttuante (es: cellule
intestinali che producono onde peristaltiche). Questo tipo di cellula si può
anche contrarre in risposta ad uno stimolo meccanico, ovvero uno
stiramento; questo è un meccanismo di autoregolazione.

- multiunitario: non sono connesse da giunzioni comunicanti, non hanno


attività spontanea e non hanno risposta allo stiramento; un numero molto
elevato di muscoli lisci è costituito da questa tipologia di cellule e si
comporta come un’unica unità motoria, a seconda del suo livello di
attivazione (es: muscolo dell’iride, muscoli piliferi); le fibre qui sono divise da
tessuto connettivo.

Il sistema nervoso autonomo ha una peculiarità strutturale rispetto ai


circuiti del sistema somatomotore: lungo le fibre assonali, e non
esclusivamente al terminale assonico, sono presenti dei rigonfiamenti che
corrispondono a zone di accumulo di vescicole sinaptiche; essi prendono il
nome di varicosità e, a seguito di uno stimolo, possono originare delle
sinapsi di passaggio/en passant. Ciò permette di diffondere il
neurotrasmettitore nell’ambiente molto più estesamente; per far si che esso
venga recepito ci saranno anche dei terminali postsinaptici più diffusi.

Nonostante l’assenza di striature le cellule muscolari lisce presentano


sempre i filamenti di actina e miosina, in quanto il processo di contrazione
avviene allo stesso modo; ciò che cambia è la loro disposizione, che non è
ordinata.

L’ingresso di calcio però opera in maniera differente sugli operatori della


contrazione; una delle azioni fondamentali del calcio è l’attivazione di una
chinasi che a sua volta va ad attivare la miosina, fosforilandola con
consumo di 1 ATP. La miosina quindi non ha attività ATPasica e, fintanto
che rimane fosforilata, risulta capace di eseguire cicli di ponti trasversali
successivi. Questo consente un grosso risparmio energetico, perché di
fatto il calcio attiva un meccanismo chinasico che usa l’ATP per fosforilare la
testa della miosina e renderla costitutivamente attiva. In quello scheletrico
si usa invece 1 ATP per ogni ciclo di ponti trasversali, e quindi molta di più;
l’unico svantaggio è una lentezza in attivazione e disattivazione di tale
meccanismo. Non consumando energia, se non all’attivazione, si bypassa
l’affaticamento metabolico, in quanto non consumi i substrati energetici.

Le cellule muscolari lisce possono essere ulteriormente divise in:

- toniche: hanno un livello di contrazione (tono) proporzionale al potenziale


di membrana.
- fasiche: si contraggono solo in seguito all’arrivo di un potenziale di azione.

Le cellule muscolari lisce sono molto versatili, in quanto rispondono ad una


varietà di meccanismi di regolazione:

- stiramento: dà luogo alla contrazione miogena (es: cellule delle pareti


lisce della vescica, che dilatate dal volume della vescica in aumento tendono
a contrarsi per contenerne il volume). Si chiama così poiché è autogenerata
nel muscolo stesso.

- attività elettrica spontanea: hanno spontaneamente un’attività segna


passo, che dà origine ad onde lente e depolarizzanti. 

- accoppiamento farmaco-meccanico: senza variazione del potenziale di
membrana, cioè alcuni gruppi specializzati di cellule muscolari lisce
rispondono alla presenza di segnali chimici specifici, senza variare il
potenziale di membrana, ma andando ad attivare direttamente i
meccanismi della contrazione. 

- neurotrasmettitori del sistema nervoso autonomo 

- ormoni e segnali paracrini: possono essere prodotti dalle cellule nelle
vicinanze. 

- fattori locali: pH, ossigeno, osmolarità, ioni. 


Meccanica muscolare:
Tensione muscolare = forza esercitata dal muscolo / area di sezione (N/
m^2)

Carico = forza esercitata da un peso sul muscolo

La forza generata da singole fibre muscolari dipende direttamente dalla


frequenza di stimolazione (si sommano), dal diametro della fibra
(determina il numero di sarcomeri) e dalla sua variazione di lunghezza
(lunghezza dei singoli sarcomeri). La forza della contrazione nel suo
complesso dipende dal reclutamento delle unità motorie, ovvero le singole
fibre attive, e dalla forza generata da ognuna di esse. Come abbiamo già
visto, ciò che ti permette di sommare due stimoli, per ottenere una forza
maggiore, è quella di mantenere i livelli di Ca2+ citoplasmatico elevati, così
da ottenere un fluttuazione del potenziale (si possono sommare fino al
tetano completo).

Le cellule muscoli scheletriche si contraggono in due modalità:

1) isotonica: il muscolo si contrae, accorciandosi, per spostare un peso

2) isometrica: il muscolo si contrae, ma non accorciandosi, e non sposta


nulla.

Per ottenere la tensione massimale e quindi il miglior lavoro muscolare la


sovrapposizione dei filamenti deve essere in stadio intermedio, in quanto si
può sia produrre fino da subito un buon numero di interazioni tra miosina e
actina e, inoltre, si ha ancora margine di sovrapposizione nel corso della
contrazione. Non tutte le tipologie muscolari hanno la stessa lunghezza
ottimale del sarcomero (quelle cardiache > di quelle scheletriche).

Sistema nervoso autonomo:

È una parte del SNP, insieme al sistema somatomotore; esso si divide in


componente parasimpatica e ortosimpatica, che lavorano tra di loro con
l’obbiettivo di regolare le stesse funzioni, spesso in maniera antagonista: il
funzionamento di uno porta spesso all’inibizione dell’altro

Alla componente parasimpatica è attribuita una funzione predominante nel


regolare le attività di riposo e di digestione (omeostatica).

La componente ortosimpatica regola le risposte veloci definite “lotta o


fuga”, che aiutano l’organismo a superare un condizione non di riposo (non
omeostatica).

Questi due sistemi, che rispondono a stimoli sensoriali intrinseci o


estrinseci che coinvolgono diverse componenti, lavorano in stretta
connessione con l’SNC e il sistema endocrino, inducendo diverse risposte
autonome o comportamentali; infatti coinvolgono diverse componenti
funzionalmente specializzate nel gestire le funzioni viscerali, il
comportamento emotivo o gli aspetti esecutivi. L’SNC, con il quale è in
contatto, presenta dei gruppi di neuroni specializzati nella produzione di
risposte autonome; essi si trovano nell’ipotalamo, da quale interagiscono
con neuroni più a valle o con il sistema endocrino, tramite l’ipofisi. I
regolatori principali dei sistemi ortosimpatico e parasimpatico sono
neuroni invece localizzati a livello del tronco encefalico; tra di essi vi sono
alcuni motoneuroni per funzioni vegetative, come respirazione e minzioni,
oppure altri che regolano ad esempio la pressione arteriosa o la contrattilità
del cuore.

Le vie autonome sono composte da due neuroni che sono connessi


sinapticamente a livello d un ganglio autonomo; i due neuroni si dividono
quindi in uno pregangliare, che presenta il corpo nell’SNC e l’assone fuori, e
uno postgangliare, che contatta con una sinapsi, il tessuto bersaglio. Essi
utilizzano acetilcolina, nell’elemento pregangliare, come neurotrasmettitore
e presentano quindi recettori nicotinici nella componente elemento
postsinaptico. La seconda sinapsi, dell’elemento postgangliare, si
diversifica invece tra i due compartimenti: le vie parasimpatiche continuano
ad utilizzare acetilcolina, la quale verrà captata dalle cellule bersaglio
attraverso i recettori muscarinici, viceversa il sistema nervoso
ortosimpatico utilizza la noradrenalina captata da diversi recettori nei
tessuti bersaglio.

Il luogo di origine, nell’SNC, dei neuroni pregangliari di parasimpatico e


simpatico NON corrisponde: si dividono infatti così:

- ortosimpatici: in porzioni toraciche e lombari del midollo spinale; la


maggioranza dei neuroni pregangliare di questo sistema ha assoni corti e
quindi incontrano la componente postgangliare in gangli paravertebrali.
Una frazione di neuroni ortosimpatici invece proietta la propria fibra ad una
serie di gangli più distali, i quali sono localizzati nella profondità dei visceri,
in particolare all’interno dell’intestino.

Una peculiarità del sistema ortosimpatico, è che alcune cellule pregangliari


contattano direttamente una componente del sistema endocrino, le
ghiandole surrenali, che libera in circolo adrenalina; in questo caso quindi
non si ha la componente postgangliare e l’acetilcolina regola direttamente il
rilascio di tale ormone tramite un meccanismo a feedback negativo. Le
cellule che compongono questa ghiandola endocrina erano infatti, prima di
subire il processo evolutivo, un ganglio; questa nuova condizione è
favorevole in quanto permette di avere un rilascio di adrenalina rapida e
distribuita in tutte le cellule del corpo, inducendone una risposta globale a
stimoli, come quello di pericolo.

- parasimpatici: in porzioni del tronco encefalico e porzioni sacrali del


midollo spinale; gli assoni pregangliari di questi neuroni sono molto lunghi e
quindi raggiungono l’elemento postgangliare in prossimità dell’organo
bersaglio. Nella maggior parte dei casi, i neuroni postgangliari di questo
sistema formano delle reti neuronali chiamati plessi, ovvero si trovano
all’interno dell’organo bersaglio stesso; un esempio di ciò è il sistema
nervoso dell’intestino. Come già detto prima, il contatto sinaptico del
sistema nervoso autonomo si basa su sinapsi en passant e il meccanismo
di trasduzione del potenziale d’azione.

Esempi:

1) pressione arteriosa: se viene rilevato un aumento della pressione


arteriosa da recettori carotidei, i neuroni del nucleo del tratto solitario lo
paragonano al valore omeostatico, mettendo in atto una risposta
compensatoria tramite il sistema parasimpatico. Esso agisce a livello
cardiaco riducendo la frequenza del battito, portando a ridurre la gittata e la
pressione arteriosa. Se invece viene rilevato una diminuzione della
pressione, l’effettore sarà l’ortosimpatico.

2) dilatazione pupilla: se la retina recepisce una elevata illuminazione, essa


attiva la componente parasimpatica dando origine alla miosi, ovvero una
contrazione dei muscoli lisci della pupilla, riducendone il diametro. Se invece
l’illuminazione è bassa, interverrà l’ortosimpatico che porterà a midriasi,
ovvero un allargamento della pupilla.

Schemi fisiologia 2

Modelli biologici:

1) in vitro: sono linee cellulari o colture primarie, di cellule o tessuti,


presentanti un tempo di proliferazione breve; spesso esse vengono rese
immortali per aumentarne il tempo di analisi. Esistono anche cocolture, per
più linee cellulari, colture di organoidi, e colture 2D o 3D.

2) ex vivo: sono colture di organi e tessuti espiantati; essi presentano una


durata minore poichè vanno incontro a degradazione: non sono più in
ambiente fisiologico
3) in vivo: sono i modelli più complessi che sfruttano organismi viventi, quali
piccoli animali, come topi, cavie e conigli; s possono anche usare grandi
animali come ruminanti, suini e cavalli. In clinica veterinaria si possono
usare anche gatti e cani. Il 95% degli animali impiegati in studi medici e
scientifici sono roditori allevati a tale scopo e meno dell’1% è invece
rappresentato da gatti, cani e primati non umani. Un 4% invece corrisponde
ad animali a basso sviluppo neuronale come anguille, armadilli, pesci, zebre
e rane.

I modelli si possono ulteriormente distinguere in:

1) spontanei: se l’animale presenta caratteristiche naturali e risposte a


trattamenti e patogeni simili all’uomo.

2) indotti: lo stato dell’animale viene alterato dall’operatore per renderlo più


simile al target di interesse.

Dal momento che la sperimentazione animale è soggetta a complicanze


etiche, per scegliere un modello animale bisogna adottare la regola delle 3R:

1) Replace: sostituire il modello animale ove possibile con un modello in


vitro o silico; il rischio di ciò è che il nuovo modello non sia realmente
rappresentativo dell’intero organismo di riferimento

2) Reduce: ridurre al minimo il numero di animali comunque utilizzati

3) Refine: migliorare le condizioni di vita e le tecniche adottate al fine di


ridurre lo stress dell’animale

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