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Lezione 08/11/2022 – Biologia applicata

1. La cellula
La grande classificazione che possiamo fare sulle
cellule è che ci sono due tipi di cellule:
- la cellula procariotica;
- la cellula eucariotica.
Si definiscono procarioti i batteri, ad esempio gli
archeobatteri, batteri estremofili che per primi
hanno colonizzato il pianeta Terra, gli eubatteri e
cianobatteri/alghe azzurre, i primi a fare la
fotosintesi. Sebbene anche i batteri hanno subito
una sorta di specializzazione, la cellula procariotica
è rimasta sempre più o meno conservata. La cellula procariotica presenta una parete
cellulare, atta alla protezione della cellula. La parete cellulare può presentare:
- batteri a Gram positivi, qui la parete è costituita per la quasi totalità da mureina
pluristratificata (90-95%), essa presenta le catene glicaniche NAM (acido N-Acetil-
Muramico) e NAG (N-Acetil-glucosammina) che poi sono tenute insieme dal
peptidoglicano.
- batteri a Gram negativi, la prima è costituita da mureina monostratificata.
Se scomponiamo una cellula nei suoi più semplici costituenti non vi è una grande
differenza tra procarioti ed eucarioti a livello di costituenti. Esse sono composte al
70% di H2O, al 4% da ioni e piccole molecole, 2% di fosfolipidi, RNA al 6%, proteine
al 15% e polisaccaridi al 2%. Al di sotto della parete troviamo la membrana
plasmatica, presente anche negli eucarioti, essa ha la funzione di regolare gli scambi
di soluti con l’ambiente circostante che assolutamente non sono spontanei ma
attraverso processi regolati. La membrana racchiude il citoplasma, un ambiente
acquoso, ovviamente la membrana riesce a racchiudere il citoplasma perché fatta
per lo più da lipidi, all’interno del citoplasma sono contenuti tutti gli organuli cellulari
e le macromolecole biologiche e una serie di piccole molecole coinvolte nel
metabolismo della cellula, la cellula utilizza
l’energia prodotta per le reazioni biosintetiche,
un esempio è la sintesi del DNA. Le reazioni
del metabolismo si divide in anabolismo
(reazione di costruzione che richiedono
energia) e catabolismo (reazione di
distruzione che libera energia). in una cellula
procariotica troviamo il DNA disperso nel
citoplasma, a differenza della cellula
eucariotica nella quale il DNA è contenuto
all’interno del nucleo. Il gene contiene
l’informazione per produrre una proteina. Il
flusso di informazione dal DNA alle proteine avviene sia nei procarioti che negli
eucarioti. La cellula eucariotica è propria degli animali, dei vegetali, dei funghi e dei
protozoi. Come anticipato, il DNA si trova nel nucleo formato da una doppia
membrana con annessi dei pori e non più nel nucleotide. Il reticolo endoplasmatico
svolge una serie di funzioni ed è diviso in rugoso, con annessi ribosomi, dove avviene
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la sintesi delle proteine e liscio che sintetizza i lipidi. Essa serve per far assumere
alle proteine la “forma corretta”, ovvero una struttura ben chiara, in modo da definirne
la funzione. Ci sono margini di tolleranza, ma se la proteina muta la sua struttura, si
alterano le sue funzioni, come avviene nelle malattie neurodegenerative, per fare un
esempio, dove si formano “ammassi di proteine” che precipitano nella cellula e ne
causano la morte, creando degenerazione di tessuto e la conseguente patologia).
Per fare ripiegare una proteina correttamente avviene un processo complesso, e
l’organello preposto a ciò è proprio il reticolo. Nel caso in cui ci sono proteine mal
ripiegate, il reticolo le individua e le degrada in costituenti più semplici. Esegue
dunque il “controllo di qualità” delle proteine. Il reticolo rappresenta, anche, il centro
di smistamento delle proteine. Dunque, ogni compartimento svolge una singola
funzione in quanto in quel dato compartimento si trovano delle proteine. La sintesi
delle proteine avviene sempre perché l’informazione per produrle sta nel DNA e
avviene a livello dei gruppi di ribosomi che stanno o liberi nel citoplasma o associati
al reticolo. Le proteine che hanno come destino finale o la membrana, o il lisosoma,
o il perossisoma, o il Golgi (compartimenti) devono essere prodotte a livello dei
ribosomi e per poi prendere strade diverse che le porteranno nei diversi
compartimenti, questo riconoscimento, che avviene a livello del reticolo, è possibile
perché le proteine contengono dei segnali che indicano dove devono andare. Un
compartimento importante è l’apparato di Golgi che è costituito da una serie di
cisterne membranose, ovvero pezzi di membrana che si ripiegano su sé stessi e
formano delle grosse vescicole, che si possono distinguere in tre parti:
- Cis Golgi la parte più vicina al nucleo;
- Trans Golgi la parte più vicina alla membrana;
- Golgi mediano che è la parte intermedia.
In ognuna di queste parti avviene una modifica delle proteine. Il mitocondrio è
l’organello deputato alla produzione di grandi quantità di energia. La cellula produce
grandi quantità di energia grazie al mitocondrio e al citoplasma dove avviene il
processo della glicolisi. Nel mitocondrio si produce molta energia ma il processo ha
una durata maggiore rispetto a quello della glicolisi che è il più rapido. Il metabolismo
anaerobico (assenza di ossigeno) è veloce ma meno efficiente; da una molecola di
glucosio si producono 2 molecole di ATP, considerata la molecola energetica per
eccellenza. Nel mitocondrio per ogni molecola di glucosio consumata produciamo 30
molecole di ATP. Ad esempio il centometrista consuma tutta l’energia in modo
anaerobico e deve produrre grande energia nel minor tempo possibile così non attiva
il metabolismo aerobico, cioè quello mitocondriale. Mentre un maratoneta che
esercita uno sforzo prolungato nel tempo attiva un metabolismo aerobico.
Considerando il doping dei ciclisti, dei maratoneti si basa sull’incrementare il numero
dei globuli rossi che trasportano ossigeno, quindi più è efficiente il meccanismo di
trasporto dell’ossigeno più l’atleta dispone di ossigeno per il funzionamento della
produzione di energia. Il metabolismo mitocondriale generalmente riguarda la
maggior parte delle persone, per attivarlo è necessario fare uno sforzo di almeno 30
minuti; inoltre, questo tipo di metabolismo è accoppiato alla degradazione degli acidi
grassi, proprio per questo è indicato soprattutto per le persone in sovrappeso.
Il perossisoma è un organello con la funzione specifica di contenere un enzima, la
catalasi, che ha la funzione di degradare l’acqua ossigenata. Nelle nostre cellule a
causa di alcuni metabolismi, tra cui quello dei grassi, si produce come sostanza di
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rifiuto l’acqua ossigenata, la quale è una sostanza tossica per le cellule, per questo
viene subito eliminata da quest’ultima. Un altro organello è il lisosoma che è
degradativo, ossia contiene un insieme di enzimi che degradano un insieme di
macromolecole biologiche. Nel lisosoma troviamo:
- le lipasi, enzimi che degradano i grassi;
- le amilasi, enzimi che degradano i gli zuccheri;
- le proteasi, enzimi che degradano le proteine;
-le nucleasi, enzimi che degradano gli acidi nucleici.
Il lisosoma contiene un ambiente molto acido, con il pH intorno a 4, dovuto ad una
serie di proteine. Tutti gli enzimi che contiene il lisosoma funzionano solo a pH acido,
e questo rappresenta un sistema di protezione della cellula, infatti in caso si dovesse
rompere o bucare un lisosoma e dovessero fuoriuscire tutti questi enzimi non
andrebbero a svolgere la funzione nel citoplasma perché necessitano di un ambiente
acido e nell’ambiente citoplasmatico il pH è pari a 7,4. Il pH indica il livello di acidità.
Da un punto di vista matematico il è il – log10 della concentrazione degli ioni H+.
L’acqua pura ha una concentrazione di ioni H+ pari a 10-7, perché una molecola su
107 molecole di acqua, una è dissociata in H+ e OH-. Quindi la concentrazione di
ioni H+ nell’acqua pura è pari a 10-7 quindi il pH dell’acqua è pari a 107 e rappresenta
la neutralità. Aggiungendo dell’acido, aumenta la concentrazione di ioni H+ e l’acqua
cambia pH, diventando più acida. Le proteine per raggiungere i compartimenti
bersaglio dal reticolo partono delle vescicole, a volte anche formando organelli interi,
e si muovono lungo un binario cavo che prende il nome di fascio di microtubuli,
strutture citoscheletriche, che si dividono in microfilamenti di actina, microtubuli e
filamenti intermedi. I filamenti intermedi sono strutture in rete che conferiscono
rigidità all’involucro nucleare. La parte interna della membrana nucleare è costituita
da proteine filamentose (lamine) che creano una struttura a rete, chiamata lamina
nucleare, posizionata al di sotto della membrana nucleare ed ha il compito di
conferire rigidità. Una cellula eucariotica ha un’organizzazione più complessa della
procariotica, eppure il flusso delle informazioni che dal DNA va alle cellule per la
sintesi delle proteine è uguale a quello delle cellule procariotiche. La cellula
eucariotica è molto complessa, ha un'organizzazione molto più complessa rispetto
ad una cellula procariotica, eppure alla fine il flusso dell'informazione che dal DNA
va alla sintesi delle cellule, e quindi alla sintesi delle proteine, è uguale a quello dei
procarioti. Quindi, quello che cambia fondamentalmente da una cellula procariotica
ad una cellula eucariotica è l'organizzazione strutturale della cellula, infatti, nella
cellula eucariotica si trovano una serie di compartimenti che, invece, sono assenti
nelle cellule procariotiche. Tutte le funzioni delle cellule procariotiche sono svolte al
livello del citoplasma, invece le cellule eucariotiche svolgono precise funzioni in
precisi compartimenti. Un altro concetto fondamentale è che tutto il mondo dei viventi
si basa su un equilibrio tra due tipi diversi di viventi: gli autotrofi e gli eterotrofi. Gli
autotrofi sono quegli organismi che utilizzano come unica fonte di carbonio la CO2
atmosferica e prendono dall'ambiente circostante solamente acqua e sali minerali.
Gli organismi autotrofi di cui parliamo sono proprio le piante, quindi ciò che permette
la loro crescita è una sorta di alimentazione basata sul carbonio. Infatti, l'essenza di
tutte le macromolecole biologiche è proprio il carbonio. Le macromolecole biologiche
si chiamano in questo modo poiché sono grandi molecole costituite da unità
fondamentali che si ripetono, ad esempio l'unità fondamentale delle proteine sono gli
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amminoacidi, per quanto riguarda i grassi o i fosfolipidi l'unità fondamentale che si
ripete sono gli acidi grassi, invece, l'unità fondamentale degli acidi nucleici sono i
nucleotidi, mentre per gli zuccheri l'unità fondamentale sono i monosaccaridi. Tutte
queste unità, definite anche "mattoncini", sono formate da carbonio. Sia gli organismi
eterotrofi che autotrofi svolgono questi due importanti processi: catabolismo e
anabolismo. Con un’eccezione: gli organismi autotrofi hanno una caratteristica in più,
cioè sono in grado di utilizzare come fonte di carbonio la molecola più semplice di
quest'ultimo, al maggior stato di ossidazione possibile, cioè la CO2 atmosferica. Gli
organismi eterotrofi e quelli autotrofi, in realtà, stanno in perfetto equilibrio, infatti le
piante consumano e liberano allo stesso tempo CO2 atmosferica, solo che la quantità
che viene consumata è in maggior quantità rispetto a quella che liberano durante la
notte. Invece gli eterotrofi, convertendo il materiale organico, stanno in perfetto
equilibrio con gli autotrofi in quanto permettono di mantenere un equilibrio tra la CO2
che viene consumata dagli organismi autotrofi rispetto a quella che viene liberata
nell'atmosfera dagli organismi eterotrofi. Quindi, gli autotrofi sono quegli organismi
che utilizzano come fonte di carbonio la CO2 atmosferica e utilizzano come fonte di
energia quella solare. Mentre gli organismi eterotrofi utilizzano come fonte di
carbonio quello che assimilano con la dieta e utilizzano come fonte di energia quella
che producono tramite i processi.

Lezione 18/11/2022 – Biologia applicata

2. La membrana plasmatica
La membrana plasmatica è costituita
prevalentemente da fosfolipidi le cui teste
staranno a contatto con l’acqua perché
idrofiliche mente le code sono idrofobiche.
La fluidità della doppia membrana è
influenzata dalla lunghezza delle catene e
della presenza di doppi legami. Un’altra
molecola che riduce la fluidità è il colesterolo. La
funzione principale della membrana è quella di
regolare il passaggio dei soluti e dell’acqua
dall’ambiente extracellulare all’ambiente intracellulare e viceversa. La membrana è
essenziale nel mantenere l’omeostasi cellulare, cioè mantenere le concentrazioni dei
soluti costanti. Sotto specifici stimoli la concentrazione può cambiare, un esempio
sono le cellule nervose, gli ioni che sono delle specie chimiche elettricamente
cariche, sono contenute sia all’interno che all’esterno della cellula abbiamo una
quantità elettrica ma nella cellula è maggiore la quantità di cariche negative mentre
al di fuori abbiamo cariche positive, ciò determina una differenza di potenziale,
quando scatta il potenziale di azione succede che tutte le cellule che fanno parte
della trasduzione di azione cambiano il potenziale di membrana che da negativo
diventa positivo facendo entrare le cariche esterne all’interno, questo chiaramente
dura una frazione di secondo. In generale gli ioni e le altre molecole possono passare
dalla membrana solo in modo regolato. Le proteine di membrana possono essere
associate con il doppio strato lipidico in diversi modi: abbiamo le proteine integrali
che attraversano completamente la membrana e possono essere monopasso o
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multipasso a seconda di quante volte attraversano la membrana e le porine che
fungono funzione di canale; ma abbiamo anche proteine periferiche/estrinseche che
attraversano solo una parte della membrana.
Diffusione e trasportatori: se gli ioni potessero liberamente muoversi ai due lati della
membrana gli ioni si muoverebbero secondo gradiente di concentrazione (da + a -)
ma se ciò accadesse il processo continuerebbe finché le due concentrazioni non
sarebbero uguali. Esistono due classi di proteine di membrana che permettono il
passaggio di molecole attraverso la membrana:
- trasportatori: hanno due conformazioni che legano il soluto sui due lati della
membrana;
- canali: costituiscono un poro acquoso attraverso il quale diffondono soluti specifici.
È bene sapere che i soluti si muovono grazie a due tipi diversi di trasportatori:
- trasportatori passivi che trasportano il soluto solo ed esclusivamente secondo
gradiente di concentrazione e non consumano energia;
- trasporto attivo che funziona contro gradiente e consuma energia.
Questa energia può derivare dal movimento di un altro ione che si muove secondo
gradiente di concentrazione e in questo caso il trasportatore deve muovere due ioni.
Questo trasportatore viene chiamato trasportatore accoppiato e trasporta due ioni.
Ovviamente uno ione si muove secondo gradiente di concentrazione e l’altro contro
gradiente di concentrazione. Muovendo due ioni nella stessa direzione prende il
nome di simporto. Muovendo due ioni in direzioni opposte prende il nome di antiporto.
I trasportatori passivi che muovono un solo ione prendono il nome di uniporto.
Diffusione semplice: vale per le piccole
molecole idrofobiche che sono apolari,
un’altra categoria di molecole sono gli
ormoni steroidee, specifiche molecole che
derivano dalla struttura del colesterolo. Tutti
gli ormoni steroidei non hanno bisogno dei
recettori di membrana e riescono a
diffondere attraverso la membrana e
trasmettere il messaggio alla cellula tramite
il recettore che non si trova in membrana ma
lo troviamo già associato al DNA. Un
messaggero porta un messaggio, questo
messaggio viene decodificato e poi arriva al nucleo; lì vengono attivati dei geni
specifici di risposta a quel messaggio. Relativamente agli ormoni steroidei che non
hanno un recettore in membrana poiché essendo steroidei rispondono attraverso la
membrana, in realtà hanno un recettore che già associato a specifici geni già legati
dalle proteine che sono i recettori per gli ormoni steroidei che si ritrovano in tutti i geni
specifici e stanno associati al DNA in una conformazione inattiva; quando l’ormone
steroideo arriva fino al nucleo esso si lega a questi recettori che sono associati ai
geni e questa interazione promuove l’attivazione trascrizionale. Questo tipo di
attivazione è sempre dipendente dall’ormone, non agisce sulla membrana, ma
agisce direttamente a livello del DNA.

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Osmosi: l’acqua si muove tramite un
processo che si chiama osmosi,
supponiamo di avere due vasche con una
membrana che le separa e permette solo il
passaggio di soluto, in una vasca ci saranno
10 grammi di sale e nell’altra 1 grammo di
sale, in ciascuna delle due vasche ci sarà 1 litro di acqua. L’acqua si sposterà
dall’ambiente a minor concentrazione di soluto a quello a maggior concentrazione di
soluto (il contrario di ciò che fanno i soluti), in questo caso si sposterà dall’ambiente
dove abbiamo un grammo di sale all’ambiente in cui abbiamo dieci grammi di sale,
accade che si riduce il volume ma la concentrazione aumenta. Si parla di soluzione
isotonica quando la concentrazione di soluto è uguale sia all’esterno che all’interno.
Se la cellula si trova in un ambiente a minor concentrazione di soluto, ad esempio in
acqua distillata, l’acqua da fuori entra dentro e la cellula si gonfia e potrebbe
scoppiare, la cellula è stata messa in un ambiente ipotonico (esterno minore
dell’interno). Se prendo una cellula e la metto in un ambiente a maggior
concentrazione di soluti (interno maggiore di interno), l’acqua fuoriuscirà dalla cellula.
Gradiente di concentrazione e gradiente elettrochimico: La membrana viene
attraversata anche dai soluti che attraversano la membrana tramite dei trasportatori
proteici, che hanno come caratteristica peculiare di avere due conformazioni aperta
o chiusa verso ogni lato della membrana. Il trasportatore ha, quindi, una
conformazione aperta sul destante intracellulare e chiusa verso l’ambiente
extracellulare, quando opportuno cambia conformazione e si apre sull’altro versante
e si chiude dal versante opposto. Ad esempio, se un soluto deve muoversi
dall’ambiente extracellulare all’ambiente intracellulare, ci sarà quindi un trasportatore
aperto sull’ambiente extracellulare che lega la molecola/soluto da trasportare, quindi,
il legame con il soluto gli fa cambiare conformazione e si aprirà sul versante opposto,
cioè, sul versante intracellulare. Per quanto riguarda il trasporto di questi soluti si può
notare che essi si muovono secondo gradiente di concentrazione. Supponiamo di
avere due vasche ognuna contenente un litro d’acqua, la vasca A ha 10 grammi di
Na, la vasca B ha 1 gr di Na, il sodio si muoverà secondo gradiente di concentrazione
quindi dalla vasca A alla vasca B. A questo punto, supponiamo di mettere nella vasca
B anche una certa di K con la stessa carica del Na, si avrà una minore quantità di
sodio che si muove dalla vasca perché il potassio che ha la stessa carica del sodio
ha una repulsione elettrostatica, quindi è come se respinge un po’ questo gradiente
favorevole del sodio, quindi è come se limitasse questo gradiente di concentrazione
del sodio. Se si aggiungono cariche positive queste ultime fanno una repulsione
verso le altre, sicuramente ci sarà movimento di sodio da dove è più concentrato a
dove è meno concentrato più limitato e lento perché ha una repulsione elettrostatica
da parte di cariche dello stesso segno. Se invece al posto del potassio si
aggiungesse il decidicloro che è una carica negativa, oltre al gradiente di
concentrazione che spinge il sodio dalla vasca concentrato 10 a concentrato 1,
questo movimento è ancora più favorito dall'azione elettrostatica esercitata dal cloro
che essendo carico negativamente attrae verso di sé maggiormente il sodio. Si parla
pertanto di gradiente elettrochimico. Quando si prende in considerazione il gradiente
di concentrazione si tiene sempre in considerazione anche il gradiente elettrochimico
che è appunto quel gradiente che spinge le molecole dei soluti sulla base delle loro
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cariche elettrostatiche, si hanno così cariche dello stesso segno che si respingono e
cariche del segno opposto che si attraggono.
Pompa Na-Glucosio e Na-K: gli
alimenti nell’apparato digerente
hanno già subito una prima digestione
e ora nell’intestino devono essere
assimilate tutte le molecole nutritive
che sono state digerite come
proteine, grassi e zuccheri. Le cellule
epiteliali dell’intestino formano un
epitelio di assorbimento: la parte
apicale di queste cellule rivolta verso
il lume intestinale presenta delle
estroflessioni ed introflessioni: pezzi
di membrana che contengono i
trasportatori che devono muovere i
nutrienti dal lume (nell’immagine la
parte colorata di marrone) all’interno di questa cellula. Le introflessioni e le
estroflessioni consentono di avere una maggiore superficie possibile di scambio ed
il volume più piccolo possibile. In esse è presente il trasportatore del Glucosio. Esso
trasporta il Glucosio contro gradiente di concentrazione. Nel lume il Glucosio è meno
concentrato rispetto all’interno della cellula. Nel lume c’è meno Glucosio che dentro
la cellula, ma il Glucosio deve comunque muoversi dal lume verso l’interno della
cellula perché deve essere assimilato Il movimento del glucosio viene accoppiato ad
un movimento di un altro ione, tramite un trasportatore che si chiama simporto Sodio
Glucosio. Ora ricordiamo che il Sodio è molto concentrato fuori e poco concentrato
dentro, quindi il Glucosio entra insieme al Sodio, sfrutta il passaggio dal Sodio, cioè
sfrutta il gradiente di concentrazione del Sodio e riesce ad entrare. Considerando
che più Sodio entra dentro e più si riduce fuori. Quindi ad un certo punto è entrato
talmente tanto Sodio che questo gradiente di concentrazione del Sodio non c’è più;
quindi, ci deve essere un meccanismo che mi “ributta” il Sodio fuori. Interviene la
pompa Sodio Potassio che butta Sodio fuori e Potassio dentro. Quindi il Sodio viene
utilizzato per portare il
Glucosio dentro ma viene
ributtato fuori tramite la pompa
Sodio Potassio. La pompa
Sodio Potassio funziona in
modo ATP dipendente, perché
muove addirittura sia il Sodio
sia il Potassio contro gradiente
di concentrazione. Quindi il
Glucosio entra tramite il
trasportatore attivo che è
quello simporto sodio glucosio
e sfrutta il gradiente di
concentrazione del Sodio per entrare. Ma il gradiente di concentrazione del Sodio
viene mantenuto sempre favorevole affinché il Sodio, continuamente, entra dentro
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insieme al Glucosio cosicché venga mantenuto costante il gradiente di
concentrazione del Sodio. Il Glucosio, in realtà, se ne va via perché queste cellule
poi sono in contatto con il torrente circolatorio. Quindi da queste cellule il Glucosio
se ne va in questo torrente circolatorio per arrivare in tutte le parti dell’organismo. Il
Glucosio con facilità riesce ad uscire ed entrare in questo torrente circolatorio; entra
nel torrente circolatorio secondo gradiente di concentrazione poiché è molto
concentrato dentro e poco concentrato fuori.

Lezione 22/11/2022 – Biologia Applicata

3. Pompa sodio/potassio
Il glucosio passa attraverso la membrana
della cellula grazie al trasportatore
d’importo sodio-glucosio (il sodio è più
concentrato fuori della cellula), che sfrutta
il gradiente di concertazione d’ingresso
del sodio quindi dall’esterno verso
l’interno che permette di far entrare il
glucosio e il sodio. Una volta entrate poi il
sangue riesce a prelevarli dal flusso
extracellulare ed utilizzarli. Una volta
usato il glucosio in seguito se ne esce
sempre secondo il gradiente di reazione.
Ma il sodio, che si muove da fuori a dentro
per far entrare nella cellula il glucosio
tramite il gradiente di concentrazione si
riduce, perciò deve esserci un
meccanismo che mi ributta il sodio di
nuovo fuori dalla cellula. Questo
meccanismo che mi permette la
fuoriuscita del sodio dalla cellula è la
pompa sodio-potassio, che muove il sodio
e il potassio contro gradiente di
concentrazione. Nello specifico, muove
tre ioni sodio dall’interno verso l’esterno
della cellula e due ioni potassio dall’esterno verso l’interno della cellula. Grazie alla
pompa sodio-potassio, che tramite il consumo di ATP (1/3 dell’energia prodotta in
una cellula viene utilizzata da questa pompa), mantiene la concentrazione dei due
ioni (sodio e potassio) costanti sia all’interno che all’esterno della cellula. (3Na+
vengono pompati nel mezzo extracellulare e 2 K+ nel citoplasma). La pompa sodio-
potassio ha una conformazione che si apre sull’ambiente extracellulare (permette la
fuoriuscita del sodio e l’entrata del potassio) e un’altra conformazione che si apre
sull’ambiente intracellulare (permette la fuoriuscita del potassio e l’entrata del sodio).
Se si vede nel dettaglio, possiamo identificare diversi stadi della pompa sodio-
potassio, un primo stadio in cui la pompa è aperta sul versante intracellulare per far
entrare il sodio poiché quel versante ha una grande affinità per il sodio. In realtà,
quando lega con il sodio lega anche con una molecola di ATP, in seguito questa
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molecola verrà idrolizzata e un gruppo fosfato si legherà alla pompa e nel mentre la
pompa si chiude sul versante intacellulare e si apre sul versante extracellulare.
Questa apertura fa perdere affinità con il sodio che fuoriesce dalla cellula ed entra il
potassio. Dopo di che, viene rimosso il gruppo fosfato ottenuto dall’idrolisi del ATP e
grazie a questa rimozione la pompa cambia la conformazione ripetendo lo stesso
processo. La pompa è elettrogenica e contribuisce a mantenere una differenza di
potenziale tra i 2 lati della membrana con una carica netta negativa sul versante
citoplasmatico e positiva sul versante extracellulare

4. Reazioni metaboliche
Fotosintesi e respirazione sono due processi complementari nel mondo vivente e
sono fondamentali per gli esseri viventi poiché rappresentano i vari processi per
ricavare energia che poi verrà utilizzata per i diversi scopi. Tutto il metabolismo è un
insieme di reazioni di riduzione (perde elettroni) e ossidazione (acquista elettroni).
Per esempio, se partiamo dal metano che si ossida e si trasforma in metanolo, poi
dal metanolo si trasforma tramite diverse reazioni per poi, arrivare infine all’ossido di
carbonio. Viceversa, se l’ossido carbonio si riduce otterremo il metano. Se abbiamo
una reazione favorevolmente energetica e una sfavorevolmente energetica
possiamo accoppiarle e se il ΔG è minore di zero possiamo utilizzarla. Tutto il
metabolismo è un insieme di reazioni di ossidazione e riduzione, quando una
molecola si ossida vuol dire che cede elettroni a qualcuno mentre quando una
molecola si riduce significa che acquista elettroni. Quando la molecola si ossida
acquisisce atomi di ossigeno, ad esempio la molecola a base di carbonio più
semplice, nel maggior stato di riduzione è il metano, man mano che questa molecola
si ossida acquisisce atomi di ossigeno, lo stato successivo di ossidazione del metano
è il metanolo che ha acquisito un atomo di ossigeno, che a sua volta diventa
formaldeide, che diventa acido formico e infine questo diventa anidride carbonica.
Quando invece una molecola si riduce perde atomi di ossigeno e tende a fare legami
con l’idrogeno e ciò avviene quando una molecola si ossida e poi si riduce. Tutto il
metabolismo è fatto da reazioni energeticamente favorevoli e reazioni
energeticamente sfavorevoli, in particolare, se si deve far avvenire una reazione
energeticamente sfavorevole la si può accoppiare ad una reazione energeticamente
più favorevole tale che la somma delle due reazioni sia energeticamente favorevole.
Quindi affinché avvenga ciò la reazione energeticamente sfavorevole si accoppia alla
reazione di idrolisi, ovvero di distruzione, dell’ATP, la perdita del terzo gruppo fosfato
che libera energia richiesta per far avvenire quella reazione energeticamente
sfavorevole. Nei processi metabolici la molecola di ATP è estremamente rilevante,
in particolare, l’ATP è importante soprattutto come nucleotide trifosfato ma anche
come nucleotide bifosfato perché è chiaro che nel catabolismo ovvero l’insieme di
reazioni di distruzione, in cui si rompono le molecole organiche come ad esempio
gli zuccheri per liberare energia che viene utilizzata per la sintesi dell’ATP, ma per
poter sintetizzare l’ATP serve ADP, la reazione sarà ADP + Fosfato che diventa ATP
questa reazione energeticamente sfavorevole ha tutta una serie di distruzione di
molecole organiche. Dunque, L’ATP e l’ADP sono due componenti fondamentali del
metabolismo. Oltre all’ATP un’altra molecola importante è il NADH che esiste in due
forme ovvero: NAD+ e NADH, NADH è la formula ridotta mentre NAD+ è la forma
ossidata, questa molecola esiste in due forme: la forma ossidata ovvero la molecola
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che ha ceduto elettroni, e la formula ridotta che è il NADH ovvero la molecola che ha
acquisito elettroni da qualcuno, è chiaro che se una molecola organica si ossida di
conseguenza un’altra molecola si deve ridurre cioè il NADH cede elettroni e il NAD+
acquista elettroni. Se invece una molecola organica si deve ridurre deve acquistare
elettroni. Esempio: se l’etanolo se cede elettroni, li cede a qualcuno che li può
acquisire, e li cede al NAD+ che diventa NADH e il metanolo diviene in forma aldeide.

5. Respirazione cellulare
Glicolisi: la glicolisi è un processo che avviene nel citoplasma
e serve per produrre energia in modo molto rapido, ma in
realtà è un processo energeticamente poco efficiente, cioè
viene consumata una molecola di glucosio per formarne due
di piruvato, in questo processo vengono formate due
molecole di ATP e due di NADH. In questo processo si
formano 4 molecole di ATP ma ne vengono consumate due.
Siccome nella glicolisi due molecole di NAD+ diventano due
molecole di NADH se la glicolisi continua senza fermarsi tutte
le molecole di NAD+ vengono consumate per formare NADH
e la glicolisi si arresterebbe se non ci fosse NAD+ per poter
generare NADH, dunque NAD+ diventa la parte limitante
della glicolisi, ma c’è un processo che permette di ricostruire il NAD+ a partire dal
NADH, il processo è la fermentazione cioè fermentazione lattica per gli animali e la
fermentazione alcolica per batteri e virus.
Fermentazione: nella fermentazione lattica affinché si riformi NAD+ a partire dal
NADH, questa molecola cede elettroni al piruvato, che è l’ultimo prodotto della
glicolisi, e quando gli elettroni arrivano al piruvato diventa acido lattico. Quando il
piruvato viene ridotto questo doppio legame tra carbonio- ossigeno si spezza, la
fermentazione permette di far andare veloce la glicolisi. La fermentazione alcolica
ha lo stesso obiettivo della fermentazione lattica ovvero rigenerare il NAD+ a partire
dal NADH, quindi qualche molecola deve
ridursi, perché NADH per diventare NAD+
si deve ossidare e cedere elettroni, e li
cede al prodotto di una modifica che
subisce il piruvato. Quello che succede
tramite l’enzima alcol deidrogenasi, un
enzima che fa fare la fermentazione
alcolica, è la rimozione della CO2 e rimane
il gruppo CH3COH (acetaldeide) che viene
ridotto, ovvero si spezza il doppio legame
carbonio-ossigeno che diventa HOH, e
diventa CH3CH2OH (etanolo). Questa
reazione si può vedere nella preparazione
del vino: quando questo viene messo nella
botte a fermentare, a un certo punto inizia a bollire rilasciando CO2, derivante dal
piruvato spezzatosi, che diventando acetaldeide prende elettroni dal NADH e diventa

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etanolo. L’enzima che fa la fermentazione
lattica si chiama lattico-deidrogenasi.
Tramite la glicolisi il glucosio viene
convertito a piruvato. Il piruvato quando si
forma ha due destini diversi: il primo è quello
fermentativo, dove il piruvato viene
convertito a lattato, questo avviene se vi è
un grande flusso glicolitico molto veloce che
richiede energia in modo rapido.
Ciclo di Krebs: ma se il flusso glicolitico si
protrae nel tempo, il piruvato va nel
mitocondrio, dove viene decarbossilato, cioè perde una CO2, tramite un enzima che
si chiama piruvato deidrogenasi. Una delle attività dell’enzima piruvato deidrogenasi
è quella di togliere un gruppo carbossilico al piruvato e l’altra parte, il gruppo acetilico
derivante dal piruvato, viene fuso a una molecola che si chiama coenzima A, per
formare l’aceltil-coenzima A. Quindi l’altro destino del piruvato è quello di entrare nel
mitocondrio sotto forma di acetil-coenzima A, dove verrà utilizzato in un ciclo
biochimico, che avviene nella matrice mitocondriale, chiamato ciclo di Krebs.
Il mitocondrio è un organello costituito da due membrane:
- membrana esterna;
- membrana interna: presenta delle creste.
In tutto nel mitocondrio si trovano 4 compartimenti:
- membrana esterna;
- membrana interna;
- spazio intermembrana: situato tra la membrana
esterna e quella interna;
- matrice mitocondriale: racchiusa dalla membrana
mitocondriale interna, dove avviene il ciclo di Krebs.
La rilevanza biologica del ciclo di Krebs è catabolica, perché genera delle molecole
che servono per la sintesi di energia. Nel ciclo di Krebs l’acetil-coenzima A si fonde
con una molecola a 4 atomi di carbonio,
l’ossalacetato, che diventerà citrato (acido
citrico) che a sua volta si trasformerà in
chetoglutarato, succinato, succinil-CoA,
fumarato, malato fino a diventare di nuovo
ossalacetato. In tutto il ciclo si formano 3
molecole di NADH, 1 molecola di FADH2, 1
molecola di GTP (ATP) e 2 molecole di CO2. Il
FADH2 ha la stessa rilevanza del NADH. Tutte
queste molecole si formano solo se tutto il ciclo
si completa, ma non sempre questo avviene. Il
ciclo di Krebs oltre ad avere un significato
catabolico, ha anche un significato anabolico,
perché si generano degli intermedi
(chetoglutarato, succinato, fumarato e via discorrendo) che rappresenteranno i
precursori per fare avvenire delle sintesi di alcune molecole. Ad esempio, il
chetogluatrato è il precursore di un amminoacido, ad esso può essere aggiunto un
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gruppo amminico e diventa glutammato, dove a sua volta può essere aggiunto un
altro gruppo amminico diventando glutammina. Il chetoglutarato è anche il
precursore delle purine. Il citrato, invece, è un precursore importantissimo per la
biosintesi dei grassi e del colesterolo: quando il mitocondrio deve produrre i grassi,
questi vengono prodotti a partire dal citrato. Il succinil-CoA è il precursore dei gruppi
eme dell’emoglobina e della clorofilla, mentre, l’ossalacetato è il precursore
dell’aspartato, delle purine, delle pirimidine e di altri amminoacidi. Ognuno di questi
intermedi può andarsene via dal ciclo di Krebs per essere reimpiegati in altre vie
metaboliche, soprattutto quelle biosintetiche.
Fosforilazione ossidativa: nel ciclo di Krebs non viene prodotta molta energia, ma
solo le molecole di NADH e FADH2, da esso prodotte produrranno grandi quantità di
energia. L’energia verrà prodotta da queste due molecole attraverso, un processo,
che avviene a livello della membrana
mitocondriale interna, detto fosforilazione
ossidativa. La matrice mitocondriale
contiene tutte le componenti che servono
per la replicazione autonoma del
mitocondrio. Il mitocondrio è stato prodotto
tramite la teoria endosimbiotica. Il
mitocondrio deriva dall’inglobamento della
cellula eucariotica ancestrale con un
batterio, quest’ultimo ha fatto simbiosi con
la cellula ed è diventato il mitocondrio. Il
plastidio, organello sede della fotosintesi,
ha la stessa teoria. Il mitocondrio e il plastidio sono organelli a replicazione
autonoma, ovvero si dividono autonomamente in una cellula e hanno un DNA
proprio. Infatti, nella matrice mitocondriale troviamo del DNA mitocondriale che è
circolare, esattamente come il DNA che si trovava nei batteri. Il mitocondrio, ma
anche il cloroplasto, sono degli organelli a divisione autonoma, ciò vuol dire che
hanno un DNA proprio; il mitocondrio presenta il DNA mitocondriale di tipo circolare
disperso nella matrice mitocondriale. Il DNA mitocondriale possiede dei geni
mitocondriale che consentono l’informazione per produrre specifiche proteine
mitocondriali, affinché ciò avvenga c’è bisogno di un macchinario che serve per
l’espressione e la produzione di specifici RNA mitocondriale che, grazie ai ribosomi
mitocondriali, tradurranno le proteine mitocondriale. Nella matrice troviamo gli enzimi
che servono per far funzionare il ciclo di Krebs e in più troviamo DNA ed RNA
mitocondriali. La membrana mitocondriale interna è ripiegata su sé stessa in modo
tale da aver la maggior superficie possibile nel volume più piccolo possibile, essa
presenta queste introflessioni, dette creste, perché contiene la catena di trasporto
degli elettroni. Il NADH e il FADH2 prodotti nella matrice mitocondriale vengono
utilizzati nel processo della fosforilazione ossidativa che avviene proprio al livello
della membrana mitocondriale interna. La fosforilazione ossidativa si basa sulla
conversione del NADH a NAD+ con accettore finale di ossigeno che diventa acqua.
Vi sono dei complessi che per semplicità si

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chiamano complesso 1, complesso 3 e
complesso 4; gli elettroni arrivano al
complesso 1 che li cede al complesso 3
che a sua volta li cede al complesso 4
che li cede all’ossigeno. Il complesso 2
riceve elettroni del FADH2 e da qui si
procede come spiegato
precedentemente. Quando il complesso
1 prende elettroni dal NADH per cederli
al complesso successivo, per equilibrare
la diversità di carica vengono pompati 4 ioni H+ dalla matrice allo spazio inter-
membrana. Quando questi elettroni si sono spostati dal NADH sino all’ossigeno sono
stati pompati, approssimativamente 12 protoni, ciò ha comportato un impoverimento
di protoni nella matrice mentre lo spazio inter-membrana se ne è arricchito che
adesso presenta un ambiente acido. Questi protoni, se potessero spostarsi secondo
gradiente di concentrazione, ritornerebbero nella matrice, sappiamo però che la
membrana è impermeabile agli ioni H+, ma nella membrana mitocondriale interna
c’è un componente che spinge gli ioni dallo spazio inter-membrana alla matrice,
questa pompa prende il nome di H+ - ATPsintasi, quest’ultima permette il passaggio
secondo gradiente di concentrazione di tre ioni H+ e sintetizza una molecola di ATP
questo perché il movimento degli ioni è energeticamente favorevole e quindi questa
reazione viene accoppiata a una reazione energeticamente sfavorevole che è la
sintesi dell’ATP. Se dunque per ogni molecola di NADH vengono pompati 12 protoni
nello spazio intermembrana, si formeranno 4 molecole di ATP, essendo che dal ciclo
di Krebs vengono fuori 3 molecole di NADH alla fine avremo 36 protoni che
porteranno alla formazione di 12 molecole di ATP. Il passaggio degli elettroni dal
FADH2 all’ossigeno è meno efficiente e nello spazio intermembrana vengono
pompati 6 ioni H+ e si formano circa 2 molecole di ATP.
Bilancio respirazione cellulare: ogni molecola di
NADH crea 3ATP mentre ogni FADH2 può
produrne circa 2. Nella decarbossilazione
ossidativa abbiamo come prodotti 6NADH che
quindi ci daranno 6ATP. Dal ciclo di Krebs
6NADH quindi 18ATP e 2FADH2 quindi 4ATP.
Infine abbiamo rispettivamente 2ATP e 2ATP
già prodotti di per sé da glicolisi e Ciclo di Krebs.
Inoltre, nella glicolisi abbiamo 2NADH che
producono 6ATP, tuttavia può accadere che nel
processo si perda un po’ di energia e se ne producano solo 4. La resa teorica di tutta
la respirazione cellulare è 36/38ATP.

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Lezione 29/11/2022 – Biologia Applicata

6. IL DNA e la sua struttura


l’informazione genetica: il DNA contiene l’informazione genetica, ossia l’informazione
contenuta nei geni, che serve a produrre le proteine. Quando si dice che il DNA
contiene le informazioni per tutte le funzioni di una cellula, significa che contiene
l’informazione per produrre le proteine che, essendo enzimi e regolando delle
specifiche attività biologiche (quindi reazioni biologiche, reazioni biochimiche)
servono per far svolgere tutte le funzioni alla cellula. Materialmente le svolgono le
proteine, ma l’informazione per produrre le proteine è contenuta nel DNA. I primissimi
esperimenti che hanno dimostrato che effettivamente il DNA contenesse
l’informazione genetica sono stati svolti da Griffith che ha studiato i ceppi batterici, in
particolare un batterio (che induceva la polmonite) che esisteva in due forme: una
forma patogena e una forma non patogena. Facendo esperimenti, se una forma
veniva iniettata in un topolino, il topolino si ammalava e poi moriva, se gli veniva
iniettata l’altra, il topolino non moriva. Questi due ceppi batterici avevano anche un
aspetto differente, il patogeno aveva la forma di una colonia liscia, mentre quello non
patogeno aveva l’aspetto di una colonia rugosa frastagliata. Quello con la colonia
liscia (patogeno) viene chiamato ceppo S,
mentre quello con la colonia rugosa (non
patogeno) viene chiamato ceppo R. Griffith
prese alcuni batteri S e li uccise in seguito a
shock termico (alta temperatura).
Successivamente preparò una miscela in cui
erano presenti batteri R vivi e batteri S morti.
Iniettò la miscela nel topo e quello che ci si
aspettava era la NON comparsa della
malattia, in realtà il topo si ammalò e nei suoi
tessuti si riscontrarono batteri S. Da questo
esperimento si osservò che la miscela di
batteri morti S era in grado di trasformare il
batterio R in S, quindi il batterio R acquisiva
una nuova funzione: patogenicità e aspetto
della colonia S. Questa trasformazione risultava stabile nel tempo, quando il batterio
si divideva la caratteristica S veniva propagata in modo ereditario. Cioè tutte le cellule
figlie, derivate dal batterio R trasformato in S, venivano mantenute come S. Quindi
c’era una molecola che passava dalla miscela di batteri S uccisi con il calore, al
batterio R e ne faceva acquisire una nuova funzione. Questa funzione veniva
trasmessa alle generazioni successive in modo ereditario. Negli anni successivi
furono fatti altri esperimenti in cui la miscela di batteri S uccisi con il calore veniva
scomposta in carboidrati, acidi grassi, proteine, DNA e RNA. Ciascuno di questi
componenti veniva dato singolarmente al batterio R e si vide che quando veniva dato
il DNA del batterio S, il batterio R si trasformava in batterio S e questa informazione
veniva propagata in modo ereditario. Per tanto la molecola che contiene questa
informazione (in questo caso informazione per la funzione patogenicità e per
l’aspetto colonia liscia) è il DNA.

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Struttura del DNA: il DNA è un polimero di
nucleotidi legati tra di loro mediante
legami fosfodiesterici tra il gruppo 3’ H del
nucleotide precedente e il gruppo fosfato
alfa (legato al carbonio 5’ dello zucchero).
Si trovano tre fosfati in un nucleotide
trifosfato, di questi tre solo il primo viene
legato al gruppo 3’ H del nucleotide
precedente. Se una catena di DNA ha
orientamento 5’ 3’, l’altra catena sarà
antiparallela e avrà orientamento 3’ 5’. Le
due catene sono mantenute insieme da legami idrogeno tra le basi azotate, due
legami idrogeno tra adenina e timina, tre legami idrogeno tra citosina e guanina. Il
DNA nel caso dei batteri è disperso nel citoplasma, nel caso degli eucarioti è
contenuto nel nucleo. Il nucleo è formato da una membrana che tende a ripiegarsi
su stessa e lo strato esterno della membrana è continuo con il reticolo
endoplasmatico. Nell’ambito del nucleo troviamo delle zone più chiare e delle zone
più scure, queste zone sono entrambe DNA che però esiste in diversi gradi di
compattamento. La distanza tra i due filamenti della doppia elica di DNA è di 2
nanometri, quindi la molecola è molto sottile. Il DNA umano, seppur sottile, è lungo
più di 2 metri e per essere inserito nel nucleo (che è molto piccolo, circa 1micron x
1micron x 1micron) il filamento di DNA deve essere compattato. Quindi il DNA
presenta delle regioni più compattate e delle regioni meno compattate.
Eterocromatina ed eucromatica: le regioni più compattate (zona scura) si chiamano
anche regioni di eterocromatina, che sono delle macchie scure che si trovano nel
nucleo. Mentre le regioni meno compattate (zona chiara) si chiamano regioni di
eucromatina. Il fatto che il DNA è più o meno compattato è molto importante per
l’espressione genica. Il DNA contiene dei geni. Il gene è un’unità, un segmento di
DNA, che contiene l’informazione per produrre una proteina. Se i geni si trovano in
regioni di DNA che sono molto compattate sono poco espressi, mentre se si trovano
in regioni di DNA poco compattate sono molto espressi. Un gene è molto espresso
quando a partire da un gene verrà prodotto molto RNA messaggero. Un gene è una
sequenza di DNA che viene letta e copiata da un macchinario che si chiama
macchinario trascrizionale. Questo macchinario trascrizionale copia uno dei due
filamenti di DNA in RNA e quanto più RNA viene prodotto a partire dalla sequenza di
un gene, tanto più quel gene sarà espresso. Più RNA viene prodotto, più proteina
verrà prodotta a partire da quel determinato RNA messaggero che è stato prodotto
a partire da un gene. Meno un gene è espresso, meno RNA messaggero viene
prodotto e quindi meno proteine verranno prodotte. Questa situazione non è una
situazione statica, ma è una situazione dinamica che cambia continuamente nel
corso della vita di una cellula. Durante la vita di una cellula alcuni geni, in un
determinato momento, saranno molto espressi e altri poco espressi ma, in un altro
momento, questa situazione può cambiare: geni che erano molto espressi possono
diventare poco espressi e geni poco espressi possono diventare molto espressi.
Quindi questa situazione cambia ed è regolata dal grado di compattamento del DNA.
Per capire meglio il funzionamento di questo meccanismo è utile immaginare un filo
ripiegato su stesso, quindi compattato, affinché questo venga espresso c’è un
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macchinario che si deve legare alla sequenza del gene, deve scorrere lungo il filo,
leggerlo e copiarlo. Per questo macchinario è quindi più facile leggere il filo quando
è sciolto, cioè meno compattato. Questo è il motivo per cui il DNA molto compattato
è poco espresso, perché quelli che si chiamano fattori trascrizionali o complessi
trascrizionali non hanno grande accesso a quella determinata sequenza per potersi
legare, leggere e copiare. Invece un DNA poco compattato è più accessibile da parte
dei fattori trascrizionali, quindi i geni che si trovano in una regione poco compattata
saranno più espressi.
Le proteine istoniche: le proteine che regolano e
formano la cromatina sono le proteine istoniche. Le
proteine istoniche (istoni) sono delle proteine che
legano il DNA (sono sempre legate al DNA) e
formano una sorta di struttura a rocchetto, cilindrica,
attorno al quale si avvolge il DNA. Le proteine
istoniche che formano questi rocchetti si chiamano
H2A, H2B, H3 e H4. Il DNA si avvolge intorno a
questi rocchetti secondo il modello della collana a
filo di perle, dove ogni perla è rappresentata da un
rocchetto di proteine istoniche attorno al quale si
avvolge il DNA. Ciascun rocchetto prende il nome
di nucleosoma. I rocchetti possono interagire tra di loro mediante l’attività di altre
proteine istoniche, come l’istone H1 e possono regolare il grado di compattamento
del DNA, che raggiunge il massimo grado di compattamento durante la metafase
della mitosi. Ricapitolando, il DNA si trova nel nucleo associato a delle proteine, che
si chiamano proteine istoniche e il DNA associato a queste proteine forma quella che
si chiama cromatina. La cromatina può esistere in due forme: eterocromatina e
eucromatina. L’eterocromatina è fatta da regioni di DNA altamente compattate, che
quindi saranno poco espresse. L’eucromatina è fatta da regioni di DNA meno
compattate, quindi saranno molto espresse. Questa situazione non è una situazione
statica, ma è una situazione dinamica che cambia nel tempo. Le regioni di
eterocromatina e di eucromatina cambiano nel tempo: un gene, che si trova in un
determinato momento della vita di una cellula in una regione eterocromatica, ad un
certo punto cambia lo stato di compattamento del DNA e può ritrovarsi in una regione
eucromatica e quindi l’espressione di questo gene aumenta.
Il cariotipo: quando il DNA raggiunge il massimo
grado di compattamento è possibile visualizzare
ciascun cromosoma: i cromosomi si accorciano e
diventano più spessi e ciascun cromosoma
diventa visibile con l’uso di un microscopio. Il DNA
si trova organizzato in “pezzi” di cromosomi. Una
cellula umana ha 23 coppie di cromosomi: due
cromosomi 1, due cromosomi 2, due cromosomi
3, e così via fino ai due cromosomi 22, poi si trova
una coppia di cromosomi XY nel caso dell’uomo e
una coppia di cromosomi XX nel caso della donna. Nella metafase della mitosi,
facendo una fotografia al nucleo, riusciamo a distinguere ciascuna coppia di
cromosomi. Tutto ciò acquisisce un aspetto bastoncellare. In questa metafase, i
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cromosomi che si sono precedentemente duplicati devono migrare verso i poli
opposti della cellula per potersi dividere in 2 cellule figlie, dunque in questo momento,
il DNA è compattato in modo estremo, ma i geni non sono espressi. Ogni cromosoma
è un pezzo, una lunga sequenza di DNA. I cromosomi sono organizzati dal più
grande al più piccolo significa che l’1 è il cromosoma più lungo, il 2 un po’ più corto
e così via, fino ad arrivare al cromosoma 22 che è il più piccolino. Mentre quelli XY e
XX sono legati al sesso.
I geni: il cromosoma lo possiamo dividere in tanti segmenti, ogni segmento è un gene.
Tutto il DNA lo possiamo dividere in:
- regioni geniche, che contengono
l’informazione per produrre le proteine;
- regioni intergeniche, che non
contengono l'informazione per produrre le
proteine.
Il gene va immaginato come una
sequenza di DNA che contiene
informazioni per produrre una proteina, il
pezzo a fianco non contiene nessuna informazione. La regione di DNA che contiene
l’informazione per produrre proteine è molto piccola “2%”, circa il 20% del DNA è
fatto da geni. Un gene è costituito da una regione di regolazione chiamata promotore
(non contiene l’informazione per produrre le proteine) ma serve per l’ancoraggio dei
fattori trascrizionali che andranno a leggere e copiare il DNA in RNA. La sequenza
di RNA è suddivisa in regioni che vengono definite esoniche e regioni introniche. Le
regioni introniche, non contengono l’informazione per produrre le proteine, perché
una volta che si forma l’RNA messaggero, quest’ultimo subisce un processo di
maturazione che determina la rimozione degli introni e l'aggiunzione degli esoni. Tutti
gli esoni verranno uniti tra di loro, e alla fine solo il pezzo caratterizzato
dall’aggiunzione degli esoni, è quello che contiene l’informazione per produrre le
proteine.

7. La duplicazione del DNA


In una cellula uno dei momenti più importanti è quella che viene chiamata fase S,
ovvero la fase di sintesi del DNA. Una cellula madre si divide in due cellule figlie,
appena nasce una cellula figlia essa si trova in una fase detta G1, ovvero una fase
di accrescimento. La fase di sintesi del DNA è un processo semiconservativo, infatti
quando avviene la replicazione, il DNA fatto da due eliche che formano una doppia
elica, essa si apre (viene denaturata, cioè intervengono degli enzimi che separano
le due eliche) e ciascuna elica fa da
stampo per la sintesi di un nuovo
filamento (neosintetizzato). Questo
determina che da una doppia elica si
otterranno due doppie eliche, ciascuna
costituita da un filamento stampo
parentale (vecchio) e un filamento nuovo,
di nuova sintesi; questo processo di
replicazione del DNA viene chiamato semiconservativo. La replicazione del DNA
avviene grazie ad un enzima che si chiama DNA polimerasi, che è responsabile della
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polimerizzazione del DNA. Dunque, la DNA polimerasi lega il fosfato alfa con il
gruppo 3’OH del nucleotide precedente e catalizza l’aggiunta di un nucleotide scelto
sulla base del filamento complementare che fa da stampo. L’enzima chiave della
duplicazione del DNA, è la DNA polimerasi che sintetizza solo in direzione 5’- 3’,
quindi, lavora sul filamento parentale (cioè stampo). Il primo evento della
duplicazione è la separazione dei due filamenti che compongono la doppia elica, ad
opera di enzimi chiamati elicasi formando la cosiddetta bolla o forcella di
replicazione. Poiché la DNA polimerasi è capace di lavorare in una sola direzione, il
filamento 5’-3’ di nuova sintesi è detto guida e viene sintetizzato in maniera continua.
Per formare il filamento 3’-5’, la DNA polimerasi si muove in direzione opposta al
senso della forcella di replicazione, viene quindi sintetizzato in maniera discontinua
e prende il nome di filamento lento. Si formeranno tanti segmenti chiamati frammenti
di Okazaki (di 1000/2000 basi), che in seguito verranno uniti da un enzima specifico.
Di conseguenza la duplicazione è detta asimmetrica per la differenza nella
formazione dei due filamenti. La DNA polimerasi è l'enzima che catalizza la
polimerizzazione dei nucleotidi ma non è in grado di avviare la costruzione del nuovo
filamento da zero, in quanto, può
aggiungere nucleotidi solo al terminale 3’
OH preesistente. Interviene un altro
enzima, la RNA polimerasi, che è in grado
di mettere il primo nucleotide della nuova
catena. La DNA primasi, invece, ha il
compito di sintetizzare il primer, ovvero, un
corto filamento a cui la DNA polimerasi può
attaccare i nucleotidi di nuova sintesi. La
RNA polimerasi a differenza della DNA polimerasi, ha una capacità di errore
maggiore (mille volte superiore), infatti, si stima che la DNA polimerasi compia
massimo 3 errori per ogni ciclo di replicazione (DNA polimerasi = un errore ogni
miliardo di nucleotidi; RNA polimerasi = un errore ogni 10 mila nucleotidi). La DNA
polimerasi ha la capacità di riconoscere gli eventuali errori e di tagliare il nucleotide
sbagliato e riposizionare quello corretto, questo meccanismo prende il nome di
correttore di bozze. Sul filamento veloce viene prodotto un primer di quella forcella
di duplicazione che viene allungato dalla DNA polimerasi e quest’ultima procede
insieme alla forcella di duplicazione. Sull’altro filamento, invece, deve essere
prodotto un primer per ogni filamento di Okazaki. Ora, siccome l’enzima DNA primasi
(che è un RNA polimerasi) che ha messo il primer, questo primer è fatto di
ribonucleotidi, poiché mette pezzi di RNA nel DNA. Dato che ciò non è possibile, una
volta che viene messo, tutti questi primer una
volta che la DNA polimerasi li ha allungati,
vengono rimossi da uno specifico enzima che si
chiama RNAasi H. L’RNAasi H è l’enzima che
“mangia” l’RNA. Perciò questo primer (nella foto
in blu) viene rimosso. Se l’RNA “si mangia” il
primer, il nucleotide che sta prima del primer
avrà libero il gruppo 3’ OH. Togliendo il primer
davanti, il pezzo che prima era del primer, verrà
rimpiazzato dalla DNA polimerasi con DNA,
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perché l’RNA non deve rimanere nel DNA. La DNA polimerasi procedendo, troverà
davanti a sé il DNA del precedente frammento di Okazaki. Sarà presente quindi un
nucleotide con un solo fosfato libero. Sarà presente un nucleotide con un solo fosfato
davanti e l’ultimo nucleotide che ha il 3’ OH. La DNA polimerasi, però, non sarà in
grado di unire un 3’ OH con un nucleotide con un fosfato, perché, per formare quel
legame servono 3 fosfati. Per formare questo legame interviene un altro enzima che
lega i frammenti di Okazaki tra di loro e consuma ATP per fare il legame tra il 5’
fosfato e il 3’ OH. Questo enzima prende il nome di DNA ligasi. Un altro enzima
rilevante è la topoisomerasi (nella foto
l’anello verde), il quale svolge i due filamenti.
Svolgendo i filamenti, che hanno le
estremità legate tra di loro, davanti e dietro
la forcella di replicazione, si formano dei
super avvolgimenti (“nodi” nel gergo
comune non tecnico). Le volte che si gira un
filamento sull’altro, si crea un super
avvolgimento davanti in un senso e dietro
nel senso opposto. Le elicasi fanno circa
1000 nucleotidi al secondo, quindi significa che svolgono 100 giri di DNA al
secondo e quindi creano 100 super avvolgimenti al secondo avanti e indietro. (Es. 2
fili di acciaio girati uno sull’altro con una velocità di 100 giri al secondo, se non
vengono tolti i super avvolgimenti, i 2 fili si spezzeranno a causa della torsione forte
che si crea). Questi super avvolgimenti, vengono eliminati dalla topoisomerasi. La
topoisomerasi ha un inibitore farmacologico “etoposide” che è un farmaco che si usa
anche a scopo chemioterapico, perché è tossico sia per le cellule tumorali che per le
cellule normali, però in un contesto del genere, le cellule tumorali, ovvero le cellule a
maggior capacità replicazionale (quelle che replicano di più), sono quelle più sensibili
a un farmaco che blocca l’azione delle topoisomerasi. L’azione farmacologica è che,
bloccando le topoisomerasi, il DNA si spezza e le cellule muoiono, quindi è un veleno
che provoca la distruzione delle cellule che stanno in attiva replicazione, perché le
cellule che vanno in attiva replicazione e non hanno topoisomerasi, frammenteranno
il DNA, perché le elicasi faranno i super avvolgimenti che determineranno la rottura
della molecola. In conclusione esiste un enzima che si chiama telomerasi che serve
per la replicazione del telomero. Il telomero è la parte terminale del cromosoma. Non
tutte le cellule nel nostro corpo hanno la piena attività telomerasica, solo le cellule
staminali possiedono la piena attività. Le cellule non staminali, cioè, le cellule
differenziate, quelle che sono già diventate, per esempio, cellula immunitaria, cellula
epiteliale, cellula muscolare cardiaca, una volta che
hanno raggiunto un determinato grado differenziato,
quindi sono già diventate cellule muscolari,
fibroblasti, cellule dell’epidermide, quindi non sono
più staminali e perdono la capacità della telomerasi.
Ogni volta, quando queste replicano, i cromosomi si
accorciano sempre di più e la lunghezza del telomero
è un parametro di quella che si chiama senescenza
cellulare. Più una cellula differenziata ha fatto

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replicazione e più il DNA sarà corto al livello dei telomeri, quindi più quella cellula
sarà considerata vecchia e “poco funzionale”.

Lezione 02/12/2022 – Biologia Applicata

8. L’espressione genica
I geni sono quei segmenti di DNA che contengono l’informazione per produrre una
proteina. Il processo attraverso il quale, a partire dalla sequenza di un gene si ottiene
una proteina, si chiama espressione genica. Quindi l’informazione contenuta nei geni
viene decodificata e da quella specifica sequenza
si ottiene la proteina.
Due sono le fasi:
- trascrizione: in cui la sequenza genica viene
copiata in RNA (RNA polimerasi);
- traduzione: in cui il messaggio contenuto nella
molecola di RNA (RNA messaggero) viene
tradotto (RNA transfer) in un linguaggio diverso,
ovvero in sequenze di amminoacidi. Si passa
quindi da un linguaggio di sequenza di nucleotidi
in una proteina. I geni però non contengono solo
il messaggio che serve per produrre la proteina, ma è anche contenuta l’informazione
che dice quanta proteina bisogna produrre in un
determinato momento. Da un gene si ottiene più
proteina o meno proteina: più viene espresso un
gene (a loro volta si formeranno anche più molecole
di RNA) e più proteina verrà prodotta, meno gene
verrà espresso (meno molecole di RNA) e meno
proteina verrà prodotta, tutto ciò dipenderà dalle
esigenze della cellula. Da qui avremo anche diversi
tipi di proteine. Il processo di trascrizione è un
processo attraverso il quale la sequenza contenuta
nel gene viene copiata in RNA dall’enzima RNA polimerasi. Il gene è costituito da
una lunga o corta sequenza di nucleotidi costituiti da una regione di regolazione,
definita promotore (regione che non viene trascritta), alla quale si andrà a legare una
proteina che funge da impalcatura e a sua volta si legherà l’RNA polimerasi che
inizierà a trascrivere la regione successiva al promotore. L’RNA conterrà dei pezzetti
di DNA definiti introni ed esoni: questa molecola di RNA (RNA messaggero) subirà
successivamente un processo di maturazione in cui verranno eliminati gli introni e gli
esoni verranno legati tra di loro. Del DNA si conosce ogni singola sequenza di basi
nucleotidiche a partire dal primo nucleotide di un telomero fino all’ultimo nucleotide
del telomero di chiusura. Ogni cromosoma è dunque una lunga parola costituita da
lettere ACGT (adenina, citosina, guanina e timina), da una sequenza si può capire
dov’è un gene, in quanto esistono dei segnali che caratterizzano i promotori di un
gene. Questi segnali sono delle sequenze specifiche che non differiscono da un
promotore ad un altro e servono per l’ancoraggio dell’enzima RNA polimerasi.

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9. La trascrizione pt. 1
La trascrizione avviene in luoghi diversi in base al tipo di cellula di cui abbiamo a
che fare: negli eucarioti la trascrizione avviene nel nucleo, successivamente avrà
un processo di maturazione prima di entrare nel citoplasma ed essere tradotto;
mentre, i procarioti essendo privi di nucleo, la trascrizione e la traduzione
avvengono contemporaneamente nel citoplasma. Un’altra differenza tra la
trascrizione batterica e quella eucariotica è nell’RNA polimerasi: nei procarioti vi
è un'unica RNA polimerasi mentre gli eucarioti vi sono ben tre RNA polimerasi e
ognuna di queste sintetizza per un tipo particolare di RNA:
- l’RNA polimerasi 1: sintetizza l’RNA ribosomiale (i
ribosomi sono strutture situate nel citoplasma e a
livello di essi avviene la traduzione e sono costituiti
da proteine e da specifici RNA). Quattro sono i
diversi tipi di RNA ribosomiale che differenziano tra
di loro dal tipo di grandezza: 28S 18S 5,8S e 5S
dove “S” sta per Svedbergs (coefficiente di
sedimentazione, parametro di grandezza della
molecola);
- l’RNA polimerasi 2: sintetizza l’RNA più
importante, ovvero l’RNA messaggero;
- l’RNA polimerasi 3: sintetizza l’RNA ribosomiale
più piccolo e il tRNA (transfer). Esistono tanti tipi
diversi di tRNA ed ogni tRNA è legato ad almeno
un amminoacido. La presenza di due particolari
sequenze garantisce dove l’RNA polimerasi deve
iniziare a trascrive,
queste sequenze sono:
- TTGACA
- TATAAT
L’RNA polimerasi sì solo muove in direzione 5’-3’
utilizzando uno dei due filamenti da stampo. Le due sequenze però le possiamo
trovare o sul filamento di sopra o sul filamento di sotto: se le sequenze si trovano sul
filamento di sopra la polimerasi si muoverà da sinistra verso destra, se invece le
sequenze si trovano sul filamento di sotto la polimerasi si muoverà da destra verso
sinistra. Esempio: Se nel filamento di sopra è presente il segmento TTGACA
TATAAT quando la polimerasi inizia a trascrivere, la sequenza del filamento di sopra
sarà tale e quale a quello del RNA poiché è l’altro filamento che funge da stampo. Il
filamento TTGACA TATAAT è definito filamento consenso, ed è il filamento che avrà
la stessa sequenza dell’RNA con la sostituzione della Timina con l’Uracile. Il
filamento sintetizzato di RNA 5’-3’ avrà la stessa sequenza del filamento di DNA 5’-
3’ Filamento consenso: è il filamento di DNA che conterrà la stessa identica
sequenza del filamento di RNA.
Trascrizione nei procarioti: queste due sequenze TTGACA e TATAAT non sono
direttamente legate dall’RNA polimerasi, ma bensì sono legate da una proteina
definita fattore σ (sigma). Il fattore sigma ha una struttura a ferro di cavallo dalla quale
legherà da una parte la sequenza TTGACA, e dall’altra parte legherà la sequenza

21
TATAAT; l’RNA polimerasi andrà a legarsi e
dal nucleotide successivo inizierà la sua
trascrizione.
La trascrizione comprende tre fasi:
- fase di inizio in cui il fattore si lega a queste
sequenze e l’RNA inizia la sua trascrizione
all’inizio la trascrizione prosegue molto
lentamente;
- fase di allungamento il fattore sigma si
stacca dalla struttura e l’RNA polimerasi inizia
ad aumentare la sua velocità;
- fase di terminazione l’RNA polimerasi incontra delle specifiche sequenze che
creano una destabilizzazione del complesso RNA polimerasi-RNA nascente-DNA.
Trascrizione eucariotica: negli eucarioti non è presente il fattore sigma, al suo posto
c'è una proteina detta TF2D, che svolge quindi la stessa funzione del fattore sigma:
si lega a delle specifiche sequenze ricche di T e A (sequenza ricca solo di timina e
adenina) questa sequenza legata alla TFIID, legata a sua volta alla TFIIB. Dunque si
lega il complesso di RNA polimerasi e altre proteine tra cui la TFIIH dove H sta per
helix perché dotata di azione di elicasi (in grado quindi di denaturare la doppia elica,
e di azione d chinasi (aggiunge gruppi fosfato all'RNA polimerasi la quale quando
viene fosforilata passa dalla fase di inizio alla fase di allungamento, ovvero la RNA
polimerasi si muove molto velocemente e sintetizza la RNA messaggero.) a
cooperare con l'RNA polimerasi, oltre a queste proteine (TFIID, TFIIB, TFIIH)
esistono altre fattori trascrizionali detti fattori trascrizionali inducibili o enhancer,
ovvero attivi soltanto in determinati casi, perché sono intensificatori della trascrizione;
esempio: se arriva un segnale proliferativo, arriverà un fattore trascrizionale
inducibile che si andrà a mettere solo sui geni che serviranno a codificare quelle
proteine utili a far passare la cellula dalla fase G1 Alla fase S. Una molecola che
porta un certo segnale, si lega al recettore il quale cambia la conformazione sul lato
citoplasmatico e va ad attivare una serie di proteine fino a che non viene attivata una
determinata proteina che passa dal citoplasma al nucleo e qui si va a mettere su
delle sequenze specifiche che si trovano solo su promotori di specifici geni. La
sequenza di DNA specifica che vengono legate da questi fattori inducibili si chiamano
sequenze enhancer, quando quindi il fattore trascrizionale si posiziona su questi
specifici promotori può agire in due modi per intensificare la trascrizione, o va
direttamente a stimolare la RNA polimerasi o cambia il grado di compattamento del
DNA, se il DNA è meno compattato può essere più attivo da un punto di vista
trascrizionale.

Lezione 06/12/2022 – Biologia Applicata

10. La trascrizione pt. 2


Modificazioni post-trascrizionali: una volta prodotto l’RNA messaggero, questo va
incontro a delle modifiche, come ad esempio l’mRNA capping. Basti pensare alla
cosiddetta giunta del cappuccio a 5’, che non è altro che la giunta di un nucleotide

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alterato chiamato sette metilguanina, che viene aggiunto al quinto nucleotide del
trascritto mediante il legame non canonico 5’ 5’ 5’. Il legame canonico sarebbe 3’ 5’,
ovvero il legame tra il gruppo 3’H del gruppo precedente con il 5’ fosfato del
nucleotide successivo. L’aggiunta di questo nucleotide modificato va a stabilizzare il
trascritto, rendendolo più stabile e duraturo, permettendogli di permanere più tempo,
considerando che ogni molecola prodotta dalla cellula non ha durata illimitata, ma ha
una sua stabilità che viene prima o poi interrotta, a causa, ad esempio, della sua
rottura. Allo stesso modo, anche l’RNA messaggero ha una sua fragilità, si degrada
infatti molto facilmente, anche se nelle cellule ci sono degli enzimi (soprattutto nel
citoplasma) chiamati RNAsi, responsabili della degradazione degli RNA messaggeri
e non solo. La cellula contiene questi enzimi nonostante degradino i vari RNA in
quanto costituiscono una difesa contro fattori esterni quali, ad esempio, i virus.
Rappresentano come un meccanismo di prima difesa che le cellule hanno evoluto
contro i virus, motivo per cui le cellule hanno trovato il sistema per riconoscere il
proprio RNA e saperlo distinguere da quello proveniente da batteri, virus etc. L’RNA
batterico non presenta questi tipi di modifiche (es: 3’ 5’), quindi se un batterio dovesse
infettare una cellula, gli enzimi in corso di infezione all’interno della cellula
rimuoverebbero l'RNA batterico. Le cellule hanno dovuto trovare un sistema per
riconoscere il proprio RNA da quello che può derivare per esempio dai virus e dai
batteri, queste modifiche possono essere il cappuccio a 5’ e la coda di Polia, mentre
i batteri i propri RNA non posseggono queste modifiche, quindi se un batterio infetta
una cellula e butta il suo RNA al suo interno, rilascia tutti questi enzimi che si vanno
a mangiare l’RNA batterico perché quest’ultimo queste modifiche come il cappuccio
a 5’ e la coda di Polia non le possiede, quindi la cellula si è evoluta anche per
riconoscere l’RNA batterico da quello proprio. Una di queste modifiche è l’aggiunta
del cappuccio a 5’ che è l’aggiunta di questo nucleotide modificato, se un RNA si
attacca a questo RNA che ha questo cappuccio a 5’ non riuscirebbe a degradare o
a spezzare questo legame 5’ 5’ trifosfato. L’aggiunta del cappuccio a 5’ e della coda
di Polia conferiscono stabilità L’aggiunta della coda di Polia è fondamentalmente
l’aggiunta di una serie di 200 o 300 adenine alla fine di ogni trascritto, quindi ogni
trascritto è allungato con 200/300 adenine; il ruolo biologico di questa modifica è
quello di stabilizzare il trascritto e di renderlo più duraturo, quindi conferirgli
un’emivita maggiore. Gli eventi di maturazione avvengono nel nucleo e sono eventi
co-trascrizionali, come per esempio il cappuccio a 5’ e l’aggiunta della coda di Polia,
ovvero che avvengono contemporaneamente alla trascrizione. Nel processo di
splicing troviamo regioni chiamate esoni e introni, quest’ultimi ovvero gli introni sono
più grandi ed occupano regioni maggiori rispetto agli esoni e verranno rimossi da
questo processo di splicing. Questi introni vengono prima prodotti e poi rimossi per
scopo di protezione perché analizzando la sequenza del DNA la parte codificante,
ovvero la parte che contiene informazione per produrre ad esempio le proteine è una
parte minima che in questo caso sarà del 2% del DNA; le sequenze geniche
rappresentano il 20% del DNA totale, ma solo il 2% contiene l’informazione per
produrre una proteina mentre il restante 18% non contiene informazione e verrà
comunque rimosso e questo grosso investimento da parte della cellula per la
produzione di queste regioni che verranno anche rimosse ha sempre la funzione di
protezione. Nel processo di splicing fondamentalmente succede che avviene la
rimozione degli introni (i quali occupano regioni più grandi) e nel ricongiungimento
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degli esoni e si ottiene un RNA messaggero che ha subito un processo di
maturazione e che quindi sarà costituito solo esclusivamente da regioni esoniche e
avrà il 5’ modificato. A livello degli introni troviamo delle sequenze più o meno
caratteristiche, nella parte centrale dell’introne troviamo una sequenza che si chiama
“YNCURAY”, dove:
- Y è una pirimidina;
- N è un nucleotide qualsiasi;
- C è una citosina;
- U è un uracile;
- R è una purina;
- A è un amelina.
Riconosciamo un introne leggendo una sequenza di DNA perché nelle regioni
introniche troviamo sempre le stesse sequenze:
- sito di splicing a 5’;
- sito di splicing a 3’;
_sito di ramificazione.
Fondamentalmente con lo splicing succede che la citosina del sito di splicing a 5’, si
lega all’adenina del sito di ramificazione, (in realtà si lega al gruppo H del 2’) e si
forma una struttura a laccio. Successivamente un 3’H libero si lega al 5’fosfato del
primo nucletide di questo introne, cosi che l ‘esone 1 si lega all’esone 2 eliminando
la struttura a laccio. Questo processo avviene con tutti gli introni che
successivamente verranno rimossi, così tutti gli esoni verranno legati tra di loro,
ottenendo un mRNA messaggero che ha subito un processo di maturazione e che
quindi sarà costituito solo da regioni esoniche ed avrà il 5’ modificato con l ‘aggiunta
del cappuccio A 5’ mentre A 3’ sarà caratterizzato dalla coda di poliA. Una volta che
questo trascritto è stato prodotto, l’RNA viene esportato dal nucleo verso il
citoplasma. L’mRNA contiene una sequenza nucleotide per produrre una proteina, il
messaggio deve essere codificato cioè passare al linguaggio dei nucleotidi al
linguaggio degli amminoacidi. Il codice genetico si basa su una sequenza di tre
nucleotidi dove ogni particolare tripletta di nucleotidi corrisponde un determinato
amminoacido. Ciascuna tripletta sull’mRNA messaggero viene anche detta codone.
A ciascuna tripletta corrisponde un solo amminoacido ma triplette diverse possono
codificare per lo stesso amminoacido. Il ribosoma sceglie il quadro di lettura in base
ai segnali che gli dicono da dove iniziare. Il segnale che gli dice da dove iniziare è la
tripletta AUG.

Lezione 13/12/2022 – Biologia Applicata

11. La traduzione
Il codice genetico: prima di parlare della sintesi delle proteine bisogna parlare della
traduzione. La traduzione che è l’ultima tappa dell’espressione genica è chiamata
così perché il linguaggio di sequenza nucleotidica che troviamo nell’RNA
messaggero deve essere tradotto in una sequenza di amminoacidi. Nell’mRNA sono
presenti quattro diversi nucleotidi;
- uno che porta la l’adenina;
- uno che porta l’uracile;
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- uno che porta la citosina;
- un altro che porta la guanina.
Gli amminoacidi impiegati nella sintesi proteica sono 20. Da 4 nucleotidi che si
ripetono (adenina, uracile, citosina, guanina) si ottengono 20 amminoacidi diversi
perché il codice, cioè quello che ci
permette di decodificare il linguaggio di
sequenza nucleotidica permette di tradurre
questo linguaggio in sequenza
amminoacidica. Questo codice si basa su
sequenze di tre nucleotidi chiamate
triplette e a ciascuna tripletta corrisponde
un preciso amminoacido. In realtà il codice
è considerato ridondante o degenere e ciò
significa che diverse triplette possono
specificare per lo stesso amminoacido ma
non vale il contrario cioè che la stessa
tripletta possa specificare per due
amminoacidi diversi. Il codice è appunto
univoco in quanto una tripletta darà
sempre uno stesso amminoacido e triplette
diverse non daranno mai due amminoacidi diversi. Si può notare il codice codificato
agli inizi degli anni 60, una scoperta che ha rivoluzionato la storia della biologia, in
cui ad ogni tripletta nucleotidica corrisponde un determinato amminoacido. Se
abbiamo una sequenza di nucleotidi, ad esempio la sequenza di seguito riportata
(CUCAGCGUUACCAU), questa può essere letta in 3
modi diversi:
- se si considera che la prima tripletta parte dal primo
nucleotide si avrà il seguente linguaggio di sequenza
nucleotidica che viene tradotto in questo linguaggio di
sequenza di amminoacidi;
- se si parte invece dal secondo nucleotide si avrà un
quadro di lettura diverso;
-così come, se si parte dal terzo nucleotide si avrà un
quadro di lettura ulteriormente diverso.
Per capire quale sia il corretto quadro di lettura c’è
bisogno di un segnale. Il segnale è il codone di inizio AUG. Significa che il ribosoma
è ciò che andrà a tradurre questo linguaggio di nucleotidi e lo converte in un
linguaggio amminoacido. Il ribosoma legherà poi il trascritto alla parte iniziale del
trascritto e scorre lungo esso alla ricerca del codone di inizio. Quando trova questo
codone di inizio si forma e inizierà a leggere la sequenza in triplette a partire dal
primo AUG che si trova.
Il t-RNA: l’altro protagonista della sintesi proteica è il t-RNA. La caratteristica di un
T-RNA è quella di possedere al 3’ legato un amminoacido; ogni T-RNA ha un modo
caratteristico, cioè specifico, una specifica sequenza T che si chiama regione
dell’anticodone ed ha sulla base della sequenza uno specifico amminoacido. Si
prende in considerazione il codone dell’AUG. Come abbiamo detto, la sintesi proteica
inizia quando il ribosoma legge sull’RNA messaggero un codone di una tripletta
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iniziale che si chiama AUG. Tutti gli RNA messaggero
contengono come triplette iniziali, circa agli inizi della sintesi
proteica, l’AUC dove questa tripletta specifica per
l’amminoacido metionina e quindi tutte le triplette iniziano
sempre con lo stesso amminoacido che è la metionina. Quindi,
la sintesi proteica, inizia a partire dal codone di inizio che è
l’AUG che è la metionina. Se nell’RNA messaggero troviamo
AUG il complementare sarà UAC ma letto dal 5’ il
complementare sarà UAC 3’-5’. Il t-RNA che porta
l’amminoacido avrà un anticodone specifico, caratteristico,
perché si andrà a legare al codone sull’RNA messaggero e
porterà a un determinato amminoacido che in questo caso è la
metionina. Un altro t-RNA che porta un altro anticodone, come ad esempio
l’anticodone GAA, porterà un altro amminoacido che è la fenilanina e così via.
Esistono quindi tanti tipi di t-RNA ognuno caratterizzato da uno specifico anticodone
che sarà associato ad uno specifico amminoacido e che sarà legato al 3’H del t-RNA.
L’enzima che va a legare e fa corrispondere al t-RNA il suo amminoacido è
l’amminoacil t-RNA sintetasi ed esistono 20 diverse amminoacil t-RNA sintetasi
ognuna delle quali accoppia ad un preciso t-RNA, che è caratterizzato da una
determinata regione dell’anticodone, un determinato amminoacido. Esiste un enzima
che si chiama metionil-t-RNA sintetasi che andrà ad accoppiare al t-RNA che ha nella
sua regione dell’anticodone la sequenza CAU l’amminoacido metiolina e così via.
Fondamentalmente questa amminoacil-t-RNA sintetasi catalizza una reazione a 2
tappe:
- la prima tappa si chiama attivazione
dell’amminoacido che è una reazione in
cui il gruppo carbossilico -COOH
dell’amminoacido viene legato ad una
molecola di ATP, fuoriescono i 2 fosfati e
l’AMP cioè l’adenosina monofosfato si
andrà a legare al gruppo carbossilico
dell’amminoacido;
- nella seconda tappa andrà a legare il
gruppo carbossilico dell’amminoacido al gruppo 3’ H del tRNA, dove il 3’ H del tRNA,
ha questa sequenza caratteristica del gruppo terminale cca, cioè all’ultimo nucleotide
del tRNA, in posizione 3’ che ha l’OH libero si andrà a legare il gruppo carbossilico
dell’amminoacido. Quindi abbiamo quello che si chiama amminoacil-tRNA, che è una
molecola fatta da un legame tra il gruppo carbossilico dell’amminoacido al gruppo 3’
H terminale del tRNA.
L’amminoacil-tRNA svolge un’azione molto fedele, significa che fa pochissimi errori.
Abbiamo infatti visto che la DNA-polimerasi, oltre l’attività polimerasica ha anche
un’attività di correttore di bozze cioè se incorpora un nucleotide sbagliato è in grado
di tornare indietro, spezzare il legame con il nucleotide precedente, buttare via il
nucleotide sbagliato e lo sostituisce con il nucleotide nuovo, quest’enzima fa
esattamente la stessa cosa. Il fatto che faccia pochissimi errori è dovuto al fatto che
esistono 20 amminoacilt-tRNA-sintetasi quindi ciascuno di questi ha una forma tale
che solo il tRNA corretto ci può entrare, ma nel caso in cui entrasse o un
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amminoacido sbagliato o un tRNA sbagliato l’amminoacil-tRNA sintetasi è in grado
di capire l’errore, e quindi spezza di nuovo il legame tra il gruppo carbossilico del
primo amminoacido è il gruppo 3’H del tRNA e butta via l’amminoacido sbagliato e
lo va a sostituire con quello corretto. L’ammonoacil-tRNA sintetasi, svolge, catalizza
una reazione che è molto fedele, fa un errore ogni 50000 accoppiamenti.
Il ribosoma: la struttura fondamentale per la sintesi proteica oltre al tRNA e
all’amminoacil-tRNA, è il ribosoma. Il ribosoma è un complesso ribonucleoproteico,
cioè è un complesso fatto da proteine e RNA-ribosomiale. Lo possiamo immaginare
composto da due parti, che si chiamano subunità maggiore e subunità minore, che
possono stare tanto separate, tanto possono unirsi insieme per formare il ribosoma
completo. Il ribosoma completo fatto dalle due subunità associate tra di loro, quello
eucariotico, prende il nome di ribosoma 80s. Il ribosoma 80s è fatto da due parti che
si chiamano:
- subunità maggiore o subunità 60s;
- subunità minore o subunità 40s;
La subunità maggiore è fatta da una cinquantina di proteine legati all’RNA
ribosomiale 28s, 5.8s e 5s. La subunità minore invece è fatta da una trentina di
proteine più l’RNA ribosomiale 18s. Se consideriamo il ribosoma fatto dalle due
subunità, quindi il ribosoma 80s e lo andiamo a vedere nel dettaglio troviamo che ha
un canale per l’RNA messaggero, cioè ha una sosta di
struttura che serve per l’ingresso dell’RNA messaggero e per
far scorrere il ribosoma nell’RNA messaggero. Poi ha tre
tasche, tre siti attivi che prendono il nome di sito E, sito P e
sito A:
- Il sito E, è il sito di uscita per il tRNA scarico;
- Il sito P, è il sito che serve per il tRNA associato alla catena
nascente proteica;
- Il sito A, è il sito in cui vanno ad entrare gli amminoacil-tRNA.
La sintesi proteica: La prima cosa che succede è che il ribosoma,
in particolare la subunità minore del ribosoma si va a legare al 5’
del trascritto, scorre lungo il trascritto alla ricerca del codone d’inizio
AUG, e posiziona il codone d’inizio AUG a livello del sito P. Si andrà
a posizionare il tRNA che porta l’amminoacido metionina e si crea
un appaiamento codone-anti codone, cioè tra il codone dell’RNA
messaggero l’anticodone del tRNA che porterà legata la metionina.
Nel sito A troviamo esposta la tripletta successiva all’AUG, qui
entrerà un altro tRNA che ha come anticodone, l’anticodone che è
complementare a quello della tripletta successiva, si crea quindi un
appaiamento tra la tripletta successiva dell’RNA messaggero con
l’anticodone del nuovo tRNA. Gli amminoacidi sono legati tramite il
gruppo carbossilico, quindi hanno il gruppo amminico libero, quello
che deve avvenire è la rottura del legame tra il gruppo carbossilico
della metionina al 3’ H del tRNA e legare il gruppo carbossilico al
gruppo amminico che è libero, dell’amminoacido tramite la
peptidiltransferasi. Contemporaneamente all’azione dell’enzima
peptidiltransferasi, il ribosoma si sposta in avanti di tre nucleotidi,
quindi di una tripletta e succede che il tRNA scarico si sposta nel sito E, ed essendo
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sito di uscita, il tRNA va via. Il tRNA legato alla metionina si sposta dal sito P al sito
A, è il sito P rimane vuoto. Nel sito A verrà esposto il codone dell’RNA messaggero,
in cui si andrà ad inserire un altro tRNA, che porterà un altro amminoacido e avverrà
un altro legame peptidico tra un amminoacido che porterà tutta la catena al gruppo
amminico dell’altro amminoacido. Questo ciclo si ripeterà fin quando non verrà
inserito nel sito A un codone di stop, a questo punto interverranno i fattori di rilascio,
ossia proteine che si inseriranno nel sito A e andranno a disassemblare il ribosoma,
a sua volta la proteina verrà rilasciata nel citoplasma e la sintesi proteica sarà
terminata. La sintesi proteica procariotica ed eucariotica hanno le stesse funzioni,
l’unica differenza sta nel fatto in cui il ribosoma procariotico è leggermente più ridotto
rispetto a quello eucariotico. Negli anni sono stati creati farmaci che colpivano il
ribosoma procariotico ma non quello procariotico, ad esempio una grande classe di
antibiotici colpiscono il ribosoma procariotico, sono
cioè delle molecole che entrano nel ribosoma e bloccano uno dei 3 siti, bloccando
così la sintesi proteica. Ad esempio la tetraciclina blocca il legame amminoacil-tRNA
al sito A del ribosoma o la streptomicina che blocca il passaggio dalla fase di inizio
alla fase di elongazione.
Il folding: nel momento in cui una proteina viene sintetizzata, per poter funzionare
deve subire il processo di folding, cioè dovrà acquistare la corretta struttura
tridimensionale. Molto spesso il folding delle proteine è co-traduzionale. Esso può
avvenire o in modo autonomo, quindi le proteine iniziano a ripiegarsi
tridimensionalmente da sole o tramite l’aiuto di altre proteine che prendono il nome
di chaperonine/chaperon molecolari, le quali hanno il ruolo di aiutare la proteina a
ripiegarsi per assumere la loro struttura tridimensionale corretta. Le proteine non
ripiegate correttamente (misfolding) non solo non sono funzionali, ma non riescono
neanche a legarsi ai loro bersagli e possono formare aggregati proteici, i quali sono
responsabili di gravi malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o il Parkinson. Ci
sono una serie di condizioni come ad esempio l’aumento della temperatura, che
possono influenzare e alterare il folding creando così un misfolding generale delle
proteine, la cellula a sua volta risponde a questo aumento di temperature producendo
chaperon molecolari ad esempio le heat shock protein, ossia proteine da shock
termico. Le cellule mettono in atto però dei sistemi che si chiamano controllo di
qualità delle proteine, che verifica se le proteine sono correttamente ripiegate o
meno: nel caso in cui incontra una proteina mal ripiegata la manda a degradazione.
La degradazione delle proteine avviene tramite un grande complesso chiamato
proteasoma dipendente, costituito da 2 cappucci 19s i quali fungono da cancello alla
camera interna del proteasoma che ha una funzione degradativa, spezza quindi i
legami peptidici tra i vari amminoacidi eliminando tutte le proteine che vanno incontro
a degradazione.
L’ubiquitina: il proteasoma riesce a riconoscere una proteina mal ripiegata che va
incontro a degradazione perché le proteine mal ripiegate vengono marcate con una
proteina chiamata ubiquitina, la quale va ad aggiungere una catena di ubiquitine alla
proteina che deve essere degradata. L’ubiquitinazione cioè l’aggiunta di ubiquitina
(proteina) a una proteina mal ripiegata è il segnale che quella proteina deve essere
degradata, e il proteasoma riconosce come proteine da degradare le proteine
ubiquitinate. Il proteasoma è fatto da questa camera interna dotata di una unità
catalitica che è delimitata da due cappucci che fanno da cancello e controllano chi
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deve passare e chi non deve passare nella camera interna, quindi questi cappucci
riconoscono le proteine ubiquitinate e le mandano a degradazione. Sulla base
dell’ubiquitinazione si basa quello che si chiama il controllo della qualità delle
proteine.
Direzione delle proteine: una volta che sono state prodotte le proteine queste
svolgeranno la loro funzione in tutta una serie di possibili compartimenti. Tutte le
proteine nella loro sequenza hanno dei segnali cioè delle sequenze che vengono
riconosciute da dei sistemi di trasporto. una determinata proteina raggiungerà il suo
compartimento finale in base alla sequenza segnale che non è altro che una porzione
della sua sequenza amminoacidica che viene riconosciuta da uno specifico sistema
di trasporto che andrà a veicolare verso il suo compartimento finale. Ogni proteina
ha una determinata sequenza finale. Ad esempio, le proteine che dovranno andare
nel nucleo hanno una sequenza segnale che si chiama sequenza di importazione
nucleare, una proteina che andrà nel mitocondrio, avrà una sequenza di
importazione mitocondriale che viene riconosciuta da uno specifico sistema di
trasporto e la veicolerà verso dei punti specifici attraverso cui questa proteina
passerà nel mitocondrio. La proteina che è destinata alla membrava plasmatica avrà
una sequenza segnale caratteristica che la indirizzerà prima verso il reticolo
endoplasmatico Prima verso il reticolo endoplasmatico e successivamente dal
reticolo alla membrana tramite la formazione di vescicole. Una volta che arriva nel
reticolo questa proteina verrà indirizzata in vescicole che sono pezzi di membrana
che partono dal reticolo e arrivano al Golgi e dal Golgi verranno indirizzate alla
membrana. Quindi ci sono tutta una serie di proteine che raggiungono i propri
compartimenti grazie a ad un sistema di smistamento delle proteine che si basa su
specifiche sequenze segnali che troviamo all’interno della proteina stessa. Le
estremità di una proteina prendono il nome di N-terminale e C-terminale. N-terminale
è la parte della proteina che ha il gruppo e amminico libero e C-terminale gruppo
carbossilico libero. La prima parte della proteina che viene sintetizzata è quella che
contiene la metionina, nel momento in cui viene sintetizzata, la prima parte che
fuoriesce è quella che contiene la metionina, parte N-terminale. La sequenza segnale
che ci specifica e indirizza una determinata proteina verso la membrana, si trova alla
N-terminale, che è una regione idrofobica. Questa regione viene riconosciuta da un
sistema di trasporto che veicola tutto il ribosoma, la sintesi di questa proteina
continua poi a livello del ribosoma, del reticolo endoplasmatico. Il reticolo
endoplasmatico è caratterizzato da una parte liscia e una rugosa, associati a
quest’ultimo ci sono i ribosomi. I ribosomi sono arrivati al reticolo perché la proteina
che stavano sintetizzando ha una sequenza alla N-terminale che viene riconosciuto
da un sistema di trasporto che indirizzerà quella proteina verso il reticolo. E non
indirizza solo la proteina, ma si porta tutti ribosomi appresso sul reticolo. Quindi quel
ribosoma viene trasportato mentre sta sintetizzando la proteina, viene trasportato nel
reticolo e la sintesi proteica che è iniziata nel citoplasma si completa a livello del
reticolo. Una volta che questa proteina è arrivata a livello del reticolo, dal reticolo si
dipartiranno, si formeranno delle vescicole che trasporteranno le proteine dal reticolo
verso il Golgi e successivamente queste vescicole trasporteranno dal Golgi verso la
membrana.

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Lezione 16/12/2022 – Biologia Applicata

12. Il ciclo cellulare


Il citoscheletro: Il citoscheletro è un insieme di filamenti proteici che fanno da
impalcatura per una cellula, e vanno a modificare la morfologia di una cellula.
Bisogna considerare che per funzionare correttamente le cellule devono organizzarsi
nello spazio e devono avere una forma corretta perché devono interagire
meccanicamente con il loro ambiente. Anche quando due cellule interagiscono tra di
loro devono avere una forma corretta, meccanicamente e fisicamente. Devono
essere robuste e strutturate in modo corretto. Un epitelio ad esempio, non deve
lasciare passare nulla; quando si parla dell’epitelio intestinale, ovviamente ciò che
sta nel lume dell’intestino, non può passare quindi non ci devono essere buchi al
livello dell’epitelio intestinale, perciò tutto deve essere estremamente organizzato,
altrimenti ciò che sta nel lume dell’intestino può andare ad inquinare altre parti della
cellula e quindi quello che si trova nel lume dell’intestino deve rimanere là e poi uscire
mediante un sistema di escrezione. Dal lume dell’intestino, verso il vaso, devono
passare solo ed esclusivamente delle sostanze nutritive, e perché questo avvenga,
le cellule devono essere tutte perfettamente organizzate e legate le une alle altre
tramite delle specifiche giunzioni. Queste giunzioni sono dovute a questi filamenti
citoscheletrici. Le cellule non sono immobili ma sono sempre cellule dotate di
capacità di movimento, capacità di movimento che tutte le cellule hanno, non solo
cellule dotate di specifici apparati di locomozione (come le ciglia e i flagelli). Quindi
anche le cellule non dotate di specifici apparati di locomozione, sono in grado di
muoversi mediante movimenti ameboidi cioè praticamente proiettano una parte di sé
stessi in avanti e poi vanno a ritirarsi la parte posteriore verso la parte anteriore. (si
muovono su specifici supporti). Questi movimenti, dunque, sono possibili anche a
coloro che hanno supporti specifici, come i flagelli e gli spermatozoi; questi ultimi,
utilizzano quell’apparato di locomozione per muoversi a grande distanza e in modo
estremamente veloce. Le altre cellule, invece, quelle che non dotate di specifici
apparati di locomozione si muovono tramite questi movimenti ameboidi (tastano
l’ambiente, quindi si muovono poco nell’ambiente circostante alla ricerca delle
condizioni migliori, delle condizioni nutritive, quindi se possono seguire dei gradienti
di specifici fattori di reclutamento, come ad esempio nel caso delle cellule del sistema
immunitario; queste cellule che reclutano cellule del sistema immunitario in punti
specifici sono le citochine e le chemochine). Questi movimenti avvengono sempre
grazie ai movimenti citoscheletrici.
Funzioni del citoscheletro: il citoscheletro fornisce un supporto strutturale dinamico
che determina la forma di una cellula. Ad esempio le cellule dell’epitelio intestinale;
queste cellule hanno la parte rivolta verso il lume dell’intestino che presenta delle
creste che prendono il nome di microvilli. I microvilli sono estroflessioni ed
introflessioni della membrana che hanno la funzione di avere la maggior superficie
di contatto possibile nel minor volume. Quindi se serve per avere la più grande
superficie di contatto nel minor tempo possibile, significa che quella membrana
caratterizzata da quelle creste contiene qualcosa di importante, di fondamentale per
tutto l’organismo. Di fondamentale ci sono i sistemi di trasporto dei nutrienti che
selettivamente vanno a prendersi degli specifici metaboliti (es. il glucosio) e
trasportano solo ed esclusivamente il glucosio dall’ambiente extracellulare (che in
30
questo caso è il lume dell’intestino), verso l’interno della cellula, si parla del
meccanismo di trasporto chiamato simporto sodio glucosio (dal lume dell’intestino, il
glucosio entra contro gradiente di concentrazione sfruttando il gradiente di
concentrazione favorevole del sodio; quindi quel microvillo aveva quella struttura,
perché era ricchissimo di questi trasportatori sodio glucosio, e per avere tanti
trasportatori, si deve aumentare la superficie dii contatto della membrana). La
membrana per avere la forma di microvillo deve essere appoggiata su un’impalcatura
che è costituita da filamenti citoscheletrici, e in particolare dei filamenti costituiti da
una proteina che si chiama actina. (il citoscheletro fornisce questo supporto che va
a stabilire la forma della cellula). Un’altra funzione citoscheletrica è quella di
posizionare in punti specifici degli organelli. Gli organelli possono muoversi a livello
intracelluare e possono muoversi lungo dei percorsi specifici. Ad esempio che nella
cellula ci sono dei grossi tubi che vanno da un punto A ad un punto B e gli organelli
possono muoversi lungo questi tubi che sono costituiti da proteine che si chiamano
tubuline, e il tubo è chiamato microtubulo. Questi microtubuli sono fondamentali, non
solo perché determinano il funzionamento e il comportamento degli organelli, ma
anche per il movimento di quelle cellule dotate di specifici apparati di locomozione
come ad esempio il flagello che si ritrova nello spermatozoo. Quest’ultimo è dotato
da elementi citoscheletrici e in particolare da questi microtubuli. Si è parlato prima
del traffico vescicolare, attraverso cui le proteine raggiungono la membrana
plasmatica. Quindi queste proteine vengono sintetizzate al livello del reticolo
endoplasmatico, da qui partono delle vescicole che vanno al Golgi e da lì partono
altre vescicole che andranno verso la membrana plasmatica. La vescicola raggiunge
la membrana perché si muove lungo dei percorsi costituiti dai microtubuli (cilindri
cavi) e quindi la vescicola si muove lungo questi tubi da un punto A ad un punto B.
Quindi la vescicola si muoverà sempre lungo questi cavi. (già in direzione del
compartimento bersaglio). Un altro importante ruolo che svolge il citoscheletro è
quello di formare il macchinario fondamentale per la divisione cellulare. La divisione
cellulare, la mitosi, avviene grazie ad un grande macchinario chiamato fuso mitotico
che è fondamentale nel tirare i cromosomi duplicati verso i poli opposti della cellula.
Il citoscheletro è costituito da tre sistemi di filamenti:
- microfilamenti/filamenti di actina perché sono costituiti da una serie di proteine
actina legate le una alle altre che formano un filamento e presentano uno spessore
di 5-9 nm;
- microtubuli costituiti da proteine chiamate tubuline alfa e tubuline beta. I microtubuli
sono dei cilindri cavi, che sono molto più grandi rispetto ai filamenti di actina, e hanno
infatti un diametro di 25 nm. Questi microtubuli sono costituiti da 13 filamenti che si
chiamano protofilamenti che si dispongono per formare una struttura a cilindro cavo
(come si vede nell’immagine); dunque si hanno 13 filamenti di due proteine che si
succedono che prendono il nome di tubulina alfa e tubulina beta che si formano a
partire da quelli che si chiamano centri di organizzazione dei microtubuli (MTOC), o
anche centrosoma, ovvero una struttura da cui si origineranno quei microtubuli che
andranno a formare le fibre del fuso mitotico;
- filamenti intermedi sono costituiti da proteine come la laminina, la cheratina. I
filamenti intermedi hanno un diametro di circa 10-15 nm, e danno alle cellule della
forza meccanica oppure svolgono la funzione di costituire la lamina nucleare. Un
nucleo è costituito da una membrana che si ripiega su sé stessa, e quest’involucro
31
nucleare presenta una serie di buchi e ognuno di questi buchi prende il nome di polo
nucleare ed è costituito da quelle proteine che formano i complessi del polo nucleare.
Al livello dei poli nucleari funzionano i sistemi di trasporto delle importine e delle
esportine. Tutte le proteine che devono muoversi dal citoplasma verso il nucleo, e
viceversa, devono passare da queste strutture chiamate poli nucleari. Una
membrana piena di buchi chiaramente ha una minore resistenza meccanica e quindi
tenderebbe a collassare su sé stessa.
Abbiamo inoltre proteine accessorie che permettono l’assemblaggio di proteine come
actina per formare il filamento di actina, oppure permettono l’assemblaggio di
proteine come la tubulina alfa e la tubulina beta che servono per la polimerizzazione
dei microtubuli e dei filamenti intermedi.
Caratteristiche dei filamenti citoscheletrici: i filamenti citoscheletrici hanno la
caratteristica di accrescersi (allungarsi) più velocemente ad un’estremità e più
lentamente ad un’altra estremità. Le due estremità vengono chiamate estremità più
ed estremità meno. Quindi si avrà che un filamento si accresce più velocemente
all’estremità più, e più lentamente all’estremità meno. I filamenti citoscheletrici oltre
ad avere la caratteristica di potersi accrescere, possono anche decrescere
(accorciarsi). Si avrà quindi che un filamento citoscheletrico decresce più lentamente
all’estremità più e decresce più velocemente all’estremità meno. Ad esempio,
prendendo ad esempio l’actina, se avviene polimerizzazione questo filamento si
accresce, diventando sempre più grande, quindi si accresce più velocemente
all’estremità più, e più lentamente all’estremità chiamata meno. Se invece questo
filamento decresce si avrà che questo decresce molto più velocemente all’estremità
meno, e molto più lentamente all’estremità più. La stessa cosa vale anche per i
filamenti citoscheletrici costituiti da tubulina alfa e tubulina beta che sono i
microtubuli. La polimerizzazione dell’actina dipende ad esempio dalla
concentrazione dell’actina; più c’è nella cellula actina libera e più è favorita la
polimerizzazione. Stessa cosa avviene per quanto riguarda i filamenti che
costituiscono i microtubuli quindi più tubuline ci sono, più facilmente avviene la
polimerizzazione. Esistono delle proteine che possono favorire l’assemblaggio dei
microfilamenti in un determinato modo. Di fatti, in una cellula, i fasci di actina possono
essere organizzati a formare:
- stretti fasci paralleli (si formano grazie a proteine accessorie come fimbrina e villina,
la proteina che genera la struttura tipica dei microvilli);
- fasci paralleli a maglie larghe (es. fascio contrattile) I fasci contrattili si ottengono
quando tra i fasci di microfilamenti si posizionano proteine come la miosina o actinina,
o comunque tutta una serie di proteine accessorie;
- strutture a rete (che si formano grazie a proteine accessorie, come le proteine del
complesso Alfa e la filamina).
I microtubuli sono strutture, cilindri cavi, che servono per il movimento delle cellule e
degli organelli. Sono costituiti da 13 protofilamenti disposti in cerchio per formare
questo cilindro cavo e ciascun protofilamento è costituito da due subunità chiamate
a-tubulina (tubulina alfa) e b-tubulina (tubulina beta). L’assemblaggio dei microtubuli
avviene a livello di specifici complessi chiamati Centri di Organizzazione dei
Microtubuli (MTOC) come, ad esempio, è il centrosoma. Molto importante per la
formazione di questi centrosomi è l’anello di y-tubulina (gamma tubulina). Vi sono,
inoltre, delle proteine associate con i microtubuli come la proteina TAU, molto
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importante in quanto genera fasci stretti di microtubuli, le proteine MAP in quanto
generano questi fasci di microtubuli a maglie larghe. I filamenti intermedi, invece,
sono quelli che producono le cheratine (nel caso degli epiteli), la vimentina (nel
tessuto connettivo, muscolare e gliale), i neurofilamenti (nelle cellule nervose) e le
lamine nucleari (lamina A, B, C e sono molto importanti perché conferiscono
resistenza e rigidità all’involucro nucleare).
Ciglia e flagelli: i microtubuli sono alla base di due importanti sistemi di motilità
cellulare, le ciglia e i flagelli. Sono sottili espansioni della membrana plasmatica e li
ritroviamo in tutti gli organismi animali. sono costituiti da elementi citoscheletrici e, in
particolare, da microtubuli. Se si taglia un flagello in sezione, si può osservare una
disposizione caratteristica di microtubuli, in particolare troviamo quella che si chiama
disposizione 9 + 2 di microtubuli, in cui si trovano 9 coppie periferiche di microtubuli
e 2 microtubuli centrali e tra queste coppie di microtubuli si trovano delle proteine
molto importanti per il movimento, come la dineina, chiamata infatti “motore proteico
o molecolare”, che facendo scivolare questi microtubuli gli uni sugli altri, utilizzando
ATP, denota il movimento flagellare. Ad ogni modo, queste coppie di microtubuli
sono bloccate da una proteina chiamata anexina; il movimento flagellare non è altro
che il continuo movimento dei flagelli, e questo avviene perché i microtubuli sono
bloccati.
Le fasi del ciclo cellulare: Il ciclo cellulare rappresenta e scandisce la vita della cellula.
La vita di una cellula rappresenta il periodo dalla nascita della cellula, dalla sua
formazione fino a quando non si divide, fino alla divisione. Una cellula viene generata
per divisione di una cellula madre che si divide in due cellule figlie identiche. Ogni
cellula figlia andrà incontro a ciclo cellulare, fino a quando non si dividerà per
riformare nuovamente due cellule figlie identiche. Tale divisione avviene nel
processo di mitosi, nel processo di meiosi, invece, tali cellule figlie non sono più
identiche, ma assumeranno diverse caratteristiche che verranno esaminate in
seguito. Il ciclo cellulare è scandito da due processi fondamentali:
- fase S (sintesi del DNA): momento in cui nella
cellula avviene il processo di replicazione del DNA.
Prima della fase S una cellula umana è diploide
(cioè di ciascun cromosoma vi è una doppia copia
più un cromosoma Y negli uomini e due XX nelle
donne. Ciascuno di questi singoli cromosomi per
ogni coppia sono ereditati uno per via materna e uno
per via paterna. Al termine della fase S, ossia della
replicazione, la cellula non sarà più diploide, ma
sarà tetraploide perché è stato copiato tutto il DNA,
per ogni cromosoma non si avranno più 2 copie, ma 4, 2 di origine paterna e 2
materna. La duplicazione avviene perché la cellula andrà incontro a divisione
dividendo esattamente il contenuto genetico tra le due cellule figlie, che saranno
entrambe diploidi e identiche;
- fase M (Mitosi): è la fase che segue alla sintesi del DNA. È la divisione nucleare:
cioè tutto il materiale genetico viene diviso equamente in due nuclei figli identici;
- citochinesi: è il processo di divisione citoplasmatica. Processo attraverso il quale,
da una cellula madre, con due nuclei figli, che si sono formati durante la mitosi, si
otterranno due cellule figlie identiche.
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Queste due fasi sono intervallate fa due fasi di intervallo, chiamate FASI G (GEP), in
particolare G1 e G2. La fase G1 è quella che precede la FASE S, ossia la fase di
replicazione del DNA; mentre la fase G2 è, invece,
è quella immediatamente successiva alla FASE S.
Si tratta di due momenti fondamentali perché
rappresentano due fasi di controllo del ciclo
cellulare. Il ciclo cellulare deve essere
perfettamente controllato. In natura esistono dei
casi in cui tale controllo si perde, non funzionano
più i meccanismi di controllo: è il caso della
tumorigenesi, quando una cellula diventa
tumorale si perdono i punti di controllo della cellula tumorale. Pertanto, una cellula
comincia a replicarsi, a duplicarsi in modo incontrollato, dando origine al processo di
formazione tumorale.
I punti di controllo del ciclo cellulare: nel ciclo cellulare esistono importanti punti di
controllo che verificano che il processo stia proseguendo correttamente. Ricordiamo
quelli nella fase G1, G2 e M, in quest’ultimo si verifica che tutti i cromosomi siano
correttamente attaccati alle fibre del fuso mitotico.
Fase G1: una cellula per potersi replicare deve anche trovarsi in un ambiente
favorevole alla replicazione, ossia un ambiente ricco di nutrienti e di fattori di crescita,
ossia specifiche proteine che segnalano a quella cellula che quella cellula si trovi in
un microambiente favorevole alla replicazione. È importantissimo per la replicazione,
che quella data cellula risponda a dei particolari stimoli microambientali, cioè stimoli
che la cellula riceve dal suo microambiente. Se una cellula non deve replicarsi, è
chiaro che in quel microambiente non ci sarà nessun segnale che indica o fa capire
a quella cellula che deve replicarsi. Se una cellula si deve replicare vuol dire che per
il microambiente è necessario, è utile che quella cellula si replichi e quindi il
microambiente inizia a produrre tutta una serie di molecole che segnalano a quella
cellula di proliferare. Se l’ambiente è favorevole alla proliferazione, è chiaro che
questa cellula potrà superare la fase G1 e passare alla fase S. Se l’ambiente non è
favorevole perché non ci sono le condizioni, non c’è nessuna molecola-segnale o c’è
scarsità di nutrienti, è chiaro che a quella cellula non verrà segnalato di proliferare, e
dunque rimarrà bloccata in quel determinato punto del ciclo cellulare, quindi G1 e,
anzi, se la situazione perdura la cellula può entrare in una fase di quiescenza
chiamate fase G0.
Fase G2: nella fase S è stato già detto che avviene la replicazione del DNA che,
come detto precedentemente, è soggetta ad errori che necessariamente, per quanto
possibile, devono essere corretti. Per tal motivo, nella fase G2 c’è un altro
importantissimo punto di controllo che va a verificare che tutto il DNA è stato
replicato, se vi sono degli errori, delle mutazioni e quanto siano gravi. Se il DNA è
stato correttamente replicato e non presenta errori, allora la cellula potrà passare
nella fase successiva, che è la fase M. Se invece non è stato replicato tutto, o
correttamente replicato, è chiaro che quella cellula si deve arrestare in fase G2
innescando, facendo partire i sistemi di riparo che andranno a riparare il DNA.
Ovviamente il DNA deve essere riparato se gli errori sono tali da poter essere riparati.
Se gli errori sono così vasti da non poter essere riparati, quella cellula rimarrà prima
bloccata in fase G2, ma successivamente verrà innescato il processo di apoptosi. In
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realtà nella FASE G2, oltre al controllo della replicazione, c’è di nuovo la fase di
controllo, il punto di controllo, che verifica se l’ambiente sia favorevole alla
replicazione e, quindi, se il DNA è stato correttamente replicato, se c’è ancora un
ambiente favorevole, se ci sono ancora fattori di stimolo rilasciati dal micrombiente.
Se sì, la cellula passerà in fase M, altrimenti rimarrà in fase G2 per riparare il DNA
o, nel caso in cui il DNA non è stato correttamente replicato, andrà incontro a morte
cellulare programmata.
Fase M: qui avviene la divisione del nucleo, il processo di mitosi, ossia processo di
divisione del nucleo in due nuclei figli. In tale processo è fondamentale la struttura
costituita da microtubuli, che produce le fibre del fuso. Tali fibre hanno funzione di
legarsi ai cromosomi replicati (un set materno e uno paterno ciascuno in duplice
copia) e legheranno in particolare un set paterno e uno materno da un lato e un set
materno e uno paterno dall’altro, attirandoli verso i poli opposti. Attorno a questi
cromosomi che hanno raggiunto i poli opposti, si formerà un nuovo nucleo, e di avrà
una cellula con due nucleotidi. Qui c’è un importante punto di controllo per verificare
che tutto il DNA replicato si sia correttamente attaccato alle fibre del fuso, perché
altrimenti i set di cromosomi non si muoverebbero in modo ordinato (secondo lo
schema materno/paterno da un lato, e paterno/materno dall’altro) comportandole
aberrazioni cromosomiche (es. 3 cromosomi da un lato e 1 dall’altro, formando
trisomie e monosomie).
Complesso cicline-Cdk: Concretamente il controllo è fatto dalle cicline, proteine che
funzionano insieme alle chinasi, le quali funzionano in modo dipendente dalle cicline,
che sono anche chiamate Cdk (chinasi-ciclino-dipendenti). In particolare nel punto di
controllo di passaggio dalla fase G1 alla fase S si attivano, vengono sintetizzate,
delle cicline specifiche della fase G1, che funzioneranno con delle specifiche chinasi
che andranno ad attivare delle proteine e inattivarne altre, in particolare andranno a
verificare se vi sono nutrienti funzionanti, se vi sono sufficienti nutrienti o meno da
portare all’interno della cellula: se non sono sufficienti queste proteine andranno ad
attivare delle proteine che mediano il passaggio dalla fase G1 a quella S. Nel
passaggio invece dalla fase G2 alla M, verranno sintetizzate altre proteine, tipo le
cicline che andranno a verificare e a legarsi ai cromosomi legati al fuso, se
correttamente attaccati alle fibre del fuso favorendo così la corretta finalizzazione del
processo di mitosi. Nella fase S invece verranno prodotte altre specifiche cicline che
andranno a controllare tutto il processo di duplicazione del DNA funzionando insieme
a specifici schemi di riparo verificando che i sistemi di riparo abbiano verificato che
eventuali errori, nella replicazione del DNA, siano stati correttamente riparati.
Materialmente, quindi, i punti di controllo sono svolti dalle cicline insieme alle chinasi
ciclino-dipendenti, chiamate Cdk. Le cicline hanno tale nome perché hanno un
andamento ciclico. Esistono diverse cicline, ognuna delle quali regola un preciso
momento del ciclo cellulare e vengono prodotte in uno specifico momento per poi
essere degradate (cicline della fase G1 vengono prodotte e permangono solo nella
fase G1, quelle della fase S solo in tale fase, mentre quelle della fase M vengono
sintetizzate solo alla fine della fase G2 e permangono solo fino alla fine della fase
M).
La mitosi: nella Mitosi, come è stato già detto, quando in una cellula tutti i sistemi di
controllo sono garantiti, cioè hanno funzionato correttamente e hanno verificato che
ci sono tutte le condizioni per far avvenire la divisione cellulare, quindi tutto il DNA è
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stato correttamente replicato, cioè che l’ambiente sia ancora favorevole alla
replicazione del DNA, in questo caso la cellula potrà svolgere la fase di mitosi. La
funzione della Mitosi è di produrre due nuclei identici, a partire da un unico nucleo
che ha un contenuto di DNA non più diploide ma tetraploide. Tetraploide perché in
quella cellula è avvenuta la Fase “S” e quindi tutti il DNA della cellula diploide è stato
duplicato nella Fase “S”, diventando tetraploide quindi tutto questo DNA viene diviso
in due nucleotidi figli identici diploidi.
In essa, i cromosomi replicati sono costituiti da due cromatidi
fratelli. Quindi ogni cromatide è costituito da un cromosoma
di origine materno e uno di origine paterno. Dunque si ha
ogni coppia di cromatiti fraterni, contengono quattro
cromosomi, che dovranno dividersi e che andranno a
posizionarsi hai poli opposti. La prima cosa che avviene
ancora prima della profase, si inizia a formare il fuso
mitodico, cioè si è replicata una struttura chiamata
centrosoma (centro di organizzazione di microtubuli). Quindi
da questo centrosoma duplicato si inizia a formare il fuso
mitodico, che è il primo evento che avviene nella profase,
ovvero che inizia a formarsi il fuso mitodico, quando,
precedentemente, si era duplicato questo centro di
organizzazione dei microtubuli chiamato centrosoma. Un
altro evento che avviene nella profase, ovvero che l’involucro
nucleare comincia a dissemblarsi, quindi affinché avvenga la
mitosi l’involucro nucleare deve sparire, infatti, l’involucro
non è altro che un sacchetto che contiene i cromosomi legati
dalle fibre del fuso, se questo sacchetto non si degrada le
fibre non si potranno mai legare, e quindi la profase non
potrà mai avere inizio. Quindi avverrà in questo ordine:
- inizia a formarsi il Fuso mitotico;
- inizia la degradazione dell’involucro nucleare;
- i cromosomi iniziano a condensarsi.
Quindi il massimo livello di compattazione viene raggiunto in
metafase, in profase invece inizia ad avvenire la massima
compattazione del DNA che raggiungerà l’apice durante la
metafase.

L’involucro nucleare (“sacchettino”) è già quasi


completamente degradato, quindi intorno ai cromosomi
e in particolare al livello del centrosoma, che è una parte
importantissima del cromosoma, si è formata una
struttura proteica chiamata cinetocore, dove andrà
materialmente a legare le fibre del fuso mitotico. Quindi,
in prometafase, continua la condensazione nucleare, la
quale ha quasi raggiunto il termine, e le fibre del flusso
mitotico cominciano a legarsi a questa struttura
(cinetocore) che si è generata al livello del centromero.
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L’involucro nucleare è pienamente
degradato le fibre del fuso mitotico hanno
legato il cinetocore dei cromosomi, quindi al
livello dell’equatore le fibre del fuso hanno
posizionato i cromosomi, ed al centro di
questo fuso mitotico si hanno quelle che si
chiamano piastra metafasica, i cromosomi
in questa fase (metafase) hanno raggiunto
il massimo livello di compattazione.

I cromosomi vengono trainati verso i poli


opposti dalle fibre del fuso, in particolare i
cromatidi fraterni si separano in modo
sincrono per formare i cromosomi figli.
Quindi vengono trainati verso i poli opposti
si ottiene una coppia materno paterno da
una parte e un’altra coppia dall’altra parte,
di ciascun cromosoma.

I cromatidi fraterni hanno raggiunto i poli opposti


della cellula e iniziano il processo di
decondensazione dei cromosomi, si
decompattano, in particolare si riforma il nucleo e
l’involucro nucleare intorno a questi cromosomi
che iniziano a decondensarsi, al livello dei poli
opposti. Alla fine della Telofase si avrà che questi
cromatidi fraterni sono stati correttamente
separati e hanno raggiunto i poli opposti; intorno
a questi cromosomi si andrà a riformare un
involucro nucleare, e cominceranno a
decondensarsi. Quindi, alla fine della Telofase, si
avrà che questi cromatidi fraterni sono stati
correttamente separati, e avranno raggiunto i poli
opposti; intorno ai cromosomi si formerà
l’involucro nucleare e questi cromosomi iniziano
a decondensarsi.

Citochinesi: in questa fase si inizia a formare un anello contrattile costituito a un altro


elemento citoscheletrico che è l’astina che ha la funzione di avvicinare i due membri
di membrana tra di loro. Quando si toccheranno si fonderanno e quindi da una grande
cellula madre con due cellule figlie (all’interno), si formeranno due cellule figlie
identiche. Quindi il processo di mitosi è quello che avviene in tutte le cellule
somatiche. Dove le cellule somatiche sono tutte le cellule dell’organismo, che non
siano quelle germinali (ovvero sono tutte le cellule diploidi dell’organismo). Le poche
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cellule somatiche che sono rimaste, che fanno mitosi, sono quelle germinali e sono
quelle che daranno vita agli spermatozoi e alle cellule uovo. Esse quindi non faranno
il processo di mitosi, bensì di meiosi.
Differenze tra mitosi e meiosi: nella mitosi la cellula madre si ottengono due cellule
figlie identiche “identiche fra di loro e identiche alla cellula madre”, quindi nella mitosi
abbiamo generato due cellule figlie identiche diploidi. Nella meiosi da una cellula
madre” spermatogoni nel caso degli spermatozoi e ovogoni nel caso di ovocita” si
origineranno quattro cellule figlie aploidi e tutte diverse tra di loro dal punto di vista
della sequenza del DNA. Quindi nella meiosi da una cellula madre diploide si
ottengono quattro cellule figlie aploidi che sono gli spermatozoi e gli ovociti. Quindi il
processo di meiosi non è altro che una serie di divisioni nucleari sequenziali che
avvengono senza la replicazione del DNA. Dunque si ha che da una cellula diploide
che svolge la replicazione del DNA e diventa tetraploide fa una prima divisione e
genera due cellule figlie diploidi, le quali fanno a loro volta una seconda divisione
senza fare nessuna replicazione del DNA generando quattro cellule figlie aploidi, da
due cellule diploidi. Nella prima divisione succede qualcosa di caratteristico, che farà
in modo di generare tutte cellule diverse dal punto di vista della sequenza del DNA,
questo avviene nella profase della prima divisione che prende il nome di profase 1.
La profase 1 della meiosi: la si può dividere in varie sottofasi:
- leptotene il materiale genetico si condensa, che avviene anche nella profase della
mitosi;
- zigotene avviene una cosa estremamente importante l’appaiamento dei cromosomi
omologhi (cioè l’omologo del cromosoma materno e paterno; l’omologo del materno
è il paterno e viceversa). Ciò avviene per complementarietà di sequenza; i due
cromosomi, uno materno e uno paterno, con una sequenza estremamente simile
poiché di due individui della stessa specie, aventi per il 99,99% sono simili, quasi
identici, tra di loro, le differenze che presentano sono le stesse che vanno a garantire
l’individualità di una persona. (Il DNA tra un umano e una scimmia è uguale al
99,99%);
- pachitene avviene nel crossing-over i cromosomi materni e paterni si scambiano
dei pezzi di cromosomi (si hanno quindi appaiamenti e scambi di cromosomi), di fatto
si genera un nuovo cromosoma che contiene un pezzo di origine materno e un altro
pezzo paterno; da questo nascerà, da un lato, un nuovo cromosoma con un grosso
pezzo di origine paterno e uno piccolo di origine materna, e dall’altro un nuovo
cromosoma con un grande pezzo materno e uno piccolo paterno;
- diplotene avviene che i cromosomi omologhi, finisce il crossing-over, si staccano,
avviene la desinapsi, finisce l’appaiamento di sequenza tra i due cromosomi
omologhi, anche se rimarranno sempre connessi, attaccati tra di loro al livello del
centromero;
- diacinesi cioè la distruzione della membrana nucleare e questa è la fase più lunga
di tutta la meiosi.
Quindi da questo momento si generano due cellule figli diploidi che andranno
incontro ad una successiva divisione, da cui si formano quattro cellule aploidi, tutte
diverse una dall’altra (attraverso il crossing over), questo fa in modo che dalla cellula
germinale si darà origine ad un individuo completamente diverso da quelli precedenti.
Quindi questo garantisce l’individualità e le differenze genetiche tra un individuo ed
un altro.
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