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LA CELLULA

Membrana cellulare o membrana plasmatica: separa la cellula dal suo ambiente esterno.
Cellula procariote: non ha il nucleo, né organuli cellulari e il materiale genetico è presente sotto
forma di grande molecola di DNA chiamata cromosoma. Il cromosoma non è contenuto nel nucleo
ma in una parte del citoplasma detta nucleoide. Sono molto piccole rispetto a quelle eucariote e
sono rappresentate da batteri. Esse possiedono nel citoplasma solo i ribosomi come organuli
citoplasmatici. Le cellule procariotiche oltre alla membrana plasmatica che la separa dall'ambiente
esterno, presentano una parete cellulare di natura polisaccaridica e in alcuni casi una capsula che li
protegge dagli anticorpi prodotti dal nostro corpo durante le infezioni. Possono presentare diversi
tipi di appendici: quelle mobili, che sono i flagelli formati dalla flagellina, in genere uno solo o più
di uno, e quelle non mobili, più piccoli e numerosi, come i pili, formati dalla pilina, che servono per
l'aggancio tra un batterio e l'altro, e per la trasmissione di materiale genetico grazie al pilo
sessuale e le fimbrie che sono formate da una proteina che serve per l'ancoraggio tra una cellula e
l'altra.
In base alla forma vengono classificati in bacilli, se la forma è bastoncellare, spirilli, se la forma è a
spirale, vibrioni, se è a virgola, cocchi, se sono sferici. In base all'ambiente in cui vivono vengono
suddivisi in eubatteri, se vivono in tutti gli habitat, e archeobatteri, se vivono in condizione
estreme di temperatura, pH e di salinità.

Cellula eucariote: sono dotate di nucleo delimitato da una membrana e di cromosomi in cui il DNA
è associato a proteine istoniche (proteine basiche). In questo tipo di cellula i cromosomi sono
circondati da una doppia membrana detta membrana nucleare, che non è contigua ma intervallata
da aperture dette pori nucleari (circa 3000), costituiti da 3 proteine ed un piccolo v-RNA. I pori
regolano il flusso in entrata e in uscita delle molecole e delle proteine. Quando le proteine devono
entrare nel nucleo esse presentano una sequenza segnale che riconosciuta dal poro lo dilata. Sono
presenti in essa sia i ribosomi che hanno la funzione di assemblaggio delle molecole proteiche, sia
gli altri organuli citoplasmatici.
Esistono 5 tipi di regni in cui gli organismi vengono classificati:
Monere: procarioti ovvero i batteri
Protisti: comprende eucarioti unicellulari, autotrofi ed eterotrofi, esempio sono le amebe, i
parameci e le alghe.
Funghi: organismi eterotrofi, unicellulari e pluricellulari che si nutrono per assorbimento, come le
muffe, i lieviti.
Piante: organismi autotrofi pluricellulari fotosintetici. Esse trasformano l'energia del sole in
molecole complesse (zuccheri)
Animali: eterotrofi pluricellulari che si procurano l'energia di cui hanno bisogno
ingerendo altri organismi.
Membrana cellulare (plasmatica): ha uno spessore di 7-9 nm, è costituita da un doppio strato di
fosfolipidi e da numerose molecole proteiche. I fosfolipidi sono costituiti da un glicerolo, due
catene di acidi grassi ai primi due atomi di carbonio dell'alcol, al terzo carbonio è legato un gruppo
fosfato a cui si lega un gruppo polare. Il gruppo fosfato carico negativamente insieme a quello
polare forma la testa polare o idrofila, mentre il glicerolo più le due catene di acidi grassi di cui una
satura, ossia con legami semplici C-C e l'altra insatura ossia con un doppio legame tra C-C, formano
le code idrofobe. Il doppio legame determina una piegatura all'interno della coda del fosfolipide.
Le teste, essendo idrofile, sono rivolte all'esterno, mentre le code, essendo idrofobe, si trovano
all'interno. La membrana è definita a mosaico fluido dal momento che i fosfolipidi effettuano un
movimento di flip -flop ossia possono scorrere lateralmente sia nel singolo strato che in quello
sottostante. In questo doppio strato sono presenti proteine intrinseche o integrali che
attraversano tutto il doppio strato lipidico (possiedono un dominio idrofilo extracellulare, uno
trasmenbrana idrofobo ed un idrofilo intracellulare) e proteine estrinseche o periferiche (non
possiedono domini idrofobici, si legano solo su un versante del doppio strato alle teste idrofile dei
fosfolipidi). Nella membrana sono presenti inoltre, delle glicoproteine, ossia proteine a cui sono
associati i carboidrati e glicolipidi ossia carboidrati legati ai lipidi di membrana, entrambi svolgono
una funzione recettoriale in quanto recepiscono molti stimoli.

Nel bilayer fosfolipidico sono presenti molecole di colesterolo che si legano alle code dei fosfolipidi
nel caso delle cellule eucariotiche, in quelle procariotiche troviamo la cardiolipina. La fluidità della
membrana è garantita da acidi grassi a corta catena ed insaturi e da basse concentrazioni di
colesterolo. In caso di temperature troppo rigide o di altri fattori di stress cellulari o di alte
concentrazioni di colesterolo i fosfolipidi si compattano eccessivamente perdendo la capacità di
movimento e di scambio di materiale. Le proteine di membrana svolgono diverse funzioni:
sono adibite al trasporto di sostanze possono fungere da recettori, possono essere enzimi,
molecole di adesione per le cellule o di ancoraggio della membrana al citoscheletro.
La membrana plasmatica svolge diverse funzioni: delimita la cellula, regola il passaggio di sostanze
(semipermeabile), media i rapporti con le altre cellule, mantiene costante
l'ambiente interno.

NUCLEO
Nelle cellule eucariote che si dividono in animale e vegetale, il nucleo è la struttura che in genere
risulta più visibile. Esso è circondato da una membrana nucleare costituita da due membrane,
ognuna delle quali è formata da un doppio strato di fosfolipidi. Questi strati creano dei piccoli pori
nucleari attraverso cui avviene il passaggio di sostanze tra il nucleo o il citoplasma. All'interno del
nucleo vi sono i cromosomi. Quando la cellula non è in divisione, i cromosomi sono visibili solo
come una massa di filamenti detta cromatina, costituita da DNA e proteine istoniche. All'interno
del nucleo è presente il nucleolo che è il sito di formazione dei ribosomi.

CROMATINA
È un complesso sovramolecolare di DNA eucariotico e proteine. Si divide in:
Eucromatina: dispersa, debolmente colorata, attivamente espressa cioè trascrivibile.
Eterocromatina: molto compattata, colorata marcatamente ed inattiva cioè non trascrivibile. A
sua volta si divide in eterocromatina costitutiva (sequenze mai trascritte) ed eterocromatina
facoltativa (sequenza non trascritta in alcune cellule).

I livelli di organizzazione del DNA sono: la doppia elica lunga due metri, a cui segue la collana a filo
di perle, ossia il DNA che si avvolge per un giro e ¾ intorno al nucleosoma.
Il nucleosoma risulta costituito da 4 proteine istoniche HA, H2B, H3, H4 ciascuno presente in 2
subunità. Pertanto, esso è un ottamero. Tra il nucleosoma e l'altro vi è il DNA linkage o nudo. Più
collane a filo di perle formano la fibra da 10nm. Il livello di organizzazione successivo è costituito
da fibre di cromatina di 30 nm dove i nucleosomi di ogni fibra sono impacchettati dall'istone di
giunzione, ovvero HI. Il livello di organizzazione successivo è rappresentato da domini ad ansa
legati ad un supporto proteico (fibra da 300nm). Questi domini si possono riavvolgere
ulteriormente dando origine alla struttura altamente compatta del cromosoma (fibra da 700nm),
che risulta costituito da due cromatidi fratelli legati da una struttura detta centromero. In essi
distinguiamo un braccio lungo Q, e uno corto P.
CITOPLASMA
È costituito da tutte le componenti cellulari escluso il nucleo, delimitato da membrana cellulare.
La parte fluida del citoplasma è detta citosol, una soluzione di ioni, piccole molecole e proteine.
L'altra parte del citoplasma è costituito da un sistema di membrane che formano gli organuli. Essi
sono tenuti fissi nelle loro posizioni da una rete di filamenti che formano il citoscheletro. Le fibre
del citoscheletro consentono alla cellula di muoversi e dirigono i movimenti di altre molecole.

CITOSCHELETRO
È un complesso di strutture localizzato nel citoplasma delle cellule eucariotiche. Esso garantisce il
mantenimento della forma della cellula, le conferisce stabilità meccanica e concorre ai suoi
movimenti. È formato da tre tipi di strutture proteiche a prevalente sviluppo longitudinale, di
diametro diverso, ma in grado di interagire reciprocamente:
• Microfilamenti o filamenti di actina: sono costituiti da molecole di actina, che può essere
monometrica
(G), o un polimero a doppio filamento (F). Sono responsabili delle variazioni della forma cellulare e
determinano movimenti cellulari, come le contrazioni.
• Filamenti intermedi: contribuiscono a stabilizzare l'architettura e la forma delle cellule; e
ne mantengono le dimensioni. Essi sono formate da proteine fibrose che si organizzano
formando corde che interagiscono con le giunzioni cellulari ossia strutture che uniscono le
cellule. Forniscono forza meccanica e resistenza agli stress.
• Microtubuli: consentono il movimento dei cromosomi, rappresentano piste molecolari per
le vescicole. Un filamento è costituito da dimeri di tubulina alfa e beta. Nove filamenti di
tubulina alfa e beta formano nove proto-filamenti, che a loro volta, formano i microtubuli,
ossia strutture cilindriche cave. Determinano le posizioni degli organelli e dirigono il
trasporto intracellulare.
Proteine accessorie: sono essenziali per l’assemblaggio controllato dei filamenti del cito scheletro,
comprendono i motori proteici che muovono gli organelli o i filamenti stessi.
I filamenti intermedi sono come ‘corde’ molto for< che rendono le cellule resistenti agli stress di
tipo meccanico (stiramento).
Sono il tipo di filamenti più durevole, resistono cambiamenti osmotici e detergenti. Sono fatti da
proteine filamentose di tipi molto diversi (famiglia eterogenea), che formano fibre di 10 nm di
diametro, a metà fra i filamenti di actina e i microtubuli.
Formano una rete traverso il citosole e intorno al nucleo, che collega fra di loro i punti di
ancoraggio della cellula con altre cellule (desmosomi).
Si trovano pure all’interno del nucleo di tutte le cellule eucariotiche, formando un reticolo che
rafforza l’involucro nucleare dal lato interno: la lamina nucleare.
Monomero con teste globulari e regione allungata a elica alfa. Dimero ad alfa elica superavolta.
Tetramero formato da due dimeri invertiti e sfalsati.
Due tetrameri associati da interazioni non covalenti.
Otto tetrameri associati dagli stremi e lateralmente per formare un filamento.
Regioni globulari: molto variabili. Regioni filamentose: molto conservate.
Tipi di filamenti intermedi
Ogni tipo di filamento è fatto di unità proteiche caratteristiche. Le cheratine sono di tanti tipi, a
seconda del tipo di epitelio.
Cheratineà negli epiteli, anche in peli, unghie, penne
Vimentine e similià nel tessuto connettivo, cellule muscolari e gliali
Neurofilamentià nelle cellule nervose
Lamine nucleariàin tutte le cellule eucariotiche
I filamenti intermedi interagiscono con altre proteine, soprattutto tramite le teste globulari di ogni
subunità, che sporgono dal filamento intrecciato. Ad esempio, sono collegati fra di loro, agli altri
filamenti del citoscheletro e ai punti di adesione fra le cellule (desmosomi) da molecole come la
plectina. La presenza di filamenti intermedi è fondamentale per la resistenza meccanica degli
epiteli allo stiramento. Senza i filamenti intermedi gli epiteli sono molto fragili e si rompono
(malattia). Senza plectina, i topi muoiono poco dopo la nascita, con problemi epiteliali, muscolari e
nervosi.
I microtubuli sono il componente del citoscheletro più coinvolto nelle funzioni di organizzazione
degli organuli e nella comunicazione fra di loro (il traffico vescicolare), grazie alla interazione con
proteine motrici. Il suo diametro è di 20 nm circa. I microtubuli della cellula in riposo (interfase) si
organizzano in maniera radiale, partendo del centrosoma, verso il centro della cellula.
Durante la divisione cellulare (mitosi), i microtubuli si riorganizzano e formano il fuso mitotico, una
struttura che distribuisce i cromosomi fra le due cellule figlie.
I microtubuli sono pure il citoscheletro fondamentale di certe strutture come ciglia e flagelli,
allungamenti a forma di peli che sporgono da un lato della cellula (di solito apicale) e fanno di
propulsione per spostare la cellula o il fluido a contatto.
I microtubuli sono fatti da due piccole unità di tubulina, una alfa e una beta, che si legano non
covalentemente in un eterodimero. Gli eterodimeri si legano alternando per formare
protofilamenti, che hanno così due estremi diversi: sono polarizza(, con un estremo alfa e uno
beta.
Tredici protofilamenti si legano lateralmente, tutte orientate nella stessa direzione, formando un
tubo vuoto: il microtubulo, che ha un estremo alfa (estremità meno) e uno beta (estremità più).
Gli stremi sono funzionalmente diversi, quello più si allunga più velocemente che quello meno,
dunque il microtubulo cresce dal lato più (per addizione di eterodimeri). Le conseguenze funzionali
sono molto importanti.
I microtubuli si organizzano radialmente partendo da un centro organizzatore, che nelle cellule
animali è il centrosoma, e crescendo verso l’esterno dalle estremità più.
Nel centro del centrosoma ci sono due cilindri di microtubuli, i centrioli, di funzione sconosciuta,
ma molto simili o identici ai corpuscoli basali che organizzano i microtubuli di ciglia e flagelli.
In torno ci sono anelli di tubulina gamma, che funzionano come centri di nucleazione: essenziali
per la polimerizzazione della tubulina in microtubuli alle concentrazioni citosoliche di tubulina.
I microtubuli si allungano e si accorciano in maniera repentina, è l’instabilità dinamica.
Si basa nel legame di GTP ai dimeri di tubulina: il dimero-GTP si lega forte all’estremità più e la fa
crescere, formando un cappuccio a GTP. Se il GTP della estremità s’idrolizza a GDP, i legami
s’indeboliscono e il microtubulo si disfà: è una catastrofe. Questo processo mantiene i livelli di
dimeri di tubulina alti nel citosole, per la nuova polimerizzazione.
La importanza di questi fenomeni di polimerizzazione/depolimerizzazione è dimostrata dal fatto
che i farmaci che arrestano la polimerizzazione (come la colchicina) o la depolimerizzazione (come
il taxolo) causano l’arresto della mitosi durante la fase del fuso mito<co. Si usano come
antitumorali.
I componenti del citoplasma si spostano usando il citoscheletro di microtubuli e actina come delle
strade, grazie a proteine motrici, che usano ATP per generare un movimento di tipo saltatorio e
direzionato. Diversi motori si associano a diversi tipi di filamento, si muovono in diverse direzioni e
trasportano diverse cariche.
Le proteine motrici che si spostano lungo i microtubuli sono di due tipi: chinesine (verso il lato
più) e dineine (verso il meno). Tutte e due sono dimeri di proteine con una testa globulare e una
coda allungata.
Le due teste legano il microtubulo in maniera orientata e idrolizzano ATP, generando cambiamenti
conformazionali e movimento. Le due code si uniscono in una sola che lega il carico da trasportare.
Due strutture cellulari organizzate dai microtubuli:
Ciglia: protrusioni piliformi di 0̃ .25 μm di diametro, che propulsano il fluido esterno (epitelio
respiratorio, ovidutto) o le cellule in ambiente fluido (protozoi).
Flagelli: organi propulsori di organismi unicellulari e spermatozoi, più lunghi e aziona< da un
movimento ondulatorio.
I microtubuli al loro interno crescono a partire di un organizzatore che è il corpusculo basale, nel
citoplasma.
La struttura interna di tutte e due è la stessa, molto conservata (protozoi al uomo): una coppia di
microtubuli centrali e nove coppie attorno, legate fra di loro da diverse proteine.
Fra queste è importante la dineina ciliare, che si lega a due microtubuli (dalla testa e la coda) e li
fa scorrere fra di loro, generando la flessione del ciglio o flagello.
Mutazioni di questa proteina: sindrome di Kartagener (infezioni bronchiali e sterilità maschile).
I filamenti di actina, in tutte le cellule eucariotiche, sono i principali responsabili della motilità
cellulare e dei moti di superficie. Interagiscono con molte proteine che legano actina, per tante
funzioni diverse.
I filamenti di actina formano lo scheletro dei microvilli (cellule intestinali), dei fasci contrattili (i
muscoli della cellula) e delle protrusioni superficiali molto dinamiche, e formano pure l’anello
contrattile che divide una cellula in due alla fine della mitosi.
Sono filamenti più sottili, flessibili e corti dei microtubuli, con circa 7 nm di diametro. Si
organizzano in fasci e reti per fare strutture più robuste.
Il filamento si forma per addizione di monomeri di actina, formando una doppia catena con due
filamenti fortemente intrecciati. Gli estremi dei monomeri sono diversi, dunque pure i filamenti di
actina hanno una polarità strutturale, con un estremo meno e uno più.
Tutti i due estremi possono crescere, ma l’estremo più lo fa a maggiore velocità. La crescita
avviene per aggiunta di monomeri legati ad ATP. Una volta uniti al filamento, l’ATP si idrolizza ad
ADP indebolendo il legame agli altri monomeri. Lo scambio di ADP per ATP accade solo nello stato
monomerico.
Pure i filamenti di actina sono in equilibrio dinamico, fra polimerizzazione e depolimerizzazione, e
pure in questo caso ci sono tossine che possono bloccare ogni fenomeno.
Di solito la metà dell’actina è in filamenti e l’altra metà monomerica, in maniera di essere
disponibile se c’e bisogno di fare nuovi filamenti velocemente.
Ci sono tante proteine che legano l’actina, per molte funzioni diverse:
• Proteine che legano l’actina monomerica, per tenere la riserva di monomero pronta
(profilina).
• Proteine che promuovono la polimerizzazione sul fronte di avanzamento di una cellula in
movimento (formine; ARP: ac3n related proteins).
• Proteine che organizzano i fasci contrattili.
• Proteine che formano reticoli di filamenti di actina nel cortex cellulare.
• Proteine che rompono i filamenti in frammenti corti (gelsolina).
• Proteine motrici che legano i filamenti per generare movimento (miosina).
• Proteine che si muovono lungo i filamenti legando carico come organelli.
Il cortex cellulare
Abbiamo visto che la membrana plasmatica è rinforzata da una rete di spectrina dal lato citosolico.
La maggior parte delle cellule hanno pure una rete di filamenti di actina sotto la membrana
plasmatica che forma uno strato che da resistenza meccanica alla cellula, coinvolto nel
mantenimento della forma cellulare, nel movimento della cellula e nella formazione di protrusioni
mobili di membrana.
Molte cellule si spostano strisciando sul substrato:
• Arriva un segnale che attiva recettori.
• La cellula emette prolungamenti sul fronte attivato: lamellipodi e filopodi.
• Polimerizzazione di actina verso il fronte, estremo più, 1 μm/sec.
• I prolungamenti si attaccano al substrato (integrine) e fanno d’ancora, collegandosi
all’actina.
• Il corpo cellulare viene trascinato usando questi punti di ancoraggio per generare
movimento: actina e miosina.
Le miosine
Sono le proteine motrici che interagiscono con l’actina, movendosi verso gli stremi più dei
filamenti.
Hanno una testa globulare con attività ATPasi per generare movimento, e una coda che lega
diversi tipi di carico a seconda del tipo di miosina.
La miosina I si trova in tutte le cellule, fa spostare carici lungo i filamenti di actina, o pure la
membrana plasmatica rispetto ai filamenti di actina.
La miosina II è la principale miosina del muscolo.
L’attività delle proteine che legano l’actina, e quindi del citoscheletro di actina, è modificata da
segnali intra- ed extracellulari: le proteine che legano l’actina sono proteine effettrici. Così la
cellula può rispondere a certi segnali con movimenti e spostamenti.
Le molecole segnalatrici intracellulari che collegano i segnali con le proteine che legano actina
appartengono alla famiglia della proteina Rho, e sono interruttori dipendenti del legame a GTP
(GTP: on; GDP: off).

CONTRAZIONE MUSCOLARE
Negli animali è presente un tessuto, il tessuto muscolare, specificamente deputato alla
generazione di movimento. Ciò avviene grazie alla capacità delle cellule muscolari di contrarsi
(cioè di diminuire la propria lunghezza) consumando energia derivata dall’idrolisi di ATP.
La contrazione delle fibrocellule muscolari è resa possibile da strutture ripetute ed estremamente
ben organizzate dette sarcomeri.
Il sarcomero è costituito da due tipi di filamenti interdigitati: quelli costituiti da miosina II
(filamenti spessi), e quelli costituiti di actina e proteine associate.
Le actine si collegano con l’estremità+ (che presenta un cappuccio CapZ) ad una struttura fibrosa
detta disco o linea Z grazie all’azione della α-actina, mentre le estremità- si orientano verso il
centro del sarcomero e sono stabilizzate dalla tropomodulina.
Da ciascun disco Z, parte una serie di fasci di titina vanno a legarsi all’estremità di ciascuno dei
filamenti spessi: essa è in grado di collegare il fascio miosinico bipolare ai due dischi Z che
delimitano il sarcomero determinandone il corretto posizionamento.
I filamenti di actina e quelli di miosina sono interdigitati in modo estremamente regolare: ogni
filamento spesso è circondato da sei filamenti sottili e ogni filamento sottile è affiancato a due
filamenti spessi. Grazie a questa disposizione, ogni singola testa miosinica interagisce ciclicamente
con il filamento di actina e accoppia l’idrolisi di ATP con lo scorrimento verso l’estremità+ del
filamento di actina, orientata verso il disco Z.
Poiché il filamento spesso di miosina II è bipolare, lo scorrimento delle teste miosiniche orientate
in direzioni opposte trascinerà i filamenti sottili di actina verso il centro del sarcomero,
determinando un avvicinamento dei dischi Z, fino a quando il filamento spesso non arriva a
contatto con il disco stesso.
Ogni testa miosinica trascina il filamento per un breve tratto, poi se ne distacca consentendo alle
altre teste del filamento spesso di compiere lo stesso ciclo.
La contrazione del muscolo scheletrico è modulata dagli impulsi nervosi: questi generano nella
membrana plasmatica della fibrocellula muscolare un potenziale d’azione che si propaga fino al
reticolo sarcoplasmatico provocando l’apertura di canali per il 𝑪𝒂𝟐+-voltaggio-dipendenti
causando il rilascio di 𝑪𝒂𝟐+ attorno alle miofibrille.
Nelle miofibrille, in associazione con l’actina, è presente la tropomiosina, una proteina lineare che
si distende nel solco formato dall’avvolgimento ad elica dei due protofilamenti. Le molecole di
tropomiosina si susseguono l’una dopo l’altra correndo lungo tutto il filamento di actina e
stabilizzandolo. La disposizione della tropomiosina lungo i filamenti di actina ne maschera il sito di
interazione con la miosina: per tale motivo la regolazione del rapporto tra filamenti di actina e
tropomiosina è un passaggio chiave nella regolazione della contrazione muscolare.
La troponina è in grado di legare ioni 𝐶𝑎2+ in una subunità detta troponina C e controlla la
posizione della tropomiosina sul filamento di actina: a seguito della combinazione con il 𝐶𝑎2+, la
troponina va incontro ad una modificazione conformazionale che si trasmette alla tropomiosina
spostandola dal solco dove si trova in condizioni di riposo verso un sito di legame diverso sul
filamento actinico. Questa variazione della posizione della tropomiosina provoca l’esposizione dei
siti di legame per la miosina II che si trova in forma “energizzata” (legata ad ADP e fosfato
inorganico) e pronta a legarsi all’actina: ha così inizio la contrazione muscolare.
La contrazione dell’intera cellula è resa possibile dal fatto che i sarcomeri, a livello del disco Z,
sono legati a due importanti proteine: la desmina (un filamento intermedio) e la distrofina che
interagisce con specifiche strutture dette distroglicani inserite nel sarcolemma ed in continuità con
la matrice extracellulare: con il sopraggiungere dello stimolo nervoso, la contrazione del
sarcomero mediante il complesso distrofina-distroglicani si ripercuote sul sarcolemma.

ORGANULI CITOPLASMATICI
Centrioli: sono importanti strutture della divisione cellulare. Sono costituite da 9 triplette di
microtubuli che si dispongono per formare una struttura circolare dove le triplette di microtubuli
sono legate tra di loro da specifiche proteine. Hanno la funzione di organizzare i microtubuli che
consentono la ripartizione dei cromosomi nel corso della divisione cellulare.

Mitocondri: I mitocondri sono presenti in tutte le cellule eucariotiche: rappresentano il centro


fondamentale della maggioranza dei processi metabolici.
In una stessa cellula essi si comportano come strutture dinamiche: possono fondersi fra loro o
dividersi, conservando però una stessa architettura di base.
Il mitocondrio è delimitato da due membrane: la membrana mitocondriale esterna un
rivestimento continuo e relativamente permeabile che avvolge l’intero organello e ne costituisce il
confine rispetto al citoplasma; la membrana mitocondriale interna ha una superficie superiore a
quella della membrana esterna ed è ripiegata verso l’interno in una serie di invaginazioni
appiattite dette creste.
Per la presenza del doppio sistema di membrane, si vengono così a creare due compartimenti
ripieni di liquido: lo spazio intermembrana, compreso tra la membrana esterna e quella interna e
insinuato all’interno delle creste; la matrice mitocondriale, all’interno della membrana interna.
MATRICE MITOCONDRIALE
La matrice mitocondriale interna si presenta come un gel ad alto contenuto in proteine codificate
da geni nucleari ed importate all’interno del mitocondrio dopo la loro sintesi nel citoplasma.
La matrice contiene: enzimi che prendono parte a processi catabolici e alla formazione di coenzimi
ridotti quali quelli per la decarbossilazione ossidativa del piruvato, β-ossidazione degli acidi
grassi, ciclo di Krebs; coenzimi piridinici, ADP, ATP, coenzima A, metaboliti delle varie vie
metaboliche; enzimi coinvolti nei processi di biosintesi che partono dall’acetil-CoA ed
enzimi del ciclo dell’urea.
Elemento peculiare dei mitocondri è la presenza di diverse copie di una molecola di DNA circolare
a doppia elica (genoma mitocondriale), che codifica per alcune catene polipeptidiche, rRNA e
alcuni tRNA. Sono presenti anche ribosomi, tRNA, enzimi responsabili della replicazione del DNA
mitocondriale e della trascrizione degli rRNA, tRNA e mRNA mitocondriali, della sintesi degli
amminoacil-tRNA necessari alla sintesi delle catene polipeptidiche codificate dal genoma
mitocondriale e sintetizzate nella matrice.
MEMBRANA MITOCONDRIALE ESTERNA
Nella membrana esterna sono presenti proteine con attività enzimatiche estremamente diverse e
numerose porine, la cui apertura e chiusura può essere regolata. L’elevata permeabilità della
membrana esterna è dovuta alla presenza di porine che consentono il passaggio di molecole
relativamente piccole, come nucleotidi, NAD e coenzima A. Sono inoltre presenti specifici
traslocatori, che, interagendo con traslocatori della membrana interna, assicurano il trasporto nel
mitocondrio delle proteine mitocondriali sintetizzate nel citosol.
MEMBRANA INTERNA
La membrana interna per quel che riguarda la componente lipidica è quasi del tutto priva di
colesterolo e ricca di cardiolipine. La membrana interna presenta una struttura estremamente
compatta, è altamente impermeabile e può essere attraversata, oltre che dall’acqua e dai gas, solo
da quei composti per i quali essa contiene proteine trasportatrici.
La cardiolipina (difosfatidil-glicerolo) è un lipide molto concentrato della membrana mitocondriale
interna, ma anche nella membrana plasmatica dei batteri, ossia in membrane coinvolte nella
trasduzione di energia.
La cardiolipina è un “doppio” fosfolipide inusuale, che contiene quattro catene di acidi grassi e che
si trova principalmente nella membrana mitocondriale interna.
La cardiolipina è importante per ridurre la permeabilità ai protoni dando così origine al
gradiente elettrochimico di protoni fra lo spazio intermembranario e la matrice dei mitocondri

Il mitocondrio, inoltre, contiene un’enorme varietà di proteine tra cui le principali sono
ossidoreduttasi della catena respiratoria e le 𝑭𝒐𝑭𝟏-𝑨𝑻𝑷𝒂𝒔𝒊 (ATPsintasi) che permettono la
fosforilazione ossidativa. La membranainterna è di gran lunga meno permeabile di quella esterna.
Sulla sua superficie sono presenti proteine trasportatrici per diversi composti, che agiscono
principalmente mediante meccanismi di cotrasporto.
Alcune tra le principali proteine trasportatrici sono quelle coinvolte nello scambio di intermedi o
prodotti metabolici (ATP inclusa) tra matrice mitocondriale interna e citoplasma (matrice
transmembrana). L’associazione delle funzioni di proteine della membrana esterna, proteine
citoplasmatiche e della membrana interna, rendono possibile il funzionamento di sistemi di
trasporto che prendono il nome di navette o shuttle.

Reticoli endoplasmatici: sono un sistema di cisterne ruvide e canalicoli lisci, delimitati da


membrana di natura lipoproteica, uguale alla membrana cellulare, che si divide in 2 compartimenti
fra loro comunicanti, ma che differiscono per costituzione e per funzioni.
Il reticolo endoplasmatico liscio (REL) è un insieme di tubuli alle cui membrane non aderiscono
ribosomi. Esso è coinvolto nella biogenesi delle membrane dato che opera la sintesi di trigliceridi,
fosfolipidi, colesterolo e steroidi. Interviene nei processi di detossificazione di composti
scarsamente solubili in acqua attraverso reazioni di idrossilazione catalizzate da enzimi specifici
enzimi detti ossidasi. È coinvolto nella regolazione della concentrazione degli ioni calcio nel
citoplasma resa possibile dalla presenza di canali per il calcio regolati (attraverso i quali gli ioni
possono muoversi sotto la spinta del loro gradiente di concentrazione) e una pompa 𝑪𝒂𝟐+-
𝑨𝑻𝑷𝒂𝒔𝒊 per spingere gli ioni calcio contro il loro gradiente di concentrazione verso l’interno
delle cisterne del reticolo. Nella cellula a riposo, i canali sono chiusi, mentre la pompa è
attiva, per cui la concentrazione del calcio nel citoplasma è bassa e lo ione si trova
sequestrato all’interno delle cisterne delreticolo.

Il reticolo ruvido è un esteso complesso sacculi e vescicole appiattite e intercomunicanti,


costituiti da membrane che delimitano cavità indicate come cisterne del reticolo
endoplasmatico Il reticolo endoplasmatico ruvido (o RER) è strettamente implicato nei
processi di sintesi proteica, specialmente di proteine che devono svolgere il loro ruolo al di
fuori della cellula (proteine di secrezione) oproteine delle membrane di organuli cellulari o
della membrana plasmatica stessa (proteine di membrana). A livello delle cisterne del RER
si svolgono inoltre numerosi processi di modificazione co-traduzionale e post-traduzionale
di un’enorme varietà di proteine e avviene un preventivo controllo di qualità delleproteine
che si conclude con la demolizione di quelle mal ripiegate.
MODIFICAZIONI A CARICO DEGLI AMMINOACIDI
Alcuni amminoacidi sono presenti solo in un numero limitatissimo di proteine, la loro presenza è
legataall’azione di specifici enzimi in grado di modificare amminoacidi già inseriti in una proteina.
È il caso dell’idrossiprolina e dell’idrossilisina, che si trovano quasi esclusivamente nel collagene e
nell’elastina.
N-GLICOSILAZIONE
Una delle principali modificazioni è la N-glicosilazione che avviene (co-traduzionalmente) nel RE e
si completa nell’apparato di Golgi. Le prime tappe dellaN-glicosilazione nel RE svolgono un ruolo
nel controllo di qualità che sorveglia il corretto ripiegamento della proteina. La N-glicosilazione
avviene mediante l’aggiunta di un oligosaccaride complesso ad un residuo di asparagina.
La sintesi dell’oligosaccaride che viene trasferito all’asparagina avviene in più step: a livello
citoplasmatico, il un dolicolo-fosfato viene ulteriormente fosforilato; in seguito sempre a
livello citoplasmatico avviene l’aggiunta di due unità di N- Acetil-glucosammina e cinque di
mannosio; una specifica flippasi (ABC-ATPasi) porta il dolicolo sul versante interno della
membrana del RER; le glicosil- transferasi presenti all’interno del RER aggiungono 4 ulteriori
unità di mannosio e 3 unità di glucosio. Il trasferimento dell’oligosaccaride avviene a carico
del complesso multiproteico oligosaccaril-transferasi (OST), catalizza il trasferimento della
struttura oligosaccaridica a specifici residui di asparagina nella sequenza (Asn-X aa-
Ser/Thr, asparagina bersaglio) mediante la formazione di un legame N-glicosidico.
RIPIEGAMENTO E FORMAZIONE DEI PONTI DI SOLFURO
Le proteine la cui sintesi avviene a livello del RER iniziano il loro ripiegamento grazie alla presenza
di chaperon molecolari. L’intervento degli chaperon proteici (BiP -riconoscono amminoacidi
idrofobici esposti-, Hsp70…) consente a determinate regioni polipeptidiche di attendere la sintesi
delle regioni sintetizzate più tardivamente per poter poi interagire con esse nel ripiegamento. Si ha
anche un primo livello di organizzazione di apparati multiproteici.
Il sistema degli chaperon del RE controlla anche altri aspetti relativi alla configurazione finale delle
proteine, come la formazione di complessi multimerici.
Il corretto ripiegamento delle proteine è anche assicurato da proteine della famiglia delle disolfuro
isomerasi (PDI) che facilitano la formazione di ponti disolfuro che conferiscono stabilità alla
conformazione tridimensionale delle proteine. Le PDI, che contiene anch’essa un ponte disolfuro,
è quello di “scambiare” il proprio ponte disolfuro con le cisteine della proteina neosintetizzata; ciò
consente sia la formazione di nuovi legami tra le cisteine della proteina neosintetizzata, sia la
disgregazione di ponti disolfuro “errati” e la successiva formazione di ponti “corretti”.
RISPOSTA ALLO STRESS DA PROTEINE MAL RIPIEGATE
L’accumularsi di un numero eccessivo di proteine del lume del RER genera una risposta detta
UPR (unfolded proteins response) che coinvolge il complesso IRE1, una proteina
transmembrana del RE che presenta sia un’attività endoribonucleasica sia un’attività
serina/treonina-chinasica. Essa è eneralmente mantenuta in forma inattiva dal legame con
BiP; in situazioni di accumulo di proteine misfolded gli chaperoni si dissociano dal dominio N-
terminale di IRE1 (lume del RER). Ciò favorisce la dimerizzazione e fosforilazione dei
complessi IRE1 con conseguente attività endoribonucleasica effettuando la rimozione di un
introne (altrimenti tradotto) da un mRNA (XBP1), dalla cui traduzione si genera un potente
fattore di trascrizione (XBP1s) che aumenta l’espressione di: chaperon del RE, componenti
del sistema ERAD.
SMISTAMENTO DELLE PROTEINE: ERES ED ERGIC
Le proteine sono indirizzate verso regioni dette ERES (exit-site of RE) rivolte verso l’apparato di
Golgi, per essere impacchettate in vescicole che sono fatte gemmare dalla membrana e rivestite
con il complesso COPII (proteine Sec, Sar1). Le proteine di membrana destinate all’esportazione
dal RER, presentano spesso nel loro dominio citoplasmatico sequenze segnale che ne
determinanola concentrazione nella zona di membrana in corso digemmazione (membrane cargo)
in quanto sono riconosciute dalle proteine di rivestimento delle vescicole. Le proteine solubili
presentano invece segnali che ne permettono il riconoscimento da parte di specifici recettori.
Le proteine COPII sono responsabili della gemmazione delle vescicole, ed intervengono nella
selezione delle proteine da esse trasportate. Le vescicole rivestite da COPII gemmano vicino
all’estremità+ di microtubuli. La proteina Rab, si lega alle vescicole e recluta le dineine che
permetteranno il trasporto verso una regione prossimale dell’apparato di Golgi, indicata come
ERGIC (endoplasmic reticulum-Golgi intermediate compartment). Durante il trasporto verso ERGIC
avviene la parziale depolimerizzazione di COPII. La fusione tra le due membrane, mediata dalle
SNARE,fa sì che il contenuto della vescicola venga riversato nel lume dell’ERGIC e che la membrana
della vescicoladiventi parte di quella dell’ERGIC.

Ribosomi: sono costituiti da rRNA e da 50 proteine, organizzate in 2 subunità. Essi vengono prodotti
nel nucleolo e generalmente le 2 subunità risultano libere nel citoplasma.
Queste si assemblano solo el momento in cui ha inizio la sintesi proteica. Si ha una subunità
maggiore e una minore.
Nei procarioti:
Subunità maggiore: 50 s
Subunità minore: 30 s
Negli eucarioti:
Subunità maggiore: 60 s (3 r-RNA e 45 proteine)
Subunità minore: 40 s (1 r-RNA e 33 proteine)
dove s = coeficiente di sedimentazione
Gli rRNA sono di 3 tipi: 28 s, 18 s e 5 s. Tre la subunità maggiore e quella minore vi è un
solco in cui entra l'RNA messaggero. Esistono diversi tipi di ribosomi
• Mitocondriali
• Cloroplastidici

• Non associati a membrane
• Associati al reticolo ruvido
Si parla di polisomi, quando abbiamo da 3 a 30 ribosomi legati a un filamento di RNA messaggero.
I ribosomi sono complessi di RNA e proteine che, grazie alla cooperazione di un’amplia varietà di
altri fattori, permettono la sintesi proteica.
Gli rRNA derivano da grandi molecole precursori che vanno incontro a reazioni di maturazione.
Negli eucarioti, tali reazioni si svolgono all’interno del nucleolo: gli rRNA si associano a proteine
ribosomali e si auto-assemblano nelle due subunità. Queste si associano fra loro solo dopo il
legame con l’mRNA. L’interfaccia tra la subunità maggiore e minore forma una cavità relativamente
ampia che espone quasi esclusivamente RNA. Il lato della subunità minore che guarda verso questa
cavità presenta lungo la sua lunghezza una lunga ansa di RNA a doppio filamento.
Le superfici delle due subunità che si affrontano contengono i siti di legame per l’mRNA e il tRNA in entrata
e sono quindi di importanza fondamentale per la funzione del ribosoma.
Nella subunità maggiore è presente un canale attraverso il quale scorre la catena polipeptidica in
corso di sintesi.
Nel ribosoma sono particolarmente importanti altri quattro siti per la sintesi proteica. Si tratta del
sito chelega l’mRNA e di tre siti dove il tRNA si può legare:
§ un sito A (amminoacilico) che lega ogni nuovo tRNA che arriva con il suo amminoacido
legato (conl’eccezione del primo amminoacido della catena);
§ un sito P (peptidilico) in cui risiede il tRNA cui è legata la catena polipeptidica in crescita;
§ un sito E (exit), attraverso cui i tRNA lasciano il ribosoma dopo aver scaricato i loro
amminoacidi.
I ribosomi si muovono lungo un “nastro” di mRNA che contiene le informazioni codificate. Questi organelli
sono da considerarsi vere macchine programmabili e l’informazione contenuta nell’mRNA determina la
sequenza di amminoacil-tRNA che si posiziona nel ribosoma durante la traduzione.

Apparato del Golgi: esso è costituito dai dittiosomi, ossia dalle cisterne appiattite, 5 o 6 in genere,
in cui le membrane delimitano una cavità o lume centrale. Esse sono formate da 3 compartimenti
che lavorano in modo indipendente: regione cis, intermedia, trans.
L’apparato di Golgi è un insieme di 3-8 cisterne membranose appiattite al centro e di vescicole,
posto nelle vicinanze del RER. L’apparato di Golgi è coinvolto nella maturazione (mediante
modifiche post-traduzionali) e nello smistamento di materiale sintetizzato in altre parti della
cellula, in particolare delle proteine.
Le modificazioni post-traduzionali che hanno sede nel Golgi comprendono modificazioni di residui
di amminoacidi, delle catene oligosaccaridiche già legate ai polipeptidi a livello del RER con N-
glicosilazione e all’aggiunta di nuove catene oligosaccaridiche mediante O-glicosilazione.
Le cisterne del Golgi possono essere suddivise in base alla loro posizione ed al loro contenuto
enzimatico (e di conseguenza in base al tipo di modificazioni che possono esplicare): cis-Golgi (e Cis-
Golgi-Network, altamente dinamico e particolarmente irregolare) costituito dalle cisterne più vicine
al RER dove avviene la fosforilazione dei residui di mannosio delle proteinelisosomiali; golgi-mediale
costituito dalle cisterne intermedie dove sono presenti enzimi che permettonol’aggiunta di residui
glucidici (N-acetli-glucosammina); e trans-Golgi (e trans-Golgi-Network, anch’esso compartimento
altamente dinamico e dalla forma irregolare) dove avviene l’aggiunta di altri elementioligosaccaridici
quali galattosio o acido sialico. La presenza nelle varie cisterne di diversi corredi enzimatici (gran
parte delle proteine che opera e permette le modificazioni sono proteine di membranao ancorate al
versante interno della membrana delle cisterne) implica che saranno diverse anche le modificazioni
a cui le proteine andranno incontro all’interno delle varie zone.
MODIFICHE A CARICO DEGLI OLIGOSACCARIDI E O-GLICOSILAZIONE
Le proteine che hanno subito N-glicosilazione al livello del lume del RER generalmente subiscono
ulteriori modificazioni a livello del Golgi: parte dei residui di mannosio vengono eliminati e nuovi
glucidi vengono aggiunti mediante processi specifici (non procedurali come avviene per la
formazione dell’oligosaccaride complesso a livello del RER) che dipendono dalla tipologia di
proteina interessata. L’aggiunta di nuovi glucidi è effettuata da specifiche glicosiltrasferasi
transmembrana che sporgono dalle pareti interluminali delle cisterne del Golgi. A carico delle
cisterne del trans-Golgi avvengono anche solfatazioni a carico di amminoacidi o altri residui
oligasaccaridici. Infine, nelle cisterne del Golgi avviene anche la strutturazione dei polisaccaridi
complessi cheandranno a comporre la matrice extracellulare, la costituzione dei proteoglicani e
modificazioni delle porzioni glucidiche di glicosil-diacil-gliceroli e glicosfingolipidi
Le proteine che giungono la Golgi iniziano a subire numerosi processi di maturazione e
modificazione post-traduzionale quali numerosi processi di glicosilazione. Perché ciò avvenga è
necessario che le proteine si spostino lungo le cisterne del Golgi o che specifici enzimi presenti in
cisterne diverse raggiugano la proteina. Per permettere ciò, lateralmente al Golgi si ha la
gemmazione di due tipologie di vescicole: vescicole rivestite di COPII che permettono lo
spostamento di proteine in direzione trans→cis e vescicole rivestite da COPI che permettono
invece lo spostamento in direzione cis→trans.

SMISTAMENTO A LIVELLO DEL TGN


A livello del trans-Golgi-Network si ha lo smistamento di tutte le proteine che hanno subito processi
maturativi e di modificazione post-traduzionale a livello delle cisterne precedenti. Queste proteine
possono avere varia natura e funzione e possono essere dirette in svariate locazioni all’interno (sistema
endosomiale e lisosomi) o all’esterno della cellula(proteine della membrana plasmatica, proteine di
secrezioni e proteine costituenti la MEC).
Dal TNG si dipartono principalmente vescicole rivestite di clatrina dirette ai lisosomi o al sistema
endosomiale. L’assemblaggio delle vescicole avviene grazie all’azione di una proteina adattatrice detta
adaptina, questa è in grado di prendere contatti con porzioni citoplasmatiche di recettori transmembrana
assicurando un’alta specificità del cargo dellavescicola. L’adaptina permette il reclutamento della clatrina
(proteina con struttura tridimensionale detta a trischerion) che favorisce l’invaginazione della membrana.
Al di sotto dello scheletro di clatrina, nel punto in cui sta avvenendo la gemmazione della vescicola rivestita,
si ha poi l’assemblaggio di un anello di dinamina, una proteina polimerica di struttura anulare che, grazie
alconsumo di GTP, crea una strozzatura alla base della vescicola rivestita provocandone il distacco dalla
membrana. Una volta avvenuta la gemmazione la vescicola perde il suo rivestimento di clatrina (alto
dispendio di ATP) ela vescicola viene trasportata alla sua destinazione finale.
MATURAZIONE ED INDIRIZZAMENTO DEGLI ENZIMI LISOSOMIALI
Gli enzimi lisosomali (la cui sintesi avviene nel RER) subiscono una modificazione della
catena oligosaccaridica (aggiunta nel RER, legata con N- glicosilazione) a livello delle
cisterne cis-Golgi che prevede l’aggiunta di mannosio-6-fosfato. La fosforilazione impedisce
o limita l’ulteriore glicosilazione degli enzimi lisosomali e consente il lororiconoscimento da
parte dei recettori presenti nella zona TGN.
A livello del TGN, sono disposti specifici recettori per il mannosio 6-fosfato. Il legame del
mannosio-6-fosfato con i recettori permette una modificazione della loro conformazione a
livello citoplasmatico che favorisce il legame con l’adaptina e di conseguenza il
reclutamento della clatrina Avvenuta la gemmazione e l’uncoating, la vescicola viene
diretta verso un endosoma. Qui a causa del pH acido si ha il rilascio dell’enzima dal
recettore e l’eliminazione del fosfato da parte di una fosfatasi acida. L’enzima giunge quindi
a maturazione e viene a costituirsi il lisosoma.
I recettori per il mannosio 6-fosfato vengono invece reindirizzati al Golgi dove potranno essere
riutilizzati

Lisosomi: sono degli organelli delimitati da membrana, che contengono enzimi litici, ossia enzimi
di degradazione che scindono le sostanze ad un H compreso tra 1-3.
Possono essere rilasciati dall'apparato del Golgi, e quando una sostanza estranea entra nella
cellula per endocitosi (fagocitosi se la sostanza alimentaree solida), ossia la membrana si
introflette, circondano queste sostanze, per poi staccarsi dando origine ad una vescicola detta
fagosoma.
La fusione tra il fagosoma e il lisosoma primario proveniente dal Golgi determina la formazione di
un lisosoma secondario, all'interno del quale il materiale ingerito, viene degradato. Alcune
molecole prodotte dalla digestione vengono rilasciate nel citoplasma della cellula dove vengono
riutilizzate, mentre i prodotti non digeriti vengono espulsi dalla cellula per esocitosi.
La loro funzione è quella di degradare i patogeni, giacchè sono molto abbondanti nei globuli
bianchi che effettuano fagocitosi, eliminare gli organelli o molecole che non sono più funzionali
all'interno della cellula (autofagia).

PEROSSISOMI
L’assemblaggio iniziale dei perossisomi sembra aver luogo nel RE, anche se le proteine dei
perossisomi non seguono la via secretoria che passa dall’apparato di Golgi. Tra le loro molteplici
attività, le più caratterizzate sono la beta-ossidazione degli acidi grassi a lunga catena e la
degradazione dei derivati tossici dell’ossigeno (derivati dalla sua parziale riduzione): contengono
infatti enzimi coinvolti nel metabolismo ossidativo e soprattutto nella produzione dell’acqua
ossigenata e nella sua demolizione per azione della catalasi.
All’interno dei perossisomi avviene quindi la digestione degli acidi grassi a lunga catena, di ossidi e
superossiditramite enzimi dette catalasi e la sintesi di 𝑎-chetoacidi. I perossisomi variano in
numero e dimensioni, in funzione dello stato metabolico e delle esigenze della cellula.

SISTEMA ENDOMEMBRANE
MEMBRANA PLASMATICA: COMPONENTI
Le quantità relative delle due componenti delle membrane biologiche, lipidi e proteine, varia a
seconda del tipo di membrana considerato. In generale i lipidi costituiscono il 30-50% delle
membrane biologiche, mentre il restante 50-70% è rappresentato da proteine. Le membrane
presentano anche una piccola percentuale glicidica chepuò corrispondere all’1-10% del peso totale
della membrana; i glucidi che costituiscono le membrane sono comunque legati covalentemente a
proteine o lipidi.
LIPIDI DI MEMBRANA
Ogni membrana biologica è costituita da glicerofosfatidi, sfingolipidi e glicosil-diacil-gliceroli e da
steroli. Molte caratteristiche della membrana plasmatica sono strettamente legate alla natura del
doppio strato lipidico che la compone.
§ In ambiente acquoso il film lipidico tende spontaneamente a richiudersi a formare una
struttura sferica cava detta liposoma che separa un ambiente polare interno da quello
polare esterno. I liposomi si differenziano dalle micelle in cui l’ambiente interno risulta
costituito dalle code apolari degli acidi grassi ed è quindi apolare.
§ Se immersa in una soluzione apolare o esposta ad un detergente le membrane sono in
grado di disperdersi rapidamente.
Le membrane biologiche sono scarsamente permeabili a ioni e sostanze polari, fatta eccezione di
molecole dipiccole dimensioni come acqua, urea, etanolo.
GLICEROFOSFATIDI
Nei glicerofosfatidi, due gruppi ossidrili del glicerolo sono esterificati di con acidi grassi, mentre
l’ultimo gruppo ossidrile è esterificato con un acido fosforico. La molecola che ne risulta è un acido
fosfatidico. L’acido fosfatidico andrà a comporre il glicerofosfatide a seguito della formazione di un
secondo legame estere da parte del gruppo fosfato con un gruppo alcolico di una colina (con
formazione di fosfatidil-colina PC), serina o treonina (con formazione di fosfatidil- serina/treonina
PS o PT; la fosfatidil-serina posta sul versante esterno della membrana plasmatica è un segnale
apoptosi), etanolammina (con formazione di fosfatidil-etanolammina PE) o un polialcol ciclico
detto inositolo (con formazione di fosfatidil-inositolo PI).
I due acidi grassi legati al glicerolo sono costituiti da 16-18-20 atomi di carbonio.
Generalmente negli acidi fosfatidici un acido grasso è saturo mentre l’altro presenta
un’insaturazione cis che causa una ripiegatura che impedisce l’impacchettamento dellecode
apolari dei fosfolipidi e aumenta la fluidità della membrana.
Un’altra importante componente delle membrane interne dei mitocondri sono le
cardiolipine, queste sono costituite da una molecola di glicerolo in cui due gruppi idrossilici
sono esterificati da due unità di acidofosfatidico.
GLICOSIL-DIACIL-GLICEROLI
Nei glicosil-diacil-gliceroli, due gruppi idrossili del glicerolo sono esterificati con acidi grassi
mentre l’ultimo ossidrile forma un legame glicosidico con un monosaccaride o un oligosaccaride.
Questa tipologia di lipidi non è uniformemente distribuita in tutta la membrana. I glicosil-diacil-
gliceroli sono infatti molto più abbondanti sul foglio esterno della membrana, dove svolgono
funzioni legate alle risposte immunitarie (determinano il gruppo sanguigno) e recettoriali alcuni di
essi rappresentano siti di legame per sostanze che le cellule introducono dall’ambiente esterno
SFINGOLIPIDI
Altra componente fondamentale delle membrane èrappresentata dagli sfingolipidi. Gli sfingolipidi
derivano dalla reazione tra la sfingosina (ovvero una molecola caratterizzata da una lunga catena
apolare legata ad un gruppo amminico e caratterizzata da due gruppi alcolici) e un acido grasso
per formare la cerammide.
A seguito della formazione della cerammide:

§ Se il gruppo alcolico libero verrò esterificato con unacido fosforico, che a sua volta formerà
un estere con una colina o una etanolammina, si avrà una sfingomielina.
§ Se in alternativa si avrà la formazione di un legame glicosidico tra l’ossidrile libero del
cerammide e un monosaccaride o oligosaccaride, si avrà la formazione di un
glicosfingolipide. A seconda dell’unità saccaridica i glicosfingolipidi si possono distinguere
in cerebrosidi (se tale unità è costituita da uno o più zuccheri neutri) o gangliosidi (se tale
unità presenta uno o più residui di acido sialico, derivato della N-acetil-mannosammina
legata ad acido piruvico).
Nel complesso sfingomieline e glicerofosfatidi sono definiti fosfolipidi.
STEROLI
Sono una serie di alcoli caratterizzati da uno scheletro carbonioso (sterano) costituito da
quattro anelli condensati, tre da sei atomi e uno da cinque (ciclopentanoperidrofenantrene), al
quale sono legati diversi sostituenti a seconda dei composti presi in esame.
All’interno delle membrane cellulari (in misura minorenelle membrane interne) delle cellule animali
è presente in quantità più o meno variabile il colesterolo.La presenza di un gruppo alcolico polare,
permette al colesterolo di interagire con i gruppi (> 𝐶 = 𝑂) degli acidi grassi dei lipidi adiacenti con il
quale forma legamia idrogeno. Il colesterolo si inserisce tra le code lipidiche interferendo con il loro
impacchettamento e modificando di conseguenza fluidità e flessibilità delle membrane e il loro
spessore. Gli steroli sono regno-specifici, per i vegetali si hanno gli stigmasteroli (o fitosteroli),
mentre per i fungi gli ergosteroli.
PROTEINE DI MEMBRANA
In natura non esistono membrane biologiche che non presentano componente proteica. Le
proteine di membrana si dividono in tre gruppi a seconda del modo con cui interagiscono o si
inseriscono all’interno del doppio strato lipidico. La maggioranza delle funzioni di qualsiasi
membrana cellulare è strettamente legata alla tipologia di proteine che la compongono.
Svolgono funzione enzimatica, recettoriale e permettono l’ancoraggio alle strutture extracellulari
di trasporto attraverso il doppio strato fosfolipidico.

PROTEINE INTEGRALI
Le proteine integrali sono profondamente immerse nel doppio strato lipidico. Esse possono
sporgere su di una delle facce della membrana (proteine monotopiche) o attraversare l’intero
spessore sporgendo su di entrambe le facce (proteine transmembrana o integrali). Le proteine
integrali possono poi essere suddivise in monopasso (attraversano un’unica volta la membrana) o
multipasso (attraversano diverse volte la membrana). Più proteine integrali possono poi associarsi
dando origine proteine multimeriche.
Le proteine integrali presentano particolari distribuzioni di amminoacidi apolari, raggruppati in
tratti della catena polipeptidica che originano segmenti di una lunghezza sufficiente ad
attraversarel’intero spessore della membrana e che vengono postia diretto contatto con il doppio
strato fosfolipidico in cui la proteina è immersa (generalmente formano strutture ad 𝛼-elica).
Nelle proteine integrali multipasso, questi tratti ad alfa-elica sono collegati da anse formate da
amminoacidi polari che sporgono sulle due facce della membrana. In funzione di questa
disposizione, la catena polipeptidica ottiene una “struttura anfipatica” con zone polari (le anse)
collegate da zone apolari (le alfa-eliche) di una lunghezza pari allo spessore del doppio strato
lipidico, Una simile struttura spiega perché, esse non vadano incontro a movimenti di flip- flop.
Nel caso di proteine multipasso (o politopiche) che formano canali attraverso la membrana, si
osservano segmenti della catena polipeptidica la cui sequenza presenta da uno a tre residui apolari
regolarmente alternati ad altrettanti residui polari: quando questi segmenti si avvolgono ad alfa-
elica i residui apolari vengono a trovarsi tutti da un lato dell’elica e quelli polari dall’altro, dando
origine ad una strutturaanfipatica (α-elica anfipatica) che presenta una faccia polare e una apolare.
All’interno della membrana, le α-eliche anfipatiche si dispongono in modo da esporre verso la fase
lipidica la loro faccia apolare e di rivolgere verso l’interno della struttura proteica la faccia polare:
viene così a formarsi all’interno della molecola un canale polare che attraversa la membrana a tutto
spessore, mettendo in comunicazione i due compartimenti separati dalla membrana.
PROTEINE PERIFERICHE O ESTRINSECHE
Le proteine periferiche o estrinseche si trovano legatein modo non covalente ai gruppi polari esposti
alla superficie delle membrane (tramite legami a idrogeno, interazioni elettrostatiche). Queste
posseggono una superficie altamente polare. Hanno funzione enzimatica, di ancoraggio per
proteine integrali e di supporto meccanico.
PROTEINE ANCORATE AI LIPIDI
Infine le proteine di membrana ancorate ai lipidi (che si osservano nelle cellule eucariotiche) sono
completamente esposte alla superficie della membrana, ma legate tramite il radicale di uno degli
amminoacidi che le costituiscono, a molecole apolari (ancore) a loro volta inserite nel doppio strato
della membrana. Le ancore possono essere costituite da acidi grassi (palmitico o miristico), da
composti isoprenoidi o da glicosil-fosfatidil-inositolo.
Le proteine con ancore rappresentate da acidi grassi affacciano sul versante citoplasmatico della
membrana; quelle a glicosil-fosfatidil-inositolo affacciano sul versante extracellulare.
GLICOPROTEINE
Le proteine di varie membrane ed in particolare quelle della membrana plasmatica nella loro
porzione extracellulare sono combinate con oligosaccaridi: sono glicoproteine. Questi
oligosaccaridi hanno una costituzione simile a quella della porzione glucidica dei glicolipidi e sono
costituiti da un numero di unità glicosidiche che va da qualche unità a qualche decina.
Nelle proteine di membrana il legame della porzione oligosaccaridica alla catena polipeptidica
avviene in due modi diversi: mediante un legame O-glicosidico con il gruppo alcolico di una serina
o di una treonina o mediante un legame N-glicosidico con il gruppo ammidico di una asparagina,
posta in una specifica sequenza (Asn-X-Ser o Asn-X-Thr, dove X può essere qualsiasi amminoacido
eccetto prolina). La glicosilazione può avvenire in due modi: iniziare co-traduzionalmente nel RER
e completarsi nel Golgi (N-glicosilazione nel RER e modifica del gruppo oligosaccaridico a livello del
Golgi); o avvenire post-traduzioalmente nel Golgi (O-glicosilazione).
Le porzioni glicosidiche delle proteine e dei glicolipidi che si affacciano sulla faccia extracellulare
della membrana plasmatica delle cellule vengono a formare una sorta di rivestimento (tenuto
assieme da una fitta rete di legami a idrogeno e) indicato con il termine di glicocalice.
MODELLO A MOSAICO FLUIDO
Il modello a mosaico fluido (Singer-Nicolson) descrive la membrana plasmatica come un
doppio strato di lipidi complessi all’interno di cui sono inserite integralmente o
parzialmente proteine, che risulta essere asimmetrico nella sua composizione (sia per la
componente lipidica che per quella proteica) e fluido ovvero costituito di molecole o sezioni
compatte di lipidi e proteine (raft lipidici) che si spostano dinamicamente.
FLUIDITÀ DELLA MEMBRANA
Il mantenimento della fluidità della membrana plasmatica è essenziale per il funzionamento
delle cellule. La fluidità della membrana dipende particolarmente dalla natura del doppio
strato lipidico di cui essa è costituita.
FATTORI CHE INFLUENZANO LA FLUIDITÀ
A basse temperature si troveranno in “fase cristallina” (o “fase di gel”): le code degli acidi
grassi sono altamente impacchettate e rilegate quindi da numerose interazioni che ne
limitano il movimento e di conseguenza. A temperature elevate, la motilità delle molecole
lipidiche aumenta, diminuiscono le interazioni che vi si instaurano e la membrana passa in
uno “stato fluido”. Anche la presenza di colesterolo diminuisce la fluidità di membrana,
questo perché il colesterolo si intercala tra le code lipidiche dei fosfolipidi creando un
ingombro sterico che limita la loro motilità. A basse concentrazioni di colesterolo la fluidità
tende ad aumentare.
MOTILITÀ DELLE COMPONENTI
La fluidità dei foglietti lipidici che formano le membrane permette sia alle molecole lipidiche, sia
alle proteine movimenti di rotazione attorno al proprio asse e di traslazione nel piano della
membrana. Tuttavia, la mobilità delle molecole proteiche, che hanno una massa molto maggiore
di quelle lipidiche, è ovviamente minore.
Le singole molecole lipidiche ruotano su se stesse si spostano lungo la lamina di appartenenza e in
rari casi le molecole possono anche passare da un foglietto all’altro attraverso un movimento
indicato come flip- flop. Tale processo è però particolarmente sfavorito in quanto prevede il
passaggio di una testa polare all’interno di un ambiente fortemente apolare ed è generalmente
reso possibile dall’azione di specifici enzimi detti flippasi.
La mobilità delle varie componenti è anche condizionata dalla forza delle interazioni che ogni molecola
stabilisce con quelle vicine e con molecole non direttamente legate alla membrana.
Nella membrana plasmatica sono presenti gruppi di molecole lipidiche stabilmente raggruppate fra di loro a
formare le cosiddette zolle lipidiche (o lipid rafts), spesso disposte attorno a proteine coinvolte nei processi
di segnalazione intercellulare. Queste zolle sono formate prevalentemente da glicosfingolipidi (lipidi con
catene più lunghe e minor numero di insaturazioni) e presentano colesterolo in elevata concentrazione
(questo abbassa la fluidità delle membrane e fa sì che si formi un maggior numero di interazioni tra le
molecole): le molecole che costituiscono le zolle tendono quindi a rimanere associate, muovendosi come
un tutt’uno nel piano della membrana, includendo in alcuni casi anche proteine.
In cellule eucariotiche, nel caso delle proteine integrali della membrana plasmatica, le interazioni con
molecole del citoscheletro possono costituire un “ancoraggio” che ne limita la mobilità.
In determinati tipi di cellule animali, la presenza di giunzioni occludenti o aderenti tra cellule adiacenti,
suddivide la membrana plasmatica di ciascuna cellulain domini distinti e rende impossibile il passaggio di
molecole dall’uno all’altro.
ASIMMETRIA
La composizione chimica dei due foglietti che formano la membrana plasmatica presenta
generalmente una netta asimmetria, per quanto riguarda sia la componente lipidica sia
quella proteica. Questa asimmetria si instaura al momento della sintesi delle membrane a
livello del RE. L’asimmetria della membrana plasmatica riguarda soprattutto la componente
proteica e glicidica. I glicolipidi si trovano tutti nel foglietto esterno e le proteine di
membrana esposte sulla faccia esterna della membrana sono per la maggior parte
glicosilate con le porzioni glicosidiche sporgono all’esterno. L’insieme di queste strutture
oligosaccaridiche dà origine al cosiddetto glicocalice, che si prolunga nell’ambiente
extracellulare contribuisce a conferirle una maggior resistenza meccanica.
Variazioni nella composizione in lipidi del foglietto esterno della membrana delle cellule,
possono rappresentare “segnali” importanti. Ad esempio, la presenza di fosfatidil-serina
sulla superficie esterna si osserva anche quando la cellula muore attraverso il processo
apoptotico.
Alla asimmetria della membrana plasmatica concorrono anche in misura rilevante le
proteine, sia perché sulle due facce sono presenti proteine estrinseche diverse, sia
soprattutto perché la massima parte delle proteine transmembrana (oltre ad essere
glicosilate solo nella loro porzione extracellulare) sono intrinsecamente inserite in modo
asimmetrico nella membrana.
FUNZIONI DELLA MEMBRANA
Le membrana plasmatica è responsabile di varie funzioni, di cui la fondamentale e riassuntiva è la
separazione ed il mantenimento delle relazioni tra un ambiente citoplasmatico interno ed un
ambiente esterno extracellulare.
FUNZIONI GENERALI
Controllo della composizione chimica del citoplasma, assicurato dalla membrana plasmatica grazie
alla sua permeabilità selettiva che le consente di controllare l’entrata e l’uscita dalla cellula di un
gran numero di composti ed è legata alla componente lipidica (permette la diffusione semplice
delle sostanze apolari e delle piccole molecole polari; impermeabile o pochissimo permeabile agli
ioni, alle sostanze polari e alle macromolecole) ed alla presenza di proteine di trasporto (canali
ionici, trasportatori, pompe) dotate di elevatissima specificità. Interconnessioni e interazioni con
l’ambiente extracellulare nonché il riconoscimento tra cellule è reso possibile dalla presenza di
proteine di membrana capaci di legarsi specificamente a determinate componenti dell’ambiente
esterno.
L’adesione tra cellule a formare specificamente tessuti e organi è assicurata da proteine di
membrana organizzate in complesse strutture che costituiscono le giunzioni cellulari anche in
compartecipazione con elementi del citoscheletro.
La ricezione di segnali (composto-segnale, molecole eterogenee che spazia da determinati composti
chimici fino a polipeptidi complessi), è assicurata da specifiche proteine di membrana dette
recettori.
FUNZIONI SPECIFICHE
Sviluppo di un potenziale elettrico (effetto reso possibile sempre grazie alla sua permeabilità
selettiva) attraverso la membrana plasmatica detto potenziale di membrana che in seguito a
determinati stimoli, può andare incontro a brusche e rapidissime variazioni chesi diffondono dal
punto di insorgenza a tutta la membrana, costituendo un potenziale d’azione checausa specifiche
risposte da parte della cellula. Sebbene tutte le cellule posseggano un potenziale di membrana, lo
sviluppo del potenziale di azione è specifico di cellule che costituiscono tessuti specifici detti
eccitabili. All’interno di specifiche membrane biologiche hanno luogo processi come la
respirazione cellulare e la fosforilazione ossidativa, grazie alla presenza di proteine enzimatiche
integrali della membrana.

DNA
DNA: acido deossiribonucleico. E un polimero formato da 4 differenti tipi di nucleotidi.
L'unità di base del DNA è il nucleotide formato da una base, zucchero e un gruppo fosfato.
Vi sono due tipi di basi azotate: le purine, adenina (A) e guanina (G), che presentano una struttura
a due anelli aromatici e le pirimidine, timidina (T) e citosina (C), che presentano una struttura ad
un solo anello aromatico. Per quanto riguarda lo zucchero si parla di ribosio (nel RNA) a 5 atomi di
carbonio, se al carbonio 2 ha il gruppo ossidrile OH, se invece c'è l'H viene chiamato deossiribosio
(DNA). Il nucleotide si lega ad un altro mediante legame fosfodiesterico tra OH al carbonio 3'di un
nucleotide con il fosfato legato al carbonio 5' del nucleotide successivo. Watson e Crick proposero
un modello di struttura per il DNA secondo cui la molecola di DNA è un'elica a filamento doppio,
dalla forma di una scala a pioli. Lo scheletro della doppia elica è formato da zucchero e fosfato,
mentre le basi sporgono all'interno della doppia elica. I filamenti della doppia elica sono
complementari ( poiché l'adenina si appaia sempre con la timina formando due legami ad
idrogeno, mentre la citosina con la guanina formando tre legami ad idrogeno)e antiparalleli (
poiché uno ha direzione 5'-+3', l'altro direzione 3'-5°. Il DNA, quindi, si distingue dall'RNA per la
struttura a doppio filamento.
L'RNA a differenza del DNA non ha la timina ma l'Uracile, e come zucchero il ribosio, ed è a singolo
filamento.
La stabilità dell'elica è dovuto ai legami ad H (idrogeno) che si formano tra le basi.
Esistono 3 tipi di DNA: A, B, Z.
Il DNA di tipo B ha un avvolgimento destrorso, un diametro di 2nm, un passo dell'elica più piccolo
di 3,4 nm in cui vi sono 10coppie di basi poste ad una distanza di 0,34 mm. Il DNA di tipo Z ha un
andamento sinistrorso, è più schiacciato con un passo dell'elica di 4, 5 nm e per ogni giro dell'elica
il numero di basi è 12.
Una caratteristica del materiale genetico è la capacità di fornire coppie esatte di se stesso.
La duplicazione del DNA è di tipo semiconservativo, ovvero nel momento della duplicazione, l'elica
si apre e ogni filamento parentale funge da stampo per la sintesi di un filamento nuovo o
neosintetizzato. Quindi da ogni DNA si originano 2 molecole
formate da un filamento vecchio e uno neo-sintetizzato.
Nucleoside: è formato da zucchero e base azotata. Quando si aggiunge anche il fosfato si forma il
nucleotide.
Trasposoni: sono sequenze mobili del DNA e sono capaci di spostarsi da una zona all'altra del
cromosoma.
Telomero: estremità del cromosoma costituito da una sequenza ripetuta 2000-2500 volte
TTAGGG. Nei cromosomi umani ad ogni ciclo di duplicazione il DNA telomerico perde
50-200coppie di basi, per cui dopo 20-30 divisioni cellulari i cromosomi non possono più dividersi e
la cellula muore. Nelle cellule del midollo osseo e in quelle che formano i gameti ‚il DNA
telomerico è replicato non dalla DNA polimerasi ma dalla telomerasi (un complesso enzimatico
formato da un enzima e uno stampo di RNA.
I trasposoni vengono divisi in 4 classi:
• Lines: lunghi elementi intersparsi nel genoma
• Sines: corti elementi intersparsi nel genoma
• Retrotrasposoni
• DNA trasposonico
Organizzazione del genoma umano
<50% del DNA umano è formato da sequenze non ripetute (geni unici, famiglie geniche,
pseudogeni, DNA spaziatore).
Circa 1 %: è formato da geni ripetuti in tandem (istoni, rRNA, tRNA).
>50 % del DNA umano è costituito da DNA ripetitivo. Questo DNA ripetitivo contiene oltre ai
trasposoni anche il DNA satellite: corte sequenze di 10 - 100 nucleotidi ripetute in tandem 20 - 50
volte, non codificanti a funzione ignota localizzate in 10 - 1000 posizioni diverse, e fisse, nel
genoma e a evoluzione rapida.
Sequenze ripetute intersparse: sequenze di circa 300 nucleotidi, intersparse nel genoma in
centinaia di migliaia di copie singole, a funzione ignota, localizzate in posizioni fisse e a evoluzione
rapida.
Nell'uomo il numero di geni è molto inferiore all'attesa, ovvero solo l'1 % del genoma è costituito
da sequenze codificanti. Il genoma umano contiene 30.000 - 40.000 geni.
Il 60 % dei geni subiscono splicing alternativo, ovvero la maturazione dell'RNA messaggero avviene
in maniera diversa, pertanto, si originano da uno stesso gene più proteine. Questo spiega perché il
proteoma, l'insieme delle proteine dell'essere umano
risulta costituito da 50.000 - 60.000 proteine.
Le sequenze ripetute sono divise in 5 classi:
• sequenze ripetute che si originano dai trasposoni;
• copie di geni inattivi che sono stati retrotrascritti, si parte da un RNA stampo e con una
RNA-polimerasi, come nei virus, si ottiene un tratto di DNA, nel genoma;
• sequenze ripetute o di una sola base, adenina, o di due basi, citosina - adenina, o di tre
basi, citosina - guanina - guanina;
• tratti di 100 - 300 coppie di basi che sono stati copiati e trasferiti da una regione del
cromosoma ad un'altra.
Questi blocchi di sequenza ripetute si trovano nei centromeri, telomeri, bracci corti dei
cromosomi, oppure tipici della famiglia dei geni ribosomiali.
Le sequenze ripetute si possono originare per:
• riarrangiamenti del cromosoma;
• creazione di nuovi geni;
• modifica dei geni preesistenti;
• cambiamento del contenuto di Guanina - Citosina nel genoma.

DUPLICAZIONE DEL DNA


La duplicazione del DNA prevede lo svolgimento della doppia elica. L'enzima responsabile della
duplicazione è la DNA polimerasi. La DNA polimerasi si lega alla doppia elica di DNA determinando
un'apertura a forma di forcina (Y) dove intervengono l'enzima elicasi che svolge il DNA e le
proteine SSB che si legano al DNA a singolo filamento in modo da mantenerlo lineare senza
riavvolgimenti.
La primasi è quell' enzima che aggiunge 7-8 nucleotidi che formano I'RNA primer, il quale funge da
innesco avendo al 3° OH libero. Successivamente la DNA polimerasi
aggiunge i nucleotidi mancanti ai primer, tuttavia siccome lavora in direzione 5 ->3' la
sintesi sul filamento stampo 3°->5' è continua . mentre l'altra sull'altro filamento stampo
5*->3°è discontinua, infatti utilizza più primer e forma i frammenti di Okazaki (costituiti da 1000
2000 nucleotidi nel caso dei procarioti, 100-200 nucleotidi nel caso degli eucarioti).
L'esonucleasi degrada RNA primer e la DNA polimerasi aggiunge nucleotidi mancanti, che verranno
uniti tra di loro, per azione delle DNA ligasi che catalizza la formazione del legame fosfodiesterico
tra un nucleotide e l'altro. Questo avviene anche per i frammenti di Okazaki, in modo da ottenere
un filamento intero. Nel caso dei procarioti abbiamo la DNA polimerasi III che replica e la DNA I
che rimuove gli errori, negli eucarioti, invece, abbiamo più polimerasi e più repliconi giacchè
abbiamo 46 cromosomi e non uno come nei procarioti.
Dopo la rimozione del primer terminale non è più possibile sintetizzare il DNA e si attivano dei
meccanismi che tagliano la porzione a singolo filamento ed anche una parte a doppio filamento.
Per evitare cio 1 DNA telomerico vuo essere allungato dalla telomerasi, un particolare enzima che
utilizza come stampo un tratto di RNA che funziona da stampo per la sequenza telomerica
ripetuta. L'enzima aggiunge la sequenza in corrispondenza dell'estremità 3° del cromosoma
allungandolo.
La duplicazione non è un processo perfetto, infatti, l'enzima può commettere degli errori
che possono essere riparati secondo tre modalita:
1. Correzione di bozze o protreading in cui l'enzima aggiunge una base sbagliata e con la
sua attività esonucleasica 3' - ›5' la rimuove e aggiunge quella corretta con la sua attività
polimerasica.
2. Anomalie di appaiamento in cui una base mal appaiata sfugge al profreading e le proteine
la tagliano insieme a quelle adiacenti e la DNA I aggiunge quelle mancanti.
3. Riparazione per escissione in cui una base non funzionante viene tagliata insieme a quelle
adiacenti mentre e la DNA polimerasi I aggiunge quelle mancanti nella direzione 5’—> 3’

LA TRASCRIZIONE
La trascrizione è quel processo che determina la formazione di un filamento di RNA messaggero a
partire da un filamento di DNA (sia nei procarioti che eucarioti).
Nei procarioti il processo è diviso in tre fasi: inizio, allungamento e termine.
Nell'inizio l'enzima RNA polimerasi che è un oloenzima( ovvero costituito da più subunità due
subunità alfa, due beta e il fattore sigma70), si lega alla doppia elica e scorre su di esso fin guando
non raggiunge una sequenza specifica chiamata promotore che si trova a monte del gene da
trascrivere. Il promotore è formato da una sequenza di riconoscimento e da una TATA box ossia
una sequenza ricca di timina e adenina I
riconoscimento del promotore è operato dal fattore sioma70 che dono averlo riconosciuto si
stacca dal complesso e inizia la trascrizione. Nella fase di allungamento l'RNA polimerasi utilizza il
filamento stampo di DNA 3'-5' e catalizza l'aggiunta di nucleotidi complementari nella direzione 5'-
3'. Man mano che va avanti la sintesi. l'enzima scorre in avanti, così, in avanti la doppia elica si
apre mentre indietro si riavvolge. L'aggiunta di nucleotidi continua fino a quando enzima non
incontra nella fase di termine sequenze segnali che indicano la fine del processo di trascrizione.
Queste sequenze segnali sono ricche di citosina e guanina che vossono determinare la formazione
di legami intracatena. O anche quando sul filamento stampo abbiamo sequenze di adenina che
inducono sul filamento di RNA una forcina composta da uracili. che inducono l'enzima a staccarsi.
determinando la fine della trascrizione Negli eucarioti abbiamo tre RNA polimerasi:
RNA polimerasi I che trascrive rRNA nel nucleolo. RNA polimerasi II e la III sono nel nucleo e
trascrivono rispettivamente mRNA e tRNA. Inoltre, l'RNA polimerasi non si lega direttamente al
TATA box del DNA ma si legano prima dei fattori trascrizionali a cui in seguito si lega l'enzima.

Mentre nei procarioti il trascritto che si origina è già maturo, ossia è già costituito solo da
sequenze codificanti (esoni), negli eucarioti, invece, il trascritto (RNA messaggero) non è maturo.
poiché costituito da regioni codificanti chiamati esoni e da regioni non
codificanti chiamati introni. Successivamente il trascritto per esser reso maturo viene
sottoposto ad un meccanismo chiamato splicing che consiste nell'eliminazione degli introni e
nell'assemblaggio degli esoni, mediante un complesso proteico chiamato spliceosoma (formato da
particelle ribonucleoproteiche). Per evitare la degradazione dell'RNA messaggero nel citoplasma
da parte delle nucleasi esso subisce delle modifiche che consistono nell'aggiunta di un cappuccio
di 7-metilguanosine al 5 ed una coda di poly-A di 150-200 residui di nucleotidi con adenina al 3*
Di RNA ne esistono 3 tipi:
1. RNA messaggero a singolo filamento;
2. RNA che costituisce insieme alle proteine le due subunità che formano il ribosoma
(rRNA);
3. tRNA (RNA transfer o di trasferimento), che è l'unico RNA ad avere una struttura
tridimensionale a forma di trifoglio dove ripiegandosi su se stesso vi sono dei tratti a doppio
filamento in cui le basi sono appaiate e dei tratti a singolo filamento dove le basi non sono
appaiate, queste si chiamano anse. Il tRNA presenta 3 anse: a sinistra l'ansa della diidro-uridina, a
destra l'ansa della pseudo-uridina e un 'ansa variabile, e in basso l'ansa dell'anti-codone. Nell'anti-
codone la base insolita è rappresentata dall'inosina. All'estremità 3' è presente una tripletta CCA
che è il braccio accettore in cui viene caricato l'amminoacido.
Il t-RNA svolge tre funzioni:
• Carica l’amminoacido
• Si lega all'mRNA
• Si lega ai ribosomi
Il caricamento di ciascun t-RNA con il proprio amminoacido è fatto da un enzima detto amminoacil
t-RNA sintetasi che riconosce il t-RNA, riconosce l'amminoacido corretto, lo carica, e corregge
eventuali errori.

CODICE GENETICO
Esso esprime la conversione dal linguaggio nucleotidico al linguaggio amminoacidico.
Gli scienziati sono partiti dalle quattro basi del DNA che prese due alla volta danno 16
combinazioni, troppo poche per 20 amminoacidi, prese tre per volta (triplette) otteniamo 64
combinazioni più che sufficienti per gli amminoacidi. Di esse 61 codificano per i 20 amminoacidi e
3 sono i codoni di stop (UAA, UAG, UGA).
Il codice possiede delle caratteriste:
• non è ambiguo poiché ogni tripletta specifica un amminoacido;
• non è sovrapposto poiché tra due triplette successive non vi sono basi in comune è
degenero perché più triplette specificano per un amminoacido ( in esse le prime sono identiche,
cambia l’ultima base detta ballerina)
• è quasi universale perché la stessa tripletta da lo stesso amminoacido in quasi tutti gli
organismi fatta eccezione per il DNA di cloroplasti e mitocondri.

SINTESI PROTEICA
La sintesi proteica coinvolge i ribosomi, il reticolo endoplasmatico ruvido, l'RNA messaggero e il
tRNA. In seguito ad un segnale specifico l'RNA messaggero, che si è legato ad una catena di
ribosomi, scorre e comincia ad essere letto per la sintesi proteica.
In seguito ad una particella segnale, a livello del sito di rilascio della proteina viene tagliato il
peptide segnale, in tal modo la proteina che incomincia a formarsi può fuoriuscire e passare nel
reticolo rugoso. Una volta che la proteina è stata prodotta ed è passata nel reticolo rugoso e
quindi, è terminata la sintesi proteica, le subunità dei due ribosomi si staccano.
La sintesi proteica inizia sempre con il codone AUG (codone di inizio) che codifica per un
amminoacido che è la metionina. Quando avviene la sintesi proteica l'RNA messaggero entra nel
solco delle due subunità dei ribosomi assemblati ed il codone di inizio si trova nel sito P. Per il
codone AUG arriva il tRNA che contiene l'anticodone specifico e che carica la metionina. Nel
momento in cui il filamento scorre nel sito A, abbiamo una nuova tripletta che codifica per un
nuovo amminoacido. Arriva il tRNA che porta l'amminoacido specifico e si lega. Nel frattempo la
metionina legata al tRNA si stacca dal suo tRNA e si lega ad un amminoacido portato dal tRNA che
si trova nel sito A grazie al legame peptidico creato dalla peptidil trasferasi. Dopodiché il tRNA
relativo alla metionina passa dal sito A, al sito E e viene eliminato, mentre il tRNA che lega i due
amminoacidi passa dal sito A al sito P. Il filamento di mRNA scorre e un nuovo tRNA arriva nel sito
A, e il tRNA precedente passa dal sito Pal sito E e viene eliminato; mentre il tRNA che contiene la
catena polipeptidica che si sta formando passa da Pad A, e il filamento scorre sempre in direzione
5'-»3'. Questo processo continua fin quando non si incontra un codone di stop nel sito A che può
essere UAA, UAG, UGA, per i quali non arriva nessun amminoacido trasportato dal tRNA, ma un
fattore di rilascio che determina la fine della sintesi, con il rilascio della proteina e il distacco delle
subunità dei ribosomi.
La proteina sintetizzata ed entrata nel reticolo ruvido viene trasportata in vescicole all'Apparato di
Golgi.

OSMOSI, DIFFUSIONE, TRASPORTO ATTIVO


I soluti vengono trasportati passivamente attraverso la membrana mediante un processo di
diffusione. Il trasporto avviene da una zona a maggiore concentrazione di soluti verso una regione
a minore concentrazione. L'equilibrio viene raggiunto quando le concentrazioni di un dato soluto
risultano identiche su entrambi i versanti della membrana.
La velocità di diffusione dipende dalle dimensioni poiché più sono piccole le molecole e più si
muovono velocemente; dalla temperatura in quanto più è alta più si muovono velocemente; dal
gradiente di concentrazione più è grande più diffondono velocemente.
Le sostanze possono diffondere attraverso una membrana grazie a 3 processi:
1) diffusione semplice avviene attraverso il doppio strato fosfolipidico se la molecola è idrofobica
(Oz e CO2 o per piccole molecole polari come acqua)
2) diffusione facilitata, avviene grazie a proteine intrinseche che formano un canale attraverso cui
passa una sostanza polare o uno ione o da trasportatori detti carrier.
Nel caso degli ioni si parla di
canale ionico, per l'acqua si parla di acquaporina
3) per avvenire il passaggio una molecola segnale si lega al poro che si apre facendo passare la
sostanza. Nel caso dei carrier la proteina non forma un canale ma cambia conformazione Essa lega
la sostanza sul versante esterno, poi cambia conformazione e si apre su quello interno. Se viene
trasportata una sola molecola si parla di uniporto. Se invece sono due le molecole che viaggiano
nella stessa direzione si parla di simporto. Se invece le due molecole viaggiano insieme, ma in
direzione opposta, si parla di antiporto;
4) osmosi: è il passaggio dell'acqua da una soluzione dove il soluto è minore ad un'altra dove il
soluto è maggiore. In base alle condizioni di concentrazione sono distinguibili tre diversi casi:
• Cellule immerse in una soluzione isotonica, ovvero quando la concentrazione di soluto è lo
stesso su entrambi i lati della membrana, in questo caso le due soluzioni presentano la
stessa concentrazione di sale e il flusso d'acqua è uguale nei due sensi.
• Cellule immerse in una soluzione ipotonica, ovvero quando la concentrazione della
soluzione presenta all'esterno della cellula è minore di quella del citoplasma, l'acqua entra
nel citoplasma per abbassare la concentrazione fino a portarla ad un valore simile a quella
esterna e la cellula scoppia per lisi.
• Cellule immerse in una soluzione ipertonica, ovvero quando la concentrazione della
soluzione in cui è immersa la cellula è maggiore di quella del citoplasma. La cellula perde
acqua che esce nel tentativo di diluire la soluzione esterna, perde di forma e raggrinzisce.
Pompa sodio-potassio è un esempio di trasporto attivo.
5) il trasporto attivo di sostanze attraverso la membrana richiede sempre l'apporto energetico
ossia l'energia in quanto avviene contro gradiente di concentrazione ossia da una zona poco
concentrata ad una molto concentrata. Il trasporto attivo che coinvolge singole molecole o ioni di
soluto si distingue in trasporto attivo primario e secondario.
• Nella pompa sodio-potassio, tre ioni Na° e una molecola di ATP si legano alla pompa sul
versante del citoplasma. Dopodiché la molecola di ATP viene scissa in fosfato (che resta
legato alla pompa) e in ADP (che viene liberato).
• L'energia rilasciata da questa scissione produce un cambiamento conformazionale tale che
3 ioni Na* vengono rilasciati all'esterno e 2 ioni K* si legano alla pompa. Il rilascio del
fosfato provoca un cambiamento conformazionale della pompa portando al rilascio degli
ioni K* all'interno della cellula, dopodiché il ciclo si ripete.

TRASPORTO ATTIVO SECONDARIO


Esiste un trasporto attivo secondario prodotto in seguito al trasporto attivo del sodio con la
pompa sodio-potassio. Con il trasporto attivo della pompa sodio-potassio si accumulano Na
all'esterno. Ciò determina un gradiente di concentrazione che consente al sodio di rientrare
secondo gradiente. Il gradiente che si crea per il sodio viene sfruttato per l'ingresso contro
gradiente del glucosio. Il sodio una volta rientrato viene ripompato all'esterno dalla pompa sodio-
potassio. Ciò ricrea il gradiente che consentirà l'ingresso di un altro zucchero all'interno della
cellula. Sono dei trasporti attivi: endocitosi: una sostanza alimentare viene circondata dalla
membrana plasmatica i cui lembi si uniscono e si stacca una vescicola. Se la sostanza è solida il
processo è detto fagocitosi e la vescicola fagosoma; se è liquida il processo è detto pinocitosi.

CELLULA VEGETALE
La cellula vegetale eucariotica presenta 3 caratteristiche fondamentali:
Parete cellulare costituita principalmente da cellulosa; organelli citoplasmatici specifici che sono i
cloroplasti e il vacuolo.
Parete cellulare: conferisce protezione e rigidità alla cellula. È costituita da polimeri di zucchero
legati tra di loro. Questi zuccheri possono essere:
• La cellulosa che viene estratta per fabbricare la carta. Non è utilizzata come polimero che
conferisce energia all'essere umano, poiché non abbiamo gli enzimi necessari per la sua
degradazione, contrariamente a quello che fanno i ruminanti.
• Lignina, che costituisce la parete delle cellule del tronco degli alberi;
• Suberina, presente nel tronco delle querce da sughero
La parete è composta da cellulosa. La cellulosa è un polimero lineare costituita da unità di glucosio
che si legano mediante legame glicosidico beta 1-4. Il glucosio è uno zucchero
esoso a 6 atomi di carbonio.
Il legame glicosidico si forma tra il gruppo OH del carbonio 1 di uno zucchero e il gruppo
OH del carbonio 4 del glucosio successivo per eliminazione di una molecola di H20 (nell'amido
invece le unità di glucosio sono legate tra di loro mediante legame glicosidico
alfa 1-4. Oltre alla cellulosa la parete cellulare è costituita da emicellulosa e pectina.
I polimeri di cellulosa si uniscono a formare delle microfibrille. Tante microfibrille formano una
macrofibrilla. Le macrofibrille costituiscono l'impalcatura della parte in cui sono presenti molecole
non cellulosiche che formano delle maglie trasversali. Esse sono l'emicellulosa e le pectine.
Le emicellulose sono legate alla fibrilla di cellulosa da legami idrogeno ed alcune di esse sono
legate a molecole di pectina acida attraverso piccole molecole di pectina neutra. Le pareti delle
cellule vegetali variano molto in spessore, ciò dipende dal ruolo che le cellule svolgono nella
struttura delle piante e dall'età.
La parte primaria di una cellula è separata da quella delle cellule adiacenti da una lamella
mediana, ossia da sostanza intercellulare, costituita principalmente da molecole di pectina.
Spesso alcune cellule vegetali cominciano a depositare al di sopra della parete primaria un po' più
all'interno, una seconda parete che si forma quando la cellula ha cessato di crescere e la parete
primaria non è più estendibile in superficie.
La parete secondaria è costituita esclusivamente da cellulosa e risulta molto rigida e coinvolta
nelle funzioni di conduzione e di sostegno.
Funzione della parete cellulare:
• Crescita e forma cellulare;
• Il tasso di accrescimento è controllato dalla pressione di turgore e dal grado di estensibilità
della parcte;
• Sostegno meccanico (rigidità, robustezza). Fornisce ai tessuti vegetali le proprietà fisiche
adeguate per l'accrescimento contro la cavità;
• Trasporto dei soluti da una cellula all'altra;
• Difesa da patogeni.
Uno degli organuli più importanti nella cellula vegetale è il vacuolo, un organello circondato da
una membrana detto tonoplasto. Esso occupa nella cellula adulta gran parte del citoplasma (circa
2/3) e contiene acqua, ioni, zuccheri.
Le sue enormi dimensioni spingono gli organuli cellulari ed il citosol contro la membrana
plasmatica e ciò contribuisce a dare rigidità alla cellula vegetale. La funzione più importante è
quella di partecipare all'accrescimento della cellula, in quanto le piante usano i vacuoli come
mezzo per aumentare le proprie dimensioni con l'accrescersi. Essi sono molto piccoli nella fase
giovanile e si accrescono nel corso nel differenziamento cellulare. A maturità il vacuolo occupa
quasi tutto il citoplasma della cellula relegando il nucleo all' estremità della cellula a ridosso della
membrana plasmatica.
Il vacuolo svolge diverse funzioni:
• accumulo di sostanze di scarto o tossiche
• sostegno: accumula acqua che esercita una pressione di turgore sulla membrana e sulla
parete che rendono turgide le foglie mantenendole dritte verso l'alto
• riproduzione: alcuni vacuoli contengono antocianine ossia pigmenti che attraggono gli
animali favorendo la riproduzione
PLASTIDI
I plastidi insieme al vacuolo e alla parete sono organelli tipici della cellula vegetale.
Ciascuno plastidio è delimitato da due membrane e internamente è differenziato in un sistema di
membrane ed una sostanza più o meno omogenea detto stroma. I plastidi vengono classificati
sulla base del tipo di pigmento che contengono, originano tutti da un piccolo protoplastidio, da
cui hanno origine i cloroplasti verdi che fanno fotosintesi e contengono clorofille e carotenoidi.
I cromoplasti privi di clorofilla contengono pigmenti di colore rosso, arancione e giallo
conferiscono il colore ai petali e frutti
I leucoplasti sono privi di colore e contengono granuli di amido e di grassi ed enzimi responsabili
della degradazione e della sintesi dell'amido.
I cloroplasti sono organelli ovoidali costituiti da una doppia membrana separate da uno spazio
intermembrana di 20 nm. Nei cloroplasti si trovano spesso granuli di amido e lipidi.
All'interno si distinguono 2 fasi:
• Fase solubile detta stroma o matrice che contiene proteine solubili come la rubisco, che
serve per fissare l'anidride carbonica nella fotosintesi, enzimi connessi alla sintesi degli
acidi grassi, presenta lo ione potassio k*, il gruppo fosfato e lo ione cloro CI.
Nello stroma è presente il DNA plastidico insieme con proteine e ribosomi;
• Fase insolubile costituita da membrana ossia sacculi appiattiti che delimitano una cavità o
lume chiamati tilacoidi dove avvengono le reazioni della fotosintesi. Tanti tilacoidi disposti
l'uno sull'altro formano strutture dette grana. I vari grani sono tenuti insieme da grana
stromatici o intergranari.
La membrana esterna del cloroplasto risulta permeabile mentre quella interna è selettivamente
permeabile, infatti, il trasporto delle sostanze è legato alle proteine trasportatrici (carrier). Nelle
membrane dei tilacoidi sono presenti i pigmenti in grado di assorbire la luce.
Essi sono la clorofilla A, B, e i carotenoidi.
I cloroplasti, come i mitocondri, sono semiautonomi, ossia sono in grado di riprodursi per scissione
binaria. La capacità di formare i nuovi cloroplasti e i pigmenti è dovuta all'associazione tra DNA
cromosomale e quello plastidico.
Pigmenti: sostanze chimiche in grado di assorbire solo alcune radiazioni dello spettro luminoso,
mentre si lasciavano attraversare da tutte le altre. La molecola di un pigmento presenta
caratteristiche chimiche ben precise; in particolare una serie di "doppi legami coniugati". Quanto
maggiore è il numero dai doppi legami coniugati, tanto maggiore sarà la lunghezza d'onda
assorbita dal pigmento. Quando la luce colpisce una molecola di pigmento, gli elettroni dei doppi
legami passano da uno stato fondamentale a basso contenuto energetico ad un livello energetico
più alto detto stato eccitato.
Le clorofille sono costituite da un anello porfirinico ossia tanti anelli con doppi legami legati ad un
atomo di magnesio (Mg) centrale. All'anello porfirinico è legata una catena idrocarburica che la
tiene legata alla membrana dei tilacoidi. La clorofilla A presenta nell'anello porfirinico un gruppo
metilico CH3, mentre nella clorofilla B abbiamo un aldeide (CHO). Nelle clorofille batteriche la
struttura è analoga solo che molti idrogeni (H) dell'anello porfirinico sono sostituiti da specifici
gruppi.
Oltre alle clorofille, abbiamo i carotenoidi. Essi sono pigmenti solubili nei lipidi, di colore arancio e
sono presenti in tutti i cloroplasti e batteri fotosintetici.
Si dividono in: caroteni, privi di ossigeno e xantofille con gruppo ossidrilico OH. Il beta-carotene è
il precursore della vitamina A in quanto per scissione si ottengono 2 molecole di vitamine A.
Clorofilla a: è presente in tutti gli organismi con fotosintesi ossigenica (nei complessi antenna e nei
centri di reazione);
Clorofilla b: è presente negli organismi fotosintetici verdi, piante vascolari, briofite, alghe verdi;
Clorofilla ci, cz: pigmenti accessori in diversi gruppi algali;
Batterio-clorofilla: presenti nei batteri con fotosintesi anossigenica, alcune fanno parte dei centri
di reazione.

LA FOTOSINTESI
La fotosintesi consta di due fasi: la fase luminosa e la fase oscura. La prima è composta da reazioni
fotochimiche che avvengono nelle membrane dei tilacoidi. Essa serve per produrre energia sotto
forma di ATP e potere riducente sotto forma di NADPH. ATP e NAPDH verranno utilizzati nella fase
oscura che è una fase indipendente dalla luce e avviene nello stroma del cloroplasto mediante un
ciclo chiamato "ciclo di Calvin" o "ciclo Cs" che porta alla fissazione di CO2 in molecole organiche
quali gli zuccheri.
Durante la fase luminosa i fotoni della luce vengono catturati dai pigmenti antenna o pigmenti
ascensori (carotenoidi, o molecole di clorofilla) che trasferiscono energia da una molecola all'altra
fino ad arrivare ad una clorofilla particolare chiamata "centro di reazione". Questa clorofilla è
l'unica in grado (una volta assorbita l'energia luminosa) di far passare gli elettroni da uno stato
fondamentale (basso livello energetico) ad uno stato eccitato (alto livello energetico). Gli elettroni
dallo stato eccitato ritorneranno nello stato fondamentale emettendo l'energia assorbita sotto
forma di luce a diversa lunghezza d'onda. L'insieme dei pigmenti antenna e del centro di reazione
costituisce il "FOTOSISTEMA". Nel processo di fotosintesi intervengono due fotosistemi presenti a
livello delle membrane tilacoidali. La luce viene assorbita dai pigmenti antenna e trasferita alla
clorofilla P680 che è il centro di reazione del fotosistema II.
La clorofilla, acquistando energia, cede due elettroni e si ossida, e i due elettroni vengono ceduti
ad un Chinone che si riduce e poi si riossida trasferendoli ad un plastochinone che prima si riduce
e poi si riossida e nel fare ciò, cede due elettroni al citocromo B con rilascio di due protoni nel
lume de tilacoide. Il citocromo B ridotto si riossida e cede gli elettroni al citocromo f che, una volta
riossidato, cede gli elettroni alla plastocianina, una proteina ferro-zolfo, che si riduce e, nel
riossidarsi, cede gli elettroni alla clorofilla del fotosistema
Il fotosistema I opera in maniera analoga e indipendente al fotosistema II. La luce viene catturata
dai pigmenti antenna e ceduta alla clorofilla P700 del fotosistema II. La clorofilla, assorbe la luce,
cede i suoi due elettroni, e ritorna nel suo stato più stabile grazie agli elettroni che gli cede la
plastocianina, ossia quelli relativi al fotosistema II. Gli elettroni della clorofilla vengono accettati
dalla proteina ferro-zolfo, ossia la P430, che si riduce e poi si riossida cedendo i due elettroni ad
un'altra proteina ferro-zolfo che è la ferrodossina, la quale si riduce e, nel riossidarsi, cede i due
elettroni al NADP* che viene ridotto a NADPH, che rappresenta il potere riducente e uno dei
prodotti della fase luminosa. La clorofilla del fotosistema II ritorna allo stato ridotto acquistando i
due elettroni che prima aveva ceduto dalla fotolisi dell'acqua. Durante il trasporto degli elettroni
da un trasportatore all'altro si ha il passaggio dei protoni nel lume del tilacoide.
Ciò crea un gradiente di concentrazione elettrochimico che viene sfruttato dal complesso dell'ATP
sintetasi per la sintesi di ATP. Il complesso dell'ATP sintetasi è costituita da una proteina
transmembrana Fo e da una proteina catalitica (enzima Fi) che, sfruttando il passaggio e l'energia
dei protoni converte l'adenosina di fosfato (ADP) + fosfato inorganico (Pi) in ATP. Per ogni tre
protoni che rientrano si ha la produzione di una molecola di ATP. Questo processo è chiamato
FOTOFOSFORILAZIONE NON CICLICA. È possibile che gli elettroni, ceduti dalla clorofilla del
fotosistema I alla P430 possano essere ceduti non alla ferrodossina ma ritornare al Plastochinone.
Da li poi al citocromo b e poi al citocromo f ed infine alla Plastocianina. Il ciclo quindi si chiude e,
siccome al trasporto degli elettroni è sempre accoppiato il rilascio di protoni nel lume del tilacoide,
che viene utilizzato per la sintesi di ATP, avremo in questo caso produzione di ATP con un processo
chiamato "Fotofosforilazione ciclica". La fotosintesi ha uno schema detto a z.
La fase oscura è quella in cui i prodotti della fase luminosa, ATP e NADPH, vengono utilizzati per la
produzione di molecole organiche. Il ciclo di Calvin è diviso in tre fasi:
• Fase di fissazione dell'anidride carbonica che viene effettuata dall'enzima Rubisco che si
trova nello stroma;
• Riduzione, con produzione del glucosio;
• Fase di rigenerazione, ossia sintesi del composto di partenza del ciclo che è il ribulosio 1-5
di fosfato.
Il Ribulosio 1-5 difosfato reagisce con una molecola di CO2 e ad opera dell'enzimaRubisco si forma
prima un composto a sei atomi di C che poi si scinde in due molecole a tre atomi di C, ovvero il tre-
fosfoglicerato (3-P glicerato) che con la scissione dell'ATP in ADP che successivamente con
l'ossidazione del NADPH in NADP*, viene convertito in gliceraldeide 3 fosfato (3-P).
Siccome le molecole di ribulosio per ogni ciclo sono 6 che reagiscono con 6 molecole di COz, e
poiché per ogni molecola di ribulosio se ne formano due di 3-fosfoglicerato, tutto viene
moltiplicato per 2. Pertanto si formeranno 12 molecole di gliceraldeide 3-P; di queste solo due
molecole per reazione inversa alla glicolisi vengono riutilizzate per produrre una molecola di
glucosio, 10 invece, vengono utilizzate insieme alla scissione di 6 molecole di ATP per produrre 6
molecole di ribulosio 1-5 di fosfato. La spesa del ciclo di Calvin sono 18 molecole di ATP, 12 di
NADPH, 6 di CO2 e si formano 12 molecole di gliceraldeide 3-P.
Di queste 2 molecole escono dal cloroplasto e vanno nel citosol, dove per reazione inversa alla
glicolisi formano 1 molecola di glucosio. La fase oscura è sempre accompagnata da un processo di
FOTORESPIRAZIONE, poiché l'enzima rubisco può sia legare la CO2, sia legare O2. Quando il
ribulosio 1-5 difosfato è in presenza di ossigeno, la rubisco lo converte in una sola molecola di 3-P
glicerato ed in una molecola a due atomi di C, ossia l'acido glicolico che viene ossidato senza
produrre nulla. Questo processo è un processo dispendioso per le cellule vegetali perché non è
associato alla produzione di ATP. Per questo motivo molte piante hanno adottato come strategia il
ciclo C4, che è un ciclo in cui il substrato di partenza è il fosfoenolpiruvato che, per azione della
fosfoenolpiruvato carbossilasi (PEP) e in presenza dello ione bicarbonato (HCO) forma un
composto a 4 atomi di C, ovvero l'ossalacetato (1° composto del ciclo di Krebs) che, per azione
della malato deidrogenasi e con il NADPH che si riossida a NADP* si forma il malato, che, per
azione dell'enzima malico, perde una molecola di COz e forma il piruvato. Il piruvato, per reazione
inversa della glicolisi, catalizzata dall' enzima piruvato-chinasi ed in presenza di ATP, viene
convertito in fosfoenolpiruvato + AMP + fosfato ed il ciclo ricomincia.
L'anidride carbonica prodotta dal ciclo C4 viene utilizzata nel ciclo di Calvin.
Il ciclo avviene tutto nello stesso momento, ma per metà nelle cellule del mesofillo e metà nelle
cellule della guaina del fascio. Le piante CAM sono delle piante che hanno ciclo C4 e ciclo Cs, tutto
nelle cellule del mesofillo ma con una divisione temporale, in quanto il ciclo C4 avviene di notte
fino alla formazione del malato che viene accumulato nel vacuolo, di giorno viene convertito
dall'enzima malico in ossigeno O2 + piruvato. La CO2 viene utilizzata, quindi, di giorno nel ciclo
di Calvin. Le piante, che presentano metabolismo CAM, sono piante grasse che necessitano di
ridurre al minimo le perdite di acqua e di anidride carbonica.

PROCESSI METABOLICI DELLA CELLULA


Il processo attraverso il quale le macromolecole vengono degradate in composti semplici viene
chiamato catabolismo ed è un processo in cui viene rilasciata energia (detto esoergonico), mentre
la formazione delle macromolecole quali proteine, polisaccaridi, acidi nucleici, lipidi a partire da
precursori (sostanze semplici) viene detto anabolismo, e questo tipo di processo richiede energia
(endoergonico). In seguito all'assunzione dei cibi, i carboidrati vengono scissi in zuccheri semplici
(glucosio, fruttosio, galattosio), le proteine in amminoacidi, i lipidi in glicerolo e acidi grassi.
Il glucosio è di primaria importanza nel metabolismo. È un'eccellente fonte di energia,
rapidamente mobilizzabile e degradabile. Può essere condensato come polimero, minimizzando i
problemi osmotici. Può essere interconvertito in altri composti.
La glicolisi è una via metabolica che converte una molecola di glucosio in due molecole di piruvato
con formazione di 2 ATP e due molecole di NADH (potere riducente). È universale, è una via
catabolica (perché ossida il glucosio). Molti dei composti che si formano durante questo processo
vengono utilizzati in altri processi metabolici.
Le tappe della glicolisi sono dieci:
1° tappa: il glucosio viene convertito in glucosio 6 fosfato (6P) con il passaggio di ATP ad ADP ad
opera dell'Esochinasi, enzima che trasferisce il fosfato da un substrato
ad un altro;
2° tappa: il glucosio 6P viene convertito in fruttosio 6P mediante un enzima che è un isomerasi
(enzima che cambia la struttura da glucosio piranosico a fruttosio
furanosico);
3° tappa: il fruttosio 6P viene fosforilato e diventa fruttosio 1-6 bisfosfato, sempre da un enzima,
ovvero la fosfofruttochinasi, che converte l'ATP in ADP;
4° tappa: il fruttosio 1-6 bisfosfato viene scisso dall'enzima Aldolasi in due composti a tre atomi di
carbonio che sono: diidrossiacetone fosfato e la gliceraldeide 3-
fosfato. Questi due triosi sono in equilibrio tra di loro;
5° tappa: conversione del diidrossiacetone fosfato in gliceraldeide 3-fosfato ad
opera sempre di una trioso isomerasi;
6° tappa: siccome ci sono due molecole di gliceraldeide, tutti i prodotti che si formano all'interno
di questa reazione si devono moltiplicare per due. Questa è l'unica reazione ossidativa della
glicolisi in cui la gliceraldeide 3-fosfato deidrogenasi con il passaggio da NAD* a NADH (si è ridotto)
con l'ingresso di un fosfato viene trasformato in 1-3 Bisfosfoglicerato;
7° tappa: 1-3 bisfosfoglicerato, per azione di una fosfoglicerato chinasi che converte l'ADP in ATP,
viene convertito in 3-fosfoglicerato;
8° tappa: il 3-fosfoglicerato viene convertito in 2-fosfoglicerato per azione di una
mutasi (enzima che converte la posizione dei gruppi legati agli atomi di carbonio)
9° tappa: in questa tappa il 2-fosfoglicerato viene convertito in fosfoenolpiruvato
per azione di una enolasi, con eliminazione di una molecola di H20
10° tappa: il fosfoenolpiruvato per azione di una piruvato chinasi, viene convertito in piruvato con
il passaggio dell'ADP in ATP.
I prodotti della glicolisi sono: 2 molecole di piruvato, 4 molecole di ATP come ricavo, ma siccome
nelle fasi iniziali ne abbiamo consumate 2, il ricavo netto è di 2 molecole di ATP e 2 di NADH.
Tutto ciò avviene nel citoplasma, ma nelle cellule vegetali esiste una glicolisi che avviene nel
cloroplasto ed è chiamata "glicolisi plastidica", e il piruvato prodotto nei plastidi viene convertito
in acetil coenzima A utilizzato per la sintesi dei lipidi. Inoltre, molti composti che si formano in
questo tipo di glicolisi passano mediante differenti tipi di trasporto, nel citoplasma rientrando
nelle glicolisi citosolica.

DESTINO DEL PIRUVATO


2 molecole di piruvato in assenza di ossigeno, (condizione anaerobica), formano 2 molecole di
etanolo e 2 molecole di CO2, e questo processo è detto fermentazione alcolica, inoltre, sempre in
assenza di ossigeno il piruvato può essere convertito in 2 molecole di lattato e questo processo è
detto fermentazione lattica. Invece, in presenza di ossigeno (condizione aerobica) il piruvato è
convertito in 2 molecole di Acetil-Coenzima A che entra nel ciclo degli acidi tricarbossilici o ciclo di
Krebs.
Fermentazione lattica: è quel processo in cui il piruvato viene convertito per azione della lattato
deidrogenasi con la riossidazione del NADH + H+ a NAD+ in lattato. Il lattato si forma quando un
individuo è sottoposto ad un esercizio prolungato in assenza di ossigeno.
Questo fa continuare la glicolisi perché passa dai muscoli, nel sangue e da qui nel fegato, dove con
reazioni differenti viene riconvertito in piruvato e poi trasformato in glucosio gluconeogenesi con
reazioni reversibili della glicolisi ed altre catalizzate da specifici enzimi), passa nuovamente nel
sangue, poi di nuovo nei muscoli, dove viene riconvertito in piruvato con produzione di ATP
(energia). Questo ciclo è detto Ciclo di Cori. Il lattato rende i muscoli stanchi e doloranti ed
aumenta il ritmo respiratorio.
Fermentazione alcolica: il piruvato può essere convertito in assenza di ossigeno O2 in etanolo o
alcol etilico mediante un processo chiamato fermentazione alcolica. Il piruvato, dunque, per
azione dell'enzima decarbossilasi perde una molecola di CO2 e si forma l'acetaldeide. Questo per
azione di un alcool deidrogenasi, enzima che catalizza reazioni di ossidoriduzione, riossida il
NADH* H+ a NAD* con formazione di etanolo. La fermentazione alcolica viene utilizzata per la
produzione di vini, liquor e per la fermentazione del pane.
In condizioni di aerobiosi ovvero in presenza di ossigeno, il piruvato viene convertito dal
complesso della piruvato deidrogenasi (formato da 3 enzimi e 5 coenzimi) in Acetil-CoA che entra
nel ciclo di Krebs o degli acidi tricarbossilici.
N.B. Il piruvato si trova nel citoplasma e prima di essere convertito in Acetil-Co passa a livello dei
mitocondri attraversando la membrana esterna del mitocondrio per diffusione, la membrana
interna, invece, mediante simporto col il protone H+.
Con il ciclo di Krebs che inizia con la fusione tra acetil coenzima A + osslacetato si formano 6
molecole di NADH, 2 di FADH2 e 2 molecole di GTP che determinano per sintesi diretta due ATP.
I due trasportatori NADH e FADH2 vengono utilizzato come trasportatori di elettroni nella catena
di trasporto che porterà alla formazione di H20 e ATP.
La fosforilazione ossidativa, che avviene nei mitocondri, è la sintesi di ATP guidata dal
trasferimento di elettroni all'ossigeno. È il culmine del metabolismo energetico negli organismi
aerobici;
Tutte le tappe enzimatiche della degradazione ossidativi dei carboidrati, acidi grassi e amminoacidi
convergono nella tappa finale della respirazione cellulare, in cui gli elettroni passano dagli
intermedi catabolici all'ossigeno, generando ATP da ADP e Pi
(fosfato inorganico);
Gli elettroni che passano dall'ossigeno all'acqua vengono dati dal NADH e dal
FADH2; è un processo in cui si verifica un flusso di elettroni dall'ossigeno all'acqua mediante
trasportatori legati dalla membrana (chinoni, citocromi, proteine ferro-zolfo
(Fe-S);
Il passaggio degli elettroni avviene attraverso 4 complessi:
• Il complesso (NADH deidrogenasi): è quello in cui gli elettroni passano dal
NADH che si
riossida a NAD+, ad una flavina- mononucleotide che prima si riduce e poi si riossida,
cedendo gli elettroni, che vengono dati alla proteina Fe-S, che trasferirà un elettrone alla
volta in 2 reazione all'ubichinone, che viene ridotto ad ubichinolo. Contemporaneamente
al passaggio degli elettroni l'ubichinolo ha acquistato anche 2 protoni, uno proveniente dal
NADH e un altro proveniente dalla matrice mitocondriale. Inoltre, si ha il pompaggio di 4
protoni dalla matrice mitocondriale allo spazio intermembrana. L'ubichinolo essendo di
natura lipidica è in grado di muoversi lungo la membrana mitocondriale interna.
• II complesso: definito della succinato deidrogenasi, che converte il succinato in fumarato,
gli elettroni passano dal FADH2 che si riossida all'ubichinone che si riduce di nuovo ad
ubichinolo. L'ubichinolo muovendosi lungo la membrana arriva al complesso III.
• III complesso: costituito da 3 tipi di citocromi, 1 proteina Fe-S e 6 porzioni proteiche.
L'ubichinolo cede i suoi elettroni al citocromo B, il quale a sua volta si è ridotto per poi
riossidarsi e cedere gli elettroni al citocromo CI, il quale si riduce e poi si riossida cedendo
gli elettroni al citocromo C. Durante questo passaggio di elettroni, 4 protoni vengono
pompati dalla matrice mitocondriale nello spazio intermembrana. Il citocromo, che è
mobile si sposta e arriva al complesso IV.
• IV complesso: chiamato complesso della citocromo-ossidasi. I citocromi sono tutti di colore
rosso perché formati da un atomo centrale di ferro al centro del gruppo non proteico
(gruppo prostetico eme). È composto da 2 citocromi a e a3.
Questi 2 citocromi contengono
3 atomi di rame (Cu) e quindi gli elettroni passano dal citocromo C all'emocitocromo A che
ovviamente si riduce e poi nel riossidarsi cede gli elettroni all'emocitocromo A3 che nel
momento in cui accetta gli elettroni si riduce e successivamente si riossida cedendo gli
elettroni all'ossigeno che insieme a 4 protoni della matrice mitocondriale formano 2
molecole di H20.
Contemporaneamente al trasferimento di elettroni vengono pompati 4
protoni dalla matrice nello spazio intermembrana. Nella catena respiratoria due elettroni
passano dal NADH all'ossigeno, rilasciando una quantità sufficiente di energia per la sintesi
di ATP attraverso la fosforilazione di ADP. Il trasporto di elettroni lungo la catena
respiratoria è accompagnato da un passaggio di protoni dalla membrana mitocondriale
interna allo spazio intermembrana con conseguente formazione di un potenziale protonico
e quindi un aumento di pH, con la parte interna della membrana mitocondriale interna
alcalina rispetto alla faccia esterna della medesima membrana. Questa energia
elettrochimica rappresenta la conservazione di una parte dell'energia liberata dalle
ossidazioni ed è definita come forza proton motrice.
Questa è quella che di fatto fornisce l'energia per la sintesi di ATP, infatti, la riossidazione di una
molecola di NADH fa si che vengano pompati nello spazio intermembrana 10 protoni e il rientro di
3 protoni attraverso il complesso dell'ATP sintetasi genera la produzione di una molecola di ATP e
quindi per ogni NADH si formano 3 molecole di ATP. Per il FADH2 il trasferimento degli elettroni
comporta il pompaggio di 6 protoni nello spazio, e quindi 3 protoni per ogni ATP e dunque per
ogni FADH2 riossidato si hanno 2 molecole di ATP. Il complesso che determina la produzione di
energia, grazie alla forza proton-motrice prodotta dai protoni è detto ATP sintetasi costituita da: l
proteina integrale di membrana Fo e da una proteina Fi che sporge nella matrice mitocondriale e
che rappresenta la parte catalitica e funzionale del complesso.

GIUNZIONI CELLULARI
Le cellule sono connesse tra di loro da speciali strutture dette giunzioni cellulari. Si classificano in :
• Giunzioni occludenti o tight: sono localizzate apicalmente, circondano la cellula, separando
lo spazio luminale da quello intercellulare e dal connettivo. Costituisce una regione dove le
membrane delle cellule adiacenti vengono in contatto formando una barriera di diffusione
impermeabile. Non è un sigillo continuo ma piuttosto una serie di fusioni locali create da
proteine trasmembrana di cellule adiacenti che vengono in contatto. Impediscono il
passaggio di sostanze tra una cellula e l'altra.
• Desmosomi: sono giunzioni adesive a forma di disco presenti in tessuti soggetti a
stress
meccanici. Si formano grazie alle caderine che legano le due cellule attraverso uno ristretto
spazio extracellulare. I loro domini citoplasmtici entrano in contatto mediante altre
proteine con i filamenti intermedi del citoscheletro. Essi permettono il passaggio di
nutrienti all'interno dello spazio intercellulare.
• Giunzioni comunicanti o gap : Costituiscono un passaggio aperto (poro o gap 2-3 nm) tra le
membrane adiacenti delle due cellule, che consente il passaggio di ioni e piccole molecole
(ATP, amminoacidi). Ogni poro è formato da strutture tubulari
dette connessoni, ciascuno
costituito da sei proteine trasmembrana disposte in modo circolare. Rappresentano l'unico
modo con cui i segnali passano direttamente da una cellula all'altra.
Nelle cellule vegetali il citoplasma di una cellula è in connessione con quello dell'altra attraverso
dei canali rivestiti di membrana plasmatica chiamati plasmodesmi. Questi canali di 20-40 nm
attraversano le pareti cellulari e permettono il passaggio di acqua, ioni, proteine ed RNA.

LE LEGGI DI MENDEL
Ogni cromosoma contiene un tratto di DNA chiamato gene che specifica per un carattere che può
essere il calore dei capelli, degli occhi o una malattia...
Coppie di cromosomi omologhi contengono lo stesso gene ma non in forma identica ossia un gene
può presentare diverse forme alleliche, possono essere entrambi dominanti o recessivi o uno
dominante e uno recessivo. La porzione del cromosoma occupato dal gene viene chiamato locus
genico. Ebbene fare una distinzione tra:
Genotipo: è l'insieme dei geni presenti in un individuo;
Fenotipo: è la caratteristica fisica che si manifesta ed è visibile ad occhio nudo;
Carattere: si intendono tutte le caratteristiche presenti in un organismo.
L'espressione di un fenotipo può essere influenzato dal genotipo, dall'ambiente e dalle proteine
prodotte da altri geni. La modalità di trasmissione dei geni è stata scoperta da Mendel.

REGOLAZIONE DELL'ESPRESSIONE DEI GENI


L'espressione dei geni viene regolata in maniera diversa dai procarioti e dagli eucarioti.
Nei procarioti la regolazione avviene a livello della trascrizione, negli eucarioti la regolazione
avviene a vari livelli: a livello del DNA, a livello della cromatina, all'inizio della trascrizione, a livello
della maturazione dell'RNA messaggero, prima della traduzione, e dopo la produzione della
proteina.
Nei procarioti i geni vengono distinti in "costitutivi", ossia vengono sempre trascritti e tradotti in
proteine e "geni regolati" che vengono trascritti e tradotti in proteine solo quando la cellula ha
bisogno di essa.
La regolazione dell'espressione dei geni nei batteri avviene attraverso due vie: o per induzione da
substrato, o per inibizione dovuta al prodotto finale. Un esempio di induzione da substrato è
quella del lattosio che, se abbondante al di fuori della cellula, entra grazie a specifici enzimi, e
induce la trascrizione del gene che, tradotto, produce l'enzima B galattosidasi, quell'enzima che
scinde il lattosio in glucosio e galattosio. Un esempio, invece, di inibizione da prodotto finale è
quello del triptofano (amminoacido che viene prodotto a partire da un composto, mediante 5
reazioni, ciascuna catalizzata da un enzima specifico. Quando il triptofano è presente in elevate
quantità esso va ad inibire la trascrizione dei geni che codificano per i 5 enzimi che consentono la
sua sintesi.
Nel caso del lattosio i geni coinvolti nel suo utilizzo sono utilizzati in un operone Lac (insieme di
geni). L'operone Lac che si trova un DNA è composto da un promotore a cui si lega l'RNA
polimerasi per l'inizio della trascrizione, l'operatore, una sequenza regolatrice, da 3 geni strutturali
Lac z, Lac y, Lac A, che codificano per i 3 enzimi che sono coinvolti nell'ingresso e nella scissione del
lattosio. Il gene Lac z codifica per la B galattosidasi, Lac y codifica per la permeasi, cioè enzima che
fa entrare il lattosio dall'esterno all'interno della cellula batterica, poi il gene Lac A codifica un
enzima che aiuta l'ingresso del lattosio. A monte del promotore vi è il gene Lac I, gene regolatore
che codifica per una proteina chiamata repressore. Quando il lattosio è assente il repressore si
lega all'operatore, e l'RNA polimerasi non si può legare al promotore e di conseguenza non si ha la
trascrizione dei 3 geni che codificano per gli enzimi che fanno entrare ed utilizzare il lattosio.
Quando, invece, il lattosio è presente anche in piccola parte, si lega al repressore che non può
legare l'operatore per cui l'RNA polimerasi si lega al promotore e si ha la trascrizione dei 3 geni.
Esiste una proteina chiamata recettore dell'Amp ciclico.
Quando l'ATP perde due fosfati si forma l'AMP (adenosina- monofosfato) che può essere lineare
o ciclico. L'enzima che converte l'ATP in AMP ciclico è chiamato Adenilato-ciclasi. Quando è
presente l'AMP ciciclo questo si lega ad una proteina CRP e si forma il complesso CRP-AMP
ciclico. Questo si lega ad un sito specifico, che si trova prima del promotore. Se si lega favorisce
l'attacco dell'RNA polimerasi al promotore e, quindi, la trascrizione. Se è presente il glucosio, esso
non consente la sintesi dell'AMP ciclico. Quindi il recettore non si lega all'AMP ciclico, e di
conseguenza non si può legare al sito prima del promotore, e la trascrizione viene inibita.

REGOLAZIONE TRIPTOFANO
Operone triptofano (reprimibile)
L'operone triptofano è dal promotore, operatore, e da 5 geni strutturali che codificano per i loro
enzimi.
Quando il triptofano è presente il repressore è legato al triptofano, e di conseguenza questo si
lega all'operatore. L'RNA polimerasi non si può legare al promotore e non si ha la trascrizione dei
geni. Quando il triptofano è assente il repressore non è legato all'operatore e, quindi, 'RNA
polimerasi può legarsi al promotore trascrivendo i geni.
Nell'operone triptofano la trascrizione dei 5 geni viene anche regolata da una sequenza che si
trova a monte del promotore, fatta da 4 regioni che si possono appaiare 1-2 legame idrogeno fra
le basi e 3-4. Quando il triptofano è abbondante c'è l'appaiamento della regione 3-4 sul filamento
prodotto. Questo è un segnale di stop. Quindi l'RNA polimerasi si stacca ed il ribosoma, invece,
continua a tradurre. Quando il triptofano è assente il ribosoma è più lento e si ha l'appaiamento
della regione 2-3, 'RNA polimerasi continua a trascrivere, e i ribosomi continuano la traduzione.
REGOLAZIONE DELL'ESPRESSIONE GENICA NEGLI EUCARIOTI
A livello del genoma: nel nucleo possiamo avere la cromatina sia decondensata e quindi può
avvenire la trascrizione, e sia condensata e quindi non può avvenire la trascrizione. Un esempio è il
corpo di Barr ossia uno dei cromosoma X nelle cellule delle femmine umane che è inattivo.

MECCANISMI EPIGENETICI: METILAZIONE DEL DNA


La metilazione del DNA è un processo post-replicativo. La metilazione del DNA è decisiva durante
lo sviluppo. Essa è uno dei meccanismi correlati con il differenziamento cellulare, tramite
l'inibizione dell'espressione genica a livello trascrizionale. La metilazione avviene a livello della
citosina ed il gruppo CH3 viene messo al posto dell'H e si forma la 5-metilcitosina. La metilazione
avviene a livello di un dinucleotide chiamato CpG dove la citosina viene metilata e quindi il DNA
non viene trascritto.

MODIFICAZIONE DEGLI ISTONI


Gli istoni sono proteine basiche, e contengono amminoacidi carichi positivamente come la lisina.
Quando avviene l'acetilazione la cromatina è decondensata e, quindi, può avvenire la trascrizione;
se, invece, gli istoni non sono acetilati la cromatina è condensata e la trascrizione non avviene. Se
gli istoni vengono metilati la cromatina è condensata e la trascrizione non avviene. Se, invece, non
vengono metilati la cromatina non è condensata e, quindi, la trascrizione può avvenire.
oppure la metilazione del DNA, ossia aggiunta di un gruppo metilico (H3, oppure che gli istoni
vengano modificati per aggiunta di un gruppo CH3, oppure per un gruppo acetilico
CH2-CH3 (acetilazione) oppure aggiunta di un fosfato (fosforilazione)).
A livello della trascrizione: si può avere uno o più fattori che controllano l'inizio della trascrizione. I
geni della cellula eucariotica sono 30000; tuttavia l'insieme delle proteine prodotte è 3 volte
superiore ed è chiamato Proteoma. I geni della cellula eucariotica vengono distinti in geni
housekeeping (quelli sempre espressi) perché codificano per enzimi coinvolti nei processi
metabolici, o per proteine di membrana, o per istoni, o per proteine che formano il ribosoma; geni
tessuti specifici (vengono espressi solo in alcuni momenti delle fasi dell'organismo, solo in alcuni
tessuti. A monte del promotore ci sono due sequenze regolatrici del DNA a cui si legano proteine
regolatrici che possono attivare (enancher che distanti dal promotore amplificano il processo) o
inibire il complesso trascrizionale ( silenziatori).
A livello della maturazione dell'mRNA: ci può essere un controllo o a livello della splicing o
dell'aggiunta del cappuccio al 5' o della coda di poli A al 3'. A livello dello splicing è possibile
averne uno alternativo in cui non vengono rimossi tutti gli introni, ma possono essere non
eliminati alcuni di essi, oppure solo in parte, oppure possono essere eliminati parti o interi esoni.
Ciò determina che da un mRNA si possono ottenere isoforme diverse di una stessa proteina
A livello del citoplasma: Non sempre la quantità di una proteina presente in una cellula dipende
direttamente dalla quantità del suo mRNA; in genere le due concentrazioni non sono
proporzionali. Pertanto possiamo avere dei fattori che favoriscono o inibiscono la traduzione, in
quanto il processo è influenzato dalle condizioni interne della cellula.
A livello post-traduzionale: dopo che è stata prodotta la proteina, viene modificata la proteina per
aggiunta di carboidrati o di lipidi per renderla attiva, oppure la proteina non è perfetta e viene
degradata grazie all'aggiunta di una piccola proteina detta ubiquitina.
La poli-ubiquitinazione rappresenta il segnale che invia questa proteina non correttamente
foldata ad un complesso proteico detto proteosoma che la degrada in amminoacidi che vengono
riutilizzati per sintetizzare altre proteine.

MITOSI
Il processo attraverso il quale una cellula si duplica in due cellule figlie perfettamente identiche,
con lo stesso patrimonio genetico, viene definito mitosi. Durante la mitosi ciascun cromosoma si
duplica, producendo due copie identiche. Queste due copie si separano ed in questo modo si
ottengono due cellule uguali a quelle di partenza. I cromosomi sono costituiti da due cromatidi
fratelli, legati insieme attraverso una struttura chiamata centromero. Ogni individuo possiede 23
coppie di cromosomi: di queste 22 sono gli autosomi, e 1 coppia è il cromosoma sessuale, XX nelle
femmine, XY nei maschi.
L'insieme dei cromosomi ordinati per numero, forma e dimensione dal più grande al più piccolo
(cromosoma 1.......cromosoma Y) viene chiamato cariotipo. La mitosi fa parte del ciclo cellulare,
caratterizzato da 4 fasi:
• Fase G1 dove la cellula aumenta di volume e inizia a duplicare gli organelli
Fase S in cui viene
duplicato il materiale genetico.
Fase G2 in cui vengono prodotte le proteine e completata la duplicazione degli
organelli cellulari.
•
Fase M (mitosi) in cui avviene la divisione cellulare. Essa si suddivide in:
1) Mitosi vera e propria in cui il materiale genetico duplicato viene diviso nelle cellule figlie
2) Citodieresi in cui il citoplasma e gli organelli vengono equamente suddivisi nelle
2 cellule
figlie
Nella mitosi distinguiamo 5 fasi:
• Profase: la cromatina condensa (diventa più compatta) e comincia a scomparire l'involucro
nucleare e il nucleolo.
• Prometafase: si disgrega completamente l'involucro nucleare, si forma il fuso mitotico a
partire dai centrosomi ossia una coppia di centrioli che si dirige ai poli opposti della cellula,
da cui iniziano a formarsi le fibre del fuso mitotico. Le fibre sono formate dai microtubuli
dell'aster, interpolari e del cinetocore. I cromosomi cominciano ad attaccarsi ai microtubuli
del fuso grazie al cinetocore. Metafase: i cromosomi si distribuiscono al centro della cellula
formando la piastra metafasica.
• Anafase: si divide in due fasi, A e B. Nella anafase A i cromosomi vengono tirati verso i poli,
ossia ogni cromatidio fratello si lega attraverso il centromero ai microtubuli andando verso
il polo verso cui guarda. Nell'anafase B i microtubuli che si sono originati a livello dei due
poli scivolano e determinano 'allungamento del fuso e, quindi l'allungamento della cellula.
• Telofase: si riforma l'involucro nucleare intorno ai cromatidi fratelli, ricompare il nucleolo..
• Citodieresi: si forma un anello contrattile al centro di questa grande cellula costituito da
actina e miosina, che strozzano la cellula madre in due cellule figlie ( cellule animali)
Nelle cellule vegetali che sono dotate di parete cellulare costituita da cellulosa si deve formare al
centro di questa grande cellula(membrana plasmatica e parete) , per cui delle vescicole
provenienti dall'apparato del Golgi arrivano alla piastra metafasica e la loro fusione formerà la
membrana plasmatica, mentre il loro contenuto ossia polisaccaridi formerà la parete cellulare.

RIPRODUZIONE
La riproduzione è quel processo attraverso cui da un individuo si originano uno o più discendenti
che consentono la conservazione della specie.
Esistono due tipi di riproduzione:
• Vegetativa (Asessuale, o Agamica)
• Sessuale (gamica)
Riproduzione asessuata: qui l'individuo produce, tramite mitosi, discendenti geneticamente simili
tra loro all'individuo che li ha generati (cloni).
Riproduzione sessuata: è caratterizzata da due eventi:
Meiosi: produzione di 4 cellule apolidi, con corredo cromosomico dimezzato (n).
Fecondazione o Singamia: unione di due cellule aploidi che riformano lo zigote
(organismo diploide).
DIFFERENZE
La riproduzione asessuata è un processo "conservativo" in grado di trasmettere invariato il
patrimonio genetico parentale ai discendenti. Questo processo è favorito quando le condizioni
ambientali restano favorevoli; in tal caso le generazioni successive si adattano e sopravvivono
bene come le precedenti.
La riproduzione sessuata è un processo che determina grandissima variabilità nella composizione
genica dei discendenti, che potranno rispondere in maniera indipendente alle sollecitazioni
dell'ambiente. Favorisce la sopravvivenza della specie grazie alla produzione di individui capaci di
riprodursi anche se le condizioni ambientali vengono modificate. La variabilità è garantita dalla
meiosi e dalla riproduzione gamica.
VANTAGGI E SVANTAGGI NELLA RIPRODUZIONE ASESSUATA
Vantaggi: rapidità di diffusione e maggior successo riproduttivo.
Svantaggi: incapacità di adattamento ai cambiamenti ambientali.
VANTAGGI E SVANTAGGI NELLA RIPRODUZIONE SESSUATA
Vantaggi: maggiore variabilità ed adattamento.
Svantaggi: elevato costo energetico e non sempre si ha il successo riproduttivo.

TIPI DI RIPRODUZIONE VEGETATIVA


• Scissione binaria: consiste nella divisione della cellula madre in due cellule figlie. Si verifica
nei procarioti ed alcune alghe unicellulari.
• Gemmazione: nella divisione si verifica una distribuzione non equa del citoplasma, per cui
si origina una cellula più piccola chiamata gemma, che si può staccare dalla cellula di
partenza, o rimanere adesa dando origine alla formazione di colonie cellulari. Ciò è tipico
dei lieviti (funghi unicellulari di forma sferica).
• Sporulazione: consiste nella formazione di spore, che vengono prodotte in particolari
strutture chiamate sporocisti. Le spore possono germinare e dare origine all'individuo
adulto, oppure possono rimanere in questo stadio acquisendo tutta una serie di involucri di
protezione che la rendono resistente alle condizioni sfavorevoli. Si parla, in questo caso, di
endospore.

LA MEIOSI (il numero di cromosomi si dimezza)


(Nella prima divisione si formano 2 cellule aploidi, nella seconda 4 cellule apolidi con
DNA diverso.)
La meiosi rappresenta la riproduzione sessuale che garantisce le diversità genetica, in quanto da
una cellula diploide (ogni cromosoma ha il suo omologo) si producono 4 cellule figlie apolidi (le
cellule hanno per un cromosoma 2 cromatidio)
• DIPLOIDE: 2 cromosomi = 4 cromatid
• APLOIDE: 1 cromosoma = 2 cromatidi
Prima della meiosi si ha una fase di INTERFASE, in cui una cellula diploide nella sua
FASE S, duplica il materiale genetico.
Successivamente si ha la prima divisione meiotica che è di tipo riduzionale perché da una cellula
diploide si ottengono due cellule aploidi poichè i cromosomi omologhi si separano in due cellule
figlie.
Segue una breve interfase detta intercinesi in cui il materiale genetico non è duplicato a cui segue
la seconda divisione meiotica che è equazionale poiché da una cellula aploide se ne ottengono due
aploidi (rappresenta una mitosi che avviene in una cellula aploide)in cui ogni cromatidio fratello si
separa dall'altro con formazione di 4 cellule aploidi.
Durante la prima divisione meiotica, si verifica un processo in cui i due cromosomi omologhi si
appaiano attraverso un chiasma (si forma una tetrade) e si ha lo scambio di materiale genetico
chiamato CROSSING-OVER. Questa è la fase più importante perché consente la variabilità
genetica. Nella profase meiotical l'involucro nucleare scompare, la cromatina si condensa, si forma
il fuso, cominciano ad allinearsi i cromosomi omologhi per il crossing over.
Nella metafase l i cromosomi omologhi si dispongono in fila sul piano equatoriale.
Nell'anafase I questi cromosomi si separano e ciascuno migra verso il polo opposto della cellula.
Nella telofase l si riforma l'involucro nucleare e, mediante la formazione di un anello contrattile,
per citodieresi, la cellula si divide in due cellule figlie (aploidi) oppure non avviene la citodieresi ed
inizia subito la meiosi II.
Nella profase II, i cromosomi si condensano, scompare l'involucro, si forma il fuso.
Nella metafase Il, ogni cromosoma che non ha più il suo omologo si lega all'equatore sulla piastra
metafasica attraverso il cinetocore.
Nell'anafase II i due cromatidi per rottura del centromero si distaccano e migrano verso il polo
verso cui guardano.
Al termine dell'anafase si ha la telofase Il, in cui si riforma l'involucro nucleare, ricompare il
nucleolo e, in seguito all'anello contrattile, si formano 4 cellule figlie aploidi in cui il materiale
genetico si è anche ricombinato. Spesso, durante la formazione dei gameti aploidi si possono
avere situazioni in cui i cromosomi non si dividono in maniera corretta e ciò può provocare delle
malattie genetiche.
Si possono verificare 2 casi:
I CASO: non disgiunzione durante la prima divisione meiotica, in cui i due omologhi non si
separano e vanno verso lo stesso polo, di conseguenza, al termine della prima divisione meiotica,
si ottengono una cellula con entrambi i cromosomi omologhi ed una priva di cromosomi. Con la
seconda divisione meiotica in questo caso si produrranno due cellule in cui abbiamo due cromatidi
fratelli e due cellule prive di cromosomi.
II CASO: non disgiunzione alla seconda divisione meiotica, cioè, alla prima divisione i cromosomi
omologhi si separano mentre nella seconda divisione non si separano i cromatidi fratelli, per cui
anziché produrre due cellule ciascuna con un cromatidio fratello, produrrà una cellula con tutti e
due i cromatidi ed una cellula senza cromatidi, mentre l'altra darà due cellule ciascuna con un
singolo cromatidio.
La non disgiunzione può causare un'anomalia nel corredo cromosomico e si parla di aneuploidia,
quando manca un cromosoma o quando ve ne sono uno o più di uno in più.
Si dice corredo nullisomico quando, considerando 4 cromosomi in un individuo normale, uno di
essi è assente. Si parla di corredo monosomico quando per un cromosoma ce n'è uno solo e
manca il suo omologo. Si parla di corredo trisomico quando un cromosoma, anziché essere
presente in coppia, ne possiede uno in più (esempio: sindrome di Down, o trisomia del 21). Si
parla, invece, di corredo tetrasomico quando, al posto di avere una coppia di omologhi, ne
abbiamo due coppie.

I VIRUS
I virus sono agenti patogeni non costituiti da cellule (ossia non sono vere e proprie cellule).
perciò vengono definiti particelle virali. Sono costituiti da una molecola di acido nucleico, DNA o
RNA, contenente le informazioni genetiche, racchiuse in un involucro di natura proteica detto
capside. L'insieme di acido nucleico e capside si chiama nucleo -capside;
Hanno forma e dimensioni variabili e sono visibili solo al microscopio elettronico.
Contengono un unico tipo di acido nucleico, DNA o RNA, che può essere a singolo o doppio
filamento; di tipo lineare o circolare; una sola molecola o più molecole (molecole diverse e copie
della stessa), che portano solo l'informazione genetica relativa alla sintesi dei propri elementi
costitutivi; sono incapaci di sintetizzare da se le proteine di cui sono formati in quanto privi di
ribosomi e di enzimi. Per riprodursi devono infettare cellule ospiti di cui utilizzano enzimi, ribosomi
e tutto il sistema per la sintesi di proteine, pertanto sono detti parassiti endocellulari obbligati.
Sono parassiti specifici perché alcuni infettano cellule animali, altri vegetali, altri solo batteri e
sono chiamati batteriofagi.
Il capside è costituito da tante unità dette capsomeri. I capsomeri sono costituiti da monomeri
proteici uguali o diversi, da cui deriva una specifica geometria. Il capside può avere differenti
strutture:
• solido regolare a 20 facce triangolari detto icosaedrico;
• forma tubulare con i componenti disposti esternamente secondo una struttura elicoidale.
Esistono virus che hanno una forma complessa senza un vero e proprio capside ma con molto
rivestimenti; oppure con un capside non icosaedrico ma a forma di testa contenente il DNA,
seguito da un colletto e da una coda rivestita da una guaina capace di contrarsi (struttura
batteriofago). All'estremità della guaina vi sono delle spine e dei lunghi filamenti dette fibre, che
servono ai virus per ancorarsi alla parete dei batteri esercitando la pressione necessaria per
iniettare il DNA o RNA. Sia il capside che gli altri rivestimenti membranosi esplicano specifiche
funzioni:
• Proteggono il genoma virale da danni fisici, chimici ed enzimatici;
• Conferiscono la capacità di riconoscimento per la cellula ospite;
• Consentono la penetrazione del genoma virale.
Nel ciclo di replicazione virale:
• Adsorbimento -il virus si attacca alla membrana plasmatica;

• Penetrazione- la membrana della cellula ospite si fonde con quella dell'ospite;


• Liberazione dell'acido nucleico -entrato il materiale genetico viene liberato dal capside;
• Sintesi dei componenti virali- DNA si duplica- sintesi delle proteine virali;
• Sintesi ed assemblaggio dei componenti capsidici assemblaggio del DNA virale e proteine
virali;
• Liberazione della progenie virale - liberazione dei nuovi virus
Nella curva di crescita di un batteriofago che infetta un batterio si distinguono:
• periodo di eclisse: periodo durante il quale non è possibile rilevare la presenza di particelle
virali infettive neanche all'interno dei batteri;
• periodo di latenza: periodo di sviluppo dei fagi nel batterio infettato. I fagi non sono
ancora liberati all'esterno. Nella fase finale sono presenti particelle mature nel batterio;
• periodo di crescita: le cellule vanno incontro a lisi liberando i fagi infettanti. Quando tutti i
batteri infettati saranno lisati si raggiunge il plateau
Le tappe che consentono un'infezione virale sono:
1) Ingresso del virus nell'ospite (via respiratoria, gastrointestinale, genitale, parenterale, cutanea,
trapianti d'organi);
2) Replicazione nella sede di ingresso;
3) Superamento delle difese locali;
4) Dittusione dalla sede di impianto che puo avvenire per via ematica,
linfatica o tramite neuroni);
5)Disseminazione agli organi bersaglio;
6) Eliminazione del virus dall'organismo (via respiratoria, gastrointestinale,
genitale, ematica);
Le infezioni possono essere di tipo:
• inapparente: caso portatore sano rilevabile sono con analisi;
• abortiva: il virus non riesce a completare la replicazione e non si ha malattia;
• acuta: non Dersistente si estngue con la guarigione:
• cronica: caratterizzata dalla continua presenza del virus che continua ad essere prodotto
anche dopo la fase acuta se pur in minore quantità, per tempo lungo e compatibile con la
sopravvivenza dell'ospite.
La progressione della malattia è caratterizzata da:
• infezione: il virus penetra nell'ospite e inizia a replicarsi;
• incubazione: periodo di latenza che trascorre tra il contagio di una malattia infettiva e 1l
suo manifestarsi può essere:
breve: meno di 1 settimana;
medio: 7-21 giorni;
lungo: settimane o mesi;
molto lungo: anni.
In seguito all'infezione di un batterio da parte un batteriofago è possibile che si verifichino due
cicli:
• litico;
• lisogenico;
Nel ciclo litico: il genoma virale entra nella cellula ospite, si replica, viene trascritto in RNA
messaggero e tradotto in proteine. Successivamente il genoma virale prodotto e le proteine virali
che formano il capside del virus si assemblano e si formano le nuove particelle virali, che
fuoriescono per lisi della cellula ospite.
Nel ciclo lisogenico: il genoma virale una volta entrato non si replica, ma si integra con quello del
batterio. Il batterio, in seguito replica il proprio DNA contenente anche la parte virale.
Virus HIV
Fa parte dei retrovirus ossia un virus ad RNA. È costituito da RNA virale e da un enzima chiamato
trascrittasi inversa, racchiusi nell'involucro capsidico o core, circondato da un altro involucro
proteico, a sua volta circondato da una membrana plasmatica associata a due tipi di glicoproteine
gp120, gp 41. Grazie alle glicoproteine il virus dell'HIV si lega ai recettori presenti sulla membrana
del linfocita T. Non appena il virus, entra il genoma ad RNA viene privato del capside e la
trascrittasi inversa utilizzando 'RNA virale come stampo per sintetizzare una molecola di DNA a
doppio filamento, che in seguito viene trascritto in RNA messaggero e tradotto in proteine virali.
Successivamente le proteine virali e 'RNA virale si assemblano dando origine a nuove particelle
virali che vengono liberate dalla cellula ospite.
AIDS sindrome da immuno deficienza acquisita, caratterizzata dalla comparsa di numerosi sintomi
con evoluzione grave e letale. Il virus HIV entra nei linfociti T provocando in essi gravi alterazioni e
la loro lesione provoca uno stato di debolezza, di carenze di difesa, infiammazione dei linfonodi ed
estrema suscettibilità alle infezioni. La trasmissione avviene attraverso il sangue o il liquido
seminale. La fase acuta della malattia si manifesta dopo 1-4 settimane dal contagio, mentre la
sieropositività dopo 6-12 settimane. La malattia con i suoi problemi si manifesta dopo un periodo
tra 6-7 mesi e 7 anni.

I FUNGHI O MICETI
Sono organismi eucarioti eterotrofi, privi di clorofilla per lo più pluricellulari fatto eccezione per i
lieviti che sono unicellulari.
Essi svolgono un'importante funzione in quanto secernano sostanze che consentono la
decomposizione dell'anidride carbonica nei suoi elementi più semplici: ossigeno e idrogeno che
ritornano all'atmosfera, il carbonio e l'azoto presenti in altri composti ritornano al suolo per essere
riutilizzati dalle piante.
Essi sono organismi eucarioti che durante il loro ciclo vitale di riproduzione possono avere un
nucleo apolide o diploide, di solito sono immobili. Presentano una parete cellulare costituita da
chitina (un polisaccaride diverso dal peptidoglicano), essa è una struttura costante più resistente
della cellulosa alla degradazione microbica.
La sua funzione è quella di costituire uno scheletro per tali cellule e di regolare il passaggio di
acqua.
Essi si dividono in:
• saprofiti: organismi che vivono e si nutrono di materiale organico morto
• parassiti: organismi che si nutrono di altri organismi viventi
• simbionti: sono quelli che vivono insieme ad altri dove ciascuno ricava un vantaggio (es
lichene simbiosi tra alga -fungo, micorrizie simbiosi tra fungo-radici piante superiori)
• commensali: il micete si sviluppa a spese del suo ospite senza causargli un danno
apprezzabile o un vantaggio. Se l'armonia tra micete e ospite si spezza esso prende il
sopravvento e diventa un patogeno (es candida albicans).
• funghi produttori di tossine: producono tossine estremamente pericolosi per l'uomo.
I funghi hanno il corpo a tallo, cioè non suddiviso in radici, fusto e foglie. Esso è formato da un
intreccio di filamenti dette ife che formano il micelio, che è pluricellulare nei funghi eduli e muffe,
unicellulare nei lieviti
I LIEVITI
La cellula fungina ha un aspetto globoso, è unicellulare, presenta un nucleo, mitocondri. ribosomi,
un piccolo vacuolo, la membrana cellulare e la parete cellulare. I lieviti si riproducono per
gemmazione (ossia riproduzione asessuata), dove dalla cellula madre si stacca una gemma per
invaginazione della parete, della membrana e del citoplasma con formazione di una nuova cellula.
Per questo motivo sono anche dette blastopore.
LE MUFFE
Sono anche definiti miceti filamentosi poiché gli elementi pluricellulari che costituiscono il tallo
sono le ife. Le ife si dividono in settate e non, mono o plurinucleate. Generalmente si distingue un
micelio aereo (all'esterno del terreno), che ha una funzione replicativa, ed uno vegetativo
(all'interno del terreno) con funzione nutritiva. In condizioni ideali il tallo miceale delle muffe si
sviluppa in maniera armonica quasi concentrica a partire da una
zona centrale
FUNGHI EDULI:
La cellula ha una forma cilindrica, si accresce ad un solo apice e si ramifica.
La sua struttura risulta un po' più complessa rispetto a lieviti e muffe, poiché costituita da un
micelio sotterraneo, da un gambo, e da una struttura a forma di cappello (detta carpoforo),
formato da lamelle contenenti cellule sporifere da cui vengono rilasciate le spore che trasportate
dal vento favoriscono la riproduzione asessuata.
RIPRODUZIONE
I miceti si riproducono mediante spore. Esse si possono formare con 2 meccanismi:
• riproduzione asessuata;
• riproduzione sessuata;
questi due tipi si alternano nel ciclo vitale.

LA TECNOLOGIA DEL DNA RICOMBINANTE


Essa prevede la manipolazione chimica dei geni utilizzando enzimi che partecipano normalmente
al metabolismo del DNA o RNA, che possono tagliare in modo specifico a livello di sequenze
specifiche e sono detti endonucleasi o enzimi di restrizione.
Esistono due classi di enzimi di restrizione:
• I classe riconoscono una sequenza di DNA e tagliano il DNA in siti adiacenti alla sequenza
riconosciuta.
• II classe riconoscono una sequenza di DNA e tagliano all'interno della sequenza
riconosciuta che normalmente è di 4 0 6 coppie di basi.
Il taglio all'interno della sequenza può avvenire su entrambi i filamenti, al centro della sequenza
riconosciuta, generando un terminale netto o può avvenire su posizioni sfalsate sui due filamenti,
generando terminali con uno dei due filamenti che sporge. Queste sporgenze sono dette
appiccicose.
I frammenti prodotti dagli enzimi di restrizione o endonucleasi sono chiamati frammenti di
restrizione.

CLONAGGIO MOLECOLARE
I vettori per il clonaggio sono in genere plasmidi che possiedono delle caratteristiche specifiche:
• possiedono un'origine di replicazione;
• portano geni per la resistenza ad antibiotici;
• contengono diversi siti di restrizione.
Sottoponendo sia il DNA estraneo sia quello di un plasmide all'azione dello stesso enzima di
restrizione si ottengono dei frammenti con estremità appiccicose che per azione della ligasi
vengono uniti costituendo la molecola di DNA ricombinante.
L'introduzione della molecola di DNA ricombinante in organismi ospiti è noto come processo di
trasformazione e normalmente le cellule che vengono trasformate sono quelle di Escherichia Coli.
L'ingresso del DNA ricombinante può avvenire o trattando le cellule con cloruro di calcio che
rompe parzialmente la membrana cellulare, rendendola permeabile alle molecole di DNA. Un altro
metodo è quello di trattare le cellule con un breve impulso di corrente elettrica e ciò è noto come
elettroporazione, ossia si formano pori transienti che consentono il passaggio del DNA.
Un altro metodo e quello di impacchettare il DNA in particelle faiche o in vitro packaging.
Dopo aver inserito le molecole di DNA nelle cellule, occorre, identificare quelle che hanno
acquisito il DNA ricombinante e per fare ciò si utilizzano plasmidi che contengono i geni per la
resistenza a specifici antibiotici. Disponendo le cellule di Coli in terreni di crescita contenenti gli
antibiotici cresceranno e si duplicheranno solo le cellule che hanno acquisito la molecola di DNA
ricombinante.
La tecnologia del DNA ricombinante viene applicata per:
• Mappatura del menoma;

• Analisi della funzione dei geni attraverso la clonazione genica;

• Produzione a basso costo di vaccini più innocui

• Produzione di proteine di interesse umano da parte dei microrganismi;

• Creazione di organismi transgenici;

• Terapia genica.

REAZIONE A CATENA DELLA POLIMERASI PCR


La reazione a catena della polimerasi ha rivoluzionato la tecnologia del DNA ricombinante
fornendo un mezzo estremamente semplice che permette di amplificare sequenze di DNA,
partendo da DNA estremamente complesso come quello del genoma.
Tale tecnica viene utilizzata per clonare e manipolare i geni, per il sequenziamento del DNA, per la
tipizzazione in medicina legale e per amplificare il DNA antico rinvenuto nei fossili.
La PCR è una tecnica che consta di 3 fasi:
• denaturazione del doppio filamento di DNA a temperatura di 95°C;
• annealing o appaiamento di corte sequenze di DNA dette primer sui due filamenti
distaccati ai lati della sequenza di DNA che si vuole amplificare, ed avviene ad una
temperatura di 65°C;
• Allungamento o estensione del primer utilizzando l'altro filamento come stampo ad opera
di una polimerasi termostabile detta Taq polimerasi, perché estratta da un batterio che
vive ad alte temperature 90-100 °C, che esplica il processo ad una temperatura di 72°C.

Il processo così descritto è ripetuto per 30 cicli, avviene in un apparecchio detto termociclatore e
la sequenza bersaglio verrà amplificata 10 ° volte.
In medicina legale la tipizzazione del DNA viene usata per determinare la paternità o per stabilire
se i campioni biologici contenenti DNA derivano da un sospetto. Il principio base della tipizzazione
del DNA è che i genomi di tutti gli individui di una specie hanno essenzialmente la stessa serie di
geni. Tuttavia le sequenze del DNA di questi geni non sono uguali in tutti gli individui. Quando si
trova che lo stesso gene ha versioni diverse esse sono chiamate alleli. Tutti gli esseri viventi hanno
gli stessi geni, ma ciascuno di noi porta una serie distinta di alleli per questi geni. Se un campione
di DNA ha due copie dell'allele 1del gene X e il DNA del sospetto ha due copie dell'allele 2 del gene
X, allora il test dimostra l'innocenza del sospetto.
OGM = organismo geneticamente modificato, ossia un DNA ricombinante costituito
dall'unione di frammenti di DNA di organismi diversi (piante, virus, batteri, ecc)
Le modificazioni più comuni che gli ingegneri genetici tentano di introdurre nelle piante
transgeniche sono rivolte a migliorare i sistemi di coltivazione e ad ottenere piante resistenti ai
parassiti e capaci di dare una ottima produzione (piante gia prodotte sono il mais. il pomodoro).
Si cercano di ottenere animali transgenici per:
• produrre farmaci;
• avere organi da trapiantare;
• disporre di modelli di studio.
La normativa europea prevede che sui prodotti in cui sono stati introdotti alimenti geneticamente
modificati vi sia un'etichetta che lo indichi e che la percentuale di questi all'interno dei prodotti
non debba superare 0,9 %.

DOMANDE POSSIBILI
1. GIUNZIONI GAP: o gap junctions, sono le giunzioni comunicanti che determinano la
formazione di veri propri canali di comunicazione tra il citoplasma di due cellule
interagenti, in cui le due membrane plasmatiche sono separate da un sottile interstizio di
spessore uniforme di circa 2-4 nm. Costituiscono una zona di contatto ravvicinato tra due
cellule adiacenti in cui si assemblano dei veri e propri canali che permettono lo scambio di
ioni e piccole molecole idrofile. Ciascun canale formato da due emicanali (connessoni)
ciascuno dei quali sporge da una cellula e si unisce con quello della membrana adiacente.il
connessione è una struttura altamente dinamica, è formato da sei subunità della proteina
connessina, disposte a cerchio in modo da formare un canale idrofilico, e può passare da
uno stato chiuso ad uno stato aperto in seguito a stimoli di differente natura, come per
esempio l’aumento della concentrazione di ioni H* o ioni Ca2*
2. P680: La clorofilla P680 del centro di reazione II viene eccitata (P680*) e trasferisce il suo
elettrone alla Feofitina (Pheo) che li trasferisce ai plastochinoni QA e QB che lo passano al
Complesso del citocromo b6f. La luce viene assorbita dai pigmenti antenna e trasferita alla
clorofilla P680 che è il centro di reazione del fotosistema II.
3. FASI MITOSI: La mitosi si divide convenzionalmente in quattro periodi, chiamati
rispettivamente profase, metafase, anafase e telofase.
4. FUNZIONE ORGANELLI (ribosomi, mitocondri, reticolo endoplasmatico liscio e rugoso,
apparato di Golgi, lisosomi, vacuolo, cloroplasti).
5. COSA SUCCEDE ALLA CELLULA NEI DIVERSI AMBIENTI (ipo, iso, iper):
isotonicaà concentrazione dei soluti interna uguale a quella esterna;
ipertonicaà concentrazione dei soluti interna maggiore rispetto a quella esterna (entra in
gioco la parete cellulare e si ha TURGORE CELLULARE);
ipotonicaà concentrazione dei soluti interna minore rispetto a quella esterna (si ha il
fenomeno della PLASMOLISI)
6. GIUNZIONI OCCLUDENTI: anche denominate giunzioni strette (o tight junctions) si formano
all’estremità apicale di due cellule epiteliali e saldano in più punti le membrane
plasmatiche. Stabiliscono equilibrio idrolitico, infatti impediscono il passaggio
extracellulare di sostanze e soluti dal versante apicale a quello basale (e viceversa) di un
foglietto epiteliale. Sono anche coinvolte nel mantenimento della polarità epiteliale,
impedendo il movimento laterali dei lipidi e delle proteine nella membrana plasmatica.
7. DA CHE COS’E’ FORMATA LA RUBISCO: La proteina stromatica più abbondante è la Rubisco
che conduce la reazione carbossilativa di fissazione della CO2 sul ribulosio-1-5 bisfosfato.
La RUBISCO, il più importante enzima plastidiale coinvolto nella fotosintesi è formata da 8
subunità proteiche grandi e 8 subunità piccole. L’informazione genica per costruire la
subunità grande è contenuta nel DNA dei cloroplasti mentre quella per costruire la
subunità piccola nel DNA del nucleo.
8. NELLA PIANTA DOVE SI CONSERVA L’AMIDO?: L’amido è immagazzinato da speciali
organelli, o subunità cellulari, chiamati amiloplasti. I leucoplasti (amiloplasti), incolori, sono
il deposito di amido nella pianta, perciò hanno funzione di riserva. Si tratta di amido
secondario ricevuto dall'esterno, mentre quello presente nei cloroplasti è amido primario
conservato temporaneamente. Questi organuli si trovano nelle radici, nei tuberi e nei
rizomi.
9. POLISACCARIDI DELL’UOMO: il glicogeno (concentrato soprattutto nel fegato e nei
muscoli), l’amido e l’insulina. Altri polisaccaridi come la cellulosa, l’emicellulosa, le pectine,
sono fibre alimentari, NON assimilabili dall’organismo umano.
10. DA CHE COSA È FORMATO IL DNA: È un lungo polimero costituito da unità ripetute di
nucleotidi. Il nucleotide è formato da: una base azotata, purinica o pirimidinica;
uno zucchero a cinque atomi di carbonio (zucchero pentoso), che insieme alla base azotata
costituisce un nucleoside; uno o più gruppi fosfato (residuo fosforico) che, insieme al
nucleoside, completa il nucleotide.
11. IN QUALE CELLULA NON È PRESENTE IL NUCLEO O I MITOCONDRI: la cellula procariotica
12. DINEINA E CHINESINA: le proteine motrici che lavorano sul microtubulo appartengono a
due famiglie: dineine e chinesine. Le dineine si muovono lungo il microtubulo sempre nella
stessa direzione, dall’estremità positiva all’estremità negativa. Mentre le chinesine
trasportano il materiale da – a +, quindi, generalmente, allontanandosi dal centro della
cellula.
13. POMPE IONICHE: Sistema di trasporto di ioni (trasporto attivo) attraverso la membrana
cellulare. Le p. i. sono canali formati da proteine di membrana che consentono il passaggio
in entrata e in uscita di alcuni ioni, come per es., potassio, sodio e calcio.
14. STRATI DELLA PARETE CELLULARE NELLE PIANTE: La parete delle cellule vegetali viene
deposta in tre strati successivi e diversi tra loro: la lamella mediana; la parete primaria; la
parete secondaria.
15. CHE TIPO DI DIVISIONE È LA MEIOSI RISPETTO ALLA MITOSI: la mitosi (riproduzione
asessuata) comporta solo una divisione del nucleo e produce due cellule diploidi; la meiosi
(riproduzione sessuata) comprende due divisioni del nucleo e produce quattro cellule
aploidi.
16. PERCHÈ LA MEMBRANA PLASMATICA È SELETTIVA: La membrana viene definita come
selettivamente permeabile in quanto certe sostanze la possono attraversare molto
rapidamente, mentre altre sono impedite.
17. IN CHE STATO IL VACUOLO SI TROVA IN TURGORE: (quando la cellula si trova in ambiente
ipertonico). Il potenziale idrico della cellula è ipertonico rispetto a quello dell’ambiente
esterno, si ha quindi l’ingresso di acqua nella cellula che genera una pressione idrostatica
interna o pressione di turgore. Che nelle cellule vegetali causa l’espansione del
plasmalemma contro la parete.
18. CHE COS’È L’EMICELLULOSA: un POLISACCARIDE
19. PROCESSO DI DUPLICAZIONE: Una proteina iniziatrice separa i due filamenti della doppia
elica e altri enzimi aprono una bolla di replicazione. La primasi sintetizza un frammento di
RNA che funziona da innesco (primer). Una DNA polimerasi allunga la catena (filamento
guida) in modo continuo sul filamento stampo 3' e in frammenti di Okazaki nello stampo 5',
partendo dalla terminazione 3'-OH dell'RNA. La DNA polimerasi nei Procarioti, o DNA
polimerasi con altri enzimi ad attività esonucleasica negli Eucarioti, rimuove il primer.
Una DNA polimerasi riempie il vuoto lasciato dall'RNA. La ligasi unisce i frammenti.
20. DA CHE COSA È FORMATO IL MALTOSIO: è un DISACCARIDE formato da due molecole di
glucosio unite da un legame a(1à4)-glicosidico.
21. ORMONI: SONO LIPIDI DERIVATI o proteine (ormoni steroidei, che comprendono gli
ormoni sessuali maschili e femminili e quelli corticosurrenali). Le femmine producono
infatti estrogeni e progestinici (progesterone) in quantità maggiori rispetto agli androgeni.
Tra gli androgeni l’ormone più noto è il testosterone.
22. DOVE SI DEPONE LA PARTE MATURA DELLA CELLULA VEGETALE: I VACUOLI (sono piccoli e
numerosi nella cellula giovane, nella cellula matura si ingrandiscono e si fondono in un
grande vacuolo che arriva ad occupare anche il 90% del volume cellulare. La funzione più
importante è quella di partecipare all'accrescimento della cellula, in quanto le piante
usano i vacuoli come mezzo per aumentare le proprie dimensioni con l'accrescersi. Essi
sono molto piccoli nella fase giovanile e si accrescono nel corso nel differenziamento
cellulare. A maturità il vacuolo occupa quasi tutto il citoplasma della cellula relegando il
nucleo all' estremità della cellula a ridosso della membrana plasmatica.
23. IL CITOSCHELETRO DOV’È POLARE: I MICROTUBILI SONO FILAMENTI POLARI, i filamenti di
actina sono POLARI (con un’stremità positica + e una negativa -). Testa polare e code
apolari
24. DA CHE COSA È FORMATO UN NUCLEOTIDE: da una base azotata, uno zucchero pentoso
(desossiribosio o ribosio) e da un gruppo fosfato.
25. DOVE AVVIENE LA REPLICAZIONE DEL DNA: nel NUCLEO della cellula e avviene nella FASE
S del ciclo cellulare.
26. COS’È LA PLACCA DI ADESIONE: I desmosomi si legano ai filamenti intermedi
(tonofilamenti) attraverso strutture proteiche citoplasmatiche quali: desmoplachine, che si
legano direttamente ai filamenti intermedi; placoglobine, che si legano direttamente a
delle placofiline, entrambe strettamente collegate alla desmoplachina. Queste tre proteine
costituiscono la placca di adesione.
27. FRAMMENTI DI OKAZAKI: I frammenti di Okazaki si formano sul filamento di DNA
replicato in "ritardo" in quanto la polimerasi su quel filamento va in senso opposto
rispetto all'apertura della forca replicativa.
28. DOVE SONO CONCENTRATI I PRINCIPLALI METABOLITI SECONDARI: nel vacuolo(?)
29. FILAMENTI INTERMEDI NON POLARI: forniscono forza meccanica e resistenza agli stress. I
monomeri si polimerizzano in dimeri coiled-coil paralleli, i quali si accoppiano in modo
antiparallelo esfalsato in tetrameri, la subunità stabile dei filamenti intermedi; tale
accoppiamento fa sì che il tetramero termini con due domini amminici, rendendo il
polipeptide non polare. Le proteine che costituiscono i filamenti intermedi sono: le
cheratine, le laminine, la vimentina e la desmina.
30. ENZIMA CHE DIVIDE I DUE FILAMENTI DI DNA NELLA REPLICAZIONE: DNA ELICASI
31. DESMOSONI: Il desmosoma è una giunzione di natura proteica tra cellule adiacenti che
salda i rispettivi citoscheletri, in particolare i filamenti intermedi, donando al tessuto
resistenza alla trazione e ad altri traumi fisici.
32. I NOMI DELLE FASI DEL CICLO DI CALVIN: CARBOSSILAZIONE (o glicosilazione), RIDUZIONE
e RIGENERAZIONE.
33. DOVE SONO ORIENTATE LE CODE DEI CARBOIDRATI DEI GLICOLIPIDI: Le code idrofobiche
si dispongono VERSO L'INTERNO DELLA MEMBRANA.
34. SITO DI ACCUMULO DELL’AMIDO SECONDARIO: L'amido secondario definito anche amido
di riserva viene stoccato all'interno dei leucoplasti (AMILOPLASTO). I Leucoplasti sono tipi
particolari di plastidi. L'amido primario è costituito principalmente da amilopectina, mentre
il secondario, (detto anche di riserva) principalmente da amilosio.
35. IN QUALE CONDIZIONE SI POTREBBE ARRESTARE IL PROCESSO FOTOSINTETICO: AL BUIO,
perchè viene a mancare ATP e NDH
36. DOVE AVVIENE LA FOTOSINTESI: nei CLOROPLASTI
37. IL TURGORE È UN FENOMENO DESCRIVIBILE NELLA? Cellula VEGETALE
38. FRA LE SEGUENTI MODIFICAZIONI DELLA PARETE CELLULARE QUAL È CHE NE AUMENTA
LE DOTI DI IMPERMEABILITA’? PIGMENTAZIONE
39. I FOSFOLIPIDI SI DEFINISCONO ANFIPATICI IN QUANTO: sono composti da parti idrofile e
parti idrofobiche
40. DA CHE COSA È FORMATO IL CITOSCHELETRO: microtubuli, microfilamenti e filamenti
intermedi
41. I RIBOSOMI POSSONO ESSERE ATTACCATI: al reticolo endoplasmatico rugoso
42. IL SUCCO VACUOLARE: presenta valori di pH compresi tra 4 e 5
43. QUALE STRUTTURA CI PERMETTE DI DISTINGUERE LA CELLULA VEGETALE ADULTA DA
UNA GIOVANE DIFFERENZIATA? LA PARETE SECONDARIA
44. QUALE DI QUESTI È UN POLISACCARIDE? L’AMIDO
45. LE MICROFIBRILLE DI CELLULOSA SONO SINTETIZZATE: SULLA MEMBRANA PLASMATICA
46. QUALE DELLE SEGUENTI STRUTTURE NON SI TROVA NELLE CELLULE PROCARIOTICHE? IL
NUCLEO
47. L’EMICELLULOSA È? Un polisaccaride
48. QUALE DI QUESTE STRUTTURE CI PERMETTE DI DISTINGUERE LA CELLULA VEGETALE DA
QUELLA ANIMALE? TONOPLASTO (è la membrana vacuolare)
49. QUALE DI QUESTE STRUTTURE NON È POLARE? FILAMENTI INTERMEDI
50. LE PIEGHE DELLA MEMBRANA INTERNA DEI MITOCONDRI SONO DETTE: CRESTE
51. L’INFORMAZIONE GENETICA È DEPOSITATA: nei CROMOSOMI
52. I MITOCONDRI SONO IMPORTANTI PER: il metabolismo energetico
53. LE PIANTE CAM: aprono gli stomi solamente di NOTTE
54. IL TILACOIDE È L’UNITÀ STRUTTURALE: dei CLOROPLASTI
55. IL SUCCO VACUOLARE HA UN pH DI: 4-5
56. IL RETICOLO ENDOPLASMATICO LISCIO HA LA SEGUENTE FUNZIONE: metabolismo
LIPIDICO
57. LE PIANTE SONO ORGANISMI: FOTOAUTOTROFI
58. QUALE DI QUESTE NON È UNA BASE AZOTATA: CELLOBIOSIO
59. LE PROTEINE SONO COSTITUITE DA: AMMINOACIDI
60. LA CLOROFILLA: è un PIGMENTO FOTOSINTETICO
61. I TRASPOSONI SONO: SEQUENZE MOBILI che si spostano nel genoma

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