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La cellula
La cellula rappresenta l’unità base degli organismi. Tutti gli organismi sono costituiti da cellule.
Nella gerarchia dell’organizzazione biologica la cellula costituisce il più semplice insieme di
elementi in grado di vivere.
Infatti, esistono molte forme di vita rappresentate da organismi unicellulari mentre gli organismi più
grandi e complessi sono pluricellulari e i loro corpi costituiscono il risultato della cooperazione di
molti tipi diversi di cellule specializzate che non potrebbero sopravvivere per molto tempo in
maniera autonoma.
Tuttavia, anche quando sono organizzate in livelli superiori, quali tessuti e organi, le cellule
rimangono le unità strutturali e funzionali fondamentali. Tutte le cellule sono in relazione con la
loro discendenza attraverso cellule progenitrici (ogni cellula deriva da una cellula preesistente –
Virchow inizio 900).

Sebbene le cellule possano differire in modo sostanziale le une dalle altre, esse condividono
caratteristiche comuni:
1. tutte presentano una struttura che le delimita e che funziona da barriera selettiva, denominata
membrana citoplasmatica;
2. all’interno di tutte le cellule è presente una sostanza semifluida e gelatinosa definita citosol nel
quale sono sospesi i componenti subcellulari;
3. tutte le cellule contengono cromosomi, che recano i geni sotto forma di DNA;
4. tutte contengono i ribosomi, complessi che operano la sintesi delle proteine seguendo le
istruzioni del messaggio genetico codificato dai geni.

Confronto fra cellule procariotiche ed eucariotiche


Le cellule – le unità strutturali e funzionali fondamentale di ogni organismo – sono di due tipi
distinti: procariotiche ed eucariotiche. Gli organismi appartenenti ai domini dei batteri e degli
archeobatteri sono costituiti da cellule procariotiche. Protisti, funghi, animali e piante sono tutti
costituiti da cellule eucariotiche.
La differenza principale tra cellule procariotiche ed eucariotiche risiede nella localizzazione del
DNA. In una cellula eucariotica la maggior parte del DNA è contenuta all’interno di un organulo
delimitato da una doppia membrana e definito nucleo.
In una cellula procariotica il DNA è concentrato in una regione del citoplasma definita nucleotide.
La parte interna di entrambi i tipi di cellula è definita citoplasma; nelle cellule eucariotiche questo
terminane si riferisce solo alla regione compresa tra il nucleo e la membrana citoplasmatica.

All’interno del citoplasma di


una cellula eucariotica,
sospeso nel citosol, si trovano
numerosi organelli delimitati
da membrana e contraddistinti
da varie forme e da funzioni
diverse; tali strutture sono
assenti nelle cellule
procariotiche ma nonostante
questo il citoplasma
procariotico sembra essere
organizzato in diverse regioni.

L’ATP non può essere sintetizzato.


Tredici protofilamenti si associano lateralmente e poi si chiudono a formare il microtubulo.
L’aggiunta di nuovi eterodimeri avviene preferenzialmente all’estremità positiva.
In genere le cellule eucariotiche hanno dimensioni maggiori rispetto a quelle procariotiche. Di
regola, la dimensione di una determinata cellula è correlata alla sua funzione.

Il modo in cui si realizza il metabolismo cellulare impone dei limiti alle dimensioni che possono
essere raggiunte dalla cellula. Anche le necessità metaboliche impongono limiti teorici massimi alle
dimensioni di una singola cellula. La membrana citoplasmatica che delimita ogni cellula funziona
come una barriera selettiva, consentendo il passaggio di una sufficiente quantità di ossigeno e
nutrienti nonché l’eliminazione di molecole di scarto in quantità proporzionali al volume
complessivo della cellula stessa. Il rapporto tra l’area superficiale cellulare e il volume della cellula
assume un’importanza critica: all’aumentare delle dimensioni della cellula la sua area superficiale si
accresce proporzionalmente in misura minore rispetto al suo volume. Infatti, l’area superficiale è
direttamente proporzionale al quadrato della dimensione, mentre il volume è direttamente
proporzionale al cubo
della dimensione. In un secondo ogni micron quadrato di membrana può essere
(Quindi, un oggetto più attraversato solo da una limitata quantità di una determinata sostanza.
piccolo ha un rapporto
area superficiale/volume
maggiore).
La necessità di un’area
superficiale sufficientemente
ampia per mantenere un certo
volume contente di spiegare le
microscopiche dimensioni della
maggior parte delle cellule e le
forme strette e lunghe di altre,
quali le cellule nervose.
Di norma, gli organismi di
dimensioni maggiori sono
costituiti da un numero maggiore
di cellule rispetto agli organismi
di dimensioni inferiori. Cellule
dove risulta particolarmente
importante il rapporto
sufficientemente elevato tra area
superficiale e volume cellulare,
cioè quelle che realizzano
frequentemente scambi con
l’ambiente circostante, possono
presentare lunghe e sottili
propaggini, definite microvilli,
che emergono dalla loro
superficie e hanno la funzione di
ampliare l’area della superficie cellulare sena aumentarne apprezzabilmente il volume.

Nucleotide: regione in cui si trova il Dna non circondato da membrana.


Parete cellulare: membrana plasmatica che racchiude il citoplasma (vegetali – cellulosa / funghi –
chitina) e all’esterno a volte c’è la capsula.
Flagelli: organi locomotori di alcuni batteri.
Cellule procariotiche
• non hanno il nucleo
• solo i ribosomi hanno gli organuli
• hanno la membrana molto
ripiegata

Caratteristiche generali delle cellule procariote


Dimensione: 1-5 μm
Forma: cocchi, bacilli, spirilli (movimento sinuisoidale), vibrioni
Parete: peptidoglicani (mureina) negli eubatteri - sostanza polisaccaride che contiene anche peptidi
(acido n-acetilmuramico)
polisaccaridi o proteine negli archei – sostante prevalentemente proteiche ma anche zuccheri n-
acetilglucosammina)
Capsula: polisaccaridi

Caratteristiche principali
• pili
• movimenti dato da flagelli (interni
nelle spiroteche – endoflagelli a
spirale interno alla cellula –
movimento di avvitamento
contrazione)
I flagelli nei procarioti sono formati da
polimeri di proteina globulare detta
flagellina e sono avvolti strettamente tra
di loro.
• materiale ereditario: cromosoma
circolari e plasmidi (non
essenziali)
• ribosomi (70S) - (80S negli
eucarioti)
• riproduzione per scissione binaria
(no meiosi e mitosi). In assenza di
riproduzione sessuata possono avvenire scambi di materiale diverse tra cellule diverse.
L’apparato basale è costituito da circa 35
proteine diverse.

I primi (eubatteri) da lavati trattengono gran parte della colorazione e i secondi (archeobatteri) no
(diventano più chiari).
Trasferimento del materiale genetico nei procarioti
1. trasformazione batterica
alcuni frammenti della cellula batterica vengono incorporati da un altro batterio e avviene la
ricombinazione genetica e il batterio si trasforma
2. trasduzione batterica
il virus colpisce il batterio e lo infetta, frammenti di cromosoma batterico hanno dna virale e si ha la
ricombinazione e la lisi delle cellule con nuovi virus che vanno ad attaccare altri batteri.
3. coniugazione batterica
si ha il trasferimento di un plasmide f (donatore) a un batterio ricevente e la successiva
ricombinazione.
Cellule eucariotiche
(piante, animali, funghi e protisti)
• nucleo delimitato da membrana che racchiude il DNA
• sistema di membrane interne che creano compartimenti dove avvengono rpocessi metabolici
• mitocondri
• cloroplasti
• flagelli (microtubuli) con struttura “9+2”
• i cromosomi sono formati da DNA lineare combinato con proteine in struttura compatta
(formata da istoni che sono carichi positivamente e si legano spontaneamente al DNA)

Gli eucarioti presentano cicli vitali comprendenti mitosi, meiosi e riproduzione sessuata.

Il frazionamento degli organuli cellulari per separare gli elementi avviene tramite centrifuga che a
seconda dell’accelerazione si separano diversi componenti.

Visione panoramica di una cellula eucariotica


Oltre alla membrana citoplasmatica che delimita la sua superficie esterna, una cellula eucariotica
possiede un complesso ed esteso sistema di membrane interne che suddividono la cellula stessa in
vari compartimenti, corrispondenti agli organelli menzionati in precedenza. I compartimenti
cellulari determinano la formazione di ambienti differenti che supportano lo svolgimento di
specifiche attività metaboliche; in tal modo, la cellula può realizzare simultaneamente processi tra
loro incompatibili. Inoltre, la membrana citoplasmatica e le membrane degli organelli partecipano
direttamente a numerosi processi metabolici cellulari, dal momento che moti enzimi si trovano
localizzati all’interno di tali membrane.
La struttura di base della maggior parte delle membrane biologiche è il doppio strato, costituito da
fosfolipidi e da altri tipi di lipidi; immerse in questo doppio strato lipidico o attaccate alle sue
superfici vi sono numerose proteine.
Tuttavia, ogni membrana presenta un’unica e specifica composizione di lipidi e proteine adatta allo
svolgimento delle due peculiari funzioni (es: gli enzimi presenti nella membrana di organelli
definiti mitocondri partecipano al processo della respirazione cellulare).

Componenti che non si trovano nelle cellule animali: cloroplasti,


vacuolo centrale (alcuni protisti hanno vacuolo contrattile), parete
cellulare, plasmodesmi.
Componenti che non si trovano nelle cellule vegetali: centrioli, flagelli
e vacuoli micropinocitici.
Il nucleo
La maggior parte delle cellule hanno un solo
nucleo ma ci sono delle eccezioni che ne
hanno di più, i sincizi sono cellule
polinucleate derivate dalla fusione di cellule
uninucleate. Ne sono un esempio le fibre
muscolari scheletriche. I plasmodi sono
cellule in cui le divisioni nucleari non sono
state seguite dalla divisione cellulare.
Ci sono poi cellule senza nucleo: gli
eritrociti dei mammiferi, sono sprovvisti di
nucleo. Questo rientra nel normale sviluppo
della cellula. Tra le altre cellule prive di
nucleo si annoverano anche le piastrine e le
squame cornee della pelle.

Il nucleo contiene la maggior parte dei geni


presenti nella cellula eucariotica (alcuni geni
si trovano nei mitocondri e nei cloroplasti).
Il nucleo ha in media un diametro di 5μm e
rappresenta l’organello di dimensioni maggiori presente all’interno di una cellula eucariotica.
L’involucro nucleare delimita il contenuto del nucleo separandolo dal citoplasma. Tale rivestimento
è costituito da una doppia membrana ognuna delle quali si compone di un doppio strato lipidico a
cui sono associate alcune proteine.
Tra le due membrane nucleari c’è una zona vuota chiamata lume (che continua nel reticolo
endoplasmatico).
L’involucro nucleare è perforato da strutture a forma di poro che sono controllati da proteine del
poro per gli scambi interno – esterno delle molecole di RNA, nonché di grossi complessi
macromolecolari.
Sotto la membrana nucleare intorno c’è un nucleoscheletro (laminobasale) che serve a dare la
struttura del nucleo.
Il versante nucleare dell’involucro è delimitato da una lamina nucleare, una particolare rete di
proteine filamentose che mantiene la forma del nucleo fornendogli un supporto meccanico.
Inoltre, numerose evidenze sperimentali suggeriscono l’esistenza di una matrice nucleare, un
reticolo di fibre proteiche che occupano la parte interna del nucleo. La lamina e la matrice nucleare
potrebbero aiutare a organizzare il materiale generico in modo che funzioni efficacemente.
All’interno del nucleo il DNA si organizza in unità discrete definite cromosomi, le strutture che
recano l’informazione genetica. Ciascun cromosoma contiene una lunga molecola di DNA associata
a numerose proteine. Alcune di esse aiutano ad avvolgere la molecola di DNA di ciascun
cromosoma, riducendone la lunghezza e permettendogli di stare all’interno del nucleo. Il complesso
di DNA e proteine che compone i cromosomi è definito cromatina. Quando una cellula non è in divisione
la cromatina marcata nelle micrografie appare come una massa diffusa e i cromosomi non possono essere distinti l’uno
dall’altro nonostante siano presenti cromosomi divisi. Mentre una cellula si prepara alla divisione per i cromosomi si
avvolgono maggiormente (si condensano) divenendo abbastanza spessi da essere distinti mediante microscopio.
Numero di coppie di cromosomi omologhi in alcune specie:
Cane Canis familiaris 39

Ciascuna specie Uomo Homo sapiens 23


eucariotica presenta un Patata Solanum tuberosum 24
numero caratteristico di Moscerino della frutta Drosophila melanogaster 4
cromosomi.
Zanzara Culex pipiens 3
All’interno del nucleo di una cellula che non si trova in fare di divisione si rileva inoltre la presenza
di una struttura definita nucleolo. Al livello del nucleolo, sulla base delle istruzioni contenute nel
DNA, viene sintetizzato un particolare tipo di RNA denominato RNA ribosomiale. Nel nucleolo le
proteine provenienti dal citoplasma vengono assemblate con l’RNA ribosomiale costituendo le
subunità maggiore e minore dei ribosomi. Successivamente tali subunità attraversano i pori
nucleari, fuoriescono dal nucleo e raggiungono il citoplasma dove si assemblano formando i
ribosomi veri e propri. In alcuni casi possono essere presenti due o più nucleoli e il numero di
questi ultimi varia in base alla specie e allo stadio del ciclo di divisione cellulare. Studi recenti
indicano che il nucleolo opera ance nell’ambito della regolazione di processi cellulari quali la
divisione. Il nucleo guida la sintesi proteica sintetizzando l’RNA messaggero (mRNA) in base alle
istruzioni contenute nel DNA. Successivamente l’mRNA viene trasportato nel citoplasma attraverso
i pori nucleari e in questa sede i ribosomi iniziano a tradurre il messaggio genetico contenuto al suo
interno nella struttura primaria di uno specifico polipeptide.

All’interno del nucleo troviamo la cromatina che contiene il DNA (molecola) e proteine.
La cromatina è costituita da DNA e proteine, prevalentemente istoni. I filamenti di DNA sono
compattati e la loro lunghezza risulta molto accorciata, soprattutto durante la divisione cellulare.
In interfase la cromatina è compattata di circa 1000 volte, mentre durante la divisione lo è di circa
10.000 volte. La forte compattazione, insieme a modifiche chimiche delle basi azotate e degli istoni
associati costituiscono forme di inattivazione del DNA. La cromatina si divide in eterocromatina e
eucromatina.

L’ eucromatina si presenta in forma filamentosa e non compatta durante l’interfase. Corrisponde a


porzioni di DNA che vengono trascritte. La cromatina interfasica in forma compatta viene chiamata
eterocromatina e corrisponde a zone di DNA inattivate (non viene descritto).
L’eterocromatina facoltativa corrisponde a sequenze di DNA attivate in alcuni tipi cellulari, ma
non in altre (porzioni di cromatina che in alcuni organi è eucromatina e in altri eterocromatina).
L’inattivazione di queste sequenze fa parte del normale processo di differenziamento cellulare.
L’eterocromatina costitutiva non si trasforma mai in eucromatina. Corrisponde spesso a sequenze
altamente ripetute, si trova prevalentemente nei telomeri e nei centromeri.

Il cariotipo
Costituisce il patrimonio cromosomico di una specie dal punto di vista morfologico.
Negli eucarioti il DNA è organizzato in cromosomi. Il numero e il tipo di cromosomi definiscono il
cariotipo della specie.
Quindi il cariotipo è dato dal numero e dalla morfologia dei
suoi cromosomi.
I cromosomi in metafase sono molto condensati e possiamo
notare che hanno lunghezza e morfologia diversa. [per vederle
si prendono tessuti vegetali in accrescimento e si trattano con colchicina
(veleno mitotico) che blocca la mitosi]. Se l’organismo è diploide
(con coppie di cromosomi) si percorrono quelli dello stesso
tipo e troviamo qual è il cariotipo. Per favorire il riconoscimento si
usano sostanze che ci facilitano a riconoscere i cromosomi omologhi.

In base alla posizione del centromero i cromosomi si possono


dividere in:
− Telocentrici
− Acrocentrici
− Metacentrici
− Subtelocentrici
− Submetacentrici
In alcuni cromosomi, oltre al centromero, ci sono restrizioni secondarie.

Nell'uomo e nella maggior parte degli animali il corredo cromosomico è diploide nelle cellule
somatiche, ed è aploide nelle cellule germinali. Nelle cellule somatiche umane sono presenti 22
coppie di autosomi e una coppia di eterocromosomi (x e y).

Alcuni presentano restrizioni terminali: telomeri. La lunghezza determina il numero di divisioni


cellulari.

Bandeggio dei cromosomi


Sono tecniche che consentono di evidenziare caratteristiche diverse, ad esempio presenza di
eterocromatina costitutiva, o zone ricche di particolari basi azotate. Per ciascuna tecnica ogni
cromosoma ha un bandeggio caratteristico.
Queste tecniche consentono di evidenziare alterazioni nella forma o nelle dimensioni dei
cromosomi, come:
• inversioni (cromosomi girati)
• traslocazioni (parte di un cromosoma attaccato a un cromosoma diverso)
• duplicazioni (parte di un cromosoma ripetuto più volte)

Disattivazione del cromosoma X (corpo di Barr)


Il cromosoma X è più grande del cromosoma Y e durante la meiosi c’è il crossing-over dove si
scambia materiale genetico tra cromosomi.
Il corpo di Barr è un cromosoma X che è sempre allo stato di eterocromatina. Il suo DNA non è
attivo tranne che per pochi geni. La disattivazione sembra essere promossa dalla trascrizione di un
gene (XIST) quindi non si quale viene disattivato, se non ci sono cellule che vengono disattivate il
gene ha 3 colori.
Omozigoti: quando due cromosomi omologhi hanno due alleli
identici.
Eterozigoti: cellula o organismo costituito dalla presenza di una
coppia di alleli diversi per un dato gene.
Il nucleolo
è una zona che si presenta elettrodensa
(non vengono attraversate dagli
elettroni). Parte del nucleo che troviamo
in interfase o quando la cellula va in
divisione cellulare scompare. In ogni
nucleo possiamo trovare uno o due
nucleoli.
Nel nucleo si dividono le zone fibrille
che contengono DNA che viene trascritto
e granuli che contengono molecole di
rRNA che viene associato con la
proteina.

I ribosomi
I ribosomi sono complessi costituiti da
RNA ribosomiale e proteine,
rappresentano i componenti cellulari
deputati alla sintesi proteica (non sono
avvolti da membrana quindi non sono
considerati organelli). Le cellule
caratterizzate da un’intensa attività di
sintesi proteica possiedono un numero
particolare elevato di ribosomi (es: una
cellula del pancreas umano che produce
molti enzimi digestivi possiede qualche
milione di ribosomi).
I ribosomi producono proteine in due
diverse zone del citoplasma. Nella
cellula si distinguono ribosomi liberi,
sospesi nel citosol, e ribosomi legati, che sono associati alla parete esterna del reticolo
endoplasmatico o dell’involucro nucleare.
I ribosomi liberi e quelli legati sono identici dal punto di vista strutturale e possono alternarsi nei
due ruoli. La maggior parte delle proteine prodotte dai ribosomi liberi viene utilizzata all’interno
della cellula, come nel caso della sintesi degli enzimi che catalizzano le prime tappe della
degradazione degli zuccheri. Diversamente, i ribosomi legati sintetizzano proteine che vengono
rilasciate in ambiente extracellulare (secrezione) o entrano a far parte della costituzione delle
membrane cellulari destinate ad avvolgere organelli come i lisosomi. In genere le cellule
specializzate nella secrezione di proteine (come quelle del pancreas che secernono enzimi digestivi)
presentano un’alta percentuale di ribosomi associati alla membrana del reticolo endoplasmatico.
I ribosomi nelle cellule eucarioti sono più grandi.
I ribosomi sono fatti da due subunità: la maggiore (60S) e contiene 45 proteine e 3 RNA, mentre la
minore (40S) è formata da 33 proteine e 1 RNA. Il ribosoma intero è comunque 80S perché le
misure non sono addizionate.

I ribosomi sono parzialmente


indipendenti per la sintesi delle
proteine.

S: misura della velocità della sedimentazione in centrifuga in determinate condizioni (c’è un certo
protocollo).
Le subunità ribosomiale si formano nel nucleo e si separano.
I ribosomi si trovano anche nei mitocondri e nei citoplasti.
Il sistema endomembranoso
è la membrana della cellula.
Molte delle differenti membrane presenti nelle cellule eucariotiche fanno parte di un sistema di
endomembrane che comprende:
1. l’involucro nucleare
2. il reticolo endoplasmatico
3. l’apparato di Golgi
4. i lisosomi
5. diversi tipi di vescicole e vacuoli
6. la membrana citoplasmatica.

Questo sistema svolge diversi compiti all’interno della cellula, inclusa la sintesi delle proteine, il
loro trasporto all’interno di membrane e organelli o all’esterno della cellula, il metabolismo e
trasporto dei lipidi, e la disintossicazione da sostanze tossiche. Le membrane che appartengono a
tale sistema sono correlate sia mediante una continuità fisica diretta sia attraverso il trasferimento di
segmenti di membrana sottoforma di minuscole vescicole (strutture sacciformi rivestite da
membrana). Nonostante l’esistenza di tali correlazioni, le membrane cellulari non si presentano
uguali relativamente a struttura e funzione. Inoltre, lo spessore, la composizione molecolare e
l’attività metabolica di una membrana non si mantengono sempre uguali ma possono modificarsi
varie volte durante il periodo di attività della membrana stessa.
1. involucro nucleare
L’involucro nucleare, l’interfaccia tra il citoplasma e il nucleo, è una doppia membrana con un
foglietto interno e un foglietto esterno.

2. Il reticolo endoplasmatico liscio o rugoso


Il reticolo endoplasmatico (ER) è costituito da un intreccio di strutture membranoso talmente esteso
da rappresentare oltre la metà della quantità totale di membrane presenti in molte cellule
eucariotiche. L’ER è un complesso sistema di strutture tubulari e di ampie cavità definite cisterne
(sacche appiattite) queste sono più tipiche del reticolo endoplasmatico rugoso e sono rivolte verso
il citosol; mentre quello liscio è formato da strutture tubolari. Le membrane dell’ER separano il
compartimento interno del reticolo stesso, definito lume dell’ER o spazio interno delle cisterne, dal
citosol. Dal momento che le membrane del reticolo sono in continuità con l’involucro nucleare, lo
spazio compreso fra e due membrane di tale involucro si continua con il lume dell’ER.
Nella cellula si rinvengono due diversi tipi di reticolo endoplasmatico, l’ER liscio e l’ER rugoso che
sebbene connessi tra loro presentano differenze di struttura e funzione.
Il reticolo endoplasmatico liscio viene denominato in tal modo poiché il versante più esterno delle
membrane che lo delimitano appare privo di ribosomi. Inoltre, ha una struttura a tuboli in tutte le
cellule.
Il reticolo endoplasmatico rugoso invece presenta una superficie esterna costellata di ribosomi che
le conferiscono la caratteristica morfologia di membrana ruvida. Una parte dei ribosomi aderisce
anche al versante citoplasmatico dell’involucro nucleare che è in continuità con il reticolo
endoplasmatico rugoso.

Funzioni del REL


Il reticolo endoplasmatico liscio è coinvolto in vari processi metabolici che risultano differenti nelle
varie tipologie cellulari; tali processi sono rappresentati per esempio dalla sintesi dei lipidi, dal
metabolismo dei carboidrati, dalla detossificazione di farmaci o di sostanze nocive e dallo
immagazzinamento di ioni calcio e processi che consentono il trasporto del glicogeno per la
respirazione cellulare.
Gli enzimi dell’ER liscio risultano essenziali ai fini della sintesi di vari tipi di lipidi, quali steroidi
(es: ormoni sessuali dei vertebrati) e fosfolipidi di membrana di nuova sintesi.
Le cellule che sintetizzano e cernono ormoni presentano un esteso ER liscio, caratteristica
strutturale strettamente correlata alla specifica funzione svolta da queste cellule.
Altri enzimi dell’ER liscio partecipano alla detossificazione dei farmaci e delle sostanze nocive,
specialmente nelle cellule epatiche, che in genere implica l’aggiunta di gruppi idrossilici alle
molecole che devono essere neutralizzate al fine di rendere tali sostanze idrosolubili e quindi
facilmente eliminabili dall’organismo. (Questo processo aumenta la tolleranza ai farmaci).
Poiché alcuni enzimi deputati alla detossificazione presentano uno spettro d’azione piuttosto ampio,
l’aumento delle dimensioni dell’ER liscio in risposta alla somministrazione di un determinato
farmaco può aumentare inoltre la necessità di dosi maggiori di altri farmaci.
L’ER liscio costituisce anche una sede di immagazzinamento degli ioni calcio. (Quando una cellula
muscolare viene stimolata da un impulso nervoso, il calcio viene traferito dal lume del reticolo al
citosol e tale circostanza consente la contrazione della suddetta cellula muscolare).
Funzioni del RER
Il reticolo endoplasmatico rugoso è esteso nei tipi
cellulari coinvolti nella sintesi proteica.
Molti tipi di cellule sono in grado di secernere le
proteine sintetizzate dai ribosomi associati al
reticolo endoplasmatico rugoso (per esempio
alcune cellule del pancreas sintetizzano a livello di
ER rugoso l’insulina, un ormone di natura proteica
che viene rilasciato nel torrente circolatorio). Nel
corso della formazione di una catena polipeptidica
su un ribosoma associato alla membrana tale
molecola in via di formazione penetra all’interno
del lume del ER rugoso attraverso un poro formato
da un complesso proteico del reticolo stesso. Il
nuovo polipeptide si ripiega nella propria struttura
funzionale mentre entra nel lume dell’ER. La
maggiore parte delle proteine che vengono secrete
è costituita da glicoproteine, ovvero proteine unite
a carboidrati mediante legami covalente. Il legale
tra la componente glucidica e quella proteica viene
realizzato mediamente l’intervento di molecole
specifiche prodotte a livello della membrana del
reticolo endoplasmatico rugoso.
La membrana del ER rugoso mantiene la proteina
di secrezione neoformata distante dalle altre
proteine (come quelle formate in corrispondenza
dei ribosomi liberi che sono destinate a rimanere
all’interno del citoplasma). Le proteine di
secrezione si allontanano all’ER all’interno di
vescicole membrano che si formano da una
specifica regione del reticolo definita ER di
transito. Tali vescicole in transito da una parte della
cellula a un’altra vengono definiti vescicole di trasporto.
Oltre a sintetizzare le proteine di secrezione il
reticolo endoplasmatico rugoso rappresenta la sede
di produzione delle membrane destinate alla
cellula; tale processo implica l’addizione di
proteine e fosfolipidi alla membrana del reticolo
stesso. Dal momento che i polipeptidi destinati a
divenire proteine di membrana si originano dai
ribosomi, tali molecole vengono inserite dalla
membrana dello stesso ER e si ancorano a
quest’ultima attraverso le loro porzioni idrofobe.
Come l’ER liscio, anche l’ER rugoso produce
fosfolipidi di membrana; in particolare, specifici
enzimi associati alla membrana del reticolo producono molecole fosfolipidiche a partire da
precursori presenti nel citosol. La membrana del reticolo endoplasmatico si accresce e alcune sue
porzioni sono trasferite sotto forma di vescicole di trasposto ad altre componenti del sistema di
endomembrane nella cellula.
3. apparato di golgi
è stato descritto da Golgi, medico italiano.

Dopo aver lasciato il reticolo endoplasmatico molte vescicole di trasporto raggiungono l’apparato
di Golgi. Tale organello può essere immaginato come un magazzino che riceve, smista, spedisce e
talvolta fabbrica i prodotti. In questa sede i prodotti dell’ER, le proteine, vengono modificati,
immagazzinati e successivamente inviati verso le loro destinazioni finali. Pertanto, non sorprende
che l’apparato di Golgi sia particolarmente sviluppato nelle cellule specializzate nei processi di
secrezione.
L’apparato di Golgi risulta costituito da una serie di sacche appiattite sovrapposte delimitate da
membrane, le cisterne; la particolare disposizione di queste ultime assomiglia a una pila di focacce
(si presenta come U sovrapposte una all’altra).
Una cellula può contenere un numero variabile di tali strutture impilate, fino a qualche centinaio. La
membrana di ogni cisterna delimita uno spazio interno separato dal resto del citosol. In prossimità
di queste cisterne è possibile rilevare la presenta di piccole vescicole coinvolte nel trasferimento di
materiali dall’apparato di Golgi ad altre strutture cellulari.
Ogni cisterna presenta una specifica direzionalità strutturale e funzionale; infatti le membrane delle
cisterne situate su versanti opposti differiscono per spessore e composizione molecolare. I due
versanti di una cisterna vengono definiti faccia cis, deputata alla ricezione del materiale che
raggiunge l’apparato di Golgi, e faccia trans, responsabile del rilascio del materiale prodotto dal
suddetto organello. Il termine cis significa “sullo stesso versante” e la faccia cis si trova di solito in
posizione continua all’ER. Le vescicole di trasposto trasferiscono il materiale dall’ER all’apparato
di Golgi. In particolare, la membrana di una vescicola di trasposto proveniente dall’ER riversa il
suo contenuto nell’apparato del Golgi fondendosi con la faccia cis di questo organello. I prodotti
sintetizzati dall’apparato del Golgi abbandonano tale distretto sotto forma di vescicole che si
distaccano dalla faccia trans (“sul versante opposto”) raggiungendo successivamente altre sedi
cellulari. Di regola i prodotti che provengono dall’ER vengono progressivamente modificati durante
il transito dal versante cis a quello trans dell’apparato di Golgi. (es: i carboidrati delle glicoproteine
prodotte dall’ER vengono modificati inizialmente nell’ER stesso e in seguito mentre attraversano il
Golgi). Nel Golgi alcuni monomeri di zucchero vengono rimossi dalla glicoproteina e sostituiti con
altri, circostanza responsabile dell’ampia varietà di oligosaccaridi. Anche i fosfolipidi di membrana
possono essere modificati dell’apparato di Golgi.
Oltre ad apportare modifiche alle molecole provenienti da altri siti cellulari l’AdG è in grado di
sintetizzare alcuni tipi di macromolecole. Molti polisaccaridi secreti dalle cellule vengono
sintetizzati da tale organello. (es: le molecole di pectina e di alcuni altri polisaccaridi diversi dalla
cellulosa sono prodotti nel Golgi delle cellule vegetali e poi incorporati insieme alla cellulosa nelle
loro pareti cellulari). I prodotti dell’AdG destinati alla secrezione si allontanano dalla faccia trans
delle cisterne sotto forma di vescicole che successivamente si fondono con la membrana
citoplasmatica riversando il proprio contenuto in ambiente extracellulare.
La sintesi e la modificazione dei prodotti dell’AdG si compiono attraverso differenti fasi, ognuna
delle quali si realizza in una particolare cisterna contente specifici gruppi di enzimi.
Secondo un’ipotesi definita modello di maturazione delle cisterne, queste ultime procedono dalla
faccia cis a quella trans trasportando e modificando il proprio contenuto parallelamente al loro
spostamento.
Prima che una cisterna dell’AdG liberi i suoi prodotti attraverso la formazione di vescicole a livello
del versante trans, tali prodotti vengono selezionati in base alla loro destinazione finale ed
“etichettati” in maniera da agevolare il raggiungimento della nuova sede. Ciascuna “etichetta” di
identificazione molecolare, rappresentata per esempio da gruppi fosfato addizionati al prodotto non
ancora maturo, favorisce il raggiungimento della destinazione finale agendo in maniera analogica a
un codice di avviamento postale. Inoltre, anche le vescicole di trasporto che si distaccano dall’AdG
risultano “etichettate” dalla presente, a livello della loro membrana, di molecole in grado di
riconoscere siti di ancoraggio sulla superficie di organelli specifici o sulla membrana
citoplasmatica.

Funzioni:
• sintesi oligosaccaridi – da ogni cisterna migrano vescicole alla cisterna successiva. Tutto il
processo è basato sulla fusione delle vescicole alla cisterna successiva;
• “smistamento” del materiale nel reticolo endoplasmatico (cioè indirizzato negli organuli;
• elaborazione delle proteine trasferite dal RER (soprattutto proteine glicosilate);
• trasporto del materiale;
• produzione di polisaccaridi (nuova parete) nelle cellule vegetali.
4. I lisosomi
Il lisosoma è una vescicola delimitata da membrana che contiene enzimi idrolitici impiegati dalla
cellula eucariotica per la degradazione (idrolisi) di macromolecole. Questi enzimi operano in modo
migliore in ambiente acido (circa 5), come quello che caratterizza i lisosomi. Qualora si
verificassero la rottura di un lisosoma e il conseguente rilascio del suo contenuto litico, tale
circostanza non risulterebbe molto dannosa poiché gli enzimi lisosomiali sono poco attivi ai valori
di pH prossimi alla neutralità che caratterizzano il citosol. Tuttavia, il rilascio eccessivo del
contenuto di numerosi lisosomi può determinare la morte della cellula per autodigestione. Gli
enzimi idroliti e la stessa membrana dei lisosomi vengono prodotti dal RER e successivamente
vengono trasferiti all’AdG per l’ulteriore elaborazione. Almeno una parte di lisosomi trae
probabilmente origine dalla faccia trans dell’AdG. Le forme tridimensionali delle proteine che si
trovano sul versante interno della membrana lisosomiale, proteggono i legami deboli dall’attacco
enzimatico.

I lisosomi realizzano la gestione intracellulare in varie circostanze. Organismi unicellulari (es:


amebe e altri eucarioti unicellulari) si nutrono ingerendo piccoli organismi o particelle di cibo, un
processo definito fagocitosi (la cellula prende materiale dall’esterno, viene avvolto in una
membrana e si fonde con i fagosomi e viene digerita). Successivamente il vacuolo alimentare che si
forma in seguito a tale processo di fonde con un lisosoma; gli enzimi digestivi di quest’ultimo
aggrediscono e degradano il materiale alimentare. I prodotti della digestione (compresi zuccheri
semplici, amminoacidi e altri monomeri) passano nel citosol divenendo sostanze nutrienti per la
cellula. Anche alcuni tipi di cellule umane realizzano il processo della fagocitosi; tra quelle cellule
vi sono i macrofagi (un gruppo di globuli bianchi nel sangue) che intervengono nei processi
immunitari fagocitando e degradando batteri e altri organismi patogeni.
I lisosomi impiegano il loro contenuto di enzimi idrolitici anche per rendere possibile il riutilizzo
dei materiali organici intracellulari attraverso un processo definitivo autofagia (il materiale digerito
proviene dall’interno, vengono distrutti organuli cellulari danneggiati o altri che devono venire
rimpiazzati). Durante questo processo un organello danneggiato o una parte del citosol vengono
circondati da una membrana a doppio strato formando una vescicola che successivamente si fonde
con un lisosoma. Gli enzimi lisosomiali degradano il materiale contenuto all’interno della suddetta
vescicola e i piccoli monomeri organici che ne derivano sono rilasciati ne citosol per essere
riutilizzati. Pertanto, grazie all’azione dei lisosomi la cellula può rinnovarsi continuamente. (ed: una
cellula epatica umana ricicla circa metà delle proprie macromolecole ogni settimana).

L’acrosoma degli spermatozoi


contiene idrolasi lisosomiali che
idrolizzano la zona pellucida che
circonda l’oocita.

Le cellule dei soggetti affetti da malattie ereditarie da accumulo lisosomiale risultano privo di
enzimi idrolitici lisosomiali attivi. In questo caso i lisosomi accumulano materiale non digeribile,
circostanza in grado di alterare le altre attività cellulari (es: la malattia di Tay-Saschs viene causata
dalla mancanza o dall’inattività di un enzima deputato alla scissione dei lipidi; l’accumulo
intracellulare di tale materiale lipidico non digerito danneggia l’encefalo). Fortunatamente le
malattie lisosomiali presentano una rara incidenza nella popolazione.
Si parte dal RER, si forma una vescicola di trasporto, questa si attacca all’AdG dove vengono
modificate le proteine che ci sono dentro (fare proteine glicosilate per la protezione della
membrana). Dall’apparato di Golgi si staccano delle vescicole (che contengono idrolisi) che
possono digerire i materiali o fare autofagia. La vescicola si fonde con un’altra vescicola della
membrana endoplasmatica contratta di ioni idrogeno, si fonde con la vescicola idrolasica. Il
lisosoma si può fondere con un fagosoma (vescicola che contiene il materiale preso dall’esterno
(fagolisosoma)) e con l’autofagolisosoma che contiene materiale endocellulare.

Le proteine di membrana dei lisosomi sono generalmente abbondantemente glicosilate e questo


probabilmente le protegge dall’azione delle idrolisi.

L’acidità viene mantenuta grazie alla


presenza di pompe protoniche nella
membrana lisosomiale.

Christian de Duve, premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1974 ha descritto sia i lisosomi che i
perossisomi
Yoshinori Ohsumi, , premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 2016 ha descritto i geni coinvolti nel
processo della formazione degli autofagosomi nei lieviti. Lo studio del processo di autofagia è importante per le
malattie dovute a disfunzioni dei lisosomi.

5. i vacuoli
Sono grandi vescicole che derivano dall’AdG e dal reticolo endoplasmatico perciò sono una parte
integrante del sistema di endomembrane di una cellula. Come tutte le membrane cellulari la
membrana vacuolare è selettiva nel trasporto di soluti; di conseguenza la soluzione all’interno di un
vacuolo ha una composizione differente rispetto a quella del citosol.
I vacuoli eseguono funzioni diverse in differenti tipologie cellulari:
I vacuoli alimentari si formano durante la fagocitosi. I vacuoli contrattili si trovano nelle cellule di
protisti privi di parete cellulare che vivono in acque dolci e servono per espellere l’acqua in eccesso.
Nelle cellule vegetali mature si può trovare un vacuolo centrale che accumula acqua e ioni organici.

Di norma il citosol occupa esclusivamente una sottile regione cellulare compresa tra la membrana
citoplasmatica e il vacuolo centrale; di conseguenza il rapporto fra l’area della superficie
membranosa e il volume citoplasmatico risulta elevato anche nel caso di cellule vegetali di grandi
dimensioni.

Ipotoniche: meno concentrate


Vacuoli permanenti: non pompano fuori l’acqua direttamente.
I perossisomi
Sono organuli circondati da un’unica membrana. La loro funzione principale, che dà il nome
all’organulo, è il trasferimento del perossido di idrogeno e successiva conversione in acqua grazie
all’enzima catalasi, perché è molto tossico per la cellula. Un’altra funzione è la degradazione
ossidativa degli acidi grassi (componente della lunga catena carboniosa). Questi sono stabili e
ricchi di energia. Vengono ossidati con la beta ossidazione con la formazione di acetil coenzima A
(che viene poi ossidata nel ciclo di krebs e darà energia).
Il perossisoma è un compartimento metabolico specializzato circondato da una singola membrana.
La denominazione di tali organelli deriva dalla capacità degli enzimi contenuti al loro interno di
rimuovere gli atomi di idrogeno presenti in vari substrati e di trasferirli all’ossigeno con la
formazione di molecole di perossido di idrogeno. Queste specifiche reazioni chimiche possono
svolgere diverse funzioni.
− Alcuni perossisomi utilizzano l’ossigeno per scindere gli acidi grassi in molecole di
dimensioni inferiori che sono trasportate ai mitocondri e utilizzate come combustibile per la
respirazione cellulare.
− I perossisomi presenti nelle cellule epatiche svolgono una funzione detossificante nei
confronti di alcol e altri composti nocivi, trasferendo all’ossigeno l’idrogeno proveniente da
tali sostanze. L’esplicarsi dell’azione tossica di cui è dotato l’H₂O₂ che si forma nei
perossisomi viene impedito dalla trasformazione di tale molecola in acqua, reazione chimica
che si compone in tali organuli grazie all’intervento di specifici enzimi contenuti all’interno
di tali organelli. Questo evento rappresenta un eccellente esempio del ruolo fondamentale
della suddivisione in compartimenti distinti nell’ambito del corretto svolgimento delle varie
funzioni cellulari. Gli enzimi che producono perossido di idrogeno e quelli che utilizzano
questa sostanza tossica vengono confinati nello stesso spazio, lontana da altri componenti
cellulari che potrebbero essere danneggiati da tale molecola.
Perossisomi specializzati definiti gliossisomi si rinvengono nei semi delle piante a livello dei tessuti
di riserva che costituiscono una sede di stoccaggio di sostanze lipidiche. Questi organelli
contengono enzimi che avviano la trasformazione degli acidi grassi in zuccheri; questi carboidrati
vengono utilizzati come fonte di energia e di carbonio dalla pianticella nel terreno, dal momento che
in tali condizioni quest’ultima non è ancora n grado di produrre i propri zuccheri attraverso la
fotosintesi.
I perossisomi si accrescono incorporando proteine sintetizzate principalmente nel citosol e ER e
lipidi sintetizzati nell’ER o nei perossisomi stessi. Quando raggiungono una certa dimensione questi
organelli possono accrescere il loro numero dividendosi in due, suggerendo un’origine
endosimbiontica, ma altri si contrappongono a questa teoria.
6. la membrana plasmatica
Si forma a livello dell’apparato di Golgi per poi andare a fondersi nella membrana nucleare.
Le membrane del sistema endomembranoso nonostante siano connesse differiscono per spessore,
composizione ed attività metaboliche svolte. Queste caratteristiche possono però modificarsi nel
corso del periodo di attività della membrana.

Il sistema di endomembrane
Le membrane che delimitano il reticolo endoplasmatico, l’apparato di Golgi e altre strutture
intracellulari presentano una differente composizione molecolare e le loro attività metaboliche si
modificano parallelamente alla variazione del loro contenuto. Infatti, il sistema di endomembrane è
un componente strutturale e funzionale estremamente dinamico nell’ambito dell’organizzazione dei
compartimenti cellulari.
I mitocondri e i cloroplasti
Gli organismi viventi sono in grado di trasformare l’energia proveniente dall’ambiente circostante.
Nelle cellule eucariotiche, i mitocondri e i cloroplasti rappresentano gli organelli deputati alla
conversione dell’energia in forme che le cellule possano impiegare per lo svolgimento delle proprie
attività. In particolare, i mitocondri costituiscono la sede della respirazione cellulare, il processo
metabolico che utilizza l’ossigeno per guidare la produzione di ATP estraendo energia da molecole
organiche quali zuccheri, grassi e altri composti. I cloroplasti, organelli presenti nelle piante verdi e
nelle alghe, rappresentano la sede dei processi fotosintetici. Questo processo, nei cloroplasti
converte l’energia solare in energia chimica, assorbendo la radiazione luminosa e utilizzandola per
la sintesi di composti organici a partire da biossido di carbonio e acqua.

Le origini evolutive
I mitocondri e i cloroplasti mostrano somiglianze con i batteri che hanno condotto alla teoria
endosimbiontica. Questa teoria afferma che un antenato primordiale delle cellule eucariotiche
inglobò una cellula procariotica che consuma ossigeno e non fotosintetica. Infine, la cellula
inglobata formò una relazione con la cellula ospite nella quale era racchiusa divenendo un
endosimbionte (una cellula vivente dentro un’altra cellula).
In realtà nel corso dell’evoluzione la cellula ospite e il proprio endosimbionte s’integrarono i un
unico organismo, una cellula eucariotica con un mitocondrio.
Questa teoria è in accordo con molte caratteristiche strutturali dei mitocondri e dei cloroplasti. In
primo luogo, anziché essere caratterizzati da una singola membrana come gli organelli del sistema
di endomembrane i mitocondri e i cloroplasti tipici sono avvolti da due membrane. È stato
dimostrato che le cellule procariotiche primitive inglobate possedevano due membrane esterne, le
quali divennero le doppie membrane di mitocondri e cloroplasti. Secondo, come i procarioti, i
mitocondri e i cloroplasti contengono sia ribosomi sia molecole multiple di DNA circolare associate
alle loro membrane interne. Il DNA all’interno di questi organelli guida la sintesi di alcune proteine
di organello sui ribosomi che a loro volta sono stati sintetizzati e assembrati qui. Terzo, in accordo
con le loro porbabili origini evolutive come cellule, i mitocondri e i cloroplasti sono organeli
autonomi (alquanto indipendenti) che cresocno e si riproduzono all’interno della cellula.
I mitocondri
− Sono grandi organuli osservabili in microscopia ottica.
− Hanno forma ovoidale di 1-6 μm e di larghezza 0,2-1 μm.
− Sono dotati di una doppia membrana e quella interna è
molto ripiegata, forma delle creste (quindi lì c’è uno
scambio e ci sono enzimi per fare processi metabolici) e
alcuni hanno dei tubuli (diffusi nei protisti, insetti, cellule
della corticale del surrene). Contengono DNA e ribosomi
(più piccoli e simili a quelli dei procarioti).
− Si moltiplicano autonomamente per divisone entro la
cellula e vengono ereditati per via materna. Possono
fondersi fra loro.
− Sono presenti in tutte le cellule eucariote ad eccezione dei
globuli rossi dei mammiferi.
− Vi avviene la respirazione cellulare (sede principale
Il movimento del flagello degli
dove si ottiene ATP – sintetizzato per fosforilazione
spermatozoi avviene a spese
ossidativa).
dell’ATP. Ci troviamo quindi la
I mitocondri sono leggermente contrattili e si trovano in grandi
membrana mitocondriale che
quantità dove c’è bisogno di energia.
contiene mitocondri che
Generalmente sono diffusi in tutto il citoplasma ma talvolta
forniscono ATP.
sono localizzati in posizioni precise della cellula.
Se non c’è ossigeno le cellule fanno fermenti lattici e producono meno ATP.
Ci sono mitocondri nel tessuto adiposo che non fanno ATP, sono soprattutto negli animali in stato di
ibernazione, nel feto e nei neonati che hanno un
abbassamento di metabolismo e di temperatura (si Gli adipociti sono ricchi in mitocondri,
produce calore nel tessuto adiposo bruno, i mitocondri che hanno come funzione principale non
rilasciano il calore). la
produzione di ATP, ma la produzione di
calore per aumentare la temperatura del
sangue e la protezione degli organi più
sensibili dal freddo.
I mitocondri sono presenti in quasi tutte le cellule
eucariotiche, come quelle che compongono
piante, animali, funghi e la maggior parte degli
eucarioti unicellulari.
Alcune cellule possiedono un singolo grande
mitocondrio, mentre più spesso una cellula
possiede centinaia e anche migliaia di mitocondri;
il numero di tali organelli è strettamente correlato
al livello di attività metabolica della cellula (es: le
cellule in grado di muoversi o di contrarsi
presentano in proporzione un numero di
mitocondri per unicità di volume notevolmente
superiore rispetto a cellule meno attive).

Ciascuna delle due membrane che racchiudono il mitocondrio è un doppio strato fosfolipidico
contenente uno specifico corredo di proteine strutturali. La membrana esterna dei mitocondri si
presenta liscia mentre quella interna si ripiega formando le cosiddette creste. La membrana interna
divide i mitocondri in due compartimenti interni: il primo è rappresentato dallo spazio
intermembrana, ovvero la sottile regione compresa tra la membrana interna e quella esterna,
mentre il secondo compartimento, la matrice mitocondriale, è delimitato dalla membrana interna.
La matrice contiene molti enzimi diversi, il DNA mitocondriale e i ribosomi. Gli enzimi nella
matrice catalizzano alcune tappe metaboliche del processo di respirazione cellulare. Altre proteine
che intervengono nel processo di respirazione sono rappresentate dagli enzimi che producono ATP,
inseriti a livello della membrana interna. Le creste ampliano notevolmente la superficie della
membrana mitocondriale interna, aumentando notevolmente l’efficienza del processo di
respirazione cellulare; tale circostanza costituisce un ulteriore esempio della stretta correlazione tra
struttura e funzione.
I mitocondri sono in grado di spostarsi, cambiare
forma, fondersi e dividersi in due, mentre gli stessi
organelli osservati all’interno di cellule morte in
microfotografie ottenute al microscopio elettronico
mostrano una struttura statica di forma cilindrica. Tali
osservazioni hanno aiutato i biologi cellulari a capire
che i mitocondri, all’interno di una cellula vivente,
formano una rete tubolare ramificata osservabile in
una cellula intera che si trova in uno stato di flusso
dinamico.
I cloroplasti

I cloroplasti hanno anche loro una membrana interna ed esterna.


Quella interna forma dischi appiattiti sovrapposti uno sopra l’altro (tilacoidi). Servono per la
fotosintesi ossigenica (si libera ossigeno). Nei cloroplasti si concentra maggiormente la clorofilla
(pigmenti che captano l’energia luminosa e la convertono in ATP (utilizzato dallo stroma per
produrre zuccheri).

I cloroplasti contengono il pigmento verde definito clorofilla nonché gli enzimi e le altre molecole
coinvolte nella realizzazione della fotosintesi, processo attraverso cui si realizza la produzione degli
zuccheri. Tali organelli di forma lenticolare e lunghezza di circa 3-6 μm si rinvengono nelle foglie e
in altri organi verdi delle piante e delle alghe.

Il contenuto dei cloroplasti risulta separato dal resto del citoplasma da due membrane divise da un
sottile spazio intermembrana.
All’interno del cloroplasto si sviluppa un altro sistema di membrane formato da strutture sacciformi
interconnesse tra loro definite tilacoidi. In alcune regioni i tilacoidi appaiono impilati come fiches
da poker e ogni pila viene denominata granum (grana al plurale). Il fluido presente al di fuori dei
tilacoidi viene definito stroma e contiene il DNA del cloroplasto, ribosomi e vari enzimi. Le
membrane del cloroplasto dividono lo spazio interno di tale organello in tre compartimenti:
− lo spazio intermembrana,
− lo stroma
− lo spazio presente all’interno dei tilacoidi.
Questa organizzazione compartimentalizzata consente ai cloroplasti di convertire l’energia
luminosa in energia chimica durante la fotosintesi.
Analogamente ai mitocondri anche l’aspetto dei cloroplasti visibile nelle microfotografie al
microscopio elettronico non corrisponde al comportamento dinamico di questi organelli nella
cellula osservata in vivo. Infatti, i cloroplasti possono modificare la loro forma, le loro dimensioni e
occasionalmente possono duplicarsi dividendosi in due. Inoltre, questi organelli sono mobili e come
i mitocondri e altri organuli si spostano lungo gli elementi del citoscheletro, un complesso reticolo.
Il cloroplasto è un membro specializzato di una famiglia di organelli vegetali strettamente
imparentati chiamati plastidi. Un tipo di plastidio, l’amiloplasto, è un organello incolore che
immagazzina l’amido (amilosio), in particolare nelle radici e nei tuberi. Un altro è il cromoplasto,
che contiene dei pigmenti che danno alla frutta e ai fiori i loro colori arancio e giallo.
Teoria dell’endosimiosi seriale Teoria: quando abbiamo tanti elementi che danno
Come si formano cloroplasti e mitocondri nelle ragione a un’ipotesi
cellule eucariotiche.

Dalla cellula procariotica per formare una cellula


eucariotica si viene a formare il nucleo partendo da
un’invaginazione e una serie di quest’ultima della
membrana plasmatica (va a formare altri organuli).
L’invaginazione iniziale va a circondare la zona che
contiene il DNA fino a quando le vescicole si
fondono insieme, in questo modo si ha a doppia
membrana che circonda il nucleo.

Come si formano i cloroplasti?


Alcuni cloroplasti hanno più di due membrane
quindi una prima cellula ha inglobato un
cianobatterio e poi quest’ultimo è stato preso da
un’altra cellula.

Come si formano i mitocondri?


Cellule eterotrofe hanno fagocitato dei batteri che
erano specializzati e vanno a specializzare molecole
organiche utilizzando tutta l’energia contenuta.

I mitocondri hanno un loro DNA circolare che


contiene pochi geni, circa 37 nell’uomo. Inoltre, si
riproducono con una forma di scissione simile a
quella dei batteri.
La differenza dai batteri è che il DNA non è
associato a istoni (proteine).
Nei mitocondri troviamo alcune triplette che non
coincidono a quelle del codice genetico universale
(quindi a livello del citosol sarebbero polipeptidi
diversi).
Codificano per rRNA e tRNA mitocondriale.
Sintetizzano proteine mitoribosomiali e proteine coinvolte nella respirazione cellulare
regolano la morte cellulare.
Alcuni protisti attuali
(diplomonadi e
parabasalidi) sono
privi di mitocondri ma
è una condizione
secondaria, sono stati
persi successivamente.

Il DNA mitocondriale
Nella matrice
mitocondriale sono
presenti un numero
variabile, in genere da 5 a 10, di
molecole di DNA (mtDNA – DNA
mitocondriale) per mitocondrio.
L’mtDNA è circolare e non associato
a proteine. È pertanto simile al DNA
dei batteri. Nei mitocondri alcune
triplette non codificano per gli stessi
aminoacidi del codice universale.
I geni codificano per
• rRNA e tRNA mitocondriale,
• per alcune proteine mitoribosomiali,
• per alcune proteine coinvolte nella
respirazione (proteine
dell’ATPsintasi e del citocromo C
ossidasi).
Nell’uomo il genoma mitocondriale
contiene 37 geni (quello nucleare
24000).
La respirazione cellulare
Le cellule richiedono energia fornita da fonti esterne
per compiere le loro numerose funzioni (es: la
costruzione di polimeri, il passaggio di sostanze
attraverso membrane, il movimento e la
riproduzione). La fonte primaria dell’energia
depositata nelle molecole organiche degli alimenti è il
Sole. La fotosintesi genera ossigeno e molecole
organiche che sono utilizzate di mitocondri degli
organismi eucariotici come combustibili per la
respirazione cellulare. La respirazione degrada questo
combustibile producendo ATP. I prodotti di scarto di
questo tipo di respirazione, diossido di carbonio
(CO2) e acqua (H2O) sono i materiali di partenza
utilizzati dalla fotosintesi.

Le vie metaboliche che liberano l’energia depositata


degradano molecole complesse sono dette vie
cataboliche. Un processo catabolico, la
fermentazione, consiste nella parziale degradazione
di molecole di zuccheri o di altri combustibili organici in assenza di ossigeno. Tuttavia, il principale
e più efficiente processo catabolico è la respirazione aerobia, in cui viene consumato ossigeno che,
insieme al combustibile organico, rappresenta uno dei reagenti. Certi procarioti utilizzano come
reagenti sostanze diverse dall’ossigeno in un processo simile che raccoglie energia chimica senza
utilizzare l’ossigeno; questo processo è detto respirazione anaerobia.
Il processo può essere così sintetizzato:

Carboidrati, grassi e proteine presenti negli alimenti possono essere tutti utilizzati come
combustibile. Nelle diete animali una delle principali fonti di carboidrati è l’amido, un polisaccatide
di deposito che può essere degradato in subunità di glucosio (C6H12O6).
Il percorso della degradazione del glucosio:

Avviene solo in presenza di ossigeno.


Serve per fare ATP (adesina trifosfato) destinata:
• alla contrazione cellulare
• biosintesi di sostanze cellulari
• trasporto attivo (pompe protoniche)
• trasmissione degli impulsi nelle cellule nervose e muscolari
• bioluminescenza.
Per la respirazione cellulare servono ossigeno e fonti di energia chimica (carboidrati e grassi).

Nel metabolismo cellulare si distinguono:


1. Vie cataboliche: processi metabolici che liberano energia (metabolismo energetico)
2. Vie anaboliche: processi metabolici che necessitano di energia (metabolismo biosintetico)
Fermentazione: parziale degradazione di
molecole di zucchero in assenza di ossigeno
(2ATP).
Respirazione: completa ossidazione (fino a
CO2) del materiale organico in cui l’ossigeno
costituisce uno dei reagenti dell’intero sistema
di reazioni (34/38 ATP).

Fosforilazione ossidativa Fosforilazione al livello del substrato


Sono due modalità diverse per produrre ATP
produzione di ATP usando energia derivata dal produzione di ATP quando un enzima trasferisce
trasferimento di elettroni in un sistema di direttamente un gruppo fosfato ad una molecola
trasporto degli elettroni. La fase finale che porta di ADP (il substrato).
alla produzione di ATP avviene per un processo Per ogni molecola di glucosio la cellula
di chemiosmosi attraverso la membrana sintetizza 38 molecole di ATP se compie la
mitocondriale interna. respirazione; 2 se compie la fermentazione.
La chemiosmosi accoppia l’energia liberata L’alto rendimento della respirazione è legato sia
durata il trasporto di elettroni nella catena dalla all’ossidazione totale dei composti organici sia
di atp, tramite la creazione di un gradiente al rilascio di piccole quantità di energia in
elettrochimico di H+. numerose tappe successive.

• solo in presenza di ossigeno I gruppi fosfato passano da una molecola


• all’interno dei mitocondri (nella all’altra tramite enzimi.
membrana interna spostano ione H)
• si forma ambiente di concentrazione dei
protoni
• l’ultimo nella catena di trasporto degli
elettroni è l’ossigeno
• passano attraverso al complesso proteico
chiamato ATP sintasi
Chemiosmosi

Le tre fasi della respirazione cellulare:


Il ricavo di energia a partire dal glucosio mediante a
respirazione cellulare.
È una funzione cumulativa di tre stadi metabolici:
1. glicolisi;
2. ossidazione del piruvato e ciclo dell’acido citrico;
3. catena di trasporto deli elettroni e fosforilazione
ossidativa.

La glicolisi e l’ossidazione del piruvato, seguite dal


ciclo dell’acido citrico sono le vie cataboliche che
decompongono il glucosio e altri combustibili. La
glicolisi, che si verifica nel citosol, inizia il processo di
degradazione scindendo una molecola di glucosio in
due molecole di un composto detto piruvato. Negli
eucarioti il piruvato entra nel mitocondrio e viene ossidato formando un composto denominato acel
CoA che entra nel ciclo dell’acido citrico. A tal punto viene completata la degradazione del
glucosio a diossido di carbonio. (Nei procarioti questi processi avvengono nel citosol).
Alcune delle tappe della glicolisi e del ciclo dell’acido citrico sono reazioni redox in cui enzimi
detti deidrogenasi trasferiscono elettroni da substrati al NAD+ con formazione di NADH. Al
termine della catena gli elettroni sono combinati con l’ossigeno molecolare e con ioni idrogeno
(H+) a formare acqua. L’energia liberata a ogni tappa della catena viene depositata in una forma
utilizzabile dai mitocondri (o dalle cellule procariotiche) per sintetizzare ATP dall’ADP. Questa
modalità di sintesi dell’ATP viene detta fosforilazione ossidativa poiché utilizza l’energia delle
reazioni redox della catena di trasposto degli elettroni.
Nelle cellule eucariotiche la membrana mitocondriale interna è il sito del trasporti degli elettroni e
della chemiosmosi, i processi che nel loro insieme costituiscono la fosforilazione ossidativa.
Nei procarioti questi processi hanno luogo nella membrana citoplasmatica. La fosforilazione
ossidativa produce oltre il 90% dell’ATP generato attraverso la respirazione cellulare. Una quantità
minore di ATP si forma direttamente in alcune reazioni della glicolisi e del ciclo dell’acido citrico
attraverso un meccanismo detto fosforilazione a livello del substrato. Questa modalità di sintesi
dell’ATP si verifica quando un enzima trasferisce un gruppo fosfato da una molecola di substrato
direttamente all’ADP anziché aggiungere a questo un fosfato inorganico attraverso la fosforilazione
ossidativa. Per ogni molecola di glucosio degradata a diossido di carbonio e acqua attraverso la
respirazione cellulare la cellula produce circa 32 molecole di ATP.

Nella glicolisi (= “decomposizione dello zucchero”) il glucosio viene decomposto in due molecole
di zuccheri a tre atomi di carbonio; queste molecole più piccole sono quindi ossidate e i loro atomi
predisposti a formare due molecole di piruvato.
Alla fine, tutti gli atomi di carbonio originariamente presenti in una molecola di glucosio si
ritrovano nelle due molecole di piruvato. La glicolisi avviene in presenza o in assenza di ossigeno,
comunque se l’ossigeno è presente l’energia chimica depositata nel piruvato e nel NADH potrà
essere successivamente estratta attraverso l’ossidazione del piruvato, il ciclo dell’acido citrico e la
fosforilazione ossidativa.

La glicolisi libera meno di un quarto dell’energia chimica depositata in una molecola di glucosio
che può essere sfruttata dalle cellule; la maggior parte di questa energia rimane nelle due molecole
di piruvato. Quando l’ossigeno è presente nelle cellule eucariotiche il piruvato penetra all’interno
del mitocondrio dove è completata l’ossidazione del glucosio. Nelle cellule procariotiche che
respirano aerobicamente questo processo avviene nel citosol.

Dopo essere entrato nel mitocondrio mediante trasporto attivo il piruvato viene prima trasformato in
un composto detto aceticoenzima A (acetila CoA).
Il ciclo genera 1 ATP a ogni giro attraverso un meccanismo di sforilazione a livello del substrato; il
ciclo dell’acido citrico consta di 8 tappe.

La chemiosmosi
la membrana interna del mitocondrio o la membrana citoplasmatica delle cellule procariotiche è
cosparsa di molte copie di un complesso proteico detto ATP sintasi, l’enzima responsabile
dell’effettiva sintesi dell’ATP da ADP e fosfato inorganico. Nella respirazione cellulare l’ATP
sintasi utilizza l’energia di un gradiente ionico preesistente per alimentare la sintesi dell’ATP.
Questo processo in cui ‘energia depositata sotto forma di gradiente di ioni idrogeno a due lati di una
membrana viene utilizzata per alimentare lavoro cellulare come la sintesi dell’ATP, viene detto
chemiosmosi.
In termini generali la chemiosmosi è un meccanismo di accoppiamento energetico che utilizza
l’energia depositata sotto forma di gradiente di ioni H+ ai due lati di una membrana per compiere
lavoro cellulare.
Durante la respirazione la maggior parte dell’energia fluisce secondo la sequenza:
glucosio → NADH → catena di trasporto degli elettroni → forza protonomotrice → ATP.

Esistono due meccanismi generali attraverso cui certe cellule possono ossidare combustibili
organici e generare ATP in assenza di ossigeno: la respirazione anaerobia e la fermentazione. La
distinzione tra queste due vie è che la catena di trasporto degli elettroni è utilizzata nella
respirazione anaerobica ma non nella fermentazione.
La respirazione anaerobia si verifica in
certi organismi procarioti che vivono in
ambienti privi di ossigeno.

La fermentazione è un modo di
raccogliere energia chimica senza l’uso
di ossigeno né di una catena di trasporto
degli elettroni – in altre parole in
assenza di respirazione cellulare.
La glicolisi ossida il glucosio in due
molecole di piruvato e viene utilizzata
per la produzione netta di 2 molecole di
ATP mediamente fosforilazione a livello
del substrato indipendentemente dalla
presenza o meno dell’ossigeno. La
fermentazione è un’estensione della
glicolisi che permette una continua
produzione di ATP soltanto mediante
reazione di fosforilazione a livello del
substrato della glicolisi. Perché ciò
avvenga, occorre un rifornimento
sufficiente di NAD+. In assenza di un
meccanismo che permetta di riottenere
il NAD+ dal NADH, la glicolisi
consumerebbe rapidamente le riserve
cellulari di NAD+ riducendolo tutto a
NADH.
1. glicolisi Processo da GLUCOSIO (6 citosol Tramite
(comune a anaerobio. Costa atomi di C) a 2 fosforilazione a
fermentazione e di 10 passaggi; i molecole di livello di
respirazione) primi 5 (che PIRUVATO (3 substrato avviene
terminano con la atomi di C) una produzione
produzione della netta di 2
gliceraldeide 3- Parte dal glucosio e molecole di ATP
fosfato) sono si hanno due per molecola di
endoergonici, gli molecole di acido glucosio ( + 2
ultimi 5 sono piruvico (nella NADH, nella
esoergonici. respirazione si fermentazione
Gruppi acetilici ottengono anche non è utilizzabile
vengono legati ad due molecole di per produrre
un acido a 4 C (ac. NADH) ATP).
Ossalacetico) e
quindi ossidati a
CO2, con
riduzione di
NAD+ e FAD

2. Ciclo di : avviene solo in da ACETIL-CoA matrice Tramite


Krebs (o presenza di (derivato del mitocondriale fosforilazione a
dell’acido citrico, ossigeno perché Piruvato con livello di
o degli acidi altrimenti l’acido perdita di CO2 substrato
tricarbossilici) piruvico non entra durante il vengono prodotte
nei mitocondri. passaggio dal 2 molecole di
citosol al ATP per
mitocondrio) a 2 molecola di
CO2 glucosio (+ 8
Si forma acetil NADH e 2 di
coeanzima A e FADH2 )
anidride carbonica
come prodotto di
scarto (si ottengono
2 molecole di atp, 8
di NADH e 2 di
FADH₂ che
possono poi essere
convertite in ATP).

3. Catena di Gli e- derivati dai Gli agenti sono membrana Tramite


Trasporto degli due processi proteine e ossigeno mitocondriale fosforilazione
elettroni e precedenti e i prodotti sono interna ossidativa viene
fosforilazione vengono acqua e ATP. generato il 90%
ossidativa combinati a H+ e dell’ATP
O2 a dare H2O prodotto nella
respirazione
(circa 34 ATP), a
partire dal
NADH e FADH2
prodotti nelle due
fasi precedenti
Gli organismi detti anaerobi obbligati possono
realizzare soltanto la fermentazione o la
respirazione anaerobia. Questi organismi non
possono sopravvivere in presenza di ossigeno.

Catena di trasporto degli elettroni


Fermentazione

Ha una resa minore rispetto alla respirazione.


É un processo anaerobico che consiste in un’elaborazione delle molecole derivate da glucosio a
seguito della glicolisi. È effettuata dagli organismi anaerobi per brevi periodi in caso di carenza di
ossigeno. Il NaDH prodotto viene utilizzato per ridurre il privato in acido lattico ad alcol etilico
dopo la perdita di CO2. La resa netta di glucosio è di due molecole di ATP perché il NaDh viene
usato per ridurre i prodotti che derivano dalla glicolisi.

La fermentazione consiste nella glicolisi cui si aggiungono le reazioni che permettono di rigenerare
il NAD+ trasferendo elettroni dal NaDH al piruvato o a derivati di questo. Il NAD+ così rigenerato
può essere riutilizzato per ossidare lo zucchero attraverso la glicolisi, che assicura la resa netta di
due molecole di ATP mediante la fosforilazione a livello del substrato. Esistono molti tipi di
fermentazione che differiscono per il tipo di prodotto di rifiuto formato a partire dal piruvato. I due
tipi più comunemente sfruttati dagli esseri umani per la produzione alimentare e industriale sono la
fermentazione alcolica e la fermentazione lattica.
Organuli e malattie umane
Le più comuni malattie perossisomali sono:
la sindrome di Zellweger, dove il difetto risiede nel mancato trasporto (a causa di una mutata
proteina di membrana) degli enzimi perossisomali verso l’interno del perossisoma. Porta a morte
nell’infanzia.
L’adrenoleucodistrofia infantile. Il difetto risiede in una proteina di membrana e comporta il
mancato trasporto degli acidi grassi a catena lunga dal citosol verso l’interno dei perossisomi. Gli
acidi grassi si depositano nelle cellule. Nel cervello questo porta al danneggiamento delle guaine
mieliniche e conseguenti problemi nella trasmissione dei segnali nervosi.
le malattie lisosomiali comportano spesso l’accumulo di sostanze (soprattutto polisaccaridi e lipidi)
che in lisosomi efficienti vengono invece idrolizzati.
Nella malattia di Tay-Sachs (autosomica recessiva), il difetto in un particolare enzima, porta
all’accumulo di un particolare glicolipide nel tessuto nervoso. Il malato va incontro alla morte nei
primi mesi di vita.
Nella malattia di Pompe, il difetto in un enzima coinvolto nella scissione del glicogeno determina
una sofferenza nel fegato.

Ereditarietà materna (extranucleare) del DNA mitocondriale


Quando i mitocondri non funzionano la prima attività compromessa è la respirazione cellulare. I
mitocondri sono numerosi e necessari nei tessuti con grande richiesta energetica (tessuti muscolari e
nervosi).

Le malattie mitocondriali comportano prevalentemente deficienze del tessuto muscolare e /o


nervoso. Il DNA mitocondriale (mtDNA) umano comprende 37 geni di cui:
• 22 geni che codificano per tRNA;
• 2 geni che codificano per rRNA;
• 13 polipeptidi che fanno parte dei complessi respiratori coinvolti nella sintesi dell’ATP dipendente
dall’ossigeno. Altri 70 polipeptidi coinvolti nello stesso processo sono codificati da geni nucleari.

Le malattie mitocondriali sono dovute generalmente a difetti nei geni del DNA mitocondriale.
Poiché ogni mitocondrio contiene 2-10 copie di mtDNA, queste malattie si manifestano solo
quando la maggior parte di queste molecole di DNA contiene un particolare gene mutato. I
mitocondri si ereditano per linea materna, ma poiché possono esistere differenze fra il DNA di
mitocondri diversi presenti in uno stesso organismo, la malattia si manifesta solo quando il difetto è
diffuso nella maggior parte dei mitocondri.
Il citoscheletro
Il è un reticolo di fibre distribuite nell’intero
citoplasma. Anche le cellule batteriche
possiedono filamenti che formano una sorta
di citoscheletro costituito da proteine simili a
quelle eucariotiche, ma qui ci concentreremo
sugli eucarioti.
Il citoscheletro eucariotico svolge un ruolo di
fondamentale importanza nell’organizzazione
strutturale e funzionale delle diverse attività
cellulari, e risulta costituito da tre tipo di
strutture molecolari, ovvero i microtubuli, i
microfilamenti e i filamenti intermedi.
La funzione più evidente svolta dal
citoscheletro è quella di fornire un supporto
meccanico alla cellula, conferendole una
specifica forma che può essere mantenuta nel
tempo. Tale funzione risulta fondamentale nel
caso delle cellule animali, che sono
sprovviste di parete. La solidità e la
resistenza del citoscheletro dipendono dalla
particolare architettura che lo caratterizza. In
modo simile a una cupola, la struttura del
citoscheletro è resa stabile dal bilanciamento
tra forze opposte esercitate dalle sue varie
componenti. Il citoscheletro fornisce un
punto di ancoraggio ai vari organelli e
persino alle molecole enzimatiche del citosol. Tuttavia, tale struttura è caratterizzata da maggiore
dinamismo rispetto allo scheletro di un animale; infatti, a differenza di quest’ultimo, il citoscheletro
può essere rapidamente smantellato a livello di una determinata regine cellulare e ricostituito in
una nuova posizione, conferendo alla cellula una forma diversa.
Il citoscheletro è coinvolto anche nella motilità (capacità di movimento) di diversi tipi cellulari. Il
termine motilità cellulare comprende sia cambiamenti nella posizione della cellula sia movimenti di
alcune sue parti. In genere la motilità cellulare
richiede l’interazione tra il citoscheletro e alcune
molecole definite proteine motrici. (es: i vari
componenti del citoscheletro e le molecole
motrici operano insieme alle molecole della
membrana plasmatica per permettere all’intera
cellula di muoversi lungo fibre presenti al di fuori
della cellula stessa); all’interno della cellula le
vescicole citoplasmatiche e gli organelli
utilizzano i “piedi” della proteina motrice per
“camminare” verso le loro destinazioni lungo un
binario fornito dal citoscheletro. Attraverso questo
meccanismo le vescicole contenenti i
neurotrasmettitori migrano verso l’apice degli
assoni, le lunghe propaggini delle cellule nervose
che inviano tali molecole alle cellule nervose
contigue. Il citoscheletro modifica l’assetto della
membrana citoplasmatica curvandola verso l’interno per formare vacuoli alimentari o altre
vescicole fagocitiche).
Funzioni: Tutto il citosol è di natura proteica.
• supporto strutturale e mantenimento della forma
cellulare
• ancoraggio degli organuli o di molecole
enzimatiche
• mobilità cellulare (ed: movimento ciglia e
flagelli)
• serve per la contrazione cellulare
• direziona il movimento egli organuli cellulari
(es: vescicole)
• partecipa alla divisone cellulare, tramite l fuso
mitotico e la formazione dell’anello contrattile
che separa le due nuove cellule.

Il citoscheletro è formato da tre diversi tipi di strutture


fibrillari che lo formano: i microtubuli e i
microfilamenti rappresentano rispettivamente i
componenti del citoscheletro di dimensioni maggiori e minori, mentre i filamenti intermedi, come
suggerisce la loro denominazione, presentano un diametro intermedio rispetto agli altri due tipi di
strutture fibrillari citoscheletriche.

Tutte le cellule eucariotiche contengono microtubuli, strutture cilindriche cave costituite da


molecole di una proteina globulare definita tubulina. Ogni molecola di tubulina è un dimero
formato da due subunità polipeptidiche leggermente diverse tra loro, l’alfa tubulina e la beta-
tubulina. Il microtubulo aumenta la propria lunghezza grazie all’aggiunta di dimeri di tubulina a
livello delle sue estremità. Inoltre, la struttura dei microtubuli può scomporsi rapidamente e le unità
derivanti da tale evento possono essere riutilizzate per la formazione di altre strutture microtubulari
della cellula.
A causa dell’orientamento dei dimeri di tubulina, le due estremità di un microtubulo sono
leggermente diverse. Una delle due estremità accumula o rilascia dimeri di tubulina a una velocità
superiore risetto all’altra estremità, accrescendo o riducendo significativamente le proprie
dimensioni durante le attività cellulari; in virtù di tali proprietà questa porzione del microtubulo
viene definita estremità positiva, non soltanto perché a tale estremità vengono aggiunti monomeri
di tubulina, ma perché la velocità di aggiunta e di rilascio sono maggiori rispetto all’altra.

I microfilamenti
sono strutture cilindriche compatte e sottili. Sono definiti anche filamenti di actina dal momento che
sono costituiti da molecole della proteina globulare actina. Ogni microfilamento è formato da una
doppia catena intrecciata costituita da subunità di actina. Oltre a presentarsi come filamenti lineari, i
microfilamenti sono in grado di formare un reticolo tridimensionale quando certe proteine si legano
lungo un lato di tale filamento di actina, permettendo a un nuovo filamento di estendersi come un
braccio. Come i microtubuli sembra che i microfilamenti siano presenti in tutte le cellule
eucariotiche.
Contrariamente alla funzione di elemento resistente alla compressione svolte dal microtubulo, il
ruolo strutturale dei microfilamenti consiste nella resistenza tensione, ovvero alle forze di trazione. I
microfilamenti formano spesso un reticolo tridimensionale al di sotto della membrana
citoplasmatica (microfilamenti corticali) contribuendo al mantenimento della forma cellulare. Tale
reticolo proteico forma lo strato citoplasmatico più esterno della cellula, definito cortex,
caratterizzato da una consistenza semisolida di gel; diversamente la parte più interna del citoplasma
presenta uno strato fluido (sol). In alcuni tipo di cellule animali, come le cellule dell’epitelio
intestinale, fasci di microfilamenti compongono la parte centrale dei microvilli, delicate proiezioni
cellulari che incrementano la superficie cellulare.
I microfilamenti sono ben noti per il loro ruolo nella motilità cellulare. Migliaia di filamenti di
actina e filamenti di maggior spessore costituiti da una proteina chiamata miosina interagiscono per
determinare la contrazione delle cellule muscolari. Nell’eucariote unicellulare amoeba e in alcuni
nostri globuli bianchi le contrazioni localizzate dovuti ad actina e miosina sono implicate nel
movimento ameboide (strisciante) delle cellule. La cellula striscia lungo una superficie distendendo
estensioni cellulari chiamate pseudopodi e spostandosi verso esse, Nelle cellule vegetali le
interazioni tra actina e miosina contribuiscono alla formazione del flusso citoplasmatico un
movimento circolare del citoplasma all’interno della cellula. Questo movimento particolarmente
frequente nelle cellule vegetali delle piante di grandi dimensioni contribuisce alla distribuzione di
materiali all’interno della cellula.

Filamenti intermedi
Il termine filamenti intermedi deriva dalle dimensioni di tali strutture rispetto a quelle dei
microtubuli e dei microfilamenti. A differenza dei microtubuli e dei microfilamenti che si trovano in
tutte le cellule eucariotiche i filamenti intermedi si trovano solo nelle cellule di alcuni animali
compresi i vertebrati. I filamenti intermedi specializzati nella resistenza alla tensione (come i
microfilamenti). Rappresentano una classe distinta di elementi del citoscheletro. Ciascuna tipologia
di filamento intermedio è costituita da differenti subunità molecolari appartenenti a una famiglia di
proteine che comprende le cheratine. Diversamente, microtubuli e microfilamenti presentano un
diametro costante e la medesima composizione molecolare in tutte le cellule eucariotiche.
I filamenti intermedi sono caratterizzati da una maggiore stabilità rispetto a microfilamenti e
microtubuli che vanno incontro a smantellamento della loro struttura e a ricostituzione della stessa
in parti diverse della cellula. Il reticolo costituito dai filamenti intermedi persiste anche dopo la
morte della cellula (es: lo strato più esterno dell’epidermide consiste di cellule morte ricche di
filamenti di cheratina). I trattamenti chimici che rimuovono i microfilamenti e i microtubuli dal
citoplasma di cellule vive lasciano inalterato il reticolo costituito dai filamenti intermedi,
mantenendo la forma cellulare originaria.) I filamenti intermedi quindi sono robusti e che svolgono
un ruolo fondamentale nel mantenimento della forma cellulare nella stabilizzazione della posizione
di alcuni organelli (es: il nucleo è di regola alloggiato in una tasca generata dai filamenti intermedi e
stabilizzata in quella specifica posizione da fasci di filamenti che si estendono verso il citoplasma).
Altri filamenti intermedi formano la lamina nucleare che circonda la parte interna dell’involucro
nucleare. Sostenendo la forma di una cellula i filamenti intermedi aiutano la stessa a eseguire la
propria funzione specifica (es: alcuni filamenti intermedi stabilizzano i microfilamenti sostenendo i
microvilli intestinali). Pertanto, è lecito affermare l’insieme dei vari tipi di filamenti intermedi possa
costituire la struttura permanente dell’intera cellula.
Quindi:
È composto da tre componenti:

1. microfilamenti/filamento di actina 7nm (fatti dalla proteina


actina)
• sono fatti da monomeri di actine
• diametro 7nm
• G-actina monomero, F-actina polimero
• funzioni: mantenimento forma cellulare
• servono come componente che ostacola lo stiramento della cellula
(motilità actino mediata)
• favorisce il flusso del citosol (rimescolamento materiale) (motilità actino mediata)
• divisione cellulare (anello di strozzamento che separa le cellule)
• Il movimento dei fillopodi è dato dai filamenti di actina

2. filamento intermedio
diametro da 8nm a 12nm
• famiglia delle cheratine (cellule specializzate a fare cheratina – costituisce il citoscheletro)
• filamenti più stabili e si spezzano meno facilmente, servono a dare/mantenere forma
• formazione della lamina nucleare: scheletro del nucleo
• numerose proteine diverse della famiglia della cheratina (prodotta da cellule specializzate
dell’epidermide)

3. microtubuli 25nm
fatti da proteine che si chiamano tuboline
• sono strutture cave
• le pareti consistono di 13 colonne di molecole di
tubolina
diametro 25nm (di cui 15 cave)
ha una struttura variabile (si forma e si rompe
velocemente)
• formato da alfa-tubolina e beta-tubolina (le 13
colonne)
• funzioni:
mantenimento della forma cellulare (evita lo
schiacciamento cellulare)
• mobilità cellulare (costituiscono ciglia e flagelli)
• movimento dei cromosomi nel fuso mitotico
• movimento degli organuli dato dalle proteine
motrici.
• Sono presenti in tutte le cellule eucariote.
• Hanno un’estremità in cui il microtubulo si allunga
(estremità +) e una che si disgrega (estremità -).
L’energia per far allungare tubulo viene fornita
dall’ATP (adenosina trifosfato)

Microtubuli labili e stabili - I microtubuli finora


trattati sono soggetti a cicli di assemblaggio e di
frammentazione. Per tali motivi sono detti
“microtubuli labili”. Nella cellula sono presenti
anche “microtubuli stabili” che non vanno incontro a
processi di assemblaggio e frammentazione. Strutture stabili sono centrioli, ciglia e flagelli.

Veleni microtubuli. Alcune sostanze interferiscono con la polimerizzazione dei microtubuli. Colchicina,
vinblastina destabilizzano i microtubuli. Il taxolo stabilizza i microtubuli impedendone la
depolimerizzazione.
Centri di organizzazione dei microtubuli
(MTOC)
In microscopia elettronica appaiono come
aggregati di materiali elettrondensi, prive di
una struttura microtubulare preesistente, ma
spesso prossimi a particolari strutture
cellulari, come centrosomi, involucro
nucleare e membrana plasmatica. Nei
MTOC si trova un’altra tubulina (γ) che non
costituisce i microtubuli ma forma un anello
in stretta connessione con i microtubuli in
allungamento.
Struttura dei microtubuli
Motilità actino mediata
movimenti propulsivi (es: emissione di uno
pseudopodio) possono essere sostenuti dalla sola
polimerizzazione dell’actina.
Movimenti retrattivi (contrazione) prevedono
l’intervento di una proteina matrice della famiglia
delle miosine.
L’actina è molto concentrata nel cortax cellulare
(sottile strato citoplasmatico sottostante la membrana)
che appare soggetto a trasformazioni gel-sol. Nelle
cellule con marcata attività locomotiva le fibre
assumono caratteristiche formazioni ad X.
Nel movimento ameboide si alternano fasi propulsive
(emissione di uno pseudopode) di ancoraggio dello
pseudopode, di disancoraggio del corpo cellulare e di
retrazione.

Il centrosoma

Il centrosoma è il più importante MTOC


cellulare. I microtubuli si irradiano nel
citoplasma formando una rete dinamica di
filamenti microtubulari che presentano
l’estremità negativa infissa nel MTOC. Durante
la mitosi dal centrosoma (precedentemente
duplicato) derivano i microtubuli del fuso
mitotico. Nel centrosoma delle cellule animali è
presente una struttura costituita da microtubuli
stabili, denominata diplosoma in quanto
costituita da due centrioli disposti
ortogonalmente tra loro.
Trafficolvescicolare e proteine
motrici
Vescicole o organellli si spostano lungo
i microtuboli grazie a (microtubuline-
associated proteins [proteine motrici]) MAPs
appartenenti a due famiglie:
Dineine citoplasmatiche: mediano il
trasporto di vescicole o organelli verso
l’estremità negativa (MTOC)
Chinesine: mediano il trasporto di
vescicole o organelli verso l’estremità
positiva (dal MTOC alla periferia).
Sono coinvolte nella serparazione dei
cromatidi durante la mitosi.
I centrioli
fanno parte dei microtubuli stabili, la
formazione di quest’ultimi parte dai
centri di organizzazione microtubolare
(zone elettrodense in cui c’è accumulo
di tubolini).
I centrioli sono formati da 9 triplette di
microtubuli e si trova anche la tubolina
gamma.

Il numero di microtuboli è a struttura


9+2 cioè 9 coppie e 2 centrioli.

Centrosoma e centrioli
nelle cellule animali i microtubuli si
formano da un centrosoma, una
regione della cellula localizzata di
regola in prossimità del nucleo. Questi
microtubuli rappresentano i “pilastri”
del citoscheletro, grazie alla loro
capacità di opporsi alle forze di
compressione. All’interno dei
centrosomi si rinviene una coppia di
centrioli. Ciascuno formato da una
tripletta di microtubuli disposti ad
anello. Sebbene contribuiscano
all’assemblaggio dei microtubuli, i
centrosomi con i loro centrioli non sono
essenziali per la realizzazione di tale
fenomeno in tutti gli eucarioti; molte
altre cellule eucariotiche non
presentano centrosomi con centrioli e
pertanto organizzano i microtubuli in modo
diverso.
Ciglia e flagelli
I flagelli hanno un movimento ondulatorio e sono più lunghi
rispetto alle ciglia che hanno un movimento a “remo” e si
piegano di meno.

Negli eucarioti una particolare disposizione dei microtubuli


responsabile del movimento di particolari estroflessioni
cellulare definite flagelli e ciglia, estensioni contenenti
microtubuli che si proiettano dalla superficie di alcuni tipi di
cellule. Molti organismi eucariotici unicellulari si spostano in
acqua grazie al movimento di tali strutture che funzionano
come appendici di locomozione (alcuni tipi di spermatozoi
presentano flagelli). Le ciglia e i flagelli presenti sulla superficie di cellule che fanno parte di un
tessuto possono determinare lo spostamento di materiale fluido lungo la superficie del tessuto stesso
(ed: le prime vie aeree sono rivestite da un epitelio provvisto di ciglia che facilita l’allontanamento
dai polmoni delle particelle estranee intrappolate nel muco. Nel tratto riproduttivo della donna le
ciglia delle cellule che compongono l’epitelio dell’ovidutto
favoriscono il movimento della cellula uomo verso l’utero).
Di regola il numero delle ciglia vibratili presenti sulla
superficie cellulare è molto elevato. I flagelli sono normalmente
limitati a uno solo o a un numero ridotto per ogni cellula e sono
più lunghi delle ciglia. Flagelli e ciglia differiscono anche
relativamente alle modalità del loro movimento. Il flagello
effettua un movimento ondulatorio come la coda di un pesce.
Al contrario. le ciglia realizzano un movimento alternato che
sviluppa una forza in direzione perpendicolare rispetto all’asse
maggiore dell’appendice ciliare; come remi dell’equipaggio di una barca da regata.
Nella cellula il ciglio può agire anche come un’antenna in grado di ricevere specifici segnali. In
genere le ciglia che svolgono questa funzione non sono mobili e sono presenti singolarmente in
ogni cellula (questa tipologia di appendice è definita ciglio principale). Le proteine di membrana
di questo tipo di ciglia trasmettono all’interno della cellula segnali molecolari provenienti
dall’ambiente extracellulare, inducendo vie di segnalazione che determinano modificazioni
dell’attività cellulare. La segnalazione basata su ciglia sembra svolgere un ruolo fondamentale ai
fini della corretta funzionalità delle cellule celebrali e nell’ambito dello sviluppo embrionale.
Sebbene differiscano relativamente a lunghezza, numero e modalità di movimento, ciglia e flagelli
condividono una struttura comune. Sia le ciglia mobili sia flagelli possiedono un gruppo di
microtubuli circondati da un’estensione della membrana citoplasmatica. Nove coppie di microtubuli
sono disposte ad anello, con due microtubuli singoli al centro. Questa particolare disposizione,
indicata come “9+2” caratterizza la costituzione di tutti i flagelli e le ciglia mobili degli eucarioti
(Le ciglia non mobili principali presentano una configurazione 9+0 poiché manca la coppia di
microtubuli centrali).
La struttura dei microtubuli di ciglia e flagelli è ancorata alla cellula mediante un corpo basale, una
formazione strutturalmente simile a un centriolo con triplette di microtubuli in una configurazione
“9+0”. In effetti in molti animali compreso l’uomo il coro basale del flagello dello spermatozoo
matura entra nella cellula uovo e successivamente diviene un centriolo.
Il ripiegamento coinvolge grandi proteine motrici chiamate dineine che sono attaccate al
microtubulo esterno di ciascuna coppia. Una dineina classica è caratterizzata da due “piedi” che
“camminano” lungo il microtubulo della coppia addicente utilizzando l’energia dell’ATP. Un piede
mantiene il contatto mentre ‘altro si libera e si riattacca nella posizione successiva lungo il
microtubulo. Le doppiette esterne e due microtubuli centrali sono mantenuti in contatto dalle
proteine di congiunzione flessibili e il movimenti di “camminata” è coordinato in modo che
avvenga su un lato del cerchio alla volta. Se le coppie non venissero mantenute in posizione la
“camminata” è coordinato in modo che avvenga su un lato del cerchio alla volta. Se le coppie non
venissero mantenute in posizione, la “camminata” le farebbe scorrere l’una accanto all’altra.
Viceversa, i movimenti dei piedi di dineina permettono ai microtubuli e all’intero organello di
piegarsi.
Assonema
parte dei flagelli e ciglia ed emerge dal
citoplasma, mentre il corpuscolo basale (o
bleuordolosto?) è la parte infissa nel citoplasma

Sezione
tangenziale di
un epitelio
ciliato
Movimento ciliare
Le coppie dei microtubuli si spostano l’una rispetto all’altra, grazie allo spostamento delle proteine
motrici.

I flagelli batterici hanno una struttura


completamente diversa da quelli eucariotici: negli
eucarioti il flagello fa un movimento circolatorio.
La matrice extracellulare
Comunicazione di tipo meccanico tra cellule diverse a seconda del tessuto considerato.

Integrine: proteine di membrana


Fibronectine: fibre di collagene (importanti per definire gli animali)

Le cellule animali si trovano spesso immerse in un’elaborata matrice extracellulare (ECM). I


principali componenti di tale matrice sono rappresentati da glicoproteine e da altre molecole
contenti carboidrati prodotte dalla cellula stessa (le glicoproteine sono molecole proteiche unite da
legami covalenti a carboidrati, costituiti di regola da brevi catene di zuccheri). La proteina presente
in maggiore quantità nella matrice extracellulare della maggior parte delle cellule animali è il
collagene, che forma fibre molto resistenti al di fuori delle cellule (il collagene rappresenta circa il
40% delle proteine presenti nel corpo umano). Le fibre di collagene sono immerse in un reticolo
formato da proteoglicani secreti dalle cellule. Una molecola di proteoglicano costa di una parte
proteina centrale alla quale sono legate numerose catene glucidiche in modo covalente; la porzione
glucidica costituisce oltre il 95% dell’intera molecola del proteoglicano. Quando centinaia di
molecole di proteoglicano si associano mediante legami non covalenti a una singola e lunga
molecola polisaccaridica si formano estesi complessi strutturali composti da proteoglicani. Alcune
cellule aderiscono alla matrice extracellulare grazie ad altri tipi di glicoproteine della ECM (es: la
molecola proteica definita fibronectina e altre molecole della ECM si legano a recettori proteici di
superficie, denominati integrine che sono inclusi nella struttura della membrana cellulare. Le
integrine attraverso completamente la membrana e in corrispondenza del versante citoplasmatico di
quest’ultima si legano ai microfilamenti del citoscheletro. L’impiego del termine integrine per
indicare questo tipo di recettori deriva dal verbo integrare che riflette la funzione esercitata da tali
molecole; in particolare le integrine occupano una posizione ottimale ai fini dello svolgimento del
loro ruolo che consiste nell’integrazione tra i cambiamenti che si realizzano negli ambienti
intracellulare ed extracellulare attraverso la trasmissione di segnali tra ECM e citoscheletro.
Attraverso la comunicazione con una determinata cellula per mezzo delle intregrine, l’ECM può
regolare il comportamento di tale cellula (es: alcune cellule durante lo sviluppo embrionale migrano
seguendo specifiche traiettorie risultanti dall’orientamento dei loro microfilamenti rispetto alle fibre
della matrice extracellulare). Probabilmente le informazioni sulla ECM raggiungono il nucleo
mediante una combinazione di vie di segnalazione meccaniche e chimiche. La segnalazione
meccanica coinvolge la fibronectina, le integrine e i microfilamenti del citoscheletro. I cambiamenti
a carico del citoscheletro possono a loro volta indurre segnali di tipo chimico all’interno della
cellula; questi ultimi sono in grado di alterare la funzionalità cellulare, determinando modificazioni
a carico della sintesi proteica. In questo modo la matrice extracellulare di un particolare tessuto
contribuisce a coordinare il comportamento di tutte le cellule all’interno di quel tessuto.
Struttura delle fibre di collagene
molto grandi e complesse diverso tipo di collagene nei
diversi tessuti (da valore e compattezza ai tessuti
connettivi)
Fibra formata da microfibrille di glicoproteine. Molto
resistente alla deformazione meccanica.
proteoglicani
I sistemi di adesione intercellulare
o punti citoplasmatici
Le giunzioni cellulari
Le cellule di organismi animali e vegetali si organizzano in
tessuti, organi e sistemi di organi. Spesso le cellule vicine
aderiscono, interagiscono e comunicano fra loro attraverso
siti di contatto fisico diretto.

Giunzioni occludenti (tight junctions)


unire membrane in modo che il materiale assorbito
dall’epitelio deve passare dalla cellula e non passi negli spazi
intercellulari → sistema di controllo

Giunzioni comunicanti o serrate (gap junctions)


zone in cui c’è una certa continuità fra il citoplasma di
cellule adiacenti presenti in, per esempio, cellule contrattili.

.
DESMOSOMI
fatti prevalentemente da cheratina. Fili di cheratina
attrasano cellula e si attaccano a desmosomi

Le giunzioni occudenti, i desmosomi e le giunzioni


comunicanti nelle cellule animali.
Negli animali esistono 3 tipo principlai di giunzioni
cellulari: ***. Le giunzioni comunicanti sono molto
simili ai plasmodesmi preesenti nelle piante,
nonostante i canali delle giunzioni comunicanti non
siano allineati con la membrana). Il riscontro di tutti
e tre i tipi di giunzioni cellulari è particolarmente
comune nei tessuti epiteliali che rivestono le superfici
interne ed esterne del corpo.

NESSUNO DEI COMPONENTI CELLULARI è IN


GRADO DI FUNZIONARE DA SOLO.
È èpssibile affermare che le diverse funzioni cellulari
sono il risultato di una precisa organizzazione che
rende la cellula un’unità vivente più complessa
drispetto alla somma delle sue singole parti.
I plasmodesmi delle cellule vegetali

La parete cellulare è una struttura extracellulare caratteristica e specifica delle cellule vegetali, che
le contraddistingue da quelle animali. La parete protegge la cellula vegetale mantenendo la sua
tipica forma e impedendo un eccessivo ingresso di acqua dall’ambiente extracellulare. Inoltre, le
robuste pareti di cellule specializzate aiutano intera pianta a mantenere la propria posizione e a
opporsi alla forza di gravità. Anche i procarioti, i funghi e alcuni eucarioti unicellulari possiedono
una parete cellulare.
Lo spessore della parete di una cellula vegetale è notevolmente superiore rispetto a quello del
plasmalemma variando da 0,1 a vari micrometri. Sebbene la struttura di base sia sostanzialmente
sempre analoga, la composizione chimica della parete cambia nelle diverse specie vegetali e persino
nelle varie tipologie cellulari della stessa pianta. Le microfibrille costituite dal polisaccaride
cellulosa vengono sintetizzate da un enzima denominato cellulosa sintasi e secrete nello spazio
extracellulare, sede in cui vengono intrappolate in una matrice costituita da altri polisaccaridi e
proteine. Questa combinazione di materiali, robuste fibre immerse in una “sostanza base” (matrice)
presenta un’architettura analoga alla struttura rilevabile nel cemento armato e nella fibra di vetro.
In una giovane pianta si secerne una parete relativamente sottile e flessibile definita parete
cellulare primaria. Tra le pareti primarie di cellule adiacenti si rinviene la lamella mediana, uno
strato sottile ricco di polisaccaridi denominati pectine, che consente la stretta adesione tra cellule
adiacenti (la pectina viene impiegata come agente addensante nelle marmellate e nele gelatine
alimentari). La struttura della parete cellulare si consolida allorché la cellula vegetale completa la
propria crescita giungendo a maturazione. Alcune cellule realizzano questo processo semplicemente
sintetizzando sostanze indurenti che si depositano nella parete primaria. Diversamente altri tipi di
cellule producono una parete cellulare secondaria tra la membrana citoplasmatica e la parete
primaria. La parete secondaria, spesso costituita dalla sovrapposizione di molti strati, conviene una
matrice resistente e stabile che garantisce protezione e sostegno (le cellule del legno consistono
essenzialmente di una parete secondaria). Di solito le pareti delle cellule vegetali sono ricche di
canali tra cellule adiacenti definiti plasmodesmi.
Nei tessuti vegetali mettono in comunicazione il citoplasma di una cellula con quello di quelle
adiacenti.
La parete delle piante è perforata →giunzioni comunicanti (3 negli animali)
Le pareti di cellule vegetali non viventi sono attraversate da plasmodesmi, canali che collegano le
cellule. Il citosol passa attraverso i plasmodesmi collegando gli ambienti chimici interni di cellule
adiacenti. Queste connessioni riuniscono la maggior parte della pianta in un continuum di materiale
vivente. Le membrane citoplasmatiche di cellule adiacenti risultano connesse attraverso i rispettivi
plasmodesmi formando una successione di unità in comunicazione fra loro. Molecole di acqua e
piccoli soluti transitano liberamente da una cellula all’altra e recenti esperimenti dimostrano che lo
stesso evento di verifica per alcune proteine e molecole di RNA in circostanze specifiche.
Le macromolecole trasportate nelle cellule contigue sembrano raggiungere i plasmodesmi
muovendosi lungo le strutture fibrose del citoscheletro.

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