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CORSO DI CHIMICA E BIOCHIMICA


PRIMA FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA - CLUPS DIETISTA; INFERMIERE; TECNICO DI LABORATORIO
SAPIENZA UNIVERSITA' DI ROMA

LA CELLULA
Tutti gli organismi viventi sono costituiti da cellule, le piu' piccole strutture capaci di vita autonoma. Gli organismi unicellulari, come
dice il nome sono costituiti da un'unica cellula; gli organismi pluricellulari da moltissime cellule unite tra loro o separate dalla sostanza
intercellulare.
Le cellule sono in genere troppo piccole per essere visibili ad occhio nudo, ma possono essere osservate mediante il microscopio ottico
o elettronico. Sono inoltre alquanto trasparenti e non e' facile distinguerle dal mezzo liquido nel quale in genere sono immerse; per
facilitarne l'osservazione vengono in genere trattate con coloranti selettivi, assorbiti da alcuni (ma in genere non da tutti) i loro componenti.
Una cellula ha l'aspetto di un ovoide piu' o meno deformato e puo' presentare alla superficie spicole o prolungamenti. Il diametro di una
cellula e' variabile, da circa 1 micrometro (per i piu' piccoli procarioti) a oltre 100 micrometri (0,1 mm, per gli eucarioti). La struttura piu'
esterna, che delimita la cellula, e' la membrana plasmatica o cellulare, costituita da un doppio strato fosfolipidico nel quale sono immerse o
sul quale aderiscono le proteine di membrana; il rapporto tra proteine e lipidi varia nelle diverse membrane e nelle diverse cellule tra 1:1 e
1:10. In molti casi la membrana cellulare e' ulteriormente rivestita da polisaccaridi o mucopolisaccaridi legati alle proteine di membrana.
La membrana forma una struttura chiusa e trattiene al suo interno una soluzione di acqua, sali e proteine chiamata citoplasma. Alcune
cellule contengono al loro interno strutture visibili al microscopio ottico o elettronico immerse nel citoplasma: gli organelli.

I DIVERSI TIPI DI CELLULE: ARCHEA, PROCARIOTI, EUCARIOTI


Gli organismi costituiti da un'unica cellula (organismi unicellulari) possono appartenere a tre regni: i batteri, gli archea e gli eucarioti
(miceti, protozoi). Negli organismi costituiti da molte cellule, queste sono sempre eucariotiche (cioe' gli organismi multicellulari, visibili ad
occhio nudo, sono sempre e soltanto eucarioti). Inoltre le cellule che costituiscono un organismo pluricellulare sono differenziate: esse cioe'
appartengono a molti tipi diversi tra loro. Esistono alcune apparenti eccezioni a questa regola in quanto i procarioti possono presentarsi in
colonie, gruppi di cellule adese tra loro; manca pero' in questi casi una differenziazione tra le cellule costituenti, che risultano tutte uguali tra
loro.

STRUTTURA DELLA CELLULA PROCARIOTICA (O DI ARCHEON)


Le cellule piu' semplici sono quelle chiamate procariotiche, nelle quali la membrana riveste un citoplasma essenzialmente omogeneo.
All'interno della cellula, dispersi nel citoplasma ma non separati da membrane interne, sono presenti un unico cromosoma composto da un
doppio filamento circolare di DNA e i mitocondri, oltre naturalmente ad un ricco patrimonio di enzimi e di molti soluti a basso peso
molecolare.
La cellula procariotica, a differenza di quella eucariotica, non contiene ne' organelli rivestiti da membrane, ne' sistemi di membrane
interne, ma talvolta presenta invaginazioni anche estese della membrana esterna. Possiede invece i ribosomi, gli organelli non rivestiti da
membrana fosfolipidica necessari alla biosintesi delle proteine.
La membrana e' spesso rivestita da uno strato macromolecolare compatto (capsula).

STRUTTURA DELLA CELLULA EUCARIOTICA: GLI ORGANELLI.


La cellula eucariotica e' rivestita dalla MEMBRANA CITOPLASMATICA, composta da fosfolipidi e proteine e a sua volta ricoperta, in
molti tipi cellulari da uno strato di polisaccaridi ancorati alle proteine di membrana (glicocalice).
All'interno si trovano il NUCLEO rivestito dalla membrana nucleare e contenente i cromosomi (cioe' il materiale genetico della cellula,
costituito da DNA) e il CITOPLASMA, soluzione acquosa di proteine e piccole molecole.
Nel citoplasma sono immersi gli ORGANELLI, cosi' classificati:
a) non rivestiti da membrane fosfolipidiche:
RIBOSOMI: sede della sintesi proteica
CENTRIOLI: necessari al processo della duplicazione cellulare (mitosi e meiosi)
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MICROTUBULI: di tubulina, costituiscono il citoscheletro
b) rivestiti da una membrana fosfolipidica
VACUOLI: in genere connessi ai processi di esocitosi ed endocitosi
LISOSOMI: contengono enzimi idrolitici
RETICOLO ENDOPLASMICO LISCIO
RETICOLO ENDOPLASMICO RUGOSO
APPARATO DI GOLGI
PEROSSISOMI: contengono enzimi ad attivita' perossidasica
c) rivestiti da una doppia membrana fosfolipidica
MITOCONDRI: sede del ciclo di Krebs e della fosforilazione ossidativa
CLOROPLASTI: solo nelle cellule vegetali, sede della fotosintesi

IL NUCLEO ED IL MATERIALE GENETICO DELLA CELLULA.


Il materiale genetico di tutte le cellule, procariotiche, archea ed eucarioti, e' costituito da DNA e viene chiamato GENOMA di quella
cellula. Anche in alcuni virus il materiale genetico e' costituito da DNA, ma in altri virus esso e' invece costituito da RNA.
Nei procarioti e negli archea il GENOMA e' un unico doppio filamento appaiato di DNA, di solito che si chiude su se stesso come un
anello ed e' chiamato CROMOSOMA. Poiche' questi microorganismi unicellulari non possiedono il nucleo, il cromosoma e' immerso nel
citoplasma. Sul cromosoma, che e' costituito da alcuni milioni di nucleotidi, si allineano le sequenze nucleotidiche che codificano le
proteine (alcune migliaia), separate da tratti di sequenze non codificanti. I tratti di DNA codificante sono chiamati GENI e possono trovarsi
alternativamente sull'uno o sull'altro dei due filamenti che costituiscono il cromosoma. Ogni gene specifica la sequenza di una o piu'
proteine, secondo le regole del CODICE GENETICO (descritto nelle lezioni di Biochimica 2) e viene trascritto in mRNA dalla RNA-
polimerasi; lo mRNA puo' poi essere tradotto in proteina dal ribosoma. Di molte proteine sono note delle varianti genetiche che spiegano la
variabilita' degli individui nell'ambito della stessa specie (ad esempio spiegano perche' un batterio e' resistente ad un antibiotico mentre un
altro della stessa specie e' sensibile; oppure perche' un bambino ha gli occhi chiari e un altro il ha scuri). Le varianti sono codificate a livello
del genoma e sono quindi chiamate varianti geniche o ALLELI.
Negli eucarioti, a differenza dei procarioti, il genoma e' suddiviso in vari doppi filamenti, lineari anziche' circolari, ciascuno dei quali
viene chiamato un CROMOSOMA. Molti eucarioti hanno, almeno in alcune fasi del loro ciclo vitale, dei cicli di replicazione SESSUALE,
nei quali due cellule, una maschile ed una femminile (i GAMETI) si fondono per generare una sola cellula figlia (lo ZIGOTE o uoo
fecondato). La fusione dei gameti comporta un raddoppio del patrimonio genetico della cellula: si dice quindi che i gameti sono APLOIDI,
mentre lo zigote e le cellule da esso derivate sono DIPLOIDI. Nel nucleo delle cellule dell'uomo sono contenute 23 coppie di cromosomi,
delle quali 22 sono chiamate coppie AUTOSOMICHE, mentre una e' chiamata coppia SESSUALE e determina il sesso dell'individuo.

LA REPLICAZIONE CELLULARE (MITOSI).


Nella replicazione cellulare (sia per le cellule procariotiche che per quelle eucariotiche) si ha dapprima duplicazione del DNA grazie
all'attivita' della DNA polimerasi (descritta nelle lezioni di Biochimica 2) e poi divisione della cellula madre (cariocinesi) per ottenere due
cellule figlie, piu' piccole ma contenenti ciascuna l'intero patrimonio genetico (DNA) della cellula madre. Le cellule figlie si accrescono
assorbendo nutrienti dall'ambiente. I nutrienti sono utilizzati sia a scopo di produzione di energia (catabolismo) sia a scopo di neosintesi di
macromolecole biologiche (proteine, zuccheri, lipidi, acidi nucleici): infatti soltanto il DNA puo' essere duplicato, tutte le altre
macromolecole vengono risintetizzate ex novo. Quando le cellule figlie hanno raggiunto dimensioni adeguate vanno incontro ad una nuova
duplicazione del DNA ed a una nuova cariocinesi e il ciclo cellulare ricomincia. Uno schema semplificato della mitosi, per una ipotetica
cellula eucariotica diploide con una sola coppia di cromosomi e' il seguente:

In questa figura il cromosoma di origine paterna e' rappresentato in grigio e quello di origine materna in bianco; la cellula e' diploide perche'
i due cromosomi sono omologhi e contengono gli stessi geni ma non le stesse varianti alleliche di ciascuno.

LA REPLICAZIONE DEGLI ORGANISMI SUPERIORI

MEIOSI
La meiosi e' il processo nel quale negli organi sessuali di un organismo DIPLOIDE vengono generati GAMETI APLOIDI tali che,
incontrandosi nella fecondazione con quelli prodotti da un organismo di sesso opposto, producano uno ZIGOTE DIPLOIDE. In assenza di
questo processo la riproduzione sessuale sarebbe impossibile perche' causerebbe il raddoppiarsi del numero di cromosomi ad ogni
generazione.
In pratica la meiosi e' una sequenza di due divisioni cellulari precedute da un solo evento di duplicazione del DNA, come schematizzato
nella figura seguente:

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FECONDAZIONE
La fecondazione e' il processo nel quale due gameti aploidi, uno femminile (ovocita, macrogamete) e uno maschile (spermatozoo,
microgamete) si fondono per dare origine ad uno zigote, diploide. Dallo zigote originano per mitosi successive tutte le cellule
dell'organismo, che sono quindi tutte diploidi e possiedono ciascuna una intera copia del genoma dell'individuo.

EMBRIOGENESI E ORGANOGENESI

I VIRUS
I virus sono parassiti cellulari obbligati e non sono capaci di vita autonoma. Hanno una organizzazione molecolare estremamente
semplificata, che si riduce ad una molecola di un acido nucleico (DNA o RNA) che porta l'informazione genica necessaria alla loro
replicazione, e a poche proteine che la rivestono o che svolgono alcune funzioni enzimatiche. I virus non posseggono nessuno dei sistemi
enzimatici necessari al metabolismo: ne' quelli deputati alla produzione dell'energia, ne' quelli deputati alla biosintesi delle macromolecole.
I virus parassitano le cellule eucariotiche introducendosi nel loro citoplasma e sfruttandone gli apparati della biosintesi proteica e della
replicazione per la propria riproduzione; esistono microorganismi assolutamente analoghi e denominati batteriofagi (o piu' semplicemente
fagi) specializzati nel parassitare le cellule procariotiche anziche' quelle eucariotiche.
In quanto parassiti cellulari i virus causano in genere la morte della cellula parassitata e dunque malattie nell'organismo che li ospita;
allo stesso modo i batteriofagi in genere uccidono la cellula procariotica da loro parassitata. Esempi di malattie umane causate da virus sono
l'influenza, il morbillo, la parotite epidemica, la rabbia, etc.
Classificati rispetto al loro materiale genetico i virus possono essere:
a singolo filamento di DNA
a doppio filamento di DNA
a singolo filamento di RNA

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a doppio filamento di RNA
Gli ultimi due tipi non possono essere duplicati dalle RNA polimerasi della cellula che usano DNA come stampo e richiedono enzimi virali
specifici.

Nel caso dei virus il cui materiale genetico e' costituito da DNA questo si trasferisce spontaneamente dal citoplasma, sede dell'infezione
virale, al nucleo della cellula. In questa sede si trovano sia la DNA polimerasi che puo' duplicare il genoma virale formandone molte copie,
sia la RNA polimerasi che puo' trascrivere i geni virali in mRNA il quale raggiunge il citoplasma e viene tradotto in proteine virali. I
genomi virali neoformati e le proteine del capsied si uniscono tra loro formando nuove particelle virali infettanti che vengono rilasciate (di
solito in seguito alla morte della cellula invasa dai virus (ciclo lisogeno).
In alternativa puo' accadere che il DNA virale si inserisca in mezzo a quello della cellula ospite e rimanga silente, riprodotto ad ogni
replicazione cellulare (ciclo lisogenico). Questa condizione e' instabile ed il virus puo' risvegliarsi in qualunque momento dal ciclo
lisogenico e riprendere il ciclo lisogeno.

I virus a RNA non sono duplicati dagli enzimi cellulare e devono codificare per una loro propria replicasi. In genere questo enzima e'
una RNA polimerasi RNA dipendente, capace di sintetizzare un filamento di RNA utilizzando come stampo il filamento complementare di
RNA. Il materiale genetico di questi virus non raggiunge il nucleo della cellula infetta ma la replicazione avviene nel citoplasma; inoltre il
genoma virale stesso ha le funzioni di uno mRNA e puo' essere direttamente tradotto in proteine dai ribosomi. Una piccola complicazione si
ha per i virus a singolo filamento di RNA: in questi il genoma puo' essere il filamento cosiddetto + (piu') che puo' essere tradotto in proteine
dai ribosomi cellulari o il filamento - (meno) che non porta geni utilizzabili per la traduzione e deve prima essere copiato dalla RNA
polimerasi per generare il filamento +.
Insieme alla RNA polimerasi RNA dipendente o in aggiunta ad essa, alcuni virus (cosiddetti "retrovirus") possiedono un enzima
peculiare, la trascrittasi inversa. Questo enzima e' una DNA polimerasi RNA dipendente e puo' usare il genoma virale di RNA come stampo
per sintetizzare un filamento complementare di DNA che puo' poi integrarsi nel genoma cellulare. Tra i virus a RNA solo i retrovirus
possono, grazie alla trascrittasi inversa, entrare in un ciclo lisogenico come i virus a DNA.

MICROORGANISMI E MALATTIE

L'EVOLUZIONE

NECESSITA' DI UNA TEORIA EVOLUZIONISTICA


Varie osservazioni suggeriscono che gli organismi viventi hanno una costituzione molto simile tra loro:
1) La loro composizione biochimica e' identica nelle sue linee essenziali: proteine, lipidi, glicidi, acidi nucleici sono costituiti dagli stessi
monomeri, uguali fino ai minimi dettagli (ad es. gli aminoacidi proteici sono sempre gli stessi 20 e sono tutti isomeri L, eccetto la glicina;
tutti gli zuccheri sono isomeri D, eccetto l'L-fucosio; etc.).
2) Gli organismi anche diversi tendono ad assomigliarsi tra loro nella forma e nella struttura, in misura maggiore o minore: un cane e' simile
ad un gatto ed ha molte caratteristiche in comune con un delfino o con un tonno. In molti casi queste similitudini sono raggruppabili in
gruppi o famiglie i cui membri sono similissimi: ad esempio i legumi si assumigliano tra loro e cosi' anche gli agrumi; ma poi i legumi non
assomigliano tanto agli agrumi.
3) Con grande frequenza gli organismi simili nella forma condividono anche modi di vita, necessita' nutrizionali, etc. Ad esempio gli
animali sono o erbivori o carnivori (o entrambe le cose); nessun animale e' autotrofo o capace di nutrirsi con sostanze inorganiche.

Una ipotesi sostenuta precocemente per spiegare queste osservazioni e' che gli organismi viventi abbiano avuto una origine comune e si
siano differenziati in seguito: si siano cioe' EVOLUTI. Molti dati possono essere citati in sostegno di questa ipotesi:
1) Gli organismi cambiano e possono differenziarsi anche abbastanza in fretta nel corso di generazioni successive: ad esempio gli allevatori
possono mediante il controllo degli incroci differenziare e selezionare razze di animali o di piante in tempi relativamente brevi (poche
generazioni); oppure i batteri che causano una infezione possono acquisire improvvisamente la resistenza ad un antibiotico in precedenza
efficace.
2) I paleontologi hanno trovato scheletri di animali preistorici diversi da quelli degli animali attuali e ciononostante simili ad essi: questo
suggerisce che specie vecchie siano scomparse, sostituite da specie nuove simili ad esse o da esse derivate.

La teoria opposta all'EVOLUZIONISMO e' il FISSISMO: questa sostiene che le specie animali siano state create una volta per tutte,
ciascuna indipendentemente dalle altre e siano rimaste sempre uguali a se stesse (fatte salve le estinzioni, scomparse non evolutive di specie
orignariamente presenti). Il fissismo ha dalla sua la coerenza con le Sacre Scritture (nella Bibbia la creazione dei viventi e' attribuita a Dio e
avviene esattamente nel modo descritto sopra), ma in pratica non ha nessun altro pregio ed e' una teoria abbandonata anche dalla Chiesa; di
conseguenza le ipotesi evoluzionistiche non hanno rivali e sono accettate in modo pressoche' universale (con la possibile eccezione -
variante delle teorie sul disegno intelligente).

TEORIE PRE-DARWINIANE
Anche i filosofi greci si erano posti il problema dell'evoluzionismo e lo avevano risolto ipotizzando che fattori climatici ed ambientali
causassero il differenziarsi degli animali in varie razze e specie; non avevano pero' ipotizzato l'unitarieta' di tutte le forme viventi. Nel XVIII
secolo le ipotesi evoluzionistiche furono formalizzate dai naturalisti francesi Buffon e, successivamente, Lamarck. Le teorie di questi due
autori si basavano essenzialmente su due premesse:
1) La suddivisione in specie, generi, etc. proposta dal naturalista svedese Linneo e' utile ma arbitraria: i viventi costituiscono un sistema
continuo e non c'e' barriera tra specie o gruppi che non possa essere superata nel corso delle generazioni. Pertanto una rana genererebbe
discendenti piu' progrediti, simili a rettili e le rane non sarebbero depauperate perche' per ogni discendente rettile ci sarebbe una coppia di
pesci che genererebbe un nuovo anfibio simile ad una rana. Soltanto la lentezza di questo processo inarrestabile di progressione e
miglioramento ci fa sembrare le specie fisse e immutabili, ma se noi potessimo vivere ed osservare le generazioni dei viventi per millenni la

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loro continua evoluzione ci sarebbe chiara.
2) La ragione della progressione evolutiva e' che lo sforzo di adattarsi all'ambiente di ogni individuo causa modificaizoni somatiche che
possono essere trasmesse ai suoi discendenti. Se una zebra allunga il collo per mangiare foglie di alberi, il suo collo per l'esercizio si
allunghera' e lei generera' figli con il collo piu' lungo; pian piano i discendenti di questa zebra diventeranno giraffe.

Le teorie Lamarckiane furono lucidamente criticate verso il 1830 dal paleontologo e naturalista francese Cuvier il quale ne pose in luce
due gravi difetti: in primo luogo animali o piante "intermedi" tra due specie non sono mai stati osservati (in natura si vedono o zebre o
giraffe, mai zebre col collo lungo quasi come giraffe); in secondo luogo i fossili di specie estinte mettono in dubbio il meccanismo evolutivo
proposto (perche' le rane di oggi dovrebbero produrre, seppure attraverso molte generazioni, i rettili di oggi e non i dinosauri?). Cuvier pero'
non aveva una teoria alternativa e di fatto arresto' lo sviluppo delle teorie sull'evoluzione per circa vent'anni.

LA TEORIA DI DARWIN E WALLACE


Nel 1856, reduce da un viaggio intorno al mondo durato 3 anni compiuto per la marina inglese, il naturalista Charles Darwin pubblico'
un trattato dal titolo L'Origine delle Specie che rivoluziono' la teoria evoluzionistica e suggeri' ipotesi che sono a tutt'oggi attuali. La teoria
di Darwin si basava sui seguenti presupposti:
1) Per ragioni ignote ogni tanto una coppia di individui genera un figlio con caratteristiche somatiche o interne leggermente diverse da
quelle dei genitori. Darwin non negava in modo esplicito che le caratteristiche somatiche acquisite fossero ereditabili (come dicevano
Buffon e Lamarck e come oggi sappiamo non avvenire), ma non lo ipotizzava neppure. Qualunque fosse la ragione, anche soltanto il puro
caso, l'osservazione negava il fissismo e introduceva il concetto della VARIAZIONE: i figli non sono sempre simili ai genitori.
2) Queste caratteristiche peculiari presenti nella nuova generazione possono risultare vantaggiose o svantaggiose nella lotta per la
sopravvivenza. Se sono svantaggiose, ad esempio perche' il loro portatore e' piu' facilmente catturato dai predatori o e' meno efficiente nella
riproduzione o nella sopravvivenza, l'individuo muore e le sue caratteristiche peculiari sono spazzate via dalla popolazione, per un processo
di SELEZIONE NATURALE. Al contrario se le caratteristiche sono vantaggiose l'individuo che le possiede avra' maggior successo
riproduttivo dei suoi simili che non le possiedono e nel corso delle generazioni le caratteristiche tenderanno a diventare sempre piu' diffuse
nella popolazione.
I cardini della teoria erano quindi la VARIAZIONE CASUALE e la SELEZIONE NATURALE. La possibile casualita' della variazione
ereditaria rispondeva alla seconda obiezione di Cuvier (i dinosauri erano stati prodotti una volta da una variazione casuale e si erano diffusi;
se si estinguono non c'e' nessuna garanzia che la stessa variazione appaia di nuovo nella popolazione dei loro precursori, ammesso che
questi esistano ancora e non si siano estinti anche loro). Rimaneva pero' aperto il problema della speciazione (la prima obiezione di Cuvier):
perche' si vedono solo specie ben distinte e nessun intermedio? La teoria di Darwin, senza dare una vera risposta suggeriva che gli intermedi
fossero meno adatti delle specie "definitive" e che quindi tendessero piu' facilmente a scomparire.
Un grandissimo merito della teoria di Darwin che ne condiziono' l'accettazione rapida e diffusa e' questo: se un sistema biologico e'
capace di variazioni (ed e' ovvio che lo e' perche' i figli non sono mai identici ai genitori), la selezione naturale (che ovviamente esiste) non
puo' far altro che selezionare la variazione piu' "adatta" e condanna quindi il biologico ad evolversi. L'evoluzione anziche' essere un
problema era una modalita' inevitabile del funzionamento degli esseri viventi se osservato su scale temporali lunghe.

LE LEGGI DI MENDEL
Gregorio Mendel era abate nel monastero di Brno (oggi nella repubblica Ceca) ed aveva condotto esperimenti di genetica sulle piante di
piselli che venivano coltivate negli orti dell'abbazia. Queste piante sono particolarmente adatte alla sperimentazione perche' permettono un
controllo selettivo degli incroci. Incrociando ripetutamente tra loro piante uguali rispetto a caratteristiche fisiche ben discriminabili (ad
esempio il colore verde o giallo del seme, oppure la superficie liscia o rugosa della buccia), Mendel aveva ottenuto delle "linee pure" (ad
esempio che prducevano sempre e solo semi verdi o sempre e solo semi gialli). Incrociando tra loro le linee pure Mendel osservo' che gli
ibridi di prima generazione erano tutti uguali tra loro e all'apparenza uguali ad uno solo dei genitori (I legge di Mendel; ad esempio
l'incrocio tra linee pure a seme verde e linee pure a seme giallo produce una generazione di figli a seme verde). Mendel chiamo'
"dominante" il carattere capace di manifestarsi negli ibridi di prima generazione. Incrociando tra loro gli ibridi di prima generazione Mendel
osservo' che tre quarti dei figli presentavano il carattere dominante, mentre in un quarto dei figli riappariva l'altro carattere, quello che era
scomparso negli ibridi di prima generazione (II legge di Mendel; ad esempio se si prendono ibridi di I generazione a seme verde e si
incrociano tra loro, i 3/4 dei figli saranno a seme verde e 1/4 sara' a seme giallo). Da ultimo Mendel osservo' che i caratteri diversi (ad es.
colore e rugosita') seguivano le stesse leggi in modo del tutto indipendente gli uni dagli altri (III legge). Mendel pubblico' le sue
osservazioni nel 1865 in una rivista scientifica di Brno, dove furono inizialmente ignorate; furono poi riscoperte verso la fine del secolo e lo
resero famoso dopo la morte.
SPIEGAZIONE DELLE LEGGI DI MENDEL. Prima di avventurarsi nella spiegazione delle leggi di Mendel e' molto importante
considerare alcuni punti: 1) Mendel studiava il fenotipo, cioe' l'apparenza, delle piante; il fenotipo pero' e' determinato dal genotipo (che
Mendel ignorava), cioe' dalla costituzione genetica delle piante. Non e' possibile interpretare la genetica riferendosi al fenotipo, occorre
invece ipotizzare quale o quali genotipi siano compatibili col fenotipo osservato e ragionare sui genotipi. 2) Il genoma degli organismi e'
diploidee viene ridotto ad aploide soltanto con la meiosi; ritorna diploide con la fecondazione dei gameti. Consegue che ogni organismo ha
almeno due geni per ogni determinato carattere, uno che gli deriva dal padre, l'altro dalla madre.
Se noi consideriamo due sole linee pure di Mendel, ad esempio duella col seme verde e quella col seme giallo, possiamo schematizzarle
cosi': fenotipo V - genotipo VV; fenotipo G - genotipo gg (per convenzione nel genotipo si usano lettere maiuscole per il carattere
dominante, in questo caso verde, e minuscole per il carattere recessivo, in questo caso giallo). La meiosi della pianta con genotipo VV
produce tutti gamenti che portano il carattere V; la meiosi della pianta con genotipo gg produce tutti gameti che portano il carattere g.
L'incrocio delle linee pure porta agli ibridi di prima generazione che hanno tutti il genotipo Vg, al quale corrisponde il fenotipo V perche'
verde e' il carattere dominante. Consegue che gli ibridi di prima generazione "sembrano" uguali ad uno dei genitori (perche' hanno lo stesso
fenotipo a semi verdi), ma sono in realta' molto diversi a livello del genotipo (Vg invece di VV).
Quando si incrociano tra loro due ibridi di prima generazione questi producono ciascuno gameti che portano il carattere V e gameti che
portano il carattere g. La fecondazione restituisce quattro possibili genotipi distinti: VV, Vg, gV e gg; di questi ai primi tre e' associato il
fenotipo verde, all'ultimo il fenotipo giallo. Si nota inoltre che due dei quattro possibili genotipi sono identici a quelli delle linee pure e gli
altri due agli ibridi di prima generazione. Si consideri l'illustrazione nella tabella seguente:
linee pure: VV gg
gameti delle linee pure: V V g g

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ibridi di I generazione: Vg Vg
gameti degli ibridi: V g V g
ibridi di II generazione: V V Vg gV gg

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