Nel 1838 il botanico Matthias Jacob Schleiden ed il fisiologo Theodore Schwann hanno formulato
indipendentemente la teoria cellulare, successivamente (1858) formalizzata da Rudolf Virchow
• la cellula risulta essere l’unità strutturale e funzionale fondamentale della vita
• tutti gli organismi sono costituiti da cellule che derivano da cellule pre-esistenti (riproduzione o
divisione) ed ogni cellula contiene materiale genetico che viene trasmesso durante questi processi
• tutte le funzioni biochimiche e fisiologiche fondamentali (quali la riparazione, la crescita, la
comunicazione, il movimento, la digestione, l’immunità ecc..) sono compiute dalle cellule
• l’attività delle cellule dipende dall’attività di strutture sub-cellulari presenti dentro la cellula
Tutti gli organismi sono costituiti da cellule e tutte le cellule sono derivate da altre cellule
= una cellula deve interagire con l’ambiente, produrre energia, produrre o assimilare le sostanze che
le occorrono, eliminare i rifiuti, mantenere condizioni interne costanti, accrescersi, riprodursi
Cere e cutine = la superficie esterna degli organi epigei delle piante superiori viene rivestita da uno
strato lipofilo detto cuticola con funzione di controllo della temperatura, di protezione dalle
aggressioni chimiche e dal vento, di protezione nei confronti di attacchi da parte di agenti patogeni
-la cuticola risulta costituita da cere (catene di idrocarburi a lunga catena ed esteri di acidi grassi) e
cutine (poliestere a maglia tridimensionale di ossiacidi, acidi grassi ed acidi epossidici)
Suberina = risulta tipica degli elementi esterni del fusto ed impermeabilizza totalmente la cellula in
quanto poliestere di acidi grassi, alcoli ed ossiacidi con componenti fenoliche lignino simili
• in botanica la parte superficiale dei tronchi viene detta scorza o ritidoma, per corteccia si intende
invece uno strato di cellule parenchimatiche tra il tessuto epidermico ed i tessuti di conduzione
Sporoporellina = polimero presente solo nello strato esterno (esina) dei pollini ed in alcune spore di
crittogame ed alghe, presenta una composizione chimica complessa molto resistente ad acidi e basi
Tutte le cellule sono delimitate da una membrana spessa 5-10 nm che nei vegetali e nei funghi
si trova internamente rispetto alla parete, tutte le membrane sono associazioni lipo-proteiche
nelle quali i componenti sono tenuti insieme in uno strato sottile da legami non covalenti
-barriera con permeabilità selettiva, trasporto di soluti, compartimentazione, localizzazione per
attività biochimiche, risposta a segnali esterni, interazioni intercellulari, trasduzione di energia
Un doppio strato di lipidi si trova in condizione fluida permettendo ai singoli
lipidi di spostarsi lateralmente, le proteine sono disposte in un “mosaico”
discontinuo penetrando profondamente nel foglietto lipidico, le membrane sono
interpretate come strutture dinamiche con componenti mobili che possono
riunirsi per partecipare a diversi tipi di interazioni transitorie o permanenti
-oltre ai fosfolipidi sono presenti anche degli sfingolipidi ed il colesterolo
Immaginiamo un recipiente diviso in due scomparti da un setto di separazione dove in un comparto
si trova dell’acqua pura mentre nell’altro una soluzione, se il setto è perfettamente permeabile sia al
soluto che all’acqua grazie al fenomeno della diffusione dopo un certo tempo la concentrazione
della soluzione nei due comparti sarà identica
Se il setto di separazione è semipermeabile ovvero lascia passare solo le molecole
di acqua ma non quelle di soluto, il sistema tende comunque a raggiungere la
parità di concentrazione trasferendo l’acqua da un comparto all’altro
= il passaggio di acqua tra i due comparti viene detto osmosi
Con l’osmosi non si ottiene la parità di concentrazione tuttavia la quantità
d’acqua nel comparto contenente i soluti aumenta fino a pareggiare la
pressione idrostatica dell’acqua contro il setto di separazione
-per lo studio si usa un’apparecchio chiamato osmometro, la pressione
esercitata all’equilibrio dalla colonna di liquido viene detta pressione osmotica
Quanto più risulta alta la pressione osmotica tanto è maggiore la capacità di richiamare acqua
attraverso un setto semipermeabile, la pressione osmotica viene misurata in atmosfere oppure in
altre unità di misura per la pressione (bar, mm di Hg, pascal, dine/cm2)
• nelle soluzioni diluite vale una relazione che lega la pressione osmotica e la concentrazione
pi = RTc (relazione di van’t Hoff)
Nella relazione di van’t Hoff l’unica costante è R ovvero la pressione osmotica non dipende dal tipo
di soluto ma solo dal numero complessivo di particelle in soluzione
-questo ha importanti conseguenze dato che se idrolizziamo un polimero aumenterà la
concentrazione di particelle e quindi la pressione osmotica mentre se formiamo un polimero da dei
monomeri accadrà il contrario, un fenomeno analogo si osserva per la dissociazione dei sali
Una membrana biologica rappresenta un setto di separazione semipermeabile imperfetto, essendo
la membrana biologica permeabile all’acqua ed ai diversi soluti con velocità diversa permette in
tempi molto lunghi il raggiungimento di concentrazioni uguali ai due lati della membrana
Cellula animale = in soluzione ipertonica le cellule
raggrinziscono, in soluzione isotonica le cellule hanno
aspetto classico, il soluzione ipotonica le cellule scoppiano
Conoscendo il potenziale d’acqua in due punti si riesce a prevedere in quale direzione si muoverà
l’acqua dato che tende sempre a muoversi dai punti a potenziale superiore verso quelli a potenziale
inferiore, il potenziale d’acqua di una cellula vegetale risulta determinato da due fattori
-la concentrazione dei soluti nel vacuolo e le proprietà meccaniche della parete
Il vacuolo è un organulo circondato da una membrana che prende il nome di
tonoplasto, vacuoli di vario tipo sono presenti anche nelle cellule animali ma nelle
cellule vegetali differenziate il vacuolo ha dimensioni particolarmente rilevanti
-l’immagine presenta il grande vacuolo centrale, il nucleo schiacciato nella parte
bassa della cellula ed i cloroplasti situati ai margini cellulari
Nel corso della fase luminosa (tilacoidi) l’energia contenuta nei fotoni della luce solare viene usata
per scindere l’acqua in ossigeno+idrogeno, l’ossigeno viene eliminato come prodotto di scarto
gassoso mentre l’idrogeno viene incorporato riducendo il NADP+ a NADPH
• la fotosintesi comprende anche una forma di trasporto elettronico associato alla formazione di un
gradiente di protoni, la dissipazione del potenziale elettrochimico di protoni porta alla sintesi di ATP
e NADPH che saranno usati durante la fase oscura per sintetizzare i carboidrati
La luce visibile risulta essere solo una piccola porzione dello spettro
elettromagnetico, compresa tra 400-700 nm di lunghezza d’onda
-l’assorbimento di energia luminosa causa la transizione di una molecola
dallo stato fondamentale ad uno stato eccitato, nello stato eccitato uno
degli elettroni viene spostato in un orbitale lontano dal nucleo
La clorofilla A rappresenta un pigmento presente in tutte le cellule che compiono
fotosintesi e comprende un tetrapirrolo ciclico con una lunga coda idrocarburica
caratterizzata dal fitolo, le altre clorofille possono invece essere presenti come
pigmenti accessori detti pigmenti antenna
Una molecola eccitata torna allo stato fondamentale seguendo diverse modalità:
• la fluorescenza vede l’emissione istantanea di luce dove l’energia emessa risulta inferiore dato che
viene in parte persa tramite le collisioni dello stesso atomo con quelli vicini, conversione
dell’energia in calore (energia vibrazionale), la fosforescenza vede il passaggio dallo “stato di
tripletto” prima del ritorno allo stato fondamentale dell’atomo, trasferimento di energia ad un
cromoforo vicino, trasferimento di un elettrone con produzione di lavoro chimico
Nel corso della fase luminosa i pigmenti antenna raccolgono l’energia luminosa e la trasferiscono al
centro di reazione, nelle piante superiori esistono due tipi di centro di reazione caratterizzati dai
fotosistemi PSI e PSII dove nella sequenza operativa il PSII si trova per primo
1) l’energia luminosa provoca la ionizzazione (prelievo di un elettrone) dalla clorofilla del centro di
reazione innescando un trasporto, l’elettrone viene condotto lungo una catena di trasporto di
molecola in molecola fino a raggiungere la plastocianina
2) al trasporto di elettroni viene associato anche il trasporto di protoni da un lato all’altro della
membrana tilacoidale, i protoni vengono quindi accumulati nel lume
3) al termine di questo primo passaggio si ha una plastocianina ridotta (utilizzata dal PSI) e della
clorofilla ossidata nel PSII, questa clorofilla ossidata estrae elettroni dall’acqua liberando O2
4) il PSI riceve anch’esso energia luminosa dai pigmenti antenna, la sua catena di trasporto
elettronico alimenta la riduzione del NADP+ a NADPH e la clorofilla del PSI viene ridotta dalla
plastocianina che trasporta fin qui gli elettroni provenienti dal PSII
5) l’enzima ATP sintasi sfrutta il gradiente di protoni generato dal trasporto elettronico che ha
origine dal PSII per produrre l’ATP
Un fotone ionizza la clorofilla
togliendo un elettrone, per
ripristinare il suo stato
riprende l’elettrone dall’acqua
formando O2 di scarto e 2H+
che finiscono nel lume, un
pool di plastochinoni prende
un H+ dallo stroma per
trasferire un elettrone dal
fotosistema 2 portando quindi
il protone all’interno del
tilacoide, ogni coppia di
clorofille nel centro di
reazione del fotosistema 2
prende due elettroni dall’acqua
pertanto 2 protoni vanno nello
stroma e altri 2 protoni
all’interno del tilacoide
Dal plastochinone gli elettroni passano al citocromo b6f e poi alla plastocianina, nel fotosistema 1
l’eccitazione luminosa fa perdere un elettrone alle clorofille che viene poi recuperato dall’elettrone
derivante dalla plastocianina, gli elettroni vengono trasportati dalla ferrodossina fino all’enzima
NADP+ reduttasi, l’ATP sintasi usa il gradiente protonico per formare una molecola di ATP
Il risultato netto della fase luminosa vede la produzione di ATP+NADPH accompagnata dalla
liberazione di ossigeno gassoso
Nel corso della fase oscura (stroma) la CO2 viene organicata mediante una serie di reazioni
biochimiche cicliche chiamate ciclo di Calvin-Benson, il processo richiede energia e potere
riducente che vengono forniti dall’ATP e dal NADPH prodotti nel corso della fase luminosa
La CO2 che entra nello stroma reagisce con il ribulosio 1,5-bifosfato formando due molecole di 3-
fosfoglicerato, il 3-fosfoglicerato viene ridotto a gliceraldeide 3-fosfato utilizzando ATP e NADPH,
ad opera della ribulosio 1,5-bifosfato carbossilasi/ossigenasi detta RUBISCO si riescono a fissare a
25°C solo tre molecole di CO2 al secondo, la RUBISCO localizzata nello stroma dei cloroplasti di
cui ne compone il 50% delle proteine solubili possiede un’attività di carbossilasi quando lega un
carbossile al ribulosio ed un’attività di ossigenasi quando lega un ossigeno
Il modello di fotosintesi illustrato precedentemente descrive un trasporto degli
elettroni di tipo lineare che procede dall’acqua fino al NAPDH e successivamente
indirizzato al ciclo di Calvin, il fotosistema I viene anche coinvolto in una forma
di trasporto elettronico di tipo ciclico che alimenta la formazione di un gradiente
protonico (sintesi di H+) ma non la produzione di NADPH
Piante adattate a climi caldi operano con un meccanismo detto “C4” basato su intermedi a
4 atomi di carbonio separando spazialmente questo primo passaggio dal ciclo di Calvin
• la CO2 entra dalla rima stomatica e giunge nella cellula del mesofillo dove combinandosi
con l’acido fosfoenolpiruvico genera l’acido ossalacetico, con l’ossidazione del NADPH a
NADP+ si forma l’acido malico che viene trasferito alla cellula della guaina vascolare, il
rilascio della CO2 che entra nel ciclo di Calvin trasforma l’acido malico in acido piruvico,
la cellula del mesofillo converte l’acido piruvico in acido fosfoenolpiruvico
-al centro dell’immagine si possono apprezzare i tessuti di
conduzione circondati da un anello di cellule rigonfie ovvero cellule
della guaina del fascio, le cellule distali e marginali sono le cellule del
mesofillo dove avviene la fissazione della CO2 in molecole a 4C
-questa separazione spaziale permette il rilascio di alte concentrazioni
di CO2 che sposteranno l’attività della RUBISCO in carbossilasi
Nelle foglie di una pianta C3 intorno al fascio vascolare non risulta presente l’anello delle cellule
della guaina del fascio, nelle foglie di una pianta C4 l’anello delle cellule della guaina del fascio
prende invece il nome di KRANTZ che dal tedesco significa corona/ghirlanda
-nell’immagine si osserva il nucleo (NE) caratterizzato da una parte granulosa (PG) ed una
parte fibrillare (PF), la presenza del nucleolo (NO), ed il citoplasma (C)
-verso i pori nucleari si trova l’eucromatina a segnalare i siti in attiva trascrizione
L’istone H1 contribuisce quindi a formare un livello di organizzazione e di condensazione
• la successione dei nucleosomi forma una fibra con diametro di circa 10 nm che si
superavvolge secondo un’elica e disponendo sei nucleosomi per spira forma una fibra con
diametro di 30 nm, ulteriori superavvolgimenti possono portare a maggiori gradi di
condensazione ed organizzazione fino al cromosoma
La condensazione della cromatina ha un importante significato funzionale, la trascrizione e la
duplicazione del DNA sono compiuti da proteine che possono funzionare solo a diretto contatto
= in questo meccanismo di regolazione l’istone H1 riveste un ruolo particolare essendo coinvolto
nel primo livello di organizzazione, il controllo si esplica attraverso la fosforilazione dell’istone H1
dove la proteina cambia la sua conformazione e modifica la sua interazione con il nucleosoma
Gli istoni H3 e H4 sono modificati mediante l’acetilazione di alcuni amminoacidi (lisina)
contribuendo alla decondensazione della cromatina ma possono intervenire anche le modificazioni
del DNA (metilazione della citosina), oltre agli istoni sono presenti delle proteine non istoniche che
contribuiscono all’organizzazione strutturale della cromatina quali le HMG e le polycomb
Osservato al microscopio elettronico (ma talvolta anche all’ottico) il nucleo delle cellule vegetali
presenta caratteristiche che in base alla distribuzione e all’organizzazione della cromatina hanno
portato alla classificazione in nuclei reticolati e nuclei con cromatina diffusa
• il tipo di organizzazione dipende sia dal contenuto di cromatina che dallo stato funzionale
-nucleo di porro con tipica struttura reticolata (alto contenuto di DNA)
-nucleo di pisello con struttura reticolata (meno evidente che in porro)
-nucleo di pomodoro con tipica organizzazione diffusa
(basso contenuto di DNA)
Le dimensioni del nucleo sono correlate con quelle della cellula e si stima che il volume del nucleo
sia circa il 10% di quello cellulare, il volume del nucleo crescerebbe più lentamente di quanto non
aumenti la quantità di cromatina ovvero nei nuclei con molta cromatina questa sarebbe più compatta
-tuttavia le dimensioni nucleari sono correlate alla ploidia ed alla decondensazione della cromatina
Poliploidia = multiplo raddoppiamento del contenuto di DNA a partire dal valore base
• contenuto aploide x 2 x n volte
Citometria a flusso = il materiale oggetto di analisi viene messo in sospensione
in un liquido e trattato con un colorante che causa fluorescenza, il raggio incidente colpisce
il fluorocromo ed un detector misura la quantità di luce emessa dal ritorno dell’elettrone
eccitato nel suo stato fondamentale, tanto più alti saranno i valori maggiore sarà il picco
ottenuto (tecnica usata in ematologia per la ricerca di tumori)
Gli esempi di poliploidia sono comuni sia tra le piante che tra gli animali, importanza della
poliploidia nella speciazione ed importanza della poliploidia nel differenziamento
-nei vegetali risulta un fenomeno molto comune tra le Angiosperme e le Pteridofite ma raro tra le
Gimnosperme mentre nei mammiferi (e negli animali superiori con determinazione cromosomica
del sesso) risulta un fenomeno che riguarda quasi esclusivamente il differenziamento di organi
Un organismo vegetale risulta costituito da cellule singole organizzate in aggregati detti tessuti dove
le cellule di un tessuto funzionano come un insieme unitario, i tessuti semplici sono costituiti da
cellule tutte dello stesso tipo mentre quelli complessi sono formati da cellule di tipi diversi
-i tessuti possono avere funzione di supporto strutturale, di rivestimento protettivo, di trasporto di
acqua e nutrienti, di secrezione, di accumulo di sostanze di riserva
I meristemi sono un particolare tipo di tessuto le cui cellule sono preposte alla divisione cellulare
pertanto le cellule così formate si indirizzano al differenziamento, nella pianta esistono diversi
meristemi ognuno con un ruolo specifico nello sviluppo della pianta
= questi concetti sono validi per le piante vascolari quali Felci, Conifere ed Angiosperme
Il corpo della maggior parte delle piante vascolari comprende una parte aerea (epigea) detta
germoglio ed una parte sotterranea (ipogea) detta apparato radicale
• nel germoglio riconosciamo alcuni organi quali il fusto, le foglie, i fiori ed i frutti mentre
nell’apparato radicale gli organi sono le radici
Plasmodesmi come giunzioni tra cellule adiacenti, la parete risulta perforata e viene
attraversata da una porzione di reticolo endoplasmatico (desmotubulo interno al canale)
-il numero di plasmodesmi quando si forma un nuovo setto di separazione tra due cellule
figlie risulta sempre ampio (100-5000/mm2), con la distensione la loro densità diminuisce
-i plasmodesmi sono riuniti in zone a formare i campi delle punteggiature
La parete secondaria non viene deposta nei locus dove sono presenti i raggruppamenti di
plasmodesmi, con la formazione della parete secondaria le punteggiature vengono circondate
da materiale di parete ed assumono l’aspetto di un piccolo canale detto porocanale
-i porocanali sono visibili anche al microscopio ottico
Punteggiature areolate = sono tipiche delle cellule appartenenti a certi tipi di tessuti
(conduzione e meccaniche), queste cellule sono morte
Lo xilema composto da cellule morte si occupa del trasporto della linfa grezza, conduttori in cui
avviene una risalita per effetto sia della capillarità che del richiamo da parte dell’apparato fogliare
Le cellule che si aggregano a formare i tessuti sono ovviamente rivestite da parete ed aderiscono
una all’altra mediante la pectina della lamella mediana, i tessuti sono costituiti sia da cellule vive sia
che da cellule morte dove queste ultime hanno funzione di sostegno (rinforzo) e di trasporto
• la maggior parte dei tessuti possono essere raggruppati nei tre sistemi denominati sistema
fondamentale, sistema vascolare e sistema tegumentale
Dall’immagine si osserva come i tessuti di conduzione siano collocati
centralmente nelle radici, siano collocati perifericamente e ad anello
nel fusto, siano rimpiccioliti e ramificati nelle foglie
-maggiormente accurata e precisa sarà l’innervazione delle foglie più
facilmente saranno raggiunte le singole cellule fogliari, questa
caratteristica fu il punto chiave per il successo delle Angiosperme
La radice risulta rivestita da un’involucro di cellule detto cuffia o caliptra che protegge il meristema
stesso quando la radice va addentrandosi nel terreno grazie al contenuto di sostanze gelatinose
• nella cuffia sono presenti anche delle cellule ricche di granuli di amido dette statoliti che tendono a
risentire della forza di gravità depositandosi sul fondo della cellula = sensore di gravità della radice
I meristemi secondari sono circondati da cellule differenziate, in giallo si
presenta il cambio cribro-legnoso che produce nuove cellule del tessuto di
conduzione come xilema verso l’interno e floema verso l’esterno, in verde
si presenta il cambio subero-fellodermico o fellogeno che produce cellule
del sughero verso l’esterno e cellule del felloderma verso l’interno
-apice vegetativo con nuove foglioline nascenti, in funzione della distanza dall’apice i
nuovi abbozzi fogliari si trovano in diversi stadi di differenziamento, l’anatomia della
struttura risulta collegata al tempo di sviluppo dato che le strutture vegetali possiedono
un’organizzazione assiale determinata nel suo accrescimento dall’attività apicale
-esempio di meristema secondario che mostra il cambio cribro-vascolare, internamente in
rosso sono indicate le cellule xilematiche di conduzione della linfa grezza mentre in
azzurro sono indicate le cellule floematiche di conduzione della linfa elaborata
-lo strato di cellule tra xilema e floema caratterizza il cambio cribro-vascolare che produce
nuove cellule dello xilema verso destra e nuove cellule del floema verso sinistra
Le cellule vegetali presentano un maggiore grado di totipotenza rispetto alle cellule animali,
alcune cellule differenziate nei tessuti primari possono regredire ad uno stato meristematico
-oltre alle cellule epidermiche possiamo trovare sia le cellule di guardia degli stomi che
delle strutture dette peli o tricomi con delle forme diversissime e funzione ghiandolare, di
trattenimento dell’umidità, di difesa dai patogeni, di abbassamento della temperatura
Nell’epidermide della parte aerea si trova un rivestimento impermeabilizzante detto cuticola
-lo stoma con le due cellule cellule di guardia risulta circondato da cellule sussidiarie,
l’insieme caratterizzato dalle cellule sussidiarie e dallo stoma forma l’apparato stomatico
-parenchima di riserva della radice di ranuncolo, le cellule presentano una forma allungata
e contengono granuli di amido come riserva, le cellule parenchimatiche sono cellule medio-
grandi con parete primaria sottile e vacuolo di grandi dimensioni
Le cellule parenchimatiche delle radici sono coinvolte nelle simbiosi con alcuni funghi del suolo
I tessuti meccanici con funzione di sostegno sia alla periferia dei fusti che all’interno delle radici
• collenchima sia nel fusto primario delle Dicotiledoni che in piccioli e nervature + sclerenchima
• all’interno dello sclerenchima troviamo le sclereidi con forma globosa (frutti, corteccia del fusto,
tegumento dei semi) e le fibre con forma tipicamente allungata (fusti, foglie, radici)
• il collenchima risulta composto da cellule vive mentre lo sclerenchima da cellule morte
-sezione di fusto con tessuto epidermico e cellule parenchimatiche molto grandi, le
cellule collenchimatiche del tessuto meccanico formano un “collenchima angolare” in
quanto gli ispessimenti di parete creano un angolo nella cellula
-gli strati esterni presentano una colorazione verde che sottolinea l’attività fotosintetica
Le sclereidi sono fortemente lignificate mentre il collenchima presenta solo ispessimenti di cellulosa
I tessuti di conduzione con funzione di trasferire le sostanze sono presenti in tutti gli organi
• tessuto vascolare che trasporta la linfa grezza ed insieme ad altri tessuti forma il legno o xilema
• tessuto cribroso che trasporta la linfa elaborata ed insieme ad altri tessuti forma il libro o floema
Le cellule del legno possono essere anulate, spiralate, scalariformi, reticolate e punteggiate
Nel processo evolutivo che ha portato le piante ad uscire dall’acqua divenne necessario che le
piante si polarizzassero in due direzioni diverse = parte aerea (fusto e foglie) + parte radicale
• le radici sono il sito di interazione con organismi del suolo e con le componenti non biologiche
Nelle radici a fittone la radichetta embrionale diventa la radice principale e
continua a crescere per tutta la vita della pianta, da questa radice principale
vanno diramandosi delle radici laterali di vario ordine
Nelle radici fascicolate la radichetta embrionale dopo un certo periodo di tempo
arresta la sua crescita e viene affiancata da delle radici avventizie o germinali
con dimensioni e forma confrontabile con quelle della radichetta principale
Accanto alle radici germinali possono essere prodotte delle radici caulinari, partono dalla base del
fusto e contribuiscono sia alla stabilizzazione che al nutrimento della pianta
La radice possiede una zona in struttura primaria o corpo primario, una zona di
distensione o zona di allungamento ed una zona meristematica apicale
• nella zona apicale troviamo la cuffia, la zona meristematica con formazione
dei tre meristemi primari (protoderma, meristema fondamentale, procambio), la
zona di distensione o zona di allungamento dove le cellule aumentano in
dimensione per formare la zona di conduzione al centro + il periciclo come
confine per il cilindro centrale + la zona corticale + l’epidermide
• nella zona in struttura primaria sono presenti numerosi peli radicali che
servono ad aumentare le superfici di scambio tra la radice ed il suolo, i peli
radicali sono strutture unicellulari date da un’estrusione della cellula epidermica
-nel meristema apicale esiste una zona detta centro quiescente dove le divisioni sono rare, si
mantengono delle cellule di riserva per poter eventualmente ripartire dopo danneggiamento
-la zona centrale con i tessuti di conduzione risulta delimitata da un’endoderma che al suo
interno presenta il periciclo, dalle cellule del periciclo traggono origine le radici laterali
L’endodermide forma uno strato di cellule che vincolano il passaggio dalla zona
corticale alla zona del cilindro centrale, le cellule dell’endodermide presentano un
particolare tipo di suberificazione, nella corteccia l’acqua segue sia un percorso
extracellulare detto apoplastico passando negli spazi intercellulari o nelle pareti che un
percorso sinplastico, quando l’acqua raggiunge l’endodermide per entrare nel cilindro
centrale risulta obbligata a seguire la via sinplastica per la presenza del sughero
-nelle Monocotiledoni osserviamo sempre al centro della radice un midollo
-nella formazione delle radici laterali le cellule del periciclo iniziano a
proliferare e si ingrandiscono fino a formare un’apice radicale, l’apice
radicale penetra la corteccia e l’epidermide fino ad uscire lateralmente
Passaggio dalla struttura primaria alla struttura secondaria
• struttura primaria con epidermide in nero, zona corticale in bianco,
endoderma+periciclo al centro, arche xilematiche+floema
• lungo i bordi delle arche xilematiche si trova il procambio che si differenzia
nel meristema secondario del cambio cribro-legnoso, il cambio produce
nuovo xilema verso l’interno e nuovo floema verso l’esterno
• il cambio subero-fellodermico produce il periderma per proteggere la radice
-cuscuta come pianta parassita che si procura il carbonio andando a parassitare
altre piante, con delle particolari radici austroriali penetra il fusto della pianta
ospite per assorbire i nutrienti di cui necessita
La formazione dei noduli radicali avviene quando alcuni gruppi di piante
interagiscono con batteri azotofissatori del gruppo dei rizobi, da parte dei
batteri all’interno dei noduli avviene la fissazione dell’azoto che viene poi
ceduto alla pianta come NH4+ in cambio dei prodotti della fotosintesi
-ambiente a bassa tensione di O2 che favorisce l’attività dell’enizima
nitrogenasi, i batteri formano uno stiletto d’infezione a livello dei peli
radicali per andare ad invadere le cellule parenchimatiche corticali
-ectomicorriza dove le radici assumono una forma con delle ramificazioni dicotomiche a
clava mentre le ife fungine restano sempre sulla superficie esterna formando
un mantello o si infilano nella radice rimanendo tra una cellula e l’altra
-endomicorrize dove le ife fungine superano la parete delle cellule vegetali
interfacciandosi con il plasmalemma per massimizzare gli scambi
La parte aerea risulta composta da un fusto principale che porta delle ramificazioni e delle
gemme laterali, la costruzione del germoglio avviene secondo un modulo dato da una
porzione che si trova tra l’inserimento di due foglie detto internodo dove il nodo
corrisponde al punto di inserzione della foglia, nodo+gemma+internodo costituiscono un
modulo del fusto la cui successione va a costituire il fusto fino alla porzione apicale
-i fusti delle Dicotiledoni sono caratterizzati dalla disposizione dei tessuti di
conduzione ad anello pertanto l’organizzazione fondamentale prevede
un’epidermide superficiale con funzione protettiva, una regione corticale di
parenchima, un anello di fasci di conduzione che prevede lo xilema verso il centro
(endarco) + il floema verso l’esterno (esarco) + delle fibre con funzione di sostegno
-i fusti delle Monocotiledoni sono caratterizzati dalla disposizione dei tessuti di
conduzione in maniera casuale in tutta la sezione pertanto l’organizzazione prevede
lo xilema + il floema avvolto da cellule sclerenchimatiche con parete ispessita
-organizzazione della gemma apicale, zona meristematica del SAM come organizzatore
della struttura da cui vengono generati i tre meristemi primari (procambio, meristema
fondamentale, protoderma), sono ben visibili i vari abbozzi fogliari nei differenti stadi
-si distinguono una zona esterna detta tunica ed una zona interna detta corpus
Organizzazione a livello del meristema apicale dove non risulta possibile riconoscere
delle zone differenziate in quanto si hanno cellule meristematiche deputate a dividersi
per produrre i tre meristemi primari, il differenziamento delle cellule prodotte dai tre
meristemi primari porta all’organizzazione del fusto in struttura primaria
• dal procambio si forma floema primario verso l‘esterno e xilema primario verso
l’interno, una parte del procambio permane come procambio residuale per contribuire
alla formazione di un meristema secondario qualora fosse opportuno
Organizzazione del sistema vascolare dove notiamo la presenza di due foglie per nodo
con orientamento ruotato di 90gradi ad ogni nodo (organizzazione decussata), in verde
ed in rosso sono rappresentati i fasci di conduzione che in prossimità del picciolo
formano delle ramificazioni in grado di permettere l’innervazione della foglia
Il posizionamento delle foglie detto fillotassi dipende dall’attività dell’apice meristematico
1) disposizione alterna quando la prima foglia si orienta a destra e la seconda foglia si
orienta a sinistra, le due foglie formano tra di loro un angolo di 180gradi
2) disposizione opposta quando le due foglie vengono prodotte alla stessa altezza, nella
successione di internodi e nodi le foglie successive possono essere disposte nello stesso
modo oppure ruotate di 90gradi rispetto alle foglie precedenti
3) disposizione verticillata quando almeno tre foglie si inseriscono sullo stesso nodo
4) disposizione spiralata quando seguendo i punti di inserimento dei piccioli lungo l’asse
notiamo che svolgono una spirale, le due foglie formano tra di loro un angolo di 137,5gradi
-fusto di frumento, epidermide di un fusto verde per la presenza di stomi, cellule
parenchimatiche della regione corticale, fasci conduttori delle Monocotiledoni, al
centro risulta presente una cavità midollare in quanto vuoti al centro
-apice di iris caratterizzato da un meristema primario di ispessimento che produce la
nuova massa in grado di formare la struttura del fusto a partire dall’apice stesso
Passaggio dall’accrescimento primario all’accrescimento secondario
• il procambio residuale si dispone sia lungo una circonferenza all’interno dei fasci di
conduzione (procambio intrafasciale) che tra un fascio e l’altro (procambio interfasciale)
• quando si attiva il meristema secondario le cellule del cambio iniziano a dividersi
formando xilema verso l’interno sia nella zona fasciale che nella zona interfasciale +
floema verso l’esterno, formazione di un anello continuo di tessuti di conduzione
Una cellula del cambio cribro-legnoso si divide in due cellule una delle
quali rimane meristematica mentre l’altra si differenzia in xilematica,
la cellula meristematica si divide nuovamente in due cellule una che
rimane meristematica mentre l’altra che si differenzia in floematica
-disposizione ad anelli di accrescimento, sulla superficie esterna notiamo un periderma
di avvolgimento protettivo, esiste anche un sistema di conduzione radiale organizzato
in raggi pertanto il cambio risulta composto dalle cellule iniziali del raggio e dalle
cellule iniziali fusiformi che danno origine al sistema assiale
Stoloni come fusti che portano alla formazione di nuove plantule che
permettono alla cellula madre di produrre dei cloni allontanandoli dalla
zona in cui essa sta crescendo, le spine quando presenti possono essere
emergenti, strutture dette cladofilli sono delle estroflessioni del fusto
La foglia risulta essere l’organo deputato a svolgere la fotosintesi, presenta forme e dimensioni
molto varie come adattamento alle diverse condizioni ambientali
Dalla foglia avrebbero tratto origine altre strutture con funzione di sostegno (cirri e viticci),
protezione (spine), riproduzione (carpelli e antere), vessillare (petali), trappole (piante carnivore)
L’organizzazione di una foglia tipo vede il picciolo che connette la foglia al fusto,
una guaina che quando presente si avvolge attorno al fusto, base della foglia + apice
fogliare, la struttura della foglia viene detta lembo o lamina fogliare, il bordo della
foglia detto margine risulta molto diversificato, nervature primarie + nervature
secondarie con disposizione sistematica dove nelle Monocotiledoni risultano
parallele mentre nelle Dicotiledoni risultano “pennate” o “retinervia”
Teoria delle enazioni = le foglie deriverebbero da estroflessioni appiattite del fusto
Teoria telomica = le foglie deriverebbero dall’appiattimento di un ramo laterale
La prima teoria risulta responsabile della formazione delle foglie dette microfille caratterizzate da
una singola nervatura centrale, le foglie si sarebbero formate a partire da un protostele centrale per
estroflessione + la seconda teoria risulta responsabile della formazione delle foglie dette marcofille
La teoria telomica venne presentata per la prima volta nel 1930 dal paleobotanico Walter
Zimmerman, la teoria prevede tre passi per la trasformazione di un fusto terminale in una foglia
laminare mediante la fusione di diverse ramificazioni laterali
• la porzione terminale di un fusto viene detta teloma mentre quelle intermedie mesomi
1) fase di overtopping con il sopravvanzamento di un teloma dagli assi
laterali e la formazione di un asse principale, ramificazione monopodiale
2) fase di planation con l’appiattimento dei telomi corti sullo stesso piano
3) fase di webbing con la formazione di nuovo tessuto parenchimatico tra
i telomi corti, i vecchi assi dei telomi vanno a costituire le nervature
Le ramificazioni primitive in piante come Rhynia erano dicotomiche, il primo
passo della teoria prevede l’overtopping ovvero la crescita asimmetrica delle due
ramificazioni con una delle due che cresce maggiormente, in questo modo si forma
un asse maggiore di crescita ed un asse laterale
Il secondo passo prevede che le porzioni di fusto che costituiscono la
ramificazione secondaria (e che hanno forma cilindrica o rastremata) si
dispongano sullo stesso piano, quello che diviene piatto non risulta la struttura
del fusto ma il piano su cui si dispongono i pezzi che originariamente potevano
essere disposti in tre dimensioni (quindi in un volume)
Infine lo sviluppo verso l’esterno di tessuto fotosintetico con geometria planare
finisce per unire le diverse parti dando luogo alla lamina fogliare
In una foglia possiamo riconoscere diverse porzioni dove lamina (o lembo)
fogliare e picciolo risultano quelle comuni, una foglia priva di picciolo si dice sessile
-in altri casi alla base del picciolo possiamo trovare le stipole ovvero delle piccole
strutture laterali a forma di fogliolina
Le foglie presentano notevole varietà da specie a specie e quindi costituiscono un
carattere tassonomico di grande importanza, nonostante questo possono mostrare
variazioni di forma anche nello stesso individuo per lo più in relazione al variare di
condizioni ambientali o allo stadio di sviluppo
Le foglie sin qui discusse sono di tipo semplice, molte specie presentano invece
foglie composte riconoscibili in quanto il loro lembo risulta segmentato in numerose
foglioline, le principali tipologie di foglie composte sono quelle palmate e pennate
Le foglie prendono origine dall’apice caulinare come protrusioni con simmetria radiale mentre
durante lo sviluppo assumono una simmetria dorsoventrale e la loro crescita diviene definita
• la determinazione del primordio a divenire foglia si manifesta dopo la comparsa del primordio,
appena il primordio compare (stadio precoce) viene eventualmente indotto anche a seguire una via
di sviluppo differente dato che il suo destino non risulta ancora irreversibilmente determinato
Esperimenti condotti negli anni 1950 sul felci del Genere Osmunda, compiuti asportando i primordi
e ponendoli in coltura su un terreno contenente solo zuccheri e minerali (non fattori di crescita),
hanno mostrato che i primordi giovani formavano interi germogli mentre primordi avanzati finivano
per formare solo foglie, la conferma di questi risultati venne ottenuta con studi su tabacco e girasole
Le foglie presentano una lamina con spessore inferiore rispetto alla larghezza ed alla profondità, in
passato si riteneva che questa struttura derivasse dall’attività di un meristema marginale in grado di
originare delle cellule derivate che si accrescono verso il centro dell’organo
= si ritiene che l’attività meristematica sia diffusa in tutta la foglia in accrescimento (meristema
piatto) interrompendo l’attività prima nella zona apicale e solo successivamente nella zona basale
I diversi pezzi che costituiscono il calice e la corolla possono essere liberi o fusi insieme
• quando i sepali sono fusi insieme il calice vene detto gamosepalo mentre quando i sepali sono
liberi il calice viene detto dialisepalo + quando i petali sono fusi insieme la corolla viene detta
gamopetala mentre quando i petali sono liberi la corolla viene detta dialipetala
L’androceo costituisce il terzo verticillo e possiede degli stami composti da uno stelo che termina
con l’antera, il modo in cui l’antera si inserisce sullo stame risulta un tratto distintivo della specie
• antere basifisse quando attaccate per la base, antere apicifisse quando attaccate per la punta, antere
dorsifisse quando attaccate per il dorso, antere ventrifisse quando attaccate per il ventre
• i filamenti dei diversi stami possono essere liberi o fusi insieme totalmente/parzialmente
L’antera risulta formata da due teche unite da tessuto connettivo,
ciascuna teca contiene due sacche polliniche che danno origine ai
microsporangi all’interno dei quali vengono prodotte le microspore
aploidi, da ogni microspora viene originato il granulo pollinico
(gametofito maschile o microgametofito)
-sezione di un’antera con uno strato esterno epidermico detto esotecio, uno strato interno di tessuto
meccanico disposto sopra i bordi esterni dei sacchi pollinici detto endotecio, degli strati parietali di
cellule parenchimatiche, un tessuto nutritivo detto tappeto, un tessuto che origina le spore
Il gineceo costituisce il quarto verticillo e possiede dei carpelli che costituiscono l’involucro chiuso
che da il nome alle Angiosperme, risulta composto da ovario + stilo + stigma dove lo stigma
rappresenta la parte terminale su cui si depositano i granuli pollinici mentre l’ovario contiene da
uno a molti ovuli per i quali risulta possibile descrivere la placentazione con valore sistematico
• la proliferazione dello zigote origina l’embrione, lo sviluppo delle strutture dell’ovulo circostanti
all’embrione determina la formazione del seme mentre il pistillo si trasforma in frutto
Il numero di verticilli risulta tipico di ogni specie, di norma si riconoscono fiori con un piano fiorale
su base tre detti trimeri + su base quattro detti tetrameri + su base cinque detti pentameri
= i fiori trimeri si trovano nelle Monocotiledoni mentre i fiori tetrameri/pentameri nelle Dicotiledoni
-fiore trimero della pianta di zafferano, sono evidenti sei elementi del perigonio
detti tepali in quanto sepali e petali non si riescono a distinguere tra di loro,
presenza di due verticilli con tre elementi ciascuno
Quando non risulta possibile distinguere tra sepali e petali gli elementi sterili vengono detti tepali
mentre la struttura nel suo complesso viene detta perigonio, quando qualche vercillo risulta
mancante i fiori privi delle parti sterili vengono detti aclamidati o nudi mentre i fiori privi delle parti
sessuali vengono detti unisessuali (monoici sullo stesso individuo o dioci su individui differenti)
-alcune specie producono accanto ai fiori fertili fiori muniti della sola parte vessillare, fanno parte di
infiorescenze complesse che tendono a simulare l’aspetto di un fiore
I petali possono disposi dando origine a delle simmetrie, simmetria con infiniti piani di simmetria
(fiori regolari o attinomorfi) + simmetria bilaterale con un singolo piano che divide il fiore in due
metà simmetriche (fiori zigomorfi) + simmetria assente (fiori irregolari)
Gli eucarioti pluricellulari come le piante originano da una cellula singola diploide detta zigote che
risulta dalla fusione dei gameti aploidi parentali, nel corso dello sviluppo da questa cellula si forma
dapprima l’embrione ed in seguito alla germinazione del seme tutte le diverse strutture che
costituiscono un individuo adulto = sono implicati i processi di replicazione e differenziamento
-lo zigote deve contenere nel genoma tutte le informazioni necessarie a mettere in atto il piano di
sviluppo, i diversi tipi di informazione sono attivati da stimoli endogeni ed esogeni
All’interno dell’ovulo arriva il tubetto pollinico di un granulo pollinico che
presenta le cellule fecondatrici, la fecondazione crea lo zigote che subisce una serie
di divisioni per formare l’embrione maturo presente all’interno del seme,
l’embrione maturo vede una radichetta con un’apice radicale + un’apice vegetativo
+ due foglie embrionali, quando il seme germina l’embrione fuoriesce ed a partire
dai meristemi apicali comincia l’accrescimento per generare una pianta completa
Sia nelle piante che negli animali il destino cellulare (ovvero il fenotipo della cellula che si ottiene
mediante il differenziamento) dipende dai cambiamenti dell’espressione genica
• sulla base di segnali intra-cellulari ed extra-cellulari devono esistere dei meccanismi di
regolazione della trascrizione, di maturazione degli RNA, di trasporto e traduzione degli mRNA,
di modificazione degli mRNA, di trasporto e degradazione delle proteine
Le differenze fenotipiche che si osservano nelle diverse cellule di un eucariote sono in larga parte
dovute alle differenze nell’espressione dei geni che codificano proteine ovvero quelli trascritti
dall’RNA polimerasi II, possiamo distinguere almeno cinque potenziali livelli di controllo
= attivazione della struttura del gene, inizio della trascrizione, processazione dei trascritti, trasporto
al citoplasma, traduzione degli mRNA
Il fatto che i livelli di controllo siano molteplici implica che la produzione di una proteina non sia
un fatto automatico una volta che il processo di espressione di un gene viene avviato
Tutti e cinque i livelli di controllo sono importanti ma un punto critico viene rappresentato
dall’inizio della trascrizione, un gene che presenti struttura “attivata” (ovvero con organizzazione
della cromatina “aperta” e con grado di metilazione opportuno) viene riconosciuto dai fattori di
trascrizione che permettono l’azione della RNA polimerasi II, i fattori di trascrizione sono proteine
con codifica genica pertanto la trascrizione e traduzione dei loro geni insieme all’attivazione dei
fattori di trascrizione stessi regola l’espressione a valle di un maggior numero di geni
I fattori di trascrizione sono necessari dato che l’RNA polimerasi II non riesce ad avviare la
trascrizione da sola (polimerasi+TF = apparato di base), i fattori di trascrizione riconoscono regioni
specifiche del DNA genomico dette promotori che contengono ben precise sequenze
• una delle comuni tipologie di sequenze detta TATA BOX presenta otto paia di basi A e T (una
coppia G-C risulta occasionalmente presente), la sequenza TATA permette il riconoscimento di un
fattore di trascrizione mentre altre proteine consentono il legame con la RNA polimerasi II
Codice di nomenclatura
per geni, mutanti e proteine
In Drosophila lo sviluppo lungo l’asse antero-posteriore (ovvero il
differenziamento di strutture caratteristiche dei diversi distretti e che
permettono di distinguere un “davanti” da un “dietro”) risulta regolato
dall’attività dei geni HOX che sono dei fattori di trascrizione ad omeodominio
• all’interno dei fattori di trascrizione troviamo una sequenza genica di 180
coppie di basi che codifica per un dominio proteico in grado di legare il DNA
ed agire come regolatore dell’espressione di altri geni
I geni HOX sono situati sia sullo stesso cromosoma che in sequenza ordinata ed uguale ai metameri
L’espressione ectopica del gene antennapedia nella regione della testa causa la formazione di zampe
laddove normalmente si trovano le antenne, “espressione ectopica” significa che il gene risulta
espresso in un tessuto o in un organo in cui non risulta normalmente espresso nel wild type
= questo tipo di risultato viene detto cambiamento omeotico dell’identità dell’organo
Le piante sono organismi a crescita indeterminata pertanto si ha una formazione
continua di nuovi organi/tessuti, malgrado i singoli organi della pianta possano mostrare
crescita determinata ed andare incontro a senescenza la crescita indeterminata
complessiva resta possibile per la presenza dei meristemi laterali ed apicali
• la pianta mantiene una sorta di giovanilità continuata e modula la sua forma nel tempo
integrando le informazioni endogene alle informazioni esogene
A margine di quanto appena detto risulta bene tener presente che:
1) la capacità di crescita indeterminata viene a volte persa nel differenziamento di un fiore terminale
2) nei meristemi gruppi di cellule con crescita determinata ed indeterminata possono coesistere
Infruttescenze = derivano da ginecei separati di diversi fiori parte di un’infiorescenza compatta
-fragola come falso frutto che deriva dal rigonfiarsi e dalla maturazione del ricettacolo
fiorale, ognuno degli acheni presenti sulla superficie risulta essere un singolo
frutto proveniente da un singolo pistillo parte di un’unica infiorescenza
-mela+pera che vedono la produzione di una parte carnosa derivante dal ricettacolo, il
frutto proveniente dal pistillo si riconosce dal confine che all’interno porta i semi
-fico dove il ricettacolo aumenta le sue dimensioni producendo sostanze zuccherine,
ciascuno dei puntini presenti rappresenta il seme di un singolo pistillo
Frutti secchi indeiscenti = acheni + diacheni + acheni alati + noci + cariossidi
Frutti secchi deiscenti = follicolo + legume + siliqua + omento + capsule
Frutti carnosi = drupe + bacche
Il seme rappresenta un ovulo maturo che contiene un embrione originato dallo zigote ed un
endosperma (talvolta assente) avvolto da uno o due tegumenti detti testa + tegmen, il seme propaga
la specie nello spazio e sopravvive durante le stagioni sfavorevoli, esistono diversi tipi di semi
adattati a diverse condizioni ambientali
Embrione maturo come risultato della moltiplicazione cellulare dello zigote, asse
principale caratterizzato dal meristema apicale della radichetta + il meristema apicale
caulinare + una porzione detta ipocotile che connette il meristema caulinare con quello
della radice, accanto al meristema troviamo le foglie embrionali cotiledoni, l’embrione
risulta immerso nella sostanza che forma l’endosperma il tutto circondato dai tegumenti
-zigote come singola cellula che va incontro ad una serie di divisioni, lo
zigote assume una forma allungata per dividersi in una cellula piccola apicale ed in
una cellula grande basale, la cellula basale mantiene la connessione con la parete
dell’ovulo, la proliferazione della cellula basale porta alla formazione di una
struttura allungata che permane e prende il nome di sospensore, le cellule del
sospensore non contribuiscono alla formazione dell’embrione eccetto l’ultima
cellula detta ipofisi che influisce nella formazione del meristema radicale, tutte le altre cellule
servono sia come connessione con la parete dell’ovulo che per il trasporto delle sostanze nutritive
Le divisioni della cellula apicale sono simmetriche dove la divisione equatoriale porta allo stadio di
8 cellule detto ottante, successive divisioni parallele alla superficie determinano l’organizzazione di
uno strato di cellule esterno che compone il primo tessuto meristematico = protoderma superficiale
Nello “stadio a cuore” avviene il primo accenno delle porzioni che
diventeranno cotiledoni, il proseguimento nello sviluppo dei
cotiledoni determina uno “stadio a torpedo”, quando i cotiledoni
sono abbastanza sviluppati si ripiegano formando l’embrione maturo
• quando i due tegumenti vengono rotti e l’embrione fuoriesce la pressione non viene esercitata
dall’apice meristematico che deve essere protetto ma dalla porzione laterale dell’embrione
Risulta evidente la presenza di un asse longitudinale che determina la polarizzazione
dell’embrione ma risulta abbastanza facile riconoscere anche un’organizzazione radiale,
l’organizzazione radiale vede una zona di rivestimento formata dall’epidermide + una
zona di tessuto fondamentale + una zona centrale formata dai tessuti di conduzione
-seme di fagiolo, riconosco sia il micropilo ovvero l’apertura attraverso la quale
entra il tubetto pollinico che l’ilo ovvero la cicatrice del punto di contatto tra il seme e la
vecchia parete dell’ovulo
-seme di fagiolo come esempio di seme esalbuminoso, le sostanze di riserva
contenute in endosperma ed endoderma possono essere amidi + oli + proteine
Semi albuminosi dove l’endosperma risulta sufficiente ad alimentare le prime fasi di crescita della
pianta + semi esalbuminosi dove la formazione dell’embrione finisce per consumare tutte le
sostanze di riserva dell’endosperma che pertanto vengono accumulate anche nei cotiledoni
-seme di ricino come esempio di seme albuminoso in quanto l’accumulo delle
sostanze di riserva avviene nell’endosperma
Le prime suddivisioni dello zigote portano alla formazione dell’embrione
nascente, rimane una cellula basale con funzioni austoriali che servono per
prelevare nutrienti dall’ambiente circostante, formazione del sospensore nello
stadio ad 8 cellule, formazione dello “stadio a cuore” dove si riconosce la cellula
dell’ipofisi che contribuisce a formare il meristema radicale, una volta formato
l’embrione maturo il sospensore va incontro a morte cellulare programmata
Schema costruttivo delle cotiledoni nei tre gruppi Monocotiledoni + Dicotiledoni
+ Gimnosperme, una porzione basale presenta il meristema apicale della
radichetta, un’asse di congiunzione con la parte superiore caratterizzata
dall’ipocotile, un meristema dell’apice caulinare circondato dai cotiledoni
Nel seme delle Angiosperme le sostanze di riserva sono usualmente accumulate nell’endosperma,
questo origina dall’endosperma secondario come triploide e contenente semi detti albuminosi
• l’endosperma nucleare risulta caratterizzato dalla formazione di una grande cellula multinucleata, i
nuclei vanno incontro a molteplici divisioni che portano a nuclei circondati da un citoplasma denso
senza la presenza di parete tra una cellula e l’altra, successivamente vengono formate le pareti
• l’endosperma cellulare risulta subito caratterizzato dalla formazione di cellule separate da parete
• l’endosperma elobiale risulta caratterizzato dalla formazione di due camere all’interno dell’ovulo,
una camera grande in prossimità del micropilo detta camera micropilare ed una camera piccola in
prossimità del polo calazare detta camera calazale, entrambe le camere contengono un nucleo
derivante dalla prima divisione del nucleo triploide, il nucleo nella camera micropilare subisce
numerose divisioni con formazione tardiva delle pareti mentre il nucleo nella camera calazale
subisce poche o assenti divisioni
In molte specie di Angiosperme l’endosperma viene esaurito durante l’embriogenesi pertanto le
sostanze di riserva necessarie sono accumulate nei cotiledoni caratterizzando i semi esalbuminosi
-le sostanze di riserva presenti nei semi possono essere carboidrati (amido), lipidi e proteine
(granuli di aleurone) mentre poche specie accumulano emicellulose nella parete cellulare
Rappresentazione schematica di una cariosside di frumento maturo che rappresenta un frutto
completo nel quale i numerosi rivestimenti del seme finiscono con l’aderire strettamente ai
rivestimenti del frutto, esocarpo come parte esterna del frutto + mesocarpo come parte
intermedia del frutto + endocarpo come parte interna del frutto, comincia la vera parte del
seme attraverso i tegumenti seminali + banda ialina + strato di aleurone che contiene proteine,
il grosso della struttura viene dato dalla porzione che corrisponde all’endosperma secondario
ricco di amido, l’embrione risulta caratterizzato dalla presenza di un singolo cotiledone
Alcuni limiti = descrive le interazioni tra due soli partner accettando che due organismi possano
avere un’interazione senza effetti, non considera il fatto che il segno dell’interazione tra due specie
possa modificarsi anche in maniera drastica in funzione delle condizioni di contorno
• per quest’ultimo motivo risulta probabilmente corretto ritenere che vi sia un continuo tra
mutualismo e parassitismo in alcune interazioni, tuttavia in alcuni casi il segno di un’interazione
risulta costante a prescindere dalle condizioni di contorno, come quanto avviene per i partner
“obbligati” di una relazione (parassita o simbionte obbligato)
Una parte significativa di questi microrganismi sono parassiti o patogeni dove in entrambi i casi il
microrganismo si nutre a spese della pianta, i patogeni rientrano tra i parassiti ma oltre a sottrarre
dei nutrienti causano un danno alla salute del loro ospite che si manifesta mediante una “condizione
di sofferenza persistente derivante da un’alterazione dei normali processi fisiologici della pianta”
= i patogeni delle piante sono principalmente virus + batteri + oomiceti + funghi ma anche alcuni
animali (come i nematodi) possono indurre degli stati patologici
I patogeni entrano nelle piante attraverso ferite, aperture naturali, vettori, per penetrazione diretta
1) il primo criterio di classificazione dei patogeni riguarda le modalità di nutrizione e permette di
riconoscere patogeni biotrofi, patogeni necrotrofi e patogeni emibiotrofi
2) il secondo criterio di classificazione dei patogeni riguarda la specializzazione nei confronti della
pianta ospite e permette di riconoscere patogeni generalisti e patogeni specializzati
-Puccinia graminis come patogeno biotrofico
-Plasmopora viticola come patogeno biotrofico
-Botrytis cinerea come patogeno necrotrofico
-Phytophthora infestans come patogeno emibiotrofo
-fitoplasmi in cellula floematica di pomodoro come patogeno procariotico biotrofo
-Rhizoctonia cerealis come patogeno specialista della Famiglia Poaceae
-Microsphaera quercina come oidio (mal bianco) monofago del Genere Quercus
-Solanum tuberosum attaccato dal patogeno generalista Pythium ultimum
Sebbene i patogeni siano molto numerosi la maggior parte delle piante non sono ammalate in
quanto le piante dispongono di difese che le proteggono dall’attacco dei patogeni
• le difese delle piante sono articolate in chimiche e strutturali dove ciascuno dei due tipi risulta
essere costitutivo oppure inducibile, entrambe le difese hanno un costo energetico
• il costo delle difese costitutive risulta implicito nel piano di sviluppo mentre il dispiegarsi delle
difese inducibili risulta in grado di impattare negativamente sulla crescita
Difese strutturali costitutive = tutte quelle strutture presenti sulla superficie delle
piante che possiedono la funzione di tenere lontani eventuali patogeni, includono
cuticola + materiali cerosi + peli e ghiandole + spine
Le difese costitutive di tipo chimico includono molecole che sono prodotte soprattutto in seno al
metabolismo secondario, che risulta implicato nei meccanismi di adattamento
= il fatto che le piante siano organismi sessili, l’assenza di un sistema immunitario “con memoria” e
la rincorsa tra ospiti e patogeni nell’evolvere nuove strategie di difesa e nel superarle hanno
condotto le piante a diversificare i prodotti del metabolismo secondario con funzione difensiva
I composti con funzione difensiva costitutiva comprendono fenilpropanoidi + glucosinolati +
glucosidi cianogenici + saponine + lattoni insaturi + proteine
I fenilpropanoidi (o fenoli) sono costituiti da un anello aromatico portante un gruppo
OH legato ad una catena a tre atomi di carbonio (propano) in posizione para rispetto
all’idrossile, la via biosintetica parte dallo scikimato ed attraverso la conversione
enzimatica della fenilialanina in acido cinnamico ad opera della fenilialanina
ammonio liasi porta a sintetizzare i componenti della lignina + suberina + cutina
che si assemblano per polimerizzazione complessa delle unità fenoliche
-questi composti sono localizzati a livello di parete proprio con funzione protettiva
Inoltre gli stessi fenoli di base possono essere assemblati in maniere alternative a formare composti
come gli stilbeni (resveratrolo come il maggiormente noto) + flavonoidi + tannini che oltre ad
essere degli antiossidanti possiedono attività antibiotica ed antimicotica
I glucosinolati sono dei glucosidi contenenti un atomo di zolfo e sono
caratteristici di alcune famiglie delle Brassicales, si ritrovano in forma inattiva
ma il danneggiamento della cellula li mette in contatto con l’enzima mirosinasi
che idrolizza il legame glucosidico rilasciando diversi composti inclusi gli
isotiocianati che agiscono come deterrenti nei confronti degli erbivori
I glucosidi cianogenici analogamente ai glucosinolati entrano in
contatto con enzimi idrolitici in seguito al danneggiamento dei tessuti
liberando acido cianidrico (HCN), i glucosidi sono tipicamente ma non
esclusivamente localizzati nei semi e l’esempio forse maggiormente
noto risulta quello dell’amigdalina presente nei semi di molte Rosaceae
Le saponine sono anche esse glicosidi dove l’aglicone (porzione non zuccherina) viene dato da
un triterpene oppure da uno sterolo, il nome deriva dalla pianta Saponaria officinalis un tempo
usata per lavare la lana, le saponine interagiscono con le componenti steroliche delle membrane
fungine causando la permeabilizzazione delle membrane stesse e quindi la morte dei funghi
-tra le Poaceae l’avena risulta la sola a produrre saponine rendendo questo cereale resistente
agli attacchi fungini rispetto agli altri membri della stessa famiglia
I lattoni insaturi sono esteri ciclici derivanti dalla condensazione di un gruppo alcolico e di un acido
carbossilico della stessa molecola, sono molecole con attività antibatterica ed antimicotica che
possono riguardare la competizione tra piante esercitando effetti antigerminativi ed allelopatici
Varie proteine interferiscono con lo sviluppo, la crescita o i processi infettivi di funghi + batteri +
oppure con la capacità degli animali erbivori di digerire materiali di origine vegetale
• possono essere raggruppate in alcune categorie che comprendono le idrolasi che degradano le
pareti dei patogeni (chitinasi e glucanasi per i funghi + lisozima per le pareti batteriche), proteine
(quali le lectine) capaci di legare la chitina della parete fungina interferendo con la sintesi e quindi
disturbando l’accrescimento dei funghi, inibitori della crescita fungina e batterica (defensine e
tionine), proteine capaci di inattivare i ribosomi (RIP) che agiscono mediante la deadenilazione
dell’RNA ribosomale impedendo la replicazione del genoma virale
Le difese costitutive sono sempre presenti pertanto quando una pianta subisce un attacco da parte di
un patogeno ed il patogeno viene riconosciuto come tale risponde attivando le difese inducibili
Le difese strutturali inducibili consistono nel rinforzo delle strutture di parete mediante
ispessimento (deposizione di cellulosa e materiale di matrice oppure di callosio) ed irrobustimento
(produzione di cutina + suberina + lignina), le zone rinforzate possono contenere molecole con
funzione difensiva pertanto il confine tra “strutturale” e “chimico” si sfuma
Nelle difese chimiche inducibili si attiva la produzione di diverse molecole dove le due categorie
importanti risultano essere le fitoalessine e le proteine di patogenesi (PR)
• le fitoalessine non sono composti appartenenti ad un’unica famiglia chimica, si tratta di molecole a
basso peso molecolare appartenenti a diverse categorie chimiche quali stilbeni + flavonoidi +
isoprenoidi, le fitoalessine sono di norma assenti o molto poco concentrate nelle piante sane mentre
compaiono rapidamente per sintesi de novo in piante soggette ad un attacco di patogeni, esse
esplicano con efficacia la loro azione aspecifica che consiste soprattutto nell’inibizione della
crescita microbica solo negli stadi immediatamente successivi all’infezione, l’accumulo tardivo di
fitoalessine non riesce a contenere l’attacco da parte dei patogeni
• le proteine di patogenesi sono state originariamente individuate come differenzialmente espresse
in piante di tabacco infettate dal virus del mosaico, oggi sappiamo che si tratta di un’ampio gruppo
di proteine la cui espressione venne osservata in diverse specie vegetali in seguito all’esposizione ad
uno stress biotico od abiotico, le PR non costituiscono una “famiglia” in senso biochimico in quanto
hanno sequenza + struttura + attività + bersagli di azione di tipo diverso ma sono accumunate dal
far parte del sistema di difesa della pianta e di essere espresse in seguito ad induzione
Sulla base sia delle loro sequenze amminoacidiche che delle loro attività sono state suddivise in 17
famiglie identificate attraverso un numero che ne identifica l’ordine di scoperta
= b-1,3-glucanasi (PR-2), chitinasi (PR-3 + PR-4 + PR-8), inibitori delle proteasi (PR-6),
perossidasi (PR-6), ribonucleasi (PR-10), per alcune proteine venne individuata una generica
attività antifungina (PR- 1), in altri casi l’attività non risulta nota in dettaglio (PR-17)
Le piante sotto attacco sono capaci di mettere in atto una serie di risposte difensive di tipo attivo ma
tuttavia risulta necessario che le piante riconoscano i patogeni come tali, il riconoscimento dei
patogeni viene mediato dalla percezione di strutture molecolari conservate e caratteristiche dei
patogeni che sono state definite microbe-associated molecular patterns (MAMPs)
• tra le molecole che appartengono ai MAMPs troviamo il peptidoglicano dell’involucro batterico, i
componenti dei flagelli, i costituenti della parete fungina e della parete degli oomiceti
La presenza dei MAMPs viene percepita dalla pianta mediante dei recettori posizionati sul
plasmalemma e detti pattern recognition receptors (PRR) dove se si giunge a stimolare questi
recettori significa che le barriere passive sono state superate
Il primo recettore di PAMP ad essere scoperto LRR-RK FLS2 di Arabidopsis risulta capace di
riconoscere un epitopo conservato della flagellina batterica costituito da 22 amminoacidi (flg22),
appena si forma il legame viene reclutato anche LRR-RK BAK1 che funziona da co-recettore
essendo indispensabile per l’attivazione della via di risposta immunitaria
= ortologhi di FLS2 sono stati ritrovati in diverse specie, in altri casi ulteriori domini della flagellina
possono essere riconosciuti ma in tutti i casi il riconoscimento avviene a livello superficiale
Ulteriori esempi di molecole riconosciute da recettori di superficie sono quelli che riguardano il
fattore di elongazione batterico (EF) riconosciuto da LRR-RK EFR sia in Arabidopsis che nelle
altre Brassicaceae, ed il peptidoglicano che si lega a due proteine del tipo “receptor like protein”
con domini ricchi di lisina (LYM) quali At LYM1 ed At LYM3
Nel caso dei funghi una delle molecole tipicamente riconosciute risulta essere la chitina, i sistemi di
riconoscimento sembrano essere differenti a seconda dei taxa
Il riconoscimento dei MAMPS da parte dei recettori PRR e l’attivazione delle risposte inducibili
sfociano in una prima forma di immunità detta PTI (pattern triggered immunity), non solo i
MAMPs possono promuovere l’attivazione della PTI ma anche alcune molecole endogene (prodotte
dalla pianta) possono essere percepite da recettori di tipo PRR ed attivare la PTI, queste molecole
sono spesso oligomeri che si producono in seguito all’attacco di patogeni quali frammenti di parete
= nel complesso si parla di DAMPs (damage-associated molecular patterns)
Complessivamente MAMPs e DAMPs sono classificati come elicitori ovvero segnali riconosciuti
dalla pianta ospite come indice della presenza di un patogeno e capaci di promuovere l’attivazione
di una risposta difensiva, in anni recenti sono allo studio metodi che sfruttino gli elicitori per
promuovere l’attivazione delle difese delle piante e stimolarne quindi la capacità difensiva
riducendo la somministrazione di molecole tossiche
Le risposte innescate dalla PTI possono essere sufficienti a contrastare l’attacco di un patogeno ma
tuttavia alcuni microrganismi hanno sviluppato la capacità di superare la PTI rilasciando alcune
molecole dette effettori che sopprimono le misure difensive della pianta
• gli effettori possono essere proteine o metaboliti secondari, in alcuni casi sono rilasciati
nell’apoplasto (soprattutto da parte di patogeni necrotrofici) in altri casi sono rilasciati direttamente
all’interno delle cellule vegetali (prevalentemente da patogeni biotrofici)
Tra gli effettori rilasciati nell’apoplasto ritroviamo tossine + enzimi che degradano la parete (cell
wall-degrading enzymes, CWDE) + fattori di virulenza + proteine ricche di cisteina
Gli effettori possono impedire il riconoscimento di MAMPs o prevenire quello dei DAMPs:
1) inibendo l’attività degli enzimi idrolitici (chitinasi + glucanasi + idrolasi)
2) legando e quindi mascherando la chitina mediante motivi ricchi di lisina (LysM)
3) bloccando le difese della pianta, ad esempio la coronatina prodotta da Pseudomonas syringae
risulta un analogo dell’acido jasmonico e blocca quindi l’azione dell’acido salicilico
Le piante incapaci di rilevare la presenza degli effettori e di contrastare la loro azione sono destinate
ad ammalarsi viceversa quelle che riconoscono la presenza degli effettori possono dispiegare una
seconda linea difensiva detta ETI (effector-triggered immunity), la presenza degli effettori viene
individuata da recettori che sono codificati dai geni di resistenza (R genes)
La maggior parte dei recettori risulta di tipo NB-LRR (nucleotide binding-leucine rich repeat) ma
ne esistono anche di altro tipo, dato che ogni effettore viene codificato da un gene del patogeno
come per ogni recettore della pianta la ETI venne definita in passato immunità gene-per-gene ad
indicare nella disponibilità del recettore la capacità di reagire in seguito alla presenza di un
effettore, questa definizione viene superata da quella di ETI non soltanto nella terminologia ma
anche per l’osservazione che singoli recettori potevano percepire la presenza di effettori diversi
Sia con la PTI che con la ETI le piante attivano un’insieme di risposte immunitarie:
1) la chiusura degli stomi per prevenire l’ingresso di batteri o funghi
2) la diminuzione del trasferimento di nutrienti per limitare la crescita degli organismi patogeni
3) la generazione di ROS, specie reattive dell’ossigeno tossiche per le cellule dei patogeni
4) il rilascio intracellulare di ioni calcio, rilevato mediante l’osservazione di “picchi di calcio”
5) la produzione di ormoni (jasmonato + etilene + acido salicilico)
6) la produzione e secrezione di molecole antimicrobiche quali le fitoalessine
7) la sintesi di proteine correlate con la difesa come le pathogenesis related proteins, PR proteins
8) l’attivazione di MAP chinasi (mitogen activated protein kinase, MAPK)
9) l’ispessimento delle pareti ed una riprogrammazione della trascrizione
10) nei siti di infezione la pianta riesce ad attivare soprattutto in seguito ad ETI dei processi di
morte cellulare programmata (programmed cell death, PCD) per isolare l’area infettata con una
forma di difesa che viene detta risposta ipersensibile (hypersensitive response, HR)
Quindi la risposta immunitaria delle piante viene articolata su due linee
= la prima (PTI) linea viene attivata in seguito al riconoscimento da parte di un recettore
transmembrana di molecole generiche che sono prodotte da microrganismi sia patogeni che non
mentre la seconda linea (ETI) risponde ai fattori di virulenza dei patogeni in modo specifico
mediante recettori intracellulari o di membrana, la differenza nella risposta dispiegata da PTI e ETI
consiste nella maggior durata ed intensità della risposta di difesa nel caso della ETI tanto che la
morte cellulare programmata viene normalmente associata a questa seconda linea di difesa,
entrambe le linee possono sfociare in fenomeni di resistenza indotta
• l’attivazione di un solo recettore immunitario da parte di un elicitore promuove risposte che
devono essere modulate e coordinate con il metabolismo della pianta per massimizzare la fitness,
l’integrazione dei segnali viene probabilmente mediata da reti regolative di fattori di trascrizione
Rilevata la presenza dei patogeni occorre attivare le difese della cellula e dell’intero organismo
Quando un recettore percepisce la presenza di un elicitore si attivano i canali del calcio sul
plasmalemma causando un’incremento di concentrazione del calcio nel citoplasma,
contemporaneamente si osserva anche l’apertura di altri canali ionici risultando in una fuoriuscita
degli ioni OH-/K+ e nell’ingresso dello ione H+, il picco di concentrazione dello ione Ca2+
determina l’attivazione di un percorso che porta alla formazione di specie reattive dell’ossigeno
Il primo passo vede la produzione per via enzimatica dello ione superossido (O2-) che liberato
nell’apoplasto si trasforma con una dismutazione in un’altra ROS detta perossido di idrogeno
(H2O2), la dismutazione risulta spontanea in ambiente acquoso (e favorita in ambiente acido come
quello della parete) oppure mediata da enzimi della famiglia delle superossido dismutasi (SOD)
In presenza di metalli di transizione come ferro/rame lo
ione superossido ed il perossido di idrogeno possono dare
luogo alla formazione del radicale idrossile con un processo
che si svolge in due passaggi detto reazione di Fenton
Le ROS sono molecole tossiche che attivano reazioni a catena di ossidoriduzione con la formazione
di vari intermedi estremamente reattivi partendo dalle molecole biologiche, una piccola quantità di
ROS si forma normalmente nelle cellule in seguito ai processi di trasporto elettronico oltre che in
compartimenti cellulari deputati allo svolgimento di ossidoriduzioni, si stima infatti che circa l’1%
dell’ossigeno consumato dalle piante sia indirizzato alla produzione di ROS
Le cellule hanno evoluto meccanismi deputati ad eliminare gli eccessi di queste specie chimiche, il
perossido di idrogeno viene normalmente trasformato in H2O + O2 in seguito all’intervento di
enzimi come le ascorbato perossidasi (APX) e le catalasi (CAT) oppure reagendo con un’ampia
serie di molecole ben note per la loro attività antiossidante quali antociani + acido ascorbico
(vitamina C) + flavonoidi + carotenoidi + glutatione
In presenza di patogeni la produzione di ROS risulta innescata dalla cellula stessa e l’aumento di
concentrazione di queste molecole viene detto “burst ossidativo”, le ROS agiscono in prima istanza
sulle membrane danneggiandole e determinando la formazione di ulteriori specie chimiche di tipo
radicalico (fortemente reattive) e solo successivamente come segnale
Tra le ROS prodotte dalla cellula vegetale sotto attacco H2O2 riveste un ruolo primario che si
esplica negli spazi intercellulari + nella parete + all’interno della cellula stessa
• negli spazi intercellulari il perossido di idrogeno esercita la sua azione tossica diretta sulle cellule
del patogeno danneggiandone le membrane mediante l’ossidazione dei lipidi
• nella parete della cellula vegetale sotto attacco causa un’irrobustimento della parete stessa
promuovendo la formazione di legami crociati tra le glicoproteine ricche di idrossiprolina
• infine H2O2 risulta in grado di attraversare le membrane della cellula vegetale anche grazie
all’incremento di pH dovuto al rilascio di ioni OH- che attiva le perossidasi presenti nell’apoplasto
ed induce l’ulteriore produzione di H2O2, all’interno della cellula funge da messaggero secondario
per l’attivazione delle risposte di difesa quali la sintesi di proteine o l’attivazione della morte
cellulare programmata legata alla risposta ipersensibile
L’attivazione delle risposte inducibili prevede una serie di passaggi:
1) in presenza di un patogeno la pianta riconosce la presenza di un elicitore (MAMPs o DAMPs)
promuovendo il burst ossidativo e la lignificazione della parete
2) la membrana cellulare della cellula sotto attacco va incontro a perossidazione degradandosi e
questo evento viene percepito dalle cellule circostanti
3) queste ultime reagiscono andando incontro a morte cellulare programmata (programmed cell
death, PCD) con quella che viene detta reazione di ipersensibilità (hypersensitive response, HR)
4) il risultato vede la cellula originariamente sotto attacco circondata da cellule morte per PCD
Nel contempo le cellule liberano anche fitoalessine + composti fenolici + lignificano
le pareti ingabbiando efficacemente il patogeno ed impedendogli di diffondersi +
rilasciano composti che promuovono l’acquisizione di resistenza a livello locale o
sistemico, da un punto di vista morfologico si manifesta con la comparsa di zone
decolorate costituite dalle cellule che sono andate incontro a PCD
-quando la HR risulta rapida si ha una zona ridotta in cui le cellule vanno incontro a
PCD mentre quando la HR risulta lenta si ha una zona interessata da PCD ampia
In condizioni opportune una pianta riesce a conseguire una specie di “immunità” nei confronti dei
patogeni virulenti attraverso un fenomeno che prende il nome di induzione di resistenza (ISR)
= il prerequisito necessario vede che la pianta entri in contatto con un qualche elicitore che causi
l’attivazione dei sistemi di difesa, in questa situazione la pianta reindirizza le proprie risorse
energetiche verso i meccanismi di difesa aumentando la sintesi dei composti di risposta allo stress
ed il tasso di respirazione, la resistenza viene indotta a livello locale (local acquired resistance,
LAR) + a livello sistemico (SAR) + in seguito all’interazione con batteri della rizosfera (ISR)
SAR e LAR sono entrambe innescate da eventi di morte cellulare, quando la risposta risulta limitata
all’organo attaccato ci si trova di fronte ad una LAR mentre quando la risposta si estende anche ad
altri organi risulta corretto considerarla una SAR, l’espressione di proteine PR viene considerata un
segno affidabile dell’attivazione della SAR dove a sua volta l’espressione delle PR viene mediata
dall’acido salicilico il quale inibisce anche le catalasi e l’ascorbato perossidasi capaci di degradare il
perossido di idrogeno mantenendo alto il livello di quest’ultimo e favorendo il burst ossidativo
Risulta interessante notare che la SAR viene anche indotta da elicitori esogeni somministrati alle
piante per attivare le loro risposte di difesa prima ancora che queste entrino in contatto con
eventuali patogeni, su questo fronte si concentrano interessanti linee di ricerca che sfruttano
composti come il chitosano (un derivato deacetilato della chitina) per migliorare la resistenza delle
piante verso svariate malattie ed in particolare le virosi
L’ISR viene indotta da batteri promotori della crescita (plant growth-promoting bacteria, PGPB) che
colonizzano la superficie radicale come ceppi non patogeni di diverse specie, l’ISR viene mediata
dall’etilene e dall’acido jasmonico ovvero due sostanze con funzione di ormoni nelle piante, inoltre
a differenza della SAR/LAR non si manifesta in conseguenza di lesioni necrotiche (come la HR)
• endomicorrize dove le
ife fungine entrano nella
radice e superano la
parete cellulare
prendendo contatto con
il plasmalemma
• ectomicorrize dove
le ife fungine si
posizionano sia sulla
superficie esterna che
tra l’epidermide ed i
primi strati corticali
Le ife dei funghi risultano essere sempre settate ad eccezione delle micorrize arbuscolari, nelle
ectomicorrize/ectoendomicorrize riconosciamo Ascomiceti e Basidiomiceti mentre nelle
endomicorrize riconosciamo funghi diversi in relazione al tipo di micorriza osservato
• le micorrize arbuscolari hanno i Glomeromiceti come loro tipico e caratteristico gruppo di funghi
Le ectomicorrize/ectoendomicorrize si trovano sia nelle Angiosperme che nelle Gimnosperme
mentre le endomicorrize in relazione al tipo si presentano in gruppi di piante abbastanza dettagliati
• le micorrize arbuscolari le troviamo in Briofiti + Pteridofiti + Gimnosperme + Angiosperme
Micorrize arbuscolari (AM) = queste simbiosi riguardano tutte le tipologie di piante terrestri ma
possono essere rare in Brassicacee + Cariofillacee + Chenopodiacee + Poligonacee, almeno l’80%
delle specie vegetali risulta in grado di formare delle micorrize arbuscolari che possono anche
presentarsi in numerosi tipi a livello della stessa pianta, i funghi coinvolti vennero inizialmente
classificati nella Famiglia Endogonacee Genere Endogone (Zigomiceti) e solo successivamente nel
Phylum Glomeromycota, nel 2016 la riorganizzazione del Phylum Zygomycota riconosce i
Mucoromycota con il Subphylum Glomeromycotina caratterizzante le micorrize arbuscolari, il
riconoscimento su base morfologica si basa sulle caratteristiche microscopiche delle spore
Reperti fossili ritrovati dagli anni 1990 in poi dimostrano che organismi con
organizzazione simile agli attuali funghi AM esistevano nel Devoniano oltre 450
milioni di anni fa, le strutture ritrovate sono state sia spore che radici con
colonizzazione (ife ed arbuscoli), probabilmente la simbiosi ha giocato un ruolo
rilevante nella colonizzazione delle terre emerse da parte delle prime piante terrestri
-immagini di fossili dove riconosciamo una struttura vegetale con una porzione centrale
contenente i tessuti di conduzione + parenchima corticale + strato epidermico,
all’interno di queste strutture sono state osservate delle cellule che contenevano
strutture fungine simili a quelle dei funghi micorrizici arbuscolari,
una caratteristica risulta la formazione di vescicole con funzione di riserva
Le micorrize arbuscolari presentano come strutture caratteristiche gli arbuscoli e le vescicole ma le
vescicole non vengono formate da tutti i funghi AM, le ife sono usualmente non settate mentre le
spore sono specie-specifiche, si distinguono inoltre diverse modalità di colonizzazione delle radici
(Paris e Arum Type) ed in generale i funghi AM non colonizzano la stele e l'apice radicale
• nell’Arum Type la colonizzazione si svolge in maniera lineare, delle ife fungine decorrono
linearmente e parallelamente all’asse principale della radice, la crescita risulta esterna alle cellule e
frutta gli spazi intercellulari per formare delle ramificazioni che entrano nella parete cellulare
• nel Paris avviene un passaggio di cellula in cellula senza la presenza di ife cellulari che decorrono
linearmente e parallelamente all’asse principale della radice, dove le cellule formano dei gomitoli
-fotografia di un arbuscolo, notiamo una colonizzazione Arum Type con ife che
corrono parallele sia alla superficie della cellula che alla superficie della radice, una
ramificazione porta all’interno della cellula, delle ramificazioni dicotomiche vedono
la produzione di ife finissime = superficie di scambio a contatto con il plasmalemma
Le ectomicorrize sono
caratterizzate dalla
presenza dei funghi
che sono uguali alle
ectoendomicorrize
• vedono ife fungine settate
di funghi appartenenti ai
Basidiomiceti o agli
Ascomiceti, gli ospiti
includono sia Angiosperme
che Gimnosperme
Le radici sono state colonizzate dal fungo che risulta abbondantemente presente sulla
superficie, gli apici assumono una forma a clava, cambia completamente il modello di
sviluppo delle ramificazioni delle radici in quanto viene a crearsi un modello dicotomico
• solitamente la radice primaria vede delle ramificazioni laterali che prendono origine dal
periciclo, nella ramificazione dicotomica il fungo impone il suo modello di sviluppo alla pianta
Nell’ectomicorriza sono necessari tre requisiti = deve essere presente un mantello o micoclena
ovvero uno strato di ife fungine che rivestono la superficie esterna della radice, deve essere presente
un gruppo di ife a costituire il reticolo di Hartig che entra nella radice diffondendosi da cellula a
cellula, deve essere presente un micelio esterno ovvero un insieme di ife che diffondono nel suolo
Si tratta di un’associazione simbiotica molto antica, dati molecolari (orologio biologico)
suggeriscono un’età superiore a 50 milioni di anni mentre dati fossili (relativi alle Pinacee)
indicano un’età superiore a 130 milioni di anni
Le ectomicorrize vedono il 3% di tutte le piante superiori prevalentemente arboree concentrate nelle
Famiglie Pinaceae, Fagaceae, Myrtaceae ovvero le principali piante forestali alle diverse latitudini
• anche le Famiglie Rosaceae (Dryas) + Cistaceae (Heliantemum) + Polygonaceae (Polygonum
viviparum) vedono la presenza di ectomicorrize mentre i Generi Salix + Populus + Eucalyptus +
Alnus possono presentare sia delle ectomicorrize che delle endomicorrize
-Dryas octopetala -Heliantemum canum -Polygonum viviparum
I funghi che formano ectomicorrize vedono un’ampio numero di specie appartenenti ad Ascomiceti
e Basidiomiceti che vengono anche riscontrati nelle ectoendomicorrize, dal punto di vista
morfologico sono in grado di creare delle rizomorfe ovvero un cordone di ife che permette le
esplorazioni del territorio a grandi distanze al fine di raccogliere i nutrienti dal substrato di crescita
-Tuber come specie che forma ectomicorrize, numero relativamente alto di funghi e
numero relativamente basso di vegetali che caratterizza una maggiore specificità di
interazione, si nota la struttura del corpo fruttifero con funzioni riproduttive
-Amanita muscaria con tipica struttura caratterizzata da gambo e cappello, fungo tossico
potenzialmente mortale in dosi elevate, colori vivaci come possibilità di avvertimento
Punto di vista microscopico di una radice colonizzata da un fungo ectomicorrizico,
strato esterno di cellule epidermiche nel cui mezzo si insinuano le ife fungine al fine di
massimizzare la superficie di scambio, superficie esterna della radice completamente
rivestita dalle ife che formano il mantello, all’interno risulta presente il reticolo di Hartig
-radice di eucalipto colonizzata da un fungo ectomicorrizico, apice + zona posteriore
che va differenziandosi, all’esterno sulla superficie la micoglena caratterizza il
mantello di ife fungine, le ife entrano nell’epidermide per formare il reticolo di Hartig
-confronto tra un’apice non micorrizato ed un’apice ectomicorrizato di eucalipto nella zona
della radice primaria, nella radice non micorrizata notiamo il meristema apicale + cuffia
con le cellule mucillaginose + forma ogivale delle radici, nella gemma della radice laterale
ectomicorrizata notiamo la modificazione della struttura dell’apice radicale che assume una
forma clavata con l’avvio delle ramificazioni dicotomiche
-notiamo cosa succede ad una radice ectomicorrizata quando si forma una nuova radice laterale,
all’esterno si trova il micelio della micoglena che forma il mantello mentre a livello del
periciclo si osservano delle zone in cui sono state avviate divisioni cellulari che porteranno alla
formazione di radici laterali, le radici attraversano la zona parenchimatica fino a raggiungere
l’epidermide per fuoriuscire all’esterno, la nuova radichetta risulta avvolta dalla micoglena
-la nuova radichetta incontra le ife fungine ectomicorriziche che proliferano avvolgendo tutta
la struttura, dopo poco tempo viene a prodursi un mantello di ife fittissimo che determina una
forma a clava della radice = instaurarsi di una simbiosi completa
Sono note oltre 1,5 milioni di specie di viventi ma molte non sono sicuramente conosciute
• lo studio dell’evoluzione, della tassonomia e della sistematica risulta in grado di aiutarci ad
affrontare questi temi: come si sono formate tante e diverse forme di vita? + come possiamo
classificarle per studiarle e conoscerle? + esiste un’ordine in questa enorme varietà?
La maggior parte delle specie note sono state definite mediante una serie di caratteristiche ovvero
sono specie fenetiche, in molti casi sono conservati esemplari tipo che diventano un riferimento con
cui confrontarsi per stabilire se un individuo appartenga o meno alla stessa specie
• in alcuni campi di studio risulta utile un test di incrocio dove due individui appartengono alla
stessa specie quando possono accoppiarsi e dare origine ad una progenie fertile, una specie definita
in questo modo viene detta specie biologica tuttavia il test di incrocio non risulta sempre praticabile
L’evoluzione risulta essere la causa della biodiversità, i modelli evolutivi spiegano al meglio la
grande variabilità di forme viventi ed un enorme numero di riscontri conferma le teorie evolutive
Charles Darwin ed Alfred Wallace hanno formulato la moderna teoria evoluzionista a metà
del XIX secolo, Darwin elabora l'origine delle specie (1859) come teoria complessiva
supportata da un’enorme lavoro di ricerca su prove riguardanti sia l’evoluzione in natura
che l’agricoltura e l’allevamento operati dall’uomo
Concetti principali = in una popolazione la progenie di alcuni individui presenta caratteri modificati
rispetto ai genitori + le popolazioni di viventi producono una progenie molto numerosa rispetto a
quella che risulta essere sostenuta dall’ambiente + la progenie meglio adattata alle caratteristiche
dell’ambiente si riproduce in maniera abbondante, Darwin parla di selezione naturale + la
ripetizione nel tempo (e per tempi molto lunghi) dei tre fattori sopra elencati risulta in cambiamenti
molto grandi dei caratteri ereditari e quindi nelle caratteristiche dei viventi
In una popolazione la progenie di alcuni individui presenta caratteri modificati rispetto ai genitori
• le variazioni che si osservano nella progenie possono dipendere dalle mutazioni e dalle
ricombinazioni che sono due tipi di eventi che riguardano il DNA, anche l’ibridazione e le
endosimbiosi possono intervenire a causare questo genere di modifiche
Le popolazioni di viventi producono una progenie molto numerosa rispetto a
quella che risulta essere sostenuta dall’ambiente, Malthus aveva notato che le
popolazioni tendono ad avere un tasso di crescita lento all’inizio e che procede
in maniera esponenziale successivamente, il tasso di crescita risulta molto
veloce rispetto al tasso di nutrienti e quando le due curve si incrociano viene
raggiunto il “momento di crisi” in quanto le risorse non sono illimitate
La progenie meglio adattata alle caratteristiche dell’ambiente si riproduce in maniera abbondante e
secondo Darwin la selezione risulta essere la forza che guida l’evoluzione, Darwin prese ad
esempio le selezioni compiute da agricoltori ed allevatori dato che in natura molti agenti selettivi
possono operare contemporaneamente agendo sullo stesso carattere in modi diversi
Si distinguono una selezione direzionale, una selezione stabilizzante ed una selezione diversificante
Quando una popolazione risulta sufficientemente
ampia i dati in suo possesso vengono distribuiti
all’interno di una distribuzione normale
Selezione direzionale
Selezione stabilizzante
Selezione diversificante
L’evoluzione risulta anche in grado di manifestarsi
attraverso dei fenomeni che possono portare ad
un’evoluzione divergente, ad una convergenza
evolutiva o ad una coevoluzione
Darwin non conosceva il modo in cui i caratteri ereditabili sono mantenuti e trasmessi
• all’incirca contemporaneamente a Darwin il monaco tedesco Gregor Mendel compie alcuni
esperimenti incrociando piante di pisello con caratteristiche differenti, i risultati gli permettono di
comprendere che i caratteri sono ereditati con proporzioni matematiche precise pertanto la genetica
risulta essere una scienza quantitativa, i risultati di Mendel saranno riscoperti solo nel XX secolo
Hardy e Weinberg applicano un modello teorico allo studio delle popolazioni ponendo cinque
condizioni = non avvengono mutazioni, non ci sono migrazioni, la riproduzione avviene con incroci
casuali, non avviene selezione naturale, la popolazione risulta essere molto grande
• in queste condizioni due alleli di uno stesso gene manterranno proporzioni costanti in una
popolazione definendo l’equilibrio di Hardy-Weinberg, all’opposto quando due alleli presentano
variazioni di proporzione significa che una delle condizioni non viene rispettata
1) in popolazioni piccole eventi casuali possono influenzare la proporzione tra due alleli per
esempio eliminando tutti gli individui che portano un certo allele = effetto della deriva genica
2) quando una piccola popolazione viene fondata partendo da una popolazione molto grande si va
incontro all’effetto del fondatore, il piccolo gruppo dei fondatori possiede caratteristiche particolari
che non sono quelle medie della popolazione originaria di partenza
Risulta bene tener presente che la selezione naturale di per se non
aumenta il numero di specie, gli eventi di speciazione richiedono
l’isolamento riproduttivo e la selezione direzionale
• fattori che possono essere alla base dell’isolamento riproduttivo
sono l’isolamento geografico, la poliploidia e l’ibridazione
In base alla scala dei cambiamenti si riconoscono i livelli di microevoluzione e macroevoluzione
La tassonomia risulta essere la scienza che si
occupa di dare un nome alle forme viventi, occorre
avere nomi accettati da tutti ed un sistema formale
di assegnazione dei nuovi nomi
Fino al XIX secolo si riconosceva solo l’esistenza
dei due regni Animali e Piante, il regno delle
piante fu successivamente diviso nei quattro nuovi
regni Monera + Fungi + Plantae + Protista
Se tutti gli organismi originano da un antenato comune (LUCA) possiamo pensare di costruire uno
schema dove questo antenato comune costituisce la base da cui diparte un “fusto” che si suddivide
in rami ognuno dei quali rappresenta una specie, la disciplina che compie questi studi risulta essere
la sistematica filogenetica ed il tipo di diagramma che si ottiene viene detto albero filogenetico
• risulta un campo di ricerca molto attivo che si avvantaggia delle tecniche di cladistica, della
disponibilità di calcolatori rapidi e di un’enorme mole di dati relativi al DNA di molti organismi
I cladogrammi vedono cladi raggruppati in base alla
similitudine dei caratteri, il punto di separazione viene
detto nodo mentre il nodo basale viene detto radice
• le tecniche della cladistica aiutano ad individuare
l’albero migliore, il numero di nodi che separano due
rami rappresenta la vicinanza dei due taxa considerati
Risulta possibile ruotare attorno ad un nodo in modo libero pertanto i due
cladogrammi rappresentati sono del tutto equivalenti, il triangolo in
corrispondenza di B sottolinea la presenza di un gruppo di specie
Possiamo valutare nella stessa maniera le diverse ramificazioni tuttavia non abbiamo
la radicazione pertanto manca il fattore tempo, cladogramma meno informativo
Spesso sono possibili dei cladogrammi alternativi, il principio di parsimonia ci
permette di scegliere quello “giusto” ovvero il grafico spiegabile attraverso il minor
numero di variazioni
Istituisco una tabella a doppia entrata, alcuni caratteri
sono quantitativi mentre alcuni caratteri sono qualitativi
in quanto nelle analisi cladistiche vengono presi in
considerazione maggior caratteri possibili
• in prima istanza viene prodotto un cladogramma non
radicato, per determinare il senso del tempo si inserisce
nell’analisi un gruppo esterno detto outgrout
Tutti i taxa scelti formalmente dovrebbero essere monofiletici, ovvero dovrebbero
appartenere ad un gruppo dove tutti i componenti possiedono un antenato comune
Il DNA risulta essere una molecola stabile le cui sequenze di maggior interesse sono nell’rRNA 16s
Consideriamo cinque specie animali con
un sequenziamento di 32 nucleotidi,
l’allineamento viene effettuato trovando
sia le sequenze identiche all’interno di
una posizione che le sequenze identiche
con un piccolo sfasamento di posizione
Il riallineamento individua delle zone
colorate che non presentando delle
variazioni risultano poco interessanti
In posizione 5-12-13 la presenza di
delezioni porta all’eliminazione in fase
di conteggio, pertanto rimangono di
interesse la posizione 9-10-15-22-23-27
Identifichiamo all’interno di uno schema le
posizioni di interesse, un cladogramma non
radicato rappresenta le cinque specie al
livello terminale di ciascun ramo formato
Prendiamo il primo schema dove partendo per convenzione dalla specie 1
individuiamo la base presente a livello nucleotidico per ciascuna posizione e
quanti cambiamenti sono necessari per percorrere il cladogramma da una posizione
all’altra, ogni cambiamento che dobbiamo effettuare viene rappresentato attraverso
un trattino del colore corrispondente alla posizione considerata
Ripetiamo questo processo per ciascuna delle altre cinque posizioni sia
per ottenere lo schema del primo cladogramma che per ottenere lo
schema del secondo cladogramma, conto infine i cambiamenti necessari
• 12 mutazioni complessive a livello del primo cladogramma + 10
mutazioni complessive a livello del secondo cladogramma, dato che il
secondo cladogramma richiede il minor numero di mutazioni per essere
generato risulta quello parsimonioso e probabile = cladogramma scelto
La specie 5 rappresenta l’outgroup che permette l’ottenimento di un cladogramma radicato
I CIANOBATTERI = i primi resti fossili in rocce risalgono a 2.5 miliardi di anni fa, sono i primi
organismi capaci di fotosintesi ossigenica (clorofilla a + fotosistema II) dove l’accumulo di
ossigeno nell’atmosfera ha permesso l’evoluzione di organismi aerobi e la respirazione, sono
presenti in oceani + acque dolci + suolo + zone artiche + deserti + sorgenti termali, sono organismi
capaci di fotosintesi anossigenica e respirazione anaerobica basate sullo zolfo, molte specie possono
fissare l’azoto atmosferico, hanno piccole dimensioni (0.2-5 micron) e formano delle colonie
-colonie di Cianobatteri che formano filamenti detti tricomi, le cellule
sono rappresentate dalle linee trasversali verdi che si associano tra loro
Morfologie di Cianobatteri sia in forma solitaria che in forma coloniale, una matrice
mucillaginosa tiene insieme le diverse cellule e viene rilasciata all’esterno dalle stesse
Struttura di una cellula Cianobatterica con una parete ed una guaina
esterna, un plamalemma sotto la parete, una zona periferica interna detta
cromatoplasma contenente i tilacoidi sulla cui superficie sono presenti i
ficobilisomi, una zona centrale interna detta centroplasma contenente
DNA + polifosfati + ribosomi + amido delle cianoficee + vacuoli gassosi
La parete risulta complessa ed i Cianobatteri risultano essere Gram negativi in cui si osservano
quattro strati, il secondo strato contiene mureina ovvero un glicopeptide formato da acido N-acetil-
muramico + N-acetil-glucosammina + acido D-glutammico + D-alanina + acido diamminopimelico
• questo risulta essere lo strato maggiormente rigido e robusto che conferisce forma e protezione
Gli strati esterni sono formati da proteine + fosfolipidi + lipopolisaccaridi, pori presenti nella parete
permettono la secrezione di mucillagine che protegge dalla disidratazione e costituisce la guaina, le
membrane sono costruite sul modello a mosaico fluido ma contengono glicosil-gliceridi e mancano
di colesterolo (come le membrane interne dei plastidi)
L’organizzazione del cromatoplasma permette di discriminare tra le due classi dei Cianobatteri
1) Cyanophyceae dove il centroplasma ha una struttura lamellare formata da tilacoidi singoli e
concentrici senza connessioni, il cromatoplasma risulta colorato per la presenza di pigmenti
fotosintetici (clorofilla a + beta carotene + xantofille + ficobiliproteine) dove le ficobiliproteine sono
presenti anche in alcuni gruppi di Alghe eucariote (Glaucocystophyta, Rhodophyta e Cryptophyta)
• una ficobiliproteina (C-ficocianina di colore azzurro) risulta molto abbondante nelle
Cyanophyceae mascherando il verde della clorofilla, in alcune specie ed in particolari condizioni
ambientali risulta prevalere quantitativamente un’altra ficobiliproteina detta C-ficoeritrina di colore
rosso (Trichodesmium erythraeum responsabile delle colorazioni del Mar Rosso)
2) Prochlorophyceae dove il cromatoplasma risulta formato da lamelle fotosintetiche all’incirca
parallele e composte da due tilacoidi aderenti, i pigmenti fotosintetici di questa Classe sono le
divinil-clorofille a e le divinil-clorofille b che nel regno Plantae sono note come precursori delle
clorofille, la presenza di ficobiliproteine risulta ristretta a pochi casi particolari
Ficobiliproteine organizzate in ficobilisomi semidiscoidali, troviamo delle ficocianine
disposte attorno ad un core di alloficocianine mentre esternamente alla struttura sono
organizzate le ficoeritrine, il tutto risulta ancorato alla membrana tilacoidale
In tutti i Cianobatteri nello spazio tra i tilacoidi si osservano dei piccoli granuli detti amido delle
cianoficee che caratterizzano la sostanza di riserva di questi organismi, questo risulta essere un
polimero di glucosio strutturalmente simile all’amilopectina delle piante
Nel centroplasma troviamo dei corpi poliedrici che contengono la RUBISCO, delle sostanze di
riserva (cianoficina come proteina composta da arginina ed acido aspartico + granuli di polifosfati
detti volutina), DNA cromosomico come una singola molecola circolare non legata ad istoni e DNA
extracromosomico come plasmide, ribosomi 70S, dei vacuoli gassosi con funzione di regolare il
galleggiamento e forse di proteggere da un’eccessivo irraggiamento il DNA evitando danni da UV
La normale moltiplicazione avviene per fissione (scissione binaria) preceduta dalla duplicazione del
genoma e dalla ripartizione dei componenti cellulari tra due cellule figlie che si formano per
invaginazione della membrana, sono possibili fenomeni di ricombinazione genetica mediante
coniugazione (trasferimento del plasmide) oppure trasformazione (inglobazione di DNA esogeno)
In alcune specie di Cyanophyceae filamentose si osserva la specializzazione di
alcune cellule che si differenziano in elementi capaci di fissare l’azoto atmosferico
detti eterocisti, le eterocisti possono sia occupare la posizione basale del filamento
svolgendo anche la funzione di ancoraggio al substrato che trovarsi in posizione
intercalare nel filamento posizionandosi ogni 9-15 cellule, una volta che una
cellula risulta differenziata in eterocisti diviene incapace di divisione cellulare
-la forma delle eterocisti risulta di solito arrotondata con parete rifrangente + irrobustita +
pluristratificata, i tilacoidi presentano una distribuzione irregolare e sono assenti i ficobilisomi
Le eterocisti scambiano nutrienti con le cellule vicine cedendo i prodotti della fissazione dell’azoto
e ricevendo in cambio i fotosintati, gli scambi sono garantiti da microplasmodesmi che attraversano
le pareti, le cellule vicine alle eterocisti contegono molte sostanze di riserva e possono differenziarsi
in propaguli vegetativi (strutture deputate alla moltiplicazione senza ricombinazione genica)
• si possono formare due tipi di propaguli detti ormogoni e acineti, i primi possono separarsi dalla
colonia madre per generare una nuova colonia mentre i secondi sono forme di resistenza capaci di
superare condizioni ambientali avverse restando anche quiescenti a lungo
L’azoto risulta una risorsa molto abbondante nell’atmosfera (78%) ma non di facile accesso, sono
noti una ventina di generi di batteri non fotosintetici e numerosi Cianobatteri che possiedono il
corredo enzimatico per l’azotofissazione, la fissazione dell’azoto viene compiuta da un complesso
enzimatico che prende il nome di nitrogenasi dove l’azoto molecolare viene trasformato in ione
ammonio e poi in radicale amminico (-NH2) che viene incorporato nelle molecole organiche
= il processo implica la riduzione dell’azoto dove il potere riducente viene fornito dal NADPH
mentre l’energia dall’ATP, questi composti possono provenire direttamente dalla fase luminosa della
fotosintesi oppure dall’ossidazione di zuccheri assimilati con la fotosintesi
La nitrogenasi viene inattivata dalla presenza di ossigeno pertanto la fissazione dell’azoto risulta in
grado di procedere solo in un ambiente microaerobico (a bassissima concentrazione di ossigeno)
I Cianobatteri azotofissatori possono essere di due tipi:
1) costituiti da cellule a vita solitaria oppure da cellule che vivono in colonia ma senza formare
eterocisti, in questi casi sono state messe a punto strategie per minimizzare la presenza di ossigeno
liberato durante la fotosintesi come compiere la fotosintesi di giorno e l’azotofissazione di notte
2) cellule che vivono in colonie filamentose formando eterocisti, oltre all’ispessimento della parete
che diviene meno permeabile all’ossigeno le eterocisti mancano del PSII (ossigenico) mentre risulta
presente e funzionale il PSI che produce ATP e NADPH, inoltre sono attivi i processi metabolici che
consumano ossigeno e sono presenti proteine che si legano a questa molecola
• l’azotofissazione funziona solo in assenza di composti azotati nei substrati
Un tempo noti come “Alghe azzurre” ed
inglobate nel phylum Schizophyta i
Cianobatteri sono stati successivamente
inseriti nel phylum Cyanophyta, da
quando venne compreso che sono
monofiletici con i batteri sono stati
classificati nel phylum Cyanobacteria
• i botanici li suddividono nelle due classi
Cyanophyceae e Prochlorophyceae dove la
seconda risulta correttamente classificata
nella divisione Chloroxibacteria
In totale sono noti 140 generi e 2000 specie
Cyanophyceae classificati nell’Ordine Chroococcales + Ordine Pleurocapsales + Ordine
Oscillatoriales + Ordine Nostocales + Ordine Stigonematales, le Prochlorophyceae caratterizzate
dalla presenza di divinil-clorofille sono solo unicellulari e fanno parte del picoplancton
I Cianobatteri sono stati organismi dominanti nell’era Proterozoica dove hanno
contribuito alla formazione di rocce sedimentarie di tipo calcareo dette stromatoliti
ancora osservabili in mari caldi poco profondi, una qualche ameba primordiale deve
avere inglobato un Cianobatterio senza completarne poi la digestione per dare
origine all’endosimbiosi che ha portato alla formazione degli eucarioti fotosintetici
La formazione dell’endosimbiosi fotosintetica ha comportato il trasferimento di alcuni geni dal
cromosoma batterico al nucleo, si stima che circa il 18% del DNA nucleare di Arabidopsis
(organismo modello a livello molecolare) sia di origine batterica, questo set comprende anche i
geni della cellulosa sintasi che corrisponde all’enzima chiave nella sintesi della parete dei vegetali
I Cianobatteri formano numerose simbiosi con organismi vegetali, animali e fungini
• vivono sulla superficie di alcune macroalghe, formano simbiosi con le radici di piante acquatiche,
formano simbiosi azotofissatrici con le radici delle cicadacee, formano numerose specie licheniche
con funghi ascomiceti, instaurano simbiosi con spugne + protozoi + vermi + dinoflagellati
-colonie filamentose di Nostoc importanti sia nei licheni come simbionti di funghi
che nelle cicadecee, presentano delle evidenti eterocisti
-colonia di Spirulina subsalsa dove ogni cellula rappresenta una zona della struttura
Si tratta di organismi ubiquitari presenti sia in ambienti terrestri che in ambienti acquatici, alcune
specie sono capaci di proliferare nelle sorgenti termali dove possono contribuire alla precipitazione
del carbonato dando luogo alla formazione del travertino mentre negli oceani sono tra i maggiori
produttori primari, in condizioni ambientali opportune possono riprodursi in maniera rapidissima
dando luogo a ricche “fioriture” che possono comportare ingente accumulo di biomassa ed alcuni
ceppi possono produrre dei metaboliti tossici causando morie di animali
LE ALGHE = il termine “Alghe” indica numerosi e molto diversi organismi acquatici fotoautotrofi,
questo insieme non risulta monofiletico comprendendo gruppi anche molto distanti da un punto di
vista filogenetico, abitano acque dolci + acque marine + alcuni ambienti terrestri, le dimensioni
variano da pochi micron a decine di metri, sono dette microalghe le specie unicellulari che vivono
galleggianti in un corpo idrico (fitoplancton) oppure fissate ad un substrato (microfitobenthos), sono
importantissimi produttori primari, possono vivere come cellule solitarie oppure in colonie
-diatomee nelle immagini A, B, C + dinoflagellati unicellulari nelle immagini D, E
+ desmidio nell’immagine F
Le forme coloniali sono avvolte da una mucillagine oppure da una guaina condivisa,
colonie di tipo evoluto prevedono la presenza di ponti citoplasmatici e sono dette cenobi
Le specie multicellulari sono dette macroalghe, colonizzano i substrati marini e lacustri
vicino alle coste dove le acque sono profonde in modo tale da permettere alla luce di
raggiungerle, in alcuni casi possono vivere in forme libere e flottanti (forme pleustofitiche)
• le macroalghe non sono considerate vere e proprie “piante” in quanto non presentano una
struttura di organi come quella di un tipico cormo, non di meno possono essere osservate
porzioni con l’aspetto di “foglie” (filloidi) + di fusti (caluloidi) + di radici (rizoidi)
Le Alghe sono costituite da cellule eucariotiche con un modello generale simile a quello delle piante
tuttavia possono essere presenti caratteristiche peculiari in alcuni gruppi tassonomici
• le macroalghe sono sempre dotate di parete con le consuete componenti (fibrillare e di matrice)
• alcune microalghe (una minoranza) sono prive di parete oppure questa viene ad essere sostituita da
altri tipi di involucri, la maggior parte possiedono anche un’involucro interno al plasmalemma
detto genericamente periplasto (pellicola + teca + frustulo) e che risulta essere mineralizzato
-Euglena rustica con la caratteristica pellicola fermata da strisce parallele e spiralate
Le caratteristiche dei cloroplasti ovvero l’ultrastruttura, il numero di membrane periplastidiali ed il
tipo di pigmenti hanno una notevolissima importanza per la sistematica di questi organismi
I cloroplasti di piccole dimensioni sono di solito numerosi e di forma tonda o
lenticolare mentre quelli di grandi dimensioni sono di solito singoli e di forma a
coppa + ad anello + a stella + a nastro + lobati + reticolati, non sempre si osserva
un’organizzazione in grana, nei cloroplasti di molte specie si osserva un corpo
tondeggiante (o due) detto pirenoide che contiene la RUBISCO, l’accumulo di
sostanze di riserva risulta esterno al cloroplasto con l’eccezione delle Alghe verdi
I flagelli con funzione di organi motori sono presenti in molte specie di microalghe e nella maggior
parte delle cellule riproduttive, gruppi del tutto privi di flagelli comprendono le Rhodophyta e le
Zygnemophyceae, nella maggior parte dei casi sono presenti due flagelli
Ciascun flagello risulta costituito da un assonema ancorato dentro alla
cellula che viene ad essere nudo oppure munito di peli con varia
lunghezza ed organizzazione, ogni assonema consta di 9 coppie di
microtubuli periferici organizzati lungo una circonferenza al centro della
quale si trova una coppia di microtubuli, la struttura si trova immersa da
una matrice ed avvolta da una membrana in continuità con quella cellulare
I flagelli sono classificati in base alla presenza e all’organizzazione dei peli
lungo l’assonema, se vi sono diversi flagelli questi possono essere tra loro
uguali (cellule isoconte) o diversi (cellule eteroconte) per lunghezza +
posizione + tipo di peli + tipo di orientamento, quando i flagelli sono
disposti a corona tutto intorno alla cellula si parla di cellule stefanoconte
• flagello anematico quando si ha il solo assonema senza la presenza di peli, flagello acronematico
quando si ha un piccolo ciuffo di peli all’estremità, flagello sticonematico quando si hanno flagelli
da un solo lato, flagello pleuronematico quando si hanno flagelli da entrambi i lati
Alla base dei flagelli si osserva un organo di percezione della luce di colore rosso-arancio detta la
macchia oculare o stigma, consta di alcuni globuli lipidici ed il colore risulta dovuto ai carotenoidi
Il nucleo risulta di tipo eucariotico ma in alcune specie si osservano delle peculiarità come ad
esempio nelle Dinophyceae ed Euglenophyceae dove i cromosomi sono sempre condensati, in
alcune classi si osserva una mitosi chiusa non accompagnata dalla disgregazione dell’involucro
cellulare, le divisioni cellulari possono avvenire con modalità singolari nelle diverse classi
1) riproduzione asessuale (agamica) come forma comune e spesso unica tra le microalghe, si
compie sia per semplice divisione cellulare che mediante la formazione di mitospore all’interno di
uno sporangio, le spore possono essere aploidi o diploidi coerentemente con lo stato dell’organismo
che le origina, le spore sono flagellate ma esistono spore non flagellate come forme di resistenza
• tra le macroalghe con capacità rigenerativa risulta comune la riproduzione per frammentazione
2) riproduzione sessuale mediata dalla formazione di gameti (di norma aploidi) all’interno di
gametangi in seguito a meiosi e destinati a fondersi con la fecondazione, nelle Alghe unicellulari
l’intero individuo si trasforma in gametangio mentre nelle Alghe pluricellulari i gametangi sono
distribuiti sulla superficie del tallo oppure raggruppati in sori, quando i gametangi maschili e i
gametangi femminili sono sullo stesso individuo la specie viene detta monoica mentre quando sono
su individui diversi viene detta dioica, esistono specie ermafrodite con entrambi gli organi sessuali
Il ciclo aploide (monogenetico aplofasico) risulta molto comune tra le Alghe verdi, il ciclo diploide
(monogenetico diplofasico) risulta poco frequente (diatomee, Alghe brune), il ciclo aplo-diploide
(digenetico aplo-difasico) risulta caratteristico della maggior parte delle macroalghe
Quattro su sei dei
supergruppi degli eucarioti
includono organismi
classificati come “Alghe”
Archaeplastida = corrisponde al regno “Plantae” ed include tutti gli organismi dotati di clorofilla a
Chromalveolata = organismi che hanno probabilmente acquisito i cloroplasti in seguito ad eventi di
simbiosi secondaria tra un eucariote eterotrofo ed una microalga rossa, nel corso dell’evoluzione
alcuni di questi organismi hanno perso i plastidi tornando ad una condizione di eterotrofia
riacquisendoli in casi con una simbiosi terziaria, i plastidi sono circondati da diverse membrane
Excavata = organismi monocellulari dotati di una peculiare invaginazione detta citostoma che serve
per catturare ed ingerire piccole particelle, nel phylum Euglenozoa (unicellulari flagellati) sono
presenti sia organismi eterotrofi che autotrofi dove questi ultimi possiedono un particolare tipo di
sostanza di riserva detta paramilon (polimero di glucosio con legami beta-1,3 glucosidici)
Rhizaria = organismi ameboidi dove le specie algali sono riunite nella Classe Chlorarachniophyceae
Phylum Glaucocystophyta = si tratta probabilmente dei primitivi eucarioti autotrofi, i cloroplasti di
queste Alghe sono molto simili ai Cianobatteri e per questo motivo sono considerati una prova
dell’origine endosimbiotica dei plastidi, le cellule possono essere nude o munite di parete +
flagellate o meno, i cloroplasti presentano un sottile strato di mureina (residuo della parete batterica)
tra le due membrane, i pigmenti fotosintetici sono quelli caratteristici dei Cianobatteri (con presenza
di ficobilisomi), le sostanze di riserva sono date dall’amido accumulato all’esterno dei plastidi
Phylum Rhodophyta = comprende tutte le cosiddette “Alghe rosse”, i cloroplasti non formano grana
mentre sono presenti ficobilisomi, non formano mai cellule flagellate in nessuna fase del ciclo, la
sostanza di riserva risulta essere l’amido delle floridee (un polimero di glucosio con legami alfa-1,4)
In queste Alghe sono possibili dei cicli tri-genetici, abbiamo l’organismo apolide
detto gametofito + carposporofito e tetrasporofito, dai gametofiti traggono origine
i gameti che attraverso fecondazione originano lo zigote, lo zigote si sviluppa in
un carposporofito che risulta connesso al gametofito e produce carpospore
diploidi in grado di formare il tetrasporofito, nel tetrasporofito avviene la meiosi
che produce tetraspore in grado di formare il gametofito
In passato le Alghe venivano descritte in base ai colori dei pigmenti fotosintetici
Insieme Chloroplastida = incluso negli Archaeplastida comprende tutte la Alghe con clorofilla a e
clorofilla b caratterizzate dal colore verde, il gruppo risulta diviso nei due phyla Chlorphyta e
Charophyta che non includono solo Alghe, ad esempio il phylum Charophyta vede tutte le “piante”
1) Phylum Chlorophyta, Insieme Chloroplastida, Supergruppo Archaeplastida
• sono comprese nel taxon Chlorophyta 10000 specie di Alghe verdi con un’organizzazione varia sia
del tallo che della parete, nella maggior parte delle specie la principale componente di parete viene
data dalle glicoproteine mentre in specie terrestri possono essere presenti sostanze simili alla
sporopollenina, in altri casi la parete risulta celluloso-pectica (Ulvophyceae) oppure calcificata,
alcune specie non hanno una vera parete ma un’involucro di scaglie + una teca + una lorica
Le cellule flagellate sono maggiormente isoconte con due/quattro/otto flagelli che
emergono sempre dalla parte anteriore della cellula, alcuni gameti o spore possono
avere flagelli in numero superiore, i flagelli sono di norma anematici ma in alcuni casi
si osservano peli o scaglie, la macchia oculare risulta interna al plastidio, nelle specie
di acqua dolce sono presenti vacuoli contrattili con funzione di osmoregolazione
I cloroplasti possono avere dimensioni molto diverse e forma a coppa + ad anello + a reticolo + a
nastro + a disco + lobata, sono circondati da due membrane mentre i tilacoidi possono presentare
diversi gradi di organizzazione fino a formare dei grana, i pigmenti fotosintetici comprendono
clorofilla a e clorofilla b + alfa carotene e beta carotene + xantofille, la sostanza di riserva tipica
risulta l’amido formato internamente al cloroplasto in prossimità del pirenoide (singolo o in copie)
La riproduzione sessuale quando presente riguarda cicli aploidi + cicli diploidi + cicli aplo-diploidi
dove sono state osservate isogamia + anisogamia + oogamia, il taxon ha diffusione ubiquitaria ma
la maggior parte delle specie vivono in acque dolci e poco profonde, diverse specie unicellulari
colonizzano gli ambienti terrestri mentre alcune specie formano simbiosi con licheni ed animali
Le Prasinophyceae sono microalghe talvolta coloniali e l’immagine permette di osservarne
l’ultrastruttura, flagello + nucleo + singolo cloroplasto + sostanza di riserva in forma di amido
Phylum Chryptophyta = sono Alghe unicellulari marine e d’acqua dolce, tipicamente presentano
una struttura dorso-ventrale con la parte inferiore appiattita e quella dorsale convessa, le cellule
sono munite di un periplasto proteico formato da due strati organizzati a piastre
Al polo anteriore della cellula risulta presente un citostoma che si prolunga in un
canale per concludersi in un serbatoio, dal canale si dipartono due flagelli
(uguali o diversi) muniti di peli rigidi detti mastigonemi, i cloroplasti (uno o due
per cellula) sono caratteristicamente circondati da quattro membrane dove tra le
due membrane interne e quelle esterne (originate dal reticolo endoplasmatico)
risulta presente un nucleomorfo residuo del nucleo vestigiale dell’endosimbionte
I tilacoidi formano lamelle a gruppi di due, i pigmenti fotosintetici presentano una combinazione
unica tra le Alghe caratterizzata da clorofilla a + clorofilla c2 + alfa carotene + xantofille con la
presenza esclusiva di alloxantina + Cr-ficoeritrine e Cr-ficocianine, mancano le alloficocianine e
non si formano ficobilisomi mentre ficoeritrine e ficocianine non sono mai presenti allo stesso
momento in una specie, la riproduzione avviene maggiormente per divisione, fanno parte del
nanoplancton e sono presenti in tutti i mari ma principalmente nei mari freddi prossimi ai poli,
alcune formano simbiosi con protozoi e con altre Alghe
Phylum Haptophyta = sono microalghe con diffusione prevalente nelle acque marine, sono
eterotrofe facoltative, possono presentare uno + due + diversi flagelli anematici o dotati di sottili
peli, risulta caratteristica la presenza dell’aptonema ovvero un filamento sottile posto tra i flagelli
che si avvolge a spirale che serve per l’ancoraggio al substrato o per la cattura di prede, la struttura
dell’aptonema risulta diversa dai flagelli a livello ultrastrutturale in quanto in sezione si osservano
sei microtubuli circondati da una matrice e da tre membrane concentriche
Le cellule possono essere nude o rivestite da un involucro a scaglie, queste scaglie
possono in alcuni casi contenere cellulosa ed in altri casi contenere carbonato di
calcio, la formazione di calcificazioni ha permesso la fossilizzazione ed il
ritrovamento di reperti risalenti al Carbonifero + al Cretaceo + all’Eocene
Nelle cellule sono presenti uno o due cloroplasti con lamelle formate da gruppi di tre tilacoidi, i
cloroplasti hanno una colorazione giallo-oro o giallo-bruno in seguito alla presenza di clorofille a +
clorofille c1 + clorofille c2 + clorofille c3 + beta carotene + xantofille, la riproduzione avviene per
divisione cellulare tuttavia sono stati riportati casi di cicli digenetici con l’alternanza tra stadi
immobili e stadi flagellati + stadi unicellulari e stadi coloniali + stadi bentonici e stadi planctonici
Insieme Stramenopili = detti anche straminipili (dal latino stramineus = munito di peli) sono un
gruppo molto numeroso di organismi, la maggior parte sono eterotrofi ma sono comprese anche
specie algali in passato classificate tra le Heterokontophyta, il carattere unificante viene dato dai
flagelli dove le cellule flagellate sono eteroconte con due flagelli inseriti in prossimità del polo
anteriore, il flagello di dimensioni maggiori risulta di tipo pleuronematico e rivolto in avanti mentre
quello piccolo risulta rivolto all’indietro + anematico + dotato alla base di una macchia oculare
Il flagello pleuronematico porta peli rigidi detti mastigonemi e composti da una
sezione basale + una sezione intermedia ricoperta occasionalmente da peli sottili
+ una sezione terminale con peli laterali lunghi e completata da peli terminali
I cloroplasti sono avvolti da quattro membrane mentre i tilacoidi si aggregano a formare delle
lamelle, i pigmenti fotosintetici comprendono clorofilla a + clorofilla c1 + clorofilla c2 + xantofille
Circa 600 milioni di anni fa l’attività fotosintetica ossigenica compiuta dai Cianobatteri e dalle
Alghe fece saturare gli oceani di O2 per poi passare nell’atmosfera modificandone le caratteristiche,
nella stratosfera le radiazioni solari causarono la formazione di ozono creando lo strato che scherma
le radiazioni UV, sebbene le terre emerse fossero molto diverse da quelle che possiamo osservare
oggi la fuoriuscita dall’acqua presentava alcuni vantaggi quali scambi gassosi rapidi + maggiore
disponibilità di CO2 + migliore sfruttamento dello spettro della radiazione solare, fu necessaria
l’adozione di nuovi caratteri che permettessero di vivere nelle nuove condizioni ambientali
Pareti = le pareti delle Alghe devono essere elastiche per permettere facilmente l’imbibizione
pertanto quando presente la cellulosa mostra un basso o nullo livello di organizzazione in
microfibrille, soltanto le Charophyta hanno rosette di cellulosa sintasi mentre negli altri casi
l’enzima risulta presente in forma di bastoncini, in ambiente aereo o sub-aereo la parete deve sia
fornire un supporto meccanico maggiore che contrapporsi alla pressione di turgore del vacuolo
Plastidi = uno dei fattori considerati per discriminare tra i diversi tipi di Alghe risulta essere la
composizione dei pigmenti fotosintetici, la diversificazione dei pigmenti antenna associati alla
clorofilla a ha permesso di colonizzare diverse profondità e di sfruttare diverse disponibilità di luce,
in ambiente aereo o sub-areo la disponibilità di luce non risulta limitante per cui viene persa sia la
grande diversità dei pigmenti antenna che l’associata organizzazione priva di grana dei tilacoidi, il
corredo di pigmenti caratteristico dei vegetali terrestri viene dato da clorofilla a + clorofilla b +
carotenoidi mentre il cloroplasto risulta essere organizzato in tilacoidi granali e tilacoidi intergranali
• come nelle Clorofite l’amido risulta essere la sostanza di riserva e si accumula dentro al plastidio,
in ambiente terrestre si differenziano plastidi non fotosintetici quali i cromoplasti ed i leucoplasti
Organizzazione del corpo = in ambiente acquatico gli organismi pluricellulari tendono ad
organizzarsi in aggregati filamentosi od aggregati laminari costituendo un tallo per massimizzare
l’esposizione alla luce e gli scambi con l’ambiente, in ambiente terrestre le strutture tendono ad
organizzarsi non in due dimensioni ma in tre dimensioni portando alla formazione di veri e propri
tessuti specializzati a svolgere diverse funzioni, si formano i primi tessuti parenchimatici mentre
un’organizzazione laminare tendenzialmente bidimensionale permane soltanto nelle foglie
Tessuti tegumentali = uno dei maggiori problemi degli ambienti asciutti risulta quello di evitare il
disseccamento e per questa ragione sono stati evoluti tessuti tegumentali con la capacità di
impermeabilizzare la superficie degli organismi, le cellule sono disposte su piani molto vicine tra
loro e senza spazi intercellulari in modo da formare una barriera mentre le pareti esterne vengono
impregnate di sostanze “grasse” idrofobiche come la cutina, l’impermeabilizzazione prelude poi al
differenziamento di aperture per mettere in contatto l’interno con l’esterno dette stomi
Tessuti di sostegno = in ambiente acquatico tutto il necessario alla sopravvivenza dei vegetali
ovvero luce + nutrienti minerali + gas risulta presente in maniera diffusa in una matrice ambientale
(l’acqua) che circonda tutto l’organismo, in ambiente terrestre si ha invece un chiaro bipolarismo
dato che l’acqua ed i sali minerali sono prevalentemente nel suolo mentre i gas e la luce
nell’atmosfera, questo ha rappresentato una pressione selettiva allo sviluppo in altezza, la sola
pressione di turgore non rappresenta un sostegno sufficiente pertanto l’evoluzione dei tessuti di
sostegno ha rappresentato un’importante innovazione perfezionata dall’introduzione della lignina
LE BRIOFITE = gruppo non monofiletico comprendente circa 24000 specie diffuse in ambienti di
vario tipo quali sottobosco + tronchi degli alberi + prati + torbiere + rocce, sono le maggiormente
semplici piante terrestri non vascolari in quanto prive di pareti lignificate, hanno ciclo aplo-diplonte
con prevalenza della generazione gametofitica aploide ma la generazione gametofitica aploide e la
generazione sporofitica diploide mantengono un legame nutrizionale
Il gametofito produce caratteristici gametangi dove il gametangio meschile viene detto
anteridio ed il gametangio femminile viene detto archegonio, il gametofito ha di norma
dimensioni contenute (al massimo una decina di cm) con l’eccezione di alcune specie
acquatiche in cui supera anche il metro
Lo sporofito ha dimensioni inferiori al gametofito attestandosi nell’ordine di un cm di
altezza, per tutta la sua breve vita lo sporofito dipende dal gametofito da un punto di vista
nutrizionale pertanto conserva legami anatomici con questo, l’embrione da cui origina lo
sporofito non attraversa periodi di quiescenza
Tradizionalmente il Phylum Bryophyta comprendeva le classi Musci (muschi) + Hepaticae
(epatiche) + Anthocerotae (antocerote), non essendo un gruppo monofiletico il Phylum Bryophyta
non viene considerato valido, i briologi continuano a considerare gli stessi tre gruppi elevandoli al
rango dei Phyla Bryophyta (muschi) + Marchantiophyta (epatiche) + Anthocerotophyta (antocerote)
Le Briofite erano genericamente definite in passato come Tallofite tuttavia studi ultrastrutturali
svolti con tecniche di miscroscopia elettronica hanno dimostrato che in questi organismi risulta
presente una specializzazione citologica ed istologica, l’organizzazione strutturale della cellula si
presenta del tutto simile a quella delle piante vascolari quindi le cellule presentano sia connessioni
mediante palsmodesmi che l’orientamento del piano di divisione cellulare determinato dalla banda
pre-profasica e dal fragmoplasto, esistono comunque alcune caratteristiche uniche del gruppo
• non si formano gli amiloplasti caratteristici delle Tracheofite
• le cellule meristematiche non contengono proplastidi ma plastidi con membrane tilacoidali
• nelle Epatiche si possono osservare corpi oleosi dedicati all’accumulo di sostanze di riserva
mentre nelle Antocerote all’interno del cloroplasto si osserva un pirenoide come nelle Alghe
-nella prima immagine dei plastidi presentano dei sistemi di membrane tilacoidali
ben differenziati, mentre nella seconda immagine un cloroplasto delle Antocerote
mostra la presenza del pirenoide contenente l’enzima RUBISCO
Nel gametofito una cellula apicale piramidale simile a quella delle Pteridofite
produce tutte le cellule che daranno origine ai diversi tessuti, l’epidermide di
norma possiede la cuticola e talvolta gli stomi dove questi ultimi non hanno
un’apertura regolabile nelle Epatiche in cui funzionano come semplici pori sempre
aperti, i parenchimi possono avere funzione fotosintetica e funzione di riserva
Ci sono poi una serie di tessuti caratteristici delle Briofite che svolgono le funzioni di sostegno e le
funzioni di trasporto, il tessuto di sostegno prende il nome di stereoma e risulta costituito da cellule
chiamate stereidi che sono cellule allungate vive o morte a maturità con parete cellulosica ispessita
I tessuti di trasporto sono distinti in due tipi:
1) le cellule idroconduttrici dette idroidi sono allungate e con parete terminale obliqua sottile e
molto permeabile all’acqua, sono cellule morte cave e prive di protoplasto che risulta andato
incontro alla digestione mediata dai lisosomi, la parete viene impregnata di polifenoli ma non
lignificata e mancano gli ispessimenti laterali, il complesso degli idroidi prende il nome di idroma
2) il trasporto dei prodotti della fotosintesi viene compiuto da un tessuto detto leptoma dove le
relative cellule sono dette leptoidi, le cellule sono simili al protofloema delle Angiosperme ed hanno
caratteristicamente le estremità rigonfie con forma a tibia con pareti trasversali ricche di
plasmodesmi, sono cellule con parziale degradazione nucleare e citoplasmatica
Altri adattamenti possibili sono i movimenti fogliari che fanno avvicinare i filloidi al cauloide in
condizioni di carenza di acqua, una maggiore impregnazione con cutina della superficie dorsale
dei filloidi, la presenza di peli morti terminali ai filloidi, una forma di crescita a pulvino, una
pigmentazione rosso scuro o quasi nero per protezione verso gli UV
Lo sporofito risulta maggiormente indipendente dall’acqua pertanto possiede stomi regolabili e
forte cutinizzazione tuttavia resta dipendente dal gametofito da un punto di vista metabolico
LE PTERIDOFITE = anche dette crittogame vascolari sono un gruppo non monofiletico che vede
la mancanza di semi dove le Felci sono i rappresentanti principali, una caratteristica comune con le
specie fossili risulta essere la propagazione mediante meiospore che originano un gametofito, hanno
gametofito di piccole dimensioni ma indipendente dallo sporofito, la maggior parte dei gametofiti ha
struttura laminare verde e compie fotosintesi prendendo il nome di protallo mentre in altri casi i
gametofiti possono essere ipogei ed incolori nutrendosi mediante simbiosi con funghi (micotrofia),
alcuni possono restare dentro le cellule che li hanno generati (gametofiti endosporici)
Le Licofite + Psilofite + Equisetofite formano sporangi detti eusporangi avvolti da due o diversi
strati di cellule che originano da un gruppo di cellule, le Polipodiofite formano sporangi detti
leptosporangi avvolti da un solo strato di cellule che origina da una singola cellula
Le Pteridofite sono maggiormente isosporee ovvero producono spore tutte uguali, i gametofiti
possono quindi potenzialmente produrre sia i gameti maschili detti anterozoidi che i gameti
femminili detti cellule uovo nei rispettivi gametangi (anteridi e archegoni) tuttavia la fecondazione
incrociata viene favorita, in pochissime famiglie si osserva la formazione di spore diverse detta
eterosporia con spore maschili di piccole dimensioni (microspore prodotte in microsporangi) e
spore femminili di grandi dimensioni (macro- o megaspore prodotte in macro- o megasporangi)
Le caratteristiche delle spore hanno valore diagnostico per la classificazione, una delle principali
distinzioni risulta quella tra spore trilete e spore monolete con riferimento al numero di raggi della
cicatrice che si forma al momento del distacco dalla tetrade di spore
Anche le ornamentazioni della parete e le altre caratteristiche
morfologiche sono importanti, nella prima immagine notiamo una
macrospora + nella seconda immagine notiamo una microspora trileta
+ nella terza immagine notiamo una spora monoleta
Nelle Pteridofite si producono anterozoidi flagellati in relazione al fatto che l’acqua risulta ancora
necessaria al momento della fecondazione in quanto i gameti maschili devono nuotare in un film
per raggiungere l’archegonio, la necessità di acqua durante la gamia esclude le Pteridofite dagli
ambienti aridi e secchi, la riproduzione asessuale avviene attraverso la formazione di propaguli
vegetativi del gametofito o dello sporofito oppure per frammentazione del corpo della pianta
Due sono i tipi di organizzazione dei tessuti vascolari osservati, dalla
protostele primitiva si passa alla actinostele o plectostele, nelle Felci
troviamo un’evoluzione che converge verso la sifonostele ectofloica (floema
esterno) o sifonostele endofloica (floema interno), l’atactostele risulta tipica
delle Monocotiledoni mentre l’eustele risulta tipica delle Dicotiledoni
La protostele risulta caratteristica delle specie estinte + delle Psilofite + delle Licofite + dei fusti
giovani delle altre specie + delle radici, la sifonostele risulta tipica delle Felci
Le foglie possono essere microfilli o macrofilli dove le seconde sono spesso indicate con il nome
di fronde, i microfilli includono foglie di diversa origine evolutiva anche indipendente tutte
caratterizzate da piccole dimensioni e dalla presenza di una sola nervatura, i macrofilli presentano
un sistema di nervature (tessuti di conduzione) ramificato ed hanno in genere dimensioni maggiori
Sono piante di ambienti umidi con poche eccezioni, tra queste ricordiamo le specie del Genere
Selaginella tipiche degli ambienti mediterranei che possono entrare in uno stato di dormienza e
riprendere la loro attività metabolica anche dopo mesi di disseccamento motivo per cui sono
chiamate “resurrection plants”, complessivamente sono note circa 15000 specie di Pteridofite e
180 specie sono state osservate in Europa, in Italia sono presenti 124 specie organizzate in 43 generi
+ 26 famiglie dove risultano esclusive del nostro paese la specie Isoetes malinverniana (Piemonte e
Lombardia) e la specie Asplenium adulterinum sub-specie presolanense (Lombardia)
In generale le Pteridofite non hanno grande importanza economica, alcune specie di
Polipodiofite sono coltivate come ornamentali mentre altre sono usate nella medicina
popolare, tuttavia in anni recenti venne scoperto che alcune felci come Pteris vittata
mostrano la capacità di accumulare e tollerare sia l’arsenico che alcuni metalli
pesanti rendendo queste specie di grande interesse per interventi di fitorisanamento
Le Riniofite erano piante vascolari che si sono differenziate e diffuse sia nel Siluriano che
nel Devoniano, sono state quindi tra le prime Tracheofite prodotte dall’evoluzione ma non
sono Pteridofite e dovrebbero essere indicate come piante vascolari primitive, non
avevano un vero apparato radicale differenziato ma rizoidi che dipartivano da rizomi
orizzontali, i rami biforcavano in maniera dicotomica e terminavano con sporangi
• Rhynia risulta essere il genere maggiormente importante, in fossili di queste piante sono
state ritrovate strutture che sono del tutto simili alle micorrize arbuscolari moderne
Licofite o Licopodiofite = le 1200 specie di questo gruppo sono munite di radici + fusto + foglie,
sono piante di piccole dimensioni che ricordano nell’aspetto i Muschi, le forme fossili avevano
portamento arboreo e potevano raggiungere i 30 metri di altezza, raggiunsero il loro massimo
successo durante il periodo Carbonifero estinguendosi circa 250 milioni di anni fa, hanno
grandemente contribuito alla formazione dei depositi di carbone, le specie viventi hanno sporofiti
ramificati dicotomicamente con microfilli a varia disposizione, il gametofito risulta piccolo e con
forme diverse, il gruppo include 3 ordini + 3 famiglie ampiamente rappresentate nella flora italiana
Famiglia Lycopodiaceae = piante terrestri o epifite, hanno aspetto erbaceo con fusti rizomatosi che
portano ramificazioni erette con altezza fino a qualche decina di cm, fusti ramificati in maniera
dicotomica, sono tutte isosporee e con gametofiti micorrizati, prediligono gli ambienti di alta quota
Famiglia Selaginnelaceae = piante terrestri con piccole dimensioni pari a 1-3 cm, fusti eretti o
striscianti, foglie piccole uninervie disposte a spirale, tutte le specie viventi di questa famiglia
sono inserite nel Genere Selaginella che consta di circa 750 specie, sono tutte eterosporee
Famiglia Isoëtaceae = hanno un piccolo fusto a tubero parzialmente sotterraneo con poche foglie
ligulate, sono eterosporee, l’unico Genere Isoetes ha un’ampia distribuzione con 6 specie in Italia
3) Classe Polypodiopsida o Pterophyta come le comuni Felci, comprende circa 10000 specie
costituendo il secondo gruppo di piante vascolari dopo le Angiosperme, include circa 250 generi +
33 famiglie + 7 ordini dove nelle aree tropicali sono presenti specie arboree che superano i 20 m di
altezza, numerose erano le specie arboree diffuse durante il Carbonifero, in Italia 93 specie tutte
erbacee sono classificate in 34 generi e 21 famiglie, le specie erbacee sono spesso dotate di rizomi
sotterranei da cui nascono radici avventizie mentre il fusto forma delle fronde anche molto grandi
con la lamina suddivisa in pinne e quindi in pinnule in molti taxa, nelle fasi giovanili le fronde sono
arrotondate in strutture chiamati pastorali
Ciclo biologico di una Felce, lo sporofito diploide vede un rizoma sotterraneo che
corre parallelo alla superficie terrestre da cui si dipartono le radici per generare le
fronde che fuoriescono con forma di pastorali, all’interno dei sori di una fronda
troviamo gli sporangi protetti dall’indusio, negli sporangi diploidi avviene meiosi
con produzione di meiospore che germinano per formare il gametofito diploide
con forma a cuore, il gametofito produce rizoidi e risulta capace di simbiosi
micorrizica mentre nelle sue strutture produce sia archegoni che anteridi, gli
spermatozoidi prodotti dagli anteridi raggiungono gli archegoni mediante stimoli
chemiotattici per compiere la fecondazione, lo zigote germina producendo
l’embrione in grado di formare lo sporofito in prossimità del gametofito
LE SPERMATOFITE = anche dette fanerogame sono un gruppo monofiletico di piante vascolari
con ovuli dai quali si sviluppa il seme, formano macrosporangi femminili avvolti da tegumenti, il
legno risulta prodotto da un meristema secondario detto cambio, le ramificazioni sono ascellari
Lo sporofito risulta costituito da radici + fusti + foglie e produce micro- e macrospore (eterosporia)
all’interno del macrosporangio detto nucella e del sacco pollinico rispettivamente dove la nucella e i
tegumenti che la rivestono formano l’ovulo, a differenza delle Pteridofite la macrospora non viene
mai liberata all’esterno e germina dentro all’ovulo formando un macrogametofito di piccole
dimensioni protetto dalla parete della macrospora + dalla nucella + dai tegumenti dell’ovulo
Il microsporangio maschile viene detto sacca pollinica e risulta formato da un tessuto di protezione
bistratificato + da un tessuto con funzione trofica detto tapetum + da una porzione fertile detta
archesporio costituita dalle cellule madri del polline, le cellule madri per meiosi formano le
microspore che iniziano la loro germinazione nella sacca pollinica costituendo dei microgametofiti
endosporici ovvero i granuli di polline, i granuli di polline sono trasportati dal vento o da animali
vettori in prossimità dell’ovulo, la germinazione di un granulo pollinico causa la formazione del
tubetto pollinico come una struttura allungata ad accrescimento apicale che riesce ad entrare nella
nucella con meccanismi digestivi permettendo ai gameti maschili non flagellati di fecondare la
cellula uovo senza bisogno di acqua nell’ambiente esterno
L’oogamia porta alla formazione dello zigote all’interno della nucella, lo zigote per moltiplicazione
cellulare origina l’embrione che permane nell’ovulo, in questa condizione lo sporofito parentale
nutre la macrospora poi il gametofito endosporico ed infine l’embrione ovvero il nuovo sporofito, il
gametofito e l’embrione si accrescono in modo eterotrofo, contrariamente alle Pteridofite ed in
modo caratteristico l’embrione delle Spermatofite arresta rapidamente il proprio sviluppo ed entra in
una fase di quiescenza all’interno dell’ovulo formando il seme, il seme permette di proteggere il
giovane sporofito fino al momento in cui le condizioni ambientali non siano favorevoli allo sviluppo
Ciclo biologico delle Angiosperme, nello sporofito adulto si formano i fiori all’interno
dei quali troviamo le antere dove le quattro sacche polliniche o microsporangi
formano le microspore, dalle microspore viene creato il granulo pollinico come
precursore del gametofito maschile, nell’ovario vengono prodotti gli ovuli protetti da
involucri all’interno dei quali la nucella o macrosporangio contiene la cellula uovo, la
fecondazione genera lo zigote che produce sia l’embrione che l’endosperma,
l’embrione risulta anche in grado di rimanere quiescente all’interno del seme
Ciclo biologico delle Gimnosperme, l’individuo adulto produce dei coni maschili e
dei coni femminili, i coni maschili producono microsporangi o sacchi pollinici con
le cellule madre del polline che vanno incontro a meiosi formando le microspore, i
granuli pollinici germinano per formare il tubetto pollinico e compiere la
fecondazione, i coni femminili contengono l’ovulo non protetto da involucri
all’interno del quale avviene la formazione della nucella o macrosporangio, con la
fecondazione e formazione dello zigote viene generato l’embrione che al momento
opportuno germina dal seme per originare una nuova pianta
Nelle Spermatofite si hanno dunque l’affrancamento dall’acqua per la gamia e la sostituzione della
meiospora con il seme quale struttura di diffusione, la capacità di assumere uno stato di quiescenza
ha permesso alle Spermatofite di colonizzare la maggior parte degli ambienti terrestri oltre ad alcuni
acquatici, le esigenze del gametofito non condizionano il tipo di ambienti nei quali le Spermatofite
possono crescere come avviene invece per le Pteridofite e le Briofite
Le Spermatofite attuali sono divise nei cinque gruppi principali Cicadee + Conifere + Gingko +
Gnetofite + Angiosperme, dove i primi quattro gruppi vengono raggruppati nelle Gimnosperme
LE GIMNOSPERME = insieme di linee evolutive di Spermatofite legnose che portano ovuli e semi
esposti all’aria sulla superficie di sporofilli o di strutture analoghe, le specie viventi sono circa 830
raggruppate in 80 generi + 15 famiglie, dominano la vegetazione di molte regioni fredde, in Italia
sono presenti 33 entità con portamento arboreo o arbustivo, i fossili che segnano il passaggio dalle
Pteridofite alle Gimnosperme risalgono al Devoniano dove le piante corrispondenti a questi fossili
sono state chiamate Progimnosperme o Pteridosperme con caratteristiche intermedie tra le due
linee, queste piante hanno contribuito alla formazione dei depositi di carbone del Carbonifero, il
declino inizia con il Cretaceo in coincidenza con la diffusione e diversificazione delle Angiosperme
Hanno legno omoxilo costituito da sole tracheidi con l’eccezione delle Gnetofite, presentano una
riproduzione lenta dove tra impollinazione e fecondazione passa anche un anno mentre la
maturazione del seme impiega anche fino a tre anni, impollinazione anemofila con l’eccezione di
alcune Cicadee e Gnetofite, sono generalmente diploidi ovvero non hanno subito fenomeni di
speciazione per allopoliploidia, in alcuni casi si osserva determinazione cromosomica del sesso
Gli sporangi dei due sessi sono portati su strutture separate, i microsporofilli che portano i
microsporangi ovvero le sacche polliniche sono riuniti in strobili semplici mentre gli ovuli detti
macrosporangi sono portati da squame che possono essere riunite in strobili complessi (Pinales) +
su corti peduncoli (Gingko e Taxaceae) + al margine di macrosporofilli fogliosi riuniti in strobili
semplici (Cicadee), nell’ovulo per meiosi si formano quattro macrospore di cui una sola resta vitale
per originare un macrogametofito inizialmente nucleare e poi cellularizzato formato da migliaia di
cellule, questa struttura assume la funzione di riserva per il futuro embrione e prende il nome di
endosperma primario (fanno eccezione le Gnetofite), in prossimità del micropilo si formano
gli archegoni che contengono la cellula uovo
Cono o strobilo femminile di pino, il cono femminile risulta formato da un’asse longitudinale
ingrossato su cui sono inserite a spirale delle brattee sterili dette squame copritrici, ogni
brattea porta all'ascella una squama ovulifera con due ovuli sulla superficie superiore
Cono o strobilo maschile di pino, il cono maschile risulta formato da un’asse longitudinale su
cui sono inseriti a spirale i microsporofilli ciascuno dei quali contiene due sporangi maschili o
microsporangi che prendono il nome di sacche polliniche, i giovani microsporangi
contengono le cellule madri delle microspore che in seguito a meiosi danno origine a quattro
microspore (spore maschili) aploidi, ogni microspora si sviluppa in un granulo pollinico
In molte Gimnosperme l’ovulo ricettivo emette una goccia di impollinazione dal micropilo, la
goccia risulta costituita da materiale viscoso zuccherino che cattura il polline e disseccandosi
lo porta in una cavità detta camera pollinica, il polline qui germina formando il tubetto pollinico
per compiere la fecondazione della cellula uovo, dalla fecondazione si originano lo zigote e
successivamente l’embrione con il seme, la propagazione vegetativa risulta poco comune
La sistematica delle Gimnosperme sembra ancora in evoluzione, Cronquist le riuniva in un’unica
divisione detta Pinophyta suddivisa nelle tre sottodivisioni Cycadicae + Pinicae + Gneticae mentre
altri tassonomi interpretandole come un gruppo non monofiletico le suddividevano nelle quattro
divisioni Cycadophyta + Gnetophyta + Gingkophyta + Pinophyta
Questo cladogramma recente illustra lo sviluppo delle Gimnosperme postando la
primitività delle Cicadee e delle Gingko ma considerando le Conifere come un
gruppo non monofiletico
Gruppo delle Cicadee = le maggiormente antiche Spermatofite viventi,
alcuni caratteri sono pertanto ancora primitivi come gli spermatozoidi
flagellati e mobili, hanno avuto origine circa 280 milioni di anni fa con
massimo successo tra 190 e 130 milioni di anni fa, oggi sono ridotte a
sole 130 specie in 10 generi + 3 famiglie dell’emisfero australe in
ambienti tropicali e sub tropicali, sono coltivate per fini ornamentali
Hanno aspetto simile alle Felci arboree o ad alcune Palme, le foglie sono sia
sempreverdi che coriacee pennato composte e vengono portate all’apice di un fusto
tozzo, hanno crescita molto lenta, le radici dette corralloidi assumono un particolare
aspetto a causa della presenza di cianobatteri azotofissatori
Gli sporofilli che portano gli sporangi sono formati in prossimità dell’apice
del fusto e sono raggruppati in grandi strobili, sono piante dioiche con
individui maschili che formano microsporofilli ed individui femminili che
formano macrosporofilli, l’impollinazione risulta prevalentemente entomofila
Gruppo delle Gingko = Gingko biloba risulta la sola specie vivente di cui sono state
ritrovate altre specie fossili risalenti fino al Permiano, questa pianta sembra sopravvissuta
probabilmente solo grazie all’uomo che la coltiva per fini ornamentali da tempi
antichissimi, si tratta di una specie arborea dioica con foglie a forma di ventaglio e
nervature dicotomiche caduche, le sacche polliniche sono portate a coppie su peduncoli
disposti a spirale per formare degli strobili, gli ovuli sono portati a coppie all’estremità di
macrosporofilli dall’aspetto di peduncoli, anche in questo caso gli spermi sono cigliati
Gruppo delle Conifere = il maggiormente ampio delle Gimnosperme viventi con 620 specie + 60
generi + 7 famiglie, in confronto alle Angiosperme il numero di specie risulta decisamente piccolo
ma hanno un’enorme importanza ecologica ed economica, le foreste di alta quota e la taiga
dell’emisfero nord sono dominate da queste piante, comparse nel Carbonifero ebbero la massima
diffusione nel Giurassico, la concorrenza delle Angiosperme dal Cretaceo ne ha causato il declino
Sono tutte piante perenni e legnose in forma di arbusti o alberi, le foglie sono quasi sempre
aghiformi o squamiformi spesso con disposizione spiralata + disposizione opposta + disposizione a
verticilli, possono essere portate sui rami normali o riunite in piccoli fasci (in numero costante per
specie) portati da rami di breve lunghezza detti brachiblasti come nei Larici e nei Pini, le foglie
sono di norma sempreverdi ed hanno sviluppato adattamenti di tipo xerofitico per climi aridi, nella
flora italiana l’unica specie a foglia caduca risulta essere il larice, sia nel legno che nelle foglie
possono essere presenti dei canali resiniferi, il legno risulta sempre omoxilo mentre le ramificazioni
sono monopodiali con un fusto centrale dominante e ramificazione a palchi
Il nome di “conifere” fa riferimento alle strutture riproduttive comuni del gruppo
ovvero i coni o strobili che portano e proteggono sia ovuli che semi, la forma dei
coni femminili favorisce la formazione di correnti d’aria che conducono i pollini
in prossimità degli ovuli, poche specie producono strutture di aspetto differente
come gli arilli del Tasso o le “bacche” del Ginepro dove i primi sono peduncoli
interpretabili come coni corti con un solo ovulo circondato da una struttura
carnosa a coppa mentre le seconde sono comunque coni
Gli strobili sono sempre unisessuali, coni maschili e coni femminili possono essere portati sulla
stessa pianta (specie monoica) o su piante diverse (specie dioica), i coni femminili presentano
un’asse con brevi germogli modificati detti squame ovulifere e di norma legnosi, sotto la squame
risulta presente una brattea copritrice che protegge gli ovuli della squama sottostante, le brattee
possono essere libere o fuse con le squame, la forma dei coni femminili risulta un valido carattere
diagnostico per l’identificazione delle specie, i coni maschili sono semplici ed in posizione ascellare
o terminale su rami brevi, dopo la dispersione del polline mediata dal vento i coni cadono
-strobili femminili immaturi di Cipresso dove le diverse parti solo tra loro saldate
-strobili femminili giovani e maturi di Picea excelsa
In Italia le Conifere spontanee ed autoctone sono rappresentate da 21 specie con 7 generi e le 3
famiglie Cupressaceae + Pinaceae + Taxaceae dove le prime due sono quelle abbondanti, inoltre
molte specie esotiche sono presenti sul territorio per il valore ornamentale o il pregio del legname
• Chamaecyparis + Thuja + Araucaria + Cedrus + Squoia + Sequoiadendron + Pinus
1) Famiglia Cupressaceae come arbusti o alberi con corteccia fibrosa, hanno foglie persistenti
semplici che possono essere alterne + opposte + verticillate ed aghiformi o squamiformi, sono
specie monoiche eccetto quelle del genere Juniperus, hanno polline privo di sacche aerifere, i coni
femminili possiedono squame persistenti peltate a forma di scudo o appiattite saldate alle brattee, in
Juniperus le squame sono carnose e formano degli strobili detti galbuli con maturazione in 1-3 anni
Famiglia cosmopolita con 130 specie in 30 generi, hanno habitat molto diversi, include la vecchia
Famiglia Taxodiaceae (Sequoia e Sequoiadendron) con alberi di enormi dimensioni fino ai 110 m di
altezza, grande interesse economico per il legname piacevolmente profumato usato per il profumo +
forme per scarpe + antitarme mentre i galbuli di Juniperus sono usati in cucina e per i liquori
In Italia abbiamo sia cinque specie del genere Juniperus che Cupressus sempervirens
2) Famiglia Pinaceae come la principale famiglia di Conifere in Italia ed in tutto l’emisfero boreale,
ma risulta anche essere quella importante da un punto di vista economico ed ecologico, consta di 10
generi + 220 specie di cui 100 del Genere Pinus, sono alberi con chioma di varia forma raramente
arbusti con canali resiniferi nel legno e nelle foglie, nella maggior parte dei casi osserviamo delle
ramificazioni monopodiali con l’asse principale dominante e rami laterali piccoli
Le foglie sono semplici e si presentano sia lineari o aghiformi che alterne oppure riunite in fascetti
su brachiblasti mentre in alcuni casi sono disposte in due serie su un piano, sono piante sempreverdi
con l’eccezione del Genere Larix e del Genere Pseudolarix, hanno strobili maschili piccoli di colore
giallo o rossicco, i granuli pollinici presentano due sacche aerifere ed il polline viene prodotto in
grande quantità, i coni femminili maturano in 1-2 anni e presentano brattee con disposizione
spiralata con due ovuli per brattea, i semi sono muniti di una lunga ala derivata dalla squama del
cono, foglie e coni femminili detti pigne forniscono i principali caratteri per l’identificazione
Sono Pinaceae gli individui longevi maggiormente noti tra cui alcuni esemplari di Pinus longaeva
(specie degli Stati Uniti sud occidentali) che hanno una stima di oltre 5000 anni, da un punto di
vista economico sono una delle principali fonti di legname da costruzione + per la produzione della
carta + per falegnameria + per mobilio, si estraggono inoltre da queste piante resine e trementina
In Italia si hanno complessivamente 14 specie che includono 2 specie di Abies dove
Abies nebrodensis risulta l’unica specie endemica + 1 specie di Larix dove Larix
decidua risulta l’unica specie caducifolia + 1 specie di Picea + 10 specie di Pinus
Notiamo un rametto con brachiblasti che portano ciuffetti di foglie e la presenza sia di
strobili maschili che di strobili femminili, il polline prodotto dallo strobilo maschile
presenta una porzione interna cellularizzata e delle sacche polliniche esterne che
favoriscono la dispersione con il volo, il seme alato vede il seme vero e proprio nella
parte terminale mentre dalla brattea deriva l’ala che favorisce la dispersione con il volo
Gruppo delle Gnetofite = mostrano caratteri intermedi tra quelli delle Conifere (semi non racchiusi
in ovario) e quelli delle Angiosperme (legno con trachee + strutture riproduttive simili a fiori +
doppia fecondazione + formazione dell’endosperma secondario), include circa 70 specie viventi
suddivise nei tre generi Gnetum + Welwitschia + Ephedra
Welwitschia mirabilis vive nei deserti dell’Africa sud-occidentale ed in
Namibia, ha un breve e tozzo fusto da cui si allungano due foglie perenni e
nastriformi a crescita continua, i coni producono nettare e richiamano insetti
1) Genere Ephedra che include le sei specie italiane di Gnetofite, sono presenti soprattutto
nelle regioni meridionali e nelle isole, costituiscono dei cespugli con fusti divisi in articoli
e foglie squamiformi, numerose sono le ramificazioni che si presentano a verticilli, specie
dioiche prive di canali resiniferi
2) Genere Gnetum che comprende una quarantina di specie tropicali quasi tutte lianose, sono piante
dioiche che producono foglie larghe ed opposte con semi racchiusi in un’involucro carnoso colorato
-Illicium rerum o anice stellato con struttura fiorale che costituisce frutto e semi
-fiore di Nymphaea caratterizzato da numerosi elementi sia vessillari che riproduttivi
-fiore di una Magnolia caratterizzato da una serie di aspetti ancora primitivi, i fiori presentano
numerosi elementi sia vessillari che riproduttivi disposti secondo un’ordine spiralato a livello
del calice, il frutto vede invece la presenza di semi all’interno dei carpelli
-Famiglia Lauraceae all’interno delle Magnoliidi, esempio dato dalla pianta della Canfora
dove la struttura dei fiori risulta ancora primitiva con pochi colori + numerosi elementi
fertili + organizzazione raggiata
-Myristica fragrans o noce moscata il cui profumo viene dato da metaboliti secondari
-Laurus nobilis o alloro dove la struttura dei fiori risulta ancora primitiva con
organizzazione raggiata e numerosi elementi sia vessillari che riproduttivi
-Persea americana o avocado con fiori poco appariscenti e stami a struttura nastriforme
Monocotiledoni = Alismatali + Commelinidi + Gruppo dei Gigli
Alismatali come piante molto comuni nei climi tropicali, sono caratterizzate da
foglie lucide di grandi dimensioni con infiorescenze molto particolari, la struttura
vede una brattea fiorale colorata che non rappresenta il petalo ma la struttura
vessillare, i fiori sono disposti lungo l’asse centrale e nonostante non presentino
i petali svolgono comunque la loro funzione di attrarre gli insetti
Commelinide come monocotiledone acquatica con foglie galleggianti e
radici che affondano nel substrato
Magnoliide a fiori vistosi caratterizzata dall’Iris, pianta perenne dove
la parte che sopravvive all’inverno viene data da un rizoma sotterraneo
in grado di produrre getti aerei erbacei accompagnati da fiori
Tricolpatura del polline come tratto che distingue le Dicotiledoni dalle Monocotiledoni
-Eudicotiledoni basali, ranuncolo come pianta perenne dove la porzione bulbosa alla base del
fusto risulta in grado di resistere all’inverno, la struttura del fiore risulta ancora primitiva con
numerosi pistilli + stami, i petali sono disposti con simmetria raggiata
-pianta delle Asteridi con un’organizzazione del fiore sofisticata in quanto il numero
degli elementi viene a ridursi notevolmente
-fiore zigomorfo di una pianta aromatica, fiore bilabiato caratterizzato sia da un singolo
ovario con un lungo stigma che da un numero ridotto di antere
-Ombrellifera caratterizzata da un’infiorescenza ad ombrello dove piccoli
fiori sono distribuiti lungo la struttura, nella seconda immagine vediamo uno
sviluppo differenziato dei fiori dove i fiori esterni producono dei petali grandi
rispetto ai fiori interni simulando l’aspetto di un grande fiore
-organizzazione del capolino delle Asteraceae, sono infiorescenze dove ogni porzione di
quello che noi chiamiamo “fiore” rappresenta un fiorellino, fiori esterni periferici che
presentano delle corolle allungate con 3 petali fusi + fiori centrali microscopici, in
alcuni casi sono presenti dei peli mentre ogni singolo fiore presenta anche dei palpi
pelosi alla base che rappresentano dei sepali modificati
-tipica Asteraceae composita caratterizzata dalle corolle di singoli fiori mentre
l’involucro risulta formato da delle bratte spinose rivolte verso l’esterno
-Genere Taraxacum come soffione
-Betulla con infiorescenze ancora immature e chiuse nella prima immagine e
Betulla dove il carpino presenta l’infruttescenza nella seconda immagine
-Brassicaceae come cavoli caratterizzati dalla presenza di un particolare frutto dato
dall’unione di due valve, possono essere presenti delle alature per il trasporto da parte del
vento, i frutti vengono detti silique o siliquette a seconda del rapporto tra i due diametri
-Crucifere in quanto formano un fiore con quattro petali disposti a croce
-Erica che forma un particolare tipo di simbiosi micorrizica e cresce su suoli acidi
-Ginestra pilosa delle Leguminose, Ginestra odorosa come
pianta che occupa aree attaccate in precedenza dagli incendi
-Fagales come Faggi + Castagni utilizzati sia per il legno che per l’apporto alimentare
-piante aromatiche dove il fiore presenta una struttura bilabiata molto particolare sia nella
forma che nelle ornamentazioni, disegno come una pista di atterraggio per gli insetti
-Frassini con le loro caratteristiche salmare ovvero i frutti alati
-ranuncoli come rami basali delle Eudicotiledoni, producono sostanze
tossiche, Anemone narcissiflora che cresce sui pascoli di Alpi ed Appenino
-Rosaceae come fiori caratterizzati da un’altissimo numero di stami
dove il genere Prunus raggruppa tutte le principali Drupaceae
-piante importanti dal punto di vista medicinale come la Digitalis
purpurea da cui si estraggono principi farmacologici per disturbi cardiaci
-Solenaceae come patate, non vengono mai portate naturalmente a fruttificazione
-Lilliaceae come Monocotiledoni con fiori trimeri raggruppati
in infiorescenze, Cyperaceae o papiro come Monocotiledoni
-Erythronium denscanis come Lillaceae con una fioritura breve
-Orchidaceae come Monocotiledoni, fiori con strutture molto particolari che possiede
una simmetria bilaterale, le porzioni maschili e le porzioni femminili si fondono per
formare il gimnostenio, non producono endosperma secondario pertanto nelle prime fasi
di vita l’embrione sopravvive grazie alle simbiosi micorriziche
-Ophyris tyrrhena come orchidea spontanea i cui fiori compiono un inganno sessuale
-fiore delle Graminaceae dove l’infiorescenza risulta portata da un rachide principale
che si dirama per formare una spighetta con foglioline particolari dette glume +
lemma + lodicole al cui termine vedono un fiore nudo privo di sepali e petali
-Lathraea squamaria come pianta oloparassita, Viscum album come
pianta emiparassita
-Monotropa come pianta micotrofica
-Nepenthes come pianta carnivora che presenta un’otricolo contenente un
liquido viscoso e zuccherino in grado di attrarre gli insetti, Dionaea
muscipula come pianta carnivora con una vera trappola
-Pinguicula hirtiflora come pianta carnivora con una sostanza viscosa presente sulle foglie