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BOTANICA GENERALE 



Nel 1838 il botanico Matthias Jacob Schleiden ed il fisiologo Theodore Schwann hanno formulato
indipendentemente la teoria cellulare, successivamente (1858) formalizzata da Rudolf Virchow

• la cellula risulta essere l’unità strutturale e funzionale fondamentale della vita 

• tutti gli organismi sono costituiti da cellule che derivano da cellule pre-esistenti (riproduzione o
divisione) ed ogni cellula contiene materiale genetico che viene trasmesso durante questi processi 

• tutte le funzioni biochimiche e fisiologiche fondamentali (quali la riparazione, la crescita, la
comunicazione, il movimento, la digestione, l’immunità ecc..) sono compiute dalle cellule

• l’attività delle cellule dipende dall’attività di strutture sub-cellulari presenti dentro la cellula 


Tutti gli organismi sono costituiti da cellule e tutte le cellule sono derivate da altre cellule

= una cellula deve interagire con l’ambiente, produrre energia, produrre o assimilare le sostanze che
le occorrono, eliminare i rifiuti, mantenere condizioni interne costanti, accrescersi, riprodursi

Composizione chimica delle cellule = C, O, H, N, P, S


Vari ioni = Mg++, Mn++, Fe++, Na+, K+, Cu++, Cl-, F- ecc..

La maggior parte della materia presente viene organizzata in macromolecole caratteristiche:

1) i carboidrati possiedono una funzione sia strutturale che energetica e di riserva

2) le proteine possiedono una funzione sia strutturale che enzimatica

3) gli acidi nucleici permettono il mantenimento e la trasmissione dell’informazione genetica 

4) i lipidi possiedono sia una funzione strutturale che di riserva (ormoni/vitamine) 


Atrofia per il carbonio = il carbonio per costruire queste molecole proviene dalla CO2 disponibile
nell’ambiente (concentrazione nell’atmosfera di 340 ppm), i vegetali sono gli unici organismi
autotrofi per il carbonio capaci di organicare lo stesso attraverso la fotosintesi clorofilliana 

6CO2 + 6H2O (luce)—> C6H12O6 + 6O2 tutto il mondo vivente dipende da questo processo 


Il carbonio assimilato in questo modo viene utilizzato sia per costruire tutte le molecole biologiche
(proteine, lipidi, carboidrati ed acidi nucleici) che per produrre energia attraverso la respirazione
C6H12O6 + 6O2 —> 6CO2 + 6H2O + energia 


L’età della terra venne stimata attorno ai 4.5 miliardi di anni mentre le prime tracce di esseri viventi
risalgono a 3.5 miliardi di anni fa, esistono delle teorie che tentano di spiegare come si possano
essere formate le prime cellule dalla materia inorganica

Miller costruisce un microcosmo per simulare i parametri ambientali della terra
primordiale e dimostra che a partire da materiale inorganico si potevano formare gli
amminoacidi anche denominati “mattoni della vita”, in epoche recenti si ritenne che le
argille abbiano avuto un ruolo importante come accumulatori di materiale organico


Gli esseri viventi sono soggetti a selezione pertanto gli organismi non adatti si estinguono mentre
quelli adatti alle condizioni ambientali si diffondono e riproducono trasmettendo le caratteristiche 

• i processi di mutazione possono indurre variazioni nelle caratteristiche di un organismo ma le
nuove caratteristiche devono passare al vaglio della selezione


Storicamente i viventi erano divisi nel regno vegetale e nel regno animale (il terzo regno naturale
era il minerale) e la classificazione dei viventi era stata costruita su criteri morfologico-funzionali

Con l’acquisizione di nuove conoscenze e la disponibilità di nuove
tecniche di studio ma sempre basandosi su criteri morfo-funzionali i
viventi sono stati suddivisi in (almeno) 6 regni
= eubatteri, archeobatteri, protisti, piante, funghi, animali

Nei procarioti non si osservano compartimentazioni quindi tutti i processi e
tutte le strutture sono dispersi nel citoplasma, il materiale genetico risulta
costituito da una singola catena di DNA non complessato con proteine 


Negli eucarioti l’organizzazione cellulare risulta molto più complessa,
all’interno della cellula sono presenti numerosi comparti separati da
membrane che vengono anche denominati organuli 

-la maggiore complessità degli eucarioti può essere facilmente intuita
pensando che alcuni degli organuli non sono nient’altro che l’evoluzione
di procarioti inglobati dalla cellula ed in simbiosi con la stessa

-la compartimentazione serve ad isolare processi e reazioni chimiche


In anni recenti l’avvento delle tecniche di Biologia Molecolare ha permesso di confrontare le
sequenze degli acidi nucleici e quindi di esprimere in modo quantitativo il grado di similitudine tra
due organismi, sono stati pertanto costruiti degli alberi filogenetici 


• atrofia per il carbonio in quanto gli animali devono introdurre dall’esterno i composti a base di
carbonio mentre le piante sono in grado di costruirli fissando la CO2 presa dall’atmosfera, prendono
invece dal suolo i macroelementi e microelementi fondamentali per la loro nutrizione minerale
• assenza di spostamenti in quanto il corpo delle piante superiori risulta ancorato al suolo e pertanto
deve adeguarsi alle condizioni ambientali, l’ancoraggio al suolo è importante sia per la stabilità del
suolo che per la creazione di rapporti con i vari microorganismi presenti (funghi e batteri)

• accrescimento indefinito in quanto un animale cresce fino a diventare adulto mentre le piante
possiedono dei tessuti particolari che gli consentono di accrescersi in maniera indefinita, questi
tessuti contengono cellule denominate “cellule meristematiche” o “cellule staminali vegetali” che
sono in grado di trasformarsi in qualsiasi tipo di tessuto (dette erroneamente cellule embrionali)

-sono cellule indifferenziate in attiva divisione presenti in particolari zone della pianta (apici
radicali e gemme) dove a seconda della loro posizione danno origine a tessuti differenti

• differente geometria in quanto le piante contengono delle cellule delimitate da una parete rigida
che le dispone in una maniera molto ordinata già a partire dal livello embrionale

• assenza di un centro di coordinamento in quanto negli animali esiste un sistema nervoso centrale
non presente nelle piante, vi sono un minor numero di ormoni capaci di influenzare diverse funzioni

• difesa dai patogeni in quanto le piante possiedono delle difese innate dette “costitutive” dipendenti
dalla loro struttura, vi sono anche delle difese inducibili in grado di portare ad una resistenza
• sostanza di riserva in quanto negli animali (e funghi) la sostanza di riserva viene rappresentata dal
glicogeno mentre nelle piante superiori la sostanza di riserva viene rappresentata dall’amido 

• ampia capacità rigenerativa in quanto in presenza di una lesione le cellule lesionate e quelle
circostanti sono in grado di sdifferenziarsi tornando ad essere cellule meristematiche, si tratta di uno
stato secondario diverso da quello primario presente all’interno dell’embrione (meristemi primari)

• formazione di ibridi abbastanza frequente in quanto sono presenti meccanismi volti ad impedire la
formazione di ibridi e l’autofecondazione nel medesimo individuo (preservano la variabilità
genetica), gli ibridi nel mondo animale sono sterili mentre nel mondo vegetale possono essere fertili

Generalmente gli organismi animali tendono ad avere il massimo volume con la minima superficie
(forma geometrica a sfera) mentre le piante tendono ad avere la massima superficie ed il minimo
volume (forma geometrica a lamina), nonostante queste importanti differenze a livello cellulare
molti processi sono simili se non identici quindi gran parte delle informazioni (relative a strutture e
processi) conosciute per le cellule animali sono valide anche per le cellule vegetali 


Una parete che avvolge la cellula esternamente risulta presente nei procarioti, nei funghi e nei
vegetali ma esse differiscono sia per l’organizzazione che per la composizione chimica 

-conferimento e mantenimento della forza meccanica, controllo dell’espansione cellulare, controllo
del trasporto intercellulare, protezione da microrganismi patogeni, produzione di molecole segnale
specialmente in relazione ad attacchi patogeni, accumulo di sostanze di riserva 


I vegetali depongono la loro parete a strati permettendo di riconoscere tre zone
denominate lamella mediana, parete primaria e parete secondaria

• la lamella mediana risulta costituita essenzialmente da pectine mentre la parete
primaria da pectine, cellulosa, emicellulose e proteine
• la parete cellulare di tutti gli eucarioti presenta un piano organizzativo generale
comune che vede una componente fibrillare polisaccaridica immersa in una matrice
glicidica e proteica, un’importante componente risulta essere l’acqua (60% del totale) 


Saccaridi = consistono nei carboidrati ovvero sostanze con formula generale Cn(H2O)n la cui
maggiormente conosciuta è il glucoso, possono formare catene (polimeri) ramificate o lineari di uno
stesso monosaccaride (omopolimeri) oppure di diversi monosaccaridi (eteropolimeri)

-i saccaridi sono poliidrossialdeidi e poliidrossichetoni (oppure poliossialdeidi e poliossichetoni)
caratterizzati da scheletri di carbonio con un OH ad ogni C ed un’aldeide o un chetone terminale

La cellulosa risulta essere la molecola organica 

maggiormente abbondante sulla terra e presente in 

varie forme, è un omopolimero del glucoso (D(+)-
glucopiranoso) con legami beta-1,4 glucosidici

-il grado di polimerizzazione tra 2000-6000 nella parete
primaria è superiore nella parete secondaria (15-16000)


Il legame beta-1,4 glucosidico non sembra il solo possibile dato che si può avere anche un legame
alfa-1,4 che comporta la formazione di un polimero con caratteristiche completamente differenti 


Le singole catene si aggregano allineandosi parallelamente le une alle altre per
formare delle microfibrille con diametro di 5-15 nm e costituite da 30-100
catene, le fibrille sono stabilizzate da legami idrogeno intracatena e intercatena

• lungo le fibrille si trovano zone (dette micelle) con una struttura altamente
ordinata di tipo cristallino che sono alternate ad altre zone con aspetto meno
organizzato, a causa della sua organizzazione la cellulosa presenta straordinarie
caratteristiche di resistenza alla trazione ed agli attacchi enzimatici 


La cellulosa sintasi forma aggregati detti rosette che permettono la formazione in parallelo delle
catene di cellulosa, le rosette sono posizionate sulla membrana plasmatica pertanto una volta
prodotte le catene di cellulosa vengono rilasciate direttamente sulla superficie esterna della cellula

Pectine = costituite da un gruppo di polisaccaridi che formano catene più o meno ramificate, la
componente principale risulta essere l’acido galatturonico in grado sia di formare omopolimeri che
di avere catene laterali costituite da altri saccaridi (ramnoso, arabinoso, galattoso) 


La presenza di COOH conferisce proprietà caratteristiche alle pectine che
legando Ca++ e H2O formano dei graticciati stabili (a nido d’ape)

Per lo stesso motivo esse possono funzionare come scambiatori ionici
mentre l’acidità delle pectine viene modulata dalla metilazione reversibile
dei carbossili da parte dell’enzima metilesterasi


Emicellulose = sostanze estraibili dalla parete mediante un trattamento con alcali, le categorie
vanno in base alla composizione chimica delle catene monosaccaridiche più o meno ramificate

-polimeri di xiloso, xiloso e glucoso, glucoso e mannoso, galattoso e mannoso, mannoso, glucoso,
con vari tipi di legami (alfa o beta 1,3 -1,4 -1,6) 


Ramificazioni ed eterogeneità ne impediscono l’impacchettamento in fibrille, le emicellulose
costituiscono il 40-45% delle pareti primarie ed il 30-33% delle pareti secondarie ma
frequentemente svolgono il ruolo di accumulo di sostanze di riserva o di trattenimento dell’acqua 


Proteine = polimeri i cui monomeri sono gli amminoacidi ovvero molecole che presentano un
gruppo amminico (NH2) ed un gruppo acido carbossilico (COOH), gli amminoacidi si legano tra di
loro con un particolare legame detto peptidico (da cui il nome di polipeptidi)


Esistono venti diversi amminoacidi dove la loro sequenza va a definire
la struttura primaria, la catena che si crea può formare pieghe oppure
eliche caratterizzando la struttura secondaria, la forma che la proteina
prende in seguito alla formazione di eliche e pieghe viene chiamata
struttura terziaria, diversi polipeptidi si possono invece associare in
relazione alla loro forma e dare origine a strutture quaternarie 


Le proteine sono classificate in globulari con forma
approssimativamente tondeggiante e fibrose con forma di filamenti,
esistono proteine strutturali ed enzimatiche dove le prime
contribuiscono alla formazione ed organizzazione delle strutture
mentre le seconde fungono da catalizzatori per le reazioni biochimiche


Nella parete sono presenti sia proteine strutturali che proteine enzimatiche 


Proteine strutturali = HRGP come glicoproteine ricche di idrossiprolina di cui la maggiorente nota è
l’estensina, arabino-galattano-proteine ricche di idrossiprolina ma piccole e molto solubili, proteine
ricche di glicina tipiche dei tessuti vascolari e delle risposte alle ferite, PRP come proteine ricche di
prolina, proteine di adesione che mediano le interazioni tra la parete e i microtubuli del citoscheletro

Proteine enzimatiche = pectinasi, perossidasi, pectin-metilesterasi, fosfatasi, chitinasi e glucanasi

Lo stato basale caratterizza la membrana plasmatica, sulla superficie le
microfibrille di cellulosa (30-100 catene) hanno un’andamento parallelo ad
ogni livello che presenta un’alternanza nell’orientamento, negli spazi
intermedi sono presenti le molecole di pectina ed emicellulosa che associate
all’acqua formano la matrice, sulla superficie esterna si trova la lamella
mediana che presenta simmetricamente un’altra parete posizionata sopra

-l’estensina permette il collegamento delle fibrille adiacenti di cellulosa

Risposta all’attacco di un patogeno = quando il patogeno supera la parete entrando
nella cellula avviene il danno, in caso contrario la cellula attiva una risposta che
consente l’ispessimento della parete associato alla produzione di molecole tossiche per il patogeno
-la cellula riconosce la minaccia grazie a delle molecole di riconoscimento situate esternamente alla
membrana, i patogeni fungini sono incredibilmente abili a penetrare le pareti e si distinguono in
generalisti o specialisti, i secondi riconoscono gli organismi target in base alla superficie su cui sono


Il termine Spermatofite deriva dal greco “spèrmatos = seme” e “phytòn = pianta”, caratterizza il
gruppo di piante maggiormente evoluto suddiviso in Gimnosperme ed Angiosperme

• le Angiosperme sono storicamente classificate in Monocotiledoni e Dicotiledoni, le Dicotiledoni
sono state ulteriormente suddivise in “Angiosperme basali” quando di antica evoluzione ed
“Eudicotiledoni” quando delle vere Dicotiledoni


La parete secondaria risulta tipica delle cellule che hanno terminato il processo di
distensione e differenziamento, si distingue dalla parete primaria sia per la natura delle
componenti che per le caratteristiche chimico-fisiche e per il momento in cui viene deposta 

-le variazioni di composizione dipendono dalla comparsa di nuove sostanze (lignina, cere
e cutine, suberina e sporopollenina) e dalla variazione in percentuale di quelle presenti


Il contenuto di pectine ed acqua cala drasticamente mentre aumentano sia la cellulosa che le zone
con una struttura cristallina, i polimeri di cellulosa sono inoltre maggiormente lunghi dato che le
microfibrille tendono ad associarsi per formare macrofibrille

Lo strato basale caratterizza la lamella mediana, la parete primaria include
delle fibrille disposte in maniera disordinata in quanto hanno subito il
maggior grado di distanziamento durante l’accrescimento, la parete
secondaria include invece delle fibrille disposte in maniera ordinata in
quanto una volta deposte la cellula non si ingrandisce ulteriormente


Lignina = polimero complesso di natura fenolica, non tutti i passaggi della sintesi sono
chiari ma l’enzima chiave del processo risulta essere la fenilalanina-ammoniaca-liasi

• tre alcoli (basati sullo scheletro carbonioso del fenilpropano ovvero l’alcool 

p-cumarilico, l’alcool coniferilico e l’alcool sinapilico) vengono secreti nella parete
come monomeri e qui polimerizzano sostituendo l’acqua, il processo avviene lungo le
fibrille coinvolgendo tutta la parete e conducendo alla morte cellulare

• la parete cellulare lignificata risulta idrofoba, resistente e non plastica

Cere e cutine = la superficie esterna degli organi epigei delle piante superiori viene rivestita da uno
strato lipofilo detto cuticola con funzione di controllo della temperatura, di protezione dalle
aggressioni chimiche e dal vento, di protezione nei confronti di attacchi da parte di agenti patogeni 

-la cuticola risulta costituita da cere (catene di idrocarburi a lunga catena ed esteri di acidi grassi) e
cutine (poliestere a maglia tridimensionale di ossiacidi, acidi grassi ed acidi epossidici) 


Suberina = risulta tipica degli elementi esterni del fusto ed impermeabilizza totalmente la cellula in
quanto poliestere di acidi grassi, alcoli ed ossiacidi con componenti fenoliche lignino simili

• in botanica la parte superficiale dei tronchi viene detta scorza o ritidoma, per corteccia si intende
invece uno strato di cellule parenchimatiche tra il tessuto epidermico ed i tessuti di conduzione


Sporoporellina = polimero presente solo nello strato esterno (esina) dei pollini ed in alcune spore di
crittogame ed alghe, presenta una composizione chimica complessa molto resistente ad acidi e basi 


Tutte le cellule sono delimitate da una membrana spessa 5-10 nm che nei vegetali e nei funghi
si trova internamente rispetto alla parete, tutte le membrane sono associazioni lipo-proteiche
nelle quali i componenti sono tenuti insieme in uno strato sottile da legami non covalenti
-barriera con permeabilità selettiva, trasporto di soluti, compartimentazione, localizzazione per
attività biochimiche, risposta a segnali esterni, interazioni intercellulari, trasduzione di energia 


Un doppio strato di lipidi si trova in condizione fluida permettendo ai singoli
lipidi di spostarsi lateralmente, le proteine sono disposte in un “mosaico”
discontinuo penetrando profondamente nel foglietto lipidico, le membrane sono
interpretate come strutture dinamiche con componenti mobili che possono
riunirsi per partecipare a diversi tipi di interazioni transitorie o permanenti

-oltre ai fosfolipidi sono presenti anche degli sfingolipidi ed il colesterolo 


Immaginiamo un recipiente diviso in due scomparti da un setto di separazione dove in un comparto
si trova dell’acqua pura mentre nell’altro una soluzione, se il setto è perfettamente permeabile sia al
soluto che all’acqua grazie al fenomeno della diffusione dopo un certo tempo la concentrazione
della soluzione nei due comparti sarà identica


Se il setto di separazione è semipermeabile ovvero lascia passare solo le molecole
di acqua ma non quelle di soluto, il sistema tende comunque a raggiungere la
parità di concentrazione trasferendo l’acqua da un comparto all’altro 

= il passaggio di acqua tra i due comparti viene detto osmosi


Con l’osmosi non si ottiene la parità di concentrazione tuttavia la quantità
d’acqua nel comparto contenente i soluti aumenta fino a pareggiare la
pressione idrostatica dell’acqua contro il setto di separazione 

-per lo studio si usa un’apparecchio chiamato osmometro, la pressione
esercitata all’equilibrio dalla colonna di liquido viene detta pressione osmotica 


Quanto più risulta alta la pressione osmotica tanto è maggiore la capacità di richiamare acqua
attraverso un setto semipermeabile, la pressione osmotica viene misurata in atmosfere oppure in
altre unità di misura per la pressione (bar, mm di Hg, pascal, dine/cm2) 

• nelle soluzioni diluite vale una relazione che lega la pressione osmotica e la concentrazione 

pi = RTc (relazione di van’t Hoff)


Nella relazione di van’t Hoff l’unica costante è R ovvero la pressione osmotica non dipende dal tipo
di soluto ma solo dal numero complessivo di particelle in soluzione

-questo ha importanti conseguenze dato che se idrolizziamo un polimero aumenterà la
concentrazione di particelle e quindi la pressione osmotica mentre se formiamo un polimero da dei
monomeri accadrà il contrario, un fenomeno analogo si osserva per la dissociazione dei sali 


Una membrana biologica rappresenta un setto di separazione semipermeabile imperfetto, essendo
la membrana biologica permeabile all’acqua ed ai diversi soluti con velocità diversa permette in
tempi molto lunghi il raggiungimento di concentrazioni uguali ai due lati della membrana

Cellula animale = in soluzione ipertonica le cellule
raggrinziscono, in soluzione isotonica le cellule hanno
aspetto classico, il soluzione ipotonica le cellule scoppiano

Cellula vegetale = in soluzione ipertonica le cellule si


allontano dalla parete cellulare causando plasmolisi, in
soluzione isotonica le cellule hanno aspetto classico, in
soluzione ipotonica le cellule vedono turgore



Per una cellula vegetale la condizione di turgore costituisce lo stato ottimale per lo svolgimento
delle attività vitali mentre la condizione opposta di appassimento vede la cellula in deficit di acqua

La plasmolisi viene detta parziale quando i plasmodesmi mantengono ancorate le


membrane plasmatiche tra le cellule adiacenti mentre viene detta completa quando
per via dell’alta pressione osmotica si ha un distacco totale della membrana
plasmatica dalla parete plasmatica, nella prima foto si vede una plasmolisi concava
mentre nella seconda foto si vede una plasmolisi convessa


Per misurare quantitativamente gli scambi idrici venne introdotto il concetto di potenziale d’acqua
(o idrico) derivato dal potenziale chimico, il potenziale chimico risulta una misura indiretta
dell’energia libera ovvero della capacità di compiere lavoro e varia in funzione di diversi parametri
tra i quali la temperatura, la pressione e la concentrazione di una sostanza 


Il potenziale chimico di una sostanza X è descritto dalla seguente formula:


Nell’acqua a livello cellulare
alcuni di questi termini sono
trascurabili


Il termine relativo alla
concentrazione dell’acqua è
facilmente calcolato facendo
riferimento alla concentrazione dei
soluti in acqua (Ns)




Dividendo per il volume molare dell’acqua (18 cm3 per mole) i valori
di potenziale diventano valori di pressione e si misurano in Pascal (o
altre unità equivalenti) sebbene si parli di potenziale idrico

Conoscendo il potenziale d’acqua in due punti si riesce a prevedere in quale direzione si muoverà
l’acqua dato che tende sempre a muoversi dai punti a potenziale superiore verso quelli a potenziale
inferiore, il potenziale d’acqua di una cellula vegetale risulta determinato da due fattori

-la concentrazione dei soluti nel vacuolo e le proprietà meccaniche della parete


Il vacuolo è un organulo circondato da una membrana che prende il nome di
tonoplasto, vacuoli di vario tipo sono presenti anche nelle cellule animali ma nelle
cellule vegetali differenziate il vacuolo ha dimensioni particolarmente rilevanti 

-l’immagine presenta il grande vacuolo centrale, il nucleo schiacciato nella parte
bassa della cellula ed i cloroplasti situati ai margini cellulari

Il vacuolo si origina nelle cellule meristematiche a partire da provacuoli di piccole dimensioni


prodotti dal reticolo endoplasmatico, fondendosi tra loro portano all'aumento delle loro dimensioni


La grande estensione superficiale del corpo delle piante necessaria sia per massimizzare il
contatto con l’ambiente che per realizzare efficaci scambi con lo stesso si realizza
utilizzando l’acqua per riempire il vacuolo e costituire la maggior parte del volume
cellulare (e quindi della pianta stessa), ottenere lo stesso risultato con il citoplasma sarebbe
molto costoso in termini energetici e la diluizione del citoplasma non pare compatibile con il
mantenimento delle condizioni chimico-fisiche necessarie per la cellula


Aumentando le dimensioni il rapporto tra superficie e volume diminuisce
progressivamente, questo riduce l’efficienza nell’assunzione dei nutrienti

-l’immagine rappresenta come le cellule meristematiche non differenziate abbiano un
vacuolo non visibile con nucleo centrale e parete primaria sottile (isodiametriche), nel
settore centrale si possono vedere delle cellule in via di differenziamento con vacuolo
ingrandito e nucleo schiacciato in periferia


Oltre all’acqua il succo vacuolare contiene = ioni inorganici (nitrato, Na+, K+, Ca++, Mg++, SO4--,
H2PO4-, NO3-, Cl-), acidi organici (ossalico, malico, tartarico, citrico, succinico, isocitrico,
lattico), carboidrati (glucosio, fruttosio, saccarosio) che in alcune piante (Compositae) vedono
anche l’ainulina mentre nelle alghe azzurre e nei funghi il glicogeno, amminoacidi liberi (leucina,
tirosina, istidina, arginina, asparagina, glutammina), ammidi, proteine, depositi di tannini, lipidi
(funzione di riserva in alcuni semi data dagli olii), olii eterei (sostanze odorose delle piante
aromatiche), pigmenti (antociani e flavoni), glucosidi ed alcaloidi (colchicina)


Il deposito di tannini viene indotto da stress idrico, i tannini sono composti polifenolici
particolarmente abbondanti in alcuni tessuti (xilema e ritidoma) che conferiscono un
sapore sgradevole, xilema come tessuto legnoso che opera la conduzione della linfa
grezza dalle radici alle foglie e ritidoma (scorza) volgarmente chiamata corteccia


Cristalli di ossalato di calcio = conversione in forma fisiologicamente e
osmoticamente inattiva del calcio in eccesso, protezione contro gli erbivori 

-i cristalli possono essere mostrati come stiloidi, druse, rafidi, sabbia cristallina


-accumulo di granuli proteici come sostanza di riserva
nell’endosperma di un embrione

-il seme include un embrione, delle sostanze di riserva ed
un’involucro protettivo


Funzioni del vacuolo: organulo osmoregolatore che permette il mantenimento del turgore cellulare
in collaborazione con la parete, distensione cellulare durante il differenziamento, movimento
(mediante variazioni del turgore cellulare), sede dell’accumulo sia di ioni che di pigmenti e
metaboliti vari con funzione di difesa o riserva, funzioni litiche, sede dei processi di
detossificazione e di accumulo di sostanze nocive 


L’aumento delle dimensioni del vacuolo guida il processo di distensione cellulare
correlato con il differenziamento, il processo si accompagna anche ad una
deformazione plastica della parete cellulare 


I plastidi sono uno degli organuli caratterizzanti la cellula vegetale e presentano notevole variabilità
a seconda del gruppo sistematico, del tessuto, della cellula di appartenenza, dello stadio di sviluppo
e delle condizioni ambientali dove le differenze riguardano sia le funzioni che l’aspetto morfologico

• i plastidi sono delimitati da due membrane (interna ed esterna), la permeabilità selettiva è tipica
della membrana interna mentre quella esterna è facilmente permeabile per molecole di non grandi
dimensioni e sembra coinvolta nel trasporto delle proteine plastidiali sintetizzate nel citoplasma 

• all’interno dei plastidi è presente una fase solubile amorfa detta stroma contenente i ribosomi
(70S) ed il DNA (singolo e circolare), come per i mitocondri siamo in un organulo semi-autonomo 


L’antenato della cellula vegetale odierna di tipo ameboide ha inglobato un Cianobatterio formando
una simbiosi, la cellula ameboide diventa quindi capace di organicare il carbonio attraverso la
fotosintesi clorofilliana svolta dal Cianobatterio


Nelle piante superiori si osservano cloroplasti, cromoplasti e leucoplasti tutti e tre derivanti dai
proplastidi ovvero i plastidi non differenziati della cellula meristematica, in alternativa possono
formarsi per divisione dei plastidi differenziati esistenti o per trasformazione di un tipo in un’altro


I proplastidi hanno dimensioni (1-3 mm) inferiori rispetto ai plastidi
differenziati (5-10 mm), forma elissoide o ameboide ed organizzazione
interna molto semplice, sono quasi sempre in attiva duplicazione 


I cloroplasti delle piante superiori hanno forma di lente biconvessa e
sono gli organuli deputati al compimento della fotosintesi clorofilliana,
all’interno del cloroplasto si trova un complesso di cisterne delimitate da
membrane dette tilacoidi, essi possono associarsi a formare pile di
cisterne dette “grana” oppure rimanere libere (tilacoidi intergranali)

-sulle membrane sono posizionati i pigmenti fotosintetici che catturano
l’energia luminosa e la trasformano in energia chimica


Nelle varie zone le membrane tilacoidali assumono una denominazione precisa

-lo stroma vede la parte interna della cisterna del tilacoide detta lume, la zona di
contatto tra due tilacoidi sovrapposti è detta partizione, la zona marginale è detta
margine dei tilacoidi, mentre nella membrana tilacoidale si riconoscono una parte
esterna detta superficie stromatica ed una parte interna detta superficie luminale


I cromoplasti sono plastidi colorati non fotosintetici presenti in fiori e frutti si ritiene con
funzione vessillare, derivano dai proplastidi oppure dai cloroplasti per eliminazione della
clorofilla, i pigmenti giallo e arancio sono essenzialmente carotenoidi


I leucoplasti vedono l’assenza di pigmenti e possono essere distinti in 3 tipi 

-amiloplasti ovvero plastidi che accumulano amido secondario, elaioplasti che
accumulano plastoglobuli lipidici tipici di certe famiglie, plastidi accumulatori di proteine 


Ezioplasti = plastidi delle piante che crescono al buio

• un proplastidio per trasformarsi in cloroplasto necessita la presenza dello stimolo
luminoso, le cisterne tilacoidali si organizzano in una struttura detta corpo prolamellare
composta da tutte le membrane che avrebbero dovuto costruire i tilacoidi, quando la pianta
viene trasferita alla luce il corpo prolamellare comincia ad organizzare i tilacoidi normali


Nelle Alghe i plastidi presentano sia una notevole variabilità che delle caratteristiche peculiari con
significato sistematico, salvo rare eccezioni sono sempre e solo fotosintetici ed uno per cellula
-oltre alla forma ovoide biconvessa tipica delle piante superiori esistono plastidi a forma di nastro,
di coppa, reticolata ed in alcune Alghe (Euglenofite e Dinoficee) sono circondate da tre membrane


-nell’immagine si osservano tutti i cloroplasti dislocati al margine cellulare, schiacciati


dall’enorme volume del vacuolo che riempie una cellula differenziata


-cellule di guardia degli stomi come uniche cellule epidermiche che
presentano numerosi cloroplasti


-fogliolina di Muschio con numerosi cloroplasti di forma discoidale
-granuli di amido secondario di patata, fagiolo e riso (granuli composti)
contenuti negli amiloplasti con una funzione di riserva


La fotosintesi clorofilliana è un processo mediante il quale le piante ed i Cianobatteri utilizzano la
luce solare per sintetizzare sostanze organiche partendo da composti inorganici

6CO2 + 6H2O + energia luminosa —> C6H12O6 + 6O2

L’energia radiante solare che colpisce la foglia fa evaporare una parte dell’acqua fogliare per poter
ristabilire una temperatura idonea al complesso strutturale, l’acqua persa tramite evaporazione viene
richiamata dal settore radicale al fine di creare un flusso che si muove dal basso verso l’alto
-il fenomeno di diffusione e penetrazione avviene attraverso le rime stomatiche degli stomi


Nel corso della fase luminosa (tilacoidi) l’energia contenuta nei fotoni della luce solare viene usata
per scindere l’acqua in ossigeno+idrogeno, l’ossigeno viene eliminato come prodotto di scarto
gassoso mentre l’idrogeno viene incorporato riducendo il NADP+ a NADPH

• la fotosintesi comprende anche una forma di trasporto elettronico associato alla formazione di un
gradiente di protoni, la dissipazione del potenziale elettrochimico di protoni porta alla sintesi di ATP
e NADPH che saranno usati durante la fase oscura per sintetizzare i carboidrati


La luce visibile risulta essere solo una piccola porzione dello spettro
elettromagnetico, compresa tra 400-700 nm di lunghezza d’onda 

-l’assorbimento di energia luminosa causa la transizione di una molecola
dallo stato fondamentale ad uno stato eccitato, nello stato eccitato uno
degli elettroni viene spostato in un orbitale lontano dal nucleo


La clorofilla A rappresenta un pigmento presente in tutte le cellule che compiono
fotosintesi e comprende un tetrapirrolo ciclico con una lunga coda idrocarburica
caratterizzata dal fitolo, le altre clorofille possono invece essere presenti come
pigmenti accessori detti pigmenti antenna 

Una molecola eccitata torna allo stato fondamentale seguendo diverse modalità: 

• la fluorescenza vede l’emissione istantanea di luce dove l’energia emessa risulta inferiore dato che
viene in parte persa tramite le collisioni dello stesso atomo con quelli vicini, conversione
dell’energia in calore (energia vibrazionale), la fosforescenza vede il passaggio dallo “stato di
tripletto” prima del ritorno allo stato fondamentale dell’atomo, trasferimento di energia ad un
cromoforo vicino, trasferimento di un elettrone con produzione di lavoro chimico

Nel corso della fase luminosa i pigmenti antenna raccolgono l’energia luminosa e la trasferiscono al
centro di reazione, nelle piante superiori esistono due tipi di centro di reazione caratterizzati dai
fotosistemi PSI e PSII dove nella sequenza operativa il PSII si trova per primo 

1) l’energia luminosa provoca la ionizzazione (prelievo di un elettrone) dalla clorofilla del centro di
reazione innescando un trasporto, l’elettrone viene condotto lungo una catena di trasporto di
molecola in molecola fino a raggiungere la plastocianina 

2) al trasporto di elettroni viene associato anche il trasporto di protoni da un lato all’altro della
membrana tilacoidale, i protoni vengono quindi accumulati nel lume 

3) al termine di questo primo passaggio si ha una plastocianina ridotta (utilizzata dal PSI) e della
clorofilla ossidata nel PSII, questa clorofilla ossidata estrae elettroni dall’acqua liberando O2 

4) il PSI riceve anch’esso energia luminosa dai pigmenti antenna, la sua catena di trasporto
elettronico alimenta la riduzione del NADP+ a NADPH e la clorofilla del PSI viene ridotta dalla
plastocianina che trasporta fin qui gli elettroni provenienti dal PSII 

5) l’enzima ATP sintasi sfrutta il gradiente di protoni generato dal trasporto elettronico che ha
origine dal PSII per produrre l’ATP

Un fotone ionizza la clorofilla
togliendo un elettrone, per
ripristinare il suo stato
riprende l’elettrone dall’acqua
formando O2 di scarto e 2H+
che finiscono nel lume, un
pool di plastochinoni prende
un H+ dallo stroma per
trasferire un elettrone dal
fotosistema 2 portando quindi
il protone all’interno del
tilacoide, ogni coppia di
clorofille nel centro di
reazione del fotosistema 2
prende due elettroni dall’acqua
pertanto 2 protoni vanno nello
stroma e altri 2 protoni
all’interno del tilacoide


Dal plastochinone gli elettroni passano al citocromo b6f e poi alla plastocianina, nel fotosistema 1
l’eccitazione luminosa fa perdere un elettrone alle clorofille che viene poi recuperato dall’elettrone
derivante dalla plastocianina, gli elettroni vengono trasportati dalla ferrodossina fino all’enzima
NADP+ reduttasi, l’ATP sintasi usa il gradiente protonico per formare una molecola di ATP


Il risultato netto della fase luminosa vede la produzione di ATP+NADPH accompagnata dalla
liberazione di ossigeno gassoso


Nel corso della fase oscura (stroma) la CO2 viene organicata mediante una serie di reazioni
biochimiche cicliche chiamate ciclo di Calvin-Benson, il processo richiede energia e potere

riducente che vengono forniti dall’ATP e dal NADPH prodotti nel corso della fase luminosa
La CO2 che entra nello stroma reagisce con il ribulosio 1,5-bifosfato formando due molecole di 3-
fosfoglicerato, il 3-fosfoglicerato viene ridotto a gliceraldeide 3-fosfato utilizzando ATP e NADPH,
ad opera della ribulosio 1,5-bifosfato carbossilasi/ossigenasi detta RUBISCO si riescono a fissare a
25°C solo tre molecole di CO2 al secondo, la RUBISCO localizzata nello stroma dei cloroplasti di
cui ne compone il 50% delle proteine solubili possiede un’attività di carbossilasi quando lega un
carbossile al ribulosio ed un’attività di ossigenasi quando lega un ossigeno


Il modello di fotosintesi illustrato precedentemente descrive un trasporto degli
elettroni di tipo lineare che procede dall’acqua fino al NAPDH e successivamente
indirizzato al ciclo di Calvin, il fotosistema I viene anche coinvolto in una forma
di trasporto elettronico di tipo ciclico che alimenta la formazione di un gradiente
protonico (sintesi di H+) ma non la produzione di NADPH


Piante adattate a climi caldi operano con un meccanismo detto “C4” basato su intermedi a
4 atomi di carbonio separando spazialmente questo primo passaggio dal ciclo di Calvin

• la CO2 entra dalla rima stomatica e giunge nella cellula del mesofillo dove combinandosi
con l’acido fosfoenolpiruvico genera l’acido ossalacetico, con l’ossidazione del NADPH a
NADP+ si forma l’acido malico che viene trasferito alla cellula della guaina vascolare, il
rilascio della CO2 che entra nel ciclo di Calvin trasforma l’acido malico in acido piruvico,
la cellula del mesofillo converte l’acido piruvico in acido fosfoenolpiruvico

-al centro dell’immagine si possono apprezzare i tessuti di
conduzione circondati da un anello di cellule rigonfie ovvero cellule
della guaina del fascio, le cellule distali e marginali sono le cellule del
mesofillo dove avviene la fissazione della CO2 in molecole a 4C
-questa separazione spaziale permette il rilascio di alte concentrazioni
di CO2 che sposteranno l’attività della RUBISCO in carbossilasi

Nelle foglie di una pianta C3 intorno al fascio vascolare non risulta presente l’anello delle cellule
della guaina del fascio, nelle foglie di una pianta C4 l’anello delle cellule della guaina del fascio
prende invece il nome di KRANTZ che dal tedesco significa corona/ghirlanda

In specie adattate a climi molto aridi (CAM = metabolismo acido delle


crassulacee) si osserva un meccanismo mediato dalla formazione di
composti C4 ma con una separazione temporale che vede la formazione di
composti C4 durante il giorno ed il loro accumulo nel vacuolo, durante la
notte i composti C4 sono invece rilasciati ed indirizzati al ciclo di Calvin

• apertura degli stomi di notte, l’enzima PEP carbossilasi lega la CO2
all’acido fosfoenolpiruvico formando l’acido ossalacetico, l’acido
ossalacetico viene convertito dall’enzima malico deidrogenasi in acido
malico che viene immagazzinato nel vacuolo, durante il giorno l’acido
malico viene rilasciato e trasformato in acido piruvico producendo CO2


Nelle cellule vegetali il nucleo non rappresenta l’organo maggiormente
grande in quanto viene superato dalle dimensioni del vacuolo
-non tondeggiante, non centrale, esiliato in periferia e schiacciato dalla
presenza del vacuolo

-l’immagine mostra un elemento dei tubi cribrosi che sono deputati al trasporto della linfa
elaborata (sistema di conduzione = FLOEMA), in queste cellule il nucleo non risulta presente
pertanto sono associate a delle cellule compagne che le assistono in tutte le attività
metaboliche che necessitano del nucleo, eucromatina chiara + eterocromatina scura


Il contenuto di DNA risulta molto variabile nelle diverse specie, le ampie variazioni
osservate suggeriscono che non tutto il DNA sia necessario o utilizzato pertanto si
distinguono sequenze altamente ripetitive (5-10% del totale), sequenze mediamente
ripetitive (fino al 30% del totale) e sequenze in singola copia (fino al 70%)


Nucleosomi = complesso proteico costituito da un’ottamero delle proteine H2A, H2B, H3 e


H4 dove intorno all’ottamero il DNA esegue due giri quasi completi, l’istone H1 sigilla la
catena di DNA attraverso una fosforilazione

-nell’immagine si osserva il nucleo (NE) caratterizzato da una parte granulosa (PG) ed una
parte fibrillare (PF), la presenza del nucleolo (NO), ed il citoplasma (C)
-verso i pori nucleari si trova l’eucromatina a segnalare i siti in attiva trascrizione


L’istone H1 contribuisce quindi a formare un livello di organizzazione e di condensazione

• la successione dei nucleosomi forma una fibra con diametro di circa 10 nm che si
superavvolge secondo un’elica e disponendo sei nucleosomi per spira forma una fibra con
diametro di 30 nm, ulteriori superavvolgimenti possono portare a maggiori gradi di
condensazione ed organizzazione fino al cromosoma 

La condensazione della cromatina ha un importante significato funzionale, la trascrizione e la
duplicazione del DNA sono compiuti da proteine che possono funzionare solo a diretto contatto 

= in questo meccanismo di regolazione l’istone H1 riveste un ruolo particolare essendo coinvolto
nel primo livello di organizzazione, il controllo si esplica attraverso la fosforilazione dell’istone H1
dove la proteina cambia la sua conformazione e modifica la sua interazione con il nucleosoma


Gli istoni H3 e H4 sono modificati mediante l’acetilazione di alcuni amminoacidi (lisina)
contribuendo alla decondensazione della cromatina ma possono intervenire anche le modificazioni
del DNA (metilazione della citosina), oltre agli istoni sono presenti delle proteine non istoniche che
contribuiscono all’organizzazione strutturale della cromatina quali le HMG e le polycomb


Osservato al microscopio elettronico (ma talvolta anche all’ottico) il nucleo delle cellule vegetali
presenta caratteristiche che in base alla distribuzione e all’organizzazione della cromatina hanno
portato alla classificazione in nuclei reticolati e nuclei con cromatina diffusa

• il tipo di organizzazione dipende sia dal contenuto di cromatina che dallo stato funzionale 


-nucleo di porro con tipica struttura reticolata (alto contenuto di DNA)


-nucleo di pisello con struttura reticolata (meno evidente che in porro) 


-nucleo di pomodoro con tipica organizzazione diffusa 

(basso contenuto di DNA)


Le dimensioni del nucleo sono correlate con quelle della cellula e si stima che il volume del nucleo
sia circa il 10% di quello cellulare, il volume del nucleo crescerebbe più lentamente di quanto non
aumenti la quantità di cromatina ovvero nei nuclei con molta cromatina questa sarebbe più compatta

-tuttavia le dimensioni nucleari sono correlate alla ploidia ed alla decondensazione della cromatina

Poliploidia = multiplo raddoppiamento del contenuto di DNA a partire dal valore base

• contenuto aploide x 2 x n volte


Citometria a flusso = il materiale oggetto di analisi viene messo in sospensione
in un liquido e trattato con un colorante che causa fluorescenza, il raggio incidente colpisce
il fluorocromo ed un detector misura la quantità di luce emessa dal ritorno dell’elettrone
eccitato nel suo stato fondamentale, tanto più alti saranno i valori maggiore sarà il picco
ottenuto (tecnica usata in ematologia per la ricerca di tumori)


Gli esempi di poliploidia sono comuni sia tra le piante che tra gli animali, importanza della
poliploidia nella speciazione ed importanza della poliploidia nel differenziamento 

-nei vegetali risulta un fenomeno molto comune tra le Angiosperme e le Pteridofite ma raro tra le
Gimnosperme mentre nei mammiferi (e negli animali superiori con determinazione cromosomica
del sesso) risulta un fenomeno che riguarda quasi esclusivamente il differenziamento di organi

Un organismo vegetale risulta costituito da cellule singole organizzate in aggregati detti tessuti dove
le cellule di un tessuto funzionano come un insieme unitario, i tessuti semplici sono costituiti da
cellule tutte dello stesso tipo mentre quelli complessi sono formati da cellule di tipi diversi 

-i tessuti possono avere funzione di supporto strutturale, di rivestimento protettivo, di trasporto di
acqua e nutrienti, di secrezione, di accumulo di sostanze di riserva 

I meristemi sono un particolare tipo di tessuto le cui cellule sono preposte alla divisione cellulare
pertanto le cellule così formate si indirizzano al differenziamento, nella pianta esistono diversi
meristemi ognuno con un ruolo specifico nello sviluppo della pianta

= questi concetti sono validi per le piante vascolari quali Felci, Conifere ed Angiosperme 


Il corpo della maggior parte delle piante vascolari comprende una parte aerea (epigea) detta
germoglio ed una parte sotterranea (ipogea) detta apparato radicale

• nel germoglio riconosciamo alcuni organi quali il fusto, le foglie, i fiori ed i frutti mentre
nell’apparato radicale gli organi sono le radici


Plasmodesmi come giunzioni tra cellule adiacenti, la parete risulta perforata e viene
attraversata da una porzione di reticolo endoplasmatico (desmotubulo interno al canale)

-il numero di plasmodesmi quando si forma un nuovo setto di separazione tra due cellule
figlie risulta sempre ampio (100-5000/mm2), con la distensione la loro densità diminuisce

-i plasmodesmi sono riuniti in zone a formare i campi delle punteggiature

La parete secondaria non viene deposta nei locus dove sono presenti i raggruppamenti di
plasmodesmi, con la formazione della parete secondaria le punteggiature vengono circondate
da materiale di parete ed assumono l’aspetto di un piccolo canale detto porocanale

-i porocanali sono visibili anche al microscopio ottico


Punteggiature areolate = sono tipiche delle cellule appartenenti a certi tipi di tessuti
(conduzione e meccaniche), queste cellule sono morte

Lo xilema composto da cellule morte si occupa del trasporto della linfa grezza, conduttori in cui
avviene una risalita per effetto sia della capillarità che del richiamo da parte dell’apparato fogliare 


Le cellule che si aggregano a formare i tessuti sono ovviamente rivestite da parete ed aderiscono
una all’altra mediante la pectina della lamella mediana, i tessuti sono costituiti sia da cellule vive sia
che da cellule morte dove queste ultime hanno funzione di sostegno (rinforzo) e di trasporto

• la maggior parte dei tessuti possono essere raggruppati nei tre sistemi denominati sistema
fondamentale, sistema vascolare e sistema tegumentale

Dall’immagine si osserva come i tessuti di conduzione siano collocati
centralmente nelle radici, siano collocati perifericamente e ad anello
nel fusto, siano rimpiccioliti e ramificati nelle foglie 

-maggiormente accurata e precisa sarà l’innervazione delle foglie più
facilmente saranno raggiunte le singole cellule fogliari, questa
caratteristica fu il punto chiave per il successo delle Angiosperme

L’epidermide della radice anche detta rizoderma presenta dei peli


radicali che portano all’aumento della superficie di contatto col suolo,
la regione corticale vede il sistema fondamentale mentre il centro
delimitato da un anello di cellule scure presenta i tessuti di conduzione

• lo xilema vede il trasporto della linfa grezza (acqua e sali minerali dalle radici alle
foglie) mentre il floema vede il trasporto della linfa elaborata (zuccheri dalle foglie a
tutti i distretti della pianta)

Il fusto presenta un sistema tegumentale esterno, un sistema di conduzione disposto ad
anello che vede xilema verso l’interno e floema verso l’esterno, un sistema fondamentale
che vede una regione corticale o corteccia verso l’esterno ed il midollo al centro

La foglia presenta un sistema tegumentale esterno, un sistema di conduzione
centrale che vede lo xilema rivolto verso l’alto ed il floema rivolto verso il basso, il
tutto circondato dalle cellule del mesofillo che compongono il sistema fondamentale


I meristemi sono costituiti da cellule giovanili embrionali e vengono classificati in meristemi
primari + meristemi secondari, i tessuti differenziati sono costituiti da cellule che hanno assunto le
loro funzioni definitive e vengono classificati in parenchima + tessuti di conduzione + tessuti di
sostegno + tessuti tegumentali + tessuti secretori 


Alcuni tessuti differenziati sono costituiti prevalentemente da un unico tipo cellulare e vengono
detti tessuti semplici, includono parenchima + collenchima + sclerenchima (tessuti di sostegno)


I tessuti meristematici sono costituiti da cellule giovani embrionali il cui ruolo
fondamentale risulta andare incontro a divisione cellulare per produrre nuovo materiale,
sono presenti sia negli apici vegetativi/radicali che nel fusto/radice, i meristemi primari
sono tipici degli apici mentre i meristemi secondari sono tipici di fusto e radici

• il meristema primario genera le porzioni della pianta che si trovano in struttura primaria
sia a livello del germoglio che a livello della radice determinando un’aumento nella
lunghezza delle strutture, il meristema secondario alimenta l’accrescimento secondario
che determina l’aumento in diametro di fusto e radici


-tessuto meristematico primario, cellule di dimensioni contenute con vacuolo non visibile e
nucleo in posizione centrale con forma tondeggiante, ha parete primaria non ispessita

-cellule isodiametriche che si accrescono nella stessa maniera in tutte e tre le direzioni dello
spazio, mediante differenziamento dalle cellule meristematiche originano tutti i tipi cellulari

Nel doma apicale si trova il meristema apicale del fusto (SAM)
in cui sono presenti le cellule di partenza del meristema in
grado di produrre tre diversi meristemi primari: il meristema
fondamentale (zona centrale + zona corticale), il procambio
(zona di conduzione), il protoderma (zona tegumentale)


Nell’apice radicale si trova il meristema apicale della radice
(RAM) in cui sono presenti le cellule di partenza del
meristema in grado di produrre tre diversi meristemi primari: il
procambio (zona di conduzione), il meristema fondamentale
(zona laterale) + il protoderma (zona tegumentale)

La radice risulta rivestita da un’involucro di cellule detto cuffia o caliptra che protegge il meristema
stesso quando la radice va addentrandosi nel terreno grazie al contenuto di sostanze gelatinose
• nella cuffia sono presenti anche delle cellule ricche di granuli di amido dette statoliti che tendono a
risentire della forza di gravità depositandosi sul fondo della cellula = sensore di gravità della radice


I meristemi secondari sono circondati da cellule differenziate, in giallo si
presenta il cambio cribro-legnoso che produce nuove cellule del tessuto di
conduzione come xilema verso l’interno e floema verso l’esterno, in verde
si presenta il cambio subero-fellodermico o fellogeno che produce cellule
del sughero verso l’esterno e cellule del felloderma verso l’interno
-apice vegetativo con nuove foglioline nascenti, in funzione della distanza dall’apice i
nuovi abbozzi fogliari si trovano in diversi stadi di differenziamento, l’anatomia della
struttura risulta collegata al tempo di sviluppo dato che le strutture vegetali possiedono
un’organizzazione assiale determinata nel suo accrescimento dall’attività apicale

-esempio di meristema secondario che mostra il cambio cribro-vascolare, internamente in
rosso sono indicate le cellule xilematiche di conduzione della linfa grezza mentre in
azzurro sono indicate le cellule floematiche di conduzione della linfa elaborata

-lo strato di cellule tra xilema e floema caratterizza il cambio cribro-vascolare che produce
nuove cellule dello xilema verso destra e nuove cellule del floema verso sinistra

Le cellule vegetali presentano un maggiore grado di totipotenza rispetto alle cellule animali,
alcune cellule differenziate nei tessuti primari possono regredire ad uno stato meristematico

I tessuti tegumentali hanno funzione di protezione dalla disidratazione, dall’irraggiamento


luminoso, dall’attacco di patogeni e sono localizzati sulla superficie esterna degli organi 

• epidermide nelle zone in struttura primaria del fusto e nelle foglie, rizoderma nelle zone in
struttura primaria della radice, sughero nelle radici e nei fusti in struttura secondaria

-oltre alle cellule epidermiche possiamo trovare sia le cellule di guardia degli stomi che
delle strutture dette peli o tricomi con delle forme diversissime e funzione ghiandolare, di
trattenimento dell’umidità, di difesa dai patogeni, di abbassamento della temperatura


Nell’epidermide della parte aerea si trova un rivestimento impermeabilizzante detto cuticola

-lo stoma con le due cellule cellule di guardia risulta circondato da cellule sussidiarie,
l’insieme caratterizzato dalle cellule sussidiarie e dallo stoma forma l’apparato stomatico

-organizzazione di un tessuto di rivestimento prodotto dal cambio


subero-fellodermico, regione corticale interna, felloderma in
arancione, meristema in verde, sughero o fellema in beige
-sezione di patata con un tegumento che corrisponde alla buccia, la parte
interna include delle cellule parenchimatiche con funzione di riserva che
contengono un’enorme numero di amiloplasti


I tessuti parenchimatici presenti in tutti quanti gli organi della pianta risultano distinti in quattro tipi

• parenchima clorofilliano sia nel mesofillo fogliare che nella corteccia esterna del fusto e delle
radici aeree, parenchima di riserva in frutti/fusti/radici, parenchima acquifero in fusti e foglie
succulenti, parenchima aerifero in fusti/foglie/radici di ambienti poco areati


-epidermide superiore monostratificata in alto ed in basso, la porzione compresa tra le due
epidermidi viene detta mesofillo, il mesofillo include un parenchima con cellule allungate
detto “parenchima a palizzata” ed un parenchima con cellule irregolari detto “parenchima
spugnoso”, entrambi i parenchimi sono capaci di effettuare fotosintesi tuttavia il
parenchima spugnoso risulta maggiormente adatto allo scambio gassoso

-nel mesofillo si osserva una venatura caratterizzante i sistemi di conduzione

-parenchima di riserva della radice di ranuncolo, le cellule presentano una forma allungata 

e contengono granuli di amido come riserva, le cellule parenchimatiche sono cellule medio-
grandi con parete primaria sottile e vacuolo di grandi dimensioni

-sezione di patata con una porzione suberificata ed un parenchima


interno contenente granuli di amido

-parenchima aerifero composto da cellule parenchimatiche e cellule


del tessuto meccanico dette “sclereidi di tipo stellato”

Le cellule parenchimatiche delle radici sono coinvolte nelle simbiosi con alcuni funghi del suolo

I tessuti meccanici con funzione di sostegno sia alla periferia dei fusti che all’interno delle radici 

• collenchima sia nel fusto primario delle Dicotiledoni che in piccioli e nervature + sclerenchima 

• all’interno dello sclerenchima troviamo le sclereidi con forma globosa (frutti, corteccia del fusto,
tegumento dei semi) e le fibre con forma tipicamente allungata (fusti, foglie, radici) 

• il collenchima risulta composto da cellule vive mentre lo sclerenchima da cellule morte 


-sezione di fusto con tessuto epidermico e cellule parenchimatiche molto grandi, le
cellule collenchimatiche del tessuto meccanico formano un “collenchima angolare” in
quanto gli ispessimenti di parete creano un angolo nella cellula 

-gli strati esterni presentano una colorazione verde che sottolinea l’attività fotosintetica

-le sclereidi si organizzano in gruppo per formare le isole petrose, la porzione di


colore bianco che caratterizza la polpa della pera risulta formata da tessuto
parenchimatico di riserva con vacuoli contenenti zuccheri (fruttosio)

-le sclereidi sono cellule tondeggianti con un lume piccolo e parete spessa

Le sclereidi sono fortemente lignificate mentre il collenchima presenta solo ispessimenti di cellulosa 


I tessuti di conduzione con funzione di trasferire le sostanze sono presenti in tutti gli organi 

• tessuto vascolare che trasporta la linfa grezza ed insieme ad altri tessuti forma il legno o xilema

• tessuto cribroso che trasporta la linfa elaborata ed insieme ad altri tessuti forma il libro o floema

-microscopia a fluorescenza, dato che le pareti delle cellule xilematiche sono


lignificate risultano capaci di fluorescenza senza un particolare trattamento

-l’immagine mostra un elemento dei tubi cribrosi che sono deputati al trasporto della linfa
elaborata (sistema di conduzione = floema), in queste cellule il nucleo non
risulta presente pertanto sono associate a delle cellule compagne che le
assistono in tutte le attività metaboliche che necessitano del nucleo


-a sinistra osserviamo un fusto in struttura primaria con xilema+floema interni,
collenchima+epidermide superficiali e cellule parenchimatiche disposte intorno

-a destra osserviamo un fusto in struttura secondaria con al centro una zona
midollare di cellule parenchimatiche, lo xilema arricchito ogni anno da un nuovo strato risulta
separato dal floema attraverso il cambio cribro-vascolare, felloderma+sughero superficiali

Le cellule del legno possono essere anulate, spiralate, scalariformi, reticolate e punteggiate

I tessuti di conduzione sono formati dal sovrapporsi di cellule che vanno a


costituire gli elementi di un vaso, il collegamento di singole cellule attraverso delle
piastre di perforazione forma un lungo tubo che permette il trasporto
-queste cellule sono associate a cellule parenchimatiche

-nell’immagine la placca cribrosa mette in comunicazione due cellule


floematiche ma anche dei punti di permeazione permettono il passaggio
della linfa elaborata, possono essere presenti degli accumuli di proteina p
o di callosio in grado di occludere il lume

-fusto di Monocotiledone a sinistra caratterizzato da fasci di conduzione disposti in


maniera disordinata, fusto di Dicotiledone a destra caratterizzato da fasci di
conduzione disposti in maniera ordinata lungo una circonferenza

Nel processo evolutivo che ha portato le piante ad uscire dall’acqua divenne necessario che le
piante si polarizzassero in due direzioni diverse = parte aerea (fusto e foglie) + parte radicale 

• le radici sono il sito di interazione con organismi del suolo e con le componenti non biologiche


Nelle radici a fittone la radichetta embrionale diventa la radice principale e
continua a crescere per tutta la vita della pianta, da questa radice principale
vanno diramandosi delle radici laterali di vario ordine


Nelle radici fascicolate la radichetta embrionale dopo un certo periodo di tempo
arresta la sua crescita e viene affiancata da delle radici avventizie o germinali
con dimensioni e forma confrontabile con quelle della radichetta principale

Accanto alle radici germinali possono essere prodotte delle radici caulinari, partono dalla base del
fusto e contribuiscono sia alla stabilizzazione che al nutrimento della pianta


La radice possiede una zona in struttura primaria o corpo primario, una zona di
distensione o zona di allungamento ed una zona meristematica apicale

• nella zona apicale troviamo la cuffia, la zona meristematica con formazione
dei tre meristemi primari (protoderma, meristema fondamentale, procambio), la
zona di distensione o zona di allungamento dove le cellule aumentano in
dimensione per formare la zona di conduzione al centro + il periciclo come
confine per il cilindro centrale + la zona corticale + l’epidermide 

• nella zona in struttura primaria sono presenti numerosi peli radicali che
servono ad aumentare le superfici di scambio tra la radice ed il suolo, i peli
radicali sono strutture unicellulari date da un’estrusione della cellula epidermica
-nel meristema apicale esiste una zona detta centro quiescente dove le divisioni sono rare, si
mantengono delle cellule di riserva per poter eventualmente ripartire dopo danneggiamento 

-la zona centrale con i tessuti di conduzione risulta delimitata da un’endoderma che al suo
interno presenta il periciclo, dalle cellule del periciclo traggono origine le radici laterali

Il meristema della cuffia prende il nome di caliptrogeno

-nell’immagine di sinistra un confine netto tra la zona del meristema apicale ed il


gruppo di cellule iniziali caratterizza la struttura chiusa dell’apice, nell’immagine
di destra un confine meno netto caratterizza la struttura aperta dell’apice

-sezione di radice in struttura primaria, l’epidermide in giallo risulta


caratterizzato dalla presenza di peli radicali, uno strato di cellule
parenchimatiche o strato corticale in grigio che vede l’accumulo di sostanze di
riserva negli amiloplasti, l’endodermide in verde come confine tra la regione
corticale ed il cilindro centrale caratterizzato da cellule che obbligano acqua/
soluti a seguire un percorso ben preciso, il periciclo in viola da cui traggono
origine le radici laterali, lo xilema interno composto da un protoxilema con
cellule xilematiche piccole ed un metaxilema con cellule xilematiche grandi i
cui raggi di cellule vengono detti arche xilematiche, il floema in azzurro

L’endodermide forma uno strato di cellule che vincolano il passaggio dalla zona
corticale alla zona del cilindro centrale, le cellule dell’endodermide presentano un
particolare tipo di suberificazione, nella corteccia l’acqua segue sia un percorso
extracellulare detto apoplastico passando negli spazi intercellulari o nelle pareti che un
percorso sinplastico, quando l’acqua raggiunge l’endodermide per entrare nel cilindro
centrale risulta obbligata a seguire la via sinplastica per la presenza del sughero


-nelle Monocotiledoni osserviamo sempre al centro della radice un midollo


-nella formazione delle radici laterali le cellule del periciclo iniziano a
proliferare e si ingrandiscono fino a formare un’apice radicale, l’apice
radicale penetra la corteccia e l’epidermide fino ad uscire lateralmente
Passaggio dalla struttura primaria alla struttura secondaria
• struttura primaria con epidermide in nero, zona corticale in bianco,
endoderma+periciclo al centro, arche xilematiche+floema

• lungo i bordi delle arche xilematiche si trova il procambio che si differenzia
nel meristema secondario del cambio cribro-legnoso, il cambio produce
nuovo xilema verso l’interno e nuovo floema verso l’esterno 

• il cambio subero-fellodermico produce il periderma per proteggere la radice 


-cuscuta come pianta parassita che si procura il carbonio andando a parassitare
altre piante, con delle particolari radici austroriali penetra il fusto della pianta
ospite per assorbire i nutrienti di cui necessita 


La formazione dei noduli radicali avviene quando alcuni gruppi di piante
interagiscono con batteri azotofissatori del gruppo dei rizobi, da parte dei
batteri all’interno dei noduli avviene la fissazione dell’azoto che viene poi
ceduto alla pianta come NH4+ in cambio dei prodotti della fotosintesi 

-ambiente a bassa tensione di O2 che favorisce l’attività dell’enizima
nitrogenasi, i batteri formano uno stiletto d’infezione a livello dei peli
radicali per andare ad invadere le cellule parenchimatiche corticali 


-ectomicorriza dove le radici assumono una forma con delle ramificazioni dicotomiche a
clava mentre le ife fungine restano sempre sulla superficie esterna formando
un mantello o si infilano nella radice rimanendo tra una cellula e l’altra


-endomicorrize dove le ife fungine superano la parete delle cellule vegetali
interfacciandosi con il plasmalemma per massimizzare gli scambi 


La parte aerea risulta composta da un fusto principale che porta delle ramificazioni e delle
gemme laterali, la costruzione del germoglio avviene secondo un modulo dato da una
porzione che si trova tra l’inserimento di due foglie detto internodo dove il nodo
corrisponde al punto di inserzione della foglia, nodo+gemma+internodo costituiscono un
modulo del fusto la cui successione va a costituire il fusto fino alla porzione apicale


-i fusti delle Dicotiledoni sono caratterizzati dalla disposizione dei tessuti di
conduzione ad anello pertanto l’organizzazione fondamentale prevede
un’epidermide superficiale con funzione protettiva, una regione corticale di
parenchima, un anello di fasci di conduzione che prevede lo xilema verso il centro
(endarco) + il floema verso l’esterno (esarco) + delle fibre con funzione di sostegno

-i fusti delle Monocotiledoni sono caratterizzati dalla disposizione dei tessuti di
conduzione in maniera casuale in tutta la sezione pertanto l’organizzazione prevede
lo xilema + il floema avvolto da cellule sclerenchimatiche con parete ispessita


-organizzazione della gemma apicale, zona meristematica del SAM come organizzatore
della struttura da cui vengono generati i tre meristemi primari (procambio, meristema
fondamentale, protoderma), sono ben visibili i vari abbozzi fogliari nei differenti stadi

-si distinguono una zona esterna detta tunica ed una zona interna detta corpus


Organizzazione a livello del meristema apicale dove non risulta possibile riconoscere
delle zone differenziate in quanto si hanno cellule meristematiche deputate a dividersi
per produrre i tre meristemi primari, il differenziamento delle cellule prodotte dai tre
meristemi primari porta all’organizzazione del fusto in struttura primaria 

• dal procambio si forma floema primario verso l‘esterno e xilema primario verso
l’interno, una parte del procambio permane come procambio residuale per contribuire
alla formazione di un meristema secondario qualora fosse opportuno


Organizzazione del sistema vascolare dove notiamo la presenza di due foglie per nodo
con orientamento ruotato di 90gradi ad ogni nodo (organizzazione decussata), in verde
ed in rosso sono rappresentati i fasci di conduzione che in prossimità del picciolo
formano delle ramificazioni in grado di permettere l’innervazione della foglia

Il posizionamento delle foglie detto fillotassi dipende dall’attività dell’apice meristematico 


1) disposizione alterna quando la prima foglia si orienta a destra e la seconda foglia si
orienta a sinistra, le due foglie formano tra di loro un angolo di 180gradi

2) disposizione opposta quando le due foglie vengono prodotte alla stessa altezza, nella
successione di internodi e nodi le foglie successive possono essere disposte nello stesso
modo oppure ruotate di 90gradi rispetto alle foglie precedenti

3) disposizione verticillata quando almeno tre foglie si inseriscono sullo stesso nodo

4) disposizione spiralata quando seguendo i punti di inserimento dei piccioli lungo l’asse
notiamo che svolgono una spirale, le due foglie formano tra di loro un angolo di 137,5gradi 


-fusto di frumento, epidermide di un fusto verde per la presenza di stomi, cellule
parenchimatiche della regione corticale, fasci conduttori delle Monocotiledoni, al
centro risulta presente una cavità midollare in quanto vuoti al centro


-apice di iris caratterizzato da un meristema primario di ispessimento che produce la
nuova massa in grado di formare la struttura del fusto a partire dall’apice stesso


Passaggio dall’accrescimento primario all’accrescimento secondario 

• il procambio residuale si dispone sia lungo una circonferenza all’interno dei fasci di
conduzione (procambio intrafasciale) che tra un fascio e l’altro (procambio interfasciale) 

• quando si attiva il meristema secondario le cellule del cambio iniziano a dividersi
formando xilema verso l’interno sia nella zona fasciale che nella zona interfasciale +
floema verso l’esterno, formazione di un anello continuo di tessuti di conduzione


Una cellula del cambio cribro-legnoso si divide in due cellule una delle
quali rimane meristematica mentre l’altra si differenzia in xilematica, 

la cellula meristematica si divide nuovamente in due cellule una che
rimane meristematica mentre l’altra che si differenzia in floematica


-disposizione ad anelli di accrescimento, sulla superficie esterna notiamo un periderma
di avvolgimento protettivo, esiste anche un sistema di conduzione radiale organizzato
in raggi pertanto il cambio risulta composto dalle cellule iniziali del raggio e dalle
cellule iniziali fusiformi che danno origine al sistema assiale

-tipico legno eteroxilo che osserviamo in un’Angiosperma Dicotiledone



-sezione trasversale + sezione radiale + sezione tangenziale, nella sezione
trasversale riconosciamo le diverse tipologie di cellule legnose (vasi xilematici,
raggio, cellule fibrose, cellule parenchimatiche)


-fusto di tiglio in struttura secondaria, parenchima midollare centrale,
xilema con tre anni di accrescimento dove il legno precoce presenta
vasi grandi rispetto al legno tardivo, cambio cribro-legnoso+floema,
zona del periderma in cui si riconoscono anche i raggi
Lo xilema viene distinto in una porzione chiara recente detta alburno
ed in una porzione scura tardiva detta duramen il cui colore viene
dato dalla deposizione di tannini, la porzione funzionale del legno
risulta essere solamente quella dell’alburno 


Il fusto permette alle foglie di esporsi correttamente alla luce e di effettuare gli opportuni scambi
gassosi, sostiene fiori e frutti, trasporta la linfa grezza ed elaborata, ha una funzione di riserva


-legno di Gimnosperma in sezione trasversale + sezione radiale + sezione
tangenziale, legno omogeneo nelle sue caratteristiche detto omoxilo in quanto 

nello xilema abbiamo tracheidi di uguali dimensioni oppure fibrotracheidi con
funzione mista (conduzione e meccanica), i raggi sono sempre uniseriati essendo
formati da cellule singole disposte una sopra l’altra

Il canale resinifero risulta composto da cellule parenchimatiche dello xilema che


avvolgono un anello di cellule epiteliali che producono la resina verso l’interno 


Lo strato esterno delle cellule parenchimatiche prossimo alle cellule epidermiche va
incontro ad un processo di sdifferenzimento, le cellule regrediscono ad uno stato
meristematico e cominciano un’attività di proliferazione cellulare bidirezionale che produce
cellule del sughero o fellema verso l’esterno e cellule del felloderma verso l’interno 


-la formazione dei fusti in struttura secondaria determina una forte
impermeabilizzazione che complica gli scambi con l’esterno, dei punti di
scambio detti lenticelle vengono sigillati in certi periodi dell’anno da parte
del sughero, sono anche dei punti di emersione di nuove strutture avventizie 


La gemma apicale prolifera per l’allungamento ma porta anche alla produzione
di gemme ascellari laterali che permettono la creazione di ramificazioni 

• la ramificazione monopodiale vede un’asse principale di accrescimento con
diramazioni laterali più basse rispetto all’asse principale dominante

• la ramificazione simpodiale vede un’asse che cresce fino ad un certo punto per
poi produrre delle diramazioni laterali che lo superano in altezza


Le cicatrici fogliari sono i punti da cui sono cadute le foglie quando hanno completato il ciclo vitale


Nelle Monocotiledoni non si ha un’accrescimento secondario ad eccezione di alcune
Agavaceae il cui accrescimento deriva dall’attività di un cambio secondario 


-fusti modificati con significato di strutture di resistenza, durante la stagione invernale
si trovano nel sottosuolo collegati con le radici mentre con la stagione favorevole si
vengono a creare delle gemme in grado di portare a dei germogli epigei 

-bulbi di cipolla dove la funzione di riserva viene assolta da foglie modificate che
contengono sostanze zuccherine dette catafilli

Stoloni come fusti che portano alla formazione di nuove plantule che
permettono alla cellula madre di produrre dei cloni allontanandoli dalla
zona in cui essa sta crescendo, le spine quando presenti possono essere
emergenti, strutture dette cladofilli sono delle estroflessioni del fusto


La foglia risulta essere l’organo deputato a svolgere la fotosintesi, presenta forme e dimensioni
molto varie come adattamento alle diverse condizioni ambientali

Dalla foglia avrebbero tratto origine altre strutture con funzione di sostegno (cirri e viticci),
protezione (spine), riproduzione (carpelli e antere), vessillare (petali), trappole (piante carnivore)

L’organizzazione di una foglia tipo vede il picciolo che connette la foglia al fusto,
una guaina che quando presente si avvolge attorno al fusto, base della foglia + apice
fogliare, la struttura della foglia viene detta lembo o lamina fogliare, il bordo della
foglia detto margine risulta molto diversificato, nervature primarie + nervature
secondarie con disposizione sistematica dove nelle Monocotiledoni risultano
parallele mentre nelle Dicotiledoni risultano “pennate” o “retinervia”


Teoria delle enazioni = le foglie deriverebbero da estroflessioni appiattite del fusto 

Teoria telomica = le foglie deriverebbero dall’appiattimento di un ramo laterale 


La prima teoria risulta responsabile della formazione delle foglie dette microfille caratterizzate da
una singola nervatura centrale, le foglie si sarebbero formate a partire da un protostele centrale per
estroflessione + la seconda teoria risulta responsabile della formazione delle foglie dette marcofille


La teoria telomica venne presentata per la prima volta nel 1930 dal paleobotanico Walter
Zimmerman, la teoria prevede tre passi per la trasformazione di un fusto terminale in una foglia
laminare mediante la fusione di diverse ramificazioni laterali 

• la porzione terminale di un fusto viene detta teloma mentre quelle intermedie mesomi 


1) fase di overtopping con il sopravvanzamento di un teloma dagli assi
laterali e la formazione di un asse principale, ramificazione monopodiale

2) fase di planation con l’appiattimento dei telomi corti sullo stesso piano

3) fase di webbing con la formazione di nuovo tessuto parenchimatico tra
i telomi corti, i vecchi assi dei telomi vanno a costituire le nervature 


Le ramificazioni primitive in piante come Rhynia erano dicotomiche, il primo
passo della teoria prevede l’overtopping ovvero la crescita asimmetrica delle due
ramificazioni con una delle due che cresce maggiormente, in questo modo si forma
un asse maggiore di crescita ed un asse laterale 


Il secondo passo prevede che le porzioni di fusto che costituiscono la
ramificazione secondaria (e che hanno forma cilindrica o rastremata) si
dispongano sullo stesso piano, quello che diviene piatto non risulta la struttura
del fusto ma il piano su cui si dispongono i pezzi che originariamente potevano
essere disposti in tre dimensioni (quindi in un volume)


Infine lo sviluppo verso l’esterno di tessuto fotosintetico con geometria planare
finisce per unire le diverse parti dando luogo alla lamina fogliare


In una foglia possiamo riconoscere diverse porzioni dove lamina (o lembo)
fogliare e picciolo risultano quelle comuni, una foglia priva di picciolo si dice sessile 

-in altri casi alla base del picciolo possiamo trovare le stipole ovvero delle piccole
strutture laterali a forma di fogliolina


Le foglie presentano notevole varietà da specie a specie e quindi costituiscono un
carattere tassonomico di grande importanza, nonostante questo possono mostrare
variazioni di forma anche nello stesso individuo per lo più in relazione al variare di 

condizioni ambientali o allo stadio di sviluppo 


Le foglie sin qui discusse sono di tipo semplice, molte specie presentano invece
foglie composte riconoscibili in quanto il loro lembo risulta segmentato in numerose
foglioline, le principali tipologie di foglie composte sono quelle palmate e pennate
Le foglie prendono origine dall’apice caulinare come protrusioni con simmetria radiale mentre
durante lo sviluppo assumono una simmetria dorsoventrale e la loro crescita diviene definita 

• la determinazione del primordio a divenire foglia si manifesta dopo la comparsa del primordio,
appena il primordio compare (stadio precoce) viene eventualmente indotto anche a seguire una via
di sviluppo differente dato che il suo destino non risulta ancora irreversibilmente determinato

Esperimenti condotti negli anni 1950 sul felci del Genere Osmunda, compiuti asportando i primordi
e ponendoli in coltura su un terreno contenente solo zuccheri e minerali (non fattori di crescita),
hanno mostrato che i primordi giovani formavano interi germogli mentre primordi avanzati finivano
per formare solo foglie, la conferma di questi risultati venne ottenuta con studi su tabacco e girasole

Le foglie presentano una lamina con spessore inferiore rispetto alla larghezza ed alla profondità, in
passato si riteneva che questa struttura derivasse dall’attività di un meristema marginale in grado di
originare delle cellule derivate che si accrescono verso il centro dell’organo

= si ritiene che l’attività meristematica sia diffusa in tutta la foglia in accrescimento (meristema
piatto) interrompendo l’attività prima nella zona apicale e solo successivamente nella zona basale

L’organizzazione di un fiore tipo vede un’asse fiorale detto stelo o


peduncolo che si allarga in una struttura detta ricettacolo o talamo, a
livello del ricettacolo si inseriscono tutte le parti del fiore mentre nel
talamo avviene l’incontro tra la parte femminile e la parte maschile

• il ricettacolo possiede forma concava + convessa + piana, quando di
forma convessa l’ovario si trova in posiziona supera mentre quando di
forma concava l’ovario si trova in posizione infera


Le porzioni fiorali sono organizzate in quattro gruppi con funzione ed
aspetto differente, originando tutte a partire da un’apice vegetativo non
sono altro che delle foglie modificate = antofilli o foglie del fiore

• gli antofilli sono disposti in verticilli su cerchi concentrici a formare il
calice costituito dai sepali, la corolla costituita dai petali, l’androceo
costituito dagli stami, il gineceo costituito dal pistillo che include i carpelli


Pedundolo+ricettacolo+calice sono di norma colorati in verde


Il calice costituisce il primo verticillo e possiede una funzione di rivestimento e protezione nei
confronti del bocciolo fiorale prima della sua apertura e maturazione, la corolla costituisce il
secondo verticillo e possiede una funzione di “segnale visibile” per gli animali impollinatori 

• il colore dei fiori viene determinato dal tipo, dalla quantità e dalla stabilità dei pigmenti contenuti
nei tessuti + dal pH delle cellule che possiedono i pigmenti nel loro vacuolo + dalla traslocazione
dei pigmenti dal sito di produzione, i pigmenti comuni nelle Angiosperme sono flavonoidi +
carotenoidi + betlaine + clorofille, oltre ai colori visibili sono presenti delle pigmentazioni attrattive
per gli insetti in quanto capaci di percepire anche le lunghezze d’onda nell’ultravioletto


Calice + corolla vanno a costituire il perianzio ovvero la struttura attorno al fiore 


Flavonoidi+betlaine sono situati all’interno dei vacuoli e sono mutualmente esclusivi mentre
carotenoidi+clorofille possono eventualmente trovarsi insieme all’interno dei plastidi 

-i flavonoidi interessano le colorazioni rosa, rosso, arancio, scarlatto, porpora, blu, blu scuro, giallo
-le betlaine interessano le colorazioni giallo, rosso, arancio, porpora

I diversi pezzi che costituiscono il calice e la corolla possono essere liberi o fusi insieme

• quando i sepali sono fusi insieme il calice vene detto gamosepalo mentre quando i sepali sono
liberi il calice viene detto dialisepalo + quando i petali sono fusi insieme la corolla viene detta
gamopetala mentre quando i petali sono liberi la corolla viene detta dialipetala


L’androceo costituisce il terzo verticillo e possiede degli stami composti da uno stelo che termina
con l’antera, il modo in cui l’antera si inserisce sullo stame risulta un tratto distintivo della specie 

• antere basifisse quando attaccate per la base, antere apicifisse quando attaccate per la punta, antere
dorsifisse quando attaccate per il dorso, antere ventrifisse quando attaccate per il ventre 

• i filamenti dei diversi stami possono essere liberi o fusi insieme totalmente/parzialmente 


L’antera risulta formata da due teche unite da tessuto connettivo,
ciascuna teca contiene due sacche polliniche che danno origine ai
microsporangi all’interno dei quali vengono prodotte le microspore
aploidi, da ogni microspora viene originato il granulo pollinico
(gametofito maschile o microgametofito) 


-sezione di un’antera con uno strato esterno epidermico detto esotecio, uno strato interno di tessuto
meccanico disposto sopra i bordi esterni dei sacchi pollinici detto endotecio, degli strati parietali di
cellule parenchimatiche, un tessuto nutritivo detto tappeto, un tessuto che origina le spore


Il gineceo costituisce il quarto verticillo e possiede dei carpelli che costituiscono l’involucro chiuso
che da il nome alle Angiosperme, risulta composto da ovario + stilo + stigma dove lo stigma
rappresenta la parte terminale su cui si depositano i granuli pollinici mentre l’ovario contiene da
uno a molti ovuli per i quali risulta possibile descrivere la placentazione con valore sistematico 

• la proliferazione dello zigote origina l’embrione, lo sviluppo delle strutture dell’ovulo circostanti
all’embrione determina la formazione del seme mentre il pistillo si trasforma in frutto


Il numero di verticilli risulta tipico di ogni specie, di norma si riconoscono fiori con un piano fiorale
su base tre detti trimeri + su base quattro detti tetrameri + su base cinque detti pentameri

= i fiori trimeri si trovano nelle Monocotiledoni mentre i fiori tetrameri/pentameri nelle Dicotiledoni


-fiore trimero della pianta di zafferano, sono evidenti sei elementi del perigonio
detti tepali in quanto sepali e petali non si riescono a distinguere tra di loro,
presenza di due verticilli con tre elementi ciascuno


Quando non risulta possibile distinguere tra sepali e petali gli elementi sterili vengono detti tepali
mentre la struttura nel suo complesso viene detta perigonio, quando qualche vercillo risulta
mancante i fiori privi delle parti sterili vengono detti aclamidati o nudi mentre i fiori privi delle parti
sessuali vengono detti unisessuali (monoici sullo stesso individuo o dioci su individui differenti)

-alcune specie producono accanto ai fiori fertili fiori muniti della sola parte vessillare, fanno parte di
infiorescenze complesse che tendono a simulare l’aspetto di un fiore


I petali possono disposi dando origine a delle simmetrie, simmetria con infiniti piani di simmetria
(fiori regolari o attinomorfi) + simmetria bilaterale con un singolo piano che divide il fiore in due
metà simmetriche (fiori zigomorfi) + simmetria assente (fiori irregolari) 


Gli eucarioti pluricellulari come le piante originano da una cellula singola diploide detta zigote che
risulta dalla fusione dei gameti aploidi parentali, nel corso dello sviluppo da questa cellula si forma
dapprima l’embrione ed in seguito alla germinazione del seme tutte le diverse strutture che
costituiscono un individuo adulto = sono implicati i processi di replicazione e differenziamento 

-lo zigote deve contenere nel genoma tutte le informazioni necessarie a mettere in atto il piano di
sviluppo, i diversi tipi di informazione sono attivati da stimoli endogeni ed esogeni 

All’interno dell’ovulo arriva il tubetto pollinico di un granulo pollinico che
presenta le cellule fecondatrici, la fecondazione crea lo zigote che subisce una serie
di divisioni per formare l’embrione maturo presente all’interno del seme,
l’embrione maturo vede una radichetta con un’apice radicale + un’apice vegetativo
+ due foglie embrionali, quando il seme germina l’embrione fuoriesce ed a partire
dai meristemi apicali comincia l’accrescimento per generare una pianta completa 


Sia nelle piante che negli animali il destino cellulare (ovvero il fenotipo della cellula che si ottiene
mediante il differenziamento) dipende dai cambiamenti dell’espressione genica

• sulla base di segnali intra-cellulari ed extra-cellulari devono esistere dei meccanismi di
regolazione della trascrizione, di maturazione degli RNA, di trasporto e traduzione degli mRNA, 

di modificazione degli mRNA, di trasporto e degradazione delle proteine


Le differenze fenotipiche che si osservano nelle diverse cellule di un eucariote sono in larga parte
dovute alle differenze nell’espressione dei geni che codificano proteine ovvero quelli trascritti
dall’RNA polimerasi II, possiamo distinguere almeno cinque potenziali livelli di controllo

= attivazione della struttura del gene, inizio della trascrizione, processazione dei trascritti, trasporto
al citoplasma, traduzione degli mRNA 


Il fatto che i livelli di controllo siano molteplici implica che la produzione di una proteina non sia
un fatto automatico una volta che il processo di espressione di un gene viene avviato


Tutti e cinque i livelli di controllo sono importanti ma un punto critico viene rappresentato
dall’inizio della trascrizione, un gene che presenti struttura “attivata” (ovvero con organizzazione
della cromatina “aperta” e con grado di metilazione opportuno) viene riconosciuto dai fattori di
trascrizione che permettono l’azione della RNA polimerasi II, i fattori di trascrizione sono proteine
con codifica genica pertanto la trascrizione e traduzione dei loro geni insieme all’attivazione dei
fattori di trascrizione stessi regola l’espressione a valle di un maggior numero di geni


I fattori di trascrizione sono necessari dato che l’RNA polimerasi II non riesce ad avviare la
trascrizione da sola (polimerasi+TF = apparato di base), i fattori di trascrizione riconoscono regioni
specifiche del DNA genomico dette promotori che contengono ben precise sequenze

• una delle comuni tipologie di sequenze detta TATA BOX presenta otto paia di basi A e T (una
coppia G-C risulta occasionalmente presente), la sequenza TATA permette il riconoscimento di un
fattore di trascrizione mentre altre proteine consentono il legame con la RNA polimerasi II


Codice di nomenclatura
per geni, mutanti e proteine






In Drosophila lo sviluppo lungo l’asse antero-posteriore (ovvero il
differenziamento di strutture caratteristiche dei diversi distretti e che
permettono di distinguere un “davanti” da un “dietro”) risulta regolato
dall’attività dei geni HOX che sono dei fattori di trascrizione ad omeodominio

• all’interno dei fattori di trascrizione troviamo una sequenza genica di 180
coppie di basi che codifica per un dominio proteico in grado di legare il DNA
ed agire come regolatore dell’espressione di altri geni 


I geni HOX sono situati sia sullo stesso cromosoma che in sequenza ordinata ed uguale ai metameri 

L’espressione ectopica del gene antennapedia nella regione della testa causa la formazione di zampe
laddove normalmente si trovano le antenne, “espressione ectopica” significa che il gene risulta
espresso in un tessuto o in un organo in cui non risulta normalmente espresso nel wild type

= questo tipo di risultato viene detto cambiamento omeotico dell’identità dell’organo


Le piante sono organismi a crescita indeterminata pertanto si ha una formazione
continua di nuovi organi/tessuti, malgrado i singoli organi della pianta possano mostrare
crescita determinata ed andare incontro a senescenza la crescita indeterminata
complessiva resta possibile per la presenza dei meristemi laterali ed apicali 

• la pianta mantiene una sorta di giovanilità continuata e modula la sua forma nel tempo
integrando le informazioni endogene alle informazioni esogene 


A margine di quanto appena detto risulta bene tener presente che: 

1) la capacità di crescita indeterminata viene a volte persa nel differenziamento di un fiore terminale

2) nei meristemi gruppi di cellule con crescita determinata ed indeterminata possono coesistere

-meristema vegetativo dove il doma apicale in seguito a fattori esogeni


diventa un meristema dell’infiorescenza, nel primo caso abbiamo delle
cellule che mantengono la loro capacità di indeterminatezza permettendo
l’allungamento dell’asse e la formazione di fiori laterali, nel secondo caso
abbiamo un meristema fiorale completo che termina l’accrescimento

La simmetria di un fiore viene determinata dalla diversa o identica morfologia degli


elementi che costituiscono uno stesso verticillo = fiori zigomorfi con simmetria
bilaterale + fiori attinomorfi con simmetria raggiata 


Per lo studio dello sviluppo dei fiori zigomorfi la pianta modello risulta
essere Antirrhinum majus anche detta bocca di leone che presenta una 

coppia di petali superiori, una coppia di petali laterali, ed un petalo ventrale
che vedono attorno alle loro strutture cinque sepali 

• esitono dei mutanti che presentano una forma tendenzialmente attinomorfa
producendo cinque petali tra loro uguali e simili al petalo centrale


Al fine di identificare i geni coinvolti nella determinazione della simmetria bilaterale sono state
prese in esame popolazioni mutanti di Antirrhinum majus che presentavano una ridotta simmetria
dorso-ventrale (tendenza verso l’attinomorfismo), le mutazioni di due di questi mutanti con ridotta
simmetria dorso-ventrale riguardano due geni chiamati cycloidea (cyc) e dichotoma (dich) 

= la perdita dello zigomorfismo diventa totale (con fiore attinomorfo) nel doppio mutante cycdich
pertanto in assenza delle proteine CYC e DICH i petali e gli stami sviluppati in posizione dorsale si
sviluppano in modo identico a quelli ventrali


Per lo studio dello sviluppo dei fiori attinomorfi la pianta modello risulta essere
Arabidopsis thaliana, gli studi sono stati compiuti analizzando dei mutanti omeotici
fiorali ovvero mutanti in cui gli organi si sviluppano nel posto sbagliato 

• cinque mutanti sono stati soprattutto studiati ovvero agamous (ag) + pistillata (pi) +
apetala1 (ap1) + apetala2 (ap2) + apetala3 (ap3)


Il mutante agamous sviluppa in modo corretto gli organi del primo e 

del secondo verticillo mentre gli organi del terzo sono convertiti omeoticamente in
petali, nel quarto verticillo si osserva la formazione di un nuovo fiore con sepali +
petali + ancora un nuovo fiore con la stessa organizzazione del fiore principale 


= in questo mutante si ha dunque la conversione omeotica dei due verticilli interni ed inoltre la
perdita di determinazione del meristema fiorale


Nei meristemi fiorali wild type di tipo determinato la formazione dei carpelli esaurisce le ultime
cellule meristematiche, nel mutante agamous questo non avviene e le cellule meristematiche al
centro del meristema permangono come fonte di nuovi organi, l’indeterminazione del meristema
fiorale osservata nel mutante agamous dipende dal fatto che nel wild type la proteina AGAMOUS
sia responsabile della regolazione negativa del gene WUSCHEL (WUS) il cui prodotto sommato
alle proteine CLAVATA mantiene costante il numero di cellule staminali nei meristemi


I mutanti pistillata ed apetala3 presentano uno sviluppo corretto del primo e 

quarto verticillo, ma gli organi del secondo verticillo sono convertiti omeoticamente
in sepali e quelli del terzo verticillo in carpelli 


I mutanti apetala1 ed apetala2 sviluppano correttamente gli organi del
terzo e quarto verticillo, in apetala1 i sepali sono convertiti in foglie mentre gli organi
del secondo verticillo si riducono in numero e divengono stami, in apetala2 i sepali
sono convertiti omeoticamente in strutture carpelloidi mentre mancano i petali 


I cinque mutanti ap1 e ap2 (mutanti di classe A), ap3 e pi (mutanti di classe B) e ag (mutanti di
classe C) hanno la caratteristica comune di avere la mutazione che provoca il fenotipo mutante
recessivo, la mutazione provoca la conversione omeotica di un organo in un altro 

• in tutti e cinque i mutanti la trasformazione omeotica riguarda gli organi di verticilli adiacenti
pertanto nei mutanti di classe A sono convertiti gli organi del primo e secondo verticillo, nei mutanti
di classe B quelli del secondo e terzo, nei mutanti di classe C quelli del terzo e quarto verticillo


Mutazioni dello stesso tipo sono state osservate anche in Antirrhinum majus
riguardando geni con nomi diversi ma riconducibili ai mutanti di classe A, B oppure C

= nel 1990 viene proposto un modello detto ABC che prevede che lo sviluppo degli
organi fiorali sia controllato dall’azione ed interazione delle tre classi (A, B e C) di geni


1) nel primo verticillo l’espressione dei geni di classe A specifica l’esistere dei sepali

2) nel secondo verticillo la co-espressione dei geni di classe A e B determina l’esistere dei petali

3) nel terzo verticillo la co-espressione dei geni di classe B e C differenzia gli stami

4) nel quarto verticillo l’espressione dei geni di classe C determina l’esistere dei carpelli

5) inoltre nel primo e secondo verticillo l’espressione dei geni di classe A inibisce l’espressione dei
geni di classe C, un’analoga azione dell’espressione dei geni di classe C nei confronti di quelli di
classe A contribuirebbe a rendere il meristema di tipo determinato 


I geni delle classi A, B e C di Arabidopsis sono stati isolati ed analizzati

• tutti tranne AP2 codificano fattori di trascrizione che appartengono alla stessa famiglia genica
delle MADS-box dove i geni MADS-box sono coinvolti in importanti funzioni biologiche, il nome
risulta essere l’acronimo dei primi quattro geni identificati come membri di questa famiglia 

= MCM (MINICHROMOSOME MAINTENANCE 1 dal lievito) + AGAMOUS (da Arabidopsis) +
DEFICIENS (gene di classe B da Anthirrinum) + SRF (SERUM RESPONSE FACTOR dall’uomo) 

• tutti i geni di questa famiglia codificano per proteine che presentano una regione conservata di
circa 60 amminoacidi detta dominio MADS o MADS-box prossima all’N terminale della proteina 

• in seguito al sequenziamento del genoma di Arabidopsis sono state individuati oltre 100 geni
appartenenti alla famiglia delle MADS-box 


Studi sullo sviluppo dell’ovulo in Petunia hybrida hanno successivamente permesso di migliorare il
modello attraverso l’individuazione di una nuova classe di geni (classe D), piante che non
esprimono questi geni mostrano ovuli convertiti in strutture carpelloidi mentre l’espressione
ectopica degli stessi geni induce la comparsa di ovuli su sepali e petali 

-in breve tempo sono stati individuati anche in Arabidopsis geni della stessa classe 


Nel 2000 il modello viene ulteriormente perfezionato con la
scoperta di geni di classe E rappresentata in Arabidopsis dai 

geni SEPALLATA (SEP) che sono risultati necessari per la
determinazione del fiore in Arabidopsis, essi sono espressi in
tutti gli organi fiorali a partire dalla formazione del primordio
mentre sono silenziati negli organi vegetativi 


• singoli mutanti non mostrano difetti morfologici evidenti ma il triplo mutante sep1sep2sep3 risulta
nella formazione di fiori indeterminati (il meristema non conclude l’attività) costituiti da soli sepali

La riproduzione asessuale o fase vegetativa vede la formazione di cloni dall’organismo di partenza

= scissione + gemmazione + frammentazione + sporulazione

Nelle Angiosperme la riproduzione asessuale avviene a partire dal fusto o dalle sue modificazioni

= rizoma + tubero + cormo + stolone + pollone + bulbo 


Il processo di viviparia vede la formazione di nuove piante a partire da tessuti meristematici ai bordi
delle foglie o del fusto, mentre il processo di apomissia vede la produzione di un embrione a partire
da una cellula uovo che risulta diploide per mancate divisioni 


La riproduzione sessuale consiste in una fase di meiosi dove a partire da una cellula diploide
vengono prodotte 4 cellule aploidi ed una fase di fecondazione o gamia dove la fusione di due
cellule aploidi dette gameti porta alla formazione di una nuova cellula diploide detta zigote

• durante la meiosi avviene la ricombinazione del patrimonio genetico, questa ricombinazione
associata alla fusione di due genomi diversi nello zigote determina l’elevata variabilità genetica

Gli organismi vegetali sono aplo-diplonti ma esistono diverse tipologie di ciclo vitale


Alcuni organismi effettuano un ciclo aploide dove
l’organismo adulto presenta un corredo cromosomico
aploide detto gametofito, il gametofito produce
attraverso delle divisioni mitotiche dei gameti, l’unione
di due gameti porta alla formazione dello zigote,
attraverso la meiosi avviene la produzione delle spore,
da ciascuna spora avviene la germinazione a gametofito 


La maggior parte degli organismi effettuano un ciclo aplo-diplonte dove uno zigote prolifera per
produrre un’individuo adulto, l’individuo adulto subisce degli eventi localizzati di meiosi che
permettono la formazione dei gameti, la fusione dei gameti rigenera lo zigote unicellulare


Gli organismi vegetali effettuano un ciclo aplo-diplonte dove un gametofito
aploide produce i gameti, i gameti si fondono dando origine allo zigote, lo zigote
prolifera formando un’individuo adulto pluricellulare diploide detto sporofito, lo
sporofito subisce degli eventi localizzati di meiosi che permettono la formazione 

di spore aploidi in grado di rigenerare un gametofito


Le spore possono essere morfologicamente uguali oppure si possono distinguere in macrospore
femminili e microscopore maschili, che vengono prodotte rispettivamente all’interno di
macroporangi e microsporangi
Ciclo vitale aplo-diplonte delle Angiosperme


Nel fiore abbiamo una parte maschile composta dalle antere ed una parte
femminile composta dal pistillo, all’interno delle logge delle antere avviene
la formazione dei microsporangi maschili in grado di formare le spore
maschili (microgametogenesi), all’interno del pistillo l’ovulo multicellulare
contiene il macrosporangio detto nucella in grado di formare 4 cellule, delle 

4 cellule soltanto una caratterizza la macrospora mentre le altre degenerano


Le spore femminili e le spore maschili formano dopo germinazione i gametofiti aploidi, il
gametofito femminile detto macrogametofito contiene 8 cellule delle quali soltanto una corrisponde
alla cellula uovo, il gametofito maschile detto microgametofito corrisponde al granulo pollinico 


Il granulo pollinico raggiunge lo stigma per formare il tubetto pollinico, le cellule spermatiche
passano all’interno della struttura del gametofito femminile andando a compiere una doppia
fecondazione, una cellula spermatica feconda la cellula uovo per produrre lo zigote mentre un’altra
cellula spermatica si unisce ai due nuclei centrali presenti nei sacchi embrionali per formare
l’endosperma triploide come tessuto di riserva, l’insieme delle strutture presenti nel gametofito
femminile dopo la fecondazione porta alla formazione del seme, il seme comprende una parte
germinativa ed una parte di riserva, la germinazione del seme rigenera uno sporofito diploide

-sezione di un’antera con le quattro logge dell’antera e la zona di tessuto connettivo,
una zona di rivestimento interna prende il nome di endotelio, una zona detta tappeto
che contiene cellule in grado di originare e nutrire le spore


-sezione di un’antera dove nella prima immagine avviene lo svolgimento della
meiosi che permette la formazione delle microspore aploidi, nella seconda
immagine le cellule che formano le microspore dette cellule madri delle microspore
sono nella metafase I + rivestimento di callosio vicino alle tetradi di spore 


-nella prima immagine una formazione di tetradi risulta circondata dalle
cellule del tappeto, nella seconda immagine osserviamo le microspore
libere come precursori dei granuli pollinici liberi


Microgametogenesi dove a partire dalla microspora in seguito ad una
divisione mitotica viene formato il granulo pollinico caratterizzato da una
grossa cellula vegetativa ed una piccola cellula generativa, la cellula
vegetativa migra nel tubetto pollinico per formare le due cellule spermatiche


-nella prima immagine un’ovulo nello stadio precoce di
sviluppo possiede un funicolo per l’aggancio alla parete
dell’ovario mentre all’interno della nucella si trova la
cellula madre delle macrospore, nella seconda immagine
uno stadio di diade dopo la prima divisione meiotica 

che procede a formare una tetrade di macrospore


Sviluppo di un gametofito femminile, le prime fasi rappresentano la


macrosporogenesi ovvero la meiosi della cellula madre che porta alla
formazione della tetrade di macrospore, delle quattro macrospore prodotte 

una sola sopravvive mentre le altre tre degenerano
La cellula che sopravvive va incontro a macrogametogenesi germinando e
dividendosi in maniera mitotica per formare una struttura ad 8 nuclei, la struttura
ad 8 nuclei cellularizza in parte, si formano tre cellule in prossimità del
micropilo ovvero la cellula uovo + due cellule ausiliarie dette sinergidi e tre
cellule in prossimità del polo calazale dette cellule antipodali, due nuclei
permangono nella zona centrale e vengono detti nuclei polari o dell’endosperma


Quando il tubetto pollinico raggiunge il micropilo un nucleo spermatico feconda la cellula uovo
mentre l’altro nucleo spermatico si associa ai nuclei polari per formare un tessuto triploide, la
cellula uovo fecondata forma lo zigote che prolifera dando luogo all’embrione, l’embrione risulta
essere circondato dai tessuti dell’endosperma secondario

-antera aperta in grado di rilasciare i granuli pollinici


-stigma associato ai granuli pollinici

Processo fecondativo dove dalle antere i granuli di polline raggiungono la superficie
dello stigma, il tubetto pollinico entra all’interno dello stilo e raggiunge l’ovario
rilasciando le cellule spermatiche all’interno dell’ovulo = doppia fecondazione


Il frutto in linea di massima deriva dall’ovario e risulta essere una struttura caratteristica delle
Angiosperme, distinzione tra “veri frutti” e “falsi frutti” dove i secondi vedono nella generazione
della struttura il coinvolgimento di porzioni non corrispondenti all’ovario, con la parola frutto si
intende un’involucro di spessore variabile che racchiude e protegge i semi

• frutti che derivano da un solo carpello detti apocarpici + frutti che derivano dalla fusione di diversi
carpelli detti sincarpici + frutti secchi (deiscenti o indeiscenti) presentano lignificazioni/sclereidi e
risultano avvolti da un pericarpo + frutti carnosi che possiedono endocarpo-mesocarpo-esocarpo


Il frutto deriva dal pistillo dove la trasformazione dell'ovario viene innescata da segnali ormonali
portati dal tubetto pollinico promuovendo la proliferazione cellulare, le cellule neoformate sono
esse stesse sede di sintesi ormonale
I frutti secchi sono
detti “indeiscenti”
quando a maturità non
sono in grado di
aprirsi da soli ma
necessitano di una
rottura in natura,
mentre sono detti
“deiscenti” quando a
maturità sono in
grado di aprirsi da soli
Noce la cui parte legnosa caratterizza le valve legnose dell’endocarpo, mallo come
struttura esterna che normalmente non vediamo, all’interno troviamo il seme detto
gheriglio che presenta cotiledoni molto sviluppati con sostanze oleose di riserva 


Frutti aggregati = pistilli
diversi di uno stesso
gineceo danno origine
ad un frutticino carnoso,
l’insieme dei frutticini
costituisce il frutto
aggregato



Infruttescenze = derivano da ginecei separati di diversi fiori parte di un’infiorescenza compatta


-fragola come falso frutto che deriva dal rigonfiarsi e dalla maturazione del ricettacolo
fiorale, ognuno degli acheni presenti sulla superficie risulta essere un singolo
frutto proveniente da un singolo pistillo parte di un’unica infiorescenza


-mela+pera che vedono la produzione di una parte carnosa derivante dal ricettacolo, il
frutto proveniente dal pistillo si riconosce dal confine che all’interno porta i semi 


-fico dove il ricettacolo aumenta le sue dimensioni producendo sostanze zuccherine,
ciascuno dei puntini presenti rappresenta il seme di un singolo pistillo


Frutti secchi indeiscenti = acheni + diacheni + acheni alati + noci + cariossidi 

Frutti secchi deiscenti = follicolo + legume + siliqua + omento + capsule 

Frutti carnosi = drupe + bacche


Il seme rappresenta un ovulo maturo che contiene un embrione originato dallo zigote ed un
endosperma (talvolta assente) avvolto da uno o due tegumenti detti testa + tegmen, il seme propaga
la specie nello spazio e sopravvive durante le stagioni sfavorevoli, esistono diversi tipi di semi
adattati a diverse condizioni ambientali

Embrione maturo come risultato della moltiplicazione cellulare dello zigote, asse
principale caratterizzato dal meristema apicale della radichetta + il meristema apicale
caulinare + una porzione detta ipocotile che connette il meristema caulinare con quello
della radice, accanto al meristema troviamo le foglie embrionali cotiledoni, l’embrione
risulta immerso nella sostanza che forma l’endosperma il tutto circondato dai tegumenti 


-zigote come singola cellula che va incontro ad una serie di divisioni, lo
zigote assume una forma allungata per dividersi in una cellula piccola apicale ed in
una cellula grande basale, la cellula basale mantiene la connessione con la parete
dell’ovulo, la proliferazione della cellula basale porta alla formazione di una
struttura allungata che permane e prende il nome di sospensore, le cellule del
sospensore non contribuiscono alla formazione dell’embrione eccetto l’ultima
cellula detta ipofisi che influisce nella formazione del meristema radicale, tutte le altre cellule
servono sia come connessione con la parete dell’ovulo che per il trasporto delle sostanze nutritive 


Le divisioni della cellula apicale sono simmetriche dove la divisione equatoriale porta allo stadio di
8 cellule detto ottante, successive divisioni parallele alla superficie determinano l’organizzazione di
uno strato di cellule esterno che compone il primo tessuto meristematico = protoderma superficiale 


Nello “stadio a cuore” avviene il primo accenno delle porzioni che
diventeranno cotiledoni, il proseguimento nello sviluppo dei
cotiledoni determina uno “stadio a torpedo”, quando i cotiledoni
sono abbastanza sviluppati si ripiegano formando l’embrione maturo


• quando i due tegumenti vengono rotti e l’embrione fuoriesce la pressione non viene esercitata
dall’apice meristematico che deve essere protetto ma dalla porzione laterale dell’embrione 


Risulta evidente la presenza di un asse longitudinale che determina la polarizzazione
dell’embrione ma risulta abbastanza facile riconoscere anche un’organizzazione radiale,
l’organizzazione radiale vede una zona di rivestimento formata dall’epidermide + una
zona di tessuto fondamentale + una zona centrale formata dai tessuti di conduzione


-seme di fagiolo, riconosco sia il micropilo ovvero l’apertura attraverso la quale
entra il tubetto pollinico che l’ilo ovvero la cicatrice del punto di contatto tra il seme e la
vecchia parete dell’ovulo


-seme di fagiolo come esempio di seme esalbuminoso, le sostanze di riserva
contenute in endosperma ed endoderma possono essere amidi + oli + proteine 


Semi albuminosi dove l’endosperma risulta sufficiente ad alimentare le prime fasi di crescita della
pianta + semi esalbuminosi dove la formazione dell’embrione finisce per consumare tutte le
sostanze di riserva dell’endosperma che pertanto vengono accumulate anche nei cotiledoni


-seme di ricino come esempio di seme albuminoso in quanto l’accumulo delle
sostanze di riserva avviene nell’endosperma


Le prime suddivisioni dello zigote portano alla formazione dell’embrione
nascente, rimane una cellula basale con funzioni austoriali che servono per
prelevare nutrienti dall’ambiente circostante, formazione del sospensore nello
stadio ad 8 cellule, formazione dello “stadio a cuore” dove si riconosce la cellula
dell’ipofisi che contribuisce a formare il meristema radicale, una volta formato
l’embrione maturo il sospensore va incontro a morte cellulare programmata 


Schema costruttivo delle cotiledoni nei tre gruppi Monocotiledoni + Dicotiledoni
+ Gimnosperme, una porzione basale presenta il meristema apicale della
radichetta, un’asse di congiunzione con la parte superiore caratterizzata
dall’ipocotile, un meristema dell’apice caulinare circondato dai cotiledoni


Nel seme delle Angiosperme le sostanze di riserva sono usualmente accumulate nell’endosperma,
questo origina dall’endosperma secondario come triploide e contenente semi detti albuminosi

• l’endosperma nucleare risulta caratterizzato dalla formazione di una grande cellula multinucleata, i
nuclei vanno incontro a molteplici divisioni che portano a nuclei circondati da un citoplasma denso
senza la presenza di parete tra una cellula e l’altra, successivamente vengono formate le pareti 

• l’endosperma cellulare risulta subito caratterizzato dalla formazione di cellule separate da parete

• l’endosperma elobiale risulta caratterizzato dalla formazione di due camere all’interno dell’ovulo,
una camera grande in prossimità del micropilo detta camera micropilare ed una camera piccola in
prossimità del polo calazare detta camera calazale, entrambe le camere contengono un nucleo
derivante dalla prima divisione del nucleo triploide, il nucleo nella camera micropilare subisce
numerose divisioni con formazione tardiva delle pareti mentre il nucleo nella camera calazale
subisce poche o assenti divisioni 


In molte specie di Angiosperme l’endosperma viene esaurito durante l’embriogenesi pertanto le
sostanze di riserva necessarie sono accumulate nei cotiledoni caratterizzando i semi esalbuminosi

-le sostanze di riserva presenti nei semi possono essere carboidrati (amido), lipidi e proteine
(granuli di aleurone) mentre poche specie accumulano emicellulose nella parete cellulare


Rappresentazione schematica di una cariosside di frumento maturo che rappresenta un frutto
completo nel quale i numerosi rivestimenti del seme finiscono con l’aderire strettamente ai
rivestimenti del frutto, esocarpo come parte esterna del frutto + mesocarpo come parte
intermedia del frutto + endocarpo come parte interna del frutto, comincia la vera parte del
seme attraverso i tegumenti seminali + banda ialina + strato di aleurone che contiene proteine,
il grosso della struttura viene dato dalla porzione che corrisponde all’endosperma secondario
ricco di amido, l’embrione risulta caratterizzato dalla presenza di un singolo cotiledone

Dettaglio dell’embrione di frumento che possiede un’aspetto diverso, un cotiledone


modificato detto scutello permette l’interfaccia tra l’embrione e le sostanze di riserva
amilacee, la piumetta porta le diverse foglie nascenti, la radichetta possiede il suo meristema
apicale, la piumetta risulta protetta da un’involucro detto coleoptile mentre la radichetta
risulta protetta da un’involucro detto coleoriza


La dispersione dei semi operata dal vento viene detta anemocoria,
dagli animali viene detta zoocoria, dall’acqua viene detta idrocoria
mentre autonomamente viene detta autocoria

-immagine A con estensioni alate che facilitano la dispersione
tramite il vento, immagine C con un pappo peloso che facilita il
trasporto attraverso il vento, immagine D con semi alati di pino,
immagine E con uncini che permettono l’attacco degli animali 


Condizioni per la germinazione, ovvero il processo attraverso il quale l’embrione interrompe la sua
quiescenza avviandosi a germinare per produrre una nuova pianta adulta 

• adeguata temperatura, disponibilità di acqua, presenza di ossigeno 


Alcune condizioni potrebbero presentarsi in momenti sbagliati dell’anno pertanto esistono dei
meccanismi deputati a ritardare la germinazione del seme a prescindere dalle condizioni esterne
1) meccanismi che riguardano la temperatura controllano che il seme subisca un certo periodo di
freddo detto vernalizzazione raggiungendo per un certo numero di giorni consecutivi la temperatura
soglia del freddo richiesta a quel seme per effettuare la germinazione 

2) sostanze chimiche possono impedire l’accesso dell’ossigeno all’interno del seme

3) semi fotoblastici che germinano alla luce e semi afotoblastici che germinano al buio


Le colorazioni dei semi maggiormente frequenti risultano essere ocra + beige + marrone

L’aspetto dei semi risulta essere liscio + rugoso + indurito + carnoso


I semi vengono distinti in base alla germinazione sopra terra o sotto terra

• nel caso dei semi epigei si osserva la fuoriuscita della porzione cotiledonale ed il
suo innalzamento nella pianta, la radichetta assume un apice di crescita con
geotropismo positivo determinato dalla presenza degli statoliti all’interno delle cellule della cuffia,
la plantula si sviluppa nella parte aerea svuotando i cotiledoni dalle proprie sostanze di riserva

-germinazione epigea che porta i cotiledoni in superficie, il seme germina


sottoterra per poi forare la superficie del terreno, i cotiledoni accompagnano
le prime fasi di sviluppo acquisendo una funzione fotosintetizzante 


-seme di ricino con germinazione epigea, la porzione dell’endosperma e dei
cotiledoni viene portata all’esterno, i cotiledoni accompagnano le prime fasi
di sviluppo per poi portare alla formazione delle foglie vere e proprie

• nel caso dei semi ipogei i cotiledoni ricchi di sostanze nutrienti restano sotto terra
mentre fuoriesce solo la porzione epigea della pianta che forma le foglie adulte

-germinazione di un seme di frumento, la porzione verde corrisponde alla zona
della piumetta la cui crescita porta alla rottura del coleoptile 


Su un centimetro quadrato di foglia sono presenti 10^6-10^7 batteri, moltiplicando per l’area
stimata di tutte le foglie del pianeta gli organi fotosintetici delle piante ospitano sulla loro superficie
10^26 batteri, sulle radici il numero di batteri per grammo di peso può arrivare a 10^9 


Ci sono batteri autotrofi + saprotrofi + mutualisti + parassiti dove le relazioni di convivenza tra
organismi di specie diverse sono spesso indicate come simbiosi


Letteralmente la parola simbiosi significa “vita insieme” e secondo de Bary risulta essere un termine
neutro utile per indicare tutte le associazioni stabili, di frequente si usa il termine simbiosi per
indicare tutte le interazioni che comportano un reciproco vantaggio 

Angela Douglas
interpreta il termine
simbiosi come
un’interazione che
permette di acquisire
delle capacità
metaboliche nuove


Alcuni limiti = descrive le interazioni tra due soli partner accettando che due organismi possano
avere un’interazione senza effetti, non considera il fatto che il segno dell’interazione tra due specie
possa modificarsi anche in maniera drastica in funzione delle condizioni di contorno

• per quest’ultimo motivo risulta probabilmente corretto ritenere che vi sia un continuo tra
mutualismo e parassitismo in alcune interazioni, tuttavia in alcuni casi il segno di un’interazione
risulta costante a prescindere dalle condizioni di contorno, come quanto avviene per i partner
“obbligati” di una relazione (parassita o simbionte obbligato) 


Una parte significativa di questi microrganismi sono parassiti o patogeni dove in entrambi i casi il
microrganismo si nutre a spese della pianta, i patogeni rientrano tra i parassiti ma oltre a sottrarre
dei nutrienti causano un danno alla salute del loro ospite che si manifesta mediante una “condizione
di sofferenza persistente derivante da un’alterazione dei normali processi fisiologici della pianta” 

= i patogeni delle piante sono principalmente virus + batteri + oomiceti + funghi ma anche alcuni
animali (come i nematodi) possono indurre degli stati patologici


I patogeni entrano nelle piante attraverso ferite, aperture naturali, vettori, per penetrazione diretta


1) il primo criterio di classificazione dei patogeni riguarda le modalità di nutrizione e permette di
riconoscere patogeni biotrofi, patogeni necrotrofi e patogeni emibiotrofi

2) il secondo criterio di classificazione dei patogeni riguarda la specializzazione nei confronti della
pianta ospite e permette di riconoscere patogeni generalisti e patogeni specializzati


-Puccinia graminis come patogeno biotrofico


-Plasmopora viticola come patogeno biotrofico 


-Botrytis cinerea come patogeno necrotrofico


-Phytophthora infestans come patogeno emibiotrofo 


-fitoplasmi in cellula floematica di pomodoro come patogeno procariotico biotrofo


-Rhizoctonia cerealis come patogeno specialista della Famiglia Poaceae


-Microsphaera quercina come oidio (mal bianco) monofago del Genere Quercus 


-Solanum tuberosum attaccato dal patogeno generalista Pythium ultimum


Sebbene i patogeni siano molto numerosi la maggior parte delle piante non sono ammalate in
quanto le piante dispongono di difese che le proteggono dall’attacco dei patogeni

• le difese delle piante sono articolate in chimiche e strutturali dove ciascuno dei due tipi risulta
essere costitutivo oppure inducibile, entrambe le difese hanno un costo energetico 

• il costo delle difese costitutive risulta implicito nel piano di sviluppo mentre il dispiegarsi delle
difese inducibili risulta in grado di impattare negativamente sulla crescita

Difese strutturali costitutive = tutte quelle strutture presenti sulla superficie delle
piante che possiedono la funzione di tenere lontani eventuali patogeni, includono
cuticola + materiali cerosi + peli e ghiandole + spine


Le difese costitutive di tipo chimico includono molecole che sono prodotte soprattutto in seno al
metabolismo secondario, che risulta implicato nei meccanismi di adattamento

= il fatto che le piante siano organismi sessili, l’assenza di un sistema immunitario “con memoria” e
la rincorsa tra ospiti e patogeni nell’evolvere nuove strategie di difesa e nel superarle hanno
condotto le piante a diversificare i prodotti del metabolismo secondario con funzione difensiva 


I composti con funzione difensiva costitutiva comprendono fenilpropanoidi + glucosinolati +
glucosidi cianogenici + saponine + lattoni insaturi + proteine 


I fenilpropanoidi (o fenoli) sono costituiti da un anello aromatico portante un gruppo
OH legato ad una catena a tre atomi di carbonio (propano) in posizione para rispetto
all’idrossile, la via biosintetica parte dallo scikimato ed attraverso la conversione
enzimatica della fenilialanina in acido cinnamico ad opera della fenilialanina
ammonio liasi porta a sintetizzare i componenti della lignina + suberina + cutina 

che si assemblano per polimerizzazione complessa delle unità fenoliche 

-questi composti sono localizzati a livello di parete proprio con funzione protettiva 



Inoltre gli stessi fenoli di base possono essere assemblati in maniere alternative a formare composti
come gli stilbeni (resveratrolo come il maggiormente noto) + flavonoidi + tannini che oltre ad
essere degli antiossidanti possiedono attività antibiotica ed antimicotica


I glucosinolati sono dei glucosidi contenenti un atomo di zolfo e sono
caratteristici di alcune famiglie delle Brassicales, si ritrovano in forma inattiva
ma il danneggiamento della cellula li mette in contatto con l’enzima mirosinasi
che idrolizza il legame glucosidico rilasciando diversi composti inclusi gli
isotiocianati che agiscono come deterrenti nei confronti degli erbivori


I glucosidi cianogenici analogamente ai glucosinolati entrano in
contatto con enzimi idrolitici in seguito al danneggiamento dei tessuti
liberando acido cianidrico (HCN), i glucosidi sono tipicamente ma non
esclusivamente localizzati nei semi e l’esempio forse maggiormente
noto risulta quello dell’amigdalina presente nei semi di molte Rosaceae 


Le saponine sono anche esse glicosidi dove l’aglicone (porzione non zuccherina) viene dato da
un triterpene oppure da uno sterolo, il nome deriva dalla pianta Saponaria officinalis un tempo
usata per lavare la lana, le saponine interagiscono con le componenti steroliche delle membrane
fungine causando la permeabilizzazione delle membrane stesse e quindi la morte dei funghi

-tra le Poaceae l’avena risulta la sola a produrre saponine rendendo questo cereale resistente
agli attacchi fungini rispetto agli altri membri della stessa famiglia 


I lattoni insaturi sono esteri ciclici derivanti dalla condensazione di un gruppo alcolico e di un acido
carbossilico della stessa molecola, sono molecole con attività antibatterica ed antimicotica che
possono riguardare la competizione tra piante esercitando effetti antigerminativi ed allelopatici


Varie proteine interferiscono con lo sviluppo, la crescita o i processi infettivi di funghi + batteri +
oppure con la capacità degli animali erbivori di digerire materiali di origine vegetale

• possono essere raggruppate in alcune categorie che comprendono le idrolasi che degradano le
pareti dei patogeni (chitinasi e glucanasi per i funghi + lisozima per le pareti batteriche), proteine
(quali le lectine) capaci di legare la chitina della parete fungina interferendo con la sintesi e quindi
disturbando l’accrescimento dei funghi, inibitori della crescita fungina e batterica (defensine e
tionine), proteine capaci di inattivare i ribosomi (RIP) che agiscono mediante la deadenilazione
dell’RNA ribosomale impedendo la replicazione del genoma virale


Le difese costitutive sono sempre presenti pertanto quando una pianta subisce un attacco da parte di
un patogeno ed il patogeno viene riconosciuto come tale risponde attivando le difese inducibili


Le difese strutturali inducibili consistono nel rinforzo delle strutture di parete mediante
ispessimento (deposizione di cellulosa e materiale di matrice oppure di callosio) ed irrobustimento
(produzione di cutina + suberina + lignina), le zone rinforzate possono contenere molecole con
funzione difensiva pertanto il confine tra “strutturale” e “chimico” si sfuma 


Nelle difese chimiche inducibili si attiva la produzione di diverse molecole dove le due categorie
importanti risultano essere le fitoalessine e le proteine di patogenesi (PR) 

• le fitoalessine non sono composti appartenenti ad un’unica famiglia chimica, si tratta di molecole a
basso peso molecolare appartenenti a diverse categorie chimiche quali stilbeni + flavonoidi +
isoprenoidi, le fitoalessine sono di norma assenti o molto poco concentrate nelle piante sane mentre
compaiono rapidamente per sintesi de novo in piante soggette ad un attacco di patogeni, esse
esplicano con efficacia la loro azione aspecifica che consiste soprattutto nell’inibizione della
crescita microbica solo negli stadi immediatamente successivi all’infezione, l’accumulo tardivo di
fitoalessine non riesce a contenere l’attacco da parte dei patogeni

• le proteine di patogenesi sono state originariamente individuate come differenzialmente espresse
in piante di tabacco infettate dal virus del mosaico, oggi sappiamo che si tratta di un’ampio gruppo
di proteine la cui espressione venne osservata in diverse specie vegetali in seguito all’esposizione ad
uno stress biotico od abiotico, le PR non costituiscono una “famiglia” in senso biochimico in quanto
hanno sequenza + struttura + attività + bersagli di azione di tipo diverso ma sono accumunate dal
far parte del sistema di difesa della pianta e di essere espresse in seguito ad induzione 


Sulla base sia delle loro sequenze amminoacidiche che delle loro attività sono state suddivise in 17
famiglie identificate attraverso un numero che ne identifica l’ordine di scoperta

= b-1,3-glucanasi (PR-2), chitinasi (PR-3 + PR-4 + PR-8), inibitori delle proteasi (PR-6),
perossidasi (PR-6), ribonucleasi (PR-10), per alcune proteine venne individuata una generica
attività antifungina (PR- 1), in altri casi l’attività non risulta nota in dettaglio (PR-17)


Le piante sotto attacco sono capaci di mettere in atto una serie di risposte difensive di tipo attivo ma
tuttavia risulta necessario che le piante riconoscano i patogeni come tali, il riconoscimento dei
patogeni viene mediato dalla percezione di strutture molecolari conservate e caratteristiche dei
patogeni che sono state definite microbe-associated molecular patterns (MAMPs)

• tra le molecole che appartengono ai MAMPs troviamo il peptidoglicano dell’involucro batterico, i
componenti dei flagelli, i costituenti della parete fungina e della parete degli oomiceti


La presenza dei MAMPs viene percepita dalla pianta mediante dei recettori posizionati sul
plasmalemma e detti pattern recognition receptors (PRR) dove se si giunge a stimolare questi
recettori significa che le barriere passive sono state superate


Il primo recettore di PAMP ad essere scoperto LRR-RK FLS2 di Arabidopsis risulta capace di
riconoscere un epitopo conservato della flagellina batterica costituito da 22 amminoacidi (flg22),
appena si forma il legame viene reclutato anche LRR-RK BAK1 che funziona da co-recettore
essendo indispensabile per l’attivazione della via di risposta immunitaria

= ortologhi di FLS2 sono stati ritrovati in diverse specie, in altri casi ulteriori domini della flagellina
possono essere riconosciuti ma in tutti i casi il riconoscimento avviene a livello superficiale


Ulteriori esempi di molecole riconosciute da recettori di superficie sono quelli che riguardano il
fattore di elongazione batterico (EF) riconosciuto da LRR-RK EFR sia in Arabidopsis che nelle
altre Brassicaceae, ed il peptidoglicano che si lega a due proteine del tipo “receptor like protein”
con domini ricchi di lisina (LYM) quali At LYM1 ed At LYM3


Nel caso dei funghi una delle molecole tipicamente riconosciute risulta essere la chitina, i sistemi di
riconoscimento sembrano essere differenti a seconda dei taxa


Il riconoscimento dei MAMPS da parte dei recettori PRR e l’attivazione delle risposte inducibili
sfociano in una prima forma di immunità detta PTI (pattern triggered immunity), non solo i
MAMPs possono promuovere l’attivazione della PTI ma anche alcune molecole endogene (prodotte
dalla pianta) possono essere percepite da recettori di tipo PRR ed attivare la PTI, queste molecole
sono spesso oligomeri che si producono in seguito all’attacco di patogeni quali frammenti di parete
= nel complesso si parla di DAMPs (damage-associated molecular patterns)

Complessivamente MAMPs e DAMPs sono classificati come elicitori ovvero segnali riconosciuti
dalla pianta ospite come indice della presenza di un patogeno e capaci di promuovere l’attivazione
di una risposta difensiva, in anni recenti sono allo studio metodi che sfruttino gli elicitori per
promuovere l’attivazione delle difese delle piante e stimolarne quindi la capacità difensiva
riducendo la somministrazione di molecole tossiche 

Le risposte innescate dalla PTI possono essere sufficienti a contrastare l’attacco di un patogeno ma
tuttavia alcuni microrganismi hanno sviluppato la capacità di superare la PTI rilasciando alcune
molecole dette effettori che sopprimono le misure difensive della pianta

• gli effettori possono essere proteine o metaboliti secondari, in alcuni casi sono rilasciati
nell’apoplasto (soprattutto da parte di patogeni necrotrofici) in altri casi sono rilasciati direttamente
all’interno delle cellule vegetali (prevalentemente da patogeni biotrofici) 


Tra gli effettori rilasciati nell’apoplasto ritroviamo tossine + enzimi che degradano la parete (cell
wall-degrading enzymes, CWDE) + fattori di virulenza + proteine ricche di cisteina 


Gli effettori possono impedire il riconoscimento di MAMPs o prevenire quello dei DAMPs: 

1) inibendo l’attività degli enzimi idrolitici (chitinasi + glucanasi + idrolasi) 

2) legando e quindi mascherando la chitina mediante motivi ricchi di lisina (LysM) 

3) bloccando le difese della pianta, ad esempio la coronatina prodotta da Pseudomonas syringae
risulta un analogo dell’acido jasmonico e blocca quindi l’azione dell’acido salicilico 


Le piante incapaci di rilevare la presenza degli effettori e di contrastare la loro azione sono destinate
ad ammalarsi viceversa quelle che riconoscono la presenza degli effettori possono dispiegare una
seconda linea difensiva detta ETI (effector-triggered immunity), la presenza degli effettori viene
individuata da recettori che sono codificati dai geni di resistenza (R genes)


La maggior parte dei recettori risulta di tipo NB-LRR (nucleotide binding-leucine rich repeat) ma
ne esistono anche di altro tipo, dato che ogni effettore viene codificato da un gene del patogeno
come per ogni recettore della pianta la ETI venne definita in passato immunità gene-per-gene ad
indicare nella disponibilità del recettore la capacità di reagire in seguito alla presenza di un
effettore, questa definizione viene superata da quella di ETI non soltanto nella terminologia ma
anche per l’osservazione che singoli recettori potevano percepire la presenza di effettori diversi


Sia con la PTI che con la ETI le piante attivano un’insieme di risposte immunitarie:

1) la chiusura degli stomi per prevenire l’ingresso di batteri o funghi 

2) la diminuzione del trasferimento di nutrienti per limitare la crescita degli organismi patogeni 

3) la generazione di ROS, specie reattive dell’ossigeno tossiche per le cellule dei patogeni

4) il rilascio intracellulare di ioni calcio, rilevato mediante l’osservazione di “picchi di calcio” 

5) la produzione di ormoni (jasmonato + etilene + acido salicilico) 

6) la produzione e secrezione di molecole antimicrobiche quali le fitoalessine 

7) la sintesi di proteine correlate con la difesa come le pathogenesis related proteins, PR proteins 

8) l’attivazione di MAP chinasi (mitogen activated protein kinase, MAPK) 

9) l’ispessimento delle pareti ed una riprogrammazione della trascrizione 

10) nei siti di infezione la pianta riesce ad attivare soprattutto in seguito ad ETI dei processi di
morte cellulare programmata (programmed cell death, PCD) per isolare l’area infettata con una
forma di difesa che viene detta risposta ipersensibile (hypersensitive response, HR) 


Quindi la risposta immunitaria delle piante viene articolata su due linee

= la prima (PTI) linea viene attivata in seguito al riconoscimento da parte di un recettore
transmembrana di molecole generiche che sono prodotte da microrganismi sia patogeni che non
mentre la seconda linea (ETI) risponde ai fattori di virulenza dei patogeni in modo specifico
mediante recettori intracellulari o di membrana, la differenza nella risposta dispiegata da PTI e ETI
consiste nella maggior durata ed intensità della risposta di difesa nel caso della ETI tanto che la
morte cellulare programmata viene normalmente associata a questa seconda linea di difesa,
entrambe le linee possono sfociare in fenomeni di resistenza indotta

• l’attivazione di un solo recettore immunitario da parte di un elicitore promuove risposte che
devono essere modulate e coordinate con il metabolismo della pianta per massimizzare la fitness,
l’integrazione dei segnali viene probabilmente mediata da reti regolative di fattori di trascrizione


Rilevata la presenza dei patogeni occorre attivare le difese della cellula e dell’intero organismo


Quando un recettore percepisce la presenza di un elicitore si attivano i canali del calcio sul
plasmalemma causando un’incremento di concentrazione del calcio nel citoplasma,
contemporaneamente si osserva anche l’apertura di altri canali ionici risultando in una fuoriuscita
degli ioni OH-/K+ e nell’ingresso dello ione H+, il picco di concentrazione dello ione Ca2+
determina l’attivazione di un percorso che porta alla formazione di specie reattive dell’ossigeno


Il primo passo vede la produzione per via enzimatica dello ione superossido (O2-) che liberato
nell’apoplasto si trasforma con una dismutazione in un’altra ROS detta perossido di idrogeno
(H2O2), la dismutazione risulta spontanea in ambiente acquoso (e favorita in ambiente acido come
quello della parete) oppure mediata da enzimi della famiglia delle superossido dismutasi (SOD)


In presenza di metalli di transizione come ferro/rame lo
ione superossido ed il perossido di idrogeno possono dare
luogo alla formazione del radicale idrossile con un processo
che si svolge in due passaggi detto reazione di Fenton

Le ROS sono molecole tossiche che attivano reazioni a catena di ossidoriduzione con la formazione
di vari intermedi estremamente reattivi partendo dalle molecole biologiche, una piccola quantità di
ROS si forma normalmente nelle cellule in seguito ai processi di trasporto elettronico oltre che in
compartimenti cellulari deputati allo svolgimento di ossidoriduzioni, si stima infatti che circa l’1%
dell’ossigeno consumato dalle piante sia indirizzato alla produzione di ROS 


Le cellule hanno evoluto meccanismi deputati ad eliminare gli eccessi di queste specie chimiche, il
perossido di idrogeno viene normalmente trasformato in H2O + O2 in seguito all’intervento di
enzimi come le ascorbato perossidasi (APX) e le catalasi (CAT) oppure reagendo con un’ampia
serie di molecole ben note per la loro attività antiossidante quali antociani + acido ascorbico
(vitamina C) + flavonoidi + carotenoidi + glutatione


In presenza di patogeni la produzione di ROS risulta innescata dalla cellula stessa e l’aumento di
concentrazione di queste molecole viene detto “burst ossidativo”, le ROS agiscono in prima istanza
sulle membrane danneggiandole e determinando la formazione di ulteriori specie chimiche di tipo
radicalico (fortemente reattive) e solo successivamente come segnale 


Tra le ROS prodotte dalla cellula vegetale sotto attacco H2O2 riveste un ruolo primario che si
esplica negli spazi intercellulari + nella parete + all’interno della cellula stessa

• negli spazi intercellulari il perossido di idrogeno esercita la sua azione tossica diretta sulle cellule
del patogeno danneggiandone le membrane mediante l’ossidazione dei lipidi

• nella parete della cellula vegetale sotto attacco causa un’irrobustimento della parete stessa
promuovendo la formazione di legami crociati tra le glicoproteine ricche di idrossiprolina 

• infine H2O2 risulta in grado di attraversare le membrane della cellula vegetale anche grazie
all’incremento di pH dovuto al rilascio di ioni OH- che attiva le perossidasi presenti nell’apoplasto
ed induce l’ulteriore produzione di H2O2, all’interno della cellula funge da messaggero secondario
per l’attivazione delle risposte di difesa quali la sintesi di proteine o l’attivazione della morte
cellulare programmata legata alla risposta ipersensibile


L’attivazione delle risposte inducibili prevede una serie di passaggi: 

1) in presenza di un patogeno la pianta riconosce la presenza di un elicitore (MAMPs o DAMPs)
promuovendo il burst ossidativo e la lignificazione della parete 

2) la membrana cellulare della cellula sotto attacco va incontro a perossidazione degradandosi e
questo evento viene percepito dalle cellule circostanti

3) queste ultime reagiscono andando incontro a morte cellulare programmata (programmed cell
death, PCD) con quella che viene detta reazione di ipersensibilità (hypersensitive response, HR) 

4) il risultato vede la cellula originariamente sotto attacco circondata da cellule morte per PCD


Nel contempo le cellule liberano anche fitoalessine + composti fenolici + lignificano
le pareti ingabbiando efficacemente il patogeno ed impedendogli di diffondersi +
rilasciano composti che promuovono l’acquisizione di resistenza a livello locale o
sistemico, da un punto di vista morfologico si manifesta con la comparsa di zone
decolorate costituite dalle cellule che sono andate incontro a PCD

-quando la HR risulta rapida si ha una zona ridotta in cui le cellule vanno incontro a
PCD mentre quando la HR risulta lenta si ha una zona interessata da PCD ampia 


In condizioni opportune una pianta riesce a conseguire una specie di “immunità” nei confronti dei
patogeni virulenti attraverso un fenomeno che prende il nome di induzione di resistenza (ISR)

= il prerequisito necessario vede che la pianta entri in contatto con un qualche elicitore che causi
l’attivazione dei sistemi di difesa, in questa situazione la pianta reindirizza le proprie risorse
energetiche verso i meccanismi di difesa aumentando la sintesi dei composti di risposta allo stress
ed il tasso di respirazione, la resistenza viene indotta a livello locale (local acquired resistance,
LAR) + a livello sistemico (SAR) + in seguito all’interazione con batteri della rizosfera (ISR) 


SAR e LAR sono entrambe innescate da eventi di morte cellulare, quando la risposta risulta limitata
all’organo attaccato ci si trova di fronte ad una LAR mentre quando la risposta si estende anche ad
altri organi risulta corretto considerarla una SAR, l’espressione di proteine PR viene considerata un
segno affidabile dell’attivazione della SAR dove a sua volta l’espressione delle PR viene mediata
dall’acido salicilico il quale inibisce anche le catalasi e l’ascorbato perossidasi capaci di degradare il
perossido di idrogeno mantenendo alto il livello di quest’ultimo e favorendo il burst ossidativo


Risulta interessante notare che la SAR viene anche indotta da elicitori esogeni somministrati alle
piante per attivare le loro risposte di difesa prima ancora che queste entrino in contatto con
eventuali patogeni, su questo fronte si concentrano interessanti linee di ricerca che sfruttano
composti come il chitosano (un derivato deacetilato della chitina) per migliorare la resistenza delle
piante verso svariate malattie ed in particolare le virosi 


L’ISR viene indotta da batteri promotori della crescita (plant growth-promoting bacteria, PGPB) che
colonizzano la superficie radicale come ceppi non patogeni di diverse specie, l’ISR viene mediata
dall’etilene e dall’acido jasmonico ovvero due sostanze con funzione di ormoni nelle piante, inoltre
a differenza della SAR/LAR non si manifesta in conseguenza di lesioni necrotiche (come la HR)


• endomicorrize dove le
ife fungine entrano nella
radice e superano la
parete cellulare
prendendo contatto con
il plasmalemma

• ectomicorrize dove 

le ife fungine si
posizionano sia sulla
superficie esterna che
tra l’epidermide ed i
primi strati corticali 

Le ife dei funghi risultano essere sempre settate ad eccezione delle micorrize arbuscolari, nelle
ectomicorrize/ectoendomicorrize riconosciamo Ascomiceti e Basidiomiceti mentre nelle
endomicorrize riconosciamo funghi diversi in relazione al tipo di micorriza osservato 

• le micorrize arbuscolari hanno i Glomeromiceti come loro tipico e caratteristico gruppo di funghi 


Le ectomicorrize/ectoendomicorrize si trovano sia nelle Angiosperme che nelle Gimnosperme
mentre le endomicorrize in relazione al tipo si presentano in gruppi di piante abbastanza dettagliati 

• le micorrize arbuscolari le troviamo in Briofiti + Pteridofiti + Gimnosperme + Angiosperme 


Micorrize arbuscolari (AM) = queste simbiosi riguardano tutte le tipologie di piante terrestri ma
possono essere rare in Brassicacee + Cariofillacee + Chenopodiacee + Poligonacee, almeno l’80%
delle specie vegetali risulta in grado di formare delle micorrize arbuscolari che possono anche
presentarsi in numerosi tipi a livello della stessa pianta, i funghi coinvolti vennero inizialmente
classificati nella Famiglia Endogonacee Genere Endogone (Zigomiceti) e solo successivamente nel
Phylum Glomeromycota, nel 2016 la riorganizzazione del Phylum Zygomycota riconosce i
Mucoromycota con il Subphylum Glomeromycotina caratterizzante le micorrize arbuscolari, il
riconoscimento su base morfologica si basa sulle caratteristiche microscopiche delle spore 


Reperti fossili ritrovati dagli anni 1990 in poi dimostrano che organismi con
organizzazione simile agli attuali funghi AM esistevano nel Devoniano oltre 450
milioni di anni fa, le strutture ritrovate sono state sia spore che radici con
colonizzazione (ife ed arbuscoli), probabilmente la simbiosi ha giocato un ruolo
rilevante nella colonizzazione delle terre emerse da parte delle prime piante terrestri

-immagini di fossili dove riconosciamo una struttura vegetale con una porzione centrale
contenente i tessuti di conduzione + parenchima corticale + strato epidermico,
all’interno di queste strutture sono state osservate delle cellule che contenevano
strutture fungine simili a quelle dei funghi micorrizici arbuscolari, 

una caratteristica risulta la formazione di vescicole con funzione di riserva 


Le micorrize arbuscolari presentano come strutture caratteristiche gli arbuscoli e le vescicole ma le
vescicole non vengono formate da tutti i funghi AM, le ife sono usualmente non settate mentre le
spore sono specie-specifiche, si distinguono inoltre diverse modalità di colonizzazione delle radici
(Paris e Arum Type) ed in generale i funghi AM non colonizzano la stele e l'apice radicale 

• nell’Arum Type la colonizzazione si svolge in maniera lineare, delle ife fungine decorrono
linearmente e parallelamente all’asse principale della radice, la crescita risulta esterna alle cellule e
frutta gli spazi intercellulari per formare delle ramificazioni che entrano nella parete cellulare 

• nel Paris avviene un passaggio di cellula in cellula senza la presenza di ife cellulari che decorrono
linearmente e parallelamente all’asse principale della radice, dove le cellule formano dei gomitoli


-fotografia di un arbuscolo, notiamo una colonizzazione Arum Type con ife che
corrono parallele sia alla superficie della cellula che alla superficie della radice, una
ramificazione porta all’interno della cellula, delle ramificazioni dicotomiche vedono
la produzione di ife finissime = superficie di scambio a contatto con il plasmalemma

-disegno di una colonizzazione Arum Type, dalle ife intercellulari si dipartono


ramificazioni che producono arbuscoli all’interno delle cellule 


-disegno di una colonizzazione Paris, colonizzazione ristretta a


pochi strati di cellule parenchimatiche sotto l’epidermide

-fotografia data dalla frattura del materiale radicale e dall’esposizione di una cellula

con l’arbuscolo all’interno, la colonizzazione risulta essere molto imponente

Spora di una micorriza arbuscolare colorata attraverso il reattivo di Melzer che contiene
iodio, si individuano quattro strati all’interno della parete della spora ed il punto di uscita
dell’ifa di germinazione, le spore contengono sia sostanze di riserva che il materiale
necessario al processo di germinazione e sono capaci di resistere in uno stato di quiescenza


• quando le condizioni ambientali sono opportune le spore germinano producendo un’ifa, se non
avviene l’incontro con le radici il materiale citoplasmatico viene richiamato all’interno della spora


I funghi che formano micorrize arbuscolari sono simbionti obbligati, non hanno una riproduzione
sessuale, colonizzano una radice nel giro di pochi giorni, scambiano nutrienti ed acqua con la
pianta, migliorano la pianta sia nel tollerare gli stress che nell’incrementare la produzione

= le interazioni possono coinvolgere diversi partners e diventare multitrofiche

Germinazione di una spora fungina con la generazione di un tubetto germinativo 

e ife che ramificano, contatto con gli essudati radicali ovvero sostanze chimiche
rilasciate dalle radici nel suolo (strigolattoni) che vengono riconosciute come
molecole segnale dal fungo, le ife ramificano e crescono in direzione della pianta 

• se la pianta non ospita funghi micorrizici non vengono formate le strutture di
contatto ed in fungo arresta la crescita, se la pianta risulta sensibile si formano gli
appressori caratterizzati da ife con un rigonfiamento sulla superficie della radice


Al giorno d’oggi al termine “appressorio” si preferisce il termine “ifopodio”, la
penetrazione del fungo viene permessa dalla formazione di un canale detto apparato di
pre-penetrazione da parte della cellula vegetale grazie alla riorganizzazione del
citoscheletro = scambio chimico di messaggi tra i due partners 


Sistema sperimentale che vedeva delle piante di pomodoro inoculate con funghi
micorrizici e trattate con afidi, gli afidi sono insetti parassiti che pungono la
superficie della pianta per raggiungere i vasi di conduzione della linfa elaborata
e succhiare gli zuccheri, successivamente sono stati inseriti degli insetti
parassitoidi nemici naturali degli afidi ed amici naturali della pianta

• sistema a quattro livelli con fungo + pianta + afide + parassitoide


Confronto l’attrattività delle piante di pomodoro con o senza funghi micorrizici in assenza di afidi,
misuro quanti insetti parassitoidi volano in direzione della pianta nei due diversi casi esaminati

-80 insetti su 100 raggiungevano la pianta micorrizzata mentre 30 insetti su 100 raggiungevano la
pianta non micorrizzata, misure significativamente diverse in termini statistici che evidenziavano
l’emissione da parte delle piante micorrizzate di sostanze in grado di attrarre gli insetti parassitoidi


Confronto percentuale tra insetti parassitoidi attratti da piante infettate dagli afidi ed insetti
parassitoidi attratti da piante non infettate dagli afidi ma micorrizate, andamento molto simile in
quanto la pianta infettata dagli afidi emette delle sostanze in grado di attrarre gli insetti parassitoidi


Confronto percentuale tra afidi che raggiungono lo stadio adulto ed afidi che riescono a riprodursi,
su una pianta non micorrizata la percentuale di afidi che raggiungono lo stadio adulto risulta 3volte
quella su una pianta micorrizzata mentre la percentuale di afidi che riescono a riprodursi risulta
4volte quella su una pianta micorrizzata, le micorrize hanno un’effetto protettivo molto forte 


Le orchidee sono una famiglia di piante contenente fino a 30.000 specie di recente evoluzione che
presentano adattamenti specifici, nelle prime fasi di sviluppo sono legate alla presenza di funghi
micorrizici e producono semi leggerissimi di piccole dimensioni privi di endosperma secondario


-disegno di un tipico fungo isolato dalle radici dell’orchidea, questi funghi a differenza dei
funghi micorrizici arbuscolari possono essere coltivati in coltura pura


-rappresentazione dell’embrione in germinazione di un’orchidea, a partire da un
piccolo seme attraverso il processo di germinazione viene attivato l’accrescimento
dell’embrione, il successivo stadio di accrescimento vede la polarizzazione dell’embrione
in quanto si notano gli stami nella porzione apicale, proseguendo con lo sviluppo viene a
formarsi l’embrione detto protocormo che precede la formazione del cormo (radice +
fusto + foglie), le zone marginali mostrano invece la presenza del fungo micorrizico


-nell’immagine si osserva la radichetta principale e la parte aerea in corso di sviluppo,
all’interno della radichetta risulta possibile individuare tutte le zone in cui si trova il fungo,
nella zona parenchimatica sono osservabili numerosi segni della presenza del fungo


-nell’immagine si osserva come gran parte delle cellule corticali sia occupato da
gomitoli di ife fungine che interagiscono con la pianta per lo scambio di nutrienti,
nelle fasi iniziali il fungo cede carbonio alla pianta mentre nelle fasi successive la
pianta cede carbonio al fungo, la pianta vive una fase di simbionte obbligato

Le ectomicorrize sono
caratterizzate dalla
presenza dei funghi 

che sono uguali alle
ectoendomicorrize 

• vedono ife fungine settate
di funghi appartenenti ai
Basidiomiceti o agli
Ascomiceti, gli ospiti
includono sia Angiosperme
che Gimnosperme



Le radici sono state colonizzate dal fungo che risulta abbondantemente presente sulla
superficie, gli apici assumono una forma a clava, cambia completamente il modello di
sviluppo delle ramificazioni delle radici in quanto viene a crearsi un modello dicotomico 

• solitamente la radice primaria vede delle ramificazioni laterali che prendono origine dal
periciclo, nella ramificazione dicotomica il fungo impone il suo modello di sviluppo alla pianta 


Nell’ectomicorriza sono necessari tre requisiti = deve essere presente un mantello o micoclena
ovvero uno strato di ife fungine che rivestono la superficie esterna della radice, deve essere presente
un gruppo di ife a costituire il reticolo di Hartig che entra nella radice diffondendosi da cellula a
cellula, deve essere presente un micelio esterno ovvero un insieme di ife che diffondono nel suolo


Si tratta di un’associazione simbiotica molto antica, dati molecolari (orologio biologico)
suggeriscono un’età superiore a 50 milioni di anni mentre dati fossili (relativi alle Pinacee) 

indicano un’età superiore a 130 milioni di anni 


Le ectomicorrize vedono il 3% di tutte le piante superiori prevalentemente arboree concentrate nelle
Famiglie Pinaceae, Fagaceae, Myrtaceae ovvero le principali piante forestali alle diverse latitudini 

• anche le Famiglie Rosaceae (Dryas) + Cistaceae (Heliantemum) + Polygonaceae (Polygonum
viviparum) vedono la presenza di ectomicorrize mentre i Generi Salix + Populus + Eucalyptus +
Alnus possono presentare sia delle ectomicorrize che delle endomicorrize


-Dryas octopetala -Heliantemum canum -Polygonum viviparum



I funghi che formano ectomicorrize vedono un’ampio numero di specie appartenenti ad Ascomiceti
e Basidiomiceti che vengono anche riscontrati nelle ectoendomicorrize, dal punto di vista
morfologico sono in grado di creare delle rizomorfe ovvero un cordone di ife che permette le
esplorazioni del territorio a grandi distanze al fine di raccogliere i nutrienti dal substrato di crescita

-Tuber come specie che forma ectomicorrize, numero relativamente alto di funghi e
numero relativamente basso di vegetali che caratterizza una maggiore specificità di
interazione, si nota la struttura del corpo fruttifero con funzioni riproduttive 


-Amanita muscaria con tipica struttura caratterizzata da gambo e cappello, fungo tossico
potenzialmente mortale in dosi elevate, colori vivaci come possibilità di avvertimento


Punto di vista microscopico di una radice colonizzata da un fungo ectomicorrizico,
strato esterno di cellule epidermiche nel cui mezzo si insinuano le ife fungine al fine di
massimizzare la superficie di scambio, superficie esterna della radice completamente
rivestita dalle ife che formano il mantello, all’interno risulta presente il reticolo di Hartig


-radice di eucalipto colonizzata da un fungo ectomicorrizico, apice + zona posteriore
che va differenziandosi, all’esterno sulla superficie la micoglena caratterizza il
mantello di ife fungine, le ife entrano nell’epidermide per formare il reticolo di Hartig


-confronto tra un’apice non micorrizato ed un’apice ectomicorrizato di eucalipto nella zona
della radice primaria, nella radice non micorrizata notiamo il meristema apicale + cuffia
con le cellule mucillaginose + forma ogivale delle radici, nella gemma della radice laterale
ectomicorrizata notiamo la modificazione della struttura dell’apice radicale che assume una
forma clavata con l’avvio delle ramificazioni dicotomiche


-notiamo cosa succede ad una radice ectomicorrizata quando si forma una nuova radice laterale,
all’esterno si trova il micelio della micoglena che forma il mantello mentre a livello del
periciclo si osservano delle zone in cui sono state avviate divisioni cellulari che porteranno alla
formazione di radici laterali, le radici attraversano la zona parenchimatica fino a raggiungere
l’epidermide per fuoriuscire all’esterno, la nuova radichetta risulta avvolta dalla micoglena


-la nuova radichetta incontra le ife fungine ectomicorriziche che proliferano avvolgendo tutta
la struttura, dopo poco tempo viene a prodursi un mantello di ife fittissimo che determina una
forma a clava della radice = instaurarsi di una simbiosi completa


Sono note oltre 1,5 milioni di specie di viventi ma molte non sono sicuramente conosciute

• lo studio dell’evoluzione, della tassonomia e della sistematica risulta in grado di aiutarci ad
affrontare questi temi: come si sono formate tante e diverse forme di vita? + come possiamo
classificarle per studiarle e conoscerle? + esiste un’ordine in questa enorme varietà? 

La maggior parte delle specie note sono state definite mediante una serie di caratteristiche ovvero
sono specie fenetiche, in molti casi sono conservati esemplari tipo che diventano un riferimento con
cui confrontarsi per stabilire se un individuo appartenga o meno alla stessa specie

• in alcuni campi di studio risulta utile un test di incrocio dove due individui appartengono alla
stessa specie quando possono accoppiarsi e dare origine ad una progenie fertile, una specie definita
in questo modo viene detta specie biologica tuttavia il test di incrocio non risulta sempre praticabile


L’evoluzione risulta essere la causa della biodiversità, i modelli evolutivi spiegano al meglio la
grande variabilità di forme viventi ed un enorme numero di riscontri conferma le teorie evolutive 


Charles Darwin ed Alfred Wallace hanno formulato la moderna teoria evoluzionista a metà
del XIX secolo, Darwin elabora l'origine delle specie (1859) come teoria complessiva
supportata da un’enorme lavoro di ricerca su prove riguardanti sia l’evoluzione in natura
che l’agricoltura e l’allevamento operati dall’uomo


Concetti principali = in una popolazione la progenie di alcuni individui presenta caratteri modificati
rispetto ai genitori + le popolazioni di viventi producono una progenie molto numerosa rispetto a
quella che risulta essere sostenuta dall’ambiente + la progenie meglio adattata alle caratteristiche
dell’ambiente si riproduce in maniera abbondante, Darwin parla di selezione naturale + la
ripetizione nel tempo (e per tempi molto lunghi) dei tre fattori sopra elencati risulta in cambiamenti
molto grandi dei caratteri ereditari e quindi nelle caratteristiche dei viventi


In una popolazione la progenie di alcuni individui presenta caratteri modificati rispetto ai genitori

• le variazioni che si osservano nella progenie possono dipendere dalle mutazioni e dalle
ricombinazioni che sono due tipi di eventi che riguardano il DNA, anche l’ibridazione e le
endosimbiosi possono intervenire a causare questo genere di modifiche

Da una cellula con certe caratteristiche per meiosi andranno 



a formarsi dei gameti tutti differenti uno dall’altro nelle
sequenze geniche dei cromosomi


Il crossing-over prevede che
durante l’appaiamento dei
cromosomi nei fenomeni
meiotici avvenga uno
scambio di porzioni del DNA


Le popolazioni di viventi producono una progenie molto numerosa rispetto a
quella che risulta essere sostenuta dall’ambiente, Malthus aveva notato che le
popolazioni tendono ad avere un tasso di crescita lento all’inizio e che procede
in maniera esponenziale successivamente, il tasso di crescita risulta molto
veloce rispetto al tasso di nutrienti e quando le due curve si incrociano viene
raggiunto il “momento di crisi” in quanto le risorse non sono illimitate


La progenie meglio adattata alle caratteristiche dell’ambiente si riproduce in maniera abbondante e
secondo Darwin la selezione risulta essere la forza che guida l’evoluzione, Darwin prese ad
esempio le selezioni compiute da agricoltori ed allevatori dato che in natura molti agenti selettivi
possono operare contemporaneamente agendo sullo stesso carattere in modi diversi 


Si distinguono una selezione direzionale, una selezione stabilizzante ed una selezione diversificante 

Quando una popolazione risulta sufficientemente
ampia i dati in suo possesso vengono distribuiti
all’interno di una distribuzione normale 


Selezione direzionale

Selezione stabilizzante

Selezione diversificante


L’evoluzione risulta anche in grado di manifestarsi
attraverso dei fenomeni che possono portare ad
un’evoluzione divergente, ad una convergenza
evolutiva o ad una coevoluzione 


Darwin non conosceva il modo in cui i caratteri ereditabili sono mantenuti e trasmessi

• all’incirca contemporaneamente a Darwin il monaco tedesco Gregor Mendel compie alcuni
esperimenti incrociando piante di pisello con caratteristiche differenti, i risultati gli permettono di
comprendere che i caratteri sono ereditati con proporzioni matematiche precise pertanto la genetica
risulta essere una scienza quantitativa, i risultati di Mendel saranno riscoperti solo nel XX secolo


Hardy e Weinberg applicano un modello teorico allo studio delle popolazioni ponendo cinque
condizioni = non avvengono mutazioni, non ci sono migrazioni, la riproduzione avviene con incroci
casuali, non avviene selezione naturale, la popolazione risulta essere molto grande 

• in queste condizioni due alleli di uno stesso gene manterranno proporzioni costanti in una
popolazione definendo l’equilibrio di Hardy-Weinberg, all’opposto quando due alleli presentano
variazioni di proporzione significa che una delle condizioni non viene rispettata 


1) in popolazioni piccole eventi casuali possono influenzare la proporzione tra due alleli per
esempio eliminando tutti gli individui che portano un certo allele = effetto della deriva genica

2) quando una piccola popolazione viene fondata partendo da una popolazione molto grande si va
incontro all’effetto del fondatore, il piccolo gruppo dei fondatori possiede caratteristiche particolari
che non sono quelle medie della popolazione originaria di partenza


Risulta bene tener presente che la selezione naturale di per se non
aumenta il numero di specie, gli eventi di speciazione richiedono
l’isolamento riproduttivo e la selezione direzionale

• fattori che possono essere alla base dell’isolamento riproduttivo
sono l’isolamento geografico, la poliploidia e l’ibridazione

In base alla scala dei cambiamenti si riconoscono i livelli di microevoluzione e macroevoluzione 


La tassonomia risulta essere la scienza che si
occupa di dare un nome alle forme viventi, occorre
avere nomi accettati da tutti ed un sistema formale
di assegnazione dei nuovi nomi


Fino al XIX secolo si riconosceva solo l’esistenza
dei due regni Animali e Piante, il regno delle
piante fu successivamente diviso nei quattro nuovi
regni Monera + Fungi + Plantae + Protista 











Se tutti gli organismi originano da un antenato comune (LUCA) possiamo pensare di costruire uno
schema dove questo antenato comune costituisce la base da cui diparte un “fusto” che si suddivide
in rami ognuno dei quali rappresenta una specie, la disciplina che compie questi studi risulta essere
la sistematica filogenetica ed il tipo di diagramma che si ottiene viene detto albero filogenetico

• risulta un campo di ricerca molto attivo che si avvantaggia delle tecniche di cladistica, della
disponibilità di calcolatori rapidi e di un’enorme mole di dati relativi al DNA di molti organismi

I cladogrammi vedono cladi raggruppati in base alla
similitudine dei caratteri, il punto di separazione viene
detto nodo mentre il nodo basale viene detto radice

• le tecniche della cladistica aiutano ad individuare
l’albero migliore, il numero di nodi che separano due
rami rappresenta la vicinanza dei due taxa considerati 


Risulta possibile ruotare attorno ad un nodo in modo libero pertanto i due
cladogrammi rappresentati sono del tutto equivalenti, il triangolo in
corrispondenza di B sottolinea la presenza di un gruppo di specie

Possiamo valutare nella stessa maniera le diverse ramificazioni tuttavia non abbiamo 

la radicazione pertanto manca il fattore tempo, cladogramma meno informativo


Spesso sono possibili dei cladogrammi alternativi, il principio di parsimonia ci
permette di scegliere quello “giusto” ovvero il grafico spiegabile attraverso il minor
numero di variazioni

Istituisco una tabella a doppia entrata, alcuni caratteri
sono quantitativi mentre alcuni caratteri sono qualitativi
in quanto nelle analisi cladistiche vengono presi in
considerazione maggior caratteri possibili

• in prima istanza viene prodotto un cladogramma non
radicato, per determinare il senso del tempo si inserisce
nell’analisi un gruppo esterno detto outgrout

Tutti i taxa scelti formalmente dovrebbero essere monofiletici, ovvero dovrebbero
appartenere ad un gruppo dove tutti i componenti possiedono un antenato comune


Il DNA risulta essere una molecola stabile le cui sequenze di maggior interesse sono nell’rRNA 16s


Consideriamo cinque specie animali con
un sequenziamento di 32 nucleotidi,
l’allineamento viene effettuato trovando
sia le sequenze identiche all’interno di
una posizione che le sequenze identiche
con un piccolo sfasamento di posizione


Il riallineamento individua delle zone
colorate che non presentando delle
variazioni risultano poco interessanti


In posizione 5-12-13 la presenza di
delezioni porta all’eliminazione in fase
di conteggio, pertanto rimangono di
interesse la posizione 9-10-15-22-23-27


Identifichiamo all’interno di uno schema le
posizioni di interesse, un cladogramma non
radicato rappresenta le cinque specie al
livello terminale di ciascun ramo formato


Prendiamo il primo schema dove partendo per convenzione dalla specie 1
individuiamo la base presente a livello nucleotidico per ciascuna posizione e 

quanti cambiamenti sono necessari per percorrere il cladogramma da una posizione
all’altra, ogni cambiamento che dobbiamo effettuare viene rappresentato attraverso
un trattino del colore corrispondente alla posizione considerata


Ripetiamo questo processo per ciascuna delle altre cinque posizioni sia
per ottenere lo schema del primo cladogramma che per ottenere lo
schema del secondo cladogramma, conto infine i cambiamenti necessari

• 12 mutazioni complessive a livello del primo cladogramma + 10
mutazioni complessive a livello del secondo cladogramma, dato che il
secondo cladogramma richiede il minor numero di mutazioni per essere
generato risulta quello parsimonioso e probabile = cladogramma scelto


La specie 5 rappresenta l’outgroup che permette l’ottenimento di un cladogramma radicato


I CIANOBATTERI = i primi resti fossili in rocce risalgono a 2.5 miliardi di anni fa, sono i primi
organismi capaci di fotosintesi ossigenica (clorofilla a + fotosistema II) dove l’accumulo di
ossigeno nell’atmosfera ha permesso l’evoluzione di organismi aerobi e la respirazione, sono
presenti in oceani + acque dolci + suolo + zone artiche + deserti + sorgenti termali, sono organismi
capaci di fotosintesi anossigenica e respirazione anaerobica basate sullo zolfo, molte specie possono
fissare l’azoto atmosferico, hanno piccole dimensioni (0.2-5 micron) e formano delle colonie

-colonie di Cianobatteri che formano filamenti detti tricomi, le cellule 

sono rappresentate dalle linee trasversali verdi che si associano tra loro
Morfologie di Cianobatteri sia in forma solitaria che in forma coloniale, una matrice
mucillaginosa tiene insieme le diverse cellule e viene rilasciata all’esterno dalle stesse


Struttura di una cellula Cianobatterica con una parete ed una guaina
esterna, un plamalemma sotto la parete, una zona periferica interna detta
cromatoplasma contenente i tilacoidi sulla cui superficie sono presenti i
ficobilisomi, una zona centrale interna detta centroplasma contenente
DNA + polifosfati + ribosomi + amido delle cianoficee + vacuoli gassosi


La parete risulta complessa ed i Cianobatteri risultano essere Gram negativi in cui si osservano
quattro strati, il secondo strato contiene mureina ovvero un glicopeptide formato da acido N-acetil-
muramico + N-acetil-glucosammina + acido D-glutammico + D-alanina + acido diamminopimelico

• questo risulta essere lo strato maggiormente rigido e robusto che conferisce forma e protezione 


Gli strati esterni sono formati da proteine + fosfolipidi + lipopolisaccaridi, pori presenti nella parete
permettono la secrezione di mucillagine che protegge dalla disidratazione e costituisce la guaina, le
membrane sono costruite sul modello a mosaico fluido ma contengono glicosil-gliceridi e mancano
di colesterolo (come le membrane interne dei plastidi)


L’organizzazione del cromatoplasma permette di discriminare tra le due classi dei Cianobatteri 

1) Cyanophyceae dove il centroplasma ha una struttura lamellare formata da tilacoidi singoli e
concentrici senza connessioni, il cromatoplasma risulta colorato per la presenza di pigmenti
fotosintetici (clorofilla a + beta carotene + xantofille + ficobiliproteine) dove le ficobiliproteine sono
presenti anche in alcuni gruppi di Alghe eucariote (Glaucocystophyta, Rhodophyta e Cryptophyta)
• una ficobiliproteina (C-ficocianina di colore azzurro) risulta molto abbondante nelle
Cyanophyceae mascherando il verde della clorofilla, in alcune specie ed in particolari condizioni
ambientali risulta prevalere quantitativamente un’altra ficobiliproteina detta C-ficoeritrina di colore
rosso (Trichodesmium erythraeum responsabile delle colorazioni del Mar Rosso)

2) Prochlorophyceae dove il cromatoplasma risulta formato da lamelle fotosintetiche all’incirca
parallele e composte da due tilacoidi aderenti, i pigmenti fotosintetici di questa Classe sono le
divinil-clorofille a e le divinil-clorofille b che nel regno Plantae sono note come precursori delle
clorofille, la presenza di ficobiliproteine risulta ristretta a pochi casi particolari

Ficobiliproteine organizzate in ficobilisomi semidiscoidali, troviamo delle ficocianine
disposte attorno ad un core di alloficocianine mentre esternamente alla struttura sono
organizzate le ficoeritrine, il tutto risulta ancorato alla membrana tilacoidale 


In tutti i Cianobatteri nello spazio tra i tilacoidi si osservano dei piccoli granuli detti amido delle
cianoficee che caratterizzano la sostanza di riserva di questi organismi, questo risulta essere un
polimero di glucosio strutturalmente simile all’amilopectina delle piante 


Nel centroplasma troviamo dei corpi poliedrici che contengono la RUBISCO, delle sostanze di
riserva (cianoficina come proteina composta da arginina ed acido aspartico + granuli di polifosfati
detti volutina), DNA cromosomico come una singola molecola circolare non legata ad istoni e DNA
extracromosomico come plasmide, ribosomi 70S, dei vacuoli gassosi con funzione di regolare il
galleggiamento e forse di proteggere da un’eccessivo irraggiamento il DNA evitando danni da UV


La normale moltiplicazione avviene per fissione (scissione binaria) preceduta dalla duplicazione del
genoma e dalla ripartizione dei componenti cellulari tra due cellule figlie che si formano per
invaginazione della membrana, sono possibili fenomeni di ricombinazione genetica mediante
coniugazione (trasferimento del plasmide) oppure trasformazione (inglobazione di DNA esogeno)


In alcune specie di Cyanophyceae filamentose si osserva la specializzazione di
alcune cellule che si differenziano in elementi capaci di fissare l’azoto atmosferico
detti eterocisti, le eterocisti possono sia occupare la posizione basale del filamento
svolgendo anche la funzione di ancoraggio al substrato che trovarsi in posizione
intercalare nel filamento posizionandosi ogni 9-15 cellule, una volta che una
cellula risulta differenziata in eterocisti diviene incapace di divisione cellulare 


-la forma delle eterocisti risulta di solito arrotondata con parete rifrangente + irrobustita +
pluristratificata, i tilacoidi presentano una distribuzione irregolare e sono assenti i ficobilisomi 


Le eterocisti scambiano nutrienti con le cellule vicine cedendo i prodotti della fissazione dell’azoto
e ricevendo in cambio i fotosintati, gli scambi sono garantiti da microplasmodesmi che attraversano
le pareti, le cellule vicine alle eterocisti contegono molte sostanze di riserva e possono differenziarsi
in propaguli vegetativi (strutture deputate alla moltiplicazione senza ricombinazione genica)

• si possono formare due tipi di propaguli detti ormogoni e acineti, i primi possono separarsi dalla
colonia madre per generare una nuova colonia mentre i secondi sono forme di resistenza capaci di
superare condizioni ambientali avverse restando anche quiescenti a lungo 


L’azoto risulta una risorsa molto abbondante nell’atmosfera (78%) ma non di facile accesso, sono
noti una ventina di generi di batteri non fotosintetici e numerosi Cianobatteri che possiedono il
corredo enzimatico per l’azotofissazione, la fissazione dell’azoto viene compiuta da un complesso
enzimatico che prende il nome di nitrogenasi dove l’azoto molecolare viene trasformato in ione
ammonio e poi in radicale amminico (-NH2) che viene incorporato nelle molecole organiche

= il processo implica la riduzione dell’azoto dove il potere riducente viene fornito dal NADPH
mentre l’energia dall’ATP, questi composti possono provenire direttamente dalla fase luminosa della
fotosintesi oppure dall’ossidazione di zuccheri assimilati con la fotosintesi 


La nitrogenasi viene inattivata dalla presenza di ossigeno pertanto la fissazione dell’azoto risulta in
grado di procedere solo in un ambiente microaerobico (a bassissima concentrazione di ossigeno) 


I Cianobatteri azotofissatori possono essere di due tipi:

1) costituiti da cellule a vita solitaria oppure da cellule che vivono in colonia ma senza formare
eterocisti, in questi casi sono state messe a punto strategie per minimizzare la presenza di ossigeno
liberato durante la fotosintesi come compiere la fotosintesi di giorno e l’azotofissazione di notte 

2) cellule che vivono in colonie filamentose formando eterocisti, oltre all’ispessimento della parete
che diviene meno permeabile all’ossigeno le eterocisti mancano del PSII (ossigenico) mentre risulta
presente e funzionale il PSI che produce ATP e NADPH, inoltre sono attivi i processi metabolici che
consumano ossigeno e sono presenti proteine che si legano a questa molecola 

• l’azotofissazione funziona solo in assenza di composti azotati nei substrati 


Un tempo noti come “Alghe azzurre” ed
inglobate nel phylum Schizophyta i
Cianobatteri sono stati successivamente
inseriti nel phylum Cyanophyta, da
quando venne compreso che sono
monofiletici con i batteri sono stati
classificati nel phylum Cyanobacteria

• i botanici li suddividono nelle due classi
Cyanophyceae e Prochlorophyceae dove la
seconda risulta correttamente classificata
nella divisione Chloroxibacteria 

In totale sono noti 140 generi e 2000 specie


Cyanophyceae classificati nell’Ordine Chroococcales + Ordine Pleurocapsales + Ordine
Oscillatoriales + Ordine Nostocales + Ordine Stigonematales, le Prochlorophyceae caratterizzate
dalla presenza di divinil-clorofille sono solo unicellulari e fanno parte del picoplancton


I Cianobatteri sono stati organismi dominanti nell’era Proterozoica dove hanno
contribuito alla formazione di rocce sedimentarie di tipo calcareo dette stromatoliti
ancora osservabili in mari caldi poco profondi, una qualche ameba primordiale deve
avere inglobato un Cianobatterio senza completarne poi la digestione per dare
origine all’endosimbiosi che ha portato alla formazione degli eucarioti fotosintetici


La formazione dell’endosimbiosi fotosintetica ha comportato il trasferimento di alcuni geni dal
cromosoma batterico al nucleo, si stima che circa il 18% del DNA nucleare di Arabidopsis
(organismo modello a livello molecolare) sia di origine batterica, questo set comprende anche i 

geni della cellulosa sintasi che corrisponde all’enzima chiave nella sintesi della parete dei vegetali 


I Cianobatteri formano numerose simbiosi con organismi vegetali, animali e fungini

• vivono sulla superficie di alcune macroalghe, formano simbiosi con le radici di piante acquatiche,
formano simbiosi azotofissatrici con le radici delle cicadacee, formano numerose specie licheniche
con funghi ascomiceti, instaurano simbiosi con spugne + protozoi + vermi + dinoflagellati

-colonie filamentose di Nostoc importanti sia nei licheni come simbionti di funghi
che nelle cicadecee, presentano delle evidenti eterocisti


-colonia di Spirulina subsalsa dove ogni cellula rappresenta una zona della struttura


Si tratta di organismi ubiquitari presenti sia in ambienti terrestri che in ambienti acquatici, alcune
specie sono capaci di proliferare nelle sorgenti termali dove possono contribuire alla precipitazione
del carbonato dando luogo alla formazione del travertino mentre negli oceani sono tra i maggiori
produttori primari, in condizioni ambientali opportune possono riprodursi in maniera rapidissima
dando luogo a ricche “fioriture” che possono comportare ingente accumulo di biomassa ed alcuni
ceppi possono produrre dei metaboliti tossici causando morie di animali

LE ALGHE = il termine “Alghe” indica numerosi e molto diversi organismi acquatici fotoautotrofi,
questo insieme non risulta monofiletico comprendendo gruppi anche molto distanti da un punto di
vista filogenetico, abitano acque dolci + acque marine + alcuni ambienti terrestri, le dimensioni
variano da pochi micron a decine di metri, sono dette microalghe le specie unicellulari che vivono
galleggianti in un corpo idrico (fitoplancton) oppure fissate ad un substrato (microfitobenthos), sono
importantissimi produttori primari, possono vivere come cellule solitarie oppure in colonie

-diatomee nelle immagini A, B, C + dinoflagellati unicellulari nelle immagini D, E 

+ desmidio nell’immagine F


Le forme coloniali sono avvolte da una mucillagine oppure da una guaina condivisa,
colonie di tipo evoluto prevedono la presenza di ponti citoplasmatici e sono dette cenobi


Le specie multicellulari sono dette macroalghe, colonizzano i substrati marini e lacustri
vicino alle coste dove le acque sono profonde in modo tale da permettere alla luce di
raggiungerle, in alcuni casi possono vivere in forme libere e flottanti (forme pleustofitiche)

• le macroalghe non sono considerate vere e proprie “piante” in quanto non presentano una
struttura di organi come quella di un tipico cormo, non di meno possono essere osservate
porzioni con l’aspetto di “foglie” (filloidi) + di fusti (caluloidi) + di radici (rizoidi) 

Le Alghe sono costituite da cellule eucariotiche con un modello generale simile a quello delle piante
tuttavia possono essere presenti caratteristiche peculiari in alcuni gruppi tassonomici 

• le macroalghe sono sempre dotate di parete con le consuete componenti (fibrillare e di matrice) 

• alcune microalghe (una minoranza) sono prive di parete oppure questa viene ad essere sostituita da
altri tipi di involucri, la maggior parte possiedono anche un’involucro interno al plasmalemma
detto genericamente periplasto (pellicola + teca + frustulo) e che risulta essere mineralizzato

-Euglena rustica con la caratteristica pellicola fermata da strisce parallele e spiralate


Le caratteristiche dei cloroplasti ovvero l’ultrastruttura, il numero di membrane periplastidiali ed il
tipo di pigmenti hanno una notevolissima importanza per la sistematica di questi organismi


I cloroplasti di piccole dimensioni sono di solito numerosi e di forma tonda o
lenticolare mentre quelli di grandi dimensioni sono di solito singoli e di forma a
coppa + ad anello + a stella + a nastro + lobati + reticolati, non sempre si osserva
un’organizzazione in grana, nei cloroplasti di molte specie si osserva un corpo
tondeggiante (o due) detto pirenoide che contiene la RUBISCO, l’accumulo di
sostanze di riserva risulta esterno al cloroplasto con l’eccezione delle Alghe verdi 


I flagelli con funzione di organi motori sono presenti in molte specie di microalghe e nella maggior
parte delle cellule riproduttive, gruppi del tutto privi di flagelli comprendono le Rhodophyta e le
Zygnemophyceae, nella maggior parte dei casi sono presenti due flagelli


Ciascun flagello risulta costituito da un assonema ancorato dentro alla
cellula che viene ad essere nudo oppure munito di peli con varia
lunghezza ed organizzazione, ogni assonema consta di 9 coppie di
microtubuli periferici organizzati lungo una circonferenza al centro della
quale si trova una coppia di microtubuli, la struttura si trova immersa da
una matrice ed avvolta da una membrana in continuità con quella cellulare 


I flagelli sono classificati in base alla presenza e all’organizzazione dei peli
lungo l’assonema, se vi sono diversi flagelli questi possono essere tra loro
uguali (cellule isoconte) o diversi (cellule eteroconte) per lunghezza +
posizione + tipo di peli + tipo di orientamento, quando i flagelli sono
disposti a corona tutto intorno alla cellula si parla di cellule stefanoconte 


• flagello anematico quando si ha il solo assonema senza la presenza di peli, flagello acronematico
quando si ha un piccolo ciuffo di peli all’estremità, flagello sticonematico quando si hanno flagelli
da un solo lato, flagello pleuronematico quando si hanno flagelli da entrambi i lati


Alla base dei flagelli si osserva un organo di percezione della luce di colore rosso-arancio detta la
macchia oculare o stigma, consta di alcuni globuli lipidici ed il colore risulta dovuto ai carotenoidi


Il nucleo risulta di tipo eucariotico ma in alcune specie si osservano delle peculiarità come ad
esempio nelle Dinophyceae ed Euglenophyceae dove i cromosomi sono sempre condensati, in
alcune classi si osserva una mitosi chiusa non accompagnata dalla disgregazione dell’involucro
cellulare, le divisioni cellulari possono avvenire con modalità singolari nelle diverse classi 


1) riproduzione asessuale (agamica) come forma comune e spesso unica tra le microalghe, si
compie sia per semplice divisione cellulare che mediante la formazione di mitospore all’interno di
uno sporangio, le spore possono essere aploidi o diploidi coerentemente con lo stato dell’organismo
che le origina, le spore sono flagellate ma esistono spore non flagellate come forme di resistenza

• tra le macroalghe con capacità rigenerativa risulta comune la riproduzione per frammentazione
2) riproduzione sessuale mediata dalla formazione di gameti (di norma aploidi) all’interno di
gametangi in seguito a meiosi e destinati a fondersi con la fecondazione, nelle Alghe unicellulari
l’intero individuo si trasforma in gametangio mentre nelle Alghe pluricellulari i gametangi sono
distribuiti sulla superficie del tallo oppure raggruppati in sori, quando i gametangi maschili e i
gametangi femminili sono sullo stesso individuo la specie viene detta monoica mentre quando sono
su individui diversi viene detta dioica, esistono specie ermafrodite con entrambi gli organi sessuali


Il ciclo aploide (monogenetico aplofasico) risulta molto comune tra le Alghe verdi, il ciclo diploide
(monogenetico diplofasico) risulta poco frequente (diatomee, Alghe brune), il ciclo aplo-diploide
(digenetico aplo-difasico) risulta caratteristico della maggior parte delle macroalghe


Quattro su sei dei
supergruppi degli eucarioti
includono organismi
classificati come “Alghe” 


Archaeplastida = corrisponde al regno “Plantae” ed include tutti gli organismi dotati di clorofilla a


Chromalveolata = organismi che hanno probabilmente acquisito i cloroplasti in seguito ad eventi di
simbiosi secondaria tra un eucariote eterotrofo ed una microalga rossa, nel corso dell’evoluzione
alcuni di questi organismi hanno perso i plastidi tornando ad una condizione di eterotrofia
riacquisendoli in casi con una simbiosi terziaria, i plastidi sono circondati da diverse membrane 


Excavata = organismi monocellulari dotati di una peculiare invaginazione detta citostoma che serve
per catturare ed ingerire piccole particelle, nel phylum Euglenozoa (unicellulari flagellati) sono
presenti sia organismi eterotrofi che autotrofi dove questi ultimi possiedono un particolare tipo di
sostanza di riserva detta paramilon (polimero di glucosio con legami beta-1,3 glucosidici)


Rhizaria = organismi ameboidi dove le specie algali sono riunite nella Classe Chlorarachniophyceae
Phylum Glaucocystophyta = si tratta probabilmente dei primitivi eucarioti autotrofi, i cloroplasti di
queste Alghe sono molto simili ai Cianobatteri e per questo motivo sono considerati una prova
dell’origine endosimbiotica dei plastidi, le cellule possono essere nude o munite di parete +
flagellate o meno, i cloroplasti presentano un sottile strato di mureina (residuo della parete batterica)
tra le due membrane, i pigmenti fotosintetici sono quelli caratteristici dei Cianobatteri (con presenza
di ficobilisomi), le sostanze di riserva sono date dall’amido accumulato all’esterno dei plastidi


Phylum Rhodophyta = comprende tutte le cosiddette “Alghe rosse”, i cloroplasti non formano grana
mentre sono presenti ficobilisomi, non formano mai cellule flagellate in nessuna fase del ciclo, la
sostanza di riserva risulta essere l’amido delle floridee (un polimero di glucosio con legami alfa-1,4)

1) Classe Cyanidiophyceae, Phylum Rhodophyta, Supergruppo Archaeplastida



• microalghe in forma di cocchi con diametro di pochi micron, hanno colore azzurro-verde, vivono
in ambienti estremi (temperature fino a 55gradi e pH fino a 0.5) in presenza di acido solfidrico +
ammoniaca + CO2, i pigmenti fotosintetici sono clorofilla a + beta carotene + xantofille + C-
ficocianina + alloficocianina, in aggiunta all’amido delle floridee accumulano altre sostanze di
riserva come il floridoside e l’isofloridoside 


Molte di queste specie sono endolitiche ed hanno sviluppato la capacità di svolgere
fotosintesi a basse intensità luminose 


2) Sub-Phylum Rhodophytina, Phylum Rhodophyta, Supergruppo Archaeplastida

• comprende circa 6000 specie di Alghe rosse principalmente pluricellulari e di ambienti marini, i
cloroplasti sono di un colore dal rosso al giallo rosa + vinaccia + porpora + carminio, la ficoeritrina
risulta preponderante tra i pigmenti fotosintetici, le cellule sono di norma dotate di parete la cui
componente di matrice viene data da mannani + poligalattani solfati (agar e carragenani) + solfati +
acido alginico, la componente fibrillare viene data da xilani (nelle forme primitive) o cellulosa 


Alcune specie presentano parete impregnata di calcificazioni (carbonato di calcio)


I cloroplasti hanno due membrane ed i tilacoidi sono organizzati in lamelle parallele, i pigmenti
fotosintetici comprendono la clorofilla a + alfa caroteni e beta caroteni + xantofille e sono presenti
le ficobiliproteine, la riproduzione delle specie unicellulari avviene per divisione e/o per produzione
di spore mentre nelle specie pluricellulari si hanno frammentazione + produzione di spore +
riproduzione sessuale, i cicli sono di tipo molto diverso nei vari taxa di questo Sub-Phylum 


Il gametangio femminile prende il nome di carpogonio e nelle Florideophyceae risulta
munito di un filamento detto tricogino al quale si attaccano i gametangi maschili che
prendono il nome di spermazi per trasferire il loro nucleo e compiere la fecondazione


Sono Alghe con ciclo aplo-diploide e gametofiti monoici o dioici, in passato lo
sporofito era stato classificato come una specie a parte per il suo diverso aspetto

• ciascuna cellula risulta in grado di formare gametangi (carpogoni e spermatangi),
i carpogoni dopo la fecondazione possono formare per mitosi delle carpospore,
non risulta ancora chiarito in quale fase del ciclo si compia la meiosi

3) Classe Florideophyceae, Sub-Phylum Rhodophytina, Phylum Rhodophyta, Archaeplastida 



• sono macroalghe multicellulari con forme e dimensioni molto diverse, possono essere 

filamentose + cilindriche + fogliacee, il tallo risulta di solito organizzato in una porzione ortotropa
perpendicolare al substrato ed in una porzione plagiotropa di ancoraggio che possiede forma e
complessità varie, la parti plagiotrope risultano in grado di accumulare sostanze di riserva per
superare le stagioni sfavorevoli mentre le parti ortotrope si possono staccare

Durante le divisioni cellulari le due cellule sorelle non si dividono completamente ma
permane un’apertura centrale che viene chiusa da un corpo proteico lasciando un’evidente
punteggiatura facilmente riconoscibile al microscopio ottico, punteggiature simili
possono formarsi anche tra cellule adulte che non derivano dalla stessa cellula iniziale 


I talli presentano un modello di crescita uniassiale ed un modello di crescita
multiassiale, nel primo caso una cellula iniziale apicale costruisce l’intero tallo
mediante delle divisioni trasversali che formano il filamento centrale mentre le
cellule del filamento possono poi formare le ramificazioni, nel secondo caso 

un certo numero di cellule iniziali formano un’asse ciascuna


Nel tallo le porzioni terminali delle ramificazioni possono giungere a toccarsi e
quindi fondersi formando uno pseudotessuto di rivestimento costituito da
proteine e polisaccaridi che conferisce compattezza e resistenza alla struttura 


In alcuni casi il carposporofito si forma all’interno di un’involucro detto pericarpo
prodotto dalle cellule del gametofito femminile dove la struttura complessiva viene
detta cistocarpo e risulta essere quasi sempre visibile anche ad occhio nudo, la
disposizione delle spore e la forma dei tetrasporangi possono avere valore sistematico

In queste Alghe sono possibili dei cicli tri-genetici, abbiamo l’organismo apolide
detto gametofito + carposporofito e tetrasporofito, dai gametofiti traggono origine
i gameti che attraverso fecondazione originano lo zigote, lo zigote si sviluppa in
un carposporofito che risulta connesso al gametofito e produce carpospore
diploidi in grado di formare il tetrasporofito, nel tetrasporofito avviene la meiosi
che produce tetraspore in grado di formare il gametofito


In passato le Alghe venivano descritte in base ai colori dei pigmenti fotosintetici


Insieme Chloroplastida = incluso negli Archaeplastida comprende tutte la Alghe con clorofilla a e
clorofilla b caratterizzate dal colore verde, il gruppo risulta diviso nei due phyla Chlorphyta e
Charophyta che non includono solo Alghe, ad esempio il phylum Charophyta vede tutte le “piante”


1) Phylum Chlorophyta, Insieme Chloroplastida, Supergruppo Archaeplastida 

• sono comprese nel taxon Chlorophyta 10000 specie di Alghe verdi con un’organizzazione varia sia
del tallo che della parete, nella maggior parte delle specie la principale componente di parete viene
data dalle glicoproteine mentre in specie terrestri possono essere presenti sostanze simili alla
sporopollenina, in altri casi la parete risulta celluloso-pectica (Ulvophyceae) oppure calcificata,
alcune specie non hanno una vera parete ma un’involucro di scaglie + una teca + una lorica 


Le cellule flagellate sono maggiormente isoconte con due/quattro/otto flagelli che
emergono sempre dalla parte anteriore della cellula, alcuni gameti o spore possono
avere flagelli in numero superiore, i flagelli sono di norma anematici ma in alcuni casi
si osservano peli o scaglie, la macchia oculare risulta interna al plastidio, nelle specie
di acqua dolce sono presenti vacuoli contrattili con funzione di osmoregolazione


I cloroplasti possono avere dimensioni molto diverse e forma a coppa + ad anello + a reticolo + a
nastro + a disco + lobata, sono circondati da due membrane mentre i tilacoidi possono presentare
diversi gradi di organizzazione fino a formare dei grana, i pigmenti fotosintetici comprendono
clorofilla a e clorofilla b + alfa carotene e beta carotene + xantofille, la sostanza di riserva tipica
risulta l’amido formato internamente al cloroplasto in prossimità del pirenoide (singolo o in copie)


La riproduzione sessuale quando presente riguarda cicli aploidi + cicli diploidi + cicli aplo-diploidi
dove sono state osservate isogamia + anisogamia + oogamia, il taxon ha diffusione ubiquitaria ma 

la maggior parte delle specie vivono in acque dolci e poco profonde, diverse specie unicellulari
colonizzano gli ambienti terrestri mentre alcune specie formano simbiosi con licheni ed animali


Le Prasinophyceae sono microalghe talvolta coloniali e l’immagine permette di osservarne
l’ultrastruttura, flagello + nucleo + singolo cloroplasto + sostanza di riserva in forma di amido

2) Classe Chlorophyceae, Phylum Chlorophyta, Insieme Chloroplastida, Archaeplastida



• comprende sia macroalghe filamentose che microalghe (flagellate o non flagellate + capaci di
formare colonie), la parete risulta principalmente glicoproteica ma in alcune specie risulta
cellulosica, ciclo biologico aploide con gamia varia (isogamia + anisogamia + oogamia), le 

cellule riproduttive presentano flagelli che sono due nei gameti ed almeno quattro nelle spore 


Le Chlamydomonadales sono Alghe unicellulari coloniali o solitarie, la
riproduzione vegetativa avviene sia per divisione mitotica che mediante la
produzione di zoospore (l’intera cellula diventa sporangio), la formazione dei
gameti prevede la trasformazione di una cellula in gametangio dove lo zigote
detto ipnozigote presenta parete ispessita ed attraversa una fase di dormienza

Le Chlorophyceae del Genere Volvox formano colonie in cui le cellule flagellate 



sono riunite in uno strato periferico a formare una struttura cava, le diverse cellule
della colonia mantengono dei ponti citoplasmatici di collegamento


Ulvophyceae come macroalghe filamentose pseudo-parenchimatiche
o cenocitiche, gametofito e sporofito non sono distinguibili, i
gametofiti producono gameti in grado di formare lo zigote che
produce lo sporofito, nello sporofito la meiosi produce le spore

3) Phylum Charophyta, Insieme Chloroplastida, Supergruppo Archaeplastida



• non comprende solo delle Alghe ma anche le piante terrestri dette Cormofite, le Alghe di questo
gruppo sono caratterizzate dalla presenza di cellulosa a costituire la componente fibrillare delle
pareti (sintetizzata dai complessi a rosetta della cellulosa sintasi) + dalla formazione di un
fragmoplasto che anticipa la citodieresi + da un ciclo biologico aploide, sono organismi di acqua
dolce o salata, tra gli organismi di questo taxon ricordiamo le Zygnemophyceae e le Charophyceae


Zygnemophyceae = il gruppo comprende sia microalghe (coccoali ma talvolta coloniali) che
macroalghe filamentose, non viene mai osservata la presenza di cellule flagellate, la riproduzione
asessuale prevede la formazione di spore non flagellate dette aplanospore mentre quella sessuale
viene mediata da coniugazione con la fusione di due gameti ameboidi (gli interi protoplasti delle
cellule maschili e femminili), si forma un’ipnozigote capace di quiescenza con parete ispessita 


Si osserva l’organizzazione del cloroplasto di Spyrogira, per la coniugazione due
filamenti si dispongono adiacenti e viene emessa una protrusione laterale che forma
una struttura simile ad una scala a pioli, con il trasferimento dell’intero protoplasto le
cellule di destra si svuotano formando degli ipnoplasti nel comparto a sinistra


Le Zygnemophyceae del gruppo Desmidiales sono caratteristicamente divise in due
parti simmetriche con un restringimento al centro nel quale risulta presente il nucleo, 

il grosso del volume cellulare viene occupato dal plastidio, si tratta di Alghe di acque
dolci molto frequenti in pozzanghere + vasche + fontanili + laghi 


Charophyceae = sono macroalghe di acqua dolce che prediligono acque oligotrofiche (con pochi
nutrienti) limpide e ben areate, la specie Chara da il nome al taxon e presenta un tallo alto alcuni
centimetri con forma simile a quello di alcune Angiosperme acquatiche (come Myriophillum e
Ceratophyllum), il tallo risulta costituito da una porzione eretta giovane mentre le porzioni vecchie
sono plagiotrope ed ancorate al substrato mediante rizoidi multicellulari ramificati, la parte eretta
detta fronda presenta un’asse di accrescimento con nodi dai quali dipartono delle ramificazioni, le
pareti sono incrostate di carbonato di calcio e diventano particolarmente spesse nell’ipnozigote

Ciclo apolide di Chara dove la porzione vecchia plagiotropa parallela al substrato


vede rizoidi di ancoraggio mentre l’asse principale porta le varie fronde e risulta
organizzato nei nodi in grado di creare le ramificazioni, nella riproduzione sessuale i
gameti portano alla formazione dello zigote con parete ispessita e carbonificata, la
meiosi porta alle plantule aploidi in grado di rigenerare l’individuo adulto


Phylum Chryptophyta = sono Alghe unicellulari marine e d’acqua dolce, tipicamente presentano
una struttura dorso-ventrale con la parte inferiore appiattita e quella dorsale convessa, le cellule
sono munite di un periplasto proteico formato da due strati organizzati a piastre


Al polo anteriore della cellula risulta presente un citostoma che si prolunga in un
canale per concludersi in un serbatoio, dal canale si dipartono due flagelli
(uguali o diversi) muniti di peli rigidi detti mastigonemi, i cloroplasti (uno o due
per cellula) sono caratteristicamente circondati da quattro membrane dove tra le
due membrane interne e quelle esterne (originate dal reticolo endoplasmatico)
risulta presente un nucleomorfo residuo del nucleo vestigiale dell’endosimbionte 


I tilacoidi formano lamelle a gruppi di due, i pigmenti fotosintetici presentano una combinazione
unica tra le Alghe caratterizzata da clorofilla a + clorofilla c2 + alfa carotene + xantofille con la
presenza esclusiva di alloxantina + Cr-ficoeritrine e Cr-ficocianine, mancano le alloficocianine e
non si formano ficobilisomi mentre ficoeritrine e ficocianine non sono mai presenti allo stesso
momento in una specie, la riproduzione avviene maggiormente per divisione, fanno parte del
nanoplancton e sono presenti in tutti i mari ma principalmente nei mari freddi prossimi ai poli,
alcune formano simbiosi con protozoi e con altre Alghe


Phylum Haptophyta = sono microalghe con diffusione prevalente nelle acque marine, sono
eterotrofe facoltative, possono presentare uno + due + diversi flagelli anematici o dotati di sottili
peli, risulta caratteristica la presenza dell’aptonema ovvero un filamento sottile posto tra i flagelli
che si avvolge a spirale che serve per l’ancoraggio al substrato o per la cattura di prede, la struttura
dell’aptonema risulta diversa dai flagelli a livello ultrastrutturale in quanto in sezione si osservano
sei microtubuli circondati da una matrice e da tre membrane concentriche 


Le cellule possono essere nude o rivestite da un involucro a scaglie, queste scaglie
possono in alcuni casi contenere cellulosa ed in altri casi contenere carbonato di
calcio, la formazione di calcificazioni ha permesso la fossilizzazione ed il
ritrovamento di reperti risalenti al Carbonifero + al Cretaceo + all’Eocene


Nelle cellule sono presenti uno o due cloroplasti con lamelle formate da gruppi di tre tilacoidi, i
cloroplasti hanno una colorazione giallo-oro o giallo-bruno in seguito alla presenza di clorofille a +
clorofille c1 + clorofille c2 + clorofille c3 + beta carotene + xantofille, la riproduzione avviene per
divisione cellulare tuttavia sono stati riportati casi di cicli digenetici con l’alternanza tra stadi
immobili e stadi flagellati + stadi unicellulari e stadi coloniali + stadi bentonici e stadi planctonici 


Insieme Stramenopili = detti anche straminipili (dal latino stramineus = munito di peli) sono un
gruppo molto numeroso di organismi, la maggior parte sono eterotrofi ma sono comprese anche
specie algali in passato classificate tra le Heterokontophyta, il carattere unificante viene dato dai
flagelli dove le cellule flagellate sono eteroconte con due flagelli inseriti in prossimità del polo
anteriore, il flagello di dimensioni maggiori risulta di tipo pleuronematico e rivolto in avanti mentre
quello piccolo risulta rivolto all’indietro + anematico + dotato alla base di una macchia oculare


Il flagello pleuronematico porta peli rigidi detti mastigonemi e composti da una
sezione basale + una sezione intermedia ricoperta occasionalmente da peli sottili 

+ una sezione terminale con peli laterali lunghi e completata da peli terminali


I cloroplasti sono avvolti da quattro membrane mentre i tilacoidi si aggregano a formare delle
lamelle, i pigmenti fotosintetici comprendono clorofilla a + clorofilla c1 + clorofilla c2 + xantofille

1) Classe Crysophyceae, Insieme Stramenopili, Supergruppo Chromalveolata



• sono Alghe unicellulari che possono essere coccali o flagellate + coloniali o solitarie, sono
frequenti nelle acque dolci specialmente di climi freddi, la parete manca oppure risulta essere
cellulosica, possono essere presenti delle scaglie silicee oppure i protoplasti possono essere
alloggiati in loriche di polisaccaridi, presentano cloroplasti color giallo-oro pertanto in passato
erano chiamate Alghe dorate, la riproduzione avviene per divisione

2) Classe Xanthophyceae, Insieme Stramenopili, Supergruppo Chromalveolata



• sono microalghe coccali ameboidi o flagellate di acqua dolce con poche specie marine, esistono
anche in forma di piccole macroalghe filamentose, la parete cellulare risulta cellulosica e viene ad
essere impregnata di carbonato o silice, la riproduzione asessuale vede la formazione di zoospore


3) Classe Phaeophyceae, Insieme Stramenopili, Supergruppo Chromalveolata

• sono macroalghe conosciute con il nome di Alghe brune, il range di dimensioni risulta molto
ampio andando da Alghe appena visibili ad occhio nudo fino ad organismi di decine di metri, la
parete cellulare risulta essere peculiare mentre si ha una componente fibrillare cellulosica, la
componente matriciale viene data da fucoidina (eteropolisaccaride solfato contenente fucoso +
galattoso + mannoso + xiloso) ed alginati, cellule vicine presentano punteggiature simili alle
Cormofite sebbene la divisione cellulare avvenga per invaginazione centripeta del plasmalemma 


I cloroplasti possono avere forme varie (stellati + discoidali + nastriformi) contenendo uno o diversi
pirenoidi, possono essere singoli od insolitamente numerosi, i pigmenti fotosintetici sono dati da
clorifilla a + clorofilla c1 + clorofilla c2 + beta carotene + xantofille, le sostanze di riserva sono la
crisolaminarina ed il mannitolo, nelle cellule risulta talvolta possibile osservare delle vescicole
rifrangenti contenenti florotannini la cui ossidazione causa la colorazione bruna dei talli
marcescenti, molte specie accumulano iodio che in passato veniva estratto da queste Alghe, le
cellule flagellate sono munite dei caratteristici flagelli degli stramenopili


Da un punto di vista morfologico possono organizzarsi in filamenti uniseriati con ramificazioni,
alternativamente possono formare talli robusti caratterizzati da cauloidi cilindrici o appiattiti e
da filloidi con forme e dimensioni che dipendono dalla specie


La crescita dei talli risulta essere apicale + intercalare + diffusa, nei due ordini Laminariales e
Fucales si osserva un’organizzazione anatomica in una corteccia ed in un midollo, lo strato esterno
viene deputato alle funzioni fotosintetiche + di assorbimento + di tipo meristematico mentre nello
spessore del cortex si possono osservare delle cripte mucipare in cui cellule specializzate rilasciano
del muco che serve ad impedire l’essicazione durante i periodi di emersione da bassa marea 


La riproduzione avviene in modo sia asessuale che sessuale dove con l’eccezione delle Fucales
effettuano un ciclo biologico aplodiplonte, se i due stadi sono eteromorfici le differenze possono
essere notevoli per forma + organizzazione + dimensioni, tutti i tipi di gamia sono stati osservati,
sono organismi quasi esclusivamente marini dove Fucales e Laminariales prediligono i mari freddi


Ciclo biologico digenetico eteromorfico, lo sporofito diploide (rizoide + cauloide +
porzione apicale con fronde) attraverso la meiosi porta alla formazione delle spore
aploidi che germinano per formare i gametofiti, mediante oogamia si ottiene lo
zigote diploide in grado di formare l’organismo adulto

Ciclo biologico monogenetico diplofasico, all’interno delle strutture riproduttive


dell’organismo adulto diploide dette concettacolo abbiamo la meiosi che porta alla
formazione delle strutture gametiche (anteridi ed oogoni), la fecondazione all’interno
dell’oogonio crea lo zigote diploide in grado di formare l’organismo adulto


Phylum Bacillariophyta = comunemente note con il nome di diatomee, si tratta di Alghe giallo-
brune non flagellate, sono ubiquitarie in quanto sono state trovate in acque dolci + acque marine +
acque salmastre + sul terreno, ne esistono sia di planctoniche che di bentoniche ed alcune specie
possono formare colonie, sono state descritte oltre 300.000 specie ed il loro ruolo ecologico risulta
importantissimo dato che contribuiscano a circa il 30% della produttività primaria della Terra 


Possiedono un complesso periplasto siliceo detto frustulo che essendo difficilmente degradabile
forma depositi interessanti da un punto di vista paleontologico + geologico (formazione di rocce
sedimentarie dette diatomite) + commerciale (la “farina di diatomee” viene usata come filtro in
svariati processi industriali), il frustulo consta di due valve che si incastrano e presenta una
simmetria radiale oppure pennata, i cloroplasti possono essere uno o molti per cellula mentre i
pigmenti fotosintetici sono le clorofille a + clorofille c1 + clorofille c2 + beta carotene + xantofille 


Si osserva il destino delle componenti del frustulo di una diatomea, il frustulo viene
diviso in due parti ciascuna delle quali viene tenuta da una delle due cellule figlie, la
porzione posseduta dalla cellula alla nascita viene utilizzata come se fosse quella grande
• un processo di questo genere ripetuto numerose volte mantiene una cellula con delle dimensioni
identiche a quelle materne, man mano che si va incontro a divisione ed inserimento di una nuova
porzione del fustulo si vede la formazione di cellule maggiormente piccole 


La riproduzione sessuale interviene quando la riproduzione asessuale non risulta possibile in quanto
una delle due valve si presenta troppo piccola, le diatomee sono diploidi e la gamia risulta oogama
(diatomee centriche) o isogama (diatomee pennate) dove le prime producono spermatozoidi
flagellati mentre le seconde non hanno cellule flagellate, alla fecondazione (che nelle diatomee
pennate vede una coniugazione) segue una fase di accrescimento dello zigote detto auxozigote che
aumenta le dimensioni per poi ricominciare un nuovo ciclo di moltiplicazione asessuale

Diatomee centriche dove l’organismo diploide effettua la riproduzione asessuale


con produzione di cellule piccole fino al limite massimo, la meiosi vede la
formazione di gameti che attraverso oogamia e fecondazione creano lo zigote,
infine lo zigote detto auxozigote va incontro ad un periodo di accrescimento per
tornare alle dimensioni di partenza al fine di ricominciare il ciclo

Diatomee pennate dove la cellula di partenza effettua la riproduzione asessuale


con produzione di cellule piccole fino al limite massimo, la meiosi vede la
formazione di gameti che attraverso isogamia e fecondazione creano lo zigote,
infine lo zigote detto auxozigote va incontro ad un periodo di accrescimento per
tornare alle dimensioni di partenza al fine di ricominciare il ciclo


1) Classe Euglenophyceae, Supergruppo Excavata 



• sono microalghe flagellate talvolta formanti colonie comuni nelle acque dolci e rare nelle acque
salate, prediligono ambienti acidi, possono comportarsi da eterotrofe, al polo anteriore della cellula
hanno un citostoma seguito da un canale e da un serbatoio al fondo del quale sono ancorati i flagelli


La cellula risulta avvolta da un periplasto chiamato pellicola organizzata in strisce parallele
costituite prevalentemente da proteine fibroso elastiche, alcune specie sono munite di una lorica
esterna che assume una colorazione bruna quando impregnata di ossidi di manganese o ferro


Dentro le cellule in prossimità del serbatoio possono essere presenti dei vacuoli
contrattili, sotto la pellicola sono invece presenti numerosi microtubuli responsabili del
“movimento euglenoide” (contrazioni che si propagano da un capo all’altro della cellula) 


I cloroplasti sono avvolti da tre membrane e possono avere forma a disco + a coppa + lobata, i
pigmenti fotosintetici sono rappresentati da clorofille a e clorofilla b + beta carotene + xantofille, la
sostanza di riserva risulta essere un paramilon che si accumula nel citoplasma, i cromosomi nucleari
sono costantemente condensati e l’unica forma di riproduzione nota risulta la divisione cellulare
1) Classe Chlorarachniophyceae, Supergruppo Rhizaria

• piccolo gruppo di microalghe ameboidi, le cellule delle colonie mantengono delle connessioni
formate da pseudopodi filamentosi andando a costituire una rete anastomizzata, gli stadi mobili
unicellulari presentano un solo flagello, la riproduzione asessuale si compie per divisione cellulare 

o per formazione di zoospore mentre quella sessuale viene osservata in poche specie


Queste Alghe avrebbero acquisito i cloroplasti per simbiosi secondaria, le
microalghe verdi inglobate dall’eucariote ancestrale sono state conservate
quasi immutate come dimostrato dalla presenza del nucleomorfo e per questa
ragione questi organismi sono filogeneticamente diversi dalle altre Alghe che
contengono clorofilla a e clorofilla b (Chloroplastida e Euglenophyceae), sono
organismi marini come amebe bentoniche e costituenti del fitoplancton

Circa 600 milioni di anni fa l’attività fotosintetica ossigenica compiuta dai Cianobatteri e dalle
Alghe fece saturare gli oceani di O2 per poi passare nell’atmosfera modificandone le caratteristiche,
nella stratosfera le radiazioni solari causarono la formazione di ozono creando lo strato che scherma
le radiazioni UV, sebbene le terre emerse fossero molto diverse da quelle che possiamo osservare
oggi la fuoriuscita dall’acqua presentava alcuni vantaggi quali scambi gassosi rapidi + maggiore
disponibilità di CO2 + migliore sfruttamento dello spettro della radiazione solare, fu necessaria
l’adozione di nuovi caratteri che permettessero di vivere nelle nuove condizioni ambientali

L’uscita dall’acqua ha comportato un’adattamento complessivo radicale caratterizzato da


cambiamenti sia biochimici-fisiologici che in ambito riproduttivo

1) lo sviluppo di interazioni mutualistiche con funghi micorrizici arbuscolari ha rappresentato per le
piante un’occasione di adattamento agli ambienti terrestri, una parte dei minerali estratti dalle piante
sono stati trasportati nei mari incrementandone fortemente la produttività mentre una parte della
biomassa prodotta e “sottratta” all’ossidazione biologica ha causato un’ulteriore accumulo di
ossigeno nell’atmosfera fino a valori superiori rispetto a quelli attuali (21%)

2) l’azione delle piante terrestri ha accelerato il processo di degradazione delle rocce silicatiche che
rimuove enormi quantità di biossido di carbonio (CO2) dall’atmosfera, reagendo con la CO2 le
rocce silicatiche si trasformarono in silice + carbonati sottraendo la CO2 dall’atmosfera e liberando
gli ioni in esse intrappolati, queste reazioni possono avvenire anche in acqua ma procedono in
maniera rapida solo all’interfaccia con l’atmosfera dove la pioggia dilava i prodotti di reazione
impedendo il raggiungimento degli equilibri chimici = grande vantaggio

3) il movimento di CO2 in prossimità della pianta viene determinato dal processo della diffusione
che risulta veloce in fase gassosa e lento in fase liquida, l’acqua compete con le clorofille per
l’assorbimento della radiazione luminosa rossa, l’insieme di questi fattori ha modificato il clima
portandolo alle condizioni dell’attuale global warming, la diffusione delle piante terrestri ha causato
la formazione di nuovi habitat e promosso ulteriori radiazioni adattative

Pareti = le pareti delle Alghe devono essere elastiche per permettere facilmente l’imbibizione
pertanto quando presente la cellulosa mostra un basso o nullo livello di organizzazione in
microfibrille, soltanto le Charophyta hanno rosette di cellulosa sintasi mentre negli altri casi
l’enzima risulta presente in forma di bastoncini, in ambiente aereo o sub-aereo la parete deve sia
fornire un supporto meccanico maggiore che contrapporsi alla pressione di turgore del vacuolo


Plastidi = uno dei fattori considerati per discriminare tra i diversi tipi di Alghe risulta essere la
composizione dei pigmenti fotosintetici, la diversificazione dei pigmenti antenna associati alla
clorofilla a ha permesso di colonizzare diverse profondità e di sfruttare diverse disponibilità di luce,
in ambiente aereo o sub-areo la disponibilità di luce non risulta limitante per cui viene persa sia la
grande diversità dei pigmenti antenna che l’associata organizzazione priva di grana dei tilacoidi, il
corredo di pigmenti caratteristico dei vegetali terrestri viene dato da clorofilla a + clorofilla b +
carotenoidi mentre il cloroplasto risulta essere organizzato in tilacoidi granali e tilacoidi intergranali 

• come nelle Clorofite l’amido risulta essere la sostanza di riserva e si accumula dentro al plastidio,
in ambiente terrestre si differenziano plastidi non fotosintetici quali i cromoplasti ed i leucoplasti


Organizzazione del corpo = in ambiente acquatico gli organismi pluricellulari tendono ad
organizzarsi in aggregati filamentosi od aggregati laminari costituendo un tallo per massimizzare
l’esposizione alla luce e gli scambi con l’ambiente, in ambiente terrestre le strutture tendono ad
organizzarsi non in due dimensioni ma in tre dimensioni portando alla formazione di veri e propri
tessuti specializzati a svolgere diverse funzioni, si formano i primi tessuti parenchimatici mentre
un’organizzazione laminare tendenzialmente bidimensionale permane soltanto nelle foglie 


Tessuti tegumentali = uno dei maggiori problemi degli ambienti asciutti risulta quello di evitare il
disseccamento e per questa ragione sono stati evoluti tessuti tegumentali con la capacità di
impermeabilizzare la superficie degli organismi, le cellule sono disposte su piani molto vicine tra
loro e senza spazi intercellulari in modo da formare una barriera mentre le pareti esterne vengono
impregnate di sostanze “grasse” idrofobiche come la cutina, l’impermeabilizzazione prelude poi al
differenziamento di aperture per mettere in contatto l’interno con l’esterno dette stomi


Tessuti di sostegno = in ambiente acquatico tutto il necessario alla sopravvivenza dei vegetali
ovvero luce + nutrienti minerali + gas risulta presente in maniera diffusa in una matrice ambientale
(l’acqua) che circonda tutto l’organismo, in ambiente terrestre si ha invece un chiaro bipolarismo
dato che l’acqua ed i sali minerali sono prevalentemente nel suolo mentre i gas e la luce
nell’atmosfera, questo ha rappresentato una pressione selettiva allo sviluppo in altezza, la sola
pressione di turgore non rappresenta un sostegno sufficiente pertanto l’evoluzione dei tessuti di
sostegno ha rappresentato un’importante innovazione perfezionata dall’introduzione della lignina

Tessuti conduttori = la distribuzione polarizzata ha imposto lo sviluppo di connessioni per il


trasporto di acqua e minerali dalle porzioni ipogee alle porzioni aeree, i tessuti cribrosi floematici
dedicati al trasporto della linfa elaborata sono simili alle strutture evolute nelle Alghe brune al
contrario il sistema xilematico rappresenta un’innovazione assoluta, le forme primitive di xilema
presentavano cellule morte con parete impregnata da flavonoidi per schermare gli UV mentre
successivamente la comparsa della lignina ha perfezionato il sistema rendendolo efficiente, la
distribuzione polarizzata delle risorse necessarie ha comportato l’evoluzione di un modello generale
che prevede sia organi di assorbimento ancorati al substrato che organi di scambio gassoso e
fotosintesi nell’atmosfera dove le due strutture sono collegate da tessuti di trasporto specializzati, le
tre tipologie di strutture hanno dato origine ai principali organi vegetativi radici + fusti + foglie


Gametangi e sporangi = in ambiente aereo e sub-aereo la protezione dal disseccamento risulta
necessaria per gli organi vegetativi e maggiormente per gli organi riproduttivi pertanto l’evoluzione
ha favorito la formazione di strati di cellule protettive che avvolgono le strutture riproduttive, si
sono quindi formati sporangi e gametangi pluricellulari provvisti di cellule sterili di protezione


Spore = al di fuori dell’acqua la produzione di mitospore viene abbandonata pertanto le spore sono
sempre di origine meiotica, il ricorso alla riproduzione sessuale implica ricombinazione genica e
quindi sia una maggiore variabilità che la possibilità di esplorare soluzioni nuove, spariscono le
spore flagellate dette zoospore dato che la dispersione viene operata dal vento, sull’organismo gli
sporangi sono posizionati in alto dapprima isolati e poi in gruppo mentre con la comparsa delle
foglie gli sporangi si trovano in posizione ascellare o terminale, le spore sono avvolte da una parete
impregnata di sporopollenina anche presente nelle Alghe Chlorophyta e che costituisce un’efficace
protezione sia contro la disidratazione che gli insulti ambientali in genere garantendo la dispersione
e la sopravvivenza delle spore anche in presenza di condizioni ambientali difficili


Gameti = mentre le spore si affrancano dall’acqua nelle specie terrestri primitive i gameti restano
legati alla presenza dell’acqua, nella maggior parte delle Briofite i gameti sono flagellati e natanti, la
gamia nelle piante terrestri risulta sempre oogamia con gameti ben diversi per dimensione e ruolo
fisiologico, il vantaggio di questa soluzione vede la possibilità di proteggere all’interno di una
struttura sterile la cellula uovo + lo zigote + l’embrione che costituisce lo sporofito in formazione


Embrione = l’embrione diploide generato dalla fusione dei gameti forma lo sporofito che restando
legato al gametofito viene da questo protetto e nutrito, questa risulta essere un’innovazione delle
piante degli ambienti terrestri mancante nelle Alghe dove l’esclusività di questa strategia ha portato
all’uso del termine Embriofite per designarle, le Embriofite sono riconosciute come un gruppo
monofiletico che include il gruppo delle Briofite ed il gruppo delle Tracheofite 

• le Briofite possiedono un’embrione non quiescente dato che non appena formato procede nel suo
sviluppo, mentre le Tracheofite includono sia le Pteridofite con un’embrione non quiescente che le
piante da seme (Angiosperme e Gimnosperme) con un’embrione quiescente


Cicli biologici = tra le Alghe si osserva tutta la gamma di cicli biologici aplonte + diplonte + aplo-
diplonte (e perfino qualche ciclo trigenetico), la capacità di formare mitospore in grandi quantità
favorisce la diffusione della specie agendo maggiormente sulla quantità che sulla diversificazione,
l’emersione dall’acqua ha favorito l’affermazione di organismi aplo-diplonti con strette connessioni
tra le due generazioni successive, nelle Briofite la generazione dominante risulta essere quella
aploide con lo sporofito diploide che dipende dal gametofito mentre nelle Tracheofite si osserva il
fenomeno opposto con lo sporofito dominante e la riduzione delle dimensioni del gametofito che
diviene dipendente dal primo, la riduzione di dimensioni e la perdita di autonomia della generazione
aploide sono una chiara linea di sviluppo durante l’evoluzione delle piante

LE BRIOFITE = gruppo non monofiletico comprendente circa 24000 specie diffuse in ambienti di
vario tipo quali sottobosco + tronchi degli alberi + prati + torbiere + rocce, sono le maggiormente
semplici piante terrestri non vascolari in quanto prive di pareti lignificate, hanno ciclo aplo-diplonte
con prevalenza della generazione gametofitica aploide ma la generazione gametofitica aploide e la
generazione sporofitica diploide mantengono un legame nutrizionale

Il gametofito produce caratteristici gametangi dove il gametangio meschile viene detto
anteridio ed il gametangio femminile viene detto archegonio, il gametofito ha di norma
dimensioni contenute (al massimo una decina di cm) con l’eccezione di alcune specie
acquatiche in cui supera anche il metro 


Lo sporofito ha dimensioni inferiori al gametofito attestandosi nell’ordine di un cm di
altezza, per tutta la sua breve vita lo sporofito dipende dal gametofito da un punto di vista
nutrizionale pertanto conserva legami anatomici con questo, l’embrione da cui origina lo
sporofito non attraversa periodi di quiescenza


Tradizionalmente il Phylum Bryophyta comprendeva le classi Musci (muschi) + Hepaticae
(epatiche) + Anthocerotae (antocerote), non essendo un gruppo monofiletico il Phylum Bryophyta
non viene considerato valido, i briologi continuano a considerare gli stessi tre gruppi elevandoli al
rango dei Phyla Bryophyta (muschi) + Marchantiophyta (epatiche) + Anthocerotophyta (antocerote) 


Le Briofite erano genericamente definite in passato come Tallofite tuttavia studi ultrastrutturali
svolti con tecniche di miscroscopia elettronica hanno dimostrato che in questi organismi risulta
presente una specializzazione citologica ed istologica, l’organizzazione strutturale della cellula si
presenta del tutto simile a quella delle piante vascolari quindi le cellule presentano sia connessioni
mediante palsmodesmi che l’orientamento del piano di divisione cellulare determinato dalla banda
pre-profasica e dal fragmoplasto, esistono comunque alcune caratteristiche uniche del gruppo

• non si formano gli amiloplasti caratteristici delle Tracheofite

• le cellule meristematiche non contengono proplastidi ma plastidi con membrane tilacoidali 

• nelle Epatiche si possono osservare corpi oleosi dedicati all’accumulo di sostanze di riserva
mentre nelle Antocerote all’interno del cloroplasto si osserva un pirenoide come nelle Alghe

-nella prima immagine dei plastidi presentano dei sistemi di membrane tilacoidali
ben differenziati, mentre nella seconda immagine un cloroplasto delle Antocerote
mostra la presenza del pirenoide contenente l’enzima RUBISCO


Nel gametofito una cellula apicale piramidale simile a quella delle Pteridofite
produce tutte le cellule che daranno origine ai diversi tessuti, l’epidermide di
norma possiede la cuticola e talvolta gli stomi dove questi ultimi non hanno
un’apertura regolabile nelle Epatiche in cui funzionano come semplici pori sempre
aperti, i parenchimi possono avere funzione fotosintetica e funzione di riserva


Ci sono poi una serie di tessuti caratteristici delle Briofite che svolgono le funzioni di sostegno e le
funzioni di trasporto, il tessuto di sostegno prende il nome di stereoma e risulta costituito da cellule
chiamate stereidi che sono cellule allungate vive o morte a maturità con parete cellulosica ispessita


I tessuti di trasporto sono distinti in due tipi:

1) le cellule idroconduttrici dette idroidi sono allungate e con parete terminale obliqua sottile e
molto permeabile all’acqua, sono cellule morte cave e prive di protoplasto che risulta andato
incontro alla digestione mediata dai lisosomi, la parete viene impregnata di polifenoli ma non
lignificata e mancano gli ispessimenti laterali, il complesso degli idroidi prende il nome di idroma

2) il trasporto dei prodotti della fotosintesi viene compiuto da un tessuto detto leptoma dove le
relative cellule sono dette leptoidi, le cellule sono simili al protofloema delle Angiosperme ed hanno
caratteristicamente le estremità rigonfie con forma a tibia con pareti trasversali ricche di
plasmodesmi, sono cellule con parziale degradazione nucleare e citoplasmatica

-nella prima immagine vediamo l’idroma, nella seconda immagine vediamo le


cellule deputate al trasporto di acqua e le cellule deputate all’azione meccanica
-gametofito di Muschio con una zona centrale di idroidi circondata da uno strato di
leptoidi, le stereidi con parete spessa sono invece localizzate nello strato esterno


Le Briofite sono diffuse in climi molto diversi dai deserti alle aree ghiacciate, malgrado il limitato
spessore delle cuticole + un sistema di trasporto poco differenziato + l’assenza di vere radici
riescono a sopportare sia importanti sbalzi di temperatura ed umidità che un intenso irraggiamento,
la presenza di peli e papille aiuta a proteggere dal disseccamento ma quando il contenuto di acqua
scende sotto il 30% del peso entrano in uno stato di vita latente, quando si ripresentano delle
condizioni favorevoli le condizioni metaboliche standard vengono ripristinate nell’arco di minuti


Queste caratteristiche rendono le Briofite ottimi organismi pionieri che crescono su substrati poveri
ed in condizioni ambientali difficili, la loro presenza costruisce microhabitat favorevoli sia alla
presenza di piccoli animali che alla germinazione di spore e semi permettendo le successioni
ecologiche, le Briofite sono validi indicatori della qualità dell’ambiente e sono usati in progetti di
biomonitoraggio, molte Epatiche ed Antocerote sono anche capaci di simbiosi con specie fungine 


In Italia vengono osservate 866 specie di Muschi + 289 specie di Epatiche + 6 specie di Antocerote

• nel nostro paese prevalgono le specie euroasiatiche con dominanza di quelle dei climi temperato-
freddi mentre sono poco numerose le specie mediterranee e le specie endemiche


Le Briofite rappresentano il secondo gruppo maggiormente numeroso delle Embriofite dopo le
Angiosperme, non sono monofiletiche ma si osservano tre linee evolutive separate, caratteristiche
morfologiche + caratteristiche biochimiche + caratteristiche molecolari fanno ritenere che le
Briofite abbiano avuto origine a partire da un’Alga delle Caroficee 


Phylum Bryophyta = circa 15000 specie in 800 generi, in Italia vengono osservate 866 specie + 

222 generi + 59 famiglie, un’importante criterio morfologico per la classificazione risulta essere 

la struttura della capsula che permette la base della suddivisione nelle cinque classi

La capsula dello sporofito contiene le spore che vengono rilasciate


nell’ambiente quando mature, a livello morfologico vengono presi in
considerazione una serie di dettagli che osservati al microscopio
possono dare informazioni per differenziare i diversi gruppi 


Il gametofito si forma dalla germinazione di una meiospora, inizialmente si forma uno stadio
giovanile pluricellulare detto protonema caratterizzato da un forma laminare o da una forma
filamentosa, i protonemi filamentosi presentano tre diversi tipi di filamenti

• il caulonema presenta delle pareti trasversali oblique e pochi cloroplasti con funzione di trasporto
e di formazione delle gemme, il cloronema presenta delle pareti trasverse ortogonali con funzione
fotosintetica, il rizonema presenta dei plastidi poco differenziati con funzione di ancoraggio


Da ciascuna delle gemme si forma una gametofito adulto o gametoforo come struttura
che risulta essere pluriennale o perenne, il gametoforo ha aspetto cormoide ovvero
presenta un fusticino detto cauloide + delle foglioline monostratificate sessili e disposte
in tre o diverse file dette filloidi + si ancora al substrato con dei rizoidi


Rizoidi, cauloidi e filloidi non sono omologhi a radici, fusti e foglie delle Tracheofite 


Gli sfagni (Sphagnopsida) sono piante tipiche degli ambienti umidi e freddi
dell’emisfero nord, la loro lenta degradazione genera depositi di torba con forte acidità
del suolo, in Italia si trovano alcune torbiere sulle Alpi e nell’Appennino settentrionale
che sono ambienti sfruttati per l’estrazione di torba come terriccio o combustibile

Phylum Marchantiophyta = gruppo meno numeroso dei Muschi costituito da circa 8000 specie
raggruppate in 350 generi, in Italia vengono osservate 289 specie + 86 generi + 42 famiglie, include
due classi sulla base delle caratteristiche del gametofito dove si nota la presenza di un gametofito
foglioso nelle Jungermanniopsida e di un gametofito talloso nelle Marchantiopsida

-Endivifolia o Drepanocladus aduncus come Epatica fogliosa




-Epatica tallosa tipica dei luoghi umidi del Mediterraneo


Phylum Anthocerotophyta = costituito da un’unico Ordine con 250 specie + 14 generi, le 6 specie
italiane sono rare e vivono solo in ambienti perennemente umidi, un tempo erano incluse tra le
Epatiche ma sono state separate sulla base di studi embriologici e morfologici, risultati molecolari
confermano e suggeriscono che le Antocerote siano i parenti maggiormente stretti delle Tracheofite


Il gametofito vede una struttura con organizzazione dorso-ventrale e lobi semieretti che formano
una specie di rosetta circolare o sub-circolare di colore verde-gluco, il tallo risulta pluristratificato e
composto de cellule isodiametriche con pareti sottili + ampio vacuolo + plastidi dotati di pirenoide,
la superficie ventrale include rizoidi e pori che sono interpretati come stomi regrediti, in quest’area
si formano delle cavità lisigene piene di mucillagini in cui proliferano Cianobatteri azotofissatori


Lo sporofito a differenza di quello delle altre “Briofite” presenta un certo grado di
autonomia infatti compie fotosintesi e risulta dotato di stomi regolabili, se staccato
dal gametofito e messo su un’adeguato terreno di coltura sopravvive per periodi
abbastanza lunghi ma non arriva a rilasciare le spore, la dipendenza dal gametofito
permane per l’acqua e i minerali, lo sporofito delle Antocerote vede un meristema
basale intercalare che permette la maturazione scalare nel tempo delle spore dove
spore che maturano in momenti diversi possono avere diverse probabilità di successo


La riproduzione risulta sia di tipo sessuale che di tipo asessuale, sono tutti organismi aplodiplonti
con prevalenza della generazione gametofitica aploide, la riproduzione vegetativa riguarda solo il
gametofito e si verifica per frammentazione + per produzione di propaguli unicellulari o
pluricellulari + per produzione di gemme, questa forma di riproduzione clonale risulta essere
vantaggiosa nella colonizzazione rapida di ambienti in cui le Briofite agiscono da organismi pionieri


La riproduzione sessuale avviene per oogamia, i gametangi maschili detti anteridi ed i gameti
femminili detti archegoni sono circondati da cellule sterili con funzione protettiva dalla
disidratazione, gli anteridi hanno forma clavata o forma sferica e contengono numerosi gameti con
due flagelli detti anterozoidi o spermatozoidi, gli archegoni sono a forma di fiasco e la loro parte
basale contiene il gamete femminile detto oosfera o cellula uovo che risulta privo di flagelli


Nelle Epatiche i gametangi possono essere portati da strutture dette ombrellette archegoniofore
o anteridiofore, dopo la fecondazione le ombrellette archegoniofore sono dette carpocefali 


Le Briofite sono di norma dioiche, il passaggio dalla fase vegetativa alla fase riproduttiva si
compie in seguito a stimoli ambientali (temperatura + umidità + fotoperiodo) oppure ormonali per
realizzarsi nella stessa stagione dello sviluppo vegetativo oppure dopo tempi anche molto lunghi, in
alcuni casi non risulta essere mai stata osservata, l’acqua risulta indispensabile per permettere agli
anterozoidi flagellati di raggiungere l’archegonio mediante attrazione chemiotattica


La gamia porta alla formazione di un embrione molto semplice che non attraversa uno stadio di
quiescenza, nello sporofito diploide viene poi completata la meiosi e la formazione di spore aploidi,
le spore sono protette da uno strato interno detto intina ed uno strato esterno detto esina dove
quest’ultimo risulta costituito da sporopollenina mentre la struttura esterna presenta una serie di
sculture ed ornamentazioni, nei Muschi risulta presente anche un terzo strato detto perina di origine
extrasporale, al contrario degli embrioni le spore possono sopravvivere in quiescenza anche per anni

Ciclo biologico di un Muschio, per meiosi lo sporofito produce delle spore


all’interno della capsula detta sporangio, le spore germinano formando il
protonema filamentoso (caulonema + cloronema + rizonema), il protonema
filamentoso nel corso del suo sviluppo genera il gametofito adulto in grado di
produrre i gametangi, gli spermatozoidi vengono rilasciati nell’ambiente per
raggiungere un’archegonio e compiere la fecondazione, all’interno dello stesso
archegonio lo zigote diploide genera un’embrione, il giovane sporofito
mantiene un legame trofico e funzionale con il gametofito sottostante


Sporofito e gametofito mostrano un diverso grado di adattamento all’ambiente terrestre, il
gametofito risulta maggiormente dipendente dall’umidità sia per la riproduzione che presenta
gameti maschili flagellati che per la vita vegetativa, si comporta da organismo peciloidrico 

ovvero entra in quiescenza quando la disponibilità di acqua risulta insufficiente


Sono anche state messe a punto delle strategie alternative per il trasporto dell’acqua rispetto alla
conduzione interna attraverso delle cellule morte ed impermeabilizzate 

• specie endoidriche con conduzione attraverso idroidi circondati da leptoidi, specie ectoidriche
prive di idroidi che presentano adattamenti morfologici in grado di permettere la distribuzione e
l’accumulo dell’acqua quali i canalicoli capillari, specie mixoidriche che adottano strategie miste

Altri adattamenti possibili sono i movimenti fogliari che fanno avvicinare i filloidi al cauloide in
condizioni di carenza di acqua, una maggiore impregnazione con cutina della superficie dorsale 

dei filloidi, la presenza di peli morti terminali ai filloidi, una forma di crescita a pulvino, una
pigmentazione rosso scuro o quasi nero per protezione verso gli UV


Lo sporofito risulta maggiormente indipendente dall’acqua pertanto possiede stomi regolabili e 

forte cutinizzazione tuttavia resta dipendente dal gametofito da un punto di vista metabolico

LE TRACHEOFITE = sono un gruppo monofiletico, presentano tessuti conduttori e tessuti


meccanici con pareti lignificate, hanno ciclo aplo-diplonte, le generazioni sono eteromorfiche
ovvero lo sporofito (generazione dominante) differenzia morfologicamente dal gametofito


Nelle Tracheofite si osserva di frequente l’organizzazione nei tre organi vegativi radice + fusto +
foglie, una struttura dotata di questi tre organi viene detta cormo e le piante che la formano sono
dette Cormofite, con l’evoluzone di questi caratteri le Cormofite sono divenute il maggior cospicuo
gruppo di organismi del pianeta ed i principali produttori primari degli ambienti terrestri 

• Pteridofite come Tracheofite prive di semi, Spermatofite come Tracheofite con semi

I reperti fossili suggeriscono che le prime piante vascolari siano comparse 420 milioni
di anni fa tra il Siluriano ed il Devoniano, lo sporofito era costituito da un’asse privo di
foglie con divisioni dicotomiche ed era privo di un vero apparato radicale differenziato


Probabilmente 400 milioni di anni fa le piante vascolari si dividono nel clade Licofite che oggi
rappresenta meno dell’1% delle piante viventi e nel clade Eufillofite che include tutte le altre linee

• le Licofite attuali hanno microfille con meristemi intercalari mentre le Eufillofite hanno foglie
sviluppate o ridotte con meristemi apicali o marginali + lacune fogliari nella stele + fasci xilematici
primari lobati + rami laterali che terminano con sporangi

LE PTERIDOFITE = anche dette crittogame vascolari sono un gruppo non monofiletico che vede

la mancanza di semi dove le Felci sono i rappresentanti principali, una caratteristica comune con le
specie fossili risulta essere la propagazione mediante meiospore che originano un gametofito, hanno
gametofito di piccole dimensioni ma indipendente dallo sporofito, la maggior parte dei gametofiti ha
struttura laminare verde e compie fotosintesi prendendo il nome di protallo mentre in altri casi i
gametofiti possono essere ipogei ed incolori nutrendosi mediante simbiosi con funghi (micotrofia),
alcuni possono restare dentro le cellule che li hanno generati (gametofiti endosporici)


Le Licofite + Psilofite + Equisetofite formano sporangi detti eusporangi avvolti da due o diversi
strati di cellule che originano da un gruppo di cellule, le Polipodiofite formano sporangi detti
leptosporangi avvolti da un solo strato di cellule che origina da una singola cellula


Le Pteridofite sono maggiormente isosporee ovvero producono spore tutte uguali, i gametofiti
possono quindi potenzialmente produrre sia i gameti maschili detti anterozoidi che i gameti
femminili detti cellule uovo nei rispettivi gametangi (anteridi e archegoni) tuttavia la fecondazione
incrociata viene favorita, in pochissime famiglie si osserva la formazione di spore diverse detta
eterosporia con spore maschili di piccole dimensioni (microspore prodotte in microsporangi) e
spore femminili di grandi dimensioni (macro- o megaspore prodotte in macro- o megasporangi) 


Le caratteristiche delle spore hanno valore diagnostico per la classificazione, una delle principali
distinzioni risulta quella tra spore trilete e spore monolete con riferimento al numero di raggi della
cicatrice che si forma al momento del distacco dalla tetrade di spore


Anche le ornamentazioni della parete e le altre caratteristiche
morfologiche sono importanti, nella prima immagine notiamo una
macrospora + nella seconda immagine notiamo una microspora trileta
+ nella terza immagine notiamo una spora monoleta


Nelle Pteridofite si producono anterozoidi flagellati in relazione al fatto che l’acqua risulta ancora
necessaria al momento della fecondazione in quanto i gameti maschili devono nuotare in un film 

per raggiungere l’archegonio, la necessità di acqua durante la gamia esclude le Pteridofite dagli
ambienti aridi e secchi, la riproduzione asessuale avviene attraverso la formazione di propaguli
vegetativi del gametofito o dello sporofito oppure per frammentazione del corpo della pianta


Due sono i tipi di organizzazione dei tessuti vascolari osservati, dalla
protostele primitiva si passa alla actinostele o plectostele, nelle Felci
troviamo un’evoluzione che converge verso la sifonostele ectofloica (floema
esterno) o sifonostele endofloica (floema interno), l’atactostele risulta tipica
delle Monocotiledoni mentre l’eustele risulta tipica delle Dicotiledoni

La protostele risulta caratteristica delle specie estinte + delle Psilofite + delle Licofite + dei fusti
giovani delle altre specie + delle radici, la sifonostele risulta tipica delle Felci


Le foglie possono essere microfilli o macrofilli dove le seconde sono spesso indicate con il nome 

di fronde, i microfilli includono foglie di diversa origine evolutiva anche indipendente tutte
caratterizzate da piccole dimensioni e dalla presenza di una sola nervatura, i macrofilli presentano
un sistema di nervature (tessuti di conduzione) ramificato ed hanno in genere dimensioni maggiori 


Sono piante di ambienti umidi con poche eccezioni, tra queste ricordiamo le specie del Genere
Selaginella tipiche degli ambienti mediterranei che possono entrare in uno stato di dormienza e
riprendere la loro attività metabolica anche dopo mesi di disseccamento motivo per cui sono
chiamate “resurrection plants”, complessivamente sono note circa 15000 specie di Pteridofite e 

180 specie sono state osservate in Europa, in Italia sono presenti 124 specie organizzate in 43 generi
+ 26 famiglie dove risultano esclusive del nostro paese la specie Isoetes malinverniana (Piemonte e
Lombardia) e la specie Asplenium adulterinum sub-specie presolanense (Lombardia)


In generale le Pteridofite non hanno grande importanza economica, alcune specie di
Polipodiofite sono coltivate come ornamentali mentre altre sono usate nella medicina
popolare, tuttavia in anni recenti venne scoperto che alcune felci come Pteris vittata
mostrano la capacità di accumulare e tollerare sia l’arsenico che alcuni metalli
pesanti rendendo queste specie di grande interesse per interventi di fitorisanamento 


Le Riniofite erano piante vascolari che si sono differenziate e diffuse sia nel Siluriano che
nel Devoniano, sono state quindi tra le prime Tracheofite prodotte dall’evoluzione ma non
sono Pteridofite e dovrebbero essere indicate come piante vascolari primitive, non
avevano un vero apparato radicale differenziato ma rizoidi che dipartivano da rizomi
orizzontali, i rami biforcavano in maniera dicotomica e terminavano con sporangi 

• Rhynia risulta essere il genere maggiormente importante, in fossili di queste piante sono
state ritrovate strutture che sono del tutto simili alle micorrize arbuscolari moderne

Licofite o Licopodiofite = le 1200 specie di questo gruppo sono munite di radici + fusto + foglie,
sono piante di piccole dimensioni che ricordano nell’aspetto i Muschi, le forme fossili avevano
portamento arboreo e potevano raggiungere i 30 metri di altezza, raggiunsero il loro massimo
successo durante il periodo Carbonifero estinguendosi circa 250 milioni di anni fa, hanno
grandemente contribuito alla formazione dei depositi di carbone, le specie viventi hanno sporofiti
ramificati dicotomicamente con microfilli a varia disposizione, il gametofito risulta piccolo e con
forme diverse, il gruppo include 3 ordini + 3 famiglie ampiamente rappresentate nella flora italiana 


Famiglia Lycopodiaceae = piante terrestri o epifite, hanno aspetto erbaceo con fusti rizomatosi che
portano ramificazioni erette con altezza fino a qualche decina di cm, fusti ramificati in maniera
dicotomica, sono tutte isosporee e con gametofiti micorrizati, prediligono gli ambienti di alta quota


Famiglia Selaginnelaceae = piante terrestri con piccole dimensioni pari a 1-3 cm, fusti eretti o
striscianti, foglie piccole uninervie disposte a spirale, tutte le specie viventi di questa famiglia
sono inserite nel Genere Selaginella che consta di circa 750 specie, sono tutte eterosporee


Famiglia Isoëtaceae = hanno un piccolo fusto a tubero parzialmente sotterraneo con poche foglie
ligulate, sono eterosporee, l’unico Genere Isoetes ha un’ampia distribuzione con 6 specie in Italia

Ciclo vitale di una Selaginella, lo sporofito porta all’interno di uno


stesso strobilo sia microsporangi maschili che macrosporangi femminili,
le microspore danno origine ad un microgametofito immaturo endosporico
all’interno del quale vengono prodotti gli spermatozoiti, le macrospore
danno origine ad un macrogametofito endosporico all’interno del quale
sono presenti gli archegoni con le cellule uovo, avviene la fecondazione
con formazione dello zigote diploide, lo germinazione dell’embrione
produce lo sporofito che permette la creazione di una nuova plantula


Monilofite = questo gruppo include le quattro Classi Psilotopsida + Equisetopsida + Marattiopsida
+ Polipodiopsida per un totale di 11 ordini e 37 famigli, le Marattiopsida sono specie solo tropicali


1) Classe Psilotopsida che comprende la Famiglia Psilotaceae e la Famiglia Ophioglossaceae

• le Psilotaceae hanno una struttura semplice e simile a quella delle Riniofite che sarebbe un tratto
derivato da progressiva semplificazione e non da primitività, la germinazione delle spore risulta
legata alla presenza di un’endomicorriza, il gametofito si presenta sotterraneo e non clorofillico 

• le Ophioglossaceae sono piante terrestri delle zone temperate boreali, le radici sono semplici e 

non ramificate, in Italia sono presenti solo due dei quattro Generi della Famiglia


-Psilotum nudum, Famiglia Psilotaceae

-Botrychium lunaria, Famiglia Ophioglossaceae




2) Classe Equisetopsida o Sphaenophyta che comprende la Famiglia Equisetaceae ed il
Genere Equisetum con 15 specie erbacee di cui 9 in Italia, presentano massima diffusione tra
Devoniano e Carbonifero con specie di grandi dimensioni fino a 20 m, sono note come “code
cavalline”, sono erbe rizomatose perenni dove i fusti sono organizzati in articoli e le cellule
hanno pareti impregnate di silice, sono tutti isosporei, hanno gametofiti verdi ermafroditi,
risulta un Genere cosmopolita caratteristico di luoghi umidi che manca solo in Oceania

3) Classe Polypodiopsida o Pterophyta come le comuni Felci, comprende circa 10000 specie
costituendo il secondo gruppo di piante vascolari dopo le Angiosperme, include circa 250 generi +
33 famiglie + 7 ordini dove nelle aree tropicali sono presenti specie arboree che superano i 20 m di
altezza, numerose erano le specie arboree diffuse durante il Carbonifero, in Italia 93 specie tutte
erbacee sono classificate in 34 generi e 21 famiglie, le specie erbacee sono spesso dotate di rizomi
sotterranei da cui nascono radici avventizie mentre il fusto forma delle fronde anche molto grandi
con la lamina suddivisa in pinne e quindi in pinnule in molti taxa, nelle fasi giovanili le fronde sono
arrotondate in strutture chiamati pastorali

-Pteridium aquilinum come felce diffusissima




-Felce arborea come specie esotica


Gli sporangi sono portati sulle fronde dette sporofilli o da porzioni delle foglie, ogni
sporofillo porta numerosi sporangi che possono riunirsi in gruppi detti sori con una
distribuzione regolare dove i sori disposti marginalmente sono considerati evoluti, ogni
soro viene coperto da una sottile membrana con funzioni di protezione detta indusio, sono
tutte leptosporangiate, sono isosporee con poche eccezioni per le specie acquatiche, la
gamia avviene all’interno dell’archegonio, i gametofiti sono verdi e di piccole dimensioni

Ciclo biologico di una Felce, lo sporofito diploide vede un rizoma sotterraneo che
corre parallelo alla superficie terrestre da cui si dipartono le radici per generare le
fronde che fuoriescono con forma di pastorali, all’interno dei sori di una fronda
troviamo gli sporangi protetti dall’indusio, negli sporangi diploidi avviene meiosi
con produzione di meiospore che germinano per formare il gametofito diploide
con forma a cuore, il gametofito produce rizoidi e risulta capace di simbiosi
micorrizica mentre nelle sue strutture produce sia archegoni che anteridi, gli
spermatozoidi prodotti dagli anteridi raggiungono gli archegoni mediante stimoli
chemiotattici per compiere la fecondazione, lo zigote germina producendo
l’embrione in grado di formare lo sporofito in prossimità del gametofito


LE SPERMATOFITE = anche dette fanerogame sono un gruppo monofiletico di piante vascolari
con ovuli dai quali si sviluppa il seme, formano macrosporangi femminili avvolti da tegumenti, il
legno risulta prodotto da un meristema secondario detto cambio, le ramificazioni sono ascellari


Lo sporofito risulta costituito da radici + fusti + foglie e produce micro- e macrospore (eterosporia)
all’interno del macrosporangio detto nucella e del sacco pollinico rispettivamente dove la nucella e i
tegumenti che la rivestono formano l’ovulo, a differenza delle Pteridofite la macrospora non viene
mai liberata all’esterno e germina dentro all’ovulo formando un macrogametofito di piccole
dimensioni protetto dalla parete della macrospora + dalla nucella + dai tegumenti dell’ovulo


Il microsporangio maschile viene detto sacca pollinica e risulta formato da un tessuto di protezione
bistratificato + da un tessuto con funzione trofica detto tapetum + da una porzione fertile detta
archesporio costituita dalle cellule madri del polline, le cellule madri per meiosi formano le
microspore che iniziano la loro germinazione nella sacca pollinica costituendo dei microgametofiti
endosporici ovvero i granuli di polline, i granuli di polline sono trasportati dal vento o da animali
vettori in prossimità dell’ovulo, la germinazione di un granulo pollinico causa la formazione del
tubetto pollinico come una struttura allungata ad accrescimento apicale che riesce ad entrare nella
nucella con meccanismi digestivi permettendo ai gameti maschili non flagellati di fecondare la
cellula uovo senza bisogno di acqua nell’ambiente esterno 


L’oogamia porta alla formazione dello zigote all’interno della nucella, lo zigote per moltiplicazione
cellulare origina l’embrione che permane nell’ovulo, in questa condizione lo sporofito parentale
nutre la macrospora poi il gametofito endosporico ed infine l’embrione ovvero il nuovo sporofito, il
gametofito e l’embrione si accrescono in modo eterotrofo, contrariamente alle Pteridofite ed in
modo caratteristico l’embrione delle Spermatofite arresta rapidamente il proprio sviluppo ed entra in
una fase di quiescenza all’interno dell’ovulo formando il seme, il seme permette di proteggere il
giovane sporofito fino al momento in cui le condizioni ambientali non siano favorevoli allo sviluppo

Ciclo biologico delle Angiosperme, nello sporofito adulto si formano i fiori all’interno
dei quali troviamo le antere dove le quattro sacche polliniche o microsporangi
formano le microspore, dalle microspore viene creato il granulo pollinico come
precursore del gametofito maschile, nell’ovario vengono prodotti gli ovuli protetti da
involucri all’interno dei quali la nucella o macrosporangio contiene la cellula uovo, la
fecondazione genera lo zigote che produce sia l’embrione che l’endosperma,
l’embrione risulta anche in grado di rimanere quiescente all’interno del seme


Ciclo biologico delle Gimnosperme, l’individuo adulto produce dei coni maschili e
dei coni femminili, i coni maschili producono microsporangi o sacchi pollinici con
le cellule madre del polline che vanno incontro a meiosi formando le microspore, i
granuli pollinici germinano per formare il tubetto pollinico e compiere la
fecondazione, i coni femminili contengono l’ovulo non protetto da involucri
all’interno del quale avviene la formazione della nucella o macrosporangio, con la
fecondazione e formazione dello zigote viene generato l’embrione che al momento
opportuno germina dal seme per originare una nuova pianta


Nelle Spermatofite si hanno dunque l’affrancamento dall’acqua per la gamia e la sostituzione della
meiospora con il seme quale struttura di diffusione, la capacità di assumere uno stato di quiescenza
ha permesso alle Spermatofite di colonizzare la maggior parte degli ambienti terrestri oltre ad alcuni
acquatici, le esigenze del gametofito non condizionano il tipo di ambienti nei quali le Spermatofite
possono crescere come avviene invece per le Pteridofite e le Briofite


Le Spermatofite attuali sono divise nei cinque gruppi principali Cicadee + Conifere + Gingko +
Gnetofite + Angiosperme, dove i primi quattro gruppi vengono raggruppati nelle Gimnosperme


LE GIMNOSPERME = insieme di linee evolutive di Spermatofite legnose che portano ovuli e semi
esposti all’aria sulla superficie di sporofilli o di strutture analoghe, le specie viventi sono circa 830
raggruppate in 80 generi + 15 famiglie, dominano la vegetazione di molte regioni fredde, in Italia
sono presenti 33 entità con portamento arboreo o arbustivo, i fossili che segnano il passaggio dalle
Pteridofite alle Gimnosperme risalgono al Devoniano dove le piante corrispondenti a questi fossili
sono state chiamate Progimnosperme o Pteridosperme con caratteristiche intermedie tra le due
linee, queste piante hanno contribuito alla formazione dei depositi di carbone del Carbonifero, il
declino inizia con il Cretaceo in coincidenza con la diffusione e diversificazione delle Angiosperme 


Hanno legno omoxilo costituito da sole tracheidi con l’eccezione delle Gnetofite, presentano una
riproduzione lenta dove tra impollinazione e fecondazione passa anche un anno mentre la
maturazione del seme impiega anche fino a tre anni, impollinazione anemofila con l’eccezione di
alcune Cicadee e Gnetofite, sono generalmente diploidi ovvero non hanno subito fenomeni di
speciazione per allopoliploidia, in alcuni casi si osserva determinazione cromosomica del sesso


Gli sporangi dei due sessi sono portati su strutture separate, i microsporofilli che portano i
microsporangi ovvero le sacche polliniche sono riuniti in strobili semplici mentre gli ovuli detti
macrosporangi sono portati da squame che possono essere riunite in strobili complessi (Pinales) +
su corti peduncoli (Gingko e Taxaceae) + al margine di macrosporofilli fogliosi riuniti in strobili
semplici (Cicadee), nell’ovulo per meiosi si formano quattro macrospore di cui una sola resta vitale
per originare un macrogametofito inizialmente nucleare e poi cellularizzato formato da migliaia di
cellule, questa struttura assume la funzione di riserva per il futuro embrione e prende il nome di
endosperma primario (fanno eccezione le Gnetofite), in prossimità del micropilo si formano 

gli archegoni che contengono la cellula uovo 


Cono o strobilo femminile di pino, il cono femminile risulta formato da un’asse longitudinale
ingrossato su cui sono inserite a spirale delle brattee sterili dette squame copritrici, ogni
brattea porta all'ascella una squama ovulifera con due ovuli sulla superficie superiore


Cono o strobilo maschile di pino, il cono maschile risulta formato da un’asse longitudinale su
cui sono inseriti a spirale i microsporofilli ciascuno dei quali contiene due sporangi maschili o
microsporangi che prendono il nome di sacche polliniche, i giovani microsporangi
contengono le cellule madri delle microspore che in seguito a meiosi danno origine a quattro
microspore (spore maschili) aploidi, ogni microspora si sviluppa in un granulo pollinico 


In molte Gimnosperme l’ovulo ricettivo emette una goccia di impollinazione dal micropilo, la
goccia risulta costituita da materiale viscoso zuccherino che cattura il polline e disseccandosi
lo porta in una cavità detta camera pollinica, il polline qui germina formando il tubetto pollinico

per compiere la fecondazione della cellula uovo, dalla fecondazione si originano lo zigote e
successivamente l’embrione con il seme, la propagazione vegetativa risulta poco comune


La sistematica delle Gimnosperme sembra ancora in evoluzione, Cronquist le riuniva in un’unica
divisione detta Pinophyta suddivisa nelle tre sottodivisioni Cycadicae + Pinicae + Gneticae mentre
altri tassonomi interpretandole come un gruppo non monofiletico le suddividevano nelle quattro
divisioni Cycadophyta + Gnetophyta + Gingkophyta + Pinophyta


Questo cladogramma recente illustra lo sviluppo delle Gimnosperme postando la
primitività delle Cicadee e delle Gingko ma considerando le Conifere come un
gruppo non monofiletico 


Gruppo delle Cicadee = le maggiormente antiche Spermatofite viventi,
alcuni caratteri sono pertanto ancora primitivi come gli spermatozoidi
flagellati e mobili, hanno avuto origine circa 280 milioni di anni fa con
massimo successo tra 190 e 130 milioni di anni fa, oggi sono ridotte a
sole 130 specie in 10 generi + 3 famiglie dell’emisfero australe in
ambienti tropicali e sub tropicali, sono coltivate per fini ornamentali


Hanno aspetto simile alle Felci arboree o ad alcune Palme, le foglie sono sia
sempreverdi che coriacee pennato composte e vengono portate all’apice di un fusto
tozzo, hanno crescita molto lenta, le radici dette corralloidi assumono un particolare
aspetto a causa della presenza di cianobatteri azotofissatori 


Gli sporofilli che portano gli sporangi sono formati in prossimità dell’apice
del fusto e sono raggruppati in grandi strobili, sono piante dioiche con
individui maschili che formano microsporofilli ed individui femminili che
formano macrosporofilli, l’impollinazione risulta prevalentemente entomofila

Gruppo delle Gingko = Gingko biloba risulta la sola specie vivente di cui sono state
ritrovate altre specie fossili risalenti fino al Permiano, questa pianta sembra sopravvissuta
probabilmente solo grazie all’uomo che la coltiva per fini ornamentali da tempi
antichissimi, si tratta di una specie arborea dioica con foglie a forma di ventaglio e
nervature dicotomiche caduche, le sacche polliniche sono portate a coppie su peduncoli
disposti a spirale per formare degli strobili, gli ovuli sono portati a coppie all’estremità di
macrosporofilli dall’aspetto di peduncoli, anche in questo caso gli spermi sono cigliati 

Gruppo delle Conifere = il maggiormente ampio delle Gimnosperme viventi con 620 specie + 60
generi + 7 famiglie, in confronto alle Angiosperme il numero di specie risulta decisamente piccolo
ma hanno un’enorme importanza ecologica ed economica, le foreste di alta quota e la taiga
dell’emisfero nord sono dominate da queste piante, comparse nel Carbonifero ebbero la massima
diffusione nel Giurassico, la concorrenza delle Angiosperme dal Cretaceo ne ha causato il declino 


Sono tutte piante perenni e legnose in forma di arbusti o alberi, le foglie sono quasi sempre
aghiformi o squamiformi spesso con disposizione spiralata + disposizione opposta + disposizione a
verticilli, possono essere portate sui rami normali o riunite in piccoli fasci (in numero costante per
specie) portati da rami di breve lunghezza detti brachiblasti come nei Larici e nei Pini, le foglie
sono di norma sempreverdi ed hanno sviluppato adattamenti di tipo xerofitico per climi aridi, nella
flora italiana l’unica specie a foglia caduca risulta essere il larice, sia nel legno che nelle foglie
possono essere presenti dei canali resiniferi, il legno risulta sempre omoxilo mentre le ramificazioni
sono monopodiali con un fusto centrale dominante e ramificazione a palchi


Il nome di “conifere” fa riferimento alle strutture riproduttive comuni del gruppo
ovvero i coni o strobili che portano e proteggono sia ovuli che semi, la forma dei
coni femminili favorisce la formazione di correnti d’aria che conducono i pollini
in prossimità degli ovuli, poche specie producono strutture di aspetto differente
come gli arilli del Tasso o le “bacche” del Ginepro dove i primi sono peduncoli
interpretabili come coni corti con un solo ovulo circondato da una struttura
carnosa a coppa mentre le seconde sono comunque coni 


Gli strobili sono sempre unisessuali, coni maschili e coni femminili possono essere portati sulla
stessa pianta (specie monoica) o su piante diverse (specie dioica), i coni femminili presentano
un’asse con brevi germogli modificati detti squame ovulifere e di norma legnosi, sotto la squame
risulta presente una brattea copritrice che protegge gli ovuli della squama sottostante, le brattee
possono essere libere o fuse con le squame, la forma dei coni femminili risulta un valido carattere
diagnostico per l’identificazione delle specie, i coni maschili sono semplici ed in posizione ascellare
o terminale su rami brevi, dopo la dispersione del polline mediata dal vento i coni cadono

-strobili femminili immaturi di Cipresso dove le diverse parti solo tra loro saldate 


-strobili femminili giovani e maturi di Picea excelsa


In Italia le Conifere spontanee ed autoctone sono rappresentate da 21 specie con 7 generi e le 3
famiglie Cupressaceae + Pinaceae + Taxaceae dove le prime due sono quelle abbondanti, inoltre
molte specie esotiche sono presenti sul territorio per il valore ornamentale o il pregio del legname

• Chamaecyparis + Thuja + Araucaria + Cedrus + Squoia + Sequoiadendron + Pinus

1) Famiglia Cupressaceae come arbusti o alberi con corteccia fibrosa, hanno foglie persistenti
semplici che possono essere alterne + opposte + verticillate ed aghiformi o squamiformi, sono
specie monoiche eccetto quelle del genere Juniperus, hanno polline privo di sacche aerifere, i coni
femminili possiedono squame persistenti peltate a forma di scudo o appiattite saldate alle brattee, in
Juniperus le squame sono carnose e formano degli strobili detti galbuli con maturazione in 1-3 anni 


Famiglia cosmopolita con 130 specie in 30 generi, hanno habitat molto diversi, include la vecchia
Famiglia Taxodiaceae (Sequoia e Sequoiadendron) con alberi di enormi dimensioni fino ai 110 m di
altezza, grande interesse economico per il legname piacevolmente profumato usato per il profumo +
forme per scarpe + antitarme mentre i galbuli di Juniperus sono usati in cucina e per i liquori


In Italia abbiamo sia cinque specie del genere Juniperus che Cupressus sempervirens

2) Famiglia Pinaceae come la principale famiglia di Conifere in Italia ed in tutto l’emisfero boreale,
ma risulta anche essere quella importante da un punto di vista economico ed ecologico, consta di 10
generi + 220 specie di cui 100 del Genere Pinus, sono alberi con chioma di varia forma raramente
arbusti con canali resiniferi nel legno e nelle foglie, nella maggior parte dei casi osserviamo delle
ramificazioni monopodiali con l’asse principale dominante e rami laterali piccoli


Le foglie sono semplici e si presentano sia lineari o aghiformi che alterne oppure riunite in fascetti
su brachiblasti mentre in alcuni casi sono disposte in due serie su un piano, sono piante sempreverdi
con l’eccezione del Genere Larix e del Genere Pseudolarix, hanno strobili maschili piccoli di colore
giallo o rossicco, i granuli pollinici presentano due sacche aerifere ed il polline viene prodotto in
grande quantità, i coni femminili maturano in 1-2 anni e presentano brattee con disposizione
spiralata con due ovuli per brattea, i semi sono muniti di una lunga ala derivata dalla squama del
cono, foglie e coni femminili detti pigne forniscono i principali caratteri per l’identificazione 


Sono Pinaceae gli individui longevi maggiormente noti tra cui alcuni esemplari di Pinus longaeva
(specie degli Stati Uniti sud occidentali) che hanno una stima di oltre 5000 anni, da un punto di
vista economico sono una delle principali fonti di legname da costruzione + per la produzione della
carta + per falegnameria + per mobilio, si estraggono inoltre da queste piante resine e trementina


In Italia si hanno complessivamente 14 specie che includono 2 specie di Abies dove
Abies nebrodensis risulta l’unica specie endemica + 1 specie di Larix dove Larix
decidua risulta l’unica specie caducifolia + 1 specie di Picea + 10 specie di Pinus

Notiamo un rametto con brachiblasti che portano ciuffetti di foglie e la presenza sia di
strobili maschili che di strobili femminili, il polline prodotto dallo strobilo maschile
presenta una porzione interna cellularizzata e delle sacche polliniche esterne che
favoriscono la dispersione con il volo, il seme alato vede il seme vero e proprio nella
parte terminale mentre dalla brattea deriva l’ala che favorisce la dispersione con il volo


Gruppo delle Gnetofite = mostrano caratteri intermedi tra quelli delle Conifere (semi non racchiusi
in ovario) e quelli delle Angiosperme (legno con trachee + strutture riproduttive simili a fiori +
doppia fecondazione + formazione dell’endosperma secondario), include circa 70 specie viventi
suddivise nei tre generi Gnetum + Welwitschia + Ephedra


Welwitschia mirabilis vive nei deserti dell’Africa sud-occidentale ed in
Namibia, ha un breve e tozzo fusto da cui si allungano due foglie perenni e
nastriformi a crescita continua, i coni producono nettare e richiamano insetti 


1) Genere Ephedra che include le sei specie italiane di Gnetofite, sono presenti soprattutto
nelle regioni meridionali e nelle isole, costituiscono dei cespugli con fusti divisi in articoli 

e foglie squamiformi, numerose sono le ramificazioni che si presentano a verticilli, specie
dioiche prive di canali resiniferi


2) Genere Gnetum che comprende una quarantina di specie tropicali quasi tutte lianose, sono piante
dioiche che producono foglie larghe ed opposte con semi racchiusi in un’involucro carnoso colorato

LE ANGIOSPERME = anche dette “piante a fiore” sono il gruppo maggiormente ampio e


diversificato di piante con oltre 250000 specie, hanno straordinaria importanza in quanto principale
componente della terra ferma + habitat per la maggior parte degli animali + specie utili per l’uomo,
possiedono immensa varietà di forme + dimensioni + portamenti (erbe, arbusti, liane, alberi, piante
epifite, insettivore, aclorofilliche, piante acquatiche), producono enormi quantitativi di metaboliti
secondari per l’adattamento ai diversi climi, hanno cicli vitali annuali + biennali + perenni

Hanno processi riproduttivi complessi che hanno facilitato l’adattamento a condizioni ambientali
diversificate, probabilmente comparse nel Triassico prendono a diffondersi con grande successo dal
Cretaceo, molti dati testimoniano che le Angiosperme siano un gruppo monofiletico ma restano
ignoti sia il luogo che il momento della comparsa e soprattutto da quale gruppo di Gimnosperme
abbiano preso origine, oggi si ritiene che abbiano avuto origine dalle Cicadee mentre l’origine dalle
Gnetofite viene escluso, secondo Darwin l’origine delle Angiosperme era un “orribile mistero”


Non risulta nemmeno chiaro come sia avvenuta la rapida diversificazione delle
Angiosperme, si ipotizza che possano essere comparse in zone montuose tropicali
ovvero in climi con alternanza di periodi umidi ed aridi quindi zone sia con forti
pressioni selettive che condizioni sfavorevoli alla formazione di fossili, in ogni caso
le Angiosperme sono diventate le specie che caratterizzano i principali biomi terrestri
e sono l’elemento biotico fondamentale del paessagio terrestre + naturale + antropico 


Caratteristiche fondamentali condivise dalle Angiosperme dette sinapomorfie 

• legno eteroxilo con trachee, floema dotato di cellule compagne, formazione di fiori, ovuli
contenuti in una struttura specializzata protettiva ovvero l’ovario formato da carpelli dal quale 

si forma il frutto, doppia fecondazione che forma un’endosperma secondario triploide 


Il ciclo riproduttivo aplo-diplonte presenta gametofiti molto ridotti, il microgametofito contiene due
o tre cellule mentre il macrogametofito contiene sette cellule ovvero la cellula uovo + due sinergidi
+ tre cellule antipodali + una cellula binucleata che crea l’endosperma con la seconda fecondazione,
con questo processo il tessuto di riserva per l’embrione si forma solo dopo la fecondazione


Queste sinapomorfie hanno garantito il successo delle Angiosperme coronato dalla comparsa del
fiore, un germoglio a crescita determinata con internodi molto corti e nodi che portano verticilli di
foglie specializzate ovvero gli antofilli sterili (sepali e petali) e gli sporofilli fertili (stami e carpelli)


L’evoluzione ha favorito
l’allogamia ma non sono
rari i casi di autogamia +
casi di apomissia + casi 

di situazioni miste 


Le caratteristiche dei fiori
sono spesso legate alle
modalità di impollinazione, 

le piante con impollinazione
anemogama erano
considerate meno evolute
ma oggi si ritiene che
l’anemogamia si sia evoluta
molte volte indipendentemente 


In passato le Angiosperme erano considerate un Phylum diviso nelle due
classi Magnoliopsida (Dicotiledoni) + Liliopsida (Monocotiledoni), nel
corso del 1900 alcuni studiosi hanno cercato di elaborare alberi filogenetici
basati su questo schema ed importanti risultano le teorie sviluppate da
Engler e Cronquist, ad oggi abbiamo l’Angiosperm Phylogeny Group

Le vecchie Dicotiledoni sono raggruppate nelle Eudicotiledoni moderne e nelle


Magnoliidi, le Magnoliidi sono inoltre sullo stesso ramo delle Monocotiledoni 

• Amborellaceae + Nymphaeaceae + Illiciaceae come le tre famiglie basali delle Angiosperme


Monocotiledoni = gruppo monofiletico con un’unico cotiledone, hanno apparato radicale fascicolato
di radici avventizie, presentano dei fusti con fasci cribrovascolari sparsi ed usualmente privi di
accrescimento secondario, foglie parallelinervie con fiori trimeri e granuli di polline monocolpati 


Dicotiledoni = complesso parafiletico che comprende i due gruppi principali Magnoliidi +
Eudicotiledoni, le Eudicotiledoni sono considerate monofiletiche ed hanno il polline tricolpato
mentre le Magnoliidi sono probabilmente monofiletiche con portamento spesso legnoso
(Magnoliaceae e Lauraceae) ma in alcune famiglie erbaceo (Piperaceae e Aristolochiaceae) 


Gruppi basali delle Angiosperme = vedono l’assenza di vasi oppure vasi allungati con placche
trasversali inclinate, hanno fiori a simmetria radiale con numerosi carpelli e stami liberi, stami con
filamenti corti larghi e petaliformi, carpelli corti caratterizzati da stilo corto o mancante e stigma
allungato, polline con una sola apertura, semi con embrione piccolo ed endosperma abbondante


-fiori femminili di Amborella trichopoda, le strutture degli stami sono presenti ma non fertili
ed i filamenti hanno forma petaloide, i carpelli sono situati in posizione centrale

-Illicium rerum o anice stellato con struttura fiorale che costituisce frutto e semi 


-fiore di Nymphaea caratterizzato da numerosi elementi sia vessillari che riproduttivi


-fiore di una Magnolia caratterizzato da una serie di aspetti ancora primitivi, i fiori presentano
numerosi elementi sia vessillari che riproduttivi disposti secondo un’ordine spiralato a livello
del calice, il frutto vede invece la presenza di semi all’interno dei carpelli

-Famiglia Lauraceae all’interno delle Magnoliidi, esempio dato dalla pianta della Canfora
dove la struttura dei fiori risulta ancora primitiva con pochi colori + numerosi elementi
fertili + organizzazione raggiata


-Myristica fragrans o noce moscata il cui profumo viene dato da metaboliti secondari


-Laurus nobilis o alloro dove la struttura dei fiori risulta ancora primitiva con
organizzazione raggiata e numerosi elementi sia vessillari che riproduttivi


-Persea americana o avocado con fiori poco appariscenti e stami a struttura nastriforme 


Monocotiledoni = Alismatali + Commelinidi + Gruppo dei Gigli


Alismatali come piante molto comuni nei climi tropicali, sono caratterizzate da
foglie lucide di grandi dimensioni con infiorescenze molto particolari, la struttura
vede una brattea fiorale colorata che non rappresenta il petalo ma la struttura
vessillare, i fiori sono disposti lungo l’asse centrale e nonostante non presentino 

i petali svolgono comunque la loro funzione di attrarre gli insetti


Commelinide come monocotiledone acquatica con foglie galleggianti e
radici che affondano nel substrato


Magnoliide a fiori vistosi caratterizzata dall’Iris, pianta perenne dove
la parte che sopravvive all’inverno viene data da un rizoma sotterraneo
in grado di produrre getti aerei erbacei accompagnati da fiori

Tricolpatura del polline come tratto che distingue le Dicotiledoni dalle Monocotiledoni

-Eudicotiledoni basali, ranuncolo come pianta perenne dove la porzione bulbosa alla base del
fusto risulta in grado di resistere all’inverno, la struttura del fiore risulta ancora primitiva con
numerosi pistilli + stami, i petali sono disposti con simmetria raggiata


-fiore di un Cactus con organizzazione regolare




-fiore di una Rosaceae ovvero una mora di rovo, il fiore possiede un pistillo
singolo ma numerosi stami, il frutto viene indicato come futuro achenio


-Cucurbitaceae ovvero una zucca, fiori unisessuali portati dalla stessa pianta in quanto
monoica, i fiori maschili sono terminali mentre i fiori femminili sono ascellari, nei fiori
maschili le antere sono presenti all’interno per il rilascio del polline mentre nei fiori
femminili l’ovario risulta accompagnato da uno stigma complesso e caratteristico


-Rosidi ovvero le Malve, pianta caratterizzata dalla produzione di un’ovario dove lungo il suo
stilo sono ancorati gli stami, le strutture pelose mature formate vengono utilizzate come cotone

-pianta delle Asteridi con un’organizzazione del fiore sofisticata in quanto il numero
degli elementi viene a ridursi notevolmente 


-fiore zigomorfo di una pianta aromatica, fiore bilabiato caratterizzato sia da un singolo
ovario con un lungo stigma che da un numero ridotto di antere


-Ombrellifera caratterizzata da un’infiorescenza ad ombrello dove piccoli
fiori sono distribuiti lungo la struttura, nella seconda immagine vediamo uno
sviluppo differenziato dei fiori dove i fiori esterni producono dei petali grandi
rispetto ai fiori interni simulando l’aspetto di un grande fiore


-organizzazione del capolino delle Asteraceae, sono infiorescenze dove ogni porzione di
quello che noi chiamiamo “fiore” rappresenta un fiorellino, fiori esterni periferici che
presentano delle corolle allungate con 3 petali fusi + fiori centrali microscopici, in
alcuni casi sono presenti dei peli mentre ogni singolo fiore presenta anche dei palpi
pelosi alla base che rappresentano dei sepali modificati


-tipica Asteraceae composita caratterizzata dalle corolle di singoli fiori mentre
l’involucro risulta formato da delle bratte spinose rivolte verso l’esterno

-Genere Taraxacum come soffione


-Betulla con infiorescenze ancora immature e chiuse nella prima immagine e
Betulla dove il carpino presenta l’infruttescenza nella seconda immagine 


-Brassicaceae come cavoli caratterizzati dalla presenza di un particolare frutto dato
dall’unione di due valve, possono essere presenti delle alature per il trasporto da parte del
vento, i frutti vengono detti silique o siliquette a seconda del rapporto tra i due diametri 


-Crucifere in quanto formano un fiore con quattro petali disposti a croce 


-Erica che forma un particolare tipo di simbiosi micorrizica e cresce su suoli acidi
-Ginestra pilosa delle Leguminose, Ginestra odorosa come
pianta che occupa aree attaccate in precedenza dagli incendi


-Fagales come Faggi + Castagni utilizzati sia per il legno che per l’apporto alimentare 


-piante aromatiche dove il fiore presenta una struttura bilabiata molto particolare sia nella
forma che nelle ornamentazioni, disegno come una pista di atterraggio per gli insetti 


-Frassini con le loro caratteristiche salmare ovvero i frutti alati 


-ranuncoli come rami basali delle Eudicotiledoni, producono sostanze
tossiche, Anemone narcissiflora che cresce sui pascoli di Alpi ed Appenino


-Rosaceae come fiori caratterizzati da un’altissimo numero di stami
dove il genere Prunus raggruppa tutte le principali Drupaceae


-piante importanti dal punto di vista medicinale come la Digitalis
purpurea da cui si estraggono principi farmacologici per disturbi cardiaci


-Solenaceae come patate, non vengono mai portate naturalmente a fruttificazione 


-Lilliaceae come Monocotiledoni con fiori trimeri raggruppati
in infiorescenze, Cyperaceae o papiro come Monocotiledoni


-Erythronium denscanis come Lillaceae con una fioritura breve


-Orchidaceae come Monocotiledoni, fiori con strutture molto particolari che possiede
una simmetria bilaterale, le porzioni maschili e le porzioni femminili si fondono per
formare il gimnostenio, non producono endosperma secondario pertanto nelle prime fasi
di vita l’embrione sopravvive grazie alle simbiosi micorriziche


-Ophyris tyrrhena come orchidea spontanea i cui fiori compiono un inganno sessuale


-fiore delle Graminaceae dove l’infiorescenza risulta portata da un rachide principale
che si dirama per formare una spighetta con foglioline particolari dette glume +
lemma + lodicole al cui termine vedono un fiore nudo privo di sepali e petali 


-Lathraea squamaria come pianta oloparassita, Viscum album come
pianta emiparassita 


-Monotropa come pianta micotrofica


-Nepenthes come pianta carnivora che presenta un’otricolo contenente un
liquido viscoso e zuccherino in grado di attrarre gli insetti, Dionaea
muscipula come pianta carnivora con una vera trappola


-Pinguicula hirtiflora come pianta carnivora con una sostanza viscosa presente sulle foglie

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