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Cellule eucarioti:
• La cellula eucariote ha un diametro che varia tra i 10-100 μm ed è osservabile
attraverso il microscopio ottico
• All’interno è presente un nucleo differenziato rispetto al citoplasma in cui si trova il
DNA.
• Vi sono dei sistemi di membrana esterni (membrana plasmatica) ed interni (la
membrana nucleare), e vari organuli membranosi (reticolo endoplasmatico liscio e
rugoso, l’apparato del golgi , i lisosomi e i mitocondri).
• Si riproducono tramite il processo di metosi o meiosi
• La membrana esterna è costruita a partire dall’interno, le molecole lipidiche sono
infatti sintetizzate nei sistemi interni e sono disposte in due strati.
• gli organismi eucarioti comprendono sia forme di vita unicellulari che organismi
pluricellulari.
Ogni cellula contiene del materiale ereditario costituito dagli acidi nucleici: il DNA, che
porta l’informazione molecolare necessaria a produrre proteine, e l’RNA, che rende
disponibile tale informazione ai macchinari cellulari responsabili della sintesi proteica. Gli
acidi nucleici dirigono quindi ogni attività vitale della cellula e permettono lo sviluppo
dell’organismo stesso. Il DNA costituisce i cromosomi, che nel caso delle cellule eucarioti
sono contenuti all’interno di un nucleo fisicamente separato dal resto della cellula attraverso
la membrana nucleare. Attraverso i pori nucleari si attraversa il doppio strato nucleare per
far sì che avvenga la sintesi proteica da parte del RNA e i ribosomi. Dobbiamo immaginarci
un continuo traffico cellulare.
il reticolo endoplasmatico e un insieme di tubuli e sacchi appiattii che si estende dalla parete
nucleare a tutto il citoplasma. La membrana del reticolo è chiusa e delimita cisterne separate
dall’ambiente citoplasmatico. L’ambiente interno di queste cisterne, il lume del reticolo, è
topologicamente equivalente all’ambiente extracellulare. Nel RE troviamo tre porzioni
distinte:
• RE liscio: sintetizza i lipidi di membrana; ○ RE rugoso: sulla cui superficie si
trovano adesi ribosomi impegnati nella sintesi di proteine di membrana e di
secrezione;
• RE di transizione: dal quale si formano le vescicole membranose di trasporto che si
muovono verso l’apparato del Golgi;
I mitocondri sono organuli coinvolti nella produzione di energia all’interno di una cellula
eucariote. Al loro interno, l’energia contenuta in varie molecole, quali carboidrati,
amminoacidi e acidi grassi, é convertita in ATP mediante il ciclo di Krebs e la
fosforillazione ossidativa.
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Le cellule gliali: In un sistema nervoso, non ci sono solo neuroni, ma anche altre cellule
accessorie complessivamente denominate glia (“colla”, poiché si credeva funzionassero da
collante per i neuroni):
● astrociti: cellule dalla forma stellata che aderiscono ai neuroni e alle sinapsi chiudendo
l’ambiente sinaptico massimizzando l’efficienza del neurotrasmettitore limitando la sua
diffusione. Sono cellule connesse tra loro attraverso giunzioni (gap junctions) che
permettono la diffusione di piccole molecole e ioni nelle varie strutture encefaliche.
Partecipano ai processi di sopravvivenza e migrazione dei neuroni e nella formazione e
mantenimento degli aggregati neuronali. Essi prendono anche parte al metabolismo
energetico del neurone scambiando con essi prodotti intermedi della glicolisi. Collaborano
con i neuroni alla neurotrasmissione sia eliminando o riciclando i neurotrasmettitori sia
partecipando alla ricollocazione degli ioni potassio (K+).
● oligodendrociti: costituiti da pochi processi dendritici, producono mielina avvolgendosi a
piu assoni vicini e sono localizzati nel SNC.
● microglia: piccole cellule di tipo macrofagico che hanno una origine embriologica
diversa, non hanno un precursore comune ai neuroni, ma hanno gli stessi precursori delle
cellule del sangue. Mantengono l'omeostasi del tessuto nervoso impedendo che il sangue e
le sue cellule non entrino mai a contatto con le cellule nervose. Infatti se c’è un'infezione nel
cervello non possono intervenire i linfociti. Alcune malattie neurodegenerative dipendono
proprio da anomalie della barriera ematoencefalica dove i linfociti, penetrando
nell’encefalo, riconoscono la mielina come un antigene e producono anticorpi contro di essa
(es di malattia demielinizzante: sclerosi multipla, una volta ricostruita, la mielina non
funzione più come prima). La microglia mantiene pulito tutto il cervello da virus, batteri e
residui di cellule morte.
● cellule ependimali che rivestono la superficie interna del SNC e formano numerose
connessioni metaboliche con gli astrociti. Di recente si è rivelato essere una fonte di cellule
staminali multipotenti.
● cellule di Schwann: hanno la stessa funzione degli oligodendrociti, ma sono localizzati nel
SNP e ogni cellula si avvolge ad un unico assone.
La mielina è una guaina isolante che rende più rapida la conduzione dell’impulso nervoso.
Quando si distrugge la mielina come nel caso di una malattia demielinizzante, la conduzione
dell’impulso viene rallentata e l’efficienza complessiva si perde. Non tutti i nostri neuroni
sono dotati di mielina, quando la distanza da percorrere è breve essa non è presente. La
guaina mielinica è formata dalla successione dei segmenti formati da più oligodendrociti
disposti lungo l'assone. Poiché le estremità di ogni segmento rimangono separate fra loro, la
guaina mielinica è discontinua; i punti di discontinuità sono chiamati nodi di Ranvier e i
tratti di mielina sono chiamati internodi.
Negli assoni mielinizzati, come vedremo, la conduzione degli impulsi non è continua ma
saltatoria, con potenziali d'azione che si misurano solo al livello dei nodi di Ranvier, e
quindi "saltano" da un nodo all'altro. La lunghezza ottimale degli internodi nella mielina
sana è di circa 1 mm. Ogni internodo è importante per la conduzione dell'impulso nervoso
perché è attraverso questo breve tratto di membrana dell'assone non avvolto da guaina
mielinica che avvengono i flussi ionici transmembrana necessari alla conduzione del
potenziale d'azione.
La maggior parte del nostro DNA non serve a codificare proteine, la maggior parte
dell’informazione genetica serve per fare in modo che le proteine vengano prodotte in modo
utile per le cellule. Tutto quello che succede nel nostro corpo dipende direttamente o
indirettamente dai neuroni e dall’ambiente.
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Il neutrone ha carica neutra e la stessa massa del protone. Insieme a lui costituisce il
nucleo dell’atomo. L’elettrone ha carica elettrica negativa e in un atomo ruota intorno al
nucleo (orbitale è questa regione in cui l’elettrone ruota) in eguale numero rispetto ai
protoni. E’ l’elettrone che determina la reattività di un atomo per cui conoscendo il
numero atomico di quest’ultimo si possono conoscere anche le proprietà chimiche
dello stesso.
In genere gli atomi sono neutri perché il numero degli elettroni tende a eguagliare
quello dei protoni, quindi il numero atomico ci dà anche quello degli elettroni. I vari tipi
di atomi sono detti elementi e sono raggruppati in base al numero atomico, fino a 92 quelli
che si trovano in natura (da 0 a 46 neutroni), gli altri con numero superiore sono costruiti
artificialmente.
Oltre al numero atomico un atomo è caratterizzato dal numero di massa cioè dal numero
totale di protoni e neutroni (indicato con lettera A). Atomi appartenenti allo stesso elemento
cioè con stesso valore di Z ma con diverso valore di A sono detti isotopi dell’elemento. Il
peso atomico è la media ponderale delle masse dei diversi isotopi costituenti la miscela
di atomi. Alcuni isotopi sono molto instabili per cui tendono a decadere in atomi più
stabili, cedendo energia sotto forma di radiazioni, per questo sono detti radiotattivi.
Sono gli elettroni degli orbitali esterni che danno origine alle reazioni chimiche. Essi si
definiscono elettroni di valenza. I legami chimici sono necessari per raggiungere la
massima stabilità energetica, cioè ogni atomo deve contenere il minimo possibile di
energia potenziale.
Tolti i gas nobili tutti gli altri elementi interagiscono tra loro per arrivare alla stabilità
energetica. La materia tende sempre a raggiungere condizioni di massima stabilità
energetica, ovvero condizioni in cui contenga la minima quantità possibile di energia
potenziale. Dai legami chimici forti, chiamati covalenti, nascono le molecole.
Il peso molecolare è la somma dei pesi atomici degli atomi costituenti la molecola. La mole
invece è la sua quantità in grammi corrispondente al valore in dalton del suo peso
molecolare, e comprende sempre lo stesso numero di molecole, indipendentemente da
tutto. Questo numero si chiama numero di Avogadro. La molarità di una sostanza è definita
come il numero di moli della stessa presenti in 1 litro di soluzione.
Gli isotopi
atomi che pur diversi tra loro occupano la stessa
casella nella tavola periodica. Il numero atomico stabilisce quale è la casella di ciascun
elemento, quindi vuol dire che hanno lo stesso numero atomico, ma diversa massa atomica,
e dunque diverso numero di neutroni (quindi uguale valore di Z e diverso valore di A).
I vari isotopi di un elemento sono indicati ponendo il valore del numero di massa
dell'isotopocome esponente del simbolo dell'elemento stesso.
In realtà, tutti gli elementi presenti in natura sono una miscela di vari isotopi. Ad esempio,
l'idrogeno naturale è una miscela di tre diversi isotopi: un isotopo largamente predominante
con A = 1, indicato con il simbolo 'H, e, molto più rari rispetto al primo:
● Deuterio: si aggiunge un neurone all’idrogeno Z: 1 e A:2, è un idrogeno pesante; non
è radioattivo e non vive un processo di deterioramento.
● Trizio: Z:1 e A:3, radioattivo e un tempo di dimezzamento di 10 anni.
Emivita⇒ la stabilità degli isotopi nel corso del tempo, ovvero il tempo di dimezzamento
della quantità in natura di quell’atomo o quell’elemento.
L’isotopo più frequente del carbonio (C) ha A = 12 (isotopo12C), ma in natura esistono
anche gli isotopi più pesanti 13C e 14C, contenenti rispettivamente 7 e 8 neutroni.
A causa dell'esistenza dei vari isotopi di un elemento, il numero di massa è di fatto un
parametro il più delle volte inadatto a descrivere i rapporti quantitativi che intercorrono tra i
diversi atomi facenti parte di una reazione chimica. Si preferisce quindi usare un altro
parametro detto peso atomico, corrispondente alla media ponderale delle masse dei diversi
isotopi costituenti la miscela di atomi con cui ciascun elemento si presenta in natura,
rapportato all'unità di massa atomica, misurato in dalton (Da).
Alcuni isotopi di vari elementi sono instabili e tendono a modificare la loro configurazione
nucleare "decadendo" in atomi più stabili. Questo processo è spesso accompagnato dalla
emissione di energia sotto forma di radiazioni di vario tipo. Gli isotopi che presentano tale
fenomeno sono detti radioattivi o radioisotopi.
Gli orbitali:
Le proprietà chimiche di un atomo derivano dal numero e dalla distribuzione dei suoi
elettroni nello spazio che circonda il nucleo. A seconda dell'energia di cui sono dotati, i vari
elettroni di un atomo si distribuiscono su diversi livelli energetici tra loro discontinui. Gli
elettroni con meno energia sono i più vicini al nucleo atomico e si dicono appartenere al °1
livello energetico (K).
Al 1° livello segue poi il 2° (L) e così via sino al livello più lontano dal nucleo, al quale
appartengono gli elettroni più ricchi di energia. Un dato livello energetico può essere
occupato da uno o più elettroni solo se i livelli energetici inferiori sono già completamente
pieni.
Nell'ambito di ciascun livello energetico gli elettroni si muovono intorno al nucleo,
venendosi
a trovare con maggiore probabilità in regioni di forma definita e statisticamente predicibili
dello spazio perinucleare, dette orbitali. Pauli scoprì il principio di esclusione: ogni orbitale
può accogliere un massimo di 2 elettroni. Il centro dell’orbitale è il nucleo.
A loro volta, i vari livelli energetici possono accogliere un numero di orbitali sempre più
grande con l'aumentare della distanza dal nucleo dell'atomo. Ad esempio, il livello
energetico K contiene 1 solo orbitale, il livello L ne può contenere sino ad un massimo di 4,
ecosì via.
In ogni livello energetico, il primo orbitale che viene occupato dagli elettroni ha sempre
forma sferica ed è indicato con la lettera s. Nel secondo e terzo livello, gli altri tre orbitali
hanno invece una forma a manubrio e sono disposti ortogonalmente l'uno rispetto all'altro.
Tali orbitali sono indicati con la lettera p.
In aggiunta agli orbitali s e p, i livelli energetici più elevati presentano anche altri orbitali di
forma più complessa.
Le modalità di distribuzione degli elettroni in tutti i possibili orbitali dell'atomo determinano
la capacità dell'atomo stesso di reagire chimicamente con altri atomi. Infatti, poiché tutti gli
atomi tendono ad avere i loro livelli energetici completamente occupati dagli elettroni,
saranno chimicamente inerti solamente i cosiddetti gas nobili. I gas nobili sono elementi
gassosi che si trovano nell’ultima colonna, vuol dire che il loro ultimo orbitale è pieno⇒
grande stabilità che impedisce loro di partecipare a reazioni chimiche e vivono quindi isolati
in natura.
Mostreranno invece una elevata reattività chimica quegli elementi ai quali manca 1 solo
elettrone per saturare completamente il proprio livello energetico esterno (ad esempio, i
cosiddetti "alogeni"' come il cloro, il bromo, il fluoro, lo iodio), o ancora quegli elementi
aventi un solo elettrone nel loro livello energetico esterno (ad esempio, i cosiddetti "metalli
alcalini",come il sodio, il litio, il potassio). In particolare, gli alogeni tendono a saturare il
loro livello energetico esterno catturando l'elettrone loro mancante da un altro atomo; i
metalli alcalini invece risolvono il problema in modo del tutto opposto, cedendo l'unico
elettrone del loro livello energetico esterno ad un altro atomo e facendo sì che la superficie
dell'atomo consista nel sottostante livello energetico completo
Il legame covalente:
Due atomi, appartenenti o no allo stesso elemento, si dicono legati con legame covalente
quando mettono tra loro in comune uno o più elettroni dei loro livelli energetici esterni,
ottenendo in tal modo la loro completa saturazione.
Un tipico esempio di legame covalente è quello che si instaura tra due atomi di idrogeno.
Quando due diversi atomi di idrogeno si incontrano, i loro due orbitali 1s si "fondono" tra
loro, formando un unico orbitale con due elettroni (σ). In tal modo, ciascuno dei due atomi
possiede, seppure in condivisione, un orbitale di primo livello completamente riempito.
L'orbitale produce attrazione su ambedue gli atomi e li mantiene legati fortemente,
formando la molecola H2.
Nella molecola H2, la doppia carica elettronica si concentra soprattutto tra i due nuclei,
disponendosi tra essi in modo simmetrico. Da ciò risulta una notevole forza attrattiva dei
duenuclei atomici positivi nei confronti della nube elettronica comune, facendo sì che la
molecola di idrogeno sia molto più stabile degli atomi di idrogeno singoli. Pertanto la
formazione della molecola è favorita rispetto agli atomi singoli e la rottura della molecola
stessa richiede la somministrazione di una adeguata quantità di energia.
Quando due atomi mettono in comune 2 o 3 coppie di elettroni, essi si dicono legati da un
doppio o da un triplo legame. La forza attrattiva di questi legami è maggiore di quella
esercitata dal legame singolo.
La forza di attrazione che si stabilisce tra due atomi uniti da un legame covalente viene
espressa in maniera quantitativa come energia di legame. L'energia di legame può essere
espressa in Kcal/mole e corrisponde all'energia che deve essere somministrata perché quel
dato legame possa rompersi.
I legami covalenti caratterizzati da una distribuzione della nube elettronica assolutamente
simmetrica, definiti omeopolari, sono in realtà presenti solamente nelle molecole costituite
da atomi identici. Quando invece il legame covalente unisce atomi diversi, esso è spesso più
o meno polarizzato; in esso cioè la nube elettronica assume una distribuzione più o meno
asimmetrica, a seconda della diversa capacità che i due atomi hanno di attrarre elettroni.
I legami covalenti eteropolari sono formati tra atomi che hanno differente capacità di
attrarre sul proprio nucleo gli elettroni di legame (una sorta di tiro alla fune nel quale uno
dei due concorrenti è un po’ più forte dell’altro ma senza arrivare alla vittoria). Questa
proprietà è definita elettronegatività.
La capacità di un dato atomo di attrarre o donare elettroni dipende da quanti elettroni sono
necessari per saturare il suo livello energetico esterno. Tenderanno quindi ad attrarre
elettroni quegli atomi a cui mancano pochi elettroni per saturare il livello energetico esterno.
Questi atomi sono detti elettronegativi. Caratteristiche opposte hanno invece gli atomi
elettropositivi che, avendo il loro livello energetico esterno occupato solo da pochi elettroni,
tendono a cederli.
Il legame idrogeno:
Il cosiddetto legame idrogeno è un’attrazione di tipo elettrostatico che si può stabilire tra
molecole polari di segno opposto. Questo legame è anche detto ponte idrogeno, poiché in
esso un atomo di H, reso positivo dal legame covalente con un atomo elettronegativo, viene
attratto elettrostaticamente da un altro atomo elettronegativo. In tal modo, l'H funge da
ponte tra i due atomi elettronegativi.
La lunghezza di legame del ponte idrogeno è circa il doppio di quella di un legame
covalente e la sua energia di legame è di circa 5 Kcal/mole, un valore 10-20 volte inferiore a
quella di un legame covalente, ma comunque molto più elevato rispetto a quello delle forze
di van der Waals.
In biologia i legami idrogeno hanno una grandissima importanza. Ad esempio legami
idrogeno si formano tra le molecole dell'acqua e tra vari gruppi funzionali contenenti
ossigeno o azoto. Essi stabilizzano la struttura delle proteine e degli acidi nucleici.
I legami idrogeno sono rappresentati con un tratteggio che si dipana da un lato all’altro con
linee orizzontali, mentre quello covalente con una barra solida.
Gli Alcheni sono anche essi idrocarburi, ma hanno desinenza ene perché formati da doppi legami carbonio- carbonio. In questo caso sono insaturi e ne sono un esempio l’isoprene ,il carotene e il licopene.
Gli alchini sono invece formati da tripli legami di carbonio e sono insaturi come ad esempio come i fluorocarburi.
Gli alcoli appartengono al gruppo degli ossidrili in cui un atomo di ossigeno è legato a uno di idrogeno. Hanno desinenza -olo e comprendono tutti gli alcol con uno o più gruppi alcolici. Sono altamente idrofili. Un esempio è la glicerina.
Simili agli alcoli, ma con lo zolfo al posto dell’ossigeno sono i tioli, caratteristici per il cattivo odore che emanano. Anche il caffè ne contiene tracce. Appartengono al gruppo dei sulfidrili.
Gli eteri sono formati da entrambi gli atomi di ossigeno legati a un solo carbonio. Hanno desinenza etere. Sono del gruppo dei carbossili.
Nei gruppi idrofobi, fortemente apolari, con desinenza ile comprendiamo gli aromatici, derivati dalla molecola esagono aromatica del benzene e il gruppo metile derivato dal metano.
Altri gruppi funzionali: ● -CH3⇒ gruppo metilico. Il gruppo metilico è apolare e può
essere legato ad altre molecole biologiche tramite l’attività di enzimi metilasi e separato
dalle molecole attraverso l’azione di enzimi demetilasi. Il gruppo metilico oltre ad essere
utile per costituire catene idrocarburiche, puo essere associato a basi azotate del DNA, in
particolare della citosina. La citosina può trovarsi nel DNA in forma non modificata, o
metilata. La metilazione del DNA attiva dei geni⇒ alcuni geni vengono metilati e non
funzionano più⇒ costituisce un importante meccanismo epigenetico (l’epigenetica studia
come reazioni chimiche modificano l’espressione del gene, queste modifiche sono dovute
all’interazione con l’ambiente)
L’isomeria ottica:
L’isomeria è una condizione che riguarda molecole che hanno una disposizione atomica
diversa, ma hanno la stessa struttura chimica.
Gli aldosi sono quei monosaccaridi che hanno il gruppo aldeidico terminale, questo genera
due possibili molecole: una detta destrogiro, l’altra levogiro. Ciò dà luogo a due molecole
apparentemente uguali, ma diverse. Un enzima che riconosce una forma D, non riconosce
una forma L.
Con l'aumentare delle dimensioni dello zucchero aumenta anche il numero degli atomi di
carbonio asimmetrici e pertanto aumenta anche il numero dei possibili stereoisomeri della
molecola. Tuttavia, per tutti gli aldosi, le forme D- ed L- sono sempre dovute alla
asimmetria, o chiralità (da “mano”), dell'atomo di C n° 2.
I polisaccaridi:
L'accumulo stabile del glucosio in eccesso è in genere ottenuto, sia nelle piante che negli
animali, mediante la polimerizzazione di unità monosaccaridiche o disaccaridiche, dando
origine a lunghe molecole polimeriche dette polisaccaridi.
I vari polisaccaridi differiscono tra loro non solamente per i tipi di zuccheri e di legami
glicosidici che contengono, ma anche per l'eventuale presenza di ramificazioni laterali delle
molecole. A causa delle loro cospicue dimensioni, i polisaccaridi spesso perdono la
caratteristica della solubilità tipica degli zuccheri e possono costituire aggregati
intracellulari
di dimensioni anche molto grandi. I polisaccaridi svolgono una grande varietà di funzioni
biologiche, essenzialmente riconducibili alle due grandi categorie dei polisaccaridi di riserva
e dei polisaccaridi di struttura. Le due categorie di polisaccaridi differiscono non solo nelle
loro funzioni biologiche, ma anche per quanto riguarda i legami glicosidici che li
costituiscono, tipicamente di tipo α nei polisaccaridi di riserva e di tipo β in quelli di
struttura.
I polisaccaridi di riserva:
I polisaccaridi di riserva sono forme più o meno temporanee di deposito insolubile delle
molecole di glucosio, che l'organismo via via accumula ogni qual volta ne abbia un eccesso
di disponibilità nel sangue.
I polisaccaridi di struttura:
Le funzioni dei polisaccaridi di struttura sono molto varie e tra esse la più frequente è quella
di costituire strutture rigide per il sostegno dell'intero organismo.
Gli oligosaccaridi:
Gli oligosaccaridi sono formati da poche unità monosaccaridiche unite fra loro con legami
glicosidici di vario tipo in catene a volte ramificate. Gli oligosaccaridi sono importanti
componenti della membrana plasmatica delle cellule e della matrice intercellulare degli
organismi pluricellulari. Gli oligosaccaridi possono essere legati a molecole proteiche e
lipidiche, dette rispettivamente glicoproteine e glicolipidi Formano il glicocalice, strato
esterno di zuccheri che permette alle cellule di legare acqua tramite legami idrogeno: gli
zuccheri sono fortemente idrofili. Questo avviene per esempio nelle cellule intestinali, dove
il glicocalice protegge le cellule da attacchi acidi o basici e da insulti che provengono
dall’ambiente esterno.
I pentosi:
Sono molecole costituite da 5 atomi di carbonio. I più importanti tra i pentosi sono il ribosio
e il 2-desossiribosio, costituenti rispettivamente dell RNA e DNA. Il ribosio è lo zucchero
che forma l'RNA, per formare il DNA bisogna togliere un ossigeno che crea il 2-
desossiribosio (il due si riferisce all’assenza di ossigeno al 2C). Come il glucosio e altri
monosaccaridi, il ribosio ciclizza in soluzione acquosa ed è presente negli acidi nucleici
nella sua forma ad anello. Nel caso del ribosio e desossiribosio in soluzione è presente a
fianco al numero dell’atomo di carbonio un apostrofo (che si legge primo)⇒ Questo perché
quando si legano alle basi azotate, la convenzione ha stabilito che la base azotata prende il
numero semplice, mentre gli atomi di carbonio dello zucchero prendono la numerazione
insieme all’apostrofo accanto
I lipidi:
I lipidi sono molecole molto eterogenee nella struttura chimica e nelle funzioni e hanno in
comune tra loro solamente un carattere di spiccata idrofobia dell'intera molecola o di gran
parte di essa. I lipidi infatti sono molecole con estese regioni idrocarburiche (elevato
numerodi legami C-O) e perciò fortemente apolari e in generale non miscibili in acqua. Per
questomotivo sono anche detti “grassi”.
i lipidi non sono solubili in acqua e sono invece molto solubili nei cosiddetti solventi
organic.
Di conseguenza le molecole lipidiche tendono ad essere repulse dall'ambiente
acquoso e ad aggregarsi tra loro, costituendo degli ambienti idrofobi dai quali l'acqua è
esclusa. Nella cellula, gli ambienti lipidici costituiscono dei compartimenti nei quali le
molecole idrofobe vengono segregate in maniera preferenziale.
In particolare, di grande interesse biologico è l'ambiente della interfaccia tra un
compartimento lipidico e il contiguo ambiente acquoso. Questo ambiente, che nella cellula
corrisponde alle superfici delle membrane, ospita molecole molto particolari, le molecole
anfipatiche ,caratterizzate dalla contemporanea presenza di regioni idrofile e regioni
idrofobe.
A causa della loro grande eterogeneità chimica, i lipidi sono di norma classificati sulla base
non solamente della struttura chimica, ma anche delle funzioni biologiche. Dei vari gruppi
dilipidi, noi considereremo solamente i tre più abbondanti:
● i trigliceridi, grassi deputati all'accumulo stabile dell'energia chimica dell'organismo;
● i fosfogliceridi, costituenti di base delle membrane cellulari;
● il colesterolo, anch'esso componente delle membrane cellulari e precursore degli
steroidi, sostanze che svolgono importanti funzioni ormonali.
Il destino dei lipidi è quello di essere ossidati nei mitocondri come il glucosio. Quando si
smonta una molecola come il trigliceride, le molecole idrocarburiche sono smontate due alla
volta (un gruppo acetilico alla volta). Essi sono anche costituiti sommando due C per volta.
I trigliceridi:
Una importante classe di lipidi, con funzione di riserva di energia, è quella dei grassi neutri,
che comprendono monogliceridi, digliceridi e trigliceridi. Queste molecole, con particolare
riferimento ai trigliceridi, sono le principali forme di riserva energetica animale e vegetale.
Una prima modalità di deposito stabile dell'energia chimica dell'organismo è quella della
polimerizzazione del glucosio in amido (nelle piante e nei funghi) o in glicogeno (negli
animali). Una seconda e ancora più stabile modalità di accumulo dell'energia chimica è
invece rappresentata dal deposito di trigliceridi, lipidi fortemente idrofobi, che nel loro
insieme formano il cosiddetto grasso di accumulo.
Nel nostro organismo, queste sostanze svolgono una funzione di deposito di energia
chimica con una efficienza pari a più del doppio di quella dei polisaccaridi di riserva.
D'altro canto, l'energia chimica dei polisaccaridi è ottenibile con grande rapidità e in gran
parte anche in condizioni di anaerobiosi (scarsità o assenza di ossigeno). Nel caso dei
trigliceridi, invece, è richiesto lo svolgimento di numerose reazioni chimiche in condizioni
di aerobiosi (disponibilità di ossigeno).
Quindi negli organismi superiori i polisaccaridi
costituiscono la riserva energetica di pronto intervento, mentre i trigliceridi costituiscono
una riserva energetica molto efficiente e a lungo termine, utilizzabile però solo in modo
lento e in condizioni di aerobiosi.
Il trigliceride è la forma più complessa di un grasso neutro. Neutro vuol dire che la molecola
di questi lipidi è completamente priva di cariche.
In un monogliceride, una molecola di acido grasso è legata, o esterificata, al glicerolo, un
alcol a 3 atomi di carbonio ciascuno dei quali legato a un gruppo ossidrilico. In un
digliceride e in un trigliceride, 2 o 3 molecole di acido grasso sono esterificate al glicerolo.
In monogliceride il suffisso -eride vuol dire che è un estere, mono- che è costituito da un
solo acido grasso.
Nella formazione di una molecola di trigliceride, ciascuno dei 3 ossidrili alcolici del
glicerolo reagisce chimicamente con il carbossile di un acido grasso, con conseguente
eliminazione di una molecola di acqua. In tale reazione di esterificazione, i gruppi idrofili
del glicerolo e degli acidi grassi, rispettivamente -OH e -COOH, vengono persi e il
trigliceride risultante è tipicamente privo di regioni di idrofilia.
Il trigliceride è una molecola altamente idrofoba e apolare. Essendo quindi repulsi
dall’ambiente acquoso, quando le cellule adipose accumulano i trigliceridi, essi formano
delle goccioline di grasso in ogni cellula. In una cellula adiposa quindi c’è quasi solo grasso
e poca acqua nel citoplasma.
Il grado di saturazione (presenza o assenza di doppi legami) degli acidi grassi costituenti un
dato trigliceride influenza notevolmente la densità e il punto di fusione del trigliceride
stesso.
Gli acidi grassi saturi sono molecole lineari con piccolo ingombro spaziale.
Il C degli acidi grassi saturi crea il massimo di legami (due con H e due con C).
Gli acidi grassi insaturi possiedono un angolo fisso di 120 gradi, in corrispondenza del
doppio legame C=C non rotazionale e sono più ingombranti.
Mentre i grassi saturi possono distendersi e andare a contatto con le molecole a fianco,
quelli insaturi hanno un angolo fisso per cui hanno un ingombro maggiore di quelli insaturi.
I fosfogliceridi:
Un’altra importante classe di lipidi è quella dei fosfogliceridi, i costituenti delle membrane
di tutte le cellule.
La membrana si forma spontaneamente. Tra i due strati di teste polari vi è uno strato
intermedio che è apolare e funge da isolante tra interno ed esterno. La membrana è quindi
impermeabile alle molecole polari e agli ioni.
L'impermeabilità dei doppi strati molecolari
lipidici è alla base della formazione del cosiddetto
potenziale di membrana e fa sì che il
passaggio di molecole polari attraverso la membrana sia
reso possibile soltanto dalla
presenza di sistemi di trasporto di natura proteica,
disposti nello spessore della membrana
stessa;
Il grado di fluidità di un doppio strato molecolare lipidico riflette l'entità e il tipo dei
movimenti cui le singole molecole lipidiche del doppio strato possono andare incontro a un
dato valore di temperatura.
La fluidità della membrana dipende in parte dalla composizione in acidi grassi saturi o
insaturi dei fosfogliceridi.
Maggiore la quantità di quelli insaturi, maggiore è l'ingombro dei fosfogliceridi che non
possono ammassarsi strettamente e quindi la membrana è meno densa e più fluida.
I fosfogliceridi con acidi grassi saturi hanno di conseguenza un numero più alto di
interazioni di van der waals che permette a questi di ammassarsi strettamente e quindi la
membrana è più densa.
La fluidità della membrana dipende anche dalla presenza del colesterolo, che è un
costituente fondamentale delle nostre membrane.
Questa molecola svolge due tipi di compiti molto diversi tra loro e ambedue aventi una
grande importanza biologica. Infatti il colesterolo:
1) è un importante costituente delle membrane cellulari, ove è presente in quantità spesso
pari a quella dei fosfogliceridi;
2) è il precursore di una serie di molecole ormonali che svolgono una grande varietà di
compiti, tra cui le funzioni riproduttive dell'organismo.
Se ci sono f. con acidi grassi insaturi nelle vicinanze che rendono meno densa la membrana,
il colesterolo va ad occupare gli spazi liberi aumentando il numero delle forze di van der
Waals e rendendo quindi le membrane più solide e più rigide e diminuendone la fluidità.
Essendo un costituente costante di tutte le membrane delle nostre cellule, il colesterolo è
necessario al nostro organismo. L'organo che nel nostro corpo ne regola la produzione e la
distribuzione nel sangue è il fegato.
Permeabilità selettiva della membrana:
Le proteine:
Sono il gruppo chiave di macromolecole biologiche. Struttura e processi vitali di un
organismo dipendono sempre dalla presenza e/o dall’attività di proteine.
A seconda delle loro funzioni, le proteine vengono raggruppate in categorie, quali, ad
esempio, le proteine strutturali (proteine che formano le impalcature del citoscheletro
oppure che si trovano associate all'RNA nei ribosomi o al DNA nella cromatina); gli enzimi
(proteine che svolgono un ruolo di catalizzatore di specifiche reazioni chimiche); di
membrana (proteine componenti della membrana plasmatica); i fattori di trascrizione
(proteine che regolano il processo della espressione genica), ecc…
Sono una classe di molecole fra loro diverse per forma e grandezza ma con struttura simile
perché formate dall'unione lineare di amminoacidi.
Hanno tante funzioni diverse e questa capacità risiede nelle molecole che le costituiscono:
gli amminoacidi, che hanno una varietà di gruppi funzionali. La varietà dei gruppi
funzionali è ciò che permette alla proteine di interagire con diverse molecole.
A partire da solo 20 amminoacidi diversi (tanti però rispetto ai costituenti dei trigliceridi o
alle molecole di polisaccaridi) si costituiscono un numero di prodotti macromolecolari
virtualmente illimitati.
Gli amminoacidi:
Gli amminoacidi sono molecole biologiche che possiedono un gruppo amminico (basico),
un gruppo carbossilico (acido), che fungono da punti di polimerizzazione. Questi due gruppi
funzionali sono ambedue legati allo stesso atomo di carbonio e pertanto sono posizionati
l'uno rispetto all'altro alla distanza di 1 solo atomo di C, per convenzione indicato con la
lettera greca α.
C’è un C centrale, C α, legato al C abbiamo, oltre al gruppo amminico e un gruppo
carbossilico, un atomo di H e un gruppo laterale R (residuo). Si tratta di un C chirale poiché
legato a 4 diverse molecole.
Gli amminoacidi possono ionizzarsi in acqua sia nel gruppo amminico, che si ionizza
positivamente, sia in quello carbossilico che si ionizza negativamente, la molecola mantiene
però un carica complessiva neutra. Data la contemporanea presenza di un carbossile e di
un gruppo amminico, gli amminoacidi sono molecole anfotere, cioè capaci di comportarsi
sia come acidi che come basi.
Il C α è quello adiacente al gruppo carbossilico, al quale si fa riferimento per dare i nomi.
Quando al C α è legato un gruppo amminico, avremo un amminoacido α-
In tutti gli organismi viventi, gli amminoacidi che costituiscono le proteine sono sempre
levogiri.
Il legame peptidico:
Il gruppo amminico (considerato la testa) di un amminoacido può reagire con quello
carbossilico (considerato la coda) di un altro amminoacido, formando il legame peptidico,
con la rimozione di una molecola di acqua. Il legame coinvolge un C del gruppo
carbossilico e un N del gruppo amminico.
Il legame è fortissimo, pur essendo singolo, poiché legame tra C e N non è rotazionale,
poiché il C è legato con un doppio legame all’O.
Il legame peptidico in chimica organica prende un altro nome: legame ammidico.
Per via di questo legame molto stabile, digerire proteine richiede un lavoro supplementare
da parte del nostro organismo. Le proteine non sono attaccate dalla saliva, non vi sono gli
enzimi proteasi. Nello stomaco l’ambiente acido attacca i legami peptidici, ma non tutti.
Altre protelasi scindono completamente gli amminoacidi.
In genere le proteine sono fattori molecolari molto stabili, ma quando serve possono essere
degradati in maniera rapida.
Struttura secondaria:
La struttura secondaria si forma a partire da quella primaria tramite leg.
idrogeno tra gli atomi di H legati agli N (del gruppo imminico) dei legami
peptidici e gli atomi atomi di O legati ai C (del gruppo carbonilico) di
altri legami peptidici della catena stessa. Gli avvolgimenti di una catena
polipeptidica mediati dalla formazione di legami idrogeno a livello dello
scheletro della molecola sono detti strutture secondarie delle proteine.
Secondo esempio di struttura secondaria:
Talvolta i legami idrogeno si formano tra tratti diversi della
stessa catena polipeptidica posizionati l'uno accanto e legati tra
di loro attraverso leg. idrogeno trasversali.
In questo caso la struttura secondaria assume una
conformazione piana, che Pauling e Core denominarono
foglietto β. Nel foglietto β (spesso anche detto struttura β-
planare) i gruppi R dei vari amminoacidi sporgono in modo
alterno sulle due facce del foglietto stesso, conferendo ad esse
caratteristiche di idrofilia e/o idrofobia, a seconda delle
caratteristiche dei gruppi R.
Struttura terziaria:
La struttura terziaria di una proteina consiste nell'insieme degli avvolgimenti della catena
polipeptidica stabilizzati dalla formazione di legami tra i gruppi R.
Questi legami sono il più
delle volte di tipo debole, come ad esempio idegami idrogeno o le interazioni elettrostatiche
tra gruppi R con polarità opposta, nonché le interazioni di Van der Waals tra gruppi R
idrofobi. In altri casi i legami tra i gruppi R possono essere covalenti, e quindi essere molto
forti e stabili, come si ha quando i residui di due cisteine si uniscono tra loro formando un
ponte disolfuro (questo avviene in un ambiente ossidante, che permette ai gruppi SH di
liberarsi degli H, permettendo di creare un legame S-S).
Pertanto la struttura terziaria comprende una grande ed eterogenea varietà di legami
chimici, unificati solamente dal fatto che si stabiliscono a livello dei residui amminoacidici.
Gli avvolgimenti della catena polipeptidica di tipo terziario cooperano con quelli di tipo
secondario, facendo sì che la catena polipeptidica acquisisca la sua definitiva configurazione
tridimensionale, da cui discende l'attività biologica della proteina.
Quindi ogni proteina del nostro organismo è caratterizzata da una propria struttura primaria,
consistente in una determinata sequenza amminoacidica. Questa struttura determina
l'insieme degli avvolgimenti di tipo secondario e terziario cui la catena polipeptidica va
incontro dopo la sua sintesi, sotto la spinta dell'agitazione termica e delle interazioni con le
molecole del solvente con cui la proteina viene a contatto durante la sua formazione.
Struttura quaternaria:
Alcune proteine presentano un ulteriore livello di complessità strutturale, detto struttura
quaternaria.
La struttura quaternaria è tipica delle proteine multimeriche, cioè di quelle costituite da più
subunità, che possono essere tra loro uguali o diverse. Queste si associano tra loro
successivamente alla sintesi e dopo avere acquisito le appropriate strutture secondaria e
terziaria. L'unione tra le diverse subunità di una proteina è resa possibile dalla formazione di
legami deboli tra di esse.
Proteine di membrana:
Le proteine di membrana sono fondamentali per non rendere la membrana passiva e
controllano il movimento delle molecole.
Possono essere classificate in due tipologie: intrinseche o integrali ed estrinseche o
periferiche. Quelle integrali sono completamente incastonate nello spessore della
membrana (es: canale che sporge nei due ambienti acquosi), e quindi quando in laboratorio
cerco di separare le componenti lipidiche da quelle proteiche, queste proteine non si
staccano dalla componente lipidica. Le proteine periferiche invece, quando separate in
laboratorio, finiscono insieme alla proteine citoplasmatiche; svolgono infatti la loro azione a
ridosso della membrana, perché interagiscono con proteine integrali di membrana.
Una proteina integrale di membrana, come un recettore, affinché riesca a portare
l’informazione nella cellula, interagisce con una proteina periferica di membrana nel
versante citoplasmatico che la attiva e si stacca dal recettore; torna poi a legarsi con il
recettore in attesa di un nuovo segnale.
Il legame di ogni base azotata con il C n 1 del ribosio o desossiribosio avviene tramite un
atomo di N che si lega con il gruppo ossidrilico del C n 1 degli zuccheri.
Si legano tramite legame N-glicosidico, l’N forma legami con C n 1, liberando una mol.
d’acqua.
I nucleotidi sono molecole che contengono da uno a tre gruppi fosfato (distinti in fosfato α,
β,γ). Le varie forme hanno energie libere diverse, crescenti all’aumentare del numero di
gruppi fosfato legati.
DNA e cromosomi:
I due filamenti di DNA nella doppia elica sono fra loro complementari e antiparalleli.
Il DNA rappresenta il materiale genetico che forma i nostri cromosomi. Ciascuno di essi è
costituito da un’unica doppia elica lunga fino a centinaia di milioni di nucleotidi.
Struttura dell’RNA:
La RNA è costituito da un singolo filamento con lunghezza variabile, compresa fra poche
decine e migliaia di nucleotidi.
L’RNA è sintetizzato sullo stampo di porzioni di DNA cromosomico detti geni.
In una molecola seppur piccola di RNA, possiamo trovare dei tratti di nucleotidi
complementari, e quindi il singolo filamento può ripiegarsi e creare dei tratti a doppia elica
(es: tRNA, RNA transfert)
La RNA può essere rappresentato in forma bidimensionale (trifoglio) e tridimensionale (L e
più realistica)
Nel trasporto attivo, uno ione o una molecola è spinto/a attraverso la membrana
contro gradiente da una proteina carrier.
• Gli ioni sono trasportati dai trasportatori ionici che utilizzano l’energia dell’idrolisi di
molecole di ATP per il loro funzionamento e sono detti trasportatori attivi primari.
• I trasportatori agiscono sugli ioni trasportati in maniera specifica.
Il cotrasporto
a differenza dell’uniporto nel quale un
trasportatore è specifico per una sola molecola o
un solo atomo, nel cotrasporto uno ione
accompagna una molecola. L’energia del gradiente
ionico attiva il trasportatore che cambiando
conformazione porta la molecola nella stessa
direzione dello ione (simporto) o in direzione
opposta (antiporto). Trasportatori secondari
svolgono funzioni fondamentali per l’attività
nervosa delle cellule neuronali, come vedremo.
TIPOLOGIE DI CANALI
Alcuni sono sempre aperti (canali di sfogo), altri hanno l’apertura regolata (canali a porta o
gate). I principali canali a porta sono regolati dal potenziale di membrana o dal legame con
una specifica molecola (legando).
I canali voltaggio dipendenti (potenziale di membrana) sono chiusi ai valori di riposo del
potenziale, ma si aprono se il potenziale diventa positivo e raggiunge un caratteristico valore
soglia (-50mV). Sono costituiti da una singola catena polipeptidica anche se possono essere
solo delle porzioni di una catena ripiegata più volte nella membrana plasmatica.
Ogni dominio contiene 6 segmenti transmembrana che sono avvolti ad alpha elica
denominati da S1 a S6.
Questi si dispongono in modo simmetrico e formano un tetramero: la catena S5 ed S6
delimitano il poro acquoso e hanno un’ansa detta H5 che da selettività al canale con la sua
carica, S1 ed S4 sono alla periferia del complesso e mediano l’interazioni con i lipidi della
membrana. Questi ultimi hanno una regione amminoacidica che ha carica e funge da
sensore di voltaggio che sente quando il valore di soglia viene raggiunto e causa l’apertura
del poro.
Essi, sono concentrati sulla membrana dell’assone e hanno alta selettività ionica. Sono stati
finora identificati canali a controllo di potenziali specifici gli ioni.
I canali ionici possono avere subunità accessorie le quali regolano la corretta localizzazione
sulla membrana.
Questi canali sono proteine con una struttura a quattro domini principali transmembrana/
quattro subunità diverse, con amminoacidi carichi che si comportano come sensori del
voltaggio.
I canali a controllo di ligando (recettori canale/ionotropi) si aprono solo se ad essi si lega
mediante interazioni deboli una molecola diffusibile, ad esempio un neurotrasmettitore.
Hanno sia il poro acquoso che una regione detta sito recettoriale che accoglie la molecola
specifica di segnalazione detta ligando. Gli ionotropi sono diversi dai metabotropi perché
essi sono privi del poro acquoso.
Il sito di legame si può trovare sia nel versante intra che extra cellulare quindi il ligando
proverrà o dall’esterno o dall’interno della cellula. L’incontro tra la molecola del ligando ed
il sito di legame porta al complesso recettore-ligando stabilizzato dai legami deboli che
causano una modificazione del canale con apertura del poro acquoso (simile al complesso
enzima#substrato stessa caratteristica del complesso che per crearsi deve esserci un impatto
casuale tra il ligando ed il sito).
Il sito può legare anche con molecole diverse ma simili al ligando che possono essere:
agoniste (stesso effetto) antagoniste (chiusura poro quindi opposte) che a loro volta si
dividono in competitive (legame reversibile) non competitive (legame irreversibile). Una
volta che il complesso recettore-ligando si è formato è reversibili tramite l’impulso del
ligando o la sua degradazione.
Essi, si trovano principalmente sulla membrana dei dendriti/corpo cellulare e selezionano la
carica dello ione. Si dividono in: canali cationici (lasciano diffondere solo ioni positivi)
mostrano selettività per ioni monovalenti (Na+. K+) o bivalenti (Ca2+), canali anionici che
lasciano diffondere solo ioni negativi (Cl-).
Questi canali a controllo ligando sono proteine con struttura quaternaria a quattro o cinque
subunità principali transmembrana. Da due a tutte le subunità possiedono sul dominio
esterno alla cellula un sito di riconoscimento (recettoriale) specifico per un legando, cioè un
neurotrasmettitore. Recettori ionotropi sono provvisti di siti di legame addizionale
(allosterici) che legano molecole diverse dal ligando dette modulatori allosterici di natura
endogena o esogena che possono inibire o potenziare l’azione del ligando.
Questi canali rappresentano un tipo di recettore dei neurotrasmettitori. Il legame debole e
transito dei neurotramettitori fa aprire i canali. Le partizioni transmembrana hanno un
setaccio molecolare di riconoscimento della sola carica ionica (+ o -). Alla presenza dei
canali a controllo di legando sono dovuti i potenziali postsinaptici.
POMPA Na+-K+
Le pompe ioniche favoriscono il passaggio di ioni tramite il trasporto attivo e questa è la più
importante. Va contro gradiente ed il dispendio d’energia viene dalla modificazione di una
molecola ATP. Essa svolge un meccanismo di mantenimento omeopatico del bilancio ionico
fra esterno ed interno. Questo sistema di trasporto è in tutte le membrane plasmatiche del
nostro corpo e per il suo funzionamento consuma 25% dell’ATP nelle cellule e nei neuroni e
può arrivare fino al 70%.
Essa la funzione di controllare il bilancio osmotico favorendo il rilascio di 3 ioni Na+ e
acquisizione di 2 ioni K+ perdendo una carica netta positiva, per questo è anche detta
pompa elettrogenica perché genera differenza di potenziale tra le cariche elettriche.
La pompa Na+-K+ ha due subunità, una Alpha (legata l’ATP e gli ioni Na- e K+) ed una
Beta (localizza la pompa nella membrana ed attiva l’Alpha). La pompa è aperta verso
l’interno e lega 3 ioni Na+ attivando le sue capacità di legare una molecola di ATP e di
autofosforilarsi rilasciando ADP con successiva apertura verso l’esterno. Qui vengono
rilasciati gli ioni Na+ e consentito ai 2 ioni K+ di legarsi al versante esterno della pompa per
favorire il distacco del fosfato inorganico all’interno. La pompa si defosforila e chiude verso
l’esterno e si riapre all’interno rilasciando ioni 2 K+ ed è pronta per iniziare il nuovo ciclo.
POMPE PROTONICHE
Effettuano lo spostamento trasmembrana di ioni H+ contro gradiente di concentrazione
consumando ATP per l’energia. Esse sono presenti nella membrana interna dei mitocondri e
permettono l’accumulo di ioni H+ mentre nei neuroni sono importati le pompe nelle
vescicole sinaptiche il cui accumulo di ioni H+ contro gradiente di concentrazione che viene
viene utilizzato per immettere le molecole del neurotrasmettitore nelle vescicole stesse con
un trasporto attivo secondario.
La neurotrasmissione
Un potenziale d’azione è iniziato nel monticolo assonico di un neurone (in risposta a
stimoli che il neurone riceve attraverso i suoi dendriti e il suo corpo cellulare).
Il potenziale si propaga lungo l’assone e giunto alla sua estremità, è trasmesso a
una cellula a valle.
I neuroni sono le uniche cellule capaci di trasmettere alterazioni del proprio
potenziale di membrana ad altre cellule nervose o a cellule effettrici.
Ciò avviene mediante i processi della neurotrasmissione.
Tali processi si verificano attraverso giunzioni cellulari chiamate sinapsi.
Esistono due tipi di sinapsi: sinapsi elettriche e sinapsi chimiche.
Le sinapsi elettriche
Sono formate da canali di membrana o connessoni, a loro
volta formati da sei subunità dette connessine. Il
connessone di ogni cellula forma un semicanale.
Due semicanali devono accoppiarsi per formare un canale che mette in
comunicazione diretta il citoplasma di due cellule, permettendo ad esempio il
trasferimento diretto e bidirezionale di un potenziale elettrico grazie alla
diffusione degli ioni.
La funzionalità delle sinapsi elettriche è dovuta dalla necessità di alcune cellule di svolgere
attività in sincrono.
Vista la conduzione bidirezionale dello stimolo, le sinapsi sono limitate a come specifiche
del sistema nervoso e a particolari neuroni. Alcune sinapsi, però hanno il fenomeno della
rettificazione ovvero l’invio di un segnale elettrico da una parte più tosto che l’altra, una
sorta di preferenza. Le gap junctions permettono lo scambio anche di molecole con massa
fino a circa 1000 Dalton, compresi secondi messaggeri. Sono importati per la
sincronizzazione funzionale delle cellule di vari tessuti, anche di neuroni e cellule gliali, ma
hanno un basso grado di plasticità. La loro unica caratteristica modulabile è la conduttanza
giunzionale (cioè il grado di apertura). Queste giunzioni costituiscono un insieme di
subunità proteiche che attraversano l’intero spessore della membrana plasmatica e
costituiscono dei canali con altre cellule. Le cellule unite da queste giunzioni sono dette
sincizio metabolico perché sono dotate di numerosi nuclei ma condividono lo stesso
citoplasma.
Le sinapsi chimiche
Sono strutture cellulari poste nelle terminazioni assoniche, specializzate a far compiere
all’impulso nervoso un “salto” dalla propria membrana a quella di un altro neurone (o di una
cellula effettrice su un dendrite).
Sono possibili sinapsi con corpi cellulari o assoni di un altro neurone con se stesso (autapsi),
esse sono elementi dei circuiti nervosi dove gli stimoli dei neuroni si muovono
unidirezionalmente da un neurone al successivo, convertono gli stimoli elettrici dei
potenziali d’azione in stimoli chimici che sono molecole di neurotrasmettitori lasciati nello
spazio extracellulare dei neuroni.
Essi fanno da polarizzatore dello stimolo nervoso, in quanto la struttura che serve per il
rilascio del neurotrasmettitore è nel neurone presinaptico mentre la ricezione nel
postsinaptico. Esse sono composte da due parti: la membrana presinaptica (vanno potenziali
d’azione), la membrana postsinaptica (rilasciate le molecole di neurotrasmettitori) e lo
spazio intersinaptico tra le due membrane (diffusione neurotrasmettitori). A tale scopo, le
sinapsi chimiche utilizzano molecole chimicamente definite: i neurotrasmettitori. Essi sono
rilasciati dal terminale presinaptico all’arrivo di un potenziale d’azione, attraversano per
diffusione la fessura sintetica e si legano a recettori specifici posti sulla membrana della
cellula postsinaptica che provocano una risposta funzionale di tale cellula. I recettori
possono essere canali a controllo di ligando che, aprendosi, alterano il potenziale della
cellula postsinaptica. La sinapsi chimica è monodirezionale e ha un tipico ritardo, ma è
efficiente e modulabile. Per questi motivi, essa è la più diffusa giunzione funzionale tra
neuroni.
Integrazione sinaptica
Il numero di sinapsi in arrivo su un neurone è di migliaia. Queste sono in parte eccitatorie e in parte
inibitorie. Potenziali postsinaptici e potenziali d’azione
Un altro tipo di GAlpha e la quello che si lega all’enzima di membrana fosfolipasi C (PLC) il cui
substrato è costituito da lipidi della membrana plasmatica. Attivata l’associazione e creata la
subunità GAlphaq la PLC taglia i lipidi in due frammenti: inositolo trifosfato (IP3) [che si sposta
sul REL e porta all’apertura di canali Ca2+ e quindi l’aumento di ioni liberi Ca2+] e diacilglicerolo
(DAG) [si lega alla proteinchinasi C (PKC) che fosforila vari substrati proteici attivando vie di
segnalazioni intracellulari diverse] che attivano varie vie metaboliche. Oltre a queste GAlpha
abbiamo: GAlphao°, la più abbondante nel SNC che serve per l’allungamento del cono
d’accrescimento dell’arsone e la trasduzione di segnale di recettori muscarinici dell’acetilcolina. La
GAlphat (transducina), che è importante per i processi di percezione visiva della retina. GAlphaq°,
GAlphaz, GAlpha12/13’ e GAlphaolf che attivano ulteriori processi intracellulari.
Il citoscheletro
Il citoscheletro è costituito da proteine che formano strutture allungate e danno consistenza alle
cellule o solo ad alcune porzioni di esse . Queste strutture comprendono :
• Microfilamenti o filamenti di actina ( F-actina ) . Sono formati dall ’associazione di
molecole globulari di actina ( G -actina ) . Il diametro dei filamenti è di 7 nanometri (nm ) .
• Filamenti intermedi . Sono formati dall ’associazione di varie proteine fibrose in tetrameri
che poi si raccolgono in ottameri . Il diametro dei filamenti ottamerici è di 10 nm
• microtubuli . Sono formati dalla associazione di dimeri di tubulina a e tubulina b a costituire
13 protofilmenti paralleli disposti in circolo . Il diametro dei microtubuli è di 25 nm
IL CITOSCHELETRO NELLA NEUROTRASMISSIONE:
nei neuroni le proteine citoscheletriche hanno ruoli importanti sia per la definizione morfologica dei
dendriti e dell’assone che per il movimento, o trasporto, di molecole e organuli interni. In
particolare i microtubuli sembrano avere un ruolo fondamentale nel trasporto assonico.
Orientamento dei microtubuli in un neurone.
Un neurone presenta due tipi di processi, i dendriti, generalmente brevi, che ricevono informazioni
da altre cellule nervose, e l’assone, di norma più lungo dei dendriti, attraverso il quale
l’informazione è portata verso altre cellule. I microtubuli sono presenti sia nei dendriti che
nell’assone e la loro estremità non è ancorata a un centrosoma nel corpo cellulare. L’orientamento
dei microtubuli nei dendriti è misto, poiché alcuni di essi hanno l’estremità positiva rivolta verso la
periferia, altri hanno una disposizione opposta. Al contrario, l’orientamento dei microtubuli
nell’assone è con tutte le estremità positive verso la terminazione di questo processo. Le proteine
MAP legano i microtubuli rendendoli dinamici.
Alcune MAP, quali le chinesine e le dineine, si muovono sui microtubuli mediante idrolisi di ATP e
rappresentano motori molecolari in grado di spostarsi in direzioni opposte. I microtubuli
costituiscono cosi fasci proteici lungo i quali possono spostarsi molecole, organuli e vescicole
membranose che si agganciano all’estremità libera dei motori molecolari. Questo tipo di trasporto è
definito anterogrado se va dal corpo cellulare alle terminazioni assoniche, o retrogrado se avviene in
direzione opposta.
Allo stadio di blastocisti, l’embrione si impianta nell’utero materno e da quel momento il suo
ulteriore sviluppo è strettamente dipendente dalla madre. A questo stadio, l’embrione vero e proprio
è formato da due strati di cellule, dette epiblasto e ipoblasto.
LA GLASTRULAZIONE
LA NEURULAZIONE
Subito dopo la gastrulazione, lungo l’asse rostrocaudale dell’embrione, si formano del
mesoderma una struttura bastoncellare rigida, la notocorda, che induce la porzione sovrastate
di ectoderma ad ispessirsi e a formare la placca neuronale. Tale processo è detto neurulazione.
Inizialmente la piastra neuronale formata si allunga, poi comincia incurvarsi longitudinalmente
verso l’alto formando la doccia neurale. La formazione della doccia neurale provoca
l’allungamento embrionale. Quest’ultima continua a sollevare i suoi margini chiudendosi a
partire dal centro dell’embrione, e formando il tubo neurale, il futuro sistema nervoso.
L’induzione neurale è un processo attivo che dipende da segnali induttivi morfogeni rilasciati
dalla notocorda (cordone di cellule temporanee che nascono nel mesoderma). Nella parte
anteriore del tubo inizia a svilupparsi il cervello, il prosencefalo, il mesencefalo ed il
rompoecefalo, le vescicole telencefaliche e la corteccia cerebrale insieme alle altre parti. Nella
parte posteriore invece troviamo una prima forma di midollo spinale.
La regionalizzazione del sistema nervoso - I La porzione anteriore del tubo neurale si espande e
suddivide longitudinalmente dapprima in tre e poi in cinque vescicole, come da schema seguente.
La regionalizzazione del sistema nervoso -
II Infine, durante lo sviluppo fetale, la porzione anteriore del tubo neurale di piega e suddivide
progressivamente nelle strutture che troviamo nell’encefalo adulto. Tutto il SNC mantiene anche
nell’adulto la struttura cava, con la persistenza dei ventricoli laterali (telencefalo), il terzo e il quarto
ventricolo centrali (diencefalo e romboencefalo, rispettivamente) e infine il canale centrale del
midollo spinale.
SINAPTOGENESI:
l’allungamento dell’assone si verifica attraverso un cono di crescita, nel quale
si distinguono un lamellipodio e numerosi filipodi. Fattori coinvolti: attiva, moisina; tubolina
(trasporto assonale), caderine, fibronectina, laminina, intergrine, netrine, semaforine (fattori
secreti), efrine, recettori Eph e fattori retrogradi (neurotrofile).
La sinaptogenesi è la formazione vera e propria delle connessioni sinaptiche tra neuroni. Fattori
coinvolti nella giunzione neuromuscolare: lamina basale sinaptica, fattori presinaptici ad es.
l’agrina, recettori ad es. Musk e fattori retrogradi (neurotrofine).
MIELINIZZAZIONE:
tra processi di maturazione del sistema nervoso, è fondamentale quello di
mielinizzazione, che interessa gli assoni di numerose popolazioni neuronali e che si completa nel
corso di molti anni. La mielina è prodotta dalla membrana degli oligodendrociti nel SNC e dalle
cellule di Schwann nel SNP, avvolta intorno agli assoni mielinici. Diversi fattori proteici sono
legati alla mielina e importanti per la sua deposizione e compatimento: Glicoproteina associata
alla mielina, Proteine basiche della mielina, Proteina proteolipidica (oligodendrociti) e Proteina
zero (cellule di Schwann).
LA GENETICA
La genetica studia le modalità di trasmissione da generazione a generazione dei caratteri
ereditari, e i rapporti tra geni (genotipo) e caratteri (fenotipo), cioè i meccanismi che a più
livelli durante lo sviluppo di ciascun individuo determinano la produzione delle caratteristiche
visibili dell’individuo stesso (fenotipo) a partire dal corredo genetico (genotipo) ereditato dai
genitori. Il comportamento, normale o patologoico, è considerato come un fenotipo, un tratto
simile ad altri che derivano dall’azione di uno o più geni in un particolare ambiente.
CARIOTIPO E CARIOGRAMMA
Il nostro genoma è rappresentato da circa 30.000 geni presenti, quasi tutti, in coppie su 46
cromosomi o 23 coppie omologhe, cioè uguali. Ogni copia di un gene costituisce l’eredità
genetica di ciascuno dei nostri due genitori. I geni non sono visibili direttamente ma i
cromosomi, preparati e colorati routinariamente con tecniche di citogenetica, sono osservabili al
microscopio. La visualizzazione grafica dei nostri cromosomi costituisce il cariogramma.
L’assetto cromosomico di una cellula somatica è detto diploide, perché costituito da coppie di
cromosomi. Cariogramma umano maschile normale (cariotipo: 46 XY) con bendaggio G. I
cromosomi metafisici hanno ciascuno due cromatidi.
Le fasi della vita della cellula si ripetono con cicli regolari e ne favoriscono la divisione e la
crescita. Durante l’interfase si svolgono una serie di fasi, la prima subito dopo la divisone è
detta fase G1 in cui la nuova cellula svolge un’intensa attività di trascrizione e traduzione che
porta all’accrescimento. Segue la fase S dove il materiale genetico viene replicato per essere
diviso. Dopo, la fase G2 che consiste nel completamento dei processi di sintesi macromolecolari
per procedere con la divisione vera e propria, la mitosi. Tanti meccanismi di controllo
intervengono nel ciclo cellulare per garantire che si passi da una fase all’altra solo dopo che si
sono completante tutte le fasi precedenti. Ad esempio, tra i fattori regolativi ci sono le proteine
cicline che garantisce il passaggio dalla fase G1 alle fase S.
Queste proteine fanno parte della famiglia Cdk come le cdc2 delle cellule di lievito necessarie
per il superamento della fase G1 alla fase G2. L’associazione tra Cdk e cicline fu scoperta grazie
al fattore necessario per la transizione tra fase G2 alla divisione meiotica e denominato MPF che
è composto da due subunità, cdc2 e ciclina B.
C’è una fase di controllo in questo passaggio dove viene verificato che la cellula abbia tutti i
fattori di crescita e nutrienti che servono per la divisione. Se ha superato il controllo la cellula
entra nella fase S, sennò regredisce in fase G0. Un altro punto di controllo è nella fase G2 dove
viene accertata che la replicazione del DNA si completa e che non sia danneggiato, in particolare
grazie al fattore di trascrizione p53 che se c’è un danno nel DNA ne blocca la replicazione per
evitare che si creino cellule con DNA malato. Se il DNA è buono si può procedere alla divisione, il
p53 viene degradato. I neuroni sono cellule post-mitotiche, bloccate in una fase del ciclo detta
G0 quindi non si divideranno mai; questo avviene dopo il differenziamento finale e un periodo di
forte proliferazione. Vengono eliminati i meccanismi di controllo della progressione del ciclo,
quindi le cellule neuronali sono metabolicamente attive ma si divideranno più.
LA MEIOSI
Durante lo sviluppo del nostro organismo, si formano le cellule prodotte dalle gonadi, le cellule
germinali, destinate a partecipare alla riproduzione sessuale, le quali nella meiosi riproducono il
numero dei cromosomi da 46 a 23 e si chiamano aploidi.
Queste cellule differenziano in gameti (gametogenesi) e nel corso di tale processo vanno
incontro alla divisione meiotica o meiosi. La meiosi è una divisone cellulare riduzionale, perché
a partire da cellule diploidi (2N) produce cellule figlie con un assetto cromosomico aploide (N),
contenenti cioè un solo cromosoma di ciascuna coppia.
RICOMBINAZIONE GENETICA
Crossing-over. Durante la profase della meiosi 1° si formano strutture chiamate tetradi,
costituite dall’associazione dei cromosomi omologhi, ciascuno presente con due cromatidi. In
tale configurazione può avvenire lo scambio di tratti di DNA tra cromatidi appartenenti ai due
cromosomi omologhi (cromatidi non fratelli), in modo da creare nuove configurazioni genetiche
e, quindi, variabilità genetica. Tale processo è chiamato crossing-over ed è identificabile
attraverso l’osservazione microscopica di strutture definite chiasmi.
LA MEIOSI NELLA FEMMINA E NEL MASCHIO
La divisione meiotica avviene con modalità (e tempi) diversi nella femmina e nel maschio.
Durante l’ovogenesi, solo una delle quattro cellule di ogni evento meiotico diventa un ovocita.
Le altre sono cellule di scarto cromosomico dette globuli polari. Durante la spermatogenesi, le 4
cellule formano invece ognuna uno spermatozoo.
Ereditarietà mendeliana
L’esistenza di alleli diversi per la maggior parte dei nostri geni produce
caratteristiche differenziate nei vari individui che sono trasmesse da una
generazione all’altra. Mendel fu il primo studioso che affrontò in termini
matematici la questione dell’ereditarietà dei caratteri e riuscì a descriverla
efficacemente.
Con il termine ereditarietà mendeliana si fa riferimento a un modello di
trasmissione di caratteri genetici semplici, codificati ciascuno da un singolo gene
(caratteri monogenici o monofattoriali). Spesso, però, diversi geni possono
contribuire insieme a determinare un unico carattere, un fenomeno noto come
ereditarietà poligenica che si definisce polifattoriale quando vi è anche un forte
coinvolgimento ambientale.
In questa lezione analizzeremo i principi della ereditarietà mendeliana e vedremo
un esempio di eccezione apparente e, per finire, l’eccezione sostanziale a questi
principi rappresentata dall’associazione genica.
Le leggi di Mendel - I
La prima legge di Mendel è nota come legge della dominanza o
legge della
uniformità degli ibridi di prima generazione.
La seconda legge di Mendel è invece nota come legge della
segregazione dei
caratteri nella seconda generazione.
Le leggi di Mendel - II
La terza legge di Mendel è nota come legge della indipendenza.
L’ereditarietà di
due caratteri si verifica secondo eventi indipendenti che si
sviluppano con
frequenze caratteristiche.
Codominanza
Esistono geni i cui alleli sono espressi entrambi, producendo modelli di ereditarietà apparentemente
in eccezione con l’ereditarietà mendeliana. Un esempio è la codominanza. Il gene I codifica un
enzima che determina i gruppi sanguigni umani del sistema AB0.
Associazione genica
L’associazione genica costituisce l’eccezione sostanziale alle leggi di Mendel. Un incrocio tra
due individui AABB e aabb (genotipi parentali), con A e B associati, produce individui di F1
secondo la prima legge di Mendel. Tuttavia alla meiosi degli individui di F1, se si verifica un
crossing-over fra i due loci A e B (sinistra), saranno prodotte combinazioni di alleli
non presenti negli individui parentali, Ab e aB, dette ricombinanti.
Se A e B sono distanti, la probabilità di crossing-over sarà alta, fino al 100%, e le
frequenze dei gameti ricombinanti, come nella indipendenza mendeliana, saranno uguali a quelle
dei gameti parentali (0,5).
Se A e B sono vicini, la probabilità di crossing-over sarà bassa, fino allo 0%, e si otterranno solo
gameti parentali come nell’incrocio monoibrido mendeliano.
Frequenze di ricombinazioni intermedie (espresse in centiMorgan) danno una indicazione di quanto
distanti sono i due loci su una mappa cromosomica.
Ereditarietà Y-linked
Con il termine ereditarietà Y-linked si fa riferimento alla trasmissione di un carattere portato dal
cromosoma X sempre espresso nel fenotipo. Un quadro di ereditarietà di questo tipo segue una
discendenza esclusivamente maschile, da padre a figlio.
Mutazioni genetiche
L’esistenza di alleli diversi per la maggior parte dei nostri geni è dovuta alla insorgenza di
mutazioni del DNA. Il materiale genetico di qualunque organismo pur essendo fedelmente replicato
e stabilmente trasmesso da una generazione all’altra, muta nel tempo per cause diverse. Le
mutazioni che insorgono nelle cellule germinali possono avere effetti sul fenotipo della progenie.
Invece, quelle delle cellule somatiche possono portare alla morte di queste o alla formazione di
tumori ma non sono trasmesse alla progenie. Variazioni di sequenza nel DNA coinvolgono tratti
cromosomici brevi, fino a un solo nucleotide (mutazioni genetiche) o lunghi, fino a un intero
cromosoma (mutazioni genomiche). In questa lezione e nella prossima analizzeremo le principali
tipologie e le conseguenza delle mutazioni geniche e genomiche e analizzeremo i polimorfismi del
DNA e il loro interesse negli studi genetici.
Tipi di polimorfismi
1 - Restriction Fragment Length Polymorphisms (RFLP)
2 - Single Nucleotide Polymorphisms (SNP)
3 - Variable Number of Tandem Repeats (VNTR) e Short Tandem Repeats (STR)
Per la nostra trattazione sarà sufficiente considerare ulteriormente gli SNP e i VNTR/STR.
Polimorfismi a singolo nucleotide
Single Nucleotide Polymorphisms (SNP)
Sono variazioni di una singola coppia di basi nel genoma che costituiscono polimorfismi biallelici:
ad es. in una certa posizione all’interno di una sequenza genica, un allele porta la base A, l’altro
allele la base G. Sono presenti in numero elevato nel genoma umano, almeno 3 milioni. Possono
essere identificati mediante Polymerase Chain Reaction (PCR) e successiva analisi per gel
elettroforesi. Oppure mediante sequenziamento diretto. Sono tra le mutazioni più frequenti nei geni
studiati per la possibile associazione a disturbi comportamentali o a tratti di personalità, ad es. i geni
che codificano i recettori della dopamina (DRD1-5), i recettori della serotonina (5-HTR), il gene
COMT, il gene BDNF.
Mutazioni genomiche
Comprendono anomalie strutturali dovute a rotture della doppia elica e ad eventuali
rimaneggiamenti originati nei processi di riparazione, che sono anche definite aberrazioni
cromosomiche.
Come per le mutazioni genetiche, agenti chimici e radiazioni possono aumentare la
frequenza con la quale si verificano.
Possono verificarsi in cellule somatiche e germinali durante i processi mitotici e meiotici. Le
prime possono essere trasmesse alla progenie e alcune di esse sono compatibili con la vita.
Le seconde possono essere associate all’insorgenza di patologie come quelle tumorali.
Comprendono:
1. Delezioni (perdita di frammenti cromosomici)
2. Duplicazioni (comparsa di frammenti cromosomici aggiuntivi)
3. Inversioni (rotazione di 180° di frammenti cromosomici)
4. Traslocazioni (trasferimento di interi cromosomi o di loro frammenti su altri cromosomi)
Aneuploidie
Sono note diverse alterazioni del normale assetto cromosomico, che producono condizioni
patologiche incompatibili con la vita oppure sindromi ben definite. Frequenti alterazioni del
normale assetto cromosomico sono dovute a errori nella divisione meiotica, sia maschile che
femminile.
Questi errori possono produrre le seguenti condizioni: Nullisomie - nelle quali mancano ambedue i
cromosomi di una coppia. Sono totalmente incompatibili con la vita e producono aborti molto
precoci.
Monosomie - nelle quali manca un cromosoma di una determinata coppia. Sono incompatibili con
la vita con l’eccezione della: monosomia del cromosoma X (45, X), sindrome di Turner.
Trisomie
Trisomie – Consistono nella presenza di tre copie di un determinato cromosoma invece di due
(polisomie). La maggior parte è incompatibile con la vita, producendo aborti spontanei. Alcune
permettono la vita per un tempo molto limitato dopo la nascita. Quando le trisomie non sono letali,
producono difetti fisici di vario grado che possono colpire più organi e apparati.
Spesso esse sono anche causa di deficit cognitivi, ritardo mentale e anomalie comportamentali.
Queste trisomie producono sindromi con fenotipi caratteristici: Trisomia 21 o Sindrome di Down
(47, +21) Trisomie degli eterocromosomi: sindrome di Klinefelter (47, XXY) superfemmina (47,
XXX)(48, XXXX) supermaschio (47, XYY)
Epigenetica
Dall’originale significato del termine coniato dal biologo britannico Conrad Waddington fin dal
1942 (epigenesi), il termine epigenetica intende oggi una serie di effetti fenotipici inspiegabili
attraverso la genetica mendeliana e attribuibili a modificazioni ereditabili del DNA e/della
cromatina che però lasciano inalterate le sequenze nucleotidiche, perciò non ascrivibili a mutazioni
del DNA. Queste modificazioni consistono nella metilazione/demetilazione del DNA,
nell’acetilazione/deacetilazione degli istoni, processi già descritti nella lezione 8_2 e includono,
secondo osservazioni più recenti, altri meccanismi post-trascrizionali della regolazione
dell’espressione genica, compreso il controllo della traduzione da parte di RNA non codificanti,
quali microRNA e long-non coding RNA, dei quali si è fatto un accenno nella lezione 9_1.
L’epigenetica attrae oggi un grande interesse nello studio del nostro comportamento poiché
l’espressione di geni neuronali è sottoposta al controllo epigenetico e può essere modificata in
maniera stabile dalle interazioni gene x ambiente.
Metilazione del DNA
La metilazione del DNA è catalizzata da una serie di enzimi denominati DNA metiltransferasi che
agiscono su residui di citosina contenuti nelle isole CpG.
Questi enzimi sono regolati:
1. Alcuni di essi durante il ciclo cellulare assicurando il mantenimento del pattern di metilazione
attraverso ogni fase S.
2. Alcuni sono attivati da specifici stimoli ambientali in vari tessuti, comprese le cellule neuronali,
modificando la metilazione e conseguente espressione di specifici geni.
La metilazione del DNA è il processo molecolare identificato come responsabile del fenomeno
dell’imprinting genomico, che caratterizza le sequenze di alcuni geni e attraverso il quale questi
geni sono espressi nelle cellule dell’organismo durante lo sviluppo e per tutta la vita, solo se
derivati in maniera corretta da uno o dall’altro genitore. Errori in questi meccanismi o mutazione in
diversi geni di una regione del cromosoma 15 umano sottoposta ad imprinting genomico producono
condizioni patologiche come la sindrome di Prader-Willi e quella di Angelmann, ambedue causa di
ritardo mentale.
Genetica di popolazione
1. Studia le differenze genetiche tra gli individui di una popolazione, i fenomeni che tendono a
mantenere costanti le frequenze alleliche di determinati polimorfismi e a farle variare nel tempo.
2. Riconosce le spinte evolutive che possono modificare omogeneamente gli individui di una
specie.
3. Permette di comprendere perché nel tempo sono mantenute nella popolazione le varianti rare,
generalmente causa di malattie genetiche anche letali.
Definizioni di base:
1. Specie: insieme di individui che vivono in qualunque parte del mondo e sono fra loro
interfecondi, possono cioè accoppiarsi producendo prole fertile.
2. Popolazione: insieme di individui appartenenti alla stessa specie che occupano la stessa area
geografica e possono accoppiarsi liberamente fra loro.
Legge di Hardy-Weinberg
Il calcolo appena effettuato può essere utilizzato per prevedere quali saranno le frequenze dei
genotipi nelle generazioni successive a partire dalla popolazione in esame. Infatti queste frequenze
dipendono esclusivamente dalle frequenze dei gameti della popolazione iniziale. Questa previsione
si ottiene con una formula proposta da Hardy e Weinberg all’inizio del 1900 con gli assunti che: 1.
la popolazione sia sufficientemente grande (infinita) 2. tutti gli individui abbiano la stessa
probabilità di riprodursi 3. l’accoppiamento fra individui sia casuale 4. la popolazione sia statica 5.
non si verifichino mutazioni che producano nuovi alleli.
Genetica di popolazione
Con questa lezione chiudiamo il nostro corso. Restano da analizzare il test di Hardy-Weinberg di
una popolazione in esame, che ha lo scopo di permettere un’analisi delle sue dinamiche genetiche,
come vedremo tra poco, e le condizioni che causano deviazioni dall’equilibrio e che sono alla base
dei fenomeni evolutivi. Selezione naturale ed evoluzione chiuderanno gli argomenti
In questo modo le caratteristiche delle popolazioni cambiano in funzione degli ambienti e se gli
individui di due popolazioni inizialmente uguali accumulano variazioni genetiche che li fanno
diversificare al punto da essere più di essere interfecondi, le due popolazioni diverse diventano
specie diverse (speciazione). Questi processi sono alla base dell’evoluzione biologica degli
organismi
Darwinismo e neodarwinismo
Inizialmente, il Darwinismo fu osteggiato dai sostenitori del creazionimo e ignorato per decenni
fino all’inizio del 1900, quando il lavoro di altri genetisti permise di riscoprire l’opera di Mendel. I
meccanismi genetici proposti da Mendel rappresentarono il substrato molecolare che spiegava le
intuizioni di Darwin sulla natura della variabilità genetica. L’integrazione delle scoperte di Darwin,
quelle di Mendel, le acquisizioni delle genetica molecolare e di popolazione e le evidenze della
paleontologia portarono nel corso del secolo scorso alla definizione del neodarwinismo, la teoria
evoluzionistica oggi più accreditata.