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Biologia cellulare e molecolare I

Sorrentino 03/11
Biologia cellulare comprendere l’organizzazione delle diverse cellule dell’organismo;
identificare come sono svolte le funzioni specializzate delle cellule; la cellula nelle
biotecnologie.
La cellula come unità fondamentale dell’organismo
Cellulatessutoorganosistemaorganismo
Le cellule derivano solo da cellule preesistenti, ogni cellula possiede informazioni genetiche
la cui espressione le consente di formare tutte le sue componenti. La membrana plasmatica
consiste di un doppio strato fosfolipidico che separa la cellula dal suo ambiente.
L’identità della cellula nasce con la membrana plasmatica  doppio strato lipidico, fosfolipidi
testa idrofila e coda idrofobica, concetto di autoassemblaggio
Le funzioni necessarie ad una cellula sono molte parti che lavorano in maniera ordinata
Membrana plasmaticagenomatrasferimento dell’informazioneutilizzazione dell’energia
La cellula procariotica è costituita da un unico compartimento.
 La membrana plasmatica di un procariote circonda un unico compartimento.
 L’intero compartimento ha lo stesso ambiente acquoso.
 Il materiale genetico occupa un’area densa all’interno della cellula.
 I batteri di archeobatteri
I procarioti rispetto agli eucarioti contengono 500 geni (micoplasmi), batteri e archeobatteri
con 1500 geni

La prima cellula vivente era un’entità autoreplicante, circondata da membrana


La cellula eucariotica contiene molti compartimenti delimitati da membrana
 La membrana plasmatica di una cellula eucariotica circonda il citoplasma
 All’interno del citoplasma ci sono singoli compartimenti, ciascuno circondato da una
membrana, organizzati per svolgere azioni contemporaneamente
 Il nucleo è spesso il più grande compartimento all’interno del citoplasma e contiene il
materiale genetico
L’identità dell’organello si distingue da differenti funzioni:
Nucleoespressione genetica per le proteine da esportare e importare, esportazione RNA
Reticolo endoplasmatico  modificazione delle proteine; proteine importate per
traslocazione cotraduzionale
Apparato di Golgi→ modificazione delle proteine; le proteine vi accedono dal RE

Organelli richiedono meccanismi di localizzazione specifica delle proteinetutti gli organelli
importano proteine dal citoplasma
Le proteine vengono trasportate verso e attraverso le membrane
Le proteine sono trasportate in organelli attraverso complessi recettoriali incorporati nella
membrana dell’organello
Le proteine vengono rilasciate nel citoplasma dopo la sintesi
Il traffico delle proteine attraverso l’apparato di Golgi e il RE
Libro biologia cellulare e molecolare
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Una cellula procariotica ha un singolo compartimento a differenza degli eucarioti che sono
divisi in compartimenti o organelli. Per questo quando si lavora con i procarioti e si lisa la
cellula avremo in soluzione tutto il suo contenuto.
Ogni tecnica di separazione degli organelli si deve adattare al tipo cellulare che abbiamo
davanti.

Istogenesi e differenziamento cellulare


L’origine di un organismo pluricellulare a partire da un’unica cellula diploide avviene
attraverso una serie di processi di replicazione che servono a produrre il numero di cellule
necessario per la formazione di tessuti e degli organi dell’organismo adulto. La formazione di
tessuti origina dal differenziamento cellulare a partire da un’unica cellula diploide attraverso
processi di replicazione e diversificazione formando i tre foglietti embrionali: ectoderma,
mesoderma ed endoderma. Prende il nome di istodifferenziamento la progressiva
organizzazione di varie popolazioni cellulari in raggruppamenti variamente organizzati detti
tessuti.

Analisi di cellule, molecole e sistemi


Gli organismi pluricellulari più complessi sono composti da un numero elevato di cellule (10 13
per la specie umana) che si possono raggruppare in diverse centinaia di isotopi cellulari
diversi da loro che si organizzano a formare i tessuti e gli organi che svolgono funzioni vitali.
Le metodologie biochimiche e molecolari ci permettono di identificare i geni e le proteine
espresse in una cellula e come queste componenti si organizzano per svolgere sia nel
citosol che negli organelli le funzioni che permettono ad una cellula di svolgere le funzioni
specifiche che la caratterizzano.

Isolamento e purificazione di cellule da espianti di tessuti o colture miste


Cicloforimetro: le cellule bersaglio in sospensione vengono inseriti insieme ad anticorpi
monoclonali dentro la macchina, vengono attraversate da un laser che legge la fluorescenza
portata dai monoclonali e a seconda della lettura viene spedita a destra o a sinistra e quindi
isolata. Gli anticorpi monoclonali vengono dall’unione del linfocita portatore di un anticorpo
con una plasmacellula tumorale in modo da ottenere singoli linfociti specifici immortalizzati
dall'ibridazione.
Per gli espianti di tessuto si mettono in coltura su piastre Petri specializzate per le cellule
eucariote, su terreno minimo essenziale per farle crescere, poi viene aggiunto un enzima
(tripsina, dipsina, pipsina?) che disgrega l’ammasso tissutale e si aspetta che questo cresca
con l’aggiunta di fattori di crescita. In coltura si può portare le cellule indifferenziate a
differenziarsi aggiungendo i giusti fattori di differenziamento.

Purificazione delle cellule e dei suoi componenti


Dopo la purificazione cellulare o su terreno in piastra Petri o in cicloforimetro si deve passare
all’isolamento del singolo organello richiesto.
● Ultracentrifuga preparativa: imprime una rotazione ad un sistema su cui si alloggiano
le provette, per prima cosa si lisa la membrana cellulare con detergenti a bassa
concentrazione o con pestello in provetta con diametro pari a quello della cellula.
Dopo questa lisi della membrana si mette in centrifuga a basso numero di giri con
900/600 giri al minuto in modo da sviluppare la forza gravitazionale che porta sul
fondo della soluzione i nuclei per poi separarli dal surnatante.
Successivamente si mette in centrifugato a 10000/12000 giri per una mezz’ora per
ottenere il mitocondrio nel pellet.
Si centrifuga a 100’000 giri per qualche ora per isolare la frazione microsomiale,
ovvero la separazione degli altri organelli e le vescicole del RE mentre in soluzione
rimangono le proteine del citosol e i ribosomi.
Con solux di saccarosio si possono creare degli strati che creano dei filtri, messi in
centrifuga gli elementi si separano ulteriormente per ottenere così perossisomi,
mitocondri e lisosomi.

Purificazione delle proteine


● La cromatografia su colonna serve per frazionare le molecole bersaglio, per
filtrazione, affinità e per scambio ionico
Si prosegue con l’elettroforesi su gel (si procede con tutta la fase di purificazione
prima perchè per vedere una singola mutazione di una proteina su 8’000/4’000
proteine si ha bisogno di isolarla con le sue copie, il numero più basso si aggira
intorno alle poche decine e il numero più alto intorno a qualche milione)
L’elettroforesi bidimensionale si ha la separazione su due fronti (banda isoelettrica e
per peso molecolare)
● Mediante anticorpi: dall’elettroforesi si trasferiscono le proteine su carta (membrana)
e si immerge in una soluzione contenente anticorpi specifici per la proteina bersaglio.

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Visualizzazione delle cellule
La cellula ha una grandezza di circa 20-30 micron, il globulo rosso circa 7-8 micron. C’è un
ordine di grandezza: occhio nudo, microscopio ottico e microscopio elettronico. Intorno a
0,2/0,3 micron si deve usare un microscopio elettronico che permette di vedere delle
strutture più piccole come virus, proteine, aminoacidi e atomi. La biologia cellulare utilizza
vari strumenti come la microscopia ottica. Il termine cellula è stato coniato da Hook nel 1665,
osservando un pezzo di sughero con un microscopio molto semplice. Nel 1670
Leeuwenhoek, con un microscopio capace di ingrandire fino a 300 volte gli oggetti, ha
descritto per la prima volta una grande varietà di tipi cellulari. Nel 1838 Sheldon e Schwann
formularono una teoria cellulare da cui deriva la nascita dell’attuale biologia cellulare.

Microscopio ottico
Microscopio ottico resta ancora oggi uno strumento fondamentale per lo studio della biologia
cellulare. Ha una capacità di ingrandimento fino a migliaia di volte e consente di visualizzare
non solo cellule intere ma anche organelli nel citoplasma. I dettagli strutturali fini dipendono
dal potere di ingrandimento del microscopio, ma dipendono anche dal potere di risoluzione,
cioè dalla capacità dello strumento di distinguere oggetti da distanze molto piccole. L’occhio
vede attraverso gli oculari, successivamente c’è un sistema di lenti con più obbiettivi con
capacità di ingrandimento diverse (x4, x10, x40, x60, x100, il massimo di ingrandimento che
si ottiene è 1000). C’è un campione porta oggetti, un condensatore, un diaframma a iride e
una sorgente di luce. La risoluzione si occupa di distinguere due punti vicini tra loro, l’occhio
umano distingue due punti fino alla distanza di 2mm, il microscopio ottico fino a 0,2 micron. Il
limite di risoluzione, ovvero la separazione limite a cui distinguiamo due oggetti, dipende
dalla lunghezza d’onda della luce e dall’apertura numerica del sistema di lenti, ovvero
l’angolo del cono di luce e l’indice di rifrazione in cui si opera. L’obbiettivo raccoglie in un
cono di raggi luminosi per creare un’immagine, il condensatore mette a fuoco un cono di
raggi luminosi su ciascun punto del campione. L’olio da immersione serve a bagnare
l’obbiettivo per avere una migliore risoluzione. Anche le lunghezze d’onda ai limiti dello
spettro visibile vengono utilizzate in fluorescenza. L’interferenza tra onde luminose
interferisce con la sua intensità: due onde in fase si sommano e creano un’onda brillante,
due onde fuori fase creano un’onda fioca.

Microscopio a contrasto di fase


L’osservazione di cellule o tessuti può essere fatta utilizzando dei coloranti ed un normale
microscopio ottico o a contrasto di fase. Si possono utilizzare delle colorazioni
(esclusivamente su cellule morte) o cellule non colorate (per le cellule vive). I microscopi con
la luce polarizzata ci permettono di avere una luce che passa attraverso la cellula e, appena
c’è una differenza d’intensità, la cellula diventa ombreggiata. Il microscopio a contrasto di
fase consente l’osservazione di strutture cellulari in vivo (le cellule non sono uccise per
fissare il colorante). I sistemi ottici convertono le variazioni di intensità o spessore delle
diverse parti della cellula in differenze di contrasto visualizzate nell’immagine finale. Per
scegliere quale tecnica usare bisogna tenere conto del:
 Campione: può trattarsi di cellule o tessuti, il preparato può essere fissato o al
contrario vivo, può essere un preparato istologico colorato o un preparato di
immunoistochimica o di immunofluorescenza.
 Dimensioni dell’oggetto di studio: questi possono infatti essere tessuti, cellule,
strutture subcellulari o proteine. 3
 Informazioni: l’analisi della struttura macroscopica o microscopica (analisi
morfologica), lo studio di localizzazione e co-localizzazione di proteine, lo studio di
mobilità di proteine (studi dinamici) o lo studio di interazioni tra proteine.
Per preparare le cellule si deve fare la fissazione, poi la permeabilizzazione, la
processazione e il montaggio. Per i tessuti e le sezioni si ha la fissazione, l’inclusione, il
taglio, la processazione e il montaggio. La fissazione serve a preservare la struttura del
preparato, nel tessuto va fatta un’inclusione perché il tessuto è più morbido, quindi, in questo
modo si rende il tessuto più resistente, sostituendo l’acqua con delle sostanze che lo
rendono più duro e resistente per il taglio e per l’osservazione.

Sequenze dei passaggi in una tipica procedura istologica


1. Fissazione di un campione di tessuto in formaldeide: serve a preservare a lungo un
campione.
2. Congelamento del pezzo.
3. Taglio al microtomo: ha lo scopo di avere delle sezioni sottili attraverso le quali può
passare la luce (microtomo, criostato, ultramicrotomo). Per essere osservato al
microscopio, un campione deve essere spesso 8-10 (max 12-15) micrometri. Più è
spesso, più l’immagine è complessa. In più solitamente i campioni sono incolori e
senza contrasto e vanno quindi colorati.
4. Montaggio su vetrino.
5. Bagni in soluzioni di colorante.
6. Disidratazione e coverslipping.
La luce del microscopio può attraversare solo materiale di spessore molto ridotto, il tessuto
deve essere sezionato mediante speciali apparecchi detti microtomi. I tessuti biologici sono
per lo più molli; prima del taglio il tessuto deve essere indurito attraverso fissazioni con
aldeidi, inclusione e congelamento.
Coloranti istologici → funzionano grazie ad interazioni acido-base, permeabilità,
sostituzione, deposizione, impregnazione, precipitazione e reazione tra tessuti. Le sostanze
acide che si trovano nei tessuti possiedono affinità per i coloranti basici e viceversa. Un
colorante molto usato è l’ematossilina (basica)- eosina (acida). L’ematossilina colora in blu-
violetto i componenti cellulari carichi negativamente come acidi nucleici, proteine di
membrana e membrane cellulari e elastina. Questi componenti sono detti basofili e si
trovano prevalentemente a livello del nucleo che assume pertanto il colore blu. L’eosina
colora di rosa i componenti carichi positivamente come proteine cellulari, mitocondriali e le
fibre collagene. Questi componenti sono detti acidofili e determinano una colorazione rosata
di tutte le rimanenti zone cellulari, il citoplasma e le sostanze extracellulari.

Citochimica e istochimica
È l’identificazione o la misura quantitativa mediante reazioni di colorazione specifiche (o
mediante metodi fisici) di costituenti chimici delle cellule e dei tessuti. Mentre nella
biochimica tradizionale il materiale biologico viene studiato tipicamente “in provetta”, la
citochimica e l’istochimica applicano le tecniche biochimiche direttamente su sezioni di
tessuto, consente di identificare i costituenti in sito. La microscopia funzionale non guarda
solo la struttura ma anche come funzionano le cellule, mentre la microscopia a contrasto di
fase rivela la presenza nella cellula e di eventuali strutture in vivo. Si può vedere la cellula
muoversi, dividersi. Per mantenere le cellule in vitro nelle condizioni ideali durante l’analisi
del campione bisogna avere una piastra riscaldante o un microscopio con incubatore (la
macchina mette in equilibrio subito la pressione di ossigeno, la CO2 e la temperatura).
L’anticorpo primario si lega all’antigene immobilizzato e poi gli anticorpi secondari, che sono
marcati, si legano al primario. Utilizzando una luce ad ultravioletti posso vedere delle
sostanze che emettono delle determinate lunghezze d’onda. Una sostanza fluorescente ha
una frequenza iniziale e una frequenza diversa quando viene eccitata. La lunghezza d’onda
4 che entra viene mandata ad un sistema di lenti e quella che esce è quella che viene
mandata dall’obbiettivo all’occhio. Tutto quello che non è della lunghezza d’onda che ho
selezionato viene filtrato e non lo vedo. Per risolvere immagini un po’ sfocate, derivate dalla
sovrapposizione di strati, intervengono i sistemi di analisi di immagine che prendono
l’immagine del microscopio e la risolvono rendendola più nitida dando dei dettagli che non si
potrebbero nemmeno intuire. Il microscopio confocale è un tipo di microscopio che va a
mettere a fuoco soltanto una parte della porzione che vado a guardare. Posso scansionare
l’immagine per ottenerne una molto pulita perché non ho la sovrapposizione delle ombre.
L’insieme delle immagini, ricostruite, mi danno un’idea dell’immagine che sto guardando. La
glutaraldeide e l’osmio sono il fissativo e il colorante più largamente usati in microscopia
elettronica. Tutto quello che vedo è in base alla resistenza e all’elettrodensità del materiale
che viene attraversato. Più sottile è, meglio è; se il fascio di elettroni attraversa una parte
molto spessa si vede tutto nero perché attraversa molte parti. Se all’anticorpo leghiamo delle
piccole particelle d’oro, al microscopio elettronico vedremo delle regioni elettrondense che
sono le regioni dove la proteina è posizionata. Possono avere due dimensioni diverse: se
sono più grandi è perché ci sono due anticorpi diversi. Il computer prende l’immagine,
riconosce delle parti ricorrenti e crea una tabella con l’immagine (in questo caso di un canale
ionico) dell’organello nella sua disposizione nello spazio (a volte visto lateralmente, a volte
inferiormente…). Successivamente potrà creare un’immagine il più simile possibile
all’immagine reale.

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Membrana cellulare
La membrana plasmatica delimita la cellula e rappresenta il prototipo delle membrane delle
cellule eucariotiche. Attraverso le proteine che contiene trasporta sostanze e segnali che la
mantengono in relazione con l’ambiente esterno. Hanno struttura semplice con doppio strato
lipidico in cui le teste polari sono rivolte verso l’esterno e con le code idrofobiche invece
rivolte verso l’interno. Al doppio strato lipidico sono associate un numero elevato di proteine
che conferiscono alle membrane specifiche e selettive proprietà funzionali. Le proteine
possono essere periferiche o integrali ed essere associate alla membrana tramite altre
proteine o gruppi di lipidici. Le membrane cellulari partecipano a eventi dinamici che ne
inducono notevoli cambiamenti strutturali con l’ingresso di agenti per endocitosi, fagocitosi o
pinocitosi oppure con la fuoriuscita di agenti tramite l’esocitosi. Agenti estranei come i virus o
batteri possono entrare all’interno della cellula adottando dei meccanismi di ingresso e
uscita legandosi a specifici recettori di membrana.
Le membrane cellulari comprendono oltre alla membrana plasmatica anche le membrane
interne che, nelle cellule eucariotiche, delimitano una serie di comparti funzionalmente
distinti. Questo è stato definito dallo sviluppo evolutivo per incrementare lo svolgimento dei
vari compiti cellulari.
Per quanto assurdo, la membrana plasmatica ricopre solamente un 2-5% della percentuale
di membrana contenuta in una cellula. La più alta percentuale si trova nel reticolo
endoplasmatico rugoso e nelle membrane interne del mitocondrio. Inoltre, i tipi di membrana
e la sua percentuale varia da tipo di cellula e dalla funzione che svolge (specializzazione)
Il doppio strato lipidico ha uno spessore di circa 5nm con una composizione lipidica e
proteica pari a circa il 50% della massa delle membrane cellulari. Numericamente i lipidi
sono più numerosi in quanto sono più piccoli rispetto alle proteine. In un micron quadrato
sono presenti 1x106 molecole lipidiche ovvero circa 109 lipidi sulla membrana plasmatica
della cellula animale. Una classica membrana cellulare contiene prevalentemente tre classi
di lipidi anfipatici: fosfogliceridi, sfingolipidi e steroidi. Una cellula contiene circa 6000 tipi di
molecole diverse con milioni di copie di esse. Questo perché sono fondamentali per molti
compiti che deve svolgere la cellula, tra cui gli aspetti dinamici.
● I fosfolipidi sono lipidi rappresentati da una testa polare e due code idrofobiche
costituite usualmente da idrocarburi, di solito acidi grassi, composto da 14-24 atomi
di carbonio. Una coda contiene 1 o più legami cis (insaturi) creando un ripiegamento
nella molecola e per questo un’aumentata permeabilità per legami intramolecolari più
deboli. La lunghezza e la saturazione dei fosfolipidi determinano la permeabilità e la
compatibilità nel legarsi a proteine di membrana. I fosfolipidi inositolo sono importanti
non solo per la struttura ma per dargli un’identità e perché sono coinvolti nei processi
di segnalazione all’interno della cellula con il rilascio dell’inositolo trifosfato e quindi la
liberazione di ioni calcio. Alla testa possono essere legati diversi gruppi chimici e
aminoacidi, tra cui la serina. La sintesi dei fosfolipidi avviene nel reticolo
endoplasmatico sul foglietto esterno che guarda il citosol. L’acido grasso che si trova
nel versante che guarda il citosol viene aggredito dall’enzima che porta il CoA e
quando questo verrà rimosso viene sostituito dal glicerolo-3-fosfato e solo
successivamente si può avere l’aggiunta di un ulteriore gruppo.
● Il colesterolo ha una struttura a gruppi di anelli che gli conferiscono una forte rigidità
e stabilità e per questo la sua presenza nella membrana modifica la permeabilità. Il
colesterolo interagisce con i fosfolipidi vicini mediante il suo gruppo -OH sulla testa
idrofilica aumentando la rigidità della membrana rendendo lo strato lipidico in cui si è
inserito meno fluido di muoversi. Da questo si può formare un dominio lipidico con
densità diversa, rappresenta un primo dominio su cui si andrà a formare un’attività
diversa. Le cellule contengono fino a 1000 specie lipidiche diverse, molte strutturali,
le interazioni preferenziali possono creare raft all’interno della membrana. Da qui
alcune proteine possono posarsi su questi raft per interazioni.
● Glicolipidi: sono solo sulla parte esterna del doppio strato lipidico. I glicolipidi sono
composti da sfingosina e tendono ad interagire tra loro. La fosfatidil-serina e la
fosfatidil-etanolammina sono lipidi citosolici mentre fosfatidil-colina e sfingomielina
sono presenti nella parte extracellulare.
● Vescicole speciali con un solo strato fosfolipidico: i lipidi possono essere presenti
all’interno di vescicole in forma neutra e quindi possono essere contenuti all’interno
di un monostrato fosfolipidico.
La fluidità, oltre ad essere dipendente dalla lunghezza degli idrocarburi sotto forma di acidi
grassi o della presenza di doppi legami, dipende anche dalla temperatura dell’ambiente in
cui la cellula è posta. Quando una cellula viene posta a calore vengono a cambiare le
interazioni tra i fosfolipidi perdendo adesione tra essi e per questo aumentando la fluidità
della membrana.
La forma della membrana è mediata da interazioni con il citoscheletro e proteine della
membrana stessa, oppure se i lipidi hanno code parallele l’uno all’altro saranno schierati di
fianco mentre se le code hanno una disposizione più a cuneo si avrà un ripiegamento della
membrana. Sul doppio strato possono cambiare i lipidi e quindi cambiare la curvatura
stessa. Quando i saturi e gli insaturi si mettono insieme si può vedere una diversificazione
nello spessore della membrana, difatti i fosfolipidi saturi creano un maggiore spessore.
Se si mettono due fosfolipidi+colina insieme si ha uno spessore di 3,5nm con anche il
colesterolo si passa a 4,0nm. Con le sfingomieline si ha da 5,6nm. Una membrana più
spessa di altre crea un ambiente diverso rispetto alle altre. Lo spessore del RE è minore di
quello del Golgi che è minore di quella plasmatica. Il dominio transmembrana deve
contenere porzioni di proteine e per questo lo spessore varia tra membrana e membrana.
Questa stabilità che una proteina prende nella porzione transmembrana dipendente dallo
spessore è una tipologia di signaling che indirizza le proteine nel sito specifico.
Le variazioni della composizione delle membrane cellulari risultano essere specifiche per le
diverse membrane in quanto la loro composizione porta ad una maggiore o minore affinità
con specifiche proteine.
I glicolipidi sono presenti sulla superficie esterna della membrana plasmatica
esclusivamente presenti nel monostrato esterno del doppio strato. La fostatidilserina e
fostatidiletanolamine sono interni mentre la sfingomielina la fosfatidilcolina e la
galattocerabiolite sono esterni. Le molecole lipidiche possono muoversi liberamente nello
strato lipidico ma possono passare da un foglietto all’altro solamente in presenza di flippasi.
Le membrane lipidiche sono sintetizzate prevalentemente a livello del reticolo
endoplasmatico e da qui trasferite a vari organelli. Il reticolo crea dei prolungamenti o regioni
del reticolo che creano contatto con quasi tutti gli organelli prendendo il nome di Siti di
Contatto tra Membrane e sono state scoperte una serie di proteine posizionate in questa
zona che creano il contatto e lo stabilizzano e a seconda della funzione che si ha in quella
regione, si aggregano alle molecole i trasportatori di lipidi. Essendo un meccanismo
dinamico non sono sempre presenti ma si formano al bisogno. I trasportatori di lipidi attuano
un lavoro puramente meccanico con uno spostamento fisico delle molecole. Queste
molecole hanno una conformazione piegata quando non devono fare contatto, o si
estendono quando fanno un contatto con un'altra membrana. Quando hanno fatto il contatto
interviene un'altra molecola che prende un lipide dalla membrana e lo passa all’altra
membrana (quando lo lascia ne prende un altro e lo porta di là). I sistemi di scambio
potrebbero bloccarsi per saturazione ma con la presenza di un’altra proteina che trasforma
le molecole non si crea mai una saturazione. La presenza di specifici lipidi nello strato
interno è importante in alcune vie di trasduzione del segnale come per esempio il
fosfatidilinositolo. La possibilità di estrarre lipidi dalle membrane cellulari ha permesso di
studiare la formazione e le proprietà delle membrane biologiche. Con il patch-clamp si
possono prendere i canali dalla membrana per studiarli.

Proteine di membrane
Costituiscono il 50% della membrana e sono associate ad essa in vari modi:
● Attraversano il doppio strato lipidico con uno o più segmenti idrofobici
● Mediante associazioni alla membrana dall’interno con lo strato lipidico mediante un
alpha elica
● Mediante una o più catene lipidiche all’interno o all’esterno
● Mediante legame con il doppio strato da legami covalenti mediato da
un’oligosaccaride o fosfatidilinositolo
● Mediante interazioni in maniera non covalente con altre proteine di membrana.
Le proteine ancorate al doppio strato lipidico da regioni transmembrana o da regioni lipidiche
o domini alpha elica sono dette integrali di membrana mentre se interagiscono vengono
dette periferiche.
L’associazione di proteine ad altre proteine di membrana è un meccanismo reversibile. È
un’aggiunta regolata da una sequenza amminoacidica. L’enzima che deve aggiungerla
riconosce questo segnale quando la cellula ha bisogno di aggiungere o togliere alla
membrana le diverse proteine.
Le proteine possono essere presenti nella porzione citoplasmatica e sulla membrana come
la proteina RAS tramite una modifica reversibile alla N-terminale o C-terminale per rendere
la membrana diversificata.
Alcune proteine di membrana non attraversano la membrana se non parzialmente come nei
pori di alcuni canali ionici o nei trasportatori. Creano microambienti che permettono il
passaggio di ioni. Le strutture a barile beta possono formare canali con un minimo di 8
filamenti beta, ma arrivano a formarsi anche dei canali molto grandi con 22 filamenti beta.
Da qui possono passare sostanze anche piuttosto grandi prevalentemente presenti nei
procarioti.

Membrane e citoscheletro
La membrana è una struttura principalmente fragile che può avere interazioni con l’ambiente
circostante o con cellule adiacenti. Con soluzione ipotonica (bassa concentrazione salina) in
modo da far entrare l’acqua nella cellula e lisarla per avere una purificazione di membrana.
Fatto con globuli rossi si permette la fuoriuscita dell’emoglobina ottenendo dei globuli rossi
fantasma perché trasparenti. La proteina che viene isolata è la spettrina ovvero una proteina
presente nel citoscheletro della membrana plasmatica che rende il globulo rosso resistente.
In un tessuto si hanno più cellule che devono essere collegate tra di loro che bloccano il
passaggio di sostanze definendo dei domini ben precisi. Come nelle sinapsi esistono regioni
presinaptiche o postsinaptiche con proteine precise per portare avanti la loro funzione. O nel
caso dei nodi di Ranvier i trasportatori sono disposti in quella regione anziché in quelle
paranodali (vicine al nodo).
FRAP → si dispongono delle proteine fluorescenti e aumentando la portata di laser si ha perdita della
funzione e della fluorescenza delle proteine. Si ottiene quindi una regione scura dove le proteine
bruciate si muovono e si disperdono ottenendo di nuovo la fluorescenza. Con dei calcoli si ottiene la
velocità di movimento delle molecole creando un grafico con la variazione di fluorescenza. Se non si
ha il movimento si deve presupporre che sia presente un dispositivo che limita il movimento delle
molecole come ad esempio un citoscheletro.

Sorrentino 12
I compartimenti definiti dalle membrane cellulari
Le membrane cellulari definiscono compartimenti con composizione diversa. Possono
passare attraverso il doppio strato molecole idrofobiche e piccole molecole neutre. Già
dall’acqua si inizia ad avere difficoltà nel passaggio libero attraverso il doppio strato. Anche
molecole organiche polari, zuccheri, ioni, proteine e grosse molecole non riescono a
passare. Il passaggio delle molecole dipende dalla funzione svolta dalla cellula.
Normalmente una cellula ha una particolare quantità di ioni al suo esterno e interno:
 All’interno della cellula è prevalente il potassio (155mM) e sono poco presenti sodio e
cloro e calcio (che ha una concentrazione di 10-4mM).
 All’esterno è presente il sodio (145mM) e il cloro, il potassio è molto basso e il calcio
ha una concentrazione di 1,5mM.
Le membrane creano quindi delle barriere che per essere attraversate richiedono specifiche
proteine. Canali e carrier sono i principali tipi di trasportatori presenti sulla membrana. Questi
agiscono secondo un gradiente di concentrazione. Entrambi creano uno spazio idrofilico
compatibile con il trasporto di molecole idrofiliche.
Carrier: la molecola interagisce con il carrier tanto da indurre un suo cambiamento
conformazionale. I carrier possono trasportare più o meno velocemente un soluto da una
parte all’altra della membrana. I carrier hanno siti di legami specifici per i soluti e vanno poi
incontro a cambiamenti conformazionali reversibili che espongono il sito di legame per il
soluto alternativamente sui due lati della membrana. Il sistema ha un doppio cambio
conformazionale che permette il passaggio, ma anche un cambio di conformazione del sito
di legame perché diminuisce l’affinità di legame. I carrier possono sfruttare anche gli ioni
idrogeno.
Canale: è un esempio di trasporto passivo perché sfrutta il gradiente di concentrazione.
Anche alcuni carrier sfruttano il trasporto passivo. Il trasporto attivo richiede energia perché
lo scambio avviene contro gradiente di concentrazione.

Trasporto attivo
Avviene contro gradiente elettrochimico e mediante idrolisi di ATP. Il legame di un soluto e
l’idrolisi di ATP inducono un cambio conformazionale. I trasporti accoppiati, i simporti o gli
antiporti, comprendono lo scambio di due molecole diverse.
Trasporto sodio/glucosio: il sodio è molto concentrato all’esterno e quindi è facile che si leghi
ai carrier. Questi, sul versante extracellulare, espongono un sito per il sodio e uno per il
glucosio che si legano e poi passano all’interno della cellula. Il trasportatore per far sì che le
molecole si liberino all’interno della cellula deve cambiare conformazione per diminuire
l’affinità di legame e permettere il rilascio. Ci sono diverse classi di pompe spinte da ATP:
 Pompa di tipo P: proteine transmembrana che sono fosforilate mentre lavorano e
sono in grado di mantenere il gradiente di sodio, potassio e calcio. Hanno un gruppo
fosfato trasferito sulla pompa che è in grado di cambiare conformazione e attivare il
trasportatore. Un esempio di pompa P è quella che trasporta il calcio nel reticolo
sarcoplasmatico. Essendo pompe di tipo P sono fosforilate per far sì che si attivino.
L’ATP fosforila la pompa su un residuo di acido aspartico, viene poi consumato un
altro ATP e la pompa si apre facendo entrare il calcio e uscire l’idrogeno. Il
trasportatore a questo punto si richiude, il fosfato si stacca ma la pompa è ancora
carica di ATP; 8 può quindi ricominciare. Anche la pompa sodio/potassio è una
pompa di tipo P e permette il mantenimento delle concentrazioni intra e extracellulari
del sodio e del potassio.
 Trasportatori ABC: trasportano piccole molecole, non sono specifici. Sono molto
presenti nei batteri. Hanno un versante extracellulare dove ci sono porine non
selettive e un versante citoplasmatico ci sono i veri e propri ABC che non essendo
selettivi possono trasportare vari tipi di molecole. La sua non selettività è dovuta al
fatto che è un trasportatore proprio dei batteri, che essendo organismi molto semplici
non hanno trasportatori diversi, quindi uno solo fa passare vari tipi di molecole. Nei
batteri servono per portare sostanze all’interno, negli eucarioti questi servono per
portare sostanze all’esterno. Questi trasportatori possono far sviluppare delle
resistenze. Il plasmodio della malaria, se trattato con clorochina (che serve per far
passare la malaria) inizia ad esprimere più trasportatori ABC che espellono la
clorochina sviluppando la resistenza. Lo stesso avviene alle cellule tumorali che
sviluppano resistenza ai trattamenti. Un altro tipo di trasportatori ABC li possiamo
trovare non funzionanti in soggetti affetti da fibrosi cistica. Questo trasportatore è un
canale regolato da ATP che fa passare il cloro. Ha la funzione di far passare il cloro
all’esterno, che normalmente accompagna la secrezione di acqua. Se il cloro non
passa il muco diventa più denso e quindi provoca infezioni. Vengono colpiti
soprattutto polmoni e pancreas. I trasportatori ABC sono regolatori della conduttanza
transmembrana della fibrosi cistica, un canale regolato da ATP per il Cl-, mutazioni
del gene causano la fibrosi cistica. Uno di questi, chiamato anche CFTR dove l’ATP
opera all’apertura del trasportatore come canale continuo per il Cl-. Una diminuita
esportazione del Cl- si accompagna a una diminuita esportazione dell’acqua dalle
cellule epiteliali, causando la disidratazione del muco che si ispessisce e si indurisce.
Trasportatore per il cloro ATP dipendente aiuta a trasportare il cloro sulla superficie
epiteliale accompagnato da acqua, per questo la sua mutazione porta alla
produzione di muco molto più denso.
 Pompe di tipo F: presenti nei batteri e nei mitocondri. Sono detti anche ATP sintasi
ovvero usano gradienti di H + durante i passaggi di fosforilazione ossidativo per
sintetizzare ATP.
 Pompe di tipo V: pompano H + invece che sintetizzare ATP. Una pompa che utilizza
ATP trasporta circa 1000 ioni al secondo, significa che usa 1000 molecole di ATP al
secondo. I canali ionici invece trasportano circa 108 ioni al secondo.
I canali ionici
Può essere composto in numero variabile da amminoacidi (un amminoacido pesa circa 110
dalton) e la regione da dove passano gli ioni è molto piccola. Il poro è una struttura intorno
alla quale vanno a lavorare 50-100 amminoacidi. Tutti gli altri servono per regolare sia
l’attivazione, per prevenire l’attivazione. I canali ionici sono selettivi, anche se esistono canali
non selettivi come il recettore dell’acetilcolina. Selettivo significa che passa uno specifico
ione. Il recettore dell’acetilcolina si apre e fa entrare ioni positivi. La selettività assoluta è al
livello della carica. I canali ionici sono attivati o dal voltaggio, o sono regolati da ligandi (che
possono essere sia esterni che interni come l’ATP), o sono regolati meccanicamente. Il poro
del canale ionico è il punto centrale che forma un filtro di selettività che guida e seleziona
ioni attraverso il canale quando è aperto. C’è un leggero gradiente di cariche che fa sì che
gli ioni vengono attratti all’interno della cellula. Le eliche esterne del canale spostano il
doppio strato lipidico e aprono e chiudono il canale. Prima di essere aperti hanno una
struttura interna che crea un’attrazione che permette l’attrazione degli ioni verso l’interno. Il
poro attraverso cui fluiscono gli ioni è costituito da due parti: il filtro di selettività e la cavità
centrale. Le eliche M2 e le anse P rivestono il poro internamente. Il filtro di elettività è la
parte più stretta del poro (12Ax3) ed è posizionato nella parte esterna del poro

Canale del potassio


È il canale più semplice. È un tetramero formato dalla proteina 2TM/1P, due domini
transmembrana e un’ansa P, formata dalle alfa eliche transmembrana, che formano un poro.
Ci sono canali del potassio formati da 6TM/1P, sei domini transmembrana e un’ansa P. Solo
due domini transmembrana formano il poro gli altri si mettono intorno; 5 e 6 formano il poro
e gli altri sono quelli deputati alla regolazione dell’apertura, sono quelli che sentono il
voltaggio. Il filtro di selettività è costituito dalle mezze 9 eliche poi ci sono amminoacidi che
regolano il passaggio. Questo è regolato da 6 amminoacidi, che partono da P0 che sta fuori
fino a P5 che sta all’interno. Si crea una struttura molto piccola che corrisponde al filtro di
selettività.

Sorrentino 15/11

Regolazione del flusso ionico rapido e selettivo dei canali del K


Come fa il canale per il potassio a far passare solo il potassio e non il sodio che è più
piccolo? Lo ione K+ viene stabilizzato nel filtro di selettività nello stesso modo in cui è
stabilizzato nell’acqua. Lo ione Na+ non ha lo stesso sito di stabilizzazione nel filtro di
selettività e quindi non riesce a passare attraverso il canale ionico per il K+. Le sequenze
TVGYG di ciascuno dei 4 monomeri espongono un ossigeno carbonilico con parziale carica
negativa che coordinano le posizioni degli ioni K in transito

Meccanismi che regolano la chiusura dei canali


il movimento verso l’esterno delle eliche interne M2 o S6 che rivestono il poro avviene su
una cerniera formata da una glicina che passando da una conformazione dritta a una
piegata induce lo stato chiuso o aperto del poro centrale.
I canali sodio
I canali sodio voltaggio dipendenti sono molto più grandi rispetto a quelli del potassio e con 6
regioni transmembrana e un’ansa ripetute in quattro subunità tramite duplicazione della
sequenza genica codificante per il canale. I canali Na+ sono attivati quando il potenziale di
membrana raggiunge una soglia critica per poi chiudersi o inattivarsi nello spazio di pochi
millisecondi. L’attivazione dei canali Na+ induce un cambiamento della concentrazione di
Na+ che interessa solo la regione vicina alla membrana cellulare e non cambia la
concentrazione globale nella cellula. I canali hanno una subunità alfa che forma il poro e il
sensore del voltaggio, a questi si associano due subunità beta1 e beta2. La struttura
prevede quattro regioni che contengono sei segmenti TM e un loop ciascuno. Il segmento 4
del poro è carico di residui positivi che indurrà l’apertura e la chiusura del canale in quanto
sensore del voltaggio. Alla subunità alfa si uniscono le beta1 e beta2. I canali si chiudono
nella regione citoplasmatica dove l’ansa di chiusura contiene tre amminoacidi (Gly e Ser) e
ripiegandosi porta gli amminoacidi ad interagire con il resto del canale e creare un tappo.
Altri canali per il sodio non dipendenti dal voltaggio hanno struttura simile, con filtro di
selettività, meccanismo di apertura e chiusura...

Canali calcio
Possono essere di tre tipi: attivati da ligandi extracellulari, attivati da ligandi intracellulari
come la calmodulina o voltaggio dipendenti per rilascio del calcio dal reticolo
endoplasmatico. Per questo il calcio può entrare nella cellula dall’esterno o rilasciato dal
reticolo endoplasmatico. Analogo al canale sodio presenta 4 regioni ripetute con 6
transmembrana con un’ansa e associate delle proteine come l’alfa 2 esterna, beta2 interna
che facilita il passaggio attraverso la membrana, delta e gamma transmembrana.
I canali del reticolo endoplasmatico che prendono il nome di recettori per l’inositolotrifosfato
che li attiva. Il legame recettore ligando induce il cambio di conformazione aprendo e
chiudendo il canale. Composto da 6 segmenti transmembrana tetrameri con ansa con sito di
legame per la calmodulina e IP3
I recettori per la rianodina sono molto più grandi rispetto a quelli per l’inositolotrifosfato.

Canali cloro
Esistono diverse famiglie per i canali del cloro e la più abbondante è la CLC, sono formati da
due subunità avente un poro. L’ipotesi è che siano due pori distinti che nel corso
dell’evoluzione si sono uniti a formare un complesso unico. Sono selettivi fino ad un certo
punto dato che esterno alla cellula esiste solo il cloro negativo. Il meccanismo di chiusura
apertura del canale si ha su un residuo di acido glutammico negativo che intralcia il
passaggio di cloro.

Acquaporine
Le acquaporine sono composte da quattro subunità associate con 8 regioni transmembrana
e regioni di selettività per l’acqua. a. Le semi-eliche e le anse fanno il filtro di selettività. Gli
amminoacidi devono creare una specifica selettività per l’acqua. Le acquaporine riescono a
discriminare i vari tipi di molecole dall’acqua in base alle dimensioni molecolari, alla
repulsione elettrostatica e in base all’orientamento del dipolo di acqua.
Canali del reticolo endoplasmatico
sono i recettori dell’inositolo trifosfato (IP3). L’interazione del ligando è quella che dà
l’energia per il cambiamento conformazionale che si trasforma in apertura e chiusura del
poro. Hanno 6 segmenti transmembrana e un’ansa; sono tetrameri. Ci sono anche i recettori
della rianodina, che servono anche questi per il rilascio del calcio, che sono molto grandi.
Questi canali hanno anche meccanismi di regolazione, che permettono il passaggio regolato
delle sostanze.

Distribuzione asimmetrica dei trasportatori


La distribuzione asimmetrica dei trasportatori facilita il trasporto transcellulare come
esemplificato nell’epitelio intestinale per il trasporto del glucosio. Questa distribuzione
asimmetrica richiede che le cellule distinguano domini specifici di membrana come la
regione apicale e quella basolaterale. Il cotrasporto porta il sodio e il glucosio all’interno della
cellula dove ne aumenta la concentrazione e ne favorisce la fuoriuscita nella regione
basolaterale. A livello della membrana ematoencefalica il glucosio arriva attraverso il sangue
e deve attraversare le cellule dell’epitelio che lo cattura al suo interno e lo deve riversare
nello spazio intercellulare per essere ripreso dall’astrocita.

Malattie associate a mutazioni di geni che codificano canali ionici


Un numero elevato di malattie nell’uomo è dovuto a mutazioni di geni che codificano canali
ionici
 Alterazioni del potenziale di azione predispongono nel cuore ad aritmia cardiaca
 Alterazioni del potenziale d’azione in neuroni diverse forme di epilessia
 La fibrosi cistica è causata da mutazioni del gene che codificano il canale CFTR, un
canale anionico per Cl- o HCO3-.
 Difetti nella secrezione nelle cellule beta pancreatiche è regolato da un canale K
regolato da calcio le cui mutazioni inducono diabete
 Diverse forme di miotonia e miopatie colpiscono canali per il calcio, Na o K nel
muscolo scheletrico.
 Ipertermia maligna

Canali operati dal voltaggio


Tutti i canali operati dal voltaggio, quindi inclusi i canali del Na+, i canali del K+ e i canali del
Ca2+ hanno una struttura omologa in quanto probabilmente derivati da un ancestore
comune. Nel lievito c’è un solo gene che codificano per un canale del K+. Nel C. Elegans,
che ha solo 302 neuroni, troviamo già 68 geni codificano per diversi canai K+

Interazioni tra fosfolipidi e acqua


L’acetone essendo polare interagisce con l’acqua. Le molecole idrofobiche, come il
metilpropano, richiedono una gran quantità di energia libera per organizzarsi in rapporto con
le molecole d’acqua, risultano quindi insolubili.

Formazione spontanea di doppi strati lipidici a partire da una soluzione di fosfolipidi in acqua
Le regioni idrofile e idrofobiche delle molecole lipidiche seguono le stesse regole e quindi
per
ottenere una situazione termodinamicamente più stabile tendono a organizzarsi con le code
di idrocarburo all' interno esponendo le teste idrofiliche all' ambiente acquoso.
Il risultato è la formazione di micelle sferiche, liposomi o di doppi strati lipidici, la formazione
di vescicole ricoperte da un doppio strato lipidico viene come conseguenza della forma e
della natura anfipatica dei fosfolipidi. Dato che non si possono formare strutture planari con
bordi liberi, i doppi strati lipidici si richiudono su sé stessi a formare degli ambienti chiusi che
sono energeticamente favoriti
La possibilità di estrarre i lipidi dalle membrane cellulari ha permesso di studiare la
formazione e le proprietà delle membrane biologiche

Formazione di membrane lipidiche artificiali


Combinando in concentrazioni adeguate diversi fosfolipidi si possono quindi produrre doppi
strati lipidici che riempiono un poro di una parete solida o formare dei liposomi con
dimensioni variabili da 25nm a 1 in dipendenza dei lipidi e delle condizioni utilizzate Queste
membrane sono utilizzate per studiare in vitro trasportatori e canali ionici.

Sorrentino 17/11

Compartimenti
I compartimenti intracellulari corrispondono ad organelli specifici che occupano circa la metà
del volume di una cellula. Se una proteina deve rimanere nel citosol viene sintetizzata da
ribosomi in soluzione, invece se fosse una proteina del reticolo endoplasmatico sarebbe
sintetizzata su ribosomi del RE.
Gli organelli richiedono meccanismi di localizzazione specifica delle proteine poiché tutti
importano le proteine dal citoplasma. Dopo la loro sintesi vengono rilasciate nel citoplasma e
successivamente si associano con il nucleo, o con un organello, e per questo devono
passare attraverso le varie membrane. Per il reticolo plasmatico, le proteine vengono
trasferite subito sul reticolo durante la loro sintesi. Anche quelle destinate al golgi e
membrana vengono inizialmente sintetizzate sul RE. I compartimenti intracellulari
corrispondono ad organelli specifici con una loro struttura ben definita che svolgono funzioni
specializzate mediate dalla presenza di proteine specifiche per questi organelli. Con
l’eccezione di poche proteine sintetizzate nei mitocondri e nei plastidi, la sintesi proteica
inizia nel citosol e il loro destino successivo dipende da segnali di smistamento che le
dirigono verso il loro destino. Tre modalità principali regolano lo spostamento delle proteine
da un compartimento ad un altro:
● Trasporto regolato: dal citosol al nucleo
● Trasporto transmembrana: dal citosol al RE e mitocondri
● Trasporto vescicolare: dal RE al Golgi e da qui a tutti gli organelli
Per capire il passaggio attraverso queste 3 vie diverse di smistamento bisogna conoscere:
● I recettori che identificano le proteine da trasportare.
● I segnali che identificano le vie da seguire e la localizzazione della meta finale del
trasporto stesso.
Molti segnali di smistamento sono codificati da 15-60 amminoacidi e molti vengono rimossi
quando la proteina viene smistata, se sono sequenze continue vengono dette sequenze
segnale se invece non sono continui ma sono raggruppati nel ripiegamento finale della
proteina sono dette zone segnale.
Es. per le proteine che entrano nel nucleo il segnale è localizzato all’interno della sequenza
per essere riconosciuto dalle importine, inoltre è puramente di natura basica.
Il recettore ha una determinata forma e presenta delle tasche dove espone degli
amminoacidi carichi e quindi quando si crea il legame con il ligando ci deve essere
un’interazione di forma e una stabilità per cariche.
Struttura e trasporto nucleare
Il nucleo al suo interno ha una sottostruttura, nucleolo, dove avvengono attività che
coinvolgono il genoma. Le dimensioni dei nuclei variano a seconda del DNA contenuto,
cellule multinucleate e cellule anucleate hanno forma e dimensioni diverse. I cromosomi
sono localizzati in specifiche regioni non separate da membrane detti territori cromosomici.
Con anticorpi monoclonali si possono vedere come i fattori di splicing si raggruppano in
domini chiamati speckles. All'interno del nucleo ci sono anche i corpi di Cajal. All'interno del
nucleo non è presente il citoscheletro. È tuttavia presente una rete di filamenti che formano
una struttura 12 detta matrice nucleare. Questa è la struttura di supporto sulla quale
poggiano le proteine che compongono il macchinario per la replicazione del DNA ad
esempio.
L’involucro nucleare a doppia membrana definisce il compartimento nucleare e contiene dei
complessi proteici detti pori nucleari. La membrana interna contatta la cromatina e un
complesso di proteine dette lamina nucleare, non altro che il citoscheletro del nucleo, la
membrana esterna invece è in continuità con il RE.
La lamina nucleare è formata da una classe di filamenti intermedi adesi all’involucro
nucleare sul lato della membrana interna, contiene proteine integrali di membrana, LAP,
associate alla lamina. Un secondo aggancio alla membrana nucleare interna è mediato da
un legame tra una proteina della lamina e un gruppo lipidico fernesilico nella membrana.

Poro nucleare
Il trasporto tra nucleo e citosol è selettivamente regolato ed operato dai pori nucleari, anche
se il poro non è estremamente selettivo. Il passaggio è bidirezionale e anche molto intenso e
vario, comprende proteine che funzionano nel nucleo ma che vengono sintetizzate nel
citosol, tRNA e mRNA sono invece sintetizzate nel nucleo ma funzionano nel citoplasma.
Ci sono circa 3000-4000 pori del nucleo di una cellula che possono trasportare
contemporaneamente in entrambe le direzioni fino a 500 molecole diverse al secondo.
Molecole di peso inferiore a 5000Da diffondono liberamente, ma molecole al di sopra dei 30-
50000 Da sono rallentate o non passano in dipendenza del crescere della loro dimensione.
IL passaggio di molecole di alto peso molecolare è mediato da recettori specifici. I pori
perforano l’involucro nucleare e sono grosse strutture del peso di circa 125MDa composti da
almeno 30 proteine diverse dette nucleoporine o proteine del complesso del poro nucleare
che si associano a formare una struttura simmetria ottagonale con le fibrille citoplasmastiche
e il canestro nucleare. Progredendo dal citoplasma verso il nucleo, troviamo in alto la
regione con i filamenti, poi c'è una regione con un anello circolare, una regione stellata, una
a raggera, e nel nucleo, un'organizzazione canestro.
Proteine istoniche passano per un singolo poro 100 al minuto, proteine non istoniche uguali
mentre le proteine ribosomiali passano 150 al minuto. In uscita subunità ribosomiali quasi 5
al minuto mentre mRNA meno di 1 al minuto.

Nucleoplasmina
La nucleoplasmina, proteina che va al nucleo, è composta da un pentamero dove ogni
subunità mostra una testa e una coda. Questa proteina è stata iniettata in un ovocita e la
molecola è entrata nel nucleo, quando gli sono state rimosse quattro code la proteina è
comunque diffusa, con solamente una coda senza testa pure, solo le teste senza le code
non diffonde e se iniettiamo le teste all’interno del nucleo questa non riesce ad uscire. Da
questo si è capito che per la nucleoplasmina è fondamentale la coda per il segnale di
direzione e diffusione nel nucleo.
Il passaggio di molecole ad alto peso molecolare è mediato da recettori specifici che ne
facilitano il passaggio attraverso i pori come il segnale di localizzazione nucleare.

La sequenza segnale
Se si cambia anche un solo amminoacido da una sequenza segnale si può cambiare
completamente il destino della proteina. Il segnale è specifico. Le sequenze segnale che
indirizzano una proteina al nucleo sono composte da 5 amminoacidi positivi che possono sia
essere messi di seguito, sia essere distanti e avvicinarsi quando la molecola inizia a
ripiegarsi. La sequenza segnale non funziona solo per proteine che svolgono la loro
funzione nel nucleo; se metto la sequenza segnale in una proteina non del nucleo, questa
andrà lo stesso lì. Il passaggio nel nucleo di proteine con un segnale di localizzazione
nucleare prevede l'interazione con recettori di importazione nucleare.

Importine
Queste sono una famiglia di geni specializzati per trasportare proteine nucleari. Alcune
proteine hanno infatti bisogno di una proteina adattatrice per legarsi ad un recettore di
importazione nucleare. Le importine facilitano il passaggio perché interagiscono con le
fibrille del poro nella parte citoplasmatica. L'interazione è mediata da sequenze ripetute di
due amminoacidi: fenilalanina e glicina. Molte proteine interagiscono con una sola importina,
l'importina β. Altre legano l'importina α che contiene i siti di legame per NLS (sequenza di
localizzazione nucleare).

Esportine
Sono recettori per l’esportazione di proteine dal nucleo. Le esportine sono state scoperte
studiando l'HIV. Studiando la sua replicazione si è visto che c'era una proteina che aiutava a
far uscire l'RNA virale dal nucleo. Il segnale di esportazione è un segnale ricco di leucine. La
proteina CRM1 è l'esportina 13 principale presente nelle cellule. L'esportina Cas lega
l'importina α e la riporta nel citoplasma. La proteina Ran GTP spinge il trasporto
bidirezionale attraverso i complessi dei pori nucleari. La Ran GTP è una proteina che
mediante l'idrolisi del GTP fornisce l'energia per il traffico bidirezionale. Il passaggio tra le
due conformazioni di Ran è regolato da due proteine specifiche: la proteina GAP attiva
l’attività GTPasica e induce Ran GTP a diventare Ran GDP, la proteina GEF invece induce
Ran GDP a diventare Ran GTP. La proteina GAP si trova nel citosol e GEF nel nucleo;
quindi, nel citosol ci sarà più Ran GDP mentre nel nucleo Ran GTP.

Il trasporto
È selettivamente regolato e operato dai pori nucleari. Proteine dai 20nm in su non riescono a
passare. Il traffico è bidirezionale. Le proteine che sono coinvolte sono quelle sintetizzate nel
citoplasma, ma che esplicano la loro funzione nel nucleo. I tRNA e gli mRNA, a contrario,
sono sintetizzati nel nucleo, ma funzionano nel citoplasma. Ci sono anche, ad esempio, le
proteine ribosomiali che sono prodotte nel citosol e poi vanno nel nucleo ad assemblarsi con
gli rRNA. Abbiamo una proteina che dal citoplasma deve passare nel nucleo. La proteina ha
una sequenza NLS che viene riconosciuta dall’importina. Grazie all’importina il carico può
attraversare il poro ed entrare nel nucleo. A questo punto l’importina deve rilasciare la
proteina e per farlo deve cambiare conformazione. Il cambio conformazionale avviene
quando l’importina lega Ran GTP. La proteina viene rilasciata nel nucleo e l’importina deve
tornare nel citoplasma. Per tornare nel citoplasma l’importina deve essere sempre legata a
Ran GTP; una volta raggiunta la destinazione, Ran GTP verrà idrolizzato a GDP e
l’importina è di nuovo libera di legare proteine da trasportare all’interno del nucleo. Per
quanto riguarda l’esportazione di proteine dal nucleo al citoplasma, queste devono legarsi a
delle esportine. Le esportine si legano a Ran GTP, subiscono un cambio conformazionale e
in questo modo sono in grado di legare le proteine che devono essere esportate. L’esportina
con la proteina e Ran passano dal nucleo al citoplasma e poi Ran GTP viene idrolizzato a
GDP e il complesso si disgrega provocando il ritorno dell’esportina nel nucleo.
Esempio → se iniettiamo una proteina in soluzione insieme alla tripsina, una proteasi, la
proteina viene degradata e non è più disponibile per il trasporto. Se invece si iniettano le
proteine e anche il mitocondrio, queste entrano dentro e sono poi protette dalla proteasi
perché rimane esterna al mitocondrio. Questo processo richiede energia.

Sorrentino 19/11

Sintesi delle proteine e smistamento tra i compartimenti


Con l’eccezione di poche proteine sintetizzate nei mitocondri e nei plastidi, la sintesi delle
proteine avviene nel citosol; quindi, per poter raggiungere gli organelli hanno bisogno di
avere delle sequenze di segnale. Se io metto delle proteine mitocondriali in soluzione e
aggiungo tripsina queste vengono frammentate, se invece io prima aggiungo il mitocondrio
queste vi entrano e vengono protette dall’azione della tripsina. Essendo i mitocondri e
cloroplasti organelli a doppia membrana necessitano di sistemi di passaggio specializzati. Le
proteine mitocondriali sono sintetizzate nel citosol e trasferite nel mitocondrio post
traduzione. Il trasferimento è diretto da segnali. Le proteine dirette alla matrice mitocondriale
hanno un segnale N-terminale che viene rimosso subito dopo l’importazione della proteina. I
segnali per le proteine dirette alla matrice mitocondriale sono formati da α eliche con residui
positivi su un lato, mentre i residui idrofobici rimangono sul lato opposto. Queste sequenze
sono ricche di amminoacidi a carica positiva, contenenti un gruppo ossidrile e prive di acido
aspartico e glutammico. La sequenza segnale dell’importazione nei mitocondri di proteine
destinate alla matrice interna viene riconosciuta da recettori proteici specifici dove l’α elica
su lega con la sua faccia idrofobica ad una fessura idrofobica del recettore che favorisce la
traslocazione a livello delle membrane mitocondriali. Si pensa che gli amminoacidi a carica
positiva siano attirati dalla carica negativa presente all’interno del mitocondrio. Le proteine
che devono andare al mitocondrio non sono ben ripiegate. Una proteina di membrana non
sta in soluzione perché ha segmenti idrofobici che la destabilizzano. Le proteine
mitocondriali, dopo che sono state sintetizzate, devono essere tenute in soluzione dalle
chaperonine. Le proteine (in generale) non si ripiegano spontaneamente e le chaperonine
aiutano il ripiegamento. La proteina, a mano a mano che viene 14 sintetizzata, non può
assumere la sua conformazione finale, perché è incompleta. Intervengono quindi le
chaperonine che aiutano il ripiegamento della proteina mediante l’utilizzo di ATP. La proteina
non viene ripiegata, viene stabilizzata dalle chaperonine.

Trasporto di proteine nei mitocondri


Essendo organelli a doppia membrana sono selettivi nel passaggio di sostanze. Per questo
per permettere l’ingresso di proteine hanno bisogno di molecole trasportatrici. Le proteine
trasportatrici sono sintetizzate nel citosol, i segnali per le proteine della matrice sostengono
una serie di amminoacidi che formano l’alfa elica anfipatica ovvero con residui positivi e
residui idrofobici disposti su lati opposti. Le sequenze segnale per le proteine dirette alla
matrice interna vengono rappresentate dall’alfa elica che si lega con dei recettori specifici
dove si lega a livello della sua faccia idrofobica ad una fessura idrofobica del recettore
favorendo la traslocazione a livello delle due membrane. Una proteina di membrana non sta
in soluzione in quanto la presenza di porzioni idrofobiche la destabilizzano, per questo
quando si ha una proteina neosintetizzata necessita l’azione di proteine come la Hsc70 o
chaperonine o heat shock, chiamate così perché se si pone una cellula a calore si altera la
conformazione proteica e per questo sono necessarie molte più chaperonine che
stabilizzano le proteine. Quindi le chaperonine impediscono il ripiegamento delle proteine
che devono raggiungere il mitocondrio, questo perché essendo proteine che devono
attraversare un trasportatore per risparmiare energia non si permette il ripiegamento e solo
dopo il passaggio saranno attaccate da chaperonine mitocondriali che le aiuteranno ad
ottenere la loro conformazione funzionale.
Quando la proteina arriva a livello della membrana esterna incontra il recettore TOM 20/22 e
si affiancherà al trasportatore TOM 40. Questo complesso interagisce con la componente
TIM 44 della membrana interna.
Altri trasportatori sono presenti sul mitocondrio, come SAM per la membrana esterna e OXA
per la membrana interna. Le proteine di membrana mitocondriali hanno struttura a barile
beta che essendo più difficili da passare attraverso la membrana vengono trasportate
attraverso SAM che ne favorisce il folding nella membrana esterna.
Il complesso TIM 23 lavora sulla membrana interna e aiuta le proteine ad inserirsi nella
membrana interna, mentre altre passano per il complesso TIM 22 per la multipasso.
Il complesso OXA media principalmente l’inserzione su membrana di proteine provenienti
dal citosol mitocondriale o prende proteine di TOM-TIM che sono arrivate nella matrice e che
devono inserirsi in membrana. Quindi per il passaggio di proteine attraverso TIM-TOM si
deve avere una serie di associazioni tra proteine trasportatrici, tra cui TOM 20-22 e TIM 23-
17-44-50 e le chaperonine che aiutano la proteina appena passata. Non è necessario che
questi due complessi lavorino insieme, se una proteina deve inserirsi nella membrana
esterna basterà avere solamente TOM. Se invece una proteina deve andare nella
membrana interna presenta la sequenza segnale che permette il passaggio attraverso TOM
e TIM, ma subito sopra si ha una sequenza di stop che blocca il passaggio ed elimina la
sequenza segnale permetto alla proteina di mostrare una porzione nello spazio
intermembrana. Altrimenti questa proteina può essere liberata in soluzione tra lo spazio
intermembrana tramite una proteasi se mostra un segnale di taglio. Altrimenti la proteina può
accedere al citosol e sulla sequenza di taglio avviene la rimozione del primo segnale, ma
avendo una seconda sequenza si lega al complesso OXA e qui viene inserita nella
membrana interna.
Se si ha il passaggio di una proteina senza l’ausilio di TIM questa rimane nello spazio
intermembrana e tramite l’azione delle chaperonine viene stabilizzata. Si associa al
complesso SAM che la ripiega a barile beta e la inserisce nella membrana esterna.
Per le proteine multipasso si ha l’azione di TIM 22, ma prima avviene il passaggio attraverso
TOM, la stabilizzazione da parte delle chaperonine e solo dopo si ha il passaggio attraverso
TIM22.
Tutte queste proteine hanno un sistema di ossidoriduzione. Nel citosol sono in uno stato
ridotto, e nello spazio intermembrana vengono ossidate e questo induce alla formazione di
legami di solfuro, che stabilizzano la molecola.
Trasporto attraverso perossisomi
Organelli che contengono enzimi ossidativi tra cui catalasi e ossidasi, che sono così
concentrati da formare cristalli durante le preparazioni di campioni per la microscopia
elettronica. Le funzioni associate ai perossisomi prevedono la rimozione di atomi di idrogeno
a partire da substrati utilizzando ossigeno molecolare in una reazione ossidativa. La catalasi
a sua volta utilizza H2O2 per ossidare substrati in una reazione perossidativa. Le
ossidazioni operate nei perossisomi servono a detossificare diversi composti nelle cellule
epatiche, nei perossisomi avviene la degradazione degli acidi grassi e beta ossidazioni per
produrre Aceti-coenzima A. I perossisomi si formano a partire dal RE dove si inseriscono le
proteine Pex 3 e Pex 16 cui si aggiunge la Pex 19. La successiva aggiunta di proteine dal
citosol avviene dopo identificazione dei segnali PTS1 (Ser-Lys/Arg-Leu) al COOH e PTS2 N-
terminale dai trasportatori solubili Pex5 e Pex7. Questi poi interagiscono con il recettore di
membrana Pex14. Un insieme di diverse proteine contribuisce a formare il complesso di
traslocazione (Pex2, Pex10, Pex12, Pex13, Pex14, Pex17). Il trasferimento delle proteine
nella matrice perossisomiale richiede la presenza del segnale Ser-Lys-Leu o SKL al C-
terminale delle proteine, un trasportatore solubile nel citosol (Pex5) e diversi recettori
(Pex14) sulla membrana dell’organello. Quest'attività porta all' accrescimento del
perossissoma, cui può seguire eventualmente la divisione. I perossisomi si accrescono per
aumento delle loro dimensioni e poi si dividono sotto lo stimolo della proteina Pex11.
Circa 23 proteine, perossine, agiscono nel processo di importazione che richiede ATP nei
perossisomi. Il complesso multiproteico per il trasporto delle proteine effettua il
riconoscimento a livello di recettori associati alle proteine stesse, sul citosol. Sia il recettore
che il trasportatore prendono il nome di PEX e il recettore solubile è il Pex 5. Altre proteine
formano un canale si occupano di traslocare nella matrice le proteine da importare. Pex5
può traslocare anche proteine PTS2, Sembra ché Pex5 possa seguire la proteina da
importare nella traslocazione della membrana per poi venir riciclata nel citosol.
Alternativamente Pex5 potrebbe formare oligomeri nella membrana insieme alle proteine
trasportate e favorirne il passaggio attraverso la membrana, Pex1 e Pex6 mediano il rilascio
di Pex5 dai perossisomi. Altre proteine Pex 3, Pex 16 e Pex 19 sono responsabili
dell’inserimento delle proteine di membrana. Pex19 sembra essere il recettore per
l’importazione di queste proteine. Le proteine perossisomiali sono ripiegate nel citosol e lo
rimangono quando attraversano la membrana. Sembra quindi che il canale formi un poro
con diametro 10-15 nm. Mutazioni in diverse proteine che regolano l’import nei perossisomi
portano a diverse malattie, una mutazione su Pex 12 impedisce l’import delle catalasi,
mentre su Pex 3 impedisce la formazione dei perossisomi. La sindrome di Zellweger è
dovuta a mutazioni di proteine cruciali per la formazione del perossisoma stesso.

La complessità degli organelli e la regolazione della forma degli organelli


Gli organelli hanno forme complesse e conservate. Immagini al microscopio elettronico (EM)
di lievito, Pichia pastoris (a) e una cellula di rene di ratto normale di mammifero (NRK) (b)
che mostra: lo stack di Golgi (G), il nucleo (N), il reticolo endoplasmatico periferico (ER), il
mitocondrio (ND) e il vacuolo o il lisosoma (V o L). Notare le forme simili di organelli in
entrambe le cellule. La barra della scala in a rappresenta 0,5 microm e in b rappresenta I
microm Singola sezione di un tomogramma tridimensionale di un mitocondrio in un dendrite
di un neurone di pollo (e). Le sezioni in riquadro evidenziano la spaziatura conservata di ~
20 nm tra le membrane mitocondriali interne ed esterne (S) e il diametro di ~-30 mm dei
tubuli delle creste (d). Barra della scala 0,1 microm. Immagine EM di una cellula NRK che
mostra le cisterne multiple di uno stack di Golgi (f). Notare la spaziatura intercisterale
regolare (~- 20 nm) e la spaziatura del lume intracisternale irregolare. Barra della scala 0,2
microm

Reticolo endoplasmatico
Il RE è formato da tubuli e cisterne, strutture piatte, tutte connesse tra loro e stabilizzate dal
contatto con i microtubuli. Questo fa capire quanto sia fondamentale avere una struttura
stabile di base per il mantenimento della forma degli organelli. Queste possono essere la
disposizione dei fosfolipidi, l’inserzione di proteine nella membrana, interazioni con
microtubuli o proteine che mantengono una spaziatura precisa tra due membrane.
L’importazione di proteine nel RE è prevalentemente co-traduzionale e quindi avviene nel
RE ruvido sui ribosomi legati. Il reticolo sarcoplasmatico ha sottodomini

Sorrentino 22/11
Sequenza segnale del RE
La scoperta della sequenza segnale dovuta alla differenza in peso molecolare tra una
proteina secretoria sintetizzata:
1) in cellule intere o in un sistema in vitro o "cell free"
3) dopo aggiunta al sistema in vitro di vescicole purificate di ER con le quali poi la proteina
risultava associata.
Le sequenze segnale dell’ER differiscono tra le diverse proteine, sia per lunghezza che per
sequenza, in comune hanno una sequenza centrale con proprietà idrofobiche affiancata da
aminoacidi carichi

Il reticolo endoplasmatico
L'importazione di proteine nell ER avviene sull' ER ruvido ed è co-traduzionale. Le proteine
che vengono prese dal citosol per essere traslocate all' interno dell’ER sono sia proteine
transmembrana che vengono integrate nella membrana dell’ER che sono proteine solubili
che vengono quindi ‘closed translocator’ traslocate attraverso la membrana dell' ER e
rilasciate nel lume interno dell'organello. L'identificazine e l'inizio della traduzione di queste
proteine è legato ad una sequenza segnale per I' ER, mediante un meccanismo comune a
tutte queste proteine. In questo modello la sequenza leder serve per avviare la traslocazione
e viene poi tagliata via dalla proteina da una peptidasi prima ancora del completamento della
traduzione della proteina. Una particella di riconoscimento del segnale (SRP) dirige le
sequenze segnale per I'ER ad un recettore sulla membrana dell’ER ruvido L' SRP è formata
da 6 catene polipeptidiche e da una piccola molecola di RNA. SRP si lega alla sequenza
segnale ed a un recettore sull' ER. Le sequenze segnale per il trasferimento all ER
prevedono 5-20 aa idrofobici all' N-terminale che differiscono tra proteine diverse nella
sequenza ma non nella idrofobicità della sequenza. La tasca nell' SRP che lega le sequenze
segnale riconosce con relativa precisione la sequenza idrofobica e non gli specifici
aminoacidi che la compongono; pertanto, l’SRP riconosce diverse proteine con segnali
diversi.
Una particella di riconoscimento del segnale (SRP) dirige le sequenze segnale per l’ER ad
un recettore della membrana del RER
L' SRP è formata da 6 catene polipeptidiche e da una piccola molecola di RNA, nello
specifico SRP54 si occupa dell’interazione con la sequenza segnale e con il recettore. L'
SRP si lega alla sequenza segnale ed a un recettore sull'ER. La sequenza segnale della
proteina che si sta formando interagisce con il complesso SRP (particella di riconoscimento
del segnale o signal recognition particle) che nei mammiferi è formato da 6 proteine e da un
piccolo RNA di 300 nucleotidi detto RNA 7S. Ognuna delle 6 proteine svolge una funzione
diversa:
 SRP54 lega la sequenza segnale della proteina che si sta formando
 SRP9 e SRP14 legano la subunità maggiore del riboosoma
 SRP68 e SRP72 servono per la traslocazione della proteina
 L'altra proteina riconosce uno specifico recettore presente sulla membrana del
reticolo endoplasmatico rugoso
Le sequenze segnale per il trasferimento all ER prevedono 5-20 aa idrofobici all' N-terminale
che differiscono tra proteine diverse nella sequenza ma non nella idrofobicità della
sequenza. La tasca nell' SRP che lega le sequenze segnale riconosce con relativa
precisione la sequenza idrofobica e non gli specifici amino acidi che la compongono;
pertanto, I' SRP riconosce diverse proteine con segnali diversi. La capacità del SRP di
interagire con sequenze segnale diverse della proteina è mediate dalla presenza di alcune
metionine che sono flessibili e idrofobiche permettendo quindi l’adattabilità dell’SRP54 alle
diverse sequenze che deve riconoscere. Una particella di riconoscimento del segnale (SRP)
dirige le sequenze segnale per I' ER ad un recettore sulla membrana dell’ER ruvido. L' SRP
dopo aver legato la sequenza segnale blocca il sito di legame del fattore di allungamento tra
la subunità maggiore e quella minore del ribosoma creando una pausa nella sintesi della
proteina che permette al ribosoma di agganciare sempre tramite la mediazione dell’SRP un
recettore sulla membrana dell’ER ruvido. La subunità SRP54 lega la sequenza segnale del
peptide nascente mentre le subunità SRP9 e SRP14 insieme all'RNA 7S legano il ribosoma
e rallentano l’elongazione della proteina. Una particella di riconoscimento del segnale (SP)
dirige le sequenze segnale per I' ER ad un recettore sulla membrana dell’ER ruvido L'SRP si
lega alla sequenza segnale ed a un recettore sull' ER. SRP si lega a SR, sono entrambe
GTPasi, e grazie al rilascio di energia SRP si stacca dalla sequenza segnale e il ribosoma si
posiziona sul traslocone. Riprende la sintesi della proteina che verrà rilasciata direttamente
nel lume del reticolo. La sequenza segnale viene tagliata da una peptidasi e la proteina è
pronta per successivi eventi di maturazione. Il complesso del traslocatore o complesso
Sec61 contiene 3 subunità conservate (a, ß, y). La struttura cristallina del complesso indica
che una catena a-elica si
sposta per aprire in maniera altamente regolata il poro centrale e far passare il polipeptide.

Il traslocatore
Per fare tutti questi processi c’è bisogno di GTP. GTP si lega a SRP e al recettore sul
reticolo. Quando il recettore sta facendo passare la proteina, il poro che si crea per far
passare il peptide non fa passare nient’altro, nemmeno l’acqua. Il complesso del traslocatore
contiene 3 subunità. Inoltre, ha un tappo che tiene chiuso il traslocatore; quando deve
passare il peptide questo occupa il posto del tappo di modo che passi solo lui, e non passi
altro. La struttura cristallina indica che una catena α elica si sposta per aprire in maniera
altamente regolata il poro centrale per far passare il peptide. Il traslocatore si chiama sec61.
Quando il canale vinee attivato dall’arrivo del ribosoma e della sequenza segnale questo
ruota e il tappo si sposta lateralmente per lasciare lo spazio al peptide. Quando inizia il
passaggio, la sequenza segnale rimane nel traslocatore perché poi la sequenza segnale
dovrà essere tagliata via. Le chaperonine aiutano a stabilizzare la proteina. Alcune proteine
passano invece dopo la loro traduzione. In questo caso al complesso sec61 si aggiungono
altri complessi sec: il 62, 63, 71, 72. Questi aiutano a far passare la proteina nel lume del
RE. Quando la traslocazione è co-traduzionale il peptide viene spinto mentre è sintetizzato.
Nell’altro caso la proteina va spinta dentro e questo viene fatto da Bip, una proteina che usa
ATP. Bip si lega nel lume del RE e in questo modo non può tornare indietro. A mano a mano
che entra si legano molte proteine Bip che tirano il peptide nel lume del citosol. Bip fa parte
delle chaperonine e fa parte della classe Hsp70. La funzione di Bip è associata anche alla
proteina GRP94 che si attiva successivamente, quando la proteina è parzialmente ripiegata.
C’è un altro meccanismo per l’inserzione di proteine nel RE che coinvolge le proteine di
membrana. È l’inserzione mediante la coda delle proteine. La proteina viene sintetizzata e
riconosciuta dall’ATPasi Get3 che si associa a Get1 e Get2, che si trovano nella membrana.
In questo modo la proteina viene inserita transmembrana e la regione carbossiterminale
sporge soltanto nel citosol.

Proteine di membrana del reticolo


Devono associarsi al reticolo e la loro inserzione può essere singola o multipla. L’inserzione
ha un orientamento che è importante per far sì che questa svolga poi la sua funzione. Il
peptide viene sintetizzato prima dall’estremità amminoterminale e viene trasportato nel lume;
la parte N-terminale si trova nel lume, la parte C-terminale è nel citosol. Le proteine di tipo 2
hanno un orientamento opposto; hanno l’estremità N-terminale nel citosol e la C-terminale
nel lume del reticolo. Il tipo 3 ha il grosso della proteina che sporge con il C-terminale nel
citosol. Il tipo 4 sono le proteine multipasso e il tipo 5 sono associate alle GPI (glico-
fosfatidilinositolo). Il segnale di stop di trasferimento corrisponde alla regione
transmembrana. Ci sono due segnali: uno che manda la proteina al reticolo e uno che
stoppa il trasferimento. Nel poro la sequenza segnale viene sempre messa di lato per
essere tagliata. Subito dopo la sequenza di stop di trasferimento ci sono amminoacidi carichi
positivamente di modo che la proteina non continui a passare. Il segnale per le proteine di
tipo 2 non è all’inizio, ma nel centro. La parte N-terminale rimane fuori e la C-terminale si
elonga all’interno. Se ci sono più segmenti transmembrana ci sono segnali di inserzione e di
stop e quindi la proteina si blocca e poi ricomincia a passare.

Sorrentino 24/11
Glicosilazione
È un fenomeno che riguarda le proteine dentro il RE. Si può avere, ad esempio, la N-
glicosilazione, sui residui di asparagina. Viene aggiunto un’oligosaccaride precursore che ha
14 monomeri che si legano al residuo amminoterminale. Ha 2 N-acetilglucosammina, poi 9
residui di mannosio e poi sporgono 3 residui di glucosio. La N-acetilglucosammina si lega
all’asparagina. Appena la proteina sporge dal traslocatore viene subito glicosilata. La
glicosilazione seve per il corretto ripiegamento della proteina. Quando il peptide nesce
comincia a ripiegarsi, e a seconda del tipo di proteina agisce il modo diverso. Le proteine si
iniziano a ripiegarsi in base alla loro lunghezza e a mano a mano che vengono sintetizzate
devono ristabilizzarsi. Una proteina ben ripiegata non espone zone idrofobiche perché si
trova in soluzione. Le regioni idrofobiche esposte indicano un mal ripiegamento della
proteina. Anche la glicosilazione avviene quindi co-traduzionalmente. Non tutte le
asparagine vengono però glicosilate. Quella che deve essere glicosilata ha una specifica
sequenza: asparagina-qualsiasi amminoacido-serina/treonina. L’enzima vede se c’è questa
sequenza e se c’è si trasferisce la catena oligosaccaridica. Il dolicolo (con due gruppi
fosfato) è ancorato alla membrana del reticolo e sporge nel versante citoplasmatico. A
questa molecola vengono aggiunte 2 N-acetilglucosammine e 5 mannosi. A questo punto
questa catena con un movimento di flip-flop viene portata all’interno del reticolo. A questo
punto vengono aggiunti gli altri 4 mannosi e i 3 glucosi che vengono portati nel lume del
reticolo allo stesso modo di come viene portata la prima molecola più grande (con il dolicolo
e il flip-flop). A questa punto la catena può attaccarsi alla proteina solo se ha una sequenza
precisa: asparagina-x-treonina/serina. C’è un’oligosaccaride transferasi che trasferisce gli
zuccheri all’asparagina. Le proteine glicosilate sono più stabili, e permettono il corretto
ripiegamento e il mantenimento in soluzione. Se il glucosio non viene tagliato la proteina non
riesce ad uscire dal reticolo. Una proteina ben ripiegata funziona, un mal ripiegata potrebbe
precipitare e non è funzionale, non è in grado di svolgere la sua funzione.

PDI
Le proteine hanno residui di cisteina che permettono la formazione di ponti di solfuro che
stabilizzano la proteina. I residui di solfuro vengono ossidati per fare un legame di solfuro. I
ponti di solfuro devono essere fatti correttamente sennò la proteina viene degradata. La
cellula al suo interno ha proteine che interagiscono con i gruppi SH. Ad esempio, PDI
favorisce lo scambio tra i legami di solfuro. Si forma un legame tra un residuo di cisteina e
PDI; questo legame poi avverrà tra i due residui di cisteina e PDI se ne va. PDI può
intervenire anche per spostare legami scorretti. Rende reversibile la formazione di questi
legami. PDI dopo che ha svolto il suo lavoro interagisce con Ero1 che gli conferisce la sua
attività.
Il ripiegamento delle proteine
Le proteine iniziano a ripiegarsi mentre vengono sintetizzate; a mano a mano che si
ripiegano, se vanno fuori dalla linea corretta di ripiegamento intervengono le chaperonine di
modo che possano proseguire. Se non riescono a ripiegarsi in modo corretto, vengono
eliminate.

Sistema ubiquitina-proteasoma
Le proteine ripiegate male se non riprendono la loro struttura corretta sono indirizzate per la
degradazione nel proteasoma e la cellula deve impedire che queste proteine si aggregano in
quanto formerebbero dei complessi tossici (amiloidi e prioni). Le proteine quindi mal piegate
vengono traslocate indietro nel citosol e qui deglicosilate, ubiquitinate e mandate nel
proteasoma per essere degradate. Quindi la proteina passa attraverso un poro del RE e
viene ubiquitinata e viene degradata dal proteasoma, questo può avvenire anche prima della
fine del folding.
Il proteasoma consiste di una struttura organizzata con al centro un nucleo cavo centrale
che contiene l’attività proteasica in un anello con sei unità da 20S. Alle estremità sono
presenti strutture cappuccio da 19S che contengono proteine svolgitrici della famiglia AAA.
L’ubiquitina è un polipeptide piccolo composto da poche decine di aa. Ha struttura definita
da, all’estremità C-terminale si ha un attacco alle proteine tramite delle lisine. Corrisponde
ad un marcatore per proteine mal ripiegate.
La presenza di un numero elevato di proteine non ripiegate attiva un segnale che attraverso
3 vie diverse è capace di attivare programmi specifici di trascrizione genica di risposta allo
stress. Ci sono tre sensori per proteine ripiegate male tra cui IRE1 ha un’attività
ribonucleasica, ovvero taglia l’introne di un messaggero e quindi questo viene tradotto,
PERKK è il recettore che blocca la sintesi proteica e attiva la traduzione selettiva delle
chaperonine, ATF6 che legano Bip con affinità bassa, per cui finché è abbondante non
succede niente ma quando aumenta la concentrazione di proteine ripiegate male nel citosol
si ha l’attivazione del sensore. ATF6 che in assenza di Bip viene mandato attraverso
vescicole al Golgi e qui subisce un taglio e diventa così un fattore trascrizionale che fa
produrre le chaperonine. Il segnale che nasce dal distacco di Bip dai sensori provoca la
fosforilazione e quindi l’inattivazione del fattore di inizio della traduzione, vengono attivati dei
fattori trascrizionali che aumentano la capacità di ripiegamento delle proteine quindi si ha la
sintesi delle chaperonine. I messaggeri delle chaperonine non subiscono il blocco della
traduzione; quindi, anche se la sintesi proteica è ferma queste possono essere sintetizzate.
ATF6 attivato viene mandato nel Golgi dove viene tagliata la regione legata alla membrana
liberando la regione solubile che altro non è che un fattore trascrizionale per le chaperonine.
IRE1 ha un dominio ribonucleasico dove elimina gli introni da un mRNA che avrà sarà un
regolatore di trascrizione per chaperonine.

Le principali famiglie di chaperons del RE


Il reticolo endoplasmatico contiene molte famiglie di chaperons, come le proteine dello shock
termico (Hsp)40, Hps70 e Hsp90. Il RE contiene anche chaperon ed enzimi per il
ripiegamento che sono unici, come calnexina e calreticulina e la famiglia delle ossidoriduttasi
tiolo-disolfuro
 Hsp7Os  La proteina principale di questa famiglia è Bip, che partecipa a numerosi
aspetti del controllo di qualità dell’ER (QC). Si lega a varie proteine nascenti e
assiste il loro ripiegamento, Inoltre, è coinvolta nei processi di degradazione ER-
associata e alla risposta della proteina non ripiegate correttamente. Le funzioni del
secondo membro della famiglia Hsp70, proteina glucosio-regolata (GRP) 170, poco
note,
 Hsp40  Sono note cinque proteine ER della famiglia Hsp40 (ERdj1-5) Queste
contengono un dominio J luminale in grado di stimolare l'attività ATPasica di BIP in
vitro
 Hsp90  L'unico membro della famiglia conosciuta Hsp90 è GRP94. Nonostante sia
abbondante, non è essenziale per la vitalità cellulare e sembra limitare le interazioni
ad un piccolo insieme di substrati.
 Isomerasi peptidil-prolyl Isomerasi peptidii-proly1 (PPlases), due principali famiglie
PPlase - il cyclophilins e FK506-binding proteine – si trovano nel ER. Catalizzano la
conformazione cis / trans di alcuni peptidi con attività di peptidil-prolyl isomerasi
 Calnexina e calreticulin  questi due proteine interagiscono e assistono il
ripiegamento delle proteine che trasportano glicani legato a Asp
 Ossidoriduttasi tiolo-disolfuro  questa grande famiglia di enzimi, di cui la proteina,
disolfuro isomerasi, PDI, è la più nota catalizza l’ossidazione, isomerizzazione e
riduzione dei legami disolfuro

Trasporto vescicolare Sorrentino 26/11


Una volta che le proteine sono entrate nel reticolo viaggiano attraverso le vescicole, non
ritornano libere nel citosol. Da qui andranno all’apparato di Golgi che le smisterà nei vari
compartimenti sempre tramite vescicole. C’è il comparto donatore, da dove parte la
vescicola, un comparto terminale al quale sono destinate. Il contenuto che deve andare ad
uno specifico organello deve essere messo in una vescicola precisa che lo porti a
destinazione. Le proteine escono dal reticolo per andare all’apparato di Golgi e da qui
possono andare agli endosomi, lisosomi, alla membrana o all’esterno. La cellula utilizzando
l’endocitosi, è in grado di prendere materiale dall’esterno. La via che porta il materiale verso
l’esterno è la via esocitotica. L’endosoma precoce riceve gli enzimi litici e incontra ciò che è
stato fagocitato dalla cellula; questo processo prevede che la via esocitotica e endocitotica si
incontrano. Il passaggio tra un comparto cellulare e l’altro richiede ATP e sostanze solubili
nel citosol. Se isoliamo le cisterne del Golgi e lo mettiamo in provetta senza ATP e senza
citosol, il trasporto tra queste vescicole non avviene. Se si aggiungono ATP e citosol la
reazione parte in modo efficiente. Le proteine solubili del citosol interagiscono con le
vescicole e aiutano a svolgere la loro funzione. Il movimento delle proteine attraverso vari
compartimenti intercellulari può essere bloccato da cambiamenti della temperatura.

Vescicole
Possono essere rivestite da clatrina, COP1 e COP2. Hanno tra di loro strutture diverse
perché sono utilizzate per trasporti diversi. Quelle rivestite da clatrina regolano il trasporto
dal Golgi alla membrana plasmatica, all’esterno o ai lisosomi. Quelle rivestite da COP1
mediano il trasporto che dal Golgi torna indietro verso il RE o verso le cisterne precedenti.
Quelle rivestite da COP2 mediano il trasporto dal reticolo verso il Golgi. Le vescicole
dipartono dalla zona trans del Golgi.

Clatrina
È formata da 3 catene leggere e 3 catene pesanti che si organizzano a formare una struttura
denominata triscele. I trisceli di clatrina si assemblando a formare canestri fatti da strutture
pentagonali o esagonali che rivestono le membrane. I trisceli di clatrina si possono anche
assemblare in assenza di membrane per formare gusci proteici. Oltre alla clatrina una serie
di proteine adattatrici si posizionano tra la clatrina e la membrana. La clatrina ha ad esempio
il ruolo di formare vescicole contenenti recettori carichi. Ai recettori si legano diverse
proteine e quindi si formano vescicole rivestite da clatrina che sono diverse. Il rivestimento di
clatrina viene perso subito dopo il suo distacco dalla membrana. Poi la clatrina verrà
riutilizzata. La vescicola viene staccata dalla membrana grazie ad una proteina regolata da
GPT, la dinamina. Si lega al dominio lipidico PI (4,5) P2 (fosfatidilinoitolo 4-5 bifosfato). Ci
sono però, a volte, dei mutanti della dinamina e le vescicole rimangono attaccate alla
membrana continuando ad elongarsi. Quando la vescicola si stacca la clatrina si disperde.
Per eliminare la clatrina interviene una Hsp70. Le proteine adattatrici si staccano insieme
alla clatrina. Dopo il distacco della vescicola e la perdita del rivestimento, l’acidificazione
dell’endosoma determina il distacco del carico dai recettori.

Altri adattatori
A livello della membrana plasmatica l’adattatore è diverso rispetto a quella che ci può essere
sull’endosoma o nel Golgi. Questi servono ad organizzare le vescicole sempre ricoperte da
clatrina, ma che hanno un’organizzazione interna diversa. Ogni adattatore è formato da
tante subunità proteiche diverse. AP2 si lega al PI (4,5) P2 presente prevalentemente sulla
membrana plasmatica, mentre AP1 si lega a PI4P presente sul Golgi e sugli endosomi.
Quindi ogni adattatore ha un’affinità maggiore per qualche specifico fosfatidil inositolo.
Ognuno di questi è specifico per un organello. Questi adattatori hanno delle parti chiamate
“orecchie” che interagiscono con la clatrina.

Retromero
Sono proteine multimeriche diverse che hanno sempre la stessa funzione di formazione di
vescicole. È una vescicola specializzata, si forma negli endosomi, ed è importante per
riportare dai lisosomi al Golgi il recettore per le idrolasi acide come i recettori del mannosio 6
fosfato. In questo modo viene recuperato il recettore. Questa vescicola si chiama retromero.
Nel trans Golgi network arrivano queste idrolasi, come i recettori del mannosio 6 fosfato.
Queste idrolasi devono poi ritornare al lisosoma. Il recettore del mannosio interagisce con
l’adattatore AP1 e la clatrina e vanno poi verso l’endosoma precoce. Qui vanno poi nel
lisosoma e poi interviene il retromero che riporta le idrolasi al Golgi.

Sorrentino 01/12
Fosfoinositidi
I fosfoinositidi come marcatori di organelli e domini di membrana, la conversione da Pi a PIP
è altamente compartimentalizzata nei vari organelli delle vie biosintetiche secretorie e
endocitosiche a opera di diverse chinasi specifiche per Pi e PIP e da fosfatasi per PIP.
Questi mediano il reclutamento di proteine alle membrane mediante i gruppi fosforilati della
molecola, si ottiene però una maggiore specificità quando un altro segnale interviene in
parallelo ai fosfoinositidi. Si crea quindi un meccanismo duale che gioca un ruolo importante
nella regolazione spazio-temporale delle interazioni tra proteine del citosol e membrane.

Proteine Rab
Rab-gtpasi sono le principali regolatrici del distacco movimento e fusione delle vescicole,
implicate nell’interazione di vescicole con elementi del citoscheletro e danno un importante
contributo alla specificità del trasporto vescicolare. Ciascuna proteina Rab ha una
distribuzione caratteristica sulle membrane cellulari e, dall’altra parte, ogni organello
presente nella cellula ha almeno una proteina Rab sulla superficie citosolica. Le Rab sono
proteine GTPasiche. Queste proteine sono una famiglia numerosa perché sono molto 21
specifiche. Le 60 Rab non sono prettamente specifiche per un’azione, ma dipende da come
vengono combinate: sono distribuite in punti specifici, ma lavorano in gruppi di 4-5, quindi
possono combinarsi in modi diversi. Le Rab facilitano e regolano le interazioni tra le
vescicole. Le proteine Rab si trovano sia a livello della membrana sia a livello del citosol. Nel
loro stato defosforilato si trovano nel citosol, nel loro stato fosforilato sono attive e associate
alla membrana di un organello o di una vescicola da trasportare. Hanno un ruolo anche
durante l’interazione e la fusione delle vescicole; sono presenti sulla membrana del target e
anche sulla vescicola. Nel citosol la Rab è associata a GDI. La Rab ha una coda idrofobica
che serve per ancorarsi alla membrana e questa è quindi protetta da GDI. La GDF (una
proteina di membrana) rimuove GDI e permette a Rab di ancorarsi alla membrana tramite la
coda idrofobica. In questo momento c’è ancora GDP. Arriva una GEF che permette lo
scambio GDP-GTP. A questo punto la Rab può reclutare l’’effettore (la proteina che serve
alla vescicola). Una proteina GAP stimola l’idrolisi del GTP, la Rab si inattiva e GDI lega di
nuovo la coda di Rab per farla rimanere nel citosol. Per far funzionare una Rab si deve
seguire il ciclo descritto prima. L’attività della Rab è regolata da attivazioni. Se viene
modificato questo ciclo si sviluppano patologie. La Rab inattiva viene riconosciuta e spostata
dalla REP (Rab escort protein). Le Rab sono presentate ad una transferasi che fa
un’aggiunta lipidica su uno o due residui di cisteina al carbossiterminale. La Rab funziona in
modo diverso a mano a mano che la vescicola procede. Può capitare che un effettore di una
Rab possa essere l’attivatore di un’altra. Gli effettori possono avere un’attività a feedback
positivo, a feedback negativo, o interagire con un effettore che lega un’altra Rab. La
combinazione di effettori include anche proteine che regolano l’attività della stessa o di
un’altra Rab. Il feedback positivo è quando una Rab ha un effettore che catalizza lo scambio
GDP-GTP e mantiene la sua funzione attiva (la Rab lega una GEF che attiva una Rab
uguale). Le Rab possono legarsi a proteine che poi legano altre Rab e in questo modo
possono interagire con effettori diversi. Oppure l’effettore lega una GEF che attiva un'altra
Rab. Oppure una Rab attiva una GEF che attiva un'altra Rab che attiva una GAP che
spenge la prima.

Trasporto delle proteine dal reticolo al Golgi


Le vescicole in uscita dal reticolo sono rivestite da cop2 e associate alle proteine SAR,
proteine che si legano a GTP e regolano l’assemblaggio e il disassemblaggio delle
vescicole. Per uscire dal reticolo ci sono degli specifici siti di uscita. Le vescicole che escono
si fondono subito in gruppi vescicolo-tubulari. Da qui si staccano vescicole rivestite da cop1
che tornano al reticolo. Qui si indirizzano le proteine o al Golgi o al reticolo. La fusione tra le
vescicole è mediata dalle proteine v-SNARE e t-SNARE. Nei primi stadi dell’esocitosi ci
sono le proteine Rab specifiche che richiamano effettori che servono alle vescicole per poi
raggiungere i loro target. Le proteine che devono rimanere sul reticolo, sia quelle di
membrana che quelle solubili, hanno il segnale KEDL. Il recettore KEDL è presente sia nel
reticolo che nel Golgi, ma funziona solo nel Golgi. Quando nell’apparato di Golgi c’è una
proteina che ha questo segnale, il recettore lega la proteina e che viene rivestita con la
cop1. La variazione del pH tra reticolo e Golgi cambia l’affinità di questo recettore. ARF è la
proteina che fa partire l’assemblaggio delle vescicole con cop1 e clatrina. Sono tutte
vescicole regolate da GTP.

Apparato di Golgi
Fatto da cisterne, dove avvengono le modifiche delle proteine. Qui continua il processo di
modificazione delle oligosaccaridi. Gli zuccheri vengono gradualmente modificati. Quando le
proteine escono dal reticolo, entrano nel Golgi continuano le loro modificazioni. Gli
sfingolipidi e i glicolipidi sono sintetizzati dal Golgi utilizzando la ceramide (precursore)
prodotta nel RE. Nell’apparato di Golgi il livello di colesterolo aumenta verso il lato trans.
Nell’apparato di Golgi si distingue la zona cis, zona trans e zona 22 mediale e svolgono
ognuna una diversa attività, come le modificazioni oligosaccaridiche. Dal reticolo la prima
cosa che avviene nel cis Golgi è una fosforilazione delle oligosaccaridi che poi devono
andare nel lisosoma (mannosio 6 fosfato). Nella parte finale avviene la solfatazione sulle
tirosine e su alcuni carboidrati. Queste modifiche danno l’identità alle proteine che devono
essere smistate. Nell’apparato di Golgi vengono anche sintetizzati i glicosamminoglicani.
L’attività enzimatica del Golgi è madiata da proteine di membrana. La glicosilazione è un
processo che riporta molte mutazioni. L’80% dei difetti colpisce il sistema nervoso, perché è
più sensibile. Le vescicole hanno circa 50nm di diametro. Queste però trasportano
componenti che a volte possono essere più grandi delle vescicole, come ad esempio il
collagene che è 300nm. Quando dal reticolo devono gemmare vescicole che contengono
proteine più grandi, alle vescicole si agganciano proteine che allargano la maglia e
ingrandiscono le vescicole. Si inserisce un adattatore che aumenta la superficie della
vescicola diminuendo la sua curvatura.

Trasporto delle vescicole dal trans Golgi al lisosoma


I lisosomi hanno un pH acido. Sulla membrana hanno una pompa che porta dentro H + per
abbassare il pH e poi al loro interno hanno le idrolasi che arrivano qui grazie alla marcatura
delle proteine nel Golgi con il fosfato facendole diventare mannosio 6 fosfato. Gli endosomi
tardivi si fondono con i lisosomi preesistenti formando strutture chiamate endolisomi. Dopo
la digestione del loro contenuto questi rimangono come lisosomi che possono tornare in
funzione fondendosi con endosomi tardivi o con altri endolisomi. Sia le idrolasi acide che le
proteine di membrana dei lisosomi arrivano dal RE, passano attraverso il Golgi e da qui,
mediante vescicole specifiche, le proteine arrivano agli endosomi tardivi che poi si
convertono in lisosomi. Il M6P viene riconosciuto dal recettore M6P nel trans Golgi che,
mediante ulteriori interazioni con proteine adattatrici e clatrina, aiutano ad impacchettare le
vescicole dirette agli endosomi precoci. L’affinità per il recettore M6P è regolata dal pH; è
alta a pH 6.5-7 e bassa a pH 6. In questo modo quando la vescicola arriva nel lisosoma le
proteine vengono liberate perché hanno meno affinità. Ci sono molte patologie lisosomiali
che a causa di una mutazione delle idrolasi i soggetti non riescono a digerire alcuni
composti. Se c’è un difetto nel trasporto delle idrolasi, questo è più grave. Se gli enzimi non
possono più interagire con il mannosio 6 fosfato, le idrolasi non arrivano al lisosoma.

Endocitosi
Porta all’assunzione di nutrienti, regola l’espressione delle proteine sulla membrana
plasmatica, permette di assumere e digerire detriti extracellulari. Le vescicole pinocitotiche o
endocitotiche si possono formare anche a partire dalle caveole, piccole strutture presenti
sulla membrana plasmatica delle cellule animali. Si sono originate dai raft lipidici. Le caveole
portano il loro contenuto ai compartimenti degli endosomi. Le cellule con l’endocitosi
assumono il colesterolo. Questo essendo un lipide circola attraverso le lipoproteine. Le LDL
vengono riconosciute da recettori specifici, si forma la vescicola e viene internalizzata.
Nell’endosoma tardivo, quando arrivano troppe vescicole con proteine di membrana
l’endosoma deve dividersi. Si forma un corpo multi-vescicolare che gradualmente viene
frammentato. Le proteine vengono identificate nei corpi multi-vescicolari da un processo che
prevede diverse famiglie proteiche, le ESCRT che riconoscono la presenza di molecole di
ubiquitina sulle proteine che devono andare nei corpi multivescicolari. I virus utilizzano il
sistema escort al contrario

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