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Biologia 8/05/2013 Gianluca Lonardo

Come sono stati scoperti gli oncogeni e gli oncosoppressori?

Sono stati scoperti, come per esempio è accaduto con la scoperta dei fattori di regolazione del ciclo
cellulare, attraverso una serie di vie sperimentali che, ad un certo punto, conversero verso una teoria
unificante. Come è cominciato? E’ cominciato studiando degli oncogeni virali. Questo è stato possibile
poiché sono stati usati virus che colpiscono i polli e non è stato pericoloso per l’ uomo fare degli studi in
coltura; una volta identificato quale fosse il pezzettino di gene sufficiente per trasformare in coltura le
cellule (il pezzettino di genoma virale trasformante), si sono accorti che esisteva una parte corrispondente
anche sulla cellula normale. Si era poi visto che alcuni tumori esprimevano questo gene ma in quantità
maggiori del normale. In questo modo sì è capito che questi tumori non erano di origina virale e si è
cominciato a capire che questi geni, sovraespressi o portati dal virus, davano origine alla patologia. In
breve, si è arrivati a capire che questi geni, portati prevalentemente da virus e che sarebbero stati definiti
oncogeni, sono essenzialmente degli acceleratori della proliferazione oppure dei freni dell’apoptosi.

Vediamo ora come sono stati scoperti. In delle colture venivano inseriti questi geni con una trascrizione
utilizzando dei plasmidi, quindi praticamente non avevamo più il virus ma il pezzettino di gene che era stato
dimostrato essere canceroso. Si è visto, con la trasfezione dei fibroblasti, che era necessario inserire
entrambi gli oncogeni affinché si avesse la trasformazione. Si è fatta l’ipotesi che non bastasse l’espressione
in eccesso di uno di questi oncogeni ma dovevano esserci due colpi (La teoria dei due colpi). Si è visto che
questi oncogeni andavano ad agire su degli aspetti diversi della regolazione della proliferazione, cioè
agivano su delle vie diverse; in vitro due colpi sono sufficienti mentre negli animali le mutazioni perché
siano trasformanti si è supposto debbano essere di più. Si parla di 6 o 7 trasformazioni però, come è stato
detto nel discorso della progressione dei tumori, una mutazione facilita e predispone la comparsa di altre
mutazioni anche se non è sufficiente per la comparsa della trasformazione. Questo perché la regolazione
del controllo della proliferazione, del controllo dell’apoptosi etc, sono basati su tanti aspetti concomitanti
quindi il sistema in un certo senso è ridondante e, come per tutte le cose che sono importanti, ci sono tanti
sistemi di sicurezza e non abbiamo un unico sistema. Basandosi su tanti sistemi diversi soltanto quando più
di uno di questi sistemi viene messo fuori uso allora si vede l’effetto negativo (quando i processi sono molti
importanti sono ridondanti e ci sono numerosi punti di controllo).

Oltre agli oncogeni furono poi scoperti gli oncosoppressori e questo avvenne con un altro sistema, il
sistema degli ibridi somatici. Si possono indurre le cellule a fondersi tra di loro, per esempio si può fare una
fusione tra le cellule di uomo e di topo. L’ibrido, dopo la prima divisione mitotica che fa, mescola i propri
cromosomi poi comincia ad eliminare i cromosomi di una specie (per esempio tra uomo e ratto vengono
eliminati quelli di uomo e rimangono quelli di ratto). Ad esempio, negli ibridi tra cellule mammarie e cellule
trasformanti (quindi cellule già tumorali), si vide che l’ ibrido rimaneva normale fino a che non veniva
eliminato un dato cromosoma che apparteneva alla cellula normale. Questo voleva significare che questo
cromosoma aveva un gene che da solo era sufficiente a contrastare la trasformazione; eliminando questo
gene che nella cellula trasformante era già stato eliminato si aveva un ibrido trasformato anche nell’ ibrido
cellulare. Quindi si è capito che ci sono anche dei geni che sono in grado di contrastare lo sviluppo del
fenotipo tumorale e, che la loro eliminazione, è quella che porta appunto alla trasformazione e questi geni
furono chiamati oncosoppressori. Quindi abbiamo visto che ci sono stati due modalità diverse per
individuare gli oncogeni e gli oncosoppressori.

Andiamo a vedere di più su questi geni ricordando che sono geni che regolano la proliferazione o l’
apoptosi, che sono i punti chiave durante i quali viene regolato l’ omeostasi e il numero cellulare.
Cosa sono gli oncogeni? Gli oncogeni sono, per quanto riguarda il ciclo cellulare, tutto quello che favorisce
il ciclo cellulare. Non vuol dire che siano negativi: sono normalissimi geni che vanno a favorire il ciclo
cellulare e sono necessari ma in caso di malfunzionamento danno problemi. Quello che porta alla
trasformazione è quello che si chiama gain of function, cioè l’ aumento della loro funzione, come, per
esempio, un aumento della loro funzione, il fatto che non possano più essere spenti o quando sono espressi
nelle cellule sbagliate. Tutto quello che porta a una cattiva regolazione della proliferazione in senso di
maggiore proliferazione sarà un oncogene. Viceversa, per quello che riguarda l’ apoptosi, saranno oncogeni
tutti quei geni che rallentano, impediscono, si oppongono all’apoptosi. Noi abbiamo visto che nel ciclo
cellulare c’è una fase decisionale in cui c’è una comunicazione incrociata tra messaggi che possono essere
favorevoli o contrari alla proliferazione e in questa fase decisionale saranno oncogeni, ad esempio, i fattori
mitotici, i loro recettori e in generale tutto quello che riguarda la traduzione del segnale mitotico. Una volta
che la decisione è stata presa, nella fase di realizzazione del ciclo cellulare, saranno oncogeni i geni precoci
che inducono le cicline, le cicline stesse, i fattori di trascrizione relativi. Nell’ apoptosi abbiamo una fase
decisionale e saranno oncogeni, nella fase decisionale, i modulatori antiapoptotici (ad esempio nel linfoma
se BCL-2 è in eccesso va a contrastare l’ apoptosi perché si va a localizzare sulla membrana del mitocondrio
e contrasta i fattori proapoptotici). Nella fase di esecuzione sono importantissime le caspasi e gli inibitori
delle caspasi che saranno quindi degli oncogeni (ad esempio un virus si inserisce nel meccanismo d’azione
della caspasi e impedisce ad una cellula che deve morire di farlo)

Gli oncosoppressori agiscono invece con un meccanismo di loss of function e funzionano quando vengono a
mancare (parentesi: noi abbiamo due alleli per ogni gene. Nel caso degli oncogeni la mutazione è in genere
dominante e basta che uno dei due alleli sia mutato per avere una modifica tale da comportare la
trasformazione. Negli oncosoppressori invece devono essere eliminati entrambi gli alleli). Gli
oncosoppressori sono freni della proliferazione e sono gli acceleratori dell’apoptosi quindi, nel ciclo
cellulare, sono oncosoppressori i fattori che inibiscono la proliferazione, quelli che favoriscono il
differenziamento, quelli che fanno parte delle molecole d’adesione che mandano segnali per l’inibizione da
contatto; nella parte di esecuzione del ciclo cellulare saranno oncosoppressori, per esempio, RB, che deve
essere fosforilato per indurre i meccanismi che fanno passare da G1 a S. Nell’ apoptosi, nelle fase
decisionale, tutto quello che favorisce l’apoptosi sarà un oncosoppressore, quindi, ad esempio, i segnali di
morte o i segnelatori pro-apoptotici mentre nella fase decisionale saranno oncosoppressori le caspasi.

Come funzionano? Quelli che abbiamo nominato fino ad adesso come oncosoppressori sono i gatekeepers,
quelli che tengono il cancello, i guardiani. Per cui, ad esempio, p53 è un guardiano ed è di tale importanza
che è stato chiamato “il guardiano del genoma”. I gatekeepers sono quelli che controllano che una certa
azione sia effettivamente portata avanti; saranno gatekeepers, ad esempio, RB, poiché tiene la cellula in G1
impendendole di andare in S fino a che non è tutto fosforilato. Abbiamo però un’altra classe di
oncosoppressori che non abbiamo nominato poiché non rientrano strettamente nel controllo del ciclo
cellulare e nel controllo dell’apoptosi, chiamati caretakers, i badanti. Questi ultimi sono i geni della
riparazione del DNA e una loro mutazione impedisce alla cellula di riparare il proprio DNA e la può far
morire o, ancor peggio, portare alla trasformazione.

Il cancro è una malattia genetica che va a colpire per mutazioni gli oncogeni causando una gain of function
o può andare a colpire gli oncosoppressori causando una loss of function. Ci sono eccezioni: questo è il caso
di p53, oncosoppressore per eccellenza, che è un tetramero e bisogna che tutti e quattro i componenti
siano in buono stato. Se in p53 abbiamo una mutazione di uno dei due alleli il tetramero può essere
formato da quattro subunità che vengono dall’ allele normale ma è più probabile che ci siano una, due, tre
o tutte e quattro le subunità che sono derivanti dalla trascrizione dell’allele patologico. Quindi nel caso di
p53 la mutazione di un solo allele è già sufficiente per togliere la funzione al gene (ecco perché la
mutazione di p53 non è più recessiva ma dominante). Inoltre questo meccanismo ha portato inizialmente a
non capire quale fosse la funzione di p53: in un primo tempo era stato classificato come un oncogene
perché si era visto che era presente in grande quantità nei tumori mentre in realtà sono dei tumori in cui
p53 è mutato e ,a causa di questa mutazione, p53 non funziona ma la cellula continua a stimolare la sua
produzione perché sente di averne bisogno. Nel tempo si è poi capito che era un oncosoppressore,
addirittura il miglior difensore delle nostre cellule.

Noi abbiamo parlato di mutazioni. Viene da chiedersi se queste mutazioni siano tutte cancerogene. Sono
stati messi a punto dei modi per verificarlo come il test di Ames. Il test di Ames è un test per mutagenesi
che lavora sulla Salmonella in cui la Salmonella è messa in contatto con estratti di fegato di mammifero che
contengono il citocromo p450 e, nel tentativo di liberarsi di questa sostanza, il p450, inizialmente non
cancerogena, poteva essere trasformato in sostanza cancerogena. A volte ci sono dei cancerogeni che sono
cancerogeni per il fegato proprio perché nel fegato vengono trasformati in sostanze cancerogene. Si parte
con dei batteri mutati che non potrebbero sopravvivere nelle condizioni di coltura e, se sopravvivono, vuol
dire che hanno avuto un’altra mutazione. Dopodiché, se la sostanza dimostra di essere mutagenica, si passa
a dei test di trasformazione e si va a vedere se effettivamente questa sostanza va a trasformare delle cellule
in coltura. Se si hanno cellule con caratteristiche trasformanti ( per esempio se perdono l’inibizione da
contatto) le si va a iniettare, per esempio, in un topo immunodepresso e si va a vedere se effettivamente è
cancerogeno

Vediamo come si è vista in pratica la gain of function dell’oncogene. Se andiamo a vedere le vie di
trasduzione del segnale capiamo che un eccesso di produzione di fattori di crescita può essere un problema
di un oncogene oppure potremmo avere un recettore che normalmente funziona quando riconosce il
ligando e manda il segnale ma, a causa di una mutazione, noi potremmo avere un recettore tronco che
manda il segnale anche se non arriva il ligando; quindi si suppone che questi recettori siano prodotti di una
mutazione, per esempio per presenza di un codone di stop, che impedisce la formazione di quella parte
della proteina che riconosce il ligando. Prendiamo Ras ad esempio: ras si attiva quando il recettore è
attivato scambiando GDP con GTP. Se per mutazione perde la capacità di spegnersi, cioè di idrolizzare
questo GTP, ecco che abbiamo un oncogene. Il ras mutante non si inattiva e continua a mandare segnale. In
altri casi, per esempio con myc, un fattore di trascrizione che si attiva nella rete delle map-chinasi, se è
espresso in eccesso va sempre a stimolare la sintesi delle cicline.

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