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Genetica

La genetica è la scienza che studia i geni e i caratteri ereditari. Quindi studia come funzionano i
geni, come sono organizzati e anche come nel corso del tempo vanno incontro a variazioni., perché
la variazione è una delle caratteristiche più importanti del genoma.

Gene

L’esatta definizione di gene non è una cosa così semplice perché nel corso del tempo tale concetto è
evoluto tantissimo ed è cambiato. Oggi si ritiene che una corretta e moderna definizione di gene è
una definizione funzionale e non strutturale.
Quindi il gene è l’unità di informazione genetica che controlla la sintesi di un polipeptide o di una
molecola di RNA.
Infatti il concetto del gene è cambiato. Vi sono definizioni di tipo strutturale, di tipo funzionale e di
tipo genetico.
Nei primi anni del secolo scorso il gene era ciò che controlla un carattere, senza che si sapesse dal
punto di vista chimico da quale molecola fosse fatta. Poi ci si è accorti di una correlazione tra gene
ed enzima, il quale determinava delle patologie e quindi si provava che la modalità con cui si
trasmetteva un carattere era uguale alla modalità con cui si trasmetteva una malattia dovuto ad un
problema in un certo enzima noto. Poi si comprende che un enzima può essere una struttura di tipo
proteico a struttura quaternaria, ergo fatta da più molecole polipeptidiche, quindi un certo enzima
poteva essere codificato da più geni. Allora la teoria 1 gene-1 enzima fu modificata in 1 gene-1
polipeptide perché in realtà un enzima se costituito da più polipeptidi poteva essere codificato da
più geni. In seguito 1 gene-1 trascritto, questo perché si è scoperto, in seguito che ci sono dei geni
che non codificano per una proteina (un polipeptide) ma hanno come prodotto finale una molecola
di RNA. Parliamo dei geni della molecola di RNA ribosomiale, di quelli per i t-Rna, dei geni per gli
snRna e così via. Quindi la definizione funzionale è evoluta nel tempo.
La definizione di tipo strutturale è che un gene è un segmento di DNA. Ma dove comincia e dove
finisce? Effettivamente il gene è solo ciò che viene trascritto o vengono considerate anche le
sequenze regolative (non solo quelle prossimali che sono i promotori, ma anche quelle distali) ne
fanno parte o no? Questo è il grande limite della definizione strutturale di gene. Ovviamente
nell’unità di informazione ci fanno parte non solo la sequenza codificante del gene ma anche il
promotore e anche le sequenze relative distali ma non si sa dove iniziano o finiscono.
Circa la metà del ‘900 prevalse la definizione prettamente genetica. Il gene viene infatti definito
come l’effetto di specifiche coppie di mutazioni sul fenotipo, come unità di complementazione.
L’unità di informazione è costituita dalla porzione codificante (quella che verrà trascritta nella
molecola di RNA), dopo di che vi sono le sequenze regolative, poi quelle che stanno a monte del
gene che vengono dette promotori e in particolare negli eucarioti ci sono delle sequenze regolative
altrove e fanno parte del gene.
I geni strutturali sono i geni che codificano per proteine.
I geni non strutturali sono geni che non codificano per proteine. Questi sono quelli degli RNA
ribosomiali, i geni per i tanti tRna, i geni per snRna e così via. Pare che il 70% della trascrizione che
avviene all’interno della cellula riguarda geni non strutturali. Poi negli eucarioti abbiamo un Rna
polimerasi specifica che trascrive i geni non strutturali della Rna polimerasi 1 che lavora anche più
della Rna polimerasi 2 che invece è la rRna polimerasi che trascrive i geni strutturali.
Carattere

Il termine gene viene coniato nel 1900, prima del ‘900 si parlava di carattere.
Un carattere è una caratteristica distinguibile, misurabile e quantificabile con parametri che
possono essere di tipo morfologico, fisico e così via. Non è semplicemente il colore degli occhi o
dei capelli che sono cose che si vedono ma anche il livello di glicemia o il gruppo sanguigno che,
sebbene non si veda rimane una caratteristica quantificabile e determinata dal punto di vista
genetico.
Distinguiamo caratteri monomorfici e dimorfici o polimorfici.
Carattere monomorfico. È un carattere che si presenta in un solo modo ( eccetto il caso in cui vi
siano mutazioni, un esempio è riscontrabile nel numero di braccia presente in Homo sapiens oppure,
numero di zampe presenti nei quadrupedi, o anche il numero di dita presenti in una mano. Poi può
avvenire la poliploidia per mutazione.
Carattere dimorfico o polimorfico. È un carattere che si presenta in modo variabile, un esempio
può essere il livello di glicemia oppure il gruppo sanguigno. Esistono caratteri polimorfici
morfologici come la forma del becco o colore delle ali di un lepidottero che sono ben visibili.
Come i caratteri vengono ereditati? Per poter comprendere questo concetto bisogna distinguere i
caratteri in: caratteri continui o complessi e caratteri discontinui.
I caratteri continui o complessi sono studiati mediante analisi statistica. Si tratta di caratteri
determinati da più di un gene ed insieme da caratteristiche esterne o fattori ambientali. Per fattori
ambientali (o influenze ambientali), in genetica, non si intendono esclusivamente quelle che
avvengono a livello ambientale (clima, temperatura, luce) ma tutto ciò che è esterno ai fattori
genetici; quindi fattori ormonali sono influenze ambientali. Un carattere complesso può essere
l’altezza in quanto determinato da più di un gene e insieme da fattori ambientali . Quindi due
gemelli monozigoti che hanno gli stessi geni possono in realtà avere altezza leggermente diversa se
sono cresciuti in famiglie diverse, con un tipo di alimentazione profondamente diversa, anche con
attività fisiche o lavorative differenti. Un carattere continuo lo si può analizzare facendo tante
distribuzioni di frequenza. Il grafico che viene fuori da un carattere continuo è una curva di tipo
Gaussiano. Quindi i caratteri continui hanno la caratteristica di avere tante classi di frequenza che
discostano l’uno dall’altro di pochissimo. Quindi li posso analizzare calcolando media e varianza.
Quindi posso avere la stessa media ma la varianza è estremamente diversa.
Nella genetica formale/mendeliana non sono soggetti i studio i caratteri complessi o continui, bensì
quelli discontinui. I caratteri discontinui sono quei caratteri determinati dall’azione di un solo gene
e che vengono studiati con analisi genetica (incrocio tra individui che presentano due fenotipi
diversi) e generalmente presentano solo due classi fenotipiche. Un esempio di carattere discontinuo
lo si può fare tra fiori che possono avere fiore o rosso o bianco e quindi vi sono solo due classi di
frequenza e non una variazione continua del fenotipo. La brachidattilia è quella caratteristica per
cui un individuo presenta le dita delle mani più corte del normale ed è un carattere discontinuo
oppure anche l’albinismo è un altro carattere genetico semplice (quindi non continuo), quindi
quando analizzo l’albero vedo o albini o non albini (ergo due classi fenotipiche).

Genetica mendeliana

Mendel è considerato il padre della genetica, sebbene ancora la parola genetica non è stata coniata
ai tempi di Mendel. Quindi ad honorem viene considerato il padre della genetica; è nato in una città
dell’attuale Repubblica ceca nel 1822 (all’ora impero austroungarico) , è nato da una famiglia di
contadini molto povera e quindi per poter studiare andava nei monasteri; infatti i frati agostiniani
erano tra gli ordini religiosi depositari degli studi scientifici. Quindi fu ammesso nel 1843 a questo
monastero. Nel 1856 comincia i suoi esperimenti mediante incroci tra piante di pisello, che poi
pubblica nel 1862. Il suo lavoro cadde nel dimenticatoio per un po’ di anni per poi essere riscoperto
nel 1900 da tre diversi ricercatori che in parti diverse dell’ Europa avevano trovato dati che
conciliavano con i risultati di Mendel. Allora nelle conclusioni dei loro lavori scrivo che i dati
relativi a questi incroci conciliano con quelli pubblicati da Mendel nel 1862. Quindi si ha la
riscoperta delle leggi di Mendel e si vanno a generare due fazioni: i sostenitori di Mendel e
detrattori. Anche quelli che risultavano essere detrattori, in ultima istanza furono dei sostenitori di
Mendel; perché in realtà i fondamenti delle regole che egli trova sono ancora oggi validi. Quello
che oggi possiamo dire è che non descrivono la realtà a 360 gradi in quanto la realtà va al di là di
ciò che ha descritto Mendel, però nella casistica che descrive lui è assolutamente corretto, sebbene
non sia comprensiva di tutto ciò che è noto oggi.

Prime teorie sulla trasmissione dei caratteri ereditari

In quale periodo agì Mendel? Cosa si sapeva ai sui tempi e cosa si credeva su come si ereditassero i
caratteri da una generazione all’altra?
La prima metà del XIX è un secolo in cui tanti studi di citologia erano andati aventi, quindi si
avevano tante conoscenze sulla cellula e si pensava che spermi e uova avessero dei campioni di
“essenze” che derivano da varie parti dei genitori. L’Essenza è qualcosa dall’ignota natura chimica;
questa viene raccolta nei gameti sia maschili che femminili. Altra cosa che si pensava è che queste
essenze quando avveniva la fecondazione (quando i gameti si univano) si miscelavano (teoria del
mescolamento) .
Il punto di forza del lavoro di Mendel fu quello di capire che ciò che veniva trasferito da una
generazione all’altra aveva un’individualità e non perdeva quest’individualità nel passaggio di una
generazione all’altra. Cioè le unità di eredità, ciò che oggi chiamiamo geni, sono dei fattori
particellari che vengono trasmessi senza che si miscelano con nulla per diventare altro, perché
conservano la loro individualità. Quindi Mendel stabilì che esistono unità discrete di eredità che
chiamò fattori particellari e dissi quale era il comportamento di questi fattori particellari dal
passaggio da una generazione ad un’altra.

Metodo di lavoro di Mendel

Mendel di fatto non faceva altro che una cosa che gli uomini facevano già da 2000 anni, cioè
incrociava piante o animali, al fine di ottenere la variante che gli serviva di più.
Faceva sia incroci tra piante e animali, anche se ben presto non analizzò più animali in quanto gli
incroci tra animali nel convento cominciavano a sembrare poco tollerabili.
La biografia di Mendel è stata scritta dalla nipote (cioè dalla figlia dell’unica sorella) che ha
conservato i suoi quaderni e documentazioni . Tale biografia fa un quadro di Mendel molto
importante, egli risultava essere una persona apparentemente fragile e pare che avesse problemi
psicosomatici e ogni tanto era costretto a stare a letto per motivi non noti. Sembra che il suo priore
non gli facesse fare le attività con moribondi perché era troppo fragile, si turbava e per un mese
stesse a letto. A contraddire la sua fragilità umana, un grande intelletto. Mendel e Darwin sono
coevi e si nota come anche la figura di Darwin era un poco fragile (Darwin aveva lo stomaco
fragile) ed entrambi furono grandi innovatori del pensiero scientifico. Ma si sono mai incontrati
Mendel e Darwin? Pare che una volta alla Esposizione di Londra furono invitati entrambi ma pare
che entrambi furono malati, il che la dice lunga sul loro incontro. Inoltre si pensa che Darwin che
essendo ricco, aveva una grande libreria dove fossero sì presenti i libri di Mendel ma sigillati,
quindi in realtà Darwin partorì le sue teorie senza le conoscenze già date da Mendel.
I punti di forza di Mendel si basavano sul suo metodo di lavoro che sta in primis nella scelta del
materiale di lavoro adeguato. La pianta che Mendel usò fu il Pisum Sativum (pisello comune da
orto) che non è il pisello odoroso (quest’ultimo è una varietà decorativa) . I vantaggi legati a questa
pianta era che essendo figlio di contadini lo sapeva coltivare ma inoltre questa pianta aveva tante
varietà che differivano per diversi caratteri e riusciva in serra ad avere più generazione nell’arco di
un anno e quindi aveva campioni altissimi. Egli impediva alla piante di svolgere
l’autofecondazione per fare gli incroci.
Decise inoltre di analizzare i caratteri con sole due forme alternative. Scelse, infatti 7 caratteri
capaci di presentarsi in due maniere diverse:
 Colore del seme (giallo o verde)
 Tipo di seme (liscio o rugoso)
 Colore del baccello (verde o giallo)
 Tipo di baccello (semplice o concamerato)
 Colore del fiore (colorato o bianco)
 Posizione del fiore (apicale o laterale/ascellare)
 Altezza del fiore (alto o basso)
Per quanto l’altezza delle piante sia un carattere continuo però in realtà egli aveva un mutante con le
piante nane; ergo le piante erano alte di altezza variabile o nane. Ogni carattere presenta due
fenotipi differenti.
Altro assetto del suo metodo è che egli cominciava gli incroci a partire da linee pure. Le linee
pure , per definizione mendeliana, sono delle linee che per autofecondazione danno sempre e solo lo
stesso fenotipo. Quindi una pianta linea pura per semi verdi produrrà per autofecondazione solo
piante a semi verdi.
Un altro punto di forza di Mendel fu quello di analizzare un carattere per volta. Egli divide la
complessità in tanti parti semplici e poi unirli alla fine consente di capire meglio i meccanismi. Se si
sa per esempio che nella malattia di Alzheimer sicuramente contribuiscono la proteina tau, la
proteina beta-mieloidi, proteine del nucleolo e altri fattori che stanno nei mitocondri, analizzandole
insieme non si arriva da nessuna parte.
Egli inoltre fece anche un’analisi statistica perché amava tradurre tutto in numeri; teneva molti
quaderni di appunti dove scriveva dei dati numerici.

Esperimenti di Mendel

Per fare gli incroci, Mendel, come scritto in biografia, si alzava presto la mattina armato di forbice
e pennello e tagliava le antere di alcune piante con un certo carattere; una volta tolte le antere la
pianta aveva solo l’apparato riproduttore femminile, con il pennello prendeva il polline di un’altra
pianta che doveva fungere da maschio e andava a fecondare la pianta “demascolinizzata”.
Per esempio se doveva fare un incrocio tra piante a semi gialli e piante a semi verdi, prendeva, per
esempio tutte le piante a semi gialli e queste fungevano da maschio e con il pennello prelevava il
polline, mentre alle piante seme verde, che dovevano fungere da femmina, tagliava le antere prima
che avvenisse l’autofecondazione in modo da far avvenire gli incroci.
Quello che Mendel analizzava era il fenotipo, mentre il genotipo viene preso in considerazione
dopo. In primis Mendel incrociava piante per vedere cosa portava l’incrocio tra linee pure.

Mendel prese piante a seme giallo e piante a seme verde e fece un incrocio. Da un primo incrocio di
questo tipo tra linee pure si notava che tutte le piante che presentavano seme verde erano
scomparse. Quindi tutti presentavano il carattere seme giallo. Viene fatta così una seconda analisi e
le piante della nuova generazione detta F1 per autofecondazione davano origine ad una nuova
generazione F2 che presentava il carattere seme verde con un frequenza specifica di ¼ della
progenie.
Allora egli definì il colore giallo del seme carattere dominante, mentre il colore verde carattere
recessivo.

Il rapporto non è sempre 3:1; tanto è più è piccolo il campione, tanto più si distacca dal valore
medio. Infatti se analizzata una solo pianta della generazione F1 per autofecondazione non darà
origine a 3 piante con seme giallo e 1 con seme verde ma ci saranno i ¾ di possibilità di trovare
piante a semi gialli e ¼ di trova piante a semi verdi. Per capire perché il valore medio sta 3:1 si farà
uso di un test statistico, ovvero quello del X 2 .
Mendel negli incroci reciproci otteneva gli stessi risultati. Quindi se prendo una pianta a semi verdi
ed una a semi gialli e demascolinizzo la pianta a semi gialli prendendo il polline da quella a semi
verdi, il reciproco sarà che la pianta ad essere demascolinizzata è quella a semi verdi e il polline
viene prelevato da quelle a semi gialli. Infatti i caratteri analizzati da Mendel non dipendevano da
sesso, erano autosomici.
Dai postulati visti da Mendel deriva che:
 Ogni carattere è determinato da una coppia di fattori (alleli);
 Ogni individuo, possiede fattori uguali (omozigoti, termine coniato dopo)) o due fattori
differenti (eterozigoti, termine coniato dopo). Uno dei due fattori è sempre visibile
fenotipicamente (dominante), l’altro, se presente insieme al primo non è visibile
fenotipicamente (recessivo), quindi si manifesta solo in omozigosi.
 Durante la formazione dei gameti, i due fattori si separano a caso (segregano) così che
ciascun gamete riceva l’uno o l’altro con uguale probabilità (Mendel non sapeva di meiosi e
mitosi) .
 I gameti con un determinato fattore (allele) hanno uguale probabilità di unirsi con gameti
contenti il medesimo fattore o il fattore alternativo.
Gli individui che hanno due alleli uguali sono omozigoti mentre quelli che hanno due alleli diversi
sono eterozigoti e manifestano sempre il fenotipo dominante. Mendel chiamava omozigoti, linee
pure, mentre eterozigoti, ibridi. L’ibrido molecolare è un’altra cosa, così come gli ibridi negli
organismi.
I fattori venivano indicati con delle lettere; esempio il carattere colore del seme veniva indicato con
la lettera G e con G si indicava il carattere dominante mentre con g il carattere recessivo.
Il genotipo legato al carattere della generazione P è GG per il fiori a semi gialli e gg per i fiori a
semi verdi. Nella generazione F1 il genotipo di tutte le piante è Gg e si manifesta solo il carattere
dominante.
Dalla generazione F1 alla F2 avviene l’autofecondazione. Dunque dapprima i due fattori si separano
per ogni pianta a caso e avremo quattro gameti: G g (dalla prima) G e g (dalla seconda) le
probabilità di incontro sono uguali; ergo avremo GG; Gg; Gg e gg tutte con ¼ di possibilità e il
rapporto genotipico sarà 1:2:1. Esistono tanti modi in realtà per selezionare un gamete ma nel caso
degli esperimenti di Mendel la probabilità di incontro dei gameti è casuale.
Ergo il rapporto fenotipico sta 3:1 mentre quello genotipico sta a 1:2:1.

Anche ne caso del rapporto genotipi se considero due individui delle F1 per fecondazione non
daranno vita a 1 pianta con genotipo GG, 2 con genotipo Gg e 1 con genotipo gg; bensì vi sarà ¼ di
possibilità di trovare genotipo GG, l’1/2 di trovare genotipo Gg e l’1/4 di trovare genotipo gg.
Dai risultati segue il principio di segregazione o prima legge di Mendel:
 Gli alleli o fattori mendeliani si separano nel passaggio da una generazione a quella
successiva
La separazione o segregazione avviene alla meiosi. Gli individui della nuova generazione si
formano per incontro casuale di gameti prodotti.
Il principio di dominanza non è considerata una legge scientifica perché nel corso degli anni si
sono trovate più eccezioni che regole; quindi sono 2 le leggi di Mendel.

Per quanto riguarda l’uomo i due assetti cromosomici (è eterozigote) hanno 46 molecole di Dna che
compattati costituiscono i 46 cromosomi che di fatto sono 23 coppie. Quindi vi sono i due
cromosomi 1 che sono i più grandi ( vanno numerati dal più grande al più piccolo). I due fattori
particellari di Mendel occupano locus corrispondenti su cromosomi omologhi. Nelle gonadi dove
avviene la meiosi che porta alla formazione dei gameti, cellule aploidi e specializzate per la
riproduzione. Ora di queste coppie di cromosomi omologhi nei gameti ce ne sta solo 1 quindi
quando si indica con le lettere un gene che determina un certo carattere queste non devono essere
fine e a se stesse.

Se il gene A occupa un certo locus ora A (grande) e a si trovano su locus corrispondenti di


cromosomi omologhi. I gameti sono A e a perché avviene la segregazione per la formazione dei
gameti.

Quindi ogni gene ha due alleli uguali e diversi in loci corrispondenti su cromosomi omologhi. I
cromosomi da 1 a 22 nell’uomo si chiamano autosomi, mentre quelli sessuali venivano detti
eterosomi perché diversi dagli altri dato che si distinguono dall’uomo (XY) e dalla donna (XX).
Non è detto che un gene abbia solo 2 alleli (allelia multipla) ma per i caratteri mendeliani ne vanno
considerati 2.
Il locus è la posizione occupata dal gene, siccome il gene sta sempre lì allora il locus identifica il
gene, perché il locus di ogni gene rimane quello.

Il fenomeno di segregazione di cui parla Mendel quindi avviene alla meiosi e comporta la
formazione di cellule aploidi in cui ogni cromosoma invece di essere presente in coppie è presente
singolarmente.

Quadrato di Punnet. Per prevedere le combinazioni alleliche risultanti da un incrocio è possibile


usare il quadrato di Punnett, un metodo ideato nel 1905 dal genetista inglese Reginald Crundall
Punnett. Questo sistema ci assicura che, nel calcolo delle frequenze genotipiche attese, stiamo
considerando tutte le possibili combinazioni gametiche. Un quadrato di Punnett ha l’aspetto che
segue:

La griglia riporta lungo un lato tutti i possibili genotipi del gamete maschile e lungo l’altro tutti i
possibili genotipi del gamete femminile; ricorda che sia i gameti maschili sia quelli femminili sono
cellule aploidi. La griglia si completa mettendo in ogni quadrato il genotipo diploide derivante da
ciascuna combinazione gametica. Nel nostro esempio, per riempire il quadrato all’estrema destra,
occorre inserire l’allele L proveniente dal gamete femminile e l’allele l proveniente dal gamete
maschile, ottenendo Ll.
Dai risultati Mendel comprese che all’interno dei ¾ dei geni con fenotipo dominante avessero
genotipo differenti. Infatti egli per dire che il genotipo avesse rapporto 1:2:1 aveva un approccio del
tutto genetico. Egli fece un incrocio particolare in modo da dimostrare che, all’interno dei ¾, 1/3
avesse genotipo GG mentre 2/3 avesse genotipo Gg. Egli adoperò l’incrocio di prova o rincrocio
o test Cross (diverso dall’incrocio reciproco che era invertire la femmina con il maschio). Il test
Cross consiste nel incrociare una pianta a fenotipo dominante con genotipo sconosciuto ed un’altra
con fenotipo recessivo e genotipo gg e si accorse potessero avvenire solo due possibilitipo gg e si
accorse potessero avvenire solo due possibilità:
1. Tutta la prole presentava fenotipo dominante, allora il genitore a genotipo ignoto era
omozigote GG.
2. Metà della prole presentava fenotipo recessivo, l’altra metà dominante (si tratta sempre di
calcoli di probabilità) segue che il genotipo del genitore a fenotipo dominante è Gg, quindi
eterozigote.
Quanto detto lo si può dimostrare facendo il quadrato di Punnet e si nota come nel primo caso i
gameti di un genitori sono G e G mentre dell’altro sono g e g quindi qui unici genotipi possibili
sono Gg, mentre nel secondo caso i gameti di un gnitori sono G e g mentre quelli dell’altro sono g e
g , ergo segue che i genotipi possibili sono per ½ Gg e per un altro ½ gg.

La seconda legge di Mendel detta anche la legge dell’assortimento indipendente segue da


ulteriori sperimenti svolti da Mendel. Questa volta Mendel non analizza più un carattere per volta
bensì due, così analizza piante a semi gialli e lisci e piante a semi verdi rugosi, quindi si tratta
sempre di incroci tra linee pure, al primo incrocio si accorge che la generazione F1 presenta
fenotipo dominante per entrambi i caratteri, come previsto; mentre in F2 sono presenti sia i fenotipi
parentali quindi giallo liscio e verde rugoso, sia i ricombinanti, quindi verde liscio e giallo rugoso.
Il rapporto fenotipico sta a: 9:3:3:1, sempre valori legati alla probabilità.
Il rapporto fenotipico si indica correttamente in questo modo:
 9 G-R-
 3 G-rr
 3 ggR-
 1 ggrr
Il simbolo “-“ sta ad indicare che il secondo allele può essere sia dominante che recessivo in quanto
non vi sarebbe differenza fenotipica.
I genotipi sono 10. Infatti:

Dai 9 con fenotipo dominante per entrambi i caratteri vi sono 4 genotipi GGRR GgRr GGRr
GgRR. Dai 3 con fenotipo dominante per il colore del seme e recessivo per il tipo di seme vi sono 2
genotipi ovvero Ggrr e GGrr. Dai 3 con fenotipo dominante per il tipo del seme e recessivo per il
colore di seme vi sono 2 genotipi ovvero ggRr e ggRR. Dall’unico con il carattere recessivo il
genotipo può essere solo ggrr. Quindi vi sono 9 classi genotipiche.
Facciamo il quadrato di Punnet:
Si nota che: se si vedono solo il carattere colore del seme vi sono 12 semi gialli e 4 semi verdi
quindi stanno in rapporto 3:1. Se vediamo il tipo di seme vale la stessa cosa; infatti vi sono 12 semi
lisci e 4 semi rugosi, vale a dire che anche qui il rapporto è 3:1. Quindi il rapporto fenotipico
9:3:3:1 è una combinazione tra 3:1 e 3:1. Ergo:
( 3 :1 ) × ( 3:1 )=9 :3 :3 :1
Quindi la seconda legge di Mendel o dell’assortimento indipendente afferma che:
 Durante la formazione dei gameti, coppie segreganti di fattori unitari assortiscono
indipendentemente l’una dall’altra;
 Quindi tutte le possibili combinazione di gameti sono formate con uguale frequenza.
Concettualmente, un incrocio diibrido è come due incroci monoibridi condotti separatamente
(eventi indipendenti).
Ergo della seconda legge in sintesi si può dire che:
 I fattori mendeliani responsabili di due caratteri diversi segregano indipendentemente tra
di loro ovvero gli alleli di due geni differenti segregano indipendentemente.
Meccanica cromosomica della meiosi

Il ciclo cellulare è il tempo che intercorre tra una divisione e quella successiva ed è composto da un
interfase che è la fase in cui fondamentalmente si accresce la cellula e matura in modo da essere
pronta alla divisione vera e propria (fase M).
L’interfase è composta da tre fasi:
 G1, in cui avviene la sintesi proteica di ciò che è necessario per la fase successiva e aumenta
il volume della cellula.
 S, in cui avviene la duplicazione del DNA.
 G2, in cui avviene la sintesi proteica di ciò che serve nella fase M.
La cellula non si divide costantemente. La maggior parte delle cellule si dividono, poi cessano di
dividersi e fanno quello che devono fase. Cellule in questo stadio sono in fase G0 che è una fase
comprensiva della fase G1 ed è regolata dalla p34cdc2+ciclina A.
La fase M è la fase di divisione cellulare e possiamo avere o la mitosi o la meiosi.
La mitosi è una divisione che dà origine a figli che hanno lo stesso patrimonio genetico parentale
ergo 2n (quindi ogni cromosoma è presente in due copie), ma una divisione deve avvenire e avviene
a livello dei 2 cromatidi fratelli che compongono il cromosoma che a fine della divisione è unico. I
cromosomi fatti da un solo cromatidio fratello si indicano con la lettera 1C. Dunque in fase G1
abbiamo 1C; in S 2C in quanto avviene la duplicazione del patrimonio genetico, in G2 ancora 2C
mentre durante la fase M avviene la divisione. La mitosi è una divisione equazionale in quanto
rimane costante la ploidia (2n), il patrimonio genetico si divide però e a dividersi sono i cromatidi
fratelli che costituiscono un cromosoma. Nella fase G1 la nuova cellula avrà patrimonio genetico 2n
1C. I due cromatidi fratelli sono perfettamente identici a meno di errori durante la duplicazione; i
cromosomi omologhi, invece, non sono identici perché il gene si può presentare in forme (alleli)
diversi.
La meiosi interessa le divisioni di singole cellule germinali che differenziano migando nelle gonadi
e sono le uniche in grado di fare meiosi. Se cellule diploidi, per assurdo, si fondessero, otterremo
cellule tetraploidi; invece la meiosi è un processo che consente la formazione di cellule aploidi. La
prima divisione meiotica è di tipo riduzionale in quanto da cellule diploidi si ottengono cellule
aploidi (quindi avviene la divisione di cromosomi omologhi) ma ogni cromosoma ha ancora due
cromatidi che sono uniti a livello del centromero (n 2C). La seconda divisione meiotica è di tipo
equazionale e corrisponde ad una mitosi, ora ogni cromosoma possiede un unico cromatidio (n C).
Quindi se si parte da 2n=4, 2C; durante la prima divisione meiotica si otterranno due cellule con
n=2 e 2C, mentre durante la seconda divisione meiotica si otterranno 4 cellule con n=2 e C.
Sia la prima che la seconda legge di Mendel vanno viste in funzione del ciclo cellulare.
Schema ramificato per fare gli incroci

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