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GENETICA

La parola “Genetica” deriva da Gene;


la scoperta e la comprensione dei geni, hanno permesso di rispondere ad importanti domande:
1. Che cosa fa una specie, quello che la stessa specie è?
In generale sappiamo che, l’essere umano genera bambini, e la capacità di generare bambini, viene
ereditata da ogni generazione di essere umano.
Il che significa che a fare una specie quello che è, sono i geni  sono tratti di DNA che codificano
specifiche proteine responsabili dei caratteri.
Intendiamo come CARATTERE  qualsiasi carattere biologico osservabile (forma del naso, colore dei
capelli, colore degli occhi, colore dei fiori nelle piante).

2. Che cosa causa la variazione all’interno di una specie?


Sono tutte le differenze che si possono riscontrare all’interno di una specie; ad esempio alcuni cani hanno
una colorazione del pelo uniforme, altri a macchie.
Il che significa che ogni gene, responsabile di un carattere, può esistere in varie forme, forme che prendono
il nome di ALLELI  la variabilità allelica, è all’origine della variabilità che si trova all’interno di una
specie.
Quello che la genetica ha studiato è come mai, un cane in questo caso, con una colorazione del pelo
uniforme genererà alcuni cani con il mantello dello stesso colore ed altri con il mantello a macchie:
vuol dire che c’è una variabilità che si trova all’interno di ogni specie, che trova spiegazione nelle
componenti ereditarie.

IMPORTANZA DELLA GENETICA


L’importanza della Genetica è osservabile in Agricoltura, nella Medicina ma anche nello Sviluppo:
- In AGRICOLTURA, perché fin dai tempi più antichi l’uomo ha imparato a coltivare le piante da cui
ottenere il raccolto ed anche ad allevare il bestiame; in particolare, ha cercato di attuare incroci
selettivi, per ottenere un miglioramento delle specie.
È stato possibile selezionare quegli individui che presentavano i caratteri desiderabili.
- In MEDICINA, la genetica ha fornito indicazioni fondamentali, perché sono stati scoperti geni
mutanti responsabili di diverse malattie. Lo studio di queste malattie, iniziò poco dopo la riscoperta
del lavoro di Mendel;
infatti nel 1905, Garrod, un medico e biochimico britannico, documentò come le anomalie
metaboliche nell’uomo, potevano essere collegate ad alleli mutanti.
Da questo lavoro i medici, impararono a diagnosticare le malattie genetiche e seguirle nelle
famiglie, in modo da potere predire i rischi per un individuo di reclutarle.
I progressi della Genetica Molecolare, hanno fornito anche dei metodi molto più moderni per
diagnosticare la presenza di geni mutanti negli individui. Attualmente in commercio, sono
disponibili dei test genetici basati sull’analisi del DNA.

STORIA DELLA GENETICA


La genetica può essere divisa in 4 grandi fasi:
 1° fase della GENETICA CLASSICA
Dal 1900, periodo in cui vennero riscoperti i principi Mendeliani, fino al 1950;
la Genetica classica, comprende a sua volta:
GENETICA FORMALE- GENETICA CROMOSOMICA- GENETICA BIOCHIMICA.

 2° fase della GENETICA MOLECOLARE


Dal 1950 al 1970; riguarda lo studio dei geni da un punto di vista molecolare
 3° fase della BIOTECNOLOGIA
Dal 1970 ad oggi

 4° fase della GENOMICA seguita dalla fase POST-GENOMICA


Dal 1980 ad oggi; si iniziano a studiare i genomi e successivamente i trascrittomi mediante la
Trascrittomica, i proteomi mediante la Proteomica e i metaboliti mediante la Metabolomica.

 Recentemente la BIOINFORMATICA
Che è un’area di ricerca interdisciplinare, che ha sviluppato metodi e software per l’analisi dei dati genetici.
Per cui, è possibile partire da una sequenza di DNA che potrà essere confrontata con tutta una serie di
sequenza disponibili in database, in maniera tale da trovare eventualmente similitudini o identicità.

Le modalità con le quali le caratteristiche vengono trasmesse dai genitori ai figli, possono essere ereditate
attraverso dei principi, che vennero compresi solo dal 1900 (metà del XIX secolo), quando Mendel iniziò ad
analizzare dal punto di vista quantitativo il risultato degli incroci tra piante di pisello odoroso, le cui
caratteristiche differivano in modo osservabile.
Questo fu possibile, grazie a tutta una serie di scoperte:
- Nel 1833, Brown scopre il nucleo all’interno delle cellule;
- Nel 1839, Schleiden e Schwann, iniziarono a parlare di teoria cellulare, quindi compresero la
presenza di cellule all’interno delle quali doveva essere contenuta un’informazione;
- Nel 1859 Darwin nell’ “Origine delle Specie”, inizia a dimostrare la Teoria dell’Evoluzione;
- Solo nel 1865, Mendel riesce a dimostrare le sue leggi dell’Ereditarietà.
Nonostante Mendel avesse pubblicato i suoi risultati nel 1865, non furono compresi finché lui fu in vita, ma
solo dopo la sua morte, nel 1900, quando 3 ricercatori, De Vries, Correns e Von Tschermak riscoprirono il
lavoro di Mendel sui principi dell’Ereditarietà.
Successivamente,
- Nel 1902, Sutton e Bòveri, dimostrarono che i geni si trovano sui cromosomi;
- Nel 1905 Garrod, introdusse un nuovo concetto rappresentato dal fatto che, gli errori metabolici
nell’uomo erano dovuti a mutazioni in particolari geni;
- Nel 1906 Bateson introduce il termine GENETICA  per indicare la scienza dell’ereditarietà e della
variabilità;
- Nel 1909, Johannsen riuscì a coniare il termine GENE;
- Nel 1910, Morgan osserva il carattere della colorazione degli occhi in Drosophila melanogaster, che
era associabile al sesso;
- Nel 1913 Stoltenhoff, costruisce la prima mappa genetica;
- Nel 1928 Griffith scopre il principio trasformante, grazie allo studio di due ceppi di Streptococcus
pneumoniae;
- Nel 1944 Avery, Macleod e McCarthy dimostrarono che il materiale genetico fosse il DNA;
- Solo nel 1953, Watson e Crick descrivono per la prima volta la struttura a doppia elica del DNA.
- Da questo punto in poi inizia ad essere decifrato il Codice Genetico e negli anni ’70, si inizia a
scoprire la tecnologia del DNA ricombinante.
- Per cui, dal 1977 si iniziano ad applicare metodi di Sequenziamento del DNA (di Sanger e Gilbert);
- Nel 1982, iniziano ad essere introdotti in database tutta una serie di sequenze, per cui nasce un
sistema in banca dati;
- Nel 1985, viene scoperta la PCR  metodica che consente di amplificare specifici segmenti di DNA;
Da qui ed in seguito a tutta una serie di scoperte, si arrivò ad un sequenziamento del DNA di molti
organismi e virus, incluso l’uomo.
- Nel 1988 nasce l’Organizzazione del Genoma Umano;
- Nel 1989 viene identificato il gene responsabile della Fibrosi Cistica;
- Nel 1992, viene effettuata una seconda mappatura della Genetica dell’uomo e nel 1994 viene
completato questo progetto;
- Nel 1995, la prima sequenza di un genoma batterico Haemophilus influenzae;
- Nel 1996 viene riportata la prima mappa dei primi geni nell’uomo, ma anche una sequenza
dell’intero genoma di Saccharomyces cerevisiae;
- Nel 1997, viene resa nota l’intera sequenza del genoma di Escherichia coli;
- Nel 1998, quella del nematode Caernorhabditis elegans;
- Nel 1999, viene completata la sequenza del primo cromosoma 22;
- Nel 2000, iniziano ad essere sequenziati i genomi di Drosophila melanogaster, e nella specie
vegetale della di Arabdiopsis thaliana;
- Nel 2003, viene completato il progetto Genoma Umano;
- Nel 2007, viene approvato l’uso del primo Vaccino contro il Papilloma virus umano
- Nel 2012, inizia ad essere pubblicata la bozza del genoma del grano
- Nel 2014, iniziano ad essere fatti degli esperimenti nei quali si riesce, in vitro, ad includere
nucleotidi per espandere il DNA, senza compromettere la replicazione cellulare.
Tutte queste scoperte, hanno portato ad un incremento della conoscenza delle funzioni biologiche.
Nel futuro probabilmente, diventerà realtà la possibilità che ognuno di noi, possa avere con sé la sequenza
del proprio DNA genomico in un CIP.

Ancora, la Genetica può essere suddivisa in 4 grandi AREE:


 GENETICA MENDELIANA  è la parte più antica della Genetica.
Si parla di Genetica di trasmissione o Genetica classica;
si intende Mendel come il padre della genetica; egli fu il primo a capire come, fattori Mendeliani
astratti, denominati oggi GENI, possano essere trasmessi da una generazione alla successiva
attraverso i GAMETI.
Mendel fece un incrocio genetico tra due individui, andandone poi ad analizzare i discendenti, in
maniera tale da capire in che modo i caratteri potessero essere ereditati dai genitori ai figli.
 GEENTICA MOLECOLARE  è la parte della genetica che studia il materiale genetico a livello
molecolare; studia quindi la struttura degli acidi nucleici, la composizione e la conformazione dei
cromosomi, come si replica il materiale genetico, l’espressione e la regolazione dei geni, la natura
delle mutazioni e la riparazione del DNA, nonché la riorganizzazione del materiale genetico ed il
modo in cui i geni regolano lo sviluppo negli organismi pluricellulari.
 GENETICA DI POPOLAZIONE  studia la composizione genetica delle popolazione; i genetisti di
popolazione, hanno sviluppato teorie matematiche che spiegano e quantificano la presenza dei
diversi geni di ogni individuo nella popolazione, cercando di comprendere in che modo le forze
evolutive possano favorire l’esistenza di individui che siano portatori di particolari geni.
in questo caso, l’interesse del genetista, è quello di estendere gli studi dell’eredità, dal singolo
organismo ad una popolazione di organismi.
Inoltre, quella che viene ad essere studiata, è la variabilità genetica correlata all’ambiente in cui
l’organismo vive.
 GENETICA QUANTITATIVA  è sempre un tipo di eredità legata a gruppi di individui ed in questo
caso si studiano caratteri che sono determinati dall’azione simultanea di più geni.
Ovviamente, non esistono dei confini precisi tra le diverse aree;
infatti, i genetisti di popolazione e quelli di genetica quantitativa, analizzano i dati molecolari per
determinare la frequenza geniche in gruppi di individui.

Volendo fare una cronostoria delle aree, diremo che la prima ad essere sviluppata fu la Genetica della
trasmissione (Mendeliana), seguita dalla Genetica di popolazione, a sua volta seguita dalla Genetica
quantitativa ed infine dalla Genetica Molecolare.
Gli studi genetici, si basano su ORGANISMI MODELLO  organismi le cui caratteristiche li rendono adatti
per essere utilizzati negli esperimenti, per cui, devono presentare dei requisiti particolari:
- Devono essere molto piccoli
- Devono avere una facile gestione sperimentale, in modo che siano facilmente manipolabili;
- Siano poco costosi
- È inoltre necessario conoscere la loro origine genetica, quindi l’origine genetica dei genitori che
vengono usati nei vari incroci, per ottenere le progenie che verranno poi analizzate.
- Il ciclo vitale deve essere molto breve, in maniera tale da riuscire a studiare più cicli;
- Interessante è anche che siano in grado di produrre una progenie molto numerosa
- Nella progenie deve essere riscontrata una variabilità genetica tra gli individui; grazie a questa
variabilità, sarà possibile studiare l’eredità dei caratteri.
Tra gli organismi modello:
Escherichia coli  un normale abitante dell’intestino umano;
Saccharomyces cerevisiae  il lievito del pane;
Drosophila melanogaster  il moscerino della frutta;
Caernorhabditis elegans  un Nematode;
Zebra fish  tra i pesci
Topo  il primo mammifero
Arabdiopsis thaliana  nel regno vegetale, un Angiosperma.

GLOSSARIO --- LINGUAGGIO DELLA GENETICA


CARATTERE:
Una qualsiasi caratteristica riconoscibile in un organismo.
È possibile parlare di:
Carattere MORFOLOGICO, che è anche un carattere strutturale, può essere considerato come
osservabile, visibile (colore del fiore, colore dei capelli, peso, altezza).
Carattere FISIOLOGICO, che è anche un carattere funzionale, può essere considerato come un
carattere che influenza il modo in cui un organismo svolge una funzione (l’effetto che può avere un
enzima in una via metabolica).
GENE:
Unità fondamentale, fisica e funzionale, dell’ereditarietà e che è in grado di trasmettere
l’informazione da una generazione alla successiva. Non è altro che un segmento di DNA soggetto a
trascrizione e tradotto in proteina specifica.
LOCUS GENICO:
Rappresenta il sito specifico di un gene su un cromosoma.
ALLELE:
Rappresenta una forma alternativa del Gene.
Un gene quindi può avere un solo allele, negli organismi APLOIDI, due alleli negli organismi
DIPLOIDI ma, in una popolazione, è possibile ricontrare più forme alleliche, che saranno tutte
distinguibili per il loro differente effetto sul fenotipo.
GENOMA:
Indica l’intero corredo di materiale genetico di una cellula.
CARIOTIPO:
Rappresenta l’intero corredo cromosomico di un individuo o di una cellula.
Esempi:
Cariotipo UMANO  è caratterizzato da 23 coppie di cromosomi.
Cariotipo in DROSOPHILA  caratterizzato da 4 coppie di cromosomi.
Cariotipo del MAIS  caratterizzato da 10 coppie di cromosomi.
GENOTIPO:
È l’insieme dei geni di un organismo, ovvero la sua costituzione genetica.
FENOTIPO:
Rappresenta l’insieme dei caratteri di un organismo, quindi la manifestazione visibile di tutti i
caratteri genetici; è determinato dal genotipo ed è condizionato dall’ambiente e anche dalla
presenza di altri geni.

La GENETICA studia:
I GENI  l’unità fondamentale di informazione biologica, dati da una sequenza di DNA che codifica per una
specifica proteina; sono localizzati in una zona specifica che è il locus genico; l’informazione genetica sarà
trasmessa attraverso la replicazione del DNA ed espressa grazie alla trascrizione in RNAm e traduzione in
proteine (dogma della biologia molecolare).

L’EREDITARIETÀ  ovvero la capacità ed il modo in cui, ogni organismo vivente trasmette i propri geni alla
discendenza;
Quello che viene ad essere ereditato, è un carattere.
L’informazione biologica contenuta nei geni (a loro volta nel DNA), attraverso il dogma centrale della
biologia molecolare (trascrizione e traduzione), viene codificata in proteina. Per cui, la forma di un
organismo, non è altro che la sua essenza fisica che include tutte le sue misure: la configurazione, il colore,
l’odore, il comportamento.
Quindi, i principali elementi di un organismo, sono le proteine:
Il compito fondamentale del sistema vivente, è quello di convertire l’informazione presente nei geni in
proteine, che saranno poi responsabili dei caratteri.
Le proteine possono essere classificate in:
STRUTTURALI: contribuiscono alla struttura fisica esteriore, osservabile (struttura dei capelli
nell’uomo; struttura del citoscheletro nella cellula);
ENZIMATICHE: che catalizzano le reazioni che avvengono all’interno delle cellule e che saranno
quindi in grado di produrre molecole come, proteine, grassi, acidi nucleici;
REGOLATRICI: sono quelle in grado di “accendere” o “spegnere” un gene al momento giusto.

LA VARIABILITÀ  descrive le differenze dei caratteri trasmissibili, all’interno delle popolazioni;


la variabilità genetica, si può manifestare in molteplici caratteristiche (lineamenti del viso, colore della
pelle, statura): i geni, all’interno del genoma, possono esistere in forme differenti, gli ALLELI.
In una popolazione possono essere presenti da una a più forme alleliche diverse di un dato gene, in
relazione all’organismo (Aploide  un solo gene; Diploide  due geni - perché possiede due corredi
cromosomici per cellula).
La variabilità allelica è alla base della variabilità ereditaria.
Distinguiamo due tipi di variabilità:
- DISCONTINUA: un carattere è presente all’interno di una popolazione, in due forme distinte e ben
separate, che sono i due fenotipi;
ad esempio…
i fiori di una pianta che possono essere di colore giallo (primo fenotipo) o di colore rosso (secondo
fenotipo); questi due fenotipi alternativi, sono codificati da due alleli dello stesso gene.
Nella variabilità discontinua ci sono principalmente due tipi differenti di variabilità:
Polimorfismo  deve essere considerato nell’ambito delle popolazioni naturali.
Ovvero, in una popolazione naturale, possono esistere più alleli dello stesso gene (se parliamo della
specie umana, esistono due alleli per ogni gene, per cui, quello che può succedere, è che questi
alleli possono essere differenti e questa differenza si noterà a livello di popolazione).
Mutazione  in una specie, ci possono essere delle forme rare;
in questo caso parliamo di ALLELI MUTATI, che non saranno più in grado di esprimere il loro
normale prodotto ma che saranno la forma alternativa dell’allele più comune nella popolazione,
ovvero di quello che viene definito ALLELE SELVATICO o WILD TIPE, che è invece in grado di
produrre una particolare proteina.
- CONTINUA: si manifesta all’interno di una popolazione, come una gamma ininterrotta di fenotipi
relativi a quel carattere;
ad esempio…
considerando sempre i fiori di una pianta, tra i due fenotipi estremi, quello giallo e quello rosso,
esistono altri fenotipi intermedi (varie sfumature di arancione).
In questo caso si parla di CARATTERI MISURABILI, come il peso o l’altezza, che variano negli
individui di una popolazione.

ESEMPI
variabilità continua
1. i caratteri misurabili, possono essere rappresentati in un grafico dove poniamo, sull’asse delle ordinate il
numero degli individui e sull’asse delle ascisse, prendendo in considerazione la produzione di pigmento, la
quantità di pigmento che può essere prodotta; i fenotipi in questo caso, si distribuiscono secondo una curva
a campana (Gaussiana), in cui i fenotipi più frequenti saranno quelli intermedi di contro a quelli estremi che
saranno poco frequenti.

Variabilità discontinua
1. Nelle popolazioni naturali, un esempio di variabilità discontinua, può essere il DIMORFISMO del frutto
Plectritis congesta:
questo frutto può essere privo di ali, o con ali (due fenotipi differenti).
2. altro esempio si riscontra in Drosophila melanogaster:
moscerini con ali normali (wild tipe) e moscerini con ali molto ridotte (mutante)
3. nell’uomo, ne è esempio, l’ALBINISMO 
 riguarda principalmente i fenotipi relativi alla pigmentazione della pelle. Nella maggior parte degli
individui, le cellule della pelle, producono MELANINA che conferisce alla pelle un colore variabile;
gli albini, sono individui in cui pelle, capelli e peli, sono completamente privi di pigmento.
La presenza o l’assenza del pigmento, si è scoperto essere dovuta ad un gene, che presenta due
forme alleliche, sul cromosoma 14:
questo gene (tirosinasi) ha un ruolo fondamentale, nell’ultima parte, che porta alla formazione
della melanina; è la tirosinasi in grado di trasformare la tirosina in melanina.
Se il gene funziona, viene prodotto l’enzima e la tirosina viene convertita in melanina;
se il gene non funziona, non viene prodotta melanina.
Se la tirosinasi è mutata, non c’è melanina  l’individuo sarà albino.
Questo gene può essere controllato da due alleli:
A  (wild tipe) è in grado di codificare per una tirosinasi
a  forma alternativa, non in grado di produrre tirosinasi
sappiamo che la specie umana è una specie diploide, il che significa che i cromosomi sono presenti
in coppia, uno di origine materna, l’altro di origine paterna; se i cromosomi sono presenti in coppie,
ogni cromosoma, avrà l’allele del gene. In questo caso gli alleli sono due, quindi il genotipo parziale,
relativo a questo gene, può essere indicato come:
aa  in questo caso non viene prodotta melanina; individuo sarà albino.
AA  individuo normale.
Aa  in questo caso, esiste una quantità di enzima che funziona, per cui l’individuo sarà normale.
Quindi:
Considerando un genotipo AA, nel gene che si trova sul cromosoma 14, i due cromosomi della coppia
nell’organismo umano (diploide), avranno l’allele che funziona, l’enzima (tirosinasi) verrà prodotto e sarà in
grado di convertire la tirosina in melanina; verrà prodotto il pigmento e a livello cellulare, le cellule in cui è
stato prodotto il pigmento assumono una colorazione più scura.

Considerando un genotipo Aa, un allele (A) si trova su un cromosoma e l’altro (a mutato) si trova sull’altro
cromosoma della coppia (sempre in relazione al cromosoma 14); in questo caso, l’allele A sarà in grado di
codificare per la tirosinasi, mentre l’allele a, no. Tuttavia, la quantità di enzima prodotta dall’allele
funzionante, è sufficiente affinché venga prodotta la melanina, per cui le cellule saranno pigmentate.
Il fenotipo sarà normale, per cui si dice che questo allele sia APLOSUFFICIENTE.

Considerando il genotipo aa, i due alleli sono mutati, per cui non saranno in grado di produrre tirosinasi, di
conseguenza, non verrà prodotta neanche la melanina; la tirosina non verrà convertita in melanina e quindi
le cellule non potranno avere una colorazione.

I LIVELLI DELLA GENETICA


Qual è la relazione tra geni e caratteri?
Sappiamo che la genetica studia i geni;
i geni sono quelli che contengono l’informazione  la cui forma osservabile saranno i caratteri;
l’informazione verrà trasferita nella generazione successiva.
È possibile analizzare la relazione che esiste tra geni e caratteri, a 4 livelli di organizzazione biologica:
1. CELLULARE
2. MOLECOLARE
3. DELL’ORGANISMO
4. DELLA POPOLAZIONE
Esempio…
Prendiamo in considerazione il carattere “pigmentazione delle ali delle farfalle”, che possono essere
rappresentate a livello molecolare  vuol dire che la pigmentazione dipende dalla produzione di un
pigmento che è prodotto da un gene; il gene funziona (selvatico), produce un enzima che funziona e che
sarà in grado di produrre il pigmento.
Esiste anche una forma alternativa, un allele mutato, che quindi non potrà produrre l’enzima e quindi non
si avrà la produzione di pigmento.
A livello cellulare  si rispecchia quello che accade a livello molecolare; le cellule nelle quali è stato
prodotto il pigmento, lo manifestano e quindi assumeranno una colorazione più scura, di contro a quelle in
cui l’allele era mutato.
A livello dell’organismo  le farfalle possono avere le ali scure, e saranno quelle costituite dalle cellule in
cui funzionava il gene responsabile della produzione di pigmento; oppure possono avere le ali chiare,
saranno quelle in cui le cellule non presentavano il gene funzionante.
Tutto ciò si può riflettere anche a livello di popolazione  che si può rispecchiare a sua volta, anche a
livello del fenomeno della predazione: le farfalle con ali scure possono vivere meglio in un ambiente
forestale, dove sfuggono ai predatori; mentre, quelle ad ali chiare, si troveranno in ambienti più soleggiati.

La genetica si può studiare mediante un METODO DI INDAGINE IPOTETICO-DEDUTTIVO:


significa che i genetisti devono:
fare delle osservazioni, formulare delle ipotesi per spiegare le osservazioni ed effettuare gli esperimenti.
Infine, dovranno saggiare le previsioni, ovvero dai risultati degli esperimenti, capire se questi stessi risultati
coincidono con le ipotesi fatte.
Inoltre, la genetica si basa sulla cosiddetta DISSEZIONE GENETICA:
prevede l’isolamento di mutanti di una cellula di un organismo, che controllano particolari processi
biologici.
Il genetista inizia col prendere in considerazione una funzione biologica, e la identifica mediante la
mutazione di un gene.
Ad esempio:
il genetista può osservare la funzione “produzione del colore” nei petali di un fiore;
l’assenza della colorazione, indica che la funzione è mutata.
Per cui, ogni mutazione rappresenta una funzione genetica.
la dissezione genetica può avere due approcci:
in entrambi i casi verranno analizzate le mutazioni ed i loro effetti.
- GENETICA DIRETTA: consiste nel trattare le cellule di un organismo normale, con agenti mutageni
(raggi X ad esempio) in grado di causare delle mutazioni. Dopodiché si selezionano i discendenti di
queste cellule, in base alla manifestazione anomala della funzione in questione, si cerca di capire
come questa proprietà viene ereditata e se viene ereditata come singolo gene mutato. Si incrocia
allora la pianta che ha prodotto il genotipo mutante con un organismo selvatico e si osserva quello
che accade nelle generazioni successive.
Si deve analizzare il rapporto che si ottiene nel fenotipo della progenie.
Una volta che il gene viene così identificato, grazie alla genomica, è possibile riuscire a risalire alla
funzione del gene confrontando la sequenza con delle sequenze di organismi diversi presenti in
database, in maniera tale da capire se la sequenza di quel gene è stata già identificata e quindi se
ne conosce la funzione.
In questo tipo di genetica quindi, si parte effettuando una mutazione, si osserva il fenotipo, si risale
al gene mutato e dalla sequenza di questo gene, facendo una comparazione in banca dati, si riesce
a riconoscere quale sia la funzione del gene in questione.
- GENETICA INVERSA: si parte da un gene del quale non si conosce la funzione. Si induce la
mutazione di questo gene e si cercano poi, nell’organismo, gli effetti che causa la funzione che
viene persa, in maniera tale da risalire alla funzione di quel gene.

Esiste inoltre una relazione tra GENI, AMBIENTE ed ORGANISMO


I geni, da soli, non possono completamente determinare la struttura di un organismo;
infatti, possono essere influenzati da interazioni con altri geni e prodotti di questi geni, da variazioni
ambientali, ma anche da eventi casuali di sviluppo.
Uno stesso genotipo, se esposto a differenti ambienti, può portare a differenti fenotipi:
Esempio
Immaginiamo di avere uno stesso genotipo, portato da due gemelle monozigotiche (derivano da un unico
uovo fecondato, quindi avranno un identico patrimonio genetico);
le due gemelle possono svilupparsi in modo differente in ambienti diversi:
immaginiamo che nascano in Inghilterra, ma che vengano separate alla nascita e portate in due paesi
differenti, una in Cina l’altra in Italia. Prendendo in considerazione ad esempio il “carattere linguaggio”
ovviamente sarà differente.
Allo stesso modo,
differenti genotipi, si sviluppano in modo diverso (dando quindi differenti fenotipi) in uno stesso ambiente;
significa che se due genotipi sono differenti, seppur nello stesso ambiente, continueranno a manifestarsi
secondo le indicazioni determinate dal genotipo stesso.
il fenotipo quindi dipende sia dai geni che dall’ambiente:
infatti, l’interazione geni-ambiente, determina quelli che sono gli organismi.
Parliamo di NORMA DI REAZIONE  ovvero la relazione che esiste tra genotipo, ambiente e fenotipo.
Un genotipo, nel manifestare un fenotipo, può essere influenzato dall’azione di altri geni ma anche
dall’ambiente.
Esempio
Prendiamo in considerazione il carattere “grandezza degli occhi in Drosophila”;
l’occhio di Drosophila normale (wild tipe), è costituito da 1000 ommatidi;
la temperatura ideale di crescita di Drosophila è intorno ai 15-20 gradi, se questa viene ad essere
aumentata, il numero di ommatidi tende a diminuire.
i 3 diversi genotipi relativi alla grandezza dell’occhio, in relazione alla temperatura alla quale la Drosophila
viene posta a crescere, sono:
WILD TIPE  occhio normale; a T normale.
INFRA BAR  occhio più piccolo; quando la T viene portata a circa 30° (la variazione è poco apprezzabile)
ULTRA BAR  occhio quasi assente; in questo caso, aumentando la T l’effetto avrà un’azione maggiore.

Un singolo genotipo, può produrre fenotipi diversi a seconda dell’ambiente e a seconda del momento in cui
incontra l’ambiente durante lo sviluppo.
Infatti, ci possono essere degli eventi casuali durante lo sviluppo:
sappiamo che ad una T di 20° le ali di Drosophila sono normali, con venatura;
se viene effettuato uno shock termico e la Drosophila viene posta a 37°, si possono avere due differenti
situazioni:
- Se la Drosophila viene posta a questa T in una fase precoce dello sviluppo, avrà un fenotipo diverso
(ali che hanno perso la venatura).
- Se invece la Drosophila viene posta a 37° in una fase tardiva dello sviluppo, questa produrrà un
fenotipo normale (ali normali).
oltre alla T, la variabilità può essere determinata da tanti altri aspetti che rappresentano il cosiddetto
RUMORE CASUALE (Rumore di Fondo) dello sviluppo:
ci possono essere delle piccole variazioni, che avvengono casualmente durante lo sviluppo e che possono
influire sul genotipo e portare alla manifestazione fenotipica che può essere differente.

SCOPERTA DEL MATERIALE GENETICO


Sappiamo che all’interno del nucleo di ogni cellula che costituisce l’organismo, sono presenti i cromosomi,
che sono in numero specie-specifico  il cromosoma è costituito da una molecola di DNA  nel DNA sono
presenti i geni.
Prima ancora che fosse scoperto il materiale genetico, gli scienziati immaginavano una qualche sostanza,
presente all’interno delle cellule, che fosse in grado di:
1. replicare accuratamente le informazioni in maniera tale che le cellule della progenie, potessero
avere le stesse informazioni dei genitori.
2. Doveva contenere le informazioni sulla struttura e sulla funzione delle cellule dell’organismo
3. Doveva essere in grado di andare incontro a variazione; la variabilità genetica infatti, permette agli
organismi di essere diversi tra di loro e di adattarsi in modo tale che sia possibile l’evoluzione.
La scoperta del materiale genetico avvenne nel 1896, ad opera di Nietzsche,
il quale scoprì che il materiale genetico, doveva essere un acido nucleico.
Partì dall’isolamento di una sostanza nei leucociti che erano contenuti nel pus presente nelle bende dei
feriti di guerra. In un primo momento pensò che questa sostanza, fosse una proteina; alcuni test chimici
però sottolinearono la presenza di C, H, O, N, P.
La sostanza presente nei nuclei di tutti i campioni esaminati, venne per questo motivo definita NUCLEINA.
Solo nel 1928, fu dimostrato sperimentalmente, che i cromosomi potevano essere i portatori
dell’informazione genetica. Il primo esperimento fondamentale, fu quello effettuato da Griffith nel 1928:
Griffith, era un medico inglese, che stava studiando un batterio, lo Streptococcus pneumoniae
(pneumococco) in grado di causare polmonite.
In particolare, riconobbe due ceppi differenti e riuscì a dimostrare che tra i due ceppi ci fosse uno
scambio di materiale che era responsabile della trasformazione di un ceppo NON virulento, in un
ceppo VIRULENTO.
ESPERIMENTO DI GRIFFITH
I due ceppi, erano indicati come:
 Ceppo S  da “Smooth, Liscio”; in un terreno solido, produce colonie lisce e lucide; VIRULENTO
 Ceppo R  al contrario, dava origine a colonie rugose; NON VIRULENTO
A quel tempo, non si conosceva quale fosse la causa della virulenza, tuttavia si scoprì in seguito che la
virulenza era dovuta alla presenza di un INVOLUCRO polisaccaridico, una capsula che avvolgeva ogni cellula.
La presenza dell’involucro determinava il fenotipo LISCIO del ceppo  VIRULENTO
L’assenza dell’involucro (determinata ovviamente dalla mutazione di un gene che ne impedisce la
produzione) il fenotipo RUGOSO  NON VIRULENTO.
Inoltre, è importante considerare che per ogni variante dei ceppi, esistono diverse composizioni della
capsula, per cui possono esistere ceppi 1,2,3… di tipo R e ceppi 1,2,3… di tipo S.
In particolare, Griffith, utilizzò un ceppo 2R AVIRULENTO ed un ceppo 3S VIRULENTO.
Decise di utilizzare questi due ceppi, perché si sapeva che le cellule di tipo S possono mutare nelle
cellule di tipo R e viceversa; ma le mutazioni sono specifiche, nel senso che le cellule del ceppo 2R
possono mutare in cellule del ceppo 2S, ma MAI in una cellula 3S  dipende dalla specificità
dell’involucro polisaccaridico.
Nel primo esperimento:
Griffith iniettò in alcuni topi, un ceppo
batterico 2R non virulento  il topo
continuava a vivere
Nel secondo esperimento:
utilizzò batteri di tipo 3S vivi e virulenti 
il topo moriva e nel suo sangue si
trovavano batteri di tipo S
Nel terzo esperimento:
uccise al calore i ceppi 3S, rendendoli
NON virulenti  iniettati nel topo, questo
sopravviveva
ultimo esperimento:
miscelò dei ceppi di tipo 2R vivi, con ceppi
3S uccisi al calore  inoculandoli nel topo,
contrariamente a quanto ci si aspettava, il
topo moriva e nel loro sangue era
presente il ceppo 3S.

Questi batteri, non potevano derivare da una


mutazione dei batteri di tipo R (in quel caso si
sarebbero generati batteri di tipo 2R), ma quello
che probabilmente successe, fu che i batteri vivi di
tipo 2R, erano stati trasformati, con un
meccanismo che era ancora sconosciuto, e che avevano in qualche modo captato dai batteri morti 3S
un’informazione che li rendeva 3S.
definì quest’agente come PRINCIPIO TRASFORMANTE.

Solo nel 1944, Avery, Macleod e McCarthy, riuscirono a dimostrare in vitro, che il principio trasformante fosse il DNA.
In effetti Avery ed i suoi collaboratori, studiava la capacità di alcuni bacilli (Streptococcus in particolare) di acquisire
caratteristiche patogene attraverso uno scambio di materiali con altri batteri della stessa specie.
ESPERIMENTO:
Decisero di sottoporre a lisi, mediante un detergente, le cellule di tipo 3S;
mediante la centrifugazione poi, separarono diversi componenti cellulari, soffermandosi su DNA e proteine.
Sottoposero l’estratto, in due provette differenti, a trattamenti enzimatici:
- In una prima provetta, venne aggiunta una Proteinasi in grado di degradare le proteine;
- Nell’altra, una DNAasi in grado di degradare il DNA.
A questo punto, aggiunsero cellule di tipo R in entrambe le provette e verificarono dopo ogni trattamento, l’avvenuta
o meno trasformazione:
- Quando era presente nella provetta il DNA, le cellule R potevano essere trasformate in cellule di tipo S;
- Nella provetta, trattata precedentemente con la DNAasi, si ottenevano solo cellule di tipo R.
In questo modo, riuscirono a dimostrare come il principio trasformante, fosse rappresentato dal DNA.

Successivamente, Chargaff dimostrò che la quantità di DNA varia in relazione alle specie ma rimangono costanti i
rapporti AT GC;
Nel 1952 Hershey e Marta Chase, dimostrarono definitivamente che il materiale in grado di infettare, di un virus, non
erano le proteine ma l’acido nucleico
L’ESPERIMENTO, prevedeva l’utilizzo di un BATTERIOFAGO:
Utilizzarono il batteriofago virulento per Escherichia coli, caratterizzato da un DNA a doppio filamento, lineare;
Vennero studiati differenti tipi di questo batteriofago, della serie T, indicati come T1, T2… T6, e si accorsero che T2, T4
e T6 erano caratterizzati da una testa poliedrica di natura proteica, una coda che presentava una guaina contrattile e
delle fibre della coda che erano fondamentali per attaccarsi alla superficie del batterio.
 Il Batteriofago T2  è responsabile del ciclo litico;
infetta le cellule di coli, mediante una iniezione solo del proprio materiale genetico (mentre quella che viene
definita OMBRA FAGICA, ovvero tutto il resto della struttura proteica, rimane all’esterno), che una volta
all’interno, inizia a degradare il cromosoma batterico e allo stesso tempo, inizia ad utilizzare il metabolismo
cellulare per replicare il proprio cromosoma, fino a quando non avrà espresso tutti i geni necessari per la
produzione della nuova progenie fagica; assemblate tutte le componenti necessarie, viene determinata la lisi
della cellula batterica, con rilascio della nuova progenie.
ESPERIEMNTO:
Consisteva nel marcare sia il DNA che le proteine con dei radioisotopi, in maniera tale da poter seguire il loro destino
durante l’infezione fagica. Si partì dal presupposto che:
il P è un costituente essenziale del DNA, ma è assente nelle proteine;
lo S, è presente nelle proteine, ma non nel DNA.
Vennero prodotte due tipi di progenie fagica T2, una in cui veniva marcato il DNA col P32, ed una in cui venivano
marcate le proteine con lo S35.
La preparazione dei batteriofagi marcati radioattivamente, veniva effettuata partendo dai batteriofagi T2,
posti in una beuta in cui era contenuta una coltura di coli, in maniera tale che queste cellule venissero
infettate; una caratteristica è che il terreno di coltura, conteneva P32.
Una volta formatasi la nuova progenie fagica, veniva introdotto il P nel DNA e dopo la lisi cellulare veniva
prodotta una progenie fagica che conteneva il DNA marcato con il P32.
La stessa cosa fecero per produrre la progenie che conteneva lo S radioattivo;
a questo punto, vennero utilizzate separatamente queste due progenie, per infettare altre cellule di coli, e quello che
si osservo, fu che:
- Nel caso in cui, avveniva l’infezione con il fago marcato con DNA e P32, dopo l’infezione e in seguito
all’allontanamento delle ombre fagiche, all’interno della cellula batterica, si osservava la radioattività 
l’informazione quindi, era passata dal fago iniziale all’interno della cellula batterica, e questa stessa
informazione, veniva trasferita alla successiva progenie fagica.
- Quando invece avveniva l’infezione con i batteriofagi marcati con proteine che contenevano S35, in seguito a
infezione ed omogeneizzazione (allontanamento delle ombre fagiche), si osservò come, la radioattività
rimaneva nella porzione proteica che era all’esterno della cellula batterica (OMBRA FAGICA), mentre
all’interno NON era passata alcuna radioattività  in questo caso, il trasferimento alla progenie fagica, NON
avveniva perché il DNA era rimasto all’esterno della cellula batterica.
In questo modo, riuscirono a dedurre, che il DNA dovesse essere il materiale responsabile della funzione della
riproduzione del batteriofago T2.
ALTRI ESPERIMENTI, relativi al Virus del MOSAICO DEL TABACO:
riuscirono a confermare che il materiale genetico fosse rappresentato dall’acido nucleico, in questo caso
rappresentato da RNA.
Questo virus, è caratterizzato da RNA con struttura elicoidale e rivestito da subunità proteiche; si distinguono due tipi
di virus del mosaico del tabacco:
- Tipo A  l’RNA e le proteine sono di tipo A
- Tipo B  l’RNA e le proteine sono di tipo B
I ricercatori effettuarono una degradazione, per far sì che da ognuno di questi due ceppi venissero eliminate le
proteine. Successivamente crearono degli ibridi, nel senso che rivestirono l’RNA di tipo A rimasto con proteine di tipo
B e l’RNA di tipo B, con proteine di tipo A.
- Quando avveniva l’infezione ad opera dell’ibrido caratterizzato da RNA di tipo A e proteine di tipo B, la
progenie fagica era tutta di tipo A  presentava sia RNA che proteine di tipo A: per cui, a dirigere il
trasferimento dell’informazione, era stato l’RNA e non le proteine.
- La stessa cosa accadeva quando l’infezione della pianta del tabacco, avveniva ad opera dell’ibrido
caratterizzato da RNA di tipo B e proteine di tipo A  in questo caso, la progenie era tutta di tipo B, quindi
rispecchiava l’informazione genetica contenuta nell’RNA.
Si riuscì così a dimostrare che l’informazione genetica, fosse contenuta in un acido nucleico.

Nel 1957, Watson e Crick riuscirono a definire, grazie anche ad altre fonti di formazioni, la reale struttura della
molecola di DNA  SCALA A CHIOCCIOLA in cui i gradini sono rappresentati dalle basi e i passamano dagli scheletri
zucchero-fosfato (non equamente distanziate ma determinanti un solco maggiore e minore).

L’informazione genetica contenuta nel DNA è decifrata grazie al CODICE GENETICO:


 letto a TRIPLETTE, senza punteggiatura;
 è costituito da 64 codoni, AUG di inizio e 3 di STOP; 61 codificano per ognuno dei 20 AA (più triplette per lo
stesso AA  degenerazione del codice;
 è quasi universale, perché esistono delle eccezioni (ad esempio, UGA universalmente tripletta di STOP, nei
mitocondri dei mammiferi codifica per il Triptofano)
 la terza base è definita BALLERINA, perché il terzo nucleotide dell’anticodone, può formare diversi
appaiamenti oltre al suo normale nucleotide.

CELLULE:
Procariote ed Eucariote (NUCLEO, compartimentazione interna, MITOCONDRI e CLOROPLASTI, CITOSCHELETRO) Virus.
EUCARIOTI  assetto di cromosomi contenuti nel nucleo; genoma mitocondriale (o plastidico nelle piante)
PROCARIOTI  unico cromosoma circolare (NUCLEOIDE)
Procarioti  APLOIDI
Eucarioti  DIPLOIDI, ma anche Aploidi
Le cellule eucariote diploidi, hanno per lo più 2 assetti di cromosomi.
VIRUS  genoma che può essere a DNA o RNA, per lo più circondato da proteine che a mo’ di rivestimento
proteggono il materiale genetico (CAPSULA).
Essendo le cellule molto piccole, è necessario che il genoma contenuto nel loro interno, sia COMPATTATO;
le modalità di compattamento sono differenti in procarioti ed eucarioti. La compattazione è fondamentale perché
rende il genoma più stabile e consente una più facile trasmissione alle cellule figlie.

VIRALI  virus del mosaico del Tabacco: cromosoma ad RNA, ad elica, rivestito da proteine
T2: DNA lineare
Batteriofago λ: caratterizzato da una testa proteica e una coda
PROCARIOTI  nel caso del batterio E. coli, la dimensione del DNA è di circa 1100 nm;
circolare a doppia elica (condensato di circa 1000 volte, mediante la formazione di domini ad anse, le quali
possono inoltre superavvolgersi. Il superavvolgimento è determinato da due enzimi: la DNAgirasi e la
DNAtopoisomerasi).
EUCARIOTI  il materiale genetico è circondato dall’involucro nucleare, a formare il NUCLEO;
il DNA è associato agli ISTONI a formare complessi rappresentati dalla cromatina. Infatti, i cromosomi
eucariotici, sono caratterizzati da CROMATINA (complesso di DNA e proteine);
le proteine sono di due tipi:
ISTONICHE (proteine basiche, hanno una carica + per cui si legano facilmente al DNA che invece è carico -;
se ne distinguono di 5 tipi, H1, H2A, H2B, H3, H4 fondamentali nell’impacchettamento del DNA);
NON ISTONICHE (sono tutte le altre proteine che possono essere associate al DNA, sono meno abbondanti di
quelle istoniche.

LIVELLI DI CONDENSAZIONE DEL DNA NEGLI EUCARIOTI


1° livello  nucleosomi
2° livello  filo di perle (fibra da 10 nm)
3° livello  fibra da 30 nm (istone H1)
4° livello  fibra che forma dei domini ad ansa sul cosiddetto Scaffold cromosomico.
Fino ad essere concentrato di 10000 volte a formare i cromosomi visibili in una fase specifica della divisione cellulare,
che è la piastra equatoriale nella metafase.

CROMATINA:
EUCROMATINA: regione cromosomica che presenta alternanza di condensazione e decondensazione durante il ciclo
cellulare; rappresenta quella porzione della cromatina che è trascritta attivamente, contiene i geni che saranno
espressi in proteine ed è priva di sequenze ripetute.
ETEROCROMATINA: è quella regione cromosomica che rimane condensata per tutto il ciclo cellulare; è
trascrizionalmente inattiva. Si distingue a sua volta in:
- ETEROCROMATINA COSTITUTIVA: è caratterizzata da sequenze di DNA ripetuto, in particolare in regioni dei
cromosomi che sono i Centromeri (saranno le strutture che permetteranno ai cromosomi di legarsi ai fusi
durante le fasi di divisione) ed i Telomeri (estremità dei cromosomi).
- ETEROCROMATINA FACOLTATIVA: es. il Corpo di Barr (uno dei due cromosomi X viene ad essere
condensato).

Il numero dei cromosomi è specie-specifico


UOMO: 46 cromosomi, 23 coppie  22 cromosomi sono AUTOSOMI (non sessuali; nelle cellule somatiche), una
coppia è quella sessuale (nelle cellule germinali o nei gameti), XX nelle femmine, XY nei maschi.
Negli organismi superiori, esistono due tipi di cellule:
- Quelle che rappresentano il SOMA (le cellule del corpo), DIPOLIDI  il che significa che possiedono
due assetti di cromosomi aploidi, ciascuno dei quali, proviene da un genitore.
- Le cellule GERMINALI (i gameti maschili e femminili), caratterizzate da un assetto APLOIDE  solo
in seguito alla fecondazione, quando un gamete maschile si unisce con il gamete femminile, si
formerà uno Zigote che ripristina l’assetto diploide.
CROMOSOMI:
Nelle cellule eucariotiche aploidi, i cromosomi sono generalmente presenti a forma di bastoncello singolo;
Nelle cellule eucariotiche diploidi invece, un cromosoma, è caratterizzato da due bastoncelli, che
rappresentano gli OMOLOGHI  uno di origine materna, l’altro di origine paterna.
Mentre i cromosomi che fanno parte di due coppie differenti, prendono il nome di CROMOSOMI
NON OMOLOGHI o ETEROLOGHI.
Inoltre, in generale, i cromosomi si possono dividere in:
 AUTOSOMI o CROMOSOMI NON SESSUALI  presenti nelle cellule somatiche;
 SESSUALI  presenti nelle cellule germinali o nei gameti.
È possibile osservare i cromosomi grazie al microscopio;
per quanto riguarda le cellule batteriche o procariote, essendo molto piccole, si possono osservare al
microscopio elettronico;
mentre per quanto riguarda le cellule eucariotiche, più grandi, queste si osservano al microscopio ottico.
Grazie all’osservazione, i citogenetisti, sono stati in grado di distinguerne la forma ed anche le dimensioni,
nonché 3 diversi tipi di sequenze:
1. ORIGINE DI REPLICAZIONE: sono differenti nei cromosomi delle cellule eucariotiche; consentono
una replicazione corretta del DNA di tutto il cromosoma.
2. CENTROMERI: rappresentano una costrizione primaria, che divide il cromosoma in due porzioni,
che sono i due bracci del cromosoma e che possono essere distinti in un BRACCIO PICCOLO,
indicato come “p” da “petit”, ed in un BRACCIO PIÙ LUNGO, indicato con “q”.
In generale, il ruolo del centromero, è quello di garantire (grazie alla presenza di strutture proteiche
come il CINETOCORE) una corretta segregazione dei cromosomi, durante le divisioni cellulari mitosi
e meiosi.
3. TELOMERI: rappresentano le porzioni terminali dei cromosomi; sono deputati al mantenimento
della lunghezza del cromosoma, evitandone un accorciamento.

CLASSIFICAZIONE DEI CROMOSOMI:


Prima che la cellula entri in divisione, il bastoncello, si duplica  si osserverà un cromosoma caratterizzato
da due cromatidi fratelli, uniti tra di loro attraverso il CENTROMERO;
la presenza del CINETOCORE avrà un ruolo fondamentale, in quanto a questo si collegheranno i microtubuli
del fuso.
Proprio per la presenza del Centromero, i cromosomi si possono classificare in:
 SUB-METACENTRICI  è un cromosoma caratterizzato da un braccio più lungo ed uno più corto;
 METACENTRICI  è un cromosoma in cui il centromero si trova in una porzione mediana; divide il
cromosoma in due bracci uguali.
 TELOCENTRICI  è un cromosoma che possiede solo un braccio; il centromero si trova in una
posizione terminale.
 ACROCENTRICI  è possibile distinguere un braccio lungo ed un braccio molto piccolo, che viene
addirittura considerato come un rigonfiamento, definito Satellite.

I cromosomi inoltre, possono essere classificati mediante la tecnica del BANDEGGIO:


i citogenetisti utilizzano 4 diverse procedure  G,Q,R,C (il principio sul quale si basano è simile):
 la prima fase prevede l’OSSERVAZIONE dei cromosomi in una fase particolare della divisione
cellulare, che è la PIASTRA METAFASICA (quando i cromosomi sono compattati e quindi
acquisiscono la loro forma definitiva);
 dopodiché, i cromosomi metafasici vengono sottoposti ad una parziale digestione con degli enzimi
proteolitici e colorati con coloranti differenti.
BANDEGGIO G:
viene utilizzato come colorante GIEMSA, che darà origine a bande G più chiare e bande G più scure.

BANDEGGIO Q:
viene utilizzato come colorante la QUINACRINA, darà origine a bande scure che vengono però messe in
evidenza mediante la luce ultravioletta.

BANDEGGIO R:
anche in questo caso, si riscontrano bande chiare e bande scure  queste ultime corrispondono alle bande
chiare del bandeggio G.

BANDEGGIO C:
In questo caso, i cromosomi metafasici sono trattati sempre chimicamente in maniera tale che il DNA venga
estratto dalle braccia e alla fine ciò che si colorerà sarà solo il centromero  che corrisponderà ad una
regione caratterizzata da eterocromatina costitutiva.

Dalla dimensione, dalla presenza del centromero e dalla presenza delle


bande, è possibile ordinare i cromosomi in GRUPPI, in maniera tale che
siano raggruppati per forma simile e anche per presenta del
centromero nella stessa posizione

CARIOGRAMMA UMANO 

Il cromosoma più grande, è il CROMOSOMA 1


Il cromosoma più piccolo, è il CROMOSOMA 21
Il cromosoma X, ha una dimensione più o meno mediana
Il cromosoma Y, è piccolo quanto più o meno il cromosoma 22

Grazie alla tecnica del bandeggio è possibile, per ogni cromosoma, stabilire delle bande in posizioni
specifiche.
Si parla del cosiddetto IDEOGRAMMA:
nel caso dell’ideogramma del cromosoma 5 umano, è possibile distinguere delle
specifiche regioni, indicate da numeri, identificate mediante delle singole bande.
Ad esempio:
 5p11  indica il cromosoma 5, braccio corto, regione 11
(che è la regione più vicina al centromero).
È interessante notare, che all’interno di ogni regione, possono esserci delle
sotto-bande, che verranno indicate con, ad esempio, 11.1.
FUNZIONE DEI CROMOSOMI:
è innanzitutto quella di TRASMETTERE il materiale genetico da una generazione alla successiva, che si
verifica durante lo sviluppo di un organismo e può avvenire mediante una corretta replicazione del DNA (e
quindi dei cromosomi) ed una successiva corretta divisione delle cellule figlie.
Una seconda funzione dei cromosomi, è quella di RICOMBINARE i geni che possono essere presenti nei
cromosomi; ciò si verifica durante la Meiosi (infatti si parla di RICOMBINAZIONE MEIOTICA), seguita da una
corretta segregazione dei cromosomi omologhi.

DIVISIONE CELLULARE:
è quel processo che consente ai cromosomi di essere trasmessi, in modo preciso, da una cellula madre (la
cellula progenitrice) alle due cellule figlie.
Prima che avvenga la divisione, è fondamentale che i cromosomi vengano duplicati;
successivamente verranno organizzati e distribuiti nelle cellule figlie.
Le cellule figlie conterranno una quantità di materiale genetico, che è esattamente uguale a quello presente
nella cellula che le ha generate.
La divisione avviene in maniera differente a seconda che si parli di
 PROCARIOTI:
la divisione avviene mediante un meccanismo molto semplice, che può essere considerato come il loro
modo ASESSUALE di riprodursi, mediante SCISSIONE BINARIA.
In questo tipo di divisone, la prima cosa che deve succedere è che il cromosoma di una cellula batterica,
circolare, deve essere replicato;
si otterranno, all’interno di una stessa cellula, le due copie di cromosomi;
avverrà poi la divisione cellulare e si formeranno le due cellule figlie, identiche alla cellula madre.
I batteri si dividono molto velocemente (ad esempio E. coli riesce a riprodursi in circa 20 minuti).
 EUCARIOTI:
in questo caso, ogni cellula possiede un numero elevato di cromosomi (specie-specifico); prima che
avvenga la divisione della cellula, deve avvenire la duplicazione di tutti i cromosomi ed una successiva equa
distribuzione nelle cellule figlie.
Il processo mediante il quale si verifica questa divisione, è il CICLO CELLULARE.

Il Ciclo Cellulare, si compone di:


 INTERFASE: rappresenta quel periodo che intercorre tra due divisioni cellulari. Può ulteriormente
essere suddivisa in 3 fasi, G1, S, G2.
G1 e G2, rappresentano delle fasi indicate come GAP, nel senso che precedono fasi importanti;
nello specifico:
 la fase G1, precede la fase di Sintesi; è una fase di crescita, durante la quale vengono sintetizzate
tutte le proteine che saranno necessarie sia per la replicazione del DNA che per la divisione
cellulare.
Tra la fase G1 e la fase S, esiste un punto detto check-point G1-S, che rappresenta un punto di
regolazione  la cellula passerà alla fase S solo se tutte le proteine necessarie per le fasi successive
sono state prodotte.
 La fase S, è la fase di replicazione del DNA (SEMI-CONSERVATIVA);
una volta che il DNA si è duplicato, il cromosoma prima caratterizzato da un singolo bastoncello,
sarà costituito da due bastoncelli, che sono i cromatidi fratelli uniti dal centromero.
Ogni cromosoma omologo sarà caratterizzato da due cromatidi fratelli
 la fase G2, precede la divisione. Anche in questo caso tra la fase G2 e la fase M, esiste un punto
regolazione, un check-point G2-M, che viene superato solo se tutto il DNA (i cromosomi), è stato
duplicato.
 FASE M: rappresenta la fase della divisione. In questa fase si avrà una divisione nucleare che
avviene nella fase di Mitosi ed una divisione delle cellule mediante Citocinesi.
 MITOSI  scoperta nel 1870 da Fleming;
il termine deriva dal greco e significa “filo”, perché all’osservazione al microscopio, durante la
mitosi i cromosomi assomigliano a dei corpi filamentosi. Si divide ulteriormente in 4 fasi principali:
PROFASE: caratterizzata dal fatto che i cromosomi iniziano ad essere evidenti, si disgrega
l’involucro nucleare ed inizia a formarsi il fuso mitotico.
METAFASE: nella quale i cromosomi si dispongono nel piano equatoriale della cellula, la piastra
metafasica
ANAFASE: nella quale avverrà la separazione dei cromatidi di ogni cromosoma, per cui ogni
cromatidio andrà poi a costituire il cromosoma della cellula figlia
TELOFASE: in cui ogni cromatidio darà origine al cromosoma della nuova cellula figlia; si
formeranno due cellule con assetto cromosomico identico a quello della cellula che le ha generate.
prima che si verifichi la mitosi, si verificano alcuni processi importanti nell’Interfase:
durante questa fase, i cromosomi non sono ancora evidenziabili, c’è ancora la membrana nucleare ed
interessante è la presenza del CENTROSOMA: un centro di organizzazione dei microtubuli del fuso;
ogni centrosoma è caratterizzato da due CENTRIOLI.
Prima della mitosi, il centrosoma si duplica  ciò è fondamentale perché durante poi la profase, a
livello dei centrioli di ogni centrosoma, si formeranno i microtubuli del fuso mitotico, che avranno
il compito di muoversi verso i poli opposti della cellula.
Scompare la membrana nucleare ed i cromosomi si appaiano nella loro interezza (inizia la profase).

Abbiamo detto che la formazione dei microtubuli del fuso parte, in particolare, dai CENTROSOMI;
Si distinguono 3 tipi di FUSI:
1. ASTRALI: rimangono a raggiera; prendono il nome di Aster.
2. POLARI o INTERPOLARI: che mettono in comunicazione i due poli della cellula.
3. FUSI DEL CINETOCORE DEL CROMOSOMA: quelli che collegano il polo al cromosoma.
Ogni microtubulo (formato da subunità di tubulina) è caratterizzato da due subunità:
una POSITIVA  si trova in prossimità del cinetocore del cromosoma
una NEGATIVA  è nella direzione del centrosoma
durante la meiosi, i microtubuli ad opera di proteine motrici, si possono accorciare ed allungare; così
facendo, determineranno il movimento dei cromosomi.

 CITOCINESI  porta alla separazione delle due cellule figlie;


questo avviene grazie alla formazione di un solco di divisone, che avverrà con modalità differenti
tra le cellule animali e quelle vegetali.
Nelle cellule animali, si formerà un solco determinato da un solco di segmentazione che darà poi
origine alle due cellule figlie.
Nelle cellule vegetali, si formerà una piastra membranosa che divide le due cellule figlie e da
entrambi i lati della piastra, si formerà la parete cellulare.
Per quanto riguarda molti tipi cellulari, la telofase e la citocinesi, avvengono contemporaneamente.

La durata del ciclo cellulare nelle cellule eucariotiche, è abbastanza variabile;


ma a variare maggiormente è la fase G1  può durare da pochi minuti nelle cellule embrionali, a molto più
tempo nelle cellule di alcuni tessuti adulti.

Esistono inoltre delle cellule, come quelle del tessuto nervoso e muscolare, che raggiunta la loro funzione,
non si dividono più ma entrano in uno stato detto di quiescenza, rappresentato dalla fase G0.
La mitosi si può verificare sia nelle cellule aploidi che in quelle diploidi;
avviene sempre dopo la duplicazione del DNA e quindi dei Cromosomi;
il significato è quello di mantenere costante la quantità del materiale genetico attraverso le generazioni,
infatti, partendo da una cellula diploide 2n, si originano due cellule figlie diploidi geneticamente identiche.

Secondo processo di divisione, che si verifica nelle cellule GERMINALI (deputate alla formazione dei
gameti), è la MEIOSI.
La meiosi, si compone principalmente di due divisioni:
1. MEIOSI 1  è una divisione riduzionale; in questa fase si ha la separazione dei cromosomi
omologhi e quindi nelle cellule figlie ci sarà un contenuto che è equivalente alla metà della cellula
madre (rispetto ai cromosomi);
2. MEIOSI 2  è una divisione equazionale; in questo caso, si avrà la separazione dei cromatidi
fratelli.

Possono andare incontro a Meiosi, solamente cellule diploidi 2n;


avviene prima la sintesi del DNA, dopodiché avvengono le due divisioni:
nella prima divisione, si formeranno due cellule, che avranno un contenuto diploide, mentre dopo la
seconda divisione meiotica, 4 cellule con contenuto aploide.

Anche in questo caso, le meiosi, si compongono di più fasi:


MEIOSI 1
PROFASE 1: in questa fase i cromosomi iniziano ad essere evidenti, iniziano a formarsi i fusi mitotici (con le
stesse modalità della mitosi, grazie alla presenza dei centrosomi).
Ad un certo punto, compaiono i cromosomi omologhi che tenderanno ad appaiarsi:
la Profase 1, si divide in 5 fasi:
 LEPTOTENE
 ZIGOTENE: i cromosomi si appaiano
 PACHITENE: si forma un complesso sinaptonemico, importante perché i due cromosomi omologhi
possono essere considerati come appaiati come una in cerniere (appaiamento che avviene grazie
anche ad una proteina che è la coesina)
 DIPLOTENE: le due coppie di cromatidi, daranno origine ad una tetrade o bivalente; è a questo
livello che si possono formare delle rotture nei cromosomi omologhi che favoriscono lo scambio di
materiale genetico. Le rotture avvengono in punti precisi che sono i CHIASMI, si verifica lo scambio
e si formeranno così cromosomi caratterizzati da un cromatidio di configurazione parentale ed uno
con configurazione differente, perché ha acquisito una porzione dell’omologo, ed è definito come
Cromatidio ricombinante.
 DIACINESI
METAFASE 1: durante la quale, le coppie di cromosomi vengono poste nella porzione metafasica
ANAFASE 1: i cromosomi omologhi, grazie all’accorciamento dei microtubuli del cinetocore, verranno
trasportati ai poli della cellula
TELOFASE 1: i cromosomi si troveranno ai poli opposti della cellula ed in questa fase i cromosomi iniziano
nuovamente a rilassarsi, il citoplasma si divide e si riforma l’involucro nucleare.

La Meiosi 1 è seguita dalla Citocinesi, ma in alcuni casi, si verifica subito la:


MEIOSI 2
ha un meccanismo del tutto simile a quello che si verifica nella MITOSI delle cellule somatiche.
PROFASE 2: i cromosomi iniziano ad essere evidenti, si disgrega la membrana nucleare
METAFASE 2: i singoli cromosomi si dispongono nel piano equatoriale, la piastra metafasica
ANAFASE 2: si avrà la separazione (a livello del centromero) dei cromatidi fratelli
TELOFASE 2: i cromatidi vengono trasportati ai poli opposti della cellula; alla fine si formeranno 4 cellule
con contenuto aploide.

Importanti nella meiosi sono:


1. Il passaggio che si verifica nella POFASE 1  nella quale si può avere l’appaiamento dei cromosomi
omologhi e quindi in modo casuale, si può verificare che in alcuni punti si formino dei chiasmi, punti
di rottura, che determinano uno scambio mediante un CROSSING OVER di materiale genetico:
un cromatidio non avrà subito crossing over, per cui sarà di configurazione parentale, l’altro che
avrà scambiato la porzione con il suo omologo, avrà una cosiddetta CONFIGURAZIONE
RICOMBINANTE. Lo scambio di materiale genetico è alla base della formazione di nuove
combinazioni e quindi della VRIABILITÀ GENETICA.
2. Secondo passaggio importante, si verifica nella METAFASE 1  in cui, quando i cromosomi
omologhi, si distribuiscono sulla piastra equatoriale, possono distribuirsi mediante due differenti
configurazioni: in modo tale che nelle cellule figlie ci sia sempre e comunque la presenza di un
cromosoma materno e di uno paterno.

Il significato genetico della meiosi, è che produce CELLULE APLOIDI:


 sappiamo che da ciascuna cellula originale, vengono prodotte 4 cellule figlie che hanno un numero
di cromosomi che è dimezzato rispetto alla cellula diploide.
 Inoltre, avviene il Crossing over, quella fase in cui può avvenire (quando i cromosomi omologhi
sono appaiati) uno scambio reciproco di parti di cromosomi omologhi, che producono una
VARIABILITÀ, quindi danno delle combinazioni filiali ricombinanti che sono differenti da quelle
parentali.
 L’assortimento casuale dei cromosomi, può avvenire in prima divisione per i cromosomi omologhi
ed in seconda divisione per i cromosomi fratelli: ciò significa che nelle cellule prodotte, si
formeranno delle nuove combinazioni che saranno geneticamente differenti sia dalle parentali che
le une dalle altre.

Ecco perché:
 la prima Meiosi prevede una DIVISIONE RIDUZIONALE:
da una cellula 2n  due cellule n
avviene la separazione dei cromosomi omologhi.
 La Meiosi 2 prevede una DIVISIONE EQUAZIONELE:
si formeranno 4 cellule, tutte e 4 aploidi
avviene la separazione dei cromatidi fratelli.

CONFRONTO TRA MITOSI E MEIOSI:


MITOSI  è un processo di divisione che si verifica principalmente nelle cellule somatiche
 si parte da una cellula apolide o diploide  si genereranno due cellule figlie identiche,
che contengono la stessa quantità di materiale genetico 2n
 vi è una sola divisione preceduta dalla replicazione del DNA e dei cromosomi
 NON si verifica l’appaiamento dei cromosomi omologhi
 Nell’ Anafase, si verifica la divisione dei centromeri e quindi i cromatidi diventeranno i
cromosomi delle cellule figlie portati ai poli opposti
 È un processo CONSERVATIVO  i genomi delle cellule figlie saranno identici a quelli
della cellula parentale
MEIOSI  È un processo di divisione che avviene nelle cellule sessuali per la produzione dei gameti
 Si parte sempre da una cellula diploide  verranno prodotte 4 cellule con contenuto
aploide n
 vi sono 2 divisioni (meiosi 1 e 2) precedute dalla replicazione del DNA e dei cromosomi
 si verifica l’appaiamento dei cromosomi omologhi  CROSSING OVER
 i centromeri si dividono nell’Anafase della MEIOSI 2
 è un processo EVOLUTIVO  promuove una certa variabilità, perché si possono formare
delle cellule che hanno un contenuto differente da quello della cellula parentale.

CICLI BIOLOGICI:
negli organismi eucarioti, sono di 3 tipi:
 CICLO BIOLOGICO NEGLI ORGANISMI APLOIDI:
La maggior parte delle cellule eucariotiche aploidi, come i Funghi e le Alghe, vanno incontro a questo tipo di
ciclo. È caratterizzato dalle SPORE che hanno un corredo cromosomico aploide n, per la maggior parte del
loro ciclo vitale; ad un certo punto 2 spore che si comportano come se fossero spore sessuali, a sessi
separati, si fondono a formare una cellula diploide transitoria, un MEIOCITA l’unico stato diploide che si
verifica in questi organismi, che andrà incontro a meiosi, producendo 4 cellule aploidi, le SPORE, che a loro
volta, per MITOSI, potranno dare origine all’organismo adulto (unicellulare o, se si dividono più volte,
pluricellulari)

 CICLO BIOLOGICO NEGLI ORGANISMI DIPLOIDI:


è quello che si verifica principalmente nei Mammiferi, incluso l’Uomo.
in questo caso, bisogna distinguere dei tessuti in cui si verifica la meiosi, tessuto rappresentato da cellule
specializzate che sono i Meiociti localizzati nelle Gonadi, che daranno origine ai gameti (aploidi);
i gameti per fecondazione, ripristinano l’assetto diploide cromosomico all’interno dello zigote, che poi
andrà a dividersi per dare origine all’individuo adulto.
Mentre, la maggior parte delle cellule del corpo, sono diploidi e si dividono per mitosi.
In particolare, la formazione dei GAMETI avviene attraverso:
SPERMATOGENESI: nella linea Maschile;
parte da cellule definite SPERMATOGONI (2n), presenti nelle gonadi maschili (nei testicoli); entrano
nella profase 1 della meiosi, dando origine ad uno SPERMATOCITA PRIMARIO (2n) che durante
meiosi riduzionale, darà poi origine agli SPEMATOCITI SECONDARI (n). alla fine della Meiosi si
formeranno 4 cellule aploidi, che sono gli SPERMATIDI che potranno andare incontro a maturazione
e differenziarsi in SPERMATOZOI.
OOGENESI: nella linea Femminile
Nelle ovaie sono presenti gli OOGONI (2n) che andranno a dare origine agli OVOCITI PRIMARI (2n) i
quali in seguito alla prima meiosi daranno origine all’OVOCITA SECONDARIO aploide (meiosi
riduzionale) e ad un primo globulo POLARE che tenderà a frantumarsi; solo l’ovocita secondario
andrà incontro alla meiosi 2, per dare origine alla CELLULA UOVO aploide; si formerà un secondo
globulo polare, il quale andrà incontro a disgregazione.
Dalla fecondazione dell’uovo con lo spermatozoo, si forma una cellula che è lo ZIGOTE in cui si ripristina il
contenuto diploide.
Lo zigote andrà incontro a diverse divisioni per formare l’organismo adulto.
Il ciclo biologico nella specie umana quindi, si compone di due diverse fasi:
 Che si verifica nelle cellule germinali  meiosi che caratterizzerà e formerà la cellula uovo
e gli spermatozoi (APLOIDI), che per fecondazione daranno luogo allo zigote (DIPLOIDE) che
per mitosi darà origine all’Embrione così via fino a formare l’organismo adulto.
 CICLO BIOLOGICO NEGLI ORGANISMI CHE PRESENTANO ALTERNANZA DI GENERAZIONE
(APLOIDE-DIPLOIDE)
In questo caso ci saranno due generazioni, una APLOIDE ed una DIPLOIDE.
Questo ciclo si verifica nelle piante, perlopiù in quelle che producono fiori all’interno dei quali sono presenti
sia gameti maschili che femminili.
La generazione aploide  sarà la generazione GAMETOFITICA
una volta formatasi le spore, queste produrranno il gametofito maschile (MICROGAMETOFITO granulo
pollinico) e quello femminile (MEGAGAMETOFITO ovulo);
dalla fecondazione si formerà il seme (diploide) che in seguito all’embriogenesi, darà origine alla pianta
adulta, che produrrà i fiori, i quali conterranno dei tessuti che a loro volta contengono delle cellule che
andranno incontro a meiosi e che formeranno le spore aploidi. Il ciclo ricomincia.
La generazione diploide  sarà la generazione SPOROFITICA
GENETICA MENDELIANA
Gregor Mendel era un monaco austriaco;
fu il primo a studiare il fenomeno della trasmissione dei caratteri ereditari, nonostante non avesse alcuna
conoscenza né del DNA né dell’RNA; non sapeva cosa fossero i geni né che i geni si trovassero sui
cromosomi.
Nonostante tutto, viene considerato come il Padre della GENETICA.
L’intuizione di Mendel, fu quella di capire che i caratteri, venivano ereditati come delle ENTITÀ INVISIBILI:
egli li definì FATTORI MENDELIANI che possono essere trasmessi alla progenie secondo delle regole
matematiche molto precise.
Nel 1865, pubblicò il suo lavoro “Esperimento sugli ibridi delle piante”; lavoro che venne ignorato per
diversi anni e che venne riscoperto solo nel 1900, da 3 studiosi botanici.
Mendel condusse i suoi studi in un piccolo orto nel suo Monastero, in un periodo che va dal 1856-1864.
Egli effettuò tutta una serie di incroci, utilizzando la pianta di pisello “Pisum sativum” , DIPLOIDE, 7 coppie
di cromosomi ( in ogni cellula esistono coppie di cromosomi; ciò vuol dire che se è presente un gene,
questo presenterà due alleli) che presentava tutte le caratteristiche peculiari di un organismo modello, tra
cui, quella di produrre fiori che possiedono sia gameti maschili che femminili  queste piante si possono
riprodurre per impollinazione e quindi Autofecondazione.

Mendel eseguì due tipi di incroci:


1° INCROCIO  AUTOFECONDAZIONE
Scelse una pianta che produceva dei fiori, scelse un carattere e lasciò autofecondare la pianta per diverse
generazioni. In questo caso, polline e cellula uovo derivano dalla stessa piante.
2° INCROCIO  FECONDAZIONE INCROCIATA
In questo caso, polline e cellula uovo, derivano da piante differenti.
Partì da una pianta, dai cui fiori eliminò le antere, dopodiché mediante un pennellino trasferì il polline di
un’altra pianta, sullo stigma dei fiori della pianta dalla quale aveva rimosso le antere.

Per 2 anni, Mendel studiò 34 varietà di piante.


Dopo due anni, decide di focalizzare la sua attenzione su 7 caratteri:
si accorse che questi caratteri erano sempre presenti in DUE FORME ALTERNATIVE  che in seguito alla
scoperta dei geni, si capì
essere gli ALLELI.
Mendel partì da una linea PURA  si ottiene lasciando autofecondare una pianta per diverse generazioni
(perché voleva essere sicuro che il carattere osservato, si mantenesse per diverse generazioni).
1° INCROCIO MONOIBRIDO
Decise di incrociare due piante che differivano per un carattere: il colore del fiore.
 Nell’incrocio P (parentale) le linee pure erano
caratterizzate, una da una pianta che produceva
sempre fiore porpora, l’altra da una pianta che
produceva sempre fiori bianchi.

 Effettuò l’incrocio  trasferì il polline delle antere


nel fiore bianco, sullo stigma del fiore porpora, dove
aveva precedentemente rimosso le antere.

 Quello che osservò nella F1 (prima generazione filiale) fu che, stranamente, tutte le piante che
venivano prodotte dai semi, manifestavano il carattere di uno dei due parentali, fiori porpora
(FENOTIPO).
2° INCROCIO RECIPROCO
Fere un incrocio reciproco, significa scambiare i fenotipi dei parentali:
se nel primo incrocio, il gamete maschile era quello dei fiori bianchi e quello femminile era quello dei fiori
porpora, l’incrocio reciproco, prevede esattamente il contrario:
il polline nelle antere nel fiore porpora, viene trasferito sullo stigma del fiore bianco (dove
precedentemente erano state rimosse le antere).
Così facendo, alla F1 ottenne sempre lo stesso risultato  tutta la progenie era caratterizzata da piante
che producevano fiori porpora.

Si può quindi affermare che:


Le modalità con cui questo carattere è trasmesso da una generazione alla successiva, NON dipende dal
sesso dell’organismo.

AUTOFECONDAZIONE
Lasciò autofecondare la F1:
Osservò la pianta che produceva fiori porpora della
prima generazione filiale e si accorse che, nella seconda
generazione filiale F2, si osservavano piante con fiori
porpora e piante con fiori bianchi.
Ricompariva il carattere: Fiori Bianchi;
nel caso specifico, su circa 1000 piante, 705 avevano
fiore porpora e 224 avevano fiore bianco.

Si accorse, contando tutti i fiori di tutte le piante, che il


rapporto tra fiori porpora e fiori bianche, era un
rapporto 3:1  si ottenevano 3 piante a fiori porpora
ed una pianta a fiori bianchi.

Ipotizzò quindi, che questo carattere doveva essere determinato da un fattore che esisteva in DUE forme
alternative.
Il che significa che, la prima generazione filiale, manifestava il fenotipo porpora, ma potenzialmente aveva
la capacità di trasmettere, nella seconda generazione, il fenotipo bianco.
Successivamente, fece gli incroci considerando sempre il singolo carattere per tutte le altre 6 coppie di
caratteri, ed ottenne sempre lo stesso comportamento.

A questo punto, immaginò che a determinare il carattere, doveva essere un qualcosa di astratto che egli
considerò come un FATTORE DI EREDITÀ  che nel 1909 Johannsen denominò GENE.
Le due forme alternative di uno stesso fattore, quindi di un gene, erano i due alleli:
- uno DOMINANTE, quello che si manifesta nella F1 ed in maggiore quantità nella F2)
- l’altro RECESSIVO, che scompariva nella F1 e ricompariva nella F2.

MODELLO MENDELIANO
 ogni carattere doveva essere determinato da un fattore di eredità;
 ogni carattere poteva essere presente in due forme, quindi ogni fattore di eredità era presente in
coppie  nella F2 i fenotipi alternativi, dipendono da forme differenti dello stesso fattore.
 (PRINCIPIO DELLA SEGREGAZIONE INDIPENDENTE) queste varianti (alleli), alla meiosi si separano in
maniera tale che si formino gameti, ciascuno dei quali contenga un allele.
I gameti possono unirsi “random”, per costituire un nuovo zigote diploide;
l’unione considerando un gene caratterizzato da due alleli, può avvenire in 3 modi:
- Zigote che contiene i due alleli dominanti, che verrà denominato OMOZIGOTE DOMINANTE
AA
- Zigote che contiene i due alleli recessivi, che verrà denominato OMOZIGOTE RECESSIVO
aa
- Zigote che contiene l’allele dominante e l’allele recessivo ETEROZIGOTE
Aa
immaginò quindi, che la generazione F1 dell’incrocio, fosse ETEROZIGOTE l’allele porpora determinato
dal fattore di eredità “A” è DOMINANTE sull’allele “a” RECESSIVO che sarebbe responsabile del colore
bianco.
Si parla di APLOSUFFICIENZA  vuol dire che in un eterozigote, è sufficiente un solo allele dominante che
sarà responsabile della manifestazione del carattere.

Per confermare questo modello, Mendel effettuò un ulteriore incrocio:


REINCROCIO DI PROVA o TEST CROSS
TEST CROSS  è un incrocio che si fa per riconoscere un Genotipo incognito, tra un individuo
fenotipicamente dominante ed un omozigote recessivo.

Per stabilire se la F1, fosse realmente Eterozigote.


Consiste nell’incrociare, prendendo in considerazione il
carattere “colore del seme”,
 piante a semi gialli  delle quali Mendel non
conosceva il Genotipo, sapeva solo che alla F1 dava
semi gialli
 piante a semi verdi  vennero utilizzate come
TESTER; il contributo allelico in questo caso è nullo,
perché determinato dall’allele recessivo “y”, che si
manifesta nel fenotipo, solo quando è presente a
livello genotipico, come “yy”.
 Si accorse, che facendo questo incrocio, metà della
progenie produceva semi gialli, l’altra metà semi
verdi.
Riuscì in questo modo a confermare che IL GENOTIPO della F1, doveva essere ETEROZIGOTE.

I dati di questa prima serie di esperimenti, furono alla base della formulazione delle prime due leggi di
Mendel:
PRIMA LEGGE DI MENDEL o LEGGE DELLA DOMINANZA
Afferma che dall’incrocio tra due linee pure che differiscono per un solo carattere (colore del fiore), si
ottiene una F1 in cui gli individui manifestano uno solo dei due fenotipi parentali.
Questo fenotipo è quello definito DOMINANTE, mentre l’altro è RECESSIVVO e ricompare nella F2.

PRIMA LEGGE DI MENDEL o PRINCIPIO DELLA SEGREGAZIONE BILANCIATA


I due membri di una coppia genica (alleli) segregano, si separano l’uno dall’altro durante la formazione dei
gameti in modo bilanciato, ovvero, in maniera tale che, un allele (in questo caso, Y dominante) si troverà in
un gamete, l’altro allele (y) in un altro gamete (metà dei gameti contengano un allele, l’altra metà
contengano l’altro)  si formeranno 2 classi gametiche.

Quando questi gameti, incontreranno i gameti prodotti dall’altra pianta (nel nostro caso tutti caratterizzati
dall’allele recessivo) si avrà il fenotipo verde, quando si ripristina la condizione di omozigosi recessiva;
fenotipo giallo quando è in eterozigosi.

ESEMPIO
Carattere preso in considerazione: FORMA DEL SEME
R  seme liscio
r  seme rugoso
R > r  R sarà dominante su r
Incrocio tra un fenotipo dominante, genotipicamente incognito con un tester

R_ X rr
Il _ indica che genotipo potrebbe
essere un allele dominante o recessivo.
Entrambi daranno comunque “seme liscio”
come fenotipo.

Supponiamo che il genotipo incognito sia Omozigote Dominante:


RR X rr
Questo genotipo, sarà in grado di produrre un’unica classe gametica;
quando i due allei si incontreranno, nello zigote si formerà l’eterozigote, che comunque fenotipicamente,
darà tutti semi lisci.

RR rr
r r

R
Rr Rr

R
Rr Rr
Quindi:
se il fenotipo dominante è OMOZIGOTE DOMINANTE, facendo un reincrocio di prova, si ottiene un'unica
classe fenotipica nella progenie.

Se invece fosse stato un eterozigote Rr X rr  secondo la seconda legge di Mendel, si formeranno due
diverse classi fenotipiche nella progenie.
Metà della progenie sarà eterozigote, a seme liscio e l’altra metà a seme rugoso.
QUADRATO DI PUNNET:
- Si tratta di un quadrato, ideato dal matematico Punnet, che descrisse un quadrato nel quale pose,
in riga in alto, le classi gametiche prodotte dalla linea maschile e lateralmente, in colonna, a
sinistra, le classi gametiche della linea femminile.
Il numero delle linee ed il numero delle colonne nel quadrato, corrisponde esattamente al numero
dei gameti  2 righe, 2 colonne.
Il quadrato di Punnet, permette di predire le proporzioni relative ai genotipi ed ai fenotipi nella progenie,
partendo da un incrocio monoibrido.

1 1
2 2

1 1 1
2 4 4

1 1 1
2 4 4

Dalla combinazione casuale dei gameti, si ottengono gli zigoti, si ripristina l’assetto diploide e
si producono 4 GENOTIPI:
1
 saranno OMOZIGOTI DOMINANTI AA
4
1
 saranno OMOZIGOTI RECESSIVI aa  3 CLASSI GENOTIPICHE
4
1 1 1
+ =  saranno ETEROZIGOTI Aa
4 4 2

Ma, caso di tutte le coppie Mendeliane, uno dei due alleli, manifesta una dominanza completa (basta una
sola dose dell’allele dominante perché si manifesti nel fenotipo); quindi FENOTIPICAMENTE, le 3 classi
genotipiche manifestano lo stesso fenotipo.
1 1 1 𝟑
+ + = A_
4 4 4 𝟒

_, per ¼ sarà determinato dall’allele dominante, per ½ dall’allele recessivo;


per cui, ¾ daranno fenotipo porpora (A_), ¼ producono un fenotipo bianco (aa).

Esempio
Uso dei simboli - INCROCIO MONOIBRIDO

Parentali S  liscio > s  rugoso


Linee pure
(S ed s rappresentano le due classi gametiche che si formano).

Ottenuta la F1  contiene l’informazione di entrambi i genitori, in quanto contiene un allele di un genitore


e l’altro del secondo genitore, quindi ETEROZIGOTE, la si lascia Autofecondare:

QUINDI:

Se un gene è caratterizzato da due alleli, ed è indipendente (segue la legge di Mendel, secondo la quale i
due alleli segregano in maniera indipendente), nella F2, il rapporto genotipico sarà ¼ omozigote
dominante, ¼ omozigote recessivo e ½ eterozigote; fenotipicamente invece si avrà un rapporto di ¾
fenotipo dominante, ¼ fenotipo recessivo.

Altro metodo che permette di predire i rapporti e le proporzioni della F2, oltre al quadrato di Punnet, è lo
SCHEMA RAMIFICATO:

A questo punto, è possibile fare uno schema ramificato:


fare uno schema ramificato, significa indicare i gameti di un genitore, in colonna ed effettuare la
ramificazione per ogni gamete (indicando così l’incrocio casuale con i gameti dell’altro genitore).
La combinazione casuale dei gameti, darà:

Questo tipo di schema, sarà molto più semplice da utilizzare, quando il numero dei caratteri presi in
considerazione negli incroci diibridi o triibridi, aumentano.

 Si applica la REGOLA DEL PRODOTTO:


secondo la quale, per eventi indipendenti (in questo caso la formazione dei gameti maschili e femminili), la
formazione dei genotipi, può essere calcolata dal prodotto delle singole combinazioni.
½ S X ½ S  ¼ SS

N.B.
Quando si deve predire o calcolare, i rapporti ottenuti da un incrocio monoibrido:
- Si parte da linee pure;
- Alla F1 avremo l’ETEROZIGOTE;
- Alla F2, avremo un rapporto fenotipico 3:1  3, rappresenta il fenotipo dominante ed 1 il fenotipo
recessivo.

Per confermare il principio della segregazione, Mendel decise di lasciare autofecondare la F1, fino alla sesta
generazione;
preso in considerazione il carattere “colore del seme”, si accorse che:

F1  tutta caratterizzata da semi gialli

F2  il rapporto era 3 semi gialli : 1


seme verde

Quello che succedeva dalla F2 in poi,


aveva confermato il principio della
segregazione, perché si accorse che:
Tutti i SEMI VERDI ottenuti dalla F2 in poi, se lasciati crescere, producevano piante che venivano fatte poi
incrociare, e dalla cui autofecondazione davano sempre tutti semi verdi.
Il che significa che NON c’era segregazione, che si trattava di una linea pura che doveva essere, per questo
carattere, OMOZIGOTE RECESSIVA.
 1/4, non segregava, produceva solo semi verdi (gg)
Per quanto riguarda la F2 che dava SEMI GIALLI:
 1/3, quando veniva lasciata autofecondare, produceva solo, sempre semi gialli (GG)
anche in questo caso quindi, non avveniva alcuna segregazione.
 2/3, quando andavano incontro ad autofecondazione, davano un rapporto di 3:1 (Gg)

SEGREGAZIONE DAL PUNTO DI VISTA CELLULARE


Consideriamo una cellula, all’interno della quale prendiamo in considerazione 2
coppie di cromosomi ed il gene A, che può essere presente in due forme alternative.
Supponiamo che i due alleli si trovino su due cromosomi omologhi, i quali quando
avviene la meiosi si separano, segregano (ognuno andrà ad un polo), per cui alla fine, i
due alleli di una coppia genica (come aveva dimostrato Mendel con il Principio della
Segregazione bilanciata), si separano durante la formazione dei gameti, in maniera
tale che metà dei gameti conterrà l’allele A dominante, l’altra metà l’allele a,
recessivo.

Con l’esperimento successivo (che dimostrò poi la terza legge), Mendel decise di considerare
DUE CARATTERI INSIEME (le regole sono le stesse).
Partì sempre da linee pure e considerò i caratteri
o “colore del seme”  questo carattere è controllato da un gene, indicato con la lettera G
dominante, fenotipo giallo; g recessivo, fenotipo verde
o “forma del seme” questo carattere è controllato da un gene, indicato con la lettera R
dominante, fenotipo liscio; r recessivo, fenotipo rugoso.

In questo caso,
la linea pura può essere scritta come un omozigote dominante, che a differenza dell’incrocio monoibrido, si
definisce DOPPIO OMOZIGOTE DOMINANTE, perché le due coppie di alleli di ogni gene, sono presenti nella
forma dominante (RR GG).
Allo stesso modo, il genotipo della linea pura che manifesta il fenotipo verde, rugoso;
in questo caso si parlerà di DOPPIO OMOZIGOTE RECESSIVO (rr gg).

GAMETI: presi in considerazione i due caratteri ed essendo nella stessa cellula,


si può formare una sola classe gametica che conterrà i due alleli relativi ai due geni considerati:

RG rg
RG ed rg  quando si formano i gameti, si riduce a metà il contenuto del materiale genetico.

In seguito alla fecondazione, alla F1, si origineranno piante che


produrranno tutte semi lisci e gialli  si sarà formato il DOPPIO ETEROZIGOTE Rr Gg
(perché eterozigote per entrambi i caratteri), che viene anche indicato come DIIBRIDO.

A questo punto, come negli altri esperimenti, Mendel lasciò autofecondare il diibrido (la F1) e ottenne
come rapporti nella F2:
9/16 piante che producevano semi lisci e gialli

3/16 rugosi e gialli

3/16 lisci e verdi

1/16 rugoso e verde

9:3:3:1

È importante ricordare che non è detto che le linee pure debbano essere solo, una linea tutta dominante e
l’altra tutta recessiva.
Infatti, per ottenere il genotipo diibrido nella F1, è possibile partire da parentali differenti:
significa che è possibile utilizzare una cosiddetta CONFIGURAZIONE RECIPROCA rispetto a quella utilizzata
da Mendel, ovvero incrociare:
- Piante che producono semi verdi e lisci (RR gg)
- Piante che producono semi gialli e rugosi (rr GG)
L’importante quando si effettua il primo incrocio parentale, è che gli omozigoti per ogni gene abbiano alleli
identici  RR omozigote dominante per quanto riguarda la forma del seme e gg omozigote recessivo per
quanto riguarda il colore del seme; nell’altro genitore al contrario rr omozigote recessivo per la forma del
seme, GG omozigote dominante per il colore del seme.
 Utilizzando questi due genotipi, si otterrà lo stesso DIIBRIDO
(DOPPIO ETEROZIGOTE) nella F2.

Tornando al rapporto 9:3:3:1, le ipotesi erano due:


1. ASSORTIMENTO ASSOCIATO  secondo il quale, partendo da un diibrido, se i geni (responsabili
dei due caratteri) si trovavano sullo stesso cromosoma (ovviamente Mendel non né era a
conoscenza, lo scoprì solo attraverso i suoi esperimenti) voleva dire che segregavano insieme e
quini si sarebbero formate solo due classi gametiche aploidi  una contenente tutti e due gli alleli
dominanti e che corrispondeva alla configurazione di uno dei due genitori della generazione
parentale, l’altra conteneva tutti e due gli alleli recessivi.

2. ASSORTIMENTO INDIPENDENTE  secondo il quale, nel diibrido, gli alleli che costituivano i geni,
potevano assortire in maniera indipendente. In questo modo, si sarebbero formate 4 classi
gametiche  ogni classe gametica, contiene una diversa combinazione allelica:
1/4 possiede due alleli dominanti, 1/4 possiede due alleli recessivi, 1/4 possiede un allele
dominante per un carattere e recessivo per l’altro, viceversa l’ultima classe gametica  una
combinazione dei fenotipi parentali.
Quindi:
da un diibrido, se gli alleli segregano in maniera indipendente, si ottengono 4 classi gametiche.
(Ogni classe gametica è aploide, rispetto alla cellula che le ha prodotte, la quale è invece diploide).

La formazione di classi fenotipiche cosiddette RICOMBIANNTI, venne spiegata da Mendel, il quale


immaginò che il diibrido produceva 4 classi gametiche sia nella linea femminile che in quella maschile; per
cui i 4 fenotipi (9:3:3:1) prodotti, erano il risultato di un assortimento indipendente degli alleli, che quindi
producevano le 4 classi gametiche, che combinandosi davano 16 possibili combinazioni producendo 9
genotipi a cui corrispondono le 4 classi fenotipiche.
Mendel, ipotizzò che il diibrido formasse 4 tipi di gameti con uguale frequenza:
si parla di EQUIPROBABILITÀ dei 4 gameti formati da un diibrido.

La segregazione degli alleli del


primo gene R/r è INDIPENDENTE
dalla segregazione degli alleli del
secondo gene G/g.

Applicando lo schema ramificato per calcolare, le proporzioni fenotipiche che si ottengono nella F2,
è possibile considerare i singoli incroci monoibridi.
ESEMPIO:
F1 x F1 Ss Yy Ss Yy
(liscio, X (liscio,
giallo) giallo)

Incrocio monoibrido: Ss X Ss
Sappiamo che da un incrocio monoibrido, per il principio della Segregazione bilanciata di Mendel, metà dei
gameti possiedono un allele, la seconda metà l’altro allele.
Alla F2, il rapporto sarà:
- 3/4 semi lisci
- 1/4 semi rugosi.
Applicando lo schema ramificato:
si ramificano i risultati del primo incrocio monoibrido e si aggiungono i risultati che si ottengono
dall’incrocio monoibrido del secondo carattere.
Infine, sempre sfruttando la regola del prodotto, si otterranno le diverse classi fenotipiche.

Dopodiché Mendel effettuò anche il REINCROCIO utilizzando due caratteri:


il reincrocio consiste nell’incrociare un individuo della F1 per il doppio omozigote recessivo.
DOPPIO OMOZIGOTE RECESSIVO  produce un’unica classe gametica, rappresentata da tutti e due
gli alleli recessivi.
Alla generazione filiale, ottenne un rapporto di 1:1:1:1 in cui vi erano tutte le possibili combinazioni:
questo risultato era spiegabile solo immaginando che il genitore della F1, a fenotipo noto ma
genotipicamente incognito, doveva essere un DIIBRIDO.
Se così fosse, avrebbe avuto un genotipo doppio eterozigote RrGg e secondo il principio
dell’assortimento indipendente, avrebbe prodotto 4 classi gametiche  quando questi gameti si
incrociano con il gamete prodotto dal parentale doppio omozigote recessivo, si formeranno le 4
classi fenotipiche.

Attraverso un incrocio diibrido, in cui vengono presi in considerazione due paia di caratteri,
contemporaneamente, Mendel riuscì a descrivere:
 TERZA LEGGE DI MENDEL o PRINCIPIO DELL’ASSORTIMENTO INDIPENDENTE
Geni che controllano caratteri diversi, si distribuiscono in modo indipendente l’uno dall’altro
durante la produzione dei gameti.

ASSORTIMENTO INDIPENDENTE DAL PUNTO DI VISTA CELLULARE


Considerata una cellula, all’interno della quale prendiamo in considerazione 2
coppie di cromosomi omologhi ed i geni A e B, presenti su due cromosomi differenti.
Alla meiosi, per la segregazione dei cromosomi omologhi, si possono avere due
differenti combinazioni:

1. In seguito alla separazione, si avrà una classe


gametica che contiene i due alleli dominanti o i due alleli recessivi.

2. In seguito alla separazione, si otterranno le altre due


classi gametiche ricombinanti; una avrà un cromosoma che ha l’allele dominante
e l’altro cromosoma l’allele recessivo.
La situazione si complica, quando Mendel fece gli incroci utilizzando 3 caratteri:
INCROCIO TRIIBRIDO
incrociò linee pure parentali, che differivano per 3 caratteri differenti.
Prese in considerazione:
- Colore del seme, giallo Y o verde y
- Forma del seme, liscio S o rugoso s
- Colore del fiore, porpora C o bianco c

Anche in questo caso, le linee pure parentali, verranno indicate come


TRIPLO OMOZIGOTE DOMINANTE  SS YY CC;
TRIPLO OMOZIGOTE RECESSIVO  ss yy cc; tutti e tre i geni sono caratterizzati da coppie recessive di alleli.

CLASSI GAMETICHE  i gameti conterranno tutti e tre i geni in un’unica classe gametica  SYC ed syc
le due classi gametiche si incontreranno nella fecondazione, per dare origine al TRIIBRIDO o TRIPLO
ETEROZIGOTE: sarà eterozigote per tutti e tre i geni Ss Yy Cc  fenotipicamente manifesterà i caratteri
dominanti liscio, giallo, porpora.

Anche in questo caso, lasciò Autofecondare la F1.

Applicando lo schema ramificato per


calcolare i rapporti alla F2, è possibile
scomporre il triibrido in 3 incroci
monoibridi:
Per cui:

NUMERO DI FENOTIPI GENOTIPI Esiste però una formula generale, secondo cui:
GENI n 𝟐𝒏 𝟑𝒏
1 2 3 per n geni, il numero di fenotipi sarà 𝟐𝒏 ed il
(A/a) (Bianco/Porpora) (A/A, A/a, a/a)
numero di genotipi sarà 𝟑𝒏 .
2 4 9

3 8 27
Mendel, applicò le regole della PROBABILITÀ per cercare di predire il risultato di tutti i suoi incroci.
o La PROBABILITÀ  indica la possibilità che un evento si verifichi nel tempo.
La probabilità può essere misurata mediante la formula:

𝑵𝒖𝒎𝒆𝒓𝒐 𝒅𝒊 𝒗𝒐𝒍𝒕𝒆 𝒊𝒏 𝒄𝒖𝒊 𝒔𝒊 𝒂𝒕𝒕𝒆𝒏𝒅𝒆 𝒖𝒏 𝒆𝒗𝒆𝒏𝒕𝒐


P=
𝒏𝒖𝒎𝒆𝒓𝒐 𝒕𝒐𝒕𝒂𝒍𝒆 𝒅𝒆𝒈𝒍𝒊 𝒆𝒗𝒆𝒏𝒕𝒊

ESEMPIO
Considerando una moneta, con le due facce Testa e Croce, quale è la probabilità di ottenere la faccia che
rappresenta TESTA, quando si effettua un lancio in aria.
𝟏 (𝑙𝑎𝑛𝑐𝑖𝑜 𝑖𝑛 𝑎𝑟𝑖𝑎)
P= = 50%
𝟐 (𝑑𝑢𝑒 𝑓𝑎𝑐𝑐𝑒 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑖)

La precisione del calcolo della probabilità, dipende principalmente dalle dimensioni del campione;
tanto più è piccolo il campione, tanto più è probabile osservare degli errori  si parla di ERRORE DI
CAMPIONAMENTO; se invece il campione è grande, è molto più facile che il calcolo probabilistico
sia veritiero.

ESEMPIO
Se la moneta viene lanciata in aria 10 volte, è facile osservare che per la maggior parte dei lanci uscirà una
delle due facce (70% testa, 30% croce). Se la moneta viene lanciata in aria 1000 volte, è molto più probabile
che la percentuale della probabilità di ottenere testa, si avvicini molto al 50% (50% testa, 50% croce).

Quando si applicano le regole della probabilità, è necessario descrivere 3 principali operazioni:


 REGOLA DELLA SOMMA:
Può essere utilizzata per prevedere la probabilità di eventi che si escludono a vicenda.
Per cui, la probabilità che accada uno, di due o più eventi che si escludono reciprocamente, è uguale alla
somma delle singole probabilità degli eventi.
- ESEMPIO:
Immaginiamo di lanciare in aria un dado;
i dadi hanno sei facce e in ogni faccia i numeri vanno da 1 a 6.
Lanciandolo 1 sola volta in aria e volendo conoscere la probabilità di ottenere un 3, questa sarà uguale:
𝟏 (𝒑𝒓𝒐𝒃𝒂𝒃𝒊𝒍𝒊𝒕à 𝒄𝒉𝒆 𝒆𝒔𝒄𝒂 𝒊𝒍 𝟑)
P=
𝟔 (𝒍𝒆 𝟔 𝒇𝒂𝒄𝒄𝒆)
Lo stesso, se si vuole conoscere la probabilità che esca un 4.
Per cui, facendo un unico lancio, la probabilità di ottenere 3 o 4, sarà data dalla regola della somma:
1 1 1
si sommano le singole probabilità dei due eventi che si escludono reciprocamente  6 + 6 = 3

- ESEMPIO nel TOPO


Consideriamo due geni:
1. Controlla la forma delle orecchie
De = orecchio normale de= orecchio cascante
2. Controlla la forma della coda
Ct= coda normale ct= coda deformata

Quale sarà la probabilità che da un incrocio tra due diibridi nasca un topo con orecchie e coda normali
oppure con orecchie cascanti e coda deformata?
Prima di applicare la regola della somma, occorre ricordare che da un incrocio tra due diibridi, secondo il
principio di Mende, il rapporto fenotipico che si ottiene alla F2 sarà:
9/16 orecchie e coda normali
3/16 orecchie normali e coda deformata
3/16 orecchie cascanti e coda normale
1/16 orecchie cascanti e coda deformata

CALCOLO DELLA PROBABILITÀ:


- P orecchie e coda normali = 9/16
- P orecchie cascanti e coda deformata= 1/16

9 1 10
REGOLA DELLA SOMMA  16 + 16 = 16  0,625
Esiste quindi una probabilità del 62,5% che un topo nasca con orecchie e coda normali oppure con orecchie
cascanti e coda deformata.

 REGOLA DEL PRODOTTO


La probabilità che due eventi indipendenti si verifichino contemporaneamente, è data dal prodotto delle
probabilità dei singoli eventi
- ESEMPIO:
Lanciando un dado in aria una prima volta, la probabilità che esca un 4 è 1/6;
lanciandolo una seconda volta, la probabilità che esca nuovamente un 4, è sempre 1/6.
La probabilità che, al prossimo lancio si ottenga un 4, è equivalente al prodotto delle singole probabilità
1 1 1
6
x 6 = 36

- ESEMPIO gene responsabile della malattia ANALGESIA CONGENITA


è determinata da un carattere recessivo e gli individui che la manifestano, non sono in grado di percepire il
dolore. Il gene è controllato da due alleli:
P  allele normale
p  analgesia congenita  saranno malati gli individui omozigoti recessivi.
Immaginando di avere una coppia di Eterozigoti  INCORCIO MONOIBRIDO, si vuole conoscere la
probabilità che i primi tre figli (eventi indipendenti) siano affetti dalla malattia.
Dalla legge della segregazione bilanciata di Mendel, dall’incrocio tra due parentali eterozigoti, ci si aspetta:

CALCOLO LE PROBABILITÀ INDIVIDUALI


𝟏
P (Analgesia congenita) = 𝟒 pp

MOLTIPLICO LE PROBABILITÀ INDIVIDUALI


𝟏 𝟏 𝟏 𝟏
X
𝟒 𝟒
X 𝟒 (i tre figli) = 𝟔𝟒
ossia 0,016
Perciò nell’ 1,6% dei casi i primi tre figli della coppia saranno affetti da analgesia congenita.
 ESPANSIONE DEL BINOMIO
Utilizzata per predire la probabilità di una combinazione non ordinata di eventi.
In genetica, corrisponde alla determinazione della probabilità con la quale, una certa proporzione della
progenie, avrà determinate caratteristiche.

Dove:
- P  probabilità che avvenga il numero di eventi
- n!  numero totale di eventi
- x  numero di eventi di una categoria
- p  probabilità individuale di x
- q  probabilità individuale della seconda categoria

ESEMPIO:
considerando due individui eterozigoti che presentano, fenotipicamente, occhi castani  Bb.
Si vuole calcolare la probabilità che 2 dei loro 5 figli abbiano occhi azzurri  bb.
𝟏 𝟏 𝟏
F1: 𝟒
BB 𝟐
Bb 𝟒
bb

CALCOLO LE PROBABILITÀ INDIVIDUALI


𝟏
- P occhi azzurri  bb
𝟒
𝟑
- P occhi castani  B_
𝟒

DETERMINO IL NUMERO DI EVENTI


n  numero totale di figli = 5
x  numero di bambini con occhi azzurri = 2

SOSTITUISCO I VALORI NELLA FORMULA


P occhi azzurri = ¼ bb
P occhi castani = ¾ Bb
n Numero totale di figli = 5
X numero di bambini con occhi azzurri = 2

Perciò, nel 26% dei casi, una coppia di eterozigoti avrà 5 figli
di cui due con occhi azzurri e tre con occhi castani.

 Un altro importante Test, frequentemente utilizzato in genetica, è il TEST DEL 𝒙𝟐


Il test del /CHI QUADRO/, venne ideato nel 1898 da Pearson;
Può essere utilizzato per verificare la validità delle ipotesi genetiche.
il test si può applicare a tutti gli incroci fatti da Mendel (monoibridi, diibridi, reincroci) e serve per verificare
se i rapporti osservati coincidono con quelli attesi secondo le leggi di Mendel.
Questo test si applica per lo più, quando i valori dei risultati ottenuti sono molto vicini ad un rapporto
atteso, ma non sono identici.
 Si tratta di un metodo statistico utilizzato per stabilire la cosiddetta BONTÀ DI ADATTAMENTO,
ovvero serve per verificare se i dati osservati siano coincidenti o meno con quelli attesi da
un’ipotesi, indicata come IPOTESI NULLA o IPOTESI ZERO.

FORMULA GENERALE

Dove:
- O  dati OSSERVATI per ciascuna categoria
- E  dati ATTESI (expected) per ciascuna categoria, sulla base dell’ipotesi formulata.

ESEMPIO Drosophila melanogaster:


consideriamo due diversi caratteri:
- Un gene controlla la forma dell’ala
N.B.
𝒄+  ala normale c  ala ricurva
L’allele dominante, oltre che con la
- Un secondo gene controlla il colore del corpo
lettera maiuscola, può essere indicato
𝒆+  colore normale, grigio e  ebano
con una lettera minuscola, al cui
apice vi è il simbolo +  rappresenta
Effettuando un incrocio, tra due moscerini omozigoti,
l’allele selvatico, quello maggiormente
linee pure:
presente nella popolazione.

La F1 si lascia incrociare per produrre la generazione F2


Il risultato alla F2 (9:3:3:1)
352 moscerini totali

APPLICO IL TEST DEL 𝒙𝟐


 IPOTESI NULLA  è rappresentata da quello che aveva ottenuto Mendel nella progenie da un
incrocio diibrido, ovvero un rapporto di 9:3:3:1; così sarà possibile verificare se le piccole deviazioni
che si osservano sono dovute al caso.
 CALCOLARE I VALORI ATTESI PER I 4 FENOTIPI  dai valori osservati, è possibile calcolare quelli
attesi sulle basi delle leggi Mendeliane. Mendel aveva descritto che per ogni incrocio diibrido
F1 x F1, i fenotipi attesi alla F2 (se i due caratteri segregano indipendentemente), sarebbero stati
9:3:3:1.

APPLICO LA FORMULA DEL 𝒙𝟐

A questo punto,
bisogna capire se il valore di 𝒙𝟐 ottenuto, permette di accettare l’ipotesi, il che vorrà dire che le deviazioni
tra le frequenza osservate e quelle attese sono dovute al caso, oppure no.
Occorre interpretare il valore ottenuto, grazie ad una tabella che riporta i valori di distribuzione del 𝒙𝟐 .
La tabella venne ideata da Fisher e Yates;
è caratterizzata:
 sulla sinistra, in colonna, da numeri che vanno da 1 a 50 e che rappresentano
“df  degrees of freedom” ovvero GRADI DI LIBERTÀ “gdl”
 In riga, i VALORI DELLA PROBABILITÀ, che vanno dall0 0,001 fino allo 0,99 (dall’1% al 99%).
 Venne stabilito un VALORE LIMITE equivalente allo 0,05 (5%) importante per stabilire se il valore
del 𝒙𝟐 potesse essere accettato o rifiutato.
- Tutti i valori di 𝒙𝟐 , che ricadono a SINISTRA del limite  quindi per una probabilità superiore al
5%, l’ipotesi viene ACCETTATA.
- i valori che ricadono invece a DESTRA del limite  quindi per una probabilità inferiore del 5%,
l’ipotesi sarà RIFIUTATA

In genere, quando si hanno valori di 𝒙𝟐 molto bassi, è molto probabile che il valore ricada in una probabilità
che è superiore al 5% e quindi l’ipotesi verrà accettata.
Viceversa, se i valori di 𝒙𝟐 sono molto alti, è molto probabile che l’ipotesi venga rifiutata; il che vuol dire
che le deviazioni tra le frequenze osservate e quelle attese non sono dovute al caso.

GRADI DI LIBERTÀ  gdl:


rappresentano una misura del numero di classi indipendenti;
indicati come n-1, dove:
n  indica il numero delle classi totali prese in considerazione durante l’esperimento

ESEMPIO:
Tornando ai dati ottenuti nell’esempio precedente,
le classi totali sono rappresentate dalle 4 classi fenotipiche.
In questo caso quindi: gdl = 4-1  3

Conoscendo a questo punto il valore del 𝒙𝟐  1,06 ed i gdl  3, è possibile interpretare i valori nella
tabella (è molto difficile ottenere un valore di 𝒙𝟐 che coincida perfettamente con i valori riportati nella
tabella):

Per cui,
il valore della probabilità è compresa tra lo 0,50 e lo 0.80, quindi nettamente superiore al 5%:
l’ipotesi è accettata.

APPLICAZIONE TEST DEL 𝒙𝟐 A REINCROCIO DI PROVA tra un Diibrido con un doppio Omozigote recessivo
IPOTESI NULLA  seguendo la legge di Mendel, da un reincrocio di prova di un diibrido, ci si aspetta nella
progenie un rapporto di classi fenotipiche pari 1:1:1:1  4 classi fenotipiche presenti ognuna al 25%.

ESEMPIO:
W  carattere dominante forma del seme, liscio
G  carattere dominante colore del seme, giallo
Ww Gg X ww gg

CLASSI GAMETICHE ¼ WG wg
¼ Wg
¼ wG
¼ wg

Dalla combinazione casuale di questi gameti, si ottengono 4 classi fenotipiche presenti in rapporto 1:1:1:1.
Sapendo che il totale dei semi ottenuti dall’incrocio, è di 568 semi, è possibile applicare il Test del 𝒙𝟐 :
e verificare se le deviazioni che si osservano nei valori (che non sono perfettamente del 25% ciascuna)
siano dovute o meno al caso.
- IPOTESI NULLA:
permette di calcolare i valori attesi sulla base delle leggi di Mendel;
se i due caratteri segregano in maniera indipendente, si otterranno 4 classi fenotipiche con un
rapporto di ¼: ¼: ¼: ¼
- Calcolo i valori attesi per i 4 fenotipi  sarà uguale ad ¼ del totale per ogni classe fenotipica.

𝒙𝟐 = 3,43 gdl= (4-1) = 3


 Interpretando il valore nella tabella,
l’ipotesi è accettata  i geni assortiscono
in maniera indipendente.

CENNI DI GENETICA MENDELIANA NELL’UOMO


L’applicazione delle leggi di Mendel alla genetica umana, cominciò subito dopo la riscoperta del lavoro
mendeliano nel 1900.
Fu Farad nel 1905, che riuscì a scoprire il primo carattere mendeliano che era la
BRACHIDATTILIA  un fenotipo che dà delle dita molto corte.
Lo studio della genetica mendeliana nell’uomo è molto più complicato:
- NON possono essere programmati gli incroci (come invece poteva fare Mendel) principalmente
per ragioni etiche, per cui gli incontri avvengono in maniera casuale
- Mentre negli esperimenti fatti da Mendel, l’organismo utilizzato produceva una progenie numerosa
(le piante di pisello, producevano un gran numero di semi) nel caso dell’uomo le generazioni filiali
sono sempre in numero ridotto.
- È molto facile ottenere deviazioni dei rapporti attesi: vuol dire che quando si osserva una
caratteristica presente in una famiglia, nella generazione filiale, non è detto che i valori osservati
coincidano con quelli attesi dal rapporto mendeliano;
questo perché le singole famiglie sono rappresentate da un numero esiguo di individui.

La genetica Mendeliana nell’uomo, si studia principalmente quando si tratta di geni ce sono responsabili di
MALATTIE.
In questo caso si parla anche di Eredità a singolo gene o Eredità Monogenica oppure Monofattoriale.
Per effettuare questi studi, è necessario costruire i cosiddetti ALBERI GENEALOGICI:
si tratta di diagrammi che illustrano le relazioni che esistono tra i membri di una famiglia.
Nella costruzione degli alberi, si utilizzano dei simboli:

l’analisi dell’albero, consiste principalmente in una raccolta


accurata di dati fenotipici sui ricordi familiari, attraverso le
generazioni.

L’individuo affetto, a partire dal quale si ricostruisce l’albero, è definito PROBANDO (propositus se maschio,
proposita se femmina); da questo si risale alle generazioni precedenti per cercare di capire se qualcuno dei
parenti avesse la stessa malattia.
Grazie quindi ai ricordi familiari, è possibile riuscire a capire se esistono alcuni caratteri che seguono leggi
Mendeliane;
si tratta di caratteri determinati da singoli geni AUTOSOMICI  associati a cromosomi NON SESSUALI.
È possibile capire come avviene la trasmissione di questi caratteri attraverso dei MODELLI:
quindi negli alberi genealogici in cui è possibile riscontrare un individuo che presenta una malattia, cercare
di capire se la malattia stessa, verrà trasmessa mediante modalità di un gene autosomico dominante o
recessivo.
Questi modelli infatti, si possono distinguere in:
 MALATTIE AUTOSOMICHE DOMINANTI
Malattie che sono determinate da geni autosomici dominanti.
In questo caso, il fenotipo è determinato da un genotipo che può essere omozigote dominante o
eterozigote  entrambi, come aveva affermato Mende, manifestano lo stesso fenotipo, che in questo caso
è la presenza di una malattia.

Analizzando un albero genealogico di questo genere, è possibile notare


come:
 La malattia viene trasmessa sia alle femmine che ai
maschi  significa che si tratta di una malattia determinata da
un gene che si trova su un cromosoma NON sessuale, cioè un
autosoma.
 In tutte le generazioni, compare sempre un individuo
malato  vuol dire che la modalità è di trasmissione mediante
un gene autosomico dominante.
 Una persona affetta, ha sempre uno dei due genitori che è
affetto  infatti, individui mutati affetti, possono trasmettere il gene mutato a metà della
progenie.
ESEMPI DI MALATTIE AUTOSOMICHE DOMINANTI:
o PSEUDOACONDROPLASIA: una forma rara di nanismo.
Determinata dal Gene D localizzato nel cromosoma 4.
questo gene interferisce con la crescita delle ossa lunghe durante lo sviluppo.
Per quanto riguarda il genotipo che riguarda questo gene, si possono avere:
- Individui affetti che saranno Omozigoti dominanti DD
- O eterozigoti Dd.
Entrambi manifestano il problema, ma due dosi di questo allele, quindi il genotipo DD, determinano
conseguenze molto gravi, per cui il genotipo omozigote dominante è sicuramente letale.
Mentre quello compatibile con la vita, è solamente l’eterozigote  nanismo.
- Gli individui normali, sono quelli che presentano genotipo dd, ovvero che non contiene l’allele
responsabile della malattia.

o MALATTIA DI HUNTINGTON o COREA DI HUNTINGTON


Il nome deriva dallo scopritore stesso della malattia, Huntington, che la scoprì nel 1872.
Determinata dal gene HTT situato nel locus 4p16.3.
È considerata una malattia neurodegenerativa ereditaria ed è determinata da mutazioni che
fondamentalmente consistono in delle espansioni di una tripletta CAG nel gene;
le cause sono:
- disturbi del movimento che avvengono in maniera anomala ed involontaria (da ciò corea)
- modificazioni della personalità e demenza
- ma la conseguenza più grave è la morte prematura.
Si tratta di una malattia ad insorgenza tardiva  in particolare, insorge in prossimità dell’età
riproduttiva (intorno ai 30 anni), il che significa che alcuni individui non sanno di averla e
riproducendosi, trasmetteranno la malattia stessa alla progenie, mentre loro andranno incontro a
morte.
Esistono delle tecniche molecolari che permettono di individuare le persone affette, per cui è possibile
individuare la presenza nel genotipo dell’allele responsabile della malattia.
L’allele H  causa la malattia, mentre h  allele normale;
- l’Omozigote dominante HH è letale
- l’Eterozigote Hh può trasmettere la malattia; riesce a sopravvivere fino ad una certa età, dopodiché
va incontro a morte;
- l’Omozigote recessivo hh è quello normale.

Volendo analizzare cosa accade quando un genitore affetto, Eterozigote, si incrocia con un genitore
normale, che è Omozigote recessivo:
il gene segrega secondo la legge della segregazione bilanciata di Mendel, per cui:

Nella progenie, si formeranno:


un individuo Eterozigote affetto ed un individuo
normale, qualora si abbia l’unione casuale dei gameti
che possiedono gli alleli recessivi.

Quindi, l’individuo eterozigote affetto, trasmetterà il gene dominante, responsabile della malattia a metà
della progenie.

o Due malattie dominanti rare:


- POLIDATTILIA: dita soprannumerarie
- BRACHIDATTILIA: dita molto corte
 MALATTIE AUTOSOMICHE RECESSIVE
Malattie determinate da un allele recessivo;
affinché si manifesti il fenotipo responsabile della malattia, il genotipo deve essere Omozigote recessivo.

Analizzando un albero genealogico di questo genere, è


possibile osservare come:
 Perlopiù, i genitori di un individuo affetto, sono
sani il che significa che dovevano essere Eterozigoti
per quel gene.
 Anche in questo caso, la malattia dipende da un gene
che non riguarda i cromosomi sessuali ma piuttosto
riguarda gli autosomi, perché sono affetti sia maschi
che femmine.
 La differenza rispetto alle modalità Autosomiche Dominanti, è che in questo tipo di malattie dovute
ad un allele recessivo, il numero di individui affetti è esiguo; in più salta le generazioni.
AUTOSOMICO  perché presente in maschi e femmine
RECESSIVO  perché salta le generazioni
 Esistono molti più Eterozigoti (un individuo affetto, proviene sempre da un incrocio tra due
eterozigoti.

Inoltre, nell’Analisi della Segregazione:

i Parentali eterozigoti  definiti portatori sani (perché in un


Eterozigote, seppur presente, l’allele recessivo non si può
manifestare).
Quando avviene l’incrocio, nella progenie l’individuo affetto potrà
essere presente secondo quanto aveva predetto Mendel (dalla legge
della Segregazione Bilanciata) al 25%, cioè ¼ della progenie.

Particolarmente interessante, è il fatto che matrimoni tra consanguinei, aumentino la probabilità che la
malattia insorga. Questo perché è più probabile che in una stessa famiglia ci siano gli stessi alleli recessivi,
per cui è molto probabile che in seguito all’incrocio, nello zigote è più probabile che un determinato gene si
trovi in una condizione di omozigosi recessiva che determinerà la malattia.

ESEMPI DI MALATTIE AUTOSOMICHE RECESSIVE:


Si tratta di malattie molto rare, che si manifestano solo quando il genotipo è Omozigote recessivo per
quell’allele responsabile della malattia.

o FENILCHETONURIA
o FIBROSI CISTICA
o ALBINISMO
o FENILCHETONURIA (PKU)
È determinata dal gene PAH (Phenylalanine Hydroxylase) situato nel locus 12q24.1.
Negli individui affetti da questa malattia, il gene è mutato per cui non sono in grado di convertire la
Fenilalanina (AA introdotto con la dieta) in Tirosina  si può così accumulare Acido Fenil-Piruvico
che entra nel circolo ematico, raggiuge l’encefalo dove comporta:
- Disabilità cognitive
- Se non trattato, ad un grave ed irreversibile ritardo mentale.

È possibile effettuare sui bambini si 2-3 giorni di vita, il cosiddetto TEST DI GUTHRIE:
questo test, consiste nel prelevare il sangue dal tallone di un neonato, porlo su un pezzetto di carta da
filtro, dopodiché si pone in un terreno solido che contiene un batterio, il Bacillus subtilis in presenza di una
sostanza chimica che è la β-2-tienialanina che ha il compito di inibire la crescita del batterio.
- Se il Bacillus NON cresce, significa che il bambino è sano
- Se invece, nel sangue del bambino è presente la Fenilalanina ad alti livelli, la β-2-tienialanina non
riuscirà ad inibire la crescita del Bacillus; indice, se il batterio cresce, che il neonato è affetto da
Fenilchetonuria.
In questo caso, è possibile intervenire subito: il trattamento consiste nel seguire, per tutta la vita, un
rigoroso regime alimentare a basso contenuto di fenilalanina. In questo modo, i pazienti possono evitare
che si verifichino i gravi disturbi determinati da questa malattia.

o FIBROSI CISTICA
Scoperta nel 1938 dalla Andersen.
È determinata dal gene CF situato nel locus 7q31.2.
Questo gene è responsabile di una proteina canale, per il passaggio del cloro;
se mutato si ha un’alterazione degli ioni Cloro  produzione del MUCO:
Quando c’è un alterato bilancio salino, il muco diventa molto denso e a livello polmonare può
portare grandi difficoltà nella respirazione fino a condurre alla morte.
La morte sopraggiunge non solo per la presenza del muco nei polmoni, ma anche perché essendoci
una grande quantità di muco, si va incontro a delle infezioni di tipo batterico per cui si avrà una
concomitanza di effetti.
Per quanto riguarda il trattamento:
è possibile effettuare la rimozione del muco mediante pressioni meccaniche sul torace ed inoltre
bisogna somministrare antibiotici al paziente, per trattare le infezioni polmonari.
Così facendo l’individuo può raggiungere anche l’età adulta.

o ALBINISMO
Il termine proviene dal latino “Albus  bianco”.
È determinato dal gene TYR (Tirosinasi) situato nel locus 11q14.2.
Quando questo gene è mutato, la Tirosina, non è in grado di produrre la Melanina;
se non viene prodotta melanina, l’individuo manifesterà mancanza di pigmentazione.
Le conseguenze alle quali si può andare incontro, sono piuttosto gravi:
- Non riescono a proteggere la pelle dalle radiazioni UV
- Sono molto sensibili alla luce, in quanto caratterizzati oltre che da pelle molto chiara, da occhi
rossastri.

La consulenza genetica è fondamentale;


attraverso questa è possibile predire, sull’analisi di alberi genealogici, come verrà trasmessa una malattia
determinata da un singolo gene e quale sarà il rischio genetico di trasmetterla alla discendenza.
ESTENSIONE DELL’ANALISI MENDELIANA
I genetisti iniziarono a fare tutta una serie di incroci genetici, utilizzando altri caratteri ed altri organismi
(sempre eucariotici) e si accorsero che i principi dell’ereditarietà proposti da Mendel, non erano sempre
rispettati; sembrava che fossero insufficienti per poter spiegare tutte le modalità di trasmissione delle
caratteristiche genetiche.
Sappiamo che i geni rappresentano il Genotipo di un individuo  quindi, una costituzione genetica è il suo
genotipo  il genotipo, si manifesta nel Fenotipo.
Sappiamo anche, che per la norma di reazione, è possibile che oltre al genotipo, per la manifestazione di un
fenotipo, sono importanti l’eventuale azione di altri geni e le influenze ambientali, che possono verificarsi in
maniera casuale durante lo sviluppo dell’individuo, ma è importante anche il momento in cui l’individuo
incontra l’ambiente.
In particolare, la manifestazione fenotipica di un genotipo, può essere influenzata da:

 Interazioni che ci possono essere tra gli alleli di uno stesso gene:
Gli esperimenti di Mendel sono validi, ma effettuando ulteriori incroci si scoprì che la situazione poteva
essere molto più complessa; una delle complessità, è data dalla:
- VARIABILITÀ ALLELICA, per cui esistono delle modificazioni delle relazioni di dominanza.
La Dominanza non è sempre completa come aveva previsto Mendel ma piuttosto, è possibile
riscontrare una DOMINANZA INCOMPLETA od una CODOMINANZA
DOMINANZA COMPLETA  quando omozigote dominante ed eterozigote, manifestano lo stesso fenotipo.

Mendel nei suoi esperimenti di incroci monoibridi, aveva osservato un singolo carattere alla volta, incrociò
sempre linee pure e si accorse che il carattere “colore del fiore” della pianta di pisello, poteva essere o
porpora o bianco. Alla F1 le piante manifestavano sempre lo stesso fenotipo, colore dei fiori porpora e
lasciando autofecondare la F1, nella F2 osservava un rapporto fenotipico 3:1:
dedusse che il carattere fosse controllato da un gene, che era determinato da due alleli che davano i due
fenotipi alternativi e che l’eterozigote doveva manifestare il fenotipo dell’omozigote dominante. Sembrava
che una dose di un allele dominante fosse sufficiente per manifestare il fenotipo dominante:
DOMINANZA COMPLETA, per cui un allele è APLOSUFFICIENTE per riuscire a determinare la manifestazione
del carattere. Le piante che invece producevano fiori bianchi, avevano un genotipo omozigote recessivo: in
questo caso era l’unico fenotipo che presentava il fiore bianco per cui parlava di RECESSIVITÀ COMPLETA.

- La dominanza in realtà NON è sempre COMPLETA:


considerando il gene A e immaginando che sia controllato da due alleli:
A  allele dominante responsabile del fenotipo dominante
a  allele recessivo responsabile del fenotipo recessivo
per la dominanza completa osservata da Mendel, i due genotipi AA ed Aa, manifestano lo stesso
fenotipo, ma è possibile che ciò non accada:
Per alcuni geni, può succedere che il genotipo eterozigote, sia INTERMEDIO tra i fenotipi dei
parentali. Per cui non è detto che un allele sia dominante e l’altro recessivo, ma piuttosto è
possibile che esista una:
DOMINANZA INCOMPLETA  quando in un incrocio, partendo sempre da linee pure, alla F1 si osserva un
fenotipo differente da quello osservato da Mendel, che in questa caso sarà INTERMEDIO tra i due parentali.
Oltre però alla dominanza incompleta, esiste un’altra forma:
CODOMINANZA  in questo caso, il genotipo eterozigote, manifesterà un fenotipo che presenta i caratteri
di entrambi i parentali;
sarà quindi in grado di esprimere i prodotti di entrambi gli alleli, i quali si esprimeranno in egual misura, per
cui contribuiscono allo stesso modo per la manifestazione fenotipica e ciò dipende dal fatto che i prodotti
genici di questi alleli si manifestano contemporaneamente.
ESEMPI: DOMINANZA INCOMPLETA
- COLORE DEL PIUMAGGIO DEI POLLI

Incrociando un pollo a piume nere x un pollo tutto a


piume bianche (considerando il fenotipo), ci si rese conto
che nella F1 i risultati osservati erano diversi rispetto a
quelli che aveva osservato Mendel, il quale nella F1 aveva
osservato una uniformità del fenotipo;
in questo caso invece, si ottenne una F1 tutta identica ma
che mostrava un fenotipo differente:
colore ANDALUSO (grigio-blu), che era un colore
intermedio rispetto ai due parentali.

Decisero allora di fare incrociare polli della F1:


nella F2, riuscirono ad ottenere un rapporto genotipico
e fenotipico identico, di:
- ¼ piumaggio nero
- ½ piumaggio grigio-blu
- ¼ piumaggio bianco.
Significa che ad esempio, il genotipo omozigote per un
gene, manifesta il fenotipo di quel gene.

Il rapporto ottenuto, corrispondeva al rapporto


genotipico ottenuto da Mendel nel suo incrocio;
la differenza era rappresentata dal fatto, che nella
F1 non si otteneva uno dei due caratteri dei parentali.

Si ipotizzò quindi, che è come se uno dei due alleli


fosse stato diluito dall’altro e che quindi NON esisteva
un allele dominante ed uno recessivo per quel gene responsabile del colore del piumaggio nei polli, ma
piuttosto indicarono questo gene come:
- C  descrive il gene ed indica il fatto che lo stesso gene consente la produzione del colore
al cui apice si indica:
- 𝑪𝐵  da Black, responsabile del piumaggio nero dei polli
- 𝑪𝑊 da White, responsabile del piumaggio bianco dei polli
La combinazione di questi due alleli, alla formazione dello zigote, genera un genotipo eterozigote, che
manifesta il colore INTERMEDIO tra i parentali.
Ciò dipende quindi dal DOSAGGIO GENICO:
ovvero dalla quantità di prodotto che viene espresso da ogni allele.
- Nell’Omozigote, vi sono 2 alleli in grado di esprimere una doppia dose di pigmento  il pollo
sarà fenotipicamente nero
- Nell’Eterozigote, sarà presente un solo allele in grado di produrre il pigmento  quindi
una sola dose, che non è sufficiente ad esprimere il colore nero, ma darà origine ad un colore
intermedio tra il bianco ed il nero  APLOINSUFFIECIENZA
- Nel genotipo Omozigote per il secondo allele che non produce pigmento  non verrà
prodotto pigmento per cui il pollo sarà bianco.

ESEMPIO CODOMINANZA
- SISTEMA DEL GRUPPO SANGIGNO AB0 NELLA SPECIE UMANA
Questo sistema venne scoperto all’inizio del 1900 da Landsteiner, il quale ricevette il Premio Nobel nel
1930, per la Fisiologia e la Medicina.
Egli scoprì che il sistema del gruppo sanguigno, determinava il tipo di antigene che era presente sulla
superficie dei globuli rossi.
Gli antigeni, vengono riconosciuti dagli anticorpi presenti nel Sistema immunitario.
Il sistema del gruppo sanguigno AB0, è in grado di produrre 3 tipi diversi di antigene:
 A  prodotto da un allele che viene indicato con la lettera 𝑰𝑨
 B  prodotto dall’allele 𝑰𝑩
 0  prodotto dall’allele i o 𝐼 0
È stato scoperto che il locus di questo sistema, è localizzato sul cromosoma 9 e si sa che la produzione
dell’antigene A e dell’antigene B, dipendono principalmente dal fatto che gli alleli 𝐼 𝐴 ed 𝐼 𝐵 , sono in grado di
produrre degli enzimi, le glico-transferasi, in grado di aggiungere degli zuccheri ad un composto  un
glicolipide precursore, denominato antigene H, prodotto da un ulteriore locus genico;
- in presenza dell’allele 𝑰𝑨  la transferasi è in grado di aggiungere l’N-acetilgalattosamina, per
cui si forma l’antigene A che reagirà con l’anticorpo anti-A.
- in presenza dell’allele 𝑰𝑩  si produrrà una transferasi in grado di aggiungere al glicolipide
precursore il galattosio; l’aggiunta di questo zucchero, determina la produzione dell’antigene
B, che reagirà con l’anticorpo anti-B.
- l’allele i  non è in grado di produrre la transferasi, per cui al precursore non verrà aggiunto
alcuno zucchero; in questo caso l’antigene, che sarà poi l’antigene H che rimane tale, non
contiene né l’antigene A né l’antigene B.
questo allele infatti, è indicato con la lettera minuscola, perché è recessivo rispetto ad 𝐼 𝐴 ed a
𝐼 𝐵 e viene considerato anche come allele nullo.

Questi alleli sono molto importanti nelle trasfusioni di sangue, perché esiste una incompatibilità tra i vari
gruppi sanguigni:
il gruppo A  può ricevere il sangue solo dal gruppo A
il gruppo B  può ricevere il sangue solo dal gruppo B
il gruppo AB  può ricevere il sangue solo dal gruppo AB  riguarda la codominanza: perché vorrà dire
che nello stesso genotipo, saranno presenti entrambi gli alleli 𝐼 𝐴 ed 𝐼 𝐵 in grado, rispettivamente, di
produrre l’antigene A e l’antigene B; in questo caso si parlerà di ricevente universale.
il gruppo 0  essendo prodotto dall’allele i, non possiede né antigeni A né antigeni B, motivo per cui, viene
considerato come donatore universale.

Oltre che di codominanza, il sistema sanguigno umano, essendo caratterizzato da 3 diversi alleli,
rappresenta anche un esempio di ALLELIA MULTIPLA  il che significa che un gene non è determinato solo
da due alleli, ma è possibile che ci siano 3 differenti forme alleliche, che si osservano però nell’ambito di
una popolazione. Quello che è possibile riscontrare nel singolo individuo, sono sempre solo 2 alleli.
Per cui, i genotipi, saranno determinati dalle diverse combinazioni dei 3 alleli.
Dalle diverse combinazioni casuali dei tre alleli,
si possono determinare 6 Genotipi e 4 fenotipi

Quindi:
 il gruppo sanguigno è determinato dal gene “I”
che può essere presente in 3 diverse forme alleliche (𝐼 𝐴 , 𝐼 𝐵 , i);
 𝐼 𝐴 ed 𝐼 𝐵 sono dominanti su “i”, che è il recessivo;
 Dalla loro combinazione, nel genotipo di un individuo diploide, saranno presenti sempre due forme
di questi alleli; forme che possono essere date o da una condizione in cui, nel genotipo,
sono presenti due dosi dell’allele 𝐼 𝐴 , oppure è possibile che lo stesso allele 𝐼 𝐴 , sia presente nel
genotipo insieme all’allele i;
entrambi i genotipi comunque, manifesteranno lo stesso fenotipo  il gruppo sanguigno A
in quanto l’allele “i” è recessivo, per cui, se presente in un genotipo eterozigote non avrà alcuna
influenza.

GRUPPI SANGUIGNI

ESEMPIO
La costituzione di un genotipo 𝐼 𝐴 𝐼 𝐵 , che darà origine al fenotipo AB, si può ottenere quando i genitori
sono due linee pure:
P 𝐼𝐴 𝐼𝐴 X 𝐼𝐵 𝐼𝐵

F1 𝐼 𝐴 𝐼𝐵

Dalla combinazione, nello zigote, si forma il genotipo Eterozigote che manifesta il fenotipo gruppo
sanguigno AB, differente dai gruppi sanguigni di entrambi i genitori  si parlerà di CODOMINANZA.
SPIEGAZIONE MOLECOLARE
è data dal fatto che esistono due alleli in grado di esprimere due differenti prodotti (in questo caso
l’antigene A verrà prodotto dall’allele 𝐼 𝐴 ; l’antigene B verrà prodotto dall’allele 𝐼 𝐵 ), che si manifestano
entrambi nell’Eterozigote.

Tra le altre interazioni che riguardano gli alleli di uno stesso gene:
- ALLELIA MULTIPLA, per cui è possibile che un gene sia caratterizzato da più di due alleli.

Considerando un generico gene selvatico A, può succedere che


questo possa subire delle mutazioni  mutazione che può
verificarsi in un punto qualsiasi della sequenza del gene.
Ogni mutazione, in diverse posizioni, caratterizza una forma
diversa di quel gene.
Per cui, un gene che può essere rappresentato da più forme
alternative, quindi da più alleli, si dirà GENE POLIMORFICO;
e tutti gli alleli di uno stesso gene, rappresenteranno una
cosiddetta SERIE ALLELICA.

Nell’esempio, è possibile affermare che l’allele A sia un allele multiplo e che presenti una serie allelica, la
quale sarà caratterizzata dagli alleli A1, A2, A3…

L’allelia multipla NON è riscontrabile in un singolo individuo, perché in un organismo diploide i


geni saranno presenti SEMPRE in due forme alleliche  ogni gene ha due forme alleliche;
l’allelia multipla si evidenzia invece nella popolazione  in una popolazione, costituita da più
individui, la combinazione di tutta una serie allelica di un dato gene, può dare delle
combinazioni differenti, che non saranno sempre le stesse due.

ESEMPIO ALLELIA MULTIPLA


- SISTEMA AB0 NELL’UOMO  segue la genetica Mendeliana.

La determinazione del gruppo sanguigno e quindi l’analisi dell’eredità dei gruppi sanguigni, è
uno dei modi che consente di poter capire un eventuale controversa paternità.
- ALLELI COLORE PELLICCIA NEL CONIGLIO
Il gene C  è responsabile del colore della pelliccia;
Ma esiste una serie allelica, caratterizzata da 4 alleli:

Esiste una “gerarchia di dominanza” negli alleli responsabili del colore della pelliccia del coniglio, nel quale
l’allele “C” che da fenotipo selvatico, è dominante su tutti gli altri;
l’allele responsabile del fenotipo “cincillà” sarà recessivo rispetto al selvatico ma dominante rispetto
all’himalayano ed all’albino;
l’allele responsabile del fenotipo himalayano sarà recessivo rispetto agli alleli responsabili dei fenotipi
“cincillà” e “selvatico”, ma sarà dominante sull’ “albino”;
infine, l’albino sarà recessivo su tutti.

Da 4 alleli è possibile ottenere  10 genotipi e 4 fenotipi


Gerarchia: C > 𝒄𝒄𝒉 > 𝒄𝒉 > c
Possibili combinazioni  GENOTIPI = 10
CC C𝒄𝒄𝒉 C𝒄𝒉 Cc 4  FENOTIPO 1: selvatico
𝒄𝒉 𝒄𝒉
𝒄 𝒄 𝒄𝒄𝒉 𝒄𝒉 𝒄𝒄𝒉 c 3  FENOTIPO 2: cincillà
𝒄𝒉 𝒄𝒉 𝒄𝒉 c 2  FENOTIPO 3: himalayano
cc 1  FENOTIPO 4: albino

Ulteriore interazione tra gli alleli di uno stesso gene, riguarda i:


- GENI LETALI, saranno in grado di determinare una deviazione del rapporto mendeliano.
Oltre a caratteri come colore, forma, un carattere può essere rappresentato anche dalla SOPRAVVIVENZA;
Quei geni che consentono che un individuo sia vitale, sono denominati GENI ESSENZIALI.
Quando questi geni, subiscono delle mutazioni per le quali non funzionano più, diventeranno GENI LETALI.
 Se la mutazione è dovuta ad un allele dominante  omozigoti ed eterozigoti per quell’allele,
manifesteranno il fenotipo letale.
 Se la mutazione è dovuta ad un allele recessivo  solo gli omozigoti recessivi manifestano il
fenotipo letale.

I geni letali furono scoperti da Cuénot nel 1905, dall’osservazione del carattere “colore della pelliccia nel
topo”; colore che poteva essere:
- A  aguti; rappresenta una particolare colorazione del pelo, nel quale il pigmento si
distribuisce in maniera striata; ogni pelo sarà di colore giallo e nero
- 𝑨𝒀  Y da Yellow; rappresenta l’allele mutato che determina colore del pelo giallo.
Incrociò:

Il fatto che nella progenie si osservasse sempre un rapporto


1:1, può essere giustificato dal fatto che:
 l’allele responsabile del colore giallo del pelo, doveva essere
dominante.
 sicuramente il topo giallo parentale doveva essere
Eterozigote; se fosse stato omozigote, nella progenie si
sarebbe ottenuta un’unica classe fenotipica.

Dedusse quindi che:


 nella determinazione del colore del mantello, l’allele 𝑨𝒀 è
dominante sull’allele A.
 tutti i topi gialli parentali, fossero Eterozigoti per l’allele
mutante.

Per averne conferma, decise di incrociare un topo giallo per un altro topo giallo.
Ottenne un rapporto 2:1  2 topi gialli, 1 topo aguti
- Ipotizzò quindi che i topi gialli fossero sempre Eterozigoti,
per cui nella condizione di omozigosi probabilmente i topi
andavano incontro a morte, solo così era giustificabile il
rapporto 2:1.
- I topi che morivano, dovevano essere gli omozigoti per l’allele
che determinava il colore giallo.

Questa ipotesi fu confermata perché:


esaminando il contenuto uterino delle femmine gravide che erano state
utilizzate negli incroci, si osservavano sempre embrioni morti nella
proporzione di ¼.

Si riuscì quindi a dimostrare l’esistenza di geni, in questo caso il gene 𝑨𝒀 , in grado oltre che di determinare
il colore giallo del pelo del topo, di influenzare il carattere “sopravvivenza”  la presenza di questo allele
nella condizione di Omozigosi, determinava la morte  GENE LETALE.

Un allele di un gene che è in grado di controllare più caratteri (𝑨𝒀 in questo caso controllava: colore del
pelo e sopravvivenza), prende il nome di GENE PLEIOTROPICO.

ESEMPIO GENE LETALE


- ALLELE RESPONSABILE DELL’ASSENZA DELLA CODA NEI GATTI Manx
è stato dimostrato che l’allele 𝑴𝑳 in condizioni di Omozigosi, sia letale.
𝑴𝑳 /𝑴𝑳  la doppia dose dell’allele, produce anomalie gravi nello sviluppo della
spina dorsale e l’embrione non riesce a sopravvivere.
𝑴𝑳 / M  interferisce con il normale sviluppo della spina dorsale, provocando l’assenza della coda.
Anche in questo caso, incrociando due gatti privi di coda (𝑴𝑳 / M) il rapporto che si ottiene
è di 2:1  2 privi di coda, 1 con la coda, mentre ¼ della progenie muore precocemente.
Anche questo gene ha un effetto PLEIOTROPICO (presenza o assenza di coda, sopravvivenza)
ovvero, un singolo gene che determina effetti fenotipici multipli.

- ESEMPIO GENE LETALE


Tra i geni responsabili di malattie autosomiche dominanti, nella Pseudoacondroplasia (NANISMO),
il gene P nella sua forma dominante determina letalità  Gli omozigoti per l’allele P dominante, vanno
incontro a morte.

Mentre alleli come 𝑴𝑳 , responsabile dell’assenza della coda nei gatti Manx, manifestano il loro fenotipo in
Eterozigosi, molti alleli recessivi letali, SONO SILENTI.
Ciò rende più difficile la situazione, quando si vuole conoscere il fenotipo di un particolare fenotipo.
In generale,
alcuni alleli possono essere letali in qualsiasi ambiente, mentre alti lo sono solamente in alcuni ambienti.
- Tra i geni responsabili di malattie ereditarie nell’uomo, quello della FIBROSI CISTICA,
determinata da un gene autosomico recessivo. Si tratta di una malattia molto grave, che
determina morte per soffocamento; tuttavia, esistono dei trattamenti terapeutici (particolari
manovre meccaniche e somministrazione antibiotica contro le infezioni) consentono agli
individui di riuscire a sopravvivere fino all’età adulta.

 Interazioni tra due o più geni:


I rapporti mendeliani potranno essere differenti da quelli previsti da Mendel  rapporti mendeliani
modificati.
Sappiamo che nessun gene agisce da solo nella manifestazione di un fenotipo di un individuo;
infatti in genere, il fenotipo è il risultato dell’interazione di più geni.
Interazione che può avvenire tra:
- Due geni NON allelici  che controllano uno stesso carattere fenotipico, producono fenotipi
differenti.
- Due geni NON allelici  dei quali uno dei due sia in grado di nascondere l’espressione
fenotipica dell’altro gene  EPISTASI

ESEMPIO INTERAZIONE TRA DUE GENI che CONTROLLANO LA STESSA CARATTERISTICA FENOTIPICA
- Forma della cresta nei polli
Rappresenta il primo esempio di interazione genica, scoperto nel 1906 da Bateson e Punnet.
Si accorsero che la cresta dei polli poteva avere diverse forme:
Incrociarono, considerando i fenotipi:
Si osservarono:
4 fenotipi che si manifestavano nel tipico rapporto
mendeliano proveniente da un incrocio tra due
diibridi, ovvero:
- 9  polli con cresta a noce
- 3  polli con cresta a rosa
- 3  polli con cresta a pisello
- 1  pollo con cresta singola

Da questo rapporto, dedussero che il carattere


dovesse essere controllato da 2 diversi geni, che
immaginarono fossero due geni indipendenti perché
alla F2 assortivano in modo indipendente (secondo un
rapporto mendeliano).

Indicarono questi due geni come:


P  responsabile del fenotipo “cresta a pisello”
R  responsabile del fenotipo “cresta a rosa”

Nell’esempio quindi, i parentali linee pure, avevano come genotipi:


- uno, era il doppio omozigote dominante per P e recessivo per R (PP rr).
- il secondo, doveva avere genotipo reciproco, quindi era un doppio omozigote, in una
condizione di omozigosi dominante per il gene R e omozigosi recessiva per l’altro gene (pp RR).
- Nella F1 si ottenne il diibrido, cioè la presenza nel genotipo dei due alleli per ogni gene (Pp Rr).
Quindi:
la presenza dell’allele dominante P  determina la cresta a pisello
la presenza dell’allele dominante R  determina la cresta a rosa
la presenza di entrambi gli alleli dominanti dei due geni P ed R  si sarà verificata l’interazione tra i
prodotti finali dei due geni che determina la cresta a noce
la presenza degli alleli recessivi pp rr  determina la cresta singola.

SPIEGAZIONE MOLECOLARE
Il genotipo, doppio omozigote recessivo, non sarà in grado di produrre né il prodotto di “p” né quello di “r”,
ma si avrà un fenotipo di base, che è la cresta singola.
La presenza di un allele dominante R o P, o la loro presenza insieme PR, fa sì che siano prodotte nuove
combinazioni e quindi nuovi fenotipi.

ESEMPIO INTERAZIONI TRA PIÙ GENI CHE INTERAGISCONO SU UN SINGOLO CARATTERE


- Colore della pelliccia nei topi
È stata dimostrata l’esistenza di 5 geni  A B C D S
In grado di interagire tra di loro per la manifestazione del colore della pelliccia nel topo.
o A  responsabile della distribuzione del pigmento Aguti (a  non aguti, colore uniforme)
o B  responsabile della produzione della melanina, per cui dovrebbe determinare una colorazione
del pelo del topo, Nera; ma, in combinazione con A:
o C  se nella forma dominante, consente la produzione del colore, che verrà prodotto da un altro
gene (A o B nella loro combinazione);
se presente nella sua forma recessiva c, in condizione di omozigosi, ci sarà assenza di espressione
del colore.
o D  nella forma dominante interferisce sull’intensità del pigmento;
il recessivo, darà un’intensità molto bassa.
o S  responsabile di assenza (S) o presenza di macchie (s).
Quindi:
in questo caso più geni possono interferire nella manifestazione di un carattere.
INTERAZIONE TRA DUE GENI NON ALLELICI DEI QUALI UNO DEI DUE MASCHERA L’ESPRESSIONE
FENOTIPICA DELL’ALTRO;
Ciò determinerà RAPPORTI MENDELIANI MODIFICATI:
 Quando, considerando un incrocio diibridi, si ottiene una deviazione dal rapporto tipico 9:3:3:1
(non si otterranno le classi fenotipiche previste da Mendel, ma si otterranno in numero ridotto,
perché può succedere che una o più classi confluiscano tra di loro), vorrà dire che il fenotipo è
determinato dall’interazione di più geni.

Se avviene un’interazione tra i geni, che fanno parte di una stessa via metabolica cellulare, può accadere
che due o più classi possano confluire in un’unica classe fenotipica.
Negli incroci tra due DIIBRIDI:
Aa Bb X Aa Bb

Il fatto che si abbiano dei rapporti diversi da quelli previsti per le classi fenotipiche Mendeliane, è possibile
in quanto esiste un fenomeno, definito EPISTASI:
 Si tratta di un’interazione tra geni che sono coinvolti nella stessa via metabolica cellulare; il che
significa che il prodotto di entrambi i geni è fondamentale per la manifestazione di u particolare
carattere.

I geni quini, possono essere:


 EPISTATICI  indica un gene che è in grado di nascondere l’espressione di un altro gene;
questi inoltre, possono essere epistatici, in una condizione di:
- Dominanza: si manifesterà in un genotipo, sia in omozigosi che in eterozigosi;
- Recessività: si manifesterà nel genotipo, solo nella condizione di omozigosi.
 IPOSTATICI  indica un gene che non è in grado di esprimere il proprio carattere, in quanto è
nascosto dal gene epistatico.

Quando si verifica un incrocio tra due diibridi si possono ottenere, in seguito ad un’epistasi (che modifica il
rapporto 9:3:3:1 previsto da Mendel), anziché 3 fenotipi distinti, solo 2.

- EPISTASI DOMINANTE
Si verifica quando, a partire da un incrocio diibrido, si ottiene un Rapporto F2 modificato 12:3:1:
significa che due classi fenotipiche, i 9/16 a fenotipo dominante e i 3/16 di una delle due classi fenotipiche
in cui un allele è dominante, manifestano uno stesso fenotipo  9 + 3 =12
ESEMPIO
Considerando il carattere “colore del frutto della zucca”, che può essere bianca, verde o gialla.
VIA METABOLICA:
la zucca bianca è tale perché esiste il composto A (un precursore incolore) che grazie alla
presenza dell’enzima 1, potrà essere trasformato nel composto B  che darà il colore della
zucca verde;
nella quale, grazie all’azione dell’enzima 2 si avrà la trasformazione del composto B, in
composto C  che darà colore della zucca giallo.

I due enzimi che intervengono nella via metabolica e che permettono la trasformazione del colore, sono
ovviamente prodotti da due geni:
 W  quando è presente nella condizione di omozigosi recessiva (ww), sarà in grado di produrre
l’enzima 1 che favorisce la sintesi di clorofilla e che darà al composto B il colore verde.
L’allele dominante dello stesso gene (W), impedisce l’espressione dell’enzima, quindi blocca la
sintesi della clorofilla.
Perciò, se nel genotipo è presente l’allele dominante W, la zucca rimane bianca, che agisce
mascherando l’espressione fenotipica del gene Y:
il che significa che il gene W è epistatico sul gene Y.

INCROCIO TRA I DUE DIIBRIDI


Considerando due piante che producono zucca bianca, diibridi (doppio eterozigote) per i due geni W ed Y.

Nella F2, da ciò che aveva previsto


Mendel, ci si aspetterebbe un rapporto
di:
- 9/16  in cui una copia di alleli di
entrambi i geni, consente la produzione
degli enzimi necessari per l’eventuale
produzione; in questo caso invece, la
presenza dell’allele Dominante del
gene W  impedisce la sintesi della
clorofilla, per cui la zucca sarà bianca;

- 3/16 la zucca sarà bianca anche


quando nel genotipo è presente l’allele
dominante W e gli altri due alleli
recessivi.
In questo caso quindi, le due classi fenotipiche Mendeliane, 9/16 e 3/16, daranno lo stesso fenotipo bianco.
Le altre due classi fenotipiche infatti, saranno in grado di esprimere il colore, perché il gene W si trova in
una condizione di omozigosi recessiva. In questo caso, verrà prodotto il composto intermedio, sul quale
agirà il secondo gene:
 Y  se nella sua forma dominante  3/16 darà zucca giallo;
se in una condizione di omozigosi recessiva  1/16 darà zucca verde.

Il rapporto che si otterrà alla F2, sarà MODIFICATO  12 bianco: 3 giallo: 1 verde.
Ciò è spiegato dal fatto che esista una Epistasi dominante (W epistatico su Y);
il gene (W in questo caso) sarà epistatico sull’altro, sia quando il secondo gene si trova in una condizione di
dominanza (Y) sia quando si trova in una condizione di recessività (y).

- INTERAZIONE DUPLICATA
Si verifica quando, a partire da un incrocio diibrido, si ottiene un Rapporto F2 modificato 9:6:1.
Questo rapporto si ottiene quando, le due classi fenotipiche dei 3/16, manifestano lo stesso fenotipo.

ESEMPIO
Considerando il carattere “forma della zucca”, che può essere allungata, a sfera, a disco.
Se la forma è controllata da due geni A e B, questi possono agire in maniera ADDITIVA  la presenza
dell’uno o dell’altro allele di uno dei due geni, nella forma Dominante, corrisponderà allo stesso fenotipo.
Per cui:
- Forma ALLUNGATA  determinata dal doppio eterozigote recessivo
(a/a b/b).
- Forma A DISCO  sempre determinata dalla presenza degli
alleli dominanti di entrambi i geni
(A/- B/-).
- Forma A SFERA  potrà essere determinata da quei genotipi in cui è presente perlomeno uno
dei due alleli nella forma dominante (A/- b/B o A/a B/-).

Incrociando:
le linee pure parentali, avranno:
una un genotipo dominante per A e omozigote recessivo per
b; l’altra, sarà esattamente l’opposto (anche se entrambe
manifestano lo stesso fenotipo a sfera  basta uno solo dei
due alleli in forma dominante a determinare questo
fenotipo).

Alla F1 si formerà il Diibrido, che possiede l’allele dominante


di entrambi i geni  forma a disco.

Lasciando incrociare due piante


della F1 
si avrà l’INTERAZIONE DUPLICATA,
dovuta alla presenza nel genotipo di
uno o dell’altro gene nella forma
dominante  forma a sfera

Anche in questo caso quindi il


rapporto mendeliano appare
modificato  9:6:1
- EPISTASI RECESSIVA
Si verifica quando, a partire da un incrocio diibrido, si ottiene un Rapporto F2 modificato 9:4:3.
In questo caso, la proporzione di 1/16, che rappresenta la condizione di omozigosi recessiva di un gene,
manifesterà lo stesso fenotipo dell’altra classe fenotipica (3/16) in cui, lo stesso gene, è presente sempre in
omozigosi recessiva.
Il che significa che un allele, nella sua forma di omozigosi recessiva, è EPISTATICO sull’altro gene.

ESEMPIO
Considerando il carattere “colore del pelo del topo”, e i soli due geni A e C.
- A  nella sua forma dominante è responsabile del colore del pelo Aguti.
- C  è un gene “regolatore” che consente che il pigmento si distribuisca nel pelo.
Quindi, perché si possa manifestare il fenotipo Aguti, è necessario che il gene C si trovi in una
condizione Dominante.
Un genotipo, che possiede i due alleli dominanti dei due geni, manifesterà il fenotipo Aguti.
- B  determina il fenotipo nero; questo si manifesterà solo quando l’allele A è in una
condizione di omozigosi recessiva ed è presente l’allele C del gene regolatore che consente la
deposizione della Melanina nel pelo.
- ALBINO  se il gene C, si trova in una condizione di omozigosi recessiva, indipendentemente
dalla presenza di altri geni, il pelo sarà bianco.
GENOTIPI:
Aguti (A/- C/-) Nero (a/a C/-) Albino (A/- c/c oppure a/a c/c).

Incrociando:
due parentali linee pure ( deve possedere per ogni
gene, due alleli identici), quello Aguti, determinato dal
doppio omozigote dominante e quello albino,
determinato dal doppio omozigote recessivo,
nella F1 si formerà un Diibrido (doppio Eterozigote), il
quale possiede l’allele dominante A e l’allele
dominante C  tutti i topi della F1 saranno Aguti.

Incrociando due topi Aguti della F1


(incrocio Diibrido Mendeliano),
si ha l’EPISTASI RECESSIVA tutti quei
genotipi in cui è presente
l’allele c/c nella sua forma di
omozigosi recessiva impedisce
che si possa depositare il pigmento
(qualunque sia il gene presente nella
forma dominante, nello stesso genotipo,
non si potrà manifestare).

Anche in questo caso, il rapporto mendeliano appare modificato  9:4:3

ESEMPIO EPISTASI RECESIVA


- COLORE DEL PELO NEI CANI LABRADOR
Il colore del pelo è determinato da due geni:
- B  responsabile della produzione del pigmento;
la presenza nel genotipo di un allele B dominante, darà fenotipo nero.
La presenza invece dell’allele recessivo, in condizione di omozigosi (bb), il fenotipo sarà
marrone.
- E  è un gene regolatore, che determina se il pigmento si può depositare o meno sul pelo.
Si tratta di due geni che entrano nella stessa via metabolica, quindi che controllano lo stesso carattere.
3 FENOTIPI Nero, Marrone, Giallo

Incrociando due linee pure che saranno,


un cane che ha fenotipo nero (doppio omozigote dominante) per un cane a fenotipo chiaro (doppio
omozigote recessivo).
“bb”, determinerebbe la colorazione marrone, ma
vista la presenza di “ee”  determina l’EPISTASI,
quindi impedisce che sia depositato il pigmento sul
pelo, per cui avrà un fenotipo giallo.

Dall’incrocio delle due linee pure, si formerà il


Diibrido che avrà un allele di entrambi i geni,
B  colore nero E  consente all’allele B di depositarsi sul
pelo, per cui il fenotipo sarà nero.

Incrociando cani della F1, il rapporto Mendeliano sarà


ancora una volta modificato  9 neri: 4 gialli: 3 marroni.

 Il genotipo che contiene l’allele recessivo “e”


in condizione di omozigosi recessiva, sarà
EPISTATICO e quindi in grado di mascherare
l’espressione fenotipica dell’altro gene (B/- e b/b).

È inoltre possibile che, sempre dall’incrocio tra due Diibridi, vengano prodotte 2 sole classi fenotipiche:
- EPISTASI DUPLICATA DOMINANTE
Si verifica quando, a partire da un incrocio diibrido, si ottiene un Rapporto F2 modificato 15: 1.
In questo caso del rapporto Mendeliano 9:3:3:1  le tre classi 9:3:3 confluiscano nello stesso fenotipo,
mentre l’ultimo 1/16 avrà fenotipo differente.

ESEMPIO
Considerando il carattere “forma della siliqua” (capsula del frutto) in Capsella busa-pastoris, che può essere
triangolare od allungata.
La forma dipende da un allele che nella sua forma dominante, permette di ottenere la forma triangolare.
Supponiamo che i geni siano A e B, incrociando due linee pure:

Dall’incrocio si otterrà il Diibrido che presenterà fenotipo


triangolare, in quanto presenta nel genotipo i due alleli
dominanti.
Lasciando autofecondare la F1:

nella F2 l’unico ad avere fenotipo differente sarà il


doppio omozigote recessivo.
il che significa che la presenza di un allele dominante o
di entrambi, determina lo stesso fenotipo-

anche in questo caso, il rapporto Mendeliano apparirà


modificato  15:1

- EPISTASI DUPLICATA RECESSIVA


Si verifica quando, a partire da un incrocio diibrido, si ottiene un Rapporto F2 modificato 9:7.
In questo caso del rapporto Mendeliano 9:3:3:1  le tre classi 3:3:1 manifesteranno lo stesso fenotipo.
Si tratta di un’AZIONE GENICA COMPLEMENTARE:
Analizzando i genotipi delle 3 classi fenotipiche, è possibile osservare come basti la presenza del gene “a”
nella condizione di omozigosi recessiva o dell’allele “b” nella condizione di recessività perché si abbia lo
stesso fenotipo.
Per cui, se i geni sono A e B, l’omozigosi recessiva a/a sarà epistatica sull’altro gene, impedendo la
manifestazione di B; ma anche quando sarà presente b/b, sarà epistatico su A  azione genica
complementare.

ESEMPIO
L’epistasi duplicata è un’interazione genica che si verifica quando due geni, responsabili della produzione di
due proteine, partecipano alla stessa via metabolica cellulare.
VIA METABOLICA:
Un precursore incolore, potrà essere trasformato in un prodotto intermedio, sempre incolore, ad opera
dell’enzima c, che verrà prodotto dal gene C.
Il prodotto intermedio incolore però, potrà essere trasformato in un prodotto che produce ad esempio il
pigmento porpora, da un secondo enzima p, prodotto dal gene P.
Affinché quindi si abbia la produzione del pigmento, devono funzionare i due geni responsabili della
produzione dei due enzimi.

Considerando il carattere “colore del fiore” della pianta di pisello utilizzata da Mendel.
Incrociando due piante che producono fiori bianchi  quindi MUTANTI, perché sappiamo che il fenotipo
selvatico del colore del fiore, è rappresentato dal colore porpora.

Alla F1, il fenotipo sarà PORPORA  ricompare il


fenotipo selvatico.

Questo fenomeno, è spiegabile mediante l’effetto della COMPLEMENTAZIONE:


 Sarà avvenuta una Complementazione, che è riuscita ad annullare le mutazioni delle due linee
parentali mutate.
Ciò significa che le mutazioni che hanno portato al fiore bianco nella generazione P, che
probabilmente si verificano su geni differenti della stessa via metabolica, in qualche modo, nella F1
si complementano, ovvero il Diibrido avrà l’allele dominante di entrambi i geni, importanti per la
sintesi degli enzimi che portano alla produzione del pigmento porpora.
GENOTIPI P:
linee pure, mutanti recessivi differenti  avranno una mutazione o nel gene C che porta all’enzima C o nel
gene P che porta alla produzione dell’enzima P.
Se uno dei due enzimi non viene prodotto, i fiori saranno sempre bianchi.

una linea pura, sarà dominante per C e recessiva per p  in questo caso il primo enzima C verrà
prodotto, ma manca il secondo, per cui i fiori saranno bianchi.
L’altra linea pura sarà omozigote recessiva per c e
dominante per P  in questo caso non viene prodotto
il primo enzima, per cui non si produce il prodotto
intermedio sul quale potrebbe agire il secondo enzima,
che viene ad essere prodotto, ma che comunque non
funziona, per cui i fiori saranno bianchi.

Il Diibrido avrà un fenotipo wild tipe, perché una dose del gene C, funziona, quindi produrrà il primo enzima
C; allo stesso modo la dose funzionante del gene P, produrrà il secondo.
 Basta una sola dose per produrre i due enzimi fondamentali nella via metabolica, per la produzione
del pigmento.
Lasciando autofecondare le piante della F1:
nella F2, in seguito ad un’ EPISTASI DUPLICATA
RECESSIVA, il rapporto tipico mendeliano sarà
modificato  9:7

perché:
l’omozigosi per un allele recessivo dei due, dà
comunque un fenotipo bianco (perché non sarà
presente il secondo enzima della via metabolica).

Saranno infatti di colore porpora, solo i 9/16,


perché nel loro genotipo possiedono comunque una
copia dell’allele dominante di ogni gene (i due
enzimi verranno prodotti).

SPIEGAZIONE MOLECOLARE:
partendo da un diibrido (pianta della F1), dall’autofecondazione, si possono avere due situazioni:
- Una via che porta al PORPORA  determinata dal fatto che 9/16 hanno genotipo che contiene
un allele dominante di entrambi i geni, in grado di produrre l’enzima 1 e l’enzima 2, importanti
per la produzione del pigmento.
Per cui, i 9/16 saranno piante che producono fiori porpora.
- La seconda via, prevede che si abbia la formazione di piante che siano a fiori BIANCHI 
nei 3/16 (C/- p/p), non verrà prodotto l’allele dominante P, per cui l’enzima 2 non funzionerà; il
fiore rimane bianco.
Nei 3/16 (c/c P/-) non verrà prodotto l’enzima 1; P potrebbe produrre l’enzima 2, il quale però
non avendo un composto intermedio (determinato dall’enzima 1) sul quale agire, non funziona;
i fiori rimarranno bianchi.
Nell’ultimo 1/16 (c/c p/p) mancherà l’allele dominante di entrambi i geni, per cui non verranno
prodotti gli enzimi.

TEST DI COMPLEMENTAZIONE
Serve per capire, se de mutazioni recessive differenti, che danno lo stesso fenotipo, si verificano sullo
stesso gene od in geni differenti della stessa via metabolica.
Si effettua incrociando due individui che sono omozigoti per le mutazioni recessive e che presentano lo
stesso fenotipo.
 se la progenie presenterà il genotipo selvatico, le due mutazioni recessive ricadono in geni diversi
ed i rispettivi alleli di tipo selvatico, forniscono la funzione normale  si dice che le mutazioni si
complementano.
 Se la mutazione si verifica nello stesso gene di entrambi i genitori mutanti, nella progenie si
formerà uno zigote che continua ad avere la mutazione  progenie mutante.

ESEMPIO
Considerando il carattere “colore del fiore blu” della Campanula, determinato dalla produzione
dell’Antocianina.
Perché si abbia la produzione di Antocianina sono necessari due geni.
VIA METABOLICA:
Partendo da un precursore incolore, questo potrà essere trasformato in un prodotto intermedio incolore ad
opera dell’enzima 1, prodotto dal gene W1; perché si formi il pigmento, è necessario l’enzima 2, prodotto
dal gene W2, che agisce sul prodotto intermedio il quale sarà in grado di produrre il pigmento  il fiore
sarà blu.
Supponiamo di avere identificato 3 mutanti a petali bianchi e che siano linee pure omozigoti.
Indichiamo i mutanti come:
- 1  presenta la mutazione sul gene W1
- 2  presenta la mutazione sempre sul gene W1, ma in una posizione differente della sequenza
del gene
- 3  presenta la mutazione nel gene W2.
Dall’incrocio tra mutanti, che manifestano lo stesso fenotipo, verranno prodotte piante a fiore bianco.
È possibile capire se la mutazione avviene nello stesso gene o in geni differenti.
Incrociando:
 il mutante 1 x il mutante 2
nella progenie si ottengono piante che manifestano tutte un fenotipo colore del fiore bianco.
Ciò significa che NON è avvenuta alcuna complementazione e quindi la mutazione nei due mutanti
parentali avveniva sullo stesso gene  in questo caso sul gene W1; non funzionando questo gene,
non veniva prodotto il composto intermedio sul quale avrebbe potuto agire il secondo enzima:
la pianta rimane mutante.
 Il mutante 2 x il mutante 3
Entrambi mutanti per una mutazione recessiva, che in questo caso riguarda 2 geni differenti;
nella progenie si ottengono tutte piante che producono fiori blu (fenotipo wild tipe)  il che
significa che il genotipo di queste piante, è un diibrido (doppio eterozigote) che contiene comunque
un allele dominante di entrambi i geni, in grado di produrre i due enzimi necessari per la
produzione del pigmento.
In questo caso è avvenuta una complementazione.
La manifestazione fenotipica di un carattere, può essere influenzata da altre due situazioni:
 GRADO DI ESPRESSIONE DEL CARATTERE
 EFFETTI DELL’AMBIENTE

- GRADO DI ESPRESSIONE DEL CARATTERE


Osservato in una popolazione.
Normalmente, non tutti gli individui che presentano un determinato genotipo (inteso come relativo solo ad
un dato gene), manifestano il fenotipo atteso.
Se un genotipo non si manifesta nel fenotipo atteso, può essere avvenuta un’interazione tra i geni oppure
c’è stato un effetto dell’ambiente.
Questa situazione, può essere misurata attraverso due parametri:
1. PENETRANZA  la percentuale di individui che mostrano un particolare genotipo che esprime il
fenotipo atteso. Si manifesta a livello di popolazione.
La penetranza può essere a sua volta:
- COMPLETA: tutti i portatori del genotipo manifestano il genotipo atteso;
preso in considerazione un gene caratterizzato 2 alleli, il genotipo può essere l’omozigote
dominante, l’omozigote recessivo e l’eterozigote. Questo è quello che aveva riscontrato
Mendel nei sui esperimenti.
- INCOMPLETA: non tutti i portatori di un certo genotipo, manifestano il fenotipo atteso;
in questo caso, si osserva che una piccola percentuale della popolazione, non manifesta il
carattere atteso; si diche che l’allele di questo gene manifesta una certa penetranza.
Soprattutto nel caso in cui si parli di un allele dominante, è possibile che nell’eterozigote che ne
è portatore, questo carattere potrebbe non essere espresso.

ESEMPIO DI PENETRANZA INCOMPLETA


- POLIDATTILIA nella specie Umana
La Polidattilia, è un difetto autosomico dominante, determinato dall’allele dominante
P (letale in doppia dose), che in singola dose, può manifestare la presenza di dita
aggiuntive nelle mani o nei piedi.
Può succedere che:
l’Eterozigote, portatore, NON manifesti il carattere  vuol dire che l’individuo avrà un
numero normale delle dita e che quindi:
 Questo allele ha una penetranza, per cui in alcuni individui i genotipi portatori
(gli Eterozigoti) possono non manifestare il carattere.
Questo va a complicare l’analisi degli alberi genealogici, perché un individuo che nell’albero è indicato come
non affetto, può dare nella generazione successiva, individui affetti.

2. ESPRESSIVITÀ  determinata dal fatto che un carattere può essere espresso con una misura
diversa dell’intensità del fenotipo.
L’ espressività può essere a sua volta:
- UNIFORME: il genotipo si manifesterà nel fenotipo sempre nello stesso modo, in tutta la
popolazione.
- VARIABILE: è possibile che in alcuni individui della popolazione, quel fenotipo si manifesti con
un’intensità differente.
ESEMPI ESPRESSIVITÀ VARIABILE
- POLIDATTILIA nella specie Umana
Perché può capitare che il genotipo portatore (Eterozigote), possa manifestare:
ESPRESSIVITÀ ELEVATA  determinerà un numero maggiore di dita;
ESPRESSIVITÀ RIDOTTA  in questo caso verrà manifestato solo un dito in più.

- OSTEOGENESI IMPERFETTA nella specie Umana


È una malattia autosomica dominante, che generalmente ha una penetranza del 100% e che si manifesta in
3 caratteristiche principali:
1. Il bianco dell’occhio può assumere una colorazione blu
2. Fragilità ossea
3. Sordità
In una situazione di espressività variabile, può accadere che nell’individuo portatore, si manifesti solo 1
delle tre caratteristiche oppure una combinazione delle 3

Inoltre:
penetranza incompleta ed espressività variabile, in alcuni geni, possono agire insieme.
In questi casi, diventa difficile qualsiasi tipo di analisi genetica.
Ne è esempio la Polidattilia.

- EFFETTI DELL’AMBIENTE
Occorre prendere in considerazione:
1. Gli effetti determinati dall’ambiente interno:
bisogna tenere conto dell’età degli individui ma anche del sesso.
 ETÀ DI INSORGENZA  molti geni non sono attivi dalla nascita, ma essendo regolati, verranno
attivati in una particolare fase dello sviluppo. Molti di questi geni, definiti età-dipendenti, sono
responsabili di malattie genetiche.
ESEMPI DI MALATTIE GENETICHE ETÀ DIPENDENTI:
MALATTIA DI HUNTINGTON – CALVIZIE - DISTROFIA MUSCOLARE DI DUCHENNE.

 SESSO  l’espressione fenotipica di alcuni geni, può essere influenzata dal sesso dell’individuo che
porta il gene. In questo caso, occorre distinguere due tipi di caratteri:
- CARATTERI LIMITATI DAL SESSO: si manifestano solo in un sesso e non nell’altro.

ESEMPI
Crescita della barba, di norma limitata ai maschi.
Comparsa delle corna in alcune specie di pecore, si ha nei maschi.
Piumaggio negli uccelli  i maschi presentano un piumaggio molto più vistoso;
è stato osservato, come il piumaggio dipenda dal gene H autosomico.
Il genotipo omozigote dominante e l’eterozigote, darà sia nei maschi che nelle femmine, un
piumaggio da gallina;
mentre, l’omozigote recessivo, darà solo nei maschi (LIMITATO DAL SESSO) un piumaggio più
vistoso.

- CARATTERI INFLUENZATI DAL SESSO: si verificano in entrambi i sessi ma possono essere


determinati da un allele che si comporta da dominante in un sesso e da recessivo nell’altro.

ESEMPI
Calvizie  Si verifica in entrambi i sessi ma con una frequenza differente;
è dovuta ad un gene autosomico B, ed è dominante nei maschi (BB) e recessivo
nelle femmine (bb);
in questo caso, si parla di DOMINANZA INVERSA, significa che:
- nelle femmine l’omozigote dominante e l’eterozigote, daranno un fenotipo normale
- nei maschi, l’omozigote dominante e l’eterozigote, daranno il fenotipo calvo
- l’omozigote recessivo, darà normale nei maschi e calvo nelle femmine.
il fenotipo è probabilmente associato anche a fattori sia ambientali che ormonali.
Incrociando:

donna normale x maschio calvo


considerando i genotipi e considerando che siano linee pure,
nella femmina B/B e nel maschio b/b,

nella progenie si otterrà l’eterozigote, che darà una femmina


normale ed un maschio che potrà essere calvo.

Incrociando due eterozigoti,


nella F2 il rapporto dipenderà dalla dominanza
invertita:
le femmine avranno un rapporto
di 3 normali: 1 calva;
nei maschi sarà di 3 calvi: 1 normale.

Oltre alla calvizie, differenti caratteri nell’uomo sono influenzati dal sesso, tra questi:
- ARTRITE REUMATOIDE ed OSTEOPOROSI  si manifestano con un rapporto
3 femmine: 1 maschi
- LUPUS ERITEMATOSO  malattia autoimmune che si manifesta con un rapporto
8 femmine: 1 maschio

N.B.
Questi caratteri, sia quelli influenzati dal sesso, sia quelli limitati dal sesso, si trovano su geni autosomici,
non associati a cromosomi sessuali.

2. Gli effetti determinati dall’ambiente esterno:


bisogna considerare che esistono dei fattori fisici o chimici, che in qualche modo possono interagire in
modo da modificare l’espressione genotipica e quindi manifestare un fenotipo differente.
 FATTORI FISICI  TEMPERATURA
Esistono alcuni alleli di un gene, che possono essere Temperatura-sensibili, per cui verranno
attivati solo a determinate temperature.
ESEMPI
Colore della pelliccia nei conigli Himalayani.
Colore della pelliccia nei gatti Siamesi.
Entrambi caratterizzati da un fenotipo tutto bianco e con le estremità scure.
Questi organismi, da neonati sono completamente bianchi, perché hanno una temperatura corporea
uniforme;
quando iniziano a crescere, le porzioni più lontane dal centro del corpo, quindi orecchie, muso, zampe e
coda, assumono una colorazione scura perché la temperatura si abbassa  verranno attivati gli alleli
Temperatura-sensibili, che saranno in grado di produrre l’enzima Tirosinasi, che ha un ruolo fondamentale
nella produzione della Melanina.

 FATTORI CHIMICI  esistono alcune sostanze chimiche, che possono avere effetti significativi
sull’organismi.
ESEMPI
Fenilchetonuria: malattia autosomica recessiva;
negli individui affetti da questa malattia, il gene PAH è mutato, per cui non sarà in grado di convertire la
Fenilalanina (AA introdotto con la dieta); si avrà quindi un accumulo di acido fenilpiruvico, che arriverà
all’encefalo e determinerà grave ritardo mentale.
In questo caso, l’ambiente esterno è rappresentato dalla dieta che in qualche modo, può essere
responsabile di questa malattia.

Ancora,
In alcune situazioni, i fattori ambientali, da soli, possono produrre in un organismo, un fenotipo identico a
quello che è prodotto da un genotipo differente  si parlerà di FENOCOPIA.

ESEMPIO
Considerando il moscerino della frutta, sappiamo che esiste una mutazione denominata “Alles” che
determina l’assenza dell’occhio in Drosophila.
È possibile trattare il moscerino, in uno stato precoce dello sviluppo, con il Metaborato di sodio:
si determinerà così lo stesso effetto fenotipico, ovvero si produrranno dei moscerini privi di occhi;
in questo caso, si sarà creata una FENOCOPIA.

Allo stesso modo,


genotipi identici in ambienti differenti, possono dare un fenotipo diverso;

ESEMPIO
Gemelli monozigotici, separati alla nascita
Il carattere “comportamento, lingua” sarà diverso nei due gemelli.
ESTENSIONE DELLA GENETICA FORMALE
La maggior parte dei geni, si trovano nel nucleo;
tuttavia esiste un sottogruppo del genoma, presente in organelli cellulari  MITOCONDRI, per quanto
riguarda le cellule animali e CLOROPLASTI, per quanto riguarda le cellule vegetali.

MITOCONDRI E CLOROPLASTI – ORIGINE EVOLUTIVA


- MITOCONDRI  fondamentali all’interno delle cellule eucariotiche aerobiche, in quanto coinvolti
nella respirazione cellulare  Produzione di energia.
È nei mitocondri che si verificano la fosforilazione ossidativa, per cui avviene la glicolisi e quindi
viene prodotto ATP.
- CLOROPLASTI  presenti nelle cellule delle piante verdi (ma anche nei protisti fotosintetici),
rappresentano il luogo dove avviene la fotosintesi.

Dal punto di vista evolutivo, l’origine dei cloroplasti e dei mitocondri, può essere descritta mediante la
- Teoria dell’Endosimbiosi  teoria proposta nel 1883 da Shimber per i cloroplasti;
nel 1922, fu Wallin ad estendere la teoria anche ai mitocondri (in questo caso, i simbionti erano
perlopiù batteri purpurei non sulfurei Gram -).
La teoria descrive una relazione simbiotica, nella quale esiste un simbionte che vive all’interno di un
ospite.
La teoria dell’Endosimbiosi, venne ignorata per diverso tempo;
solo dopo gli anni ’50, quando oltre alla scoperta del DNA, si scoprì che all’interno di Mitocondri e
Cloroplasti ci fosse del materiale genetico, l’ipotesi venne riproposta.
A supporto di questa Teoria, c’erano due osservazioni fondamentali:
1. Cloroplasti e mitocondri, presentano cromosomi circolari simili a quelli presenti nei batteri;
2. I geni degli organelli sono molto più simili ai geni batterici, rispetto ai geni nucleari delle cellule
eucariotiche.
Proprio grazie a queste importanti osservazioni, oggi la Teoria dell’origine Endosimbiotica dei Mitocondri e
dei Cloroplasti è stata accettata.

CARATTERISTICHE:
 La posizione in cui si trovano i cromosomi circolari, all’interno di Mitocondri e Cloroplasti, prende il
nome di NUCLEOIDE DELL’ORGANELLO, un po' come lo era nei batteri.
 Inoltre, contengono dei geni, che vengono definiti EXTRA-NUCLEARI proprio perché al di fuori
del nucleo e presenti negli organelli, nel citoplasma; per questo vengono anche denominati GENI
CITOPLASMATICI.
 Le diverse specie, posseggono quantità di organelli differenti, dalla Tetrahymena con un solo
Mitocondrio, al Topo che presenta da 1 a 3 Mitocondri per cellula, fino alle Piante superiori nelle
quali il numero degli organelli aumenta di molto, fino a 12-25 organelli per cellula.
 Ogni organello, può contenere più di un cromosoma;
dalla Tetrahymena con un solo mitocondrio ma da 6 a 8 cromosomi, fino alle Piante superiori con
addirittura 60 cromosomi.
 È stato dimostrato, come nei Cloroplasti esista un numero maggiore di cromosomi rispetto ai
Mitocondri.
In particolare, il DNA mitocondriale è caratterizzato da dimensioni differenti a seconda delle specie;
per cui, mentre negli animali (Uomo, Drosophila) ha una dimensione di circa 71-18 Kb; nei funghi
nelle alghe e nei protisti, la dimensione diventa intermedia (fino a 78 Kb); nelle piante le dimensioni
sono nettamente maggiori (fino a 2000 Kb).
La differenza della dimensione del DNA negli animali, che è piuttosto piccolo, rispetto a quello delle piante,
nettamente più grande, è data dal fatto che:
quasi tutto il genoma di Mitocondri animali è codificante, a differenza del genoma mitocondriale di
funghi e piante che contiene una grande quantità di DNA che non codifica per alcun prodotto genico.

DNA MITOCONDRIALE nella SPECIE UMANA


Nell’uomo, il DNA mitocondriale ha una dimensione di 17 Kb;
possiede pochi geni, la maggior parte dei quali sono necessari per la sintesi dell’RNAr e dell’RNAt, quindi
fondamentali per la sintesi delle proteine all’interno del mitocondrio.
Altri geni sono importanti per la fosforilazione ossidativa.
Molti componenti del mitocondrio però, vengono sintetizzati da geni nucleari

il cDNA (DNA del cloroplasto), nelle piante, è 10 volte più grande rispetto a quello presente nei mitocondri
delle cellule animali.
In particolare, il DNA del cloroplasto della pianta del Tabacco, raggiunge una dimensione di 156 Kb
ed è caratterizzato da un certo numero di geni, diversi, importanti sempre per la sintesi dell’RNAr e
dell’RNAt, e molti di questi, anche per il processo di fotosintesi.
anche nel caso del Cloroplasto, come per il Mitocondrio, molte proteine vengono codificate da geni
nucleari.

DNA DEGLI ORGANELLI vs DNA NUCLEARE

Altra interessante differenza, riguarda il Codice Genetico, il quale sappiamo essere “quasi Universale”,
proprio perché:

Ancora, nel caso del DNA mitocondriale, a differenza di quello che accade per il DNA nucleare, NON
esistono meccanismi di riparazione  ecco perché il tasso di mutazioni del DNA mitocondriale, è maggiore
di circa 10 volte, rispetto a quello del DNA mitocondriale.
EREDITÀ NON MENDELIANA
I geni presenti negli organelli, dimostrano un tipo di eredità definita anche come Eredità
EXTRA-NUCLEARE o CITOPLASMATICA.
Un’importante caratteristica è che:
 La progenie, erediterà i geni degli organelli, esclusivamente da UN SOLO GENITORE e non dall’altro.
Significa, che tutta la progenie, sia maschile che femminile, avrà il fenotipo di uno solo dei genitori,
generalmente della MADRE: motivo per cui, si parla anche di Eredità MATERNA.

Per quanto riguarda le Specie Eterogametiche


(che producono quindi due tipi di Gameti)
in genere:
- Gamete femminile  più grande;
alla formazione dello Zigote, dopo la Fecondazione,
fornirà la maggior parte del citoplasma.

- Gamete maschile  molto piccolo;


forniranno il nucleo.

CARATTERISTICHE EREDITÀ NON MENDELIANA:


 Geni mitocondriali e cloroplastici, manifestano un’eredità uniparentale da una generazione alla
successiva;
 I risultati degli incroci reciprochi, che coinvolgono geni extra-nucleari, non sono uguali a quelli dei
geni nucleari.

EREDITÀ NUCLEARE  Mendel prese in considerazione un solo carattere “colore del seme” ed incrociò
gameti femminili di una pianta che produceva semi gialli x gameti maschili provenienti da una pianta che
produceva semi verdi.
Alla F1, otteneva un solo fenotipo: tutte le piante producevano semi gialli;
dedusse che il colore giallo dei semi fosse dominante sul verde.
Effettuò allora, l’INCROCIO RECIPROCO  incrociò il gamete femminile di una piante che produceva semi
verdi x il gamete maschile di una pianta che produceva semi gialli.
Nella F1 ottenne però sempre lo stesso risultato.
Mendel dimostrò così, che da incroci reciproci, le F1 manifestano lo stesso fenotipo.

EREDITÀ NON MENDELIANA  Extra- nucleare, Uniparentale o Eredità Materna;


in questo caso, effettuando gli INCROCI RECIPROCI, nella progenie si avrà un risultato fenotipico differente.
Infatti,
1. incrociando una linea mutante femminile x una linea selvatica maschile
tutta la progenie è mutante: il che significa che la progenie avrà ereditato il fenotipo materno
mutato.
2. Effettuando l’incrocio reciproco tra una linea femminile wild tipe x una line maschile mutante,
tutta la progenie è wild tipe.
Per cui, il fenotipo della progenie, rispecchia esattamente il fenotipo MATERNO;
 Da incroci reciproci, verranno prodotte generazioni filiali differenti, il fenotipo materno è
responsabile del fenotipo di tutta la progenie e si parla di EREDITÀ MATERNA.

ESEMPIO EREDITÀ MATERNA


- NEUROSPORA CRASSA
Si tratta di un fungo obbligato, aerobico, rappresentato dalla muffa del pane, caratterizzata da un ciclo
vitale aploide:
per la maggior parte del suo ciclo vitale, si divide per mitosi e solo quando due cellule che
presentano due tipi coniugativi differenti (mating type), che possono comportarsi da sesso
differente, fondendosi danno origine ad uno zigote diploide, che andrà poi incontro a meiosi, per
produrre 4 cellule aploidi  che a loro volta andranno incontro a mitosi per dare origine ad
un’ottade.

Se avviene un incrocio tra una Neurospora mutante, denominata Poky  a crescita molto più lenta
rispetto al fenotipo wild tipe; crescita lenta che dipende da una mutazione che si verifica nell’RNAr del DNA
mitocondriale.
PRIMO INCROCIO:
una cellula femminile, Poky x una cellula maschile, normale:
la progenie, sarà tutta a fenotipo simile a quello della linea femminile  Poky

Oltre a considerare il mutante Poky, che dipende da un gene


dell’RNAr del DNA mitocondriale, bisogna considerare un
ulteriore marcatore:
𝒂𝒅+ e 𝒂𝒅−  si tratta di un gene nucleare che indica il fatto che
venga sintetizzata Adenina (𝑎𝑑+ ) o che non ne vanga sintetizzata
(𝑎𝑑− ).
Per questo gene, 4 cellule saranno in grado di sintetizzare
Adenina e 4 no.
Quindi:
- il gene presente sul genoma del mitocondrio (che dava origine al mutante Poky): avrà un tipo di
eredità materna;
- il gene nucleare (ad): avrà un tipo di segregazione mendeliana

INCROCIO RECIPROCO:
una linea femminile normale x una linea maschile mutante, Poky:
si formerà uno Zigote diploide, che alla fine delle divisioni, darà origine alle 8 cellule, tutte a fenotipo
normale perché si rispecchia il fenotipo materno, normale.

Per quanto riguarda invece il gene nucleare ad:


lo zigote diploide risultante dall’incrocio, sarà Eterozigote
(𝑎𝑑+ / 𝑎𝑑− ), ma quando si divide andrà incontro ad una
segregazione 4 a 4  4 cellule saranno 𝑎𝑑 − e 4 cellule saranno
𝑎𝑑+ .

In questo caso, il fenotipo Poky quindi, si eredita solo dal genitore femminile  tutta la progenie mostra
il fenotipo materno.
SEGREGAZIONE CITOPLASMATICA
Esistono delle cellule, definite Eteroplasmiche, che contengono al loro interno alcuni organelli mutanti, altri
normali.
Quando la cellula va incontro a divisione, è possibile che si formino cellule sempre Eteroplasmiche, ma è
possibile anche che avvenga una SEGREGAZIONE CITOPLASMATICA:
 tutti gli organelli normali si distribuiranno in una cellula e tutti gli organelli mutanti in una seconda
cellula.
Questa situazione, si potrà riflettere a livello fenotipico.
Infatti, un tipo di eredità materna è stata dimostrata per i cloroplasti;
in particolare, fu Collins a scoprire che nella Mirabilis jalapa
(la cosiddetta “Bella di notte”), la pigmentazione delle foglie
è determinata da un gene che ha un tipo di eredità NON Mendeliana.
Infatti, la variegazione delle foglie può far sì che in una stessa pianta, siano
presenti:
- Rami completamente verdi, che contengono cellule che all’interno presentano cloroplasti in grado
quindi di produrre clorofilla; CLOROPLASTI SELVATICI.
- Rami completamente bianchi, il che significa che è avvenuta una mutazione, per cui i cloroplasti
non sono in grado di produrre clorofilla; CLOROPLASTI MUTATI.
- Rami con effetto a mosaico, una variegazione per cui il fenotipo può essere verde e bianco. In
questo caso, vi sarà la presenza di cellule Eteroplasmiche.
Non si troveranno mai delle piante a foglie e fusto bianco, perché non avrebbero clorofilla e ciò
risulterebbe nella non vitalità della pianta.

Correns, effettuò gli incroci tra le diverse varietà della pianta:

1° INCROCIO:
gamete femminile fiore presente su un ramo a foglie bianche x
gamete maschile fiore presente su un ramo a foglie verdi.
Tutta la progenie risultò bianca  manifesta il fenotipo materno.

INCROCIO RECIPROCO:
gamete femminile fiore presente su un ramo a foglie verdi x
gamete maschile fiore presente su un ramo a foglie bianche.
Tutta la progenie risultò verde  manifesta il fenotipo materno.

2° INCROCIO:
gamete femminile fiore presente su un ramo a foglie variegate x
gamete maschile fiore presente su un ramo a foglie verdi.
La progenie poteva essere verde, bianca o variegata.

INCROCIO RECIPROCO:
La progenie risultava tutta verde.
Correns spiegò il risultato del secondo incrocio, con la SEGREGAZIONE CITOPLASMATICA:
 Se la cellula uovo era Eteroplasmica, in seguito alla fecondazione da parte di un qualsiasi gamete
maschile, si formava una cellula Eteroplasmica  progenie variegata;
quando questa andava incontro a divisone cellulare però, poteva andare incontro a SEGREGAZIONE
CITOPLASMATICA per cui, casualmente può accadere che si formino due cellule, di cui una
presenterà cloroplasti normali  foglie verdi
L’altra presenterà cloroplasti mutati  foglie bianche.

o Altro esempio di eredità Non Mendeliana, è rappresentato dalla Chlamydomonas:


si tratta di un’alga unicellulare caratterizzata da un cloroplasto che occupa la maggior parte della cellula.
Anche in questo caso il ciclo è aploide, ed anche in questo caso, esistono due tipi coniugativi indicati come
𝑚𝑡 + ed 𝑚𝑡 −  fondendosi possono dare origine allo zigote diploide che andrà incontro a meiosi per
formare le 4 cellule aploidi, due delle quali presenteranno 𝑚𝑡 + , le altre due 𝑚𝑡 − .
- Nel 1954, Sager identificò in queste alghe, un mutante resistente alla Streptomicina 𝑠𝑚𝑟 (un
antibiotico); egli si accorse che questo carattere, non seguiva le modalità di trasmissione
mendeliana, ma piuttosto, veniva ereditato esclusivamente dal parentale coniugativo 𝒎𝒕+

1° INCROCIO
Cellula 𝑚𝑡 +, streptomicina resistente 𝑠𝑚𝑅 x
cellula 𝑚𝑡 − , streptomicina sensibile 𝑠𝑚 𝑆
Nella F1, metà delle cellule erano 𝒎𝒕+ , l’altra metà 𝒎𝒕− ; ma tutte erano 𝒔𝒎𝑹
Quindi:
- Per quanto riguarda il tipo sessuale (mating type), seguiva una segregazione mendeliana
- Sembrava che il carattere 𝑠𝑚𝑅 , fosse stato ereditato solo dal parentale 𝑚𝑡 + .

INCROCIO RECIPROCO
Cellula 𝑚𝑡 +, streptomicina sensibile 𝑠𝑚 𝑆 x
cellula 𝑚𝑡 − , streptomicina resistente 𝑠𝑚𝑅
nella F1 metà delle cellule erano 𝒎𝒕+ , l’altra metà 𝒎𝒕− ; ma tutte erano 𝒔𝒎𝑺

Successivamente, si è scoperto che il gene responsabile del carattere 𝑠𝑚𝑅 , mappava sul genoma del
cloroplasto.
Si poté in questo modo dimostrare, come prendendo in considerazione un gene presente sul cloroplasto,
questo possa essere ereditato solamente da uno dei due parentali.

o Altro esempio nel caso di Saccharomyces cerevisiae,


sono stati riscontrati dei mutanti definiti petite  si tratta di mutanti, in cui è avvenuta una mutazione in
un gene presente sul genoma mitocondriale. La mutazione in uno di questi geni, determina la mancanza di
energia, per cui ne viene rallentata la crescita; infatti, sono definiti “petite” proprio perché quando
crescono presentano un fenotipo caratterizzato da colonie che sono molto più piccole rispetto a quelle del
ceppo normale.
In particolare, sono stati riscontrati due tipi di mutanti:
- Petite SEGREGANTI: in questo caso la mutazione riguarda geni nucleari, per cui alla meiosi, si avrà
un tipo di segregazione che seguirà le modalità mendeliane
- Petite VEGETATIVI: in questo caso, le mutazioni possono riguardare geni mitocondriali, per cui alla
meiosi, si osserva una segregazione di tipo Non Mendeliano.
I petite Vegetativi, si distinguono a loro volta in:
1. NEUTRALI: privi di genoma mitocondriale
2. SOPPRESSIVI: presentano genoma mitocondriale, nel quale possono presentare delle
mutazioni.
1° INCROCIO:
Ceppo selvatico x ceppo mutante petite neutrale;
La progenie avrà un fenotipo identico al ceppo selvatico  riflette il fenotipo di uno dei due parentali.

2° INCROCIO:
Ceppo selvatico x ceppo mutante petite soppressivo;
La progenie avrà fenotipo petite soppressivo  riflette il fenotipo di uno dei due parentali.

In questo caso quindi, si parlerà di EREDITÀ BIPARENTALE:


significa che la progenie, erediterà i mitocondri da entrambi i parentali;

EREDITÀ MITOOCNDRIALE NEGLI ANIMALI


L’eredità mitocondriale si può verificare anche negli animali (specie eterogametiche), nella maggior parte
dei quali invece, si parlerà di Eredità mitocondriale Uniparentale Materna, mentre il contenuto paterno è
quasi del tutto assente.
Grazie all’analisi del DNA mitocondriale è stato possibile effettuare degli studi evolutivi, grazie ai quali è
stato possibile scoprire che il DNA mitocondriale, possiede un progenitore le cui origini risalgono all’Africa.
È possibile costruire un albero evolutivo:
comparando sequenze omologhe di specie differenti, del DNA mitocondriale, alle quali è possibile
aggiungere sequenze di DNA mitocondriale, cosiddetto ANTICO  ottenuto da resti di organismi vissuti in
periodi antichi.
Così, si è potuto capire che la radice dell’albero del DNA mitocondriale umano, è in Africa; suggerendo che
l’Homo Sapiens abbia avuto origine proprio in Africa e che da lì si sia diffuso poi in tutto il mondo.

DAN MITOCONDRIALE UMANO


È caratterizzato da diversi geni, che possono presentare delle mutazioni;
se i geni sono mutati  sono responsabili di MALATTIE MITOCONDRIALI.
 Esistono Malattie Mitocondriali, che dipendono quindi da mutazioni dei geni del genoma
mitocondriale, che saranno ereditate con un tipo di eredità materna (non mendeliana) o
citoplasmatica, od uniparentale.

TRA LE MALATTIE MITOCONDRIALI, vi sono diverse patologie croniche, a carico del Cervello, dei Muscoli,
del Cuore, dei Reni ed in particolare:
- Di solito gli individui affetti, possiedono delle cellule Eteroplasmiche (conterranno mitocondri con
genoma wild tipe, ed altri in cui il genoma possiede dei geni modificati).
- La gravità di queste malattie, è associata alla quantità di DNA mitocondriale mutato.

Ne sono esempi:
NEUROPATIA OTTICA EREDITARIA DI LEBER;
DEBOLEZZA MUSCOLARE NEUROGENICA;
ENCEFALOMIOPATIAMITOCONDRIALE;
MIOPATIA MITOCONDRIALE
 Si tratta di malattie che dipendono da mutazioni in geni mitocondriali, che rientrano in quei geni
che codificano per le proteine della catena respiratoria (fosforilazione ox) oppure nei geni
importanti per la sintesi dell’RNAt o dell’RNAr.
EREDITÀ MATERNA
Può essere studiata attraverso l’analisi degli alberi genealogici.

Considerando, una femmina affetta da una malattia che dipende da una mutazione nel genoma
mitocondriale:
 Nella F1 tutti i figli saranno affetti  Si tratta di una malattia che avrà un tipo di eredità materna.
È interessante notare invece, come i risultati degli incroci reciproci, siano differenti
(Incroci reciproci, che in questo caso non si possono effettuare, per motivi etici).
 Considerando un figlio maschio affetto x una femmina normale, non trasmetterà la malattia.
 Considerando invece luna figlia femmina affetta x maschio sano, tutti i figli saranno affetti.

In questo caso, il citoplasma della cellula uovo (specie eterogametica) sarà trasmesso allo Zigote, per cui,
tutti i mitocondri presenti all’interno della cellula uovo, saranno trasmessi alla progenie.
Analizzando l’albero genealogico, sarà possibile capire se il carattere responsabile di una malattia, in base a
come verrà trasmesso, avrà eredità materna o meno.

DIFFERENZA EREDITÀ MATERNA ed EFFETTO MATERNO


 Eredità materna:
si tratta di caratteri determinati da geni, localizzati su cromosomi Extra-nucleari;
quindi quei geni che sono presenti negli organelli delle cellule (mitocondri e cloroplasti).
Questi, generalmente, vengono ereditati in modo uniparentale (dalla madre); in altri casi, è possibile che
vengano ereditati in maniera biparentale; oppure può essere determinato solo, come nel caso delle alghe,
da un tipo coniugativo.
La progenie in questo caso, eredita direttamente dalla madre.
 Effetto materno
è dovuto a geni Nucleari il cui fenotipo si esprime prima che avvenga la fecondazione della cellula uovo;
il che vuol dire che sarà proprio la cellula uovo della madre che controllerà il fenotipo.

ESEMPIO
- DIREZIONE DELLA SPIRALIZZAZIONE NELLA CHIOCCIOLA ACQUATICA
Si tratta di una specie ermafrodita (possiede sia organi sessuali maschili che femminili) ma può anche
rappresentare uno o l’altro sesso.
L’esperimento è stato condotto nel 1920 da Boycott, il quale scopre un gene che ha effetto materno.
Questo gene è responsabile della direzione della spiralizzazione della Chiocciola.
La spiralizzazione può essere:
Destrorsa  è rappresenta la forma più comune e quindi
è la forma dominante sulla sinistrorsa
Sinistrorsa;
La direzione della spiralizzazione, una volta che la cellula uovo è
stata fecondata, dipende dall'inclinazione che assume il fuso
mitotico durante la divisione cellulare.
Per cui, nella prima divisione può essere o destrorsa o sinistrorsa.
Il fenotipo destrorso o sinistrorso dipende dal genotipo della madre  quindi NON rispetta i rapporti tipici
Mendeliani, nonostante si tratti di un gene che è presente nel nucleo.
Questo effetto materno è determinato da un gene che è presente nel nucleo, all'interno della cellula uovo e
che sarà in grado di manifestarsi nel fenotipo.

1° INCROCIO
Chiocciola destrorsa x Chiocciola sinistrorsa
Nella F1 tutte le chiocciole saranno destrorse.

INCROCIO RECIPROCO
Chiocciola sinistrorsa x Chiocciola destrorsa
Nella F1 tutte le chiocciole saranno sinistrorse.

Sembra che rispecchino il fenotipo materno.


Incrociando le chiocciole che provengono sia dal primo incrocio che da quello reciproco:
nella F2 tutte le chiocciole saranno destrorse.
Lasciando incrociare tra di loro, nella F3 si otterrà un rapporto fenotipico 3 destrorse: 1 sinistrorsa

Generazione F2
(maschi e femmine)
Questo particolare rapporto, venne
descritto da Sturtevant:
la spiralizzazione della chiocciola dipende
da un gene ad effetto materno;
Generazione F3 gene indicato con:
(maschi e femmine) D  dominante; spiralizzazione destrorsa.
d  recessivo; spiralizzazione sinistra.

Quindi, assegnando i genotipi ai fenotipi:

Nel primo incrocio, alla F1 nell’incrocio reciproco,


si forma l’eterozigote che si forma l’eterozigote
manifesta il fenotipo che manifesterà un
destrorso  viene fenotipo sinistrorso 
manifestato il fenotipo rispecchia il fenotipo
dell’allele dominante. della madre.

È possibile continuare ad analizzare l’effetto


materno, anche nelle generazioni successive:
Incrociando tra di loro le chiocciole, che sono
Eterozigoti 
Incrocio tra due MONOIBRIDI
Il rapporto che si otteneva alla F2, non era quello tipico
mendeliano (3:1), ma in questo caso tutte le chiocciole sono
fenotipicamente destrorse.
- Il rapporto genotipico  sarà in accordo con le Leggi di
Mendel ( 1/4, 1/2, 1/4)
- Fenotipicamente l’allele “D” della madre,
responsabile dell'orientamento del fuso mitotico durante la divisione cellulare,
dominante su “d”, per Effetto Materno farà sì che le chiocciole alla F2 siano tutte destrorse.

Ancora,
lasciando incrociare le chiocciole della F2  nella F3 il rapporto diventa 3:1; compare il fenotipo sinistrorso.
Questo perché, se le femmine avessero un genotipo Omozigote dominante o Eterozigote, nella progenie
avrebbero dato origine ad una torsione destrorsa.
Se invece, le femmine fossero state Omozigote recessive, indipendentemente dalla linea maschile,
mancando nella madre l’allele Dominante, la progenie manifesta il fenotipo sinistrorso della madre.

SPIEGAZIONE DELL’EFFETTO MATERNO


Dipende tutto da quello che accade durante il processo dell’Ovogenesi.
Gli ovociti, sono circondati da cellule dette NUTRICI, le quali, a differenza della cellula uovo aploide, sono
diploidi (per cui possono avere le due forme alleliche).
Se le cellule nutrici sono Omozigoti dominanti DD, trasferiranno all’interno della cellula uovo solamente la
proteina prodotta dall’allele dominante D.
La cellula nutrice però può essere Eterozigote Dd  sarà in grado di produrre sia la proteina prodotta
dall’allele Dominante che quella prodotta dall’allele recessivo; proteina che saranno poi trasferite alla
cellula uovo. Una cellula uovo che ha ricevuto dalle nutrici, sia i prodotti dell’allele dominanti che quelli
dell’allele recessivo, sarà in grado di manifestare il prodotto dell’allele dominante.
- Nel caso della chiocciola,
nella prima divisione cellulare, l’orientamento del fuso mitotico sarà destrorso
(D  dominante, destrorso)
Se invece, le cellule nutrici, fossero in una condizione di Omozigosi recessiva dd, per cui si ha la completa
assenza dell’allele Dominante, trasferiranno all’interno della cellula uovo solo la proteina prodotta
dall’allele recessivo d.
- Nel caso della chiocciola,
l’orientamento del fuso mitotico durante la divisione cellulare, quindi la direzione della
spiralizzazione, sarà sinistrorsa.

 Ecco perché l’effetto materno si verifica prima della Fecondazione,


perché riguarda il processo di Ovogenesi:
in base al genotipo delle cellule nutrici, il prodotto genico si rispecchierà nell’oocita, che manifesterà il
fenotipo.
I geni ad effetto materno quindi, codificano per delle proteine che hanno un ruolo fondamentale nelle
prime fasi dell’Embriogenesi; in particolare, saranno responsabili dell’inclinazione del fuso mitotico durante
la prima divisione cellulare.
I prodotti dell’ovocita primario, prima della fecondazione, saranno in grado di determinare direttamente il
fenotipo della progenie.
LE BASI CROMOSOMICHE DELL’EREDITARIETÀ
Grazie alla scoperta dei microscopi ottici, nel XX secolo, i citologi riuscirono ad identificare all’interno delle
cellule, la presenza dei cromosomi, conoscerne il numero.
In particolare, Sutton uno studioso statunitense e Boveri, uno studioso tedesco, nel 1902,
indipendentemente, proposero la:
 TEORIA CROMOSOMICA DELL’EREDITARIETÀ
riconobbero che la trasmissione dei cromosomi da una generazione alla successiva, procedeva in modo
parallelo con l’ereditarietà dei fattori mendeliani.

La dimostrazione della teoria, viene da esperimenti che mettono in relazione la trasmissione ereditaria di
alcuni geni con la trasmissione dei cromosomi sessuali.
I cromosomi sono i veicoli dei geni ed il comportamento dei cromosomi si può sovrapporre al
comportamento degli alleli di un gene:
1. Mendel aveva proposto che ogni gene fosse presente in due forme alternative;
1. Anche i cromosomi sono presenti in coppie di omologhi
2. Secondo il principio della segregazione bilanciata, alla meiosi, gli alleli segregano in modo che un
gamete abbia un allele e l’altro gamete avrà l’altro;
2. allo stesso modo per i cromosomi; un omologo andrà in una cellula, l’altro nella seconda cellula
3. secondo la legge dell’assortimento indipendente, gli alleli posizionati su cromosomi non omologhi
si distribuiscono in maniera casuale
3. Allo stesso modo, i geni presenti su cromosomi differenti, assortiscono in modo indipendente.
Tuttavia, NON esistevano studi reali che riuscissero a stabilire che i geni fossero localizzati sui cromosomi.

CROMOSOMI SESSUALI
Sempre nel XX secolo, i citologi osservando le cellule, si accorsero che al loro interno erano presenti dei
cromosomi che avevano un comportamento particolare.
3 diversi citologi, lavorando sugli insetti, indipendentemente, riuscirono ad ottenere la prova che particolari
cromosomi determinano il sesso di un organismo.
 Nel 1905, la Stevens, studiando le CAVALLETTE,
si accorse che all’interno delle cellule, erano presenti 11 coppie di cromosomi, ma la cosa insolita fu che:
- le femmine  avevano un numero pari di cromosomi (22)
- nei maschi  il numero di cromosomi era dispari (23)
la ricercatrice quindi, stabilì che il cromosoma in più, presente nei maschi, dovesse essere un cromosoma
aggiuntivo che denominò CROMOSOMA EXTRA  da questo la denominazione poi del cromosoma X
per cui:
 il fenotipo sessuale femminile  rappresentato da due cromosomi X all’interno delle
cellule. Infatti, le femmine producevano un’unica classe gametica contenente un
cromosoma X.

 Il fenotipo sessuale maschile  rappresentato da un solo cromosoma X. Infatti, i


maschi producevano due classi gametiche di cui una, conteneva il cromosoma X, l’altra
era priva di cromosomi.

Quando le cellule uovo venivano fecondate da:


- gameti maschili che possedevano il cromosoma X, nello Zigote si formava un genotipo XX,
responsabile del fenotipo sessuale femminile.
- gamete maschile privo di cromosomi X, nello Zigote si aveva una situazione denominata X0 in cui si
osservava un fenotipo maschile.
Successivamente, sempre la Stevens, osservando il Tenebrio molitor -- Verme della farina,
si accorse che nelle cellule maschili era presente un “partner” del cromosoma X, molto più piccolo, che
denominò Cromosoma Y.
Riuscì cosi a determinare che i cromosomi sessuali:
 nelle femmine presentavano un genotipo XX  denominato sesso OMOGAMETICO perché
produce un’unica classe gametica contenente il cromosoma X.
 nei maschi presentavano un genotipo XY  denominato sesso ETEROGAMETICO perché produce
due classi gametiche differenti, contenenti l’una il cromosoma X, l’altra il cromosoma Y.
Presenza di cromosomi X e Y, è stata riscontrata in diversi organismi (specie Umana, Drosophila
melanogaster).

 CROMOSOMI DEL SESSO  responsabili della DETERMINAZIONE DEL SESSO:

 ASSOCIAZIONE CON IL SESSO


Nel 1906, Doncaster e Raynor,
presero in considerazione il carattere “colore delle ali di una falena Abraxas”.
Si scoprì che il colore delle ali dipendesse da un gene indicato con L;
la falena poteva manifestare due fenotipi
- L  ali scure l  ali chiare

1° INCROCIO
Maschi ad ali scure x Femmine ad ali chiare
Nella F1 ottennero un unico fenotipo  sia maschi che femmine presentavano ali scure
Si confermò così che l’allele responsabile del fenotipo ali scure, era dominante su quello ali chiare.

INCROCIO RECIPROCO
Femmine ad ali scure x Maschi ad ali chiare
Nella F1 ottennero maschi ad ali scure e femmine ad ali chiare.
Sembrava che le figlie femmine presentassero lo stesso fenotipo del padre;
e che i figli maschi presentassero lo stesso fenotipo della madre.
Questo fu il primo esperimento che correlò il carattere “fenotipo delle ali” con il sesso dell’organismo.
Mendel nei suoi incroci reciproci, indipendentemente dal genotipo delle linee parentali, nella F1 otteneva
sempre lo stesso risultato.
 Quando il risultato è differente, significa che il gene responsabile del carattere, di un determinato
fenotipo, dipende da un cromosoma sessuale.

La prova della Teoria Cromosomica dell’Ereditarietà, venne fornita nel 1910, da Morgan,
il quale studiò la Drosophila Melanogaster:
oltre alle tipiche caratteristiche degli organismi modello, in Drosophila le femmine sono facilmente
riconoscibili dai maschi;
- MASCHI  presentano un addome rotondeggiante oltre a pettini
sessuali nelle zampe anteriori (che sono assenti nelle femmine).
- FEMMINE  presentano un addome appuntito.

Per quanto riguarda inoltre l’assetto cromosomico,


in Drosophila esistono 4 coppie di cromosomi.
3 coppie rappresentano gli autosomi e 1 coppia di cromosomi sessuali:
genotipo sessuale femminile  XX
genotipo sessuale maschile  XY

Morgan,
utilizzava nei suoi esperimenti linee pure in cui il carattere “colore dell’occhio” era sempre Rosso.
Fino a quando, in una delle sue linee pure, trovò una Drosophila ad occhio Bianco  che era un maschio.
Capì che si trattasse di un mutante e cercò di capire come questo fenotipo venisse trasmesso.

1°INCROCIO
Maschio ad occhi bianchi x Femmina ad occhi rossi
Nella F1 ottenne tutti moscerini, sia maschi che femmine, ad occhi ROSSI
- Dedusse quindi che il colore bianco fosse recessivo rispetto al colore rosso degli occhi.

LASCIANDO INCROCIARE I MOSCERINI DELLA F1:


Nella F2 ottenne un gran numero di moscerini, in un rapporto di 3:1  3 moscerini avevano fenotipo
occhio rosso ed 1 moscerino aveva fenotipo occhio bianco.
Osservò che:
- il numero di moscerini ad occhio bianco era nettamente minore, probabilmente perché questi
moscerini avevano una minore vitalità;
- Del numero totale dei moscerini ottenuti, la maggior parte ad occhi rossi era rappresentata da
maschi e femmine, mentre tutti i moscerini bianchi erano maschi.

Per spiegare questo risultato, ipotizzò che:


 il comportamento atipico, fosse dovuto al fatto che il gene responsabile del carattere “colore degli
occhi” si trovasse sul cromosoma sessuale X e immaginò quindi che si trattasse di un carattere
X- linked  ovvero, associato al cromosoma X.

Partendo da questa ipotesi, riuscì a determinare il genotipo dei moscerini che aveva utilizzato nel suo
esperimento:
- Il maschio aveva occhi bianchi; immaginò che il genotipo per i
cromosomi sessuali, dovesse essere XY  cromosoma X con
l’allele recessivo mutato, che darà fenotipo occhio bianco
- La femmina è caratterizzata da due cromosomi X normali.

- G  la femmina produce un’unica classe gametica che contiene


il cromosoma X mentre nella linea maschile, si producono due
classi gametiche, una contenente il cromosoma X con l’allele mutato, l’altra contenente il
cromosoma Y.

- All’incrocio casuale dei gameti, alla F1, tutti i moscerini, maschi


e femmine, hanno occhi rossi  pur presentando nel genotipo
un cromosoma X con l’allele mutato, posseggono l’altro
cromosoma X con l’allele dominante che dà fenotipo rosso.

- Incrociando due moscerini della F1, la linea maschile produrrà


al solito due classi gametiche, la linea femminile in questo
caso, produrrà anch’essa due classi gametiche  una
contenente il cromosoma X con l’allele mutato, l’altra contenente il cromosoma X con l’allele
selvatico.

- All’incrocio casuale dei gameti, alla F2


3 moscerini rappresentano fenotipo occhio rosso e solo 1
rappresentava il fenotipo occhio bianco  era determinato dalla presenza, nel genotipo, di un
cromosoma X con l’allele mutato ed il cromosoma Y.

Riuscì a confermare, che il comportamento dei geni responsabili del fenotipo “colore dell’occhio” era
correlato con il comportamento dei cromosomi.

Il passo successivo, fu quello di effettuare un INCROCIO RECIPROCO


Nella femmina, il genotipo doveva essere rappresentato da due
cromosomi X in una condizione di omozigosi recessiva  quindi gli
alleli responsabili del carattere, affinché fosse bianco, dovevano
essere entrambi recessivi.

Maschio normale.

Alla F1  metà dei moscerini avevano occhi bianchi ed erano maschi, l’altra metà avevano occhi rossi ed
erano femmine: rapporto 1:1.

In questo caso, il rapporto alla F1 effettuando un incrocio reciproco era differente rispetto a quello tipico
osservato da Mendel.
 Gli incroci reciproci danno delle classi fenotipiche differenti al primo incrocio, quando i geni si
trovano localizzati sul cromosoma X.

Si osservava quindi un tipo di eredità, definita CRISS-CROSS  per la quale i maschi riuscivano a ricevere il
fenotipo della madre, mentre le figlie femmine, ricevevano il fenotipo del padre:
- XX  femmina; avrà ricevuto un cromosoma X dal padre ed uno dalla madre.
- XY  maschio; avrà ricevuto il cromosoma X dalla madre e il cromosoma Y dal padre.
A questo punto,
incrociò un maschio ad occhi bianchi della F1 x femmina ad occhi bianchi della F1
alla F2 ottenne 
50% dei moscerini avevano occhi rossi e il 50% occhi bianchi ed erano
equamente ripartiti tra maschi e femmine.

Morgan, osservò che il carattere “colore dell’occhio” in Drosophila seguiva lo stesso meccanismo di
trasmissione del cromosoma X, sul quale ipotizzò si trovasse lo stesso gene.
Pertanto, ipotizzò che il gene determinante il fenotipo dell’occhio, potesse essere indicato con la prima
lettera del fenotipo mutante (bianco), per cui:
 Indicò con w l’allele recessivo e 𝒘+ l’allele selvatico.

Incrociò quindi:
maschio, sul cui cromosoma X presentava l’allele recessivo w;
x
femmina ad occhi rossi, linea pura, in cui su entrambi i
cromosomi X era presente l’allele dominante 𝒘+ .

le cellule sessuali andranno incontro a meiosi, per cui:


Nel maschio  i due cromosomi segregano in due
gameti differenti, si formeranno due classi gametiche, una
contenente il cromosoma X con l’allele recessivo w, l’altra
contente il cromosoma Y.
Nella femmina  che è possibile considerare come
Omozigote dominante per 𝒘+ , produrrà una classe gametica
contenente il cromosoma X con allele dominante 𝒘+ .

dall’associazione casuale dei gameti, è possibile che si formino 2 genotipi:


1. Avrà un assetto cromosomico XX  deriva dalla fecondazione del gamete maschile che conteneva
X, con l’allele recessivo, con la cellula uovo che aveva il cromosoma X con l’allele dominante.
Fenotipicamente, trattandosi di un Eterozigote, sarà ad occhio rosso.
2. Avrà un assetto cromosomico XY  deriva dalla fecondazione del gamete maschile che conteneva
il cromosoma Y, con la cellula uovo che aveva il cromosoma X con l’allele dominante. Anche in
questo caso i moscerini avevano occhio rosso.
Da questo primo incrocio, nella F1, si ottennero tutti moscerini (maschi e femmine) con occhi rossi.

L’incrocio successivo, venne effettuato tra moscerini della F1:

femmina Eterozigote 𝒘+ /w con occhi rossi


x
maschio ad occhi rossi, sul cui cromosoma X, presentava
l’allele dominante w.

alla formazione dei gameti,


i maschi producono le due clasi gametiche;
le femmine eterozigoti, produrranno allo stesso modo due classi gametiche  una conterrà il cromosoma X
con l’allele dominante, l’altra il cromosoma X con l’allele recessivo.
dagli incroci casuali tra i gameti, si formeranno 4 tipi di zigoti:
1. XX  entrambi aventi l’allele dominante; femmina ad
occhio rosso.
2. XX  eterozigote; sarà femmina con fenotipo ad occhi
rossi.
Le figlie femmine di un incrocio, ereditano un cromosoma X dalla
madre l’altro dal padre.
I figli maschi, riceveranno il cromosoma X sempre dalla madre, il
cromosoma Y dal padre.
3. XY  in questo genotipo, il cromosoma X ereditato dalla
madre presentava l’allele dominante; maschio, fenotipo
occhi rossi.
4. XY  in questo genotipo, il cromosoma X ereditato dalla madre
presentava l’allele recessivo; maschio, fenotipo occhi bianchi.

Grazie a questo esperimento, fu confermato che il gene responsabile del carattere “colore degli occhi” in
Drosophila, fosse localizzato sul cromosoma X
si otteneva un rapporto di 3:1 e dei moscerini ad occhi rossi, metà erano femmine e ¼ erano maschi;
l’ultimo ¼ era rappresentato da moscerini ad occhio bianco.
Fu questa la prova diretta a dimostrazione della TEORIA CROMOSOMICA DELL’EREDITARIETÀ.

Da qui, dedusse:
 L’EREDITARIETÀ CRISS-CROSS o CROCIATA dei Cromosomi Sessuali X-Y
Per la quale l’allele X-linked recessivo (l’allele “white” in questo caso) è trasmesso da un maschio Emizigote
(ovvero in grado di produrre per il cromosoma X solo una classe gametica) alla figlia femmina, la quale
non lo manifesterà, in quanto nella F1, la figlia femmina sarà Eterozigote per quell’allele, perché avrà
ricevuto un cromosoma X dalla madre, contenente l’allele dominante.
La figlia femmina, trasmetterà poi cromosoma X con l’allele recessivo ad uno dei suoi figli maschi.
 Si parla di eredità crociata proprio perché si avrà la trasmissione, dal padre alla figlia femmina
nella F1 e dalla figlia femmina ad una parte dei figli maschi della F2.

l’esperimento successivo che prevedeva l’INCROCIO RECIPROCO, inserendo i genotipi diventa:


Morgan quindi, aveva scoperto:
 Che il gene responsabile del carattere “colore dell’occhio” fosse associato al cromosoma sessuale X;
 Questo gene seguiva una modalità di eredità associata all’X, cosiddetta Crociata o Criss-Cross;
 Osservò una differenza tra i rapporti fenotipici nel primo incrocio e nell’incrocio reciproco; questo
risultato riflette la modalità di trasmissione del cromosoma X del sesso, al quale è associato il gene
responsabile del colore dell’occhio.
In questo modo, Morgan , riuscì a dimostrare la Teoria Cromosomica dell’Ereditarietà  un carattere era
associato ad un cromosoma.

Successivamente, Bridges, rifece e confermò gli esperimenti fatti da Morgan,


ma si accorse che poteva succedere qualcosa di diverso.
Nell’incrocio reciproco effettuato da Morgan, incrociando una femmina ad occhi bianchi x un
maschio ad occhi rossi, si otteneva il 50% dei maschi, che riflettevano il fenotipo bianco delle madri
(eredità crociata); e il 50% femmine che riflettevano il fenotipo rosso dei padri.
Bridges invece, si accorse che in una situazione MOLTO RARA, in questo stesso incrocio reciproco, era
possibile avere delle eccezioni:
- Che 1 moscerino su 2000  sia una femmina ad occhi bianchi oppure un maschio ad occhi rossi.

Sappiamo che in una meiosi normale partendo da una cellula 2n, i due cromosomi X daranno origine, alla
fine della meiosi, a 4 gameti aploidi, ognuna delle quali avrà un cromosoma X.
Se si dovesse verificare una NON disgiunzione dei cromosomi alla meiosi, è possibile che due cromosomi X
rimangano uniti tra di loro e vadano a finire nello stesso gamete, per cui si formerebbero gameti che
presentano XX e gameti che ne sono privi del tutto.
(una stessa situazione potrebbe riguardare anche cromosomi non sessuali, gli autosomi).

Per spiegare questo risultato infatti,


 Bridges ipotizzò che ci fosse stato un errore durante la Meiosi, alla SEGREGAZIONE dei cromosomi:
immaginò che questi moscerini, si sarebbero formati da una NON disgiunzione meiotica, che può
avvenire:
Nella Meiosi 1, può succedere che nella prima divisione, i due cromosomi X non si separino, per cui
finiscano in una stessa cellula mentre l’altra ne sarà priva.
Nella seconda divisione, la cellula priva di X darà origine a due cellule prive di X, mentre la cellula che aveva
i due cromosomi X, potrà dividersi in modo tale che in ogni gamete siano presenti 2 cromosomi X.
Nella Meiosi 2, i due cromosomi X, nella prima divisione si separano, ognuno finisce in una cellula e
successivamente, nella seconda divisione, può succedere che solo una delle due cellule vada incontro ad
una NON disgiunzione dei cromatidi che costituiscono il cromosoma; in questo caso, due cromatidi
andranno a costituire una stessa classe gametica mentre l’altra classe sarà priva di cromosomi.

Bridges a questo punto, scoprì che alla meiosi, si verificasse una NON disgiunzione delle femmine con occhi
bianchi 

Quando le cellule germinali di questa femmina, vanno


incontro a meiosi si formeranno, per una NON
DISGIUNZIONE, si formeranno gameti che presentano tutti
e due gli alleli recessivi e cellule prive di cromosomi X.
all’incrocio casuale dei gameti:
1. Quando un gamete maschile che contiene il cromosoma X
feconda un gamete femminile caratterizzato da “uova
eccezionali” con due cromosomi XX  si forma un zigote XXX di
cui, due sono di origine materna e 1 è di origine paterna;

2. Quando il cromosoma Y del gamete maschile feconda la


cellula uovo con i due cromosomi XX  si forma uno zigote XXY
che in Drosophila è femmina con fenotipo occhio bianco;
Nella Drosophila Y non è fondamentale per la determinazione
del sesso, ma serve solo per rendere il moscerino fertile.

3. Quando il cromosoma X del gamete maschile feconda la cellula uovo priva di cromosomi X,
indicata come X0 si formeranno moscerini maschi ad occhi rossi, che avranno ereditato il
cromosoma X dal padre ma non dalla madre; questi moscerini saranno vitali ma sterili.

4. Quando il cromosoma Y del gamete maschile feconda la cellula uovo X0, si formerà la classe Y0.

I genotipi Y0 e XXX muoiono: nel primo caso perché manca X, che contiene geni fondamentali per la
sopravvivenza; nel secondo caso perché vi è un sovradosaggio mal sopportato che porta alla morte dei
moscerini.
Le classi fenotipiche che rimangono, saranno: femmine ad occhi bianchi e maschi ad occhi rossi.
 Bridges riuscì così a spiegare che da un incrocio tra femmine ad occhi bianchi x maschi ad occhi
rossi, nel quale nella maggior parte dei casi, ci si sarebbe aspettati maschi ad occhi bianchi per
femmine ad occhi rossi (eredità criss-cross), è possibile ottenere in caso di
NON DISGIUNZIONE DEI CROMOSOMI X della femmina, una progenie eccezionale, determinata
dalle femmine XXY con fenotipo occhio bianco e maschi X con fenotipo occhi rossi.
Allo stesso tempo, Bridges, confermò che il gene responsabile del colore dell’occhio fosse presente sul
cromosoma X e che, da una generazione alla successiva, segue le modalità di trasmissione del cromosoma X
 Riuscì a confermare questa sua ipotesi, mediante l’analisi citologica e per verificare ulteriormente la
sua scoperta, decise di incrociare:
femmina eccezionale 𝑿𝑾 𝑿𝑾 Y ad occhi bianchi x maschio selvatico

disgiunzione normale non-disgiunzione secondaria


cromosomi x
RISULTATI DISGIUNZIONE NORMALE:
- Le femmine XX ad occhi rossi, avranno ereditato un
cromosoma X dal padre (che presentava l’allele
dominante) ed un cromosoma X dalla madre (che
aveva allele recessivo);
- sono eterozigoti, ma manifestano il fenotipo
dominante.
- Le femmine XXY ( sappiamo che Y in Drosophila,
non determina il sesso maschile), presentano un
cromosoma X di origine paterna ed i due cromosomi
XY di origine materna;
fenotipicamente, saranno ad occhio rosso, perché in uno dei cromosomi X è presente l’allele
dominante.
- Le altre due classi, che mostrano un unico fenotipo, sono determinate: una dall’unione di un
gamete che contiene il cromosoma Y maschile, con un gamete femminile che contiene il
cromosoma X; in questo caso quindi Emizigote: manifesta il genotipo che è associato al gene
presente sul cromosoma X (in questo caso, l’allele è recessivo, quindi il colore dell’occhio è bianco).
E sarà bianco anche nei moscerini, che provengono dall’incrocio casuale tra gameti maschili che
hanno Y e gameti femminili che sono caratterizzati dai due cromosomi XY (possiede l’allele
recessivo responsabile del fenotipo “occhio bianco”).

NON-DISGIUNZIONE SECONDARIA.
Nel 4% dei casi ottenne  una PROGENIE ECCEZIONALE
Ipotizzò allora, che ci fosse una NON-DISGIUNZIONE SECONDARIA  perché si verificava su delle femmine
eccezionali primarie, in cui alla formazione delle classi gametiche, i due X non segregavano ma rimanevano
nello stesso gamete; per cui, si formavano un gamete con i due cromosomi X che portavano i due alleli
recessivi, ed un gamete che possedeva invece il cromosoma Y.
Dall’incrocio casuale di questi gameti, si formano 4 genotipi:
RISULTATI:
- XXX, il moscerino muore perché si verifica un
sovradosaggio di geni associati al cromosoma X che
non è sopportato.
- YY, il moscerino muore perché non è presente il
cromosoma X che possiede geni fondamentali per la
sopravvivenza del moscerino stesso
Le uniche due classi fenotipiche che rimangono sono:
- moscerini femmine XXY ad occhio bianco, che
avranno ereditato i due cromosomi XX dalla madre,
per una non-disgiunzione dei cromosomi ed un
cromosoma Y dal padre
- moscerini maschi ad occhio rosso XY, che avranno
ereditato un cromosoma X che portava l’allele
dominante, dal padre ed un cromosoma Y dalla madre.
Queste due classi fenotipiche rappresentano una progenie eccezionale secondaria, in cui si ottiene una
femmina ad occhi bianchi ed un maschio ad occhi rossi.
In questo modo, Bridges,
riuscì a confermare la sua ipotesi secondo la quale, la segregazione dei cromosomi X della femmina, alla
meiosi, poteva avvenire in due modi  o normalmente (si formava la progenie prevista secondo l’eredità
criss-cross), oppure secondo una NON-disgiunzione (si formava la progenie eccezionale, femmina ad occhi
bianchi e maschio ad occhi rossi).
 Venne confermata la Teoria cromosomica dell’Ereditarietà: in questo caso, il gene responsabile del
colore degli occhi in Drosophila” si trova sul cromosoma X e ne segue le modalità di segregazione.

PARALLELISMO TRA IL COMPORTAMENTO DEI GENI E DEI CROMOSOMI


Considerando una cellula diploide, doppio eterozigote AaBb;
i cromosomi omologhi, si possono disporre in due modi:
- In maniera tale che quelli materni, con tutti e due gli alleli
dominanti, si dispongano in alto e quelli paterni, con tutti e due gli alleli
recessivi, si trovino in basso.
- In maniera alternata.
In anafase e successivamente in telofase, si separano, si formano le 4
cellule aploidi:
la disposizione indipendente delle due paia di cromosomi omologhi alla
metafase 1, ha come risultato uguali frequenze dei quattro prodotti
meiotici:
AB, ab, Ab, aB

A dimostrazione del fatto che i geni si trovano sui 


cromosomi e che in alcuni casi, ne seguono il
comportamento definito da Mendel.
Principio dell’Assortimento indipendente.
- Ciò si osserva principalmente, considerando geni che si trovano sugli Autosomi.

Nel caso invece dei geni associati ai cromosomi sessuali, la trasmissione avviene secondo modalità
crociata  un allele recessivo presente nel maschio, verrà ereditato dalle figlie femmine e nella
generazione successiva, dai figli maschi.
Ma, nell’incrocio tra un individuo selvatico ed uno mutante: nella F1 saranno tutti selvatici, facendo il
reciproco si otterrà un rapporto di 1:1.

Da un INCROCIO RECIPROCO, secondo gli esperimenti di Mendel, nella F1 si otteneva sempre una progenie
uniforme (manifestava lo stesso fenotipo).
Quando, da un Incrocio Reciproco, nella progenie si ottengono risultati differenti  vorrà dire che il
carattere preso in considerazione dipende da geni che si trovano su Cromosomi SESSUALI.
CROMOSOMI SESSUALI
Vennero scoperti grazie al microscopio ottico, quando i citologi riuscirono ad osservare nelle cellule, la
presenza di due cromosomi diversi dagli altri.
 Vengono indicati come X e Y.
 Sono detti ETEROSOMI:
il termine Eterosoma, indica il fatto che i due membri della coppia abbiano
una diversa dimensione, il cromosoma X è molto più grande rispetto al
cromosoma Y; a differenza degli autosomi in cui in tutte le coppie, i membri
sono indistinguibili.
 Il sesso femminile è determinato dalla coppia XX 
OMOGAMETICO in quanto darà sempre un’unica classe gametica
che contiene il cromosoma X
 Il sesso maschile è determinato dalla coppia XY 
ETEROGAMETICO in quanto produce due classi gametiche, una contenete X l’altra Y

La funzione di questi cromosomi, è legata alla DETERMINAZIONE del SESSO di ogni individuo.

CROMOSOMA X
Cromosoma sub-metacentrico di media grandezza, denominato X proprio per la posizione del centromero.
Contiene quasi 155 milioni di paia di basi, rappresenta il 5% del DNA delle cellule nella femmina ed
il 2,5 % nelle cellule del maschio.
Sul cromosoma X, sono stati identificati diversi geni che, essendo questo cromosoma presente tanto nelle
femmine quanto nei maschi, possono essere espressi in entrambi i sessi.
Il cromosoma X possiede una regione differenziale che possiede geni associati all’X e che sono specifici
dell’X, che non hanno dei corrispettivi sul cromosoma Y  caratteri associati al sesso.

CROMOSOMA Y
Cromosoma acro-centrico, di dimensioni molto più piccole.
Su questo cromosoma, sono stati identificati circa 397 geni ma meno di 100 sono funzionali e, a differenza
di quelli associati al cromosoma X, sono specifici del maschio  si tratta di quei geni necessari per la
fertilità e quindi fondamentali nella Spermatogenesi.
Uno di questi geni è l’SRY (Sex Determining Region of Y), che ha un ruolo fondamentale nella
determinazione del sesso.
Anche il cromosoma Y, conterrà una regione differenziali, rappresentata in realtà dalla maggior parte del
cromosoma, che possiede geni legati esclusivamente al cromosoma Y.
Nei ei mammiferi è proprio la presenza del cromosoma Y a determinare la Mascolinità.

Il maschio sarà EMIZIGOTE per i geni legati all’X  vuol dire che, avendo un solo cromosoma X che
possiede un dato gene, lo manifesta direttamente nel fenotipo (perché non esiste un omologo sul
cromosoma Y).
ESEMPIO
Considerando il gene A, presente nelle due forme alternative A  dominante ed a  recessivo,
i genotipi saranno:

 𝑋 𝐴𝑋 𝐴 𝑋 𝐴𝑋𝑎 𝑋𝑎 𝑋𝑎

 𝑋 𝐴Y 𝑋𝑎 Y
Entrambi i cromosomi, (soprattutto nei maschi) esistono delle regioni altamente omologhe, presenti nelle
porzioni telomeriche di entrambi i cromosomi, denominate REGIONI PSEUDO-AUTOSOMICHE e possono
essere indicate come:
 PAR-P (o 1)  Rappresentano le estremità del braccio corto dei cromosomi X e Y
 PAR-Q (o 2)  Rappresenta le estremità del braccio lungo dei cromosomi X e Y
In queste due regioni, esistono omologie di sequenza  vuol dire che durante la Meiosi gli unici punti in
cui i due cromosomi si possono appaiare, sono le estremità.

MODALITÀ DI TRASMISSIONE DEI CROMOSOMI SESSUALI X e Y


Il maschio è in grado di produrre due classi gametiche, la femmina un’unica classe gametica;
dall’unione casuale, è possibile osservare che:
le figlie femmine ricevono sempre un cromosoma X dal padre ed un cromosoma X dalla madre;
i figli maschio ricevono il cromosoma X dalla madre ed il cromosoma Y dal padre.

EREDITÀ ASSOCIATA AI CROMOSOMI SESSUALI

Nel caso dell’eredità associata agli autosomi  eredità autosomica dominante o recessiva, in base al fatto
che il carattere dipendesse dall’allele dominante o recessivo.

L’eredità associata al sesso invece, può essere determinata:


 da geni che si trovano sul cromosoma X  Si parlerà di Eredità legata al cromosoma X o X-Linked;
 da geni presenti esclusivamente nella porzione differenziale del cromosoma Y 
Si parlerà di Eredità associata al cromosoma Y o Y-Linked
 associata sia all’X che all’Y, quindi da geni che si trovano nelle regioni di analogia dei due
cromosomi Si parlerà di Eredità X-Y Linked o Pseudoautosomica in quanto questi geni, seguono
una trasmissione uguale a quella degli autosomi (trasmissione Mendeliana).

EREDITÀ LEGATA AL CROMOSOMA X


Per quanto riguarda l’eredità X-Linked, nella specie umana, è possibile parlare di:
 Eredità X-Linked DOMINANTE  l’allele dominante causerà la manifestazione della malattia.

In un albero genealogico di questo genere, è possibile osservare:


- le femmine presentano una frequenza maggiore rispetto ai maschi:
perché possono essere sia omozigoti dominanti, che eterozigoti per il gene responsabile di quel
determinato carattere associato al sesso.
- I maschi affetti trasmettono la malattia a tutte le figlie femmine ma a nessuno dei figli maschi.
- Le femmine affette, possono trasmettere il carattere a metà della progenie.

ESEMPIO TRASMISSIONE X-LINKED DOMINANTE


maschio affetto 𝑿𝑩Y x femmine non affette 𝑿𝒃 𝑿𝒃
 tutte le figlie femmine avranno ereditato il carattere dal padre (eredità crociata), che essendo
dominante lo manifestano.
 Mentre i maschi sono tutti normali, perché avranno ereditato il fenotipo materno.
Considerando invece:
femmine affette 𝑿𝑩 𝑿𝒃 x maschi normali 𝑿𝒃 Y
Metà della progenie sarà affetta, metà sarà normale
25% femmine, normali
25% femmine, affette
25% maschi, normali
25% maschi, affetti

Se la femmina affetta fosse stata omozigote, tutta la progenie sarebbe risultata affetta.

ESEMPI di eredità X-Linked dominante:


o IPOFOSFATEMIA
Un tipo particolare di Rachitismo resistente alla vitamina D
o ALCUNE FORME DI IPERTRICOSI
o IPOPLASIA EREDITARIA DELLO SMALTO DEI DENTI

 Eredità X-Linked RECESSIVA  l’allele recessivo causerà la manifestazione della malattia

In un albero genealogico di questo genere, è possibile osservare:


- Salta le generazioni, per cui è possibile capire che si tratti di un carattere recessivo.
- In questo caso, il fenotipo è molto più comune nei maschi che nelle femmine, perché se il
cromosoma X dei maschi, presenta l’allele recessivo, lo manifestano nel fenotipo.
- Nessuno dei discendenti (maschi) di un maschio affetto mostra la malattia, ma le femmine possono
essere portatrici.

ESEMPIO TRASMISSIONE X-LINKED RECESSIVA


Maschio normale 𝑿𝑯 Y x Femmina portatrice sana 𝑿𝑯 𝑿𝒉
solo il 25% dei maschi sarà affetto;
il 25% delle femmine saranno portatrici sane (eterozigoti)
il 25% delle femmine sarà normale
il 25% dei maschi sarà normale.

Considerando invece:
Maschio affetto 𝑿𝒉Y x femmina sana 𝑿𝑯 𝑿𝑯
50% femmine saranno portatrici
50% maschi normali

Il padre trasmetterà il cromosoma X con l’allele recessivo alle figlie femmine, nel
cui genotipo però è presente l’altro cromosoma X di origine materna con l’allele
dominante  per cui le femmine saranno portatrici ma non manifesteranno la
malattia.
Considerando ancora:
Maschio affetto 𝑿𝒉Y x Femmina portatrice sana 𝑿𝑯 𝑿𝒉
Metà dei maschi della progenie, sarà normale l’altra metà saranno malati;
metà delle femmine della progenie saranno portatrici, l’altra metà saranno
affette.

ESEMPI di eredità X-Linked recessiva:


o EMOFILIA
Determina incapacità del sangue di coagulare  mancherà una importante proteina della
coagulazione, il fattore 8.
Gli individui eterozigoti per l’emofilia non mostreranno particolari problematiche, mentre negli
omozigoti recessivi una ferita potrebbe essere fatale.
o DISTROFIA MUSCOLARE DI DUCHENNE
Una degenerazione muscolare;
determinata da un gene X-Linked recessivo, che codifica per una proteina importante nella
costituzione del muscolo, che è la distrofina; la mutazione dà luogo ad una distrofina “difettosa”
che si può accumulare nel citoplasma, anziché essere presente a livello delle membrane cellulari,
per cui le contrazioni muscolari possono lacerare la membrana e quindi determinare la morte della
cellula.
o DALTONISMO
Condizione che determina un’alterata concezione dei colori.
Esistono diversi tipi di Daltonismo; i più diffusi riguardano cellule fotorecettrici che possono essere
Coni  per la visione di Rosso, Blu e Verde
Bastoncelli  per la visione del Bianco e Nero
I geni responsabili della produzione dei coni, si trovano sul cromosoma X  se mutati, saranno
responsabili del Daltonismo.
TRASMISIONE DEL DALTONISMO
Considerando:
Femmina con visione normale 𝑿+ 𝑿+ x Maschio Daltonico 𝑿𝒄 Y
Quando i gameti maschili feconderanno la cellula uovo con cromosoma normale, si formeranno:
1. Femmina 𝑿+ 𝑿𝒄 portatrice, ma con visione normale.
2. Maschio 𝑿+ Y visione normale dei colori.

Effettuando un INCROCIO RECIPROCO:


Femmina daltonica 𝑿𝒄 𝑿𝒄 x Maschio con visione normale 𝑿+ Y
1. Femmina 𝑿+ 𝑿𝒄 portatrice, con visione normale.
2. Maschio 𝑿𝒄 Y daltonico.
 Eredità associata al cromosoma Y o Y-Linked
Si verifica per la regione differenziale del cromosoma Y, quindi per quei geni che sono legati esclusivamente
all’Y e si definiscono Caratteri OLOANDRICI proprio perché colpiscono solo i maschi.

In un albero genealogico di questo genere, è possibile osservare:


- Solo i maschi sono quelli affetti  vuol dire che il carattere trasmesso, è associato al cromosoma Y.
- Tra i geni presenti nel cromosoma Y, di particolare importanza:
 il gene SRY responsabile della determinazione del sesso
(viene ereditato esclusivamente attraverso il cromosoma Y, quindi dal padre al figlio
maschio).
 Allele responsabile della pelosità, nei maschi, dei lobi delle orecchie.
 Macchia pigmentata alla base della pinna dorsale del pesce Lebistes.

N.B.
COME RICONOSCERE I GENI ASSOCIATI AI CROMOSOMI SESSUALI?
Gene associato all’X  ha un tipo di ereditarietà Criss-Cross, ovvero la madre trasmetterà il gene al figlio
maschio ed il padre alla figlia femmina.
Geni recessivi associati all’X  si manifestano principalmente nei maschi, i quali saranno Emizigoti per
quasi tutti i geni legati all’X per cui lo manifestano nel fenotipo.
Gene associato all’Y  è facilmente rilevabile perché si manifesterà solo nei maschi.
Effettuando INCROCI RECIPROCI  nella progenie, si otterranno risultati fenotipici differenti da quelli
previsti da Mendel (che aveva osservato caratteri che si trovavano sugli Autosomi).

 Eredità X-Y Linked o Pseudoautosomica


Le regioni pseudoautosomiche (che coincidono con le regioni telomeriche dei cromosomi sessuali),
presentano delle sequenze altamente omologhe, che permettono ai cromosomi di appaiarsi durante la
meiosi.
I geni presenti in queste regioni hanno un tipo di eredità X-Y Linked perché associata sia al cromosoma X
che al cromosoma Y, definita anche Pseudoautosomica perché i geni presenti in questa porzione,
manifestano un tipo di ereditarietà simile a quella dei geni associati agli autosomi.

In questo caso, l’omozigote recessivo, può essere Maschio o femmina  nel caso precedente invece,
quando il gene era associato al cromosoma X, l’omozigote recessivo era femmina.
ESEMPI eredità X-Y LINKED
- Gene Shox (Short Stature Homebox) nell’Uomo 
responsabile di una statura piuttosto bassa.

- Gene X-Y Linked Bobbed in Drosophila  responsabile di setole più corte e più spesse
+
b𝒃 = SELVATICO
bb = BOBBED
Incrociando:
Femmina 𝑿+ 𝑿+ x Maschio 𝑿𝒃𝒃 𝒀𝒃𝒃
le femmine 𝑿+ 𝑿𝒃𝒃 saranno eterozigoti, ma selvatiche; i maschi 𝑿+ 𝒀𝒃𝒃 saranno eterozigoti, ma selvatici .

effettuando l’INCROCIO RECIPROCO:


Femmina Bobbed 𝑿𝒃𝒃 𝑿𝒃𝒃 x Maschio selvatico 𝑿+ 𝒀+
Tutta la progenie sarà selvatica, perché essendo Eterozigoti (come aveva previsto Mendel) sono
fenotipicamente normali.
Nella F2 dall’incrocio F1:
Femmina 𝑿+ 𝑿𝒃𝒃 x Maschio 𝑿+ 𝒀𝒃𝒃

3 normali: 1 mutato
Maschio mutato 

Nella F2 dall’incrocio reciproco F1:


Femmina 𝑿+ 𝑿𝒃𝒃 x Maschio 𝑿𝒃𝒃 𝒀+

3 normali: 1 mutato
Femmina mutata 
DETERMINAZIONE DEL SESSO
Se ne conoscono due sistemi:
- Determinazione GENOTIPICA  dipende dal genotipo sessuale; saranno particolarmente
importanti i cromosomi sessuali.
- Determinazione AMBIENTALE o FENOTIPICA  il fenotipo del sesso dipende dall’ambiente.

SISTEMI A DETERMINAZIONE GENOTIPICA


 Sistema XY
Nella maggior parte dei Mammiferi
 Sistema bilancia cromosomi X-autosomi
In Drosophila
 Sistema Z-W
In Uccelli, Falene, Farfalle, alcuni Pesci
 Sistema XX-X0
Negli Insetti
 Sistema Aplodiploide
In Api e Formiche

SISTEMA XY
è il sistema di determinazione del sesso nella maggior parte dei Mammiferi.
La specie Umana possiede 46 cromosomi  44 autosomi e 2 sessuali;
i maschi possiedono un cromosoma X ed un cromosoma Y  sesso Eterogametico
- Il cromosoma Y determina lo sviluppo in senso maschile
le femmine possiedono due cromosomi XX  sesso Omogametico

Negli anni 50’ non era ancora chiaro se la mascolinità fosse legata alla presenza del cromosoma Y oppure
all’assenza della coppia XX.
Allo stesso modo, non si sapeva se la femminilità fosse dovuta alla mancanza del cromosoma Y oppure alla
presenza dei due XX.
 Solo nel 1959, quando vennero identificate delle anomalie cromosomiche nel numero dei
cromosomi delle cellule sessuali dell’uomo, si riuscì a dimostrare che:
a determinare il sesso nell’Uomo era il cromosoma Y.

È stato dimostrato che, in una situazione in cui, l’assetto dei cromosomi era anomalo, bastava
la presenza del cromosoma Y, perché il sesso dell’individuo fosse maschile.
L’assenza di Y, al contrario, determinava fenotipo femminile.
In particolare, si verificavano delle situazioni in cui, la costituzione cromosomica era determinata da un
numero diverso di cromosomi:
- 45 cromosomi ed il cromosoma sessuale
era solo X  Femmina; Sindrome di Turner
- 47 cromosomi con XX e Y  determina la
Sindrome di Klinefelter; Maschio.
- 47 cromosomi con XXX  determina la
sindrome del Triplo-X; Femmina.
- 47 cromosomi con XXY  determina la
Sindrome XXY; Maschio
SINDROME DI TURNER
È caratterizzata da un assetto di 45 cromosomi  44 Autosomi ed 1, il cromosoma X, sessuale.
Questo assetto, può essere ottenuto quando si verifica nella Meiosi, una NON-disgiunzione dei cromosomi
X, per cui si formeranno gameti femminili con XX e gameti femminili privi di X.
 Se il gamete femminile privo di X, viene fecondato da un gamete maschile X, darà un assetto di 45
cromosomi con un solo X.
Sono femmine;
Rappresentano il 99% degli embrioni che muore prima della nascita, infatti sono molto rare (si riscontrano
1 ogni 2500-5000 nascite).
Fino alla pubertà questi organismi sono abbastanza normali, ma dopo la pubertà iniziano a comparire le
prime anomalie  NON si sviluppano i Caratteri sessuali secondari.
Per cui, saranno Femmine con possibile intelligenza normale, Sterili, bassa statura.

SINDROME DI KLINEFELTER
è caratterizzata da un assetto di 47 cromosomi  44 Autosomi e 3, due XX ed un Y, sessuali.
Questo assetto, può essere determinato da gameti femminili che, per una NON-disgiunzione alla Meiosi,
presenteranno due cromosomi XX.
 Se il gamete femminile con XX, viene fecondato da un gamete maschile Y, si avrà un assetto di 44
cromosomi con XX ed Y.
Sono maschi;
anche in questo caso l’incidenza è abbastanza bassa (1 maschio affetto, ogni 1000 nati);
Anche in questo caso la Sindrome si manifesta dopo la pubertà, in seguito alla quale  NON si
svilupperanno i Caratteri sessuali secondari.
Per cui saranno sterili, potranno presentare caratteri secondari femminili.

SINDROME DEL TRIPLO-X


È caratterizzata da un assetto di 47 cromosomi  44 Autosomi e 3 cromosomi sessuali X.
Questo assetto, è determinato da gameti femminili che, per una NON-disgiunzione alla Meiosi,
presenteranno due cromosomi XX.
 Se il gamete femminile con XX, viene fecondato da un gamete maschile X, si avrà l’assetto di 44
cromosomi con XXX.
Sono femmine;
l’incidenza alla nascita è di 1 su 1000 femmine;
sembrano femmine apparentemente normali, possono avere delle funzioni cognitive leggermente ritardate
e possono essere leggermente meno fertili.

SINDROME DEL XYY


È caratterizzata da un assetto di 47 cromosomi  44 Autosomi e 3 cromosomi sessuali XYY.
Questo assetto, è determinato dal fatto che nella Meiosi maschile, due cromosomi Y non si separano, per
cui andranno all’interno dello stesso gamete.
 Se il gamete maschile con YY feconda un gamete femminile che possiede il cromosoma X, nello
Zigote il genotipo dei cromosomi sessuali sarà XYY.
Sono maschi;
l’incidenza alla nascita è di 1 Maschio su 1000;
sembrano maschi normali, sono molto alti e talvolta possono essere leggermente sterili.

Grazie all’osservazione degli assetti anomali, è stato scoperto che il cromosoma Y è responsabile del
fenotipo sessuale Maschio.
Significa che, conterrà una informazione in grado di far sì che la gonade si differenzi in GONADE MASCHILE.
È stato dimostrato che, nella zona differenziale del cromosoma Y è presente il gene SRY, Sex Determining
Region of Y, che codifica per il cosiddetto fattore di determinazione Testicolare, TDF  indurrà il
differenziamento della gonade maschile in TESTICOLO.
Saranno poi i testicoli, a produrre un ormone (Testosterone) in grado di determinare lo sviluppo delle
caratteristiche sessuali maschili.

Nella linea femminile invece, è assente il gene SRY, per cui la gonade femminile si differenzierà in OVAIO.
Le ovaie, in assenza di Testosterone, saranno in grado di determinare lo sviluppo delle caratteristiche
sessuali femminili.

Il DIFFERENZIAMENTO SESSUALE nei Mammiferi compreso l’Uomo, avviene in tappe differenti:


1. La prima tappa, in seguito alla fecondazione, determina il SESSO GENETICO.
2. La seconda tappa determina il SESSO GONADICO.
3. La terza tappa determina il SESSO FENOTIPICO.

Una cellula uovo che contiene il cromosoma X, può essere fecondata da un gamete maschile che contiene il
cromosoma Y; in questo caso, si formerà uno zigote, che si svilupperà poi in embrione che avrà cromosomi
sessuali XY  sesso genetico che, nei mammiferi e nell’uomo, vista la presenza di Y, determina la
mascolinità.
Questo embrione avente il cromosoma Y, presenterà il gene SRY responsabile del differenziamento delle
gonadi in gonadi maschili  sesso gonadico.
Le gonadi maschili poi secerneranno ormoni, come il Testosterone, in grado di differenziare i genitali
esterni in senso maschile  sesso fenotipico

Se invece la cellula uovo che contiene il cromosoma X, viene fecondata da un gamete maschile che
contiene il cromosoma X, si formerà uno zigote, che si svilupperà in embrione e che avrà cromosomi
sessuali XX  sesso genetico che, vista l’assenza di Y, determina la femminilità.
Questo embrione, non presentando il cromosoma Y, non presenterà il gene SRY, per cui si avrà il
differenziamento delle gonadi in gonadi femminili  sesso gonadico.
Le gonadi femminili non produrranno ormoni maschili per cui, l’orientamento dello sviluppo sarà in senso
femminile  sesso fenotipico.

MECCANISMO DI COMPENSAZIONE DI DOSE PER I GENI X-LINKED


Sappiamo che per i geni associati al cromosoma X (X-Linked), ci sarà un diverso dosaggio genico:
- Due copie di un gene su entrambi i cromosomi X
- Una sola copia presente sul cromosoma X
Ci si chiede quindi come sia possibile che la quantità di prodotto genico dei geni associati al cromosoma X,
sia uguale nei maschi e nelle femmine.
La risposta sta nel fatto che, nelle femmine, esiste una riduzione di questo prodotto, perché avviene:
 L’ INATTIVAZIONE DEL CROMOSOMA X
Significa che nelle cellule somatiche, uno dei due cromosomi X, casualmente, verrà inattivato;
questo, prenderà il nome di CORPO DI BARR
Costituito da ETEROCROMATINA FACOLTATIVA.
Venne scoperto nel 1961, da Lyon e Russell, i quali proposero l’IPOTESI DI LYON,
in quanto, osservando le cellule somatiche femminili, si accorsero che uno dei
due cromosomi X era altamente condensato e che rimaneva geneticamente inattivo,
per tutto il ciclo vitale della cellula.
Rimaneva quindi funzionante un solo cromosoma X, equivalente al cromosoma X nel maschio.
Nell’uomo, l’inattivazione del cromosoma X avviene al 16° giorno dopo la fecondazione.
Nel processo, è importante una specifica regione sul cromosoma X, denominata XIC ovvero Centro di
Inattivazione del Cromosoma X (da X-Inactivation Center), localizzata nel braccio lungo, vicino al
centromero del cromosoma stesso.
 Nel 1991, è stato scoperto il gene XIST (da X Inactive Specific Transcript):
gene responsabile della produzione di un RNA non codificante che può essere espresso solo nelle cellule
somatiche (non in oociti e spermatociti).
Questo RNA, una volta prodotto, può determinare un cambiamento conformazionale della cromatina;
è come se avvolgesse il cromosoma, e coadiuvato anche da altre proteine, determina una
ipo-acetilazione degli istoni e quindi I GENI VENGONO SILENZIATI:
Si avrà l’inattivazione dei geni presenti sul cromosoma in cui funziona il gene XIST.
 Il silenziamento dei geni e quindi l’inattivazione del cromosoma però, NON è totale, infatti, il 15%
dei geni sfugge all’inattivazione:
saranno quei geni presenti nella regione telomerica del cromosoma X, ovvero quelle regioni che
presentano un’altissima omologia di sequenza con le regioni telomeriche del cromosoma Y (le
regioni che, durante la Meiosi, assicurano il corretto appaiamento dei cromosomi sessuali).

CENTRO DI INATTIVAZIONE DEL CROMOSOMA X (XIC)


In questa regione è presente il gene Xist  che determina la condensazione del cromosoma X e quindi la
formazione del Corpo di Barr.
È stato scoperto però un secondo gene, indicato come TSIX presente sempre nella regione XIC:
Per impedire che entrambi i cromosomi vengano ad essere silenziati, nel cromosoma che deve rimanere
attivo trascrizionalmente, viene prodotto un ANTI-SENSO all’ RNA Xist  TSIX;
 in un caso verrà prodotto solo XIST, nell’altro, oltre a XIST verrà prodotto anche TSIX:
se il SENSO si lega all’ANTI-SENSO, annulla la funzione del SENSO.

È stata inoltre riscontrata un’ulteriore regione, denominata XCE da X-Cromosomal Controlling Element

Che ha la capacità di regolare la trascrizione dei due geni e


che probabilmente si trova all’interno o vicino alla regione
del Centro di Inattivazione del Cromosoma X
(non si conosce bene la sua azione).

Quindi:
Il PROCESSO DI CONDENSAZIONE DEL CROMOSOMA X, che porta poi al famoso Corpo di Barr, avviene a
partire da un lncRNA che prende il nome di XIST  che agirà sul cromosoma da cui viene prodotto.
Se invece, per un meccanismo non del tutto chiaro (probabilmente una regolazione genica) viene favorito il
gene palindromico TSIX  è come se inattivasse il gene XIST, per cui il cromosoma rimarrà attivo.
- Infatti, è come se i due geni agissero in modo Antagonista.

L’inattivazione del cromosoma X, può avvenire in 3 FASI di:


1. INIZIO
Partendo da una cellula somatica di un mammifero, femminile che possiede quindi i due XX;
Entrambi i cromosomi presenteranno il Centro di Inattivazione dell’X, ma all’inizio dello sviluppo
embrionale (intorno al 16° giorno dopo la Fecondazione) esisterà un meccanismo in grado di contare il
numero dei cromosomi.
Se questi sono presenti in numero di 2, in uno dei due centri di inattivazione il gene XIST sarà in grado di
inattivare il cromosoma.
2. PROPAGAZIONE
La condensazione si propaga per tutto il cromosoma fino a che la cellula iniziale, non avrà un cromosoma X
attivo ed uno inattivo, rappresentato dal Corpo di Barr.

3. MANTENIMENTO
Quando avviene la divisione di questa cellula, si formeranno due cellule che avranno:
il cromosoma X che era attivo nella cellula madre, attivo, ed il corpo di Barr che viene mantenuto tale.

CARATTERISTICHE INATTIVAZIONE DELL’X


 Dipende dalla presenza del gene XIST
 Non riguarda l’intero cromosoma
 È un fenomeno casuale
 Esclusivamente somatico
Ci sarebbe altrimenti un sovradosaggio nelle femmine rispetto ai maschi per cui, l’inattivazione
rappresenta una compensazione di dose.
Nei tessuti germinali, per una corretta gametogenesi si esprimono entrambi i cromosomi.
 Fenomeno Epigenetico
Ovvero, un fenomeno che determina un cambiamento ereditabile che avviene senza che ci sia un
cambiamento della sequenza di DNA; in questo caso, viene ereditato un cromosoma che è stato
condensato in Corpo di Barr (la sequenza rimane la stessa, ma è condensata).

FENOTIPO A MOSAICO
considerando i soli due cromosomi XX di una cellula somatica femminile,
quando questa andrà incontro a mitosi, si divide, per dare origine a cellule identiche (nella mitosi viene
mantenuto costante il numero dei cromosomi).
Al 16° giorno dopo la fecondazione, uno dei due cromosomi X verrà inattivato;
È possibile che:
sia il cromosoma X di origine MATERNA  si forma il corpo di Barr e verranno espressi i geni
presenti esclusivamente nel cromosoma X di origine paterna.
Quando questa cellula andrà incontro a divisione, le nuove cellule avranno un’analoga situazione:
possiederanno il cromosoma X paterno attivo e quello materno sotto forma di Corpo di Barr,
inattivo.
L’inattivazione può però riguardare anche il cromosoma X di origine PATERNA  si forma il corpo di Barr e
verranno espressi esclusivamente i caratteri presenti nei geni associati al cromosoma X materno, attivo.
Quando questa cellula andrà incontro a divisione, le nuove cellule avranno un’analoga situazione:
possiederanno il cromosoma X materno attivo e quello paterno sotto forma di Corpo di Barr,
inattivo.
Questo fenomeno, nelle femmine Eterozigoti per un gene sull’X, possono manifestare un cosiddetto
 FENOTIPO A MOSAICO  in quanto saranno espressi i geni presenti su uno solo dei due cromosomi
X, quello che rimane attivo.
ESEMPI INATTIVAZIONE DEL CROMOSOMA X
- Colore del mantello CALICO nel Gatto.
Il colore del mantello, dipende dall’azione di diversi geni:
dal gene O  associato al cromosoma X;
nella sua forma dominante “OO” è in grado di produrre il pigmento arancione, per cui il mantello
del gatto sarà arancione;
dal gene B  presente su un autosoma; responsabile del colore nero
dal gene C  se presente in una condizione dominante consente l’espressione del pigmento.
Se presente invece in una condizione di omozigosi recessiva “cc”, è epistatico sugli altri due geni e
quindi impedisce che si depositi il pigmento lungo il pelo, per cui il gatto sarà bianco.

Con gatto CALICO, si intende un gatto che è una femmina Eterozigote


in cui il gene O presente sul cromosoma X può,
a seconda dell’X inattivato, manifestare o meno la produzione del
colore del pelo.
Per cui ci saranno:

- femmine in cui rimane attivo il cromosoma X che possiede l’allele dominante “O” e che quindi
manifesteranno il colore arancione;
- se invece rimarrà attivo il cromosoma X che presenta l’allele recessivo “o”, alcune zone del corpo
avranno pelo nero altre pelo arancione.
- I maschi invece, sono Emizigoti, per cui, possono avere sul cromosoma X o solamente l’allele
dominante “O” che determinerà pelo completamente arancione; oppure, l’allele recessivo “o” che
determinerà colorazione del pelo completamente nero.
ESISTONO però GATTI MASCHI CHE HANNO colore del mantello CALICO: saranno gatti che
possiedono delle cellule somatiche in cui sono presenti due cromosomi XX (presenteranno un
assetto XXY)  determinato da una NON-disgiunzione del cromosoma X.

ESEMPIO MOSAICISMO DEL FENOTIPO NELLE FEMMINE


- Displasia Ectodermica Anidrotica
È determinata da un gene X-Linked Recessivo che nella sua forma recessiva, impedisce la produzione
dell’enzima Glucosio-6-fosfato Deidrogenasi.
Le femmine possono essere Eterozigoti per questo gene, quindi a seconda dell’X inattivato nelle cellule
somatiche:
- Se viene inattivato il cromosoma X che possiede l’allele recessivo, le cellule saranno normali.
- Se viene inattivato il cromosoma X che possiede l’allele dominante, in una condizione di
Eterozigosi, si manifesta l’effetto a MOSAICO 
alcune porzioni della pelle presenteranno ghiandole
sudoripare, per cui non saranno affette,
altre, che appaiono gialle, non presenteranno ghiandole
sudoripare.
SISTEMA BILANCIA CROMOSOMI X-AUTOSOMI
Si tratta di un sistema di bilancia tra cromosomi X ed Autosomi.
In Drosophila:
- I cromosomi sessuali sono X e Y
- Il cromosoma Y non determina lo sviluppo maschile ma solo la fertilità
- Esiste invece un rapporto tra numero di cromosomi X e numero di assetti Autosomici (X/A):
 Se X/A = 0,5 il moscerino si sviluppa in
 Se X/A = 1,0 il moscerino si sviluppa in

ASSETTI CROMOSOMICI IN DROSOPHILA


Anche in questo caso, sono stati studiati gli ASSETTI ANOMALI dei cromosomi sessuali, ed è stato
dimostrato che tutti gli assetti che hanno cromosomi del sesso XX danno femmina e quelli che hanno XY
danno maschio.
L’assetto della Drosophila è diploide:
AA indica l’assetto degli autosomi (in condizioni normali),
quindi il rapporto sarà:
2 cromosomi X / 2 cromosomi A = 1  FEMMINA.

Quando è presente una sola X, il rapporto sarà:


1 cromosoma X/ 2 cromosomi A = 0,5  MASCHIO
Con presenza di Y nell’assetto cromosomico.

Esistono però delle condizioni intermedie, tra 0,5 e 1, che


si possono determinare per numero anomalo di
cromosomi X o di Autosomi:
- Se il rapporto sarà compreso tra 0,5 ed 1 (0,67 e 0,75) si parla di INTERSESSO  si tratta di
moscerini che possono manifestare caratteristiche sessuali maschili e/o femminili; sterili.
- Se il rapporto sarà superiore ad 1 (1,50), si parla di METAFEMMINA  presentano 3 cromosomi X
(Esperimento di Morgan) per cui non saranno compatibili con la vita a causa di un sovradosaggio
genico non sopportato.
- Se l’assetto cromosomico del moscerino è rappresentato da un X privo di Y (esperimento di
Morgan), il rapporto sarà: 1 cromosoma X/ 2 cromosomi A = 0,5  MASCHIO che, non essendoci Y
responsabile della fertilità, sarà sterile.

DETERMINAZIONE DEL SESSO IN DROSOPHILA


È regolato dal rapporto tra cromosomi X ed Autosomi.
Si tratta di un sistema di equilibrio genico, controllato attraverso l’attività del gene Sxl (Sex lethal).
 Quando il rapporto tra cromosomi X ed Autosomi ≥ 1
è in grado di attivare un complesso sistema a cascata di attivazione genica, a partire dal gene Sxl, il
quale sarà in grado di trascrivere la proteina Sex lethal, che andrà a dirigere lo splicing di un preRNA
messaggero di un secondo gene Tra, che a sua volta sarà in grado di produrre la proteina Tra, che
agirà su un terzo Dsx, che determinerà la produzione della proteina Double Sex F, che reprime
l’espressione genica maschile e consente il differenziamento in fenotipo femminile.
 Quando il rapporto tra cromosomi X ed Autosomi ≤ 0,5
Non verranno prodotte né la proteina Sxl, né la proteina Tra;
verrà invece prodotta una proteina Dsx M, che sarà in grado di reprimere l’espressione genica
femminile per cui si avrà un differenziamento in Maschio.
CONFRONTO UOMO - DROSOPHILA
SISTEMA Z-W
Si verifica perlopiù in Uccelli, Farfalle, Falene ed alcuni Pesci.
Può essere considerato come un sistema OPPOSTO a quello XY, infatti:
In questo sistema, i cromosomi sessuali saranno Z e W
- Il sesso Omogametico, è rappresentato dal sesso Maschile  assetto ZZ
- Il sesso Eterogametico, è rappresentato dal sesso Femminile  assetto ZW

CARATTERISTICHE SISTEMA ZW
 Mediante l’analisi dei geni localizzati su questi cromosomi, è stato inoltre dimostrato che esiste una
differenza tra i cromosomi ZW e XY:
- Infatti, alcuni geni presenti sui cromosomi XY nei Mammiferi, non si trovano sui cromosomi ZW
negli Uccelli, ma piuttosto nei cromosomi 1 e 4.
- Allo stesso modo, alcuni geni presenti sui cromosomi ZW degli Uccelli, non si trovano nei
cromosomi XY ma, nei Mammiferi, saranno presenti nel cromosoma 5 e 9.
Ci si è chiesti allora come fosse possibile che alcuni geni presenti su cromosomi sessuali, si trovassero in
cromosomi differenti.
Questo, può dipendere dalla loro diversa origine evolutiva.
Infatti, i cromosomi sessuali, si sono evoluti da diverse coppie di Autosomi.

 Nel sistema ZW però:


i geni associati al cromosoma Z si comportano allo stesso modo di quei geni che sono associati al
cromosoma X nei Mammiferi.
In questo caso quindi, per quanto riguarda i geni Z-Linked  il sesso femminile è EMIZIGOTE, per cui
possiederà una sola copia dell’allele di un gene, all’interno di una cellula diploide.

 Per i geni Z-Linked, si parlerà ancora di Eredità Modalità Crociata o Criss-Cross:


dall’incrocio tra due parentali, si formerà una F1 in cui, la femmina riceve un cromosoma Z dal padre ed il
cromosoma W dalla madre;
il maschio, riceverà un cromosoma Z dal padre ed un cromosoma Z dalla madre.

 In questo caso quindi, il sesso della progenie, sarà determinato dal cromosoma W che viene
trasmesso dalla Femmina alle figlie femmine e non ai maschi.

ESEMPIO
- Determinazione del sesso negli Uccelli OPPOSTA a quella dei Mammiferi
PIUMAGGIO BARRED NEI POLLI
Considerando il gene B, che nella sua forma Dominante è un gene Z-Linked (associato quindi al
cromosoma Z), che è in grado di determinare un fenotipo piumaggio striato nei polli denominato Barred.
I maschi potranno avere, per quanto riguarda geni associati al cromosoma Z, 3 genotipi:
- Omozigote dominante, per cui entrambi i cromosomi Z avranno l’allele dominante (𝒁𝑩 𝒁𝑩 );
- Eterozigote, per cui un cromosoma Z avrà l’allele dominante, l’altro quello recessivo (𝒁𝑩 𝒁𝒃 );
- Omozigote recessivo, per cui entrambi i cromosomi Z presenteranno l’allele recessivo (𝒁𝒃 𝒁𝒃).
FENOTIPICAMENTE  I maschi che saranno Omozigoti dominanti od Eterozigoti, presenteranno un
piumaggio striato.
Le femmine, essendo Emizigoti (un solo cromosoma Z), presenteranno un solo allele sul cromosoma, che si
potrà osservare direttamente nella caratteristica fenotipica.

Incrociando:
Una Femmina non striata 𝒁𝒃 W X Maschi striati 𝒁𝑩 𝒁𝑩
(è come se fosse un incrocio tra Omozigote dominante X Emizigote per
l’allele recessivo):

Alla F1, sia i maschi che le femmine presenteranno un piumaggio


BARRED  determinato dal fatto che il genotipo dei cromosomi sessuali:
- nella femmina, deriva da un cromosoma Z con l’allele dominante,
ricevuto dal padre e dal cromosoma W ereditato dalla madre;
per cui, sarà Emizigote ma con allele dominante, per cui manifesterà
direttamente il fenotipo striato.
- Nei maschi, deriva da un cromosoma 𝒁𝑩 ereditato dal padre e un
cromosoma 𝒁𝒃 dalla madre; sarà Eterozigote, fenotipicamente striato.

Effettuando l’incrocio reciproco:

una Femmina non striata 𝒁𝑩 W X Maschio non striato 𝒁𝒃 𝒁𝒃

nella progenie:
non si osserverà un’uniformità che quindi manifesta lo stesso fenotipo,
ma piuttosto si osservano i due fenotipi dei parentali.
In particolare:
- Le figlie femmine, manifestano il fenotipo dei Padri
- I figli maschi, manifestano il fenotipo delle Madri.

Ciò dipende dal fatto che il carattere associato al cromosoma Z sessuale, è


trasmesso mediante modalità CROCIATA.
(Analogia X-Linked).

SISTEMA XX-X0
Negli Insetti.
Fu la Stevens che, nel 1905, analizzando le CAVALLETTE, si accorse e venne poi successivamente
dimostrato, che nell’assetto dei cromosomi, c’erano:
- Cavallette che presentavano assetto PARI
- Cavallette che presentavano assetto DISPARI  presentavano un cromosoma che definì EXTRA,
che era il cromosoma X.
Queste specie, presentano 11 coppie ci cromosomi Autosomici (22 cromosomi), più i cromosomi sessuali
che saranno:
- XX, nella Femmina
- X0, nel Maschio

Alla formazione dei gameti:


la femmina produrrà un’unica classe gametica contenente X,
il maschio produrrà due classi gametiche, una contenete il cromosoma X l’altra priva di cromosomi sessuali.
Quando il gamete maschile, privo di cromosomi sessuali, feconderà un gamete femminile contenente X, si
avrà un assetto cromosomico sessuale X0  fenotipo Maschile.
SISTEMA APLODIPLOIDE
In Api e Formiche.
In questo sistema, il sesso è determinato dal numero di assetti cromosomici:
- APLOIDE (n)  saranno Maschi
- DIPLOIDE (2n)  saranno Femmine

Il maschio, essendo Aploide (16 cromosomi), per MITOSI,


darà origine a gameti maschili.
Nella femmina, Diploide (32 cromosomi), le cellule germinali andranno incontro a MEIOSI;
si formeranno gameti aploidi, il cui destino sarà differente:
- Se una cellula uovo viene fecondata da un gamete maschile, nello Zigote, si ripristinerà un assetto
diploide  responsabile di un fenotipo sessuale femminile.
- Se il gamete femminile NON viene fecondato, tenderà a dividersi e darà vita ad uno Zigote
Aploide  che sarà responsabile di un fenotipo sessuale maschile.

SISTEMI A DETERMINAZIONE AMBIENTALE O FENOTIPICA


In questo caso l’ambiente, intervenendo nelle fasi precoci dello sviluppo, sarà responsabile della
determinazione del sesso.

ESEMPIO
- Bonellia viridis
Si tratta di un anellide marino, dotato di una proboscide boccale con due lobi.
La femmina depone delle uova, che alla schiusa daranno origine a delle larve:
- Se le larve si trovano libere in mare  si differenzieranno in Femmine
- Se le larve si trovano vicino ad una femmina  si differenzieranno in Maschi

Ciò pare dipenda da un fattore ambientale, caratterizzato dalla CONCENTRAZIONE DI 𝑪𝑶𝟐 :


 Quando le larve si trovano libere nel mare, la [𝑪𝑶𝟐 ] è molto bassa  FEMMINA
 Quando invece le larve si trovano in prossimità di una femmina si ha un aumento della [𝑪𝑶𝟐 ],
che provoca lo sviluppo della lava in  MASCHIO.
Quello che succede, è che la larva entra nella proboscide della femmina dove, essendo la [𝑪𝑶𝟐 ]
elevata, si svilupperà in maschio.
È stato inoltre dimostrato, che lo sviluppo sessuale in senso maschile, dipende anche da FATTORI
ORMONALI.

ESEMPIO
- Tartarughe
Se le uova si sviluppano ad una Temperatura di 30°-33°  produrranno Femmine
Se le uova si sviluppano a Temperature intorno a 27°  produrranno Maschi.

ESEMPIO
- Alligatori
Ad una Temperatura di circa 30°  le uova si sviluppano in Maschi
A Temperature superiori a 30° od inferiori a queste  determineranno un
differenziamento sessuale in Femmine.
ASSOCIAZIONE GENETICA E MAPPATURA DEI CROMOSOMI
In generale, l’analisi genetica classica, si basa sullo studio di una progenie che proviene da incroci che
differiscono per alcuni caratteri genetici;
lo scopo è quello di determinare la frequenza con la quale, nella progenie. compaiono delle nuove
combinazioni dei caratteri presi in esame.
 Geni per i quali si verificano le previsioni Mendeliane sull’Assortimento indipendente,
sono localizzati su cromosomi diversi e sono definiti come GENI INDIPENDENTI.

Tuttavia,
è stato dimostrato che, NON tutti i geni seguono la regola dell’Assortimento Indipendente di Mendel.
Infatti, esistono centinaia di migliaia di geni, che non potrebbero essere localizzati ognuno su di un
cromosoma;
infatti sappiamo che ogni specie possiede un esiguo numero di cromosomi (specie-specifico), per cui:
geni “fisicamente uniti”, presenti sullo stesso cromosoma, si definiscono GENI ASSOCIATI o CONCATENATI
o GENI IN LINKAGE  Appartengono allo stesso gruppo di Associazione o Concatenazione
(ad esempio D, E, F, G).

Ciò significa che:


su di un cromosoma esisteranno molti geni e di conseguenza i geni possono essere ASSOCIATI e quindi
violare il principio di Mendel:
perché, essendo molto vicini sullo stesso cromosoma, nel momento in cui avviene la Meiosi, può succedere
che vengano trasmessi come unica unità (Segregano insieme) nei cromosomi che faranno parte dei gameti.
Quindi, l’Associazione genetica può influenzare la modalità di trasmissione ereditaria.
Se invece,
geni presenti sullo stesso cromosoma, sono molto distanti tra di loro, questi si potrebbero comportare
come dei geni INDIPENDENTI e quindi seguire l’Assortimento Indipendente previsto da Mendel.
- Ciò dipende da quello che accade durante la Meiosi:
nella Profase 1, in modo del tutto casuale può avvenire il Crossing-over che
porterà ad una cosiddetta Configurazione Ricombinante (diversa da quella
Parentale), che a sua volta produrrà dei fenotipi Ricombinanti.

quando i geni presentano ASSOCIAZIONE COMPLETA (si trovano molto vicini nel
cromosoma), quando avverrà la Meiosi è molto probabile che da una singola cellula si
formeranno 4 cellule aploidi, che avranno la configurazione allelica uguale a quella delle
cellule parentali
 NON è stata alterata la disposizione degli alleli, il che significa che i geni sono
associati.

 Può verificarsi però che tra i due geni avvenga il Crossing-over:


alla Meiosi metà delle cellule avranno una combinazione allelica parentale,
le altre avranno una combinazione ricombinante.
Si tratta in questo caso di geni che presentano associazione incompleta.
La scoperta dell’Associazione avvenne nel 1905 grazie a Bateson e Punnet;
questi, analizzando le piante di Pisello, stavano studiando la modalità di eredità di due caratteri:
1. Colore del fiore  Porpora (P) o Rossi (p)
2. Forma dei granuli pollinici  Lunghi (L) o Rotondi (l)

Inizialmente, come fece Mendel, fecero autofecondare una pianta per diverse generazioni in maniera tale
da ottenere una LINEA PURA, dopodiché incrociarono:

una linea pura che produceva fiori porpora e polline allungato


X
Una linea pura che produceva fiori rossi e polline rotondo

Alla F1, ottennero il DIIBRIDO con un unico fenotipo, quello del


carattere dominante: piante con fiori porpora e polline allungato.
(Uniformità fenotipica).

Da ciò dedussero che l’allele responsabile del colore porpora, fosse dominante sull’allele responsabile del
colore rosso e che la forma allungata dei granuli pollinici fosse dominante su quella rotonda.

Lasciando autofecondare la F1:

ottennero le 4 classi fenotipiche:


due  il doppio omozigote dominante ed il doppio omozigote recessivo,
che presentavano il fenotipo dei parentali (lo stesso risultato che aveva
ottenuto Mendel);
le altre due  le cosiddette classi ricombinanti, perché possiedono:
una il fenotipo dominante di un carattere (fiori porpora) e recessivo per
l’altro (polline rotondo);
l’altra il fenotipo recessivo di un carattere (fiori rosi) e dominante per
l’altro (polline allungato).

Il rapporto che ottenevano, era differente da quello atteso da Mendel (9:3:3:1).


Questo rapporto era differente perché la proporzione dei due tipi parentali (fiore porpora/ polline
allungato e fiore rosso/polline rotondo), si presentavano in una quantità maggiore rispetto alle altre due
classi fenotipiche ricombinanti.

Vi era quindi una deviazione del Principio di


Mendel:
i due caratteri NON assortivano in maniera
indipendente, vista la maggiore frequenza dei fenotipi parentali ed una minore frequenza di quelli
ricombinanti.

Tuttavia, non furono in grado di trovare una spiegazione logica che potesse spiegare questo risultato, che
venne invece spiegata successivamente da Morgan, grazie ad i suoi esperimenti in Drosophila:
Morgan effettuò i suoi esperimenti utilizzando un MUTANTE 
moscerino con occhi bianchi;
riuscì a dedurre la TEORIA CROMOSOMICA DELL’EREDITARIETÀ, confermata poi da Bridges.
Morgan aveva identificato un altro certo numero di geni associati all’X, tra questi:
utilizzando due geni responsabili di due caratteri mutati:
- Fenotipo occhio bianco  w
- Fenotipo ali ridotte  m
Decise di incrociare:

Femmine mutanti occhio bianco ed ali ridotte


X
Maschio selvatico

In questo esperimento, Morgan utilizzò geni X-Linked, per cui la


femmina possiede (per avere fenotipo mutante per entrambi i
caratteri) un genotipo Doppio Omozigote per entrambi i geni;
il Maschio invece, è Emizigote e presenterà sul cromosoma X l’allele
dominante che dà occhio rosso, e l’allele dominante per il carattere ali
normali.

Alla F1:
osservò la modalità di trasmissione tipica dei geni associati al cromosoma X, quindi CROCIATA 
le femmine manifestavano il fenotipo del padre ed i maschi (mutanti) quello della madre.

Nell’esperimento successivo, lasciò incrociare gli individui della F1:


che equivale a fare un REINCROCIO DI PROVA o TEST CROSS perché la femmina è eterozigote, ma
fenotipicamente selvatica;
il maschio in questo caso, si comporta da TESTER perché gli alleli per i geni presi in considerazione, si trovano
in una condizione di omozigosi recessiva.

Incrociando quindi la femmina selvatica


della F1 X il maschio mutante:
alla F2 ottenne
4 classi fenotipiche:
- Moscerini, maschi e femmine,
che avevano caratteri selvatici;
- Moscerini che presentavano
caratteri ricombinanti (occhio
rosso ed ali ridotte oppure occhio
bianco ed ali normali);
- Moscerini mutanti per entrambi i
caratteri.

Quello che osservò Morgan però, fu che:


su un totale di 2441, la maggior parte dei moscerini presentava un fenotipo PARENTALE, mentre una
parte minore mostrava un fenotipo RICOMBINANTE.
 Immaginò quindi che questi geni associati al cromosoma X, si dovevano trovare molto vicini tra di
loro, per cui, quando alla Meiosi (nella Profase 1) avveniva il Crossing-over, poteva essere
improbabile che si verificasse tra di essi.
Per questo motivo il numero dei moscerini che manifestava il carattere dei parentali era superiore:
Durante la segregazione gli alleli tendono a rimanere insieme (Segregheranno insieme) perché sono vicini
gli uni agli altri.
In questo caso quindi, la trasmissione dei due geni NON era Indipendente, infatti:
Morgan ipotizzò che i due geni w ed m dovevano essere ASSOCIATI e quindi localizzati sullo stesso
cromosoma.
Ipotizzò che i FENOTIPI RICOMBINANTI, venivano prodotti alla Meiosi per Crossing-over.
- Effettuando un’analisi citologica, si accorse che tra i cromosomi X, si potevano osservare dei
CHIASMI, ovvero punti di rottura e riunione, dove casualmente poteva avvenire lo scambio di
porzioni di DNA.

Queste sue ipotesi spiegavano perché il rapporto ottenuto negli esperimenti, fosse deviato rispetto a
quello Mendeliano.

Dal Principio di Mendel:


Geni che controllano caratteri diversi si distribuiscono in modo indipendente l’uno dall’altro durante la
produzione dei gameti.
Alla Meiosi, se avviene il Crossing-over:
metà dei gameti conterranno una configurazione parentale (AB ab)
metà dei gameti conterranno una configurazione ricombinante (Ab aB).
La probabilità di ottenere dei gameti di tipo parentale o dei gameti di tipo ricombinante, è uguale al 50%
che poi si rifletterà anche nella progenie.

Si parla invece di ASSOCIAZIONE o LINKAGE,


quando i due geni si trovano sullo stesso cromosoma:
in questo caso, considerando una cellula con le due coppie di cromosomi
omologhi, uno presentante gli alleli dominanti e l’altro gli alleli recessivi  alla
formazione dei gameti, se i due geni sono molto vicini è improbabile che tra di
essi avvenga un Crossing-over, per cui sarà maggiore il numero delle classi
gametiche con configurazione allelica parentale, rispetto a quella ricombinante
(che sarà inferiore al 50%).

 Tanto più due geni sono vicini sullo stesso cromosoma, tanto più è improbabile che tra di essi si
possa verificare un Crossing-over, o comunque è ridotto il numero di Crossing-over che si possono
verificare.

L’incrocio che permette di capire se due geni sono associati od indipendenti, è il REINCROCIO DI PROVA.
Si effettua incrociando un Eterozigote per un Omozigote recessivo (contributo allelico nullo);
lo scopo è quello di determinare se è avvenuta o meno ricombinazione nel parentale eterozigote.
Da un reincrocio di prova, tra un diibrido ed un doppio omozigote recessivo, alla progenie si otterranno 4
classi fenotipiche:
- Se i geni assortiscono in maniera indipendente, ci si aspetterà un rapporto 1:1:1:1, ovvero 4 classi
fenotipiche in eguale proporzione.
 Quando da un Reincrocio: Parentali = Ricombinanti = 50%  i geni sono INDIPENDENTI
- Se i geni sono associati, si otterranno sempre 4 classi fenotipiche, ma la quantità di fenotipi
parentali è nettamente superiore a quella dei ricombinanti.
 Quando da un reincrocio: Parentali >> Ricombinanti ≠ 50%  i geni sono ASSOCIATI
A questo punto,
Morgan, effettuò un ulteriore esperimento utilizzando dei caratteri che dipendevano da geni presenti su
cromosomi NON sessuali, per cercare di capire se anche considerando gli Autosomi, si ottenevano risultati
che deviavano dalla seconda legge di Mendel.
Considerò come caratteri:
- Colore dell’occhio rosso (𝒑𝒓+ ) o porpora (pr)
- Grandezza dell’ala normale (𝒗𝒈+) o vestigiale (vg)
Incrociò:

femmine selvatiche ad occhio rosso X maschio mutante


(linee pure; si sarebbero potuti utilizzare parentali con
caratteri inversi, il risultato alla progenie sarebbe stato lo
stesso)

alla F1, tutta la progenie (maschi e femmine eterozigoti)


presentava occhio rosso ed ali normali.

Il fatto che si produceva una F1 uniforme, che manifestava solo il fenotipo dominante, significava che i
caratteri dipendevano da geni presenti sugli autosomi e non sui cromosomi sessuali.

Effettuando il REINCROCIO RECIPROCO, utilizzando i moscerini della F1:


- Maschio selvatico della F1 (Eterozigote) X Femmina a fenotipo mutante (TESTER)
Nella progenie si ottenevano soltanto fenotipi identici ai genitori.
Questo risultato, che venne poi confermato successivamente, sta ad indicare che in alcune specie, nei
maschi, NON avviene il Crossing-over alla Meiosi;
si dice che la Meiosi sia difettosa ed in particolare, alla Profase 1, non si formano i complessi sinaptonemici.
 Per cui, utilizzando la Drosophila, quando si effettua un reincrocio di prova, non si possono
utilizzare i Maschi della F1, perché non si potranno analizzare le classi risultanti (che saranno uguali
a quelle parentali).
- Femmina selvatica della F1 (Eterozigote) X Maschio a fenotipo mutante (TESTER)
Nella progenie ottenne 4 classi fenotipiche con un RAPPORTO DEVIATO rispetto a quello attese secondo il
Principio di Mendel:
Si osservò un maggior numero di moscerini che manifestavano il fenotipo parentale, mentre le due classi
fenotipiche ricombinanti erano presente in numero nettamente inferiore.
 Voleva dire che i due geni erano ASSOCIATI e quindi localizzati sullo stesso cromosoma.

QUANTO DEVE ESSERE LA DIFFERENZA TRA LE CLASSI PARENTALI E QUELLE RICOMBINANTI, PER ESSERE
CONSIDERATA SIGNIFICATIVA E QUINDI AFFERMARE CHE I GENI SIANO EFFETTIVAMENTE ASSOCIATI E NON
INDIPENDENTI?
Applicando il Test del 𝑿𝟐 è possibile capire se vi sia presenza o assenza di associazione tra i geni;
si basa sulle frequenze dei prodotti meiotici.
Considerando il precedente risultato dell’esperimento di Mendel:

1. Formulare l’IPOTESI NULLA:


I due geni sono indipendenti, per cui dal reincrocio di
prova, le classi fenotipiche avranno un rapporto di 1:1:1:1.

2. Applico il test del 𝑿𝟐 =

3. Interpretare il valore ottenuto al fine di accettare o rifiutare l’ipotesi zero.


Sappiamo che valori di 𝑿𝟐 elevati, indicano che le differenze osservato sono significative e che
quindi l’ipotesi di INDIPENDENZA deve essere RIFIUTATA  i geni sono ASSOCIATI.

SIMBOLOGIA
Esiste una simbologia per indicare i geni Indipendenti e quelli Associati.
Considerando i geni A e B:
- Geni ASSOCIATI sullo stesso cromosoma.
AB/ ab  indica gli alleli dominanti su un cromosoma e gli alleli recessivi sull’omologo, separati da /, che
separa simbolicamente i due cromosomi omologhi.
I geni sui cromosomi devono essere scritti sempre con lo stesso ordine.

Considerando i geni A e C:
- Geni INDIPENDENTI su cromosomi differenti
A/a ; C/c  sono rappresentati separati dal ;
la / indica sempre la separazione dei cromosomi omologhi, per cui l’allele dominante sarà presente su uno
e quello recessivo sull’altro.

- Geni di cui NON è NOTA l’associazione o l’indipendenza


A/a . C/c  sono rappresentati separati da un punto
Morgan mostrò che in un Diibrido i geni associati possono essere presenti in due configurazioni base:
1. configurazione in ACCOPPIAMENTO o CONFIGURAZIONE cis:
In cui entrambi gli alleli recessivi si trovano su un cromosoma ed entrambi gli alleli dominanti (+ +) sull’altro
omologo.
2. Configurazione in REPULSIONE o CONFIGURAZIONE trans:
in cui ciascun omologo porta un allele dominante (+) di un gene e recessivo dell’altro e viceversa l’altro
cromosoma.

La configurazione degli alleli sul cromosoma è molto importante, in quanto permette di capire se tra due
geni si sia verificato o meno un Crossing-over:

prendendo in considerazione una configurazione cis 

un avvenuto crossing-over tra i due geni, produce ricombinanti 


in questo caso, si saranno scambiati un marcatore genetico, per cui:
un cromosoma avrà acquisito b recessivo ed ha ceduto 𝒃+ dominante all’altro;
La configurazione risultante sarà in trans.

Prendendo in considerazione una configurazione trans 

Un avvenuto crossing-over tra i due geni, produce una configurazione in cis 

Nell’esperimento di Morgan quindi:

Morgan analizzò un gran numero di altri incroci, utilizzando altri caratteri ed altri geni, e si accorse che:
in tutti gli esperimenti, nei Reincroci di prova effettuati, le classi fenotipiche parentali erano sempre più
frequenti delle classi ricombinanti.

 La conclusione fu che durante la meiosi, gli alleli di alcuni geni, si trovano così vicini da essere
trasferiti insieme (segregano insieme).
Inoltre, Morgan osservò che:
nei sui vari incroci, osservando caratteri differenti ed effettuando gli opportuni reincroci di prova, le
frequenze dei ricombinanti variavano per le differenti coppie di geni considerati.
Per cui, dedusse  la frequenza dei ricombinanti potesse riflettere l’effettiva distanza tra i geni.

Affidò la conferma di questa sua ipotesi ad un suo studente, Sturtevant.


Egli, nel 193, sviluppò un METODO ANALITICO per MAPPARE I GENI SUI CROMOSOMI.
- Questo metodo si basava sul calcolare la distanza tra i geni associati:
utilizzando la percentuale di ricombinanti come indice della distanza tra due coppie di geni in una
mappa genetica.
Costruì delle mappe genetiche, effettuando i reincroci di prova, che gli permettevano di ottenere la
frequenza dei ricombinanti;
calcolò così la distanza tra i geni, in distanza di mappa:
- La distanza di mappa viene misurata in unità di mappa (um) o centiMorgan (cM).

Sturtevant, stabilì che:


un’unità di mappa (um) =1 centiMorgan (cM)  doveva corrispondere all’ 1% di RICOMBINAZIONE
TRA DUE GENI.

 MAPPATURA GENETICA:
è la determinazione dell’ordine lineare e della distanza tra geni associati su uno stesso cromosoma.

Per costruire una MAPPA GENETICA occorre:


1. Rilevare l’associazione attraverso reincroci di prova utilizzato per distinguere tra progenie
ricombinante e parentale.
2. Se i geni sono associati (frequenza parentali nettamente superiore a quella dei ricombinanti),
occorre stimare le distanze relative dei geni associati sulla base che avvenga un Crossing-over tra
loro.
3. Calcolare la frequenza di ricombinazione.
4. Rappresentare la mappa genetica unidimensionale (su un cromosoma lineare), che mostra l’ordine
dei geni che appartengono a quel cromosoma.

1. REINCROCIO A DUE PUNTI


Così definito perché prende in considerazione 2 caratteri.
La prima costruzione di Mappa, venne effettuata da Morgan, grazie all’esperimento fatto in Drosophila con
i due geni “white” e “miniature”, utilizzando un individuo Eterozigote (sempre Femmina) per i due geni ed
un individuo Omozigote recessivo, per gli stesi geni.

2. I geni sono associati

3.
4.

ESEMPIO
- Mappa Genetica cromosoma 2 in Drosophila

 Se due geni mappano sullo stesso cromosoma (sono associati), si dicono SINTENICI.

Se non ci fosse il Crossing-over durante la Meiosi, due geni Sintenici segregherebbero insieme.

Sturtevant inoltre, dimostrò che le distanze tra geni associati sono ADDITIVE.
Considerò 3 geni, A, B e C, associati in una regione di uno stesso cromosoma e da una mappa lineare,
basata sulla ricombinazione, riuscì a dedurre la distanza tra A e B.
 Considerando i geni a due a due, è possibile costruire mappe di associazione con le posizioni
relative ai geni.

Grazie a questi due valori, è possibile conoscere la distanza tra B e C, che può essere determinata da due
mappe combinate:

Conoscendo quindi la distanza tra i primi due geni e la distanza tra il primo ed il terzo gene, è possibile
calcolare la distanza tra il secondo ed il terzo gene, mediante la costruzione di MAPPE COMBINATE.
GENI LOCALIZZATI MOLTO LONTANI SULLO STESSO CROMOSOMA
Per capire, se due geni localizzati sullo stesso cromosoma ma molto distanti tra di loro, siano associati o
meno, è fondamentale considerare un terzo gene:

nell’esempio, il terzo gene è rappresentato dal gene


B  un locus intermedio tra gli altri due.
In questo modo, calcolando la frequenza di ricombinazione tra A e B e tra B e C, si scopre
che A e B sono associati e B e C anche.
Quindi:
di conseguenza devono essere associati anche A e C.

REINCROCIO DI PROVA A TRE PUNTI


Si tratta sempre di una tecnica di mappatura, che considera 3 caratteri;
l’incrocio quindi sarà effettuato tra il Triplo Eterozigote ed il Triplo Omozigote Recessivo per gli stessi geni.
Serve per:
 Capire se i 3 geni responsabili dei 3 caratteri che si prendono in considerazione, sono ASSOCIATI
e quindi fanno parte dello stesso gruppo di linkage;
 Se i geni sono associati, si può procedere con la Mappatura;
nel caso del Reincrocio a due punti, una volta stabilita la distanza tra i due geni sarà irrilevante mettere un
gene a monte ed uno a valle o viceversa.
Nel caso del reincrocio a tre punti invece:
 Occorre determinare l’ordine dei geni sul cromosoma
 Dopodiché sarà possibile determinare la distanza tra i geni (sulla FR)
 Infine, sarà possibile disegnare la Mappa.

Il primo Reincrocio a 3 punti, venne effettuato da Morgan, utilizzando sempre Drosophila;


i tre caratteri considerati da Morgan, erano 3 mutanti:
- Colore occhi vermiglio (v) colore compreso tra l’arancione e l’amaranto -- occhi selvatici rossi (𝒗+ )
- Assenza venature sulle ali (cv) – ali normali (𝒄𝒗+ )
- bordi delle ali tronche (ct) – ali normali (𝒄𝒕+ )

Partì da un incrocio tra parentali linee pure, per ottenere il Triibrido e poi effettuare il reincrocio di prova:

Oppure

In tutti i casi, i genotipi di entrambi i parentali, saranno in grado di produrre sempre un’unica classe
gametica, che ovviamente avrà una configurazione allelica differente in base ai genotipi.
Morgan, nel suo esperimento iniziale, utilizzò:

Una volta ottenuto il Triibrido, effettuò il Reincrocio di Prova:


N.B
il triplo Eterozigote della F1 utilizzato, doveva necessariamente essere femmina, perché nella
Drosophila la Meiosi si può seguire solo nelle femmine; nei maschi infatti, la Meiosi è difettiva, in
quanto NON si forma il complesso sinaptonemico, per cui c’è assenza di Crossing-over

Nella progenie, ottenne:


un maggior numero di classi a fenotipo parentale ed un molto inferiore dei fenotipi ricombinanti.
 Ipotizzò che i geni fossero associati;
se i geni sono associati, bisogna determinare quale configurazione allelica avranno sui cromosomi:

classi gametiche prodotte dalla meiosi della femmina:


i tre geni, caratterizzati ognuno da due alleli, potranno produrre nella progenie 𝟐𝟑 = 8 classi gametiche, che
poi rispecchieranno le classi fenotipiche della progenie:
- È possibile ottenere le 8 classi gametiche, utilizzando lo Schema Ramificato
- Oppure, avendo la femmina Triibrida è possibile che:
ci sia assenza di Crossing-over  in questo caso, si formeranno 2 gameti, che conterranno:

uno, un cromosoma con configurazione parentale (𝒗+ , cv, ct),


l’altro conterrà la configurazione parentale (v, 𝒄𝒗+ , 𝒄𝒕+ )

se invece, si dovesse verificare un crossing-over:

supponiamo tra il 1° ed il 2° gene, 𝒗+ 𝒄𝒗+ 𝒄𝒕+


si scambieranno una porzione 
v cv ct
Si sono formate due classi gametiche, una contenete tutti gli alleli dominanti, l’altra tutti gli alleli
recessivi.
- Il singolo crossing-over però, può avvenire anche tra il 2° ed il 3° gene:
si ottiene una configurazione allelica 
𝒗+ cv 𝒄𝒕+

v 𝒄𝒗+ ct
Quindi:
un singolo crossing-over porta a due classi gametiche;
ma è possibile che lo stesso crossing-over, avvenga in entrambe le regioni  si parlerà in questo caso di
DOPPIO CROSSING-OVER + +
𝒗 𝒄𝒗 ct

v cv 𝒄𝒕+

Alla fine, si saranno formate:


2 classi gametiche in assenza di Crossing-over;
2 classi gametiche col singolo crossing-over in una regione compresa tra i primi due geni;
2 classi gametiche col singolo crossing-over in una regione compresa tra il 2° ed il 3° gene;
2 classi gametiche dal doppio crossing-over.

Morgan osservò:
- le prime due classi, che presentavano una
combinazione elevata di parentali, perché
avevano delle configurazioni alleliche identiche
a quelle dei parentali.
- Le ultime due classi, che presentavano una
configurazione di doppi ricombinanti in
quantità molto esigua.
- 4 classi fenotipiche ricombinanti, che
provenivano dal singolo crossing-over nella
prima o nella seconda regione.

La sua ipotesi fu che  i tre geni fossero localizzati su di uno stesso cromosoma, quindi tendono ad
essere trasmessi come singola unità.

 Se i geni avessero assortito in maniera indipendente


ci si sarebbero aspettate 8 combinazione ma EQUIPROBABILI (nella stessa quantità).

L’analisi della F2 permette di effettuare la MAPPATURA DEI GENI.


1. DETERMINARE L’ORDINE DEI GENI
Bisogna osservare, nella progenie, le classi che hanno fenotipo parentale (quelle che mostrano la
frequenza più alta) e da queste risalire alla disposizione degli alleli nei genitori; le classi che hanno fenotipo
ricombinante (quelle che mostrano la frequenza più bassa), che deriveranno da doppi Crossing-over.

In base alla disposizione degli alleli nelle classi dei doppi crossing-over, è possibile stabilire l’ordine dei geni
sul cromosoma.

 Considerando i risultati dell’esperimento di Morgan:

(580 e 592)
Gli alleli cv e ct  sono in una configurazione cis (3 e 5)
L’allele v  è in una configurazione trans
Avendo identificato la configurazione allelica sui cromosomi, per stabilire l’ordine dei geni sul cromosoma,
occorre osservare l’organizzazione nei parentali e nei doppi ricombinanti.
Osservando in particolare:
 Quale dei tre alleli, nei doppi ricombinanti, ha cambiato configurazione:
ct
Sarà ct quindi a trovarsi nel mezzo, per cui l’ordine dei geni diventerà  v ct cv.
NUOVO ORDINE
𝒗 𝒄𝒕+ 𝒄𝒗+ 𝒗 𝒄𝒕 𝒄𝒗+
𝒗 𝒄𝒕+ 𝒄𝒗+ Se avvenisse un doppio crossing-over: 

𝒗+ ct cv 𝒗+ 𝒄𝒕+ cv
𝒗+ ct cv

Riflette la configurazione degli alleli presenti nei doppi ricombinanti

2. DETERMINARE LA DISTANZA TRA I GENI


Occorre considerare due regioni:
- La prima compresa tra il gene v ed il gene ct
- La seconda compresa tra il gene ct ed il gene cv.
A questo punto sarà possibile calcolare la distanza, sulla frequenza di ricombinazione, che verrà calcolata
per due geni alla volta:
in questo caso però, bisogna considerare quali sono le configurazioni ricombinanti rispetto a quelle
parentali.
 Nella CONFIGURAZIONE PARENTALE v 𝑐𝑡 + in prima regione, i geni v e ct si trovano in trans
(l’allele recessivo per v e quello dominante per ct, su un cromosoma, viceversa sull’altro).
Se si è verificato un crossing-over in questa regione, ci si aspetta una diversa configurazione allelica
che sarà passata da trans  a cis
Per cui, nella progenie occorre ricercare tutti quei moscerini che manifestano fenotipo o dominante per
entrambi o recessivo per entrambi:
(facendo sempre riferimento ai risultati dell’esperimento precedente)

A questo punto, le classi rilevate, possono essere utilizzate per calcolare la Frequenza di Ricombinazione
(v-ct):
SR  singoli ricombinanti
DR  doppi ricombinanti

I geni v e ct, sono distanti 13,2 unità di massa.


Lo stesso procedimento per calcolare la distanza tra i due geni nella seconda regione (ct- cv).

 Nella CONFIGURAZIONE PARENTALE 𝑐𝑡 + 𝑐𝑣 + in seconda regione i geni ct e cv si trovano in cis


(gli alleli dominanti su un cromosoma e quelli recessivi sul cromosoma omologo).
Se si è verificato un crossing-over in questa regione, ci si aspetta una diversa configurazione allelica
che sarà passata da cis  a trans
Per cui, nella progenie occorre ricercare tutti quei moscerini che manifestano fenotipo dominante per un
carattere e recessivo per l’altro e viceversa per il secondo carattere determinato dal secondo gene:

A questo punto, le classi rilevate, possono essere utilizzate per calcolare la Frequenza di Ricombinazione
(ct-cv):

I geni ct e cv, sono distanti 6,4 unità di massa.

3. DISEGNARE LA MAPPA
Che considera i tre geni sullo stesso cromosoma;

È possibile ottenere queste distanze perché si presuppone che si siano verificati tutti i possibili
Crossing-over in prima ed in seconda regione.

A volte però è possibile che ciò non si verifichi e che si abbia un fenomeno definito:
 INTERFERENZA CROMOSOMICA o INTERFERENZA DA CHIASMA
Vuol dire che la presenza di un singolo evento di Crossing-over in una regione, può interferire
impedendo che nelle prossimità se ne verifichi un secondo.

L’interferenza viene indicata con la lettera “I” e si calcola:


I = 1 – cdc
Dove:
Cdc, sta per “Coefficiente di Coincidenza”, che può essere calcolato:
il Cdc, può avere un valore che va da 0 ad 1:
- Se = 1  vuol dire che la frequenza dei DR osservati è uguale alla frequenza dei DR attesi, allora
NON vi è interferenza ed in quella regione i Crossing-over sono avvenuti sia in prima che in
seconda regione.
- Se = 0  l’interferenza (1 – cdc = 1), vuol dire che l’interferenza sarà massima per cui l’avvenuto
primo Crossing-over impedisce che si verifichi il secondo.

In un incrocio a tre punti, oltre a calcolare la distanza tra i geni e quindi disegnare e costruire una mappa
genetica, è possibile calcolare l’INTERFERENZA CROMOSOMICA.

Prendendo sempre in considerazione l’esperimento precedente di Morgan:


se i crossing-over che avvengono nella prima regione NON interferiscono con quelli che avvengono
nella seconda regione, è possibile calcolare la probabilità di crossing-over contemporanei nelle due
regioni (mediante la regola del prodotto).
La probabilità di crossing-over contemporanei nelle due regioni, doppi ricombinanti, è uguale al prodotto
delle probabilità dei due eventi singoli:

 Il valore ottenuto di 0,84% rappresenta la frequenza dei doppi ricombinanti attesi.

Per calcolare il numero di moscerini in cui effettivamente si è verificato il Doppio Crossing-over, occorre
moltiplicare la frequenza di ricombinanti attesi per il numero totale di moscerini:

 12 rappresenta il numero atteso di doppi ricombinanti, in assenza di Interferenza.

Per calcolare l’interferenza:


I = 1 – cdc
Ma per calcolare cdc, occorre prima calcolare la frequenza dei DC osservati:

Doppi Crossing-over Osservati DCO = 8

Cdc: DCO/DCA  8/12 = 0,67  67%

I: 1- 0,67 = 0,33  33%

 Vuol dire che in questo reincrocio di prova a tre punti, sono avvenuti il 60% dei doppi ricombinanti
attesi e c’è stata un’interferenza del 33% (percentuale in cui non si verificheranno doppi
ricombinanti).

N.B:
Il Crossing-over è più probabile fra geni lontani che fra geni vicini.
Tuttavia,
Quando si considera un reincrocio a tre punti, è molto probabile che ci sia un certo numero di Crossing-over
che non si riescono a vedere:
Per cui, la FREQUENZA DI CROSSING-OVER 
rappresentata da uno scambio fisico che avviene tra cromosomi (durante la meiosi) in una regione del
cromosoma, che non è detto coinvolga i marcatori di interesse.
non coincide con la FREQUENZA DI RICOMBINAZIONE 
si riferisce alla frequenza dei ricombinanti, ovvero quei marcatori genetici che si trovano in un incrocio e
che si possono analizzare attraverso i fenotipi della progenie.

ESISTE UNA RELAZIONE LINEARE TRA FREQUENZA DI RICOMBINAZIONE E DISTANZA DI MAPPA?


SI, entro certe distanze.
Tanto più piccola è la distanza di mappa, tanto maggiore sarà la relazione lineare tra la frequenza di
ricombinazione e la distanza di mappa stessa.
- Se la distanza è superiore al 20%, si perde la relazione lineare tra frequenza di ricombinazione e
distanza di mappa, perché vorrà dire che i geni sono più lontani;
se i geni sono lontani, aumenta la probabilità di eventi multipli di Crossing-over.

Infatti, considerando un cromosoma ed i


3 geni A, B e C:
Tra A e B  la distanza è breve;
vuol dire che tra di essi si possono formare pochi
ricombinanti.
È possibile che si abbia un singolo evento di CO.

Tra B e C  aumenta la distanza;


si potranno avere un maggior numero di ricombinanti.
È possibile che si verificano crossing-over multipli.
Ciò fa sì che si perda la relazione lineare tra distanza di mappa e la frequenza di ricombinazione.

 In questo caso i cromatidi non fratelli della


coppia di omologhi, si sono scambiati la porzione che
riguarda b e 𝑏 +
Due cromosomi saranno ricombinanti rispetto alla
configurazione allelica degli altri due che rimangono
parentali.

 Il doppio crossing-over può avvenire nella


regione compresa tra i due marcatori; per cui i
cromatidi si scambieranno una porzione intermedia,
che non si evidenzia però nel fenotipo dei parentali

In questo secondo caso, crossing-over multipli si possono perdere e portano ad una sottostima della reale
distanza tra geni lontani.
Quando la distanza tra due geni è superiore al 20%, per riuscire ad ottenerla in maniera più accurata,
occorre effettuare il CALCOLO ACCURATO DELLA DISTANZA DI MAPPA:
questo calcolo viene effettuato utilizzando le cosiddette FUNZIONI DI MAPPA, le quali consentono
di definire una relazione corretta per crossing-over multipli, tra la distanza di mappa e la frequenza
di ricombinazione.

Esistono diverse funzioni di Mappa, che tengono conto di diverse variabili, ma quella più utilizzata è la
FUNZIONE DI HALDANE  si basa su una formula matematica, che è la Distribuzione di Poisson.

È possibile osservare come, fino a circa una distanza


di 20 um, la relazione tra distanza di mappa e
percentuale di ricombinazione, è
approssimativamente lineare.

Per valori maggiori a 20 um, si perde la linearità;


Ciò è dovuto alla presenza di Crossing-over multipli
che fanno sottostimare la distanza di Mappa.

La correzione può essere fatta, applicando appunto la Funzione di Haldane:

LA DISTRIBUZIONE DI POISSON
è adatta a descrivere la distribuzione lungo un cromosoma durante una Meiosi  corregge la distanza di
mappa, considerando gli eventuali crossing-over multipli.

- Calcolo della frequenza di una classe con un numero di eventi i = 0


Sostituendo i valori nella formula:
𝒎𝟎 e 0!  sono entrambi uguali ad 1, la formula si riduce a:

- La frequenza della classe con qualsiasi numero di Crossing-over, diversi da 0, sarà:


Che mette in relazione la frequenza di ricombinazione con il valore “m” che rappresenta il numero medio
dei crossing-over. In queste meiosi però, il 50% (1/2) dei prodotti, sarà ricombinante, quindi:

Ciò rappresenta la funzione di Haldane, dimostrata attraverso la distribuzione di Poisson.

ESEMPIO
- Calcolo accurato della distanza di mappa
Da un reincrocio di prova, si ottiene una frequenza di ricombinazione uguale a FR= 27,5%
Sostituendo nella funzione il valore, risolvendo per m:

A questo punti, esistono delle tabelle, che mettono in relazione il valore di 𝑒 −𝑚 con quello di m, che può
variare da 0 ad 1:

 m = 0,8
vuol dire che in quella regione presa in considerazione,
in media, possono avvenire lo 0,8% di Crossing-over per
Meiosi.

Anche in questo caso però, occorre fare una correzione:


sappiamo che nella Meiosi, un crossing-over produce una FR del 50%;
per cui, per avere un valore esatto di FR, occorre moltiplicare il valore di “m” per 50:
0,8 x 50 = 40 um  coincide con il valore corretto di FR.

Talvolta, è utile utilizzare contemporaneamente più Mappe.


Le mappe cromosomiche possono essere di due tipi:
 MAPPA GENETICA  basata sulla FR;
consente di capire quale sia la distanza tra due geni in um.
Si tratta però di mappe astratte che permettono di capire se i geni sono Associati, se si trovano sullo
stesso cromosoma, ma non ci permettono di conoscere il cromosoma sul quale questi geni si
trovano.
 MAPPA FISICA  molto più precisa;
consente di conoscere per ogni gene, da quanti nucleotidi è costituita la sequenza di DNA.
La mappa fisica permette inoltre, di conoscere su quale cromosoma si trovano i geni associati presi
in considerazione.
Una Mappa fisica può essere ottenuta a:
- BASSA RISOLUZIONE  consente di posizionare un gene su di un cromosoma o in una regione
dello stesso (permette di conoscere su quale cromosoma si trova il gene di interesse).
Ciò è possibile grazie a tecniche molecolare, come l’utilizzo di sonde non marcate radioattivamente,
e mediante delle tecniche di ibridizzazione in situ.
- ALTA RISOLUZIONE  consente di conoscere la sequenza dettagliata, fino al singolo nucleotide, di
ogni gene.
Ciò è possibile grazie alle tecniche di Sequenziamento.

CHE CORRELAZIONE ESISTE TRA DISTANZA DI MAPPA GENETICA E DISTANZA FISICA?


- Mappa genetica e fisica relativa ad alcuni geni presenti sul cromosoma X di Drosophila.
Geni:
y  determina il fenotipo mutante colore del corpo giallo
w  determina il fenotipo mutante colore dell’occhio bianco
ec  determina il fenotipo mutante occhio rugoso
è possibile osservare come, la distanza tra i primi due geni (y e w) sulla mappa genetica sono molto vicini,
mentre sulla mappa fisica, sono al contrario molto distanti.
Allo stesso modo, ma al contrario, gli altri due geni (w e ec).

Ciò dipende dal fatto che,


nelle porzioni telomeriche abbondano le
regioni eterocromatiche, che dal punto di
vista genetico, sono condensate e quindi
inattive;
per cui, è improbabile che si verifichino dei crossing-over.
Viceversa, per i due geni che si trovano in una regione eucromatica, tra i quali sarà molto probabile che si
verifichi un maggior numero di crossing-over.

Le due mappe di un cromosoma, sono COLINEARI:


vuol dire che l’ordine dei geni è identico sia sulla mappa genetica che su quella fisica.
Per comprendere realmente la funzione di un gene nello sviluppo di un organismo, è fondamentale
considerare le due mappe insieme.
INFATTI:
- La mappa fisica fornisce informazioni a livello cellulare; fornisce la precisa ed esatta dimensione di
quel gene in pb, sulla sequenza del DNA
- La mappa genetica fornisce informazioni relative agli effetti di un gene a livello fenotipico; infatti si
basa su reincroci di prova e sulla frequenza dei ricombinanti a livello della progenie.
ANALISI DI LINKAGE e MAPPATURA IN ORGANISMI APLOIDI.
Negli organismi eucariotici aploidi, i prodotti di una singola miosi  TETRADE (perché sono 4 cellule), sono
contenuti all’interno di una struttura allungata definita ASCO  le cui cellule all’interno, saranno definite
ASCOSPORE.

Gli organismi aploidi in questione sono:


- FUNGHI, tra cui la Neurospora crassa e Saccharomyces cerevisiae.
Appartengono alla classe degli Ascomiceti (proprio perché producono gli aschi);
possono essere uni o pluricellulari;
tipicamente aploidi (presentano una sola copia di ogni gene) e ciò favorisce le analisi genetiche,
perché il genotipo si manifesta direttamente nel fenotipo;
essendo aploidi si riproducono asessualmente.
Sono organismi modello (ciclo vitale breve, progenie numerosa utile al fine di rilevare eventuali
mutanti).
Può verificarsi che due cellule aploidi si fondano (come se si comportassero da tipi sessuali
differenti), formando un unico zigote diploide che andrà incontro a meiosi e ciascun prodotto
meiotico si svilupperà direttamente in un individuo figlio aploide.
- ALGHE UNICELLUALRI, tra cui Clamidhomanas.

CICLO BIOLOGICO NEUROSPORA CRASSA

 Nucleo A e nucleo B, rappresentano le due cellule che si


comportano da tipi sessuali differenti;
fondendosi daranno origine allo zigote diploide, che va
incontro a meiosi (prima e seconda divisione) in seguito
alla quale si formeranno 4 cellule contenute all’interno di
una struttura allungata, definita ASCO.
 Si tratta di una TETRADE che potrà andare incontro
ad un’ulteriore divisione mitotica, in seguito alla quale si
formeranno 8 ascospore:
- 4 saranno A
- 4 saranno a

A ed a, NON indicano dominanza e recessività, ma i due


diversi tipi sessuali.

CICLO BIOLOGICO SACCHAROMYCES CEREVISIAE


Ciclo Aplodiploide;
si riproduce per Gemmazione (da una cellula se ne forma un’altra), asessualmente.
Anche in questo caso, in particolari situazioni di stress (quando ad esempio il lievito si trova in un terreno
con scarsità di nutrienti), si riconoscono due tipi sessuali (a/α), che si fondono, dando origine ad uno zigote
diploide il quale per meiosi darà origine alla TETRADE, nella quale saranno contenute le ASCOSPORE.

ANALISI DELLE TETRADI


I genetisti, grazie ai microscopi, riescono a dissezionare gli Aschi e a studiare i caratteri di ciascuna spora
aploide; dall’analisi fenotipica delle ascospore, si possono ottenere informazioni sui loro genotipi.
TETRADI  rappresentate dalle 4 cellule (prodotti meiotici), contenute all’interno della stessa struttura.
Possono essere di 2 tipi:
 TETRADI ORDINATE:
In cui la struttura dell’Asco è molto stretta per cui impedisce alle spore di muoversi al suo interno.
(Neurospora crassa)
 TETRADI NON ORIDNATE:
lo spazio all’interno dell’asco è sufficiente affinché le spore si mescolino
casualmente al suo interno. Saccharomyces e Clamidhomanas)

ORIGINE TETRADI ORDINATE


Durante la Meiosi, i fusi della 1° e della 2° divisione e successivamente anche quelli della mitosi post-
meiotica, NON si sovrappongono ma piuttosto si allineano lungo l’asse dell’asco; in questo modo, i nuclei si
dispongono in maniera ordinata.

da un asco di tetradi ordinate, si otterrà un’OTTADE:


8 ASCOSPORE caratterizzate da 4 coppie dei due tipi di spora (che
provengono ovviamente da un Eterozigote).

Il contenuto genetico delle spore, nella tetrade ordinata, può essere facilmente determinato.

ESEMPIO
- ANALISI DELLE TETRADI ORDINATE NELLA NEUROSPORA CRASSA
Caratterizzata da due tipi coniugativi A ed a (mating-type):
le spore che portano l’allele A, presentano pigmentazione giallo-arancio;
le spore che portano l’allele a (albino), sono incolori.
Dalla fusione tra due cellule aploidi (A ed a):

Quando la tetrade andrà incontro a


mitosi, si formerà l’ottade:
8 ascospore disposte in maniera
ordinata, di cui (in assenza di Crossing-
over) 4 cellule possiedono il fenotipo A,
le altre 4 il fenotipo a.

In questo tipo di tetradi ordinate, si potrà avere:


- una SEGREGAZIONE IN PRIMA DIVISIONE o di tipo M1:
quando la cellula diploide (ottenuta dalla fusione dei due tipi coniugativi A ed a), andrà incontro alla prima
divisione meiotica, in assenza di crossing-over, segrega;
in seguito alla seconda divisione meiotica, si formeranno 2 cellule che possiedono la configurazione con
l’allele A e 2 cellule con l’allele a. Queste a loro volta, per mitosi, daranno origine ad un’ottade:
 in cui la distribuzione dei geni in prima divisione, sarà di tipo 4:4.
In un asco, con segregazione in prima divisione, tutte le spore sono di tipo parentale (A o a).
- Una SEGREGAZIONE IN SECONDA DIVISIONE o di tipo M2:
è possibile che si verifichi un singolo Crossing-over si scambieranno una porzione che si rifletterà nella
costituzione delle Ascospore:

tra due cromatidi non fratelli di due cromosomi


omologhi:
si osserva una distribuzione
2 A: 2 a: 2 A: 2a

Tra i cromatidi più esterni:


si osserva una distribuzione 2:2:2:2.

2:4:2

2:4:2

In un asco, con segregazione in seconda divisione, metà delle spore sono di tipo parentale, metà saranno
ricombinanti.

 Grazie alla segregazione in seconda divisione, è possibile effettuare la MAPPATURA DEL


CENTROMERO:
vuol dire che è possibile calcolare la distanza di mappa tra un gene (A)
ed il CENTROMERO.
Perché ciò si verifichi, è necessario che il crossing over si verifichi tra il gene ed il
centromero stesso (tra i due cromatidi non fratelli dei cromosomi omologhi):
si otterranno due cellule con configurazione parentale e due con configurazione
ricombinante.

Se però, il crossing-over si verifica in una porzione che NON è compresa tra il


centromero ed il locus A:
non ci sarà ricombinazione, per cui il gene NON viene separato dal suo
centromero originale.
In questo caso, la configurazione allelica nelle Ascospore, rimane parentale.

MAPPATURA DEL CENTROMERO:


è possibile solo se si considerano gli aschi in cui si è verificata una segregazione in seconda divisione, in cui
quindi si è verificato un Crossing-over che ha portato ad una ricombinazione.
Allora, sarà possibile calcolare la distanza di Mappa tra il gene ed il suo centromero contando il numero di
aschi che mostrano segregazione in M2 per il marcatore genetica (A nel nostro caso).
In seguito alla fusione tra due cellule:
- Una a genotipo A  determina fenotipo colore arancione
- L’altra a genotipo a  determina fenotipo colore bianco.
Si formeranno delle OTTADI, per un totale di 300 Ascospore.

ANALISI:
le prime due ottadi, presentano una segregazione di tipo M1  vista la
disposizione 4:4 nella prima e viceversa nella seconda (parentali).

Tutte le altre ottadi, hanno una disposizione differente, per cui sarà
avvenuta una segregazione di tipo M2 (ricombinanti).

È possibile allora calcolare la percentuale, su 300 aschi, di quelli che hanno una
𝑵𝑼𝑴𝑬𝑹𝑶 𝑻𝑶𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑫𝑰 𝑨𝑺𝑪𝑯𝑰 𝑰𝑵 𝑺𝑬𝑪𝑶𝑵𝑫𝑨 𝑫𝑰𝑽𝑰𝑺𝑰𝑶𝑵𝑬
SEGREGAZIONE in SECONDA DIVISIONE  𝑵𝑼𝑴𝑬𝑹𝑶 𝑻𝑶𝑻𝑨𝑳𝑬
X 100
Che equivale alla formula:
(N ricombinanti/ N tot) x 100  (42: 300) x 100 = 14%

Per calcolare la distanza del locus dal centromero, occorre dividere ulteriormente il valore ottenuto, per 2:
(perché in ogni meiosi, quando si verifica un Crossing-over, metà saranno parentali e metà ricombinanti);
DISTANZA GENE-CENTROMERO: 14:2  7 um.

TETRADI NON ORDINATE


Anche in questo caso, dal fenotipo delle ascospore, si potrà determinare:
- Se i geni siano ASSOCIATI od INDIPENDENTI
- Se sono associati, è possibile calcolare la loro distanza.

ESEMPIO:
Considerando un incrocio  a b X 𝒂+ 𝒃+

Un parentale selvatico, presentante i due alleli dominanti (𝒂+ e 𝒃+ ),


l’altro doppio mutante, presentante i due alleli recessivi.

Alla fusione si formerà l’Eterozigote, diploide, che andando incontro a meiosi,


porterà alla formazione di 3 possibili tipologie di tetradi:

1°  le ascospore avranno un fenotipo parentale. Si parla di ditipo parentale, indicato come PD.
2°  si sarà verificato un Crossing-over; 2 cellule con configurazione parentale, 2 saranno ricombinanti (T).
3°  sarà avvenuto un doppio crossing-over; si formeranno 4 ascospore ricombinanti. Si parla di ditipo
non parentale, indicato come DNP.
- Se i geni sono localizzati su cromosomi differenti  se non avviene alcun crossing-over, si
formeranno 4 ascospore di tipo parentale.
- Se si dovesse verificare un allineamento metafasico alternativo  si formeranno 4 ascospore, tutte
di tipo NON parentale.
- Se si dovesse verificare invece, un crossing-over  si otterrà una costituzione tetratipo (T), 2
ascospore saranno di tipo parentale, due ricombinanti.
- Se avviene un doppio crossing-over  si potranno ottenere tutte e 3 i tipi di aschi.

Se il DC coinvolge i due stessi cromatidi


non fratelli (2 filamenti), che si
scambieranno una porzione ma senza
alterare la configurazione allelica.

Se invece il DC coinvolge 3 filamenti:

È possibile così calcolare da DISTANZA DI MAPPA, sulla Frequenza di Ricombinazione:

Esempio:
Immaginando di avere 200 aschi, di cui:
140 PD, 48 T e 12 DNP.
La frequenza di ricombinazione tra i geni è:
GENETICA MOLECOLARE E DEI MICRORGANISMI
Caratteristiche dei BATTERI:
- Procarioti;
- Aploidi (vantaggio per le analisi genetiche in quanto dal fenotipo si potrà direttamente risalire al
genotipo);
- Riproduzione sessuale (no gameti; non vanno incontro a meiosi);
- Formano colonie (da una singola cellula se ne formeranno tante genotipicamente identiche);
- Ciclo riproduttivo breve (in pochi minuti);
- Varie caratteristiche tipiche degli organismi modello.

I batteri possono presentarsi in FORME diverse:


COCCHI  forma sferica VIBRONI  forma a virgola
BACILLI  forma a bastoncello SPIRILLI  forma a spirale.

La coltivazione dei batteri (in condizioni di sterilità), può avvenire mediante:


TERRENI LIQUIDI: in questo caso, la crescita batterica è rilevabile attraverso INTORBIDIMENTO del terreno
liquido.
TERRENI SOLIDI: per mezzo dell’AGAR; si parte da una sospensione batterica, che verrà poi distribuita su di
una PIASTRA PETRI con terreno solido Agarizzato.
Le piastre verranno poi incubate (in termostato) per 1-2 giorni, dopodiché saranno visibili le colonie.

L’analisi genetica nei batteri, è possibile attraverso lo studio dei MUTANTI, che possono essere:
 NUTRIZIONALI:
A loro volte distinguibili in:
- PROTOTROFI  in grado di crescere in un terreno minimo (Sali inorganici, C ed 𝐻2 𝑂).
- AUXOTROFI  NON in grado di crescere in un terreno minimo, ma solo in presenza di specifici
elementi essenziali.
 PER SORGENTI DI CARBONIO:
indicati come:
- 𝒍𝒂𝒄+  in grado di utilizzare il lattosio per crescere (sintesi degli enzimi fondamentali per l’utilizzo
del lattosio).
- 𝒍𝒂𝒄−  non in grado di utilizzare il lattosio (in un terreno in cui è presente, il batterio non sarà in
grado di crescere).
 ANTIBIOTICO-RESISTENTI:
si tratta di batteri in grado di crescere in presenza di un inibitore, quale ad esempio, un antibiotico.

È possibile studiare la variabilità genetica nei batteri, mediante il TRASFERIMENTO GENICO, che avviene
sempre tra una cellula DONATRICE ed una cellula RICEVENTE.
Sono noti 3 meccanismi di trasferimento:
 TRASFORMAZIONE
Prevede che un DNA esogeno, liberato nell’ambiente in seguito a morte e lisi di una cellula (donatrice),
venga assorbito ed introdotto all’interno di una cellula ricevente;
una volta all’interno, potrà riconoscere delle sequenze omologhe sul cromosoma batterico, per cui per
RICOMBINAZIONE, potrà integrarsi.

 CONIUGAZIONE:
Richiede un contatto fisico tra le due cellule;
si formerà un ponte di CONIUGAZIONE (un ponte citoplasmatico) attraverso il quale sarà possibile il
trasferimento di materiale genetico.
 TRASDUZIONE:
prevede l’intervento di un mediatore, che sarà un BATTERIOFAGO, in grado di trasferire l’informazione da
una cellula donatrice ad una cellula ricevente.

Ciascuno di questi processi,


introduce un frammento di DNA nella cellula ricevente.

 L’inserimento del frammento (lineare) di genoma,


in seguito al riconoscimento della sequenza omologa, avviene per DOPPIO
CROSSING-OVER.
È possibile che:
frammenti di DNA non trovino regioni di omologia; in questo caso, verranno
degradati dalle nucleasi intracellulari e saranno persi.
In ogni caso,
la Trasmissione dei geni, è un processo che può essere definito come:
- PARASESSUALE: perché NON coinvolge gameti; l’acquisizione di informazioni, sequenza di DNA o
geni, avviene esclusivamente da altre cellule.
- ORIZZONTALE: il trasferimento avviene da una cellula all’altra e da una specie all’altra.
- UNIDIREZIONALE: avviene da una cellula donatrice ad una cellula ricevente.

1. TRASFORMAZIONE
Osservata per la prima volta da Griffith, nel 1828
Nell’ESPERIMENTO legato alla scoperta del DNA, per l’osservazione di Streptococcus pneumoniae.

Il trasferimento avviene grazie a DNA esogeno, rilasciato nell’ambiente in seguito a morte della cellula
donatrice.
Ad entrare nella cellula batterica, sarà un solo filamento, mentre il secondo verrà degradato:
grazie a complessi proteici, una volta all’interno, il filamento verrà posizionato a livello di una regione
omologa e successivamente integrato per doppio crossing-over (lineare-circolare).
La cellula ricevente, che sarà diventata ETERODUPLEX o Eteroduplice  in quanto possiede una doppia
informazione per quella regione, presenterà una nuova informazione permanente;
al momento della divisione però, darà luogo a:
½ cellule trasformate;
½ cellule NON trasformate.

La Trasformazione può essere:


 NATURALE
I batteri in grado di andare incontro ad una
Perché possa avvenire la Trasformazione,
trasformazione naturale, sono i Gram +.
è necessario lo sviluppo di uno
Produrranno come fattori di competenza:
STATO FISIOLOGICO DI COMPETENZA
- Nucleasi
(capacità di CATTURARE il DNA).
Degraderanno il filamento che non entra nella cellula.
Questo stato è individuato alla fine della
- SS-DNA Binding Protein
fase esponenziale di crescita batterica,
Proteggeranno il singolo filamento che entra
quando si avrà la produzione di
all’interno della cellula batterica.
FATTORI DI COMPETENZA (proteine COM).
- Autolisina
Coinvolta nelle modificazioni della parete cellulare
LEGAME del DNA esogeno alle cellule competenti.
INGRESSO del DNA (attraverso parete cellulare e membrana plasmatica) per formazione di canali di
ingresso ad opera dei fattori di competenza.
INTEGRAZIONE, qualora vi sia una regione omologa sarà possibile una ricombinazione  il genotipo della
cellula ricevente può essere modificato in maniera permanente e si manifesterà nel fenotipo.

ESEMPIO
- Bacillus subtilis
Diventa competente;
presenta recettori in grado di riconoscere e legare DNA esogeno.
1. A riconoscere il DNA saranno ComEA e ComG.
Successivamente, ComFA (proteina traslocatrice), fa passare uno dei due filamenti attraverso un
canale di ingresso, determinato da ComEC;
mentre l’altro filamento verrà degradato da nucleasi presenti tra membrana e parete.
2. Il DNA all’interno della cellula, sarà protetto da eventuali nucleasi intracellulari, dalle SS-DNA
Binding Protein.
3. A questo punto interviene una proteina il cui ruolo è fondamentale nella ricombinazione:
RecA  si lega al 5’, permettendo l’appaiamento del frammento al filamento complementare sul
cromosoma batterico. Ha un ruolo fondamentale nella ricombinazione, in quanto responsabile
della formazione del Complesso Sinaptonemico (che consente la formazione del Chiasma e quindi
lo scambio di materiale genetico).
Si tratta di fatto di un meccanismo di Ricombinazione, in cui interverranno ulteriori proteine (Rec-B, Rec-C,
Rec-D), elicasi e nucleasi che interverranno nella degradazione dell’elica sostituita.
Quando il filamento lineare, per Doppio CO, si appaierà alla porzione omologa sul cromosoma
batterico, sarà avvenuto uno scambio di informazioni  il nuovo filamento rimpiazza l’elica
equivalente, che verrà invece, degradata nel citoplasma.
 Si formerà una cellula ETERODUPLEX
𝑎+
quando andrà incontro a divisione, 𝑎−
produrrà:
metà delle cellule trasformate (𝑎+ ),
l’altra metà no (𝑎 − ).

 INDOTTA
Nei batteri Gram –  E. coli,
NON esistono i fattori di competenza, per cui, questi batteri NON saranno in grado di andare incontro ad
una Trasformazione Naturale.
Le cellule devono essere rese competenti  ciò avviene sempre in una fase esponenziale di crescita,
durante la quale membrana e parete sono più sensibili all’assunzione di DNA esogeno.
Perciò si utilizzano Metodi Chimici e Fisici che favoriscano l’ingresso di DNA nella cellula:
- METODI CHIMICI
CaCl a FREDDO:
verrà prodotto uno shock termico, in quanto le cellule verranno immesse prima nel ghiaccio e
successivamente portate ad una temperatura di 42°;
shock tale da determinare la formazione di PORI nella parete cellulare.
Gli ioni bivalenti 𝐶 𝑎++ invece, mascherano le cariche negative del DNA, favorendone
l’avvicinamento e l’ingresso attraverso i pori.
- METODI FISICI
ELETTROPORAZIONE
Effettuata mediante l’Elettroporatore  strumento mediante il quale è possibile imprimere degli
impulsi elettrici.
In una cuvetta, verranno inseriti il frammento di DNA esogeno ed i batteri, in fase di crescita;
l’applicazione dell’impulso elettrico, determinerà una transitoria apertura dei pori che permette
l’ingresso del DNA.
Il metodo fisico è molto più efficiente del metodo chimico.
Inoltre, aumentare la concentrazione di DNA e condurre l’elettroporazione ad una temperatura compresa
tra i 0°- 4° aumenta l’efficienza della tecnica stessa.
La prova dell’avvenuta trasformazione, consiste nel piastramento dei batteri su un terreno
selettivo.
Ad esempio:
considerando un frammento di DNA donatore, che presenti nella sequenza un gene che fornisce resistenza
ad un particolare antibiotico;
e le cellule batteriche che invece siano sensibili a quello stesso antibiotico.
Andando, in seguito all’esecuzione della tecnica, a piastrare una aliquota dei batteri su di un terreno
selettivo che contiene quell’antibiotico, sarà possibile osservare come crescano solo le cellule trasformate,
che avranno quindi acquisito l’informazione di quel gene.

I frammenti di DNA però, possono contenere 1 o più geni, che specie se molto vicini, possono
essere trasferiti insieme e quindi trasformare insieme una cellula ricevente.
Considerando:
una cellula donatrice una cellula ricevente
+ + +
prototrofa per 𝑎 , 𝑏 , 𝑐 . auxotrofa per gli stessi geni, 𝑎− , 𝑏 − , 𝑐 −

la morte della cellula donatrice porterà alla liberazione del DNA nell’ambiente e quindi alla formazione di
tanti piccoli frammenti contenenti:
𝑎+
𝑏+ la cellula ricevente avrà subito una singola trasformazione per 𝑎+ , oppure 𝑏 + , oppure 𝑐 + .
𝑐+
𝑎+ e 𝑏 +  la cellula ricevente avrà subito una CO-TRASFORMAZIONE (𝑎+ e 𝑏 + ) con frequenza
inversamente proporzionale alla distanza dei geni.

𝑎+ e 𝑏 + in questo caso, possono essere trasferiti insieme perché vicini sul frammento
di DNA esogeno  MAPPATURA PER TRASFORMAZIONE
Partendo dal presupposto che i marcatori genetici, non saranno mai trasferiti tutti e tre
contemporaneamente, ma che è possibile (in questo esempio) osservare i due marcatori 𝑎+ e 𝑏 + , oppure
𝑏 + e 𝑐 + trasferirsi insieme:
permetterà di stabilire l’ordine dei geni presi in considerazione, che sicuramente vedranno
a e c lontani  ORDINE: a, b, c
2. CONIUGAZIONE
L’esperimento per stabilire che avveniva una Coniugazione Batterica, venne effettuato da Lederberg e
Tatum (1946).
Questi, stavano studiando 2 ceppi di E. coli con richieste nutrizionali differenti.

Prototrofo: 𝒕𝒉𝒓+ , 𝒍𝒆𝒖+ , 𝒕𝒉𝒊+ Auxotrofo: 𝒕𝒉𝒓− , 𝒍𝒆𝒖− , 𝒕𝒉𝒊−


A miscela
Auxotrofo: 𝒎𝒆𝒕− , 𝒃𝒊𝒐− B
Prototrofo: 𝒎𝒆𝒕+ , 𝒃𝒊𝒐+

In un terreno minimo, erano cresciute


alcune colonie né A e né B.

WT

Prototrofo: 𝒎𝒆𝒕+ , 𝒃𝒊𝒐+ , 𝒕𝒉𝒓+ , 𝒍𝒆𝒖+ , 𝒕𝒉𝒊+

Effettuando un CONTROLLO NEGATIVO, Riuscirono quindi ad


piastrando il ceppo in un terreno minimo escludere che la crescita
(in assenza di 𝒎𝒆𝒕− , 𝒃𝒊𝒐− ) delle colonie prototrofe,
NON si otteneva alcuna colonia
fosse dovuta all’insorgenza
(lo stesso per quanto riguarda il ceppo B,
di MUTAZIONI SPONTANEE.
in assenza di 𝒕𝒉𝒓− , 𝒍𝒆𝒖− , 𝒕𝒉𝒊− )

l’ipotesi che formularono, fu quella di un NUTRIMENTO INCROCIATO:


secondo cui, non avveniva uno scambio di materiale genetico, ma piuttosto diffondevano nella miscela
sostanze che erano presenti nel terreno e che potevano essere assorbite ed utilizzate per la crescita.

Tuttavia, questa ipotesi venne successivamente rifiutata da Bernard Davis, il quale, effettuò un ulteriore
esperimento, utilizzando il “TUBO ad U”.

A B Effettuò una
Pressione ed una
Ceppo A Ceppo B Aspirazione alternate,
(Auxotrofo) (Auxotrofo) in maniera tale che il
terreno potesse
passare da una parte
Filtro all’altra del tubo.
con pori molto piccoli, che non
permettevano il passaggio delle
cellule batteriche ma solo del
terreno.
Dopo un po' di tempo,
prelevò una piccola aliquota del ceppo B e la piastrò su di un terreno minimo  ASSENZA DI CRESCITA;
lo stesso fece con il ceppo A.
 Riuscì così ad escludere l’ipotesi del Nutrimento Incrociato e dimostrò che:
perché ci fosse un trasferimento di informazione genetica, era necessario un contatto fisico tra le
cellule.
A supporto di questa teoria, venne l’osservazione al Microscopio Elettronico, e nel 1953, Hayes scoprì che
esistevano cellule batteriche unite tra di loro mediante un pilo sessuale.
Per cui la coniugazione, poteva avvenire solo in alcuni ceppi batterici, come E. coli (anche se solo nel 5%
delle cellule).
 Alcune cellule erano in grado di fornire il materiale genetico: DONATORI
 Altre erano in grado di riceverlo: RICEVENTI.
Immaginò quindi, che le cellule Donatrici, dovessero contenere un qualche fattore, che si scoprì essere il
cosiddetto FATTORE DI FERTILITÀ, per cui vennero indicati:
- 𝑭+  Donatore; in grado di produrre il pilo sessuale.
- 𝑭−  Ricevente
La Coniugazione, può in qualche modo essere considerata analoga alla Riproduzione Sessuale:
𝐹 + , linea Maschile - 𝐹 − , linea Femminile.

Il fattore F (Fattore di Fertilità),


è un PLASMIDE CONIUGATIVO, costituito da DNA a doppia elica, a basso numero di copie per cellula.
Il DNA può essere suddiviso in 4 regioni:
1. Ori V: origine di Replicazione
2. Ori T: origine del trasferimento
3. Regione TRA: contiene circa 40 geni, che avranno un ruolo fondamentale nel meccanismo
stesso di Coniugazione; tra questi il gene TraA, che codifica per la pilina 
costituente del pilo sessuale
4. Elementi Trasponibili: IS2 , IS3 ; γδ.

Il CONTATTO può avvenire esclusivamente tra 𝐹 + ed 𝐹 − :


il pilo sessuale, riesce ad entrare in contatto con dei recettori della cellula 𝐹 − . All’interno della regione Tra
del cromosoma del plasmide, sono presenti i geni TraS e TraT che codificano per proteine di esclusione di
superficie  nascondono i recettori per il pilo, impedendo che due cellule 𝐹 + possano legarsi.
Per cui:
La Coniugazione, ha una DIREZIONE OBBLIGATA 𝐹 + X 𝐹 − .

Avvenuto il contatto, il pilo si accorcia  si forma il PONTE DI CONIUGAZIONE  mediante il quale avviene
il trasferimento di materiale genetico.
Nel processo, intervengono tutta una serie di proteine Tra, prodotte dai geni presenti all’interno della
regione Tra del cromosoma del plasmide:
 Tra-M  prodotta dal gene TraM, riconosce la coppia di coniuganti (donatore e ricevente) che si è
venuta a formare in seguito alla produzione del ponte citoplasmatico.
 Tra-Y e Tra-I  insieme ad altre proteine prodotte dal batterio stesso, definite nel loro insieme IHF
(Integration Host Factor) formano nell’insieme un complesso proteico definito RILASSOSOMA.
Di questo complesso,
la proteina Tra-I, una Rilassasi, svolge delle funzioni fondamentali:
- È in grado di riconoscere ed effettuare un taglio a livello della regione Ori-T del cromosoma del
plasmide;
- Rimane legata all’estremità 5’ e svolge un’attività Elicasica, in quanto media lo srotolamento del
filamento (mentre le altre proteine del complesso vengono rilasciate).
- Viene riconosciuta da un’ulteriore proteina, un Traslocatore, che media il trasferimento attraverso
il ponte.
Ad un certo punto, completato il trasferimento:
nella cellula donatrice  rimarrà il filamento integro (interno)
nella cellula ricevente  si sarà trasferito il filamento esterno.
 Avverrà allora la REPLICAZIONE definita a CIRCOLO ROTANTE (Rolling Circle) e quindi la sintesi dei
filamenti complementari, ad opera della DNApol3
- Anche in questo caso, la proteina Tra-I, ha un ruolo nel favorire la circolarizzazione del filamento
nella cellula ricevente.
Il risultato:
da una coniugazione 𝑭+ X 𝑭−  si formeranno 𝑭+ X 𝑭+ .

Successivamente,
Luca Cavalli Sforza, scoprì un ceppo di E. coli denominato Hfr  High Frequency of Recombination.
Ad alta frequenza di ricombinazione;
molto efficiente nel trasferire geni
cromosomici.
Questo ceppo deriva da ceppi 𝑭+ , per un raro
Processo di INTEGRAZIONE del fattore F nel cromosoma batterico.

Si verrà a formare un EPISOMA:


plasmide integrato nel cromosoma per Singolo CO (in
questo caso essendo entrambi i filamenti circolari,
l’integrazione avviene per Singolo CO.

Fu Campbell, a scoprire che il fattore F si integra nel cromosoma batterico di una cellula, per la presenza di
REGIONI OMOLOGHE tra il cromosoma di E. coli ed il plasmide.
Queste regioni, sono rappresentate da specifiche SEQUENZE DI INSERZIONE che coincidono con gli
ELEMENTI TRASPONIBILI  IS2 IS3 γδ
(presenti sia in E. coli che nel plasmide, ma in numero differente).
Il fattore F ha diversi siti di integrazione;
integrazione che avviene mediante RICOMBINAZIONE OMOLOGA, per Singolo CO che coinvolge le
sequenze di inserzione.
Inoltre, il fattore F può integrarsi, in base all’orientamento di Ori-T, in SENSO:
ORARIO ANTIORARIO
Con Ori-T interposto tra le due regioni di inizio e fine.

CEPPI Hfr
Hayes, dimostrò che poteva avvenire una coniugazione tra un ceppo Hfr ed una cellula 𝑭− :
 implica il trasferimento di una porzione di cromosoma batterico.
(Hfr possiede il fattore F, quindi tutti i geni Tra).
La cellula ricevente però, rimane comunque 𝑭− :
perché affinché avvenga il completo trasferimento del plasmide, occorrerebbe un tempo pari ad
1,5h/ 2h; il batterio però è soggetto a movimenti Browniani che determineranno la rottura
“precoce” del ponte di coniugazione e quindi l’interruzione del trasferimento.
La cellula rimane 𝑭− , ma acquisisce nuovi caratteri, per cui può essere definita
come TRANS-CONIUGANTE.
La probabilità che un marcatore genetico sia trasferito o meno, è data dalla sua posizione rispetto al
punto di origine del trasferimento (e la direzione del trasferimento dipende dall’orientamento di Ori-T);
marcatori più vicini ad Ori-T saranno presenti con maggiore frequenza.

ESOGENOTE  indica il DNA che proviene da una cellula donatrice.


ENDOGENOTE indica il DNA di una cellula ricevente.

 N.B.
La Coniugazione quindi, prevede due tipi diversi di trasferimento di DNA:
- dipende dalla capacità del plasmide F di rimanere libero nel citoplasma.
Trasferimento del PLASMIDE F
Trasferimento di una PORZIONE DEL GENOMA

𝑭 + X 𝑭−  𝑭+ X 𝑭+ PLASMIDE
𝑭+ 𝒂+ X 𝑭− 𝒂−  𝑭+ 𝒂+ ; 𝑭+ 𝒂−

Hfr 𝒂+ X 𝑭− 𝒂+  Hfr 𝒂+ ; 𝑭− 𝒂+ / 𝒂−
In questo caso può acquisire o meno nuovi caratteri. FRAMMENTO

FATTORE 𝑭𝟏
Così come il fattore F riusciva ad integrarsi nel cromosoma di E. coli, formando ceppi Hfr, può distaccarsi,
per ESCISSIONE ERRATA;
in alcuni casi, molto rari, il distacco
coinvolge dei siti di ricombinazione differenti
da quelli che sono stati necessari per
l’integrazione, per cui è probabile che
il fattore F possa trasportare dei geni
che in origine si trovavano sul cromosoma
batterico (ceppo donatore) 
Fattore 𝑭𝟏 :
- tale perché porta il fattore F più i geni batterici. Si verrà a determinare un’ansa e
successivamente per singolo CO, si avrà
l’escissione che porta alla formazione del
Ceppo Lfr: bassa frequenza di ricombinazione. fattore F’
Può avvenire una coniugazione 𝑭𝟏 X 𝑭−  definita come SEX-DUZIONE o F-DUZIONE:
- se la cellula 𝑭− , possiede nel suo
cromosoma uno stesso gene di 𝑭𝟏 , diventa
MEROZIGOTE per quel gene e quindi un
DIPLOIDE PARZIALE.

Quindi:
 INSERZIONE  formazione dell’Episoma (INTEGRAZIONE); ceppo Hfr.
 ESCISSIONE  per un errore nel processo di escissione, il gene lac di una cellula Hfr, viene
integrato nel plasmide F, formando il Plasmide F’ lac.
 Se cellula F’ che si è formata, coniuga con una cellula ricevente 𝐹 − , che presenta nel cromosoma
batterico il gene lac, per F-duzione si formerà un Diploide Parziale (la cellula F − diventerà F’).

I batteri sono aploidi, per cui, per stabilire la DOMINANZA o la RECESSIVITÀ di un allele, occorre costruire
dei diploidi parziali:
- Il Fattore F’ viene utilizzato proprio per questo.

Considerando un fattore F’ 𝒍𝒂𝒄+ ed una cellula ricevente 𝑭− 𝒍𝒂𝒄− :


si formerà, in seguito a coniugazione, una cellula F’ che sarà un diploide parziale  𝒍𝒂𝒄+ / 𝒍𝒂𝒄− .
Piastrata in un terreno minimo di crescita, in presenza di lattosio:
- Se i batteri crescono, vorrà dire che 𝒍𝒂𝒄+ > 𝒍𝒂𝒄−
- Se i batteri NON crescono, vorrà dire che 𝒍𝒂𝒄− > 𝒍𝒂𝒄+

MAPPATURA PER CONIUGAZIONE


Si può effettuare mediante una cosiddetta CONIUGAZIONE INTERROTTA:
l’esperimento consisteva nel miscelare due ceppi e successivamente interrompere, a tempi stabiliti, la
coniugazione.
Considerando:
Hfr X 𝑭−
Prototrofo e sensibile ad Auxotrofo e resistente ad
un antibiotico un antibiotico
INCROCIO:
Hfr x 𝐹−
𝒔 𝒔 − − 𝒓
𝒂𝒛𝒊𝒓 𝒕𝒐𝒏𝒓 𝒍𝒂𝒄+ 𝒈𝒂𝒍+ 𝒔𝒕𝒓𝒔 𝒂𝒛𝒊 𝒕𝒐𝒏 𝒍𝒂𝒄 𝒈𝒂𝒍 𝒔𝒕𝒓

L’esperimento, viene eseguito:


- In un terreno liquido a 37°C
A vari tempi stabiliti, vennero prelevati dei campioni della coltura

- I campioni vennero agitati, in maniera tale da interrompere la coniugazione


- Successivamente piastrati su terreni selettivi contenenti STREPTOMICINA, per cui:
il ceppo Hfr, NON poteva crescere in quanto 𝒔𝒕𝒓𝒔 ;
ma NON poteva crescere nemmeno 𝐹 − in quanto auxotrofo
si ottiene in questo modo una MAPPA A TEMPO del cromosoma batterico donatore, misurata in unità di
Tempo  indica il T che il DNA ed i Geni, impiegano per trasferirsi alla cellula ricevente.
Inoltre, si otterrà la distanza tra i geni, misurata in MINUTI.

PRELIEVI:
sottoposti ad agitazione per interrompere la coniugazione;
piastrati su terreno selettivo contenente str.
 8 min  𝒂𝒛𝒊𝒓
Considerando che la cellula 𝐹 − , era sensibile all’azite esotica, vuol dire che aveva ricevuto l’informazione.
 10 min  𝒕𝒐𝒏𝒓
 16 min  𝒍𝒂𝒄+

Riuscirono così a mappare l’ordine dei geni sul cromosoma (in base a quello che ottenevano in seguito ad
ogni prelievo): CONIUGAZIONE INTERROTTA.
Ed a misurare la distanza tra i geni in tempo (min) impiegato dai marcatori a passare dal donatore al
ricevente.

 Grazie al trasferimento genico, utilizzando ceppi Hfr,


è stato possibile dedurre la circolarità del cromosoma di E. coli

PLASMIDI R
Si tratta di plasmidi Resistenti;
Sono stati identificati negli ospedali Giapponesi, in “Shigella” batterio responsabile di dissenteria nella
specie umana e resistente contemporaneamente a più antibiotici.
La resistenza multipla, veniva trasmessa come pacchetto unico sia a ceppi diversi che a specie correlate.
- Si tratta di plasmidi coniugativi che contengono trasposoni contenenti a loro volta i geni
responsabili della resistenza agli antibiotici; in quanto trasposoni, saranno in grado di spostarsi e
veicolare i geni responsabili della resistenza.

La RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI quindi, può essere trasferita oltre che per Coniugazione, anche per
Trasposizione (da un plasmide ad un altro o dal plasmide al cromosoma del batterio).
3. TRASDUZIONE
Richiede l’intervento di un intermediario, un BATTERIOFAGO in grado di compiere il trasferimento da una
cellula donatrice ad una cellula ricevente.

BATTERIOFAGI:
- Sono virus che infettano le cellule batteriche, agendo poi come parassiti (sfruttano il metabolismo
della cellula ospite per potersi replicare e sintetizzare quindi le componenti necessarie alla loro
replicazione).
- Sono di dimensioni molto ridotte; possono essere osservati al Microscopio Elettronico.
- L’informazione genetica è contenuta in una molecola di DNA o RNA, a Doppio o a Singolo
filamento, Circolare o lineare; in genere è avvolta da una struttura proteica (CAPSULA).

L’ESPERIMENTO effettuato da Hershey e Marta Chase, riuscì a dimostrare


come ad infettare le cellule batteriche fosse il materiale genetico del
Batteriofago T2 e non le proteine.
[Fago T4  Testa – Collo – Guaina contrattile – fibre caudali]

FASE DI ATTACCO
Durante l’infezione, le fibre della coda del batteriofago, hanno la capacità di
riconoscere dei recettori presenti sulla superficie batterica, per cui si
attaccano; dopodiché esclusivamente il materiale genetico del fago, verrà
iniettato all’interno della cellula batterica  ciò avviene grazie ad una
contrazione della guaina contrattile, che introdurrà il materiale genetico del
Batteriofago all’interno del citoplasma Batterico.

CICLO REPLICATIVO
Il fago, ha la capacità di sfruttare il metabolismo della cellula batterica per potersi replicare e per
sintetizzare i costituenti fondamentali per la costituzione della nuova progenie fagica.
La sintesi di questi costituenti, avviene per gradi:
1. Innanzitutto verranno prodotti gli RNAm PRECOCI, ovvero quelli che codificano per le cosiddette
proteine precoci  NUCLEASI, che andranno a degradare il cromosoma batterico e POLIMERASI,
necessarie alla replicazione del DNA virale.
2. In un secondo momento verranno prodotti gli RNAm TARDIVI, ovvero quelli che codificano per le
cosiddette proteine tardive le quali entreranno in gioco nella formazione della struttura del
batteriofago (testa, collo, fibre).
3. Solo successivamente, quando saranno state sintetizzate tutte le proteine necessarie, si avrà
l’assemblaggio e quindi la formazione di numerose particelle fagiche.

I fagi, presentano due CICLI VITALI:


 CICLO LITICO: determinato dall’infezione di fagi virulenti e conseguente lisi della cellula batterica
(in alcune situazioni, anche il fago temperato, può andare incontro a ciclo litico).
 CICLO LISOGENICO: determinato dall’infezione con fagi temperati ed integrazione del genoma
virale  formazione del Profago  nel genoma batterico (che sarà definito batterio Lisogeno),
SENZA lisi cellulare.
Generalmente questo ciclo, viene innescato quando il batterio si trova in uno stato di crescita
“rallentato”; (il ciclo lisogenico può essere indotto e diventare ciclo litico, oppure quando le
condizioni del batterio migliorano, il profago si distacca ed attua un ciclo litico).
CICLO LITICO

ASSORBIMENTO: grazie alla presenza PENETRAZIONE: avviene grazie alla


delle fibre della coda, il fago riconosce contrazione della guaina contrattile che
specifici recettori sulla superficie della determina l’ingresso del materiale genetico
cellula batterica e vi si attacca. del fago all’interno del citoplasma batterico.

Pronte ad infettare nuove cellule batteriche.


TRASCRIZIONE: delle proteine precoci
prima, e delle proteine tardive dopo.

LISI: morte della cellula batterica e ASSEMBLAGGIO: il DNA viene circondato e


liberazione della nuova progenie fagica. inserito nella testa; vengono assemblate le
varie parti (coda, fibre)

- Fagi virulenti, in seguito a ciclo litico, producono le cosiddette PLACCHE FAGICHE (o PLACCHE DI
LISI):
indicano l’avvenuta infezione di una cellula batterica (osservabili su Piastra Petri, nella quale le nuove
particelle fagiche andranno ad infettare le cellule batteriche limitrofe, portando alla formazione delle
placche). Le placche compaiono come delle zone più chiare rispetto al resto del terreno, più o meno opaco
(per la presenza degli strati di cellule batteriche non infettate).
La morfologia delle placche varia in base al tipo di fago.
- Inoltre, hanno uno specifico SPETTRO D’OSPITE  i fagi possono avere una specificità d’ospite.

CICLO LISOGENICO
Una volta all’interno della cellula batterica,
FASE DI ATTACCO ed INTRODUZIONE
il materiale genetico esogeno si integra nel
del materiale genetico, avvengono in
cromosoma, portando alla formazione del
maniera analoga a quelle del ciclo litico.
PROFAGO (ciò avviene grazie alla presenza
di una INTEGRASI).

Le particelle fagiche verranno rilasciate per


lisi cellulare.

Il batterio acquisisce la cosiddetta IMMUNITÀ


Il profago può essere indotto, generalmente FAGICA  per produzione di proteine di
attraverso i raggi UV, ad iniziare un ciclo litico. esclusione di superficie a carico del genoma
Si stacca dal cromosoma batterico per singolo fagico. La cellula batterica quindi, è immune
crossing-over, va incontro a replicazione e si da infezione di altri fagi dello stesso tipo.
riproduce.
ANALISI GENETICA DEI FAGI
Come è possibile studiare i meccanismi ereditari nei fagi, vista la loro ridotta dimensione?
I meccanismi di trasmissione possono essere studiate mediante LIVELLO GENETICO:
è possibile utilizzare due fagi, con genotipo differente, per co-infettare la stessa cellula.
Una volta che i due genomi fagici entrano all’interno della stessa cellula ospite, tra i loro genomi
potrebbero verificarsi dei Crossing-over e quindi si possono formare dei cromosomi fagici
RICOMBINANTI.
Se si forma una progenie ricombinante, sarà possibile MAPPARE i geni presi in considerazione,
mediante la formula della Frequenza di Ricombinazione  (numero delle placche ricombinanti/
numero di placche totali) x 100

MAPPATURA DEI GENI NEI BATTERIOFAGI


1. Occorre innanzitutto selezionare dei fagi con fenotipo differente; fenotipo determinato in base alla
morfologia delle placche fagiche, ma anche in base alla specificità d’ospite.
2. Allora, sarà possibile effettuare una cosiddetta “Infezione mista” o “Doppia Infezione” utilizzando
due ceppi.
INCROCIO tra due fagi T2 con fenotipo differente, determinato da genotipi parentali differenti:
𝒉+ r ed h 𝒓+
In particolare:
𝒉+  selvatico; infetta solo il ceppo 1 (specificità d’ospite)
h  mutante; infetta due diversi ceppi di E. coli (ceppo 1 e 2).
𝒓+  selvatico; lisa lentamente le cellule, placche piccole.
r  mutante; lisa rapidamente le cellule, placche grandi.

Avvenuta la co-infezione, quando i fagi si replicano, si formeranno diversi cromosomi fagici all’interno della
cellula ospite, ma può accadere che:
 Due cromosomi fagici, uno proveniente da un fago che presentava sul suo cromosoma gli alleli 𝒉+ r
e l’altro dal fago h 𝒓+ , si appaiano;
se questo accade, è possibile che tra i due cromosomi si verifichi un Crossing-over e che quindi
avvenga una Ricombinazione.
Se avviene la ricombinazione, si formerà una progenie caratterizzata da fagi con configurazione
parentale e fagi con configurazione ricombinante.
A questo punto, la progenie fagica verrà piastrata su un terreno che contiene una miscela
dei due ceppi (1 e 2) di E. coli:
risulteranno visibili 4 tipi di placche (riconosciuti in base alla morfologia della placca ed alla velocità di lisi):
- Due con genotipo parentale h 𝒓+ e 𝒉+ r
- Due con genotipo ricombinante 𝒉+ 𝒓+ e hr
Dalle placche, si può calcolare la FREQUENZA DI RICOMBINAZIONE:
Si ottiene così la distanza di mappa tra i due geni.

Anche in questo caso, tanto più i geni sono vicini, tanto più sarà probabile che NON avvengano eventi di
Crossing-over multipli (che potevano portare ad un errore del calcolo della distanza di mappa dalla
frequenza di ricombinazione).
Se i geni sono abbastanza vicini, la frequenza di ricombinazione corrisponde alla frequenza del
Crossing-over che può verificarsi tra di essi e può essere convertita direttamente in unità di mappa.
Altra importante analisi genetica che può essere effettuata mediante i Batteriofagi, è:
il TEST DI COMPLEMENTAZIONE o TEST CIS – TRANS
(Già osservato nell’epistasi duplicata recessiva (fiore blu campanula)  per capire se le mutazioni che
determinavano un fenotipo mutante, cadevano sullo stesso gene o su geni differenti).
Anche in questo caso, è possibile utilizzare 2 fagi mutanti in grado di co-infettare una cellula batterica
(un’infezione mista o doppia infezione) ed osservare se la progenie sarà selvatica o meno.
- Il test di Complementazione, venne effettuato negli anni 50’-60’ da Benzer, il quale utilizzò il ceppo
dei Batteriofagi T4, che avevano delle mutazioni nella regione denominata rII:
il mutante è differente dal tipo selvatico, il quale produce delle placche piccole (gene 𝑟 + ), in quanto
produrrà delle placche grandi; inoltre, il fago selvatico ha una specificità d’ospite, è in grado di
infettare e crescere nei ceppi di E. coli, B e K12λ ( così definito perché porta nel cromosoma
anche il DNA di λ), mentre il mutante NON è in grado di crescere nel ceppo K12λ:
si dice che per questo mutante, K12λ rappresenta un OSPITE NON PERMISSIVO.
I due mutanti quindi, singolarmente, non sono in grado di crescere in un ceppo K12λ di E. coli.
Quando questo ceppo, viene ad essere infettato da 2 differenti mutanti, si possono ottenere due differenti
situazioni:
1. Le mutazioni cadono su due geni differenti:
una su un gene denominato r2A, sul cromosoma di uno dei due fagi mutanti;
l’altra su un gene denominato r2B, sul cromosoma dell’altro fago mutato.
All’interno della cellula, in questo caso, erano comunque presenti una copia dell’r2A e dell’r2B
selvatici  venivano sintetizzati i prodotti di A e B, e quindi era avvenuta una
COMPLEMENTAZIONE, per cui il ceppo è in grado di crescere nell’ospite non permissivo.
È possibile selezionare la progenie selvatica su un tappeto di cellule di E. coli.

2. Le mutazioni si trovano sullo stesso gene:


una sul gene r2A di un fago;
l’altra sul gene r2A, in un’altra posizione, dell’altro fago.
In questo caso, verrà prodotta la proteina B ma non la A  non sarà sufficiente per consentire al
fago di crescere e lisare le cellule batteriche.
Non sarà avvenuta una complementazione, per cui non si formerà una progenie fagica selvatica.

Il test è denominato anche cis – trans  in relazione alla configurazione che hanno le mutazioni sui
cromosomi fagici mutanti.
- Quando avviene la Complementazione, le mutazioni si trovano in una configurazione trans.
- Quando NON avviene la Complementazione, le mutazioni si trovano in una configurazione cis.
TRASDUZIONE
La scoperta della Trasduzione, risale al 1952, grazie ad un esperimento effettuato da Lederberg e Zinder, i
quali vollero capire se la coniugazione, oltre che avvenire in cellule di E. coli, poteva verificarsi anche in altre
cellule batteriche.
Utilizzarono come specie batterica Salmonella typhimurium auxotrofi per geni differenti.
1.

Seppur con bassa frequenza,


si osservava crescita batterica.

2. Il passo successivo, fu quello di utilizzare il TUBO ad U:

Prelevando un’aliquota e piastrandola su di


un terreno minimo, nonostante la presenza
del filtro (che non lasciava passare le cellule
batteriche), si osservavano delle colonie
batteriche.

Da ciò, dedussero che non era stato necessario un contatto fisico tra le cellule, quindi non era
avvenuta Coniugazione; ma non era avvenuta nemmeno una Trasformazione, perché le cellule
erano vive.

Scoprirono che i due ceppi erano infetti da Batteriofagi P22  in grado, viste le loro ridotte dimensioni, di
passare attraverso il filtro e quindi trasferire l’informazione da un ceppo all’altro.
Definirono questo fenomeno come TRASDUZIONE.
I fagi che possono trasferire DNA batterico, comprendono:
- P1 e λ  che infettano E. coli
- P22  che infetta Salmonella

A seconda del tipo fagico coinvolto (virulento o temperato) nel meccanismo della trasduzione, il
meccanismo di trasduzione stessa, può avvenire secondo due differenti modalità:
 TRASDUZIONE GENERALIZZATA
Ogni gene batterico, può essere potenzialmente trasferito da una cellula donatrice ad una
cellula ricevente (attuata da fagi virulenti ma anche temperati).
 TRASDUZIONE SPECIALIZATA
Specifici geni batterici possono essere trasferiti da una cellula donatrice ad una cellula ricevente
(attuata esclusivamente dai batteriofagi temperati).
GENERALIZZATA
Prevede un trasferimento CASUALE e si verifica per ERRORE.
o A seguito di frammentazione del cromosoma batterico (ciclo litico, formazione della nuova
progenie fagica), può succedere che durante la fase di assemblaggio, nella testa della nuova
particella fagica, per errore, venga inserito un frammento del cromosoma batterico e non DNA
virale.
o Si verrà a formare in questo modo, una particella fagica definita  FAGO TRASDUCENTE
che sarà in grado di infettare un’altra cellula batterica, ma non di determinare un ciclo litico perché
non possiede DNA virale.
o Infettando un’altra cellula, introdurrà il frammento di cromosoma batterico nella nuova cellula
batterica (per doppio crossing-over in quanto lineare), che avrà acquisito nuove informazioni e che
prende il nome di BATTERIO TRASDUTTANTE.
La formazione di un fago trasducente, è comunque a frequenza bassa.
Inoltre, la quantità di DNA batterico trasportato dal fago, dipende dalla dimensione del capside (ad
esempio, il fago P1 che infetta cellule di E. coli, trasporta il 2% del cromosoma batterico).

 MAPPATURA GENICA MEDIANTE TRASDUZIONE SPECIALIZZATA


(Simile alla mappatura mediante Trasformazione)

SPECIALIZZATA
È resa possibile grazie a Batteriofagi TEMPERATI, i quali possono avere 2 cicli di vita:
- CICLO LISOGENICO (promossa da C1)
- CICLO LITICO (promossa da CRO)
La “scelta” tra i due dipende dalle risorse della cellula batterica; nel senso che:
il batteriofago, è in grado di capire la condizione di crescita del batterio attiva (risorse abbondanti) o
rallentata (risorse limitate).
In realtà questa capacità di scelta, è dettata da una regolazione dell’espressione di alcuni geni:
o Gene C1: Codifica per una proteina REPRESSORE DI λ, che reprime la crescita litica e promuove
quella lisogenica.
o Gene CRO: Codifica per un REPRESSORE che reprime la crescita lisogenica e promuove quella litica.

Batteriofago temperato, in grado di attuare Trasduzione Specializzata, è il FAGO λ:


in grado di infettare le cellule di E. coli.
È caratterizzato da:
- TESTA icosaedrica
- CODA non contrattile
- DNA a doppio filamento lineare  nella particella fagica  le cui estremità 5’ di entrambi i
filamenti, vengono definite Estremità COS (12 coppie di basi), complementari

 Nella particella virale

Quando avviene l’infezione, il DNA viene iniettato nella cellula ospite dove
CIRCOLARIZZA: grazie alla complementarietà delle estremità cos (coesive).

Dopodiché andrà incontro a cicli ripetuti di Replicazione a CERCHIO ROTANTE,


portando alla formazione dei cosiddetti CONCATAMERI, ovvero diverse copie
di DNA virale.

A questo punto, inizieranno ad essere espresse le proteine tardive, codificanti per elementi di testa e coda.
Ogni singola copia di DNA virale (Concatamero), subisce una rottura a livello dei siti cos, in maniera tale che
ogni singolo frammento venga inserito nella testa della particella fagica.
Infine, verrà aggiunta la coda  si sarà formata la particella virale matura
Che a sua volta sarà in grado di infettare una nuova cellula di E. coli e di andare incontro a ciclo litico o
lisogenico.

Nel caso in cui, vada incontro a CICLO LISOGENICO,


avviene l’integrazione del materiale genetico virale, per singolo CO (essendo il filamento circolarizzato), per
OMOLOGIA DI SEQUENZA.
La ricombinazione in questo caso, è SITO-SPECIFICA;
affinché avvenga, è necessaria la presenza di:
 SITO att-P (attacco) del fago  240 pb, molto più grande
 SITO att-B del batterio  30 pb
Questo sito d’attacco, ha una posizione ben precisa, si trova compreso tra i geni “gal” e “bio”
 INTEGRASI prodotte dal fago λ
 IHF prodotte dal Batterio.

In realtà, la regione di omologia tra le due sequenze, del fago e del batterio, è rappresentata
dall’ELEMENTO “O”.
Infatti:
- La sequenza di att-P  è composta dalle regioni POP’
- La sequenza di att-B  è composta dalle regioni BOB’

Solo la regione centrale “O” è omologa;


gli altri due elementi hanno sequenze differenti e rappresenteranno una sorta di bracci laterali.
Fondamentale, è il complesso proteico definito INTASOMA:
 Costituito da INTEGRASI ed IHF.
Che avrà la funzione di riconoscere ed avvicinare il sito att-P al sito att-B.
Quando i due siti saranno vicini, entra in gioco l’omologia di sequenza
 consentirà che il cromosoma di λ venga interposto tra 2 porzioni ibride: PROFAGO

λ
gal BOP’ POB’ bio

Siti ibridi
Perché per metà di origine
fagica e per metà batterica

att-L att-R
(left) (right)

È possibile che,
il profago sia indotto ad escidere dal cromosoma di E. coli, da eventi che danneggiano il DNA batterico:
come spontanei fattori ambientali (UV) od agenti chimici o fisici presenti nell’ambiente.
Distaccandosi, ri-circolarizza e attua il ciclo litico.
L’escissione avviene mediante un evento di
ricombinazione sito-specifica, grazie al fatto che i due siti
ibridi saranno riconosciuti da un enzima, ESCISSIONASI,
che favorisce l’ESCISSIONE del fago λ, per singolo CO;
il cromosoma di λ, a questo punto, può andare incontro a
ciclo litico.
Occasionalmente,
È possibile, con una frequenza molto bassa, che
l’escissione avvenga in maniera imprecisa e che quindi
INGLOBI la regione in prossimità dei siti di escissione
(quindi gal o bio), lasciando una porzione del proprio cromosoma in quello batterico.
 Si forma così, all’interno della cellula, una MISCELA FAGICA (fagi selvatici e fagi difettivi),
denominata LISATO Lft (Bassa frequenza di Trasduzione);
qualora questa infetti un’ulteriore cellula di E. coli, può portare alla formazione di:
o TRASDUTTANTI INSTABILI LISOGENICI:
o TRASDUTTANTI STABILI (per ricombinazione).

TRASDUTTANTI INSTABILI LISOGENICI


I fagi λdgal (d, difettivo; gal, il gene inglobato dalla scorretta escissione), NON presentano più un sito di
attacco normale (att-P), per cui se da soli infettassero una cellula batterica, riuscirebbero ad entrare
all’interno, ma mancando molti dei loro geni, non potranno dare un ciclo vitale e neanche integrarsi
mediante ricombinazione sito-specifico con il sito att-B del batterio.
Tuttavia, se nella stessa cellula batterica infettata dal lisato, è già presente una copia del profago λ,
il fago selvatico può funzionare da helper:
aiuta l’inserimento di λ difettivo, sul cromosoma di E. coli  il fago
helper, possiede il sito att-P normale ed è in grado di riconoscere il
sito att-B del batterio; si integra, si forma il profago e si verrà a
formare un sito ibrido identico a quello presente su λdgal  il cromosoma a questo punto, potrà
riconoscere, per omologia di sequenza questo sito ibrido, ed integrarsi.
Se si integra, si formerà un DOPPIO LISOGENO 
una cellula lisogena che contiene i due genomi fagici,
quello del fago selvatico λ e quello difettivo λdgal.
In questo caso, λdgal, ha nel suo genoma 𝑔𝑎𝑙 + che
proviene dal cromosoma della cellula infettata
precedentemente; se nel cromosoma della nuova
cellula infettata, è presente un gene 𝑔𝑎𝑙 −  si formeranno dei Diploidi parziali 𝒈𝒂𝒍+ /𝒈𝒂𝒍− .

Si tratta di Trasduttanti instabili, perché il profago può essere indotto all’escissione;


in questo caso, si formerà un Lisato HFT (ad Alta frequenza di trasduzione)  perché si distaccherà sia il
cromosoma del λdgal, che quello del λ selvatico; quest’ultimo sarà in grado di produrre tutti i costituenti
necessari per la costituzione delle proteine che a loro volta andranno a far parte delle particelle virali. Il
λdgal, difettivo, sarà replicato grazie alla presenza del fago selvatico, in quanto le porzioni mancanti del suo
cromosoma verranno colmate dai geni presenti sul cromosoma del λ selvatico.
Si formeranno:
½ particelle fagiche, contenenti λ;
½ contenti λdgal  in grado di trasferire 𝑔𝑎𝑙 + ad una cellula batterica.

TRASDUTTANTI STABILI
È possibile che una particella difettiva λdgal, infetti una cellula batterica in assenza del fago λ helper.
Se non è presente il fago helper, il genoma della particella difettiva, non è in gradi di integrarsi sul
cromosoma di E. coli perché non ha il sito att-P (che riconoscerebbe il sito specifico sul cromosoma di coli).
Può succedere però, che riconosca la regione che porta il gene gal:
 Si avrà un appaiamento tra le due regioni gal (del fago λdgal e del batterio), si verifica una
ricombinazione che porterà alla sostituzione di questa regione, per cui si formerà una cellula
batterica che avrà acquisito una nuova informazione (𝒈𝒂𝒍+ ).
Il trasduttante che si è formato, sarà STABILE, perché:
contiene solo il gene gal, che ha ricevuto dal genoma del λ difettivo;
non contiene geni del fago λ.
MECCANISMI DI RICOMBINAZIONE
In generale, sappiamo che la ricombinazione rappresenta un meccanismo importante nell’evoluzione:
i genomi, andando incontro a ricombinazione, possono determinare una certa variabilità genetica.
La RICOMBINAZIONE  è un processo enzimatico in cui, sequenze di DNA si appaiano e subiscono delle
rotture e delle saldature per formare delle nuove combinazioni.
Ne esistono 3 diversi meccanismi:
 Ricombinazione GENERALIZZATA od OMOLOGA
Lo scambio di materiale genetico, avviene tra due molecole che presentano ampie regioni di
OMOLOGIA.

 Ricombinazione SITO-SPECIFICA: si verifica uno scambio, ma solo in corrispondenza di determinate


regioni omologhe, in genere molto piccole; ne è esempio, l’integrazione del fago λ nel cromosoma
di E. coli.

 Ricombinazione REPLICATIVA od ILLEGITTIMA: mentre nelle prime due, la ricombinazione avverrà


tra sequenze di DNA omologhe, in questo caso, avrà luogo tra sequenze NON omologhe.

RICOMBINAZIONE OMOLOGA
Si verifica in tutti gli organismi:
- Nei batteri  interviene ed è principalmente importante nei meccanismi di riparazione (quando si
verificano danni al DNA); motivo per cui, viene anche definita Riparazione ricombinativa del DNA.
- Negli Eucarioti  si verifica sia durante la divisione cellulare, più frequentemente durante la
Meiosi (in particolare nella Profase 1: appaiamento dei cromosomi omologhi, formazione del
complesso sinaptonemico, chiasma, scambio di materiale genetico), sia nei meccanismi di
riparazione del DNA.
La ricombinazione generalizzata od omologa (osservata grazie al M.E.) richiede:
 Proteine necessarie per l’appaiamento dei cromosomi
 Proteine dette scambiatrici, che favoriscono il processo di Crossing-over
 Proteine che saldano le eventuali rotture.

Per descrivere la Ricombinazione omologa, vi sono diversi modelli:


1. MODELLO DI HOLLIDAY
Durante la Meiosi, due cromosomi omologhi si appaiano;
ogni cromosoma è caratterizzato da due cromatidi.
Supponiamo che un cromosoma possieda due alleli A e B e che il cromosoma omologo possieda i due alleli
recessivi a e b.
durante l’allineamento dei cromosomi omologhi (per omologia di
sequenza), interverranno: -
- una ENDONUCLEASI  effettua un taglio che, in
questo modello, coinvolge i due filamenti singoli
delle due molecole di DNA, nello stesso punto.
- Una ELICASI  che andrà a separare gli appaiamenti
tra le basi, per cui si formeranno delle estremità
3’OH libere (a sinistra del taglio).
- Queste, grazie all’intervento delle proteine
SCAMBIATRICI, potranno invadere le molecole di
DNA omologo con le quali andranno a congiungersi,
grazie poi all’intervento dei sistemi di riparazione del
DNA, stabilendone l’integrità.
si formerà così una struttura a X, il CHIASMA,
osservata per la prima volta da Holliday, motivo
per cui, viene definita Giunzione di Holliday.

La giunzione di Holliday non è una struttura


stabile, piuttosto, può andare incontro ad un
processo di migrazione (può muoversi).

Man mano che migra (verso dx), si formeranno


tratti di DNA Eteroduplici (un filamento
proviene da un cromosoma, l’altro filamento dal
cromosoma omologo).
Fino a quando non si risolverà.

L’intermedio di Holliday che si è venuto a formare, nel tridimensionale, assumerà una


configurazione a forma di chi (lettera greca) che coincide con  la STRUTTURA DI
HOLLIDAY.

Questa struttura, sarà isomerizzata:


due doppie eliche del DNA, tenderanno a ruotare di 180° in maniera tale da formare una
struttura isomerica di Holliday (INTERMEDIO RIGIRATO) dove sarà possibile l’intervento di
ENDONUCLEASI, in particolare una RESOLVASI, che sarà in grado di determinare un taglio,
in due modi alternativi:

In ORIZZONTALE:
Se il taglio, da parte della Resolvasi, avviene secondo un piano
orizzontale, verranno prodotte delle eliche che avranno delle interruzioni, saldate
dai meccanismi di riparazione del DNA (ligasi), ed alla fine si formeranno dei
cromosomi di tipo parentale  detti RICOSTRUITI e DUPLEX PEZZATI.
è avvenuto lo scambio in una porzione intermedia, che non ha coinvolto i marcatori
genetici presi in considerazione.

In VERTICALE:
Se il taglio, da parte della Resolvasi, avviene secondo un piano verticale, verranno
prodotte delle eliche che avranno delle interruzioni, saldate dai meccanismi di
riparazione del DNA (ligasi), ed alla fine si formeranno dei cromosomi ricombinanti
 detti DUPLEX RICOMBINANTI

La scoperta di modelli più recenti, hanno analizzato e riconsiderato la fase di inizio della ricombinazione
proposta dal modello di Holliday  ritenendo improbabile che le due incisioni avvenissero nella stessa
posizione su entrambi i singoli filamenti dei due cromosomi omologhi.
2. MODELLO DI MESELSON – RADDING
Afferma che ci sia un’incisione su uno solo dei due filamenti di una molecola di DNA.
Intervengono anche in questo caso:
- Endonucleasi  per il taglio
- Elicasi  che favorisce la formazione dell’estremità 3’OH
- 3’OH riconosciuto da una Proteina di Scambio in grado di
dirigere il filamento all’interno del filamento di DNA
integro, alla ricerca di una regione di omologia.
- Si verrà a formare un’ansa D, interverranno i meccanismi di
riparazione e si formeranno quindi 2 Giunzioni di Holliday
le quali potranno migrare.
- Man mano che migrano si formeranno DNA Eteroduplici ed
alla fine saranno risolte mediante le Resolvasi.
In base al momento in cui avviene la risoluzione, si formeranno delle
molecole di DNA che possono essere PARENTALI o RICOMBINANTI.

3. MODELLO DI SZOSTAK, ORR-WEAVER e ROTHSTEIN


Prevede un doppio taglio, in una sola molecola di DNA.
- Il taglio viene effettuato sempre dalle ENDONUCLEASI;
- possono intervenire delle ESONUCLEASI, che creeranno
delle estremità 3’OH libere;
- queste estremità verranno riconosciute da una proteina
di scambio, in grado di introdurre il filamento nella molecola
integra di DNA alla ricerca di una regione di omologia.
- Anche in questo caso, individuata l’omologia, interverranno
i sistemi di riparazione (il tratto vuoto sarà riempito dalla
DNApol e dalla Ligasi, che garantirà l’integrità), si verrà così a
formare l’ansa D, con le 2 Giunzioni di Holliday che migrando,
porteranno alla formazione di DNA eteroduplici.
- La risoluzione può avvenire in due modi differenti:
Secondo un piano orizzontale  i cromosomi saranno parentali
Secondo un piano verticale  i cromosomi saranno ricombinanti.

Questo modello di rottura a doppio filamento,


è quello al momento ritenuto valido per tutti gli organismi, quando si verifica una
Ricombinazione Omologa (spiega la formazione del Chiasma).

Le proteine che intervengono nel processo di ricombinazione omologa, sono:


- Negli EUCARIOTI:
SPO-11  ha attività sia endonucleasica che esonucleasica: determina tagli asimmetrici (Endonucleasi);
sarà in grado di produrre le estremità 3’OH (Esonucleasi).
RAD-51 e DMC-1  sono le proteine scambiatrici che si legheranno all’estremità 3’OH, dirigendo
all’interno della molecola integra di DNA.
Rec  da Recombination
- Nei PROCARIOTI
in particolare in E. coli: meccanismi di RIPARAZIONE
Complesso Rec-BCD  Sarà in grado di riconoscere e legarsi all’estremità rotta del DNA,
lungo il quale scorre.
Ha attività elicasica ed esonucleasica, grazie alle quali genererà singoli filamenti dove si
potrà legare la proteina scambiatrice Rec-A.
In una prima fase, la proteina Rec-D ha la capacità di effettuare una degradazione in
direzione 3’-5’, fino a che non si raggiunge un sito “CHI” sito di Cross Hotspot Instigator,
formato da 8 nucleotidi GCTGGTGG; questo, viene riconosciuto dalla proteina Rec-C, per
cui la proteina Rec-D cambia la sua attività esonucleasica, non più in direzione 3’-5’, ma in
direzione 5’-3’, in modo da produrre estremità 3’OH a singolo filamento (coda).
A queste estremità, si potrà legare la proteina Rec-A (mentre il complesso Rec-DCD si
distacca).
Proteina Rec-A  è la proteina scambiatrice; ha anche attività elicasica (si avvolge intorno alla coda):
si lega al 3’e consentirà lo scambio e l’introduzione nella molecola di DNA integra per
cercare la regione di omologia. Dopodiché si formerà l’ansa D e le 2 Giunzione di Holliday,
che migreranno e che saranno risolte infine dal complesso Ruv-ABC.
Complesso Ruv-ABC  interviene la proteina Ruv-A (un tetramero), riconosce la Giunzione di Holiday
e vi si lega.
A questo punto, interviene la proteina Ruv-B, con attività ATP-asica:
in particolare, ci saranno 2 proteine Ruv-B che si disporranno ai lati opposti rispetto alla
proteina Ruv-A in modo da dare origine ad una sorta di “motore molecolare”, che
ruotando, grazie all’attività ATP-asica, fa muovere e migrare la Giunzione di Holliday.
quando la struttura deve essere risolta, Ruv-A e Ruv-B si distaccano ed interviene la
proteina Ruv-C, una Resolvasi, che ha la capacità di tagliare lungo il piano orizzontale o
verticale, la struttura di Holliday (ricombinanti o parentali).

Una delle conseguenze della Ricombinazione omologa, è la CONVERSIONE GENICA:


 Intesa come processo di Ricombinazione NON reciproca.
Durante la formazione di DNA eteroduplici, si possono verificare degli ERRORI (durante l’appaiamento è
possibile che si verifichino dei mismatch), che non sempre vengono corretti  determineranno la
formazione di anomalie a livello dei cromosomi che saranno presenti nei Gameti.

L’origine della Conversione Genica, venne studiata nei Funghi, in particolare nella Neurospora Crassa,
aploide, in grado di produrre una TETRADE ORDINATA dalla quale si formava un OTTADE (4:4):
Zickler successivamente, aveva osservato Aschi con proporzioni ineguali delle spore (6:2), dovute
all’assenza di un opportuno sistema di riparazione del DNA, successivo al Crossing-over.
 Nella conversione genica infatti:
un allele viene convertito nell’allele del cromosoma omologo

ESEMPIO
- Cellule aploidi di NEUROSPORA CRASSA.

1 cellula: cromosoma con allele A


2 cellula: cromosoma con allele a

Si formerà uno Zigote diploide, che contiene


Entrambi gli alleli  andrà incontro a Meiosi:
normale 2 A : 2 a
Conversione genica 3 A : 1 a
La conversione genica, può essere determinata da 2 sistemi:
 ERRATA RIPARAZIONE DEGLI APPAIAMENTI:
considerando due molecole di DNA, tra le quali si sia formato il chiasma e si sia verificato un Crossing-over
(Giunzione di Holliday che migra), può succedere che a livello di una coppia di basi, si abbia un
appaiamento errato.
Nela riparazione di questi appaiamenti errati, si possono verificare 4 possibili combinazioni, di cui:
- 2 sono normali
- Le altre due riguardano una conversione genica.

 SINTESI RIPARATIVA
Considerando 2 filamenti di DNA, su un filamento è presente l’allele dominante B e sull’altro, l’allele
recessivo b. immaginando che si verifichi una rottura, ad opera di una endonucleasi, nel filamento che
porta l’allele recessivo, possono intervenire delle Esonucleasi  saranno in grado di degradare le porzioni
di DNA limitrofe al taglio, per cui è possibile che vadano ad eliminare l’allele recessivo b.
Se questo viene eliminato, quando il singolo filamento, sempre mediante Ricombinazione, sarà guidato
dalle proteine scambiatrici ed andrà ad invadere l’altro filamento, con la sintesi riparativa la DNApol
utilizzerà il filamento che trova (in questo caso quello contenente B), per cui dopo la risoluzione dei due
filamenti i cromosomi presenteranno entrambi B.

In questo caso, sarà avvenuta una conversione genica dell’allele recessivo in allele dominante.
RICOMBINAZIONE REPLICATIVA od ILLEGITTIMA
Lo scambio NON avviene per omologia di sequenza.
Nel genoma, sia dei Procarioti che degli Eucarioti, esistono elementi che sono in grado di muoversi  si
parla infatti di ELEMENTI TRASPONIBILI o MOBILI, piccoli segmenti di DNA, che si possono spostare
all’interno del genoma, in diverse posizioni  si parlerà di TRASPOSIZIONE.
Vennero identificati per la prima volta nel 1940, dalla McClintock, durante degli
studi effettuati sul Mais.
 ELEMENTI TRASPONIBILI
Sono delle sequenze ubiquitarie di DNA;
vengono definiti anche come:
- Sequenze Ripetitive  presenti nel genoma in numero elevato;
- Sono anche Parassiti Molecolari  non portano vantaggi alla cellula,
piuttosto la sfruttano, talvolta danneggiandola.
- DNA egoista  proprio perché talvolta può danneggiare la cellula fino a condurla a morte.
- Geni “jumping”  letteralmente “geni che saltano”

In generale, sono stati riscontrati elementi trasponibili in numerose classi di organismi.


Sono stati però maggiormente studiati:
nel Mais  circa l’80% del genoma è rappresentato da Trasposoni.
nell’Uomo  circa il 50%
in Drosophila  circa il 15-20%

Esistono due classi di Elementi Trasponibili:


1. TRASPOSONI AD RNA o RETROTRASPOSONI (si parla anche di Retrovirus primitivi  perché
traspongono RNA come i Retrovirus).
Sono esclusivamente stati riscontrati negli Eucarioti.
2. TRASPOSONI A DNA  così definiti perché si muovono nel genoma come segmenti di DNA.
Sono sia Procariotici che Eucariotici.

 TRASPOSIZIONE INTRAMOLECOLARE.
Gli elementi trasponibili possono spostarsi ed inserirsi in un nuovo sito della stessa molecola nella
quale si trovano.
Ad esempio nei batteri, “saltano” nello stesso cromosoma in una nuova posizione.
 TRASPOSIZIONE INTERMOLECOLARE
Gli elementi trasponibili, saltano in altre molecole di DNA presenti all’interno della stessa cellula.
Nel caso dei batteri, potrebbe verificarsi il salto di un elemento trasponibile dal cromosoma batterico ad un
cromosoma plasmidico o fagico.
Nel caso degli Eucarioti, il salto di un elemento trasponibile, può avvenire su di uno stesso cromosoma o su
di un cromosoma differente.

Inoltre, gli Elementi Trasponibili, rappresentano anche il cosiddetto MOBILOMA, proprio perché si spostano
ed in particolare lo fanno da una posizione che rappresenta il cosiddetto SITO DONATORE a quella nella
quale si introducono, definita SITO ACCETTORE.
L’introduzione nel sito accettore NON richiede Omologia di Sequenza, anzi, si dirà che la Trasposizione è un
processo di Ricombinazione NON OMOLOGO:
 NON esiste nessuna omologia di sequenza tra il sito Donatore e quello Accettore.
La Trasposizione, può avere alcune CONSEGUENZE, importanti in quanto possono determinare:
- cambiamenti a livello della struttura del cromosoma:
quando un elemento trasponibile escide dal genoma, determina un’interruzione del DNA, che se non viene
riparata in modo adeguato, determinerà una rottura cromosomica.
È possibile anche che si verifichi Ricombinazione omologa tra elementi trasponibili, presenti nello stesso
genoma e che si verifichino dei riarrangiamenti cromosomici.
- cambiamenti a livello dell’espressione genica
l’escissione imprecisa di un elemento trasponibile, porta ad una mutazione;
può anche accadere che un elemento trasponibile si sposti all’interno di un gene  in questo caso, si
parlerà di MUTAGENESI INSERZIONALE;
o ancora, l’elemento trasponibile può anche alterare la regolazione dei geni, in quanto è possibile che si
inserisca (casualmente) a livello di un promotore di un gene  in questo caso, potrà aumentare o diminuire
l’espressione di quel gene.

 ELEMENTI TRASPONIBILI NEI PROCARIOTI


Ne esistono 3 tipi:
 IS: Sequenze di Inserzione
Sono gli elementi trasponibili più semplici, scoperti per la prima volta in E. coli in particolare per
l’effetto che hanno avuto sull’espressione di alcuni geni che controllano il metabolismo del
galattosio.
Si riscontrava la presenza all’interno di uno di questi geni, di un frammento lungo circa 800 pb;
frammento che venne denominato SEQUENZA DI INSERZIONE IS-1  1, perché prima ad essere
riconosciuta ed IS, perché inserita all’interno del gene.
CARATTERISTICHE:
o Ogni IS, è presente nel genoma delle cellule batteriche in un numero di copie variabile (anche fino
a 30 copie).
o La loro lunghezza può variare da 700 a 1500 coppie di basi;
o Essendo semplici, possiedono solo le informazioni per la trasposizione: vuol dire che al loro
interno, sarà presente il gene che codifica per la TRASPOSASI; gene fiancheggiato da Sequenze
Ripetute invertite  IR  la cui dimensione può variare da 9 a 41 coppie di basi.
La Trasposasi sarà l’enzima che consentirà lo spostamento dello stesso elemento.
La Trasposasi, sarà in grado di riconoscere le sequenze IR che fiancheggiano l’elemento IS, determineranno
un taglio da una parte e dall’altra, consentendo lo spostamento dell’elemento stesso.

 TN: Trasposoni.
Sono più complessi delle sequenze IS, perché intanto sono più grandi (sequenze che vanno da
2550-7000 coppie di basi), inoltre contengono i geni per la trasposizione (per cui saranno in grado
di sintetizzare la Trasposasi), ma contengono anche altre regioni addizionali.
Si dividono in:
- TRASPOSONI COMPOSITI  analizzando il trasposone Tn10:
ha una lunghezza di 9.300 bp;
è caratterizzato da una porzione centrale, dove sono presenti i geni
addizionali, tra cui il gene responsabile della resistenza ad un
antibiotico, la Tetraciclina.
Questa regione centrale, è fiancheggiata da sequenze di Inserzione
denominate IS10L (a sx) e IS10R (a dx);
queste sequenze di inserzione produrranno la Trasposasi  daranno
luogo alla trasposizione, effettuando un taglio una volta riconosciute le
IR del trasposone stesso.
- TRASPOSONI NON COMPOSITI  analizzando il trasposone Tn3
possiede una regione centrale, in cui sono presenti una
serie di gene, tra cui:
quello responsabile della sintesi della Trasposasi;
quello responsabile della Resolvasi, che avrà un ruolo
fondamentale nel meccanismo di Trasposizione di questo
tipo di Trasposoni;
quello responsabile della resistenza agli antibiotici
β-lattamici.
Altra caratteristica è che la regione centrale, è fiancheggiata da sequenze Ripetute ed Invertite.

 È possibile evidenziare gli elementi trasponibili, perché possiedono le IR alle loro estremità.
Nel momento in cui un DNA viene osservato al ME, in seguito a processi di denaturazione
(separazione della doppia elica) che determinano la formazione di singoli filamenti, le Sequenze
ripetute e invertite, si appaiano per complementarietà di basi, per cui si formano le strutture a
“lollipop”  a lecca-lecca

 BATTERIOFAGO μ: tra i Batteriofagi Trasponibili.


Si tratta di un Batteriofago Temperato, definito μ da “Mutator”  vuol dire che si replica per poi inserirsi in
altre posizioni del genoma di E. coli, dove determina delle mutazioni.

Ha una lunghezza di 38 kb;


è caratterizzato da una porzione centrale che presenta
diversi geni fagici, necessari per la costituzione delle
proteine che entrano nella formazione delle componenti
della testa e della coda.
La porzione centrale è fiancheggiata da Ripetizioni DIRETTE  nella stessa direzione.
NON presenta quindi IR terminali, piuttosto quando si inserirà nel cromosoma dell’ospite, genererà delle
brevi ripetizioni che lo fiancheggiano, di circa 5 bp.
Il fago μ, si replica mediante TRASPOSIZIONE:
Inietta il proprio genoma all’interno della cellula e, se inizia un ciclo lisogenico, vi si integra;
ma, nel momento in cui si replica, può andare ad inserirsi anche in altri siti.
Si parla di un tipo di TRASPOSIZIONE REPLICATIVA:
lascia una porzione di sé stesso nel punto in cui si trova, si replica e va ad inserirsi in
un’altra posizione.
il Batteriofago μ può anche essere indotto e dare origine ad un ciclo litico, per cui potrà
distaccarsi dal cromosoma di E. coli ed esistere (a differenza degli altri Elementi
Trasponibili) come unità extra-cromosomico  assemblarsi come particella virale, che
potrà andare ad infettare altre cellule batteriche.
MECCANISMI DI TRASPOSIZIONE (PROCARIOTI)
1. TRASPOSIZIONE SEMPLICE o CONSERVATIVA
Detta anche meccanismo (conservativo) “taglia e incolla”.
Esiste un elemento trasponibile, indicato come TE che produce una Trasposasi, la quale avrà 2 funzioni:
- Riconosce le sequenze IR del TE, stacca
questo elemento e lo sposta in un’altra
posizione;
- altra posizione, in cui NON essendoci
omologia di sequenza, la Trasposasi è in
grado di determinare un taglio sfalsato
(a zig-zag) e introdurre il TE.
L’Elemento Trasponibile (nella nuova posizione), sarà fiancheggiato da porzioni a singolo filamento, che
saranno colmate dai sistemi di riparazione e alla fine si formeranno delle ripetizioni dirette che
rappresentano le DUPLICAZIONI del sito bersaglio.
 Con questa modalità, traspone il Trasposone Tn10 di E. coli.

2. TRASPOSIZIONE REPLICATIVA
Può essere indicato come meccanismo “copia e incolla”.
- In questo caso, l’elemento trasponibile,
rimane dove si trova, viene copiato ed una
sua copia sarà traslocata in una localizzazione
diversa del genoma.
- Anche in questo caso il sito bersaglio è
casuale, NON vi è alcuna omologia.
Trattandosi di Replicazione di sé stesso, vorrà dire che
aumenta il numero di Elementi trasponibili in un genoma.
 Con questa modalità, traspongono il Trasposone Tn3 in E. coli ed anche il Batteriofago μ.
Questo meccanismo, determina la formazione del cosiddetto CO-INTEGRATO.
In questo caso, sono necessari 2 enzimi perché si verifichi:
- TRASPOSASI  favorisce il trasferimento
- RESOLVASI
Considerando 2 plasmidi:
uno dei quali funge da Donatore e possiede il Trasposone Tn3,
l’altro funge da plasmide Bersaglio, che NON possiede il Tn3.
- Interviene la Trasposasi:
riconosce le sequenze IR che fiancheggiano il trasposone Tn3, dove determinerà il
taglio; ma, determinerà un taglio anche in un qualsiasi punto del Plasmide Bersaglio.
Si formeranno delle estremità di DNA libere, le quali si appaiano per determinare la
formazione di una struttura, che nel momento in cui interviene il meccanismo di
riparazione, prenderà il nome di CO-INTEGRATO.
Nel co-integrato, è come se l’elemento trasponibile, venisse duplicato e ciascuna copia
si troverà a livello di una giunzione tra DNA donatore e DNA ricevente.
- Interviene la Resolvasi,
il Co-integrato si risolverà e darà origine a due plasmidi, entrambi contenenti una copia
del Tn3.
 ELEMENTI TRASPONIBILI NEGLI EUCARIOTI
La loro struttura è molto simile a quella degli elementi trasponibili dei procarioti;
La differenza, è rappresentata dal fatto che, oltre ad avere geni che codificano per la Trasposizione,
possono anche avere geni addizionali.
Molto studiati in diverse specie, tra cui Mais, Lievito, Drosophila e nell’ Uomo.

o ZEA MAIS - Ac-Ds


- Nel 1940, una ricercatrice, Barbara McClintock, scoprì nel Mais la presenza di una famiglia
di Elementi trasponibili, definiti elementi Ac-Ds.
I risultati ottenuti dai suoi studi, non furono presi in considerazione per diversi anni.
Solo negli anni 70’ grazie all’utilizzo delle tecniche molecolari, si capì l’importanza dei suoi esperimenti (per
questo fu poi insignita del Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia).
In particolare, la ricercatrice, si focalizzò su un particolare fenotipo che aveva riscontrato
nella Zea Mais (Mais):
aveva scoperto, che la Pannocchie costituite dalle Cariossidi, presentavano un colore differente:
alcune erano totalmente pigmentate  colorazione viola, determinata dalla produzione di Antocianine;
altre erano totalmente incolori.
In un primo momento, pensò che la presenza delle Cariossidi incolori, fosse determinata dalla
Mutazione del gene responsabile della produzione del pigmento, ma successivamente si accorse:
che erano presenti delle Cariossidi Variegate  presentavano come delle macchie (né viola, né incolori).
Ipotizzò che la formazione delle macchie, dovesse essere dovuta ad una Mutazione INSTABILE
Nel senso che ci doveva essere un qualche elemento in grado di spostarsi e che quindi poteva
determinare questo fenomeno.
 Notò che nel cromosoma 9 del Mais, vicino a un gene che chiamò DISSOCIATORE (DS),
si verificavano delle rotture cromosomiche  avvenivano solo in presenza in un secondo elemento,
che chiamò ATTIVATORE (AC).
La ricercatrice, denominò questi elementi come ELEMENTI MOBILI o di CONTROLLO:
perché in grado di controllare l’espressione di altri geni (in questo caso, l’espressione dei geni responsabili
della produzione del pigmento).

Solo successivamente, si scoprì che l’elemento AC:


è fiancheggiato da sequenze IR;
nella porzione centrale, presenta il gene per la sintesi della
Trasposasi.
Viene definito ELEMENTO AUTONOMO  perché in grado di
trasporre (sintesi della Trasposasi).

Sono stati riscontrati poi, diversi elementi DS:


che sembrano provenire dagli elementi AC,
in quanto, contengono le IR con la stessa sequenza di quelle
osservate nell’elemento AC.
NON sono però in grado di sintetizzare la Trasposasi, in quanto possiedono
delle delezioni che si possono verificare in punti differenti nella sequenza del gene della Trasposasi stessa.
Viene definito ELEMENTO NON AUTONOMO  non in grado di trasporre (NON sintetizza la Trasposasi).

 L’elemento AC però, è in grado oltre che di trasporre sé stesso, anche di riconoscere le sequenze
IR dell’elemento DS e quindi trasporto in un’altra posizione.
Quindi:
Il gene C, presente sul cromosoma 9, era quello in grado di
determinare la produzione del pigmento  FENOTIPO VIOLA (selvatico).

Se invece, si fosse verificata una trasposizione, e quindi un


elemento DS fosse stato trasposto ed introdotto all’interno del
gene C, ad opera di una Trasposasi prodotta da AC  FENOTIPO
INCOLORE o gialla.

È stato tuttavia osservato, che durante lo sviluppo della Cariosside, è possibile ci sia un FENOTIPO
INSTABILE  per cui, improvvisamente, si potrebbe creare una situazione in cui la Cariosside assuma
fenotipicamente una COLORAZIONE A MACCHIE  ciò doveva essere determinato da un’ulteriore
trasposizione:
l’elemento DS che aveva interrotto il gene C, impedendo la
produzione del colore, grazie ad una seconda trasposizione
può essere spostato in un’altra posizione del genoma,
liberando il gene C, che ritorna a produrre il pigmento.
La formazione delle macchie, può essere più o meno
grande, e ciò dipende dal
momento in cui la trasposizione avviene durante lo sviluppo:
se la seconda trasposizione avviene in una fase molto precoce dello sviluppo, la macchia è molto grande
se la seconda trasposizione avviene in una fase tardiva dello sviluppo, la macchia sarà più piccola.

In particolare, osservò che:


la condizione di Eterozigosi Cc  cariosside viola
la condizione Mutante cc  cariosside incolore
quando nel genotipo Eterozigote, erano presenti gli elementi trasponibili AC- DS  FENOTIPO INSTABILE,
cariosside a macchie.

o LIEVITO – TY
Si tratta di un RETRO-TRASPOSONE, per cui appartiene alla Classe 1 degli elementi Trasponibili.
È presente in numero abbastanza elevato di copie per cellula (circa 35).
È caratterizzato da:
- una struttura molto simile alle sequenze IS dei
Trasposoni Batterici;
- presenta infatti
Una porzione centrale, fiancheggiata da regioni
indicate come LTR (da Long Terminal Repeat),
ovvero Lunghe Ripetizioni Terminali, DIRETTE
(vengono indicate anche come Elemento Delta).

Sono definiti Retro-Trasposoni perché sono in grado di trasporre mediante un intermedio a RNA.
È stato dimostrato che la porzione centrale dell’elemento trasponibile, codifica per 2 proteine:
- una TRASPOSASI
- una TRASCRITTASI INVERSA
o DROSOPHILA
- ELEMENTO COPIA (Copia-Like)
Si tratta di un Retro-Trasposone;
ha una sequenza da 5 ad 8 kb, ripetute 20-60 volte nel genoma.

- ELEMENTO P
È UN Trasposone a DNA;
è in grado di produrre la Trasposasi, per cui è un elemento autonomo.
La lunghezza dei vari elementi P trasponibili, varia tra 5000-2900 bp.

l’elemento P è fiancheggiato dalle IR,


di circa 31 bp.
La sequenza centrale (trascritta da
sinistra a destra), possiede 4 esoni e 3
introni e le sequenze codificanti da 1 a
4, produrranno polipeptidi differenti.

Inoltre, gli elementi P,


 si muovono mediante un meccanismo “copia e incolla”;
 sappiamo che gli elementi trasponibili non si integrano nel sito bersaglio per omologia di sequenza,
tuttavia, sembra che l’elemento P abbia una preferenza  preferisce inserirsi in prossimità
dell’estremità 5’ di un gene ospite, oppure in prossimità di altri elementi P.
È stato dimostrato infatti, come abbia una preferenza per una sequenza target: GGCCAGAC.
 possiedono 2 tipi di Regolazione:
GENETICA:
Dipende dal fatto che esistano 2 ceppi differenti di Drosophila:
- Ceppo M, chiamato anche Citotipo M  privo di elementi P;
questi sono tutti ceppi di laboratorio e si tratta quindi di Moscerini che sono stati catturati
prima del 1950 e che costituiscono le collezioni presenti nel Laboratorio.
- Ceppo P  presenta gli elementi P; si trova nelle popolazioni naturali.
Si pensa che si sia evoluto dal ceppo M che una volta ritrovatosi in natura, abbia subito un
processo evolutivo; in particolare gli elementi P, potrebbero essere stati forniti da Virus che
hanno infettato Drosophila, modificandone il genoma con l’inserimento di questi elementi.
TESSUTO-SPECIFICA:
L’elemento P può andare incontro a Trasposizione esclusivamente nella linea germinale, in quanto
si sa che gli elementi P producono nelle cellule somatiche, un REPRESSORE, che inibisce la
trasposizione dell’elemento P stesso.
Mentre, nelle cellule germinali NON viene prodotto il repressore.

I vari incroci effettuati tra i ceppi, hanno dimostrato che solamente quando si verifica un particolare
incrocio, si ha un fenomeno che prende il nome di DISGENESI DEGLI IBRIDI:
quando si verifica un incrocio tra:

Maschio di Citotipo P x Femmina di Citotipo P


Progenie NORMALE
Maschio di Citotipo M x Femmina di Citotipo P
Progenie NORMALE
Maschio di Citotipo M x Femmina di Citotipo M
Progenie NORMALE
Femmina di Citotipo M x Maschio di Citotipo P
In questo caso, si verifica una DISGENESI  verrà prodotta una progenie sterile, che presenta numerose
mutazioni, determinate dalla trasposizione dell’elemento P.
La DISGENESI DEGLI IBRIDI, venne scoperta da Kidwell e Sved, i quali effettuarono:
Un PRIMO INCROCIO tra:
1. Femmina di laboratorio (M) X Maschio selvatico (P)
F1 DISGENICA
(Presentava numerosi mutazioni ed era sterile)

Effettuando l’INCROCIO RECIPROCO


2. Femmina selvatica (P) X Maschio di laboratorio (M)
F1 NORMALE

La progenie DISGENICA si otteneva da un solo tipo di incrocio:


 Femmina di Citotipo P (presenta elementi P) x Maschio di Citotipo M (privo di elementi P).

Si riuscì a dimostrare che negli incroci in cui vi era ASSENZA di DISGENESI, era fondamentale il ruolo svolto
da un REPRESSORE dell’elemento P:
sembrava che, le femmine di Citotipo P, producevano l’elemento P ma erano anche in grado di
produrre il repressore dell’elemento P.
Per cui nei cromosomi delle cellule uovo era presente l’elemento P, ma nel citoplasma era
presente il REPRESSORE di P.
Quando questa cellula uovo, viene fecondata da un gamete maschile M (privo di elementi P), nella
costituzione dello zigote la maggior parte del citoplasma sappiamo provenire dalla cellula uovo, nel
cui citoplasma però era presente il Repressore dell’elemento P.
il repressore, impedirà agli elementi P di trasporre  la progenie sarà NORMALE.

 Femmina di Citotipo M (priva di elementi P) x Maschio di Citotipo P (presenta elementi P).

La femmina in questo caso, non sarà in grado di produrre il REPRESSORE per P.


Se questa cellula uovo, viene fecondata da un gamete maschile di Citotipo P, che quindi presenta
nel cromosoma l’elemento P  si formerà uno zigote, nel quale sarà presente l’elemento P che
sarà in grado di trasporre liberamente nel genoma (possono verificarsi differenti eventi di
Trasposizione), determinando un numero elevato di mutazioni che a loro volta determineranno
anche sterilità.
In questo caso, si sarà formata  una progenie DISGENICA.

BASI MOLECOLARI DELLA DISGENESI


Il Repressore prodotto dalla Femmina, impedisce la Trasposizione
P x P
di tutti gli elementi P.

M x P L’elemento P del Maschio, sintetizza la Trasposasi  Disgenia dell’Ibrido.

P x M Il Repressore prodotto dalla Femmina, impedisce la Trasposizione


di tutti gli elementi P.
Elementi Trasponibili nell’ UOMO
Presenti nel 45% del Genoma.
- TRASPOSONI a DNA
occupano una porzione del 3% del genoma,
sono AUTONOMI (sintetizzano la Trasposasi), ma ne esistono anche di NON AUTONOMI  non sono in
grado di sintetizzare la Trasposasi, possiedono però delle sequenze che fiancheggiano l’elemento
trasponibile, che comunque possono essere riconosciute dalla Trasposasi e quindi essere trasposti.
- SEQUENZE SINE
Occupano una porzione del 13% nel genoma,
sono corte sequenze di DNA (da SHORT); nel genoma sono presenti in numero inferiore di copie rispetto
alle sequenze Line.
- SEQUENZE LINE
Occupano una porzione del 21% del genoma,
sono lunghe sequenze di DNA (da LONG); nel genoma possono essere presenti in numero molto più elevato
di copie (20.000 nell’uomo e 40.000 nel topo).

 Nel genoma umano, questi elementi trasponibili, sono coinvolti anche in molte Patologie.
La trasposizione, può determinare l’inserimento casuale di questi elementi in geni che hanno funzioni
essenziali  in questo caso, si parla di MUTAGENESI INSERZIONALE che può provocare effetti deleteri.
Fra queste:
o Una forma di EMOFILIA:
il fattore 8 è fondamentale per favorire una normale coagulazione del sangue; la presenza di un
Trasposone L-1 che si inserisce nel Fattore 8, determina la patologia.
o Sembra che le sequenze Line, abbiano anche un ruolo nella genesi di molti TUMORI.
o Una sequenza SINE, denominata ALU (perché possiede una sequenza uguale a quella dell’enzima di
restrizione ALU-1). ALU, si può inserire in alcuni geni e determinare Neurofibromatosi, avere un
ruolo nel CANCRO AL SENO (si inserisce nel gene BRCA2, che ha un ruolo fondamentale in questa
patologia).

MECCANISMI DI TRASPOSIZIONE (EUCARIOTI)


1. TRASPOSIZIONE A DNA
Si verifica per i Trasposoni di Classe 2, a DNA.
Le modalità sono del tutto simili a quelle del meccanismo di trasposizione osservato nei Procarioti:
potrà avvenire quindi, mediante una Trasposizione Semplice o Conservativa oppure mediante una
Trasposizione Replicativa.

2. TRASPOSIZIONE a RNA o RETRO-TRAPOSIZIONE


Si verifica solo negli Eucarioti, per i Retro-Trasposoni di Classe 1, che:
Sono denominati Retrovirus Primitivi perché contengono dei geni, presenti anche nei Retrovirus;
Traspongono mediante un meccanismo simile a quello che si osserva nei retrovirus attraverso un
intermedio a RNA, prodotto da una Trascrittasi inversa  trasformato in DNA, il quale verrà poi
inserito in una nuova localizzazione del genoma.
CONFRONTO TRA RETROVIRUS e RETROTRASPOSONI
I Retro-trasposoni somigliano ai Retrovirus Eucariotici, ma mancano alcune funzioni presenti nel genoma
dei Retro-virus.
Considerando:
il Retrovirus MoMLV:
il virus della Leucemia nel Topo.
Sarà caratterizzato da 3 geni, nella porzione centrale;
fiancheggiato da LTR, Long Terminal Repeat che hanno la
stessa direzione a sx ed a dx.
la funzione dei geni:
gag  maturazione dell’RNA genomico
pol  codifica per tutta una serie di proteine, tra le quali la Trascrittasi inversa
env  sintetizza le proteine che avvolgono il virus esternamente (Envelope).

Trasposone TY-1 nel Lievito:


sono presenti le LTR che fiancheggiano la porzione
centrale, nella quale, sono presenti i geni gal e pol.
In tutti i Trasposoni, mancherà il gene env, ma saranno presenti gli altri due.

 MECCANISMO DI RETRO-TRASPOSIZIONE
Parte da un Trasposone, che viene (ad opera di una RNApol) trascritto in
RNA  che sarà, da una Trascrittasi inversa trasformato in DNA a singolo
filamento prima ed a doppio poi  che sarà in grado di inserirsi in una
nuova posizione del genoma grazie alla Trasposasi  che effettua un taglio
sfalsato a livello del sito bersaglio  il Trasposone viene inserito, ed i
singoli filamenti riempiti dalla DNApol e DNAligasi, per cui, risulterà
fiancheggiato da Ripetizioni Dirette.

ESEMPIO di RETRO-TRASPOSIZIONE
- Elemento TY nel Lievito
L’elemento Ty viene trascritto in un intermedio ad RNA  interviene la Trascrittasi-inversa che genera una
copia di DNA a partire dall’intermedio ad RNA  infine, la Trasposasi inserisce la copia a DNA dell’elemento
in un nuovo sito del genoma.
- Sequenza ALU nell’Uomo
Allo stesso modo, può Retro-trasporre.

 N.B
È possibile che un singolo Retro-elemento, possa essere copiato in molti trascritti di RNA;
ciò vuol dire che si possono formare più retro-elementi, che si possono accumulare rapidamente, e che si
potranno andare ad inserire in diverse posizioni nel Genoma.
Ciò potrebbe determinare un meccanismo molto grave, perché aumentando il numero di Elementi
Trasponibili che si inseriscono nel genoma, aumentano anche i possibili danni che si possono verificare a
carico del DNA.
 Per evitare questi danni,
nelle cellule esistono dei sistemi di REPRESSIONE degli Elementi Trasponibili:
tutti i genomi posseggono dei sofisticati meccanismi che contrastano la capacità che hanno gli Elementi
Trasponibili di spostarsi, mantenendoli in qualche modo SILENTI.
Questi meccanismi, sono:
 MUTAZIONI INATTIVANTI  si possono verificare delle mutazioni nei geni che sono in grado di
sintetizzare le Trasposasi, per cui se questa non viene prodotta, la Trasposizione NON avviene.

 SILENZIAMENTO GENICO MEDIANTE RNA- INTEFERENTE  attuato dalla cellula ospite;


vengono prodotti RNA-interferenti, che saranno in grado di degradare gli RNAm per le Trasposasi,
bloccando la Trasposizione.

 INSERZIONE MIRATA  alcuni elementi trasponibili, sono in grado di individuare dei siti bersaglio
che si trovano in regioni eterocromatiche, considerate come “rifugi di sicurezza” perché se gli
Elementi trasponibili si inseriscono in questi punti, saranno molto meno dannosi per la cellula.
MUTAZIONI
MUTAZIONE  è un evento casuale e stabile, che produce un cambiamento ereditabile
nel materiale genetico.
Le mutazioni, sono alla base dei cambiamenti evolutivi, in quanto principale fonte di variabilità genetica.

Già Mendel, nell’osservazione dei suoi 7 caratteri, si accorse che esistevano differenze fenotipiche,
determinate da 2 forme alternative: una più frequente nelle generazioni osservate (Dominante),
l’altra Rara definita appunto MUTANTE  nella quale, si era verificata un’alterazione dell’espressione
del gene che era responsabile di quella particolare caratteristica.

SCOPERTA DELLE MUTAZIONI


I ricercatori, si chiesero se si trattasse di eventi SPONTANEI o dipendessero da RISPOSTE ADATTATIVE.
Vennero proposte due teorie:
1. TEORIA DELL’ADATTAMENTO di Lamarck
Secondo cui, dei cambiamenti ambientali (eventi fisiologici, come uso o disuso dei muscoli),
potevano determinare delle modificazioni, trasmesse poi alla progenie.
2. TEORIA DELLA MUTAZIONE SPONTANEA di Darwin
Secondo la quale, le mutazioni si verificano in modo casuale in una popolazione, avvengono
spontaneamente; interviene poi la selezione naturale che può favorire gli organismi che si adattano
meglio in un determinato ambiente.
In particolare, questa teoria, si basa sul successo riproduttivo.

La prova sperimentale, a favore dell’origine casuale delle mutazioni, fu data da alcuni esperimenti effettuati
con i batteri:
 TEST DI FLUTTUAZIONE
Coltivando cellule batteriche di E. coli in presenza del Batteriofago T1, che normalmente ne causava lisi, si
osservò come queste invece erano resistenti al batteriofago stesso.
I ricercatori, capirono che la resistenza fosse dovuta ad una mutazione e ci si chiese se si trattasse di una
mutazione spontanea o se fosse determinata da un adattamento fisiologico.
Utilizzarono 4 colture separate, ognuna delle quali, si originava da una singola cellula batterica.
Solo alla quarta generazione, le colture vennero sottoposte alla presenza del fago T1:
- Se si fosse trattato di una mutazione dovuta ad un cambiamento fisiologico indotto dal fago, nella
quarta generazione, si sarebbero dovuti trovare dei mutanti resistenti, in tutte le colture e più o
meno nella stessa proporzione.
- Se si fosse trattato invece di una mutazione casuale, che può avvenire spontaneamente in qualsiasi
momento della crescita batterica, in alcuni casi la mutazione insorge indipendentemente
dall’agente mutageno (fago) già alla prima generazione.
Tanto prima insorge una mutazione, tanto è probabile che questa cellula mutata si divida e dia origine ad
un numero maggiore di cellule mutate.
Si riuscì in questo modo a capire, che nel caso del test della mutazione casuale o spontanea, nella
quarta generazione si osservavano risultati differenti dai risultati che si sarebbero potuti ottenere
con le mutazioni dovute a cambiamenti fisiologici.
Infatti, il numero dei batteri resistenti era variabile  FLUTTUAVANO

Proprio per questo, venne ideato il TEST DI FLUTTUAZIONE:


Per confermare che le mutazioni, si originano in modo spontaneo, partirono da:
una coltura di batteri E. coli sensibili al batteriofago T1;
In seguito ad incubazione ed ottenuta una buona crescita, decisero di inoculare:
una quantità di 103 cellule in parallelo, utilizzando
batteriche per ml, in un sempre la stessa
volume molto grande concentrazione, 20
all’interno di una beuta colture in piccoli volumi.
 COLTURE MASSIVE

In seguito ad incubazione ed ottenuta una buona crescita, prelevarono una stessa aliquota dalla coltura
massiva e da ognuna delle singole piccole colture e le piastrarono su di un terreno selettivo contenente il
batteriofago.
I risultati furono completamente diversi:
- Nelle piastre che provenivano dalle singole piccole colture, si osservava una certa variabilità; per
cui erano presenti piastre in cui era presente una piccola colonia, altre in cui non c’era alcuna
colonia mutante ed altre ancora in cui vi erano molte colonie mutanti.
Si osservava quindi una certa FLUTTUAZIONE che poteva essere determinata dal fatto che, nelle
singole colture, tanto prima si verificava l’insorgenza di una mutazione, tanto più era probabile che
la cellula mutata, dividendosi, avrebbe dato origine ad un numero di cellule mutanti che avrebbero
dato delle colonie numerose in quella piastra.
- Nelle piastre che provenivano dalla coltura massiva, si osservava un numero di mutanti più o
meno omogeneo.
Questo risultato, fu spiegato dal fatto che nella beuta della coltura massiva, era presente un gran
numero di batteri, per cui le cellule mutanti, in qualsiasi momento la mutazione fosse insorta,
potevano mescolarsi  prelevando piccole quantità, era molto probabile riuscire a prelevare
aliquote nelle quali la quantità di mutanti fosse piuttosto bassa.
Grazie a questo esperimento, si riuscì a dimostrare che le mutazioni insorgono in modo spontaneo.

 REPLICA PLATING
Grazie a questo ulteriore test, si riuscì a dimostrare che le mutazioni spontanee possono essere dimostrate
prima ancora di venire a contatto con l’agente selezionante (batteriofago T1).
I ricercatori, fecero crescere un certo numero di colonie su una Piastra Petri, in assenza del batteriofago T1.
Dopodiché effettuarono un cosiddetto Piastramento in Replica:
Preso un cilindro nel quale veniva posto una porzione di velluto, che avrebbe avuto
la funzione di fare da TIMBRO  lo si poteva poggiare sulla superficie della piastra
contenente le colonie, in maniera tale che le colonie rimanessero adese al velluto.
- Fondamentale in questo esperimento, è orientare la piastra ed il cilindro:
significa porre un segno sulla piastra e sul cilindro, in modo tale che il timbro potrà
essere pigiato su altre piastre con lo stesso orientamento.
Cosicché avvenuta la replica mediante il timbro (premuto sulla superficie di nuove
piastre contenenti sempre il batteriofago T1), se dopo saranno presenti dei mutanti,
sarà possibile dalla posizione che occupano, risalire alla colonia batterica che era già
presente nella piastra madre.
Ottennero come risultato, un numero di mutanti che era identico e che occupava sempre la stessa
posizione e che quindi il batteriofago aveva avuto solo la capacità di selezionare i mutanti.
A questo punto, si potrà prelevare nella piastra madre la colonia risultata mutante e si può determinare un
arricchimento della colonia, ponendola in un terreno liquido completo, così da poter selezionare la colonia
batterica mutante prima ancora che venga a contatto con il batteriofago T1.
- Infatti, se la mutazione fosse stata dovuta ad un adattamento fisiologico, le mutazioni sarebbero
comparse in seguito al contatto con l’agente mutageno.
Per cui nelle piastre, le posizioni dei mutanti nelle colonie erano casuali e non sempre nella stessa
posizione.
Questo test fu la conferma definitiva dell’insorgenza spontanea delle mutazioni.
Le mutazioni possono essere classificate, in base all’ampiezza del cambiamento che determinano a livello
del DNA, in:
 MUTAZIONI GENICHE  Si verificano in coppie di nucleotidi;
 MUTAZIONI CROMOSOMICHE  Riguardano la struttura dei cromosomi
 MUTAZIONI GENOMICHE  Riguardano il numero dei cromosomi di un intero assetto

MUTAZIONI GENICHE
Si tratta piccole mutazioni, molto rare (puntiformi).
Riguardano coppie di basi in un singolo gene, che determinerà un cambiamento della sequenza
nucleotidica del gene per cui non verrà più prodotta una proteina normale ma si verificherà un’alterata
espressione fenotipica.
Se ne conoscono di due tipi:
o SOSTITUZIONI DI BASI: in qualsiasi punto della sequenza del DNA altera un singolo Codone
Possono a loro volta avvenire con 2 modalità:
- TRANSIZIONI: fanno sì che le basi puriniche (A-G) possano essere sostituite con altre purine;
o che le basi pirimidiniche (C-T) possano essere sostituite con altre pirimidine.
- TRANSVERSIONE: si verificano quando una purina viene sostituita con una pirimidina e viceversa.
Transizioni (4) e Transversioni (8), possono dare origine a 12 differenti cambiamenti di basi.

o INSERZIONI e DELEZIONI DI BASE: si verificano perlopiù durante la replicazione del DNA.


Per errore, può essere inserita una base in più o può essere persa una base; in entrambi i casi dal
punto in cui si verifica la mutazione  si avrà uno scivolamento del codice di lettura.
In particolare, delezioni o inserzioni, si verificano quando vi sono delle sequenze di basi ripetute.

In generale, le mutazioni, possono essere misurate quantitativamente, mediante il:


 TASSO DI MUTAZIONE: rappresenta la probabilità che una mutazione si verifichi nel tempo.
Negli Eucarioti, compreso tra 10−4 e 10−5 per gene e generazione;
Nei Procarioti , compreso tra 10−5 e 10−7 per gene e generazione.
 FREQUENZA DI MUTAZIONE: riguarda il numero di volte in cui una mutazione si può verificare in
una popolazione.

CONSEGUENZE DELLE MUTAZIONI


Si ripercuotono a livello della proteina codificata.
In base agli EFFETTI che si verificano sulla proteina, è possibile distinguere le mutazioni geniche in:
o MUTAZIONI MISSENSO: mutazione genica che determina la sostituzione di una base in un codone,
per cui si osserverà un codone differente che codificherà per un AA differente  a livello della
proteina, potrà essere persa la normale funzionalità.
Ne è esempio, l’ANEMIA FALCIFORME:
può essere considerata una malattia Ematologica, che riguarda la forma dei Globuli Rossi che
presenteranno una forma a Falce  determinata da una mutazione che si verifica a livello dell’Emoglobina
per cui si avrà il cambiamento di un AA nella proteina (tra Acido Glutammico e Valina).
La forma a falce dei GR, potrà determinare delle ostruzioni nel flusso ematico.
o MUTAZIONI NON SENSO: mutazione genica che determina la sostituzione di una base in un
codone, per cui si osserverà da un codone normale, l’inserimento di un codone di stop 
determinerà l’interruzione della traduzione, per cui la proteina che si formerà, sarà incompleta.
o MUTAZIONI SILENTI: mutazione genica che determina la sostituzione della terza base di un codone
ma l’inserimento del nucleotide scorretto, non va a modificare il codice amminoacidico
(Codice Genetico Degenerato)
o MUTAZIONI FRAME-SHIFT o INDEL: dipendono dall’inserzione o dalla delezione di una singola
base. Dal punto in cui verrà aggiunto o rimosso il nucleotide, si avrà uno scivolamento della cornice
di lettura di tutto il resto dei codoni.

EFFETTI DELLE MUTAZIONI


Possono essere indicati come:
1. MUTAZIONI IN AVANTI: un gene, può essere mutato nella sua forma recessiva (A  a).
2. MUTAZIONI PER REVERSIONE: un allele recessivo ritorni nella sua forma selvatica (a  A).
Se ne conoscono di due tipi:
- RETRO-MUTAZIONE o MUTAZIONE VERA 
la seconda mutazione, determinerà un
cambiamento che ripristina il fenotipo
originale, ma anche il genotipo (perché
avviene nello stesso codone in cui è
avvenuta la prima mutazione).
- SOPPRESSORE  Queste mutazioni, compensano gli effetti della prima mutazione, quindi è
possibile che si ripristini il fenotipo ma NON il genotipo originale.
(agiscono più che altro sul ripristino della funzione).
Si distinguono a loro volta in:
o MUTAZIONE SOPPRESSORE INTRAGENICA: quando la seconda mutazione si verifica su un
nucleotide diverso ma nello stesso codone
dove è avvenuta la prima mutazione.

o MUTAZIONE SOPPRESSORE INTERGENICA: quando la seconda mutazione avverrà in un gene


diverso rispetto alla prima mutazione.
Particolarmente studiata nei batteri, fa riferimento alla possibile presenza di GENI SOPPRESORI per
RNAt mutati:
osservando un codone all’interno di una sequenza, questo verrà trascritto
in un AA che entrerà a far parte di una proteina con lunghezza normale.
Se si dovesse verificare una mutazione NON SENSO, verrà introdotto un
codone di Stop, che farà sì che il ribosoma si fermi e che la sintesi
proteica venga interrotta, per cui si avrà una proteina tronca.

Se avviene però una mutazione soppressore intergenica, in un altro


sito ed in un altro gene  gene soppressore che codifica per un
RNAt che presenterà un anti-codone scorretto (per sostituzione di base),
il quale, sarà in grado di riconoscere il codone di Stop, determinato
dalla prima mutazione nel primo gene SOPPRIMENDOLA:
verrà introdotto un AA in più ma il ribosoma continuerà la traduzione;
alla fine si potranno ottenere delle proteine più lunghe.
CLASSIFICAZIONE DELLE MUTAZIONI
In base alla FUNZIONE
 Mutazioni KNOCK OUT  se insorge una mutazione su un gene, questo perderà la sua funzione.
 Mutazione IPOMORFEA  la mutazione determinerà una riduzione dell’espressione del gene.
 Mutazione IPERMORFA  la mutazione determinerà un aumento dell’espressione del gene.
 Mutazioni NEOMORFICHE  è possibile che un gene venga espresso in una cellula od in un
tessuto, in cui normalmente è silente (guadagno di funzione);
ESEMPIO: Drosophila melanogaster  tessuto oculare che per mutazione Neomorfica si esprimerà in
prossimità delle Antenne, dell’Ala o della Zampa.

In base al TIPO CELLULARE


 Mutazioni GERMINALI  avvengono a carico delle Cellule Germinali (Gameti). L’organismo che
porta la mutazione, sarà in grado di trasmetterla alla generazione successiva attraverso i gameti.
 Mutazioni SOMATICHE  avvengono a livello delle Cellule Somatiche.
NON possono essere trasmesse alle generazioni future, ma rimangono circoscritte nell’individuo nel
quale è insorta la mutazione; si esprime in una particolare area del corpo  area che sarà tanto più
grande, quanto più precocemente durante lo sviluppo si è verificata l’insorgenza della mutazione
somatica.

In base all’ORIGINE
 Mutazioni SPONTANEE  si verificano naturalmente.
Possono essere determinate da modificazioni chimiche che avvengono
spontaneamente a livello delle 4 basi.
Sono molto rare, perché all’interno delle cellule, esistono dei
meccanismi di riparazione che ne riducono il tasso:
tasso di mutazione Eucarioti: da 10−4 a 10−5 per gene e generazione
tasso di mutazione Procarioti: da 10−5 a 10−7 per gene e generazione

Le mutazioni Spontanee possono insorgere:


- In seguito a degli Errori durante i processi cellulari:
si verificano principalmente durante la Replicazione del DNA, ma anche durante la Meiosi
(Crossing-over) e durante la fase finale della divisione quando si avrà la distribuzione dei
cromosomi.
Per quanto riguarda gli errori nei processi cellulari, i principali cambiamenti chimici spontanei delle
basi, sono:
o DEPURINAZIONE una purina può essere rimossa dal DNA per cui si formerà un sito A-PURINICO.
Non essendoci la base come stampo, nella replicazione successiva, la DNApol inserirà nella nuova
elica una base X (una tra le 4 basi);
ciò determinerà l’insorgenza di una mutazione.
o DEAMINAZIONE  quando verrà ad essere rimosso un gruppo Amminico.
La base che subisce Deaminazione, è la Citosina (che si trasformerà, in U  nella maggior parte dei
casi, verrà riconosciuta ed eliminata dai meccanismi di riparazione del DNA; in altri casi permarrà e
nel ciclo di replicazione successivo, si verificherà una sostituzione delle coppie di basi da CG in AT).
Occorre ricordare che nel DNA di Eucarioti e Procarioti, esiste una piccola quantità di
5-Metil-Citosina  una citosina metilata al C5.
Se questa base, perde il gruppo amminico, diventa una T, per cui si avrà una mutazione che
essendo (a differenza dell’U prima) un componente normale del DNA, non verrà riconosciuta come
base insolita dai meccanismi di riparazione e nel successivo ciclo di replicazione si appaierà con l’A.
Per questo, si dice che la Citosina Metilata rappresenti un punto caldo di Mutazione.
o OSCILLAZIONE TAUTOMERICA  quello più frequente.
Le basi possono esistere in 2 forme differenti, che prendono il nome di Tautomeri:
G e T  Forma CHETONICA (normale) e Forma ENOLICA (rara)
A e C  Forma AMINICA (normale) e Forma IMMINICA (rara)
Se nel DNA una base si trova nella sua forma rara, potrà determinare degli appaiamenti scorretti;
esempio:
T nella sua forma Enolica si appaia con G.
L’oscillazione Tautomerica avvenuta (TG), farà sì che quando il DNA andrà incontro a replicazione, quando il
filamento che contiene la T normale funge da stampo, si appaierà normalmente all’A;
quando il filamento che contiene la G (per oscillazione Tautomerica) funge da stampo, si appaierà con la C
 insorge una Mutazione.
- Per la presenza nell’ambiente di Agenti mutageni dei quali NON si conosce l’esistenza:
possono essere determinati dai gas di scarico delle macchine, dal fumo, dalle ciminiere, agenti
mutageni presenti nei cibi  tutte sostanze che possono avere un effetto dannoso nell’organismo.
- Dagli Elementi Genetici Mobili:
i Trasposoni, che possono lasciare il sito in cui si trova, determinando sul DNA la formazione di
un’interruzione, che se non viene riparata potrà sfociare in mutazione.
Inoltre, è possibile che un elemento trasponibile venga inserito in un sito bersaglio dove può essere
presente un gene, impedendone l’espressione oppure alterarne l’espressione.

 Mutazioni INDOTTE  determinate da agenti mutageni Fisici o Chimici


I mutageni FISICI possono essere suddivisi in due classi:
o RADIAZIONI IONIZZANTI: principalmente rappresentate dai raggi X e γ.
Hanno una lunghezza d’onda breve ed un’elevata energia  penetrano
profondamente nelle molecole biologiche, provocando dei danni al DNA
causati principalmente da rotture dello scheletro zucchero-fosfato.
Vengono utilizzati nella cura terapeutica di numerose forme di Tumori.
Queste radiazioni hanno effetto cumulativo che a lungo raggio
provocano danni abbastanza gravi.
o RADIAZIONI NON IONIZZANTI: rappresentate dai raggi UV.
Hanno lunghezza d’onda maggiore ed un’energia minore rispetto alle
radiazioni ionizzanti  non riescono a penetrare profondamente
all’interno delle molecole, ma sono in grado di causare danni al DNA.
In particolare possono determinare la formazione dei Dimeri di T per cui
si avrà una distorsione della doppia elica (mutazione in genere riparata),
che se non viene risolta, nella replicazione non permetterà alla DNApol di
passare oltre, determinando blocco del processo e danno grave.

I mutageni CHIMICI, sono distinguibili in:


o ANALOGHI DELLE BASI: possono far insorgere mutazioni durante la replicazione del DNA;
possono cambiare forma dopo essere stati incorporati nella nuova
molecola durante la replicazione del DNA.
Tra questi sono da annoverare:
- l’analoga dell’A  la 2-Ammino-purina, che nella sua forma Amminica, si
appaia con la T, nella sua forma Imminica alla C, determinando delle
mutazioni per sostituzione di basi;
- analogo della T  il 5-Bromo-Uracile, ha un residuo di Bromo al posto del gruppo metilico;
nella sua forma rara si appaia alla G.
o AGENTI INTERCALANTI: possono far insorgere mutazioni durante la replicazione del DNA.
Hanno una struttura planare, che permette di intercalarsi tra le basi della
doppia elica del DNA, determinando una distorsione della molecola.
- Tra questi: Acridina, Proflavina e Bromuro d’Etidio
Per inserzione o delezione di un agente intercalante, si possono
determinare mutazioni Frame-Shift.

o AGENTI CHE MODIFICANO LE BASI: inducono mutazione in qualsiasi stadio del ciclo cellulare.
Sono:
- AGENTI DEAMINANTI: l’Acido Nitroso  agente mutageno che ha effetti diversi sulle varie basi:
Sulla G non ha alcun effetto: la trasforma in Xantina ma si appaierà normalmente con la C.
Sulla C determina Deaminazione: in U che si appaierà con l’A; si avrà una transizione.
Sull’A determina Deaminazione: in Ipoxantina che si appaia alla C; si avrà una transizione.
- AGENTI IDROSSILANTI: l’Idrossilammina  agisce sulla C, aggiungendo un gruppo OH, che
determinerà la formazione di un Idrossil-Ammino-Citosina che si appaierà con l’A;
si avrà una transizione
- AGENTI ALCHILANTI: il Metil-Metan-Sulfonato  agisce sulla G, aggiungendo un gruppo metilico,
che determinerà la formazione della Metil-Guanina che si appaierà con la T; si avrà una transizione.

I mutageni chimici, molto spesso sono cancerogeni.


Si è scoperto che dal XX secolo in poi, a causa dello sviluppo tecnologico, sono aumentate le emissioni
nell’ambiente di composti chimici  potenziali agenti mutageni.
 La MUTAGENESI studia i meccanismi che sono alla base dell’azione degli agenti mutageni.
Analizza gli effetti che possono avere le sostanze chimiche e se possono essere considerate
mutagene.
Uno dei Test più semplici per capire se una sostanza è cancerogena, è il TEST DI AMES:
Ames utilizzò un test indiretto, semplice e poco costoso, per saggiare i composti chimici e capire se questi
avessero effetti mutageni.
Si basò sull’utilizzo di un ceppo batterico di Salmonella typhimurium auxotrofo per l’Istidina.
Cercò di capire se mettendo in contatto questo ceppo batterico con un composto chimico, il ceppo fosse in
grado di revertire (ripristinare la capacità di sintetizzare l’istidina).
- ESPERIMENTO
Utilizzò 2 ceppi di Salmonella, entrambi presentanti una mutazione puntiforme in un gene coinvolto nella
biosintesi dell’Istidina, ma in diverse posizioni.
Mise i due ceppi in due provette separate a
contatto con una sostanza X, che è un
composto chimico e con enzimi di fegato di
ratto (S9)  fondamentali in quanto, molte
sostanze chimiche, non sono di per sé
mutagene, ma lo diventano una volta
metabolizzate dagli enzimi epatici (si rende così
l’esperimento, più simile alle condizioni che si
hanno all’interno dell’organismo umano).
Dopodiché effettuò un esperimento di
controllo, che consisteva nel mettere a contatto
gli enzimi di fegato di ratto con una miscela dei
ceppi 1 e 2, in assenza dell’agente chimico.
Ottenute le 3 miscele,
le piastrò su delle piastre all’interno delle quali veniva posto un terreno minimo (assenza di His):
potevano crescere solo batteri revertiti  erano riusciti, grazie alla sostanza chimica che aveva avuto
azione mutagena, a trasformarsi nel ceppo prototrofo.
- Nel caso del controllo: non si otteneva crescita (al massimo in piccolo numero, dovuta a reversione
naturale)
- Nelle altre due piastre: si otteneva crescita  il mutageno aveva revertito ceppi 𝐻𝑖𝑠 + in 𝐻𝑖𝑠 − .

Le cellule, hanno sviluppato dei SISTEMI DI RIPARAZIONE ai danni al DNA


- Sistemi MMR, BER, NER, di RIPARAZIONE DIRETTA
Qualora i sistemi di riparazione non riuscissero a riparare correttamente i danni al DNA, le mutazioni
causerebbero morte delle cellule o varie patologie (XERODERMA PIGMENTOSO, SINDROME DI BLOOM)

MUTAZIONI CROMOSOMICHE
Dette anche Aberrazioni Cromosomiche;
Come le mutazioni geniche, anche queste possono insorgere spontaneamente od essere indotte da agenti
fisici, chimici o biologici (elementi trasponibili).
Possono inoltre insorgere, nelle cellule somatiche od in quelle germinali.
In genere, la gravità di questo tipo di mutazioni, dipende dalla quantità di geni che possono essere
interessati.
Causano anomalie nel numero (perdita o acquisizione di cromosomi) e nella posizione dei geni.
Nell’Uomo rappresentano quasi il 50% degli aborti spontanei, determinano infertilità, ritardo
nell’accrescimento, ritardo mentale, neoplasie e danni molto gravi.
Sono identificabili, attraverso l’analisi del Cariotipo:
lo studio dei cromosomi, normali ma anche mutati, è dato dalla CITOGENETICA
- l’osservazione dei cromosomi al microscopio, avviene durante la metafase della mitosi o della
meiosi. Per essere però osservabile, una mutazione della struttura del cromosoma, deve
coinvolgere almeno 6x106 coppie di basi.
Anche le mutazioni cromosomiche, generano variabilità genetica.

Le mutazioni Cromosomiche, si possono distinguere in:


 STRUTTURALI  riguardano la struttura dei cromosomi.
Sono 4:
- Le prime due, possono determinare variazioni nella quantità di informazione genetica che può,
essere persa (nel caso della Delezione) o duplicata (nel caso della Duplicazione).
- Le ultime due, determinano dei riarrangiamenti genetici (riposizionamento del materiale genetico).
o DELEZIONE:
consistono nella rottura e perdita di un frammento di DNA.
 Generalmente spontanee od indotte da agenti chimici o fisici; si possono anche determinare in
seguito ad alcuni errori durante la Ricombinazione.
 La delezione, a differenza di tutte le altre mutazioni cromosomiche che riguardano la struttura dei
cromosomi, sono IRREVERTIBILI  una volta che il frammento di DNA viene perso, non può più
essere recuperato.
 le conseguenze delle delezioni, possono essere osservate a livello CITOLOGICO:
immaginando che la delezione si sia verificata in uno dei due cromosomi omologhi,
nella meiotica, quando i cromosomi tenderanno ad appaiarsi, quello normale non
profase
troverà sul cromosoma omologo la parte deleta  si formerà la cosiddetta
ANSA DI DELEZIONE.
 Gli effetti fenotipici, dipendono dalla dimensione del frammento deleto; è possibile che vengano
persi geni essenziali o che la delezione riguardi il centromero, in questo caso si parlerà di
cromosoma A-Centrico (nella divisione successiva, non si potrà più legare alle fibre del fuso, per cui
verrà perso).
 Le delezioni determinano uno SBILANCIAMENTO del dosaggio genico (proprio perché si perdono
porzioni di materiale genetico)
 inoltre, se si tratta di una porzione del cromosoma che contiene un gene in una condizione di
Eterozigosi, supponendo che la delezione determini la perdita dell’allele dominante, si manifesterà
nel fenotipo l’allele recessivo  in questo caso, si parlerà di PSEUDODOMINANZA.
Nell’Uomo, le delezioni possono determinare:
SINDROME DI CRI-DU-CHAT: si verifica per delezione in uno dei due cromosomi omologhi  si parla di
DELEZIONE ETEROZIGOTE, del braccio corto del cromosoma 5.
La frequenza con la quale questa sindrome si verifica è di 1/50.000 nati;
causa ritardo mentale, anomalie di sviluppo della laringe e difetti di sviluppo
della faccia.
Questi individui potranno andare prematuramente incontro a morte.
SINDROME DI PRADER WILLI: riguarda una delezione Eterozigote nel braccio lungo del cromosoma 15;
la frequenza con la quale insorge la sindrome è di 1/10.000 nati vivi.
I neonati inizialmente avranno un accrescimento molto lento, poi intorno ai
2-3 anni inizieranno ad avere disturbi alimentari  obesità e morte.
Tuttavia, le cause non sono ancora del tutto chiare.

o DUPLICAZIONE
Riguarda la ripetizione di un frammento cromosomico, rispetto ad un cromosoma normale.
Si può verificare durante la Meiosi, per Crossing-over anomalo  per cui, il frammento duplicato si troverà
sul cromosoma omologo.
Generalmente i tipi di duplicazione avvengono in Tandem: vuol dire che si
verificano principalmente in modo adiacente; si può parlare di due tipi di
Duplicazione in Tandem:
1. Duplicazione TANDEM INVERSA
È determinata quando il segmento duplicato, viene invertito
rispetto all’originale (BC).
2. Duplicazione TANDEM TERMINALE
È determinata quando il segmento duplicato si trova in una
porzione telomerica (AB).
La duplicazione,
può essere determinata da Crossing-over ineguali durante la Meiosi:
 Se due cromosomi omologhi si appaino in maniera scorretta, si verificherà
un Crossing-over tra due cromatidi non fratelli, che si scambieranno delle
regioni.
 Gli effetti della duplicazione, possono essere evidenziati CITOLOGICAMENTE: anche in questo caso,
si avrà la formazione di un’ANSA di DUPLICAZIONE.
 Gli effetti FENOTIPICI, anche in questo caso, sono correlati alle dimensioni della duplicazione.
 Le duplicazioni sono meglio tollerate rispetto alle delezioni.
ESEMPIO
- Mutante BAR di Drosophila
Riguarda la duplicazione della regione 16A, sul cromosoma X:
In condizioni normali, ogni cromosoma omologo possiede una sola regione 16A.
Se si dovesse verificare un Crossing-over ineguale, dei due cromosomi, uno sarà privo della regione 16A,
l’altro ne presenterà una dose doppia  ALTERATO DOSAGGIO GENICO che avrà delle conseguenze a
livello della dimensione dell’occhio, che sarà più stretto (a barra).
È stato dimostrato come, questa mutazione sia un esempio di Dominanza INCOMPLETA:
essendo associato all’X  le femmine omozigote bar = occhio a barra
le femmine eterozigote bar = occhio medio
i maschi emizigoti =occhio molto piccolo.

o INVERSIONE
All’interno di uno stesso cromosoma, si possono verificare due rotture:
il frammento che si crea, viene reinserito dopo aver subito una rotazione di 180°.
L’inversione può essere:
- PARACENTRICA: non comprende il centromero.
- PERICENTRICA: coinvolge una regione che contiene il centromero.
 Non si ha perdita di materiale genetico, ma nei punti in cui si verifica la rottura possono essere
presenti geni che essendo interrotti, potranno essere inattivati.
 Le Conseguenze Meiotiche sono differenti, perché se l’inversione avviene in entrambi i cromosomi
omologhi (CONDIZIONE OMOZIGOTE), non si avrà alcuna conseguenza, la meiosi sarà normale.
Se invece, uno solo dei due cromosomi omologhi subisce l’inversione (CONDIZIONE ETEROZIGOTE)
le conseguenze possono essere abbastanza gravi:
in questo caso, nella Meiosi 1, si formerà l’Ansa di INVERSIONE al cui interno si può verificare un
Crossing-over, che produrrà Cromosomi SBILANCIATI.

EFFETTI INVERSIONE PARACENTRICA:


Considerando una coppia di omologhi, Eterozigote per un’inversione
paracentrica (inversione avvenuta su uno solo dei due cromosomi):
nel momento in cui i due cromosomi si appaieranno,
si formerà l’ANSA DI INVERSIONE all’interno della quale può avvenire
un crossing-over.
Quando, durante l’anafase avviene la segregazione, si formeranno dei
cromosomi DICENTRICI (due centromeri) ed un frammento che è privo di
centromero, che verrà perso.
A questo punto, i centromeri verranno spostati verso i poli opposti delle
cellule ed alla fine si verificherà una rottura (casualmente, in qualsiasi punto)
del ponte di-centrico (che teneva uniti i 2 centromeri), per cui si formeranno
dei cromosomi che hanno subito una delezione, si diranno SBILANCIATI
ed altri che potrebbero essere normali, si diranno VITALI.
EFFETTI INVERSIONE PERICENTRICA:
Durante l’appaiamento, alla Profase 1 della Meiosi, può
avvenire un crossing-over all’interno dell’ansa, per cui alla
segregazione, i prodotti saranno:
- 1 normale VITALE
- 1 prodotto di inversione, VITALE
- Gli altri 2 saranno NON VITALI, perché portatori o di
delezioni o di duplicazioni.

Una delle conseguenze dell’inversione, è:


l’EFFETTO DI POSIZIONE:
 Si tratta di un fenomeno che altera l’espressione dei geni.
Per cui, un gene, che normalmente si trova localizzato in una regione Eucromatica (quindi un gene
normalmente espresso), a causa di un’inversione, può ritrovarsi in una regione Eterocromatica  verrà
silenziato, non sarà più in grado di essere espresso e quindi di esprimere un determinato fenotipo.

ESEMPIO
- EFFETTO DI POSIZIONE: Occhio VARIEGATO in Drosophila
Fenotipo selvatico = occhio rosso  determinato dal gene white 𝑤 + , sull’X.
In seguito ad inversione, può succedere che il gene w, venga introdotto in una regione Eterocromatica, per
cui verrà silenziato, non verrà prodotto il pigmento e si formeranno delle cellule che daranno origine a
delle zone dell’occhio bianche.
Nell’occhio si avrà un’alternanza di colore rosso (determinato dai cromosomi in cui non è avvenuta
inversione) e bianco (prodotto dalle cellule in cui i cromosomi hanno subito inversione).

- Situazione simile si osserva nell’Uomo: ANIRIDIA


Si tratta di una condizione congenita dell’occhio, che sarà privo di Iride.

o TRASLOCAZIONE
Consente lo spostamento di tratti di DNA sullo stesso cromosoma o su un cromosoma differente.
Le Traslocazioni, si distinguono in:
 Traslocazioni SEMPLICI  qualora il trasferimento sia uni-direzionale.
A sua volta, la traslocazione può essere:
- INTRACROMOSOMICA: se il trasferimento riguarda lo stesso cromosoma
- INTERCROMOSOMICO: se il trasferimento riguarda due cromosomi differenti.
In entrambi i casi, si parla di TRASLOCAZIONE SBILANCIATA, perché nel momento in cui avviene lo
spostamento si avrà un riarrangiamento cromosomico che a sua volta, può essere associato a delle
Patologie molto gravi.
 Traslocazioni RECIPROCHE  qualora il trasferimento sia bi-direzionale.
Riguarda quindi due cromosomi.
In questo caso, si verificano riarrangiamenti cromosomici che possono dare origine a TRASLOCAZIONI
BILANCIATE.
Le Conseguenze Meiotiche sono differenti:
 Se la traslocazione avviene in una condizione OMOZIGOTE ed è anche una Traslocazione
RECIPROCA, la Meiosi avviene normalmente.
 Se la traslocazione avviene in una condizione di ETEROZIGOSI (riguarda uno solo dei due
cromosomi omologhi), si formeranno Gameti SBILANCIATI che possono determinare la produzione
di cromosomi Duplicati o con Delezioni, che sono NON VITALI.
EFFETTI DELLA TRASLOCAZIONE
Considerando organismi Eterozigoti per una Traslocazione reciproca.
quando alla profase 1 nella Meiosi, i cromosomi si appaiano,
daranno origine ad una struttura - che deriva dalla capacità dei cromosomi di trovare regioni di omologia e
quindi di appaiarsi -
TETRAVALENTE, a croce.
Successivamente, durante l’Anafase della Meiosi 1, si possono verificare 3 tipi di Segregazione:
1. Segregazione ALTERNATA  delle due cellule formate nella prima fase della meiosi,
una presenterà i 2 cromosomi traslocati e l’altra i due cromosomi normali.
2. Segregazione ADIACENTE-1  in una cellula saranno presenti il cromosoma 1 normale
ed il 2 traslocato e nell’altra cellula il cromosoma 1 traslocato ed il 2 normale.
3. Segregazione ADIACENTE-2 molto rara; in una cellula saranno presenti il
cromosoma 2 normale con il cromosoma 2 traslocato e nell’altra cellula il cromosoma
1 normale ed il cromosoma 1 traslocato.
Per quanto riguarda i prodotti meiotici (le 4 cellule):
1- Dalla segregazione alternata, si formeranno 4 cellule:
2 delle quali saranno normali, perché possiedono i cromosomi 1 e 2 nella loro interezza;
le altre 2 porteranno la traslocazione  condizione si SEMI-STERILITÀ in quanto metà dei gameti
sono vitali, l’altra metà portatori di traslocazioni
2- Dalle segregazioni Adiacente 1 e 2, si formeranno 4 cellule, in entrambi i casi, tutte Sbilanciate.
Tutti i gameti NON sono VITALI.

Inoltre, le Traslocazioni,
 possono essere responsabili di riarrangiamenti cromosomici, che nell’Uomo, possono determinare
l’insorgenza dei Tumori.

ESEMPI
- LINFOMA DI BURKITT: riguarda una traslocazione tra il cromosoma 8 ed il 14
Si tratta di un Tumore di origine virale.
Interessa le cellule B del SI e coinvolge il gene MYC (un Proto-oncogene, che ha una sua regione regolatrice)
localizzato sul cromosoma 8 ed alcuni geni per le Immunoglobuline sul cromosoma 14, anche questi sotto
il controllo di un proprio promotore.
La differenza tra questi due geni, è che le Immunoglobuline vengono sempre espresse, il gene MYC invece è
uno dei geni necessari per la proliferazione delle cellule, per cui si esprime solo in determinati momenti.
Quando si verifica una traslocazione ed il gene MYC viene traslocato sul cromosoma 14:
può accadere che il gene MYC si trovi sotto il controllo del promotore delle Immunoglobuline
(regione di regolazione di geni che sono sempre trascritti)  si avrà una iperproduzione della
proteina espressa dal gene MYC che è responsabile del tumore.
- LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA: riguarda una traslocazione tra il cromosoma 9 ed il 22
Nel cromosoma 9 è presente un proto-oncogene, ABL.
nel cromosoma 22 è presente un proto-oncogene, BCR.
Quando si verifica la traslocazione, può accadere che i due geni si ritrovino talmente vicini da fondersi
insieme, dando luogo al cosiddetto CROMOSOMA PHILAPELPHIA:
i geni BCR e ABL, fusi, determineranno la produzione di una proteina IBRIDA che sarà in grado a sua
volta di produrre, in maniera incontrollata, globuli bianchi  determinando la Leucemia.

 NUMERICHE  riguarderanno la variazione del numero dei cromosomi


In questo caso, si fa riferimento alle cosiddette MUTAZIONI GENOMICHE:
Possono riguardare l’aggiunta o la perdita di singoli cromosomi, oppure l’intero genoma.
 In condizioni normali, negli organismi Eucariotici che sono diploidi, si parla di EUPLOIDIA.
 Quando si verificano delle variazioni del numero cromosomico, si parla di:
ANEUPLOIDIA:
quando l’assetto cromosomico sarà aumentato o diminuito di singoli cromosomi.
Negli organismi diploidi, si distinguono 4 tipi di Aneuploidie:
- NULLISOMIA  assetto (2n-2): dall’assetto diploide sono stati persi 2 cromosomi.
- MONOSOMIA  assetto (2n-1): verrà perso un solo cromosoma di una coppia di omologhi.
- TRISOMIA  assetto (2n+1): si avrà l’aggiunta di un cromosoma
- TETRASOMIA  assetto (2n+2): si avrà l’aggiunta di una coppia di omologhi.
La loro origine,
dipende dal CONTENUTO DEI CROMOSOMI DEI GAMETI:
Nell’uomo (assetto cromosomico di 23 coppie di cromosomi) un gamete normale conterrà 23
cromosomi; se questo gamete, viene fecondato da un gamete ANORMALE che possiede ad
esempio un numero di cromosomi, Inferiore  si formeranno delle Aneuploidie.

In particolare, le Aneuploidie, si possono formare in seguito a:


 ERRORI MITOTICI
è possibile che durante la Mitosi (dopo la Fecondazione), ci possano essere delle anomalie nel
numero dei cromosomi; ciò è determinato da una NON DISGIUNZIONE MITOTICA, per cui i
cromosomi non saranno in grado di separarsi in maniera corretta.
Vuol dire che all’Anafase, i due cromatidi possono NON separarsi e andare nella stessa cellula,
determinando la formazione di una cellula Trisomica.
Di contro, l’altra cellula avrà un cromosoma in meno;
in questo caso, si formerà una cellula Monosomica
 PERDITA DI UN CROMOSOMA
si può verificare quando un cromosoma non riesce ad associarsi ad un fuso mitotico;
rimarrà al di fuori della membrana nucleare che si sta per formare e verrà perso.
In questo caso, la cellula che avrà perso il cromosoma sarà una cellula Monosomica.
 ERRORI MEIOTICI: per una NON DISGIUNZIONE MEIOTICA.
Supponendo che la NON disgiunzione avvenga alla Meiosi 1  si formerà una cellula priva di quel
cromosoma ed un’altra che ne presenta una doppia copia:
Quando queste cellule andranno incontro a divisione,
si formeranno dei gameti in cui l’assetto sarà n+1 e dei gameti n-1.
Quando i gameti n+1 anomali, saranno fecondati da un gamete normale  zigoti TRISOMICI.
Quando i gameti n-1 anomali, saranno fecondati da un gamete normale  zigoti MONOSOMICI.
Supponendo invece, che la NON disgiunzione avvenga alla Meiosi 2  i cromosomi omologhi alla prima
divisione si separano normalmente, ma alla seconda divisione meiotica, si formeranno:
un gamete in cui l’assetto sarà n+1, l’altro con assetto n-1.
Quando i gameti n+1 anomali, saranno fecondati da un gamete normale  zigoti TRISOMICI.
Quando i gameti n-1 anomali, saranno fecondati da un gamete normale  zigoti MONOSOMICI.

le Aneuploidie inoltre, si possono verificare a livello degli Autosomi o dei cromosomi Sessuali.
 Nel caso dei cromosomi sessuali:
SINDROME DI KLINEFELTER (XXY)
SINDROME DEL TRIPLO X (XXX)
SINDROME DI TURNER (X0)
SINDROME DI JACOBS (XYY): in questo caso, l’Aneuploidia è abbastanza sopportata per cui gli
individui possono anche raggiungere l’età adulta.
L’unico problema che possono avere è l’immaturità sessuale e dei fenotipi particolari
 Nel caso degli Autosomi:
tutte le Aneuploidie che si verificano nell’Uomo e che riguardano gli Autosomi, perlopiù NON sono
compatibili con la vita.
Le prime 2, (Trisomia 13 e 18) sono parzialmente compatibili con la vita, in quanto si arriva alla nascita, ma i
neonati muoiono molto presto.
TRISOMIA 13  è denominata SINDROME DI PATAU.
Ha una frequenza di circa 1 nato vivo su 6.000;
determina deficienza mentale e morte precoce (nei primi 3 mesi di vita).

TRISOMIA 18  è denominata SINDROME DI EDWARDS.


Ha una frequenza di circa 1 nato su 800 nati vivi;
determina anomalie, tra cui deficienza mentale e morte precoce (entro i 6 mesi di vita).

TRISOMIA 21  è l’unica Aneuploidia nell’Uomo compatibile con la vita, infatti gli individui affetti
raggiungono l’età adulta.
È la cosiddetta SINDROME DI DOWN.
È determinata dal fatto che il cromosoma 21 sia presente in 3 copie.
Ha una frequenza di 1 su 1000 nati vivi;
rappresenta una delle cause più frequenti di ritardo mentale nei bambini.
Il fenotipo è caratterizzato dalla forma della testa, piuttosto piatta.
l’incidenza della Sindrome dipende anche dall’età materna  infatti è stato osservato come man mano che
aumenti l’età materna, dopo i 40 anni, la percentuale di individui affetti diventa più alta.
Tuttavia, esistono delle sindromi di Down, che rappresentano il 14% (su 10.000) circa, indipendenti dall’età.
Circa nel 4% dei casi, non è detto che la Sindrome di Down sia determinata (come in genere
avviene) da una NON disgiunzione Meiotica del cromosoma 21  in questo 4% dei casi, la
sindrome può essere determinata da una traslocazione e quindi da una mutazione della struttura
dei cromosomi che prende il nome di TRASLOCAZIONE ROBERTSONIANA.
In questo caso, si parla di SINDROME DI DOWN FAMILIARE: vuol dire che uno dei genitori,
possedeva la Traslocazione Robertsoniana.

TRASLOCAZIONE ROBERTSONIANA:
Coinvolge il cromosoma 21 ed il cromosoma 14;
si verifica una rottura ed una conseguente fusione centrica  si formeranno:
un cromosoma che porta la traslocazione Robertsoniana
un frammento privo di centromero che verrà perso nelle successive divisioni.
 Quello che si forma in seguito alla traslocazione Robertsoniana,
è una fusione tra il cromosoma 14 ed il cromosoma 21.
GENITORE NORMALE: possiede la coppia dei cromosomi 14 e la coppia dei 21.
 Alla meiosi, si formeranno gameti normali contenenti uno il
cromosoma 14, l’altro il 21.
GENITORE PORTATORE: possiede un cromosoma 14, un cromosoma 21 ed un
cromosoma con la traslocazione Robertsoniana.
 Alla meiosi, si potranno verificare 3 tipi di segregazione:
1. Si formeranno gameti che presentano uno il cromosoma 21 e quello
traslocato, l’altro gamete avrà il cromosoma 14.
se il gamete contenete il cromosoma 21 ed il cromosoma traslocato, viene
fecondato da un gamete normale, si avrà la Trisomia 21  3 copie del
cromosoma 21.
Quando invece, il gamete contenete il cromosoma 14, verrà fecondato da un
gamete normale, si formerà una Monosomia  saranno presenti 2 cromosomi
14 ma un solo cromosoma 21, che NON è vitale.
2. Si formeranno gameti che presentano uno il cromosoma traslocato ed il
cromosoma14, l’altro il cromosoma 21
Dopo la fecondazione, si formeranno delle situazioni NON compatibili con la vita.
3. Si formeranno gameti che presentano, uno il cromosoma traslocato e
l’altro un cromosoma 21 ed un cromosoma 14.
Dopo la fecondazione si formeranno nel primo caso la formazione di un
portatore della traslocazione, nel secondo individui normali.
 Alla fine, si saranno formati zigoti:
per 1/3 saranno responsabili della sindrome di Down;
per 2/3 saranno normali
negli altri casi, non saranno vitali.

VARIAZIONE DELLA PLOIDIA: quando riguarda interi assetti cromosomici.


In particolare, si parlerà di:
- MONOPLOIDIA: quando in un assetto, ciascun cromosoma è Monoploide (N)
presente in un’unica copia.
Ha un unico assetto cromosomico e si osserva raramente negli Organismi diploidi (molti non riescono a
sopravvivere); alcune specie però sono costituite da organismi normalmente monoploidi (in api, formiche e
vespe, i maschi sono aploidi; si sviluppano da uova non fecondate.

- POLIPLOIDIA: quando si avrà la moltiplicazione (il raddoppio) di tutti i cromosomi.


Nelle cellule di un organismo si possono osservare più assetti cromosomici.
È molto rara negli animali, incompatibile con la vita;
Triploide (3N)
tollerata in alcuni anfibi, rettili e pesci;
nei mammiferi situazioni di poliploidia si riscontrano nelle cellule di alcuni Tetraploide
tessuti ed organi (muscolo scheletrico, cuore e fegato); mentre è comune (4N)
nelle piante (la maggior parte dei cereali e di molti fiori, sono poliploidi).

1. TRIPLOIDIA (3n).
Nell’uomo è sempre letale.
Rappresenta il 7% degli aborti.
Il 99% muoiono prima della nascita; 1 nato vivo su 10.000, con una prospettiva di vita massima 24h.
Nelle piante è una condizione compatibile con la vita, ma saranno comunque sterili.
La condizione di Triploidia, è sfruttata anche a fini economici:
Esistono alcune specie, come le ostriche (normalmente diploidi), che durante la stagione riproduttiva
hanno un sapore piuttosto sgradevole.
Si riesce a creare artificialmente delle ostriche triploidi, che saranno quindi sterili e che non andranno mai
incontro a stagione riproduttiva, commestibili tutto l’anno.
Esempio Triploidia
In natura, le specie sono in grado di riprodursi e dare origine ai triploidi (sterili), ma
È possibile creare artificialmente specie Triploidi, incrociando:
un Tetraploide (4n) x un diploide (2n):
G 2n n  Triploide

VANTAGGIO  In alcune piante, i triploidi sterili, possono produrre dei frutti privi di semi (banane, uva).

ORIGINE DELLA TRIPLOIDIA:


- La Triploidia si può determinare in seguito alla fusione di un gamete diploide e un gamete aploide.
La maggior parte dei triploidi, generalmente, avranno due assetti paterni ed uno materno  si
parla quindi di DISPERMIA: una cellula uovo viene fecondata da due spermatozoi.
- Oppure, si può verificare durante la Citochinesi (l’ultima tappa della divisione delle cellule), in cui vi
è una mancata separazione citoplasmatica.

2. POLIPLOIDIA
Se ne possono riscontrare due tipi:

AUTOPOLIPLOIDIA: Dipende da assetti cromosomici della stessa specie.


Si può originare da una NON disgiunzione completa (che riguarda tutti i cromosomi)
che darà origine ad un individuo con più assetti cromosomici.
La NON disgiunzione si può verificare in
Mitosi: la citocinesi non avviene, la cellula sarà 4n (anziché 2n);
Meiosi: si avranno delle cellule che alla formazione dei gameti avranno un assetto 2n
(anziché n)  se fecondati da un gamete normale, lo zigote sarà 3n.
Inoltre, la NON disgiunzione, può avvenire spontaneamente o essere indotta (una
sostanza utilizzata è la colchicina: interrompere la polimerizzazione dei microtubuli).

ALLOPOLIPLOIDIA: Riguarda assetti cromosomici che provengono da specie diverse ma che sono
strettamente affini, parzialmente omologhi  OMEOLOGHI.
La condizione dei cromosomi omeologhi, fa sì che queste specie siano sterili: non
avendo coppie di cromosomi omologhi, non possono andare incontro a meiosi.
L’assetto dell’allopoliploide, sarà dato dalla somma dei due assetti di provenienza.

EFFETTI DELLE PLOIDIE


I poliploidi possono avere delle DIMENSIONI MAGGIORI rispetto all’organismo normale  per cui, la forma
e la proporzione tra le parti dell’organismo rimangono costanti, ma saranno più grandi.
Inoltre, si può verificare una MAGGIORE ETEROGENEITÀ GENETICA in un Tetraploide, ogni gene può
essere caratterizzato da 4 alleli.
In alcune piante è possibile che si verifichi sia la POLIPLOIDIA che l’ANEUPLOIDIA:
in Datura stranamonium:
per effetto della Poliploidia  la pianta avrà una dimensione maggiori
per effetto dell’Aneuploidia  la pianta potrà presentare Aneuploidie in ogni cromosoma dei 12 che
possiede; si potranno quindi ottenere 12 piante che producono 12 diversi cambiamenti della forma della
capsula del frutto: 12 diverse Aneuploidie.

Le variazioni strutturali e numeriche, hanno un ruolo importante a livello evolutivo:


in seguito all’incrocio tra alcune specie, è possibile ottenere NUOVE SPECIE:
Esempio ALLOPOLIPLOIDIA
Raphanus (Ravanello) x Brassica (Cavolo)  generalmente, si genererà un ibrido sterile.
2n= 18 2n=18 Possiederà 9 cromosomi di una specie e 9
cromosomi dell’altra.: che non essendo
omologhi non andranno incontro a
Può capitare però, meiosi.
che alcuni semi della pianta, per errore durante
la mitosi, possano dare una duplicazione dei cromosomi  36 cromosomi:
diventeranno fertili e potranno produrre delle piante definite Raphanobrassica (dalla fusione delle due
specie iniziali). Si sarà originata una nuova specie, che sarà un’ANFIDIPLOIDE, fertile.

Nell’UOMO:
Incidenza complessiva delle mutazioni cromosomiche
ESPRESSIONE GENICA
I batteri:
o Presentano una capacità di adattamento a diverse condizioni ambientali, che gli consentono di
crescere abbastanza bene ed esprimere i geni necessari per rispondere a degli stimoli specifici
presenti nell’ambiente.
I batteri infatti, hanno evoluto sistemi di regolazione che associano l’espressione dei prodotti
genici a sistemi sensori  in grado di rilevare la presenza di un determinato composto,
nell’ambiente in cui si trovano, per poterlo utilizzare.
o Sono in grado di scegliere QUALI geni devono essere “accesi”, quindi espressi, e quali “spenti”;
QUANTI e QUANDO questi geni devono essere espressi.

I sistemi di regolazione dell’espressione genica, rappresentano un vantaggio per i batteri, in quanto, grazie
a questi sistemi i batteri riescono ad avere un risparmio energetico e allo stesso tempo a crescere più
velocemente e a migliorare l’utilizzo delle risorse disponibili.
Come in tutti gli organismi, anche nei batteri, esistono:
GENI COSTITUTIVI  quei geni che le cellule sono SEMPRE in grado di esprimere. Possono essere
geni essenziali per la cellula (quelli che entrano nella sintesi degli RNAr o degli RNAt).
GENI REGOLATI  quei geni, la cui attività è regolata in risposta a particolari condizioni ambientali.

Per regolare l’espressione genica, i batteri necessitano di meccanismi, che devono soddisfare due
condizioni fondamentali:
1. devono essere in grado di RICONOSCERE le condizioni ambientali nelle quali si trovano
2. devono essere in grado di ATTIVARE o REPRIMERE l’espressione coordinata di specifici geni che
sono coinvolti perlopiù nelle vie metaboliche.

La regolazione nei batteri, può agire a livello trascrizionale, a livello della stabilità ei trascritti, a livello
traduzionale, a livello della stabilità della proteina ed anche a livello dell’attività proteica.
 La modalità più comune di regolazione dell’espressione genica nei batteri, si verifica all’inizio della
trascrizione.
Più nello specifico, occorre considerare le proteine coinvolte nell’utilizzo degli ZUCCHERI;
proteine appartenenti a due categorie:
- Quelle che favoriscono l’ingresso dello zucchero all’interno della cellula
- Quelle in grado di catalizzare la degradazione dello steso zucchero.

La REGOLAZIONE dei geni, può essere:


 INDUCIBILE  avviene attraverso le vie Cataboliche o di Degradazione. (Operone Lac)
 REPRIMIBILE  avviene attraverso le vie Anaboliche o di Biosintesi. (Operone Triptofano)

In particolare, nella regolazione dell’espressione dei geni, si deve partire da GENI REGOLATI;
Questi, possono essere regolati da proteine che fungono da
ATTIVATORI  proteina che si legano al DNA, aumentando la trascrizione dei geni.
Attuano una regolazione positiva.
REPRESSORI  proteine che si legano al DNA ed inibiscono la trascrizione.
Attuano una regolazione negativa.

Attivatori e repressori, sono PROTEINA ALLOSTERICHE  possiedono due siti di legame, uno per il DNA,
l’altro per l’EFFETTORE (che può attivare o inattivare la proteina) e sono in grado di cambiare la
conformazione.
Inoltre, Attivatori e Repressori, si legheranno delle specifiche regioni regolative, in dipendenza alla presenza
di altre molecole, le cosiddette MOLECOLE EFFETTRICI:
- non si legheranno direttamente al DNA, ma a proteine di regolazione (Attivatori e Repressori),
influenzandone la struttura tridimensionale.
Queste, possono essere:
INDUTTORI  possono funzionare in due modi:
1. legandosi ai repressori, impedendo il legame al DNA  si parla di regolazione negativa
2. si legano agli attivatori, inducendo il legame al DNA  si parla di regolazione positiva
i geni che sono regolati con questa modalità, sono definiti INDUCIBILI.
CO-REPRESSORI  si legano ai repressori inibendo la trascrizione.
Possono inoltre esistere:
INIBITORI  si legano agli attivatori, impedendone il legame con il DNA, per cui non avverrà la trascrizione.
Geni regolati in questa modalità, sono definiti REPRIMIBILI.

ADATTAMENTO ENZIMATICO
Negli anni 50’ due ricercatori, Jacob e Monod, focalizzarono la loro attenzione su questo fenomeno.
 Si accorsero che, un particolare enzima compare in una cellula batterica solo quando questa è
esposta al substrato enzimatico.
 Se il batterio invece, non è esposto ad una particolare sostanza, non produce gli enzimi che servono
per metabolizzarla.
Successivamente, i due ricercatori, soffermarono la loro attenzione sul Metabolismo del LATTOSIO in E. coli.

CATABOLISMO DEL LATTOSIO in E. coli  OPERONE Lac


E. coli può crescere in un terreno minimo contenente glucosio; Il Lattosio è un disaccaride,
caratterizzato da due monosaccaridi:
se nel terreno minimo viene aggiunto lattosio al posto del glucosio,
Glucosio e Galattosio.
E. coli sarà in grado di sintetizzare gli enzimi necessari per utilizzarlo.
Gli enzimi necessari sono 3:
 β-galattosidasi  codificata dal gene Lac-Z
- scinde il lattosio in due monosaccaridi, Galattosio e Glucosio;
- catalizza l’isomerizzazione del lattosio in allolattosio che rappresenta l’induttore dell’Operone lac.
 Lattosio permeasi  codificata dal gene Lac-Y
- Si tratta di una proteina di membrana che consente il passaggio del lattosio all’interno della cellula.
 Β-galattoside transacetilasi  codificata dal gene Lac-A
- In grado di trasferire un gruppo acetilico ai β-galattosidi, ma la sua funzione è ancora poco
chiara.
Questi tre geni, sono detti GENI STRUTTURALI.

La funzione più importante nel Catabolismo del lattosio, sarà a carico dei primi due enzimi, infatti:
 La Lattosio permeasi, consentirà l’ingresso del lattosio all’interno della cellula, il quale una volta
all’interno potrà essere scisso ad opera della β-galattosidasi, in galattosio e glucosio;
 ma potrà anche essere isomerizzato in allolattosio, il quale comunque verrà successivamente
trasformato in Glucosio e Galattosio (sempre dalla β-galattosidasi).
Jacob e Monod, studiarono le MUTAZIONI CHE ALTERANO IL METABOLISMO DEL LATTOSIO.
In particolare studiarono 2 tipi di mutazioni:
 le mutazioni nei 3 tre geni strutturali (Lac-Z, Lac-Y e Lac-A)
 le mutazioni che alterano la regolazione dell’espressione genica.

1. MUTAZIONI NEI 3 GENI STRUTTURALI


Crearono dei mutanti utilizzando dei mutageni chimici.
Le mutazioni ottenute nei geni 𝑙𝑎𝑐𝑍 − , 𝑙𝑎𝑐𝑌 − e 𝑙𝑎𝑐𝐴− , furono utilizzate per mappare la posizione dei tre
geni, mediante le normali tecniche di mappatura.
Riuscirono a capire che i 3 geni si trovano vicini e in ordine, in direzione 5’3’, saranno lacZ, lacY e lacA.
A questo punto,
decisero di effettuare delle mutazioni missenso (proteina alterata)  l’alterazione avveniva solo nel gene
in cui avevano effettuato la mutazione:
- Effettuando una mutazione missenso sul gene lac-Z, veniva modificata la proteina β-galattosidasi,
ma non erano modificate le altre proteine.
Allo stesso modo, effettuando la mutazione missenso sugli altri due geni.
Il secondo tipo di mutazioni che utilizzarono, furono le mutazioni non-senso  ci si aspettava una
situazione tale per cui se una mutazione non senso, si verificava sul primo gene lac-Z non veniva prodotta la
proteina lac-Z ma sarebbero state prodotte le altre proteine controllate dagli altri geni.
Invece,
Effettuando una mutazione non senso nel gene lac-Z:
- determinava la sintesi di una proteina β-galattosidasi alterata e la produzione
normale degli altri due enzimi.
Effettuando la mutazione non senso sugli altri due geni:
Nel caso in cui, la mutazione non senso avveniva sul gene lac-Y:
- La β-galattosidasi era normale, la Lattosio permeasi era alterata e non veniva prodotta la
β-galattoside transacetilasi.
Quando la mutazione non senso avveniva sul gene lac-A:
- Venivano sintetizzate la β-galattosidasi e la Lattosio permeasi normali ma la
β-galattoside transacetilasi era alterata.
 La conclusione, fu che le mutazioni non senso nei 3 geni coinvolti nell’operone del lattosio,
avevano effetti diversi a seconda del punto in cui erano localizzate.
Per cui, queste mutazioni mostrano degli effetti polari  hanno una POLARITÀ e proprio per
questo motivo si parla di MUTAZIONI POLARI.

MUTAZIONI POLARI: sono quelle mutazioni che mostrano un “effetto polare”, ovvero, hanno una polarità;
per cui, se avvengono su un gene, possono non solo avere un effetto sul gene in cui si
verifica ma possono modificare anche, in un operone, l’espressione dei geni che si
trovano a valle.

In questo modo, fu possibile comprendere che i 3 geni, sono trascritti in un unico RNAm che viene
denominato POLICISTRONICO o POLIGENICO.

2. MUTAZIONI CHE ALTERANO LA REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE GENICA


Vennero utilizzate per determinare quale attività enzimatica potesse essere influenzata.
Ci si accorse che nei batteri vi era la presenza di MUTANTI COSTITUTIVI:
- Si tratta di batteri nei quali i geni strutturali sono SEMPRE ESPRESSI;
sia in presenza che in assenza di lattosio.
In particolare, sono state identificate 2 classi di mutanti costitutivi:
 1 classe: mappava in una piccola regione, localizzata a monte del gene lacZ;
regione denominata OPERATORE indicata con la sigla lacO.
Quando si verifica una mutazione in questa regione, si parlerà di mutazione 𝒍𝒂𝒄𝑶𝑪 .
 2 classe: mappava a monte dell’Operatore, in un gene denominato lacI
che codifica per il repressore lac.
Quando si verifica una mutazione in questa regione, si parlerà di mutazione 𝒍𝒂𝒄𝑰− .

Per meglio definire il ruolo di ciascun componente dell’Operone lac, i due ricercatori si servirono di ceppi
PARZIALMENTE DIPLOIDI (ottenuti grazie all’utilizzo di ceppi F’).
(Sappiamo che il fattore F’ può portare una regione di cromosoma di un altro batterio).
In questo caso, si tratta di ceppi F’ che portano alcuni geni dell’Operone lac sul fattore F.
Grazie ai diploidi parziali, si riuscì a definire quali mutazioni fossero Dominanti e quali Recessive;
inoltre, riuscirono a definire il ruolo svolto da ciascuna regione dell’operatore.

 il primo Diploide Parziale preso in considerazione, fu:


DIPLOIDE PARZIALE PER MUTAZIONI 𝒍𝒂𝒄𝑶𝑪

 Rappresenta il cromosoma della cellula di E. coli

 Rappresenta il cromosoma del fattore F’

Sul cromosoma batterico sono presenti: Sul cromosoma del plasmide F’ sono presenti:
un gene lacI normale un gene lacI normale
un promotore normale un promotore normale
un sito operatore normale mutazione in prossimità del sito operatore 𝑶𝑪
un gene lacZ mutato un gene lacZ normale
un gene lacY normale un gene lacY mutato

utilizzando questo diploide parziale, si accorsero che:


in ASSENZA dell’Induttore  ALLOLATTOSIO  veniva prodotta la β-galattosidasi ma non la Permeasi.
- La β-galattosidasi poteva essere prodotta esclusivamente dal cromosoma del fattore F’ (gene lacZ).
Per cui ipotizzarono che il gene lacZ fosse espresso in maniera COSTITUTIVA.
- la Permeasi poteva essere prodotta dal gene presente sul cromosoma batterico (gene lacY).
In assenza di induttore NON veniva prodotta, per cui si dirà che il gene lacY è soggetto a
CONTROLLO INDUCIBILE.

 La mutazione 𝒍𝒂𝒄𝑶𝑪 è in grado di agire solo su quei geni che si trovano a valle della stessa
molecola di DNA:
la C all’apice infatti, indica che la mutazione è costitutiva: vuol die che tutti i geni che si trovano a valle
saranno sempre espressi (sia in presenza che in assenza di induttore);
ma indica anche una mutazione definita CIS-DOMINANTE: agisce in cis  ovvero sui geni che si trovano
sullo stesso filamento.

 il secondo Diploide Parziale preso in considerazione, fu:


DIPLOIDE PARZIALE PER MUTAZIONI 𝒍𝒂𝒄𝑰−
Sul cromosoma batterico sono presenti: Sul cromosoma del plasmide F’ sono presenti:
un gene lacI normale un gene lacI mutato
un promotore normale un promotore normale
un sito operatore normale un sito operatore normale
un gene lacZ mutato un gene lacZ normale
un gene lacY normale un gene lacY mutato

utilizzando questo diploide parziale, si accorsero che:


in ASSENZA dell’Induttore  ALLOLATTOSIO  NON erano prodotte né la β-galattosidasi né la Permeasi.
- Voleva dire che entrambi i geni si trovavano sotto un CONTROLLO INDUCIBILE;
- Il gene lacI ha un ruolo fondamentale, perché responsabile della sintesi di un repressore (prodotto
diffusibile) che si può legare ad entrambi i siti operatori dei due cromosomi di E. coli e di F’.
Si dice che nella cellula 𝒍𝒂𝒄𝑰+ è Dominante rispetto a 𝒍𝒂𝒄𝑰− .
I geni lacI, si trovavano su molecole di DNA differenti  si parla di configurazione Trans.
Si può affermare che:
 Le mutazioni 𝒍𝒂𝒄𝑰− sono recessive rispetto al gene selvatico 𝒍𝒂𝒄𝑰+ , che sarà
TRANS-DOMINANTE su 𝒍𝒂𝒄𝑰− .

Si riuscì a questo punto a dedurre la STRUTTURA DELL’OPERONE lac:


OPERONE  indica un cluster (insieme) di geni strutturali che svolgono funzioni correlate,
che sono coinvolti in una stessa via metabolica e che sono regolati in maniera coordinata.

Un Operone sarà costituito da:


 PROMOTORE  al quale si legherà l’RNApol per trascrivere tutto ciò che si trova a valle.
 3 GENI STRUTTURALI  in ordine lacZ, lacY e lacA.
 SITO lacO regione regolativa rappresentata dall’Operatore;
localizzato tra il promotore ed il primo gene strutturale.
 GENE lacI  regione regolativa responsabile della sintesi del Repressore lac.

La descrizione di questo modello, fu ampliata grazie a delle informazioni acquisite a livello molecolare.
È stato scoperto che il gene lacI  NON viene considerato come parte dell’operone;
ha un proprio promotore ed è in grado di sintetizzare, in maniera
COSTITUTIVA la proteina repressore.
I 3 geni strutturali, in ASSENZA di Lattosio, che funge da Induttore,
NON SONO ESPRESSI:
in quanto, NON essendoci l’Induttore, la proteina Repressore (Proteina Allosterica) ha un’affinità e
sarà in grado di legarsi al sito Operatore (non essendoci lattosio);
una volta che il Repressore si lega all’Operatore, BLOCCA l’RNApol che non riesce più a trascrivere i
geni che si trovano a valle.

GENE lacI
o NON viene considerato parte dell’Operone lac;
o Possiede un PROPRIO PROMOTORE (I)
o Codifica per il REPRESSORE lac  espresso in maniera COSTITUTIVA a livelli piuttosto bassi;
basta comunque una piccola quantità di
questa proteina per reprimere l’Operone lac.

 REPRESSORE lac
è un polipeptide di 360 AA, costituito da 4 peptidi identici.
Ha una conformazione tale, per cui riesce a legarsi all’operatore in 2
siti.

SITO OPERATORE
È la regione compresa tra il Promotore ed il primo gene strutturale.
Ha una struttura piuttosto complessa  è stato dimostrato che nell’Operatore esistono 3 regioni:
o O1  rappresenta l’Operatore principale.
o O2  si trova a monte di O1 (circa a 90 pb)
o O3  si trova a valle di O1 (circa a 410 pb)
Il modello attuale dell’Operone,
prevede che il repressore codificato da lacI, si leghi
simultaneamente a due regioni dell’Operatore:
- All’operatore principale, quindi alla regione O1.
- in maniera alternata ad O3 oppure ad O2.
Questo legame è importante perché rende più stabile il repressore sulla regione lacO.

 Quando è presente però l’INDUTTORE, il repressore si stacca dall’Operatore:


quando ciò accade, la presenza del legame che coinvolge le due regioni operatore, fa sì che la proteina NON
si allontani ma rimanga nelle vicinanze, in maniera tale che appena si esaurisce la presenza dell’Induttore
(LATTOSIO), sarà subito pronto a legarsi e reprimere l’espressione dell’operone.

Il repressore comunque,
NON inibisce del tutto la Trascrizione dell’Operone, in quanto:
è una proteina che può andare incontro a degradazione;
quando si degrada l’RNApol che è legata al promotore può trascrivere una piccola quantità dei 3 enzimi.
Se vengono prodotti gli enzimi, quando sarà disponibile il Lattosio nel terreno, una piccola quantità potrà
essere introdotta all’interno della cellula, sarà convertito in:
ALLOLATTOSIO  che rappresenta il vero induttore.
A questo punto, l’Allolattosio sarà in grado di riconoscere sul repressore il sito allosterico, per cui il
repressore si distacca dall’operatore e l’RNApol potrà sintetizzare i 3 enzimi necessari per il Catabolismo del
Lattosio.
Ad un certo punto però, il Lattosio sarà consumato:
quando sarà consumato tutto il Lattosio e verrà anche eliminato l’Allolattosio, il Repressore sarà di
nuovo in grado di legarsi all’Operatore, in modo da BLOCCARE la trascrizione dei 3 geni strutturali.

Tuttavia, il legame tra Repressore e Operatore è instabile:


per cui il Repressore può degradarsi  prima che arrivi un nuovo Repressore che riesca a bloccare
l’Operatore, una piccola quantità di enzimi viene prodotta  necessaria a creare le condizioni per cui la
cellula possa riuscire ad utilizzare il Lattosio quando presente nel terreno.

Il modello di Regolazione dell’Operone lac, in PRESENZA di Lattosio:


è determinato dal fatto che:
 è presente l’induttore (LATTOSIO)
 entra all’interno della cellula
batterica grazie alla Lattosio
permeasi.
 Una volta all’interno, verrà
Isomerizzato dalla β- galattosidasi
in Allolattosio.
 L’Allolattosio, rappresenta
l’induttore dell’Operone lac;
 come induttore, riconosce il sito
allosterico presente sulla proteina
repressore prodotta da lacI.
Appena vi si lega, ne cambia la conformazione  la proteina repressore si stacca dall’Operatore,
perde affinità per il sito operatore dal quale si dissocia e l’RNApol, legata al promotore, potrà
trascrivere i 3 geni che poi verranno tradotti nei 3 enzimi.

INDUTTORI DELL’OPERONE lac


L’induttore dell’Operone lac, è l’ALLOLATTOSIO  prodotto dall’Isomerizzazione del Lattosio ad
opera della β- galattosidasi.
Tuttavia, esistono degli INDUTTORI SINTETICI:
è un induttore sintetico IPTG  IsoPropilTioGalattoside.

A questo punto,
si dovette dimostrare che il modello indicato spiegava i mutanti ottenuti da Jacob e Monod.
 I primi mutanti, erano i 𝒍𝒂𝒄𝑶𝑪 (mutazione nel sito operatore).
Si osservò che in questi batteri, in
ASSENZA di lattosio, venivano comunque
prodotti i 3 enzimi:
vuol dire che il repressore NON era in
grado di riconoscere il sito di legame in
prossimità dell’Operatore  si aveva
quindi una sintesi COSTITUTIVA dei 3
geni (sempre espressi).
 Anche l’effetto sui mutanti lacI COSTITUTIVI poteva essere spiegato con questo sistema, in quanto:
se la mutazione è sul gene lacI, questo
non sarà più in grado di produrre un
repressore che funziona, ma piuttosto
un repressore INATTIVO.
Il repressore inattivo, non è in grado di
legarsi all’operatore  vorrà dire che
l’RNApol, in grado di riconoscere il sito
sul promotore, potrà trascrivere i 3
geni, che saranno trascritti e tradotti,
per cui porteranno alla formazione
degli enzimi.
Anche in questo caso si avrà una sintesi COSTITUTIVA dei geni (sempre espressi).

Dopodiché, bisognava capire se anche il Modello proposto per i DIPLOIDI PARZIALI, poteva essere spiegato
allo stesso modo.

In ASSENZA DI LATTOSIO:
 lacI  produce il Repressore;
entrambi i geni funzionano, per cui è presente il Repressore lac.
 Promotore  funziona in entrambi i cromosomi, per cui l’RNApol si legherà su entrambi i filamenti
 Sito O  normale sul cromosoma di E. coli;
in assenza di Lattosio (Induttore), il Repressore si lega all’operatore e blocca la
trascrizione degli enzimi che servirebbero per l’utilizzo del Lattosio 
sintesi INDUCIBILE dei 3 geni.
Sul cromosoma del fattore F’:
il repressore NON potrà legarsi al sito operatore, a livello del quale vi sarà la mutazione
𝑶𝑪 che impedisce che ci sia l’affinità di legame;
in questo caso i 3 geni, saranno trascritti e tradotti in maniera COSTITUTIVA.
 Il cromosoma di E. coli non sarà in grado di produrre la β-galattosidasi, ma sarà in grado di produrre
la Permeasi che la Transacetilasi
La β-galattosidasi, in assenza di induttore veniva prodotta  dal gene presente sul cromosoma del
segmento di F’, controllato da una sintesi costitutiva.
 Nel cromosoma del fattore F’, la Permeasi non verrà prodotta perché mutato il gene lacY e non può
essere prodotta nemmeno dall’altro cromosoma, perché il Repressore ha bloccato la trascrizione
dei 3 geni.

RICORDA:
i 3 geni sono trascritti con un unico
RNAm policistronico  esiste un unico
Promotore in grado di trascrivere tutti
e tre i geni.
In PRESENZA DI LATTOSIO:
 Il lattosio entra all’interno della cellula, sarà isomerizzato in Allolattosio, che riconosce il sito
allosterico del repressore al quale si lega  non ci sarà più repressore disponibile nella cellula,
perché possa legarsi al repressore.
L’RNApol potrà trascrivere i 3 geni.
 La stessa cosa accade nel cromosoma del fattore F’.
PER CUI, in presenza di Lattosio, i Diploidi Parziali, in cui la mutazione avviene su 𝒍𝒂𝒄𝑶𝑪 , saranno in grado di
produrre la β-galattosidasi e la Permeasi:
- sul filamento di cromosoma di E. coli: la
sintesi sarà INDUCIBILE
- sul filamento di cromosoma del fattore
F’, dove è presente la mutazione 𝒍𝒂𝒄𝑶𝑪 :
la sintesi avviene in maniera
COSTITUTIVA (la sintesi dei geni avviene
sia in presenza che in assenza del
lattosio).

Il secondo diploide parziale analizzato,


presentava la mutazione nel gene lacI.

 Il cromosoma di E. coli, presenta lacZ mutato  vuol dire che non sarà in grado di produrre
la β-galattosidasi.
 Sul secondo filamento lacI presenterà la mutazione  non sarà in grado di produrre il Repressore
lacY è mutato.

In ASSENZA di LATTOSIO:
essendo una cellula Diploide parziale, basterà un
solo allele 𝑙𝑎𝑐𝐼 + in grado di produrre il Repressore,
che essendo una proteina diffusibile (localizzato
nel citoplasma della cellula), sarà in grado di
legarsi agli operatori di entrambi i cromosomi
(operatori che in questo caso non sono mutati).
- TRANS-DOMINANTE su 𝑙𝑎𝑐𝐼 − ,
che darà origine invece ad un
Repressore INATTIVO.
Il repressore ATTIVO, in assenza di lattosio, si lega ai 2 operatori, bloccando l’RNApol in entrambi i
cromosomi.
Per cui, in assenza di Induttore  NON verranno prodotte né β-galattosidasi, né Permeasi.
In PRESENZA di LATTOSIO:
il Lattosio entra all’interno della cellula, viene
isomerizzato in Allolattosio che si lega al Repressore
cambiandone la conformazione, in maniera tale che
non abbia più la capacità di legarsi ai siti O.
in questo caso, l’RNApol NON trova alcun ostacolo 
potrà trascrivere i 3 geni su entrambi i cromosomi, dopodiché
avverrà la traduzione e la sintesi delle 3 proteine.
Per cui, in presenza di Induttore:
verrà prodotta sia la β-galattosidasi che la Permeasi.

Nel gene lacI, vennero successivamente identificate altre classi di mutanti:


 𝑙𝑎𝑐𝐼 𝑆  S, sta per “Super Repressore”
Se si dovesse verificare una mutazione di questo tipo,
verrò prodotto un Super Repressore che avrà affinità per l’Operatore  NON verranno MAI trascritti i 3
geni dell’Operone, né in presenza, né in assenza di lattosio.

Il super repressore, codificato da 𝑙𝑎𝑐𝐼 𝑆 :


possiede il sito per il DNA ma NON quello allosterico per l’induttore;
vuol dire che, se presente l’Allolattosio, non è in grado di legarsi al Super Repressore, per cui il Super
Repressore si legherà all’Operatore anche in presenza dell’Induttore e la trascrizione dell’Operone NON
può avvenire.

Infatti, una volta che il Repressore si è legato


all’Operatore, NON può più essere indotto a
staccarsi.
 le cellule che presentano una mutazione
di questo tipo, NON potranno utilizzare il Lattosio come fonte di Carbonio.
 Inoltre, nei Diploidi Parziali , 𝑙𝑎𝑐𝐼 𝑆 agisce in TRANS ed è DOMINANTE (Trans-Dominante);
sarà in grado di bloccare la sintesi dei geni strutturali su entrambe le copie dell’Operone.

Esistono inoltre, delle mutazioni che possono verificarsi a livello del PROMOTORE:
 𝑙𝑎𝑐𝑃−  in questo caso, l’RNApol NON si potrà legare al Promotore e quindi non potranno essere
trascritti i geni, anche in presenza dell’Induttore.

MUTANTI DI REGOLAZIONE IDENTIFICATI


𝑙𝑎𝑐𝑂𝐶 : agisce solo sul filamento di DNA sul quale si trova;
determina una sintesi Costitutiva dei 3 enzimi
ed agisce in cis.
𝑙𝑎𝑐𝐼 − : determina anch’esso una sintesi Costitutiva dei 3 geni,
perché se non è prodotto il Repressore, questo non
potrà bloccare la trascrizione dei geni dell’operone.
𝑆
𝑙𝑎𝑐𝐼 : il super repressore, possiede solo il sito per l’Operatore,
vi si lega e non si avrà nessuna sintesi dei 3 enzimi
dell’Operone lac, anche in presenza di lattosio.
L’Operone lac è sottoposto anche ad un CONTROLLO POSITIVO.
 La regolazione positiva venne scoperta molti anni dopo la proposta del modello di Jacob e Monod.
In questo caso, si parla di una REPRESSIONE DA CATABOLITA:
Si tratta di un sistema molto sofisticato, che assicura che i geni dell’Operone Lattosio, siano espressi ad alti
livelli SOLO quando l’unica fonte di Carbonio è rappresentata dal Lattosio  NON ci deve essere Glucosio.
- Se è presente Glucosio, sarà preferito dalla cellula batterica, in quanto può direttamente essere
utilizzato per ricavare energia dalla Glicolisi.

Esistono anche altri zuccheri oltre al Lattosio, che comunque


prima di essere utilizzati devono essere convertiti in Glucosio;
conversione che richiede una certa quantità di energia.

Il Controllo POSITIVO o da CATABOLITA dell’Operone lac,


è influenzato dalla presenza del Glucosio.
E. coli, è in grado di avere una crescita difasica  CRESCITA DIAUXICA:
 quando la cellula di E. coli è esposta sia al Glucosio che al Lattosio, la cellula batterica utilizza prima
il Glucosio, che funge da Catabolita  reprime ed impedisce l’uso del Lattosio.
 solo quando il Glucosio NON è più disponibile, non si avrà più la repressione da parte del
Glucosio e l’Operone verrà espresso.

CURVA DI CRESCITA BIFASICA:


Nella 1° fase, le cellule batteriche utilizzano il Glucosio;
si moltiplicano in maniera esponenziale.

Appena il Glucosio finisce, si osserva un tempo di LATENZA, che avrà una durata
sufficiente affinché la cellula possa sintetizzare gli enzimi necessari per l’utilizzo
del lattosio.
Arresto della crescita batterica.

Nella 2° fase, le cellule ricominciano a moltiplicarsi in maniera esponenziale,


utilizzando il Lattosio come fonte di Carbonio.

Nella Repressione da Catabolita in realtà, l’effettore del sistema non è il Glucosio, ma una
piccola molecola di AMP ciclico:
- prodotto ad opera di un enzima, l’Adenilato ciclasi, a partire dall’ATP.
I livelli di Glucosio invece, hanno il compito di controllare l’Operone lac:
- quando la [Glucosio] è alta  l’Adenilato ciclasi è inibito, per cui verranno ridotti i livelli cellulari di
AMP ciclico; si avrà una bassa espressione dell’Operone lac.

 Per la funzionalità dell’Operone, la quantità di Glucosio è


inversamente proporzionale alla [Adenilato ciclasi].

- quando la [Glucosio] è bassa  l’Adenilato ciclasi non è inibito, funziona e quindi sarà in grado di
produrre, a partire dall’ATP, AMP ciclico; si avrà un’elevata espressione dell’Operone lac.

Il modello della REGOLAZIONE POSITIVA, richiede la presenza di un’ulteriore proteine:


 la proteina CAP: una proteina attivatrice del Catabolismo
si tratta di un Dimero, formato da due polipeptidi identici.
Se la quantità di Glucosio all’interno della cellula è bassa, viene prodotto l’AMP ciclico che si lega al CAP,
formano un complesso, che sarà in grado di legarsi ad un sito specifico sul DNA, che è adiacente al
promotore dell’Operone.
Una volta che vi si lega, determinerà un cambiamento conformazionale della molecola (un ripiegamento
del DNA di circa 90°) che favorisce il legame dell’RNApol al promotore  potrà trascrivere e tradurre i 3
enzimi.

CONTROLLO POSITIVO DELL’OPERONE lac


Se nel terreno in cui si trovano le cellule batteriche, vi sarà:
 presenza di Glucosio
 assenza di Lattosio
l’Operone è spento  esiste il gene lacI che codifica per il repressore, che si legherà all’operatore
impedendo all’RNApol di trascrivere i 3 geni strutturali.

Se nel terreno in cui si trovano le cellule batteriche, vi sarà:


 presenza di Glucosio
 presenza di Lattosio
La cellula utilizzerà prima il Glucosio, poi il Lattosio.
(In questa condizione, essendo comunque presente il lattosio nel terreno, una piccola quantità dei 3 enzimi
verrà comunque prodotta).

Se nel terreno in cui si trovano le cellule batteriche, vi sarà:


 assenza di Glucosio
 presenza di Lattosio
si formerà una quantità sufficiente di AMP ciclico per legarsi alla proteina CAP, si forma il complesso che ha
affinità per un sito adiacente al promotore dell’Operone che favorirà l’affinità dell’RNApol al promotore e
quindi la sintesi dei 3 enzimi.

 L’operone lac è quindi sottoposto ad un:


- CONTROLLO POSITIVO: si parla di Repressione da Catabolita, che fa sì che prima venga utilizzato il
Glucosio e solo quando questo sarà completamente esaurito, le cellule potranno utilizzare il
lattosio pe ottenere energia.
- CONTROLLO NEGATIVO: fa sì che gli enzimi necessari per l’utilizzo del lattosio vengano espressi
solamente quando nel terreno è presente SOLO il lattosio.

Gli operoni sono comuni nei Procarioti;


in quanto permettono di regolare
contemporaneamente più geni coinvolti nello stesso
metabolismo e sono in grado di rispondere
velocemente alle variazioni ambientali.
OPERONE TRIPTOFANO
Coinvolto nella Biosintesi dell’AA Triptofano.
È costituito da una regione lunga circa 7000 pb;
è caratterizzato da:
 PROMOTORE
 OPERATORE  sito di legame con il Repressore
 5 GENI STRUTTURALI  indicati come: trpE, trpD, trpC, trpA, trpB.
Quando sarà necessario sintetizzare Triptofano, i 5 geni verranno trascritti
e tradotti in altrettanti enzimi che entrano in una via metabolica:
dall’Acido corismico, portano alla sintesi del Triptofano.
I 5 geni sono sotto il controllo di un unico promotore, per cui verranno
trascritti come unico RNAm policistronico.
 TrpL – LEADER  Regione compresa tra l’operatore ed il primo gene strutturale.
Questa regione è importante perché al suo interno è presente un ATTENUATORE
che ha un ruolo fondamentale nella regolazione dell’Operone Triptofano stesso.
 TrpR  gene NON facente parte dell’operone ma fondamentale in quanto produrrà un Repressore.

L’operone Triptofano utilizza un DOPPIO MECCANISMO di CONTROLLO:


1. Meccanismo di REPRESSIONE:
agisce a livello TRASCRIZIONALE e può essere considerato come un primo livello di controllo
NEGATIVO. Se la cellula ha già prodotto una quantità elevata di Triptofano è inutile che continui a
produrne altro  il Repressore sarà allora in grado di legarsi all’operatore bloccando la sintesi degli
enzimi necessari alla produzione del Trp.
2. Meccanismo di ATTENUAZIONE:
agisce ad un secondo livello di controllo TRASCRIZIONALE, quando la trascrizione è già iniziata;
sarà possibile a questo punto stabilire se la trascrizione deve proseguire o si deve interrompere
prematuramente.

REPRESSIONE
Se è presente una quantità elevata di Trp, la trascrizione dell’Operone viene inibita.
Il repressore normalmente INATTIVO, una proteina allosterica prodotta dal gene TrpR, viene attivata in
seguito al legame con il Triptofano (agisce mediante un meccanismo a Feedback)  reso attivo, il
repressore si lega all’operatore, impedendo la trascrizione dei geni a valle.
La repressione riduce 70 volte la trascrizione.

ATTENUAZIONE
Garantita dalla presenza della sequenza Leader, contenente l’ATTENUATORE  che potrà ulteriormente
inibire la produzione di Trp, quando questo sarà presenza in alta concentrazione.
È un controllo possibile, in quanto trascrizione e traduzione nei procarioti avvengono simultaneamente:
man mano che l’RNApol trascrive la sequenza di DNA, si forma l’RNAm sul quale si lega il ribosoma.
- La trascrizione dei geni strutturali, può essere sottoposta oltre che ad un controllo trascrizionale,
anche ad un controllo traduzionale: in questo caso avranno un ruolo fondamentale i RIBOSOMI.
Normalmente, quando l’RNApol si lega all’operatore, potrà iniziare la trascrizione;
a seconda però dei livelli di Trp, la trascrizione può avere 2 destini:
1. Termina prima che sia stato trascritto l’intero RNAm policistronico
2. Se la quantità di Trp non è sufficiente, è possibile che l’RNApol riesca a continuare la trascrizione.
La regione Leader, viene trascritta in un RNAm caratterizzato da 4 regioni:
regioni che possiedono una certa complementarietà di basi,
vuol dire che la regione 1 è in grado di appaiarsi alla regione2;
la regione 2 alla 3; la regione 3 alla 4.
Nella regione 1  vi sono 2 codoni per il Trp (UGG) ed un codone di Stop (UGA);
- Se la quantità di Trp, portata dagli RNAt è sufficiente, questo codone si Stop interromperà la
sintesi e si formerà un breve peptide, detto PEPTIDE LEADER (14 AA).
- Se la quantità di Trp non è sufficiente, la trascrizione continua.

Quando si forma l’RNAm della regione Leader, si potranno formare 3 strutture alternative, dovute ad
appaiamenti diversi:
1. Appaiamento tra le regioni 1 e 2  servirà come segnale di PAUSA per l’RNApol.
2. Appaiamento tra le regioni 2 e 3  servirà come segnale di ANTI-TERMINAZIONE (l’RNApol può
continuare la trascrizione).
3. Appaiamento tra le regioni 3 e 4  servirà come segnale di TERMINAZIONE, per formazione di una
forcina che determinerà la fine della trascrizione.
Le strutture 2° quindi, dipendono dalla [Trp] trasportate dall’RNAt.
Ed è proprio grazie all’associazione tra Traduzione Trascrizione che si potrà verificare un cambiamento
conformazionale dell’RNAm.

COME FA LA PRESENZA DI TRIPTOFANO AD INFLUENZARE L’ATTENUAZIONE?


Lo può fare mediante 2 modalità:
o BASSI LIVELLI DI TRIPTOFANO:
In questo caso, il ribosoma che si è legato all’RNAm, scivola lungo lo stesso ed arriva in prossimità della
sequenza Leader, fermandosi in prossimità dei 2 codoni per il Trp.
Se non è presente sufficiente Trp, il ribosoma non potrà andare avanti;
si ferma impedendo che la regione 1 si appai alla regione 2  la regione 2 invece si appaierà alla regione 3:
si avrà un segnale di anti-terminazione (non si forma l’ansa 3-4, che è il segnale di terminazione) e l’RNApol
continua la trascrizione.

o ALTI LIVELLI DI TRIPTOFANO


In questo caso, il ribosoma arriva a livello della regione 1 della sequenza Leader, la quantità di Trp
trasportato dall’RNAt riesce a soddisfare i due codoni, per cui si fermerà in prossimità del codone di Stop,
occupando parte della regione 2  quindi, la regione 1 non si potrà appaiare alla 2, la regione 2 non si
potrà appaiare alla 3, può solo formarsi l’ansa tra la regione 3 e la regione 4:
- Si forma così la forcina di terminazione per l’RNApol, che fa sì che l’RNApol si stacchi e termini la
trascrizione.
La trascrizione si fermerà alla fine della sequenza Leader, per cui verrà codificato un polipeptide breve che
prende il nome di TRASCRITTO BREVE.
 Ciò accade perché si ha già un’elevata quantità di Trp e non è necessario che se ne formi dell’altro.

Il segnale fondamentale per l’Attenuazione,


è la CONCENTRAZIONE DEGLI RNAt all’interno della cellula  perché trasportano il Trp.
La dimostrazione genetica del modello dell’operone Trp, venne attuata dallo studio di MUTANTI.
Intorno agli anni 70’, Yanopski e suoi collaboratori, riuscirono ad identificare dei ceppi di E. coli nei
quali era possibile che si potessero verificare delle mutazioni:
 a livello del gene TrpR o per Delezione della regione che comprende la sequenza Leader.
In entrambi i tipi di mutanti, i geni vengono espressi in maniera COSTITUTIVA:
saranno sempre espressi e continueranno sempre a produrre il Trp, anche quando questo è abbondante nel
terreno.

1. Per cercare di dimostrare il modello dell’Attenuazione vennero studiati Mutanti nei quali si
effettuavano delle sostituzioni di coppie di basi nelle regioni 3 e 4 della sequenza Leader:
sostituendo alcune coppie di basi, si riuscì ad osservare come diminuisse la complementarietà tra le basi
stesse  è molto più improbabile che si formi la forcina 3-4 di terminazione.
La struttura era meno stabile e quindi meno efficiente nell’interruzione della trascrizione.

2. Seconda classe di mutanti, consisteva nella sostituzione dei codoni Trp (presenti nella regione 1
della sequenza Leader) con codoni che codificavano per un AA diverso.
In questi ceppi mutanti, l’Attenuazione NON avveniva in risposata a cambiamenti del livello del Trp, ma
piuttosto avveniva in risposta a cambiamenti del livello dell’AA che era codificato dai codoni sostituiti.

 In questo modo, fu possibile dimostrare che l’Operone Trp, ha un sistema di regolazione


caratterizzato da un DOPPIO CONTROLLO (Repressione e Attenuazione).

PERCHÉ LA CELLULA DI E. coli POSSIEDE IL DOPPIO CONTROLLO?


Perché entrambi i meccanismi sono fondamentali per dare alla cellula di E. coli un livello di controllo più
sofisticato.
- Infatti, agendo insieme Repressione ed Attenuazione, sono in grado di coordinare la velocità degli
enzimi biosintetici per la produzione del Trp.
- Se la quantità di Trp è presente ad alte concentrazioni, funzionerà la Repressione; ma, potrebbe
verificarsi che qualche RNApol, in qualche ceppo, non sia bloccata dal repressore.
In questi casi è fondamentale il secondo sistema (attenuazione), che assicura il controllo ad elevate
concentrazioni di Triptofano.

 La repressione riduce la trascrizione di circa 70 volte


 L’attenuazione la riduce ulteriormente di circa 10 volte
Quando funzionano entrambi i meccanismi insieme, la trascrizione può essere ridotta di circa 600 volte.

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