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INTRODUZIONE
La genetica è la scienza che studia la variabilità e l'ereditarietà degli individui. Essa si occupa di comprendere
le basi molecolari e l'ereditarietà delle caratteristiche che vengono trasmesse dai genitori e alla propria
discendenza, Includendo studi sull'ereditarietà, la natura molecolare del materiale genetico, il modo in cui i
geni che determinano le caratteristiche dell'organismo controllano le funzioni cellulari e la distribuzione e il
comportamento dei geni nelle popolazioni. Al fine di condurre questi studi vengono impiegati metodi
standardizzati e viene adottato un metodo di indagine ipotetico-deduttivo, Che consiste nel:
o Fare osservazioni;
o formulare ipotesi in grado di spiegare tali osservazioni;
o Eseguire esperimenti che consentano di fare previsioni in base alle ipotesi;
o Saggiare le proprie ipotesi.
Svolta secondo questo, la ricerca di base si propone di incrementare la conoscenza dei fenomeni fondamentali
al fine di sfruttarli per la ricerca applicata, volta a trovare la soluzione a specifici problemi che affliggono la
società.
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Sara Scacchi
Genetica I e II
IL DNA
L'informazione genetica codificata nel DNA è alla base della struttura, della funzione e dello sviluppo delle
cellule in ogni organismo.
L’esperimento di Griffith
Nel 1928 un ufficiale medico inglese, Frederic Griffith, condusse degli studi sullo streptococcus pneumoniae,
un batterio in grado di causare la polmonite. Griffith utilizzo i due ceppi del batterio:
o Il ceppo S (smooth): produce colonie lisce e lucenti per la presenza di un involucro polisaccaridico che
ne determina la virulenza;
o Il ceppo R (rough): dà origine a colonie rugose poiché, una mutazione impedisce la formazione
dell'involucro, rendendolo così non virulento.
Per quanto riguarda il ceppo S, ne esistono diverse varianti in base alla composizione chimica della capsula.
Griffith, studio le varianti note come IIS e IIIS. In seguito a mutazioni di batteri IIS si potevano sviluppare batteri
R (privi di capsula). I batteri R (detti IIR dal momento che derivano da batteri IIS) possono retromutare, cioè
riacquisire in modo naturale la capacità di produrre la capsula batterica, e formare pneumococchi di ceppo IIS.
Lo stesso vale per i batteri IIIS.
Griffith iniettò i diversi batteri in dei
topi, osservando che:
o Iniettando batteri IIR, la
cavia non si ammalava e non
era possibile isolare questi
batteri dai tessuti
dell'animale;
o Iniettando batteri IIIS,
l'animale si ammalava,
moriva ed era possibile
isolare questi batteri dai
tessuti;
o Iniettando batteri IIIS uccisi
tramite shock termico, il
topo non si ammalava e non
era possibile isolare i batteri IIIS dai tessuti dell'animale; riducendo che per provocare la malattia, è
necessaria la presenza della capsula e i batteri capsulati devono essere ovviamente vivi;
o Iniettando una miscela di batteri IIR vivi e batteri IIIS morti, l'animale si ammalava e moriva e nei suoi
tessuti era possibile riscontrare batteri del tipo IIIS.
Da questo ultimo perimento, dal risultato inaspettato, Griffith inizialmente dedusse che alcuni batteri IIR
iniettati fossero retromutati in batteri IIS, questo è da escludere dal momento che nei tessuti erano stati isolati
batteri IIIS e non IIS.
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Sara Scacchi
Genetica I e II
La conclusione finale fu che alcuni batteri IIR, in seguito all'interazione con dei batteri IIIS morti, si erano
trasformati in IIIS. Evidentemente all'interno dei IIIS morti doveva essere presente una qualche sostanza in
grado di conferire ai batteri IIR la capacità di sintetizzare la capsula polisaccaridica: questa sostanza è il
materiale genetico che Griffith chiamo principio trasformante. Tuttavia lo scienziato ancora riteneva questa
sostanza di natura proteica.
Trattando poi la miscela con ribonucleasi e, successivamente, ponendola in contatto con batteri vivi di tipo IIR,
si ottenevano trasformanti IIIS. Tuttavia, quando la miscela veniva trattata con dei sospiri ribonucleasi e
successivamente posta in contatto con batteri vivi IIR, non si ottenevano trasformanti IIIS.
Tuttavia questi esperimenti vennero screditati dagli scienziati del tempo, secondo i quali il materiale genetico
era costituito da proteine.
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Sara Scacchi
Genetica I e II
Struttura chimica
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Sara Scacchi
Genetica I e II
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Sara Scacchi
Genetica I e II
energetico ed andrà quindi ad avvolgersi su se stessa in direzione opposta formando un DNA con
superavvolgimento di tipo negativo. Quando invece le molecole sono sottoposte a una rotazione aggiuntiva
rispetto alla forma rilassata si parla di superavvolgimento positivo. Il grado di compattamento viene raggiunto
attraverso l'organizzazione del DNA in domini ad ansa.
Il superavvolgimento si verifica sia in molecole di DNA circolare che lineare, quando alle estremità di queste
ultime è impedito il movimento.
Nei cromosomi eucarioti invece l'associazione del DNA con proteine impedisce la compensazione della
tensione imposta dalla rotazione, generando il superavvolgimento, regolato da specifici enzimi chiamati
topoisomerasi.
La struttura dell’RNA
L'RNA è formato da uno zucchero pentoso chiamato ribosio e dalla base uracile al posto della timina. Bisogna
considerare che ogni volta che due basi possono appaiarsi, lo fanno punto di conseguenza, una molecola di
RNA singola elica si ripiegherà su se stessa formando regioni a doppia elica separate da regioni di RNA a singolo
filamento. Questo tipo di configurazione viene denominato struttura molecolare secondaria.
Virus
RNA o DNA a singolo o doppio filamento, lineare o circolare.
Procarioti
DNA a doppio filamento circolare.
Eucarioti
Nel nucleo DNA a doppio filamento lineare mentre in mitocondri e cloroplasti Dna a doppio filamento circolare,
poiché secondo la teoria endosimbiontica questi ultimi deriverebbero da batteri contenti DNA circolare.
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Sara Scacchi
Genetica I e II
o L’ eterocromatina costitutiva è presente in tutte le cellule negli stessi loci su entrambi i cromosomi ed
è esemplificata dalle regioni centromeriche e telomeriche;
o L’ eterocromatina facoltativa, è varia ed è rappresentata da segmenti di eucromatina condensati e
perciò inattivi trascrizionalmente (un esempio di eterocromatina facoltativa sono i corpi di Barr).
La cromatina presenta diversi gradi di compattamento:
o La fibra cromatinica da 10nm, presenta una caratteristica morfologia filo di perle, chiamati nucleosomi,
le unità strutturali di base della cromatina eucariotica. Questi ultimi hanno un diametro di 11
nanometri e un nucleo composto di 8 proteine istoniche del tipo H2A, H2B, H3 e H4, a sua volta avvolto
da un segmento di 147bp di DNA. I singoli nucleosomi sono connessi tra loro tramite DNA linker di
lunghezza variabile. Questa struttura è sottoposta ad un ulteriore livello di compattamento dovuto
all’istone H1, il quale si lega sia al filamento linker che al core istonico.
o La fibra cromatinica da 30nm, si presenta come un filamento irregolare di nucleosomi con andamento
a zig-zag. Questo grado di condensazione, necessario al raggiungimento della metafase della divisione
cellulare, è costituito da circa 2000 domini ad ansa di DNA di 30-90 kb, attaccate ad un'impalcatura
proteica di proteine non istoniche, che costituiscono l'impalcatura cromosomica.
o La fibra cromatinica da 300nm, rappresentante il massimo avvolgimento del materiale genetico,
consiste in un ulteriore avvolgimento e compattamento degli stessi domini ad ansa, che portano alla
formazione del cromosoma metafasico. Lo spessore di un cromatidio in questa fase è pari a 700 nm e
il suo avvolgimento viene regolato localmente, a scopo trascrizionale, mediante modifiche
epigenetiche sul DNA e sugli istoni da parte di specifici enzimi.
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Sara Scacchi
Genetica I e II
I cromosomi
Cromatina e proteine associate, come sopra descritte, vanno a costituire i cromosomi. Questi ultimi sono quindi
lunghi filamenti di DNA contenenti i geni che, essendo porzioni codificanti di DNA per le proteine, vanno a
rappresentare i reali effettori delle funzioni biologiche dell’organismo, e a
determinarne i caratteri fenotipici. Un gene è costituito da nucleotidi, è
infatti una porzione di DNA, di lunghezza variabile, che serve a dettare
l'informazione per la sintesi proteica. I geni sono organizzati in una
particolare sequenza, e ciascun gene occupa uno specifico locus sul
cromosoma. Un organismo può
presentare un assetto
cromosomico aploide (n) o diploide (2n). Questa classificazione fa
riferimento al numero di set informazionali presenti in una cellula, die
infatti, si fa riferimento alla configurazione numerica di copie omologhe,
ovvero presentanti gli stessi geni sugli stessi loci, del corredo genetico.
Nel caso dell'uomo si parla di un organismo diploide, in quanto esistono
due set informazionali completi. Di ogni cromosoma è presente una
duplice copia, che va a formare una coppia di cromosomi omologhi.
La presenza o meno di un duplice corredo cromosomico è riconducibile al tipo di riproduzione, che può essere:
o Sessuata, quando comporta la confluenza di informazioni genetiche di due genitori, producendo
individui geneticamente diversi tra loro, e rispetto a entrambi i genitori, e garantendo una grande
variabilità genetica. La riproduzione sessuata è basata sull’alternanza di cellule aploidi e diploidi,
poiché, il corredo diploide è frutto della fusione di due gameti aploidi, uno di origine materna e uno di
origine paterna.
o Asessuata, quando un'unica cellula che si divide dà origine a una cellula figlia geneticamente identica
a sé stessa. In questo caso la variabilità genetica è riconducibile solo a eventuali mutazioni oppure a
vari meccanismi para sessuali. Tale tipo di riproduzione funziona lì dove le condizioni ambientali non
variano e rimangono sempre le stesse.
L’assetto cromosomico completo di un organismo eucariotico viene chiamato cariotipo. Quest’ultimo può
essere ben osservato, fotografato e studiato durante la metafase della
riproduzione cellulare. Nel tipo i cromosomi vengono disposti in ordine
secondo la dimensione e la posizione del loro centromero. Quando i diversi
cromosomi sono colorati in modo uniforme, è difficile distinguerli in modo
non ambiguo basandosi solo sulla loro dimensione e forma. Per questo sono
state sviluppate serie di tecniche che permettono di colorare alcune bande
cromosomiche più intensamente di altre. Una di queste tecniche di
colorazione è chiamata bandeggio G: i cromosomi sono trattati con calore
moderato o con enzimi proteolitici per digerire parzialmente le proteine
cromosomiche e vengono quindi colorati con il colorante giemsa per
produrre delle bande scure chiamate bande G. Nell'uomo nei cromosomi
metafasici possono essere evidenziate circa 300 bande G. Questo tipo di
tecnica è utile soprattutto per
individuare un eventuale
cromosoma mutato.
Ad oggi esistono altre
tecniche per lo studio del cariotipo che permettono di evitare
l'utilizzo del bandeggio. Una di queste è l’ibridazione in situ: è
una tecnica citogenetica che può essere utilizzata per rilevare e
localizzare la presenza o l'assenza di specifiche sequenze
di DNA nei cromosomi. Essa utilizza delle sonde a fluorescenza che
si legano in modo estremamente selettivo per via di una
sequenza complementare ad alcune specifiche regioni del
cromosoma.
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