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APPUNTI DEFINITIVI BIOLOGIA ANIMALE

• Biologia: analisi scientifica della vita a tutti i livelli complessità: molecolare, individuale, popolazioni
(organismi della stessa specie), comunità (popolazioni in stessa area), ecosistema (biotico + abiotico),
biosfera.
• Primi importanti biologi: Aristotele ed Ippocrate.
• Esseri viventi raggruppati in 3 domini: Bacteria, Archea, Eukarya → Quest’ultimo diviso in 4 regni:
Protisti, Funghi, Piante, Animali.
• Dominio Bacteria: comprende:
1. Batteri: procarioti maggiormente modificati e diffusi, attualmente divisi in diversi regn
2. Archea: molti vivono in condizioni estreme (laghi salati, sorgenti termali calde...), cellula
procariotica
• Dominio Eukarya: comprende:
1. Regno delle piante: organismi eucarioti pluricellulari che effettuano la fotosintesi, la
conversione dell’energia solare nell’energia chimica del cibo. La maggior parte si trova sulla
terraferma.
2. Regno dei funghi: caratterizzato dalla modalità con il quale i suoi membri si nutrono, che
consiste nell’assorbimento di sostanze nutritive dall’esterno del proprio corpo.
3. Protisti: per la maggior parte eucarioti pluricellulari relativamente semplici ad essi imparentati
(protozoi ciliati, amebe...)
4. Regno degli animali: organismi pluricellulari che si nutrono di altri organismi
• Def. Popolazione: Consiste di tutti gli individui appartenenti alla stessa specie che vivono in una data
area. È la più piccola unità che evolve.
• Def. Specie: La specie è un gruppo di popolazioni i cui individui possono incrociarsi fra loro,
producendo una progenie fertile.
• Def. Filogenesi: percorso evolutivo che porta alla differenziazione delle specie a partire da un’origine
comune.
• Def. Ontogenesi: sviluppo individuale e trasformazioni a cui va incontro l’organismo nel corso della
sua vita.
• Def. Comunità: insieme di specie che vive in una determinata area e fra quelle specie s’instaurano
delle interazioni di diverso tipo (dalla preda, alla predazione…)
• Def. Ecosistema: L'insieme degli organismi viventi (fattori biotici ) e della materia non vivente
(fattori abiotici) che interagiscono in un determinato ambiente costituendo un sistema autosufficiente e
in equilibrio dinamico.
• Def. Biosfera: Involucro esterno alla superficie terrestre (atmosfera, litosfera e idrosfera), nel quale
sussistono le condizioni indispensabili alla vita animale e vegetale → l'insieme degli organismi
viventi.
LINNEO E IL SYSTEMA NATURAE
• Agli inizi del 1700 Carlo Linneo studia un sistema di classificazione degli organismi viventi. Due
schemi nella diversità:
→ Scala della natura: gradiente di complessità
→ Tipi naturali: organizzazione gerarchica delle somiglianze tra specie
• Gerarchia Linneana:
1. Regno: animalia
2. Phylum: chordata
3. Subphylum: vertebrata
4. Classe: mammalia
5. Ordine: primates
6. Famiglia: hominidae
7. Genere: homo
8. Specie: homo sapiens
LAMARCK-DARWIN-WALLACE
• Studiano la diversità della vita, l’adattamento all’ambiente e le testimonianze della geologia (com’è
possibile
• una storia fissa? È impossibile →le forme di vita evolvono →origine della specie →adattamento
(fitness) = la capacità di sopravvivere, riprodursi e trasmettere geni alle successive generazioni;
quindi, una fitness maggiore significa che alcuni tratti di un determinato individuo vengono trasmessi
di più e si stabilizzeranno per effetto della selezione naturale.
• Nel 1858 Wallace intuì che la selezione naturale poteva essere il tanto cercato meccanismo
responsabile della modificazione degli organismi viventi e della comparsa di nuove specie, ossia
dell'evoluzione.
• Darwin raccoglie tutte le informazioni che lo conducono all’origine della specie (viaggio per disegnare
le coste sulle mappe).
• Raccoglie i suoi appunti e le sue informazioni in Viaggio di un naturalista intorno al mondo.
• Sulle Isole Galapagos studia i fringuelli, gruppo di specie vicine ma diversificati per alcuni tratti (es.
becco) →Darwin ipotizza che l’evoluzione sia collegata all’adattamento in diverse zone, ma che tutte
le specie derivino da un individuo primordiale →albero evolutivo (con punti di dicotomia), si legge
dal basso verso l’alto. La vita è quindi discendenza con modificazioni.
• Esistono alcuni animali che nel corso dei secoli si sono evoluti mantenendo tratti primitivi
(discendenza con poche modificazioni, specie molto conservative: testuggini, coccodrilli...), altri che
invece sono molto più derivati
→ (! Da non confondere le modificazioni con l’evoluzione: tartarughe e coccodrilli sono evoluti
esattamente come gli uccelli, ma mantengono tratti più simili a quelli di partenza) es. gli uccelli
(derivano dagli antichi dinosauri (che infatti erano piumati).
• È un caso che le scoperte inizino nel 1700-1800? Sono gli anni del colonialismo, delle rivoluzioni
industriali e del positivismo (Alexander Von Humboldt innamorato della natura del Sudamerica).
GREGOR MENDEL
• Esperimenti sulla pianta del pisello odoroso (studia e analizza i tratti che variano tra gli incroci) →
ereditarietà: ci sono delle particelle materiali che codificano per un certo carattere (intuisce il gene).
• Darwin ignora gli studi di Mendel e di conseguenza il peso delle sue scoperte scientifiche viene
considerato solo agli inizi del 1900 dalla Columbia University (moscerino della frutta).
• Si scopre che i geni si trovano sui cromosomi (locus genico), si sviluppa l’ereditarietà cromosomica
(non ancora arrivati al concetto di DNA).
DNA INTRODUZIONE
• Negli anni ’60 Rosalind Franklin e Watson e Crick scoprono il DNA, e cioè il materiale ereditario, e
ne studiano la struttura (scala a pioli a doppia elica a spirale). Basi azotate: Adenina-Timina e
Guanina-Citosina + zucchero desossiribosio e gruppo fosfato.
• Genotipo: genoma, informazione del DNA invisibile all’esterno, anche se non si esprimono possono
essere ereditari
• Fenotipo: genoma che si esprime all’esterno e riguarda anche la sfera psicologica (espressione del
sistema nervoso), il genoma del fenotipo interagisce anche con l’ambiente (il DNA, quindi, non è
l’unica “ricetta”)
• L’ontogenesi è la scienza che studia lo sviluppo individuale di un organismo
• La filogenesi studia lo sviluppo della specie e la sua evoluzione nel tempo
METODO SCIENTIFICO
• La biologia è una scienza sperimentale che può anche sviluppare approcci diversi, il “cuore” è il
metodo scientifico = osservazioni → domande → ipotesi → procedure sperimentali (controlli per
identificare un’ipotesi robusta) →teoria (feedback dalla comunità scientifica e interazione sociale e
applicazioni)
• Per testare le ipotesi si adopera la statistica: es. vaccino covid, su un campione di 100 persone viene
somministrato a 50 il principio attivo, altri ricevono un placebo così che entrambi le parti siano
convinte di aver ricevuto una cura).
Cellula e chimica della vita
Proprietà sistema vivente:
• Sistema aperto (scambia sia energia che materia con l’esterno) e dinamico (regolare i suoi scambi con
il mondo esterno per mantenere la sua integrità);
• Struttura molecolare che nasce, cresce, si riproduce e muore → “autopoiesi”: organismo in grado di
auto-mantenersi, auto-prodursi e generare nuovi organismi.
• Unione con la componente metabolica (insieme reazioni chimiche che generano prodotti) e
informazionale (codice genetico contenuto in DNA e RNA, acidi nucleici replicatori).
• I Virus presentano solo la seconda componente, non sono viventi, ma sub-viventi.
ACQUA
• Quando gli elettroni sono attratti da un nucleo più che da un altro, il risultato è un legame covalente
polare e quindi l’acqua si dice molecola polare.
• Però il legame di maggiore interesse in biologia è quello che l’acqua instaura con altre 4 molecole
identiche a sé. Lo fa attraverso l’impiego di legami ad idrogeno che si formano e si sfaldano di
continuo (situazione dinamica). Da questo legame derivano le importanti proprietà dell’H20: coesione,
adesione, tensione superficiale, elevato calore specifico, bassa densità allo stato solido ecc....solvente
“universale”.
• Le regioni fornite di carica elettrica presenti su una molecola di acqua sono attratte dalle regioni
fornite di cariche opposte presenti su molecole vicine. Ogni molecola può formare legami a idrogeno
con un massimo di quattro molecole. In ogni istante nell’acqua liquida a 37 °C, il 15% di tutte le
molecole è unito a quattro altre molecole formando associazioni a vita breve.
• Importanti funzioni ambientali delle proprietà: Ad esempio determinate proprietà permettono al
ghiaccio di galleggiare piuttosto che alle piante di trasportare l’acqua dalle radici alle foglie. elevato
calore specifico: permette di trattenere grandi quantità di calore per poi rilasciarlo gradualmente
BIOMOLECOLE
• composti organici (carbonio) che costituiscono strutture degli organismi viventi.
• Piccole molecole comuni a tutti gli organismi (monomeri) ordinate e assemblate a formare peculiari e
variabili macromolecole (polimeri) → Da un lato il gruppo OH, dall’altro H.
• Sintesi dei monomeri attraverso disidratazione: legame covalente tra OH e H, liberata molecola
d’acqua.
• Processo inverso: idrolisi = rottura dei legami e impiegata molecola d’acqua.
→ Tali reazioni avvengono grazie agli enzimi (azione catalizzante). Diversi gruppi funzionali.
ZUCCHERI (carboidrati, glucidi)
• I carboidrati sono molecole contenenti atomi di H e gruppi ossidrile (H–C–OH), legati ad atomi di C.
• Hanno funzione energetica, funzione strutturale (materiali di sostegno e rivestimento), e costituiscono
scheletri carboniosi.
• I monosaccaridi (monomeri) contengono da 3 a 7 atomi di C e sono D-stereoisomeri (quelli nei
viventi). Un C porta il gruppo carbonilico (C=O), tutti gli altri l’ossidrile (H–C–OH).
• Si dividono infatti in:
1. aldosi se C=O è all’inizio della catena;
2. chetosi se C=O è al secondo posto nella catena.
Possono essere a catena lineare o ad anello, più comune e stabile. Possono essere:
1. esosi (a 6 atomi di C) sono il glucosio, fruttosio, mannosio e galattosio (aldoesosi);
2. pentosi (a 5 atomi di C) sono il ribosio (ossatura dell’RNA) e il desossiribosio (del DNA).
• Ribosio e desossiribosio differiscono perché nel desossi- è andato perso un O legato al C in posizione
2.
• Il glucosio è il principale monosaccaride, dal momento che è fonte di energia cellulare attraverso la
glicolisi/respirazione.
• I disaccaridi sono formati da 2 monosaccaridi legati covalentemente. I principali sono:
1. il saccarosio (glucosio + fruttosio), il lattosio (glucosio + galattosio);
2. il maltosio, che deriva dall’idrolisi dell’amido, il cellobiosio, che deriva dalla glicolisi della
cellulosa
• Gli oligosaccaridi derivano dall’unione mediante legame glicosidico (covalente) di singoli
monosaccaridi (da 3 a 20).
• Presentano spesso ulteriori gruppi funzionali che conferiscono loro proprietà specifiche: si legano, per
esempio, alle proteine per formare glicoproteine, e ai lipidi per formare glicolipidi.
• I polisaccaridi sono polimeri di grosse dimensioni. I polisaccaridi con funzione di riserva energetica
sono:
1. l’amido, un polimero di α-glucosio formato da amido e amilopectina, poco ramificato;
2. il glicogeno, un polimero di α-glucosio con funzione di riserva energetica in fegato e muscoli,
dalla struttura molto più ramificata.
• I principali polisaccaridi con funzione strutturale sono:
1. la cellulosa, un polimero di β-glucosio, più stabile dell’amido, forma pareti cellulari nelle
piante;
2. gli zuccheri fosfati (in cui il gruppo fosfato ha sostituito –OH), come il fruttosio 1,6-difosfato,
prodotto intermedio delle reazioni energetiche cellulari;
3. gli amminozuccheri (in cui il gruppo amminico –NH₂ ha sostituito –OH), che svolgono ruoli
importanti nella matrice cellulare (è un amminozucchero il principale costituente della
cartilagine);
4. la chitina, un polimero di N-acetilglucosammina, forma lo scheletro di insetti la parete di
funghi;
5. i glicosamminoglicani (GAG), polimeri lineari formati da amminozuccheri e glucidi acidi.
LIPIDI (grassi, glicidi)
• I lipidi svolgono funzioni diverse: immagazzinano energia (grassi e oli), i fosfolipidi svolgono
funzioni strutturali nelle membrane, gli steroidi e gli acidi grassi svolgono un ruolo di regolazione
ormonale e vitaminica (“messaggeri” chimici).
• I lipidi sono biomolecole idrofobiche insolubili in acqua a causa dei loro legami covalenti apolari che
formano fra loro polimeri non covalenti tramite legami deboli di London.
• I più semplici sono i trigliceridi, che vengono chiamati rispettivamente:
1. grassi se sono solidi a temperatura ambiente;
2. oli se sono liquidi a temperatura ambiente.
→ I trigliceridi sono costituiti da tre molecole di acidi grassi (catene idrocarburiche apolari di CH₂ che
terminano con un gruppo carbossilico COOH) e una molecola di glicerolo (formata da tre gruppi
ossidrilici –OH).
→ Fra i gruppi carbossilico e ossidrilici si forma un legame estere che origina il trigliceride. Negli
acidi grassi saturi tutti i legami fra gli atomi di C sono covalenti semplici. Negli acidi grassi insaturi le
catene idrocarburiche contengono doppi o tripli legami (es: acido oleico è un acido grasso
monoinsaturo). Svolgono un ruolo importante nel metabolismo come fonti di energia (es: trigliceridi
idrolizzati nell’intestino ad acidi grassi e glicerolo).
→ Nei fosfolipidi, a differenza dei trigliceridi, un acido grasso è sostituito da un composto contenente
un gruppo fosfato, che conferisce carica elettrica negativa e idrofilia alla porzione della molecola
(testa). I due acidi grassi restanti (coda) sono invece idrofobici. In ambiente acquoso, i fosfolipidi si
allineano in modo che le teste interagiscono con l’acqua e le code si radunano le une vicino alle altre.
Si forma così un doppio strato fosfolipidico, che forma le membrane biologiche. I glicolipidi sono
molecole in cui la molecola di attacco lega anche uno zucchero o un’oligosaccaride. Svolgono un
ruolo importante nel riconoscimento fra cellule e nell’identificazione di sostanze.
→ Si individuano anche classi lipidiche non conformi alla struttura glicerolo-acidi grassi:
1. i carotenoidi, pigmenti che assorbono la luce. Il β-carotene si scinde in due molecole di
vitamina A che servono a sintetizzare il pigmento rodopsina, necessaria alla vista;
2. gli steroidi, composti organici con uno scheletro ad anelli. Il colesterolo, sintetizzato nel fegato,
costituisce le membrane e serve a produrre il testosterone;
3. le vitamine, piccole molecole che il corpo non può sintetizzare autonomamente ma devono
essere assunte tramite l’alimentazione. Sono lipidi le vitamine A, D, E, K, ma non quelle del
gruppo B;
4. le cere sono formate da un acido grasso saturo legato ad un alcol. Alcune ghiandole cutanee
secernono un rivestimento ceroso impermeabile all’acqua.
PROTEINE
• Le proteine sono polimeri dei 20 amminoacidi legati dal legame peptidico, che si ripiegano su se stessi
fino ad assumere una precisa struttura tridimensionale (ripiegamento della catena polipeptidica).
• Gli amminoacidi presentano due gruppi funzionali ionizzati legati ad un atomo di C):
1. il gruppo amminico, che ha acquistato un H aggiuntivo passando da –NH₂ a –NH₃⁺;
2. il gruppo carbossilico, che ha perso un H passando da –COOH a –COO⁻.
• Si trovano legati all’atomo di C (detto α) anche un H e una catena laterale/gruppo radicale (R), che
determina la specificità chimica dell’amminoacido.
• Possono essere polari, elettricamente carichi o idrofobici (fanno eccezione la cisteina che presenta
ponti di solfuro, la glicina e la prolina).
• La presenza dei due gruppi funzionali conferisce agli amminoacidi proprietà anfotera (si comportano
sia da acidi che da basi).
• Essendo il Cα asimmetrico, ha due forme stereoisomeriche D ed L, ma gli amminoacidi sono di norma
tutti della serie L.
• Gli amminoacidi essenziali (ossia assumibili solo tramite l’alimentazione) sono 9, mentre 11 sono
quelli prodotti regolarmente dall’organismo, per un totale di 20 amminoacidi.
• Il legame peptidico fra 2 amminoacidi si realizza quando il gruppo carbossilico (COO⁻) reagisce con il
gruppo amminico (NH₃⁺) dell’amminoacido seguente.
→ È un legame rigido e planare, che favorisce la formazione di legami H.
• L’ossatura della catena polipeptidica è determinata dalla successione N-C-C (amminico-α-
carbossilico), conferendo un ordine lineare alla catena.
• La catena inizia con l’N-terminale (gruppo amminico del primo amminoacido), e finisce con il C-
terminale (gruppo carbossilico dell’ultimo amminoacido).
• Diverse strutture proteiche:
1. La struttura primaria è data dalla posizione esatta di ogni specifico amminoacido nella catena
polipeptidica, non è biologicamente attiva perché necessita avvolgimenti e ripiegamenti
ulteriori, ed è determinata da legami covalenti.
2. La struttura secondaria consiste nella regolare ripetizione di ripiegamenti caratteristici,
determinati dai legami H → Si individuano così due strutture:
▪ α-elica, una spirale destrogira, tipica delle cheratine di peli e unghie;
▪ β-foglietto pieghettato, che si forma a partire da due o più catene polipeptidiche
affiancate.
3. La struttura terziaria è determinata dal ripiegamento successivo della struttura secondaria, e
produce una macromolecola funzionale (proteina globulare) con una precisa forma
tridimensionale (es: il lisozima presente nelle lacrime e nella saliva).
4. La struttura quaternaria è il risultato del legame fra due o più subunità proteiche terziarie (es:
l’emoglobina è formata da 4 subunità).
• Forma e struttura di una proteina le permettono di legarsi non covalentemente ad un’altra molecola
specifica, per realizzare importanti eventi biologici (trasporto, ricezione, attività enzimatica, ecc.).
• Una proteina si legherà ad una molecola solo se c’è un’elevata corrispondenza fra le loro rispettive
forme tridimensionali (modello chiave-serratura), mentre i gruppi funzionali posti sulla superficie sono
adibiti a favorire interazioni chimiche con altre sostanze (formazione di legami idrofobici, ionici, a
idrogeno).
• La struttura tridimensionale di una proteina più andare incontro a denaturazione in seguito a variazioni
del pH o aumento della temperatura.
• I legami deboli (a idrogeno, Van der Waals, disolfuro) che tengono insieme le strutture II, III, IV
vengono rotti, mentre rimane inalterata la struttura primaria
• La denaturazione comporta la perdita di funzionalità della proteina, e può essere irreversibile o
reversibile.
ACIDI NUCLEICI (DNA, RNA)
• Gli acidi nucleici sono polimeri specializzati nel custodire, trasmettere e utilizzare l’informazione
genetica. Ne esistono due tipi:
1. il DNA, che contiene l’informazione genetica;
2. l’RNA, che usa il messaggio genetico per dirigere correttamente la sintesi proteica. Gli acidi
nucleici sono polimeri di nucleotidi, i quali sono formati da uno un gruppo fosfato e un
nucleoside (zucchero pentoso + base azotata).
• Adenosina, guanosina, timidina, citidina e uridina sono i nomi dei nucleosidi contenenti,
rispettivamente, la adenina, la guanina, la timina, la citosina e l’uracile. Le basi sono legate agli
zuccheri mediante un legame N-glicosidico in posizione 1’.
• Quando i gruppi fosfato nel nucleotide sono più di uno (difosfato e trifosfato) essi sono legati tra loro
mediante un legame anidrico.
• Sono basi azotate ad anello singolo le pirimidine C, T, U, e a doppio anello le purine A, G.
• Nel DNA lo zucchero pentoso è il desossiribosio, nell’RNA è il ribosio (che ha un atomo di O in più).
• L’ossatura del DNA consiste in una doppia catena di zuccheri pentosi alternati a gruppi fosfato (legati
covalentemente in direzione 5’ → 3’), in cui le basi azotate sono legate allo zucchero pentoso e
sporgono rispetto alla catena, andandosi a legare tramite legami a idrogeno con quelle dell’altra
catena, che corre in direzione opposta formando una doppia elica.
• Le molecole di RNA, al contrario, sono a catena singola. Il gruppo fosfato si lega tramite legame
fosfoestereo con l’ossidrile in 3’ e quello in 5’ del desossiribosio: per questa ragione i
desossinucleotidi nel DNA sono legati da legami fosfodiesterei.
• I gruppi fosfato portano una carica negativa, che rende così negativi i due filamenti di DNA, i quali
risentirebbero di una rilevante repulsione che tenderebbero a dividerli, se non ci fossero in soluzione
acquosa ioni positivi che schermano questa repulsione.
• La struttura a doppia elica è particolarmente stabile in quanto le coppie di basi sono planari essendo
tutti i loro atomi ibridizzati sp2 , e gli elettroni dei rimanenti orbitali p formano legami π delocalizzati,
quindi liberi di muoversi su tutta la superficie degli anelli purinici e pirimidinici: tale mobilità genera
dipoli elettrici fluttuanti sul piano degli anelli, le cui interazioni fra una coppia di basi con quelli delle
coppie poste al di sopra e al di sotto genera una forza di attrazione molto forte (forza di stacking).
• I dipoli nelle coppie G-C sono più forti di quelli che si creano nelle coppie A-T, quindi i DNA che
presentano molte coppie G-C sono più stabili di quelli in maggior contenuto di A-T. La natura ha
sfruttato questo fatto arricchendo di coppie A-T le zone di DNA che debbono aprirsi per prime.
• Le quattro basi azotate si appaiano secondo il principio di complementarità:
1. l’adenina (A) si appaia sempre con la timina (T) formando due legami a idrogeno;
2. la citosina (C) si appaia sempre con la guanina (G) formando tre legami a idrogeno; Una
purina grossa si appaia sempre con una pirimidina, più piccola.
• I nucleotidi dell’RNA (ribonucleotidi) si differenziano per una sola base azotata: al posto della timina
vi è l’uracile (U).
ORIGINE DELLA VITA
• Esperimento di Miller-Urey (anni 50) → la vita ha origine da brodo primordiale, non da elementi
biologici.
→ Vengono ricreate le condizioni di quel periodo, elementi iniziali: acqua, acido carbonico e altri
elementi, tutto sottoposto a scariche elettriche → si verifica che in questo brodo si ottengono
monomeri di interesse biologico.
• La vita sulla terra si origina da una chimica prebiotica che appartiene al mondo della chimica
organica dai quali emerge successivamente la vita.
• Questo esperimento tenta di replicare il clima prebiotico presentante un oceano primitivo che
riscaldandosi evaporava ed alimentava una atmosfera primitiva formata da metano vapore acqueo
ammonica e quindi un’atmosfera ove non era ancora presente l’ossigeno. Dunque, ci collochiamo
ipoteticamente in nell’atmosfera di una terra non ancora abitabile ma che lo sta diventando.
→ Atmosfera che crea effetto serra che fa sì che il calore rimanga intrappolato in essa e un’atmosfera
che riceve molti impulsi elettrici come scariche elettriche che la attraversano. Quindi si cerca di
ricreare in sostanza un microcosmo che origina composti di interesse biologico. All’interno del
circuito avvengono determinate reazioni e, saggiando il liquido, si è osservato che si arrivano a
produrre basi azotate come l’adenina sino alla formazione di un amminoacido come la glicina.
In conclusione, date certe condizioni dell’era primitiva si possono creare composti di interesse
biologico (da non intendere come macromolecole biologiche, come una proteina, ma il singolo
amminoacido che la compone). Il problema è come facciano questi mattoni ad assemblarsi in modo da
originare un metabolismo e una replicazione.
• Da qui alcune questioni: Chi catalizza formazione polimeri? Originati prima acidi nucleici o proteine?
Idea di una chimica primordiale centrata sull’RNA. Originato prima metabolismo o replicazione
(metabolism first / replication first)?
• METABOLISM FIRST: attraverso il ciclo di Krebs, alla base del sistema metabolico (si ipotizza un
metabolismo auto catalitico, che si autosostiene)
• REPLICATION FIRST: mondo RNA (si è certi che prima del DNA servono dei replicatori RNA)
PRINCIPALI TRANSIZIONI EVOLUTIVE
• Evoluzione tende ad una maggior complessità, 8 principali transizioni:
1. Molecole in grado di replicarsi → Popolazioni di molecole in cellule divise in compartimenti
2. Replicatori indipendenti → Cromosomi
3. RNA come gene ed enzima → DNA e proteine
4. Procarioti → Eucarioti
5. Cloni asessuati → Popolazioni sessuate
6. Protisti (unicellulari) → Animali, piante, funghi (pluricellulari)
7. Individui solitari → Colonie
8. Primati sociali → Società umane, linguaggio verbale
PROCARIOTI (AUTOTROFI)
• Hanno una sola molecola circolare di DNA, un unico compartimento citoplasmatico dove tutte le
reazioni avvengono in soluzione, e normalmente la forma della cellula è dovuta a una parete esterna
(un esoscheletro) che circonda la membrana plasmatica. Sono esclusivamente monocellulari e possono
vivere in qualsiasi nicchia ecologica, con o senza luce, con o senza ossigeno, con o senza molecole
organiche. Dimensioni ordine del m (10-6 m).
• Sono in grado di sintetizzare tutti i loro componenti a partire da molecole inorganiche e da una fonte di
energia, si adattano rapidamente ai cambiamenti dell’ambiente e si scambiano geni in modo
orizzontale, ossia fra i membri di una stessa generazione.
• Non c’è un nucleo strutturato, c’è una regione chiamata nucleoide in cui generalmente è contenuto
DNA circolare che assomiglia al DNA mitocondriale (mtDNA) che troviamo nella cellula eucariotica
(diverso da quello del nucleo della stessa cellula eucariotica. Il DNA del nucleo si indica nDNA).
• La membrana plasmatica è a sua volta circondata da una parete rigida esterna. Il fattore importante è
che questa parete porta le cellule procariotiche ad avere meccanismi di divisione completamente
diversi dagli eucarioti che invece perdono questa parete.
→ Questo evento si ritiene sia uno dei fondamentali per la transizione agli eucarioti.
• Un altro evento chiave è quello dell’endosimbiosi; in cui una cellula va a vivere in un'altra cellula
perdendo la vita indipendente per diventare mitocondrio
• Organismi molto versatili, più degli eucarioti.
• I mitocondri servono alla cellula eucariotica per diventare efficiente in un mondo ricco di O2.
• I batteri oltre a scindersi, per via asessuata, possiedono la coniugazione batterica scambiandosi parti di
DNA che dopo la disseparazione si rimescola creando una sessualità batterica.
• Transizione verso gli eucarioti: intorno a 2,5 miliardi di anni fa → fase ossidativa (cresce sempre di
più la quantità di ossigeno presente nell’aria e molti organismi non sono “attrezzati”); si verifica il
fenomeno dell’endosimbiosi = una cellula procariotica va a vivere in una cellula procariotica più
grande instaurando un sistema di simbiosi (probabilmente la cellula ospitante ha bisogno di ossigeno
(ATP)).
→ Si vengono a creare i mitocondri (quella che era una cellula autonoma diventa componente di una
cellula più grande), poi si vengono a creare le membrane plasmatiche che dividono gli organelli→ si
sviluppa un embrione ed otteniamo la pluricellularità = bisogno di molto ossigeno (organismi
aerobici).
• Tre regni puricellulari: animali, funghi, piante
EUCARIOTI
• Gli eucarioti hanno varie molecole lineari di DNA altamente spiralizzate, organizzate in cromosomi
all’interno del nucleo, un citoplasma suddiviso in compartimenti (sistema delle endomembrane) e
organelli cellulari;
→ la forma della cellula è dovuta a un citoscheletro interno composto da almeno tre diverse famiglie di
filamenti proteici (novità rispetto alla cellula procariotica. Fornisce la forma e aiuta il movimento).
• Normalmente hanno bisogno di molto ossigeno, e oltre ad un’ampia varietà di forme monocellulari
(protozoi o protisti) hanno generato i tre grandi regni multicellulari (piante, funghi e animali).
• Hanno sviluppato nuovi meccanismi di divisione cellulare (mitosi e meiosi), nuove forme di
movimento, la sessualità meiotica, e lo sviluppo embrionale con tutte le innumerevoli morfologie che
questo può creare.
• In genere gli eucarioti sono in grado di adattarsi all’ambiente con cambiamenti altamente sofisticati ma
il prezzo di questa versatilità è un alto grado di estinzione (in media le specie animali persistono solo
per quattro milioni di anni → una maggiore complessità porta una maggiore vulnerabilità
• Hanno dimensioni maggiori rispetto a procarioti: 10-100 μm (eccezioni cellula uovo, neurone).
Differenze cellula procariotica e cellula eucariotica: Eucariotiche: nucleo delimitato da un involucro
membranoso. Struttura complessa. DNA altamente organizzato con i suoi legami con proteine. Molti
compartimenti formati dal sistema di endomembrane, e una doppia membrana che avvolge il nucleo. La
cellula è delimitata dalla membrana plasmatica. Cellule relativamente piccole perché spesso organizzate in
sistemi pluricellulari in cui devono avvenire molti scambi che sono massimizzati se il rapporto
superficie/volume è elevato. Elevato numero di vescicole che fanno parte del sistema di endomembrane.
Procariotiche: manca tale involucro, struttura semplificata e dimensione ridotte rispetto all’eucariotica.
NUCLEO
• Il nucleo contiene la maggior parte dei geni presenti nella cellula eucariotica (alcuni geni →
mitocondri + cloroplasti)
• Ha un diametro di 5m. rappresenta l’organello di dimensioni maggiori presente all’interno della
cellula.
• Involucro nucleare: delimita il contenuto del nucleo separandolo dal citoplasma, si origina dal
reticolo endoplasmatico ha funzione di protezione
→ è costituito da una doppia membrana composta da un doppio strato di lipidi a cui sono associate
alcune proteine; è perforato da pori nucleari e la membrana interna ed esterna a livello del margine
dei pori risultano continue; a ciascun poro si associa una struttura proteica denominata “complesso
del poro” che regola l’entrata e l’uscita di sostanze, proteine e molecole di RNA.
• Lamina nucleare: rete di proteine filamentose che mantiene la forma del nucleo fornendo supporto
meccanico.
• Matrice nucleare: reticolo di elementi fibrosi che occupano la parte interna del nucleo.
• Cromosomi: strutture del DNA che recano l’informazione genetica, costituiti da cromatina
• DNA e proteine (istoni) si organizzano a formare la cromatina: osservabile al microscopio ottico ed
elettrico appare come una massa diffusa, quando la cellula inizia a dividersi le sottili fibre di
cromatina si condensano diventando cromosomi
→ gli istoni consentono alla cromatina di addensarsi, avvolgendosi, così da renderla compatta per
poter avere come prodotto i cromosomi.
→la funzione della cromatina, oltre a rendere il filamento di DNA compatto è quella di proteggerlo
da danni fisico-chimici e di regolare l’espressione genica.
→ due tipologie di cromatina:
1) Eucromatina: (parte chiara); il DNA è poco condensato e permette la trascrizione del
codice genetico (fasi di crescita cellulare)
2) Eterocromatina: (parte scura); il DNA è molto condensato e non consente processi
come quello della trascrizione, al contrario serve a preservare la segregazione dei
cromosomi durante la divisione cellulare e per il mantenimento dell’integrità
genomica. → Si divide in due tipologie:
1. facoltativa: quella che può attivarsi o disattivarsi in base alle esigenze
2. costitutiva: sempre disattivata che potrebbe avere una funzione strutturale o di
sostegno.
• Il meccanismo di compattazione e l’alternarsi di eucromatina ed eterocromatina è un meccanismo
chiave per la regolazione dell’espressione dei geni.
• la struttura elementare della cromatina è il nucleosoma → DNA avvolto attorno a gruppi di 8 istoni,
ha un diametro di 10 nm;
→ tra un nucleosoma e l’altro tratto di DNA viene associato a un altro istone H1 ➔ struttura a
collana di perle = Tale struttura forma fibra di 30 nm, che si avvolge formando cromosoma, largo
1400 nm.
→ Ogni specie possiede quantità caratteristica di cromosomi (uomo 46).
• All’interno del nucleo della cellula (non in fase di divisione) abbiamo il nucleolo: struttura dove
viene sintetizzato l’RNA ribosomiale
→ nel nucleolo le proteine provenienti dal citoplasma vengono assemblate con l’RNA ribosomiale
costituendo subunità maggiore e minore → queste attraverseranno i pori nucleari fuoriuscendo dal
nucleo e andando nel citoplasma dove verranno assemblati i cromosomi.
→ possono essere presenti due o più nucleoli, il numero varia in base alla specie e allo stadio del
ciclo di divisione cellulare.
→ il nucleolo opera anche nella regolazione di processi cellulari (divisione).
RIBOSOMI
• Complessi costituiti da RNA ribosomiale e proteine, rappresentano i componenti cellulari deputati
alla sintesi proteica.
• I ribosomi producono proteine in due divere zone del citoplasma, nella cellula si distinguono i
ribosomi liberi che sono sospesi nel citosol (formano i cluster=raggruppamenti di ribosomi) e i
ribosomi legati che sono associati alla parete esterna del RE o dell’involucro nucleare.
→ i ribosomi liberi e quelli legati sono identici dal punto di vista strutturale e possono alternarsi in
due ruoli.
→ la maggior parte delle proteine prodotte dai ribosomi liberi viene utilizzata all’interno della cellula
mentre i ribosomi legati sintetizzano proteine che vengono rilasciate in ambiente extracellulare o
entrano a far parte della costituzione delle membrane cellulari destinate ad avvolgere organelli.
RETICOLO ENDOPLASMATICO
• Il reticolo endoplasmatico costituisce una rete di membrane interconnesse che si dirama per tutta la
cellula; Lo spazio interno si chiama lume.
• Dal momento che alcune regioni del RE sono costellate di ribosomi, si distingue in:
1. reticolo endoplasmatico ruvido (RER): ha i ribosomi!
→ adibito a sintetizzare membrane, proteine di secrezione (destinate a espletare la loro
funzione fuori dal citoplasma) e proteine da inviare ad altri organuli (dopo essere
sintetizzate passano nel lume dove vengono modificate e poi inviate a destinazione
tramite vescicole di trasporto);
2. reticolo endoplasmatico liscio (REL): privo di ribosomi, è in comunicazione col RER, ed
è: la sede della sintesi dei lipidi anch’essi trasferiti all’apparto del Golgi (fosfolipidi e
steroidi, es: reticolo di ovaie/testicoli sintetizza ormoni sessuali steroidei), dell’idrolisi del
glicogeno, della trasformazione chimica di tossine, e immagazzina ioni calcio (necessari
nei muscoli per la contrazione).
APPARATO DEL GOLGI (studioso italiano, scoperta attorno 1800)
• L’apparato di Golgi è un insieme di sacchetti non comunicanti e vescicole circondate da membrana.
• Svolge varie funzioni: riceve le proteine di secrezione del RE e le elabora ulteriormente (si occupa
quindi delle modifiche post-traduzionali tramite la glicosilazione), elabora e smista le proteine prima
della loro destinazione ultima, è la sede della sintesi dei polisaccaridi nei vegetali.
• L’apparato di Golgi presenta un orientamento definito:
1. Faccia CIS: rivolta verso il nucleo
2. Faccia TRANS: rivolta verso l’estremità della cellula
• Le proteine neosintetizzate, provenienti dal reticolo endoplasmatico, vengono trasportate tramite
vescicole nella faccia cis dell'apparato di Golgi.
→ Nelle cisterne vi sono diversi tipi di enzimi, i quali procedono alle modificazioni delle proteine
come la glicosilazione, ovvero l'aggiunta di catene di oligosaccaridi, la formazione di legami con
molecole lipidiche, la fosforilazione, la solfatazione, l'aggiunta di gruppi acetile, etc.
→ Infine, la sequenza segnale (costituita solitamente da catene glucidiche) consente l'indirizzamento
delle molecole verso la loro destinazione finale.
→ Dalle cisterne dell’apparato di Golgi le molecole rifinite vengono espulse tramite la gemmazione
di vescicole, le quali potranno fondersi alle altre membrane cellulari incorporandone i nuovi
componenti, come nel caso di lipidi e proteine della membrana plasmatica e di altri organelli
cellulari, oppure riversare il loro contenuto al di fuori dalla cellula, come nel caso della secrezione
ghiandolare.
→ In altri casi, le vescicole prodotte dall'apparato di Golgi rimangono all'interno della cellula
formando i lisosomi, che sono compartimenti cellulari deputati alla degradazione delle molecole
endogene ed esogene.
Lisosomi
• I lisosomi sono costituiti da enzimi digestivi racchiusi in un organulo a singola membrana.
• Vengono prodotti dal RER, che origina enzimi e membrane, e dal Golgi (faccia trans), che rielabora
e libera i lisosomi per gemmazione.
• Nei lisosomi le macromolecole (che arrivano nella cellula, per fagocitosi tramite il vacuolo
alimentare) vengono idrolizzate in monomeri, grazie al pH molto basso dell’ambiente lisosomiale e
gli enzimi litici prodotti dal RER (fosforilati da una fosfotransferasi), di cui i lisosomi sono colmi.
• La membrana lisosomiale isola gli enzimi digestivi (idrolitici) dal resto del citoplasma così da non
rischiare che la cellula si auto-digerisca.
• I lisosomi digeriscono i propri organuli vecchi o danneggiati per autofagia → in maniera da rendere
disponibili le singole molecole per assemblarne di nuovi;
• distruggono i batteri nocivi → sono infatti abbondanti nei globuli bianchi.
• Hanno infine un ruolo essenziale nello sviluppo embrionale, dove distruggono le cellule delle
membrane interdigitali dell’embrione, e nello sviluppo delle ossa, dove vanno incontro ad autolisi
(morte programmata). Sono particolarmente sviluppati nei granulociti neutrofili.
Perossisomi
• I perossisomi, a membrana singola, contengono enzimi (catalasi e perossidasi) che demoliscono i
perossidi tossici che si formano come prodotti intermedi di alcune reazioni.
• Gli enzimi provvedono alla deaminazione degli amminoacidi grazie alla loro capacità di produrre
acqua ossigenata a partire da ossigeno molecolare.
→ Perossisomi delle cellule epatiche hanno funzione detossificante verso sostanze inquinanti (alcol,
idrocarburi), contengono enzima catalasi.
→Formati da particolari regioni dell’ER dette estensioni lamellari.
→ Biomarkers: misurazione quantità perossisomi ed enzimi detossificanti per vedere quanto il corpo è
esposto ad inquinanti, Si formano incorporando proteine sintetizzate nel citosol e lipidi sintetizzati nel ER.
VACUOLI
• vescicole membranose che gemmano da ER o dal Golgi, con numerose funzioni.
• Possono essere:
1. ALIMENTARI → si formano in seguito alla fagocitosi,
2. CONTRATTILI → che espellono l’acqua dalla cellula,
3. CENTRALE → sede principale accumulo ioni organici (potassio)
MITOCONDRI
• I mitocondri sono le “centrali energetiche” della cellula; trasformano l’energia chimica dei nutrienti
in ATP.
• La demolizione delle molecole di nutrienti inizia nel citosol e ha termine infatti nei mitocondri, dove
i composti parzialmente demoliti vengono trasformati in molecole di ATP grazie al consumo di O₂
tramite la respirazione cellulare.
• Presentano due membrane (le membrane mitocondriali sono prive di colesterolo ma presentano
cardiolipina):
1. esterna liscia → funzione protettiva, permeabile alle piccole molecole e gli ioni;
2. interna molto estesa → si ripiega più volte su se stessa a formare varie creste per aumentare
la superficie che permette di disporre di un numero maggiore di complessi di ATP sintetasi,
permeabile a tutti gli ioni e le molecole polari. Per essere attraversata sono necessarie
proteine di trasporto.
• Lo spazio delimitato dalla membrana interna è la matrice mitocondriale, che contiene enzimi, DNA e
ribosomi che sintetizzano proteine utili alla respirazione → È il sito dove avviene il ciclo di Krebs.
• La membrana interna ha un rapporto proteine/lipidi di 3:1.
→ L’elevato contenuto proteico è rappresentato da tutti i complessi deputati alla fosforilazione
ossidativa e alla produzione di ATP tramite il complesso dell’ATP sintetasi, che genera ATP
sfruttando la differenza di concentrazione di protoni che si è generata sui due lati della membrana.
• Le due facce della membrana interna vengono chiamate: versante della matrice e versante citosolico,
oppure versante N (negativo) e versante P (positivo).
→ Possiedono un proprio DNA circolare con cui producono proteine e si dividono per scissione
binaria (secondo la teoria endosimbiontica essi sarebbero infatti cellule procariotiche inglobate).
• Il mitocondrio inoltre è dotato di ribosomi ed effettua un’autonoma sintesi delle proteine codificate
dai geni mitocondriali.
• I mitocondri dello zigote provengono dalla cellula uovo, sono infatti trasmessi per ereditarietà
materna.
→ Quando avviene la fecondazione la cellula uovo trasmette i suoi mitocondri (“trasmette” perché
tutto il materiale necessario allo sviluppo dell’embrione è già contenuto in essa e lo spermatozoo non
apporta niente allo sviluppo) all’embrione che presenterà solo mitocondri di origine materna. Il dna
mitocondriale registra le mutazioni casuali che avvengono di madre in figlio e quindi è ottimo per
effettuare la lettura dell’accumulo di mutazioni nel tempo. Può essere utilizzato per collocare
temporalmente le specie. Usato per studiare la filogenesi.
CITOSCHELETRO
• Il citoscheletro presente nel citoplasma eucariotico sostiene la cellula, le dà forma ed è alla base del
movimento.
• I suoi componenti essenziali sono:
1. i microfilamenti (6-17 m) = sono polimeri di actina (proteina contrattile), che possono
essere singoli o in fasci → Contribuiscono al movimento della cellula o di alcune sue parti;
ne determinando e mantengono la forma;
2. i filamenti intermedi (8-10 m) = sono composti da proteine fibrose (cheratine) →
Rafforzano la struttura cellulare e oppongono resistenza alla tensione (es: desmosomi).
Situati solitamente nella lamina nucleare → è una struttura di filamenti intermedi che
mantiene in posizione in nucleo cellulare;
3. i microtubuli (25 m) = sono costituiti da 13 filamenti di tubulina (proteina globulare), e
formano uno scheletro interno rigido.
→La struttura dinamica del microtubulo prevede che molecole di tubulina possano essere
aggiunte o rimosse per modulare la lunghezza
→ Essi servono anche da “binari” per le proteine motrici, che utilizzano ATP cambiare forma
e spostarsi, trasportando materiali nella cellula.
• Centrosoma: insieme di microtubuli che hanno origine fuso mitotico durante divisione cellulare,
composto da una coppia di centrioli, ciascuno formato da 9 triplette di microtubuli, disposte ad
anello, che vanno incontro a duplicazione prima che inizi la divisione cellulare
• I centrioli sono organelli cilindrici fatti da 9 gruppi di 3 microtubuli; Nella cellula animale ne sono
presenti 2 disposti ad angolo retto, la regione centrale dei centrioli è il centrosoma.
• La citocalasina, impedendo la formazione dei microtubuli, impedisce la mitosi e la meiosi.
• Prolungamenti citoplasmatici derivanti dal montaggio di microtubuli e circondati da membrana,
possono muovere la cellula nell’ambiente acquoso.
→ Sono principalmente di due tipi:
1. le ciglia, più corte e molto numerose;
2. i flagelli, lunghi e singoli o in coppia, producono un movimento serpentiforme.
• Lo schema di queste estroflessioni è il 9+2, ossia 9 coppie di microtubuli fusi a doppiette formano un
cilindro esterno che contiene una coppia di microtubuli liberi e si collega ad essi.
• Il moto di ciglia e flagelli deriva dallo scorrimento l’una sull’altra delle doppiette di microtubuli,
grazie all’azione di una proteina motrice alimentata dall’ATP cellulare.
→ Microtubuli costituiscono ciglia e flagelli.
• Sezione trasversale filamento: 9 coppie microtubuli periferiche + 2 centrali (solo nei flagelli).
• Corpo basale: stessa struttura centrioli, 9 triplette microtubuli.
MEMBRANA
• Involucro che regola gli scambi, costituita in primis da un doppio strato fosfolipidico con teste
idrofile che si dispongono verso l’ambiente acquoso (interno ed esterno) spontaneamente (sistema
dinamico), ma anche da proteine di membrana, colesterolo e carboidrati.
• I carboidrati di membrana sono associati a lipidi (glicolipidi) o proteine (glicoproteine o
proteoglicani):
1) Le glicoproteine di membrana = responsabili della comunicazione cellula-cellula, sono
proteine alla cui catena polipeptidica è legata una catena olisaccaridica (fatta di carboidrati e
definita glicano): un polipeptide di questo tipo viene anche definito proteina glicosilata.
→ Il glicano è attaccato mediante una modificazione post-traduzionale della proteina
mediante un processo di glicosilazione che avviene nell’apparato del Golgi.
→ I glicani sono spesso aggiunti a proteine che presenta un segmento extracellulare. Le
proteine intrinseche sono ad esempio quasi sempre glicosilate;
2) I glicolipidi = sono molecole formate da oligomeri di carboidrati legati a lipidi (la porzione
lipidica garantisce l’ancoraggio alla membrana), e fungono da siti di riconoscimento per
sostanze chimiche specifiche provenienti dall’esterno.
→ Il colesterolo si inserisce vicino ad un acido grasso insaturo, conferisce maggior resistenza
agli stimoli meccanici e regola la fluidità della membrana (la quale è regolata anche dal grado
di insaturazione degli acidi grassi componenti).
• Le proteine di membrana possono essere:
1. intrinseche = se attraversano completamente il doppio strato fosfolipidico;
2. estrinseche = se sono legate solo ad una delle due facce.
• Fosfolipidi e proteine possono effettuare movimenti laterali → modello a mosaico fluido
• La membrana ha tre funzioni:
1) Strutturale: in quanto separa gli ambienti e dà forma alla cellula;
2) Funzionale: in quanto regola gli scambi di materiali, il trasporto può essere passivo (tramite
diffusione, non richiede ATP) oppure attivo (richiede ATP poiché avviene contro gradiente di
concentrazione).
3) di comunicazione/integrazione: in quanto presenta recettori che possono modificare il
metabolismo, aderire ad altre cellule, avere funzione inibitoria da contatto o essere antigeni.
• Membrana fortemente asimmetrica → ogni proteina ha specifico orientamento.
• Grazie a proteine membrana ha numerose funzioni:
• Origine membrana ed evoluzione: organismi formati in ambienti di acqua salata con il passaggio ad
acqua dolce → l’ambiente diventa ipotonico, problema risolto grazie a membrana che regola
passaggio sali;
→ ipotesi che in origine (brodo primordiale) strutture simili a fosfolipidi, racchiudendo materiale e
formando micelle, possano aver formato i primi organismi.
Regolazione osmotica
• Il processo di diffusione semplice dell’acqua attraverso una membrana semipermeabile è detto
osmosi → si verifica in relazione alla concentrazione dei soluti disciolti in essa: l’acqua diffonde
dalla zona in cui la propria concentrazione è maggiore (ipotonica, diluita) verso quella dove essa è
minore (ipertonica, concentrata).
• La direzione dell’osmosi è determinata dalla differenza di concentrazione totale dei soluti (una zona
in cui è presente molto soluto rispetto ad un’altra richiederà, da essa, un apporto di acqua, che
renderà le due zone isotoniche).
• Le cellule vegetali in soluzione ipertonica subiscono plasmolisi, ossia il distacco della membrana
dalla parete e la fuoriuscita di acqua.
• Alcuni animali prettamente adattati all'ambiente marino sono osmo conformi cioè sono conformi
all'acqua di mare e non possono quindi sopravvivere in altri ambienti.
• Altri invece si osmoregolano e sono in grado di adattarsi (eurialini). Ad esempio i protozoi ciliati
prima trattati, che vivono in acqua dolce, tendono ad avere un citoplasma più concentrato rispetto
all'esterno e ciò li porta ad assorbire acqua.
• Chiaramente il flusso d'acqua e la pressione osmotica vanno regolate in modo tale da evitare la
dialisi.
→ Per far questo ciò gli animali impiegano strutture particolari che prendono il nome di vacuoli
contrattili che ricoprono il compito di espellere l'acqua.
→ Chiaramente dato che entra in gioco la contrattilità chiave nel fenomeno è il citoscheletro, che
permettere alla struttura del vacuolo contrattile l'espulsione dell'acqua.
Endocitosi ed esocitosi
• Processo tramite cui una determinata sostanza viene introdotta all’interno della cellula attraverso la
membrana cellulare.
• la membrana si introflette attorno alla molecola generando una vescicola (vacuolo alimentare) che si
stacca dalla membrana.
→ L’endocitosi può essere costitutiva o regolata.
1. Endocitosi costitutiva = la vescicola viene immediatamente rilasciata dalla membrana
plasmatica per fondersi con altri organuli cellulari.
2. Endocitosi regolata = il rilascio definitivo delle vescicole è controllato da un’ulteriore
segnalazione di alcune proteine intrinseche della membrana della vescicola.
• Si conoscono tre meccanismi:
1) la fagocitosi → che prevede la formazione di un vacuolo (fagosoma), che una volta entrato si
fonde con un lisosoma, che digerisce il suo contenuto (es: leucociti incorporano per
fagocitosi sostanze estranee).
→ La fagocitosi richiede da parte della cellula l’emissione di espansioni citoplasmatiche
delimitate da membrana, chiamate pseudopodi, costituite da un’impalcatura esterna formata
da filamenti di actina che avvolge completamente il materiale da ingerire;
2) la pinocitosi → che serve a importare soprattutto sostanze liquide;
3) l’endocitosi mediata da recettori → nella quale l’assunzione di determinate sostanze è
innescata da una reazione specifica sulla superficie (recettori proteici che si legano a specifici
ligandi).
• L’esocitosi è il processo inverso, che riversa fuori dalla cellula tramite vescicole che si fondono con
la membrana le sostanze da secernere (es: gli enzimi digestivi prodotti dal pancreas o i
neurotrasmettitori).
• L’autofagocitosi è una modalità con cui la cellula decide di degradare dei suoi organuli per
rinnovarli: avvolge l’organulo con membrane del suo REL (di solito avviene nei lisosomi).
→ Quello che si forma in seguito sarà una grossa vescicola chiamata autofagosoma che sarà poi
espulsa per esocitosi.
RESPIRAZIONE CELLULARE
• La respirazione cellulare è un processo catabolico nel quale da molecole organiche complesse (quali
zuccheri) in presenza di ossigeno si ottengono molecole inorganiche semplici (anidride carbonica ed
acqua) il cui obiettivo è la liberazione di energia conservata in 36/38molecole di ATP . Si serve anche
di coenzimi come il NADH e ilFADH2 simili alla struttura dell’ATP perché anch’essi sono costituiti
da uno zucchero ribosio più due gruppi fosfato. La loro energia di legame impiegata nella loro
formazione può essere utilizzata per formare ATP.
• La respirazione cellulare è un processo di ossidazione delle sostanze, cioè in presenza di O2 le sostanze
vengono demolite. Questo processo di ossidazione è possibile grazie agli enzimi, che catalizzano
ciascuno una reazione specifica. Le tappe della respirazione cellulare sono controllate da enzimi e si
verificano in due fasi: la prima fase detta anaerobica (senza ossigeno) o glicolisi che avviene nel
citoplasma senza coinvolgimento di ossigeno; una seconda fase detta aerobica (con ossigeno) che
avviene nei mitocondri e che richiede ossigeno.
LA GLICOLISI
• Il glucosio (C6H12O6) una volta entrato nel citoplasma va incontro ad una serie di 11 reazioni
ciascuna caratterizzata da un enzima specifico.
• Tali reazioni, con l’impiego di 2 molecole di ATP, producono due molecole di acido piruvico o
pirutavo (a 3 atomi di carbonio).
• Vengono liberate 4 molecole di ATP e 2 molecole del NADH. Il guadagno energetico totale della
glicolisi è 2ATP e 2NADH.
FORMAZIONE DELL’ACETIL COENZIMA A
• In presenza di ossigeno e attraverso una proteina di trasporto, le due molecole di acido piruvico
entrano nel mitocondrio e si pongono nella matrice mitocondriale e qui grazie agli enzimi perdono
ciascuno una molecola di anidride carbonica CO2.
• Il composto che se ne ricava si lega al coenzima A formando rispettivamente una molecola di acetil
coenzima A (acetil Co-A a due atomi di carbonio), in tutto due.
• Il guadagno energetico di questa fase è una molecola di NADH per ciascuno, in tutto due. Entrambe
entrano inun ciclo di reazioni che si chiama ciclo di Krebs.
CICLO DI KREBS o CICLO DELL’ACIDO CITRICO
• Poiché si tratta di un complesso di reazioni ciclico, una molecola per volta di acetil Co-A in ingresso
reagisce con l’ultimo composto del ciclo in uscita, l’ossalacetato, che possiede quattro atomi di
carbonio performare l’acido citrico (a 6 atomi di carbonio).
• Vengono investite 3 molecole di acqua. Durante il ciclo si perdono due molecole di CO2 e c’è un
guadagno energetico di 3 NADH, 1 FADH2 e 1 ATP.
• Il tutto si moltiplica per due perché il ciclo di Krebs avviene due volte per ogni molecola di glucosio
iniziale.
CATENA DI TRASPORTO DEGLI ELETTRONI o FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA
• I trasportatori di elettroni sono complessi proteici disposti sulla membrana interna crestata del
mitocondrio, che trasportano appunto gli elettroni rilasciati dal FADH2 e dal NADH che
rispettivamente diventano FADH+ e NAD+ assorbendola loro energia.
• Quest’energia viene impiegata per spostare i protoni H+, dalla matrice allo spazio intermembrana.
• Essi però si accumulano creando un gradiente elettrochimico elevato: perciò per raggiungere
l’equilibrio, passano attraverso il canale fornito dal complesso dell’ATP sintesati.
• Alla fine della catena di complessi di trasporto degli elettroni, questi ultimi reagendo con i protoni
H+ che stanno rientrando e con l’ossigeno (detto accettore finale), forma acqua.
• L’ATP sintetasi per accoppiamento chemiosmotico, produce ATP, 3 per ogni NADH e 2 per ogni
FADH, a partire dall’energia che assorbe facendo da canale per il riequilibro del gradiente
elettrochimico degli H+ e da ADP e un gruppo fosfato inorganico.
• Il bilancio energetico totale è 36 o 38 molecole di ATP.
• In condizioni anaerobiche alcuni microrganismi possono dar luogo alla respirazione cellulare:
avviene la glicolisi, ma le due molecole di acido piruvico formatesi possono seguire due vie
metaboliche o la fermentazione alcolica o la fermentazione lattica.
• Gli accettori finali in questo caso sono il solfato, che origina il solfuro, oppure il nitrato che dà
origine ad azoto gassoso.
• L’efficienza, in resa di ATP della respirazione anaerobia è minore rispetto a quella effettuata in
condizione aerobiche.
• Il glucosio non è la sola fonte di energia per gli organismi, malo sono anche le proteine e i lipidi.
• Le proteine vengono scisse in amminoacidi in cui viene eliminato il gruppo –NH e il composto
risultante può essere trasformato in piruvato, in acetil Co-A oppure entrare nel ciclo di Kreebs.
• I lipidi invece vengono scissi in glicerolo, che a sua volta è trasformato in gliceraldeide che è un
composto intermedie della glicolisi, e in acidi grassi che vengono trasformati in acetil Co-A.
Riproduzione cellulare
1) Riproduzione asessuata:
• Nei procarioti (unicellulari) la scissione binaria coincide con la riproduzione dell’intero organismo
→ otterremo due cellule figlie identiche alla cellula madre, non c’è variazione genoma.
• I tipici segnali riproduttivi che spingono i procarioti a dividersi sono la temperatura (es: E. coli) e la
concentrazione di nutrienti.
• Quando le condizioni sono favorevoli, il cromosoma circolare (molecola singola di DNA) si
compatta ripiegandosi su se stesso grazie a proteine basiche che legano il DNA acido.
• La duplicazione inizia nella regione ori (origine) e termina in corrispondenza della regione ter
(terminazione).
• Durante la segregazione del DNA ormai duplicato, le due regioni migrano verso le estremità opposte
della cellula, garantendo l’equa distribuzione di materiale genetico alle due cellule.
• La duplicazione e segregazione del DNA avviene nel citoplasma in concomitanza con la citodieresi,
la quale inizia con una strozzatura (setto trasverso) della membrana plasmatica che si stringe fino a
separare completamente le due cellule.
• Negli organismi pluricellulari avviene l’accrescimento del corpo, quindi un aumento delle cellule
somatiche (diploidi).
→ Partenogenesi: riproduzione asessuata che non implica intervento maschile, solo quello
femminile;
→ metagenesi: alternanza con riproduzione sessuata.
• La gemmazione, negli unicellulari (es: lievito), consiste in una mitosi seguita da una divisione ineguale
del citoplasma. La nuova cellula, più piccola, si accrescerà successivamente.
• La sporulazione prevede la formazione di particolari cellule riproduttive, dette spore, in seguito a
mitosi. La spessa parete di queste spore permette loro di resistere in condizioni ambientali avverse, per
poi generare un nuovo individuo quando l’ambiente diventa favorevole.
2) Riproduzione sessuata:
• Richiede la fecondazione di una cellula uovo da parte di uno spermatozoo e richiede un particolare
tipo di divisione cellulare → la meiosi che riduce il set genico da diploide ad aploide → la
riproduzione sessuata porta variabilità genetica.
GENOMA
• È l’insieme delle informazioni genetiche contenute nel DNA;
→ quello dei procarioti è formato da una singola molecola,
→ quello degli eucarioti è formato da n molecole DNA.
• Prima della divisione cellulare il corredo genetico viene duplicato, presentandosi sotto forma di
cromosomi: strutture compatte di molecole di DNA.
• Ogni specie ha un numero caratteristico, formati da due cromatidi fratelli (stesso materiale genetico),
uniti grazie a fibre di coesina e al cinetocore
→ struttura proteica situata nel centromero; esso può essere metacentrico (posizionato al centro),
submetacentrico (leggermente spostato) o acrocentrico (vicino estremità).
• Le parti del cromatide che emergono da ciascun lato del centromero sono dette braccia.
→ Nelle fasi successive i due cromatidi fratelli tendono a separarsi e a posizionarsi all’interno dei due
nuclei e sono considerati dei singoli cromosomi.
• La divisione del nucleo definita mitosi viene immediatamente seguita dalla divisione del citoplasma
(detta citodieresi).
CICLO CELLULARE
• Il ciclo cellulare è l’insieme degli eventi compresi fra la nascita di una cellula e la sua divisione.
• L’interfase è il periodo in cui la cellula svolge le proprie attività metaboliche e cresce di dimensioni
→ Comprende tre sottofasi:
1) G₁ → in cui i cromosomi non sono ancora duplicati e la cellula non sente la necessità di dividersi. È
la fase di attività biosintetica, in cui la cellula raddoppia le proprie dimensioni e produce organuli ed
enzimi
→ (Uno stato di quiescenza mitotica prolungata prende il nome di G₀)
2) S → in cui si duplica il DNA della cellula;
3) G₂ → in cui la cellula compie i preparativi per la mitosi, sintetizzando proteine.
• Segue all’interfase la fase mitotica (M), in cui si verificano mitosi e citodieresi.
FUSO MITOTICO
• Molti degli eventi della mitosi dipendono dalla presenza di esso.
• Il fuso è una struttura composta da microtubuli (quelli destrutturati del citoscheletro) e proteine che
viene prodotto nel citoplasma durante la profase.
• Si accrescono mediante polimerizzazione (aggiungendo tubulina) e si accorciano mediante
depolimerizzazione.
• L’assemblaggio dei microtubuli del fuso avviene a livello del centrosoma → un organulo privo di
involucro membranoso che contiene il materiale per l’organizzazione dei microtubuli
MITOSI
1) Profase
• le fibre di cromatina si avvolgono strettamente e si condensano a formare singoli cromosomi
osservabili al microscopio ottico → avviene la scomparsa dei nucleoli.
• Ciascun cromosoma duplicato è costituito da due cromatidi fratelli identici associati tra loro in
corrispondenza della regione del centromero e a livello dell’intera lunghezza delle loro braccia
grazie alla presenza di coesine → coesione cromatidi fratelli
• Inizia a formarsi il fuso mitotico costituito dai centrosomi e dai microtuboli; l’insieme dei
microtuboli che si estende da centrosomi più brevi genera l’aster.
• I centrosomi si allontanano l’uno dall’altro verso i poli della cellula come se fossero spinti dal
processo di allungamento dei microtuboli tra loro interposti
2) Prometafase
• L’involucro nucleare si frammenta
• I microtuboli che si dipartono da ciascun centrosoma possono penetrare nel nucleo e interagire
con i cromosomi → avviene la condensazione progressiva dei cromosomi
• Ognuno dei due cromatidi di ciascun cromosoma presenta un cinetocore → struttora
specializzata di natura proteica localizzata nella regione del centromero
• Alcuni microtuboli si attaccano ai cinetocori diventando microtuboli del cinetocore e sono
responsabili dei movimenti a scatto dei cromosomi
• I microtuboli non cinetocorici interagiscono con i corrispettivi microtuboliche provengono dal
polo opposto del fuso
3) Metafase:
• È la fase più lunga della mitosi
• I centrosomi sono localizzati ai poli opposti della cellula
• I cromosomi si appaiono sulla piastra metafasica → piano immaginario equidistante dai due
poli del fuso; i centromeri si trovano allineati sulla piastra metafasica
• I cinetocori dei cromatidi fratelli di ciascun cromosoma sono attaccati ai microtuboli che
provengono dai poli opposti della cellula
4) Anafase:
• Caratterizzata da una durata breve, è la fase più corta della mitosi
• Inizia quando le coesine subiscono degradazione enzimatica causando la rapida separazione
dei cromatidi fratelli di ciascuna coppia; in questo modo ciascun cromatide diventa un
cromosoma.
• I due cromatidi liberi migrano verso i poli opposti della cellula grazie all’accorciamento dei
microtuboli del cinetocore
• La cellula tende ad allungarsi in seguito all’accrescimento dei microtuboli non cinetocorici
• Al termine dell’anafase i due poli della cellula sono provvisti di una serie completa ed
equivalente di cromosomi.
5) Telofase:
• Nella cellula si formano due nuclei figli
• L’involucro nucleare prende origine dai frammenti dell’involucro nucleare della cellula madre
e da altre parti del sistema delle membrane interne
• I cromosomi appaiono sempre meno condensati
• La mitosi risulta completata poiché abbiamo ottenuto la suddivisione di un nucleo in due
nuclei identici.
Citodieresi
• Al termine della telofase il processo di divisione citoplasmatica è prossimo al completamento → infatti
la comparsa delle due cellule figlie avviene dopo un breve lasso di tempo dalla fine della mitosi
• Nelle cellule animali la citodieresi implica la formazione di un solco di scissione che divide la cellula
in due
• Se la divisione è bloccata durante la metafase è possibile notare tutti i cromosomi ordinati, che
costituiscono il cariotipo, specie-specifico (uomo: 22 coppie autosomi + 1 coppia cromosomi sessuale,
XX o XY).
→Cariotipo: assetto cromosomico di quella particolare specie. Coppie di cromosomi omologhi, nello
specifico, in virtù della riproduzione sessuale, i cromosomi vengono uno da parte materna e uno da
parte paterna.
Il cariotipo è la disposizione a coppie dei cromosomi condensati. Lo studio del cariotipo può essere
utilizzato per la ricerca di cromosomi difettosi o di anomalie del numero di cromosomi associati ad
alcuni disordini congeniti (sindrome di Down).
CICLO VITALE
• La riproduzione sessuata richiede sempre la meiosi → il processo di formazione dei gameti sessuali che
produce 4 cellule figlie con un corredo cromosomico dimezzato (assicurando variabilità genetica), e la
fecondazione → la fusione di due gameti che porta alla formazione dello zigote.
• Le cellule somatiche sono diploidi (2n), ossia contengono una doppia serie di cromosomi (autosomi), in
cui i due cromosomi sono detti omologhi e portano un’informazione genetica corrispondente (due
varianti alleliche alternative dello stesso gene) ma non identica.
• La posizione occupata da un gene su un cromosoma è detta locus genico;
→ nei loci di due omologhi si trovano varianti alternative (alleli) dello stesso gene.
• Ogni essere umano possiede 46 cromosomi omologhi: 23 provenienti dal padre e 23 dalla madre.
→ I gameti sessuali, invece, sono aploidi (n), in quanto contengono una sola serie di cromosomi (un
solo omologo), casualmente estratta dal corredo cromosomico diploide parentale.
• La totalità dei cromosomi di una specie, ordinati per forma e dimensioni costituisce il cariotipo.
Meiosi I
• La meiosi I è preceduta da un’interfase che comprende una sottofase S durante la quale ciascun
cromosoma si duplica; dopo la duplicazione apparirà costituito da due cromatidi fratelli (geneticamente
identici).
1) Profase I: divisa in: leptotene, zigotene, pachitene, diplotene, diacinesi.
• Leptotene: comparsa dei cromosomi sotto forma di lunghi filamenti singoli sottili
• Zigotene: appaiamento dei cromosomi omologhi → sinapsi = quando sono strettamente
associati grazie alle proteine di coesione, essa termina a metà della profase e i cromosomi di
ogni coppia omologa si distaccano parzialmente;
• Pachitene: accorciamento e ispessimento dei cromosomi → le coppie di cromosomi sono
dette bivalenti;
• Diplotene: sdoppiamento dei cromosomi in cromatidi, con formazione delle tetradi → i
cromatidi omologhi si scambiano porzioni di DNA (crossing over) incrociandosi in punti
detti chiasmi;
• Diacinesi: scomparsa del nucleolo e della membrana nucleare e formazione del fuso: la
diacinesi corrisponde dunque alla prometafase.
• ogni coppia di omologhi presenta uno o più chiasmi = punti in cui è avvenuto il crossing over
e a livello dei quali gli omologhi si trovano ancora associati tra loro a causa della coesione tra
cromatidi fratelli
• come nella mitosi si osservano la migrazione del centrosoma, la formazione del fuso e la
frammentazione della membrana nucleare.
• nella parte finale della profase I, i microtuboli del fuso si ancorano a strutture proteiche = i
cinetocori, localizzate a livello dei centromeri dei due cromosomi omologhi.
• le coppie omologhe migrano successivamente verso la piastra metafasica.
2) Metafase I
• le coppie di cromosomi omologhi sono ora disposte sulla piastra metafasica e i due
cromosomi di ogni coppia sono rivolti verso i poli opposti della cellula
• entrambi i cromatidi di un omologo sono ancorati ai microtuboli di un polo mentre i cromatidi
dell’altro omologo sono legati ai microtuboli del polo opposto.
3) Anafase I
• la degradazione delle proteine che mantengono uniti i cromatidi fratelli permette la
separazione degli omologhi
• gli omologhi migrano verso i poli opposti guidati dall’apparato del fuso
• la coesione tra cromatidi fratelli persiste a livello del centromero e permette la migrazione
contemporanea dei cromatidi verso lo stesso polo.
4) Telofase I
• all’inizio della telofase I ciascuna metà della cellula presenta un corredo aploide completo di
cromosomi duplicati
• ogni cromosoma è formato da due cromatidi fratelli che presentano segmenti di DNA dei
cromatidi non fratelli
5) citodieresi
• avviene contemporaneamente alla telofase I e porta alla formazione di due cellule figlie
aploidi
• nelle cellule animali si forma un solco di scissione mentre nelle piante compare una piastra
cellulare
• in alcune specie i cromosomi si despiralizzano e ricompare la membrana nucleare
• fra la meiosi I e la meiosi II non si ha duplicazione del materiale genetico.
Meiosi II
1) Profase II
• formazione dell’apparato del fuso
• nella parte finale della profase II i cromosomi costituiti ancora da due cromatidi associati a
livello del centromero migrano verso la piastra equatoriale della metafase II
2) Metafase II
• analogamente alla mitosi, i cromosomi sono allineati sulla piastra metafasica
• a causa del crossing over verificatosi nella meiosi I i due cromatidi fratelli di ciascun
cromosoma non sono geneticamente identici
• i cinetocori dei cromatidi fratelli sono ancorati ai microtuboli che hanno origine da poli
opposti
3) Anafase II
• la degradazione delle proteine che mantengono uniti i cromatidi fratelli a livello del
centromero causa la separazione dei suddetti cromatidi
• questi ultimi migrano ai poli opposti come cromosomi singoli
4) telofase II
• si formano i nuclei, i cromosomi cominciano a despiralizzarsi e avviene la citodieresi
• la divisione meiotica di una cellula progenitrice produce quattro cellule figlie ognuna delle
quali caratterizzata da un corredo aploide di cromosomi formati da un singolo cromatide.
• ciascuna delle quattro cellule figlie è geneticamente diversa dalle altre e dalla cellula madre.
→ i cromosomi che hanno subito crossing over sono detti ricombinanti.
COSA GENERA VARIABILITA’ GENETICA?
1. Presenza di cromosomi materni e paterni, che si dividono equamente tra le due cellule ma sono
distribuiti in maniera casuale.
2. Crossing over (quindi cromosomi ricombinanti), che scambia pezzi di cromatidi non fratelli e
permettono una maggiore variabilità genetica, in quanto nessuno è di origine esclusivamente materna
o paterna
→ Oltre questo vi è assortimento indipendente delle coppie di omologhi durante metafase I,
disposizione di ogni coppia è casuale.

GENETICA MENDELIANA
• Mendel, tramite un procedimento sperimentale, scelse piante di pisello che si riproducevano
velocemente, e focalizzò la sua attenzione sui caratteri genetici unitari (es: colore del fiore, forma del
seme) che potevano presentarsi in due sole forme alleliche alternative; selezionò linee pure, ossia una
generazione parentale che originava sempre piante con lo stesso carattere e iniziò a eseguire incroci.
• Scelse queste piante per vari motivi:
1) facile coltivazione,
2) si riproducono velocemente
3) generano molti figli,
4) disponibili in diverse varietà e presentano caratteri facilmente distinguibili (o se ne
presenta uno oppure l’altro).
• Prese in considerazione solo caratteri che si presentavano in 2 forme alternative.
• Con queste piante è possibile sia autofecondazione (fiori ermafroditi) che effettuare incroci mirati (non
casuali) → in questo modo si formano linee pure, piante che nell’arco di molte generazioni mostrano
sempre stessi tratti.
1° LEGGE DI MENDEL: DOMINANZA
• Due generazioni parentali (P) di piante linea pura che presentavano forme alleliche opposte del
medesimo carattere (es: colore del seme) vennero incrociate (incrocio monoibrido).
• Il risultato dell’esperimento fu che i piselli della prima generazione filiale F₁ avevano fenotipo
uguale ad uno solo dei due genitori P, mentre l’altro sembrava scomparso.
• Mendel definì dominante il tratto che si manifestava, e recessivo quello che non si manifestava
→ formulò la legge della dominanza (prima legge di Mendel): incrociando due linee pure differenti
per un carattere, gli individui ibridi della generazione F₁ manifestano solo uno dei due caratteri della
generazione parentale.
2°LEGGE DI MENDEL: SEGREGAZIONE
• Mendel lasciò libere le piante F₁ di autoimpollinarsi, producendo una seconda generazione filiale F₂,
in cui ricompariva il tratto fenotipico che non si era espresso in F₁ (recessivo) in un rapporto
numerico costante fra il tratto dominante e quello recessivo di 3:1.
• Per spiegare i risultati inaspettati della F₂, Mendel ipotizzò che ogni carattere è determinato da un
gene presente nell’organismo in due forme alleliche alternative (uno ricevuto per via materna, uno
per via paterna), i quali con la meiosi si separano → cosicché i gameti possiedono un solo allele per
carattere e vengono trasmessi dai genitori ai figli attraverso i gameti con la riproduzione.
• Mendel formulò così la legge della segregazione (seconda legge di Mendel): quando un individuo
produce gameti, i due alleli di un gene si separano, cosicché ciascun gamete ne riceve soltanto una
copia.
→ Oggi sappiamo che si tratta di alleli = forme alternative di un certo gene situati in particolari
posizioni su entrambi cromosomi omologhi, detti locus genico.
1) Allele dominante: ha capacità di mascherare l’espressione dell’altro, detto recessivo.
2) Omozigote: individuo che porta due alleli identici per lo stesso gene (detto puro), se
sono diversi è detto eterozigote → maggiore variabilità.
3) Genotipo: corredo genetico tramandato da una generazione all’altra, la sua
espressione (aspetto fisico) è detta fenotipo.
• Tali rapporti sono ricavati anche attraverso quadrato di Punnett:
P p
P PP Pp
p Pp Pp

• Testcross: usato per determinare se individuo con fenotipo dominante è omozigote o eterozigote
(genotipo XX o Xx) → tale individuo viene fatto incrociare con un omozigote recessivo (xx)
→ se ottengo tutti fenotipi dominanti esso sarà omozigote, se ottengo 1/2 dominante e 1/2 recessivo
sarà eterozigote.
TERZA LEGGE DI MENDEL: ASSORTIMENTO INDIPENDENTE
• Mendel considerò un incrocio fra due linee pure per due coppie diverse di geni considerate
congiuntamente (LLGG x llgg), e ottenne una F₁ che presentava genotipo LlGg (a caratteri fenotipici
esclusivamente dominanti).
• Mendel continuò l’esperimento fino alla generazione F₂ lasciando che queste si autoimpollinassero,
compiendo quindi un incrocio diibrido fra piante F₁, e verificò che gli alleli L e l si distribuivano
indipendentemente da come si distribuivano G e g, producendo quattro tipi di gameti: LG, Lg, lG, lg,
dalla cui combinazione casuale si sarebbe generata una F₂ con nove genotipi differenti.
• I rapporti fenotipici comparivano in rapporto 9:3:3:1.
• Questi risultati indussero Mendel a formulare la legge dell’assortimento indipendente dei caratteri
(terza legge di Mendel): durante la formazione dei gameti, geni diversi si distribuiscono l’uno
indipendentemente dall’altro)
• Tale legge è valida solo per geni su cromosomi diversi, non omologhi.
• In genetica valgono stesse regole della probabilità (numero da 0 a 1).
1. Probabilità che due eventi accadano simultaneamente → data da prodotto delle probabilità di
ciascun evento (es ottenere due 3 lanciando due dadi: 1/6*1/6=1/36).
2. Probabilità che si verifichino eventi alternativi → data da somma delle probabilità di ciascun
evento (es ottenere 1 o 2 lanciando un dado: 1/6+1/6=1/3).
• Attraverso queste regole si ha soluzione più rapida rispetto quadrato di Punnett, anche in caso di più
caratteri ➔ es ottenere giallo rugoso: genotipo (RR o Rr) e yy ➔(1/4+1/2)*1/4=3/16.
Eccezioni leggi di Mendel:
1. la poliallelia/allelia multipla → è l’esistenza di più di due alleli di un certo gene (es: colore del manto
dei conigli) ed accresce il numero di fenotipi possibili;
2. la dominanza incompleta → è la condizione per cui dati due alleli, nessuno domina sull’altro,
producendo un fenotipo eterozigote intermedio (es: bocche di leone di color rosa, intermedio fra il
rosso e il bianco);
3. la codominanza → determina in un eterozigote l’espressione fenotipica contemporanea di entrambi
gli alleli (es: antigeni dei gruppi sanguigni umani del sistema AB0);
4. un allele pleiotropico → ha effetti fenotipici multipli (es: colorazione del pelo dei gatti siamesi,
fenilchetonuria);
5. l’epistasi → è un fenomeno per cui un gene influenza l’espressione fenotipica di un altro gene; un
dato tratto fenotipico risulta così determinato da due geni contemporaneamente (es: manto dei
labrador, sordità congenita).
6. molti caratteri complessi si manifestano con grande varietà di fenotipi, presentando una variabilità
continua (es: colore degli occhi, della pelle, statura) e sono spesso associati a caratteri fenotipici
quantitativi; si tratta di caratteri poligenici, regolati da molti geni che agiscono cumulativamente
• Un esempio molto noto di allelia multipla e di varianti polimorfiche è quello dei gruppi sanguigni del
sistema AB0.
→ Il tipo di gruppo sanguigno nell’uomo è determinato da 3 alleli: IA , IB , I0 , con gli alleli IA e IB
che sono codominanti.
→ Sulla superficie dei globuli rossi si trovano delle glicoproteine diverse la cui composizione
glucidica è rappresentata dagli antigeni del gruppo AB0.
1. Le persone di gruppo A presentano sulla membrana dei globuli rossi l’antigene A e anticorpi
anti-B.
2. Le persone di gruppo B presentano sulla membrana l’antigene B e anticorpi anti-A.
3. Gli individui di gruppo 0 non hanno antigeni A e B, ma hanno anticorpi anti-A e anti-B.
4. Gli individui di gruppo AB presentano entrami gli antigeni di membrana A e B, e non hanno
anticorpi
• Eredità poligenica (AABBCC): L’opposto della pleiotropia, condizione in cui un singolo gene
influenza numerosi caratteri fenotipici. Mendel utilizzò sempre caratteri discreti, qualitativi, ma
esistono anche caratteri quantitativi (statura, colore pelle). Il singolo carattere regolato da due o più
geni (poligeni), questo comporta variazione continua fenotipi, rappresentata da un andamento
gaussiano o a campana (riscontrato da studio istogramma frequenza genotipo), media (eterozigote) al
centro ed estremi (omozigote dominante e recessivo) poco probabili.
• La genetica mendeliana non tiene conto nemmeno dell’influenza dell’ambiente → abbiamo diverse
reazioni dello stesso genotipo in relazione all'ambiente (plasticità fenotipica).
• Il risultato di un genotipo dipende dalla sua norma di reazione = una gamma di fenotipi la cui
espressione è influenzata dall’ambiente in cui il genotipo si esprime (esempio le ortensie producono
colori del fiore diversi in base all’acidità nel terreno dovuta alla presenza di alluminio)
Basi cromosomiche dell’ereditarietà
• a inizio 900 si capì che leggi di Mendel potevano funzionare solo con geni concatenati, ossia sullo
stesso cromosoma (quello analizzato da Mendel fu solo un caso particolare).
→ Anche in questo caso ci può essere differenza tra rapporto previsto (9:3:3:1) e osservato per la
ricombinazione durante il crossing over.
→ Si affermò la teoria cromosomica dell’ereditarietà: i geni sono situati in specifici loci su
cromosomi, i quali vanno incontro ad assortimento indipendente.
MORGAN
• prima prova della teoria (si sapeva già di presenza cromosomi) attraverso esperimenti con
Drosophila (moscerino della frutta).
• Esso è organismo modello: molto prolifico, periodo di generazione breve (in pochi giorni centinaia
di individui), pochi cromosomi (4 paia).
• Studiati cromosomi sessuali XX (f) e XY (m), X contiene più geni di Y.
• A partire da moscerino selvatico (wild type = carattere fenotipico più comunemente osservato) con
occhi rossi si ha mutazione → compaiono individui con occhi bianchi (fenotipo mutante) e la loro
espressione è dovuta ad alleli che hanno avuto origini da modificazioni dall’allele wild type.
• Morgan effettuò vari incroci:
1. Femmina omozigote occhi rossi XRXR × maschio occhi bianchi XrY
➔ F1 tutti individui con occhi rossi
➔ F2 rapporto 3 occhi rossi : 1 bianchi, ma Morgan osservò che le femmine hanno sempre
occhi rossi e maschi metà occhi bianchi e metà rossi (legame sesso-occhi su cromosoma X).
2. Femmina eterozigote occhi rossi XRXr × maschio occhi bianchi XrY ➔ 50% occhi rossi, 50%
bianchi, sia per maschi che per femmine.
• Grazie a tali esperimenti si poté dedurre che i geni sono sui cromosomi → tratto responsabile
degli occhi bianchi situato esclusivamente sul cromosoma X, non ha corrispondenza su Y.
EREDITARIETA’ LEGATA AL SESSO
• In alcuni tipi di trasmissione ereditaria è importante l’origine parentale di un allele.
• I caratteri determinati da geni localizzati sui cromosomi sessuali sono infatti caratteri legati al sesso, e
non vengono ereditati in rapporti mendeliani, tipici invece dei geni situati sugli autosomi.
• Oltre alle 22 coppie di autosomi, ogni individuo possiede una coppia di cromosomi sessuali:
1. le femmine (XX) portano una coppia di cromosomi X (sesso omogametico, gameti
uguali);
2. i maschi (XY) invece hanno un cromosoma X e un cromosoma Y (sesso
eterogametico).
→ Per un totale di 46 cromosomi (corredo diploide).
• I soggetti di sesso maschile, avendo una sola copia di cromosoma X, per ogni gene localizzato su
questo cromosoma sono emizigoti, cioè nel corredo genetico diploide presentano solo una copia.
• Nei gameti, invece troviamo 22 autosomi e un singolo cromosoma sessuale:
1) il gamete maschile può contenere X o Y;
2) il gamete femminile può contenere solo X.
→ Per un totale di 23 cromosomi (corredo aploide).
• A seconda che il gamete maschile che feconda la cellula uovo contenga X o Y, possono nascere con
uguale probabilità femmine (XX) o maschi (XY).
• Nell’uomo, i caratteri legati al cromosoma Y si ereditano solo per via paterna, sono sempre trasmessi
a tutti i figli maschi manifestandosi a livello fenotipico, e mai alla progenie femminile.
• Il cromosoma Y è molto più piccolo del cromosoma X, e contiene essenzialmente geni che
determinano lo sviluppo dell’embrione in senso maschile e geni importanti per la fertilità.
→ Nel braccio corto del cromosoma Y è presente il gene SRY, la cui funzione è necessaria per lo
sviluppo dell’embrione in senso maschile
• Il daltonismo è una malattia genetica legata al sesso → Una figlia daltonica può nascere da un padre
daltonico e madre portatrice → Dato che l’allele per il daltonismo è raro, la probabilità che un uomo
daltonico e una madre portatrice è bassa.
• Le femmine di mammifero ereditano 2 cromosomi X e tale condizione comporta una doppia
produzione di proteine codificate dai geni del cromosoma.
→ In realtà, uno dei due cromosomi X viene quasi disattivato durante lo sviluppo embrionale e ne
consegue che le cellule maschili e femminili possiedono una sola coppia di tali geni.
→ All’interno di una cellula femminile il cromosoma disattivato si condensa dando origine al corpo
di Barr e la maggior parte dei geni non viene espressa.
→ La selezione del cromosoma è casuale e indipendente per ciascuna delle cellule embrionali.
• Le femmine possiedono un mosaico composto da 2 tipi di cellule: cromosoma X deriva dal
padre e dalla madre. Se una femmina è eterozigote a un carattere sessuale ➔ metà delle cellule
esprime un carattere e l’altra metà l’altro carattere ➔ colorazione pelo gatto
• Geni che sono sullo stesso cromosoma = geni concatenati
1) 2° esperimento Morgan ➔ colore del corpo e dimensioni delle ali
→ Moscerini wild type ➔ corpo grigio e ali normali
→ Moscerini mutanti ➔ corpo nero e ali vestigiali
• Alleli mutanti sono recessivi e nessuno dei caratteri è legato al sesso.
• Osservando i risultati c’è percentuale più alta di fenotipi parentali rispetto a LEGGE
ASSORTIMENTO INDIPENDENTE
• Morgan concluse che il colore del corpo e la lunghezza delle ali sono ereditati in combinazioni
specifiche (parentali) e tale fenomeno si verifica in virtù della localizzazione sullo stesso
cromosoma dei geni
RICOMBINAZIONE GENETICA
• Mendel notò che alcuni individui della discendenza non presentavano alcuna caratteristica dei
genitori ➔ ricombinanti. → I genetisti affermano che la probabilità di ricombinazione è del 50%
• Gameti ricombinanti utili per costruire mappe genetiche, che descrivono sequenza loci genici:
maggiore percentuale ricombinazione comporta maggiore distanza tra due geni, misurata in unità di
mappa (termine poi superato da sequenza basi azotate, 1% ricombinazione = 1 unità mappa).
Genetica molecolare
• All’inizio degli anni Venti gli scienziati divennero consapevoli che i cromosomi erano fatti di DNA e
proteine, però rimaneva da chiarirne il ruolo nella trasmissione delle informazioni genetiche.
• Gli scienziati partivano dal presupposto che il materiale genetico dovesse essere contenuto nelle
proteine, in quanto sono biomolecole che presentano grande varietà di strutture e funzioni.
• Nel 1928 → Griffith tramite il suo esperimento, dimostrò che esisteva un fattore di trasformazione,
che passava da batteri virulenti morti e rendeva virulenti batteri vivi non virulenti.
• Successivamente Avery sottopose il ceppo virulento a tre diversi enzimi che distruggono
selettivamente RNA, proteine e DNA → Aggiungendo i campioni così trattati a colture di batteri vivi
non virulenti, gli unici che risultavano non trasformati (in cui il “fattore di trasformazione” di
Griffith non aveva agito) erano quelli in cui era stato distrutto il DNA.
• Hershey e Chase dimostrarono che i batteriofagi inoculavano DNA, per introdurre il proprio
materiale genetico nelle cellule da infettare.
• Tramite cristallografia a raggi X, Rosalind Franklin suggerì che il DNA fosse di forma elicoidale o
spirale.
• James Watson e Francis Crick misero insieme in un unico modello coerente tutto ciò che era stato
appurato sulla struttura del DNA: suggerirono un modello elicoidale in cui due catene
polinucleotidiche affiancate correvano in direzioni opposte (antiparallele), in cui le basi azotate
fossero legate secondo rapporti quantitativi ben precisi, scoperti da Chargaff
→ regole di Chargaff:
1) la quantità di A eguaglia la quantità di T, come la quantità di G eguaglia la quantità di C;
2) la quantità totale delle purine (A + G) è uguale alla quantità di pirimidine (T + C).
Struttura DNA
• Oggi sappiamo che la molecola di DNA è costituita da due catene polinucleotidiche appaiate e
avvolte in modo da formare una doppia elica.
• Ogni nucleotide di ciascuna catena polinucleotidica è formato da uno zucchero pentoso
(desossiribosio) legato ad un gruppo fosfato e ad una base eterociclica azotata che sporge, e che si
lega tramite legame a idrogeno con la base complementare dell’altra catena polinucleotidica (ogni
nucleotide, quindi, lega altri due nucleotidi: uno verticalmente e uno orizzontalmente).
• il gruppo fosfato si lega tramite legame fosfoestereo con l’ossidrile in 3’ e quello in 5’ del
desossiribosio: per questa ragione i desossinucleotidi nel DNA sono legati da legami fosfodiesterei.
• I gruppi fosfato portano una carica negativa, che rende così negativi i due filamenti di DNA, i quali
risentirebbero di una rilevante repulsione che tenderebbero a dividerli, se non ci fossero in soluzione
acquosa ioni positivi che schermano questa repulsione.
• La struttura a doppia elica è particolarmente stabile in quanto le coppie di basi sono planari essendo
tutti i loro atomi ibridizzati sp2 , e gli elettroni dei rimanenti orbitali p formano legami π
delocalizzati, quindi liberi di muoversi su tutta la superficie degli anelli purinici e pirimidinici: tale
mobilità genera dipoli elettrici fluttuanti sul piano degli anelli, le cui interazioni fra una coppia di
basi con quelli delle coppie poste al di sopra e al di sotto genera una forza di attrazione molto forte
(forza di stacking).
• I dipoli nelle coppie G-C sono più forti di quelli che si creano nelle coppie A-T; quindi, i DNA che
presentano molte coppie G-C sono più stabili di quelli in maggior contenuto di A-T.
• La natura ha sfruttato questo fatto arricchendo di coppie A-T le zone di DNA che debbono aprirsi per
prime.
• L’appaiamento delle basi azotate segue il principio di complementarità individuato da Chargaff: l’A
si appaia con la T formando due legami a idrogeno, la G si appaia con la C formando tre legami a
idrogeno.
• Oltre ad essere complementari, le due catene sono antiparallele, in quanto sono orientate in direzioni
opposte: ogni filamento ha un’estremità 5’ che corrisponde all’estremità 3’ dell’altro filamento.
LA DUPLICAZIONE DEL DNA
• Ogni filamento funge da stampo per un nuovo filamento di DNA, cosicché la duplicazione si dice
semiconservativa, dato che le due molecole di DNA neoformate hanno un filamento vecchio e uno
nuovo.
• La duplicazione richiede che il filamento stampo interagisca con un enorme complesso proteico,
detto complesso di duplicazione, che si lega al DNA in corrispondenza di una sequenza di basi (ori).
→ nella forcella di duplicazione, la DNA-elicasi rompe i legami a idrogeno fra le basi “srotolando”
la doppia elica, mentre un altro enzima impedisce che i filamenti despiralizzati si riassocino.
• I procarioti possiedono un'unica origine della duplicazione, mentre gli eucarioti possono averne
diverse.
• Successivamente la DNA-polimerasi, dopo che la primasi abbia sintetizzato un breve filamento
singolo di RNA detto primer, inizia ad aggiungere nucleotidi ed allungare così il filamento
polinucleotidico (funzione polimerasica), lavorando in direzione 5’ → 3’.
• Dal momento che la DNA-polimerasi catalizza l’aggiunta di nucleotidi in una sola direzione, i due
filamenti procedono a velocità diverse:
1. un filamento veloce sintetizzato in maniera continua (serve un unico primer/innesco);
2. un filamento lento che procede in modo discontinuo e a ritroso, in cui vengono sintetizzati
brevi segmenti (frammenti di Okazaki), che poi vengono uniti insieme (ogni segmento ha
bisogno di un primer).
• E’ compito della DNA-ligasi unire i vari frammenti di Okazaki, producendo un filamento lento
completo.
• Dopo la rimozione del primer terminale, non è più possibile sintetizzare il DNA che lo sostituisca,
perché non c’è un’estremità da prolungare; pertanto, il cromosoma formatosi presenta ad entrambe le
estremità un pezzo di DNA a filamento singolo, che viene tagliato insieme ad una parte di filamento
doppio, accorciando il cromosoma ad ogni divisione cellulare.
• Queste estremità, prive di significato genetico, sono chiamate telomeri, e la loro perdita spiega
perché le cellule non durano per tutta la vita dell’organismo.
• Le cellule che continuano a dividersi contengono l’enzima telomerasi, che catalizza l’aggiunta di una
sequenza ripetitiva ai due terminali 3’ di un cromosoma lineare.
→ Tale meccanismo non risolve però il problema della perdita di DNA a ogni replicazione.
→ Per le cellule post-mitotiche la telomerasi è inattiva.
ERRORI DI DUPLICAZIONE
• La DNA-polimerasi compie una quantità notevole di errori, ma le cellule dispongono di enzimi di
restauro del DNA che intervengono mettendo in atto vari meccanismi di riparazione:
1. la correzione di bozze → che agisce mentre il filamento è in formazione, in cui la DNA
polimerasi, se si accorge di aver aggiunto una base sbagliata, la scambia con quella corretta
(funzione esonucleasica);
2. la riparazione delle anomalie di disappaiamento → che prevede l’esaminazione del filamento
neoformato (al termine della duplicazione) da parte di apposite proteine che individuano gli
errori di appaiamento sfuggiti alla correzione di bozze;
3. la riparazione per escissione → che elimina le basi anomale o danneggiate a causa di agenti
mutageni, tagliando via il filamento, sostituendo la base anomala e quelle adiacenti, mentre la
DNApolimerasi e la DNA-ligasi sintetizzano e attaccano una nuova sequenza.
DALL’IPOTESI “UN GENE, UN ENZIMA” AL DOGMA CENTRALE DELLA BIOLOGIA
MOLECOLARE
• Il DNA contiene tutte le informazioni per definire lo sviluppo e la fisiologia della cellula. Studiando
le mutazioni, i genetisti scoprirono l’esistenza, per ciascuna mutazione, di un corrispondente enzima
funzionante in modo anomalo: ipotizzarono quindi che l’espressione genica potesse avvenire solo
tramite un enzima (ipotesi “un gene, un enzima”).
• Ma dal momento che non tutte le proteine che influiscono sul fenotipo sono enzimi, è più giusto
usare l’espressione “un gene, una catena polipeptidica”.
→ la funzione di un gene è il controllo della produzione di un singolo polipeptide specifico.
• Il messaggio di un gene viene copiato (trascritto) sotto forma di RNA nel nucleo, che viene poi
trasferito nel citoplasma dove il messaggio viene tradotto e utilizzato per la sintesi di una proteina.
• L’informazione non può tornare indietro dalle proteine al DNA: il dogma centrale della biologia
molecolare consiste proprio nell’unidirezionalità dell’informazione genetica (DNA → RNA →
catena polipeptidica).
→ L’unica eccezione è costituita dall’enzima trascrittasi inversa, che può sintetizzare cDNA
partendo da RNA.
L’RNA
• L’RNA è l’intermediario fra DNA e proteine, che rende possibile la codifica e l’espressione
dell’informazione genetica intervenendo nei meccanismi di trascrizione e traduzione ipotizzati da
Crick.
• E’ di tre tipi:
1. RNA messaggero (mRNA) che copia le informazioni genetiche in una sequenza lineare;
2. RNA transfer (tRNA) che posiziona gli amminoacidi in sequenza grazie alla sua struttura;
3. RNA ribosomiale (rRNA) che costituisce i ribosomi che realizzano la sintesi proteica.
• Nonostante sia anch’esso, come il DNA, un acido nucleico, presenta alcune differenze: è a filamento
unico invece che doppio, presenta come molecola di zucchero il ribosio invece che il desossiribosio,
ha come quarta base l’uracile (U) al posto di T, che si appaia comunque con A.
LA TRASCRIZIONE
• La trascrizione avviene nel nucleo ed è il processo di codifica dell’informazione genetica in un
filamento complementare di mRNA che servirà a dirigere la sintesi proteica nel citoplasma.
• E’ responsabile anche della sintesi di tRNA e rRNA.
• E’ comodo dividere in tre fasi la trascrizione:
1. l’inizio della trascrizione richiede un promotore, ossia una sequenza specifica di DNA che
indichi alla RNA polimerasi da dove iniziare a trascrivere, quale filamento di DNA, e in
quale direzione.
→ Negli eucarioti, l’RNA polimerasi si lega al DNA soltanto dopo che sul cromosoma si
sono associate varie proteine regolatrici dette fattori di trascrizione: il primo di essi si lega al
TATA box (una sequenza ricca di coppie di basi AT), favorendo così il legame di altri fattori,
fra cui l’RNA polimerasi, che vengono a formare il complesso di trascrizione.
→ La trascrizione può quindi avere luogo, cominciando dal sito di inizio;
2. l’allungamento: l’RNA-polimerasi apre il DNA a circa 10 basi per volta e legge il filamento
stampo aggiungendo nucleotidi all’estremità 3’ (direzione 5’ → 3’), senza correggere o
revisionare il proprio lavoro;
3. la terminazione del processo è stabilita dal segnale di terminazione, una sequenza specifica di
basi che spinge l’RNA-polimerasi a interrompere il processo.
→ Il prodotto della trascrizione è un filamento singolo di mRNA, chiamato trascritto
primario, complementare al filamento stampo che è stato usato per la trascrizione.
→ Prima di migrare nel citoplasma e venire tradotto dai ribosomi, l’mRNA immaturo deve
essere modificato, l’mRNA immaturo viene anche chiamato hnRNA (heteronuiclear RNA).
• Il fatto che il DNA (e quindi i geni) sia discontinuo, implica che vi siano sequenze codificanti (esoni)
e sequenze non codificanti (introni).
• Un gene comincia sempre e finisce sempre con un esone, mai con un introne.
• Questo DNA discontinuo viene trascritto interamente, copiando esoni e introni, quindi prima di
lasciare il nucleo, l’mRNA va incontro a splicing, ossia la rimozione degli introni e la saldatura in
sequenza degli esoni per formare mRNA maturo.
→ Splicing alternativo: quando lo splicing può originare diverse combinazioni di esoni formando
messaggeri diversi. Lo splicing alternativo interessa circa il 65% dei geni umani. È un
rimescolamento degli esoni.
• Inoltre, all’estremità 5’ viene aggiunto un “cappuccio” di 7-metilguanosina che lo protegge dalla
degradazione, e all’estremità 3’ viene aggiunta una coda di 100-250 nucleotidi di adenina (poli-A)
nel processo di poliadenilazione, che favorisce il passaggio al citoplasma e un corretto inizio della
traduzione.
IL CODICE GENETICO
• Per mettere in relazione la sequenza di mRNA con gli amminoacidi che compongono le proteine,
occorre un codice genetico che specifichi l’amminoacido da utilizzare di volta in volta.
• L’informazione dell’mRNA è una serie lineare di triplette di basi, dette codoni, i quali specificano
ognuno un particolare amminoacido.
• Con le quattro basi esistenti si possono ottenere 64 combinazioni, sufficienti per codificare i 20
amminoacidi.
• Il codice genetico ha varie caratteristiche:
1) contiene un codone di inizio (AUG), che avvia la traduzione e che specifica la metionina
e tre codoni di stop, che non specificano nessun amminoacido, ma arrestano la traduzione;
2) è ridondante ma non è ambiguo: un amminoacido è in genere specificato da più codoni (i
codoni sinonimi abbassano la probabilità di inserire amminoacidi sbagliati ,provocando
mutazioni, durante la sintesi proteica), ma ogni codone specifica un solo amminoacido;
3) è universale: in tutte le specie un codone specifica sempre lo stesso amminoacido
(eccezion fatta per il DNA mitocondriale e dei cloroplasti che è un po’ diverso, e per
alcuni protisti).
LA TRADUZIONE
• La traduzione delle informazioni portate dall’mRNA ha come risultato la produzione di una catena
polipeptidica.
• Avviene nel citoplasma, e necessita della mediazione del tRNA che mette in relazione
l’informazione contenuta nei codoni dell’mRNA con gli specifici amminoacidi.
• I ribosomi (fatti di rRNA) sono la sede in cui avviene la traduzione.
• All’estremità 3’ di ogni tRNA si trova il suo sito d’attacco (di legame) per l’amminoacido che quel
tRNA specifica (c’è almeno un tRNA specifico per ogni amminoacido), mentre verso la metà della
struttura tridimensionale del tRNA vi è un gruppo di tre basi, l’anticodone, che costituisce il sito di
appaiamento fra le basi complementari (attraverso legami a idrogeno) con l’mRNA.
• Il legame fra ciascun tRNA e il suo amminoacido è catalizzato da enzimi amminoacil-tRNA-
sintetasi, che riconoscono il tRNA specifico grazie alla sua struttura tridimensionale, e catalizzano il
legame dell’amminoacido all’estremità 3’ grazie ad un legame molto energetico, formando un tRNA
carico.
• I ribosomi servono per assemblare correttamente la catena polipeptidica permettendo l’interazione
fra mRNA e tRNA.
→ Sono costituiti da due subunità normalmente separate, che si assemblano durante la sintesi
proteica, tenute insieme da forze ioniche.
→ La subunità maggiore è composta da 3 molecole diverse di rRNA e varie proteine, mentre quella
minore da un solo tipo di tRNA e proteine.
→ I ribosomi possiedono tre siti di legame: uno per l’mRNA, nella subunità minore e due per il
tRNA: il sito P (peptidico) e il sito A (amminoacilico).
• Anche la traduzione può essere divisa in tre fasi:
1. nella fase di inizio, l’mRNA si lega alla subunità minore (estremità 5’), si associano poi la
subunità maggiore e il primo tRNA carico (amminoacil-tRNA), che si appaia con
l’anticodone al codone di inizio e va a occupare il sito P.
→ Il codone di inizio è sempre AUG che specifica la metionina, che è il primo amminoacido
di ogni catena polipeptidica (N-terminale), anche se spesso dopo la traduzione viene rimossa
da un enzima.
→ mRNA, le subunità ribosomiali e l’amminoacil-tRNA sono tenuti insieme da proteine
dette fattori di inizio;
2. la successiva fase di allungamento inizia con l’inserimento nel sito A di un secondo
amminoacil tRNA, a questo punto si forma un legame peptidico fra i due amminoacidi, e il
tRNA che occupava il sito P esce dal ribosoma, il quale si sposta di un codone lungo l’mRNA
(direzione 5’ → 3’), di modo che il secondo tRNA che lega i due amminoacidi vada ad
occupare il sito P.
→ Nel sito A tornato libero si porta un terzo amminoacil-tRNA, e il processo si ripete finché
la catena polipeptidica è completa.
→ Le tappe dell’allungamento si svolgono grazie a proteine dette fattori di allungamento;
3. quando il ribosoma arriva ad uno dei tre codoni di stop, si ha la terminazione: un fattore di
rilascio si lega all’mRNA, la traduzione si interrompe, la proteina si stacca dal tRNA e le due
subunità si dissociano.
→ Lo stesso filamento di mRNA può essere letto contemporaneamente da più ribosomi, in tal
caso si parla di polisoma.
→ L’energia per la traduzione è fornita dall’idrolisi dell’ATP.
→ La catena polipeptidica così sintetizzata assume la conformazione che la compete e si
dirige al posto giusto nella cellula per compiere la sua funzione.
→ Il raggiungimento della forma funzionale finale spesso è assistita da proteine specializzate
chiamate chaperonine, che sono anche adibite a ripristinare questa forma su quelle proteine
che l’avessero perduta per vari stress.
REGOLAZIONE GENICA
• Il genoma presenta molti geni non codificati.
• Si possono distinguere geni strutturali → che codificano per proteine che andranno a costituire la
struttura fisica della cellula e geni regolatori → che regolano l’espressione degli altri geni
→ geni accesi o spenti a seconda funzione cellulare.
• Negli eucarioti l’espressione genica viene controllata secondo vari livelli:
1. Struttura cromatina: subisce trascrizione solo eucromatina (decondensata, geni attivi), no
eterocromatina (condensata, geni spenti).
2. Trascrizione: strutture proteiche legate a DNA (fattori di trascrizione, attivatori, enhancers)
attivano o reprimono processo.
3. Elaborazione mRNA: controllo velocità splicing; splicing alternativo, che produce diverse
proteine da uno stesso tratto di mRNA.
4. Trasporto mRNA: passaggio attraverso pori nucleari → velocità trasporto.
5. Traduzione: i fattori di inizio possono ritardare la sintesi proteica → periodo permanenza
trascritto nel citoplasma (poi degradato) determina quantità di proteine sintetizzate.
6. Modificazione proteine, es fosforilazione, ripiegamenti → degradazione proteine temporanee
mediante grandi complessi detti proteasomi.
MUTAZIONI
• Le principali fonti di errore nella sequenza degli amminoacidi sono i cambiamenti del DNA, ossia le
mutazioni.
• Possono essere distinte in due categorie, in base al tipo di cellula che colpiscono:
1. mutazioni somatiche colpiscono le cellule del soma, si trasmettono alle cellule figlie
ma non vengono ereditate dalla prole generata per riproduzione sessuata;
2. mutazioni nella linea germinale si verificano nelle cellule specializzate nella
produzione dei gameti i quali, in seguito alla fecondazione, se contengono una
mutazione la trasmettono al nuovo organismo.
• A livello molecolare, una classificazione ulteriore distingue le mutazioni in:
1) mutazioni puntiformi → che riguardano un solo gene, e comportano la perdita,
aggiunta o sostituzione di un solo nucleotide;
2) mutazioni cromosomiche → alterazioni più estese che riguardano un segmento di
DNA che può subire un cambiamento di posizione o ordinamento, o essere duplicato
o eliminato;
3) mutazioni genomiche (del cariotipo) → che riguardano il numero dei cromosomi, che
possono essere in più o in meno rispetto alla norma
• Le mutazioni puntiformi sono il risultato dell’aggiunta o della perdita di una base nucleotidica,
oppure della sua sostituzione con un’altra.
→ Si verificano in seguito a errori nella duplicazione del DNA o a causa di agenti mutageni
ambientali.
→ Possono essere transizioni, qualora si ha lo scambio di una purina con un’altra o di una pirimidina
con un’altra, oppure transversioni, qualora una purina viene sostituita da una pirimidina o viceversa.
Si distinguono in:
1. mutazioni silenti → che per effetto della degenerazione del codice genetico non producono
alcun cambiamento nella sequenza amminoacidica;
2. mutazioni missenso → che modificano il messaggio genetico in modo tale che nella proteina
troviamo un amminoacido al posto di un altro
3. mutazioni non senso → hanno un effetto più distruttivo, e comportano la sostituzione di una
base che determina nell’mRNA un codone di stop, che interrompe la sintesi della proteina,
che sarà quindi più breve e normalmente non attiva;
4. mutazioni per scorrimento della finestra di lettura (frame-shift mutation) → riguardano
l’inserimento o la rimozione di una base, mandando fuori registro il messaggio genetico
producendo proteine non attive.
• Le mutazioni cromosomiche possono essere di quattro tipi:
1. Delezione → in cui una molecola di DNA si spezza in due punti, il segmento intermedio
viene rimosso e gli estremi si ricongiungono, producendo un segmento di DNA più breve; Le
delezioni possono essere terminali o interstiziali.
2. Duplicazione → che si può verificare contemporaneamente alla delezione, in cui fra due
omologhi vi è uno scambio di segmenti di DNA: un cromosoma sarà privo di un segmento
(delezione), l’altro invece ne conterrà due copie (duplicazione).
3. Inversione → in cui un segmento di DNA può staccarsi e reinserirsi nello stesso punto ma al
contrario. Consistono quindi nel cambio di polarità di un segmento cromosomico: possono
essere pericentriche o paracentriche
4. Traslocazione → quando un segmento di DNA si distacca dal proprio cromosoma e va a
inserirsi in un cromosoma diverso.
→ Quando vi è scambio di materiale genetico fra cromosomi non omologhi si parla di
traslocazione reciproca, la quale può essere sia bilanciata che sbilanciata.
• Le mutazioni genomiche (o cariotipiche) si verificano quando un organismo presenta cromosomi
sovrannumerari o mancanti (aneuploidia).
→ La mancanza di un cromosoma nella coppia di omologhi è la monosomia,
→ la presenza di un cromosoma in più nella coppia è detta trisomia.
• Euploidia → un numero di cromosomi pari a due o più set cromosomici aploidi.
• Poliploidia → un numero di cromosomi in più rispetto al corredo diploide, multiplo dei corredo
aploide: così si potranno avere le triploidie (3n), tetraploidie (4n).
Evoluzione
• Cenni storici: Primi biologi sono Aristotele e Ippocrate, prevale il pensiero del primo →
immutabilità delle specie, create dal divino.
• Linneo (1750): creazionista, studi di tassonomia, classificazione diversità dei viventi.
→ Trattato naturalistico Systema Naturae: organizzazione gerarchica somiglianze e differenze tra
specie (tipi naturali), gradiente di complessità (scala, da semplice a complesso)
→ Dominio (Eukarya), Regno (Animalia), Phylum (Chordata), Subphylum (Vertebrata), Classe
(Mammalia), Ordine (Primates), Famiglia (Hominidae), Genere (Homo), Specie (Homo sapiens).
→ Introduce la nomenclatura binomiale, Genere specie.
• Hutton (fine 1700): geologo, attuali caratteristiche morfologiche della Terra sono opera di
cambiamenti graduali ancora in atto (es erosione), intuisce reale età del pianeta.
• Malthus (fine 1700): demografo, tendenza popolazione ad aumento esponenziale (capacità
riproduttiva) frenata da fattori limitanti, la crescita delle risorse non compensa la crescita di
popolazione → alto tasso mortalità.
• Cuvier (inizio 1800): studio approfondito fossili (paleontologia), strati più profondi e vecchi
presentano maggiori differenze nei fossili. È creazionista, ma per spiegare ciò propone catastrofismo:
in passato improvvisi eventi catastrofici hanno comportato estinzioni di massa.
• Lyell (inizio 1800): geologo, si basa sugli studi di Hutton, principio dell’attualismo (contrapposto a
catastrofismo), secondo cui i processi naturali che hanno operato in passato sono gli stessi che si
osservano oggi (il presente è la chiave per il passato).
• Lamark → prima teoria evoluzionistica (1809): ereditarietà dei caratteri acquisiti, un individuo si
adatta ad un determinato ambiente sviluppando caratteristiche vantaggiose (es giraffa, collo lungo),
le quali vengono trasmesse alla progenie.
→ Uso e disuso: parti del corpo utilizzate maggiormente tendono a rafforzarsi, mentre le altre a
regredire.
→ Testimonianze della geologia: linee discendenza tra fossili e specie attuali.
DARWIN
• L’evoluzione ad opera della selezione naturale → base della moderna concezione evolutiva.
• Teoria ha origine dal “Viaggio di un naturalista intorno al mondo” sulla nave Beagle, il cui scopo era
il rilevamento geografico di terre inesplorate.
→ In particolare, alle isole Galapagos si soffermò sulle diverse specie di fringuelli: essi avevano
struttura simile a quelli visti sulla costa sudamericana, ma presentavano caratteri diversi, come forma
del becco, che cambiavano anche da un’isola all’altra → fringuelli del continente colonizzarono
l’arcipelago, e col tempo in ogni isola sopravvissero solo individui con tipo di becco adatto a risorse
alimentari disponibili.
• 1859: espone la teoria nel libro “Sull’origine delle specie per mezzo della selezione naturale”, dopo
aver visionato i contemporanei scritti di Wallace, che ebbe meno successo.
SELEZIONE NATURALE
• È rappresentata dal successo riproduttivo differenziale degli individui con caratteristiche ereditabili,
ossia dalla loro capacità di sopravvivere e riprodursi (macchina trofica e riproduttiva).
• In questa lotta per la sopravvivenza l’ambiente opera una selezione, favorendo individui con caratteri
vantaggiosi, che saranno tramandati alle generazioni successive (non conoscendo ancora la teoria di
Mendel ipotizza variazioni continue ed ereditarietà caratteri).
• Il prodotto è quindi l’adattamento di questi individui al proprio ambiente: Darwin utilizza termine il
fitness (= il successo riproduttivo di un individuo o di un certo genotipo e idoneità all’ambiente).
1) gli individui non evolvono: è la POPOLAZIONE che evolve.
2) La selezione naturale può aumentare o ridurre i caratteri ereditabili che vengono trasmessi
alla prole.
3) I fattori ambientali variano da un luogo all’altro e nel corso del tempo → una
caratteristica favorevole in un certo luogo può essere sfavorevole in un altro luogo.
• Specie attuali sono originate da un progenitore comune → evoluzione rappresentata attraverso alberi
filogenetici: a partire da progenitore comune (in basso) si ha la ramificazione delle linee di
discendenza, fino ad arrivare ai giorni nostri (alto) = percorso evolutivo detto filogenesi.
• INDIZI EVOLUTIVI dimostrano questa origine comune:
1. Fossili (paleontologia): idea su tempi e modi in cui è avvenuta l’evoluzione tramite anelli di
congiunzione, trasformazioni graduali o a salti.
→ Gli organismi del passato erano diversi da quelli attuali e il 99% delle specie antiche si è
estinto.
→ Ci sono alcuni fossili che ad esempio documentano come la struttura degli arti dei cetacei
si sia modificata nel tempo, portando alla perdita delle zampe posteriori e alla formazione
delle pinne.
2. Omologie anatomiche (anatomia comparata): caratteri/strutture con la stessa origine
embriologica che successivamente si sono differenziate in relazione della funzione o del
processo adattativo.
→ Es arti dei vertebrati: diverse ossa hanno acquistato forme diverse in base a tipo
movimento (locomozione, nuoto, volo).
• Queste somiglianze sarebbero altamente improbabili se si fossero sviluppate da 0 in ciascuna specie.
• Le ossature basilari delle braccia/zampe anteriori sono strutture omologhe che rappresentano una
variazione di un sistema strutturale già presente nel loro progenitore comune.
→ Diverse da analogie o convergenze adattative: caratteri con stessa funzione ma percorso evolutivo
completamente diverso (es ala = pipistrello e insetto adatte al volo ma morfologicamente diverse).
3. Omologie embrionali (embriologia comparata): somiglianze delle strutture a livello
embrionale e non osservabili in organismi adulti (abbozzo di coda situata posteriormente
all’ano) → le quali poi hanno subito diversi sviluppi, come anche le sacche faringee (o
trachee) che si trasformano in strutture molto differenti (branchie nei pesci e parti trachea
uomo).
• Ontogenesi: insieme di processi e trasformazione dello sviluppo biologico degli organismi (zigote,
embrione, individuo).
→ Teoria Heackel: “l’ontogenesi ricapitola la filogenesi”.
4. Omologie molecolari: omologie a livello molecolare, analisi genotipo e mutazioni per
ricostruire evoluzione biologica → c’è una differenza %
→ il codice genetico determina distanza tra le specie nel corso dell’evoluzione (es uomo e
scimpanzé differiscono dell’1,8% dei geni)
→ Tutte le forme di vita utilizzano lo stesso linguaggio di DNA ed RNA e quindi è molto
probabile che si siano sviluppate da un progenitore comune.
5. Biogeografia: studio distribuzione geografica degli organismi nell’ambiente per analizzare
diversi pattern (profilo, schema ricorrente).
→ La conoscenza dell’evoluzione e della deriva dei continenti rappresentano indizi
importanti per l’origine degli organismi.
→ le Faune insulari sono endemiche (= non si trovano in nessun’altra parte).
→ Gli arcipelaghi sono un ottimo hotspot di biodiversità: pattern iniziale che origina specie
diverse nelle diverse isole.
→ Le specie delle isole probabilmente erano delle specie del continente più vicino che a
causa delle condizioni ambientali differenti hanno apportato delle modificazioni alla loro
struttura o al loro comportamento.
• Esempio selezione in atto: resistenza insetti a insetticidi e antibiotici.
→ Insetti hanno ciclo riproduttivo veloce, se in una colonia sottoposta a pesticidi l’individuo
presenta geni resistenti esso sopravvivrà trasmettendo tali geni a generazioni successive, che saranno
molto più resistenti (da microevoluzione a macroevoluzione).
Evoluzione popolazioni
• Per popolazione s’intende un gruppo di individui della stessa specie che vivono nella stessa area
geografica e che, dunque, possono incrociarsi tra loro e generare progenie.
• Se si considera un certo locus, ogni gamete può avere un certo tipo di allele.
• La proporzione di gameti di un pool genico che contiene un certo tipo d’allele rappresenta la
frequenza di quell’allele nella popolazione.
• L’equilibrio di Hardy-Weinberg mostra come sono relate tra loro frequenze alleliche e genotipiche in
una popolazione “ideale”, costituita da soggetti con genoma diploide nelle cellule somatiche che
danno origine ad una nuova generazione tramite riproduzione sessuata.
→ Si fanno le seguenti ipotesi: individui con vari genotipi hanno lo stesso tasso di sopravvivenza e
lo stesso successo (fitness) riproduttivo, non ci sono mutazioni, non ci sono migrazioni di
popolazioni, la popolazione è estremamente numerosa, e gli incroci sono casuali → non esistono
spinte al cambiamento (forze evolutive).
• L’allele A ha una frequenza p; l’allele a ha una frequenza q, dunque, essendo presenti per questo
gene solo gli alleli A e a, si ha: p + q = 1.
• In una situazione di random mating, i genotipi AA, Aa e aa saranno presenti con le frequenze p2 ,
2pq, q2 , quindi in definitiva si ha: p2 + 2pq + q2 = 1
• Se una popolazione è in equilibrio di H-W, le frequenze genotipiche non cambiano da una
generazione all’altra.
• Nelle popolazioni ci possono essere fenomeni che determinano una situazione di squilibrio:
1. La selezione: individui con un certo genotipo possono avere fitness riproduttiva più elevata;
2. Le mutazioni: l’unico fenomeno con cui vengono creati nuovi alleli;
3. Le migrazioni: lo spostamento di individui da una popolazione all’altra, con modifiche nella
frequenza allelica della popolazione ricevente, proporzionali alla frazione di individui
provenienti dalla popolazione donatrice rispetto alla ricevente, e alla differenza di frequenze
alleliche tra le due popolazioni;
4. La deriva genica: in popolazioni poco numerose si può assistere ad una variazione delle
frequenze alleliche dovute unicamente al caso;
5. Gli incroci non casuali: incroci assortativi positivi si effettuano fra soggetti con genotipo
simile, mentre incroci assortativi negativi quando tendono a incrociarsi soggetti con genotipo
diverso.
→ L’incrocio assortativo positivo è molto più frequente di quello negativo e non modifica le
frequenze alleliche ma modifica le frequenze genotipiche.
→ L’incrocio tra consanguinei aumenta la frequenza dei genotipi omozigoti, e dunque
nell’uomo aumenta la frequenza di malattie ad ereditarietà autosomica recessiva.
EVOLUZIONE E SPECIAZIONE
• L’equilibrio di H-W è da considerarsi l’ipotesi zero, valido in assenza di evoluzione.
→ Tutti i fenomeni che allontanano le popolazioni dall’equilibrio di H-W contribuisco
all’evoluzione.
• L’evoluzione può essere:
1. Evoluzione filetica (anagenesi), nella quale tutti gli individui di una specie diventano una
seconda specie, cioè da una specie si forma un’altra specie;
2. Cladogenesi, quando da una specie si separano due specie.
• Quando in una specie non avvengono cambiamenti allora si parla di stasi.
• L’evoluzione avviene tramite selezione naturale, come proposto da Darwin e Wallace:
1. Tra gli individui di una specie esistono delle variazioni di fenotipo che sono ereditabili;
2. Gli organismi tendono a riprodursi in maniera esponenziale. Ad un certo momento saranno
generati più individui rispetto a quelli che possono sopravvivere, si genera dunque una lotta
per la sopravvivenza, nella quale individui con fenotipi particolari avranno più successo di
altri e si riprodurranno più degli altri;
3. I fenotipi più adatti alla sopravvivenza diventeranno sempre più comuni, mentre quelli meno
adatti tenderanno a scomparire. Quando la selezione di un determinato carattere è determinata
dall’uomo, si parla di selezione artificiale
POOL GENICO
• corredo genetico composto da tutti alleli appartenenti a tutti gli individui di una popolazione.
→ Se in una popolazione esiste un solo allele per un particolare locus, il pool genico viene definito
fisso e tutti gli individui sono omozigoti per quell’allele.
→ Se invece esistono due o più alleli per un particolare locus, allora gli individui potranno essere sia
omozigoti che eterozigoti.
• Dati due alleli M ed N e numero individui popolazione (omozigoti MM e NN, eterozigoti MN) si
ricavano frequenze genotipiche 119 f(MM) (omozigote dominante), 13 f(NN)omozigote recessivo,
76 f(MN) eterozigote, dividendo i nummeri di tali individui per i numeri degli individui totali
→Posso ricavare anche frequenze alleliche
Individui totali = 208
Alleli totali → organismo diploide quindi 208 x 2 = 416
f(M) = p = (2MM + MN)/alleli totali (alleli = doppio individui) → ((2 x 119) + 76) : 416
f(N) = q = (2NN + MN)/alleli totali → ((2 x 13) + 76) : 416
• Dalle frequenze genotipiche posso passare alle frequenze alleliche:
f(M) = p = f(MM) + ½ f(MN) → 119 + (76:2) = 119 + 38 =157
f(N) = q = f(NN) + ½ f(MN) → 13 + (76:2) = 13 + 38 = 51
• La Somma della frequenza deve sempre essere p + q = 1 quindi 157 + 51 = 208
• Se la frequenza dell’allele dominante tende a 1 → la popolazione è detta monomorfica (allele è
fisso),
• Se la frequenza dell’allele dominante è minore del 0.99 è detta polimorfica (alleli coesistono →
variabilità).
• Il cambiamento della frequenza allelica comporta microevoluzione = la variazione delle frequenze
alleliche da una generazione all’altra.
• I principali fattori responsabili di questo processo sono: deriva genetica, flusso genico, selezione
naturale e mutazioni.
Principio di Hardy-Weinberg
• se in una popolazione c’è equilibrio nel pool genico (a determinate condizioni), le frequenze
genotipiche non cambieranno nelle generazioni successive → non ci sarà evoluzione.
• Se in un locus con due alleli, i 3 genotipi saranno presenti nelle seguenti proporzioni tramite
l’utilizzo della formula p 2 +2pq+q 2 =1
→ dove p e q = frequenze alleliche,
→p 2 = frequenza genotipo omozigote dominante,
→ q 2 = frequenza genotipo omozigote recessivo,
→ 2pq = frequenza genotipo eterozigote.
• Essa permette calcolo frequenze alleliche conoscendo quelle genotipiche e viceversa.
• Questi cambiamenti possono avvenire quando non si rispetta ALMENO UNA delle seguenti 5
condizioni indispensabili per il raggiungimento dell’equilibrio:
1. Dimensioni consistenti popolazione: minori sono le dimensioni della popolazione e maggiore
sarà la probabilità di variazioni casuali delle frequenze alleliche
2. Assenza flusso genico (scambio genetico dovuto a migrazione individui fertili o gameti)
3. Assenza mutazioni (sostituzione alleli o duplicazione di geni interi)
4. Accoppiamenti casuali (no scelta sessuale ma accoppiamento con parenti stretti così non ci
saranno mutazioni o modificazioni)
5. Assenza selezione naturale (la differenza di successo per la sopravvivenza e nella riproduzione
possono alterare le frequenze alleliche)
• Esse non sono quasi mai avverate contemporaneamente, per cui vi sarà microevoluzione.
• Lo scostamento da una di queste condizioni generalmente determina un cambiamento evolutivo.
DERIVA GENETICA
• È il cambiamento casuale delle frequenze alleliche di un pool genico (es mutazioni, disastri naturali)
che causa microevoluzione, vengono colpite maggiormente le piccole popolazioni.
→solitamente viene perso uno dei due alleli e la popolazione diventa monomorfica.
• Meccanismi di deriva genetica (utili a disegnare percorso evolutivo):
1. Effetto collo di bottiglia: evento catastrofico che riduce notevolmente una popolazione (portata
quasi a estinzione), che riparte da pochissimi individui (campione casuale) → potenziale
perdita variabilità.
2. Effetto del fondatore: piccolo gruppo di individui da una popolazione colonizza una nuova area
isolandosi → portando solo una frazione di pool genico originale.
• Nella popolazione isolata si può avere maggiore frequenza di alleli rari o combinazioni tra essi
• La deriva genetica ha i seguenti effetti:
1. RILEVANTE NELLE PICCOLE POPOLAZIONI: gli eventi casuali alterano la frequenza
allelica nelle piccole popolazioni
2. PUÒ MODIFICARE CASUALMENTE LE FREQUENZE ALLELICHE: la frequenza di un
allele può aumentare un anno e diminuire l’anno dopo imprevedibilmente
3. PERDITA DELLA VARIABILITÀ GENETICA IN UNA POPOLAZIONE: a causa della
fluttuazione casuale delle frequenze alleliche nel tempo;
4. PUÒ FISSARE ALLELI SVANTAGGIOSI: può essere pericoloso per una piccola
popolazione
• La selezione naturale agisce in vari modi sulla gamma di fenotipi in una popolazione (caratteri
poligenici: variazione continua rappresentata da curva a campana), sono favoriti alcuni individui e la
curva è modificata.
→ 3 tipi di selezione:
1. Stabilizzante (più diffusa): viene favorito il fenotipo con caratteristiche intermedie e
sfavoriti i due fenotipi estremi → la popolazione si stabilizza adattandosi ad ambiente
costante, la Curva si alza e si stringe.
2. Direzionale: viene favorito un individuo con fenotipo estremo di uno dei due intervalli.
→ La popolazione si sta adattando ad un ambiente diverso dall’originale (es: becco
fringuello più spesso se semi più duri), la Curva si sposta in una direzione.
3. Diversificante: vengono favoriti i fenotipi estremi rispetto a quelli intermedi, in un
ambiente che presenta due fattori principali (es Fringuelli del Camerun che hanno o
becco piccolo per semi più piccoli o becco grande per semi più grandi. Fringuelli con
becchi intermedi faticano con entrambi i semi → fitness inferiore) si formano due
sottopopolazioni, Si forma la curva con due picchi o mode.
FITNESS DARWINIANA
• detta anche relativa, è il contributo di un individuo (genotipo) al pool genico della generazione
successiva rispetto a quello degli altri individui (genotipi alternativi dello stesso locus) è la misura
dell’efficienza riproduttiva → adattamento genotipo all’ambiente in cui si trova.
• Esso ha dei vincoli:
▪ Agisce solo su variabilità preesistente, non demolisce strutture iniziali ma le rimaneggia
▪ Compromesso tra esigenze contrastanti degli organismi (trade-offs)
▪ Evoluzione non tutta adattativa: importanza del caso (equilibri punteggiati), contingenza
storica (rapporto causa-effetto) e interazione selezione-ambiente.
• Variazione entro-popolazione: i caratteri che variano all’interno di una popolazione possono essere
caratteri discreti (controllati da un singolo locus genico con alleli diversi → fenotipi distinti) o
caratteri quantitativi (variano in maniera graduale all’interno di una popolazione ed è determinata
dall’influenza di due o più geni su un solo carattere fenotipico).
• Come si misura variabilità genetica: variabilità genica → a livello dell’intero genoma può essere
quantificata come eterozigosi media, cioè come la percentuale media di loci che sono eterozigoti
=polimorfica (es. Drosophila melanogaster) possiede circa 13.700 geni nel proprio genoma e dato
che mediamente è eterozigote, per circa 1900 dei suoi loci è eterozigote ed omozigote per i rimanenti
→ presenta un’eterozigosi media del 14%
• Il genoma è costituito da circa 180 milioni di nucleotidi e in una data popolazione, la diversità
nucleotidica è pari all’1%, → due moscerini differiscono in media per 1,8 milioni di nucleotidi nel
loro DNA.
→ Nell’uomo tale diversità è pari allo 0,01% di variabilità nucleotidica → a livello del DNA
• La variazione di popolazioni dipende dal tempo ma anche dalla posizione geografica
• Polimorfismo bilanciato: selezione che mantiene frequenze stabili di due o più forme fenotipiche
nella popolazione.
→ Due esempi:
1. Vantaggio eterozigote: Quando gli individui eterozigoti presentano una fitness maggiore e
viene definito in termini di genotipo e non di fenotipo.
→ L’allele per l’anemia falciforme diffuso in Africa, gli individui omozigoti sono affetti dal
disturbo, mentre gli individui eterozigoti no.
2. Selezione frequenza-dipendente: il successo di ogni morfologia diminuisce se diventa troppo
comune nella popolazione → mentre sono avvantaggiati quelli rari.
ELETTROFORESI SU GEL
• tecnica molecolare attraverso la quale è possibile separare regioni di DNA o proteine variabili.
• Si fanno correre campioni (DNA o proteine) in una sostanza che reagisce al campo elettrico. I
campioni vengono messi in pozzetti di gel (dentro campo elettrico, immerso in un liquido). Il campo
elettrico viene attivato e i campioni migrano verso il polo positivo. Il gel agisce da “setaccio”
filtrando le sostanze più pesanti (si separano le regioni con es. numero di basi differenti o comunque
sostanze diverse).
• Usare l’elettroforesi per le proteine dà risultati differenti rispetto ai risultati dell’elettroforesi del
DNA perché sulle proteine si vede il prodotto dei geni (influenzato su fattori ambientali, derivato da
RNA maturo).
→ Grazie all’elettroforesi si ottiene una fonte enorme di informazioni.
SPECIE E SPECIAZIONE
• Concetto di SPECIE ancora oggetto di un dibattito, vari modi per definirlo → punto di vista
morfologico (tratti caratteristici, fenotipo), genetico (genoma), filogenetico (ramo albero
filogenetico), ecologico (nicchia ecologica).
• La specie biologica è la specie rappresentata da un gruppo di popolazioni i cui membri sono
potenzialmente in grado di riprodursi fra loro.
• Concetto biologico di specie basato su isolamento riproduttivo: insieme di popolazioni i cui membri
possono incrociarsi tra loro producendo progenie fertile → costituisce un pool genico chiuso (si ha
flusso genico solo al suo interno) che non può mescolarsi con altre popolazioni.
→ Non è applicabile a organismi che si riproducono per via asessuata (procarioti).
• Meccanismi di isolamento riproduttivo: fattori biologici → barriere che chiudono pool genico e
impediscono produzione prole fertile. Sono di due tipi:
1) Isolamento prezigotico: impedisce la fecondazione (unione gameti)
→ Pre-accoppiamento: isolamento temporale (periodo di accoppiamento diverso per
entrambi), di habitat, comportamentale (gli individui non si riconoscono come potenziali
partner).
→ Accoppiamento: isolamento meccanico (organi sessuali non compatibili), gametico
(gameti non si uniscono).
2) Isolamento postzigotico: riduce vitalità e fertilità ibridi → mortalità ibrido, sterilità ibrido (es
mulo), ridotta vitalità prole dell’ibrido.
→ Non è possibile stabilire un tipo di isolamento delle specie fossili.
SPECIAZIONE
• È un processo in cui una specie si trasforma in due o più specie, oppure è la trasformazione di una
specie in un’altra.
• È responsabile della straordinaria biodiversità e del collegamento fra microevoluzione e
macroevoluzione (visibile attraverso fossili).
• Concetto sviluppato da Mayr → evoluzione in chiave moderna (ultradarwinismo).
• Due meccanismi principali: allopatrica e simpatrica.
1) Speciazione ALLOPATRICA: speciazione in popolazioni con aree di distribuzione separate,
flusso genico ostacolato da barriere geografiche, il motore è il cambiamento ambientale.
→ Popolazioni separate subiranno poi selezione naturale e deriva genetica.
▪ Grand Canyon: due specie di scoiattoli antilope (di Harris e dalla coda bianca) da una
parte e dall’altra della gola.
▪ Specie anello, es salamandra California: alcuni individui della specie ancestrale
emigrano verso sud, divergendo in due popolazioni, una adatta alla costa, l’altra
all’entroterra quindi il flusso genico è ostacolato dalla pianura centrale. Più a sud esse
tornano ad occupare lo stesso territorio (si chiude l’anello) ma non si verificano più
incroci tra loro → formate due specie differenti.
▪ Radiazione adattativa arcipelago (es Galapagos, fringuelli): specie ancestrale
colonizza prima isola, passando poi alle altre (combinazione isolamento-eventi
occasionali), dando origine a gamma di specie adattate ad ogni isola → hot spot
biodiversità.
▪ Peripatrici: barriera geografica in un unico areale geografico crea zone ben distinte: si
verifica isolamento di una specie (es. gemma un nucleo di colonizzatori).
▪ 2. Parapatrici: barriera geografica adiacente, la specie si differenzia, ma convive nello
stesso areale.
→ Può accadere che la barriera venga rimossa, può accadere che le due specie si
rifondino, si sovrappongano: zona di potenziale formazione di ibridi quando si
verifica contatto tra le specie. Se invece le barriere geografiche sono forti può darsi
che le nuove specie e le specie parentali non si fondino più.
2) Speciazione SIMPATRICA: popolazioni non isolate geograficamente, flusso genico
interrotto da fattori biologici, come alterazioni cromosomiche e accoppiamento non casuale.
→ Spesso gli errori nella meiosi portano alla formazione di un individuo con numero
cromosomi aggiuntivo rispetto al numero diploide 2n
→ poliploidia, di due tipi:
I. Autopoliploidia: due individui della stessa specie producono gameti diploidi 2n anziché aploidi n,
per difetto della meiosi (non-disgiunzione, mancata divisione cromosomica).
→ Se essi sono fusi assieme (fecondazione) si forma un ibrido tetraploide 4n, in grado di riprodursi
per autofecondazione oppure con altri individui 4n (forma linee a sé).
→ Se gamete 2n si fonde con uno normale n si forma ibrido triploide 3n sterile (no appaiamento
cromosomi).
II. Allopoliploidia: due individui di specie diverse con diverso assetto cromosomico (es 2n = 4 e 2n = 6)
formano un ibrido sterile (con 5 cromosomi non omologhi). Se per errore nell’ibrido si ha il
raddoppio di cromosomi esso diventa fertile (nuovo assetto 2n = 10) e andrà a costituire una nuova
specie.
• Altre cause della speciazione simpatica possono essere:
1) CAMBIAMENTO HABITAT: nel caso in cui i fattori genetici inducano una popolazione a
utilizzare habitat e risorse diverse.
▪ Caso del moscerino delle mele → in origine il suo habitat erano gli arbusti di
biancospino, ma alcune popolazioni colonizzarono gli alberi di mele portati dagli
Europei in America e la selezione naturale ha fatto il suo corso anche se alcuni vivono
ancora sui biancospini
2) SELEZIONE SESSUALE : trae origine da processi di selezione sessuale → pesci ciclidi del
Lago Vittoria → sottogruppi delle popolazioni originali che arrivarono da piccoli fiumi che si
sono specializzati in utilizzo risorse trofiche (alimentari) del lago → femmine scelgono
maschi in base all’aspetto, due specie strettamente imparentate con dorso rosso e dorso blu
3) ZONE IBRIDE: formate se due popolazioni allopatriche (aree separate) tornano in contatto
tra loro.
→ Gli ibridi sono più svantaggiati: hanno elevato tasso di mortalità, anomalie morfologiche,
sterilità.
→ Possono verificarsi 3 condizioni:
▪ Rinforzo: ibridi hanno fitness inferiore dei genitori, rinforzo barriere prezigotiche
aumentano popolazione parentali e non si producono più ibridi → due specie distinte.
▪ Fusione: stessa fitness genitori, differenze tra popolazioni diminuiscono → una sola
specie.
▪ Stabilità: fitness maggiore, zona ibrida stabile → formazione terza specie.
Da speciazione a MACROEVOLUZIONE: tempi più ampi rispetto microevoluzione.
• Proposti due modelli:
1) Gradualismo filetico (sostenuto da Darwin): partendo da una specie si ha una lenta e
costante evoluzione che porta alla formazione di due specie distinte.
→ Teoria non confermata dall’analisi dei fossili, non sono stati trovati quasi mai anelli
di congiunzione = Modello detto anagenesi.
2) Equilibrio punteggiato: fossili testimoniano lunghi periodi privi di cambiamenti
sostanziali, alternati da improvvisi e brevi periodi di speciazione (si fonda su
speciazione allopatrica e cambiamenti ambientali).
→ Specie comparse presentano notevoli differenze da quella originaria, che spesso va
incontro all’estinzione = Modello detto cladogenesi (forma ad albero).
• Approccio EVO-DEVO (biologia evolutiva dello sviluppo): analisi in chiave evolutiva = struttura e
funzione dei geni dello sviluppo → rapporto tra ontogenesi (sviluppo dell’individuo) e filogenesi
(storia della specie).
• Eterocromia: cambiamenti evolutivi della velocità e cadenza temporale dello sviluppo. Durante lo
sviluppo il pattern e le velocità sono diversi, per avere due specie lo sviluppo si calibra diversamente.
Se lo sviluppo si rimaneggia velocemente si può spiegare che cambino le specie e le popolazioni in
maniera saltuaria? L’eterocromia mi può anche spiegare pattern diversi.
• Pedomorfosi: sviluppo sessuale accelerato rispetto a quello somatico. Gli adulti di alcune specie
conservano delle caratteristiche che, nei loro antenati, erano proprie dei cuccioli. Ocelot, simbolo di
eterno fanciullo, eterna giovinezza.
• Cambiamenti evolutivi causati anche da alterazione di geni che regolano la posizione e
l’organizzazione spaziale delle varie parti del corpo, detti geni omeotici (es: posizioni ali-zampe
insetti, numero vertebre serpente).
FATTORI DI SVILUPPO
• I geni regolatori attivati in modo sequenziale (interruttori) durante sviluppo embrionale.
→ Ordine attivazione geni:
1) Asse antero-posteriore: determinato in base a gradiente morfogenetico tramite la
proteina bicoide (proteina che influenza il progetto morfologico dell’individuo), mRNA
che la codifica è presente in maggior quantità ad un’estremità dell’embrione, che
diventerà quella anteriore.
2) Segmentazione (determinazione segmenti corporei): attivati in sequenza 3 tipi di geni,
geni gap, geni del pari (pair-rule), geni della polarità (segment polarity).
3) GENI OMEOTICI (Hox): stabiliscono quale parte corporea avrà origine da ogni
segmento (es antenne, zampe, ali), le mutazioni portano al mal posizionamento di tali
appendici (zampe al posto di antenne).
→ Particolare sequenza di 180 nucleotidi detta homeobox, presente in molti organismi
codifica per 60 amminoacidi → omeodominio. Essa conserva anche la stessa posizione
in organismi filogenicamente distanti (es moscerino-topo) → ruolo chiave evoluzione,
sequenza comparsa molto precocemente e rimasta pressoché immutata.
→ Evoluzione: espressione selettiva dei geni regolatori, uno stesso gene Hox ha effetti
diversi in specie diverse.
Macroevoluzione e storia della Terra
• La deriva dei continenti influisce sulla speciazione allopatica, varie prove su esistenza Pangea, tra cui
testimonianze fossili.
• Estinzioni di massa: 5 nel corso della storia (in atto una sesta per intervento dell’uomo), nonostante
ciò si ha continua crescita di biodiversità (numero specie tassonomiche) → sottostima biodiversità
attuale, ancora di più del passato (rinvenuti fossili di specie esistite per lungo tempo).
• Prime forme di vita 2 miliardi di anni fa con “rivoluzione dell’ossigeno”, prima vera esplosione
biodiversità nel Cambriano (600 Ma) con diffusione vegetali marini.
• Esempio speciazione esplosiva (tempi relativamente rapidi): ciclidi dei laghi africani (Vittoria,
Tanganika, Malawi).
→ Ciclidi: piccoli pesci erbivori e carnivori, 5% vertebrati, modello per lo studio dell’evoluzione, nei
laghi 1000 specie totali.
• Rift Valley: zona divergenza di due placche dove si presume sia comparso l’uomo.
• Lago Tanganika più antico (10 Ma), lago Vittoria più giovane (12mila anni) e con maggiore
diversità.
→ Speciazione allopatrica (Malawi): diversi microhabitat, apparati boccali differenti a seconda
dell’alimentazione (pesci, plancton, molluschi, larve, alghe).
→ Speciazione simpatrica, selezione sessuale: segnali legati a corteggiamento, riproduzione in specie
filogenicamente vicine, come colorazione del maschio.
• Introduzione perca del Nilo (Vittoria): predatore, distrugge ecosistema, inquinamento biologico.
• Crisi salinità del Mediterraneo: chiusura temporanea dello stretto di Gibilterra a causa del blocco del
flusso con l’Atlantico → il Mediterraneo inizia a prosciugarsi lasciando diverse pozze non collegate,
ognuna con differente salinità → speciazione allopatrica (gobidi mediterranei).
Riproduzione e sviluppo
STRATEGIE RIPRODUTTIVE
• Riproduzione sessuata: fusione di gameti aploidi che danno origine ad uno zigote aploide che poi
diventerà animale.
→ Questa riproduzione è efficace nel caso di un rapido cambiamento ambientale e condizioni
sfavorevoli
• Riproduzione asessuata: formazione di nuovi individui senza unione tra cellule uovo e spermatozoi.
→ Gli organismi asessuati possono riprodursi per scissione binaria = divisione del genitore in 2
individui identici oppure per gemmazione = i nuovi individui prendono origine da estroflessioni che
si estendono dal genitore
• Partenogenesi: sviluppo cellula uovo senza fecondazione (fusione con spermatozoo) → solo gli
individui femmine conservano il genoma dei genitori, non c’è variabilità genetica. Durante
l’accoppiamento si ha alternanza ruolo maschile-femminile (es lucertole) in base a livello estrogeni e
ormoni.
• Ermafroditismo: capacità di comportarsi sia da maschio che da femmina.
→Due tipi:
1) Simultaneo: individuo presenta contemporaneamente gonade maschile e femminile.
2) Sequenziale: inversione sessuale, cambiamento di sesso durante ciclo vitale (comporta
variazioni fenotipo, elevata plasticità).
• Proteroginico: individui nascono femmine per poi diventare maschi una volta raggiunta una
determinata grandezza (labride caraibico) → forte competizione tra maschi.
• Proteroandrico: nascono maschi per poi diventare femmine (orata) → fecondità.
• Fecondazione esterna: necessita quasi sempre di un habitat umido per non far disidratare i gameti.
• Gli Invertebrati rilasciano uova e spermatozoi nell’ambiente → fecondazione senza contatto fisico
tra i genitori. In alcuni casi un individuo effettua dei segnali che inducono altri individui a rilasciare
gli spermatozoi o in altri casi sono le condizioni ambientali a farlo (temperatura, ora del giorno,
luna…).
→ Quando non avviene in modo sincrono, i singoli individui hanno un metodo di “corteggiamento”
che consente selezione del partner e aumenta la probabilità di successo della fecondazione
• Fecondazione interna: consente agli spermatozoi di raggiungere la cellula uovo anche in condizioni
ambientali sfavorevoli.
→ Richiede un comportamento cooperativo da parte dei due individui e prevede la presenza di
organi riproduttivi complessi e compatibili per emissione di spermatozoi → possono utilizzare
FEROMONI = sostanze chimiche in grado di influenzare la fisiologia e il comportamento di altri
individui della stessa specie e incrementano l’attrazione sessuale.
• Cure parentali: fondamentali per la fitness della prole, semplici o complesse (uccelli/mammiferi).
→ Sono assenti nella riproduzione asessuata e molto presenti in quella sessuata.
→ Es cure parentali: coleottero acquatico = dopo la fecondazione la femmina deposita le uova sul
dorso del maschio, che le trasporta per giorni agitando l’acqua circostante per ossigenarle e
allontanare i parassiti.
• Nel caso di uccelli e rettili → le uova sono provviste di guscio calcareo con membrane.
• Nel caso di marsupiali → l’embrione rimane all’interno per un breve periodo e completa lo sviluppo
nella tasca marsupiale nutrendosi dalle ghiandole.
• Nel caso dei mammiferi placentati → l’embrione sta fino alla fine del suo sviluppo nella placenta
dove viene nutrito dal sangue materno
SELEZIONE SESSUALE
• Gli individui con determinate caratteristiche hanno maggiore probabilità di accoppiarsi rispetto ad
altri.
• La selezione sessuale può giustificare il dimorfismo sessuale: marcate differenze nei caratteri sessuali
secondari tra individui della stessa specie ma di sesso diverso
• Differenza dei gameti:
o Maschi: basso investimento parentale, alto tasso riproduttivo potenziale (produzione
continua spermatozoi), alti livelli attività sessuale.
o Femmine: alto investimento parentale, basso tasso riproduttivo potenziale (produzione
ciclica e limitata), bassi livelli attività sessuale.
• Questo implica un rapporto tra sessi sbilanciato: maschio → competizione per il partner,
femmina→selezione partner, più maschi che femmine. Quindi si parla di:
1) Competizione intrasessuale (stesso sesso): i maschi competono tra loro per assicurarsi
l’accoppiamento con la femmina → sviluppo tratti fenotipici “armaments” (es.corna
cervo).
2) Selezione intersessuale (sesso diverso): le femmine scelgono maschi con tratti
appariscenti → “ornaments” (es.coda pavone).
• Dubbio se questi tratti siano ostacolo all’evoluzione: poco funzionali (difficoltà volo pavone), rischio
loop sviluppo di determinati organi, tuttavia poi entra in gioco sopravvivenza.
FASI SVILUPPO ANIMALE: fecondazione, segmentazione, gastrulazione, organogenesi.
1) FECONDAZIONE
• Unione tra spermatozoo (gamete maschile aploide) e cellula uovo (gamete femminile aploide) a
formare lo zigote (diploide). Può essere:
1) Esterna: la femmina libera uova nell’ambiente (habitat umido-acquatico), il maschio
provvede a fecondarle.
→ Es rana (anfibi): in ambiente acquatico, la femmina libera l’ammasso di uova sotto il
peso del maschio, che a sua volta libera spermatozoi.
2) Interna: gli spermatozoi sono depositati all’interno o vicino alle gonadi femminili
(produzione gameti), in cui avviene fecondazione.
• Reazione acrosomiale: indotta da un contatto tra la testa dello spermatozoo e la cellula uovo, grazie a
particolari recettori.
• Acrosoma: vescicola posta all’apice spermatozoo che:
1) rilascia enzimi idrolitici che digeriscono il rivestimento dell’uovo e permettono la
penetrazione → che darà il via al processo acrosomiale (allungamento proteico) nel
rivestimento gelatinoso uovo (esterno).
2) Quando l’acrosoma raggiunge lo strato vitellino (interno) si ha la fusione delle membrane
plasmatiche → meccanismo di “chiave-serratura” che assicura che le uova siano fecondate
da spermatozoi della stessa specie (molto importante all’esterno).
3) Ingresso nel nucleo spermatico e blocco rapido della polispermia che andrà ad aprire i
canali ionici facendo entrare gli ioni Sodio, modificando il potenziale di membrana (che
andrà a fondersi con quello della cellula uovo formando il nucleo diploide dello zigote) →
porta al cambiamento della polarità dell’uovo ma soprattutto impedisce l’ingresso ad altri
spermatozoi → basato su differenza di concentrazione.
4) Pochi secondi dopo che è avvenuto il legame spermatozoo-uovo delle vescicole, dette
granuli corticali (in prossimità della membrana) si fondono con la membrana plasmatica,
dando inizio alla reazione corticale, rilasciando sostanze nello spazio previtellino (tra sacco
vitellino e membrana);
5) si crea la membrana di fecondazione (membrana protettiva), e un enzima specifico opera la
degradazione delle proteine di membrana → c’è il blocco lento della polispermia (di
maggior durata. Tale reazione è causata dal passaggio onda-diffusione ioni calcio nel
citosol (visibile a microscopio), che determina l’attivazione della cellula uovo.
• Mammiferi: l’uovo e circondato da matrice extracellulare e cellule follicolari che vengono espulse
insieme all’oocita
2) SEGMENTAZIONE
• Le cellule attraversano la fase S ed M del ciclo cellulare, no fasi G1 e G2 → l’embrione non si
accresce, resta circondato da membrana di fecondazione.
→ avviene una serie di divisioni, ripartizione del citoplasma in numerose cellule di dimensioni
minori chiamate blastomeri.
• Prime 5-7 divisioni: viene raggiunto lo stadio di blastula (stadio precedente: morula), strato
rotondeggiante con cavità detta blastocele.
• Le uova presentano polarità definita durante il loro sviluppo (ovogenesi), in base a distribuzione
disomogenea le sostanze nel citoplasma che comprendono il vitello (tuorlo) → deposito nutrienti.
• Il vitello si accumula spesso ad un polo definito polo vegetativo → la sua concentrazione poi
diminuisce e si sposterà verso il polo animale.
• L’asse animale-vegetativo determina l’asse antero-posteriore (testa-coda) è lecito ipotizzare che esso
si sia formato nell’uovo.
Processi diversi a seconda di complessità organismo:
a. Riccio di mare (semplice): blastomeri della stessa dimensione, segmentazione procede allo stesso
modo in tutto l’embrione. Blastula: singolo strato cellule ciliate circonda blastocele.
b. Anfibio: 3 assi corporei (antero-posteriore, dorso-ventrale, destra-sinistra) stabiliti prima della
segmentazione. Membrana e cortex sottostante ruotano in un movimento chiamato rotazione
corticale. Il tuorlo si accumula nell’emisfero vegetativo → futuro lato posteriore, in esso la
segmentazione sarà più frequente; altro emisfero detto animale (cortex grigio = non pigmentato),
anteriore, in esso si formerà blastocele
→ In seguito, alcune molecole della cortex vegetativa non pigmentata stabiliscono interazioni con il
citoplasma, che attivano delle proteine della cortex → inducono la formazione dei determinanti
citoplasmatici → questa rotazione lascia esposta regione detta semiluna grigia, futuro lato dorsale
embrione.
• 1° segmentazione: divisione a semiluna grigia in due parti uguali, origine futuri lati destro e sinistro.
• 3° segmentazione è equatoriale (stadio a 8 cellule): divisione asimmetrica, i 4 blastomeri emisfero
animale sono più piccoli dei 4 dell’emisfero vegetativo.
3) GASTRULAZIONE
• La velocità delle divisioni cellulari è ridotta, la gastrulazione implica una ridistribuzione delle cellule
della blastula in base ai tessuti e agli organi che formeranno l’embrione detto gastrula.
• Le cellule superficiali migrano verso l’interno formando 3 strati, detti foglietti germinativi (origine di
tutti tessuti adulti):
1. Ectoderma: strato più esterno
2. Endoderma: riveste canale digerente embrione
3. Mesoderma: riempie spazio tra ectoderma ed endoderma
1) Riccio di mare:
• forma embrione con canale alimentare primitivo e 3 foglietti germinativi, inizio da polo
vegetativo → Cellule mesenchimali (mesodermiche) → danno origine a molti tipi di tessuti,
migrano dal polo vegetativo verso l’interno blastocele;
• la piastra vegetativa (cellule esterne polo vegetativo appiattite) va incontro a invaginazione e
viene trasformata in un profondo canale detto archenteron (che diventerà l’ano), la cui
apertura è detta blastoporo;
• l’archenteron raggiunge la parete interna dell’enctoderma e si fonde con essa formando il
canale digerente completo = una seconda apertura (bocca)
2) Anfibio:
• più complessa → invaginazione di un gruppo di cellule dalla zona a semiluna grigia (lato
dorsale blastula) che forma una piega detta blastoporo, la porzione superiore viene detta
labbro dorsale;
• cellule esterne (→ endoderma e mesoderma) lo oltrepassano portandosi all’interno
(involuzione), mentre le cellule del polo animale si distribuiscono sulla superficie esterna (→
ectoderma);
• il blastoporo si accresce, le sue estremità si incontrano sul versante opposto e si forma
l’anello che inizia a stringersi verso il basso;
• prosegue l’involuzione verso l’interno con la formazione dell’archenteron e la riduzione del
blastocele;
• infine l’archenteron sostituisce il blastocele e i foglietti germinativi assumono una posizione
definitiva, il blastoporo circonda gruppo di cellule del tuorlo, detto tappo vitellino.
4) ORGANOGENESI
• Evoluzione dei foglietti germinativi in organi rudimentali (ripiegamenti, addensamenti
cellulari), implica la variazione della forma a carico di singole cellule.
• Durante le fasi successive dello sviluppo saranno perfezionati tutti gli altri organi.
• Gli embrioni dei cordati si formano:
1) Notocorda: abbozzo scheletrico che caratterizza i cordati, originata da condensazione
delle cellule mesoderma sopra l’archenteron. Sopra di essa le cellule ectoderma si
ispessiscono formando la placca neurale. Successivi cambiamenti di forma cellulare
inducono un processo di invaginazione da cui si forma il tubo neurale: formato da
invaginazione e distacco della placca neurale da strato esterno ectoderma → futuro
sistema nervoso centrale costituito dall’encefalo e dal midollo che decorre lungo l’asse
antero-posteriore.
• Negli embrioni dei vertebrati c’è un gruppo di cellule che si sviluppa tra tubo neurale ed ectoderma
detto cresta neurale.
→ Le cellule della cresta neurale migrano in diverse zone dell’embrione originando i nervi periferici,
alcune parti dei denti, cranio e altre tipologie cellulari (considerato il 4° foglietto germinativo).
• Somiti: addensamenti cellulari del mesoderma disposti lateralmente alla notocorda per tutta sua
lunghezza → Alcune loro parti si staccano sotto forma di cellule mesenchimali, migrando in nuovi
siti e andando a formare vertebre (intorno alla notocorda) e muscolatura.
→ Lateralmente rispetto ai somiti, il mesoderma si separa in 2 strati che formeranno il celoma=cavità
corporea contenente organi vitali (non tutti organismi).
• Nel corso dell’organogenesi, della morfogenesi e del differenziamento cellulare si continuano a
perfezionare gli organi che derivano dai 3 foglietti germinativi embrionali.
• Lo sviluppo embrionale della rana conduce ad uno stadio larvale (girino) che si libera dall’involucro
gelatinoso disposto inizialmente intorno all’uovo.
ADATTAMENTI VERTEBRATI
• L’ embrione necessita un ambiente acquoso per svilupparsi.
a. Pesci e anfibi: uova deposte in acqua, non serve rivestimento per trattenerle.
b. Rettili, uccelli, mammiferi (passaggio alle terre emerse): sviluppo di strutture di protezione
(guscio, utero), l’embrione è immerso in un liquido che è all’interno di una struttura sacculare
delimitata da membrana detta amnios → tali organismi sono detti amnioti.
→ In essi solo una piccola parte di foglietti forma l’embrione, le parti più esterne formano
annessi extraembrionali:
1. Amnios: delimita il sacco amniotico che contiene il liquido amniotico e l’embrione è
protetto dalla disidratazione.
2. Corion: circonda l’embrione e altri annessi si occupa degli scambi gassosi.
3. Sacco vitellino: posto sotto l’embrione, contiene il vitello, è fonte di nutrimento (il
suo volume diminuisce durante la crescita dell’embrione).
4. Allantoide: elimina i prodotti di scarto e si occupa degli scambi gassosi.
Sistematica
• Studio diversità viventi, due metodi:
1. Tassonomia: riconosce, identifica, descrive gli organismi basandosi su differenze tra essi,
aspetto pratico della classificazione → unità tassonomica: taxon (plurale taxa), gruppo
organismi particolari.
2. Sistematica: analizza le somiglianze tra organismi tracciando relazioni di parentela
→organismi sistemati in un albero genealogico, raggruppati in base a rapporti filogenetici.
• Classificazione: ordinamento degli organismi in base ad elementi in comune.
• Processo: descrizione, relazioni filogenetiche, raggruppamenti.
• Prodotto: schema classificatorio.
• Adottato schema astratto di categorie, specie unica vera entità.
• Nomenclatura: linguaggio universale della classificazione, specie denominata con nomenclatura
binomiale (Linneo): Genere, specie.
→ Denominazione completata da nome autore e anno descrizione. +
• Tipi di caratteri in base a modifiche subite lungo linee evolutive (NB omologhi, non analoghi):
1. Ancestrali - Plesiomorfi: ereditati da antenati comuni, conservati nel tempo con poche-nulle
modificazioni (conservativi), presenti in quasi tutti organismi della stessa linea evolutiva →
colonna vertebrale per vertebrati.
2. Derivati - Apomorfi: evoluti in tempi più recenti con notevoli cambiamenti (adattativi),
presenti solo in alcune specie della stessa linea evolutiva → incisivi a crescita continua per
roditori (non per mammiferi).
• Approcci sistematica:
1) Fenetica: considera un numero di caratteri in comune (similarità), no riferimento a filogenesi.
2) Evolutiva: evoluzione sequenziale, anagenesi; specie ancestrale si estingue e viene sostituita da
specie discendente (A → B, es genere Homo).
3) Cladistica: evoluzione divergente, cladogenesi → formazione nuove specie a partire da un antenato
comune, aumento del numero di specie (A → A o B, A → B o C).
CLADISTICA
• detta sistematica filogenetica, metodo per costruire alberi filogenetici (cladogrammi) introdotto da
Henning.
• Basata su 4 assunti:
a. speciazione allopatrica;
b. caratteri omologhi;
c. evoluzione parallela di determinati caratteri è rara;
d. caratteri derivati/apomorfi non originano caratteri primitivi/plesiomorfi (l’evoluzione non
torna indietro).
• Modalità svolgimento: taxa da analizzare devono essere ben noti
→ è necessario stabilire una corretta serie trasformazionale di ogni carattere (come si è evoluto, dal
più primitivo ai derivati);
→ i tratti condivisi solo da alcuni membri del taxa sono considerati comparsi successivamente,
vengono adoperati per definire relazioni interne taxa;
→ relazioni tra taxa proporzionali a quantità di tratti condivisi.
• Principio di parsimonia: tra possibili ipotesi filogenetiche è più opportuno scegliere la più semplice,
che comporta quindi minor numero di cambiamenti evolutivi.
→l’Albero identificato non fornisce verità assoluta ma riduce congetture, togliendo tutto ciò che non
è non necessario.
• Soddisfano il criterio cladistico solo i taxa monofiletici (detti cladi): costituiti da un antenato comune
e tutti i suoi discendenti.
• Taxa parafiletici = costituiti da un antenato e alcuni discendenti
• Taxa polifiletici = le cui specie non comprendono antenato comune → non soddisfano tale criterio.
• Costruzione cladogramma: metodo dell’outgroup → Identificare due gruppi di taxa: ingroup
=gruppo organismi sotto studio, taxa con n caratteri;
→ outgroup = gruppo di riferimento, il cui ruolo è stabilire quali caratteri sono apomorifici e quali
plesiomorfici.
• La cladistica lavora meglio con due o più taxa nell’outgroup → esempio: mammiferi nell’ingroup,
tartaruga nell’outgroup; il nodo in cui si stacca la tartaruga corrisponde a un carattere primitivo, pelo;
stesso procedimento per sottogruppi, cavallo, lupo, leopardo, gatto domestico.
• Lista stati caratteri: descrive i caratteri e i propri stati, es scheletro interno assente (0) o presente (1)
→ matrice caratteri: abbinare ad ogni taxa codici corrispondenti a stati caratteri.
→ Per creare un albero più probabile si utilizzano particolari software basati sul principio di
parsimonia, es PAUP.
• Riassunto, passaggi analisi cladistica:
1) Scegliere gruppo taxa che si vuole analizzare (ingroup) e appropriato outgroup;
2) Determinare possibili caratteri e stati caratteri da usare;
3) Compilare matrice caratteri per ogni taxon;
4) Inserire matrice in un programma di parsimonia;
5) Interpretare risultati;
Comportamento
• Comportamento animale: è la somma delle risposte a stimoli esterni ed interni.
• Etologia: studio naturalistico del comportamento degli animali nel loro habitat → per comprendere i
meccanismi che attuano/modificano il comportamento, in che modo esso favorisce la sopravvivenza
e la riproduzione ed infine la sua storia evolutiva.
• Padri fondatori: Lorenz, Von Frisch, Tinbergen → istinto e comportamento specie-specifico.
• Approccio etologico: comparativo, applicato al comportamento di diverse specie, osservate in libertà
o semilibertà → etogramma = repertorio comportamentale delle specie.
• Il comportamento può essere:
1. Innato: specie-specifico, spontaneo (istintivo), fisso durante lo sviluppo, stabilito da
programma genetico.
2. Appreso: condizionato da stimoli ambientali e influenzato da esperienze specifiche, plasticità,
variabilità nello sviluppo.
• Imprinting: tipologia di comportamento in stretta relazione tra apprendimento conservativo e
componente innata.
→ Partendo da una base istintiva, durante la fase dello sviluppo detta periodo critico → il giovane
individuo apprende dai genitori il comportamento della propria specie; inoltre, genitori imparano a
riconoscere la propria prole → si crea un legame.
• Il mondo esterno fornisce stimolo per l’imprinting.
→ Esperimenti su uccelli acquatici non mostrano il riconoscimento innato dei piccoli verso la madre,
ma verso il primo oggetto che incontrano (Lorenz e piccoli di oca selvatica → seguono Lorentz
nonostante non sia la loro madre biologica).
→ Es apprendimento del canto del fringuello: periodo critico, 90 giorni dopo la schiusa →
allenamento → canto normale. Generalmente il canto degli uccelli (registrato in spettrogrammi) non
subisce cambiamenti dopo il periodo critico (si cristallizza); in alcuni casi l’apprendimento avviene a
tempo indeterminato → canarino: ogni anno (dopo la stagione riproduttiva) attraversa la fase plastica
e apprende nuove sillabe.
• Modulo fisso di attività: serie di movimenti stereotipati caratteristici di una specie (più o meno
complessi).
→ Sono indotti da segnali esterni detti stimoli chiave (fin da prima occasione in cui si manifestano),
ma la loro sequenza spazio-temporale è indipendente da essi.
• Esempi:
1. Oca selvatica: quando l’oca vede l’uovo fuori dal nido (stimolo) allunga il collo e col becco fa
rotolare l’uovo verso il nido (modulo fisso). Stessa sequenza con altri oggetti rotondeggianti
lisci.
2. Spinarello: i maschi, dotati di colorazione ventrale rossa, mostrano un comportamento
aggressivo (modulo fisso) sia verso altri maschi (stessa specie) che verso qualsiasi altro pesce
(anche specie diverse) colorato di rosso nella parte inferiore (stimolo).
• Moduli fissi possono essere comparati per comprendere relazioni parentela specie (filogenesi).
• Motivazione: insieme di processi interni o esterni che innescano una variazione del comportamento
→ varie fasi, cambiamento fisiologico mediato da livelli ormonali: preriproduttiva, corteggiamento,
costruzione nido, incubazione, cure parentali.
• Interazione stimolo-motivazione, es guppy: il tipo di corteggiamento dipende sia da dimensioni dell
femmina che dalla motivazione del maschio → intensità colorazione.
• Segnale: stimolo di un animale che guida il comportamento dell’altro → trasmissione e ricezione di
segnali costituiscono la comunicazione animale.
• Ritualizzazione (evoluzione segnali): processo evolutivo attraverso cui il modulo comportamentale
preesistente si modifica acquisendo efficacia come segnale.
→ Spesso l’evoluzione nel comportamento accompagna lo sviluppo di strutture corporee
appariscenti.
• I Canali utilizzati per la comunicazione in vari ambiti (corteggiamento, lotta, difesa, scambio
informazioni, riconoscimento), sono in dipendenza da habitat e stile di vita:
1. Visivo: movimenti del corpo, posizioni, colorazioni e organi appariscenti (pavone, cervo).
2. Uditivo: es canto uccelli, sfregamento ali o altre parti insetti, uso corde vocali mammiferi.
3. Tattile: contatto, es rapporto madre-figli mammiferi, formiche.
4. Elettrico: pesci elettrofori (anguilla elettrica).
5. Chimico: emissione particolari sostanze chimiche → feromoni: corteggiamento (Drosophila),
mantenimento ordine sociale (api), segnali di pericolo (ciprinidi), spesso raggiunte notevoli
distanze.
• Danza delle api: segnale informativo, le api condividono informazioni sulla posizione delle fonti
alimentari attraverso movimenti circolari e agitazione corpo.
• Apprendimento associativo: capacità di associare una caratteristica ambientale o esperienza con
un’altra.
• Condizionamento classico: se lo stimolo incondizionato (es: cibo) ne segue regolarmente uno
condizionato (suono), quest’ultimo potrà provocare anche da solo la risposta (salivazione) associata
all’altro, che diventa quindi condizionato. Primi studi svolti da Pavlov sui cani.
• Condizionamento operante: tentativi ed errori, l’animale associa un suo comportamento con la
conseguenza di esso (ricompensa o punizione), modificandolo in maniera adeguata (tende a ripeterlo
o evitarlo). Primi studi di Skinner sui ratti
→ Behaviourismo: concezione secondo cui la psicologia deve studiare il comportamento,
direttamente osservabile e passibile di studio scientifico valido (non processi psichici es coscienza,
esperienze individuali).
Apprendimento sociale: interazione tra due individui, uno (dimostratore) possiede l’informazione,
l’altro (osservatore) la riceve.

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