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Biodiversità: l’inventario o l’insieme ideale delle specie viventi che popolano una zona delimitata,
estesa da un semplice giardino fino all’intera biosfera; rappresentare la biodiversità completa di un
ecosistema è virtualmente impossibile, in quanto nessuno conosce tutte le specie già scoperte ed
esistono specie non ancora scoperte che popolano la zona in questione.
o Studio della biodiversità, Origine: il primo caso di zoologia volontaria e sistematica viene
ritrovato nella bibbia, ove Dio ordina ad Abramo di nominare ogni animale di terra ed aria;
Indice:
1. Protisti
2. Poriferi
3. Cnidari
4. Ctenophora
5. Platelminti
6. Nemertini
7. Anellidi
8. Molluschi
9. Nematodi
10. Artropodi
11. Echinodermi
12. Cordati
Evoluzione: i primi organismi erano tutti anaerobi, ma producevano ossigeno come scarto del loro
metabolismo; successivamente per sfuggire all’avvelenamento da ossigeno si sviluppano due linee
evoluzionistiche: gli organismi anaerobi si allontanano dalla superfice e si rifugiano in ambienti
chiusi e isolati, mentre gli organismi aerobi sviluppano strutture di difesa e sfruttamento
dell’ossigeno atmosferico e acquatico. Dal ramo aerobico si sviluppano gli organismi eucarioti,
tramite simbiosi tra un batterio eterotrofo anaerobio, probabilmente un archea, e uno aerobio che
viene inglobato nel primo formando così il mitocondrio e il cloroplasto. I primi poriferi compaiono
attorno ai 700.000.000 di anni fa come collaborazione tra più coanoflagellati e senza creare dei veri
tessuti. Circa 550.000.000 di anni fa si sviluppano i primi metazoi, gli organismi pluricellulari
riconducibili a organismi attualmente viventi e con un’organizzazione cellulare a tessuti ed organi,
dando inizio all’epoca cambriana: inizialmente erano solo forme di vita marine, aiutate dal fatto che
l’acqua forniva protezione da raggi UV e dalla disidratazione, e successivamente colonizzano la terra
e l’aria, passando lentamente ad ambienti sempre più aridi ed inospitali, per poi diffondersi dal più
basso degli oceani alla vetta più alta.
o Studio dell’evoluzione: All’inizio dell’ottocento Lamarck, grande zoologo e studioso di
molluschi, teorizza la prima forma di evoluzione e spinta evolutiva basandosi sulle
modificazioni corporee esterne e fisiologiche degli organismi, portando con se anche il
pensiero di una storia più antica delle specie conosciute; tale teoria evolutiva presenta la
convinzione che i caratteri acquisiti dagli organismi durante la vita, adattate in risposta alle
sfide presentate dall’ambiente, siano passati alle generazioni successive. Con l’evoluzione
del pensiero evolutivo compaiono varie teorie, tra cui il catastrofismo per spiegare la
presenza di fossili, e l’applicazione dell’anatomia comparata. Lo step finale si ha con
Darwin, biologo e ricco mercante, che teorizza la teoria evoluzionistica moderna; l’ambiente
seleziona le caratteristiche ottenute casualmente dagli organismi, senza causarne
direttamente la modificazione, secondo la loro adattabilità alle condizioni attuali,
diffondendo le caratteristiche adatte e sopprimendo quelle inadatte. Wallace e altri naturalisti
e ricercatori svolgono poi esperimenti e osservazioni per confermare la teoria
evoluzionistica; in particolare Wallace studia i cambiamenti dei becchi di tucani rispetto alle
varie zone di abitazione.
o Prove a valore dell’evoluzione: la prima prova è l’anatomia comparata, la disciplina che
studia la rassomiglianza tra le varie parti corporee delle specie animali e vegetali; tale
disciplina nota, fin dai primi momenti della sua pratica con Cuvier, una rassomiglianza nella
struttura corporea di base di mammiferi e aviani nello stesso ordine, portando alla
diversificazione delle strutture corporee specializzate a seconda dello scopo e dell’ambiente
ma mantenendone la struttura di base. La seconda prova è l’atavismo, il fenomeno che
spiega come molte specie animali presentino rimasugli genici e fisionomici di parti
anatomiche di altre specie; molte volte le sequenze geniche inutili o inutilizzate vengono
silenziate e la parte anatomica da lei codificata si elimina dal corpo, ma i geni regolatori a
volte ripresentano la parte silenziata come espressione minoritaria a causa di modificazioni
geniche. La terza prova è la vicarianza, il fenomeno che spiega perché la maggior parte delle
specie animali si diversifica pur essendo nello stesso cline geografico con minime differenze
morfologiche per adattarsi a microvariazioni ambientali. L’ultima prova è la paleontologia,
la disciplina che studia i fossili animali e vegetali; tale disciplina mostra l’evoluzione
animale attuata secondo tutte le caratteristiche precedentemente elencate con le prove
schiaccianti dei resti delle specie estinte e/o ancora presenti attualmente.
o Ambiente abitabile: nonostante quasi tutta la crosta terrestre sia abitabile, il maggiore
volume di ambiente abitabile, nonché maggiore superfice abitabile, viene rappresentato
dall’oceano. Le specie stimate totali presenti nella crosta terrestre sono circa 10.000.000, di
cui più di 2/3 terrestri, in contrasto con il quantitativo di volume abitabile; questa casistica
avviene solo per le specie, in quanto i phyla presenti sulla terraferma sono solo 6 mentre
nell’acqua sono presenti tutti i phyla conosciuti e alcuni sono specializzati nell’ambiente
acquatico, come cnidari e poriferi.
o Forme e dimensioni: mentre le dimensioni non sono collegate strettamente con l’ambiente di
vita, a parte alcuni estremi casi, la forma sì; nell’ambiente terrestre le forme sono
estremamente specializzate ma tutte formate da una stessa struttura di base mentre
nell’ambiente marino le specie variano da forme mollicce e vermiformi a forme rigide ed
arboree fino a forme verticillate e variabili.
o Alimentazione: sulla terraferma si hanno solo organismi predatori o brucatori mentre in mare
si trovano organismi detritivori, sospensivori, filtratori, brucatori e predatori; da notare però
il fatto che le specie parassite sono sviluppate ugualmente in entrambi i casi, molte volte
intervallando forme ed ospiti terrestri con forme ed ospiti acquatici durante il loro ciclo
vitale.
o Riproduzione: nell’ambiente terrestre la riproduzione deve essere almeno semi-interna, per
proteggere lo sperma e gli ovuli, mentre nell’ambiente marino si può avere anche
riproduzione esterna. La riproduzione si divide, indifferentemente dall’ambiente in cui
avviene, in sessuale, favorita dall’evoluzione in quanto aumenta il ricambio genetico e la
possibilità di mutazione con conseguente adattamento, ed asessuale.
Asessuale: avviene tramite scissione binaria, come le planarie che si dividono in due,
frammentazione, come le stelle di mare che possono riprodursi tramite la scissione
da un braccio da cui si origina il clone, gemmazione, come i polipi che generano
piccole copie di se stessi ai lati del corpo da cui si staccano oppure rimangono
attaccati per creare colonie, propagulazione, con la creazione di strutture
specializzate nella produzione di un altro individuo che si libera dal corpo originario
come alcune spugne.
Sessuale: avviene tramite una sola modalità, l’unione di due gameti di sesso diverso,
ma con due meccaniche divise tra fecondazione interna, quando un individuo rilascia
i gameti all’interno dell’altro organismo, ed esterna, con il rilascio di gameti
nell’ambiente esterno da parte di entrambi gli organismi; queste due tipologie
generali sono poi condite di varie varianti sia da una parte che dall’altra, sfumando le
due categorie l’una nell’altra. Tale tipologia di riproduzione porta a sviluppare nelle
specie delle caratteristiche specifiche, quali ad esempio i palchi dei cervidi o una
struttura di comando nel gruppo di appartenenza degli individui, atte ad attirare i
partner e aumentare la possibilità di accoppiamento; quest’evoluzione non combacia
con i meccanismi di selezione effettuati per la sopravvivenza, ossia influenzata da
altre specie, ma è una selezione effettuata per accentuare determinate caratteristiche
non specializzate nella sopravvivenza, a volte anche detrimenti a tale aspetto, ossia
una selezione influenzata dalla stessa specie su se stessa (esempi molto esemplari
sono la coda del maschio di pavone, che è diventata enormemente vistosa e
impacciante nel volo e nella fuga utile solo all’accoppiamento, e i palchi dell’alce
irlandese adesso estinta, diventati talmente grandi da a volte impigliarsi in alberi e
arbusti finendo con il rompere il collo dell’alce, oppure i peni oblunghi delle
lumache terrestri e dei balani, atti a portare lo sperma in apposite fessure nel corpo
del partner che combacia in maniera perfetta con la forma del pene oppure a
raccogliere lo sperma del partner e portarlo alle gonadi femminili). In questo tipo di
riproduzione si vengono a formare due gruppi di organismi: gli ermafroditi, con
entrambi i tipi di gonadi e produttrici di entrambi i tipi di gameti, e gonocorici, con
un solo tipo di gonade e produttrici di un solo tipo di gamete; gli esseri ermafroditi
possono dividersi ulteriormente in due tipi: ermafroditi sequenziali, con un solo tipo
di gonade alla volta e la possibilità di intercambiare tra i due tipi detti proteroginici,
se iniziano femmine, e proteroandici, se iniziano maschi, ed ermafroditi simultanei,
se presentano sempre entrambi i tipi di gonadi divisi in sufficienti, se capaci di
autofecondarsi come la tenia, o insufficienti, se non possono fecondarsi da sole. Un
caso particolare sono quelli degli insetti sociali, quali api e formiche, in cui solo la
regina si riproduce con un fuco contenente metà del suo DNA, aumentando la
quantità di genoma passato alla generazione successiva; il maschio è prodotto per
partenogenesi, ossia la fecondazione dei gameti femminili da parte dello stesso
organismo, creando una copia dello stesso ed entrambi organismi aploidi.
o Speciazione: processo di diversificazione di una stessa popolazione di individui per adattarsi
a un ambiente, probabilmente diverso in una caratteristica all’ambiente originale della
popolazione, creando una nuova specie. I processi di speciazione si dividono in varie
tipologie a seconda del meccanismo evolutivo in azione. La speciazione può avvenire tramite
ricombinazione genica durante il processo di meiosi, mutazioni spontanee date da radiazioni
o errori di copiatura interni, o tramite ibridazioni tra specie diverse sia in maniera artificiale,
come nel caso del grano e del limone, che in maniera naturale, come nel caso dell’orzo e del
mandarino.
Anagenesi: un processo evolutivo che prevede il completo distacco della specie
nuova con il suo predecessore, sostituendolo nel nuovo ambiente. I meccanismi sono
principalmente indotti da cambiamenti nell’ambiente di vita della specie originale.
Cladogenesi: un processo evolutivo che prevede la diversificazione di una nuova
specie da una specie origine, senza soppiantarla nell’ambiente originale. I
meccanismi sono indotti dal movimento e diffusione nel tempo della specie di
origine in ambienti diversi da quello di vita originale.
La speciazione avviene principalmente prima della procreazione, processo prezigotico,
tramite allopatria o isolamento geografico, impedendo la fecondazione della vecchia specie
con la nuova specie a causa di blocchi ambientali e/o biologiche, tramite fattori temporali,
cambiando durante il tempo di distacco da altri gruppi della specie d’origine il ciclo
mestruale e d’accoppiamento, tramite simpatria o cambiamento ambientale, cambiando le
condizioni ambientali di solo una parte dell’ambiente di vita della specie, e tramite barriere
riproduttive, isolando il pool genetico di una parte della popolazione della specie originale
sia tramite barriere gametiche, modificando la forma e numero di cromosomi, che
comportamentali, ossia modificando il comportamento durante il corteggiamento e/o
l’accoppiamento, che meccanici, modificando l’apparato riproduttivo; il processo di
speciazione può avvenire anche successivamente alla procreazione, processo postzigotico,
tramite l’infertilità della prole, la degenerazione genetica della prole e la morte preparto della
prole.
Tassonomia: inizialmente le forme di vita venivano classificate in regno animale, regno vegetale e
regno lapideum; tale sistematica è dettata da Linneo, biologo settecentesco, secondo le caratteristiche
allora conosciute delle specie viventi creando una specie ideale determinata da caratteristiche
generali e importanti. Poco tempo dopo Buffon, enciclopedico illuminista, riorganizza secondo un
simile metodo le specie ordinandole sia in maniera logica che temporale, creando una enciclopedia
illustrata più specifica di quella di Linneo e creando una diversificazione nella specie; da questa
organizzazione si sviluppa un concetto di storia precedente all’uomo, concetto che prima era ritenuto
blasfemo. Successivamente si creano varie altre strutture fino ad arrivare alle sistematiche moderne,
che raggruppano i viventi in procarioti, senza nucleo, archea, esseri intermedi, ed eucarioti, con
nucleo; in ogni gruppo le specie si raggruppano per somigliane sia genetiche che fisionomiche e
vengono divise secondo le diversità.
o Metodologia: la classificazione avviene tramite caratteri tassonomici, semplici e generali;
principalmente le caratteristiche usate sono quelle omologhe, diversi adattamenti di origine
comune sintomo di evoluzione specifica, e non le caratteristiche analoghe, stesso
adattamento ma con origini diverse.
o Specie: esistono vari concetti di specie, quello biologico e quello morfologico/topologico.
Formalmente il concetto di specie viene usato solo per convenzione e per tassonomia e
sistematica, in natura gli organismi si riuniscono in gruppi di organismi simili da soli ma
senza classificarsi in specie.
Specie morfologica: se due organismi si assomigliano, a livello di base (citando
Linneo “minimalia non curant”), allora i due sono appartenenti alla stessa specie; a
tale concetto viene accompagnato successivamente a caratteristiche ambientali e
antropomorfi.
Specie biologica: se due organismi sono interfecondi e producono organismi prole
simili e a loro volta fecondi allora i due sono appartenenti alla stessa specie; a tale
concetto si accompagna anche eventuali caratteristiche ambientali, di isolamento
riproduttivo allopatrico o simpatrico.
Curiosità: le scoperte sono estremamente variegate e disperse nel tempo ma alcune storie, a cura di
Giorgio Bavestrello, sono troppo importanti per dimenticarle.
o L’echidna e il Cp. Bligh: Nel primo viaggio a bordo della HMS-Bounty, in una spedizione
esplorativa, il Cp. Bligh approda alle Hawaii e lì perde la nave e il comando: infatti, una
volta sbarcati, i marinai si innamorano subito delle native, che li portano all’ammutinamento
dopo che il capitano e una piccola parte della ciurma non infatuata gli ordinano di andarsene.
adesso su una piccola scialuppa manovrata da una piccola ciurma, il Cp. Bligh guida la
scialuppa attraverso il Pacifico fino in Inghilterra, senza ottenere grandi risultati, se non
ripopolare le Hawaii. Nel suo secondo viaggio a bordo della HMS-Providence, iniziato più
per castigo che per volontà sua, fa scalo nella piccola Isola della Tasmania, dove trova un
animale per l’epoca stranissimo: ritratto per la prima volta nel suo diario di bordo, l’echidna
viene scoperta e descritta per la prima volta da un marinaio, sicuramente non uno zoologo.
o Genova e il misterioso caso di Ostreopsis ovata: pochi decenni fa, data incerta, il mare era
mosso e nessuno voleva fare il bagno, ma un piccolo protista simbiotico delle alghe ed
abitante dei fondali marini rocciosi, come il mar ligure, amava il mare caldo in burrasca.
Alla sera dello stesso giorno 30 persone vengono ricoverate per uno strano caso di
polmonite: la causa si scoprì essere il piccolo protozoo citato prima che veniva sparato
nell’aere marino dall’aerosol generato dalle onde; sfortuna vuole che tale piccolo protozoo
produca per difesa e come scarto varie tossine, tra cui la palitossina, dannose per l’uomo e
dalle conseguenze gravi, tra cui insufficienza epatica, polmonite e morte in casi gravi.
o L’evoluzione dell’uomo: tale concetto non era accettata dalla comunità scientifica fino alla
seconda metà dell’Ottocento, e così sarebbe stato per molto tempo anche dopo la sua
cementificazione nella comunità scientifica; un esempio di tale fenomeno sulla società è una
conferenza scientifica tenutasi a Genova a cura del cardinale Siri di suddetta parrocchia, ove
si discuteva dell’impossibilità di accettare l’evoluzione umana come un fatto naturale affine
all’evoluzione animale altra. A favore di una evoluzione umana si trova anche un libro di
Darwin, il “Discent of Man”, che inserisce foto di scimmie e uomini per elencare le
assomiglianze; a sua ignoranza nel 1857 si trova una calotta cranica di ominide, la prima
calotta cranica di Neanderthal, che presentava una crescita posteriore e una sopracciglia
ossea sporgente. Purtroppo, proprio durante questo periodo circola un falso, un cranio con la
faccia da scimmia ma il capo da uomo detto falso di piltdown, che svia le ricerche e porterà
sulla falsa riga le discussioni fino alla fine dell’ottocento, quando vengono trovati i primi
resti di ominidi antichi veri e propri, il famoso bambino di taung. Da qui la ricerca ha preso
il via nella direzione gusta, anche se ancora con molti scettici in circoli religiosi radicali e in
idioti con laurea.
o Gli anfibi urodeli: il proteus mirabilis, del carso triestino e della zona trentina, così come
altre specie della stessa famiglia presenta branchie fino alla fine della sua vita,
riproducendosi sottoforma di larva senza metamorfizzare; tali sono casi forti di neotenia,
così come è successo durante l’evoluzione dell’uomo.
o Ontogenesi e la tortura sugli insetti: lo studio dell’ontogenesi ha fornito molte immagini utili
alla teoria evoluzionistica; tale studio però era non affermato fino al 1900, portando al
pensiero che alcuni organismi come i batteri si potessero sviluppare dal nulla, che gli
embrioni fossero coaguli di sangue mestruale e liquido prostatico dello sperma, e che alcuni
organismi fossero già formati nello sperma o nell’ovulo, come nel caso dell’uomo fino a
poco tempo fa. L’embriologia è una branca dell’ontogenesi: la prima fase è la
frammentazione in blastomeri dallo zigote, in potenze di due (ossia 1-2-4-8-16 organizzati
rispettivamente in pianeggiante nelle prime tre fasi e cubiche nella penultima;
successivamente si dividono ulteriormente in spirale, se creano un quarto di giro, e radiale,
se mantengono la forma cubica, rispettivamente in protostomi, con una specializzazione
determinata, e deuterostomi, con una specializzazione indeterminata), nutrito da un vitello,
se abbondante fortemente telolecitico e con blastomeri polari, divisi in micromeri o animali
dalla divisione veloce e macromeri o vegetali dalla divisione lenta, mentre se scarsa
isolecitico e con blastomeri apolari; nel caso di vitello infinitamente grande, la divisione è
puramente meroblastica, con vitello indiviso e o centrale o laterale esterna. Arrivate a questo
stadio le cellule si dispongono a sfera, sulla superfice, lasciando una zona vuota o piena di
vitello al centro detta blastocele, in una forma detta blastula.
o Mediterraneo e glaciazioni: durante l’ultima grande glaciazione il mediterraneo si è
raffreddato enormemente, portando all’arrivo di specie di coralli che abitano
prevalentemente mari freddi. Con il riscaldamento del mare, tali specie si sono spinte sempre
più in profondità ed abbandonando ogni tipo di colore; tali sono i coralli bianchi.
Protisti (10.000 specie): Organismi bentonici e planctonici, unicellulari e diffusi in tutti gli ambienti
abitabili, principalmente acquatici marini e d’acqua dolce ma con specie terrestri, estremofile e con
specie simbiotiche o parassitarie; presentano grande varietà di forma e dimensione, variando in
tipologia di struttura e variando dai µm fino a quasi 1mm; esseri sia dal carattere coloniale che dal
carattere solitario. Sono tra i pochi organismi unicellulari eucarioti attualmente diffusi in natura;
presentano la massima complessità cellulare di tutti gli eucarioti, presentando caratteristiche
iperspecializzate.
o Struttura: vedi Citologia.docx
o Movimento: i protisti presentano quasi tutti i tipi di movimento cellulare, dal movimento
cigliare e flagellato fino al movimento ameboide, usati una volta per la classificazione ma
attualmente superata. Il movimento cigliare è attuato da varie ciglia, di solito in numero
infinitamente grande, che battono in maniera unisona tramite movimento bipartito, diviso in
una fase di battuta attuata dal ciglio teso e una fase di recupero attuata dal ciglio piegato,
coordinato dalla depolarizzazione della membrana secondo l’onda metacronale per formare
un’onda nel mezzo di locomozione; il movimento flagellato è attuato da flagelli, di solito
singoli o doppi per cellula, che si muovono sinuosamente per formare un’onda nel mezzo di
locomozione; il movimento ameboide è attuato tramite pseudopodi, zone allungate dalla
cellula ricche di emidesmosomi e contatti focali, che si ancorano al substrato per trasportare
in avanti la cellula nel mezzo di locomozione.
o Riproduzione: i protisti possono riprodursi asessualmente e sessualmente. La riproduzione
asessuale avviene tramite mitosi. La riproduzione sessuale avviene tramite varie
macchinazioni e tramite spore; questa riproduzione avviene raramente solamente in protisti
parassiti e coloniali, come i protisti del genere Plasmodium o alcuni coanoflagellati.
o Nutrizione: la maggior parte dei protisti è mixotrofa, ossia presentano abitudini sia autotrofe
che eterotrofe, ma esistono specie solamente autotrofe o solamente eterotrofe. Alcuni protisti
presentano zone della membrana specializzati alla fagocitosi ed endocitosi, chiamate
impropriamente bocche o citostomi.
o Difesa: la maggior parte dei protisti non presenta difese esterne alla cellula, ma presenta
pareti cellulari e/o tossine citotossiche. Alcuni generi di protozoi presentano la capacità di
formare placche silicee all’esterno della cellula, oppure di riunirsi in colonie primitive
specializzate.
o Classe euglenida: protisti flagellati; presentano il flagello incassato in un’apposita tasca nel
retro della cellula, in cui si trova anche la bocca. Presentano comportamento autotrofo
durante il giorno, durante il quale usa i suoi cloroplasti per la fotosintesi, ed eterotrofo di
notte, quando la luce cala e la fotosintesi non è possibile; tale cambio le rende organismi
mixotrofi. Non presentano specializzazioni, rimanendo simili alla struttura base della cellula
eucariote. Si trovano principalmente in acque pulite e non inquinate, oppure in simbiosi con
vari animali sessili.
o Classe dinozoa: protisti flagellati; presentano i flagelli posizionati a croce lungo gli assi
cellulari ed incassati all’interno di aperture nella parete cellulare. Presentano comportamento
mixotrofo, autotrofo o eterotrofo a seconda della famiglia e genere. Presentano varie
diversità dalle altre cellule eucariotiche, principalmente nel nucleo, privo di istoni e con il
DNA organizzato secondo strutture cromosomiche poste ai lati, e nel mitocondrio, non
lamellare o vescicoloso ma tubulocristato. Si trovano principalmente in simbiosi con coralli,
molluschi e altri animali sessili o bentonici, oppure si trovano liberi nell’ambiente acquatico
mentre pochi dinozoi si trovano parassitanti di alghe, zooplancton, pesci e altri protozoi.
Genere Zooxantella: presentano carattere autotrofo; presentano il maggiore tasso di
simbiosi di tutti i generi viventi, entrando in simbiosi con quasi tutti gli organismi
sessili, molti organismi bentonici provvisti di carapace o conchiglia e molti
organismi planctonici primitivi.
Genere Noctiluca: presentano carattere mixotrofo ed eterotrofo; presentano
fosforescenza e bioluminescenza innescata sia volontariamente che tramite urti, quali
il passaggio di una mano nell’acqua o il semplice movimento delle onde.
Genere Alexandrium: presentano carattere mixotrofo ed eterotrofo; presentano
fosforescenza innescata da una tossina tossica estremamente termostabile, prodotta
come forma di difesa da predatori, che si attiva in presenza di ammoniaca in elevate
quantità.
Genere Gonyaulax: presentano carattere mixotrofo ed eterotrofo; presentano una
fosforescenza innescata volontariamente o involontariamente dalla presenza di azoto
e fosforo, che innescano il processo riproduttivo, causando un fenomeno detto
fioritura, e fa calare drasticamente il livello d’ossigeno nella zona.
Specie Ostreopsis ovata: presentano carattere mixotrofo o eterotrofo; presentano
fosforescenza innescata da una tossina estremamente termostabile, prodotta come
forma di difesa durante la riproduzione, che si attiva in gran quantità in presenza di
azoto e/o fosforo, alte temperature e pressione atmosferica, alta luminosità ed altri
fattori minori, causando un fenomeno detto fioritura; la tossina è letale in grandi
quantità per quasi tutti gli organismi animali terrestri ed acquatici, presentando gravi
conseguenze respiratorie e problemi nel funzionamento dei bronchi e delle mucose
nasali e polmonari.
o Classe choanoflagellata (130 specie): protisti flagellati; presentano il flagello all’apice
cellulare circondato da un collare di microvilli, alla cui base si trova uno pseudopodio atto a
catturare e trattenere gli oggetti filtrati dalla struttura flagellata. Presentano carattere
sospensivoro filtratore attivo, i primi a filtrare l’acqua per il cibo, effettuato tramite il battito
del flagello per creare la corrente e filtrando tramite il collare di microvilli e fagocitando
tramite lo pseudopodio. Presentano varie caratteristiche comuni ai metazoi più complessi,
come la possibilità di riunirsi in colonie, simili ai primi poriferi, e la capacità di depositare
placche silice sotto forma di spicole o piccole scaglie intorno a loro, ma per il resto
mantengono una forma simile alla cellula eucariote. Si trovano principalmente in acque
salmastre e ricche di materiale in sospensione.
Genere Proterospongia: presenta carattere autotrofo e mixotrofo; presenta la capacità
di riunirsi in colonie di individui, tenuti insieme da una matrice gelatinosa prodotta
da cellule specializzate, al cui esterno si posizionano i coanoflagellati per la
nutrizione e il movimento.
o Classe kinetoplastea: protisti flagellati; presentano un flagello anteriore che si piega verso il
retro della cellula, rimanendo attaccato al corpo cellulare, e ne causa movimenti ondulatori.
Presentano carattere eterotrofo. Non presentano specializzazioni, rimanendo simili alla
struttura base della cellula eucariote, a parte presentare spesso la mancanza di parete
cellulare. Si trovano principalmente parassitanti delle più svariate specie animali e vegetali, e
parassitando principalmente il sangue; tale caratteristica li rende simbiotici con vari ditteri
ematofagi, come il tafano o le zanzare.
Specie Plasmodium falciparum: parassita, principale agente patogeno della malaria;
presentano la straordinaria capacità di produrre spore e riprodursi sessualmente
tramite meiosi.
Specie Tripanosoma brucei: parassita, principale agente patogeno della malattia del
sonno; presentano una sorprendente specificità, targhettando solamente il genere
Homo, gli esseri umani, e il genere Pan, gli scimpanzé e i bonobo.
Genere Leishmania: parassita, agente patogeno della leishmaniosi; presentano un
dimorfismo enorme tra le varie specie a seconda dell’ospite che vanno a parassitare.
o Classe ameba: protisti pseudopodi; presentano pseudopodi, divisi in lobopodi se spessi e
fillopodi se sottili, utili per il movimento in quanto dotati di desmosomi e contatti focali per
ancorarsi al substrato e attirare verso l’estremità dello pseudopodio il resto del corpo
cellulare o per cacciare. Presentano carattere eterotrofo o mixotrofo. Presentano varie
diversità rispetto alle altre cellule eucariotiche, il citosol è diviso in ectoplasma esterno, dal
carattere più denso, ed endoplasma interno, dal carattere più lasso, e la capacità di attrarre
corpi estranei per formare una teca di muco ed oggetti vari, a volte con un processo di
selezione dietro.
Specie Ameba proteus: presentano carattere eterotrofo predatore; la specie più
famosa dei protisti ameboidi, presenta le caratteristiche per diventare l’organismo
tipo del genere e della classe.
o Classe foraminiferi: protisti pseudopodi; presentano pseudopodi, divisi in lobopodi se spessi
e fillopodi se sottili, utili per il movimento in quanto dotati di desmosomi e contatti focali
per ancorarsi al substrato e attirare verso l’estremità dello pseudopodio il resto del corpo
cellulare o per cacciare. Presentano carattere eterotrofo passivo usando i fillopodi per
catturare le prede che gli scontrano contro. Presentano varie diversità rispetto alle altre
cellule eucariotiche, il citosol è diviso in ectoplasma esterno, dal carattere più denso, ed
endoplasma interno, dal carattere più lasso, e la capacità di formare una teca di carbonato di
calcio.
Specie Orbulina universa: presentano carattere eterotrofo predatore; la specie di
foraminifero con la raggiera di fillopodi più estesa, raggiungendo lunghezze fino a 5
volte quella della cellula.
o Classe actinopoda: protisti pseudopodi; presentano pseudopodi, divisi in lobopodi se spessi e
fillopodi se sottili, utili per il movimento in quanto dotati di desmosomi e contatti focali per
ancorarsi al substrato e attirare verso l’estremità dello pseudopodio il resto del corpo
cellulare o per cacciare. Presentano carattere eterotrofo passivo usando i fillopodi per
catturare le prede che gli scontrano contro. Presentano varie diversità rispetto alle altre
cellule eucariotiche, il citosol è diviso dalla teca in cui si rinchiudono in ectoplasma esterno
ed endoplasma interno e la capacità di formare una teca di silice o solfato di stronzio, gli
unici nel mondo animale e vegetale.
Ordine radiolare: presentano carattere mixotrofo; presentano delle spine
sull’esoscheletro, dette spicole, che vanno a formare una vera e propria gabbia
circolare o a campana attorno all’organismo.
Ordine acantaria: presentano carattere eterotrofo; presentano delle spine organizzate
secondo schemi precisi, organizzati radialmente a partire dal centro dell’organismo.
Ordine heliozoa: presentano carattere eterotrofo; non presentano una capsula
centrale d’appoggio e di una struttura scheletrica, ma presentano una enorme
quantità di fillopodi, detti assipodi, che si diramano in ogni direzione come una
raggiera o un sole.
o Classe ciliophora: protisti cigliati; presentano ciglia lungo tutta la superfice cellulare,
organizzati nel loro movimento dalla depolarizzazione di membrana, detta onda metacronale,
e sono usate sia come strumento motorio che come strumenti sensoriali. Presentano carattere
eterotrofo o autotrofo, variando da predatori passivi fino a predatori attivi, e filtratori.
Presentano varie diversità rispetto alle altre cellule eucariotiche, principalmente nel nucleo,
diviso in vegetativo, per il metabolismo, e riproduttivo, per la riproduzione, e nella
riproduzione, attuata sessualmente ma senza gameti liberi, principalmente fondendo le due
membrane degli individui in un’unica struttura; presentano una struttura estremamente
diversificata, passando da una simmetria raggiata con ciglia su tutto il corpo fino a una
simmetria bilaterale con ciglia solo sul ventre.
Genere Carchesium: presentano carattere eterotrofo; presentano la capacità di creare
colonie specializzate.
Genere Didinium: presentano carattere eterotrofo; presentano la capacità di poter
sessilizzare volontariamente.
Genere Balantidium: parassita, non affligge l’uomo; presenta cicli riproduttivi molto
complessi.
Genere Entodinium: presenta carattere autotrofo; insieme alle zooxantelle, è uno dei
principali organismi simbiotici, entrando in simbiosi con quasi tutti i phyla acquatici
sessili o primitivi.
Poriferi (9.000 specie): Organismi bentonici sessili, anche se presentano alcune specie planctoniche,
pluricellulari diblastici e principalmente marini, con poche specie d’acqua dolce; presentano grande
varietà di forme e dimensione, variando in tipologia di struttura e variando dai pochi mm fino ai m;
esseri sia dal carattere coloniale che dal carattere solitario. A differenza degli altri organismi
pluricellulari, i poriferi non presentano dei legami e delle giunzioni tra le sue varie cellule, non
creando quindi dei veri e propri tessuti; questa caratteristica permette alle cellule dei poriferi della
stessa specie di aggregarsi e disgregarsi a seconda delle esigenze. La similitudine tra le cellule
filtratori delle spugne e i coanoflagellati presenta indizi, sia a livello morfologico sia genetico, della
strada evolutiva degli eucarioti verso la pluricellularità, passante dai coanoflagellati ai poriferi e poi
passando agli altri phyla. Le spugne presentano simbiosi con zooxantelle, alghe e paguri, e al
contempo si ritrovano predate da pochissime specie, tra cui pochi pesci, echinodermi e molluschi
nudibranchi.
o Struttura: La struttura tipo dei poriferi presenta simmetria radiale o asimmetria ed è formata
da una cavità centrale, detta spongocele, collegata all’esterno da una grande apertura
nell’organismo, detta osculo, e da altre più piccole cavità distribuite lungo il corpo della
spugna, detti pori; l’organismo vero e proprio è costituito dalle pareti che definiscono queste
strutture ed è formato da due tipi di tessuti che rivestono le aperture e cavità, dette
epidermidi, e una struttura gelatinosa per sostenere la struttura cava, detta mesoilo.
Cavità interna: la spugna presenta una cavità aperta all’esterno, detta spongocele,
derivato dall’archenteron della blastula originante; ha la funzione di filtrare e
assorbire i nutrienti nell’acqua che la riempie. Insieme all’osculo e ai pori forma il
sistema acquifero della spugna.
Poro: la spugna presenta vari piccoli canali nella sua parete, detti pori; ha la
funzione di immettere acqua da filtrare dentro allo spongocele. Le cellule che
compongono questo tessuto sono dette porociti, presentano una forma cilindrica
bucata al centro, il poro che circondano, e uno o più nuclei con funzione strutturale e
protettiva; il poro può essere costituito da una singola cellula bucata al centro o da
più cellule in sincizio o anche da più cellule separate organizzate a tubo e può essere
chiuso o aperto da un cambiamento del turgore dei porociti. Insieme all’osculo e allo
spongocele forma il sistema acquifero della spugna.
Osculo: la spugna presenta una, raramente in numero maggiore, grande apertura nel
corpo, detta osculo; ha la funzione di espellere l’acqua già filtrata dallo spongocele e
reimmetterla nel mare. Insieme ai pori e allo spongocele forma il sistema acquifero
della spugna.
Epidermide: la spugna presenta un epitelio esterno semplice e monostratificato,
detto ectopinacoderma; ha la funzione di proteggere dall’esterno il mesoilo e
l’interno della spugna. Le cellule che compongono questo tessuto sono dette
ectopinacociti, presentano una forma appiattita e allungata con un singolo nucleo
con funzione protettiva.
Endodermide: la spugna presenta un epitelio interno semplice e monostratificato,
detto endopinacoderma; ha la funzione di filtrare e assorbire i nutrienti presenti
nell’acqua dello spongocele o delle camere coanocitarie (vedi dopo). Le cellule che
compongono questo tessuto sono dette coanociti, presentano una forma cubica e
polarizzata, con la faccia libera ricoperta da un collare di microvilli che circonda un
flagello con funzione di filtraggio e di movimento dell’acqua; si trovano anche degli
endopinacociti, dalla forma appiattita e allungata, in numero molto ridotto a tappare
i buchi lasciati dalle zone dove non si sono sviluppati i coanociti.
Mesoilo: la spugna presenta uno strato di gel connettivo di collagene ed altre
strutture minerali, con poche cellule e poco specializzate, che collega i due tessuti di
rivestimento e mantiene la struttura della spugna in piedi. Questo gel è composto
principalmente da spongina, un tipo di collagene fibrillare estremamente reticolato,
presentando a volte strutture siliciche, depositate in forme lineari su stampo proteico
internamente alla cellula, o carboniose, depositate in forme tribolari su stampo
spaziale esternamente alla cellula, dette spicole generate da cellule specializzate. Le
cellule che compongono questo gel sono dette lofociti, presentano forma cubica con
funzione di sintesi e secrezione di spongina, e sclerociti, presentano forma
specializzata per adattarsi alla spicola con funzione di secrezione di sedimento
inorganico. Nel mesoilo si possono creare strutture più complesse di sistemi
acquiferi divisi generalmente in tre strutture tipo, dette ascon, sycon e leucon.
Struttura ascon: presentano un sistema acquifero molto semplice rispetto alle
altre spugne, con un unico spongocele e nessuna camera coanocitaria. I
coanociti rivestono quasi completamente lo spongocele. I poriferi della
classe ascon sono tipicamente piccoli e molto semplici, con forme tubulari;
la loro conformazione è la più inefficiente per il tipo di filtrazione che le
spugne effettuano per nutrirsi.
Struttura sycon: presentano un sistema acquifero intermedio rispetto alle
altre spugne, con un unico spongocele e una singola camera coanocitaria che
si viene a creare nel mesoilo tra i due tessuti di rivestimento. I coanociti
rivestono solo le camere coanocitarie e non si trovano nello spongocele, che
viene rivestito da pinacociti. I poriferi della classe sycon sono di piccole o
medie dimensioni e dalle forme variegate, tipicamente tubulari ma variando
anche verso una forma ramificata; la loro conformazione è di media
efficienza per il tipo di filtrazione che le spugne effettuano per nutrirsi.
Struttura leucon: presentano un sistema acquifero complesso rispetto alle
altre spugne, con uno o più spongoceli e una rete di canali e camere
coanocitarie che si sviluppano nel mesoilo tra i due tessuti di rivestimento. I
coanociti rivestono solo l’interno delle camere coanocitarie e non si trovano
nei canali inalanti ed esalanti che le collegano e nello spongocele, che
vengono rivestite da pinacociti. I poriferi della classe leucon sono di
dimensioni estremamente variabili, passando da dimensioni piccole fino a
dimensioni enormi, e dalle forme variegate, tipicamente tubulari ma
variando anche verso una forma ramificata; la loro conformazione è
estremamente efficiente per il tipo di filtrazione che le spugne effettuano per
nutrirsi.
o Riproduzione: le spugne possono riprodursi asessualmente e sessualmente. La riproduzione
asessuata avviene tramite frammentazione, staccando un pezzo del corpo per formare un
altro organismo copia, o tramite propaguli, formando volontariamente un nuovo individuo
da staccare; le spugne d’acqua dolce solitamente formano gemmule incapsulate da strutture
silicee uncinate come struttura di sopravvivenza a inquinamento, sia naturale come
l’ammoniaca che artificiale, e carenza d’acqua o come struttura di diffusione tra corsi
d’acqua. La riproduzione sessuale avviene tramite la trasformazione delle cellule totipotenti,
rimaste dalla morula originaria, del mesoilo in gonadi, produttrici di gameti maschili
rilasciati all’esterno e femminili trattenuti all’interno, e la fecondazione del gamete avviene
all’interno del mesoilo dell’individuo; dopo la fecondazione, lo zigote si sviluppa nella
spugna madre e successivamente viene espulso quando è un embrione quasi formato,
solitamente trovandosi in varie forme, le cui principali sono due: nelle spugne silicee si
espelle un’anfiblastula, con i micromeri inferiori flagellati e i macromeri superiori
aflagellati, mentre nelle spugne calcaree si espelle una stormoblastula, quasi completamente
ricoperta di micromeri flagellati e contenente all’interno i macromeri, ed in entrambi i casi si
possono espellere delle blastule armate, anfiblastule o stormoblastule ricoperte di placche
calcaree o silicee; l’embrione vaga nell’acqua dopo l’espulsione fino alla caduta e
all’insediamento sul fondo, quando i macromeri inglobano i micromeri e sviluppano la
spugna per mitosi. Le spugne possono essere sia gonocoriche che ermafrodite sequenziali e
unisone; i poriferi sono gli unici animali pluricellulari, insieme a cnidari e ctenofori, ad
avere organi sessuali temporanei o stagionali.
o Nutrizione: sono tutti organismi filtratori attivi con solo digestione cellulare interna,
pompando l’acqua dai pori nello spongocele ed espellendola filtrata dall’osculo; questo
flusso d’acqua è estremamente forte, atto ad allontanare il più possibile l’acqua filtrata
dall’acqua che deve essere assorbita. Le spugne non presentano un sistema di selezione delle
particelle filtrate, portando alla fagocitosi di particelle inorganiche come silicone e altre
particelle plastiche durante la filtrazione. Molte spugne presentano la capacità di erodere
carbonati, creando dei buchi similmente a come si staccano pezzi di formaggio, e formando
strutture intricate all’interno della roccia con vari pori eterni per la filtrazione; alcune spugne
abissali presentano un sistema di nutrizione predatorio passivo, catturando prede di piccole e
medie dimensioni con bracci allungati verso l’alto molto sottili e flessibili dotati di spicole
uncinate rivolte verso l’esterno, atte a catturare e agganciare le prede per poi trasportarle a
una proto-bocca e rivestirle in un gel digestivo per frammentarle in piccolissimi pezzi da
digerire internamente.
o Difesa: la difesa delle spugne si basa su potenti veleni e strutture calcaree o silicee, dette
spicole; il metodo di difesa presenta con sé una divisione in classi: calcisponge, le spugne
che usano spicole calcaree, demosponge, se usano spicole silicee, e il piccolo gruppo
sclerosponge, che presentano uno scheletro basale di calcite oltre a spicole calcaree o silicee.
Molte spugne presentano una grandissima quantità di massa batterica simbiotica, sia
all’interno di spicole che nelle fibre di spongina, che non ha una funzione specifica e a volte
risulta maggiore della massa propria della spugna.
o Movimento: poco presente, e se usato solo nella forma di poche cellule o singole cellule
portate dalla corrente similmente a protisti.
o Classe calcispongiae: presentano spicole formate da carbonato di calcio, dalla forma
tetraedrica o lineare o tribolata ed in numero ristretto, con maggioranza di spongina nello
scheletro (ciò le rende mollicce al tatto). Presentano sia una riproduzione che una vita
stagionale, passando la stagione favorevole a nutrirsi e riprodursi e passando le stagioni
sfavorevoli sotto forma di strutture di resistenza. La struttura tipica di queste spugne è ascon,
con pochi rappresentanti sycon.
o Classe hexatinellida: presentano spicole formate da silice, dalla forma triassiale simile a un
d8, solitamente sinciziale e in numero relativamente alto, con poca spongina nello scheletro
(ciò le rende dure al tatto). Presentano una riproduzione stagionale ed una vita annuale. La
struttura tipica è leucon, con molti rappresentanti sycon, e con un’epidermide ed
endodermide sinciziali.
o Classe demospongiae: presentano spicole formate da silice, dalla forma tetraedrica o
triassiale o lineare, divise in macrosclere se di grandi dimensioni e formanti lo scheletro
principale e in microsclere se di piccole dimensioni e formanti i rinforzi scheletrici, e in
medio numero, con uguale spongina nello scheletro (ciò le rende relativamente dure al tatto).
Presentano una riproduzione stagionale ed una vita annuale. La struttura tipica di queste
spugne è leucon, con molti rappresentanti sycon.
Specie Tethya aurantium: tipica dei mari temperati, a circa 20-30m di profondità,
struttura leucon; presenta la capacità di riprodursi asessualmente producendo
propaguli esterni di forma tondeggiante, similmente ai semi di un soffione, che si
staccano e vengono trasportati dalla corrente marina o creata dalla spugna. Forma
rotondeggiante dal colore arancione forte.
Specie Chondrosia reniformis: tipica di mari temperati e del mediterraneo, a circa
20-100m di profondità, struttura leucon; presenta la capacità di riprodursi tramite
propaguli gocciolanti, formati dal tessuto spugnoso e un pezzo di fondale attaccato,
che vengono staccati dalla struttura per “gocciolamento”. Forma rotondeggiante dal
colore marroncino o bianco sporco.
Specie Aplysina cavernicola: tipica del mediterraneo, a circa 50-60m di profondità,
struttura leucon; è una delle poche demosponge a presentare pochissime spicole, con
una struttura formata quasi esclusivamente da spongina con integrate particelle di
sabbia. Forma tubulare dal colore giallo fosforescente. Erano le spugne usate come
conserve d’acqua dai legionari romani e dai cavalieri medievali.
Famiglia Cladorhizidae: tipica dei mari freddi e profondi, a circa 1000-1200m di
profondità, struttura indeterminata; presenta molte spugne carnivore di profondità,
prive di sistema acquifero propriamente detto e dotate di filamenti con spicole
uncinate con cui catturare le prede. Forma variegata dal colore bianco o incolore.
Specie Chondrocladia lyra: è la più tipica delle spugne carnivore, dalla
forma stellata posata sul fondo con i prolungamenti uncinati prolungati
verso l’alto a formare una struttura piramidale.
o Classe homoscleromorpha: presentano uno scheletro privo di spicole o con pochissime
spicole formate da silice ma senza stampo proteico con moltissima spongina nello scheletro
(ciò le rende mollicce al tatto); in compenso si trovano sopra a una struttura calcarea piena
esterna, prodotta sempre da loro, per mantenere la struttura. Presentano riproduzione
stagionale ed una vita annuale. La struttura tipica è sycon, con rappresentanti leucon e ascon.
Cnidari (9.000 specie): organismi bentonici sessili o planctonici, pluricellulari diblastici e solamente
marini, con poche forme d’acqua dolce. Presentano una varietà di forme e dimensioni elevata in
entrambe le forme possibili; sono sia coloniali e solitari. Presentano due forme principali: la forma
coloniale o solitaria corallina bentonica, il polipo, e la forma solitaria medusa planctonica, la
medusa; le due forme sono sequenze dello sviluppo dell’organismo, variando per cui la loro forma a
seconda dello stadio in cui si trovano, oppure sono presenti singolarmente nel singolo individuo. I
primi veri e propri organismi animali pluricellulari sviluppati durante l’evoluzione, presentando
giunzioni cellulari a formare veri tessuti e un sistema nervoso minimale ma presente, appartenendo
ai radiati. Presentano numerose simbiosi, principalmente con zooxantelle ed altre alghe, crostacei e
pesci vari ma al contempo si ritrovano predate da numerose specie, tra cui vari molluschi, crostacei,
pesci, cetacei di piccole e medie dimensioni e anche l’uomo per le forme coralline.
o Struttura polipo: la struttura tipo della forma a polipo degli cnidari presenta una simmetria
raggiata, solitamente ottaraggiata o esaraggiata, con una struttura basale, detta piede, che
ancora lo stomaco, detto celenteron, con bocca apicale ed i suoi tentacoli al terreno;
l’organismo è costituito dallo strato di cellule che rivestono la mesoglea, il connettivo di
struttura di cui è fatto la maggior parte del corpo di uno cnidario. Sono organismi aprocti.
Celenteron: lo cnidario presenta una cavità interna isolata dall’esterno, detta
celenteron; ha la funzione di isolare la zona adibita alla digestione esterna del cibo e
ha la funzione di conservare e/o proteggere le gonadi con i loro gameti. Nel caso di
una colonia i vari celenteron sono collegati da canali gastrali agli altri celenteron
della colonia.
Tentacolo: lo cnidario presenta dei prolungamenti, posti sia ai lati che agli apici del
corpo, detti tentacoli; ha la funzione di difendere lo cnidario da predatori e di
catturare le prede. Le cellule più tipiche di questo organo sono gli cnidociti,
presentano forma ovoidale e un grande vacuolo, detto cnidocisti, dotato ago
iniettante contenente liquido urticante ad uso singolo; gli cnidociti presentano un
meccanismo a pressione, detto cnidociglio attivato dall’urto con altri corpi estranei,
che causa l’apertura dell’opercolo delle cnidocisti e l’espulsione di uno stiletto
dotato di filamento urticante con cui iniettare il liquido velenoso nel corpo urtato e
spine per ancorarsi alla vittima per iniettare il veleno efficacemente, portando a
problemi neuronali, veleno neurotossico, motori, veleno miotossico, emolitici,
veleno emolitico, e citologici, veleno citotossico, con il solo scopo di difesa o di
paralizzazione della preda. La forma e il numero di cnidociti e tentacoli sono molto
usati nelle classificazioni per la loro varietà di forma e numero.
Bocca: lo cnidario presenta un’apertura regolabile di riguardevoli dimensioni
nell’apice del celenteron, detta bocca; ha la funzione di sigillare ed aprire a comando
la cavità dello stomaco, sia per far entrare il cibo sia per impedirne l’uscita una volta
ingerito e digerito.
Piede: lo cnidario presenta una ventosa alla base dell’organismo, detta piede; ha la
funzione di sedimentare e ancorare lo cnidario sul fondale in cui si trova. A volte il
piede porta una funzione motoria minima, permettendo il suo distacco dal fondale e
il suo riattaccamento in una zona più favorevole.
Epidermide: lo cnidario presenta un epitelio esterno monostratificato; ha la funzione
di proteggere e controllare la forma dell’organismo. Le cellule più tipiche che
costituiscono questo epitelio sono dette cellule mio-epiteliali, presentano forma
piramidale inversa con un ampliamento basale per contenere le fibre di actina-
miosina atte al movimento contrattile del tessuto, e cellule mucose, presentano
forma cilindrica e sono produttori di muco antibatterico e antifeeding; presentano
tracce di cnidociti. Nel caso di una colonia, l’epidermide è continua tra i vari
individui
Gastrodermide: lo cnidario presenta un epitelio interno monostratificato; ha la
funzione protettiva e di digestione esterna. Le cellule che costituiscono questo
epitelio sono dette cellule mioepiteliali e cellule gastriche o ghiandolari, capaci di
secernere acido ed enzimi per scindere la maggior parte dei legami nel cibo.
Presentano tracce di cnidociti.
Mesoglea: lo cnidario presenta uno strato di gel connettivo contenente collagene e
poche cellule. Le poche cellule che costituiscono questo strato sono dette cellule
neuro-epiteliali, in parte presenti anche sull’epitelio di forma cilindrica e dotate di
vari assoni per la trasmissione del segnale e la sua recezione, e cellule gangliari,
presentano una forma sferica e numerose diramazioni per il trasporto e regolazione
del segnale nervoso; queste cellule formano un vero e proprio reticolo nervoso
primitivo, che non piò ancora essere definito come sistema o apparato in quanto
manca di cefalizzazione, con i loro assoni e dendriti, fornendo allo cnidario la
possibilità di coordinare i movimenti motori e le risposte agli stimoli esterni, ma non
presentando una cefalizzazione o una vera e propria centralizzazione o
canalizzazione il messaggio viene distribuito equamente in tutto il reticolo. Nel caso
di una colonia si viene a creare una struttura unica di mesoglea, senza una
discontinuità apparente, capace di creare uno endoscheletro o esoscheletro, creato
invece dall’ectoderma, carbonatico o siliceo con funzione protettiva organizzato in
coralliti, la parte di scheletro che circonda o che si trova all’interno del polipo.
o Struttura medusa: la struttura tipo della forma a medusa degli cnidari presenta simmetria
raggiata, solitamente tetraraggiata o con infiniti raggi si simmetria, con una struttura apicale,
detta ombrella, al cui sottostante si trova una struttura protettiva basale, detta subombrella,
tra cui si delimita lo stomaco, detto celenteron, e le gonadi e nella quale si sviluppano i
tentacoli e l’apertura boccale, divisa in bocca e una struttura detta manubrio che la connette
allo stomaco; l’organismo è costituito dallo strato di cellule che rivestono la mesoglea, il
connettivo di struttura di cui è fatto la maggior parte del corpo di uno cnidario. Sono
organismi aprocti.
Ombrella: lo cnidario presenta una struttura ombrellata sia apicalmente che
basalmente al corpo, detta ombrella. Ha la funzione di protezione e direzionamento
dello cnidario, funzionando da base per le altre strutture corporee e per gli organi di
senso.
Celenteron: lo cnidario presenta una cavità interna isolata dall’esterno, detta
celenteron. Ha la funzione di isolare la zona adibita alla digestione esterna del cibo e
ha la funzione di conservare e/o proteggere le gonadi con i loro gameti.
Tentacolo: lo cnidario presenta dei prolungamenti, posti sia ai lati che alla base del
corpo, detti tentacoli. Ha la funzione di difendere lo cnidario da predatori e di
catturare le prede. Le cellule più tipiche di questo organo sono gli cnidociti,
presentano forma ovoidale e un grande vacuolo, detto cnidocisti, dotato ago
iniettante contenente liquido urticante ad uso singolo; gli cnidociti presentano un
meccanismo a pressione, detto cnidociglio attivato dall’urto con altri corpi estranei,
che causa l’apertura dell’opercolo delle cnidocisti e l’espulsione di uno stiletto
dotato di filamento urticante con cui iniettare il liquido velenoso nel corpo urtato e
spine per ancorarsi alla vittima per iniettare il veleno, portando a problemi
neuronali, veleno neurotossico, motori, veleno miotossico, emolitici, veleno
emolitico, e citologici, veleno citotossico, con il solo scopo di difesa o di
paralizzazione della preda.
Ropali: Alcuni tentacoli si modificano per diventare degli organi sensoriali,
detti ropali, dotati di cellule specializzate nella recezione di stimoli luminosi
e chimici, quali sensi di vista, direzione ed olfatto; le cellule più tipiche di
questo tipo di tentacolo sono dette statocisti, cellule cubiche dotate di ciglia
organizzate in gruppi per rinchiudere una sfera minerale al loro interno ed
inviare segnali della sua posizione al resto dell’organismo per
l’orientamento, e ocelli, cellule cubiche dotate di enzimi specializzati nella
recezione di segnali luminosi per la vista e fotorecettorialità; tali strutture
possono essere provviste di lenti minerali o di liquidi specializzati per
migliorare la percezione dei rispettivi sensi.
La forma e il numero di cnidociti e tentacoli sono molto usati nelle classificazioni
per la loro varietà di forma e numero.
Bocca: lo cnidario presenta un’apertura regolabile di riguardevoli dimensioni
nell’apice del celenteron, detta bocca. Ha la funzione di sigillare ed aprire a
comando la cavità dello stomaco, sia per far entrare il cibo sia per impedirne l’uscita
una volta ingerito e digerito.
Manubrio: lo cnidario presenta un prolungamento tubulare tra la bocca e il
celenteron, detto manubrio. Ha la funzione di avvicinare l’apertura boccale alla zona
di cattura delle prede, per diminuire la possibilità di fuga delle stesse e per
minimizzare i tempi di digestione, e di migliorare la manovrabilità del corpo in
acqua dello cnidario.
Epidermide: lo cnidario presenta un epitelio esterno monostratificato; ha la funzione
di proteggere e controllare la forma dell’organismo. Le cellule più tipiche che
costituiscono questo epitelio sono dette cellule mio-epiteliali, presentano forma
piramidale inversa con un ampliamento basale per contenere le fibre di actina-
miosina atte al movimento contrattile del tessuto, e cellule mucose, presentano
forma cilindrica e sono produttori di muco antibatterico e antifeeding; presentano
tracce di cnidociti.
Gastrodermide: lo cnidario presenta un epitelio interno monostratificato; ha la
funzione protettiva e di digestione esterna. Le cellule che costituiscono questo
epitelio sono dette cellule mioepiteliali e cellule gastriche o ghiandolari, cellule
capaci di secernere acido ed enzimi per scindere la maggior parte dei legami nel
cibo. Presentano tracce di cnidociti.
Mesoglea: lo cnidario presenta uno strato di gel connettivo contenente collagene e
poche cellule. Le poche cellule che costituiscono questo strato sono dette cellule
neuro-epiteliali, in parte presenti anche sull’epitelio di forma cilindrica e dotate di
vari assoni per la trasmissione del segnale e la sua recezione, e cellule gangliari,
presentano una forma sferica e numerose diramazioni per il trasporto e regolazione
del segnale nervoso; queste cellule formano un vero e proprio reticolo nervoso con i
loro assoni e dendriti, fornendo allo cnidario la possibilità di coordinare i movimenti
motori e le risposte agli stimo esterni, ma non presenta una cefalizzazione o una vera
e propria centralizzazione o canalizzazione del messaggio che viene distribuito
equamente in tutto il reticolo.
o Riproduzione: gli cnidari possono riprodursi asessualmente e sessualmente. La riproduzione
asessuale si effettua solamente nella forma polipoide tramite gemmazione o tramite
frammentazione, creando copie da punti specifici del corpo, solitamente alla base di esso, ed
andando a formare colonie o nuovi individui, rispettivamente non staccando o staccando la
gemma dal corpo; in alcune specie la forma medusoide può effettuare, dal manubrio o dalla
base dell’ombrella, la gemmazione o la frammentazione. La riproduzione sessuale esterna
avviene tramite il contatto di due gameti, prodotti dalle gonadi temporanee della
gastrodermide o epidermide, nel mare o nel corpo della femmina, formando una larva
vermiforme cigliata, detta planula; dalla larva zigote si sviluppa una forma polipoide, detta
polipo planulare, da cui possono formarsi altre forme polipoidi tramite riproduzione
asessuale, altre forme polipoidi tramite riproduzione sessuale, rimanere singolo e crescere in
dimensioni oppure delle forme medusoidi tramite gemmazioni specializzate e particolari
formate solo in determinati periodi dell’anno; solo in alcuni casi la larva presenta uno
sviluppo in forma medusoide, detta actinula, da cui si sviluppa direttamente l’organismo
completo già in forma medusoide. Gli cnidari sono generalmente unisessuali, raramente
ermafroditi sequenziali o unisoni; gli cnidari sono gli unici animali pluricellulari, insieme a
poriferi e ctenofori, ad avere organi sessuali temporanei o stagionali.
o Nutrizione: gli cnidari sono per la maggior parte predatori passivi, le forme medusoidi ed
alcune forme polipoidi, e filtratori passivi, molte forme polipoidi, anche se molte forme
medusoidi presentano la capacità di localizzare ed inseguire la preda.
o Movimento: negli cnidari il movimento è tipico delle forme medusoidi, con un movimento
pulsante dell’ombrella per spingere l’acqua in direzione opposta e propellersi verso la
direzione dell’apice dell’ombrella; altri tipi di movimento sono principalmente forme di
difesa, come la capacità di ritirarsi in strutture apposite contraendo il corpo intero, o forme di
attacco e nutrimento, come l’accorciamento dei tentacoli verso l’apertura boccale alla cattura
di una preda e il suo movimento direttamente opposto per espellere sostanze non volute o di
scarto dal celenteron. Un movimento specializzato di alcune forme polipoidi è quello dato
dal piede secondo un movimento rotatorio attuato piegando il corpo e ancorando l’apice
boccale tramite cellule specifiche a ventosa per eseguire una rivoluzione completa ed andare
ad ancorarsi in un secondo luogo. Alcuni anemoni possono staccarsi e riattaccarsi in un
secondo luogo dopo essersi fatti trasportare dalla corrente.
o Difesa: solitamente la difesa viene rappresentata dal veleno che presentano nelle cnidocisti;
le forme da polipo possono presentare anche uno scheletro in cui rifugiarsi a difesa del
corpo.
o Classe Hydrozoa (3.600 specie): presentano entrambe le forme, sia solitarie che coloniali, a
volte bandendo o riducendo dal ciclo vitale una forma; il celenteron è semplice, senza
presentare alcuna struttura interna. Sono per la maggior parte marini, con pochi generi
d’acqua dolce, e principalmente insedianti di fondali duri e rocciosi. La forma polipoide,
solitamente di piccole dimensioni e dalla struttura flessibile, presenta una struttura chitinosa
che forma un esoscheletro tubulare protettivo attorno al corpo principale, detto perisarco che
può ricoprire solo le ramificazioni della colonia, negli hydrozoi atecati, o ricoprire come una
teca il polipo singolo, negli hydrozoi tecati, ed un endoscheletro carbonatico a sostegno della
colonia, tipico degli hydrozoi idrocoralli e formato da tubature interne di varie dimensioni a
seconda del polipo che la abita; in tutte le sottoclassi i tentacoli, quando presenti, sono
distribuiti lungo tutto il corpo ed i polipi coloniali presentano una specializzazione: i
gastrozoidi, adibiti alla nutrizione e dalla forma piccola e ricca di tentacoli, i gonozoidi,
adibiti alla riproduzione e dalla forma piccola e priva di tentacoli, ed i dattilozoidi, adibiti
alla difesa e dalla forma allungata e ricca di corti tentacoli dotati di numerose cnidocisti. La
forma medusoide, solitamente di piccole dimensioni e dalla struttura simile alla forma
ideale, presenta un velum alla base dell’ombrella che chiude parzialmente la campana e un
manubrio diviso in canali radiali, strutture indipendenti unite alla base del manubrio e con
funzione di diffusione del nutrimento a tutta la medusa; i tentacoli si sviluppano dai bulbi
tentacolari, provvisti anche di organi sensoriali, e sono spesso capitati; le gonadi sono
epidermiche ed esterne all’ombrella.
Ordine sifonofora: hydrozoo di piccole dimensioni coloniale. Presenta la
particolarità di creare colonie galleggianti, tramite varie strutture, dette
pneumatofore, formate da un polipo specializzato simile a una vela, o vagili, tramite
varie strutture, dette nectocalici, formate da un polipo specializzato simile a
un’ombrella. Generi famosi sono le Velella, i Physalia e i Porpita.
Genere Branchioceratus: hydrozoo di grandi dimensioni solitario, con il
Branchioceratus imperator che raggiunge i 3m e una bocca larga 30cm. Presenta la
particolarità di vivere su fondi molli, in cui si ancora al terreno tramite un
prolungamento del piede basale espanso.
Specie Paracorine uvei: hydrozoo di piccole dimensioni coloniale. Ha una storia di
alti e bassi, scomparendo dalla circolazione dopo essere stato trovato per molti anni
e per poi ricomparire a Pontetto pochi anni fa.
Specie Turritopsis nutricola: hydrozoo di piccole dimensioni coloniale. Presenta la
particolarità di poter decadere una volta finito il ciclo in forma medusoide,
insediandosi nel terreno e ritornando alla fase polipoide senza effettivamente morire.
I principali predatori degli hydrozoi sono molluschi, principalmente i gasteropodi
nudibranchi, che presentano uno strato di mucosa per impedire l’espulsione delle cnidocisti e
poi rubarne lo cnidocita e usarlo a sua volta per difesa. Presenta numerose simbiosi, tra cui
zooxantelle nella forma medusoide delle Velella, zoantidei, briozoi nella forma polipoide,
pesci come i cavallucci marini, paguri come insedianti del loro guscio ed altri crostacei come
le caprelle che mangiano il cibo degli hydrozoi dal loro stomaco;
o Classe Cubozoa (30 specie): presentano entrambe le forme, solitamente solitarie; il
celenteron è semplice senza presentare alcuna struttura interna. Sono tutti marini,
principalmente insedianti di fondali rocciosi. La forma polipoide, solitamente di piccole
dimensioni e dalla struttura flessibile, non presenta alcuna specializzazione particolare. La
forma medusoide, solitamente di piccole o minuscole dimensioni e dalla struttura simile alla
forma ideale, presenta un’ombrella a base quadrata con 4 canali radiali; i tentacoli si
organizzano in 4 gruppi ai vertici dell’ombrella originati da 4 bulbi tentacolari, provvisti di
organi di senso e ocelli ipersviluppati raggruppati in ropali, e sono dotati di cnidociti
estremamente velenosi; le gonadi sono epidemiche, esterne all’ombrella. Tutte le specie di
cubozoi si riproducono per trasformazione totale del polipo in medusa; inoltre, le forme
medusoidi si riproducono solo tra organismi maturi, portando vicine le gonadi intrecciando i
tentacoli e mettendosi opposti, facilitando la fecondazione e con un primo esempio di
fecondazione pseudo-interna. I principali predatori dei cubozoi sono molluschi,
principalmente i nudibranchi, che presentano uno strato di mucosa per impedire l’espulsione
delle cnidocisti e poi rubarne lo cnidocita e usarlo a sua volta per difesa. Non presentano
simbiosi diffuse.
o Classe Scyphozoa (200 specie): presentano entrambe le forme, solitamente solitarie; il
celenteron è pluriloculare, presentando delle introflessioni ma senza essere diviso in più parti
isolate o semi-isolate. Sono per la maggior parte marini, principalmente insedianti di fondali
rocciosi. La forma polipoide, di piccole dimensioni e dalla struttura flessibile, non presenta
alcuna specializzazione particolare. La forma medusoide solitamente di grandi dimensioni e
dalla struttura simile alla forma ideale, presenta un manubrio circondato da braccia orali,
tentacoli specializzati; i tentacoli si possono sviluppare ai margini dell’ombrella, scyphozoi
semeostomea, o non svilupparsi affatto, scyphozoi rhizostomea; in entrambe le sottoclassi le
gonadi sono gastrodermiche, interne all’ombrella. Tutte le specie di quest’ordine si
riproducono per strobilazione, creando uno strobilo nella cima del polipo che crea
staccandosi le efire, meduse dall’ombrella lobata, che si svilupperanno in meduse.
Specie Mastigias papua: scyphozoa rhizostomea di medie dimensioni solitario. Ha la
particolarità di abitare laghi salati o in lagune isolate dell’Adriatico e non presenta
cnidocisti.
Specie Pelagia noctiluca: scyphozoa semeostomea di medie o grandi dimensioni
solitario. Ha la particolarità di mancare la forma polipoide nel suo ciclo vitale,
formando le efire direttamente dall’actinula.
Specie Cotylorhiza tubercolata, comunemente Cassiopea mediterranea: scyphozoa
rhizostomea di medie dimensioni coloniale. Ha la particolarità di poggiarsi sul
fondale con l’ombrella rivolta verso l’alto per permettere una migliore fotosintesi
alle zooxantelle in simbiosi.
I principali predatori degli scyphozoi sono molluschi, principalmente i nudibranchi, che
presentano uno strato di mucosa per impedire l’espulsione delle cnidocisti e poi rubarne lo
cnidocita e usarlo a sua volta per difesa. Presenta numerose simbiosi, tra cui zooxantelle
come nella forma medusoide di Cassiopea, e i pesci come i carangidi che si nascondono
nell’ombrella della medusa
o Classe Staurozoa (50 specie): presentano entrambe le forme anche se entrambe le forme
sono sessili, solitamente solitari; il celenteron è semplice senza presentare alcuna struttura
interna. Sono tutti marini, principalmente insedianti di fondali rocciosi o su altri organismi,
carattere epibionte. La forma polipoide, di piccole dimensioni e dalla struttura flessibile,
presenta una struttura semplificata, priva di colonialità e scheletri; i tentacoli sono 4 e sono
capitati disposti a croce. La forma medusoide, di piccole dimensioni e dalla struttura a forma
di calice, presenta vari peduncoli ai lati dell’ombrella invertita e si attacca al fondale come le
forme polipoidi, rivolgendo verso l’alto il manubrio e i peduncoli; i tentacoli capitati sono
organizzati in 8 ciuffi, molto corti e tozzi, posti all’apice dei peduncoli dell’ombrella; le
gonadi sono gastrodermiche, interne all’ombrella. Tutte le specie di staurozoi si riproducono
per trasformazione totale del polipo in medusa. I principali predatori degli staurozoi sono
molluschi, principalmente i nudibranchi, che presentano uno strato di mucosa per impedire
l’espulsione delle cnidocisti e poi rubarne lo cnidocita e usarlo a sua volta per difesa.
o Classe Antozoa (7000 specie): presentano esclusivamente la forma polipoide; il celenteron è
concamerato, presentando una struttura di sostegno centrale, la faringe, da cui dipartono
pareti divisori in multipli di 6 o 8, dividendo gli antozoi in ottocorallia (3500 specie) e
esacorallia (3500 specie), che creano setti mesenterici uniti, o assenti, alla base del
celenteron e divisi all’apice dell’organismo; negli esacorallia si trovano 6 setti completi e 6
setti incompleti sempre organizzati in una struttura trifogliata, con il petalo centrale, detto
aconzia, ricco di cnidociti che buca il celenteron per difendere il polipo se viene disturbato,
ed entrambi organizzati a coppie mentre negli ottocorallia si trovano solo 8 setti completi. La
forma polipoide, di piccole o medie dimensioni e dalla struttura tipicamente rigida, con una
bocca introflessa nel celenteron creando una faringe di forma ovale, sostenuta da due strisce
di muscoli all’estremità della bocca, con ai vertici due strutture cigliate di sifonoglifi, che
permettono un continuo ricircolo dell’acqua nel celenteron; i tentacoli sono sempre apicali,
organizzati a corona intorno alla bocca, con i ceriantharia che presentano più di una corona
di tentacoli eteromorfi; le gonadi sono gastrodermiche, interne al celenteron poste sui setti
mesenterici.
Ordine ottocorallia: insediano quasi tutti fondali duri e rocciosi, con possibili specie
epibionti, e rari casi di insediamento su fondi molli ed incoerenti; presenta sempre e
solo 8 tentacoli pinnulati, ossia tentacoli dotati di prolungamenti sottili laterali. Si
dividono ulteriormente in alcyonacea, divisa a sua volta in stolonifera ed alcyoniina
ed gorgonacea, pennatule, ed helioporacea: Le helioporacea presentano uno
scheletro carbonatico di colore azzurrino, con colonie da piccole a grandi
dimensioni di forma circolare o lineare sinusoidale; le alcyonacea stolonifera
presentano uno scheletro di scleriti carbonatici di colore rosso o bianco, con colonie
da piccole a grandi dimensioni di forma semplice e colonnare orizzontale, struttura a
stolone, da cui spuntano i polipi creando strutture di ragguardevoli dimensioni; le
alcyonacea alcyoniina presentano un endoscheletro gelatinoso, capace di inglobare
grandi quantità di acqua, di colori sgargianti rinforzato con spicole carbonatiche, con
colonie di forma variabile, normalmente grandi per la quantità d’acqua inglobata
nello scheletro ma in realtà di piccole dimensioni; le alcyonacea gorgonacea
presentano uno scheletro proteico, principalmente proteina gorgonina, ramificato e
rinforzato da scleriti carbonatiche, con colonie da medie a grandi dimensioni di
forma ampia e a ventaglio; le pennatule presentano uno scheletro idrostatico
rinforzato con scleriti carbonatici, con colonie dalla forma tipicamente pennata e
dotata di un peduncolo basale capace di ingrossarsi per penetrare i fondi molli ed
ancorarvisi.
Specie Corallum rubrum: antozoo ottacorallia gorgonacea coloniale, di
dimensioni variabili; ha la caratteristica di creare esoscheletri duri di
carbonato di calcio rosso, oltre allo scheletro proteico di gorgonina.
Genere Xenia: antozoo ottacorallia stolonifera solitari, di grandi dimensioni;
ha la caratteristica di pulsare i tentacoli in presenza di iodio. Si insedia
principalmente su barriere coralline morte o degradate.
Genere Tubipora: antozoo ottacorallia stolonifera coloniali, di grandi
dimensioni; ha la caratteristica di sviluppare scheletri colonnari dallo
stolone, formando vere e proprie foreste carbonatiche sui fondali.
I principali predatori sono molluschi ed echinodermi come il genere acantaster, oltre
che i pesci pappagallo e i pesci farfalla, i primi rompono il corallo ed i secondi
succhiano fuori i polipi singolarmente. Presentano numerose simbiosi, tra cui
zooxantelle, cavallucci marini e pesci pagliaccio ed alcuni molluschi come i
solenogastri che predano i polipi della gorgonia su cui si trovano e di cui mima con
il mantello la forma e colorazione.
Ordine esacorallia: insediano solamente fondali duri e rocciosi; presenta tentacoli
semplici sempre in multipli di 6, solamente gli antipatharia ha solamente 6 tentacoli.
Si dividono in antipatharia, actiniaria, zoantharia, scleractinia ed corallimorpharia: le
antipatharia, o coralli neri, presentano un endoscheletro chitinoso dotato di
microspine di colore scuro, con colonie da medie a grandi dimensioni di forma
ramificata; le actiniaria, o anemoni, presentano uno scheletro idraulico, ossia una
struttura che sfrutta liquidi per mantenere il suo turgore idrostatico, senza alcuna
aggiunta calcarea o silicea, sempre solitari da piccole a grandi dimensioni di forma
tipicamente semisferica tentacolata o appiattita; le sclerattinia, o madrepore,
presentano uno scheletro carbonatico organizzato in coralliti, zone di rifugio per i
vari polipi, dotati di sclerosetti, strutture carbonatiche infilate nel centro di ogni
coppia di setti mesenterici, con colonie da piccole a grandi dimensioni di forma
variabile o solitari da piccole a grandi dimensioni di forma variabile; le zoantharia
presentano l’incapacità di costruire uno scheletro da se, almeno inizialmente, e
quindi o incrostano i fondali duri o parassitano gorgonie ed altri antozoi uccidendola
e sostituendola nel suo scheletro per poi iniziare a costruire uno scheletro chitinoso
sopra allo scheletro dell’ormai morto antozoo, con colonie dalla forma varia; le
corallimorpharia sono strutturalmente identiche alle actinaria, con colonie da piccole
a grandi dimensioni di forma semisferica tentacolata oppure solitari da medie a
grandi dimensioni di forma semisferica tentacolata.
Specie Actina equinia: antozoo esacorallia actiniaria, di piccole dimensioni;
ha la caratteristica di insediare i fondali rocciosi del bagnasciuga e degli
scogli costieri e la capacità di resistere per brevi periodi all’esterno.
Specie Pnemonia sulcata: antozoo esacorallia actiniaria, di piccole o medie
dimensioni; viene mangiata principalmente al sud-italia e in grecia.
Specie Savalia savaglia: antozoo esacorallia zoantharia, di medie o grandi
dimensioni; ha la caratteristica di insediare, uccidendo la colonia
precedente, gli scheletri di antipatharia rimpiazzando il corallo nero
precedente.
Specie Diploria labirinthiformis: antozoo esacorallia sclerettinia, di medie
dimensioni; ha la caratteristica di creare colonie labirintiche a forma di
sfera, riconducibili come forma a un cervello umano.
Predatori molluschi echinodermi e pesci. Simbiosi con zooxantelle, principalmente
nelle sclerattinia delle barriere coralline.
Ordine ceriantharia: insediano solamente fondali molli ed incoerenti; presentano un
esoscheletro tubulare di cnidocisti particolari, detti pticocisti, che vengono fatti
esplodere per intrecciare i vari filamenti espulsi a formare una maglia, con colonie
da piccole a grandi dimensioni di forma tubulare inserite con lo scheletro nel fondale
e spuntando in minima parte; i tentacoli sono organizzati in due cerchie, non una
sola o casualmente, di morfologia diversa, divisi in tentacoli orali corti al centro e
tentacoli laterali lunghi all’esterno.
o Classe Polypodiozoa: il celenteron è semplice; struttura simile all’idrozoo. Quando si
riproduce la sua larva è parassita delle uova degli storioni, per poi liberarsi nuovamente e
rincominciare il ciclo.
o Classe Myxozoa: prima considerati protozoi, adesso cnidari, simili al plasmodium in forma e
comportamento.
Ctenophora (100 specie): organismi planctonici, anche se presentano rare forme bentoniche,
pluricellulari diblastici e solamente marini, principalmente di profondità elevate; solamente solitari.
Presentano una varietà di forme e dimensioni elevata. Probabilmente i primi organismi animali
triblastici, presentando un abbozzo di tessuto muscolare intermedio ai due tipi di dermi presenti.
Appartengono al clade radiata.
o Struttura: la struttura tipo degli cntenophori presenta simmetria raggiata, solitamente
biraggiata, con una struttura ovale, detta ombrella, che delimita lo stomaco, detto celenteron,
e le gonadi e nella quale si sviluppano gli cteni cigliati, gli eventuali tentacoli e l’apertura
boccale; l’organismo è costituito dallo strato di cellule che rivestono la mesoglea, il
connettivo di struttura di cui è fatto la maggior parte del corpo di uno ctenophoro. Sono
organismi aprocti.
Ombrella: lo ctenophoro presenta una struttura ombrellata di forma ovale, detta
ombrella. Ha la funzione di protezione e direzionamento dello ctenophoro,
funzionando da base per le altre strutture corporee e per l’unico organo di senso,
usato per direzionare lo ctenophoro detto statociste.
Statociste: una struttura apicale all’ombrella dello ctenophoro usata
principalmente come organo direzionale. Le cellule più tipiche di questo
organo sono dette statocisti, cellule cubiche dotate di ciglia organizzate in
gruppi per rinchiudere una sfera minerale al loro interno ed inviare segnali
della sua posizione al resto dell’organismo; tali strutture possono essere
provviste di liquidi specializzati per migliorare la percezione della direzione.
Celenteron: lo ctenophoro presenta una cavità interna isolata dall’esterno
estremamente ramificata, detta celenteron. Ha la funzione di isolare la zona adibita
alla digestione esterna del cibo e ha la funzione di conservare e/o proteggere le
gonadi con i loro gameti. La struttura tipica del celenteron si ramifica in due rami
principali, divisi in 4 rami secondari, usati per portare il nutrimento ai vari cteni
sovrastanti più vari altri rami secondari.
Tentacolo: lo ctenophoro può presentare due prolungamenti, posti ai lati del corpo,
detti tentacoli. Ha la funzione di difendere lo cnidario da predatori e di catturare le
prede. Le cellule più tipiche di questo organo sono dette colloblasti, presentano
forma allungata e vari grandi vacuoli esterni legati solo tramite microtubuli, detto
collociste, contenente liquido colloso ad uso singolo; i colloblasti presentano un
meccanismo a molla attivato a comando dallo ctenophoro che causa l’espulsione del
colloblasto e il suo successivo riavvicinamento con attaccata la preda. La forma e il
numero di cnidociti e tentacoli sono molto usati nelle classificazioni per la loro
varietà di forma e numero.
Bocca: lo ctenophoro presenta un’apertura regolabile di riguardevoli dimensioni alla
base del celenteron, detta bocca. Ha la funzione di sigillare ed aprire a comando la
cavità dello stomaco, sia per far entrare il cibo sia per impedirne l’uscita una volta
ingerito e digerito.
Cteno: lo ctenophoro presenta una serie di cellule cigliate poste sopra all’ombrella a
formare una struttura longitudinale o sagittale, detti cteni; ha la funzione di muovere
nell’ambiente lo ctenophoro. Gli cteni risultano fosforescenti e rifrangenti alla luce
data la speciale conformazione esterna delle cellule che funzionano da prisma.
Epidermide: lo ctenophoro presenta un epitelio esterno monostratificato; ha la
funzione di proteggere e controllare la forma dell’organismo. Le cellule più tipiche
che costituiscono questo epitelio sono dette cellule epiteliali, presentano forma
cilindrica, e cellule mucose, presentano forma cilindrica e sono produttori di muco
antibatterico e antifeeding.
Gastrodermide: lo ctenophoro presenta un epitelio interno monostratificato; ha la
funzione protettiva e di digestione esterna. Le cellule che costituiscono questo
epitelio sono dette cellule gastriche o ghiandolari, cellule capaci di secernere acido
ed enzimi per scindere la maggior parte dei legami nel cibo.
Mesoglea: lo ctenophoro presenta uno strato di gel connettivo contenente collagene
e varie fibre neurali e muscolari. Le cellule che costituiscono questo strato sono
dette cellule neuro-epiteliali, in parte presenti anche sull’epitelio di forma cilindrica
e dotate di vari assoni per la trasmissione del segnale e la sua recezione, cellule
gangliali, presentano una forma sferica e numerose diramazioni per il trasporto e
regolazione del segnale nervoso, e cellule muscolari, presentano una forma
cilindrica allungata e dotate di una lunga sequenza di filamenti di miosina e actina
atte al movimento interno dello ctenophoro; queste cellule formano un vero e
proprio reticolo nervoso con i loro assoni e dendriti, fornendo allo cnidario la
possibilità di coordinare i movimenti motori e le risposte agli stimoli esterni, ma non
presenta una cefalizzazione o una vera e propria centralizzazione o canalizzazione
del messaggio che viene distribuito equamente in tutto il reticolo.
o Riproduzione: cit. Bavestrello: “non si sa”.
o Nutrizione: sono tutti predatori passivi.
o Movimento: si muovono tramite gli cteni posti ai lati del corpo, che con il loro movimento
cigliato coordinato ad onda permettono di spostare l’acqua.
o Difesa: probabilmente presentano un corpo di resistenza a noi ignoto che gli permette di
rimanere vivo durante i periodi di magra.
o Classe nudi: presentano una simmetria raggiata. Sono tutti marini planctonici. Non
presentano tentacoli ai lati del corpo.
Genere Beroe: nudi solitari; presentano la maggiore diffusione di tutti i nudi e la
maggiore bioluminescenza tra gli ctenophori.
o Classe tentacolata: presentano una simmetria raggiata e poche volte bilaterale. Sono tutti
marini planctonici, a parte un genere bentonico. Presentano due tentacoli ai lati del corpo.
Genere Cestus: tentacolati solitari; presentano la particolarità di avere una forma
appiattita con simmetria bilaterale.
Genere Platicteni: tentacolati solitari; presentano le particolarità di avere una forma
appiattita ed essere bentonici.
Anellidi (17.000 specie): organismi bentonici, pluricellulari triblastici e solitamente marini o d’acqua
dolce, con varie forme terrestri; solamente solitari. Presentano una varietà di forme e dimensioni
elevata, ma mantengono tutti la composizione metamerica basata sulla struttura tipo. Organismi
animali triblastici, presentando un tessuto muscolare intermedio ai due tipi di dermi presenti, dotato
di un celoma formato per schizocelia, anche se ancora molto primitiva; appartengono al clade
protostomia lophotrochozoa.
o Struttura: la struttura tipo degli anellidi presenta simmetria bilaterale e metameria, ossia una
divisione del corpo in metameri semi-sufficienti; tali metameri presentano una muscolatura
autonoma ed un apparato riproduttore ed escretore autonomo, ma sono privi di sistema
circolatorio e nervoso autonomi e l’apparato digerente si sviluppa collegato in ogni
metamero. La metameria si può sviluppare in maniera omonoma, in cui tutti i metameri
hanno forma e funzione simile, o in maniera eteronoma, in cui alcuni metameri si sviluppano
diversamente dal metamero standard per forma e funzione. Sono organismi proctodeali.
Capo: gli anellidi presentano una struttura apicale al corpo, detta capo, racchiudente
tutti gli organi di senso, se presenti e principalmente ocelli, e il centro gangliare di
raccolta e gestione informazioni. Gli anellidi presentano vari tipi di organi olfattivi,
tra cui dei meccanorecettori, strutture tentacolate adibite alla percezione corporea e
chemiorecettori, fossette adibite alla recezione di segnali chimici.
Coda: gli anellidi presentano una struttura in fondo al corpo, detta coda, contenente
varie strutture per direzionare il movimento dell’anellide e nelle specie sedentarie e
fossorie per scavare buche e produrre il muco per l’esoscheletro.
Bocca ed ano: gli anellidi presentano un’apertura nel capo, detta bocca, e
un’apertura opposta alla coda, detta ano; hanno la funzione di regolare l’entrata di
cibo nell’apparato digerente e l’uscita degli scarti della digestione. In molti anelli
filtratori la bocca presenta di una corona di radioli con pinnule, molto spesso unite
all’apparato branchiale respiratorio e dotate di cellule cigliate con cui catturare
meglio ossigeno e prede, mentre molte specie erranti bentoniche o predatori sono
dotate di un apparato boccale e faringeo estroflettibile e dotato di mandibole
chitinose, a volte avvelenate, usato per catturare le prede ed alcune specie d’agguato
o abissali presentano dei tentacoli cefalici atti a scovare prede o a percepire pericoli.
Apparato riproduttore: gli anellidi presentano l’apparato riproduttore metamerizzato,
che si sviluppa in ogni metamero come una gonade posizionata sempre nel
mesoderma del metamero; ha la funzione di produrre lo sperma e le uova che espelle
attraverso un gonodotto, che si sviluppa nel metamero successivo, durante
l’accoppiamento.
Apparato digerente: gli anellidi presentano solitamente un apparato digerente lineare
e di forma cilindrica, non metamerizzato; ha la funzione di digerire il materiale
organico ingerito o filtrato. Si trova indiviso lungo tutta la lunghezza dell’organismo
in posizione centrale ed è sostenuto da due strisce di collagene, superiormente ed
inferiormente, che dividono il celoma in cui si trova l’apparato digerente in due
metà simmetriche, e dallo strato di collagene che divide i vari metameri.
Apparato respiratorio: sono il primo gruppo di animali dotati di un semplice
apparato respiratorio formato da strutture chitinose ricoperte, dette parapodio, da un
tessuto estremamente irrorato; ha la funzione di catturare ossigeno dall’ambiente.
Parapodio: prolungamenti laterali del metamero dei policheti, solitamente
dal carattere bifido, dividendosi in neuropodio in basso e notopodio in alto,
e dotato di due acicule, spesse strutture chitinose rigide, che sostengono i
gruppi di setole chitinose, dette chete, a volte sostituite da cirri e forniscono
rigidità alla struttura. il notopodio sostiene le branchie e il sistema
filtratorio, ove presenti, e il neuropodio serve il movimento.
Apparato escretore: gli anellidi presentano un apparato escretore, detto metanefridio,
fornito di strutture filtratori, dette nefridio, organizzate in una struttura tubulare
metamerica collegata al celoma con una struttura ad imbuto cigliato, detto
nefrostoma, e comunicante con l’esterno tramite varie aperture specializzate, dette
nefridioporo; ha funzione di espellere NH3 ed altre scorie metaboliche delle cellule
all’esterno. L’escrezione si divide in due fasi, una fase di ultrafiltrazione non
selettiva e una fase di riassorbimento selettivo.
Metanefridio: una struttura tubulare, presenta due zone principali: il
nefrostoma, un’apertura ad imbuto atta a raccogliere il liquido ricco di NH3
e sostanze di scarto creato dalla pressione sanguigna dell’apparato
circolatorio, creata dallo pseudo-cuore durante il battito, dal celoma; il
nefridio, ricco di cellule filtro, atto a riassorbire selettivamente eventuali
sostanze utili all’organismo che prima non erano state filtrate. In tal modo si
espelle solo lo stretto essenziale, un misto tra ammoniaca concentrata e altre
sostanze di scarto.
Sistema nervoso: gli anellidi presentano un sistema nervoso cefalizzato, originato
dal ganglio circum-esofageo che funziona da centro di raccolta ed elaborazione delle
informazioni e sviluppato in una catena ventrale gangliare, divisa in due catene
diverse e organizzato in gangli ad ogni metamero; ha la funzione di raccolta, analisi
e risposta agli impulsi esterni e di informazioni. Si trova nella zona ventrale e si
diffonde in tutte le appendici e in ogni metamero.
Apparato circolatorio: gli anellidi presentano un apparato circolatorio chiuso
formato da un vaso dorsale principale e un vaso ventrale principale unico per tutto
l’organismo e sono connessi in ogni metamero da capillari metamerici; ha la
funzione di irrorare l’organismo di ossigeno e nutrienti. L’apparato presenta dei
muscoli che servono a dare una direzionalità al flusso sanguigno, iniziando dalla
zona pulsante simil-cuore presente nella parte dorsale dell’organismo dirigendosi
prima verso il capo tramite il vaso dorsale e ossigenandosi dalle branchie attraverso i
vasi laterali e poi verso il vaso ventrale per poi chiudere il cerchio tornando allo
pseudo-cuore.
Sistema muscolare: gli anellidi presentano muscolatura sub-cutanea; ha la funzione
di muovere e sostenere il corpo dell’anellide. La muscolatura si divide in fibre
longitudinali, fibre circolari e fibre trasversali legate al parapodio.
Scheletro idraulico: gli anellidi presentano uno scheletro formato dal celoma
riempito di liquido, rendendo incomprimibile il corpo, circondato da muscolatura
potente; ha la funzione di sostenere il corpo e aiutare il movimento. Molte specie
sedentarie hanno la capacità di creare strutture esterne, solitamente tubulari, atte a
difendere e sostenere il corpo fatto di membrane organiche o di strutture calcaree
dotate di opercolo come sostegno aggiuntivo allo scheletro idraulico.
Epidermide: gli anellidi presentano un epitelio monostratificato; ha la funzione di
difesa da agenti esterni ed a volte produce una sottile cuticola esterna, formata da
collagene e proteine varie, usata come protezione aggiuntiva all’ambiente sia come
difesa meccanica che all’essiccazione, specialmente spessa nelle specie terrestri ed
interstiziali. Le cellule tipiche di questo tessuto sono dette cellule epiteliali,
presentano una forma cilindrica.
Gastrodermide: gli anellidi presentano un epitelio interno monostratificato; ha la
funzione protettiva e di digestione esterna. Le cellule che costituiscono questo
epitelio sono dette cellule gastriche o ghiandolari, cellule capaci di secernere acido
ed enzimi per scindere la maggior parte dei legami nel cibo.
Parenchima e celoma: gli anellidi presentano un tessuto connettivo formato da gel di
collagene e contenente due sacche vuote o riempite di liquido, detto celoma, formato
per schizocelia durante la fase larvale o embrionale; le sacche celomatiche ricoperte
da peritoneo, un sottile strato unicellulare, e sono separate dal mesentere dorsale e
ventrale, uno strato di collagene che si unisce al connettivo che riveste l’apparato
digerente.
o Riproduzione: data la vasta differenza nella modalità di riproduzione dei vari gruppi di
anellidi vengono descritti lì.
o Nutrizione: principalmente predatori passivi ed attivi o filtratori. La maggior parte delle
specie erranti e/o planctoniche sono predatori, mentre tutte le specie sedimentarie sono
filtratrici che possono filtrare sia i sedimenti, detti deposivori selettivi e aselettivi, sia l’acqua
marina, detti fitratori attivi e passivi. Alcuni anellidi scavano fosse ad u che spalmano di
muco ed aspettano che il muco si riempia di sedimento, aspettando o attivamente portando
l’acqua dentro il tubo con il movimento dei parapodi, per poi mangiare il muco, che viene
usato come elemento filtratore; molte specie filtratori usano prolungamenti preorali
tentacolati per raccogliere il sedimento da terra o per filtrare l’acqua con i tentacoli e portare
alla bocca il bottino.
o Movimento: gli anellidi terrestri e alcuni anellidi acquatici si muovono tramite un
movimento tipico, allungando e accorciando il corpo tramite la muscolatura; i vari metameri
presentano una coordinazione molto sviluppata, creando una certa autonomia tra i vari
metameri, ognuno con la sua muscolatura, ed una forza maggiorata: il movimento anteriore
permette di allungare ed assottigliare il corpo dell’anellide per scavare il terreno, per poi
richiamare i metameri successivi e riaccorciare il corpo, distendendo quelli anteriori
nuovamente per ripetere il processo secondo un movimento sinusoidale. Molti anellidi
marini presentano dei parapodi, strutture laterali al corpo che servono per il movimento e la
respirazione: precisamente il neuropodio, posto inferiormente, serve al movimento
funzionando come semplici e corte gambe a sostegno del corpo.
o Difesa: solitamente le specie sedimentarie si ritirano nell’esoscheletro o nella fossa creata,
mentre le specie erranti si affidano al mimetismo o a veleno urticante e letale.
o Classe policheti (11.500 specie): tutti marini. Presentano metameria sia omonoma che
eteronoma e sono dotati di una coppia di appendici laterali in ogni metamero, detti
parapodio. Solitamente di 2-100 mm di lunghezza, forma allungata e solitamente cilindrica o
appiattita; presentano sia carattere bentonico, sia fossorio che errante, che planctonico, più
raro, e pochissime forme parassite o componenti della fauna interstiziale, ossia presenti tra i
granelli di sabbia dei fondali. Si dividevano solitamente in errantia e in sedentaria, anche se
oggi sono stati divisi in molti più ordini e sottoclassi. I metameri dei policheti sono sia
omonomi che eteronomi, differenza visibile soprattutto durante il periodo riproduttivo.
Famiglia terebellide: metameria eteronoma e carattere sedentario deposivoro
selettivo. Presenta dei tentacoli posizionati sul terreno molto lunghi con cui
catturano i sedimenti che cadono sul fondo.
Famiglia serpulidi: metameria eteronoma e carattere sedentario filtratore selettivo.
Presenta dei tentacoli boccali estesi, una specializzazione dei notopodi, con cui
effettuano filtrazione e respirazione e un esoscheletro calcareo a protezione, in cui si
ritirano se approcciati.
Specie Eunice viridis: metameria eteronoma e carattere sedentario deposivoro
aselettivo. Presenta schizogamia epitoca, usata in Samoa, il luogo di maggior
diffusione della specie, come cibo.
Specie Eunice aphroditois: metameria eteronoma e carattere fossorio predatore,
soprattutto di pesci ed animali bentonici. Presenta le dimensioni maggiori di tutti i
policheti, arrivando fino ai 5m di lunghezza; presentano un faringe estroflesso
dotato a volte di tenaglie chitinose, con un veleno dallo scopo ignoto, circondato da
5 tentacoli sensoriali usati per captare la preda, che spesso viene uccisa sul colpo
dalla chiusura delle tenaglie o addirittura tranciata in due. Questa caratteristica gli è
valso il nome comune di verme Bobbit, dal famoso caso di castrazione fai-da-te di
Lorena Bobbit al marito.
Genere Arenicole: metameria eteronoma e carattere sedentario deposivoro
aselettivo. Presenta il metodo di nutrizione sfruttante il tubo ad u.
Riproduzione: i policheti possono riprodursi asessualmente o sessualmente. la
riproduzione asessuale avviene tramite frammentazione o propaguli. La
riproduzione sessuale avviene tramite fecondazione esterna con la liberazione dei
gameti nel celoma ed espulsi all’esterno attraverso canali specializzati, detti
gonodotti, o attraverso i metanefridi per produrre uno zigote; lo zigote si sviluppa
indirettamente generando una larva specifica, detta trocofora, da cui si sviluppa
l’anellide o più raramente si sviluppa direttamente in un anellide. Le gonadi sono
organi permanenti nel corpo, solitamente posizionate nel mesentere metamerico; gli
individui sono solitamente gonocorici, con alcune rare eccezioni di ermafroditi
insufficienti. Alcune specie presentano epitochia, ossia la maturazione dell’apparato
sessuale solo della parte inferiore dell’organismo, ed a volte questo fenomeno viene
unito dal fenomeno della schizogamia, ossia il distacco della parte di organismo
dotato di gonadi mature e il rilascio successivo di gameti; molte volte gli organismi
sessili si distaccano dal fondo e nuotano verso la superfice per creare enormi orge di
individui.
Trocofora: una larva specifica degli anellidi, dalla forma bipiramidale
triassiale metamerica; la struttura della larva presenta già alcuni apparati
rudimentali, tra cui un apparato digerente ad angolo retto e un apparato
escretore formato da un singolo protonefridio, e si può dividere in una parte
cigliata apicale, detta apotroco e da cui dipartono i gangli nervosi, in una
parte mediana cigliata, detta prototroco al cui sottostare si trova l’apertura
boccale, in una parte cigliata basale, detta metatroco e da cui si sviluppano i
vari metameri e la maggior parte degli organi, e in una parte cigliata anale,
detta telotroco a forma di ciuffo. durante lo sviluppo si vengono a formare i
vari metameri del corpo, solo attraverso le cellule totipotenti del metatroco
posizionate nel mesoteloblasto, e si sviluppa il celoma metamerico
schizocelico.
o Classe clitellati (1.600 specie): per la maggior parte terrestri e d’acqua dolce. Presentano
metameria omonoma e sono dotati di 4 fila di ciglia o ventose boccali ed anali e di un gruppo
di metameri specializzato, detto clitello. Solitamente da piccole a medie dimensioni, di forma
allungata e cilintrica; si dividono in oligocheti, per la maggior parte terrestri o d’acqua dolce
e a metameria omonima, e in irudinei, per la maggior parte d’acqua dolce, ma con grande
adattabilità all’ambiente marino e terrestre e a metameria omonima sfalsata tra interno ed
esterno, con un maggiore numero di metameri esternamente.
Oligocheti: sono tutti deposivori fossori, variano grandemente in dimensioni tra le
varie specie. Presentano una completa mancanza di parapodi, sostituiti nel
movimento da 4 coppie di setole posizionate nei 4 punti cardinali del corpo e rivolte
verso il fondo dell’organismo; non presentano vaste differenze dalla struttura tipo, a
parte la mancanza dell’apparato respiratorio e l’apparato digerente modificato
estremamente più irrobustito, dotato di una piega interna a forma trifogliata e dalla
superfice molto più muscolare capace di digerire la terra.
Irudinei: sono specie ectoparassite, detti ectoparassiti, variano grandemente in
dimensioni tra le varie specie; non presentano alcun tipo di setola né appendici
motorie ma sono dotati di ventose boccali ed anali per ancorarsi all’ospite e bucarne
la pelle; non presentano grandi variazioni dalla struttura tipo, a parte la mancanza di
qualsivoglia tipo di celoma, la mancanza di apparato respiratorio e l’apparato
digerente dotato di bocca dentata, composta da tre lame impregnate di saliva
anticoagulante contenente irudinina, e con numerosi ciechi per digerire e conservare
il sangue delle vittime.
Movimento: per muoversi usano le ventose per fissarsi al substrato,
dapprima posteriormente e successivamente, dopo la distensione del corpo
grazie alla muscolatura interna, anteriormente per poi distaccarle allo stesso
ordine e contrarre il corpo. Il movimento è detto galoppo.
Nutrizione: sono il primo gruppo di animali parassiti esterni, principalmente
senza un ospite fisso per la durata della vita. Sono tutti “predatori”
d’agguato; la digestione dei liquidi corporei è estremamente lenta, per cui
una volta finito il pasto si ritira dall’ospite per digerire.
Specie Irudo medicinalis: metameria omonoma. Presenta la maggiore
diffusione nel continente euro-asiatico e anche la minor capacità infettiva tra
le sanguisughe europee; era usata un tempo per i salassi.
Famiglia pontobdellidae: metameria omonoma. Presenta termorecettori, che
usano per percepire bestiame e usano il galoppo per saltare sulle zampe degli
animali, e sono terrestri.
Riproduzione: i clitellati possono riprodursi asessualmente o sessualmente. la
riproduzione asessuale avviene tramite frammentazione o propaguli. La riproduzione
sessuale avviene tramite fecondazione esterna, effettuata tramite contatto ventre-
ventre tra i due individui, con la liberazione dei gameti maschili nel celoma ed
espulsi all’esterno attraverso canali specializzati, detti gonodotti, o attraverso i
metanefridi dei metameri vicini al clitello, che produce il muco per permettere il
passaggio degli spermi all’altro individuo e conservarli nelle spermoteche, strutture
di contenimento dello sperma, da cui viene successivamente rilasciato dentro a un
manicotto, una struttura mucosa rigida prodotta dal clitello, insieme alle uova mature
per produrre uno zigote; lo zigote viene quindi incapsulato dal manicotto e si
sviluppa direttamente in un anellide. Le gonadi sono organi permanenti nel corpo,
solitamente posizionate nei metameri vicini al clitello; gli individui sono solitamente
ermafroditi insufficenti, con alcune rare eccezioni di gonocorici.
o Classe myzostomida (30 specie): tutti ectoparassiti di echinodermi e parassiti interni di
cnidari bentonici. Non presentano metameria e mancano di apparati circolatori e sistema
nervoso metamerico, ma presentano un apparato digerente ramificato sostitutivo, con
numerosi parapodi laterale uncinati per ancorarsi all’ospite. Di piccole dimensioni, dalla
forma sferica ed appiattita; presentano carattere parassita.
Riproduzione: simile ai policheti.
o Classe pogonofora: tutti marini. Presentano poche differenziazioni tra i metameri, tanto che
la metameria è visibile solo nel capo, e sono dotati di un lungo tentacolo sul capo e di solito
creano esoscheletri tubulari chitinosi a protezione. Di medie o grandi dimensioni, dalla
forma tubulare e cilindrica; presentano carattere bentonico.
Ordine vestimentifera: nessuna metameria. Presentano un apparato digerente
tubulare, a volte chiuso, e abitato da varie coltivazioni batteriche anaerobie; abitano
le sorgenti termali delle profondità marine, dalle quali assorbono i solfati per
permettere ai batteri con cui sono in simbiosi di produrre glucosio.
Riproduzione: simile ai policheti.
o Classe echiuride: tutti marini. Non presentano metameria, ma sono dotati di una proboscide
preorale non retrattile, molte volte ramificata, a forma cilindrica o concava usata per nutrirsi.
Di piccole o medie dimensioni, dalla forma sferica o allungata; presentano carattere
bentonico e fossorio.
Specie Bonellia viridis: nessuna metameria. Presenta una proboscide biforcuta lunga
fino a un metro; il sesso di questa specie viene determinato da dove si posa la
trocofora sul fondale ossia in maniera fenotipica, diventando femmina se non sono
presenti altri esemplari oppure diventando maschio se già presente una femmina,
presentando dimorfismo sessuale estremamente accentuato, con la femmina anche
100 volte più grande del maschio.
Riproduzione: simile ai policheti.
o Classe sipunculide: tutti marini. Non presentano metameria, ma dotati di una proboscide
preorale ed orale retrattile, molto spesso tentacolata, usata per la nutrizione e l’ano a lato del
corpo, portando a una piega nell’apparato digerente. Di piccole o medie dimensioni, dalla
forma cilindrica ed allungata; presentano carattere bentonico.
Riproduzione: simile ai policheti.
Rotiferi: sono i componenti del plancton e della fauna interstiziale, principalmente d’acqua dolce.
presentano piccole dimensioni, non superando il millimetro, e presenta eutelomia, senza presentare
altre mitosi tra lo zigote e l’adulto. Presentano una cuticola superficiale robusta detta lorica e due
corone ciliate per il nutrimento e movimento; presenta un piede per fissarsi al substrato, una laringe,
detta mastax, adatta al tritare le prede e uno stomaco muscoloso altamente efficiente circondato da
uno pseudoceloma. Il ciclo vitale è estremamente veloce, di solito pochi giorni, e si riproduce per
partenogenesi in condizioni ottimali, altrimenti per fecondazione quando le condizioni sono avverse;
la forma cambia a seconda della generazione, presentando ciclomorfosi, secondo varie reazioni quali
la presenza del predatore, la quantità di prede e la temperatura dell’acqua. Può andare in criptobiosi,
superando le condizioni avverse chiudendosi nella corazza.
o Riproduzione nel caso di riproduzione sessuale il maschio compare; le uova mittiche,
fecondate dai maschi, permettono il superamento del ciclo sfavorevole essendo dotate di
corpi di resistenza maggiori delle uova amittiche. Sviluppo diretto
Cordati:
o Struttura: la struttura tipo dei cordati non esiste, ma sono tutti dotati di una simmetria
bilaterale. Sono tutti organismi proctodeali.
Bocca ed ano: i cordati presentano un foro apicale, detto bocca, e uno laterale o
caudale, detto ano; hanno la funzione di regolare l’entrata e l’uscita del cibo
dall’apparato digerente. Molte specie filtratori ed i vertebrati più antichi, come i
pesci, presentano un faringe boccale ipersviluppato, estremamente più largo della
bocca e del resto dell’apparato digerente, dotato di tremata, un foro nella parete
faringea atto a catturare particelle di cibo nell’acqua, e di una colonna di cellule
mucipare, detto endostilo (successivamente detto tiroide nei vertebrati) ed atto a
produrre il muco ricco di iodio presente nel faringe; solitamente l’ano viene posto
successivamente al faringe e dal lato ove è presente il sifone esalante per
coadiuvare il flusso d’acqua che esce dal faringe.
Apparato digerente:
Apparato escretore:
Apparato riproduttore:
Apparato circolatorio:
Sistema nervoso:
Sistema muscolare:
Epidermide: specializzato in ogni classe. I tunicati presentano un epitelio
monostratificato colonnare rivestito da tunicina, una proteina simil-cellulosa; i
cefalocordati presentano un epitelio monostratificato colonnare senza rivestimenti
specializzati; i vertebrati presentano un epitelio monostratificato irrobustito con
spicole o scaglie ossee o cartilaginee, oppure un epitelio monostratificato rivestito
da mucosa e altre sostanze gelatinose, oppure un epitelio pluristratificato irrobustito
da cheratina e strutture specializzate, detti peli o piume o scaglie.
o Nutrizione: molti cordati presentano un carattere filtratore, come tunicati e cefalocordati,
ma i vertebrati presentano tutti i caratteri nutritivi sviluppati nel mondo animale, dal
filtratore al macropredatore al brucatore al parassitante.
o Classe tunicati o urocordati: presentano una struttura tondeggiante e coloniale oppure
lineare solitamente dotata di un sifone apicale, omonimo della struttura boccale, seguito da
un faringe ipersviluppato, a forma di tubo e dotato di tremata; non presentano sistemi
muscolari e sistemi nervosi sviluppati, ma possono presentare socialità e colonialità;
durante lo sviluppo perdono la corda caudale, da cui il nome, che viene usata per ancorarsi
al fondale. Sono solamente marini.
Riproduzione: i tunicati si possono riprodurre sia asessualmente che sessualmente.
La riproduzione asessuale avviene tramite gemmazione, che a volte non stacca la
gemma per produrre una struttura sociale, senza presentare apparati e sifoni in
comune, o una struttura coloniale. La riproduzione sessuale avviene tramite
fecondazione esterna con l’espulsione dei gameti per produrre uno zigote; lo zigote
si sviluppa in una larva specializzata, detta larva giriniforme, che si sviluppa in un
tunicato.
Ordine ascidiacea: presentano carattere bentonico sessile. Perdono la corda durante
lo sviluppo, che viene usata come punto di ancoraggio dalla larva per inserirsi sul
fondale roccioso.
Genere Clavelina: presenta un epidermide trasparente.
Specie Halocynthia papillosa: presenta un sifone lobato a croce.
Specie Fallusia papillata: presenta un sifone inalante circondato da papille
epidermiche della tunica a protezione.
Ordine larvacei: presentano carattere planctonico. Presentano una forte neotenia,
mantenendo esattamente la struttura esterna della larva, e presentano i sifoni e il
faringe ipersviluppati ed a volte appiattiti nella zona apicale del corpo; non perdono
la corda durante lo sviluppo.
Ordine taliacei: presentano carattere planctonico. Presentano una forma tubulare
composta da un sifone esalante caudale, opposto al sifone inalante apicale, e un
faringe piatto, posto tra i due sifone e prima dell’apparato digerente che funziona
normalmente e permette il movimento a reazione attraverso la pressione dell’acqua
espulsa dalla filtrazione.
Specie Thalia democratica: presenta una struttura sociale, collegando con
muscolatura primitiva i vari sacchi, gli individui, della catena; sono la
specie più comune di taliacei.
Genere Doliolidi: presenta una struttura solitaria, ma una forma e
conformazione interna simile al genere Thalia.
Genere Pirosomidi: gli unici taliacei coloniali, formando strutture
sacciformi atte a coadiuvare il flusso esalante, diretto verso l’interno del
sacco, per muoversi.
o Classe cefalocordati: la corda attraversa tutto il corpo e la mantengono fino alla fine della
vita. Si muovono attraverso la corda, formata da strutture cilindriche di connettivo denso,
che antagonizza la muscolatura metamerica, formata da metameri a V dette miomeri.
Presentano un faringe estremamente sviluppato, lungo quasi metà del corpo, dotato di un
poro laterale esalante, e dotato di tremata per la nutrizione. Presenta un sistema nervoso,
strutturato a forma di tubo e formato da un’invaginazione dell’ectoderma, dorsale ed
appoggiato sulla corda. Presenta un celoma circondante il faringe, detto atrio, che contiene
anche le gonadi.
Genere anfioxus: presenta una struttura estremamente longilinea, con un capo
lievemente sferico, e una coda a punta. Solitamente si ancorano al fondale tramite la
coda e usano la corrente per nutrirsi.
o Classe vertebrati: si dividono in gnatostomi, contenenti tutti gli ordini che conosciamo e
sono dotati di mandibole e mascelle, e in agnatostomi, non dotati di mascelle e mandibole.
Presentano il tessuto osseo e il tessuto cartilagineo, connettivi di sostegno tipici vertebrati
formati da acido ialuronico e apatite rispettivamente; molte volte ed in tutti i pesci si
presentano strutture di sostegno di cartilagine nel faringe branchiale, detti archi branchiali.
Agnati: sviluppati nel cambriano, sono arrivati fi ad oggi in due ordini, le lamprede
e le mixine; i primi erano gli ostracodermi, presentanti placche ossee esterne adesso
estinte. Presentano un corpo anguilliforme, ma nessuna pinna per il nuoto e una
bocca sempre aperta, non dotata di sistemi articolati per chiuderla, dotata di una
dentatura circolare o ovale usata per staccare pezzi di carne o per perforare la pelle
e succhiare il sangue.
Ordine pteromyzontiformi: è anadromo, ossia vive in mare ma si riproduce
in acqua dolce pura, che raggiunge nuotando o attaccandosi a pesci
nuotatori. Sono ematofagi, succhiando il sangue dalla ferita che creano con
movimenti circolari della dentatura boccale. Dopo la riproduzione esterna
per lacerazione della parete celomatica, si crea una larva amocetes simile
agli anfiossi cordati, tanto che si comporta come tale.
Specie mixina tubulosa: presenta una lunghezza piccola o media; presenta
un faringe comunicante con l’esterno tramite aperture epidermiche.
Presenta carattere predatorio, similmente allo squalo biscotto, attaccandosi
con la bocca, dotata di una ventosa sulla lingua, e annodandosi su sé stesse
fino a trasportare questo nodo al corpo della preda e staccare a pressione un
brandello di carne.
Ostracodermi: presentano un esoscheletro d’osso in più sul capo, oltre a
quello cartilagineo interno, posto direttamente sotto l’epidermide e fatti
principalmente di dentina. Sono predatori adesso estinti di piccole
dimensioni.
Pesci: presentano un faringe con i primi due archi branchiali strutturati in
mandibole creando una bocca articolata per mordere e raschiare. Presentano
un’aorta ventrale alla corda dorsale, successivamente trasformata nei dischi
intervertebrali, un sistema nervoso dorsale e una struttura metamerica cartilaginea o
ossea a protezione delle tre strutture, diviso in arco neurale ed arco emale fusi
successivamente nelle vertebre. Presentano appendici pari laterali, dette pettorali e
dorsali che servono a stabilizzare i movimenti turbolenti del nuoto, e appendici
pinnate dispari sul dorso e poco prima dell’ano ed una pinna codale per il nuoto,
tutte articolate su cinti attorno alla colonna vertebrale o la corda, detti cinto
scapolare e cinto pelvico.
Pesci cartilaginei, chondrichtyes: presentano uno scheletro completamente
cartilagineo, con placche ossee triangolari per protezione, poco sotto
l’epidermide, e nutrizione, i denti rimpiazzabili; presentano le fessure del
faringe esterne, visibili sia dall’interno che dall’esterno, e senza alcuna
struttura per la respirazione autonoma, che deve essere coadiuvata dal
movimento per permettere il passaggio d’acqua dalle branchie attraverso la
bocca sempre aperta oppure attraverso spiracoli dorsali. Le principali specie
sono squali e razze formate durante il mesozoico, giurassico. La pinna
anale maschile si trasforma in strutture atte a penetrare la femmina, detti
pterigopodi, e le uova prodotte sono a sviluppo sia esterno, oviparità, che
interno, viviparità, oppure tramite uova tenute nell’utero, ovoviviparità.
Pesci ossei, attinopterigi: presentano uno spiracolo all’entrata delle
branchie che permette la respirazione anche da fermi per brevi periodi;
presentano inoltre la vescica natatoria, una struttura derivata dal faringe a
palloncino che può essere riempita di gas per controllare il galleggiamento.
Pesci ossei, dipnoi e crossopterigi: presentano la capacità di respirare aria
esterna all’acqua attraverso la vescica natatoria, che viene riempita
attraverso il faringe e molto irrorata di vasi sanguigni. Molte volte i dipnoi
presentano pinne molto ridotte o assenti; nel mare del sudafrica vivono
ancora le uniche due specie di crossopterigi actinistia, con pinne
estremamente spessi ed articolate similmente agli arti degli anfibi. Le loro
larve sono identiche ai girini di salamandre.
o Protopterus: vive nel deserto del gobi, in cui sopravvive per mesi
rinchiuso in un bozzo fangoso fatto di muco, collegato all’esterno
tramite un piccolo foro per respirare; si libera del bozzolo tramite la
pioggia stagionale, che scioglie il fango.
Anfibi e anello mancante ichthyostega: presentano uno scheletro osseo simile a
quello dei pesci, con il cinto toracico quasi attaccato al cranio molto spesso e
pesante; presentano un polmone primitivo, simile alla vescica natatoria; presentano
degli arti pinnati ipersviluppati e muscolosi con un asse basale che forniscono un
movimento ondeggiante sopra al terreno. Le uova sono sempre impossibilitate alla
zona aerea, deposte quindi in acqua.
Lepospondili: anfibi terrestri simili alle attuali salamandre e tritoni. Adesso
sono estinti ma sono gli anfibi veri e propri più antichi.
Urodeli: il famoso axolotl, che presenta neotenia, e molte dei tritoni attuali.
Presenta degli arti simili ai primi arti degli ichthyostega.
Apoda: anfibi serpentiformi che vivono nel terreno.
Anuri: le rane attuali con arti superspecializzati.
Antracosauri: sono anfibi simili a rettili, adesso classe a parte, presentano arti
mobili e paralleli al corpo, pelle pluristratificata cheratinizzata e scaglie esterne.
Rettili: tutto quello sopra più le uova protette da amnios, il guscio delle uova dei
coccodrilli, che protegge l’embrione e il sacco vitellino dalla disidratazione; le uova
sono dette amniote.
Arcosauri: sono coccodrili e alligatori e gli estinti dinosauri; presentano
denti alloggiati nell’alveolo della mandibola, che sono irrobustiti per
evitarne la caduta. Da essi si sono sviluppati gli uccelli, capito tramite un
fossile di Archaeopteryx lithographica che è un rettile pennato, con penne
identiche alle penne moderne, ma probabilmente incapace di volare.
Terapsidi: adesso sono principalmente estinti, sono simili a coccodrilli ma
sono ricoperti di peli, sviluppandosi poi in mammiferi, inizialmente in
monotremi, l’ornitorinco e l’echidna che presentano ancora uova da rettile e
nessuna mammella provvista di capezzoli, e poi nei marsupiali, che
presentano le uova nell’utero e la schiusa prematura per poi trasferirsi nel
marsupio della madre, e poi infine nei placentali, che non presentano uova
vere e proprie e una placenta per collegare la madre e il feto per partorire in
stadio avanzato.
o Echidna: presenta peli trasformati in aculei.
Uccelli: presentano penne, un osso a forchetta a sostenere lo sterno, il becco tipico e
a volte dei denti incastonati nei denti.
Hemicordata: vermiformi, ma senza metameria.
o Classe enteropneusta: detritivori, che si nutrono tramite una proboscide appiccicosa con cui
cattura le particelle di cibo; presentano un faringe branchiale, simile a quello cordato.
Vivono in tubi ad U nella zona di marea, da cui espelle le feci e raccoglie le particelle di
cibo.
o Classe pterobranchia: filtratori, simili ai lofoforati, da cui prendono la struttura del lofoforo
e delle sacche celomatiche interne; sono coloniali molte volte.