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Sistematica dei viventi

Anno Scolastico 2020/2021

Prof. Simone Marangoni

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Il concetto di specie

La branca della biologia che si occupa di identificare le specie e classificarle in categorie si


chiama sistematica; all’interno della sistematica, la tassonomia si occupa attribuire a ogni
specie il suo nome scientifico, in modo che gli scienziati di tutto il mondo possano riferirsi in
modo univoco allo stesso organismo usando lo stesso nome.
Più di 250 anni fa, il biologo svedese Carl Linnaeus (o Linneo, 1707-1778) mise a punto e
propose il suo sistema binomiale di nomenclatura. Servendosi del latino, la lingua allora in
uso nella comunicazione scientifica, Linneo definì ogni specie utilizzando due termini latini
scritti in corsivo: il primo termine, scritto con l’iniziale in maiuscolo, indicava il genere; il
secondo, scritto tutto in minuscolo, indicava la specie. Così Apis mellifera è il nome scientifico
dell’ape comune, Canis lupus quello del lupo; entrambi i nomi sono stati coniati da Linneo
stesso. Boletus edulis è il nome che identifica il fungo porcino, introdotto dal micologo
francese Pierre Bulliard alla fine del Settecento.
Linneo descrisse centinaia di specie basandosi sul concetto di specie morfologica, secondo cui
appartengono alla stessa specie tutti gli individui che hanno un aspetto simile.

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Il concetto di specie

Gli organismi di una specie possono, tuttavia, mostrare forme anche molto differenti in base:
• allo stadio di sviluppo, come nel caso della differenza tra larva e adulto nelle coccinelle;
• al sesso (in questo caso si parla di dimorfismo sessuale, come si verifica nel pesce
combattente);
• al ruolo all’interno delle società in cui vivono, per esempio nel caso delle formiche operaie
che sono molto differenti dalla regina, più grande e dotata di ali.
Per queste ragioni i biologi evolutivi, oltre a conoscere l’intero ciclo vitale delle specie che
intendono studiare, oggi non si basano solo sull’aspetto morfologico ma confrontano i diversi
gruppi a livello molecolare sulla base di caratteristiche biochimiche e genetiche.

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Il concetto di specie

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Il concetto di specie biologica

A partire dalle nuove scoperte e alla luce della teoria dell’evoluzione e della sua interpretazione moderna, anche
il concetto di specie si è modificato nel tempo. Il più adottato oggi è quello di specie biologica, proposto nel
1940 da Ernst Mayr: le specie sono gruppi di popolazioni naturali realmente o potenzialmente interfecondi e
riproduttivamente isolati da altri gruppi analoghi (i termini «realmente» e «potenzialmente» indicano che gli
individui vivono nella stessa area e si incrociano, oppure che non vivono nella stessa area ma potrebbero
incrociarsi se si incontrassero; «riproduttivamente isolati» evidenzia il fatto che l’incrocio con individui di altre
specie è impossibile o comunque non genera prole fertile.
La chiave per distinguere individui appartenenti a specie differenti è, quindi, che non siano in grado di
accoppiarsi tra loro, per cui non possano condividere e scambiarsi geni. Gli evoluzionisti considerano le specie
come rami di un «albero della vita»: ogni specie ha una sua storia che inizia con un evento di speciazione e
termina con l’estinzione oppure con un secondo episodio di speciazione. La speciazione è quindi il processo con
cui una specie si suddivide in due o più specie figlie, che da lì in poi evolvono secondo linee distinte.

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Il sistema di classificazione degli organismi

Tutte le specie conosciute possono essere classificate, cioè suddivise in categorie tassonomiche o taxa (taxon al
singolare), seguendo secondo una scala gerarchica di raggruppamenti via via sempre più grandi. In base alle loro
somiglianze e al fatto che condividano o meno un’origine comune, le diverse specie sono raggruppate in più
generi, i generi in famiglie, le famiglie in ordini, gli ordini in classi, le classi in phyla (al singolare phylum), i phyla in
regni, i regni in domìni. Data l’enorme varietà dei viventi, è spesso necessario introdurre categorie intermedie
come la sottospecie o il subphylum.
Un genere è un gruppo di specie strettamente imparentate e si scrive sempre con l’iniziale maiuscola (la specie
invece ha l’iniziale minuscola). Se si cita più volte la stessa specie, il nome del genere si può abbreviare scrivendo
la sola iniziale: per esempio Felis catus si abbrevia in F. catus.
Oggi i biologi si chiedono come si sia generata una tale varietà di forme di vita, detta biodiversità, e quando si
siano originate le somiglianze e le differenze tra i vari gruppi di organismi.
Le risposte a questi interrogativi emergono dalla storia del nostro pianeta:
• le specie cambiano nel tempo, e questo cambiamento si chiama evoluzione;
• molte specie vissute in passato non esistono più, cioè sono estinte;
• le specie attuali sono comparse in momenti diversi della storia della Terra;
• le prime forme di vita erano unicellulari e procariote.
Uno degli obiettivi dei biologi è ricostruire la filogenesi, cioè la descrizione della storia evolutiva e dei rapporti di
parentela (o relazioni evolutive) tra gli organismi. Un albero filogenetico è un diagramma che illustra le tappe
principali di quella storia e serve a rappresentare il percorso evolutivo di specie, generi, famiglie, ordini, classi,
phyla e regni. I dati più recenti fanno ritenere che tutti gli esseri viventi condividano un’unica origine, per cui
l’albero della vita è disegnato con una sola «radice». L’antenato comune a tutti gli organismi è stato chiamato
LUCA, dall’acronimo inglese Last Universal Common Ancestor (ovvero l’ultimo antenato comune universale).
LUCA, quindi, non è stato il primo essere vivente, ma il più recente antenato di tutte le specie attuali.
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Il sistema di classificazione degli organismi

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Le caratteristiche generali dei procarioti

I biologi raggruppano tutti i viventi in tre domini: archei, batteri ed eucarioti.


I membri di ciascun dominio si sono evoluti separatamente da quelli degli altri per almeno un
miliardo di anni. Gli organismi appartenenti ai domini degli archei e dei batteri sono tutti
procarioti, ma presentano processi metabolici e caratteri strutturali così diversi da far ritenere
che la loro separazione in due linee evolutive distinte sia stata molto precoce. I membri del
terzo dominio, gli eucarioti, sono invece costituiti da cellule eucariote. L’unità di base degli
archei e dei batteri è la cellula procariote, che differisce da quella eucariote per l’assenza del
nucleo e di organuli citoplasmatici.
Esistono, però, numerose differenze tra i due domini di procarioti: gli archeobatteri sono più
vicini agli eucarioti di quanto non lo siano ai batteri: gli studi genetici indicano che l’antenato
comune di archei ed eucarioti risalirebbe a oltre due miliardi di anni fa, mentre l’antenato
condiviso da tutti e tre i domini si collocherebbe a più di tre miliardi di anni fa.
Nonostante l’apparente semplicità delle loro cellule, le specie di batteri e archei sono
numerosissime, molto differenziate per stili di vita e adattate alle condizioni più diverse. I
procarioti abitano praticamente ogni ambiente della Terra: hanno colonizzato i fondali marini,
le nuvole, addirittura gli altri organismi (il nostro corpo ospita miliardi di batteri).
Alcuni vivono in presenza di ossigeno, altri dove non ce n’è del tutto. Le ragioni di questo
spettacolare successo risiedono nella loro straordinaria versatilità.

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Le caratteristiche generali dei procarioti

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Procarioti: la forma e il movimento

I procarioti sono organismi prevalentemente unicellulari, anche se alcune specie possono formare colonie
a forma di catene.
Le cellule batteriche si presentano in tre forme principali: sferiche (cocchi), a bastoncello (bacilli) ed
elicoidali o a virgola (spirilli e vibrioni).
Per quanto riguarda la forma degli archei, le informazioni sono molto più scarse, poiché per la maggior
parte essi sono conosciuti soltanto attraverso campioni di DNA prelevati dai loro ambienti; una volta fatti
crescere in laboratorio, hanno mostrato forme paragonabili a quelle dei comuni batteri.
I procarioti presentano modalità di locomozione assai diverse: alcune specie sono immobili, mentre
molte altre si possono muovere utilizzando vari sistemi. Il metodo di gran lunga più diffuso è quello per
mezzo di flagelli, ma alcuni batteri utilizzano un movimento «a cavatappi», reso possibile da sottili
filamenti disposti intorno alla membrana esterna, oppure sfruttano meccanismi di scivolamento.

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Procarioti: il metabolismo

I procarioti si procurano energia e nutrimento in quattro modi diversi.


Due modalità di nutrimento si riscontrano anche tra gli eucarioti: alcuni batteri, infatti, sono fotoautotrofi
come le piante, cioè usano la luce come fonte di energia e ricavano il carbonio dal diossido di carbonio
atmosferico; altri sono chemioeterotrofi come gli animali e i funghi, cioè ottengono energia e carbonio
consumando parti di altri organismi.
Tra i procarioti troviamo poi due forme di nutrimento che non si osservano mai nel dominio degli
eucarioti: i procarioti fotoeterotrofi utilizzano la luce come fonte di energia, ma assumono il carbonio da
composti organici prodotti da altri organismi; i chemioautotrofi usano invece il diossido di carbonio per
sintetizzare biomolecole, ma ricavano l’energia da reazioni chimiche che coinvolgono composti inorganici
come il solfuro di idrogeno (H2S), l’ammoniaca (NH3), lo ione nitrito (NO2-) o lo ione ferroso (Fe2+). Spesso
questi organismi abitano ambienti estremi, come le bocche vulcaniche, i geyser, le solfatare, tollerando
temperature anche molto elevate.

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Procarioti: il ruolo ecologico

Diverse specie di procarioti svolgono ruoli utili per l’intera biosfera, producendo o degradando molecole
che gli eucarioti non sono in grado di trasformare.
• Molti procarioti sono produttori e sintetizzano carboidrati che sono consumati dagli organismi
eterotrofi. I cianobatteri, chiamati anche alghe azzurre, sono batteri che svolgono la fotosintesi grazie a
sistemi di membrane interne specializzate: utilizzano la clorofilla e rilasciano ossigeno gassoso. Possono
condurre vita libera come cellule singole, oppure organizzarsi in colonie di forma laminare, sferica o
filamentosa.
• Moltissimi procarioti che abitano nel suolo sono decompositori; essi metabolizzano i composti organici
presenti negli organismi morti rilasciando nell’ambiente sostanze inorganiche riutilizzabili da altri esseri
viventi. Insieme ai funghi, i procarioti restituiscono all’atmosfera enormi quantità di carbonio inorganico,
giocando così un ruolo basilare nel ciclo del carbonio.
• Molte specie di batteri sono coinvolte nel ciclo dell’azoto. I batteri azotofissatori, per esempio,
convertono l’azoto atmosferico in ammoniaca, una forma assimilabile dalle piante. Essi vivono in
associazione con le radici delle leguminose formando i noduli radicali; in questo modo entrambe le
specie ottengono un vantaggio: il batterio fornisce azoto alla pianta e in cambio riceve i carboidrati
prodotti tramite la fotosintesi.

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Gli archeobatteri

Gli archei si distinguono per la loro capacità di vivere in ambienti estremi, inospitali per le altre forme di
vita.
• Molte specie di archei comprendono organismi termofili e acidofili che vivono in luoghi caldi e acidi.
Per esempio, gli archei del genere Sulfolobus vivono in sorgenti sulfuree acide a temperature di 70 - 75 °C
e cessano di crescere al di sotto dei 55 °C.
• Un altro gruppo di archei, gli alofili estremi, vive in ambienti molto salati come le saline. Gli organismi
del genere Halococcus tollerano concentrazioni fino al 32% di sale; le loro cellule contengono pigmenti
chiamati rodopsine che le proteggono dalla salinità e che conferiscono loro un colore rossastro.
• Altri archei, come quelli appartenenti al genere Methanosarcina, producono metano a partire da
diossido di carbonio: si tratta di metanogeni, anaerobi obbligati. Nel complesso, si stima che ogni anno gli
archei rilascino nell’atmosfera circa due miliardi di tonnellate di metano, pari all’80-90% del metano
atmosferico totale; circa un terzo di questo gas proviene dai metanogeni che vivono nel tubo digerente
dei ruminanti.

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Gli archeobatteri

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I protisti

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I protisti: generalità

Quando vediamo un pino, un porcino o un gatto siamo facilmente in grado di classificarli come piante,
funghi e animali.
Esiste però una miriade di altri organismi eucarioti, perlopiù microscopici, che non si inserisce in nessuno
di questi tre regni: si tratta dei protisti, le forme più antiche e semplici del dominio degli eucarioti.
Essendo eucariote, le cellule dei protisti possiedono tutte un nucleo e un sistema di membrane interne.
Le analisi filogenetiche mostrano però che le somiglianze finiscono qui: molti gruppi di protisti infatti non
sono strettamente imparentati tra loro e presentano anzi una grande varietà di adattamenti:
• la maggior parte è unicellulare, ma esistono anche protisti pluricellulari;
• possono essere autotrofi oppure eterotrofi;
• alcuni si muovono, altri sono immobili;
• la loro riproduzione è asessuata, sessuata, o può avere cicli in cui si alternano i due tipi di riproduzione.
In effetti, il termine «protista» non si riferisce a un gruppo tassonomico formale, ma serve a raggruppare
tutti gli eucarioti che non siano animali, piante o funghi. Per classificarli, i biologi usano soprattutto i loro
cicli biologici, i meccanismi riproduttivi e il confronto tra i loro geni.

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I funghi

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I funghi

Il regno dei funghi comprende specie pluricellulari e unicellulari varie per stili di vita e per modalità
riproduttive.
Tutti i funghi, però, sono organismi eterotrofi che si nutrono per assorbimento, secernendo enzimi
digestivi che demoliscono le grosse biomolecole presenti nell’ambiente e le trasformano in molecole più
piccole. I prodotti della digestione sono poi assorbiti dalle cellule del fungo. Questa modalità di nutrizione
permette ai funghi di crescere utilizzando i substrati più diversi: molti funghi sono saprofiti, cioè
assorbono i nutrienti dalla materia organica morta fungendo da decompositori, mentre altri sono invece
parassiti, ossia assorbono i nutrienti da ospiti vivi; altri ancora sono mutualisti e stabiliscono associazioni
vantaggiose con altri organismi.
I funghi sono prevalentemente pluricellulari, sebbene la maggior parte dei gruppi comprenda anche
specie unicellulari. I funghi unicellulari che conducono vita libera sono i lieviti. I lieviti vivono in ambienti
acquatici oppure umidi e assorbono i nutrienti direttamente attraverso la superficie cellulare. Il lievito di
birra, Saccharomyces cerevisiae, è responsabile della fermentazione sfruttata dagli esseri umani per la
produzione di vino, birra e altri alcolici, oltre che della lievitazione dei prodotti da forno.

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