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BOTANICA

La botanica è la disciplina della biologia che studia le forme di vita del mondo vegetale, in rapporto alla loro
citologia, istologia, anatomia, fisiologia, classificazione, utilità ed ecologia.
Gli organismi studiati dalla botanica costituiscono il regno delle Piante (o Plantae).
La citologia è la branca della biologia che studia la cellula dal punto di vista morfologico e funzionale.
L'istologia è la branca della biologia che studia i tessuti vegetali e animali.
L'anatomia è la branca della biologia che studia la struttura degli organismi viventi.
La fisiologia è la branca della biologia che studia il funzionamento degli organismi viventi.
L'ecologia è l'analisi scientifica delle interazioni tra gli organismi e il loro ambiente. L'oggetto di studio
dell'ecologia sono gli ecosistemi.
La Botanica sistematica studia gli organismi vegetali al fine di circoscrivere entità di diversità separate da
altre dello stesso gruppo fornendo metodi per il loro riconoscimento ed identificazione. Le entità di diversità
vengono poi assegnate a ranghi tassonomici e poste in una gerarchia tramite la tassonomia.

CLASSIFICAZIONE DEGLI ESSERI VIVENTI


Classificare significa raggruppare secondo il criterio delle affinità e delle somiglianze, ma non solo delle
caratteristiche esteriori.
Per esempio: i pipistrelli (classe: mammiferi) e gli uccelli (classe: uccelli) hanno le ali e sono in grado di
volare, ma appartengono a classi diverse. I delfini e i pipistrelli appartengono alla Classe dei Mammiferi
perchè entrambi hanno mammelle per allattare, sangue caldo e respirano con i polmoni.
Della classificazione si occupa una specifica branca della biologia, chiamata sistematica.
Si deve al naturalista svedese Carlo Linneo (1707 - 1778) la prima classificazione scientifica dei viventi.
La sistematica utilizza sette raggruppamenti detti categorie sistematiche.
Le categorie sistematiche sono ordinate in senso gerarchico dalla più piccola alla più grande: Specie,
genere, famiglia, ordine, classe, phylum, regno.
La specie è la categoria fondamentale.
La specie è l'insieme di tutti gli individui con caratteristiche assai simili che, accoppiandosi, generano figli
simili ai genitori e fecondi, cioè capaci a loro volta di generare figli.
Esempio: asino e cavalla appartengono a specie diverse perchè generano il mulo che è sterile (incapace di
generare figli).
Genere: raggruppa specie simili tra loro, per esempio cane e lupo appartengono al genere Canis;
Famiglia: raggruppa generi simili tra loro. La volpe, il cane e il lupo vengono raggruppati nella famiglia dei
canidi;
Ordine: raggruppa più famiglie simili tra loro. Il cane e il leone vengono raggruppati nell'ordine dei carnivori;
Classe: raggruppa gli ordini simili tra loro. Gli animali che partoriscono, possiedono le mammelle per
allattare, e la pelle coperta di peli sono raggruppati nella classe dei mammiferi;
Phylum o tipo: raggruppa diverse classi simili;
Regno: è la categoria sistematica più ampia e comprende più phyla.
La nomenclatura binomiale è una convenzione standard utilizzata in sistematica per conferire il nome ad
una specie. Il nome scientifico di una specie viene coniato dalla combinazione di due nomi:
- il nome del genere a cui appartiene la specie
- un epiteto che caratterizza e distingue quella specie dalle altre appartenenti al quel genere.
Il primo termine (nome generico) porta sempre l'iniziale maiuscola, mentre il secondo termine (nome
specifico) viene scritto in minuscolo; entrambi i nomi vanno scritti in corsivo (ad esempio Homo sapiens).

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PIANTA
Le piante (dette anche vegetali) sono organismi uni o pluricellulari, eucarioti, con cloroplasti, organuli in cui
si svolge il processo della fotosintesi clorofilliana
Le piante sono un regno di esseri viventi che comprende circa 350.000 specie, identificate comunemente
con i nomi di alberi, arbusti, cespugli, erbe rampicanti, succulente, felci, muschi e molti altri ancora.
La maggior parte delle piante sono incluse nel gruppo delle Angiosperme con circa 250.000 specie, che si
distinguono dagli altri gruppi per la produzione di fiori seguita, dopo l’impollinazione dalla formazione di semi
racchiusi e protetti all’interno di un frutto.
Per la biologia le piante hanno alcune caratteristiche fondamentali:
 sono formate da cellule eucariote, cioè cellule particolarmente evolute, dotate di un nucleo protetto da
una membrana;
 sono organismi autotrofi, per l'approvvigionamento energetico svolgono la fotosintesi clorofilliana,
un insieme di reazioni biochimiche, che permette di catturare parte della luce solare trasformando
l'anidride carbonica in zuccheri ed altre sostanze;
 le pareti cellulari sono strutturate con una base di cellulosa e le cellule stesse possono immagazzinare
amido come fonte energetica di riserva.
Le piante sono classificate in due gruppi principali: Piante non vascolari e Piante vascolari
Le piante non vascolari si pensa siano state le prime piante viventi del pianeta. Nelle piante appartenenti a
questa categoria mancano tessuti vascolari e legno, che possa dare loro un supporto strutturale.
Mancano anche foglie, fusto e radici vere, che possano aiutarli a trasportare acqua e sostanze nutritive.
Sono limitate a una ristretta gamma di habitat. Il tipo più comune di piante non vascolari include
il phylum Bryophyta.
Le Briofite è un gruppo eterogeneo con oltre 10.000 specie di piante ed è costituito da muschi, epatiche e
antocerote. Nonostante la mancanza di alcuni organi vegetali essenziali, le briofite svolgono un ruolo
importante nel ridurre al minimo l’erosione lungo i corpi idrici, effettuando il ciclo dell’acqua e dei nutrienti
nelle foreste e regolando la temperatura nei permafrost. Si riproducono attraverso le spore.
Le piante vascolari possiedono tessuto vascolare (xilema e floema) che le aiuta a trasportare acqua e
minerali. Sono anche conosciuti come tracheofite. Le piante vascolari si dividono in tre Phylum principali:
1. Pteridofite: questo phylum è composto da oltre 12.000 specie e più di due terzi di esse sono tropicali e
sono costituite da specie di felci e felci alleate. Le pteridofite sono piante senza semi. Si riproducono
usando le spore sul lato inferiore delle foglie. Questi sono noti come sporofilli. Non fioriscono né
hanno semi o coni per la riproduzione. Le pteridofite hanno steli orizzontali chiamati rizomi e semplici
radici delle foglie. Le foglie si chiamano fronde e si srotolano a maturità. Si sono adattate a una vasta
gamma di habitat. Possono essere acquatici terrestri e resistenti al freddo, ma prosperano nelle regioni
tropicali.
2. Gimnosperme: si pensa che siano alcune delle piante viventi più antiche del pianeta ed esistono nelle
regioni temperate e artiche. I membri di questo Phylum includono pini, cicute, abeti e abeti rossi. Il nome
gimnosperme significa seme nudo, che è esibito dalla presenza di coni (o strobili) al posto dei semi. Le
gimnosperme sono caratterizzate da foglie verdi e aghiformi. Le Gimnosperme sono
considerate eterospore, cioè producono sia coni maschili che coni femminili.
3. Angiosperme: sono indicate come le piante da fiore ed è il Phylum più diversificato con oltre 300.000
specie, tra cui alberi, erbe, arbusti, bulbi, epifite (piante parassite) e piante che vivono in habitat sia
marini che d’acqua dolce. Le angiosperme sono piante da seme vascolari, in cui l’ovulo (uovo) viene
fecondato e si sviluppa in un seme in un’ovaia chiusa. Il fiore porta il sistema riproduttivo maschile o la
femmina o entrambi. Le angiosperme hanno un sistema di tessuto vascolare molto complesso e si sono
adattate a quasi tutti i tipi di temperature e regioni. Hanno sviluppato estesi apparati radicali e foglie che
li aiutano ad assorbire i nutrienti e produrre cibo per sé stessi. Le angiosperme hanno regioni localizzate
per la crescita delle piante chiamate meristemi e cambia. Queste due regioni sperimentano la divisione
cellulare per la rigenerazione o la riparazione di una pianta. Le angiosperme possono
essere monocotiledoni o dicotiledoni, in base alla presenza di una o due foglie embrionali nei loro
semi.
Nelle Monocotiledoni il seme ha una sola fogliolina embrionale; le parti del fiore sono in genere
multipli di 3: il fusto è tipicamente erbaceo (unica eccezione la palma); le nervature delle foglie sono
parallele (parallelinervie); la radice è fascicolata, formata cioè da radici della stessa lunghezza, che si
dipartono dalla base del fusto; i granuli di polline hanno solitamente un unico solco. Esempi: aglio,
cipolla, giglio, tulipano, frumento, riso, orzo, avena, mughetto, palma da dattero e da cocco.
Nelle Dicotiledoni il seme ha due foglioline embrionali; le parti del fiore sono in genere 4 o 5 o loro
multipli; il fusto può essere erbaceo, arbustivo o arboreo; le nervature delle foglie formano un reticolo
(penninervie, palminervie); la radice è a fittone, formata cioè da una radice principale che può
presentare radici laterali minori; i granuli di polline hanno solitamente tre solchi. Esempi: quercia, salice,
noce, fico, pomodoro, tabacco, basilico, patata, pero, pesco, susino, limone.
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CELLULA ANIMALE E VEGETALE
La cellula è la più piccola unità biologica. Tutti gli esseri viventi sono formati da un certo numero di cellule,
che sono sempre costituite da un nucleo e del materiale gelatinoso detto citoplasma. Esistono due tipi di
cellule:
 Procariote, senza nucleo, non hanno la membrana nucleare, sono tipiche degli organismi unicellulari,
come i batteri.
 Eucariote, con il nucleo, contengono nel citoplasma numerosi organuli, sono tipiche degli organismi
pluricellulari come animali e vegetali
La cellula animale misura dai 10 ai 30 micron.
I tre componenti principali della cellula animale e vegetale sono: la membrana plasmatica o cellulare, il
citoplasma e il nucleo.
La membrana cellulare è un rivestimento della cellula che ha il ruolo di gestire i rapporti tra cellula e
ambiente esterno. Essa fa entrare nella cellula le sostanze nutritive necessarie e consente a quelle di rifiuto
di fuoriuscire.
Il nucleo è la parte più importante della cellula perché contiene le informazioni genetiche, si occupa di
controllare tutte le attività da svolgere e gestisce la riproduzione. Ci sono tre parti nel nucleo:
 la membrana nucleare, che riveste e protegge il nucleo;
 i nucleoli, elementi a forma di sfera dove avviene la sintesi dei ribosomi;
 la cromatina, una sostanza che dà origine ai cromosomi, i quali trasmettono i caratteri ereditari.
Il citoplasma racchiude in una soluzione fluida gli organuli che si occupano di svolgere diverse funzioni vitali
della cellula. Queste strutture sono: mitocondri, ribosomi, vacuoli, lisosomi, reticolo endoplasmatico,
apparato del Golgi e centrioli. Ecco le diverse funzioni che hanno questi piccoli organi:
 Mitocondri: all’interno di questi organuli avvengono diverse reazioni chimiche legate alla respirazione
cellulare.
 Ribosomi: hanno la forma di due mezze sfere e costruiscono le proteine che sono fondamentali per la
vita della cellula.
 Vacuoli: sono organuli che contengono acqua, sostanze nutritive di riserva e di rifiuto che la cellula
dovrà eliminare.
 Lisosomi: questi organuli devono eliminare i corpi estranei che entrano nella cellula. Quando una cellula
muore, i lisosomi si occupano di riutilizzarle in nuovi modi.
 Reticolo endoplasmatico: è una rete di piccole vesciche che comunicano tra loro e grazie alle quali
vengono trasportate le sostanze nutritive nella cellula.
 Apparato del Golgi: è formato da vacuoli e membrane che permettono il trasporto esterno della cellula
di sostanze che servono all’organismo.
 Centrioli: svolgono un ruolo fondamentale nella mitosi, il processo di riproduzione durante il quale due
organismi eucarioti, formano due cellule figlie da una sola cellula; sono presenti solo nelle cellule
animali.
Le cellule vegetali possono essere anche 10 volte più grandi di quelle animali.
La cellula vegetale possiede in più alcune strutture esclusive, tra cui una parete cellulare e organuli quali i
plastidi (comprendenti i cloroplasti) e i vacuoli.
La parete cellulare è una struttura esterna alla membrana plasmatica ed è costituita per la massima parte
da polisaccaridi, soprattutto cellulosa. Essa conferisce sostegno e forma alla cellula vegetale.
I plastidi sono organuli avvolti da una doppia membrana, distinti in cloroplasti, cromoplasti e leucoplasti
in base al loro colore.
I cloroplasti provvedono al rifornimento dell'energia necessaria alla cellula: ciò avviene per cattura
dell'energia solare mediante il processo di fotosintesi, operato da un pigmento verde, la clorofilla, presente
in un complesso sistema di membrane (tilacoidi) contenuto nel citoplasma (stroma); le membrane dei
tilacoidi sono impilate l'una sull'altra a formare delle pile (grani). L'energia solare catturata viene utilizzata da
altre molecole per sintetizzare glucosio a partire da diossido di carbonio e acqua. Come i mitocondri, anche i
cloroplasti contengono ribosomi e un proprio DNA.
I cromoplasti contengono il pigmento rosso-arancione carotene; sono presenti nei fiori e nei frutti e servono
ad attirare gli insetti per consentire l'impollinazione.
I leucoplasti sono privi di pigmenti e perciò bianchi; si trovano per esempio nei tuberi, dove immagazzinano
sostanze di riserva come l'amido, che deriva dalla trasformazione degli zuccheri prodotti dalla fotosintesi.
I vacuoli sono cavità nelle quali si accumulano acqua, prodotti di rifiuto o sostanze nutritive. Le cellule
vegetali spesso presentano un unico, grosso vacuolo centrale ripieno d'acqua, che occupa fino al 90% dello
spazio interno e che, premendo sulla membrana plasmatica, contribuisce a mantenere turgida la cellula.

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TESSUTI VEGETALI
Un tessuto è un’associazione di cellule con le stesse caratteristiche morfologiche e funzionali.
L'istologia è la branca della biologia che studia i tessuti
I tessuti vegetali sono distinti in tessuti giovani (o meristematici) e tessuti adulti.
I tessuti meristematici non sono differenziati, ovvero non svolgono specifiche funzioni, e le cellule di cui
sono costituiti conservano la possibilità di moltiplicarsi. I tessuti meristematici si trovano in tutte le parti della
pianta in accrescimento e sono distinti in:
 meristemi apicali, presenti negli apici delle radici e dei germogli; sono responsabili dell’accrescimento
in lunghezza delle radici e del fusto;
 cambio cribro-legnoso, presente nelle dicotiledoni e nelle gimnosperme e assente nelle
monocotiledoni. Il cambio cribro-legnoso produce vasi cribrosi (o floema) verso l’esterno e vasi
legnosi (o xilema) verso l’interno;
 cambio sughero-fellodermico (o fellogeno), simile al precedente, serve a produrre la corteccia
generando sughero esternamente e felloderma internamente. La divisione delle cellule di questi due
cambi permette l’accrescimento diametrico del fusto e delle radici;
I tessuti adulti o definitivi sono tessuti differenziati, ovvero specializzati a svolgere una particolare
funzione; le cellule che li costituiscono hanno perso la possibilità di suddividersi. I tessuti adulti si distinguono
in base alla funzione che svolgono in:
 tessuti tegumentali, costituiti da cellule appiattite, con parete ispessita, senza spazi intercellulari e
senza cloroplasti. La funzione principale è protettiva. Le cellule hanno la parete impermeabilizzata da
cutina e cere al fine di impedire perdite eccessive di acqua. Alcuni esempi di tessuti tegumentali sono
l’epidermide che ricopre le foglie e i giovani fusti, il rizoderma e l’esoderma della radice e il sughero
che ricopre le parti legnose di radice e fusto;
 tessuti parenchimatici, costituiti da cellule vive e relativamente grandi, di forma rotondeggiante in
quanto non possiedono parete cellulare. In base alla funzione svolta si distinguono diversi tipi: il
parenchima clorofilliano si trova negli steli, nei frutti e soprattutto nelle foglie; le cellule da cui è
costituito contengono numerosi cloroplasti. Le cellule del parenchima di riserva contengono sostanze
come amido, lipidi e proteine; questo tipo di tessuto si trova nei semi, nei rizomi e nei tuberi. I
parenchimi aeriferi e acquiferi hanno ampi spazi intercellulari nei quali vengono accumulate
rispettivamente aria e acqua. Il parenchima aerifero si trova nelle piante acquatiche; il parenchima
acquifero è presente nelle piante succulente (dette impropriamente piante grasse);
 tessuti meccanici o di sostegno, distinti in collenchima (costituito da cellule vive non lignificate) e
sclerenchima (costituito da cellule morte lignificate). Le cellule del collenchima hanno parete ispessita
solo in alcuni punti; questo tessuto è presente in organi che richiedono contemporaneamente resistenza
ed elasticità (come i piccioli delle foglie e gli steli delle piante erbacee). Le cellule dello sclerenchima
hanno una parete notevolmente e uniformemente ispessita e possono essere di due tipi: sclereidi
(isodiametriche) e fibre (allungate). Sclereidi e fascetti di fibre si trovano nella parte periferica del fusto
al quale conferiscono resistenza meccanica;
 tessuti vascolari, o conduttori, con il compito principale di trasportare la linfa, svolgono anche la
funzione di sostegno. Questi tessuti sono: il legno, che trasporta la linfa grezza, e il libro, che trasporta
la linfa elaborata. Il legno o xilema è costituito da cellule cilindriche morte, di cui resta solo la parete,
sovrapposte tra loro per formare lunghi elementi conduttori chiamati vasi legnosi. La parete dei vasi è
lignificata ma non uniformemente, infatti gli ispessimenti di lignina servono a mantenere aperto il vaso
mentre le zone non lignificate consentono il passaggio dell’acqua e delle sostanze in essa disciolte. Il
libro o floema è costituito da cellule vive, allungate, che non presentano ispessimenti. Tra una cellula e
l’altra permane il setto trasversale che è sottile e perforato. Per questo motivo sono chiamati tubi
cribrosi. Il libro è affiancato da tessuto parenchimatico (cellule compagne). Libro e legno sono sempre
associati a fibre sclerenchimatiche.

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FOTOSINTESI CLOROFILLIANA
La fotosintesi clorofilliana è un processo biochimico vitale per la sopravvivenza e la salute della pianta.
Attraverso la fotosintesi, le piante si procurano il nutrimento necessario per poter crescere.
Base e motore dell’intero processo è la clorofilla, un pigmento di colore verde che si trova sullo strato
superficiale della foglia. La clorofilla cattura l'energia del sole trasformandola in energia chimica. Questa
energia prodotta attraverso il processo di fotosintesi serve per trasformare l'anidride carbonica assorbita
dall'aria in zuccheri e carboidrati, ovvero il nutrimento fondamentale per l’alimentazione delle piante
stesse.
Durante il fenomeno di fotosintesi clorofilliana viene prodotto e liberato dell’ossigeno, come scarto di tutto il
processo, che è un elemento essenziale per la vita sulla Terra di piante, animali e anche per l’uomo.
La formula stechiometrica della reazione è: 6CO2 + 6H2O + energia solare → C6H12O6 + 6O2
Il processo di fotosintesi clorofilliana si svolge in 2 fasi: la fase luminosa e quella oscura.
Nella fase luminosa l'energia solare viene assorbita dalla clorofilla e da altri pigmenti situati nelle membrane
dei tilacoidi, all'interno dei cloroplasti.
I pigmenti interessati alla ricezione dell'energia solare sono la clorofilla a, la clorofilla b, ed altri pigmenti
accessori quali carotenoidi e ficobilline.
All'interno delle membrane tilacoidali, i pigmenti che si occupano della ricezione dell'energia solare sono
organizzati in fotosistemi. All'interno dei fotosistemi, tutte le molecole dei pigmenti sono in grado di
assorbire la luce, ma solo alcune riescono a trasformare l'energia luminosa in energia chimica. I pigmenti
che hanno questa capacità costituiscono i centri di reazione fotochimici, con una coppia speciale di
molecole di clorofilla a. Gli altri pigmenti sono molecole antenna, che hanno il compito di intercettare
l'energia solare e trasmettersela fino a raggiungere il centro di reazione fotochimico più vicino.
L'energia solare recepita dai pigmenti viene conservata sotto forma di ATP e NADPH + H+, mentre viene
liberato ossigeno molecolare (O2). La reazione globale è:
2H2O + ADP + P + 2NADP+ → O2 + ATP + 2NADPH + 2H+
Questa reazione è catalizzata dall'energia solare.
Nella fase oscura, l'ATP e il NADPH + H + che si erano formati durante la fase luminosa, vengono impiegati
per formare la gliceraldeide-3-fosfato (G3P), così come è possibile vedere dalla seguente reazione:
CO2 + ATP + 2NADPH + 2H+ → (CH2O) + H2O + ADP + P + 2NADP+
Tale reazione globale avviene nello stroma del cloroplasto e si compie attraverso una serie di processi
consecutivi che si concludono con la fissazione della CO2 atmosferica che diffonde nelle cellule
fotosintetizzanti; la riduzione del carbonio della CO 2 (numero di ossidazione +4), a carbonio dello zucchero,
con numero di ossidazione zero (il carbonio, nella reazione globale della fotosintesi, usa i 4 elettroni liberati
dall'ossidazione dell'ossigeno dell'acqua, per ridursi), e la rigenerazione dell'accettore della CO 2 ribulosio 1,5
bis-fosfato (RUBP). Tale serie di processi è indicata come Ciclo di Calvin.
Le piante sono suddivise, in base alla forma di fotosintesi clorofilliana da esse compiuta, in 3 gruppi, con
diverse caratteristiche: le piante C3, C4 e CAM.

PIANTE C3, C4, CAM


Le piante a C3 sono piante che hanno il loro habitat nei climi temperati. Si chiamano a C3 poiché il primo
composto organico della fotosintesi è una catena carboniosa a 3 atomi di carbonio, la 3-fosfo
gliceraldeide o gliceraldeide 3-fosfato, che esce dal ciclo di Calvin. Le piante a C3 sono fotosinteticamente
attive di giorno, mentre di notte chiudono gli stomi e diventano consumatrici di ossigeno. Il processo, a
differenza delle piante a ciclo C4, avviene all'interno di un'unica cellula e, a differenza delle piante CAM,
senza la necessità di scompartimenti. Esempi: girasole, cotone, tabacco, frumento, fagiolo, quercia,
acero.
Le piante C4 sono piante che si trovano nei climi caldi ma con ridotta disponibilità idrica, come ad esempio il
mais, il sorgo e la canna da zucchero, che usufruiscono di una via differente per la fissazione della CO 2.
Queste piante hanno sviluppato una via alternativa al ciclo di Calvin-Benson, organizzata sulla presenza di
due tipi di cellule funzionalmente e morfologicamente diverse, le cellule del mesofillo e quelle della guaina
del fascio. La fotosintesi C4 è un adattamento adottato da alcune specie di piante, viventi in climi aridi, per
risparmiare acqua nella fase di fissazione del carbonio.
Le piante CAM sono caratterizzate da un parenchima acquifero con cellule non fotosintetiche. Tale tessuto
presenta cellule vegetali con un vacuolo deputato all’approvvigionamento idrico. Le piante CAM vedono il
loro habitat naturale in zone a clima arido, dove il terreno è siccitoso. Esse hanno dovuto sviluppare dei
meccanismi di adattamento sia per limitare il fenomeno della traspirazione fogliare (la perdita di acqua

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attraverso l’epidermide fogliare) sia per aumentare la concentrazione di biossido di carbonio a livello della
rubisco, l’enzima che consente la fissazione del carbonio e l’inizio del ciclo di Calvin. Esempi di piante CAM:
orchidea e ananas

ORGANOGRAFIA
L’organografia è quella parte della botanica che studia gli organi della pianta: radice, fusto, foglia, fiore,
frutto. Ogni organo può avere più funzioni ed è formato da un insieme di diversi tessuti.
Il cormo è il corpo delle piante superiori, organizzato nei tre organi fondamentali: radice, fusto o caule,
foglia. Nel cormo le cellule presentano spiccate differenziazioni morfologiche e funzionali nell'ambito di
tessuti.
Nei vegetali unicellulari in cui non vi è differenziazione di organi, il corpo dell'organismo è detto tallo.
Le piante con cormo sono dette cormofite. Un elemento caratterizzante delle cormofite è la presenza di
tessuti differenziati per il trasporto di liquidi su lunghe distanze, in particolare la linfa grezza dalle radici alle
foglie. Per questo le cormofite sono anche piante vascolari o tracheofite.

RADICE
La radice è l’organo della pianta che cresce al di sotto del terreno, in direzione opposta rispetto a quella del
fusto. Le sue funzioni sono assorbimento di acqua e sali minerali dal terreno, ancoraggio della pianta al
suolo, produzione di ormoni (citochinine e gibberelline) che segnano il forte legame tra lo sviluppo della
radice e lo sviluppo del germoglio.
Ci sono quattro tipi diversi di radici: a fittone; fascicolate; tubercolate; avventizie.
Le radici a fittone sono formate da un grosso cono che scede dritto nel terreno e da cui partono delle
sottilissime radici secondarie. Hanno le radici a fittone le carote e le barbabietole.
Le radici fascicolate sono formate da un fascio di radici, più o meno della stessa lunghezza e dello stesso
spessore. Hanno le radici fascicolate l'aglio, le cipolle, il grano, l'orzo.
Le radici tubercolate sono delle radici rigonfie che, spesso, sono chiamate bulbi. La loro forma è dovuta al
fatto che queste radici servono ad accumulare le sostanze nutritive per la pianta. Hanno le radici tubercolate
i ravanelli.
Le radici avventizie sono radici molto sottili che, a differenza delle altre, non crescono sotto terra ma lungo
il fusto della pianta per permetterle di aggrapparsi a muri, pietre o ai tronchi degli alberi. Hanno delle radici
avventizie le piante rampicanti, come l'edera. Non trovandosi sotto il suolo, queste radici non assorbono il
nutrimento dal terreno, ma prelevano l'umidità dall'ambiente esterno.
La struttura anatomica della radice presenta zone differenti andando dall’apice verso la zona di raccordo
con il fusto (colletto). Si distinguono: zona apicale; zona liscia o di accrescimento per distensione; zona di
maturazione o zona di struttura primaria; zona rugosa o zona di struttura secondaria.
 Zona apicale - L’apice è formato da cellule meristematiche protette da una cuffia. La cuffia è lo strato
più esterno, costituito da cellule epidermiche a forma di guaina, che ha il compito di proteggere l’apice,
rispondere allo stimolo della gravità (geotropismo), favorire la penetrazione della radice fra le particelle
del terreno. Man mano che la radice cresce, la cuffia viene spinta in avanti e le cellule che a contatto col
terreno si sfaldano, degenerano e sono sostituite da altre
 Zona liscia - Si tratta della porzione immediatamente sopra l’apice, con lunghezza di 1-10 mm; termina
dove i tessuti sono completamente differenziati.
 Zona di maturazione o di struttura primaria - È costituita da cellule mature in grado di espletare la
loro funzione. Osservando in senso longitudinale, si riconoscono due zone: zona pilifera e zona
suberosa.
La zona pilifera è formata da vari strati.
1. Rizoderma: ha cellule in stretto contatto. Alcune di esse si allungano a formare peli unicellulari atti
ad assorbire H2O e sali minerali.
2. Corteccia o cilindro corticale: le cellule, prive di cloroplasti, hanno funzione di riserva di amido e
altre sostanze.
3. Endoderma: è lo strato più interno della corteccia. Presenta, nella parete primaria, un ispessimento
nastriforme (banda del Caspary), impermeabile all’H2O perché impregnato di suberina o lignina.
Solo alcune cellule dell’endoderma, dette punti di permeazione, non ispessiscono la parete
tangenziale interna.
4. Periciclo: delimita il cilindro centrale; da esso derivano il cambio cribro-vascolare e le radici laterali.
5. Cilindro centrale: contiene i tessuti conduttori, legnosi e cribrosi, disposti fianco a fianco su raggi
distinti, detti raggi midollari, che partono dal centro del midollo centrale.

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La zona suberosa presenta un tessuto epidermico resistente, detto esoderma, caratterizzato da cellule
allungate, senza spazi intercellulari, impregnate di suberina. In questa zona hanno origine le radici
secondarie o laterali.
 Zona rugosa o di struttura secondaria - Questa zona non si trova nelle radici delle Pteridofite e delle
Monocotiledoni, il cui accrescimento diametrale avviene ad opera delle cellule del periciclo.
Nelle Gimnosperme e nelle Dicotiledoni, l’accrescimento in spessore è operato da un meristema
secondario, il cambio, che si origina dalle cellule parenchimatiche dei raggi midollari e si inserisce fra la
parte esterna del legno e la parte interna del libro, assumendo un andamento sinusoidale. Quando il
cambio raggiunge il periciclo, anche questo acquista attività meristematica e il tessuto meristematico
diviene, da sinusoidale, circolare
FUSTO
Il fusto o caule è la struttura portante delle piante vascolari e presenta foglie, fiori e gemme inseriti su punti
specifici, detti nodi, a loro volta separati da spazi chiamati internodi.
Svolge essenzialmente una funzione di sostegno per le foglie e per tutte le altre strutture della pianta, e di
conduzione dell'acqua e delle sostanze nutritive, attraverso i vasi del tessuto vascolare.
In un albero il fusto si chiama tronco, mentre in una piantina come la margherita si chiama stelo.
In base alla loro consistenza i fusti possono essere legnosi o erbacei.
I fusti legnosi sono composti da:
 corteccia: è la parte più esterna e serve a proteggere l’albero;
 legno: è la zona che contiene tutti i vasi in cui scorre la linfa;
 midollo: è il magazzino della pianta dove vengono accumulate sostanze nutritive di riserva.
I fusti erbacei sono teneri, sottili e quasi sempre di colore verde. Si distinguono 3 tipi di fusti erbacei:
 Stelo: piante erbacee con foglie fiori e frutti (es. margherita, leguminose da granella, oleifere ecc.).
 Culmo: fusto cavo, ma robusto per la presenza di fibre e pareti delle cellule mineralizzate (es. frumento,
riso, mais).
 Scapo: fusto privo di foglie e rami, che porta uno a più fiori (es. tulipano)
La struttura anatomica del fusto presenta zone differenti andando dall'apice verso le zone di raccordo con la
radice (colletto). Si distinguono: la zona embrionale o di accrescimento, la zona di differenziazione, la zona
di struttura primaria e la zona di struttura secondaria.
 Zona embrionale o di accrescimento - Si trova nell'apice del fusto che, nella maggior parte delle
Angiosperme, presenta un'organizzazione definita tunica-corpus. La tunica è la parte esterna, formata
da cellule che si dividono facendo aumentare l'area di superficie. Il corpus è più interno, costituito da
una massa di cellule che si dividono provocando un aumento di volume. Nella parte interna del corpus,
detta centro di quiescenza, avvengono pochissime mitosi.
 Zona di differenziazione - Questa zona, posta appena sotto l'apice, è caratterizzata da un tessuto
meristematico, formato dai tre strati, protoderma, procambio, meristema fondamentale, destinati a
sviluppare l'epidermide, il tessuto vascolare e il parenchima. L'accrescimento si riduce progressivamente
andando verso la parte più bassa, fino a cessare completamente.
 Zona di struttura primaria - Questa zona si trova a circa 2 cm dall'apice ed è costituita da tessuti adulti.
In sezione trasversale si distinguono: epidermide, cilindro corticale e cilindro centrale.
1. L'epidermide è costituita da un unico strato di cellule con il compito di proteggere dalle lesioni i
tessuti più interni e di contrastare la perdita di acqua: possiede cellule dotate di un rivestimento
ceroso, la cuticola, che impedisce la traspirazione.
2. Il cilindro corticale o corteccia è costituito da tessuto parenchimatico pluristratificato: gli strati più
esterni sono di tipo clorofilliano, mentre quelli più interni hanno cellule ricche di leucoplasti. L'ultimo
strato, detto guaina amilifera, contiene molti granuli di amido. Sotto l'epidermide, si trova
prevalentemente il collenchima. I fusti sotterranei e quelli delle piante acquatiche presentano anche
uno strato di endoderma, che controlla l'ingresso della soluzione nutritizia.
3. Il cilindro centrale o stele è la regione più ampia, separata dalla corteccia da uno strato di cellule
detto periciclo. Il cilindro centrale di una Gimnosperma o di una Dicotiledone presenta al centro il
midollo e radialmente i raggi midollari, che separano fasci cribro vascolari di tipo collaterale
aperto. Nelle Monocotiledoni il midollo e i raggi midollari non sono distinguibili perché i fasci, di tipo
collaterale chiuso, sono distribuiti uniformemente in tutta la stele. Nelle Graminacee, Monocotiledoni
che hanno il cilindro centrale cavo, i fasci sono disposti su due anelli concentrici.
 Zona di struttura secondaria - Solo il tronco e i grossi rami delle Gimnosperme e delle Dicotiledoni
possiedono questa zona. Le Monocotiledoni presentano solo fasci del tipo collaterale chiuso e hanno
accrescimento, molto limitato.
L'accrescimento diametrale del cilindro centrale è presieduto dal cambio cribro legnoso, che
produce nuovi strati di legno secondario verso l'interno, e di libro, verso l'esterno. Il legno funzionante e
di colore chiaro è detto alburno, il legno aromatico e scuro che non ha più la funzione di conduzione si

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chiama duramen. Questo si forma quando, invecchiando, perde le sostanze di riserva e viene
impregnato da altre sostanze come oli, tannini, gomme e resine. Con la crescita progressiva del cambio,
aumenta il diametro del fusto e nel tronco appaiono dei cerchi detti anelli o cerchi annuali, ciascuno
dei quali corrisponde alla crescita del fusto durante un arco di tempo di un anno.
L'accrescimento del cilindro corticale è presieduto dal cambio subero-fellodermico o fellogeno
che si origina da cellule parenchimatiche e si trova in uno strato molto superficiale del cilindro corticale.
Dividendosi in senso periclinale, questo meristema dà origine, verso l'interno ad un tessuto
parenchimatico, il felloderma, e verso l'esterno al sughero formando nell'insieme il periderma. Man
mano che il diametro del cilindro centrale aumenta, gli strati sono spinti all'esterno e le cellule che si
trovano al di là del sughero, isolate da questo tessuto impermeabile, muoiono dopo aver accumulato
prodotti catabolici e tannini. L'insieme dei tessuti morti è il ritidoma.
Le modificazioni del fusto sono:
 Stoloni: fusti striscianti epigei (sopra terra) che spesso radicano formando nuove piantine (es. Fragole)
 Rizomi: fusti sotterranei con decorso orizzontale e producenti germogli alla estremità; vi si accumulano
sostanze di riserva perciò sono organi di riserva (es. Asparago)
 Tuberi: fusti sotterranei ingrossati e carnosi in cui si accumulano sostanze di riserva (sono provvisti di
gemme e servono anche come organi di riproduzione vegetativa, es. Patata).
 Bulbi: fusti sotterranei eretti, brevi, avvolti da foglie ispessite, carnose dette catafilli (es. Cipolla).
 Bulbo-tuberi: con consistenza massiccia e avvolti da squame o foglie papiracee (es. Croco).
 Viticci o cirri: organi sottili e flessuosi, derivati da rami (in piante rampicanti ad es. Vite) o da foglie
(foglie composte delle leguminose).

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GEMMA
La gemma è un organo vegetativo che rappresenta il primordio di un nuovo asse vegetale, da cui possono
avere origine foglie, rami e fiori. È un l'abbozzo di un germoglio in via di sviluppo in cui è possibile
distinguere:
 un cono vegetativo, breve asse a forma conica, formato da cellule meristematiche, che rappresenta
l'apice del germoglio
 abbozzi fogliari, situati sui fianchi del cono vegetativo, diventano più sviluppati man mano che si
allontanano dalla parte apicale e daranno origine allo sviluppo delle foglie
 primordi dei rami, posti all'ascella degli abbozzi fogliari; si organizzeranno in complessi meristematici
uguali alla gemma e si svilupperanno in organi assili: i rami.
Il germoglio è il giovane ramoscello o il gruppo di foglioline che nascono dalla gemma di una pianta.
Con il termine germoglio si intende anche il prodotto del seme vegetale quando questo viene interrato.
Quando il seme di una pianta trova le condizioni di umidità e le termperature adeguate per attivarsi viene
prodotto il germoglio. Il processo di attivazione e di produzione del germoglio viene detto germinazione.
Le gemme possono essere distinte e raggruppate in base a diversi punti di vista, tenendo conto di:
posizione, aspetto, tipo di organo originato, epoca di sviluppo.
Per quanto riguarda la posizione, le gemme, possono essere:
 apicali, se situate all'apice del fusto (o ramo) rappresenta lo stato giovanile del fusto
 avventizie, senza una precisa collocazione, in quanto si differenziano ex novo sui rami, sulle branche e
sul tronco sono presenti gli sferoblasti che sono ammassi di abbozzi radicali.
 ascellari, alle ascelle delle foglie
In base all'aspetto si distinguono:
 gemme nude, caratteristiche delle piante erbacee, dette così perché mancano di ogni protezione
 gemme vestite o dormienti, caratteristiche delle piante legnose, sono protette da particolari strutture
fogliari dette perule che possono essere rivestite di sottilissimi peli o di resina che le rendono
impermeabili e idonee a proteggere la gemma, al loro interno, durante le stagioni avverse.
Per quanto riguarda l'organo a cui danno origine, si distinguono:
 gemme a legno, quando producono rami o foglie sul ramo. Sono di forma più appiattita e cilindrica
quasi appuntita, nella quale si possono già intravedere i primordi delle foglie.
 gemme a frutto (drupacee) suddivise a loro volta in gemme a fiore con i soli primordi di organi
riproduttivi, che originano fiori ed in gemme miste (pomacee), che producono sia fiori che foglie e rami.
Sono di forma più rotondeggiante e sferica, in quanto provviste di ovario, parte essenziale per lo
sviluppo del frutto.
 gemme miste, quando possono dar origine sia a foglie o rami che a fiori (e successivamente a frutti).
Considerando l'epoca in cui si sviluppano, si distinguono:
 gemme pronte, quando si schiudono nello stesso anno in cui si formano dando origine a rami detti
anticipati (rami esili e lunghi, molto fragili).
 gemme dormienti, se si svilupperanno nell'anno successivo a quello della loro formazione (le più
comuni).
 gemme latenti, se si formano ma non si sviluppano per tempi molto lunghi.
In base ad altri punti di vista si possono avere:
 gemme sostitutive, che possono svilupparsi qualora quelle normali non siano riuscite a farlo.
 gemme avventizie, che possono svilupparsi solo in casi eccezionali, qualora, ad esempio, un fatto
imprevisto provoca un maggiore apporto di linfa o un fatto traumatico porta alla distruzione di quelle
normali
 gemme cieche, quando sono incapaci di svilupparsi.
Le gemme possono essere poste singolarmente o a gruppi di due o tre.
Il tipo di ramificazione caratteristico di una data pianta dipende dalla persistenza negli anni della gemma
apicale.
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Se la gemma apicale rimane attiva per tutta la vita della pianta, l'asse caulinare si accrescerà
indefinitamente e dalle gemme laterali avrà origine una serie di rami detta di primo ordine, dalle cui
gemme laterali si svilupperanno rami detti di secondo ordine e così via. Si otterrà un tipo caratteristico di
ramificazione detto monopodiale (es: Abete, Quercia).
Se la gemma apicale muore alla fine della stagione vegetativa (come ad esempio nel Tiglio e nell'Olmo),
l'asse caulinare cessa di crescere e avranno un maggiore sviluppo i rami laterali di primo ordine, che
successivamente saranno superati da quelli di second'ordine e così via. Prenderà forma un tipo di
ramificazione detta simpodiale a dicasio. Quando l'allungamento dell'apice caulinare è portato avanti
dalla gemma più prossima a quella apicale abortita, il tipo di ramificazione sarà detto simpodiale a
monocasio.

FOGLIA
La foglia è un organo delle piante specializzato per la fotosintesi ed in cui hanno luogo la respirazione, la
traspirazione e la guttazione (fuoriuscita d'acqua che permette la traspirazione quando le condizioni
atmosferiche sono sfavorevoli).
Tutte le foglie sono costituite da tre parti principali: la guaina, il picciolo e la lamina fogliare o lembo.
La guaina è la parte basale, più o meno slargata della foglia, che abbraccia parzialmente o totalmente il
caule.
il picciolo è la parte assiale che unisce la guaina al lembo; alla base del quale possono essere talvolta
presenti due espansioni laminari chiamate stipule.
Il lembo è la porzione laminare della foglia e presenta due facce: la pagina superiore e la pagina inferiore e
tre regioni: la base, l'apice e il margine. La lamina fogliare (lembo) è percorsa in tutta la sua estensione
dalle nervature, che sono fasci conduttori, formati da legno e da libro, direttamente raccordati con quelli
che
percorrono il fusto. Attraverso la porzione legnosa delle singole nervature giungono alla foglia l'acqua e i
sali minerali assorbiti dalla radice; attraverso i vasi conduttori (vasi cribrosi) vengono distribuite, nelle varie
parti della pianta, le soluzioni zuccherine (linfa elaborata) prodotte nella foglia in seguito alla fotosintesi.
Non sempre la foglia è completa di tutte le sue parti, ad esempio può mancare il picciolo e in questo caso la
foglia si dice sessile.
In base all'anatomia della lamina fogliare si possono distinguere le seguenti tipologie:
 foglie bifacciali (dorso-ventrali): si distingue una pagina superiore ed una inferiore diverse fra loro. È il
caso delle maggior parte delle piante dicotiledoni;
 foglie equifacciali (isolaterali): non si distinguono le due pagine, che hanno uguale struttura. È il caso
delle Monocotiledoni come ad esempio le graminacee.
 foglia centrica (foglia aghiforme delle Conifere) cosi definita per la posizione centrale dei fasci
cribrovascolari;
 foglie unifacciali: possiedono un’unica faccia visibile, la foglia piegandosi su sé stessa lungo il suo
asse maggiore permette l'unione delle due estremità della faccia abassiale e mette in mostra solo la
parte superiore della lamina. Hanno un aspetto tubulare o assile, es. alcune Monocotiledoni, come
cipolla.
La struttura anatomica di una foglia bifacciale presenta le seguenti caratteristiche:
 un'epidermide che copre la superficie superiore ed inferiore. La parte superiore è spesso ricoperta dalla
cuticola, una sostanza cerosa (cutina) che rende la foglia impermeabile;
 un mesofillo, costituito da 2 parenchimi: un parenchima a palizzata superiormente e uno lacunoso
inferiormente. Quello a palizzata è ricco di cloroplasti mentre quello lacunoso, oltre a contenere
cloroplasti, è caratterizzato da ampi spazi intercellulari;
 una caratteristica disposizione delle nervature (i fasci cribro-vascolari). Lo xilema rappresenta la
porzione interna del fascio ed il floema si trova nella parte esterna;
 gli stomi che sono aperture microscopiche disposte su tutte le parti erbacee delle piante, in modo
particolare sulle foglie; la loro funzione è di mantenere lo scambio gassoso con l’esterno, in particolare la
fuoriuscita di vapore acqueo e l’entrata di ossigeno e di anidride carbonica. L’apparato stomatico è
costituito da un’apertura sulla quale sporgono due cellule, dette cellule di guardia, spesso associate
alle cellule compagne presenti in prossimità dei vasi floematici.
Per riconoscere una foglia bisogna tenere conto dei seguenti caratteri distintivi: tipo di foglie, tipo di
nervatura, tipo di margine, tipo di incisione del margine fogliare, tipo di lamina, tipo di apice, tipo di
attaccatura, tipo di colore, tipo di superficie, fillotassi.
Per quanto riguarda il tipo di foglie si distinguono:
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 Foglia semplice: foglia la cui lamina non è formata da più foglioline, ma da un'unica foglia.
 Foglia composta: si tratta di una foglia la cui lamina è costituita dall’insieme di diverse foglioline che
sembrano indipendenti a loro volta inserite su un asse centrale. Alcuni esempi sono:
o foglia paripennata, foglia composta di un numero pari di foglioline disposte in modo simile alla
penna di un uccello;
o foglia imparipennata, foglia composta di un numero dispari di foglioline disposte in modo simile alla
penna di un uccello
o foglia bipennata, foglia in cui le singole foglioline sono a loro volta pennate;
o foglia trifogliata: foglia composta da tre foglioline (es. leguminose);
o foglia palmato-composta: è composta da 5-7 foglioline unite fra di loro nella zona di inserzione del
picciolo (ippocastano).
Per quanto riguarda il tipo di nervature si distinguono:
 foglia penninervia: nervatura centrale che si divide in secondarie, terziarie;
 foglia palminervia: ricorda il palmo della mano (3,5,7,9 punte) (es. acero, platano);
 foglia parallelinervia le nervature sono tutte parallele (graminacee);
 foglia peltinervia il picciolo è inserito al centro della lamina e la base non c’è, mentre le nervature sono
radiali.
Per quanto riguarda il tipo di margine si distinguono:
 margine ciliato, presenta delle piccolissime ciglia
 margine crenato, presenta sporgenze sono simili a dentature ma con contorno arrotondato
 margine dentato, presenta sporgenze acute o seghettature dirette verso l'esterno della foglia
 margine denticolato, presenta piccole sporgenze acute o seghettature dirette verso l'esterno della foglia
 margine doppiamente dentato, presenta una dentatura principale su cui appare una dentatura più
piccola
 margine intero, non presenta incisioni
 margine lobato presenta delle pronunciate ondulazioni diverse fra loro
 margine seghettato, presenta sporgenze acute rivolte verso l'apice della foglia
 margine finemente seghettato, presenta leggere sporgenze acute rivolte verso l'apice della foglia
 margine sinuato presenta delle pronunciate ondulazioni simili fra di loro
 margine spinoso, presenta denti o ondulazioni che si prolungano con lunghe punte
 margine ondulato, presenta ondulazioni ampie
Per quanto riguarda il tipo di incisione del margine si distinguono:
 margine lobato, le incisioni sono poche e profonde, ma non raggiungono la metà della lamina
 margine fesso, le incisioni sono più profonde che in quello lobato e arrivano a metà tra la lamina e la
nervatura mediana
 margine roncinato, le incisioni sono più profonde e possono raggiungere la nervatura mediana
Per quanto riguarda il tipo di forma della lamina fogliare si distinguono:
 foglia ellittica: apice e base tonda con larghezza massima al centro
 foglia orbicolare: larghezza della foglia simile alla lunghezza
 foglia ovata: larghezza massima nella terza parte inferiore
 foglia obovata: larghezza massima nella terza parte superiore
 foglia lanceolata: lamina molto lunga e stretta a forma di lancia
 foglia romboidale: a forma di rombo
 foglia cuoriforme (cordata): lamina rotonda a forma di cuore
 foglia obcuoriforme: a forma di cuore rovesciato
 foglia palmato lobata: foglia palmata con lobi
 foglia aghiforme: tipica delle conifere
 foglia spatolata: a forma di spatola
 foglia astata: a forma di asta
 foglia sagittata: a forma di freccia
 foglia reniforme: a forma di rene
 foglia palmata: è divisa in lobi come il palmo di una mano
 foglia peltata: di forma circolare con il picciolo che si inserisce in posizione centrale, come al centro di
un piatto
Per quanto riguarda il tipo di forma della lamina fogliare si distinguono:
 foglia apiculata: come nelle api, presenta nella parte terminare un piccolo aculeo
 foglia mucronata: il mucrone è una formazione apicale, breve ed appuntita, costituita dal
prolungamento della nervatura mediana

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 foglia smarginata: la parte terminare nell’apice presenta irregolarità, diverse da tutto il resto
 foglia ottusa: la parte terminale della foglia si presenta arrotondata e non presenta punte
 foglia refusa: la parte terminale della foglia ha una piccola rientranza (si forma una piccola V)
 foglia acuminata: la parte terminale della foglia è appuntita
Per quanto riguarda il tipo di attaccatura si distinguono:
 foglia peduncolata: con picciolo
 foglia sessile: non c’è picciolo
 foglia con stipole: con foglioline alla base
 foglia con guaina: la guaina avvolge il ramo
 foglia amplessicaule: la guaina ricopre interamente il ramo
Per quanto riguarda il tipo di colore si distinguono:
 foglia con colore uguale sulle due pagine
 foglia di colore: diverso colore sulle due pagine
Per quanto riguarda il tipo di superficie si distinguono:
 foglia coriacea: dura e spessa
 foglia tomentosa: peli abbondanti
 foglia glabra: senza peli
 foglia pubescente: peli piccoli
La fillotassi è la disposizione delle foglie lungo il fusto per ricevere nell’insieme la maggior quantità di luce
possibile. I modelli più comuni sono:
 foglie alterne: una sola foglia per nodo
 foglie opposte: due foglie per nodo (basilico)
 foglie verticillate: tre o piùfoglie per nodo
Una parte o tutta la pagina fogliare può subire modificazioni in relazione allo svolgimento di particolari
funzioni. Esempi di foglie metamorfosate sono:
 i catafilli e le squame presenti nei bulbi, che hanno funzione di protezione e di riserva;
 gli antofilli (petali e sepali del fiore),
 le perule, foglioline coriacee che avvolgono e proteggono le gemme
 i viticci che fungono da organi prensili nelle piante rampicanti (es. pisello)
 le brattee vicino ai fiori che essendo colorate hanno un’azione di attrazione dei pronubi, come nel caso
della stella di natale
 le spine che riducono la traspirazione e sono tipiche delle piante che vivono in ambienti aridi
 i cotiledoni, foglie embrionali ricche di sostanze di riserva

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FIORE
Il fiore è un organo finalizzato alla riproduzione, formato da un fusto con internodi estremamente raccorciati
e foglie profondamente modificate.
Un fiore è formato da più parti: petali, sepali, stami, e tutte si chiamano indistintamente pezzi fiorali.
Le parti del fiore sono costituite dal calice (o ricettacolo fiorale), dalla corolla, dal gineceo (parte femminile
del fiore) e dall’androceo (parte maschile).
 Calice (o ricettacolo fiorale), formato da foglioline verdi fotosintetizzanti, dette sepali. È una parte
fiorale sterile.
 Corolla, formata da petali spesso colorati e con funzione vessillare (capacità di attrarre gli animali
impollinatori); anche questa parte del fiore è sterile.
 Gineceo, è la parte femminile del fiore, fertile. Si definisce anche pistillo ed è composto da una parte
basale slargata detta ovario, che continua in alto nello stilo e superiormente nello stigma (o stimma).
 Ovario è formato da una o più foglie modificate che prendono il nome di carpelli; il carpello è una foglia
modificata con funzione riproduttiva, facente parte del fiore e costituente il gineceo (parte del fiore
composta da uno o più pistilli).
 Androceo, è la parte maschile del fiore, fertile. Ha stami formati da filamento e antere; ogni antera ha
due teche polliniche, ogni teca pollinica ha due sacche polliniche dove sono contenute cellule madri
delle microspore che daranno origine al polline.
Nelle angiosperme si individuano ovari monocarpellari, ovvero formati da un solo carpello (pesco e
frumento) o pluricarpellari, ovvero formati da più carpelli (melo e pero), i cui frutti presentano le logge
contenenti i semi. In quest’ultimo caso (pero e melo) i carpelli sono fusi insieme originando un unico pistillo
(ovario pluricarpellare sincarpico), mentre nel caso dell’ananas, delgelso o della mora, ogni carpello
origina pistilli diversi (ovario pluricarpellare apocarpico).
L’interno dell’ovario non è pieno, ma contiene una o più cavità dette loculi che contengono gli ovuli in attesa
di essere fecondati e di trasformarsi in semi; l'ovario è destinato a trasformarsi in frutto. Gli ovuli sono inseriti
all'interno dell'ovario in una zona detta placenta (o sacco embrionale). Ogni ovulo è avvolto dalla nocella,
che contiene al suo interno 8 cellule, tra cui la cellula uovo; tale parte è protetta da 1-2 tegumenti, che
lasciano apicalmente un piccolo foro, il micropilo.
Al di sopra dell'ovario sono posizionati lo stilo e lo stigma. In relazione al punto di inserzione sul calice
l’ovario può essere:
 ovario supero: è posizionato sul calice al di sopra del punto di inserzione delle altre parti fiorali. Il calice
è conico o convesso, e l'ovario sarà nella parte alta del fiore. I sepali, i petali e gli stami saranno inseriti
alla base dell'ovario. Il fiore si definirà ipogino. I frutti derivanti da un ovario supero possono essere ad
esempio bacche come nel caso della vite o drupe come nel caso del pesco, ciliegio, albicocco;
 ovario infero: si trova al di sotto degli altri verticilli su un calice spesso concavo, quindi sepali, petali e
stami sono inseriti alla sommità dell'ovario. Un fiore con ovario infero viene chiamato epigino. Spesso
l'ovario infero origina falsi frutti (es. pomo, frutto caratteristico delle pomacee come la pera e la mela) in
cui il calice ed altre parti fiorali partecipano alla costituzione del frutto;
 ovario semi-infero: è localizzato in posizione media più o meno circondato dal calice. Il calice sarà
piano e i sepali, i petali e gli stami saranno inseriti in posizione intermedia rispetto all’ovario. Il suo fiore
viene detto perigino.

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I fiori possono essere classificati in base a diverse caratteristiche morfologiche che riguardano i seguenti
aspetti: tipo di saldatura dei petali e dei sepali: tipo di calice; tipo di corolla; tipo di infiorescenza.
Per quanto riguarda il tipo di saldatura:
 Il calice si definisce gamosepalo se i sepali che compongono il perianzio (l’insieme di calice e corolla)
sono fra loro saldati. Il calice gamosepalo, può assumere diverse forme, dalla forma tubulare alla
forma clavata a quella cupoliforme (a forma di cupola), alla campanulata (a forma di campana), alla
urceolata (semicilindrica) ed altre, a seconda delle specie.
 Si definisce dialisepalo, se i sepali che compongono il perianzio sono fra loro separati.
 La corolla si definisce gamopetala se i petali che li compongonosono fra loro saldati, mentre si dice
dialipetala se sono fra loro separati.
Per quanto riguarda il tipo di calice, si distinguono:
 tubolare: di forma cilindrica;
 clavato: a forma di clava;
 cupoliforme: a forma cupola rovesciata;
 campanulata: a forma di campana;
 urceolato: simile ad un orcio (recipiente oleario);
 imbutiforme: a forma di imbuto;
 vescicoso: di forma sferica fortemente rigonfiata;
 labiato o bilabiato: diviso in senso longitudinale
Le corolle possono essere di forma regolare (attinomorfe) o irregolare (zigomorfe).
Le corolle attinomorfe (regolari) sono:
 rosacea: presenta cinque petali ad unghia breve;
 crocifera: presenta quattro petali opposti a due a due;
 cariofillacea: presenta cinque petali ad unghia molto sviluppata all’interno del calice;
 tubolosa: di forma tubolare;
 campanulata: a forma di campana;
 imbutiforme: a forma di imbuto;
 ipocrateriforme: tubolare, si allarga nella parte superiore a forma di cratere;
 ureceolata: semicilindrica, a forma di otre;
 rotata: simile ad una ruota con i petali disposti sullo stesso piano;
 stellata: con profonde divisioni del lembo a forma stellare, laciniata.
Le corolle zigomorfe (irregolari) sono:
 labiata o bilabiata: presenta tre petali saldati e due petali saldati a formare due labbra – inferiore e
superiore – al di sopra della fauce;
 personata: come la bilabiata, ma con rigonfiamento del labbro inferiore che chiude la fauce del tubo;
 speronata: labbro inferiore prolungato alla base in uno sperone;
 digitata: cinque petali saldati a contorno ondulato formano una specie di ditale;
 ligulata: formata da lunghe linguette laterali a disposizione stellare, come nelle Composite;
 anomala: disposizione asimmetrica dei petali (es. Viola, Orchidea).
I fiori possono essere isolati o raggruppati in infiorescenze. Nelle infiorescenze, i singoli fiori sono portati da
un asse (rachide) semplice o ramificato.
Le inflorescenze semplici sono costituite da fiori sessili o peduncolati inserite su un asse non ramificato. Le
principali sono:
 spiga, i fiori sono sessili (senza peduncolo) inseriti alternativamente su un singolo asse (per esempio, la
piantaggine);
 grappolo o racemo, come la spiga, ma con fiori peduncolati (per esempio, in erba medica, lupinella,
robinia);
 amento o gattino, come la spiga, ma è pendula ovvero rivolta verso il basso (per esempio, in nocciolo,
noce, pioppo, castagno);
 spadice, come la spiga, ma con asse ingrossato (per esempio, in mais, calla, gigaro);
 corimbo, come il grappolo, ma i peduncoli hanno lunghezze diverse così che i fiori si posizionano alla
stessa altezza (per esempio, in melo, pero);
 ombrella, i peduncoli del fiore partono dallo stesso punto ed hanno uguale lunghezza (per esempio,
nella cipolla);
 capolino o calatide, sul ricettacolo appiattito sono inseriti tanti piccoli fiori sessili (per esempio, in
girasole, margherita, trifoglio);
 cima elicoidale o monocasio (per esempio, nel gladiolo)
 cima bipara o dicasio (per esempio, nel Cerastium) cima scorpioide (per esempio, nel Myosotis).
Le inflorescenze composte hanno l’asse che presenta ramificazioni; le più importanti sono:
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 spiga composta (per esempio, in frumento, segale, orzo, triticale);
 pannocchia o grappolo composto (per esempio, in avena, riso, erba mazzolina, vite);
 corimbo composto (per esempio, in achillea, sorbo degli uccellatori);
 ombrella composta (per esempio, in finocchio, carota).

FORMAZIONE E MATURAZIONE DELL’APPARATO RIPRODUTTIVO MASCHILE E FEMMINILE


La gemma, differenziandosi a fiore l’anno precedente, prima della fioritura porta a maturazione l’apparato
riproduttivo maschile e femminile.
Le Angiosperme, come tutte le piante, presentano un’alternanza di generazioni Sporofito-Gametofito, con
prevalenza della fase diplonte (sporofito) rispetto a quella aplonte (gametofito).
Il contenitore che racchiude i gameti maschili e femminili (cellule sessuali), ossia il gametofito, è
rappresentato per quelli maschili dal tubetto pollinico che si origina per germinazione del polline (spora) e
per quelli femminili dal sacco embrionale che avvolge l’ovulo.
Il gametofito maschile e femminile nelle piante superiori come le Angiosperme è di dimensioni molto
ridotte ed è contenuto all’interno degli organi fiorali maschili e femminili, rappresentati rispettivamente dal
gineceo (con stigma, stilo e ovario) e dall’androceo (antera che racchiude i granuli di polline e stame).
Le trasformazioni che portano alla formazione dei gameti maschili e femminili, rappresentati
rispettivamente dalle cellule spermatiche contenute nel polline e dalla cellula uovo racchiusa nel sacco
embrionale, prendono il nome di microsporogenesi e macrosporogenesi.
La macrosporogenesi è il processo che porta alla formazione dell’apparato riproduttivo femminile.
Essa porta alla formazione del gametofito femminile, rappresentato dal sacco embrionale pluricellulare,
che costituisce la parte prevalente dell’ovulo.
Se si osserva al microscopio l’ovulo è possibile notare la presenza di alcuni tegumenti che avvolgono e
proteggono il sacco embrionale contenente 8 cellule (il cui rivestimento prende il nome di nocella) lasciando
una apertura (micropilo) che consente al tubetto pollinico di riversare il suo contenuto all’interno del sacco
embrionale.
Nella formazione del gametofito femminile delle Angiosperme si possono distinguere tre fasi: sporogenesi,
somatogenesi e gametogenesi
 Fase 1: SPOROGENESI: è la fase che porta alla formazione della spora madre (macrospora
polinucleata). La nocella, (zona centrale dell’ovulo) produce una spora (megaspora) da cui per
successive divisioni mitotiche prendono origine quattro megaspore aploidi. Delle quattro megaspore
tre degenerano e solo una riesce a sopravvivere (spora madre).
 Fase 2: SOMATOGENESI: è la fase successiva che porta alla formazione del sacco embrionale,
contenente al suo interno 8 nuclei protetti dalla nocella. Il nucleo della megaspora superstite dà luogo a
tre successive divisioni mitotiche, da cui si originano 8 nuclei; successivamente gli otto nuclei si
dispongono in gruppi di quattro ai poli della megaspora, poi due nuclei si dirigono verso il centro.
 Fase 3: GAMETOGENESI: è l'ultima fase che porta alla strutturazione definitiva del gametofito.
Attorno ai nuclei si formano le pareti cellulari e il gametofito assume la struttura definitiva. Alla fine del
processo si ottengono otto cellule mononucleate; tre cellule antipodali, due cellule polari, una cellula
uovo (gamete femminile, oosfera) e due cellule sinergidi, vicine alla cellula uovo. Le due cellule polari
in un secondo momento si fondono fra di loro dando origine ad una cellula polare binucleata, che al
momento della fecondazione si unirà al secondo nucleo generativo del tubetto pollinico, dando origine
all’endosperma del seme, mentre la nocella andrà a costituire il rivestimento del seme stesso.
La microsporogenesi è il processo che porta alla formazione dell’apparato riproduttivo maschile. Uno
dei tre nuclei non interviene nel processo fecondativo e presiede unicamente alla sintesi proteica
indispensabile per la vitalità del tubetto pollinico, gli altri due si uniranno alla cellula uovo e alla cellula polare
binucleata nell’atto fecondativo
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Le dimensioni dei granuli maturi sono molto variabili da 250 micron a 5 micron. Il polline è caratterizzato da
uno strato protettivo composto da due pareti, l’esina e l’intina.
L’intina è la parte più interna ed è formata da polisaccaridi. Sull’esina, sui pori del granulo pollinico e
sull’intina sono presenti anche enzimi, proteine e glicoproteine che servono al granulo per farsi
riconoscere dalla parte femminile del fiore. Il polline in alcuni soggetti produce allergie alle vie respiratorie;
tali fenomeni allergenici sono imputabili a proteine e a glicoproteine.

IMPOLLINAZIONE
L'impollinazione è il trasporto del polline dalle antere allo stimma e costituisce il preludio necessario per la
fecondazione e la produzione del seme. Le condizioni ambientali più adatte ad un'efficace impollinazione
sono le giornate miti e leggermente ventilate, mentre le basse temperature, la pioggia e l'elevata umidità
fanno scoppiare il polline o lo dilavano. Nella maggioranza delle piante, dette allogarne, l'impollinazione
avviene fra individui diversi (impollinazione incrociata) e solo in alcune piante, dette autogame, il polline è
trasferito sullo stesso fiore o su fiori della stessa pianta (autoimpollinazione).
Un tipo di autoimpollinazione molto stretta (cleistogamia) si verifica nel grano, quando la spighetta non si è
ancora dischiusa.
Molti fiori sembrano adatti a favorire l'impollinazione incrociata: polline e ovuli dello stesso individuo
maturano in tempi diversi, oppure gli stami sono situati in posizione più bassa rispetto allo stimma.
L'autofecondazione è adatta a piante annuali che crescono in ambienti instabili o aperti, mentre
l'impollinazione incrociata è ottimale per piante perenni che vivono in ambienti stabili.
Il trasferimento del polline viene effettuato tramite agenti diversi: vento, acqua e animali.
 Impollinazione anemofila o anemogama: è l'impollinazione operata dal vento. Le specie che
adottano questo mezzo, Gimnosperme e molte Angiosperme, producono polline leggero e abbondante,
fioriscono a fine inverno-inizio primavera in periodi ventosi, quando ancora la copertura fogliare è
minima, hanno fiori ridotti alle parti essenziali e spesso privi di petali ed infiorescenze pendule o
configurate in modo da disperdere facilmente il polline.
 Impollinazione idrofila o idrogama: è l'impollinazione ad opera dell'acqua. È tipica delle piante
acquatiche: il polline delle ninfee è liberato sotto il pelo dell'acqua, quello dell'elodea galleggia sulla
superficie, ma in entrambi i casi sono le correnti acquatiche che lo trasportano fino ad incontrare lo
stimma di un altro fiore della stessa specie.
 Impollinazione zoofila o zoogama: è l'impollinazione operata da animali come piccoli uccelli (colibrì)
nelle zone tropicali, pipistrelli nelle zone aride o desertiche e soprattutto insetti appartenenti a vari ordini:
lepidotteri, coleotteri, ditteri e imenotteri. L'impollinazione ad opera degli insetti detta entomogama o
entomofila è la più diffusa nel mondo ed esclusiva delle zone temperate. Questo tipo di impollinazione è
effettuata soprattutto da api, farfalle, falene, ditteri e coleotteri. Le piante entomofile hanno sviluppato
strategie atte ad attrarre insetti specifici. Le piante che presentano zoogamia hanno fiori profumati e
colorati, dotati di nettare; producono poco polline, spesso appiccicoso, e fioriscono in periodi stagionali o
in momenti della giornata favorevoli ai pronubi specifici.

FECONDAZIONE
La fecondazione rappresenta il fenomeno fondamentale della riproduzione sessuale ed è l'unione dei
gameti maschile e femminile per formare un'unica cellula, lo zigote.
Quando il granulo pollinico raggiunge lo stimma, si àncora alle sostanze mucillaginose ed inizia ad emettere
un esile filamento, detto tubetto o budello pollinico che fuoriesce dai solchi del granulo in cui la parete è
più sottile, penetra nel canale dello stilo, si allunga fino all'ovario e riversa nell'ovulo l'intero contenuto. Nelle
Gimnosperme la fecondazione è semplice, il gamete maschile si fonde con il gamete femminile, nelle
Angiosperme la fecondazione è doppia: uno dei due nuclei generativi si combina con l'ovocellula formando
lo zigote, mentre l'altro si fonde con il nucleo dell'endosperma secondario originando l'endosperma. Lo
zigote si ingrossa e si divide originando l'embrione.
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Lo sviluppo embrionale o embriogenesi, è il processo mediante il quale l'embrione si forma e si sviluppa.
L'embriogenesi è un processo che avviene sia negli animali che nelle piante.
All'inizio l'embrione è costituito da cellule indifferenziate che originano il protoderma, il meristema
fondamentale e il procambio. Contemporaneamente si sviluppano i cotiledoni, e da questo momento
l'embrione assume nelle Dicotiledoni una forma a cuore e nelle Monocotiledoni una forma cilindrica. Man
mano che l'embrione si sviluppa, la divisione è compiuta solo dai meristemi apicali della plantula.

FRUTTO
Il frutto si forma dopo la fecondazione, dalle pareti dell’ovario del fiore delle Angiosperme, mentre i semi si
formano dagli ovuli. La funzione del frutto è quella di proteggere ed accompagnare lo sviluppo dei semi e
degli embrioni in essi contenuti.
Il frutto favorisce la disseminazione, utile per la diffusione della specie e per ridurre i fenomeni di
concorrenza intraspecifica (all’interno della stessa specie) che si hanno se le nuove piantine nascessero ai
piedi della pianta madre. Quando i semi sono pronti per la disseminazione il frutto è maturo.
Nel frutto si distinguono tre strati che insieme formano il pericarpo che avvolge il seme o i semi:
 l'esocarpo che deriva dall'epidermide superiore;
 il mesocarpo che deriva dal parenchima o mesofillo;
 l'endocarpo che deriva dall'epidermide inferiore.
La prima distinzione è tra veri frutti e falsi frutti (o accessori).
Il vero frutto deriva dalla trasformazione del solo ovario del fiore, il falso frutto anche dal calice
(ricettacolo) che avvolge l’ovario, che sarà infero (in questi fiori dopo la fecondazione ovario e ricettacolo si
accrescono insieme). Il risultato di falso frutto si ha ad esempio in una mela o in una pera (pomi, esempi di
falsi frutti): la parte che si mangia deriva dal ricettacolo, la parte che contiene i semi e che si scarta deriva
dall’ovario.
I frutti, in base alla loro origine e all’organizzazione, possono essere divisi in macrocategorie:
 frutti semplici: formati dall'ovario del singolo fiore (monocarpellare o pluricarpellare sincarpico) come
pesche, albicocche e ciliegie;
 frutti aggregati: derivano dall'evoluzione di più pistilli posti sullo stesso ricettacolo (ovari pluricarpellari
apocarpici) che rimangono uniti anche nel frutto (es. lamponi);
 Infruttescenze (frutti multipli): derivano da evoluzioni di infiorescenze, cioè i singoli frutti derivano da
pistilli di fiori diversi che formavano un'infiorescenza più o meno compatta (es. ananas).
I veri frutti in base alla consistenza del pericarpo si suddividono in:
 frutti secchi in cui a maturità tutti gli strati hanno scarsi parenchimi e un contenuto di acqua piuttosto
basso; il pericarpo può essere duro, papiraceo o legnoso; possono essere deiscenti e indeiscenti;
 frutti carnosi in cui la consistenza dei diversi strati è carnosa in quanto ricchi di parenchimi che
trattengono una percentuale d'acqua notevolmente alta.
I frutti carnosi sono frutti con parenchimi ricchi di acqua. Esempi:
 bacca: frutto plurisperma, deriva da ovario pluricarpellare, presenta diverse varianti (pomodoro, alloro,
ossiciocco, mirto, sambuco, mirtillo rosso);
 esperídio: frutto delle Rutaceae ovvero gli agrumi, presenta epicarpo con tasche lisigene, mesocarpo
bianco e spugnoso, endocarpo tappezzato di peli a maturità ricchi di succo;
 drupa: frutto con epicarpo sottile, mesocarpo carnoso, endocarpo legnoso, alcune drupe sono
monosperme unicarpellari (drupacee come susina, pesca, ciliegia, albicocca), pluricarpellari (ulivo,
noce), plurispermie pluricarpellari (caffè) a mesocarpo coriaceo (noce, mandorlo) o fibroso (cocco);
 pepònide: frutto tipico delle Cucurbitaceae (zucchina, zucca, cetriolo);
 balaústio o balaústo: frutto tipico delle Punicaceae (melograno);
 cabosside: frutto del cacao;

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 bacca deiscente, tipica della noce moscata (a maturità libera il seme con arillo), e del cocomero asinino
(Cucurbitaceae)
I frutti secchi deiscenti a maturità liberano i semi aprendosi spontaneamente con differenti modalità,
presentano delle zone di deiscenza sprovviste di fibra, con cellule sottili cellulosiche; tra questi frutti si
trovano:
 follicolo: deriva da un ovario monocarpellare, plurispermio, si apre lungo la linea di sutura del carpello
(es: elleboro, Aquilegia).
 legume o baccello: deriva da ovario monocarpellare plurispermio, si apre in due valve su due linee
opposte (sutura e dorso). È tipico della famiglia delle Leguminose.
 lomento: deriva da ovario monocarpellare plurispermio, è suddiviso in una serie di logge monosperme
chiuse che possono essere anche piene di polpa a circondare il seme, si apre trasversalmente.
 siliqua e siliquetta: derivano da un ovario bicarpellare sincarpico con numero variabile di semi. Si apre
in due valve lungo la linea di sutura delle foglie carpellari, a maturità si fendono ma non si separano
completamente. Le due valve sono separate da setto persistente membranoso detto replo su cui sono
inseriti i semi. Il frutto si chiama siliquetta quando è isodiametrica, siliqua quando il diametro
longitudinale supera quello trasversale. Caratterizzano le Crucifere;
 capsula: deriva da un ovario pluricarpellare sincarpico polispermo; presenta vari tipi di deiscenza:
o capsula setticida o settifraga (tabacco), che si apre lungo la linea di sutura dei carpelli;
o capsula loculicida (tulipano, castagno d'India), che si apre lungo la nervatura dorsale dei carpelli;
o pisside (es. Anagallis arvensis, Hyoscyamus niger), che si apre per mezzo del distacco di un
numero di denti più o meno elevato su un opercolo circolare;
o treto, ossia capsula poricida (es. Papavero), che si apre mediante una serie di pori apicali.
I frutti secchi indeiscenti presentano una parete completamente sclerificata, a maturità non liberano i semi
che vengono ancora protetti dal pericarpo. Esempi:
 achenio: deriva da un ovario monocarpellare o bicarpellare. Il pericarpo è sottile, membranoso,
pergamenaceo o cuoioso, aderente ma non saldato all'episperma. Il seme è lassamente aderente alla
parete del frutto, quindi non del tutto libero. L'achenio può essere isolato oppure riunito a formare
diacheni, tetracheni, pluriacheni. Si trova ad esempio nelle famiglie delle Fagaceae, Betulaceae,
Compositae;
 samara: è un tipo di achenio munito di espansioni (ali) che ne facilitano la dispersione anemocora. Il
pericarpo è membranoso con espansione alare laterale (frassino) o periferica (olmo); se il frutto è
formato da due samare aderenti si chiama disamara (acero);
 cariosside frutto monospermio, deriva da un ovario pluricarpellare sincarpico con pericarpo saldato
all'episperma, tipico delle Graminacee. Durante la maturazione i tegumenti del seme sono stati
parzialmente digeriti o sono concresciuti con il pericarpo;
 nucula: frutto monocarpico con involucro erbaceo o cuoioso (cùpola), ora aperto e squamiforme, ora
chiuso e aculeato, contenente uno o più acheni (nocciòlo, castagno).

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SEME
Il seme è l'organo di propagazione delle spermatofite (piante a seme) a cui è affidata la propagazione stessa
delle piante attraverso la disseminazione. È tipico delle:
 Gimnosperme (seme nudo)
 Angiosperme (seme rivestito da un frutto)
Il seme deriva dalla trasformazione di un ovulo dopo la fecondazione. Si sviluppa sulla pianta madre e se
ne distacca dopo la maturazione. I semi sono parti vegetali che contengono pochissima acqua (i semi di
senape il 7%, i semi di ricino il 6%), caratteristica che ne garantisce la lunga conservabilità.
Il seme è composto da tre parti:
 Embrione: rappresenta la futura pianta derivata dallo sviluppo dello zigote, cioè dalla cellula che si
origina dalla fecondazione. È costituito da una radichetta (o radicula) che è il primordio dell'apparato
radicale, una piumetta (o plumula) che è l'apice del futuro fusto, cioè il meristema caulinare apicale, una
(Monocotiledoni), due (Dicotiledoni) o numerose foglie embrionali (Gimnosperme) o cotiledoni con
funzione di accumulo di sostanze di riserva necessarie per la germinazione del seme;
 Endosperma: è rappresentato da sostanze di riserva necessarie allo sviluppo del seme nella fase della
germinazione. Contiene glucidi, lipidi e proteine, in proporzioni variabili a seconda delle specie;
 Episperma: è il tessuto che avvolge l'endosperma e l'embrione, proteggendoli dagli agenti atmosferici
evitando il disseccamento o l’assorbimento di acqua o di altre sostanze e che partecipa al controllo della
germinazione garantendo la dormienza con sostanze inibitrici della germinazione. È costituito da uno
strato più esterno detto testa, più robusto ai fini protettivi, e uno strato interno detto tegmen, spesso
attaccato a quello più esterno.
Il seme si sviluppa in 3 fasi:
1. embriogenesi, caratterizzata dalle divisioni cellulari dello zigote e che si conclude con la formazione
dell'embrione. In questa fase si verifica un aumento di acqua e di sostanze organiche;
2. accumulo di sostanze di riserva, che vengono depositate nell'embrione, nei cotiledoni o
nell'endosperma, il contenuto d'acqua si mantiene elevato e stabile e l'embrione acquisisce la tolleranza
alla successiva fase;
3. disidratazione, dove la sostanza secca resta costante, ma si verifica un'importante perdita di acqua che
dal 70%-80% scende a 10%-15%. Questa fase consente ai semi di trascorrere lunghi periodi senza
germinare restando vitali (quiescenza), il basso contenuto d'acqua permette un rallentamento del
metabolismo ed aumenta la resistenza alle situazioni ambientali sfavorevoli che sarebbero dannose.
I mezzi del seme estremamente efficaci per assicurare la propagazione della specie sono:
 la quiescenza, cioè la capacità del seme di restare vitale anche dopo lunghi periodi, in presenza di
condizioni sfavorevoli e di reagire prontamente al mutare di queste;
 la dormienza che limita questa capacità per rimandarla nei tempi più ragionevolmente propizi;

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 la germinazione è il processo in cui il seme si risveglia dallo stato quiescente, si manifesta quando
l'embrione ritorna alla vita metabolica attiva e comincia a sviluppare la nuova plantula e termina quando
questa è in grado di iniziare l'attività fotosintetica necessaria al proprio fabbisogno di carboidrati.
La germinazione e la dormienza sono influenzate e determinate da diversi fattori:
 fitoregolatori, quali l'acido abscissico, prodotti con funzioni inibitrici della germinazione;
 acqua, che penetrando nel seme dormiente disidratato, favorisce le reazioni enzimatiche che rendono
più assimilabili le sostanze di riserve dalla plantula. Se il peso dell'acqua contenuta nel seme fresco non
raggiunge il 40%-60% del totale, la germinazione non può avvenire;
 temperatura, la più adatta per le piante dei climi temperati è quella alternata che varia da 20 a 25 gradi
Celsius, ma alcuni semi richiedono temperature più rigide;
 ossigeno, per questo è essenziale che il seme sia in grado di penetrare agevolmente nel terreno e
restare circondato da un substrato soffice e permeabile;
 luce, che può avere ruolo stimolante nella germinazione dei semi.
Altri fattori concorrono ad agevolare la germinazione, sono gli incendi, i succhi gastrici degli uccelli o di
altri animali (che ingeriscono il seme senza digerirlo), il vento (che fa rotolare i semi sul terreno producendo
abrasioni), le piogge abbondanti.
La disseminazione dei semi è condizionata dalla presenza dei diversi tipi di frutto e varia a seconda
dell’agente che la opera; è distinta in:
 anemòcora, se operata dal vento; i frutti hanno speciali strutture che ne facilitano il trasporto aereo;
 idrocora, se operata dall’acqua;
 zoocora, se operata dagli animali; questa può essere:
o epizoa, quando il frutto aderisce al mantello dell’animale; i frutti sono provvisti di elementi che si
agganciano con grande facilità al mantello dell’animale;
o endozoa, quando il frutto consumato da un animale passa il suo intestino e i semi sono dispersi con
le feci; in questo caso i frutti sono eduli e ricchi di sostanze nutritive.

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