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BOTANICA con labratorio

02/03/2016
Gli studi di botanica si possono suddividere in due tipi: botanica generale (studio di cellule generali) e
botanica sistematica (studio della classificazione).

Ecco le principali differenze strutturali e fisiologico-metaboliche tra piante, animali e funghi.

PIANTE ANIMALI FUNGHI

ORGANIZZAZIONE cellulare cellulare cellulare e miceliale

PARETE CELLULARE si no si

Funziona anche da scheletro esterno e quindi conferisce una forma, seppur modificabile. Lo può fare
omogeneamente o eterogeneamente. Alcuni gruppi di funghi hanno una parete differente; l’ambiente
contribuisce (terrestre = subaereo).

FONTE DI ENERGIA luce sostanze organiche sostanze organiche

PIGMENTI
si no no
FOTOSINTETICI

SOSTANZE DI
amido o sostanze simili glicogeno glicogeno
RISERVA

MODALITA’ DI
aperta chiusa aperta
CRESCITA

Piante e funghi hanno una crescita continua: coesistono parti vecchie, adulte e giovani (questo nelle
piante).

MOVIMENTO ATTIVO no si si

Le piante muovono parti, animali e funghi possono spostarsi del tutto.

ORGANISMI AUTOTROFI
Tutti gli organismi sono formati da tante sostanze diverse, ma togliendo l’acqua si tratta di molecole grandi,
complesse, ricche di energia di legame (il legame chimico). Esse hanno come elementi C, H, O. Il carbonio è
ciò che forma lo scheletro di queste molecole per nutrirsi e per formarsi. Le piante usano come nutrienti i sali
minerali, piccoli e poco energetici, che poi convertono in composti organici. Per trasformali in prodotti si usa
l’energia luminosa del sole. Solo gli organismi autotrofi hanno la possibilità di realizzare queste
trasformazioni.
Teoricamente la pianta (in quanto indipendente) può vivere autonomamente. Sono stati svolti studi da cui
sono state trovate sostanze/soluzioni idroponiche. Questa autonomia permette alle piante di vivere lontane
tra loro (ci devono essere però C, H, O nel materiale inorganico). Un esempio è fornito da Boswelia Sacra
Fluek, l’albero dell’incenso, appartenente alla famiglia delle Burseraceae. Queste piante riescono a
“chiamare” l’impollinatore nel momento in cui il polline è pronto (riconoscimento tra pianta e coltivatori).

La fonte di carbonio più comoda è quella nell’atmosfera (0,03-0,04% di CO2) che per le piante è poca:
questo è il motivo per cui le piante non crescono al massimo delle loro possibilità. Sono stati fatti esperimenti
sul grano e si è visto che le piante a cui è stata fornita troppa CO2, inizialmente sono cresciute molto, poi
però sono collassate; possiamo chiamarla “stanchezza”, e dipende dal fatto che non ci sono sufficienti
enzimi a metabolizzare CO2.
RESPIRAZIONE (al buio) !" FOTOSINTESI (alla luce)
Ad esempio, le alghe vivono in acque moderatamente mosse, infatti in acqua, la CO2 (presente in quantità
maggiori rispetto all’atmosfera) si muove lentamente, per questo sono preferite le acque mosse. Si dice
moderatamente perché nella acque ferme non arriva abbastanza CO2, nelle acque troppo mosse si lacera
l’organismo.

La pianta usa solo una parte dell’acqua necessaria per vivere. Se si “affogano” le piante, esse ovviamente
muoiono, perché le radici hanno bisogno di respirare: si crea asfissia.

Condizione vitale per la pianta è la luce. Della luce incidente al limite dell’atmosfera arriva alle piante il 51%
(-4% netto riflesso dalla terra) lordo, il 47% netto. Poi ovviamente le piante non assorbono la luce verde,
perciò è ancora meno la quantità di luce.
Alcune piante (i crisantemi) regolano la fioritura in base alla lunghezza del giorno e della notte, questo
meccanismo si basa sulla lunghezza d’onda della luce.
La formula generale della fotosintesi è:

nH2O + nCO2

(CH2O)n + nO2

Inoltre sappiamo che il rapporto tra Clorofilla a e Clorofilla b è 3:2.

Il fattore limitante nella crescita delle piante è l’acqua, che serve sia nella fotosintesi che nella respirazione.
Quando l’interno della pianta viene a contatto con l’ambiente, l’acqua evapora (perché la concentrazione di
acqua interna alla pianta è maggiore della concentrazione di acqua dell’atmosfera), e si ha la traspirazione.
Questo è il motivo per cui la mattina si crea foschia sopra le foreste tropicali in Togo. Le zone equatoriali
sono interessanti da analizzare. Ad esempio le piogge zenitali determinano il ritmo delle stagioni nelle zone
dove non c’è stagionalità marcata.
L’anguria ha il 95% di acqua, la lattuga ha almeno il 94%, l’uva almeno l’83%, la patata il 76%, il riso almeno
14% e le noci 5%. Le strutture con poca acqua sono quelle destinante a rimanere dove sono, nel tempo,
come ad esempio le sostanze di riserva.
Quanta acqua ci vuole per far crescere le piante? La differenza dipende anche dall’ambiente in cui si trova la
pianta.

Gli organismi autotrofi vivono in modi diversi, ad esempio alghe e piante. Le alghe sono organismi acquatici
a completo contatto (tranne la parte sotto il terreno) con l’acqua, mentre le piante sono organismi subaerei
(cioè terrestri) che stanno “a cavallo” tra terra e aria, perciò ci sono problemi di organizzazione, infatti
l’anatomia sotterranea è diversa da quella atmosferica. La parte della pianta a livello del suolo è il colletto.
Nel primo caso si parla si piante a tallo, nel secondo caso si parla di piante a cormo e in quest’ultime avremo
modi di trasportare l’acqua dalla parte sotteranea a quella traspirante. Nel caso di piante a tallo non si ha
direzionalità del trasporto quindi l’organizzazione è diversa.
PIANTE A TALLO VS PIANTE A CORMO

organismi unicellulari organismi pluricellulari

coloniali

pluricellulari

Corpo idoneo a soddisfare Corpo idoneo a


le esigenze della vita soddisfare le esigenze
acquatica. della vita subaerea.
L’acqua può attraversare Movimento orientato
tutta la superficie dell’acqua attraverso
dell’organismo. l’organismo.

Le piante a tallo hanno poca differenza di tessuti e sono alte pochi centimetri. Le piante a cormo hanno un
apparato radicale composto dalla radice (è l’àncora della pianta) e una parte aerea formata da fusto
(sintetizza foglie e sostiene la struttura) e foglie (servono per la fotosintesi).
Delle piante a tallo fanno parte le alghe, i funghi (hanno ife e si riproducono con spore) e i licheni (sono il
risultato della simbiosi tra alga e fungo). Una via intermedia tra piante a tallo e piante a cormo sono le briofite
che si identificano nei muschi (si riproducono in spore). Le piante a cormo invece sono le pteridofite (non
hanno accrescimento secondario), le gimnosperme (hanno il seme nudo) e le angiosperme. Occorre fare
un’ulteriore divisione all’interno delle angiosperme: monocotileidoni (hanno 1 cotileidone, le nervature delle
foglie sono parallele e sono interconnesse, hanno le parti del fiore in un numero multiplo di 3, sono piante
erbacee perché non vi è accrescimento secondario) o dicotileidoni (hanno 2 cotileidoni, una nervatura
centrale da cui partono nervature laterali, hanno le parti del fiore in un numero multiplo di 4 o 5 , sono piante
erbacee e piante legnose).

LA CELLULA VEGETALE

TEORIA CELLULARE: TUTTI GLI ESSERI VIVENTI SONO FATTI DA CELLULE E DA PRODOTTI DELL’ATTIVITA’ DI
QUESTE.

Rispetto alla cellula animale ha in più la parete cellulare (estesa perché ci deve essere rapporto con
l’esterno), un grosso vacuolo (grosso serbatoio di acqua che contiene anche soluti; occupa gran parte del
volume e per questo gli altri organelli sono schiacciati alla periferia del citoplasma), i plastidi (hanno varie
funzioni come fotosintesi (" cloroplasti) e riserva (" leucoplasti). Ha un reticolo endoplasmatico omogeneo.
Mancano strutture che nelle cellule animali sono presenti, come i centrioli. Nella faccia interna della prete vi
è il plasmalemma formato da lipidi e proteine che racchiude il citoplasma.
L’organizzazione cellulare ha avuto successo per la superficie relativa che ne deriva. La superficie relativa è
il rapporto tra superficie di scambio e volume: maggiore è la superficie, maggiore è la velocità a cui
avvengono gli scambi cellula-ambiente e maggiore è l’efficienza della cellula (N.B. La sfera ha la superficie
relativa maggiore). Proprio per aumentare la superficie relativa, nel ciclo vitale le cellule tendono ad
allungarsi. Nelle piante è la parete cellulare (scelta dal citoplasma) che conferisce la forma. Inoltre essa è il
punto di riferimento per capire a quale tessuto appartiene la cellula e quali funzioni ha.

PARETE CELLULARE (cfr. sporopolleina del polline)


E’ l’interfaccia tra cellula e ambiente. Ha molte funzioni e caratteristiche: protegge il protoplasma (= tutto ciò
che è contenuto nella cellula) ad esempio da microrganismi patogeni (esistono due tipi di difesa, attiva e
passiva; la passiva è la difesa meccanica, l’attiva è la capacità di inviare segnali chimici alla pianta per
avvertirla di eventuali pericoli - gli oligosaccaridi sono implicati nella segnalazione poiché possono andare a
stimolare delle molecole dette fitoalessine che producono molecole ad azione antimicrobica), conferisce alla
cellula una determinata forma, controbilancia la pressione osmotica del succo vacuolare (questo perché ha
la possibilità di assorbimento dell’acqua), infine, essendo idrofila, accumula anche acqua e sostanze di
riserva, anche se allo stesso modo protegge da un eccessivo assorbimento dell’ascua (infatti nelle cellule
vegetali la concentrazione di soluti esterna alla cellula è minore della concentrazione di soluti interna alla
cellula). Essa comporta rigidità e immobilità. La parete è attraversata dall’acqua e da piccole molecole, infatti
essa garantisce protezione meccanica ma non chimica (al contrario della membrana plasmatica che invece
è chimicamente molto selettiva).
Ha uno scheletro composto da componente fibrillare (negli organismi autotrofi (= sanno nutrirsi da soli) è la
cellulosa) e matrice. Le molecole che costituiscono la componente fibrillare sono immersa nella matrice.
La matrice contiene acqua (2/3 de totale ca.), polisaccaridi (emicellulose), proteine, lipidi, sostanze pectiche
(N.B. emicellulose e sostanze pectiche si trovano nelle piante terrestri); la componente fibrillare è costituita
da cellulosa.
Le componenti sono prodotte dal citoplasma quindi si ha una direzione centripeta per la costruzione: più la
parete ingrossa, più il lume cellulare diminuisce.
La distruzione della parete è difficile poiché, visto che è composta da cellulosa, sono necessari enzimi in
grado di digerire quest’ultima. L’enzima implicato è la cellulasi che idrolizza la cellulosa a frammenti e si
trova sono in tessuti particolari. Noi uomini non siamo in grado di digerirla e per questo è chiamata “fibra
grezza”. Ruminanti, termiti e cavalli possono farlo ma solo perché nel loro tubo digerente hanno
microrganismi che possono espletare questo processo. Inizialmente viene attaccata la lamella mediana e
solo successivamente la cellulosa e la lignina.

PARETI TERRESTRI (pareti di cellule vegetali terrestri). Tipicamente trovo le pareti giovani nelle gemme
(zone embrionali, quindi molto protette) che hanno stretta relazione con la forma delle piante e la loro
ecologia. La parete si forma subito laddove si forma un cellula. Nelle cellule meristematiche (le cellule
giovani) il nucleo è più grande del citoplasma; qui la mitosi avviene molto spesso e il primo setto (la piastra
cellulare) si forma durante la divisione (N.B. Gli organismi filamentosi sono così poiché il fuso mitotico è
orientato solo in un direzione). Durante la mitosi (anafase) i cromosomi migrano ai due poli opposti della
cellula lungo il fuso mitotico. Nella zona equatoriale comincia a formarsi la piastra cellulare a metà del fuso
che assume la funzione di fragmoplasto. La piastra si accresce dal centro verso la periferia fino a incontrare
la parete dell’ex cellula madre e man mano che la costruzione della piastra procede il fragmoplasto si
allarga. Infatti durante il processo le fibrille (microtubuli) centrali tendono a sparire mentre nuove fibrille si
formano ai lati; questo complesso di fibre (fuso mitotico modificato) è detto fragmoplasto. La piastra cellulare
è quasi completa e nella zona centrale della cellula il fragmoplasto è scomparso, alla fine il setto di
separazione tra le due cellule (lamella mediana) si completa e il fragmoplasto scompare del tutto. Ciascuna
delle due cellule figlie costruisce la propria parete a ridosso della lamella mediana. Alla fine della divisione di
forma la prima parete di divisione: la lamella mediana (pectine + acqua; formata dal Golgi). Essa è il confine
tra due cellule e poiché le cellule meristematiche si dividono continuamente e in tutte le direzioni, la lamella
mediana finisce per circondare tutta la cellula. Essa grazie ai polisaccaridi che contiene tiene “attaccate” le
due cellule a cui è adiacente.
Come si forma? L’apparato del Golgi sintetizza le molecole di questa “parete primaria” che migrano dentro
vescicole (probabilmente guidate da microtubuli) fino a raggiungere il piano equatoriale, dove si allineano e
si uniscono. Le vescicole si fondono insieme formando una serie di “isolotti” nel citoplasma che
rappresentano il primo abbozzo della parete. Negli interstizi tra questi isolotti restano catturate delle
membrane del reticolo endoplasmatico che probabilmente daranno origine ai plasmodesmi. I plasmodesmi,
alla cui formazione partecipa il reticolo endoplasmatico, sono siti di comunicazione tra cellule, grazie ai quali
si ha il passaggio di sostanze tra cellule contigue. Si possono distinguere anche punteggiature, cioè zone
meno ispessite della parete primaria che possono presentare fori attraverso i quali si insinuano i
plasmodesmi.
La lamella mediana tiene unite tra loro le cellule, se essa viene digerita (tramite enzimi specifici) le cellule si
separano del tutto. Con la crescita delle cellule (cioè il passaggio da embrionali ad adulte), esse aumentano
di volume e assumono una forma più arrotondata. In questo modo esse non aderiscono più tra loro per tutta
la superficie (la lamella viene solo parzialmente digerita) e le loro pareti si scollano in alcune zone e
delimitano spazi più o meno estesi detti spazi intercellulari. Questi spazi sono interconnessi tra loro e
formano un sistema che raggiunge tutti i distretti della pianta e permette la circolazione dell’aria nella pianta
e quindi assicurano la ventilazione (circolazione d’aria), che è vitale!

COMPONENTI DELLA LAMELLA. La lamella mediana è fatta di pectine, un gruppo eterogeneo di


polisaccaridi acidi, con catene più o meno ramificate e rappresentano tra il 2% e il 35% della parete
cellulare. Il monomero principale di cui sono formate è l’acido galatturonico. I monomeri della catena sono
uniti da legame α(1"4) e possono essere parzialmente metilati. Il polimero può essere lineare o avere
catene laterali composte da altri zuccheri come arabinosi, ramnogalattano, etc… La presenza dei gruppo
carbossilci -COOH conferisce alle pectine la capacità di legare ioni, soprattutto Ca2+ e coordinare le
molecole d’acqua, Si formano così strutture stabili (generalmente “a nido d’ape”). Per lo stesso motivo le
pectine funzionano come scambiatori ionici. La metilazione (-CH3) reversibile dei gruppi carbossilici regola
l’acidità delle pectine e le rende fluide, permettendo lo scorrimento di una catena rispetto all’altra. Le pectine
nell’alimentazione sono usati come additivi alimentali gelificanti e si indicano con E440. Industrialmente si
ricavano dalle bucce di mela o dalle scorze di agrumi.
La lamella mediana è composta prevalentemente da pectine e acqua e viene formata per attività
dell’apparato di Golgi.

PARETE PRIMARIA. Terminate le divisioni, la cellula deve affrontare altre due fasi dello sviluppo:
distensione e differenziamento. Infatti ogni cellula è ancora totipotente fino a quando rimane embrionale, per
ora le caratteristiche non si sono ancora mostrate. Durante la distensione le cellule aumentano le dimensioni
(non il numero) e nella differenziazione si specializzano in modo definitivo. L’aumento della cellula è dovuto
all’assorbimento d’acqua da parte del vacuolo; una fase di stiramento che segue, forma la cellula che poi
andrà a comporre la parete. Questo processo continua fino a che le cellule non sono adulte (parete cellulare
= accrescimento cellule). Durante la distensione la parete è detta parete primaria ed è caratterizzata dal fatto
che può crescere in superficie adattandosi all’aumento delle dimensioni, inoltre essa è caratterizzata dalla
presenza di cellulosa (che non è presente nella lamella mediana). La parete primaria si accresce senza mai
perdere la sua continuità, e considerando che si tratta di una struttura chiusa, si capisce che l’unico modo
per rendere possibile questo meccanismo è l’intervento di un agente che allenti i legami tra le componenti e
poi una forza che possa inserire le nuove componenti tra le “maglie” precedentemente allentate. Senz’altro
si può dire che questa forza è data dal turgore cellulare. Sul processo di allentamento si è un po’ più incerti
ma si pensa che sia conseguenza della dissocizione tra xiloglucani e microfibrille oppure dell’idrolisi locale
possibile grazie a enzimi. Questi enzimi però hanno bisogno di pH acido che può essere creato dalla
dissociazione dei gruppi -COOH liberi delle pectine.
La dissociazione tra xiloglucani e cellulosa nelle cellule allungate. causa l’allontanamento dei giri di elica del
polimero della cellulosa provocando un allungamento della cellula in senso longitudinale. Questo fa capire
quanto sia importante l’orientamento della cellulosa. Peraltro, sembra che questo orientamento sia
determinato da particolari microtubuli corticali che si trovano lungo il plasmalemma.
Una volta terminata la distensione la parete viene bloccata dall’estensina che salda insieme le componenti
dell’impalcatura. Da qui in poi forma e dimensioni della cellula sono fissate, la parete può continuare a
crescere solo in spessore.

COMPONENTI DELLA PARETE PRIMARIA (1-3 µm). Essa è formata da una matrice di sostanze pectiche
(10-35%) ed emicellulose (25-50%) prodotte dall’apparato di Golgi, e da una componente fibrillare, cellulosa
(9-25%), sintetizzata da complessi enzimatici localizzati sulla superficie esterna della membrana cellulare
(vd. slides 9, presentazione 2).
La cellulosa è un omopolimero lineare del β-D-glucosio con legami 1-4, perciò sono catene molto rigide (e
poco reattive) e tendono a rimanere diritte. A causa della configurazione spaziale del legame glucosidico che
unisce i due residui adiacenti del glucosio l’unità base (unità strutturale) è considerata il cellobiosio (unione
di due molecole di β-D-glucosio). I singoli polimeri si allineano (aggregati in modo parallelo) per formare
microfibrille (con diametro compreso tra i 5 e i 15 nm) stabilizzate da legame idrogeno. Durante
l’assestamento della cellula, l’ordine iniziale viene disordinato e nella riorganizzazione alcune zone (pori)
sono lascate vuote per il passaggio di plasmodesmi. Sulla sintesi della cellulosa si sa ancora poco, tra le
cose che sappiamo è che il complesso di enzimi che la sintetizza, detto cellulosa sintetasi si trova nel
plasmalema orientato in modo da poter prendere le molecole si glucosio dal citoplasma e fare uscire la
cellulosa dalla perte opposta, e quindi verso la parete. Il complesso enzimatico è formato da 6 unità disposte
in modo da formare una rosetta.
Le emicellulose sono polimeri di glucidi che formano catene più o meno ramificate e sono suddivisi in
categorie in base alla composizione chimica dei monomeri. Generalmente sono formati dalla
concatenazione di residui di glucosio, xilosio, mannosio, galattosio, uniti con tipi di legami vari. Esse formano
lunghe catene ramificate (non si formano MAI fibrille proprio per la loro eterogeneità). Possono costituire
sostanze di riserva e, essendo idrofile, possono trattenere l’acqua. Le catene connettono tra loro le fibrille di
cellulosa della membrana primaria per tenerle in posizione dentro la matrice. Le emicellulose sono molto
energetiche e hanno molta acqua; formano in alcuni casi pareti molto spesse, e rappresentano sostanze di
riserva (si possono trovare un molti semi ad es. caffè, palma da datteri, avorio vegetale). Nella parete
primaria le macrofibrille di cellulosa sono orientate in diverse direzioni, perciò si dice che hanno tessitura
dispersa.
Nella parete sono presenti anche proteine strutturali (che ovviamente hanno ruolo strutturale) e costituiscono
il 10% (estensine e lectine) ed enzimatiche (partecipano alle attività metaboliche). Le proteine strutturali
sono di vario tipi: 1) ricche di idrossiprolina (glicoproteine come l’estensina, arabino-galattano- proteine che
sono piccoli e solubili); 2) ricche di glicina (tipiche dei tessuti vascolari e delle risposte alle ferite); 3) ricche di
prolina; 4) di adesione mediano le interazioni tra parete, plasmalemma e microtubuli del citoscheletro. Le
proteine enzimatiche invece sono cellulasi, pectinasi, perossidasi, pectinmetilesterasi, fosfatasi acide,
glucanasi, etc…
Tra microfibille e tra microfibrille e matrice sono presenti ponti a idrogeno, legami ionici e covalenti. In
generale nella parete ci sono molti tipi di legami chimici: legami a idrogeno tra cellulosa e emicellulose,
legami a idrogeno tra emicellulose e pectine, legami peptidici tra proteine strutturali (estensine) con ponti di
iso-ditirosina.

PARETE SECONDARIA. Nell’accrescimento della cellula, ciò che “domina” lo spazio interno della cellula è il
vacuolo. Terminato l’accrescimento cellulare, la parete si inspessisce in direzione centripeta (la parte che
tocca il citoplasma è la parte di neosintesi). Si forma così la parete secondaria anch’essa formata da matrice
e componente fibrillare (essa è quella definitiva). La parete secondaria può essere tutta omogenea o avere
stratificazioni. La quantità di cellulosa nella parete (peso secco) varia da 2-4% al 94%: è in maggior quantità
nella parete secondaria. Nella parete primaria il grado di polimerizzazione è 2000-6000, nella parete
secondaria il grado di polimerizzazione è 15000-16000.
La parete secondaria si deposita all’interno della parete primaria e può avere spessore variabile. Le fibrille di
cellulosa sono orientate parallelamente tra loro. Se ci sono più strati, le microfibrille di cellulosa sono
disposte con differente orientamento. Si dice che le fibrille di cellulosa della parete secondaria sono a
tessitura incrociata e parallela. A causa della sua organizzazione, la cellulosa presenta un’elevata resistenza
alla trazione e conferisce tale proprietà alla parete.
La parete secondaria non viene depositata a livello delle punteggiature esistenti e per questo, lo spessore
della parete in queste zone rimane esiguo e si formano dei “canali” (piccole infossature) che sono detti
porocanali, cioè interruzioni della parete secondaria a livello dei plasmodesmi; essi possono essere semplici
o areolati (= complessi). Si tratta di gallerie scavate nello spessore della parete e rivestite dal plasmalemma.
Questi elementi di comunicazione sono fondamentali per far sì che un insieme di cellule venga caratterizzato
come tessuto.

L’acqua non sta ferma e nel suo movimento porta anche i soluti. L’insieme delle pareti, che sono unite
attraverso la lamella mediana, costituisce una struttura tridimensionale detta apoplasto che rappresenta una
via, detta via apoplastica, di rapido movimento dell’acqua e dei soluti disciolti (spazio continuo in cui
circolano liberamente acqua e soluti).
Se invece le sostanze passano da cellula a cellula, si parla di via sinplastica.

MODIFICAZIONI CHIMICHE DELLA PARETE SECONDARIA. La cellula è capace di modificare la parete, e


lo fa in più modi:
▪ CUTINA. Sono poliesteri a maglia tridimensionale si ossiacidi, acidi grassi e acidi epossici, quindi è
idrofoba e lipofila. Essa impregna la parete tangenziale esterna (porzione della pianta a contatto con
l’atmosfera) delle cellule che ricoprono la superficie degli organi epigei, per limitare la perdita di acqua e
per proteggere dalle aggressioni chimiche e dagli attacchi di agenti patogeni. Talvolta forma uno strato
più o meno spesso (la pianta ne produce molta), la cuticola, che ricopre esternamente la superficie delle
cellule. Sulla cuticola possono trovarsi quantità variabili di cere (perciò non si può neanche assorbire
acqua dalla zona con cuticola e spesso è impermeabile anche ai gas atmosferici).
▪ CERE. Sono idrocarburi a catena lunga si esteri di acidi grassi che modificano l’aspetto e la sensazione
al tatto. Di solito si trovano nei frutti (o in altri organismi) che contengono tanta acqua.
▪ SUBERINA. E’ un poliestere di acidi grassi, alcoli, ossiacidi, con componenti fenoliche (lignino simili).
Essa è tipica degli elementi esterni del fusto dei tessuti tegumentali di origine secondaria ma può
essere presente anche in altre zone. Può formarsi anche in reazione a ferite. Essa è sintetizzata e poi
apposta in lamelle sulla cellula, che viene “circondata” il più delle volte. In questo modo le cellule
muoiono (-> prima di morire passano tutte le cose importanti alle cellule vicine grazie ai plasmodesmi),
e si trova una parete con aria al’interno. Il sughero è un esempio palese (vd. quercia da sughero), esso
infatti è isolante.
▪ LIGNINA. La lignina è un polimero di natura fenolica (i monomeri sono composti aromatici che possono
essere considerati derivati dal fenilpropano) molto complesso che si forma nella parete cellulare. Essa
sta nella matrice, dove forma legami covalenti (si lega molto saldamente) con la cellulosa e con gli altri
polisaccaridi della matrice. La lignina è molto abbondante nel legno secondario e nei tessuti di
sostegno. Il processo di lignificazione, che avviene lungo le fibrille di cellulosa, coinvolge
progressivamente tutta la parete e può portare alla morte cellulare. Questa modifica può essere più o
meno estesa. Il legno non è isolante come il sughero ma ha comunque delle caratteristiche importanti:
aumenta la resistenza meccanica, impermeabilizza, riduce la digeribilità per gli erbivori, rallenta la
crescita dei patogeni, si verifica in risposta a infezioni e ferite (per isolare il parassita e limitare la
diffusione dell’infezione). Ogni pianta ha le sue lignine, che variano a seconda della posizione in cui si
formano e della pianta in cui si trovano.
▪ INCROSTAZIONI/DEPOSIZIONI DI SALI MINERALI (i cosiddetti fitoliti). Si hanno più varianti:
− SiO2. E’ ciò che forma il vetro! E’ abbondante in tutte le graminacee; i depositi sono tra le cellule
e/o nei corpi cellulari interni. Essi riducono la capacità di attacco, hanno un ruolo nella fotosintesi,
conferiscono caratteristiche peculiari (hanno uso anche come materiali inerti, vd. vernici,
ceramiche, mattoni di fango).
− CaCO3, carbonato di calcio. Questi sali rendono ruvide le superfici (vd. zucchine, foglie di fico). Al
microscopio questi sali sono molti e hanno strutture molto varie. Esse sono molto resistenti al
fuoco e rimangono nel tartaro dei denti, quindi sono utili per le ricerche.

PARETE DI UN GRANULO POLLINICO. Esso deve attraversare l’atmosfera e poiché è delicato deve essere
protetto. La parete cellulare è l’intina, sopra c’è l’endesina e poi l’ectesina, formata da più parti. I granuli
pollinici sono molto diversificati e resistenti al degrado, perché sono poco attaccabili. Essi hanno applicazioni
di vario tipo nelle ricerche.

VACUOLO
E’ la parte che occupa più spazio nella cellula e perciò spinge il citoplasma in periferia (questo porta i
cloroplasti vicino al plasmalemma, la posizione più tattica). E’ divisa dal citoplasma dal tonoplasto. Esso è
una membrana asimmetrica (la superficie esterna ha più proteine integrali -pompe protoniche, carriers,
proteine canale, enzimi- di quella interna), che può essere attraversata da varie molecole che sono
trasportate da carriers o che circolano tramite tubicini secondo gradienti. Inoltre le molecole possono
passare anche da canali che mantengono disuguaglianza. Ciò ha importanza quando il pH del citoplasma è
diverso da quello del succo vacuolare. A seconda del pH, i coloranti e i contrastanti agiscono in modo
diverso. Questi canali operano una selezione sulle sostanze che passano. Il gradiente di concentrazione ha
una corrispondenza con la differenza di potenziale degli ioni. Nelle cellule meristematiche sono molto piccoli
e visibili solo al microscopio.
Le sue funzioni sono molte: consente alla cellula di raggiungere notevoli dimensioni; svolge una funzione
determinante per il mantenimento del turgore delle cellule; regola l’omeostasi, funzionando come
osmometro, mediante variazioni di concentrazione di ioni e metaboliti del succo vacuolare; ha funzione di
riserva di acqua, proteine e polisaccaridi; rappresenta un sistema di segregazione dei rifiuti; può contenere
proteine enzimatiche (fosfatasi, proteasi, nucleasi, ATPasi, RNAasi, perossidasi) che hanno funzione litica,
come quella svolta dai lisosomi delle cellule animali; concorre alla colorazione di fiori, frutti e altre parti
vegetali.

Quando una cellula è immersa in una soluzione con concentrazione di soluti maggiore (meno acqua) rispetto
all’ambiente intracellulare, la cellula perde acqua per osmosi. Quando invece la cellula viene immersa in una
soluzione con concentrazione di soluti minore (tanta acqua) di quella dell’ambiente intracelulare, la cellula
tende ad assorbire acqua e a gonfiarsi (non scoppia grazie alla presenza della parete cellulare).

SUCCO VACUOLARE. E’ una soluzione acquosa (qualche volta una sospensione colloidale) con pH acido
(4-4,5). Il pH viene mantenuto più basso di quello del citosol (pH 7-7,5) grazie all’azione di pompe
protoniche. Esso è composto da acqua, ioni inorganici (Ca2+, K+, Na+, fosfati, nitrati, etc…), il cui tipo e la
cui concentrazione dipendono dall’ambiente e poi composti organici solubili (sali di acidi organici, carboidrati,
amminoacidi, flavonoidi). Il vacuolo quindi può contenere molte sostanze. Ad ogni sostanza corrisponde una
funzione (cfr. coloranti). Ci possono essere:
− SALI DI ACIDI ORGANICI. Come acido citrico (frutti immaturi), acido malico, acido succinico, acido
ossalico, spesso in cristalli. In particolare, l’acido ossalico si concentra nel vacuolo che poi diventa
saturo e degenera in druse o rafidi. Inoltre esso è ciò che dà l’acidulo ed è contenuto nei frutti freschi
(uva, fichi, kiwi, mandarini, fragole), nella frutta secca (mandorle, anacardi, arachidi), nelle verdure
(spinaci, cardi, radici della bietola, cavolo, porri, quinoa), nei legumi (soia), nei cereali (crusca, germe di
grano) e in pepe, cioccolato, tè, cipolle. Esso poi si accumula nei reni ed è causa di calcoli. Nelle foglie
e negli steli della Diffenbachia ci sono vacuoli pieni di rafidi di ossalato di calcio, acido ossalico e enzimi
istamino-proteolitici. Se un erbivoro morde la foglia, la membrana si rompe e i rafidi (che sono sotto
pressione) possono causare edemi alle mucose più delicate, come occhio e bocca (la loro ingestione
provoca forte dolore e bruciore in labbra, bocca e gola e si può avere salivazione ed edema).
− ZUCCHERI. Ce ne sono di vario tipo:
▪ MONOSACCARIDI. (soprattutto glucosio ma anche fruttosio). E’ contenuto nei vacuoli delle cellule
di alcuni frutti (uva, diospero, fico, etc…) che quindi sono “pericolosi” per i diabetici. L’aumento
della concentrazione di glucosio evita il congelamento dell’acqua all’interno delle cellule quando
scende la temperatura; maggiore concentrazione significa un abbassamento del punto di
congelamento.
▪ DISACCARIDI (il saccarosio). E’ contenuto in alcune piante (barbabietola da zucchero, canna da
zucchero) che infatti sono usate per ricavarne lo zucchero.
▪ POLISACCARIDI. Ad esempio l’inulina.
− GLUCOSIDI. Sono molecole organiche di vario tipo legate a una o più molecole di zucchero (spesso
glucosio). Alcuni esempi sono gli olii di senape che danno il sapore acre a molte conifere, oppure i
glucosici cianogenetici che liberano acido cianidrico dopo idrolisi (sono contenuti nei semi delle
rosacee).
− TANNINI. Sono composti organici derivanti dal fenolo. Hanno colore marrone/nerastro e proprietà
antisettiche e astringenti; sono repellenti per molti animali.
− SOSTANZA COLORATE (COLORANTI). Si possono avere più tipi:
▪ ALCALOIDI. Sono sostanze basiche che servono da difesa e che sono appunto contenute nei
vacuoli. Alcuni esempi sono la nicotina e la stricnina. Contengono azoto e sono molecole molto
complicate. La maggior parte è tossica per gli animali per via di un’azione estremamente specifica
nsull’organismo. Sono in molte famiglie di angiosperme, nelle quali ogni genere ha i propri alcaloidi
particolari.
▪ ANTOCIANINE (o ANTOCIANI). Sono molecole con tre anelli aromatici e numerosi doppi legami.
La molecola di antociano è sempre legata ad uno zucchero. Fanno parte (insieme ai flavoni) dei
flavonoidi e sono coloranti che cambiano colore a secodna del pH: in ambiente acido sono rossi, in
ambiente basico sono blu (es. se taglio i ravanelli e ci metto sopra il limone ottengo un rosso
acceso). Inoltre gli antociani servono anche per dare la possibilità alle piante di comunicare con gli
animali (cfr. “Il linguaggio delle api”).
▪ FLAVONI. Hanno un colore bianco/giallo e sono nei petali di fiori. Le fitoalessine sono molecole
simili ed hanno un’azione antisettica contro batteri e/o funghi.
▪ BETACIANI. Somigliano come colore agli antociani ma hanno diversa struttura chimica. Sono
limitati a poche famiglie di dicotileidoni.
− TERPENI. La struttura chimica è riconducibile all’isoprene come unità base. Spesso sono molecole
cicliche, non colorate ma profumate. Sono liposolubili, infiammabili e volatili.
− PROTEINE. I vacuoli possono contenere anche proteine, di solito associate ad altre sostanze (cfr.
globoide + cristalloide). Gli amminoacidi sono Arg, Lys, His, ornitorina. Nei granuli di aleurone (vacuoli
secchi presenti nei semi secchi che sono quidi trasformati in granuli solidi contenenti proteine) si
distinguono un globoide (fitina e lipidi) e un cristalloide (globuline) immersi nella matrice (albumine).

E’ utile ricordare che il tonoplasto è una membrana semipermeabile cioè opera una selezione sulle sostanza
che la attraversano.

PLASTIDI
Possono assumere tanti colori. Nelle cellule embrionali ha un corpo piccolo, delimitato da una doppia
membrana e contenente anche altre membrane. E’ abbastanza irregolare la sua forma interna. Le proteine
sintetizzate costituiscono (per la maggior parte) la membrana; esse possono essere sintetizzate all’interno
poiché c’è un filamento di DNA batterico (sintetizza da solo quasi tutte le proteine necessarie). Ci sono
ribosomi batterici.

Quando è al buio si immagazzinano le proteine prodotte in abbondanza sotto forma


di cristalli. In questa fase la pianta è bianca. Questo plastidio giovane è detto
proplastidio. Esso con una complessa crescita può trasformarsi in cromoplasto,
leucoplasto, giovane cloroplasto.

Il cloroplasto terrestre è la trasformazione del plastidio per far avvenire la fotosintesi,


per questo è necessaria la luce. Ha una forma varia, pressoché ovale. Ha una doppia membrana: le due
membrane sono separate da uno spazio intermedio detto spazio intermembrana. La membrana esterna è di
tipo eucariotico, la membrana interna è procariotica. La membrana interna si introflette dove c’è la matrice
detta anche stroma e forma lamine con forma “a moneta” che si impilano tra loro formando i grana (al
singolare è granum) che sono composti da monetine dette tilacoidi granari delimitati da una membrana
intergrana/stromatica e collegati da tilacoidi stromatici o intergranari.
All’interno di un cloroplasto ci sono anche: ribosomi 70S (conferiscono l’aspetto bruscoloso; per la cellula
procariotica sono a 80S). Hanno dimensioni di circa 1-3 µm x 4-8 µm. I cloroplasti possono accumulare
sostanze di riserva al loro interno, come ad esempio l’amido.
Associati alle membrane dei tilacoidi ci sono due fotosistemi: PSI e ATP sintetasi sono prevalentemente sui
tilacoidi intergranari (partizione), PSII è soprattutto a livello dei grana (margine). Il collegamento tra i due
fotosistemi è assicurato da chinoni e plastocianina, una piccola molecola capace di muoversi sulla superficie
della membrana. I due fotosistemi sono composti da un’antenna collettrice, che assorbe energia luminosa, e
un centro di reazione fotochimico. Il carotene è arancio, la clorofilla a è celestino, la clorofilla b è sul giallo.
L’energia intercettata dai pigmenti viene trasferita nel centro di reazione dove sono presenti molecole di
clorofilla a. Le molecole prodotte dalla collaborazione dei fotosistemi 1 e 2 (che insieme formano la fase
luminosa della fotosintesi) vengono usate per produrre energia nella fase oscura detta anche “ciclo di Calvin”
o “ciclo della riduzione fotosintetica del carbonio”. Come funziona il Ciclo di Calvin? Nella fase oscura la CO2
viene ridotta a carboidrati usando il NADPH e l’ATP prodotti dalla fase luminosa. Esperimenti condotti con
14CO2 hanno dimostrato che: il primo composto stabile formato è a 3 atomi di C, il PGA (3-fosfoglicerato);

l’accettore della CO2 è un composto a 5 C, il ribulosio difosfato; lo schema è un ciclo.

L’amido accumulato viene espulso dalla molecola, anche perché altrimenti le foglie sarebbero pesantissime!
L’amido ancora da spostare è detto amido primario. L’amido è costituito da amilosio (catene avvolgibili, è
una struttura di riserva), o amilopectina (catene ramificate difficili da avvolgere, è una struttura scheletrica).

Esso dopo essere stato depolimerizzato viene trasportato nei leucoplasti (sono bianchicci) o negli
amiloplasti. Per ogni amiloplasto si formano più accumuli di amido (oppure se ne forma uno molto grande).
Nei leucoplasti di alcune piante alimentari c’è tantissimo amido, come ad esempio nei cereali.

I cromoplasti derivano dall’invecchiamento dei cloroplasti oppure per trasformazione degli amiloplasti. Le
membrane interne sono distrutte e c’è accumolo di plastoglobuli (sono contenuti dei cloroplasti). Essi sono
responsabili delle colorazioni giallo e rosse.

I TESSUTI

Un tessuto è un insieme di cellule che svolgono nel loro insieme una determinata funzione. Le cellule di un
tessuto sono unite tra loro dalla lamella mediana (dà continuità) e comunicanti attraverso i plasmodesmi.
Un sistema di tessuti è un insieme di tessuti adulti che presentano una continuità topografica o hanno simile
funzione o entrambe queste caratteristiche.
Gli agglomerati di cellule sono molto diversificati l’uno dall’altro. SI parla di tessuti solo in ambiente
acquatico; essi possono collaborare tra loro e formare i sistemi: SINCIZIO/PLASMODIO !" APOCIZIO.

Si suddividono in due gruppi:


1) TESSUTI EMBRIONALI/MERISTEMATICI (hanno la mitosi!). In base all’origine si ha:
a) MERISTEMA PRIMARIO. La pianta cresce in altezza. Le cellule si originano dalla divisione dello
zigote. Nel diventare adulte, le cellule non perdono la totipotenza (la perdono solo quando muoiono).
b) MERISTEMA SECONDARIO. La pianta cresce in larghezza. Cellule adulte che ad un certo punto
riprendono le caratteristiche embrionali.
In base alla posizione:
c) MERISTEMI APICALI. Coincide con il primario.
d) MERISTEMI LATERALI. Coincide con i secondari.
e) MERISTEMI INTERCALARI. Possono favorire quello in larghezza e sporadicamente favoriscono
l’accrescimento in altezza.
2) TESSUTI ADULTI/DEFINITIVI. Si classificano in base alla funzione.
a) SISTEMA FONDAMENTALE (dal vivo ci sono molte cellule intermedie).
i) PARENCHIMA CLOROFILLIANO. Fotosintesi
ii) PARENCHIMA DI RISERVA. Conservare energia.
iii) PARENCHIMA AERIFERO.
iv) PARENCHIMA ACQUIFERO.
v) PARENCHIMA CONDUTTORE.
b) SISTEMA TEGUMENTALE. Impedisce il passaggio libero di acqua da una cellula all’altra. Sono quei
tessuti che rivestono le porzioni della pianta.
i) EPIDERMIDE
ii) RIZODERMA
iii) ESODERMA
iv) ENDODERMA
v) SUGHERO
c) SISTEMA MECCANICO. Servono per la mobilità della pianta.
i) COLLENCHIMA
ii) SCLERENCHIMA
d) SISTEMA CONDUTTORE. Sistema di trasporto interno alla pianta, si divide in:
i) LEGNO/XILEMA. Trasporto d’acqua.
ii) CRIBRO/FLOEMA/LIBRO. Trasporto delle sostanze elaborate dalla fotosintesi. Parte da zone
fotosintetizzanti ma non si sa dove arriva: va dove c’è bisogno.
A questi tessuti vanno aggiunte le STRUTTURE SECERNENTI, molto diversificati da pianta a pianta.

APICE VEGETATIVO/MERISTEMATICO
E’ un’estremità distale. Sia la parte aerea che quella sotterranea sono ramificate, quindi ho un’apice alla fine
di ogni asse (non principale).
Si può trovare cellule meristematiche anche nelle gemme, perché da qui possono crescere rami.
Questi punti sono detti nodi e da essi possono svilupparsi foglie o rami. La zona tra due nodi è detta
internodo.

Il bamboo ha la caratteristica di formare ricrescite lungo un asse sotterraneo. Inoltre


esso ha una crescita limitata in altezza.

L’apice vegetativo è protetto dalle perule (foglie appositamente modificate dalla pianta).

Esiste la classificazione di Raunkiaer in forme biologiche che divide le piante in gruppi:


− FANEROFITE. Gemme bene esposte: gemme “alte” rispetto al terreno
(da 15 cm ca. in poi).
− FANEROFITE EPIFITE. Piante fanerofite che vivono su altre piante.
N.B. Fanerofite e fanerofite epifite sono piante che riescono a vivere
anche essendo distanti dal terreno.
− CAMEFITE. Hanno le gemme basse.
− EMICRIPTOFITE. Hanno le gemme a livello del suolo.
− GEOFITE. Portano le gemme immerse nel terreno (" bulbo).
− ELOFITE. Vivono fuori dall’acqua ma le gemme sono immerse in
terreno acquatico.
− IDROFITE. Le gemme stanno in acqua.
− TEROFITE. Passano la parte avversa dell’anno come seme perché non riescono a mantenere gemme
svernanti.
Il meristema apicale è una struttura in
continua evoluzione. L’accrescimento
avviene prima per divisione e poi per
dimensioni: le cellule che diventeranno
adulte si accrescono con l’ingresso
dell’acqua nel vacuolo.

SISTEMA FONDAMENTALE
I tessuti parenchimatici si differenziano dal meristema fondamentale per l’aumento dimensionale delle
cellule, che si vacuolizzano ed arrotondano i loro contorni. Durante questo processo si formano spazi
intracellulari più o meno ampi. Questi spazi sono riempiti da aria, indispensabile per la vita delle cellule.
L’acqua forma un sottile velo sulle superfici che delimitano gli spazi intercellulari, inibisce le pareti celluloso-
pectiche e si muove liberamente attraversi ka rete tridimensionale che queste costituiscono (via apoplastica).

PARENCHIMA CLOROFILLIANO. Ampi spazi cellulari per il ricircolo dell’aria. E’ un


laboratorio di fotosintesi. Le forme poligonali sono smussate (clorofilla a : clorofilla b =
3 : 2). Si forma il tessuto palizzata (vedi foto a fianco ").

PARENCHIMA DI RISERVA. Quando non c’è luce per la


fotosintesi.
Amilifero del tubo di patata (prima foto !): granuli di amido secondario/pareti
cellule parenchimatiche.
Seme di ricino (seconda foto !): Granuli di aleurone.

PARENCHIMA AERIFERO. Facilita


i movimenti dell’aria grazie ad ampi
spazi cellulari. Si trova in piante
con zone che hanno bisogno
d’aria, come quelle con zone
immerse nell’acqua. Possono
essere cellule “stellate” o gruppi di cellule che formano canali (cfr. Ninfee, Mangrovia, Giuncus).

PARENCHIMA ACQUIFERO. Quando le cellule perdono acqua, le loro


pareti si increspano per poi ridistendersi quando ne riassorbono.
Trattengono l’acqua e perciò lo hanno le piante grasse. Hanno molta
mucillagine.

PARENCHIMA CONDUTTORE. E’ formato da cellule allungate attraverso le quali


avviene il trasporto a breve distanza di molecole. Il passaggio è facilitato dalla
presenza di un alto numero di plasmodesmi e/o di introflessioni del plasmalemma
che ne aumentano la superficie.
Si trovano ad esempio a livello delle ultime, minute ramificazioni delle nervature
fogliari.
Vengono fatte rientrare in questo tessuto anche le cellule allungate delle Briofite.

SISTEMA TEGUMENTALE
Questo sistema può essere schematizzato nella seguente tabella.

EPIDERMID
rivestimento parte aerea
E

RIZODERM
A rivestimento parte sotterranea struttura primaria (crescita in altezza)
ESODERMA

ENDODERM
tessuto tegumentario interno parte sotterranea
A

struttura secondaria (crescita in


SUGHERO rivestimento parte aerea e sotterranea
larghezza)

Le piante terrestri hanno tessuti di rivestimento impermeabili. Per fare questo, le cellule di questo
rivestimento sono a mutuo contatto.

EPIDERMIDE. La disposizione delle cellule varia molto dal tipo di pianta. Di solito la disposizione regolare si
trova nelle monocotileidoni. In altri casi si trovano cellule con disposizione irregolare (ranuncolato).
Solitamente è un unico strato di cellule che hanno la parete che sta a contatto con l’esterno è modificata.
Vi sono gli stomi, aperture che “espongono” il parenchima clorofilliano sottostante
all’epidermide. L’epidermide è trasparente (i proplastidi rimangono allo stato embrionale)
tranne che nelle due cellule guardia degli stomi che sono verdi (cloroplasti). Gli stomi
hanno meccanismo vario per aprirsi, anche se in generale seguono uno schema che si
riferisce al riempimento del vacuolo con acqua. Le cellule di guardia di solito sono a livello
della superficie, una eccezione è per quelle piante che vivono in ambiente arido: esse
hanno le cellule stomatiche “infossate” per non esporre troppo quest’apertura (dalla quale
esce acqua) all’ambiente.
Il numero di stomi è maggiore nella pagina inferiore/abassiale rispetto a quelli della pagina
superiore/adassiale. Nell’eucalipto si riscontra un numero pressochè uguale. Nelle piante acquatiche gli
stomi possono stare solo nella parte superiore della foglia perché quella inferiore è appoggiata all’acqua.
In alcuni casi avviene la guttazione, cioè dei particolari stomi (che rimangono sempre aperti) che espellono
acqua.
Sulla superficie dell’epidermide ci possono essere peli/tricomi. Essi si
dividono in tricomi di rivestimento e tricomi ghiandolari. Spesso sono bianchi
poiché possono essere formati da cellule morte (quindi vuoti e perciò
trasparenti), e grazie a questo colore riflettono la luce. Hanno forme molto
diverse (cfr. olivo: tipo ombrellino).

I peli ghiandolari della cannabis hanno uno stipite (se non c’è, la pianta è
sessile) e una testa che può accumulare secreta. Essa è chiamata Cannabis
sativa l. e viene coltivata per fare fibre o per produrre sostanze che
interagiscono con il nostro sistema nervoso.
La testa può mettere delle sostanze sotto la cuticola che riempiendosi le
libera (cfr. odori delle spezie da cucina se strofinate).
RIZODERMA. Nella parete (parete celluloso peptidica?) sotterranea la radice ha
un rivestimento di peli, lunghi e sottili, che hanno vita breve. I peli possono essere
studiati solo con coltivazioni idroponiche perché se strappo la pianta dal terreno
ho radici sporche (per la mucillagine) e se lo pulisco rovino i peli radicali.
E’ un tessuto di rivestimento che ha cellule tutte a mutuo contatto. Esse possono
formare una estroflessione che poi formerà il pelo. In queste cellule la parete è
sottilissima poiché ci deve essere assorbimento d’acqua. L’acqua che si trova tra
le particelle di roccia forma spazi capillari pieni d’acqua; questi non sono continui tra loro.
Dato che questo tessuto vive poco, la pianta (ad un certo punto dello sviluppo) sviluppa un secondo tessuto
di rivestimento: l’esoderma.

ESODERMA. Nelle cellule c’è sugherina e inizia a formarsi una camera


d’aria. In questo modo, quando il rizoderma si distrugge del tutto, ho un
tessuto già pronto e impermeabile. Quando ho l’esoderma, la parete di
radice in cui lo ho, non assorbe più acqua.

Quando la radice si ingrossa (entra in gioco la struttura


secondaria) si forma il sughero. Ciò avviene anche nella parte aerea.
SUGHERO. Esso funziona come una specie di cerotto per la pianta. Esso è impermeabile,
quindi ci sono problemi di respirazione! Per questo motivo, sul sughero si formano gruppi di
cellule rotondeggianti dette lenticelle (foto a sinistra, in basso) grazie alle quali l’aria può
passare.

ENDODERMA. L’acqua che entra nella pianta deve passare un “vaglio” prima
di passare nella parte aerea. L’endoderma è il tessuto che “costringe” l’acqua a
entrare dentro la cellula, e quindi a passare dalla membrana plasmatica, per
regolare ioni e soluti.
L’endoderma si trova nella parte centrale delle giovani radici. E’ un tessuto
monostratificato con cellule di forma cilindrica. AL suo interno l’acqua gira solo
per via apoplastica, infatti queste zone hanno una parte
lignificata e c’è anche una zona con sugherina.
L’acqua non passa tra pa parete e la membrana cellulare,
poiché nel punto di inspessimento parete e membrana sono
fortissimamente attaccate. Quando la sezione trasversale
taglia la striscia, si trovano i punti del Caspari.
Con l’andare del tempo l’endoderma si lignifica anche in altri
punti. Si hanno due tipi:
• “U” " Non si
impermeabilizza la
parete tangenziale esterna, quindi la cellula vive. L’acqua passa dai punti
di permeazione (cellule che non si sono modificate).
• “O” " Si impermeabilizza tutta la parete, quindi la cellula muore!
L’acqua passa dai punti di permeazione.

Questo è il tessuto più interno alla pianta.

TESSUTI MECCANICI
Per una pianta, essere alta è utile per poter espandere meglio i propri semi (e anche per altri motivi). Per
portarsi in alto deve evolvere dei meccanismi per sorreggersi. I tessuti meccanici si occupano dolo del
sostegno che può essere elastico(cfr. picciolo foglia) o rigido (cfr. tronco).
L’elasticità può essere modulata. Esiste una plasticità individuale a seconda dell’ambiente. Il tessuto elastico
è il collenchima; il tessuto rigido è lo sclerenchima. Invecchiando, la pianta acquista rigidità, anche se alcune
piante hanno sclerenchima abbastanza flessibile.
Le forme sono varie. Quello flessibile in genere ha cellule. Quello rigido in genere ha cellule con parete
lignificata, essa non varia, anche se varia la forma della cellula.

COLLENCHIMA. Tessuto meccanico formato da cellule con parete celluloso-


peptica non omogeneamente ispessita. Gli ispessimenti possono avere
localizzazione e sviluppo diverso, dando così origine ai diversi tipi di
collenchima. Le cellule si chiamano collociti, sono di forma allungata e hanno
la parete più grossa in corrispondenza dei 4 angoli.
Il lume cellulare è piuttosto limitato.

Funzionano in due posizioni (generalmente sono periferici): o subito sotto


l’epidermide (blanda), oppure un po’ più arretrata, ma comunque
periferica. Altrimenti può essere messo come protezione di zone più
delicate.

L’ispessimento può essere di vario tipo:


A. ANGOLARE: ispessimento agli angoli
B. TANGENZIALE/LAMELLARE: ispessimento su due soli lati
C. ANELLARE: ispessimento circolare
D. LACUNARE: ispessimento nei punti di contatto con le altre cellule;
spazi intracellulari vari (piccoli, grandi o assenti).

SCLERENCHIMA. Tessuto meccanico formato da cellule con parete


omogeneamente ispessita e lignificata in diversa misura.
Ci sono due tipologie principali: fibre (cellule sottili,
allungate in senso assiale e affusolate all’estremità) o
sclereidi (vari tipi di forme come poliedrici, tondeggianti o
ramificati). Hanno la parete cellulare lignificata. Possono
essere periferici ma solitamente stanno in posizioni più
arretrate (= interne). All’interno sono vuote o nere (=
cellula necrotica). Cfr. lino (le foto delle fibre mostrano che i plasmodesmi sono a gruppetti).
Le FIBRE si suddividono così:

EXTRAXILARI FIBRE TESSILI:


(parenchimi corticali " variamente
- DEL TUTTO
CELLULOSICHE (LINO)
FIBRE - PARZIALMENTE
XILARI LIGNIFICATE (CANAPA)
(tessuto legnoso " sempre lignificate) - DEL TUTTO
LIGNIFICATE (JUTA)

Volendo classificare il cotene, diremmo più correttamente che è un “pelo”.


Le SCLEREIDI invece si suddividono in:
• ASTROSCLEREIDI. Si trovano nella parte vuota tra una cellula e l’altra
(perché è il punto più fragile; cfr. cellule con parte aerifera). Si usano
come rivestimento (cfr. fagiolo, pisello), quindi diventa tegumento.
Servono da sostegno (cfr. foglia del tè).

• BRANCHISCLEREIDI. Sono noccioli (susine, pesche,


etc…), gusci (noce, nocciola), e anche la noce di cocco.
Servono da protezione alle strutture fragili (come i
semi!).

Prendiamo per esempio la pera: all’interno della polpa


ci sono “isole petrose” (cioè gruppi di cellule sclerenchimatiche) formate da “cellule petrose”.

TESSUTI CONDUTTORI
E’ costituito da cellule allungate poiché il passaggio da pareti rallenta il flusso di acqua e soluti. Si trovano
per distanze brevi. Queste cellule hanno plasmodesmi più grandi e numerosi dai quali passano: acqua e sali
minerali; zuccheri.

XILEMA/LEGNO. L’acqua con i sali minerali viaggia perché c’è aspirazione dall’alto. Quindi non serve il
citoplasma, perciò si costruscono “tubi” cioè cellule morte, di cui è rimasta solo la parete, che sono
rinforzate.
Infatti (se così non fosse) quando la pressione diventa negativo il lume collabisce; il rinforzo rende il lume
beante.
Il procedimento avviene quando la pianta sta ancora crescendo.
Perciò le cellule lignificano la parete, NON TUTTA, in modo che la
pianta abbia un margine di crescita. In tal modo gruppi di tubi
funzionano insieme collaborando. Essi sono costituenti di un tessuto
conduttore: XILEMA o LEGNO. L’ispessimento della parete avviene
per opera della lignina.
XILEMA PRIMARIO o PROTOXILEMA: il legno riesce a seguire
l’allungamento della cellula e quindi l’accrescimento della pianta.
XILEMA SECONDARIO: la parete è molto lignificata, quindi l’ispessimento non permette alla pianta di
crescere.

Esistono due tipi di vasi:


1) TRACHEIDI. Sono
fatte da fibre
affusolate “a becco
di flauto”, in modo
che l’aderenza tra
due cellule sia più
facile, si parla di
tracheidi con parete
obliqua
punteggiata. Le tracheidi con tanti fiorellini “a cupola”
sono le pareti punteggiate areolate.
2) TRACHEE (perforazione semplice o scalariforme). Vasi formati da tante cellule. Le pareti di contatto,
prima che la cellula muoia, vengono
ingerite da essa. Quando la parete di
contatto viene completamente digerita
si parla di cellule a punteggiatura
semplice. Quando invece la
digestione non è completa si formano
tanti fiorellini, perciò si parla di cellule
a punteggiatura complessa.

Quindi si ha che il legno ha il seguente schema di formazione:

CELLULE
" PARENCHIMA
PARENCHIMATICHE

FIBRE "
LEGNO
SCLERENCHIMATICHE SCLERENCHIMA

VASI (TRACHEIDI E
" TRACHEIDI
TRACHEE)
Ossia:

FLOEMA/CRIBRO/LIBRO. Un secondo tipo di tessuto conduttore è il floema. Esso è formato da tubi cribrosi,
tubi conduttori formati da cellule. Queste cellule si duplicano/riproducono e quindi formano cellule
compagne.
Vediamo alcuni stadi nella differenziazione di un tubo cribroso. Inizialmente la cellula che darà origine al tubo
cribroso si divide secondo un piano longitudinale. Delle due cellule risultanti dalla divisione la più grande si
differenzierà in un tubo cribroso; la più piccola si ridivide per dare origine ad una serie di cellule compagne.
Nelle pareti trasversali della cellula che diventerà un tubo cribroso si differenziano dei grossi plasmodesmi. Il
nucleo del tubo cribroso degenera; il tonoplasto si disintegra parzialmente. Altri organuli quali i plastidi si
conservano. Il tubo cribroso è maturo: il nucleo è sparito, le pareti trasversali si sono trasformate in placche
cribrose. Un tubo ha diametro di 20-50 µm ca. e misura in lunghezza 150-500 µm ca.

ANATOMIA DELLE PIANTE

La selezione naturale ha favorito le piante con distribuzione di tessuti ottimale. Alcune condizioni sono state
raggiunte da tutte, come il parenchima clorofilliano, altre no.
GIMNOSPERME: pino, abete
ANGIOSOERME: - MONOCOTILEIDONI: giglio, iris, palma; 1 foglia (3-6)
- DICOTILEIDONI: quercia, ranuncolo; 2 foglie (4-5 petali)
La nervatura centrale delle foglie è maggiore nelle dicotileidoni. Nelle monocotileidoni le nervature sono
parallele, perciò non partono da quella grande centrale.
N.B. La divisione tra monocotileidoni e dicotileidoni è comoda ma filogeneticamente non sostenibile.

RADICI

Nelle monocotileidoni dopo un po’ la radice muore e dal colletto nascono tante
radici, tra cui non ve ne è una principale. Il colletto è la zona della pianta tra fusto
e radice.
Durante l’accrescimento della radice i peli radicali non si spostano verso il basso;
nell’immagine si vedono più in basso perché quelli in cima sono morti. A una certa
distanza dall’apice, si formano i nuovi peli radicali. Questi peli hanno la parete
sottile poiché devono assorbire; esistono per tutta la vita della pianta vicino
all’apice (la zona pilifera ha sempre più o meno la stessa estensione). Le radici sono bianche poiché, non
essendoci luce, i plastidi non si sono differenziati in cloroplasti.
Esistono due tipi di apparati radicali:
- ALLORIZICO (a fittone): un grande fascicolo;
- OMORIZICO (fascicolati): disordine.

APICE MERISTEMATICO. La parte apicale (contiene una o più cellule del


meristema) è protetta dalla cuffia, fatta da cellule grandi (con grandi vacuoli) prodotte dal meristema. Le
cellule si rompono e rilasciano mucillagine, e in tal modo formano una strada lubrificata.
L’apice è protetto quindi dalla cuffia e le cellule al di sopra di essa si differenziano a
formare la struttura primaria della pianta che ha durata variabile (da qualche mese a tutta
la vita). Quindi si formerà rizoderma (tessuto di rivestimento esterno), endoderna
(rivestimento esterno), e vari altri tessuti (meccanici, etc…). Alcune piante, come le
pterofite hanno un’unica cellula apicale, a forma di tetraedro.
La cuffia è soggetta a perdita di cellule che vanno a formare la
mucillagine.
La columella contiene grandi granuli di amido secondario.
Se dobbiamo studiare la divisione cellulare della pianta, il miglior punto è
la parte apicale.
I granuli di amido servono poiché la radice, trascinando gli organuli verso il basso, posso
percepire la terra; questa è una garanzia per la pianta di trovare il terreno.
Nelle pteridofite c’è una sola cellula apicale a forma di tetraedro. Nelle
gimnosperme si hanno due strati di cellule meristematiche, uno strato è il
cilindro centrale, l’altro è formato da corteccia, rizoderma e cuffia.
Nelle angiosperme e nelle dicotileidoni si hanno tre strati, il cilindro
centrale, la corteccia e il terzo detto dermocaliptrogeno (rizoderma +
cuffia). Nelle monocotileidoni ci sono sempre tre strati ma organizzati
diversamente, il primo è il cilindro centrale, il secondo è formato da
corteccia e rizoderma e il terzo è detto caliptrogeno ed è formato dalla
cuffia.

Nelle cellule sono presenti gli statoliti cioè plastidi ricchi di amido per la
percezione della gravità.

EPIDERMIDE DI CORTECCIA. Zona parenchimatica che sta subito sotto


il rivestimento: qui stanno i parenchimi. Questo è un parenchima di
riserva ma a seconda del bisogno può anche diventare aerifero e servire a conduzione dell’aria.

ENDODERMA. Blocca la conduzione dell’acqua per via apoplastica. Esso racchiude lo stele (cilindro
centrale) che è una porzione di radice che contiene tessuti conduttori (che sono tenuti fermi dal parenchima).
Nelle dicotileidoni è a “O” (stella a poche braccia), nelle monocotileidoni è a “U” (stella a tante braccia).

PERICICLO. Parte iniziale del cilindro centrale.

Solo una parte del RIZODERMA possiede peli.

STELE (CILINDRO CENTRALE). Nella radice si è evoluta una struttura che ha i


vasi del legno disposti a stella; il cilindro centrale con questa stella è detto
attinostele. La stella è formata da tessuto legnoso e poi vi è il tessuto cribroso
tra le braccia della stella.
A volte la parte centrale della stella può essere presa dal parenchima o cavitare.
1) PROTOXILEMA: xilema che si forma per primo; sono in genere anulati,
spiralati e molto piccoli.
2) METAXILEMA: xilema che si forma per secondo; reticolari, scalariformi, più
grandi.

RADICE LATERALE. La ramificazione parte da un’arca legnosa e l’endoderma


la segue via via che essa si fa spazio nel tessuto corticale (" i tessuti vascolari
sono protetti dal loro endoderma.

STRUTTURA SECONDARIA DELLA RADICE. Si forma uno strato tra legno e floema che
lavora in modo eterogeneo per ripristinare la forma circolare.
Non avviene nelle angiosperme monocotileidoni poiché non hanno accrescimento
secondario.
FUSTO (struttura primaria)

E’ una struttura con grande capacità di modificazione.


Nel fusto si riconoscono i nodi che sono punto di attacco di gemme e foglie, è il punto di
intersezione principale della pianta.
Quando si studia l’anatomia della pianta lo si fa nell’internodo, in modo da non
complicare le cose con i nodi.
Dall’esterno si vede l’epidermide.
Ci sono due tipi di ramificazione:
− MONOPOIDALE. Il fusto cresce dritto e lateralmente ci sono
rami che rimangono meno sviluppati. Ciò succede perché la gemma principale
secerne ormoni che cercano di evitare la ramificazione. Quest’effetto
diminuisce man mano che ci si allontana dalla gemma principale.
− SIMPOIDALE. Ramificazioni equivalenti che portano rami ad altezze simili.

Quando la foglia cade (l’abscissione è il processo per far cadere le foglie), lascia la
cicatrice fogliare a vista.
Per far cadere le foglie è necessario un processo in cui la pianta richiama la clorofilla dalle foglie e con
enzimi (cellulasi) rende la parete più fragile e quindi le foglie pesano troppo per la pianta e cadono. Se le
foglie rimangono attaccate si arricciano e ciò è segno che la pianta non ha energie per staccare la foglia.
Le cicatrici che si vedono nel fusto sono i segni delle perule che si sono staccate nell’inverno. Da qui si può
ricavare quanti anni ha una parte di pianta, un ramo.
La riduzione della durata di vita delle foglie è dovuta al degrado del bosco. Ciò causa rarefazione della
chioma e gemma apicale a “nido di cicogna”.

Le foglie possono avere tre disposizioni: alterne, opposte, verticillate.


Sotto la zona della gemma apicale (zona embrionale) si ha la zona in cui
le cellule si distendono (zona di distensione e differenziamento) e ancora
sotto c’è la struttura primaria (zona di struttura primaria). La corteccia,
contrariamente alle radici, qui ho uno spessore molto ridotto. Allora, esiste un
parenchima midollare molto sviluppato.

La struttura primaria si organizza in epidermide " corteccia (" collenchima) "


cilindro centrale (" fasci) " stele.
I parenchimi della corteccia possono essere in numero vario. Se c’è luce si ha
parenchima clorofilliano, altrimenti si ha un parenchima di riserva. Non è una
distinzione netta, quindi se sezionano un fusto mi aspetto un passaggio verde-
bianco graduale.

Il passaggio da corteccia a cilindro centrale non è marcato,


quindi non posso riconoscere esattamente il limite. Allora
posso parlare di cilindro solo quando trovo i fasci centrali.

Ci sono tanti tipi di stele, tra cui l’eustele e l’atactostele.


EUSTELE. In tutte le ginosperme e le angiosperme dicotileidoni. Sono disposti a cerchio e ogni fascio è
formato da legno (interno) e libro (esterno).
- parenchima corticale " raggio
- parenchimatico " parenchima midollare
Il legno e il cribro si formano dalle estremità fino al centro. Tra legno e
cribro rimane una zona meristematica (indifferenziata). Spesso (non
sempre) i fasci sono incappucciati o circondati da tessuti meccanici
(sclerenchimi). In genere il cribro è il più difficile da osservare poiché ha
la parete celluloso-peptica (" non colorabile) e la parte interna delle
cellule è evanescente e si discompone subito se taglio la cellula.
Il fascio collaterale può essere chiuso (non c’è il meristema) o aperto
(rimane il meristema).
I fasci possono essere di forme varie e anche
di dimensioni diverse.
Quando c’è una foglia, a livello del nodo un
fascio entra nella foglia, lasciando una lacuna
fogliare che verrà colmata grazie ai fasci vicini
che daranno una loro parte, che si uniranno e
formeranno un nuovo fascio.

ATACTOSTELE. Nelle angiosperme monocotileidoni. I fasci collaterali


sono chiusi, infatti non rimangono cellule meristematiche. In questi casi le
cellule parenchimatiche, invecchiando, tendono a lignificare la parete.
I fasci sono distribuiti in tutta la pianta, addirittura si possono trovare sotto
l’epidermide.
Spesso c’è uno strappo (dovuto ai protoxilemi che si staccano) che
conduce comunque acqua.
Spesso coesistono tracheidi e trachee. Non entra un solo fascio nelle foglie, ma più di uno. Il legno sarà
sopra (pagina superiore) e il cribro sotto (pagina inferiore)

FOGLIA

Possono essere alterne, opposte, decussate, verticillate (tante


foglie che formano una specie di coroncina). Possono essere
semplici o composte. Le semplici sono formate da una sola unità,
le composte sono formate da foglioline; esse sono paripennate
(stesso numero a destro e sinistra dell’asse del ramo) o
imparipennate (c’è una foglia terminale).
Si differisce, in una foglia tra la parte prossimale (base fogliare,
picciolo) e la parte distale (lamina). Alcune parti della pianta possono mancare (senza picciolo è sessile,
senza lamina ha una forma allungata).

BASE FOGLIARE. Caratterizzata dal pulvino fogliare, che è capace di orientare la foglia verso la luce. In
alcune piante il pulvino è velocissimo. Alcune piante invece si chiudono durante la notte.
Essa è caratterizzata anche da stipole, appendici di forma e funzioni varie. Possono fungere da lamina
quando essa non c’è ; possono formare i piticci, parti arrotolate che aiutano i rampicanti; può formare anche
spine.
{In botanica sono spine quando vi era al loro posto un sistema vascolare. Se esso non c’è , si parla di aculei.
La rosa ha gli aculei}
A volte la base fogliare forma un rivestimento per la foglia successiva (cfr. finocchio).
PICCIOLO. Ha il compito di far sì che la foglia sia flessibile. In alcuni casi è assente e la lamina si inserisce
direttamente nella base fogliare formando una guaina. Esso può essere un sistema di galleggiamento (in
alcuni casi).

LAMINA (per i nomi vedi slides). Si dà il nome alla forma generale della lamina quando è appiattita su un
piano. Se le foglie non stanno su un piano, si dà il nome alla proiezione.
Poi si dà anche il nome: alla base della lamina, all’apice della foglia, al margine della foglia. In alcuni casi sul
margine ci sono cilia sottili e allora la foglia è ciliata. Poi si dà i nomi anche alle nervature e all’indumento: se
è liscia è detta giabra se invece ha qualcosa sopra è tomentosa o pelosa. L’indumento di una
foglia è determinato dalla presenza o meno di tricomi e dalla loro densità e forma.
I peli d’ortica sono molto lunghi e sono di vetro. In cima al pelo c’è un cappuccio calcareo che se
urtato si rompe obliquamente; alla base c’è un foro per sostanze secrete dalla pianta. Perciò
quando la urtiamo è come se ci facessimo un’iniezione di queste sostanze.

Una pianta è in grado di produrre vari tipi di foglie, questa caratteristica è l’eterofillia
(eteromorfismo di foglie). Esempi sono: edera, ranuncolo, sagittaria (tre tipi di foglia, a
seconda dell’ambiente). L’eteromorfismo si vede anche dalla presenza di catafilli
(foglie che servono a protezione dei nodi), essi sono evidenti nella Cipolla: In un bulbo
di cipolla sezionato longitudinalmente si può notare il fusto raccorciato, detto girello,
che porta nella parte inferiore le radici avventizie e all’apice alcune gemme che
daranno poi origine ad altrettante nuove piante. Il tutto è avvolto da foglie tuberizzate,
appunto i catafilli, ricche di sostanze di riserva; le più esterne sono papiracee, con
evidente funzione di protezione.
In alcuni casi le foglie si trasformano in spine o si ingrossano. Poi si possono formare anche “trappole” nelle

piante insettivore. Gli animali sono una riserva di azoto che negli ambienti acidi (pH acido) non è reperibile.

ANGIOSPERME. Hanno vari tipi di foglie:


▪ FOGLIA DORSO-VENTRALE. E’ una foglia che ha la parte
superiore (dorsale = adassale " legno) diversa da quella
inferiore (ventrale = abassale " cribro). L’epidermide riveste
tutta la foglia, non è detto che lo faccia in maniera omogenea.
Le cellule di guardia/stomi stanno nella parte inferiore, che è
ricoperta del sole.
Le piante non sono mai roventi in estate poiché hanno la
capacità di non assorbire e quindi riflettere le onde lunghe, cioè
quelle termicamente interrotte.
Nella parte superiore hanno colore verde scuro poiché sono
fotositenticamente molto attivi. C’è anche il parenchima
clorofilliano lacunoso/parenchima spugnoso, che è il parenchima
inferiore della foglia, in cui l’aria circola liberamente. Quindi,
essendoci meno cloroplasti il verde è meno intenso (l’aria entra
negli stomi tramite l’area sottostomatica). Le nervature sono tessuti di conduzione protette (da tessuti
meccanisi o da una guaina).
In genere dove c’è la nervatura centrale c’è un collenchima (continua anche nel picciolo) che ispessisce
soprattutto la pagina inferiore (poiché deve sostenere la foglia).
Quando il parenchima lacunoso è molto sviluppato trovo gli sclereidi: tessuti meccanici che evitano che
la foglia si appiattisca.
Nell’oleandro si trova un’epidermide pluristratificata, poi il “palizzata” e poi il parenchima lacunoso.
L’epidermide inferiore si invagina in due cripte, l’UNICO luogo dove ci sono gli stomi e dovecrescono i
peli che trattengono l’unidità.
Nella stessa pianta il numero di strati del palizzata può cambiare. Le foglie più esposte alla luce ne
hanno più di quelle interne alla chioma (che ricevono meno luce)
▪ FOGLIA ISOLATERALE. Hanno le radici fascicolate che diventano poi atactostele e vanno a formare le
foglie. Le nervature più visibili sono parallele a quella
centrale, in realtà esse sono collegate tra loro da nervature
più piccole. I prodotti della fotosintesi sono trasportati nel
parenchima di riserva. Gli stomi si trovano in entrambe le
pagine, infatti in genere essi hanno distribuzione abbastanza
omogenea. Sotto di essi c’è la camera sottostomatica. La
parte centrale (il mesofillo cioè tutto ciò che sta tra i due strati
di epidermide) è formato da parenchima clorofilliano. Il fascio
(collaterale chiuso) ha il legno in alto e il cribro verso il basso.
▪ FOGLIA UNIFACCIALE. La foglia inizialmente si abbraccia
con un’altra, salendo, essa si chiude mostrando solo la parte
abassiale. Perciò i fasci si dispongono specularmente.
Questo fenomeno è complicato dal fatto che i fasci hanno
sviluppo eterogeneo.
▪ FOGLIE GRAMINACEE. Inizialmente fomrano una guaina
(per proteggere la parte del
meristema) e poi si allargano (cfr. bambù). Anche nella parte non arrotolata
della foglia, questa mantiene una capacità di movimento grazie alle cellule
bulliformi (cfr. bambù che appasisce).

GIMNOSPERME. Le piante sono meno capaci di trasportare velocemente acqua o di assorbirla.


▪ PINO A DUE AGHI. Il ramo (macroblasto, al plurale macroblasti) forma un altro piccolo rametto
(bracoblasto, al plurale brachiblasti) da cui poi si sviluppano due foglie, in mezzo alle quali c’è lìapice
meristematico che con l’andare del tempo non muore. La foglia ( C| D) è detta foglia aciculare/soracea.

C’è un ipoderma formato da tessuto meccanico, per evitare che la foglia si pieghi, rischiando di
chiudere le tracheidi. Sotto l’ipoderma c’è il parenchima clorofilliano, in alcuni casi detto parenchima
plicato (poiché formato da pliche " vd. forma). Gli stomi hanno le cellule di guardia sono infossate, in
modo che non siano toccate dalla ventilazione: sono in posizione protetta. Inoltre di solito in questa
infossatura si forma un piccolo “tappo” di cera che limita ancora di più l’uscita del vapore acqueo. Esso
è danneggiato dalle piogge acide, che quindi influenzano di conseguenza i meccanismi di fotosintesi
della foglia.
Dopo il parenchima plicato ci sono i canali resinifichi. Non si sa bene a cosa servono le resine, forse
come prodotti di rifiuto e allontanamento di “predatori”. Dopo questo strato c’è l’endodermoide (c’è la
banda del caspari) che rallenta il passaggio d’acuqa. Ancora più interni ci sono i due fasci.

FINO A QUI E’ STRUTTURA PRIMARIA

FUSTO (struttura secondaria)

ANGIOSPERME MONOCOTILEIDONI: LEGNO OMOXILO


E’ omogeneo in quanto costituito da tracheidi che svolgono funzione di conduzione e di sostegno, perciò
chiamate fibrotracheidi Compare dopo un tempo X, che dipende da pianta a pianta. La zona meristematica
dei fasci della struttura primaria vanno a formare un anello interfasciale.
Per formare l’anello c’è bisogno del cambio cribro-legnoso. Le divisioni di questo passaggio avvengono in
tutti i sensi e a seconda di come si dividono danno
forma a cellule con funzioni diverse.
La pianta smette di produrre legno in tardo
autunno e riparte in primavera poiché le nuove
foglie hanno bisogno di collegamento alla radice.
la parte vecchia della pianta è attaccata da fenoli
batteriofagi per evitare la decomposizione che la
renderebbe cava.
Per studiare il legno si fanno tre sezioni: radiale,
tangenziale (entrambe longitudinali) e trasversale.
Quando il cambio (in primavera) ri-inizia a lavorare forma
tracheidi il più grande possibili e con spessore fino, poiché
preferisce il lume grande. Con il procedere della stagione il
cambio inizia a preferire lume più piccolo e parete più
spessa. Una volta arrivati al tardo autunno il cambio forma il
“legno di chiusura”, con lume molto piccolo e parete molto
spessa. Alla primavera successiva si riforma il legno
primaverile. Allora in sezione si vedrà la diversità di spessore
delle pareti, e da qui si capiranno gli anni della pianta.
Questa caratteristica del passaggio stagionale del cambio
influisce la capacità di risonanza del suono: i legni di risonanza
sono quelli con meno differenza nel cambio, quindi più adatti
per gli strumenti musciali.
I raggi delle gimnosperme sono uniseriati, cioè tutti in fila. Non
tutti i raggi sono così, quando ci sono elementi interni, esso
infatti si allarga.
ANGIOSPERME DICOTILEIDONI: LEGNO ETEROXILO
Nelle angiosperme il legno ha: conduzione, sostegno, riserva. Ognuna di queste funzioni è svolta da diverse
cellule. I vasi sono chiusi (" tracheidi) o aperti (" trachee).
Ci possono essere anche cellule con parete celluloso-peptico servono
da riserva.
I raggi sono midollari (arrivano fino al midollo) o parenchimatici.
Le cerchie tagliate causano le fiammature del legno; si vedono anche i
rami. Gli alberi per sostenerli rinforzano il nodo, o sopra o sotto.
Questo rinforzo è anche chimico.
La falegnameria usa il duramen (contrapposto all’alburno che è la
parte viva) che è la parte non più funzionante della pianta, dove non passa più acqua e ci sono quindi le
tannine.

Con la crescita del fusto si creano rotture che vengono riempite dal parenchima di idratazione. Nei punti di
rottura sotto il parenchima corticale le cellule stressare riacquistano le caratteristiche meristematiche e
quindi si crea il cambio subero-fellodermico.
Quindi in pratica le cellule stressare
riattivano la mitosi e si dividono verso
l’esterno e verso l’interno. Internamente
formano il parenchima (fellodio),
esternamente formano il sughero. Questo
sughero isola le cellule epidermiche e corticali rimaste fuori, che quindi muoiono.

RADICE (struttura secondaria)

RIPRODUZIONE DELLE PIANTE

Si tratta di una serie di processi che portano alla formazione di un individuo geneticamente identico al
progenitore. Lo zigote deve superare condizioni avverse.
La scissione e la gemmazione entrano in gioco con gli organismi unicellulari.

SCISSIONE. La cellula cresce; nel nucleo si duplica il corredo. Poi segue una divisione mitotica, dopodiché
la cellula si strozza e si formano due cellule geneticamente identiche.

GEMMAZIONE. Dopo la mitosi il nucleo si porta lateralmente e il citoplasma si rompe in modo ineguale,
formando una “cellula madre” (la più grande) e una “cellula figlia”.

FRAMMENTAZIONE. Distacco di una parte dell’organismo. Tramite mitosi questo frammento riforma la
pianta.

A questi tipi di riproduzione asessuale si oppone la riproduzione sessuale, ossia un processo che ha come
finalità la formazione di un nuovo organismo con caratteristiche genetiche diverse da quelle degli organismi
dai quali deriva. Essa comporta l’unione di due particolari cellule aploidi dette gameti (incapace di dividersi
per mitosi). La fusione di due gameti dà origine ad una cellula diploide detta zigote che rappresenta la prima
cellula del nuovo organismo. Dal momento che lo zigote è diploide ed i gameti sono aploidi tra zigote e
gameti deve esserci una divisione meiotica (R! = divisione riduzionale)
I gameti possono essere uguali e sono detti isogameti (" isogamia). Quando essi sono molto simili si
chiamano anisogameti (" anisogamia) e se sono diversi si parla di eterogameti (" eterogamia); in
quest’ultimo caso l’estremo è rappresentato dall’oogamia (cellula spermatica/sperimio + oosfera).

Si parla di generazione quando, in seguito a divisioni mitotiche, a partire da una cellula/organismo si


formano più cellule/organismi che mantengono la stessa fase nucleare. Una generazione è una serie di
organismi/cellule che si sono moltiplicati/e a seguito di mitosi. Se la cellula iniziale è aploide, avremo una
generazione aploide; se è diploide, avremo una generazione diploide.

CICLI ONTOGENETICI/BIOLOGICI
1) ORGANISMI APLONTI; MEIOSI INIZIALE/ZIGOTICA.
La meiosi è la prima divisione dello zigote (prima cellula diploide) e perciò è detta
iniziale o zigotica: lo zigote va immediatamente (= appena si attiva) incontro a
meiosi. Quindi da una cellula ne ottengo quattro, tutte diverse (vd. crossing over).
Ad un certo punto queste cellule diventano incapaci di dividersi mitoticamente,
adesso si chiama gamete, e allora l’unica cosa che può fare è unirsi ad un altro
gamete. In realtà allo stadio di zigote, l’organismo è aploide e quindi si parla di
divisione aplonte. Nei cicli aplonti non esiste generazione diploide. Tutte le cellule/
organismi sono sempre aploidi (con l’eccezione dello zigote).
La formazione dei gameti avviene sempre dentro strutture specializzate dette
gametangi. Consiste nel differenziamento di una cellula aploide (originatasi
per mitosi), differenziamento che talora non è percepibile a livello morfologico.
2) ORGANISMI DIPLONTI; MEIOSI TERMINALE.
La meiosi è la divisione che porta alla formazione dei gameti e perciò è detta
terminale o gametica. Non ci sono organismi aplonti se non dopo la meiosi che
però avviene alla fine e forma immediatamente lo zigote: nei cicli diplonti non
esiste generazione aploide. Tutte le cellule/organismi sono diploidi (con
l’eccezione dei gameti). La formazione dei GAMETI avviene in seguito a
meiosi.
3) ORGANISMI APLO-DIPLONTI; MEIOSI INTERMEDIA.
La meiosi avviene ad un certo momento del ciclo biologico e perciò è detta
intermedia (è ritardata all’interno del ciclo).
Quest’organismo è UNO solo, anche se il suo
ciclo è diviso tra una parte n e una 2n (due
generazioni: una diploide e una aploide). La
meiosi avviene nello sporangio e forma delle
spore. Le spore poi si dividono per mitosi e
formano i gameti nel gametangio. Chi forma
sporangi e spore è lo sporofito, chi forma gameti
e gametangio è il gametofito. Lo sporofito vive
poco, il gametofito è molto più longevo. Le due generazioni (2n e n) sono antitetiche e possono essere
rappresentate da organismi morfologicamente indistinguibili (generazioni antitetiche isomorfiche) o
diversi (generazioni antitetiche eteromorfiche).
Le cellule/organismi sono diploidi nello sporofito e aploidi nel gametofito, che è quello che fo rma i
gameti. Per passare da sporofito a gametofito occorre la meiosi, che avviene dentro gli SPORANGI a
carico di cellule dette cellule madri delle spore. Da queste si originano 4 spore (più precisamente dette
meiospore) che sono le prime cellule del gametofito. La meiosi intermedia può avvenire in momenti
diversi del ciclo ontogenetico a seconda degli organismi. Alcuni hanno la generazione aploide
dominante, altri la diploide, altri ancora hanno le due generazioni pressoché equivalenti.
I cicli ontogenetici sono cose diverse dal ciclo vitale. Quest’ultimo va dalla nascita alla formazione di gameti
(" la pianta può anche morire per riprodursi). Il ciclo vitale si riferisce all’INDIVIDUO.
Alcune piante sono annuali, in genere quelle erbacee. Infatti dopo la formazione di strutture riproduttive la
pianta muore. Queste piante ci sono nei deserti di Namibia, Cile, California.

Esistono anche le efimere, che durano 6 mesi (cfr. Arabidopsis thaliana L.). Poi ci sono le biennali, in cui il
ciclo è tutto speso per accumulare le sostanze di riserva (cfr. Lunaria annua L.).

ALGHE

Tutte le alghe (verdi = superficie, brune = superficie + poca profondità, rosse =


superficie + abbastanza profondità) devono fare fotosintesi. Quindi starebbero tutte
vicino alla superficie, ma non c’è posto per tutte. Perciò si ha la sensazione di una
“stratificazione” verde " brune " rosse.
La possibilità di profondità è minore vicino alle coste rispetto al mare aperto.

ALGHE ROSSE
Il nome scientifico è Rodophyta. Quando sono vicine alla superficie il pigmento rosso (fotolabile) svanisce e
l’alga diventa marrone-verdastro. Si dividono in due gruppi:
I. CYANIDIOPHYTINA. Microalghe delle dimensioni di pochi micrometri e di color azzurro-verde, capaci
di nutrizione eterotrofa, fanno fotosintesi o si cibano di organismi., adattate ad ambienti estremi. Sono
pluricellulari.
II. RHODOPHYTINA. Sono quasi tutti pluricellulari, marine e di colore dal rosso al giallo-rosato. Vivono
per lo più ancorate ai fondali (alghe bentoniche) anche se alcune vivono sopra altri organismi acquatici
(piante), perciò sono dette epifite, o come parassite biotrofe. Le dimensioni sono in genere modeste,
non superiori ai 50 cm. Queste alghe non sono MAI in grado di formare flagelli.
Hanno una parete molto abbondante rispetto al resto della cellula. Non si riesce a capire il limite tra due
cellule.
La cellula è di norma circondata da una parete formata da una componente fibrillare (catene polimeriche
allungate " xilani nelle alghe più primitive (es. in Bangia e Porphyra) ; cellulosa nelle più evolute) immersa
in una matrice (mannani, acido alginico e poligalattani solfati come agar (agarosio e agaropectina; legami
1-4) e carragen (polimeri del galattosio con legami 1-3 e 1- 4; quantità variabile di acido galatturonico)). La
matrice può rappresentare oltre il 70% del peso secco dell’alga. Nella matrice può depositarsi carbonato di
calcio che fa indurire l’alga.

Il genere gelidium comprende alghe maggiormente usate per l’estrazione di agar-agar, una sostanza molto
utile nei laboratori biologici.
L’agar agar è un galattano complesso insolubile in acqua fredda, ma solubile in acqua bollente, con la quale
forma una soluzione colloidale che, raffreddandosi, consolida formando una gelatina di consistenza
mucillaginosa. L’agar passa molti processi industriali alla fine dei quali si ottiene due prodotti diversi: polvere
e filamenti. In laboratorio serve in provetta o in piastra per le colture. In farmaceutica forma le capsule per le
pasticche. Serve per rendere più morbidi prodotti cosmetici, per compattare gli ombretti, nei dentifrici. SI
trova nei budini, nella carne in scatola e in tutta l’industria alimentare.

Il genere Chondrus comprende Condrus srispus (muschio irlandese) che è pieno di carraghen e quindi da
esso si estraggono i carraghenani. Come l’agar, anche questi formano in acqua calda soluzioni colloidali
che, raffreddandosi, solidificano. Essi interagiscono con le proteine del latte e per le loro proprietà
emulsionanti ed addensanti vengono anch’essi utilizzati nell’industria farmaceutica per la produzione di
creme e paste e, nell’industria alimentare, per gelati (per evitare la formazione di cristalli di ghiaccio) e
prodotti caseari. Si usano anche per gli insaccati.

Anche Gigartina è usata allo stesso scopo. Essa è una piccola alga di colore rosso carminio dalla quale si
ricava carraghen.

Le corallinales hanno la matrice della parete nella quale possono depositarsi cristalli di calcite (più raramente
argonite). Allora vanno a formare la barriera corallina.

Nelle alghe rosse c’è solo la “clorofilla a” che è accompagnata da caroteni (α e β), xantofille (luteina,
zeaxantina) e ficobiline, cioè da ficoeritrina, ficocianina, aloficocianina.

I plastidi stanno all’estremità della cellula, per captare più luce possibile.
Hanno una doppia membrana che li circonda e all’interno ci sono i tilacoidi
con i ficobilisomi (formati dai suoi componenti, maggiore tra loro è la
ficoeritrina " colore rosso delle alghe).
Il glucosio è sintetizzato e accumulato intorno al pirenoide, un ammasso
proteiche con enzimi che polimerizzano il glucosio (amido delle floridee). Se
il pirenoide non c’è si accumula nel citoplasma. Sostanze di riserva: amido
delle floridee (polimero dell’ α-glucosio), extraplastidiale; altri composti a più
basso peso molecolare come il floridoside ecc.
Hanno una mitosi chiusa, cioè la membrana nucleare non scompare e quindi
c’è una separazione incompleta delle cellule figlie. Nelle Florideophyceae si ha un pit-connection di natura
proteica. Il setto che poi si forma all’interno durante la divisione è chiuso da un tappo (pit plug).

UNICELLULARI. Ci sono alcune alghe rosse che sono unicellulari, le principali sono Prophyridium e
Rhodella. Tuttavia l’attenzione va sulle alghe rosse pluricellulari.

PLURICELLULARI LAMINARI. C’è una serie di cellule centrali da cui partono file
di cellule che creano una forma laminare. Ciò è possibile grazie alla
matrice, che tiene fissate le cellule. Solo nelle alghe più evolute le
cellule hanno divisioni che uniscono filamenti che di norma
sarebbero divisi. Un esempio è Porphyra, l’alga che viene usata per
il sushi. I giapponesi hanno iniziato a coltivarla. Inizialmente
usavano pulire gli scogli, e distribuirvi le alghe “frullate”. Ad un certo
punto, si iniziò a fare la coltivazione industriale e si vide che la
Porphyra ha un ciclo con generazioni antitetiche eteromorfiche. Gametofito
laminare, Sporofito filamentoso. Le cellule iniziano a differenziarsi e formare i
gameti contenuti nel gametangio che in questo caso è la parete della cellula
stessa. I gameti maschili sono detti spermazi (non hanno flagelli e quindi non
sono capaci di muoversi); quelli femminili sono detti oosfere. Questi gameti
formano carpospore. Quest’ultime devono trovare il loro substrato (madreperla) per germinare. Sul substrato
formano una specie di “strada” grazie all’acido cloridrico che attacca il carbonato di calcio. A questo punto si
formano le monospore, cellule che sono rilasciate sul substrato (" da una carpospora ho tanti sporofiti).
Quando il concocito, cioè la forma che si è formata, ha abbastanza sostanze di riserva si formano i
concosporangi. Da qui si liberano le concospore, dopo la mitosi, che vanno a formare i nuovi individui.

PLURICELLULARI FILAMENTOSE. Alga molto comune è la batrachospermum, di acqua


dolce. Si chiama così poiché forma strutture simili alle uova di rana. Si forma nelle acque
ferme (stagnanti). Formano una specie di collana con perline (" le ramificazione). A livello
delle ramificazioni si formano i gameti. Se il gametangio ha solo la parete si chiama
gametocisti. Il gametangio si ingrossa e diventa il tricogino, una struttura appiccicosa a cui
si attaccano gli spermazi. Così si forma lo zigote. Poi il ciclo ontogenetico prevede la
meiosi e la formazione di un carposporofito n (ammasso di cellule a spese dell’alga
madre) dal quale si liberano singolarmente spore che vanno sul terreno a formare il nuovo
organismo.
Esse possono avere:
1) TALLO UNIASSIALE. Esiste anche un ciclo trimetagenico, ad esempio nella
antithamnion. E’ un ciclo simile a quello di prima, solo che il carposporofito è
2n, da cui si arriva al tetrasporofito 2n. Ha due fasi aploidi e una fase diploide.
2) TALLO MULTIASSIALE (tanti filamenti centrali che si incorciano tenuti insieme
da matrice oppure tanti filamenti che si ramificano verso l’esterno). Un alga di
questo tipo è la pterosiphonia.

I gameti sono n, poi si forma lo zigote (2n) e il carposporofito da cui si liberano le carpospore che vanno a
formare il tetrasporofito (1 sporangio corrisponde ad una cellula " per meiosi diventano 4). Dopo la meiosi
si liberano le tetraspore che formano il gametofito che poi forma gli spermatangi maschili e femminili.
I gameti sono di dimensioni molto diverse (eterogamia oogama): il gamete femminile, oosfera, viene
trattenuto nella gametocisti femminile che è detta carpogonio; il gamete maschile, spermazio, viene liberato
nell’acqua per apertura della parete del gametangio (gametocisti) . Il carpogonio è ingrossato alla base e
può prolugarsi in una porzione stretta e allungata detta tricogino che ha una parete mucillaginosa alla quale
si attaccano gi spermazi.
Quindi nelle alghe rosse la mancanza di stadi flagellati ha fatto sì che si formassero fasi sessuali che per
meiosi da un unico atto gamico si abbiano tanti organismi risultanti. Le alghe rosse possono essere aplonti
(con 2 generazioni) o aplodiplonti (con 2 o 3 generazioni).

CICLO DEL TIPO NEMALIONALES. Alghe rosse


aplonti con alternanza di generazioni gametofitiche
eteromorfiche: gametofito e carposporofito

CICLO TRIMETAGENETICO (il più diffuso nelle


Florideae). Alghe rosse aplo-diplonti con tre
generazioni: gametofito n; carposporofito 2n;
tetrasporofito 2n.
In Polysiphonia vediamo che insieme alle carpospore possono
svilupparsi cellule ausiliari e nutrici e formare una sorta di “corpo
fruttifero” noto come cistocarpo. Il cistocarpo può essere a sua volta
protetto da cellule sterili che vanno a costituire il pericarpo.

In platoma vediamo che si forma un filamento che unisce più piante

e che sfrutta al massimo la gamia:

ALGHE BRUNE

Il nome scientifico è Phaeophyceae. Sono alghe pluricellulari di dimensioni spesso ragguardevoli (fino a 60
m) e si dividono in organizzazione tricale (=filamentosa) o talloide (= pseudoparenchimatica). Fanno parte di
un ampio gruppo algale (Straminopili) che comprende gran parte delle alghe eteroconte, cioè caratterizzate
dalla presenza di due flagelli tra loro diversi: uno lungo e dotato di 1-2 file di mastigonemi che effettua il
movimento circolare portato in avanti (= anteriore) e uno liscio e diritto, diretto posteriormente (posteriore)
detto timone, l’altro (anteriore) lungo e con 1-2 file di mastigonemi che effettua movimento circolare.
Vivono quasi esclusivamente in acque marine alle medie ed alte latitudini. A latitudini inferiori il numero delle
specie diminuisce, ma esse possono costituire imponenti popolazioni.
La parete cellulare ha componente fibrillare (" cellulosa con disposizione più profonda, cioè vicino al
plasmalemma; inoltre le fibrille sono disposte a diverso orientamento e quindi si ha un’apparente
stratificazione) e matrice (riprodotta continuamente: l’organismo ha il collasso della matrice e si
“ripuliscono”). La matrice è formata da alginati e fucani; gli alginati sono sali e servono anche per prodotti
commerciali, essi sono usati come emulsionanti e stabilizzanti (medicinali, cosmetici, industria della carta,
tessuti, etc…), per rendere ininfiammabili i derivati degli idrocarburi, etc... L’alga da cui si estraggono è
Macrocystis, da cui si ricava anche iodio e potassio.
I pigmenti principali sono: clorofilla a, clorofilla c, β carotene, β xantofille (tra cui la fucoxantina).
Il plastidio non ha grana, può contenere un pirenoide in posizione sferica, i
tilacoidi sono a gruppi di tre. Il sistema di membrane è formato da 4 strati, il più
esterno è eucariotico, gli altri sono procariotici. Questa caratteristica può
essere spiegata dalla teoria endosimbiontica (DA SAPERE!). Le sostanze di
riserva principali sono laminarina e mannitolo, entrambi extraplastidiali
La mitosi è chiusa, infatti avviene dentro la membrana nucleare.

I flagelli sono 2 laterali dei quali il più lungo, pennato, portato anteriormente; il più corto, a frusta, portato
posteriormente.

L’accrescimento si realizza nel seguente modo:

Queste alghe amano i climi temperati, temperato-freddi e freddi. Sono alghe batteriche e stanno attaccate al
fondale. Esistono tre tipi strutture di ancoraggio: 1) RIZOIDI, per piccoli organismi; 2) DISCO, si attacca al
substrato solido solo dopo averlo attaccato; 3) APTERI, tozze ramificazioni che ancorano l’alga al substrato
sabbioso.
La fronda/filloide è formata da cellule tutte fotosintetiche (poiché siamo in acqua non c’è pericolo di
disidratazione). Nella fronda si trovano anche le areocisti che sono le strutture che permettono all’alga di
stare eretta.
Il tallo massiccio, parenchimatoso di alcune di queste alghe può presentare una notevole complessità sia
livello morfologico, sia a livello citologico. In sezione trasversale si nota al centro una parte diversa, il
cauloide/stipite, che è formata da cellule allungate che facilitano il trasporto di sostanze dall’apice della punta
fino alle radici.

Il Sargassum è un’alga bentonica che però può vivere anche come plantonica. Nel 2015 in Messico c’è stata
un’invasione. Inoltre esso crea una vera e propria isola galleggiante e perciò un ecosistema.

L’Ectocarpus può trovarsi sulle nostre coste, esso ha un ciclo ontogenetico con l’alternanza di isogameti.
La Dictyota dichotoma ha un ciclo ontogenetico con generazioni antitetiche isomorfiche. C’è l’eterogamia,
più precisamente l’oovogamia.

La Cutleria è aplodiplonte con generazioni antitetiche eteromorifiche (la cutleria è il gametofito, l’aglauzonia
è lo sporofito). La meiosi determina la divisione tra sesso femminile e maschile.

La Laminaria ha due generazioni antitetiche eteromorifiche. Gli sporangi si formano nelle fronde dell’alga
che in questo caso è lo sporofita.

Esiste la convinzione, non confermata sperimentalmente, che lo iodio stimoli la produzione di ormoni tiroidei
e di conseguenza il metabolismo basale. Pertanto diverse alghe brune, come Laminaria e Fucus, vengono
utilizzate in preparati per il controllo del peso.
Il fucus si trova nelle coste rocciose dell’Europa settentrionale. Fin dai tempi antichi rappresentò una risorsa
importante, infatti grazie all’essiccamento poteva essere usata (1) come amendante (" aiuta il terreno
grazie ad algina e sali minerali), (2) come mangime per animali (e in alcuni casi per l’uomo), (3) per
l’estrazione di iodio, sodio e gellificanti.
Viene raccolta da imbarcazioni dette “scooby-doo” o a terra da trattori se ci sono emersioni importanti.
Il ciclo ontogenetico è più particolare (ricettacolo: apertura degli sporofiti o degli spermatofiti, vista come
puntini bianchi) l’organismo ha oogamia ed è diplonte.

BACILLARIOPHYTA

DIATOMEE
Alghe unicellulariad organizzazione coccale o coloniale (nelle
colonie ogni individuo ha vita indipendente dagli altri) con gameti
che possono essere ameboidi o flagelati (un flagello); gli individui
non hanno la capacità di muoversi con il flagello. Le diatomee
vivono: nelle acque marine, salmastre e dolci come costituenti del
fitoplancton, abbondanti soprattutto alle alte latitudini (acque fredde
o temperate); sul fondale di corpi d’acqua dolce, salmastra e salata
(bentoniche); su rocce parzialmente emerse e nel fango; come
epifite su alghe e su piante di ambiente umido (es. briofite); come simbionti in altri organismi (in questo caso
possono essere prive di parete). Vivono bene anche sui vetri delle serre.

Sono ricoperte da una teca formata da silice allo stato cristallino e sostanze
peptiche. Le forme di vita che hanno accumuli id silice o carbonato di calcio, sono
destinati a fossilizzarsi. Nel caso delle diatomee si arriva alla diatomite o all’opale,
se si accumula. Nella forma fossile diventano farina fossile o tripoli.

Alcune forme non hanno la teca, questi organismi vivono come simbionti di altri
organismi (" molluschi).
Si trovano anche nei ghiacciai. Impartiscono al ghiaccio la colorazione brunastra.
Vista da sotto la superficie si vede il colore verde della clorofilla. Vivono anche a temperature alte (es. 60 °C)
o in presenza di solfuri. Nelle piante di ambiente umido spesso formano colonie a cui sono ancorate grazie
ad un peduncolo gelatinoso.
Possono avere simmetria radiale o bilaterale.
La loro teca è fatta di silice (" vetro) con molti fori che permettono gli scambi con l’ambiente esterno.
Si chiamano diatomee centriche o centrales che hanno simmetria centrale
(foto a sinistra). Queste prevalgono nelle acque
salate. In quelle dolci si trovano le diatomee
pennate (foto a destra). La teca è formata da due
parti: epiteca (superiore e più grande) e ipoteca
(inferiore e più piccola). L’organismo può liberarsi
dalla teca, ma lo fa solo in caso di riproduzione. Sia nell’epiteca che nell’ipoteca ci
sono dei solchi in cui si insinua la membrana da cui si possono avere emissione di
mucillagine; grazie a questo l’organismo può avere un minimo di movimento, avanti o indietro.
I plastidi sono simili a quelli delle alghe brune: sono circondati da 4 membrane; la membrana più esterna è in
continuità con il reticolo endoplasmatico. I tilacoidi non formano grana e sono a gruppi di 2 o 3. I pigmenti
sono clorofilla a e c, β-carotene, β-fucoxantina, diadinoxantina, diatoxantina. Le sostanze di riserva sono la
crisolaminarina (beta-1,3-glucani) e gli olii (che visti al microscopio formano tanti punti luminosi).
Economicamente forma diatomite o farina fossile, che sono usate come levigante (anche scrub) o come
filtro/setaccio; viene usata come materiale inerte con la dinamite (fuochi d’artificio, candelotti).
La divisione mitotica è molto singolare. La teca si divide e dona ipoteca ed epiteca alle due figlie. Alle figlie
manca ancora una metà della scatola, perciò ENTRAMBE PRODUCONO L’IPOTECA, perciò alla fine si ha
un’alga con le stesse dimensioni della madre, e una più
piccola. Per questo motivo le colonie di diatomee hanno
dimensioni molto eterogenee tra loro. A forza di divisioni,
alcune alghe diventano troppo piccole e non c’è più modo di
vivere: allora subentra la riproduzione sessuale. Essa è
diversa nelle centrales (hanno oovogamia) dalle pennales.

Alcune diatomee, se presenti, indicano che l’acqua è potabile. Se esse scompaiono, vuol dire che la
composizione chimica dell’acqua è cambiata. Per vederle al microscopio si deve colorare l’acqua usata per
fare il vetrino, perché sennò con la teca in vetro, non si vedrebbe niente.

DINOPHYTA

DINOPHYCEAE (autotrofi/eterotrofi)
Sono prevalentemente unicellulari ad organizzazione monadoide (due flagelli che permettono loro il
movimento), più raramente coccale, ameboide, palmelloide, filamentosa. Sono tipiche costituenti del
plancton di acqua dolce, salmastra e soprattutto marina.
Esistono anche forme parassite e saprofitiche; altre ancora vivono come inquiline in attinie, coralli, spugne e
molluschi (tridacne). La parete è formata da due parti (ognuna formata da
placche) divise da un solo solco detto cingolum. Nei dinoflagellati provvisti di
“teca”, la parete cellulosica è formata da placche tra loro embricate. In altre
forme la parete è costituiita da una sottile pellicola cellulosica.
I flagelli sono 2, diversi ed eterodinami uno longitudinale e uno trasversale. Se
sono inseriti anteriormente, l’organismo si dice desmoconte, se lateralmente
si dice dinoconte, se posteriormente (cellule
opistoconte). Il flagello trasversale ha un aspetto ondulato dovuto alla presenza
di una striscia paraflagellare, posta sul lato opposto a quello munito di
mastigonemi, che è più corta dell'assonema. Il secondo flegello del dinoconte
permette il movimento circolare. Collegato al flagello c’è il vestibolo.
Il cromatoforo ha 3 membrane. Ogni plastidio ha un pirenoide che è
praticamente amido e sta al centro del plastidio. I pigmenti principali sono clorofilla a e c, β carotene,
peridinina.
Nei dinoflagellati è presente un organulo tipico di questo taxon: la pusula, con
funzione di osmo-regolazione e forse di escrezione.
La divisione è per scissione (mitosi chiusa): l’organismo si divide a metà e le due
parti riproducono l’altra metà a quella della cellula madre. Il nucleo è mesocario
(cromosomi privi di istoni). Hanno anche la riproduzione sessuale che è nota per
poche specie; sono eterogame con meiosi iniziale .
L’organismo adulto è anche in grado di incistinarsi. Durante questa fase si producono sostanze molto
resistenti e difficilmente degradabili.

EUGLENOPHYTA

EUGLENOPHYCEAE
Alghe unicellulari ad organizzazione monadoide, talora coloniali.
Sono diffuse nelle acque dolci, salmastre, marine e nei suoli
umidi. Organismi animali/vegetali poiché possono essere
autotrofe o eterotrofe. Sono organismi fotoauxotrofici. La parete è
assente. I pigmenti principali sono clorofilla a e c, β-carotene,
xantofille. I flagelli sono due, generalmente uno dei due è
raccorciato. I flagelli si inseriscono in un’invaginazione ma uno è
talmente piccolo che non si vede. E’ presente una macchia
oculare, detta stigma, extraplastidiale.
Subito al di sotto del plasmalemma c’è una struttura spiralata,
uno strato flessibile detto pellicola o lorica che può mineralizzare
per deposizione di sali di ferro e manganese, assumendo colori
che vanno dal rosso-aranciato al nero.
La pellicola appare rigata in quanto costituita da strisce appiattite
tra loro incastrate. E’ formata da nastri
proteici molto elastici che contengono
glicidi e lipidi. Infatti le strisce sono
costituite per l’80% circa di proteine, di tipo fibroso-elastico; il restante
20% è formato da glucidi e lipidi in parti uguali.
In sezione trasversale ogni
striscia della pellicola ha la forma di una S molto schiacciata; circa la
metà di una striscia si sovrappone alla metà della striscia che le sta di
fianco. La sovrapposizione ha, per tutta la lunghezza, un incastro tra
una cresta che sporge dalla parte di striscia ricoperta ed una
corrispondente doccia che corre lungo la faccia interna della striscia
sovrapposta. Schema di costruzione della pellicola come appare in sezione trasversale

Il cromatoforo ha tre membrane periplastidiali; la più esterna è in connessione con il reticolo endoplasmico.
La struttura lamellare è costituita da tilacoidi paralleli e riuniti in gruppi di 3, senza evidenti interconnessioni
tra loro. Ad ogni cromatoforo è connesso un pirenoide che può essere interno o esterno peduncolato.
La principale sostanza di riserva è il paramylon (polimero del glucosio con legami 1-3) che si accumula
all’esterno del cromatoforo ed assume una forma allungata.
Molto usate in laboratorio sono le Euglena gracilis, che non hanno riproduzione sessuale. Altro tipo è il
trachelomonas che può nuotare in entrambe le direzioni.

ALGHE VERDI

Organismi unicellulari mobili ed immobili, coloniali, cenocitici, pluricellulari filamentosi e parenchimatosi. Si


trovano in habitat quali: acque dolci, salmastre, marine (13%) ambienti subaerei umidi (suolo, superficie di
tronchi e foglie, etc…) in simbiosi con altri organismi (funghi, protozoi, idrozoi, etc…). Hanno una parte
stratificata, in genere compatta, costituita da polisaccaridi, proteine e glicoproteine. Lo strato interno è
composto da una parte fibrillare (cellulosa + polimeri di mannosio e xilosio) e una matrice. Alcuni organismi
possono stratificarsi grazie ai minerali, tra cui il carbonato di calcio. Contengono clorofilla a, clorofilla b, il
carotene (α-, β-, γ-) e le xantofille (luteina, zeaxantina, violaxantina, neoxantina).
Il plastidio ha un ultrastruttura composta da: doppia membrana limitante, matrice e tilacoidi che possono:
soprammettersi parzialmente in pseudograna oppure formare grana, possono essere presenti uno o più
pirenoidi. La sostanza di riserva principale è l’amido intraplastidiale
I plastidi possono essere molto diversi tra loro (coppa, placche, etc…, possiamo avere: un solo plastidio
addossato alla parete, a nastro, a stella, a disco; un plastidio laminare perforato; un plastidio a rete;
numerosi plastidi; plastidi differenziati in cloroplasti ed amiloplasti.
Spesso è presente un corpo basale.
I flagelli possono essere 2, 4, tanti; , in genere di uguale lunghezza (alghe isoconte). Possono essere lisci o
no (in un organismo sono uguali tra loro): se la superficie dei flagelli liscia si ha un flagello a frusta, se hanno
appendici, spesso tubulari si ha un flagello con mastigonemi. L’ultrastruttura del flagello è data da 9 coppie di
microtubuli e 2 microtubuli centrali.
La mitosi segue quella
classica ma ci possono
essere variazioni. Può
formarsi un fuso trasversale
in cui si dividono le due
cellule, detto micoplasto.
Altrimenti si forma il
fragmoplasto.

Si dividono in due categorie: Carophyta e Chlorophyta. Per questo, le alghe verdi contengono organismi
molto eterogenei tra loro. Esistono gruppi di alghe in cui non tutte le cellule sono a diretto contatto con acqua
(o luce).

PHYLUM CHLOROPHYTA

Le Chlorophyta si dividono in Chlorophyceae e Ulvophyceae:

I. Le Chlorophyceae sono il gruppo più vasto. Sono alghe unicellulari e pluricellulari prevalentemente di
acqua dolce con organizzazione: monadoide, ameboide o rizopodiale, coccoide, palmelloide, coloniale,
tricale , pseudoparenchmatica. Sono quasi tutti aplonti, con poche eccezioni.
Una delle alghe molto usate in laboratorio è Chlamydomonas. Esso è un organismo aploide provvisto di
flagelli e con organizzazione monadoide o monadale e con un ciclo molto semplice. Può avere sia la
riproduzione sessuale che asessuale.
Altro organismo è Haematococcus fluvialis che è molto importante dal punto di vista economico. Infatti
esso contiene aztaxantina, un membro della famiglia dei carotenoidi. Esso è un pigmento rosso scuro
ed è il principale carotenoide nel mondo marino delle acque e degli animali acquatici. L’astaxantina è
presente in molti cibi di mare compreso salmone, trote, orata rossa, gamberetti e aragoste, così come in
uccelli quali il fenicottero e la quaglia. Quest’alga è la più ricca fonte naturale di questo pigmento, il cui
prezzo di vendita è 2000-6000 dollari/kg. Esso viene usato dall’uomo come integratore alimentare ed
antiossidante.
Formano anche organismi coloniali come Pandorina e Volvox.

La Chlorella è un esempio di organizzazione coccoide/coccale, cioè un’alga unicellulare racchiusa in


una parete rigida. Tra quelle con questo tipo di organizzazione c’è anche Chloromonas e
Scenedesmus. Le forme coccali possono formare anche organismi coloniali. Molto diffusi sono anche i
Pediastrum.
In Hydrodictyon si osserva un organismo pluricellulare piuttosto che una colonia.
L’organizzazione palmelloide è tipica delle alghe coloniali aggregate in piccole colonie avvolte in un
involucro mucillaginoso comune, quest’organizzazione la troviamo nelle tetraspore, in Palmophyllum,
in Palmodictum in Palmella.
Le alghe pluricellulari filamentose sono molte, tra cui Oedogonium. In
questo organismo ci sono dei “cappelli” che rappresentano i vecchi
residui della membrana poiché lo eredita nella divisione ma poi se ne
costruisce uno ex novo. Durante la riproduzione si “apre”. E ’ la
responsabile delle macchie verdi sulle vasche dei parchi non pulite.
Le alghe pluricellulari filamentose possono anche avere filamenti
pluricellulari, un esempio è Chaetophora. Le alghe
pseudoparenchimatiche, come Fritschella, sono ancora un altro tipo: l’organizzazione è ancora
rudimentale.

II. Le Ulvophyceae si distinguono dagli altri gruppi. Esse sono unicellulari (coccoidi) o pluricellulari
(filamenti spesso non ramificati), prevalentemente marine e hanno organizzazione di vario tipo:
coccoide, tricale, sifonale, sifoncladale, pseudoparenchmatica laminare. Sono organismi aplodiplonti o
diplonti. L’ organizzazione caratteristica è quella sifonale o sifonclanale.
Nei nostri mari ci sono esempi di alghe unicellulari come Acetabularia (")(fondale ghiaioso, sassoso o
roccioso). L’acetabularia è un alga sempre unicellulare tranne quando si arriva al momento della
riproduzione. I gameti formano lo zigote che una volta a terra si accresce eretto (carbonato di calcio
nella parete) lasciando il nucleo alla base e portando in alto i plastidi. Quando ha abbastanza riserve
forma l’ombrellino. Il nucleo si
porta all’apice e si divide andando
in ogni “scomparto”
dell’ombrellino. Dentro le cellule
che si dividono per mitosi avviene
la meiosi. Perciò i gameti
uscendo dalla cellula si trovano
dentro l’ombrellino. La meiosi è
quindi terminale e l’organismo è
diplonte. E’ molto usata in
laboratorio per le mutazioni.
Altro esemplare è Ulothrix (!), pluricellulare a
organizzazione tricale (filamentosa).
Esiste poi Calilerpa, che è un gruppo molto eterogeneo formato da individui che hanno in comune
un’organizzazione sifonale, che è la loro situazione caratteristica. La più diffusa nel mediterraneo è
Calilerpa prolifera. Altro esemplare di questo tipo è Codium (fragile), esso è caratterizzato da una
proteina che a contatto con l’aria crea una rete che blocca la fuoriuscita di
citoplasma. Codium esiste anche come Codium bursa che ha la forma
sferica.
Esistono anche alghe che hanno un’organizzazione sifonocladale cioè si
tratta di alghe pluricellulari che all’interno di ogni cellula contengono molti
nuclei come vediamo in Cladophora, Vallonia, etc...
Altro tipo di alghe sono quelle con organizzazione pseudoparentimatica.
L’esemplare Ulva, detta anche Lattuga di mare è formata da molte cellula
che hanno un cloroplasto a “cappuccio” che guarda verso l’esterno. Il ciclo è
diplodiplonte con generazioni antitetiche isomorfe. I gameti per trovarsi fanno
la chemiotassi cioè il gamete “femminile” (più grande poiché ricco di
sostanze nutritive e
spesso fermo) produce
una sostanza ormonale
che stimola e aumenta il
movimento del gamete
“maschile”. In Ulva rigida
vediamo che essa ha i
gameti che si orientano
(seguendo la luce lunare)
allo stesso livello
d’altezza perciò pur non
avendo la chemiotassi
hanno probabilità molto
maggiore di incontrarsi.
E’ possibile che si verifichino incroci poiché
tutti i gameti delle alghe hanno la capacità di orientarsi basandosi sulla luce, perciò ogni specie avrà la
sua “fascia”, tuttavia essendo le fasce delle specie, vicine tra loro, può capitare che gameti di due
specie diverse si trovino e formino lo zigote di una specie intermedia/ibrida.

PHYLUM CHAROPHYTA

Si tratta di alghe unicellulari, coloniali e pluricellulari principalmente, prevalentemente di acqua dolce con
organizzazione tricale o pseudoparenchmatica anche molto complessa; sono organismi aplonti.
Tra le unicellulari troviamo ad esempio Cosmarium reniforme e molti altri
esempi (vedi slides).
Sono molto diffuse le alghe pluricellulari filamentose (organizzazione
tricale) come ad esempio Spirogyra (!). Al momento della gamia un
filamento viene tutto abbandonato e l’altro è riempito da zigoti. Dopo la
meiosi dalle spore nasce la nuova alga. Questo ciclo inizia con l’avvicinamento di
due filamenti e la “compattazione” dei cloroplasti e l’addensamento del corredo
cellulare.

Chara è la più importante tra le alghe. Quest’alga forma dei “pratini”


e si trova in acque molto pulite. Le ramificazioni (organizzazione
verticillata) partono da punti ben precisi detti nodi. Ogni ramificazione
è formata da dilamenti. Le strutture riproduttive sono particolari.
Quella maschile è formata da scutelli (al singolare scutello) che al
centro hanno un asse (manubrio) alla fine del quale ci sono filamenti
che sono aggrovigliati con quelli di altri gameti. Il gamete maschile è
detto anteridio. I filamenti sono formati da cellule che all’interno
contengono i gameti. La struttura femminile (sembra un ananas)
all’interno contiene l’oosfera PIENA di amido che permette allo zigote

di sopravvivere per 1-2 anni anche senza acqua. Il gamete femminile è detto ooangio. Intorno alla cellula
uovo ci sono cellule vvolte a spirale; all’apice ci sono le cellule della corona che si aprono quando l’oosfera è
matura per permettere l’accesso ai gameti maschili. Dopo la formazione dello zigote le cellule sterili si
svuotano lasciando parte della parete sull’ooangio che verà attaccata dal carbona to di calcio. In questo
modo, anche se lo zigote dovesse morire, rimane il carbonato di calcio come fossile. i fossili di questi zigoti
sono fossili guida detti girogoniti (al sinolare girogonite).

PROGENITORI DELLE PIANTE TERRESTRI

Vengono cercati tra le alghe verdi in quanto in queste sono presenti: Clorofilla a e clorofilla b, amido come
sostanza principale di riserva, plastidi circondati da due membrane (l’interna di tipo procariotico, l’esterna di
tipo eucariotico), cloroplasti con tilacoidi che formano grana, flagelli con modello 9+2. Tra le alghe verdi, le
Coleochaetales e le Charales presentano le seguenti caratteristiche: divisione cellulare con fragmoplasto,
glicolato-ossidasi all’interno dei perossisomi, flavonoidi (precursori chimici della lignina), enzima celluloso-
sintasi in subunità a rosetta (Tc a rosetta).
Coleochaete è, per ora, l’alga più vicina al progenitore delle alghe terrestri. Il gamete maschile è come quello
di Chara, quello femminile invece è infossato nella parte più spessa (che nelle slides della professoressa è
centrale). Quando avviene la gamia, lo zigote rimane lì per qualche tempo, protetto dalla struttura dell’alga
madre. E’ difficile da osservare poiché va staccata dal substrato (roccia o organismo vegetale) e spesso si
rompe.

Nelle alghe e nelle piante non c’è diversificazione dei tessuti e non tutte hanno un movimento preferenziale
dell’acqua: quelle a tallo no, quelle a cormo si. Quindi le piante a tallo non hanno una vera diversificazione,
mentre quelle a cromo si.
PIANTE A TALLO: non c’è movimento d’acqua (I), non c’è differenziazione dei tessuti (II).
PIANTE A CORMO: c’è movimento d’acqua (I) e differenziazione dei tessuti (II).
(I) e (II) sono definizioni che si basano su scuole di pensieri diverse, perciò a seconda dell’aspetto che si
vuole evidenziare si trovano riferimenti diversi.

L’unico svantaggio delle piante acquatiche è che la CO2 arriva più lentamente, perciò molte preferiscono
acque moderatamente mosse.

PIANTE TERRESTRI

CORMOFITE

Sono piante di ambiente subaereo, sono tutte aplodiplonti con fasi antitetiche eteromorfiche. Una delle due
fasi prevale nettamente, anche se entrambe possono essere più o meno visibili. Ci sono casi in cui sono
indipendenti tra loro, e casi in cui vivono in simbiosi. Nelle piante in cui domina una delle due fasi, quella
secondaria, con le generazioni che passano, tende sempre a diventare meno evidente. Si dividono in:
- Bryophyta: nome latino, è solo n phylum; piante terrestri non vascolari, che cioè non hanno differenziato un
vero tessuto di conduzione, caratterizzate da un ciclo ontogenetico nel quale prevale il gametofito;
- Tracheofite: sono più phyla; piante terrestri vascolari, che cioè hanno sviluppato il legno come tessuto
conduttore, caratterizzate da un ciclo ontogenetico nel quale prevale lo sporofito.
N.B.:Hanno tutte oogamia.

BRYOPHYTA (muschi)
Vive in ambienti umidi poiché non è specializzata a trattenere l’acqua. Hanno la capacità di seccarsi
mantenendo però vive il 20% ca. delle cellule. I muschi soffocano le erbe e i germogli. Periodicamente il
muschio cambia e mostra gametofito e sporofito (= filamento + capsula + caliptra). Lo sporofito vive sul
gametofito senza mai diventare indipendente. Essendo oofite il gamete maschile è flagellato e nuota
nell’acqua: perciò senza acqua non c’è fecondazione né riproduzione. Per essere protetti dall’eventuale
essiccamento i gameti sono protetti dal gametangio che ha una parte fatta da uno strato di cellule. Quello
maschile è l’anteridio, quello femminile è l’archeogonio, che ha la forma a fiasco (vedi disegno). Dopo che è
avvenuta la fecondazione, lo zigote (inizialmente protetto) forma lo sporofito, che poi sviluppa e forma il
nuovo organismo.
Organismi aplodiplonti: la fase dominante è il gametofito; lo sporofito è parassita del gametofito. I gameti
maschili si formano negli anteridi e sono provvisti di 2 flagelli anteriori, il gamete femminile è una oosfera e si
forma nell’archegonio. Anteridio e archegonio sono delimitati da uno strato di cellule sterili. Le spore hanno
una spessa parete tra i cui componenti è presente la sporopollenina.
Si dividono in:
I. ANTHOCEROPSIDA. Vive in zone melmose. E’ formata da una lamina con vari strati di cellule. E’ poco
più di un parenchima che si fissa in terra con un minimo di rivestimento. Si formano anche cavità di
cianobatteri (= azotofissatori) che scambiano sostanza azotate in cambio di una protezione e di
ambiente umido. I gameti si formano sulla lametta. Lo sporofito forma una
columella circondata da cellule (nutrite) che saranno quelle che si
divideranno per meiosi (vedi disegno). La struttura assile della columella
nasce dal meristema, quindi la parte più alta è quella più sviluppata.
Quando essa si apre, le valve (sono disposte a tetraedro cfr. disegno)
vengono lasciate libere poiché “scodinzolano” e spingono le spore ad
aprirsi. Nello spessore del tallo vivono colonie di Nostoc che si insediano in
cavità mucifere talvolta aperte all’esterno.
II. MARCHANTIOPSIDA (Hepaticopsida). Sono chiamate epatiche poiché
alcune formano una lamina con lobi che ricordano quelli del fegato. Si
dividono in fogliose (tante foglioline a file di 3) e tallose. Nelle epatiche
fogliose il gametofito è formato da un caulidio che porta inserite lateralmente
due file di fillidi in genere monostratificati. Spesso sul lato ventrale del
caulidio si ha una terza fila di foglioline più piccole chiamate anfigastri e
numerosi rizoidi unicellulari che fissano la piantina al substrato. Anteridi ed
archegoni si sviluppano all'ascella dei fillidi su corti rametti laterali o terminali.
Lo sporofito si sviluppa dall’archegonio fecondato e, a maturità, è sorretto da un breve peduncolo di
natura gametofitica che alla base si slarga in un piede e porta all’apice uno sporotecio globoso che si
apre secondo fessure longitudinali. In molte specie le spore sono miste agli elateri, filamenti
pluricellulari che servono per favorire la dispersione delle spore Una delle più comuni è Bazzania per le
fogliose. Nelle epatiche tallose il gametofito ha forma laminare, nastriforme, lobato o ramificato
dicotomicamente, fissato al substrato mediante rizoidi. Tra le tallose c’è Riccardia e Marchantia (che si
riproduce con un sistema di “clonazione”). La sua superficie superiore è formata da tanti pori, ciascuno
per ogni “stanza”. Questo fa sì che l’organismo abbia un metabolismo molto funzionale (cfr. Anularia,
un’altra specie). I gameti maschili stanno
dentro gli anteridiofori; quelli femminili
sono “penzoloni” degli ombrellini (=
archegoniofori).
III. BRYOPSIDA (Bryales, Sphagnales,
Andeaeales). E’ il muschio vero e proprio.
E’ formata
da

protonemi (che derivano dalle spore) che formano tante ramificazioni verso l’altro.
Alle volte queste ramificazioni possono dividersi, perciò NON SI PARLERA’ MAI DI
“INDIVIDUO”, MA DI “CUSCINETTO”. Intorno al filmento si formano delle
foglioline, che apparentemente hanno una superficie semplice e una elaborata.
Esse hanno al centro una parte più spessa che serve da sostegno (non ricopre
tessuti come fanno le nervature). La fogliolina è composta da cellule che sono
capaci di trattenere l’acqua. Possono ripiegarsi per riuscire ad immagazzinare
l’acqua. Molti muschi hanno la possibilità di resistere a lungo alla disidratazione. E’
presente anche la “punta capillare” che serve a recepire la luce. Tra le foglioline si
possono trivare i propagni (celluke che riprodurranno la pianta) o gli anteridi, che andranno a cercare
l’archegonio per permettere la riproduzione. Con la formazione dello zigote si forma il filamento (= seta
+ capsula = seta + (corpo + opercolo)). L’opercolo poi “schizza via” poiché si formano dentini (composti
da cellule triangolari; una fila di dentini è detta peristomio), che si muovono e lo staccano. Hanno un
ciclo aplodiplonte, con meiosi intermedia e con prevalenza del gametofito (pluriennale). Esempi comuni
sono Tortula (torsione del filamento) e Polytrichum.
- Andreales. E’ un gruppo di muschi che stanno ad altitudini elevate. Hanno un colore nerastro. La
capsula si forma su un filamento che è gametofito. Invece di esserci un opercolo ci sono delle fessure
(solitamente 4, tutte uguali). Le capsule hanno colori molto vivaci (rosso, arancio, etc…).
- Sfagni. Sono di un verde chiaro, vivono a medie-alte latitudini (da noi in montagna). Possono coprire
aree molto estese. Hanno bisogno di terreno umido, con molti nutrienti e protetti dal vento. La parte più
vecchia muore e forma la torba, quella più giovane invece cresce. Possono vivere centinaia di anni. Le
foglioline sono formate da cellule di due tipi: ialocisti e clorocisti. Le ialocisti hanno ispessimenti della
parete con dei buchi che fanno entrare l’acqua anche quando la cellula è morta. Invece le clorocisti
sono le cellule vive che fanno la fotosintesi. Quindi le foglioline formano una specie di “serbatoio”
d’acqua. Gli anteridi si formano tra le foglioline, l’archegonio si forma sui filamenti che sono gametofiti.
C’è l’opercolo con un tappino. Lo pseudoposio è gametofitico. Mantengono un pH bassissimo perciò è
utile per la coltivazione di piante a cui piacciono ambienti acidi. Inoltre si usa per rivestire i sostegni
delle piante, grazie alla capacità di trattenere l’acqua.

TRACHEOFITE (hanno il tessuto legnoso - trachee/tracheidi)


Ci sono tantissimi gruppi che conosciamo: Licofite, Monilofite, Lignofite (Cycadophyta, Ginkgophyta,
Coniferophyta, Gnetophyta, Magnoliophyta). Ci sono anche gruppi estinti conosciuti: Rhyniophyta,
Zostesophyllophyta, Trimerophytophyta, Progymnospermophyta, Lignophyta (Pteridospermophyta,
Cycadeoldophyta).

RHYNIOPHYTA (Devoniano: 400-360 milioni di anni fa). E’ molto importante in paleobotanica. Molti fossili
sono conservati grazie ad esse. Rappresenta la prima pianta vascolare. Viveva in terreni molto umidi e
formava dei “pratici”. Probabilmente la cuticola era cutinizzata (si vede da analisi chimica). L’epidermide era
interrotta da stomi. Al centro dell’asse si trovano tracheidi semplici. La pianta faceva alcune divisioni
dicotomiche quasi uguali. Se osserviamo la parte aerea si vede che la pianta non aveva radici:
l’assorbimento era assegnato ad organismi simbionti (funghi).
Da questa pianta si pensa ne derivino altre due: Zosterophyllophyta e Trimerophytophyta. Esse sono
rispettivamente le capostipiti di piante con microfille e piante con macrofille. Una microfilla è una foglia che
proviene dalla vascolarizzazione di una protuberanza appiattita, una macrofilla è una foglia formatasi per
l’evoluzione da progenitori ramificati. Nasce come rivestimento per ramificazioni sullo stesso piano.

Le Eufillofite si dividono in Monilofite (livello di evoluzione non molto alto) e Lignofite.

PTERIDOFITE = LICOFITA E MONILOFITA. E’ lo sporofita che domina. Hanno ciclo aplodiplonte con le due
fasi indipendenti. Vengono chiamata comunemente Pteridofite.

LICOFITE (si dividono in Lycopodiopsida =Lycopodiales e Isoetopsidia =Selaginellales, e Isoetales).


Derivano dalle Zosterophytllophyta. Si trovano licofite attuali con forme simili a quelle antiche. L’esemplare
più comune è il Lycopodiophyta, esso viene usato per deodoranti, fuochi d’artificio, in laboratorio. A questo
gruppo appartengono le Lepidodendrales, la principale fonte di combustibile.
Il Lycopodium è una pianta erbacea con ramificazioni prevalentemente dicotomiche. Le foglie si chiamano
microfille. Porta gli sporoteci riuniti in gruppi detti strobili (al singolare strobilo). Si parla di isospore poiché
sono tutte uguali. Ha il fusto disteso (plagiotropo) e piccole radici (rizoforo). Sotto l’epidermide c’è il
parenchima clorofilliano. Lo strobilo è formato da cellule sia sterili che fertili. Ai lati si formano le spore
tetraedriche di un colore gialliccio-biancastro. VEDI DISEGNO. Per formare il gametofito le tre fessure si
aprono. La parte immersa nel terreno ha un fingo simbiontico micorizzico. E’ omotallico (= ermafrodito),
poiché fortma sia anteridi che archegoni, che poi sono portati nella parte a contatto col terreno. Durante il
ciclo, il gametofito viene distrutto dalla crescita dello sporofito. Si forma poi lo strobilo con gli sporoteci che
hanno le meiospore che poi formano il gametofito.
In Selaginella il fusto ha una struttura molto semplice, le radici una un po’ più complessa poiché ha una
grande cavità aerifera. La base fogliare ha la ligula (piccola protuberanza con funzione di protezione per le
cellule mucipare). Ci sono vari sporangi che formano due tipi di spore: macrospore (" macrosporangio) e
microspore (" microsporangio). Si formano due gametofiti: anteridi delle microspore e archeogoni delle
macrospore. Il ciclo parte dai gameti che formano lo zigote che poi si accresce e forma la pianta che si
accrescerà. Si formeranno gli strobili da cui nasceranno gli sporangi da cui verranno fuori le due diverse
spore.
La Isoetes sta in zone acquitrinose e viene scambiata con delle erbacce. Il ciclo è come quello di selaginella.
Ha accrescimento secondario (cambio cribro-legnoso). Può vivere molti anni.

MONILOFITE. Si possono classificare come segue:


EQUISETOPSIDA EQUISETALES

PSILOTALES
PSILOTOPSIDA
OPHIOLOSSALES
MONILOFITE MARATTIOPSIDA MARATTIALES

OSMUNDALES

POLYPODIOPSIDA SALVINIALES

POLIPODIALES

▪ Equisetopsida. Talvolta si presentano come una specie di collanina (“monile”). Sono molto comuni, e
infatti di trovano ovunque. In italiano sono chiamate “code di cavallo”. Hanno un fusto molto articolato e
gli strobili apicali. Il fusto è diviso in nodi e internodi. Il livello del nodo è molto delicato poiché vi è un
meristema intercalare che è protetto da una guaina di folie fuse l’una con l’altra. Sotto la guaina le foglie
sono separate e i rami escono proprio sotto la saldatura. Il fusto è tutto scanalato. Alcune forme non
hanno rami, infatti vengono usati per fare delle “staccionate”. La pianta è capace di guttazione. Gli stomi
sono molto grandi. La pianta accumula SiO2 (silice) e forma dei “grani”. Se sezioniamo il fusto al centro
c’è un canale aerifero, intorno al quale ci sono i canali vallecolari, che sono corrispondenti alle
incanalature delle striature. Tra i due tipi di canali ci sono i canali carinali, adibiti al trasporto d’acqua. In
questa pianta i protoxilemi lignificati non riescono a seguire l’accrescimento primario e perciò si
lacerano. La radice ha una cellula apicale che organizza tutto. Il fusto non si impianta nelle radici ma in
un rizoide ad un metro di profondità sotto terra. Gli strobili hanno le strutture verticillate con
sporangiofori a forma di chiodo: la testa del chiodo ha dei “dentini” che sono gli sporangi. Il piegamento
degli sporangiofori verso l’alto avviene via via che la struttura si disidrata. Le spore sono particolari e
caratteristiche. Hanno gli elateri che quando la pianta è idratata stanno avvolti attorno alla spora,
altrimenti quando è in disidratazione si aprono. Il gametofito è omotallico e laminare. Le spore vengono
liberate a gruppi per evitare la formazione di ovozigosi perfetta, grazie ad un metabolismo ormonale che
condiziona le spore del gruppo di quella che produce gli ormoni. Sphenophyllum e Calamites sono due
esempi di fossili!

▪ Psilotopsida. Si divide in Psilotales e Ophiglossiales. Le Psilotales sono piante che si impiantano sulle
piante come simbionti. Si ha come esempi Psilotum e Tmesipteris. Psilotum sta in ambienti umidi. La
sezione del fusto lo mostra lobato. Lo stele ha tessuti conduttori. Le strutture riproduttive si mostrano
all’ascella delle foglie. Si parla di uno sporangio diviso in 3 parti (= 3 sporangi saldati insieme "
sinangi). Il gametofito è tozzo e ha delle ramificazioni. E’ presente il fungo mecorrizzico. Tmesipteris ha
gli sporangi a coppia e di forma allungata. Il gametofito è tozzo e forma anteridi e archegoni. Le
Ophiglossiales hanno fusto piccolo e anche radici corte. In Ophioglossum, in alto si forma lo sporangio
dove nascono le spore (isospore). Altro esempio di questo gruppo è Botrichium, piantina piccola,
grande accumulatrice di amido. C’è isosporia!

▪ Marattiopsidia e Polypodiopsida, sono le felci propriamente dette. Vivono ovunque nel mondo. Il fusto si
impianta sul risozoma. Le foglie sull’asse sono pinne che hanno pinnule di ordine inferiore, alle volte
possono avere ancora altre suddivisioni. Quando emergono dal terreno hanno forma a vernazione
circinnata o pastorale (" bastone del vescovo). Questa stessa struttura c’è per l’asse per le pinne e per
i vari livelli di pinnule. L’apice radicale è a cellula centrale,. Il fusto ha aspetti particolari quando viene
sezionato. Le parti marroncine sono vasi vascolari; la parte bianca è il parenchima. Le foglie sono in
genere sottili e cominciano ad avere il modello delle angiosperme. Si ha l’epidermide superiore, il
palizzata, il lacunoso e l’epidermide inferiore. Sono divisi in due gruppi per la diversa formazione
(ontogenesi) degli sporoteci. Si è visto che la formazione però avviene per un gruppo di cellule che
comincia a differenziarsi. Queste sono le eusporangiate. In altro gruppo delle cellule differenziate
formeranno tutte il peduncolo tranne una che formerà lo sporangio; questo si chiama
protoleptosporangiate. Nelle leptosporangiate vi è una sola cellula che forma la pianta.
Tra le eusporangiate si trovano le Marattiopsidia marattiales. Esse sono molto grandi ed emergono da
un fusto sotterraneo. Se ne conoscono due tipi (Angiopteris e Marattia) a seconda della fusione degli
sporangi (nel 1° caso sono parzialmente saldati, nel 2° caso sono saldati del tutto). Le prime
solitamente stanno dove c’è nebbia. La parte basale è un fusto, formato da cicatrici di vecchie fronde: la
loro perdita è un fenomeno naturale pre-ordinato. Invece Marattia ha una fusione completa di sporangi.
Alcune Polypodiopsida vivono in acqua, altre in ambiente emerso. L’ambiente naturale delle felci
arboree è la foresta tropicale. In Italia si trovano alla Mortella, nella villa degli Emboli. Hanno una parte
sotterranea plagiotropa, il rizoma. Da qua partono radici verso il basso e foglioline verso l’alto. Le foglie
(dette fronde) formano il pastorale, che poi si apre. Gli sporoteci sono sotto la fronda e sono detti sori. A
volte si trova una strategia per coprirli. Tra le Osmundales troviamo Osmunda che predilige luoghi
ombrosi. Viene chiamata “felce regale” perché è davvero molto bella. Il gametofito è laminare (le lamine
sono cuoriformi) e forma nel seno del cuore (vedi disegno) gli archegoni poiché essendo la parte più
spessa, possono infossarsi. Ha la caratteristica di avere una fronda sterile e una feconda. Sono a metà
strada tra le eu- e le lepto-sporangiate. Le Polypodiales sono leptosporangiate e hanno fronde molto
diverse. Ci sono specie più probabili da trovare e anche quelle più complicate. Polypodium è quella più
comune; essa è anche coronale (per fare le corone e le ghirlande). I sori hanno varie forme. Per la
formazione delle spore la pianta subisce una disidratazione fisiologica. La lamina che ricopre il soro si
chiama indusio. Il soro è un gruppo di sporangi. Il movimento dell’anulus causa la rottura dello
sporangio che quindi libera le spore. La maturazione dei sori può essere sincronizzata su tutte le foglie
oppure non sincronizzata. Le felci hanno maturazione semplice (sincronizzata - meno evolute), mista
(casuale - con evoluzione intermedia), graduale (prima le più vecchie e poi le più giovani - più evolute).
Una volta liberate le spore si re-idratano per osmosi. Iniziano poi le divisioni mitotiche, si liberano i
gametofiti che vanno a fecondare lo sporofito formando poi lo zigote. Si dicono piante a diffusione
propinqua poiché le spore atterrano vicino alla pianta madre. Nelle felci in genere anche l’epidermide è
fotosintetizzante. Le Salviniales sono le felci acquatiche. Un esempio è Marsilia. Ha il rizoide immerso
nella melma mentre i rami emergono in parte dall’acqua, oppure lasciano fuori solo la foglia. Quando le
spore maturano la struttura si apre e i gameti maschili sono già pronti e avviene subito la fecondazione.
Tra queste Salvinia ama le acque ricche di sostanze organiche, infatti nei climi tropicali è pericolosa
poiché coprendo lo specchio d’acqua, si rischia di cadere dentro. Sulla pagina superficiale della foglia ci
sono peli epidermici molto rigidi che non riescono a far passare l’acqua; perciò la pianta è inaffondabile.
Gli sporangi sono compartimentati in “micro” e “macro”. Altro esempio è Azolla, che viene coltivata per
aumentare la resa delle risaie. Nelle sue fronde ospita il cianobatteri detto “Anabena” che è coloniale e
ha alcule cellule che sono fissatrici d’azoto. Il riso, grazie all’arricchimento di azoto raddoppia o triplica.
Ha megaspore che poi sono fecondate da microspore. Quando poi incontrerà i gametofiti si formerà lo
zigote che poi porterà alla formazione dello zigote.

SPERMATOFITE - CARATTERISTICHE RIPRODUTTIVE

La fase più critica è quella dei gameti che devono nuotare nell’acqua da una parte all’altra, perciò se ne
perde molti. Le spore possono sopravvivere per un certo periodo di tempo.
Le Spermatofite hanno la riduzione delle dimensioni del gametofito (maschile e femminile) che avviene sono
nelle piante eterosporee (con macro- e micro- spore). Perciò le piante rilasciano strutture già complesse. Il
gametofito femminile si forma all’interno della spora.
Il gametofita maschile è il granulo pollineo che poi viene liberato. Il gametofita femminile si forma nell’ovulo
(= sporotecio) che non viene rilasciato. Esso è detto “parassita” dello sporofito.
L’impollinazione è il processo per cui il polline viene portato al gametofito femminile. Prima
dell’impollinazione avviene il rilascio del polline e poi la diffusione del polline. Nel linguaggio comune si
comprende tutte le varie fasi nella parola “impollinazione”. L’impollinazione può essere micropilare o
stigmatica, a seconda della gestione dell’arrivo del polline. Esistono due tipi di fecondazione: zoidiogama
(gameti flagellati; prefanerogame) e sifomogana(gameti non mobili; fanerogame).

SPERMATOFITE. Nelle pteridofite il megasporangio è formato da parete e tessuto sporigeno (all’interno c’è
la cellula madre). Questa struttura si evolve nelle Angiosperme e forma il megasporocito avvolto da nocella,
a sua volta avvolto dal tegumento (1) che lascia libero il micròpilo (interruzione della parete). Il tegumento è
esposto all’aria. Nelle Angiosperme questa struttura è ricoperta da un mantello e quindi non è esposta
all’aria.
Dopo la fecondazione queste strutture diventano semi.
L’ovulo (simile al macrosporotecio) ha vari modi di presentarsi. Il suo sviluppo è:

(1) (4) OVULO


STEP
OVULO STEP 2 DIFFERENZIAT
3
GIOVANE O
Formazio
TEGUMENTI 2n Differenziazio 2n 2n ne 2n
ne del del
NUCELLA 2n 2n Meiosi 2n 2n
megasporocit gametofit
MEGASPOROCIT o o
- 2n " - -
O femminile
"
MEGASPORE - - n " -
GAMETOFITO
- - - n
FEMMINILE

Nelle Gimnosperme la cellula che va in meiosi forma 4 megaspore di cui SPESSO (quando la tetrade è
lineare) 3 degenerano (quelle vicino al micròpilo). La tetrade può avere varie forme. Dopo la meiosi il
tegumento cambia e si modifica stratificandosi, per formare quello che coprirà il seme. Dalla parte del
micròpilo si formano gli archegoni. Adesso si è pronti per la fecondazione. Nella linea maschile le spore
formano microspore.
Le microspore uninucleate (nello sporotecio) danno per mitosi una cellula protalliale (è vegetativa: fa tutto
ma non anteridi) e una cellula meristematica (fa gli anteridi). La cellula meristematica si divide con mitosi e
forma una cellula del tubetto pollinico (può essere un tubetto o una struttura ramificata; si impianta nella
nucella e assorbe nutrienti) e una cellula generativa che a sua volta si divide per mitosi a dare una cellula
sterile e una cellula spermatogenica. Quest’ultima infine subisce mitosi e forma due cellule di sperma
flagellato.
Quando la sacca pollinica si apre, le microspore sono portate agli archegoni femminili. Quando arriva il
granulo pollinico all’ovulo avviene la fecondazione che forma l’embrione. Una volta arrivato ad una certa fase
dello sviluppo, il seme viene rilasciato. Il seme ha: tegumenti (2n), nucella (2n), gametofito femminile (n),
embrione (2n " questo 2n ha patrimonio genico della pianta figlia, diverso da quello di tegumenti e nucella).
Evolutivamente il seme è favorevole poiché è una struttura resistente che può sopravvivere per anni (semi
dormienti => quiescienza del seme).
Vediamo ora la classificazione delle spermatofite:

SPERMATOFITE

FANEROGAME
Tubetto pollinico lineare che
porta il gamete maschile PREFANEROGAME
(nucleo + citoplasma (" non Tubetto pollinico
ramificato che libera un
gamete flagellato

GNETOPHYTA
CONIFEROPHYTA

CYCADOPHYTA (*)
MAGNOLIOPHYTA
GYNKGOPHYTA (*)
LILIOPSIDA (Adesso vive solo nelle
MAGNOLIOPSIDA coltivazioni)
(dicotileidoni) (monocotileidoni)
Le VERDI sono Gymnospermae (hanno il seme nudo), le GIALLE sono Angiospermae. L’asterisco (*) indica
le Dioche cioè quegli individui in cui la pianta maschile è separata da quella femminile.
Spesso nelle prefanerogame l’ovulo si distacca prima della fecondazione, quindi vengono fecondate quando
sono già a terra. Nelle fanerogame, invece, la fecondazione si forma sulla pianta madre.

PREFANEROGAME.
▪ CYCADOPHYTA. Non sono piante molto comuni. Nel Mesozoico erano molto comuni, adesso invece
ne abbiamo poche. Tra esse il genere Cicas è molto usato nei giardini poiché somiglia alle palme e
viene scambiato per tale. Da noi le popolazioni sono lontane tra loro e sparute. Il trono è basso e tozzo
tanto che a volte sembra una semisfera che esce dal terreno. Il fusto è ricchissimo di cellule
parenchimatiche. Il parenchima midollare è ricco di amido (in alimentazione: “sago” = farina orientale).
Le cellule conduttrici e di sostegno meccanico sono poche: perciò la pianta è diritta e con foglie a
corona. La stele è una eustele. Le tracheidi sono scaloriformi. Verso il colletto il fusto rimane dritto o si
richiude. Alcune radici hanno direzione geosferica negativa (vanno nel senso opposto del centro della
terra) Queste radici si chiamano radici coralloidi e vivono in simbiosi con i cianobatteri (spesso so tratta
di “Anabena”), che si disponono a formare un cerchio. Quando sono giovani le foglie hanno fogliazione
cincinnata. Sono formate da: cuticola, tessuto meccanico, palizzata, lacunoso, tessuto meccanico,
cuticola. AL centro della corona di foglie si sviluppano gli strobili (= strutture riproduttive): quelli maschili
sono riconoscibili, quelli femminili (i macrosporofilli) meno. La parte laminare della foglia modificata è
mostrata poiché la foglia è spiralata e ricurva, in modo da coprire gli ovuli (se ne possono formare molti
ma sopravvivono in pochi) che si svilupano alla base di queste foglioline. La parte degli strobili è
terminale, tuttavia l’apice dopo la riproduzione (durante la quale cresce obliquo) continua a crescere
dritto. L’ovulo ha un micròpilo e 3 tegumenti (inizialmente 1, poi si laminifica), ci sono i 2 archegoni e
una camera pollinica. La pianta fuoriesce una goccia d’acqua che cattura il polline e poi viene
riassorbita nelle ore calde, assorbendo anche il polline. Oltre a questo modo id riprodursi può anche
formarsi una gemmula sul fusto che crescendo perde l’apice che cade a terra e radicandosi dà luogo ad
una nuova plantula. Altro esempio è Zamia che ha gli ovuli rossi.
I microsporofilli hanno sacche polliniche sferische che si rompono in punti predeterminati.
▪ GINKGOPHYTA. Un esempio è Ginkgo bilboa. La sezione del fusto è molto simile a quello delle
conifere (= gimosperme); lo stesso vale per la radice. La foglia è formata da macroblasti e brachiblasti.
Le nervature partono dal picciolo e da lì si sviluppano a ventaglio (vedi disegno). Anatomicamente, la
sezione del picciolo è molto simile a quella del pino. Gli ovuli si formano all’apice di peduncolo di
brachiblasti e funziona come in Cicas. A livello dei brachiblasti si forma una strobilo pendulo (amento =
gattino = gattice). Sono piante con un ciclo ontogenetico molto lungo. I semi sviluppati sono usati in
alimentazione (sono tostati). E’ tipico della tradizione orientale.

FANEROGAME. La gamia è completamente svincolata dall’acqua. L’embrione completa lo sviluppo in


rapporto con la pianta madre. Ci sono tre linee filetiche: conifere (piante a ovuli nudi), clamidosperme o
gnetofite (ovuli parzialmente protetti), angiosperme (ovuli racchiusi nell’ovario).
▪ CONIFEROPHYTA. Gli ovuli e i semi hanno struttura a cono. Hanno aspetto vario, ci sono piante
arboree o piante striscianti. I coni femminili sono penduli o portati verso l’alto. Hanno riproduzione
monopiodale. La maggior parte di esse sono sempreverdi. A questo gruppo appartengono le piante più
antiche. Possono vivere anche in ambienti freddi, perciò sono i costituenti della Taiga. Le foglie hanno
forma varia, ma tutte hanno la capacità di assorbire l’acqua. Sono molto rigide, lo diventano poco dopo
essersi formate all’apice die rami. Dentro le foglie si forma il cambio cribro-legnoso poiché il cribro vive
massimo due anni, quindi se la foglia vive di più si deve trovare un modo efficace per allontanare i
prodotti organicati. Gli stomi sono infossati; ci sono i canali resiniferi. I coni maschili sono le strutture
riproduttive e sono piuttosto piccoli e sono portati sulla parte esterna dei rami. Quando disperdono il
polline si verificano le piogge di zolfo. Le sacche polliniche sono in posizione protetta. In genere sono
protette anche dalla lamina, che si ripiega. La parete del granulo può avere anche due sacche che
funzionano come organi di galleggiamento. I coni femminili sono lignificati. E’ fatto da un complesso di
bractea-squama. Lo strobilo fa si che l’aria penetri vorticosamente verso il centro dello strobilo.
L’impollinazione è anemofila.
▪ GNETOPHYTA. Hanno impollinazione micropilare. Hanno 2 tegumenti nell’ovulo. Anatomicamente sono
intermedie tra angiosperme e ginosperme ma le analisi biomolecolari indicano che sono molto lontane
da esse. Esempi sono Ephedra (sono molto diffuse e hanno applicazione medica), Gnetum,
Welwitschia (vive nel deserto; già da piccola la radice è molto lunga).
▪ ANGIOSPERME (Magnofite sono quelle più antiche + Antofite). Classificando le piante analiticamente
si trovano vari tipi: fanerofite(gemme ad h > 30 cm), camefite (gemme ad h < 30 cm),
emicriptofite (gemme a livello terreno), geofite(bulbo sotterraneo), terofite (piante
annuali), elofite (portano le gemme vicino all’acqua), idrofite (vivono in acqua). Le piante a
fiore sono considerate le più evolute. L’ovulo è racchiuso dentro una struttura che il
micropilo deve attraversare: angiospermia. Per arrivare a questa condizione c’è stata una
certa evoluzione. Inizialmente si hanno le prefanerogame: all’inizio c’è eterosporia, poi si
ha endosporia che diventa riduzione ad una megaspora. Poi si ha il passaggio alle
fanerogame in cui all’inizio si ha la ritenzione della megaspora che poi causa evoluzione di
2° tegumento e micropilo.
Non sappiamo quando sono comparse, però erano presenti nel Cretaceo. Trovare fossili è
molto strano. Dal punto di vista anatomico sono le più complesse. La struttura che racchiude
l’ovulo è chiamata ovario: è uno sporofillo ripiegato che forma un recipiente chiuso. Ha una
zona detta stigma adibita alla ricezione del polline. Il compito del tubetto pollinico è
scendere fino alla cavità dell’ovario e raggiungere l’ovulo. Dopo la fecondazione l’ovario
subisce un cambiamento che lo trasforma in frutto. Nel fiore ermafrodita (= “perfetto”) non
c’è ermafroditismo. Una stessa pianta può avere fiori maschili, femminili ed ermafrodita.
Nelle forme più primitive dei fiori perfetti attorno allo stilo si dispongono strutture a
verticillo, i sepali (solitamente verdi) chiudono il fiore prima dell’antesi (antesi = apertura
dei fiori), i petali sono strutture di richiamo che contengono le strutture riproduttive
(pistillo = stigma, stilo, ovario):
Ovario

Gineceo Pistillo Stilo

PARTI FERTILI Stigma

Filamento
Androceo Stami
Antera
FIORE
Unghia
Corolla Petali
Lembo
PARTI STERILI
(PERIANZIO) parte
prossimale
Calice Sepali
e parte
distale

Il ricettacolo può essere conico, piatto o infossato. I pistilli possono essere separati (gineceo
apocarpico) o parzialmente/completamente saldati (gineceo sincarpico).
Inizialmente l’ovulo ha un megasporocito nella nucella che per meiosi si divide dando vita a 4 cellule n
(di cui 3 degenerano). Per mitosi si ottengono 4 cellule n. Con l’accrescimento del gametofito femminile
si hanno 3 cellule calaziali e 3 sinergiti che riceveranno (al momento della fecondazione) i gameti
maschili. La cellula centrale diventa trinucleata, cioè triploide, e comincia a dividersi. Le fecondazioni
sono due per ogni seme: la prima forma l’embrione, la seconda le sostanze nutritive. Dalla parte
maschile abbiamo gli stami formati da antera, connettivo, filamento.
Esistono due tipi diversi di vettori: vettore biotico (animali) VS. vettore abiotico (vento). Inizialmente
erano coleotteri, perciò parte del fiore andava sacrificato. Poi con l’evoluzione animale è avvenuta
anche quella zoologica. Le piante hanno “strutture di atterraggio” visibili agli animali grazie ai raggi UV.
Alcune piante possono emettere ormoni sessuali e l’animale crede di fare l’accoppiamento (e i
movimenti sono quelli) e il polline viene raccolto sulla sua testa. L’impollinazione può essere ornitofora,
chirotterofila, da scoiattoli, pipistrelli o lumache.
I caratteri su cui ci si basa per distinguere tra dicotileidoni e monocotileidoni non sempre sono
applicabili perché esistono piante che hanno delle caratteristiche diverse. La simmetria è a 5/4 nelle
dicotileidoni e a 3 nelle monocotileidoni. Le monocotileidoni non hanno sepali. I petali possono essere
uniti parzialmente o completamente. La simmetria può essere radiale (fiore attimomorfo) o centrale
(fiore zigomorfo). In alcune piante sono i sepali a fare da richiamo per gli impollinatori.
Labiate: corolla con 2 labbra. Sono dicotileidoni: hanno 4 stami (2 lunghi + 2 corti). Se tagliamo il fiore
alla base, troviamo 4 ovari, saldati insieme nello stigma.
A volte il fiore non è sufficiente per attirare impollinatori perciò si dispone in assi con infiorescenze
(gruppi di fiori). Si può avere due situazioni: infiorescenze indefinite e infiorescenze definite.
Composite: le antere formano un tubo che lo stilo deve attraversare fino ad uscire. Crescendo. lo stilo
spinge fuori il polline.

FRUTTI

AGGREGATI SINANTOCARPICI
Più frutti piccoli che ne
simulano uno più grande.

SEMPLICI

DEISCENTI DIROMPENTI/SCHIZOCARPI
Sono quelli che si Gli esempi sono : legume lomentaceo,
siliqua lomentacea, disamara,
aprono.
diachenio, tetrachenio, poliachenio.
INDEISCENTI

CARNOSI
SECCHI
Gli esempi sono drupa
Gli esempi più semplici
(noce moscata) e bacca
sono achenio, cipsela,
(pomodoro).
noce, seimara.
ES. Cariosside

Ci sono poi i FALSI FRUTTI: la mela ha il frutto nel “torsolo”, noi mangiamo il ricettacolo del fiore!

FUNGHI - MICOLOGIA
Organismi eterotrofi che in almeno una fase della loro vita hanno la parete. I funghi nella vita comune sono
lievito, funghi di bosco, muffa, etc… La parete evita la pinocitosi e la fagocitosi.
Definizione: I FUNGHI SONO ORGANISMI EUCARIOTICI UNICELLULARI O PLURICELLULARI ETEROTROFI CHE
ALMENO IN UNO STADIO DELLA LORO VITA PRESENTANO UNA PARETE DELIMITANTE LA CELLULA.
I funghi si suddividono in:

GELATINOSI/MUCILLAGINOSI/PLASMODIALI -

I) Parete cellulare con cellulosa,


FUNGHI spore e gameti flagellati
CELLULARI/MICELIARI (FUNGHI VERI E PROPRI)
II) Parete cellulare con chitina, spore
e gameti non flagellati

La classificazione viene fatta con:


Protozoa;Acrasiomycota, Dictosteliomycota, Myxomycota, Plasmodiophoramycota;
Chromista: Oomycota, Hyphochytriomycota;
Fungi: Ascomycota, “Zygomycota”, Basidiomycota, Chytridiomycota, Blastocladiomycota.

FUNGHI GELATINOSI. Sono unicellulari (no parete, moto ameboide) e dopo un po’ hanno evoluzione,
possono avere la parete oppure unirsi e 1) andare a riproduzione, 2) rimanere così fino al momento della
riproduzione. L’aggregazione di spore forma un organismo plasmodiale. L’individuo Protostelium è vorace,
se il substrato finisce, si nutre di altri organismi micotici. Quando tutto finisce, formano un peduncolo a cui si
portano in cima, qui formano una sfera con parete da cui parte la spora, diffusa da lvento. In Dictostelium se
il cibo scarseggia, gli organismi si uniscono fondendo le membrane plasmatiche) L’aggregato (plasmodio)
che si forma, cammina (v = 2 mm/h), esso va verso la luce per permettere la fotosintesi per la riproduzione. Il
plasmodio ha nutrizione olozoica e si muove. Ha colorazione varia, quando invecchia forma dei “reticoli”. Si
adattano molto bene ad ogni situazione.

FUNGHI

Si parla di organismi che hanno una struttura a micelio. Esso è formato da filamenti (detti ife) che ramificano
e formano, decomponendosi, prima una corona e poi una struttura frastagliata. Il “frutto” dei funghi, se
matura in ambiente favorevole ed omogeneo, forma il cerchio delle streghe. L’ifa è una struttura che cresce
di continuo. Gli organi delle ife sono mitocondri, vescicole, RE (nei funghi con chitina, che non hanno Golgi,
simula le cisterne e le funzioni), sostanze di riserva (sostanze lipidiche e glicogeno), corpo di Woronin (negli
ascomiceti).
La parete ha uno spessore vario, è formata da una parte prossimale e una distale: nella prima (la più
interna) c’è la chitina, nell’altra c’è cellulosa e alcune glicoproteine. Le modifiche parietale avvengono grazie
al lavoro degli enzimi. Essa invece che accrescersi verso l’interno (come avviene nella cellula vegetale), si
accresce verso l’esterno. La composizione della parete è varia; inoltre le sostanze che vogliono oltrepassare
la parete devono essere piccole e solubili. Allora i funghi rilasciano enzimi digestivi che “pre-digeriscono” le
macromolecole che poi vengono assorbite dal fungo. Questa digestione extra-corporea causa la dispersione
(casuale) di tantissimi enzimi, questi vanno a decomporre la crescita di altri organismi ancora.
Le strategie per ricavare energia sono la respirazione e la fermentazione (alcoolica, citrica, lattica).
A seconda della nutrizione possiamo dividere i funghi:

FUNGHI

BIOTROFI NECROTROFI FACOLTATIVI


Cellule vive. Possono comportarsi anche da
Cellule morte.
OBBLIGATI saprotrofi: fanno SAPROTROFI
morire la
Infettano cellule vive cellula e poi la Decompongono
decompongono gli
PARASSITI
SIMBIONTI che poi uccidono. PARASSITI collaborando con
organismi
i batteri.
morti.
Di cellule vive.
Ci sono anche i FUNGHI PREDATORI che catturano, sfruttano fino alla morte e poi inglobano nel suo
interno la preda.
Nei funghi c’è tanta riproduzione asessuata, infatti quella sessuale è usata soltanto in extremis, cioè se
cambiano improvvisamente le condizioni ambientali.

ZIGOMICETI. La struttura delle ife è cenocitica. E’ la muffa del pane. Non sono attratti da sostanze senza
acqua e sostanze organiche eneretici. Quando la muffa è bianca vuol dire che si forma il micelio, quando è
nerastra vuol dire che si sono formate le spore. In Micor micedo le spore si individuano sulla superficie dello
sporangio. Queste spore (mitospore) sono chiamate conidi.
A parte le spore, i funghi non rilasciano gameti nell’ambiente. Essi, avendo tanti nuclei, trattano come gameti
i gametangi (strutture terminali delle ife, con molti nuclei). La struttura che si forma (" due ife diverse si
uniscono per plasmogamia: (n) + (n) = (n+n) - vedi disegno) è una cellula con nuclei “A” e “B” (da 2 ife
diverse) che poi si appaieranno. Questa struttura ha una parete molto resistente e difatti è una “struttura di
resistenza” che può sopravvivere a condizioni difficili, essa è detta zigospora. Essa ha un genoma dicarion
n+n (" fase dicariotica). La cariogamia trasforma n+n in 2n; a ciò segue immediatamente la meiosi, perciò
le spore saranno aploidei. Le zigospore hanno dimensioni 60-300 µm. I funghi sono usati anche
nell’industria.
Il Pilobolus si forma sullo sterco degli erbivori che non hanno la digestione completa. Gli sporangi sono
lanciati per via della pressione osmotica sull’erba. L’erbivoro mangia e ingerisce anche quelli; durante la
digestione lo sporangio viene disgregato ma le spore no, quindi esse saranno ritrovate nelle feci
dell’erbivoro, pronte quindi a “lanciare” il loro sporangio, per continuare il ciclo.

ASCOMICETI. La maggior parte sono saprotrofi. Hanno strategie di riproduzione basate su mitospore. Una
terminazione ifale detta asco si isola, all’interno si isolano 2 aploidi diversi (n+n) e si ha la cariogamia seguita
da meiosi e poi da mitosi. Il procedimento è il seguente:

cariogamia meiosi mitosi


n+n 2n 4n 8n ASCOSPORE
" " "

Consideriamo gli EMIASCOMICETI. Nella parete c’è chitina e glucani e ascoglucani, ma non c’è
componente fibrillare. All’interno ci sono mitocondri, vacuolo, glicogeno, nucleo, RE con anche funzione di
Golgi. Individui isolati che si uniscono formano il micelio gemmante.
La fermentazione alcolica è caratteristica di tutti i funghi e viene sfruttata per fare il pane, la birra, il vino. Tra
le porzioni di ife vi è un setto che può essere chiuso dal corpo di Worin.
La gamia è detta gametangiogamia. Il gametangio femminile è l’anteridio (tricogino ?) quello maschile è
l’ascogonio. Queste strutture si formano dopo che l’ifa abbia formato i corpi fruttiferi. Essi possono essere:
sferici (struttura a cleistotecio - gamia su tutto l’interno), a fascio (peritecio - gamia avviene sul fondo), a
coppa (apotecio - gamia sulla parte apicale). La riproduzione avviene con il processo a uncino.
o CLEISTOTECIO. Gli aschi sono disordinati. La struttura può avere peli o uncini. Le spore che si
diffondono formano il micelio che invade il substrato. Esempi sono Penicillium e Aspergillus che sono
usati per lo studio di variabilità genetica. Aspergillus glausus è la muffa verde del pane. Penicillium
viene usato anche per il gorgonzola e il roquefort; esso ha portato anche alla scoperta della penicillina
di Flaming.
o PERITECIO. Gli aschi sono allineati sul fondo. Tra questi, un esempio è Clavices purpurea, che veniva
usato in medicina poiché alza la pressione sanguigna; tuttavia causa allucinazioni e problemi
neurologici.
o APOTECIO. Stanno sulla superficie di fusti marcescenti. Esempi sono la Morchella/Spugnola e il tartufo
bianco. Gli aschi dei tartufi hanno 4 spore ciascuno. Gli agenti dispersori sono roditori, cinghiali o (solo
in Italia) cani. Esistono tipi di funghi che attaccano insetti, essi sono detti Labulbeniales.

BASIDIOMICETI. Sono principalmente terrestri. Differentemente dagli ascomiceti non hanno la mitosi dopo
la meiosi. Il basidio porta verso l’esterno le spore che poi si staccano. Sul sotto dell’ifa c’è il dolopòro che è
incappucciato dal RE, esso funziona da “vagliatore”. I due cappucci (stanno alle due estremità del dolipòro)
si chiamano parentosomi. Questo è uno dei tratti che caratterizza questo gruppo. La riproduzione sessuale è
la somatogamia (gamia con il corpo) poiché una qualsiasi parte del corpo del fungo può unirsi ad una
qualsiasi parte del corpo di un altro fungo. Il micelio germina dalla spora che con somatogamia scambia
nuclei con un altro micelio per formare la fase dicarion [n+n = dicarion/secondario; n = aploide/primario =
fase transitoria].La mitosi avviene con il processo a fibbia con la formazione del diverticolo. Questa divisione
avviene sempre nella parte terminale dell’ifa. Il risultato è un’ifa con i setti e con queste “gobbe” che sono il
residuo del processo a fibbia (vedi disegno). I basidi sono di due tipi:
o OLOBASIDIO (4 o 2 spore). Il fusto non è posseduto da tutti, e infatti i funghi a mensola non lo hanno,
essi si sviluppano sulla scorza degli alberi. Tra questi Fomes fomentarius (fungo dell’esca) è stato usato
per anni come combustibile. I funghi a cappello sviluppano un cappello che sulla parte interiore ha delle
lamelle da cui rilasciano le spore, affinchè ciò avvenga il fusto deve essere eretto poichè sennò le spore
non riescono a disperdersi. Il processo di dispersione è “lancio e caduta”. La parte inferiore del cappello
può essere anche porifera (come quella dei porcini). I Gasteromiceti lanciano in aria le spore dopo la
rottura del corpo fruttifero formando il “fumo delle streghe”.
o FRAGMOBASIDIO (acrosporo o pleurosporo). Hanno aspetto gelatinoso poiché l’intreccio di ife è molto
blando. Di questi fanno parte anche funghi commestibili come le Augricolares (?).
Fanno parte dei funghi anche ruggini e carboni. Le ruggini sono gli Lirediniomycetes e sono parassiti temibili
che infettano grano e srespino; i carboni sono gli Ustilagomicetes che modificano in modo appariscente la
pannocchia del grano, che acquista colori bluastri. Quando le strutture si rompono fuoriescono tantissime
spore che vanno ad infettare gli individui circostanti. Alcuni di questi funghi si instaurano nell’ovario dei fiori
facendo sviluppare le antere per occupare il posto dei granuli pollinici che vengono trasportati dai vettori
zoologici ad un altro individuo femminile sul quale si sviluppa e ripete il processo.

Basidiomiceti sono capaci di formare cordoni di ife; le “specie” che lo fanno sono dette rizomorfe. Alcune
piante sono dette bioluminescenti poiché contengono sostanze luminescenti. La luminescenza può essere
circoscritta all’imenio o a tutto il micelio (si illumina tutta la parte infetta).
I funghi anamorfici sono quelli che non sono in grado di formare il corpo fruttifero.
Le micorrize infettano le piante e si dividono in ectomicorrizze ed endomicorrizze (V.A.M.). Le piante
micorrizzate sviluppano più velocemente di quelle senza micorrizza.

MASTIGOMICETI. Funghi con spore flagellate, inizialmente tutti compresi nei astigomiceti, poi suddivisi. Si
parla di parassiti di piante di interesse economico. Sono funghi anche efficaci per la trasmissione dei virus.
▪ CHYTRIOMYCOTA. Hanno la parete con la chitina (" Fungi); un solo flagello semplice e posteriore. Il
miceli oè rudimentale dato il ritardo nella suddivisione citoplasmatica rispetto a quella nucleare.
Stabiliscono vari tipi di rapporto con le piante che infettano: endobiotici, epibiotici, interbiotici. Hanno
riproduzione molto rapida. L’espulsione di zoospore può essere esplosiva: quando ciò succede
l’organismo può vuotarsi del tutto o solo parzialmente.
▪ HYPHOCHYTRIDIOMYCOTA. Hanno parete con cellulosa e chitina. Un flagello anteriore pennato.
▪ OOMYCOTA. Hanno parete con cellulosa. Sono due flagelli: uno pennato w uno semplice posteriore.
Un esempio è Saprolegnia, che si forma sui pesci malati e che li invade fino alla morte. Questi oomiceti
si chiamano così poiché i gametangi hanno una oogametangiogamia, con oogoni e anteridi. Formano
spore flagellate. Associano un’attiva riproduzione asessuale ad una sessuale. Quelli che parassitano la
vite (uva) vengono combattuti con il ramato che rende impossibile il “nuoto” delle zoospore.

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