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LA VITA E GLI ESSERI VIVENTI

BIOLOGIA → scienza che studia la vita, i processi vitali e gli organismi viventi
ESSERE VIVENTE: nascita, crescita, riproduzione, morte

LO STUDIO DELLA VITA: un approccio sperimentale


1600: INVENZIONE DEL MICROSCOPIO:
ha premesso la svolta in quanto era possibile vedere le cellule
1800: NASCITA DELLA BIOCHIMICA:
individuazione dei componenti della cellula e studio dei processi cellulari
→ LA BIOLOGIA SI AFFERMA COME SCIENZA SPERIMENTALE

IL METODO SPERIMENTALE (da Galileo in poi)


Osservazione di un fenomeno e formulazione di un ipotesi che viene messa alla prova attraverso un
esperimento e dei ragionamenti (anche matematici) che hanno lo scopo di dimostrare la validità o di
confutarla.
→ se l’ipotesi viene confermata, c’è la FORMULAZIONE DELLA LEGGE, se no viene confermata viene
riformulata un’altra ipotesi

SCIENZE SPERIMENTALI
• MATEMATICA
• CHIMICA (biochimica, chimica organica, chimica inorganica)
• FISICA (ottica, acustica, elettricità, magnetismo, meccanica)
• ASTRONOMIA (cosmologia, astro sica)
• GEOLOGIA (tettonica, vulcanologia, mineralogia, paleontologia)
• BIOLOGIA ( siologia, microbiologia, istologia, medicina, anatomia, genetica, zoologia, etologia,
botanica, ecologia)

SCIENZA → non a erma delle verità: una teoria scienti ca è ritenuta valida no a
quando riesce a spiegare i fenomeni e a fornire previsioni veri cabili sperimentalmente
→ compie continuamente errori e ne ammette correzioni

PSEUDOSCIENZA → NEMICO della scienza perché le teorie pseudoscienti che spesso


riescono ad essere credibili tanto quanto quelle scienti che
→ CREDENZA O PRATICA CHE VIENE PRESENTATA COME SCIENTIFICA, MA CHE NON
SEGUE IL METODO SCIENTIFICO E MANCA DI PROVE O DI PLAUSIBILITÀ
es: astrologia, creazionismo, omeopatia (non esistono prove sperimentali), no-vax, stamina

LA MATERIA VIVENTE
Nonostante la loro diversità, i viventi hanno composizioni chimiche simili

Oltre 100 elementi conosciuti → circa 20 costituiscono la materia vivente → circa 10 costituiscono il
99% in peso degli organismi → 4 elementi costituiscono oltre il 97% (C, O, H, N)

All’interno dell’organismo questi elementi sono organizzati in molecole; la più abbondante è l’acqua
(70%) e il resto (30%) è costituito da composti organici (macromolecole):
- Proteine 15%
- Polisaccaridi 2%
- RNA 6%
- DNA 1%
- Fosfolipidi 2%
- Ioni 4%
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COMPOSIZIONE CHIMICA DEI VIVENTI:
- CARBONIO (composti organici: lipidi, zuccheri, proteine)
- IDROGENO, OSSIGENO (composti organici, H2O, respirazione cellulare)
- AZOTO (proteine, acidi nucleici, lipidi)
- ZOLFO (proteine)
- FOSFORO (acidi nucleici, nucleotidi, fosfolipidi, ossa)
- CALCIO (contrazione muscolare, neurotrasmissione)
- FERRO (emoglobina, enzima della respirazione cellulare)
- SODIO, POTASSIO, CLORO (equilibrio elettrolitico, attività elettrica)
I viventi non sono caratterizzati a commenti ‘particolari’, ma da componenti ‘normali’ organizzati in
modo ‘particolare’

LA CELLULA livello di organizzazione in cui compare la vita; prima di essa la materia non è
vivente

XVII secolo - ROBERT HOOKE


Osservando al microscopio (di sua costruzione) delle fettine di sughero e altri tessuti vegetali, notò che
erano formati da tante piccole cavità separate da pareti e gli diede il nome di cellula (piccole celle)

XIX secolo - SCHLEIDEN, SCHWANN, VIRCHOW


Furono compresi il signi cato biologico e l’importanza delle cellule. Grazie all’evoluzione del
microscopio si sono osservate le prime cellule vive. Scoprirono anche che ogni cellula deriva da un’altra
cellula.
→ NASCE LA TEORIA CELLULARE:
• Cellula: più piccola unità strutturale e funzionale dei viventi
• Tutti gli organismi viventi sono organizzati da una o più cellule
• Tute le cellule derivano dalla divisione di altre cellule preesistenti

CARATTERISTICHE DEI VIVENTI:

- ORGANIZZAZIONE CELLULARE
Ogni essere vivente è altamente integrato e ordinato, e in esso possono essere distinti vari livelli di
organizzazione. La di erenza tra organismi più semplici e quelli più complessi dipende dal grado di
organizzazione raggiunto.

- METABOLISMO
Insieme di tutte le reazioni chimiche che svolge la cellula per le sue funzioni vitali
• CATABOLISMO: demolizione di molecole complesse in molecole più semplici
→ REAZIONI ESOERGONICHE: fornisce energia
es: glicolisi, ciclo di Krebs, trasporto di elettroni
• ANABOLISMO: biosintesi di molecole semplici in molecole più complesse
→ REAZIONI ENDERGONICHE: richiede energia
es: sintesi proteica, duplicazione del DNA
Il metabolismo consente di mantenere in equilibrio PRODUZIONE (dalla rottura dei legami chimici) e
CONSUMO (energia utilizzata per sintetizzare energia) di energia.
Gli ENZIMI (proteine con attività catalitica) sono gli attori del metabolismo.

- INFORMAZIONE
È necessaria perché la cellula svolga le sue funzioni vitali; è contenuta nella cellula stessa e risiede nel
DNA. È codi cata nella sequenza dei nucleotidi del DNA. È ereditaria.

- RISPOSTA AGLI STIMOLI E ADATTAMENTO


Gli organismi viventi percepiscono gli stimoli esterni e rispondono modi candone le loro attività in modo
da avere maggior possibilità di sopravvivenza. Queste risposte determinano la capacita di adattamento.
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- OMEOSTASI
Gli organismi sono capaci di mantenere stabili le proprie condizioni interne.
→ EQUILIBRIO INTERNO; mantenimento di una condizione stazionaria interna grazie a risposte che
compensano i cambiamenti avvenuti nell’ambiente esterno.

- CRESCITA E SVILUPPO
crescita: aumento delle dimensioni corporee. Avviene attraverso l’assunzione e
l’assimilazione delle sostanze nutritive prelevate dall’ambiente esterno e la loro
trasformazione in molecole utili all’organismo
sviluppo: serie di cambiamenti programmati nella forma e nella complessità che
avvengono nel corso del tempo

- RIPRODUZIONE
Capacità degli organismi di generare una discendenza, cioè dare vita ad altri individui della stessa
specie
sessuata: intervento di due individui ‘genitori’ di sesso diverso
asessuata: intervento di un solo organismo genitore

- EVOLUZIONE
• Esiste una VARIABILITÀ INDIVIDUALE tra gli organismi
• La SELEZIONE NATURALE consente la sopravvivenza degli individui più adatti
• Le caratteristiche favorevoli vengono trasmesse alla discendenza
• L’evoluzione MODIFICA le caratteristiche di una data specie
→ TEORIA DARWINIANA DELL’EVOLUZIONE (Darwin, ‘800)

SALTAZIONISMO (Gould, anni ‘70)


La formazione di una nuova specie può avvenire in un periodo di tempo molto breve, anche solo una
generazione (in quella darwiniana non succedeva). Si può originare una nuova specie senza avere linee
di transizione. L’evoluzione procede ‘a salti’, seguiti da lunghi periodi di stasi (teoria degli ‘equilibri
intermittenti’). Spiega la mancanza ddi ‘aneli di congiunzione’ nei ritrovamenti fossili.

NEODARWINISMO (anni ‘30-‘50)


Teoria attualmente più accreditata. È un insieme tra la teoria darwiniana e le conoscenze della genetica.
La variabilità dei caratteri degli individui nelle popolazioni risiede nei geni e è prodotta in modo casuale
da mutazioni e ricombinazioni. Il bersaglio della selezione naturale è il gene, che è responsabile della
trasmissione dei caratteri alle generazioni successive.

L’ORIGINE DELLA VITA


TEORIA DELLA GENERAZIONE SPONTANEA - Aristotele, (384-322 a.C.)
Ritiene che i piccoli esseri viventi (vermi, insetti) nascono da nulla per in uenza del sole, aria calda,
terra, fango, materiale in putrefazione.

ESPERIMENTO DI FRANCESCO REDI (1968)


Smentisce la teoria della generazione spontanea

ESPERIMENTO DI PASTEUR (1860)


Dimostra che nemmeno i microorganismi si formano spontaneamente

Nelle attuali condizioni ambientali, la vita non si genera al nulla; la vita si genera solo dalla vita, è la
materia vivente che genera nuova materia vivente.

La terra nei primi miliardi della sua esistenza era un posto violento con eruzioni vulcaniche, scariche
elettriche e piogge torrenziali.
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L’atmosfera conteneva poco o niente O2 libero e consisteva principalmente di CO2 e di N2 oltre a
piccole quantità di altri gas.

Il brodo primordiale era una miscela acquosa di composti chimici semplici a base di C, H, O e N, sia di
natura organica che di natura inorganica.

Si pensa che in queste condizioni di ‘brodo prebiotico’ possano essere avvenuti gli eventi chimico- sici
che avrebbero poi dato origine alla vita sulla terra.

ESPERIMENTO DI MILLER-UREY (anni ‘50)


Sintesi di molecole prebiotiche in atmosfera ricreata.
Dimostra la formazione spontanea di molecole organiche presenti nelle cellule odierne: amminoacidi,
zuccheri, basi azotate

Il passaggio successivo nell’evoluzione è stato la formazione di macromolecole.


Molti scienziati pensano che l’RNA è stato il primo mattone della vita.
Si presume che la prima cellula (protocellula) abbia avuto origine quando l’RNA in grado di
autoreplicarsi è stato circondato da una membrana composta da fosfolipidi

EVOLUZIONE DELLA TERRA


1) Evoluzione chimica:
- Formazione della terra, con crosta e atmosfera
- Piccole molecole organiche nelle lagune
- Grandi molecole organiche nei mari primitivi
- Formazione di protocellule
2) Evoluzione biologica:
- Presenza di procarioti (unicellulari) nei mari e negli oceani
- Presenza di eucarioti (unicellulari) nei mari e negli oceani
- Organismi multicellulari prima nei mari e poi sulla terra ferma

CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI


Ogni essere vivente appartiene ad una specie.
Ogni specie è classi cata secondo raggruppamenti gerarchici.
TRE DOMINI: archea, eubatteri, eucarioti
SEI REGNI: archea, eubatteri, protisti, funghi, animali, piante

VIRUS, PROCARIOTI, EUCARIOTI


CELLULE PROCARIOTICHE ED EUCARIOTICHE
PROCARIOTICHE: comparse prima, organizzazione più semplice
EUCARIOTICHE: comparse dopo, organizzazione più complessa

Elementi comuni:
- Composizione chimica: proteine, carboidrati, acidi nucleici e lipidi
- Reazioni chimiche sostanzialmente comuni: tutte svolgono la glicolisi, e l’ATP è il principale
composto attraverso il quale immagazzinano l’energia o la rendono disponibile
- L’informazione genetica risiede nel DNA, che ha la stessa struttura chimica in tutti gli organismi e
viene tradotto secondo lo stesso codice e gli stessi meccanismi
- Membrana plasmatica: delimita, separa interno da esterno, permette scambi selettivi
- Citoplasma: contiene molecole e organuli, è la sede dei processi metabolici
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Le cellule sono piccole per ottimizzare il rapporto super cie/volume; questo rapporto deve essere
adeguato per consentire il metabolismo; la super cie di scambio deve essere su ciente a consentire il
passaggio di nutrienti e scarti adeguato al volume della cellula. Cellule grandi hanno un rapporto
super cie/volume inferiore a cellule piccole, quindi non consentono un adeguato passaggio di
sostanze.
Quando la cellula aumenta di dimensione, il suo volume aumenta più rapidamente della sua
super cie.

Ogni cellula è circondata da una membrana cellulare che de nisce un ambiente interno e lo separa
dall’esterno -> regola l’entrata e l’uscita dei materiali.
All’interno si trova il citoplasma, una soluzione acquosa in cui sono immersi i costituenti cellulari e
in cui si svolgono buona parte delle funzioni cellulari

Citoplasma -> tutto ciò che si trova all’interno della membrana a parte il
nucleo
Citosol -> soluzione acquosa del citoplasma contenente ioni inorganici,
macromolecole (proteine, lipidi, zuccheri, acidi nucleici) e relativi precursori
(aminoacidi, nucleotidi, monosaccaridi). È una matrice colloidale (semi uida)
ed è la sede del metabolismo (reazioni chimiche cataboliche e anaboliche)
In altre parole, è il citoplasma privo di tutti gli organelli

Nelle cellule più evolute queste funzioni sono svolte dagli organelli citoplasmatici, e il DNA è separato
dal citoplasma ed è racchiuso nel nucleo.
In base alla presenza o meno del nucleo, vengono divise in due gruppi: cellule procarioti e cellule
eucarioti.

CELLULA PROCARIOTE
(Pro e Karyon = prima del nucleo)
Sono le più semplici e le più piccole (0,5-5 µm); prive di
organelli citoplasmatici e non possiedono il nucleo. Il
materiale genetico è una singola molecola di DNA
circolare, localizzata nel nucleoide. Oltre alla molecola
principale del DNA possono essere presenti i plasmidi,
piccoli segmenti circolari di dna extracromosomico che
conferiscono particolari capacità, come la resistenza ad
antibiotici e tossine presenti nell’ambiente. Il citoplasma è
delimitato da una membrana e al su interno sono presenti i
ribosomi (organelli che permettono la sintesi proteica) più
piccoli di quelli contenuti nelle eucarioti e gli enzimi
necessari per le reazioni metaboliche. La membrana
plasmatica forma invaginazioni dette mesosomi che sono
sede di diversi enzimi e sono coinvolti in alcuni
processi (es: respirazione, fotosintesi, divisione cellulare e
sintesi dei lipidi). Generalmente circondate da una parete cellulare esterna alla membrana cellulare,
costituita da peptidoglicani (non negli archeobatteri) che impedisce l’aumento di volume e previene la
lisi osmotica. I peptidoglicani sono formati da lunghe catene polisaccaridiche in cui si alternano unità di
amminozuccheri uniti da ponti trasversali di natura peptidica a formare una struttura complessa.
In alcuni procarioti è presente una capsula (strato ricco di fosfolipidi e carboidrati) esterna alla parete
cellulare che impedisce l’essiccamento, ostacola la fagocitosi da parte delle cellule immunitarie e
conferisce resistenza agli antibiotici. Non ha funzioni protettive ma può contenere tossine
responsabili di processi patogenici.
Tutti questi rivestimenti prendono il nome di involucro cellulare.
Possono essere presenti dei agelli, semplici strutture lamentose utilizzate per spostarsi
nell’ambiente; tubi elicoidali formati dalla proteina agellina, il cui movimento è alimentato da un
gradiente protonico; oppure i pili, che facilitano l’adesione alle super ci e ad altri batteri.
Gli organismi procarioti sono sempre unicellulari; queste cellule non formano mai strutture
di erenziate, al massimo si aggregano in semplici lamenti cellulari. Si riproducono con modalità
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asessuata, per scissione binaria e si possono scambiare materiale genetico tramite trasformazione,
coniugazione e trasduzione.
Alcuni esempi: archeobatteri e eubatteri (batteri, cianobatteri, alghe azzurre).
Solo una parte dei batteri è considerata patogena per l’uomo, altri hanno un ruolo ecologico
fondamentale perché partecipano alla degradazione della sostanza organica e ne permettono il riciclo
nelle catene alimentari.

Gli organismi procarioti presentano la maggiore diversità metabolica; possono essere aerobi o
anaerobi, autotro o eterotro (fotoautotro , fotoeterotro , chemioautotro , chemioeterotro )

Hanno la riproduzione asessuata, la divisione avviene per scissione binaria o trasversale: la cellula
aumenta le sue dimensioni e duplica il cromosoma, si divide e il risultato è una cellula glia con il
corredo genetico identico alla cellula madre → TRASFERIMENTO GENICO VERTICALE

TRASFERIMENTO GENICO ORIZZONTALE → permette di scambiare una parte del DNA, cosi da
poter acquisire caratteri nuovi e necessari per una migliore sopravvivenza (es: resistenza agli antibiotici)
Tre meccanismi:
- CONIUGAZIONE: la cellula contenente il plasmide F lo trasferisce alla cellula che ne è priva grazie
ad un pilus di coniugazione, che permette la formazione di un ponte
- TRASDUZIONE: durante l’infezione, il fago incorpora un frammento di DNA della cellula batterica e
lo trasferisce ad un’altra cellula
- TRASFEZIONE: la cellula batterica assorbe frammenti di DNA rilasciati nell’ambiente da un’altra
cellula
La possibilità di acquisire nuove caratteristiche è alla base dell’ampia capacita di adattamento
dei procarioti.

ARCHEA e BACTERIA di eriscono per composizione di parete cellulare e membrane, tipologia di


ribosomi e alcune caratteristiche del genoma
ARCHEA: sono i procarioti più antichi (archebatteri: batteri primitivi - archè = antico); alcuni vivono in
ambienti estremi a cui si sono adattati nel corso del tempo (acidità, alte pressioni, alte temperature)
- METANOGENI: microrganismi anaerobi che vivono in paludi e acquitrini, dove il livello di
ossigeno è molto basso. Hanno un metabolismo particolare che consente loro di produrre gas
metano a partire da anidride carbonica e idrogeno.
- ALOFILI: vivono in ambienti in cui la concentrazione salina è molto elevata (es: grandi laghi
salati). Alcuni di loro possono vivere solo in presenza di concentrazione di sale superiori al 10%.
- TERMOFILI: crescono in ambienti caldi (da 60 a oltre 100 gradi) e spesso acidi (pH 2-4). Alcuni
di loro sopportano pressioni elevatissime e possono vivere nei fondali oceanici in prossimità di
aree vulcaniche eruttive .
- PSICROFILI: vivono in ambienti con temperature inferiori a -10 gradi
BACTERIA: sono i procarioti più numerosi e più diversi cati; si dividono in:
- MICOPLASMI: le più piccole cellule viventi, prive di parete cellulare; alcune specie colonizzano
le mucose umane
- CIANOBATTERI: organismi fotosintetici, producono ossigeno
- EUBATTERI: i batteri propriamente detti, con tutte le caratteristiche della cellula procariotica;
molto di usi nell’ambiente; oltre ad avere un ruolo patogeno per l’uomo, la maggior parte di loro
svolge un ruolo importante nei cicli vitali (es: i batteri presenti nel terreno e nelle acque che
decompongono gli organismi morti restituiscono all’ambiente gli elementi chimici come azoto,
ossigeno, carbonio e fosforo sotto forma di composti inorganici che possono essere utilizzati
dalle piante come nutrienti). Alcuni sono presenti sulla pelle e sulla super cie delle mucose;
quelli presenti all’interno del nostro intestino hanno funzione di produrre importanti vitamine e di
impedire l’infezione di specie patogene. Altri batteri sono impiegati nei processi industriali per la
produzione di alimenti e farmaci; altri ancora vengono sfruttati per lo smaltimento dei ri uti.

Le cellule batteriche possono avere forma rotondeggiante (cocchi), a bastoncino (bacilli), a spirale
(spirilli), esistono alcuni piccoli batteri di forma ricurva (vibrioni).
I cocchi possono associarsi tra loro a formare coppie (diplococchi), catenelle lineari (streptococchi) o
strutture aggregate (sta lococchi).
Quando un batterio si trova in ambiente ipotonico, la parete batterica impedisce alla cellula di rigon arsi
no a esplodere, per questo i batter possono facilmente crescere e proliferare in acqua; al contrario, in
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un ambiente ipertonico, la parete non o re difese valide e i batteri non possono crescere in
concentrazioni elevate di sali e zuccheri.

Sulla base della composizione dell’involucro cellulare, gli eubatteri sono suddivisi in gran-positivi
(trattengono la colorazione di Gram), che non possiedono la membrana esterna e il cui strato di
peptidoglicano è spesso, e gram-negativi (non suscettibili alla colorazione di Gram), che possiedono la
membrana esterna e uno strato di peptidoglicano più sottile.

COLORAZIONE DI GRAM
Si basa sull’impiego di un colorante basico (es: violetto di genziana) e ha importanti implicazioni
pratiche. I batteri Gram-positivi e Gram-negativi rispondono in maniera molto diversa alla terapia
antibiotica; alcuni antibiotici attivi contro i batteri Gram-positivi non sono e caci contro i Gram-
negativi e viceversa.

Alcuni batteri hanno la capacità di formare delle endospore quando le condizioni ambientali diventano
sfavorevoli. In questi casi le cellule batteriche si disidratano e le loro pareti si rompono, liberando
all’esterno le endospore (strutture particolarmente resistenti che non possono essere distrutte
nemmeno da agenti chimici molto aggressivi, come acidi e disinfettanti, e mostrano anche una notevole
resistenza al calore e alle radiazioni). Le endospore rappresentano una forma quiescente del batterio
e possono sopravvivere in condizioni estreme anche per lunghi periodi di tempo, no a quando
l’ambiente circostante torna ad essere favorevole. A quel punto l’endospora germina riproducendo il
batterio in attiva crescita. Il batterio che provoca il tetano è in grado di formare spore; per questo, una
cattiva sterilizzazione dei ferri chirurgici può rappresentare un serio pericolo per il paziente.

Un altro meccanismo di sopravvivenza è il bio lm, una comunità di microrganismi incorporati in una
matrice extra cellulare (miscela di polisaccaridi, proteine e DNA); è una modalità di protezione che
consente ai microrganismi di sopravvivere in ambienti ostili. I batteri nel bio lm presentano
caratteristiche distinte come una diversa siologia ed elevata resistenza, che li rende
responsabili di infezioni persistenti e croniche.
Per causare una malattia il batterio deve:
- Invadere l’ospite: aderire, moltiplicarsi ed eludere le difese immunitarie
- Danneggiare i tessuti: produzione di tossine → proteine che si legano alla cellula dell’ospite
causando e etti dannosi o letali

FLORA BATTERICA RESIDENTE: MICROBIOMA


Insieme dei microrganismi che risiedono nel nostro corpo

ANTIBIOTICI E DISINFETTANTI
Attaccano le strutture e i processi vitali del batterio; hanno un’azione selettiva: attaccano i procarioti
(batteri) ma non gli eucarioti (uomo).
Di norma non hanno e etto contro i virus.

CELLULA EUCARIOTE
(Eu e Karyon = vero nucleo)
È più complessa e grande della procariote, con un
diametro tra 10 e 100 µm. Nel citoplasma sono
presenti diversi organelli con struttura e funzioni
speci che che consentono lo svolgimento delle varie
attività cellulari in compartimenti distinti. Il materiale
genetico è formato da diversi cromosomi, racchiusi
nel nucleo. Ogni cromosoma è costituito da una
molecola lineare di DNA associata a speci che proteine.
Possono essere unicellulari (protisti) o pluricellulari
(piante, funghi e animali).
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Organismo unicellulare -> formato da una sola cellula, che coincide con l’individuo.

Organismo pluricellulare -> formato da numerose cellule e l’individuo ha funzioni più complesse
di quelle di ogni singola cellula.

L’organismo pluricellulare è più complesso rispetto a quello unicellulare perché dotato di organi
specializzati per svolgere funzioni speci che. I diversi organi sono costituiti da cellule di erenti
che si organizzano in modo coordinato.

PLURICELLULARITÀ = presenza di strutture specializzate che hanno permesso la comparsa


di organismi e adattamenti estremamente numerosi e diversi cati.

Oltre alla membrana cellulare, ha un sistema di membrane interne (endomembrane):


compartimentazione del citoplasma tramite organuli delimitati da membrana. Permette lo svolgimento
di reazioni metaboliche all’interno di aree isolate, separate, senza interferenze.

Organelli presenti che non ci sono nelle procarioti:


- NUCLEO → contiene il DNA genomico
- RETICOLO ENDOPLASMATICO → sintesi delle proteine e lipidi, selezione e secrezione di proteine
- APPARATO DI GOLGI → modi cazione e secrezione di proteine e lipidi
- MITOCONDRI → produzione di energia (sintesi di ATP)
- LISOSOMI → degradazione delle macromolecole

Nel caso della cellula vegetale la membrana cellulare è circondata da una parete rigida, costituita
soprattutto da cellulosa che conferisce ai tessuti vegetali elasticità e rigidità, e svolge un ruolo
importante nel mantenere corretto il bilancio osmotico della cellula

METAZOI (animali): organismi pluricellulari animali eterotro


METAFITI (piante): organismi pluricellulari vegetali autotro
FUNGHI (miceti): organismi eterotro unicellulari (lieviti) e pluricellulari (funghi lamentosi, a cappello,
mu e)
PROTISTI: unicellulari eterotro (protozoi) e autotro (alghe)
Tra gli eucarioti esistono organismi patogeni per l’uomo

VIRUS
Non sono veri e propri organismi viventi, perché non sono costituiti da cellule.
Costituiti da una molecola di acido nucleico (DNA o RNA) contenente l’informazione genetica,
racchiusa all’interno di un capside (involucro di natura proteica; costituito dall’associazione di diverse
subunità chiamate capsomeri che danno una peculiare forma alla particella virale); qualche volta è
presente una membrana lipidica di rivestimento detta envelope, acquisito dalla cellula ospite
Forme e dimensioni varie (tra 10 e 300 nm)
Contengono un solo tipo di acido nucleico (DNA o RNA a lamento doppio o singolo) che porta solo
l’informazione genetica relativa alla sintesi dei propri elementi costituitivi.
Sono incapaci di sintetizzare autonomamente le proteine di cui sono formati.
Parassiti intracellulari obbligati: per riprodursi devono infettare cellule ospiti di cui sfruttano gli enzimi
e il sistema energetico.
Parassiti speci ci: alcuni infettano solo cellule animali, alcuni solo quelle vegetali e altri solo quelle
batteriche (chiamati batteriofagi o fagi, virus batterici).
Sono i più numerosi e diversi cati soggetti genetici presenti dappertutto sulla terra.
Al di fuori della cellula in cui si replica il virus è una semplice particella detta virione che può essere
cristallizzata mantenendo le proprietà infettanti.

BATTERIOFAGI
Possono svolgere due tipi di cicli riproduttivi:
- CICLO LISOGENO: il dna del fago, una volta penetrato nella cellula ospite, viene integrato nel
cromosoma batterico e prende il nome di profago. Tutte le volte che il batterio si riproduce, replica
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anche il profago che rimane quiescente all’interno delle cellule infettate per molte generazioni senza
che siano prodotte nuove particelle virali.
- CICLO LITICO: il dna virale viene espresso e replicato dal macchinario sintetico del batterio, con
successiva produzione di una nuova progenie di fagi che si liberano dalla cellula uccidendola.
Alcuni fagi utilizzando uno dei due cicli, altri invece sono in grado di alternarli.

VIRUS ANIMALI
Classi cati in base al tipo di acido nucleico contenuto, DNA o RNA, e alla presenza di questo in forma
di singolo o doppio lamento.
Durante l’infezione, a di erenza dei fagi, i virus animali penetrano integralmente all’interno della cellula
ospite attraverso un meccanismo di endocitosi, o se il virus è dotato di involucro membranoso, per
fusione con la membrana citoplasmatica.
Nell’uomo un’infezione virale è generalmente associata ad uno stato di malattia, ma talvolta
decorre in modo asintomatico

INFEZIONE VIRALE
I virus possono infettare organismi di tutti e tre i domini della vita. L’infezione virale dipende
dall’interazione tra le proteine presenti sulla super cie del virus e quelle presenti sulla super cie della
cellula ospite (adesione).
Sono altamente specializzati e selettivi per gli ospiti.
L’infezione virale ha come risultato la riproduzione del virus e la lisi (morte per scoppio) della cellula
ospite (virus a ciclo litico)
Equilibrio nella relazione virus-ospite: se il virus uccide tutti gli ospiti, elimina se stesso.
Al di fuori dell’ospite il virus è estremamente labile
All’interno della cellula ospite il virus rilascia il suo DNA che viene replicato (vengono prodotte nuove
copie identiche), trascritto (convertito in RNA) e tradotto (convertito in proteina) per la produzione delle
proteine del capside.

I RETROVIRUS: VIRUS A RNA


Virus a RNA che possiedono un enzima chiamato trascrittasi inversa, in grado di catalizzare la
sintesi di un lamento di DNA utilizzando l’RNA come stampo
Es: HIV, virus dell’AIDS.
L’HIV possiede due molecole di RNA a singolo lamento identiche che una volta penetrate nella cellula
ospite, fungono da stampo per la sintesi di una molecola di DNA a singolo lamento catalizzata dalla
trascrittasi inversa. Il nuovo lamento di dna viene duplicato ed è quindi inserito nel genoma della
cellula ospite come provirus cui fa seguito, attraverso numerosi passaggi, la produzione di nuove
particelle virali che abbandonano la cellula. Infetta in modo selettivo le cellule del sistema immunitario
provocando l’insorgenza di un de cit funzionale delle difese dell’organismo che conduce alla morte.

L’azione dei virus che causano i tumori determina la trasformazione della cellula ospite in una
cellula cancerosa la cui crescita sfugge a ogni controllo.

INFEZIONE ACUTA: comparsa rapida, breve durata. Il virus lisa la cellula ospite e va ad infettare
altri ospiti (in uenza, morbillo)
INFEZIONE CRONICA: il virus continua a riprodursi ma senza uccidere la cellula ospite (epatite B)
INFEZIONE LATENTE: il virus rimane ‘nascosto’ e può riattivarsi (herpes simplex, herpes zoster)

VIROIDI
Frammento molto piccolo di DNA che non ha la funzione di codi care proteine; sfruttano
completamente l’apparato metabolico della cellula ospite.

PRIONI
Particelle infettanti che si ritengono responsabili dell’insorgenza di encefalopatie spongiformi che
colpiscono varie speci animali. Sono semplici proteine normalmente presenti nelle membrane cellulari
delle cellule nervose dove svolgono una funzione non ancora accertata.
La proteina prionica normale mostra una struttura caratterizzata dalla presenza di molte regioni ad α-
elica. Nei soggetti a a etti da encefalopatia spongiforme la proteina prionica può mantenere la stessa
sequenza di amminoacidi di quella normale, ma possiede una conformazione diversa in cui sono
presenti anche regioni a foglietto-β; questa tende a formare strutture brillari che si depositano del
tessuto nervoso provocando il danno.
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MEMBRANE BIOLOGICHE
Sono presenti in tutte le cellule e sono costituite da un doppio strato di fosfolipidi.
Servono per separare, de nire e delimitare uno spazio interno da uno esterno.
Membrana plasmatica: de nisce i con ni della cellula
Endomembrane: de niscono i con ni degli organuli
Oltre a delimitare, entrambi i tipi di membrane hanno svariate funzioni.
Sono semipermeabili: permettono il passaggio di alcune sostanze (permeabilità selettiva)

MEMBRANA PLASMATICA (membrana cellulare o plasmalemma)


Sottile involucro di circa 7-9 nm di spessore che avvolge la cellula, la separa dall’ambiente circostante
e regola lo scambio di materiali con l’esterno. Costituita principalmente da fosfolipidi e proteine, ma
contiene anche componenti in minor quantità,
quali colesterolo e glicolipidi.

Modello a mosaico uido: la membrana è


costituita da un doppio strato di fosfolipidi (bilayer
lipidico) e ogni strato è chiamato foglietto.
I fosfolipidi e le proteine sono liberi di muoversi
sul piano laterale; possono avere ‘scambi di
posto’ con i fosfolipidi vicini oppure possono avere
movimenti di rotazione attorno al proprio asse.

I fosfolipidi sono costituiti da glicerolo, due acidi


grassi ed un gruppo fosfato. Sono molecole an patiche, cioè caratterizzate da una testa polare idro la
che interagisce con l’acqua (gruppo fosfato e altri gruppi chimici legati al fosforo) e da due code
idrofobe che tendono ad associarsi con altre molecole apolari (catene idrocarburiche apolari dei due
acidi grassi). In soluzioni acquose, i fosfolipidi formano spontaneamente un doppio strato nel quale le
teste polari sono rivolte verso l’acqua (interno ed esterno della cellula) e le code idrofobe interagiscono
tra loro.

Le proteine di membrana svolgono numerose funzioni: possono essere enzimi, proteine di trasporto o
recettori cellulari, cioè in grado di riconoscere e legare molecole speci che (ormoni o
neurotrasmettitori).
- proteine intrinseche o integrali: attraversano parzialmente o totalmente il doppio strato lipidico,
sporgendo nel citoplasma e nel mezzo extracellulare
- proteine estrinseche o periferiche: sono legate ad una delle due facce della membrana tramite
legami a idrogeno e interazioni elettrostatiche

I carboidrati di membrana (componenti di glicoproteine e glicolipidi) hanno un ruolo di riconoscimento


per altre proteine cellulari:
- riconoscimento recettore-ligando (comunicazione cellulare)
- riconoscimento cellula-cellula (interazione/adesione cellulare)
Hanno anche un ruolo protettivo: formano il glicocalice, un rivestimento esterno alla membrana che
protegge le cellule da danni meccanici e sici

PROPRIETÀ
- STABILITÀ: determinata dai legami apolari tra le code dei fosfolipidi (acidi grassi) e dalla loro
idrofobicità
- FLUIDITÀ: determinata dal movimento bidimensionale dei fosfolipidi. La membrana non è rigida ma
può deformarsi. Il doppio strato è de nito semi uido. La presenza del colesterolo contribuisce alla
uidità, e la sua concentrazione può variare in funzione alla necessità della cellula. È in uenzata dal
tipo di acidi grassi. È alla base delle funzioni della membrana.
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TRASPORTO DI MEMBRANA
La membrana permette gli scambi tra ambiente interno ed esterno; è selettivamente permeabile:
esercita una selezione delle sostanze che devono entrare o uscire.

Cosa entra: prodotti necessari per il metabolismo cellulare (zuccheri, grassi, amminoacidi, ossigeno),
ioni e acqua
Cosa rimane: intermedi metabolici, ioni e acqua
Cosa esce: prodotti di scarto (CO2, urea), ioni e acqua
IONI e ACQUA vanno mantenuti ad una concentrazione costante, ideali per le funzioni della
cellula (omeostasi)

Grazie agli scambi la cellula mantiene costante la sua composizione, il pH, regola il volume, introduce
nutrienti ed elimina composti tossici.

TRASPORTO PASSIVO → avviene secondo gradiente di concentrazione: la sostanza si sposta da


una zona in cui la sua concentrazione è maggiore ad un’altra dove la concentrazione è minore,
no a raggiungere l’equilibrio. Il processo è spontaneo e non richiede energia.

TRASPORTO ATTIVO → avviene contro gradiente di concentrazione: la sostanza di sposta da una


zona in cui la sua concentrazione è minore ad un’altra dove la concentrazione è maggiore. Il
processo richiede energia che viene fornita dall’idrolisi di ATP.

- DIFFUSIONE SEMPLICE
Movimento netto delle particelle da una zona ad alta concentrazione ad una a minor concentrazione;
avviene secondo gradiente di concentrazione ed è un processo passivo.
Le molecole passano attraverso gli spazi tra le catene egli acidi grassi. Gli spazi si creano grazie al
movimento dei fosfolipidi e ai punti di instaurazione.
GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE → forza che determina lo spostamento di una sostanza per
di usione, da una regione più concentrata ad una meno concentrata.
GRADIENTE ELETTROCHIMICO → forza motrice netta che tende a spostare un soluto carico (ione)
attraverso la membrana, ed è il risultato della somma del gradiente di concentrazione e del potenziale
elettrico.
La di usione è in uenzata dalle dimensioni e dalla polarità delle molecole: le molecole piccole e
apolari (idrofobiche) passano facilmente, le molecole grandi e polari (idro iche) passano meno
facilmente.
Nei capillari dei polmoni: alta concentrazione di O2 e bassa concentrazione di CO2;
L’O2 entra nei globuli rossi e la CO2 esce dai globuli rossi per di usione semplice
Nei capillari dei tessuti: bassa concentrazione di O2 e alta concentrazione di CO2;
L’O2 esce dai globuli rossi e la CO2 entra nei globuli rossi per di usione semplice

- OSMOSI
Caso particolare di di usione semplice che consiste nel passaggio di acqua attraverso
una membrana semipermeabile che separa due soluzioni a diversa concentrazione:
l’acqua passa spontaneamente dalla soluzione più diluita (ipotonica) a quella più
concentrata (ipertonica).
PRESSIONE OSMOTICA → pressione che occorre applicare alla soluzione più
concentrata a nché il passaggio del solvente non avvenga.
cellula in ambiente IPOTONICO rispetto al citosol: l’acqua entra nella cellula
cellula in ambiente IPERTONICO rispetto al citosol: l’acqua esce dalla cellula
… no a raggiungere la stessa concentrazione da entrambi i lati della membrana: soluzioni
isotoniche
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- TRASPORTO ATTRAVERSO PROTEINE DI MEMBRANA
Sostanze come ioni e zuccheri che non attraversano la membrana per di usione semplice, possono
essere trasportate mediante proteine di membrana che agiscono in modo speci co per ogni
singola sostanza da trasportare (speci cità di substrato).
Quando il trasporto è mediato da trasportatori può de nirsi;
- UNIPORTO → trasferisce una certa sostanza in una certa direzione
- SIMPORTO → trasferisce due sostanze diverse nella stessa direzione
- ANTIPORTO → trasferisce due sostanze diverse, una in direzione opposta all’altra
Simporto e antiporto sono modalità di co-trasporto (trasporto accoppiato)

Queste proteine lavorano secondo due meccanismi:


• Di usione facilitata → trasporto di una sostanza
secondo gradiente di concentrazione tramite una
proteina di trasporto (carrier o canali ionici). È di tipo
passivo e non richiede energia.
- CARRIER: proteine transmembrana che
possiedono una tasca idro lica in grado di legare
la molecola che deve essere trasportata
es: trasporto di glucosio, aminoacidi, nucleotidi
- CANALI IONICI: proteine transmembrana che
formano un poro nel doppio strato lipidico che
permette il passaggio degli ioni; il canale è
aperto o chiuso; si apre e si chiude in base alla
necessità della cellula; a canale aperto gli ioni si
muovono secondo gradiente.
ACQUAPORINE: proteine canale per la di usione facilitata dell’acqua. Presenti in tipi cellulari
che necessitano un movimento più rapido dell’acqua rispetto a quello che avviene per di usione
facilitata (es: cellule dei reni, della vescica, dell’intestino)

• Trasporto attivo → le sostanze sono trasportate attraverso proteine di membrana, dette pompe, che
le spostano contro gradiente di concentrazione, utilizzando energia. Può essere:
- DIRETTO: l’energia necessaria per il trasporto viene dall’idrolisi dell’ATP (idrolisi = rottura
mediata da una molecola di acqua). Le proteine che operano questo trasporto sono enzimi
dotati di attività ATPasica (= enzimi che catalizzano l’idrolisi dell’ATP). Queste proteine sono
chiamate pompe ATP-dipendenti (o pompe ATPasiche)
Es: POMPA SODIO-POTASSIO:
Fa entrare il potassio nella cellula e fa uscire il sodio contro gradiente di concentrazione mediante
idrolisi di ATP. Funzione: mantenere stabile l’equilibrio osmotico delle cellule, mantenere il volume
cellulare e mantenere il potenziale di membrana.
- INDIRETTO: l’energia necessaria deriva dall’esistenza di un gradiente elettrochimico
prodotto da un trasporto attivo diretto. Spesso avviene per co-trasporto: viene utilizzata
l’energia del gradiente di ioni (es: sodio) prodotto da una pompa ATPasica per favorire il
movimento contro radiante di molecole organiche (es: glucosio)
Es: SIMPORTO SODIO-GLUCOSIO:
Utilizza il gradiente di ioni Na+ creato dalla pompa sodio-potassio; il glucosio entra nella cellula insieme
agli ioni Na+. Serve al trasporto del glucosio dal lume intestinale all’interno delle cellule intestinali contro
gradiente di concentrazione.

IL GLUCOSIO FORNISCE UN ESEMPIO DI DUE TIPI DI TRASPORTO: DIFFUSIONE FACILITATA E


TRASPORTO ATTIVO
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- TRASPORTO MEDIANTE VESCICOLE
Macromolecole e particelle di grandi dimensioni che non riescono ad attraversare la membrana per
di usione semplice o con le proteine di trasporto, possono essere introdotte o espulse mediante
vescicole, rispettivamente attraverso l’endocitosi e l’esocitosi
• Endocitosi → la membrana plasmatica si invagina,
circondando materiale extracellulare; le due estremità
ravvicinate si fondono a formare la vescicola, che si
viene a trovare all’interno della cellula
Fagocitosi: quando la cellula ingloba particelle solide
(es: organismi unicellulari, amebe per nutrirsi; alcuni
globuli bianchi del sangue per eliminare batteri
estranei)
Pinocitosi: quando vengono inglobate goccioline di liquido contenenti eventuali soluti (es:
ferro e vitamine)
→ Endocitosi mediata da recettore: la molecola da trasportare si lega ad un recettore di
membrana e il complesso molecola-recettore viene successivamente inglobato in una
vescicola
•Esocitosi → direzione opposta dell’endocitosi. Le
vescicole si formano per gemmazione dall’apparato di
Golgi, includendo il materiale al loro interno; la membrana
della vescicola si fonde con quella plasmatica e il materiale
viene rilasciato all’esterno (es: proteine sintetizzate nel
reticolo endoplasmatico, rielaborate nell’apparato di Golgi,
vengono espulse all’esterno tramite vescicole di esocitosi)

COMUNICAZIONE CELLULARE
Per coordinare le attività dei tessuti e degli organi, le cellule, devono comunicare tra loro.
L’organismo deve essere in grado di rispondere ai cambiamenti ambientali e la cellula di ricevere
segnali e rispondere ad essi. La comunicazione cellulare regola numerosi processi dell’organismo:
formazione e organizzazione dei tessuti, crescita, sopravvivenza e metabolismo.
Senza comunicazione cellulare l’organismo non sopravviverebbe.

I SEGNALI
Le cellule comunicano grazie alla secrezione di molecole solubili dette molecole segnale (mediatori
chimici o messaggeri), che possono essere:
- Idrosolubili: sono idro lici, perciò non attraversano la membrana plasmatica e interagiscono con le
cellule rimanendo all’esterno (es: neurotrasmettitori e la maggior parte degli ormoni)
- Liposolubili: sono idrofobici e possono quindi attraversare il doppio strato lipidico (es: ormoni
steroidei)

Possono agire:
- A breve distanza (mediatori locali):
- Segnalazione paracrina: la cellula rilascia il segnale nell’ambiente extracellulare che viene
captato dalle cellule circostanti (Es: rilascio di citochine per la regolazione delle risposte
in ammatorie)
- Segnalazione autocrina: sottogruppo della paracrina, con la di erenza che la cellula che
libera il segnale è la cellula bersaglio. Le stesse cellule producono e ricevono molecole
segnale. (Es: regolazione della proliferazione cellulare tramite fattori di crescita)
- Neurotrasmissione: i neurotrasmettitori sono rilasciati nello spazio sinaptico
- A lunga distanza (ormoni):
- Segnalazione endocrina: la cellula riversa il segnale nel circolo sanguigno, da cui arriva alle
cellule bersaglio. La comunicazione può arrivare a lunga distanza. È tipica della secrezione
di ormoni da parte delle ghiandole endocrine (tiroide, ipo si, pancreas)
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I RECETTORI
La capacità della cellula bersaglio di rispondere al segnale è dovuta alla presenza di un recettore (le
cellule che non possiedono il recettore non sono in grado di percepire e rispondere al segnale).
Speci cità di legame: un dato segnale può essere riconosciuto solo da un dato recettore
- Recettori di super cie: localizzati sulla membrana cellulare; riconoscono molecole segnale di tipo
idrosolubile (es: insulina)
- Recettori intracellulari (citoplasmatici o nucleari): localizzati all’interno della cellula; riconoscono
molecole segnale di tipo liposolubile (es: estrogeni)

VIA DI SEGNALAZIONE
1. Il segnale (ligando) incontra il recettore: legame ligando-recettore
2. Il legame induce un cambiamento di conformazione nel recettore
3. Il cambiamento conformazionale provoca l’attivazione del recettore
4. Il recettore (attivato) attiva una serie di cambiamenti a catena in una serie di proteine intracellulari. Il
messaggio passa da una proteina all’altra (ogni proteina attiva quella successiva) no ad arrivare ad
un ultimo e ettore della catena. Questi cambiamenti costituiscono la trasduzione del segnale
5. L’esito nale è la risposta della cellula
6. ‘Spegnimento’ della risposta

Se la proteina bersaglio è un enzima, la risposta cellulare consiste nella modi cazione del metabolismo
o altre funzioni cellulari; se è una proteina strutturale si ha una modi cazione della forma o del
movimento; se è una proteina regolatrice di un gene, si hanno modi cazioni nell’espressione genica
che alterano la quantità di proteine nella cellula.

PRINCIPALI RISPOSTE
Ogni cellula è in grado di rispondere a combinazioni speci che di molecole segnale extracellulari: ogni
cellula espone infatti un certo numero di recettori che le permettono di legare molecole speci che
prodotte da altre cellule.
Ogni cellula risponde in modo selettivo, trascurando alcuni segnali e rispondendo ad altri, a seconda
della sua specializzazione. Alcune combinazioni di segnale servono per mantenere in vita la cellula,
altre la inducono a dividersi o a di erenziarsi.
Una cellula privata dei segnali necessari va incontro a morte cellulare programmato o apoptosi.

FARMACI
Composti non siologici possono legare i recettori come le loro controparti naturali (e talvolta anche
meglio) (es: la mor na può legare gli stessi recettori delle endor ne)
- AGONISTI: analoghi all’ormone, imitano l’attività biologica (es: isoproterenolo, farmaco per l’asma
che imita le catecolamine, che favorisce il rilassamento dei muscoli bronchiali)
- ANTAGONISTI: analoghi all’ormone, bloccano l’attività biologica (es: propanololo, farmaco per
cardiopatie, blocca recettori adrenergici nei vasi sanguigni)

ADESIONE CELLULARE
ADESIONE CELLULA-MATRICE EXTRACELLULARE
Le cellule secernono sostanze (collagene, elastica, bronectina, laminina) che vanno a comporre una
matrice extracellulare (ECM) che si presenta come un intreccio di bre.

Funzioni:
- Conferisce sostegno, robustezza e resistenza meccanica ai tessuti
- Contribuisce a creare la corretta organizzazione delle cellule all’interno del tessuto
- I suoi cambiamenti fungono da segnalazione
ADESIONE CELLULA-CELLULA
Le cellule aderiscono tra loro attraverso diversi tipi di giunzioni:
- GIUNZIONI STRETTE (o OCCLUDENTI): non lasciano spazio tra le membrane, le sigillano,
impediscono il transito di molecole tra lo spazio intermembrana creando una struttura
impermeabile (es: epitelio intestinale e urinario)
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- GIUNZIONI ADESIVE: legano il citoscheletro di una cellula a quello dell’altra o alla ECM
garantendo resistenza a disturbi meccanici (es: cellule cardiache, cute). Sono di tre tipi: giunzioni
aderenti, desmosomi e emidesmosomi
- GIUNZIONI COMUNICANTI: formano un canale che mette in comunicazione i citoplasmi
permettendo scambi di ioni e piccole molecole dove è richiesta rapida comunicazione (es: tessuto
nervoso e muscolare)

IL CITOSCHELETRO
Rete di bre che si espande all’interno della cellula, per tutto il citoplasma.
Costituito da un tto intreccio di lamenti proteici che irrobustiscono la cellula dandole resistenza
meccanica, ne determinano la forma, permettono i movimenti cellulari e controllano gli
spostamenti dei cromosomi e di altre macromolecole all’interno della cellula.
È responsabile della formazione del fuso mitotico, necessario per la divisione cellulare.
È formato da tre tipi di lamenti: microtubuli, lamenti intermedi e micro lamenti.
- Ogni microtubulo è formato da 13 lamenti di una proteina globulare, tubulina, aggregati a formare
un cilindro cavo. Sono essenziali nei centrioli, nel fuso mitotico e nelle appendici cellulari ( agelli e
ciglia)
- I lamenti intermedi, formati da diversi tipi di proteine brose (es: cheratina), garantiscono
resistenza meccanica alla cellula
- I micro lamenti sono due lamenti di actina avvolti ad elica, proteina coinvolta anche nella
contrazione muscolare. Permettono gli spostamenti degli organuli all’interno della cellula e la
formazione di pseudopodi, estro essioni che consentono la fagocitosi, il movimento delle amebe e di
cellule ameboidi, presenti negli organismi animali (es: sistema immunitario)

I centrioli sono organelli di forma cilindrica costituiti da 9 gruppi di tre microtubuli disposti in coppia ad
angolo retto nella regione centrale della cellula. Hanno un ruolo determinante nel montaggio dei
microtubuli. La regione dei centrioli, centro di
organizzazione dei microtubuli cellulari, è detta
centrosoma.

Flagelli e ciglia: appendici cellulari dotate di


movimento, formate da fasci di microtubuli rivestiti
dalla membrana cellulare e disposti in modo
caratteristico → 9 coppie di microtubuli appaiati
disposte in cerchio e una coppia di microtubuli
separati al centro. Le cellule libere li utilizzano per
muoversi nei liquidi e quelle sse per spostare il
materiale extracellulare.
I agelli sono lunghi e poco numerosi, mentre le
ciglia sono corte e numerose.
Trachea e bronchi → rivestiti da uno strato cellulare (epitelio) con cellule dotate di ciglia, il cui
movimento assicura l’eliminazione del muco che riveste l’interno di questi organi e delle eventuali
sostanze estranee.
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ORGANULI CITOPLASMATICI
RETICOLO ENDOPLASMATICO
Sistema di membrane costituito da tubuli, sacculi e vescicole, lo spazio interno alle membrane è detto
lume. Può essere liscio (REL) o rugoso (RER), a seconda che sia privo o rivestito di ribosomi.

RETICOLO ENDOPLASMATICO LISCIO


È costituito da strutture per lo più tubolari ed è in continuità con il RER.
Le funzioni sono diverse in base al tipo cellulare:
- SINTESI DEI LIPIDI: fosfolipidi e colesterolo necessari per la produzione e il rinnovo delle
membrane cellulari; questa sintesi è correlata al ruolo del REL nel metabolismo degli steroidi,
infatti il REL è particolarmente sviluppato nelle cellule che sintetizzano, immagazzinano e
secernono steroidi (es: cellule della corticale del surrene e le cellule interstiziali del testicolo)
- ACCUMULO DI IONI CALCIO: nelle cellule muscolari scheletriche e cardiache questa
funzione è particolarmente sviluppata, e il REL (chiamato RETICOLO SARCOPLASMATICO) è
organizzato a formare delle strutture specializzate (triadi o diadi). Grazie a questa
organizzazione strutturale, il reticolo sarcoplasmatico può sentire il segnale che induce la
contrazione delle cellule muscolari, rilasciando nel citosol il Ca2+ immagazzinato, evento
indispensabile per la contrazione muscolare
- DETOSSIFICAZIONE: inattivazione ed eliminazione di sostanze di origine esogena (es:
farmaci e composti inquinanti) ed endogena (es: bilirubina e ormoni steroidei); avviene
prevalentemente nel fegato. Attraverso reazioni metaboliche, gli enzimi modi cano le
molecole tossiche rendendole più idrosolubili (eliminabili più facilmente tramite le urine o la
bile). Avviene in tre fasi:
• Fase 1: aggiunta di gruppi idrosolubili alla molecola tramite reazioni di
ossidazione, riduzione o idrolisi
• Fase 2: la molecola bersaglio viene coniugata a piccole molecole idrosolubili
tramite reazioni di coniugazione
• Fase 3: escrezione delle molecole coniugate all’esterno della cellula.
A volte i prodotti nali sono più reattivi dei prodotti di partenza.
- DEGRADAZIONE DEL GLICOGENO: avviene nelle cellule del fegato e ha la funzione di
mantenere la glicemia nel sangue: se il contenuto del glucosio nel sangue (glicemia)
diminuisce, gli enzimi delle cellule epatiche catalizzano la demolizione del glicogeno a
molecole di glucosio che vengono rilasciate nel sangue

RETICOLO ENDOPLASMATICO RUGOSO


È costituito da cisterne ampie e appiattite ed è ricco di ribosomi sulla super cie esterna; è collegato al
nucleo. Funzioni:
- SITO DI SINTESI DI PROTEINE: la catena aminoacidica della proteina nascente penetra all’interno
della cisterna del RER attraverso un canale; nel lume delle cisterne la proteina subisce alcune
modi cazioni: prime fasi della glicosilazione e il folding; la proteina viene impacchettata all’interno di
una vescicola che si stacca dal RER per gemmazione e procede verso l’apparato i Golgi
- GLICOSILAZIONE DI PROTEINE: processo con cui vengono formate le glicoproteine (legame di
oligosaccaridi alla catena aminoacidica). L’aggiunta degli oligosaccaridi (catena rami cata di 14
zuccheri) avviene mentre la proteina penetra nel lume; un enzima (glucosiltransferasi) trasferisce
l’oligosaccaride da un glicolipide di membrana alla proteina nascente. Nel RER avvengono le prime
fasi, poi viene completata nell’apparato di Golgi
- FOLDING (RIPIEGAMENTO) DI PROTEINE: è il processo con cui la proteina assume la sua corretta
conformazione tridimensionale. Controllo di qualità: sono presenti dei sistemi di controllo che aiutano
le proteine a raggiungere la conformazione corretta, se questo non avviene le proteine vengono
trasportate fuori dal RER per essere degradate
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RIBOSOMI
Vengono assemblati nel nucleolo e sono il luogo della sintesi proteica.
Hanno due subunità: una maggiore e una minore, formate da RNA ribosomiale e proteine.
Possono essere liberi nel citoplasma o legati alla membrana esterna del reticolo endoplasmatico.
Ribosomi degli eucarioti: 80S
Ribosomi dei procarioti: 70S
(S → Svedberg, unità di misura della velocità di sedimentazione, che dipende fa forma e dimensione di
una struttura)

APPARATO DI GOLGI
Costituito da una pila di vescicole appiattite e delimitate da membrana, chiamate cisterne.
Rappresenta un centro di raccolta, rielaborazione e smistamento dei prodotti del RE: dopo aver
ricevuto le vescicole che trasportano sostanze provenienti da questo organello, l’apparato di Golgi ne
modi ca il contenuto, lo trasferisce all’interno di nuove vescicole e lo indirizza ai diversi
compartimenti cellulari o alla membrana plasmatica.
Avviene il completamento della glicosilazione iniziata nel RER e di seguito la fosforilazione (aggiunta di
gruppi fosfato); verso la membrana plasmatica avviene lo smistamento delle proteine di membrana e
della ECM (es: proteine secrete: ormoni), che vengono impacchettati in granuli di secrezione e la loro
liberazione avviene in risposta ad uno stimolo (secrezione regolata); verso i lisosomi avviene lo
smistamento di proteine lisosomiali, che vengono legate con mannoso-6-fosfato, che viene
riconosciuto come segnale per essere inviate a riempire le vescicole che diventeranno lisosomi
Regione di Golgi rivolta verso l’interno e verso il RER: cis
Regione di Golgi rivolta verso la membrana cellulare: trans

LISOSOMI
Vescicole delimitate da membrana, paragonabili ad una sorta di stomaco cellulare: contengono enzimi
idrolitici (o digestivi) in grado di demolire le sostanze organiche e sono caratterizzati da un pH
interno molto acido, che viene mantenuto grazie ad una pompa di membrana (trasporto attivo di
protoni, ioni H+). Sono abbondanti nelle cellule deputate alla difesa dell’organismo, come i globuli
bianchi del sangue, capaci di inglobare e demolire batteri e virus.
Rompendo la membrana di questi lisosomi, una cellula può suicidarsi, riversando gli enzimi digestivi
nel citoplasma; questo processo è detto autolisi ed ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo e il
rimodellamento dell’osso; per questo gli enzimi devono necessariamente essere con nati dentro un
compartimento, perché se fossero disposti nel citosol qualsiasi attività della cellula cesserebbe; infatti la
membrana del lisosoma deve essere protetta dall’azione degli enzimi lisosomiali e per questo presenta
all’interno proteine fortemente glicosilate che creano un rivestimento protettivo.
Gli enzimi lisosomiali si formano nel RER e nell’apparato di Golgi, e contengono un segnale che li
identi ca come proteine destinate ai lisosomi.
Lisosomi primari: vescicole contenenti enzimi lisosomiali che si staccano per gemmazione dal trans-
Golgi; sono ancora immaturi (non attivi) e non hanno ancora pH acido. Si fondono con vescicole
contenenti materiale da digerire, che inducono l’attivazione della pompa protonica, il pH scende e gli
enzimi idrolitici si attivano, diventando lisosomi secondari, pronti ad operare la digestione enzimatica
del materiale.
Gli enzimi idrolitici degradano (attraverso reazioni di idrolisi) le macromolecole scomponendole in
molecole semplici (monomeri) che vengono inviati nel citosol per essere riutilizzati.
Il materiale da digerire può derivare dall’esterno della cellula (eterofagia) o dal suo interno (autofagia)
AUTOFAGIA: digestione di materiale proveniente dall’interno (es: organuli e macromolecole
intracellulari). Il materiale viene avvolto da una membrana formando l’autofagosoma che si fonde con il
lisosoma. È il meccanismo con cui una cellula rinnova le proprie strutture.
ETEROFAGIA: digestione di materiale proveniente dall’esterno (es: nutrienti, batteri) inglobato per
endocitosi in un vacuolo digerente (fagosoma) che si fonde con il lisosoma primario dando origine al
lisosoma secondario in cui avviene la digestione.
I lisosomi digeriscono i batteri fagocitati dalle cellule del sistema immunitario (es: macrofagi,
granulociti). Se è presente del materiale non degradabile, si forma un corpo residuo che viene rimosso
dalla cellula per esocitosi.

Alcuni microbatteri patogeni liberano sostanze che impediscono alla vescicola di fagocitosi di fondersi
con i lisosomi, originando patologie con lunghi tempi di incubazione (es: tubercolosi, lebbra)
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Esistono malattie ribosomiali, patologie genetiche ereditarie rare, dovute a difetti nel funzionamento
degli enzimi lisosomiali, provocando un accumulo di materiale non digerito, con sintomi diversi a
seconda della sostanza accumulata.

MITOCONDRI
Organelli delimitati da una membrana doppia, una esterna liscia e una interna con numerose pieghe,
dette creste. Lo spazio tra le due membrane è detto spazio
intermembrana e il contenuto interno prende il nome di
matrice.
Membrana mitocondriale esterna: ruolo di
compartimentazione, simile a quella cellulare ma con
maggiore permeabilità. Presenta numerose porine, proteine
transmembrana attraverso i quali possono passare molecole
molto grandi.
Spazio intermembrana: ha composizione simile a quella
citoplasmatica.
Membrana mitocondriale interna: organizzata in creste che
ne aumentano la super cie. È sede dei processi energetici e
contiene una serie di proteine. È impermeabile a molti ioni e
molecole, costituendo una vera barriera.
Matrice mitocondriale: materiale contenuto nello spazio interno: gel contenente enzimi, granuli di Ca2+
e Mg2+, DNA mitocondriale e ribosomi mitocondriali.
Organelli semiautonomi: si dividono per scissione binaria, che si veri ca dopo la replicazione del loro
DNA; hanno un proprio DNA e ribosomi simili a quelli batterici (grazie ai quali producono proteine). I
mitocondri vecchi e non funzionanti vengono digeriti dai lisosomi (autofagia).
Il DNA mitocondriale codi ca per 37 geni: 2 per RNA ribosomiali, 22 per RNA transfer (per la sintesi
proteica) e 13 per proteine essenziali per il funzionamento della catena respiratoria.
Al momento della fecondazione, i mitocondri dello zigote provengono quasi esclusivamente dalla cellula
uovo, quindi questo materiale genetico viene trasmetto esclusivamente per via materna (eredità
materna).
Le malattie mitocondriali sono patologie determinate da mutazioni nel DNA mitocondriale; oggi sono
note più di 100 mutazioni puntiformi e 200 di erenti riarrangiamenti del mtDNA che causano disfunzioni
mitocondriali. Interessano i tessuti ad alto consumo di energia (cervello, cuore, muscoli scheletrici)
Teoria dell’endosimbiosi: i mitocondri sono discendenti di primitive cellule procariotiche che
sarebbero state inglobate dall’antenato della cellula eucariotica, instaurando una relazione simbiotica.
Sono le centrali energetiche delle cellule: sono la sede della respirazione cellulare, processo in cui le
sostanze organiche in presenza di ossigeno vengono demolite a CO2 e H2O liberando energia sfruttata
per sintetizzare ATP, necessaria per le attività cellulari.
Oltre alla funzione energetica il mitocondrio svolge numerose funzioni: la β-ossidazione degli acidi
grassi, la sintesi del colesterolo, la sintesi dell’eme, l’apoptosi, la regolazione del ciclo cellulare, la
regolazione dello stato redox della cellula, la produzione di calore e il deposito di ioni Ca2+ nella matrice
mitocondriale.

RESPIRAZIONE CELLULARE
Prima di avvenire la respirazione nei mitocondri, devono avvenire delle fasi precedenti nel citosol,
perché il mitocondrio non è in grado di utilizzare il glucosio.

GLICOLISI
Prima fase dell’ossidazione, consiste in una serie di reazioni attraverso le quali il glucosio viene
demolito a piruvato (o acido piruvico). È presente in tutte le cellule, dai più semplici batteri alle cellule
dei più complessi organismi pluricellulari. Comprende 9 reazioni biochimiche che avvengono nel
citoplasma, ciascuna catalizzata da un enzima speci co.
Durante questo processo, una molecola di glucosio (C6H12O6) viene gradualmente trasformata in due
molecole di acido piruvico (C3H4O3), liberando energia. Questa energia viene sfruttata per produrre due
molecole di ATP e due molecole di NADH.
C6H12O6 + 2Pi + 2ADP + 2NAD+ → 2C3H4O3 + 2ATP + 2NADH + 2H+ + 2H2O
Dopo la glicolisi, a seconda delle capacità dell’organismo e delle condizioni ambientali, il piruvato
prodotto può seguire due percorsi:
- Fermentazione: in assenza di ossigeno viene ridotto in acido lattico, etanolo o altri composti
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fi
ff
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fi
- Respirazione cellulare: in presenza di ossigeno viene ossidato a CO2

RESPIRAZIONE CELLULARE
Seconda fase della degradazione del glucosio. Ha luogo nei mitocondri e viene diviso in tre fasi
principali:
• DECARBOSSILAZIONE OSSIDATIVA DEL PIRUVATO → il piruvato, entra nel mitocondrio, perde
una molecola di CO2 e viene ossidata. Il piruvato si trasforma in un gruppo acetile (2 atomi di C) che si
lega ad un composto chiamato CoenzimaA (CoA). Si forma cosi l’acetil-coenzimaA che entra nel ciclo
di Krebs e una molecola di NADH.
• CICLO DI KREBS → serie ciclica di reazioni. Nella prima il gruppo acetile (a 2 C) si lega all’acido
ossalacetico (a 4 C) formando acido citrico (a 6 C). L’acido citrico subisce una serie di ossidazioni che
portano alla formazione di due molecole di CO2 e una di ATP e alla riduzione di tre molecole di NAD+ a
NADH e una di FAD a FADH2.
L’ultima reazione rigenera l’acido ossalacetico, che inizia così un nuovo ciclo.
Ogni giro completo porta alla formazione di 1 molecola di ATP, 3 molecole di NADH e 1 molecola
di FADH2.
ac.oss. + acetil-CoA + ADP + Pi + 3NAD+ + FAD → ac.oss. + 2CO2 + CoA + ATP + 3NADH + 3H+ + FADH2
NADH e FADH2 sono coenzimi in grado di ossidarsi e ridursi, fungono da donatori

Glicolisi e ciclo di Krebs non richiedono ossigeno, mentre per la catena respiratoria è necessario.
L’energia contenuta nel NADH e nel FADH2 formati nella glicolisi e nel ciclo di Krebs viene utilizzata per
produrre ATP.

• CATENA RESPIRATORIA → i due coenzimi ridotti si ossidano cedendo elettroni alla catena
respiratoria, costituita da una serie di proteine trasportatrici inserite nella membrana che forma le
creste mitocondriali, ognuna delle quali fa passare gli elettroni ad un livello energetico sempre più
basso. L’energia persa gradualmente viene sfruttata per produrre ATP. I componenti principali della
catena respiratoria sono i citocromi, molecole che fungono da trasportatori di elettroni. L’ultimo
trasportatore della catena cede gli elettroni all’ossigeno (accessore nale) trasformandolo in acqua. La
produzione di ATP legata al trasporto degli elettroni nella catena respiratoria è detta fosforilazione
ossidativa e avviene grazie ad un meccanismo di accoppiamento chemiosmotico.
Bilancio energetico della demolizione del glucosio:
Dall’ossidazione completa di una molecola di glucosio si ottengono 38 molecole di ATP: 2 prodotte
nella glicolisi, 36 nella respirazione cellulare, che è la via più e ciente per liberare energia contenuta nel
glucosio.
C6H12O6 + 6O2 → 6CO2 + 6H2O + energia + calore
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IL NUCLEO
È la sede dell’informazione genetica (DNA) e controlla la maggior parte
delle attività della cellula e ha un ruolo fondamentale nella replicazione,
nell’accrescimento e nel di erenziamento cellulare. Circondato dalla
membrana nucleare, struttura formata da due membrane, quella esterna
in continuità con il reticolo endoplasmatico rugoso, rivestita di ribosomi,
quella interna ha una super cie dica ed è rivestita internamente calamina
nucleare (proteina brosa con funzione di sostengo per il nucleo,
ancoraggio al citoscheletro esterno e ancoraggio della cromatina).
Entrambe sono costituite da un doppio strato di fosfolipidi; sono aderenti
ma separate dallo spazio perinucleare. Questa membrana è costellata
da pori nucleari che permettono scambi selettivi con il citoplasma.
Nucleoplasma: ambiente interno, contiene cromatina e nucleolo.
La maggior parte delle cellule sono mononucleate, ma ci sono delle
eccezioni: binucleate (alcune cellule epatiche 10%), plurinucleate
(cellule del muscolo striato, osteoclasti) e anucleate (eritrociti).
Solitamente il nucleo è in posizione centrale, o in qualche eccezione in
posizione eccentrica/periferica (adipociti, cellule muscolari
scheletriche); la posizione è determinata da connessioni con il citoscheletro.
PORI NUCLEARI: aperture di forma pressoché cilindrica, costituite da strutture proteiche complesse
che attraversano le due membrane. Il passaggio è regolato: richiede un riconoscimento tra le
componenti del poro e le molecole che entrano ed escono dal nucleo.
Nel nucleo sono presenti anche uno o più nucleoli, strutture in cui vengono sintetizzati gli RNA
ribosomiali e vengono assemblati i ribosomi.

Contiene il DNA complessato con proteine strutturali, gli istoni (proteine basiche che costituiscono
un’impalcatura che organizza il DNA in forma compatta), per formare la cromatina, e all’RNA, generato
dall’attività di trascrizione dei geni.
Quando la cellula non è in divisione → i lamenti di DNA sono despiralizzati e formano un ammasso
indistinto: cromatina → il nucleosoma è il primo livello di organizzazione, un segmento di DNA avvolto
intorno ad un ottamero di istoni; ogni nucleosoma è collegato al successivo tramite DNA linker (DNA di
connessione) formando una struttura a collana di perle. Le sequenze di nucleosomi interagiscono con i
nucleosomi vicini per formare bre di cromatina; le bre interagiscono tra loro contribuendo all’elevato
grado di compattazione osservato nei cromosomi. Nel nucleo si possono trovare zone di cromatina a
diverso livello di organizzazione:
- Eucromatina: zone a minor condensazione dove il DNA è accessibile e quindi funzionante
- Eterocromatina: zone a maggior condensazione dove il DNA non è
accessibile e quindi inattivo

Prima della divisione cellulare → la cromatina si addensa e i cromosomi assumono


un aspetto compatto con cui sono visibili al microscopio: cromosomi → bastoncelli
di eterocromatina altamente condensata (massimo grado di compattazione della
cromatina); diventano visibili durante la divisione nucleare (nella fase della mitosi
detta metafase) e prendono il nome di cromosomi metafasici. Ogni cromosoma è
formato da due molecole di dna identiche dette cromatidi che si uniscono nel
centromero; le due estremità dei cromosomi si chiamano telomeri.
Il cariotipo è il corredo cromosomico di una specie; nelle cellule somatiche, ogni
cromosoma è presente in due copie: corredo cromosomico diploide (2n); i
cromosomi della coppia sono detti cromosomi omologhi.
Nell’uomo i cromosomi sono 46: 22 coppie di autonomi + 2 cromosomi sessuali (XX o XY)

La complessità di un organismo non è correlata alla grandezza del genoma, ne al numero di


cromosomi e ne al numero di geni
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GENOMA → È la totalità del DNA di un organismo. Nel genoma umano ci sono circa 3 miliardi di paia
di basi (23-30 mila geni). I genomi sono formati da regioni codi canti e da regioni non codi cati, e la
porzione non codi cante del genoma umano è maggiore del 98%.
GENE → Tratto di DNA che codi ca per una proteina (geni strutturali) o per una molecola di RNA (geni
ribosomiali e geni transfer)
Codi care: contenere l’informazione (è nella sequenza di nucleotidi)

REPLICAZIONE (o duplicazione) DEL DNA


Processo concettualmente semplice, ma estremamente complesso dal punto di vista biochimico.
La cellula replica il proprio DNA quando deve riprodursi (divisione cellulare). Negli organismi unicellulari
la divisione è responsabile della nascita di un nuovo individuo.
Cellule embrionali → lo zigote si divide per dare origine all’individuo pluricellulare
Cellule di erenziate → si dividono per accrescimento degli organismi no al raggiungimento della
taglia degli adulti e per rinnovare i tessuti nell’adulto

La replicazione segue il principio di complementarietà delle


basi: A-T, G-C. Le molecole preesistenti fungono da DNA
stampo e da ogni molecola si generano due molecole di DNA
nuovo. Le molecole glie sono identiche alla molecola
preesistente. È semiconservativa: il dna prodotto è costituito
da un lamento parentale e un lamento nuovo. È
bidirezionale: inizia da speci che regioni del genoma (dette
origini di replicazione) e procede in entrambe le direzioni. Nei procarioti avviene nel citoplasma e c’è un
unico punto di origine della replicazione, negli eucarioti avviene nel nucleo e ci sono diversi punti di
origine in ogni cromosoma. I due lamenti si separano grazie alla rottura dei legami ad idrogeno tra le
basi. Ciascun lamento funge da stampo per la sintesi di un nuovo lamento ad esso complementare,
utilizzando i desossiribonucleotidi liberi presenti nella cellula. Il processo richiede energia e diversi
enzimi.

Il DNA-elicasi insieme a particolari proteine sono necessari per


‘srotolare’ e aprire la doppia elica nel punto di origine della
replicazione (forcella di replicazione). L’avanzamento della forca
crea sulla doppia elica una forte torsione che la
DNA-topoisomerasi riduce tagliando uno o entrambi i lamenti
superavvolti.
Proteine SSB (proteine leganti DNA a singola elica) si
occupano di evitare l’appaiamento del DNA srotolato.

La DNA-polimerasi scorre sul lamento stampo, riconosce i nucleotidi liberi e li attacca alla catena di
DNA nascente (attività di polimerizzazione)
Attività proofreading della DNA-polimerasi: veri ca la base dopo che è stata aggiunta alla catena e la
rimuove se non corrisponde allo stampo (attività esonucleasica della DNA-polimerasi)
La DNA-polimerasi ha bisogno di un innesco (o primer), una piccola molecola di RNA sintetizzata dalla
DNA-primasi. La DNA-polimerasi sintetizza il DNA a partire dal primer. La replicazione avviene in
direzione 5’ → 3’
Un lamento viene sintetizzato in direzione dell’apertura della forca di
replicazione in modo continuo: lamento leading (guida, lamento
veloce). L’altro lamento viene sintetizzato in direzione opposta al
movimento di apertura della forca, in modo discontinuo: lamento
lagging ( lamento ritardato); la polimerizzazione di questo non avviene
in modo continuo e il DNA viene sintetizzato come una successione di
brevi segmenti: frammenti di Okazaki; questi frammenti vengono
legati tra loro dalla DNA-ligasi e i primer a RNA vengono rimossi
dall’attività esonucleasica della DNA-polimerasi.
Sull’elica che termina con 3’OH non c’è spazio per il posizionamento
del primer; l’ultima porzione non viene copiata e ogni duplicazione
porta alla formazione di un cromosoma più corto, con accorciamento
progressivo dei cromosomi (problema della replicazione dei terminali).
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Telomerasi: enzima contenente una molecola di RNA che funge da stampo per allungare l’estremo
3’OH e fornire spazio alla DNA-primasi per la sintesi del primer. L’RNA della telomerasi si lega ad una
sequenza del DNA del telomero (complementarietà) e sintetizza una sequenza di DNA al 3’ usando il
suo RNA come stampo. La porzione aggiunta dalla telomerasi permette alla primasi di sintetizzare il
primer e alla DNA-polimerasi di sintetizzare l’estremità 5’ del telomero. Il primer a RNA viene poi
degradato, lasciando il telomero sporgente al 3’.
L’attività telomerasica varia in base al tipo cellulare: nelle cellule umane somatiche è molto bassa, a
volte assente; mentre nelle cellule embrionali, germinali, ematopoietiche e nei broplasti è maggiore. I
telomeri sono come orologi molecolari: ad ogni divisione cellulare c’è un accorciamento graduale dei
telomeri, in questo modo le cellule perdono la capacità di dividersi e vanno incontro a senescenza.
Il numero di divisioni cellulari è de nito. L’accorciamento dei telomeri è una delle cause principali della
senescenza, ma previene l’instabilità genomica (errori dovuti a ripetuti cicli di replicazione).

Le cellule tumorali hanno un’aumentata attività della telomerasi, i tumori son caratterizzati da
proliferazione cellulare incontrollata e capacità di dividersi inde nitamente. Le mutazioni genetiche che
compromettono la funzione della telomerasi causano disturbi caratterizzati dal deterioramento dei
tessuti. Alcuni studi collegano lo stress subito in età infantile (violenza, povertà) ad una erosione
precoce dei telomeri, con conseguenze sulla salute in età adulta.

All’interno del DNA ci sono degli enzimi che lavorano costantemente su di esso, individuando e
correggendo eventuali errori nella replicazione o danni causati da agenti esterni (UV, agenti chimici) e
salvaguardando l’integrità del dna (trasmissione dei caratteri ereditari alterati e produzione di proteine
difettose). Meccanismi principali:
- RIPARAZIONE DIRETTA: meccanismo per riparo di legami anomali formati tra le basi o tra
una base e un gruppo chimico estraneo
- RIPARAZIONE PER ESCISSIONE DI UNA BASE: rimozione di una base danneggiata
(deaminata, ossidata, metilata) con successivo inserimento della base mancante
- RIPARAZIONE PER ESCISSIONE DI NUCLEOTIDI: rimozione del nucleotide danneggiato
insieme ad un tratto di nucleotidi adiacenti con successivo inserimento dei nucleotidi corretti

L’invecchiamento della cellula è associato ad un accumulo di danni al DNA.


Animali privati di geni per la riparazione del DNA hanno un invecchiamento accelerato, una
manifestazione precoce di malattie connesse con l’età ed aumentato sviluppo di neoplasie.
Un’insu ciente riparazione del DNA è causa di patologie.

La replicazione deve avvenire con la massima precisione: anche un errore minimo come la sostituzione
di un nucleotide con un altro potrebbe modi care le istruzioni codi cate portando alla sintesi di una
proteina inattiva.
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ESPRESSIONE
DELL’INFORMAZIONE GENETICA
Intero processo (trascrizione + traduzione) che da un gene porta alla sintesi di una proteina
(DOGMA CENTRALE DELLA BIOLOGIA MOLECOLARE)

L’informazione passa da un linguaggio di nucleotidi (DNA e RNA) ad un linguaggio di amminoacidi


(proteina); questa conversione avviene grazie al codice genetico.

CODICE GENETICO
La sequenza di nucleotidi viene letta in gruppi di tre basi
(codoni), ad ogni codone (eccetto tre) corrisponde un
amminoacido.

Tre codoni fungono da segnali di stop.


AUG (Metionina) è sempre il codone di inizio.
Lo stesso aminoacido può essere codi cato da più codoni
(il codice è detto degenerato o ridondante).
È universale: è lo stesso per tutti i viventi (alcune eccezioni:
batteri, alcuni protozoi, genoma mitocondriale)

Ogni sequenza ha tre possibili fasi di lettura; cambiando la fase


di lettura si ottiene una proteina completamente diversa.

TRASCRIZIONE
Processo mediante il quale l’informazione contenuta in un gene viene copiata in una molecola di
mRNA.
GENE: sequenza di nucleotidi del DNA che può essere trascritta in una molecola di RNA e che porta le
informazioni per produrre una proteina, direttamente (mRNA) o indirettamente (tRNA e rRNA).
Geni strutturali: mRNA (messaggero)
Geni ribosomiali: rRNA
Geni transfer: tRNA (di trasporto)
Tutti e tre i tipi di RNA sono coinvolti nella sintesi proteica
La sintesi dell’mRNA è catalizzata da un gruppo di
enzimi (RNA polimerasi).
A di erenza della replicazione, viene copiato solo uno dei
due lamenti si DNA, riconosciuto dalla RNA polimerasi per
la presenza del promotore (sequenza a monte del gene che ne segnala l’inizio)
Come nella replicazione, il nuovo lamento di RNA sintetizzato è complementare e non identico al
tratto di DNA stampo da cui è stato copiato.
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fi
fi
fi
Per iniziare la sintesi, l’RNA polimerasi si lega al promotore, nella fase
di allungamento apre la doppia elica di DNA e catalizza la sintesi di RNA,
no ad arrivare al terminatore (sequenza a valle del gene, ne segnala
la ne) dove si distacca e si distacca anche l’RNA trascritto ed il DNA si
richiude. L’attività della RNA-polimerasi necessita di proteine dette fattori
di trascrizione, che regolano la trascrizione. Fattori di trascrizione basali:
necessari all’attività della RNA-polimerasi e servono a reclutare la
RNA-polimerasi sul promotore; in loro presenza la RNA-polimerasi
legandosi al promotore inizia la trascrizione dell’RNA.
Il processo di trascrizione segue la regola della complementarietà
delle basi.

Nei procarioti: avviene nel citoplasma e l’mRNA prodotto può essere utilizzato subito per la sintesi
proteica. Negli eucarioti: avviene nel nucleo e l’mRNA deve essere modi cato prima di andare nel
citoplasma.

La trascrizione origina un mRNA non ancora maturo (pre-mRNA) che prima di lasciare il nucleo e
passare nel citoplasma subisce un processo di maturazione: viene aggiunto un cappuccio (cap)
all’estremità 5’ e una coda di poli A all’estremità 3’, e vengono rimossi gli introni (processo di splicing)

Capping al 5’
Un nucleotide modi cato viene aggiunto all’estremità 5’ dell’mRNA, necessario per il trasporto
dell’mRNA dal nucleo al citosol; inoltre protegge la molecola dell’mRNA dalla degradazione da parte
delle nucleasi citoplasmatiche (gli consente di arrivare intatto al citoplasma)

Coda di poli A al 3’ (poliadenilazione)


Sequenza di nucleotidi contenenti adenine (100-200 nt) aggiunte al 3’ (da un enzima che non necessita
di stampo: poli A polimerasi), questo protegge l’mRNA dalla degradazione delle nucleasi
citoplasmatiche (più la coda è lunga, maggiore è la vita dell’mRNA nel citoplasma)

Splicing: rimozione degli introni


ESONI: porzioni codi canti del gene
INTRONI: porzioni non codi canti del gene
L’errore di un solo nucleotide cambia la cornice
di lettura.
Spliceosoma: macchinario che catalizza lo
splicing, molto complesso, costituito da diverse
subunità.

Splicing alternativo: eventi di splicing diversi che generano


combinazioni di esoni diverse

Da un singolo gene, si ottengono mRNA diversi e quindi proteine


diverse. Lo stesso gene genera un mRNA maturo diverso a
seconda del tessuto

Esempio: gene della calcitonina


Esempio: 5 diverse isoforme di tropomiosina
le diverse isoforme hanno diverse funzioni:
nelle cellule muscolari hanno un ruolo nella
contrazione, nelle cellule non muscolari sono
componenti del citoscheletro
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fi
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fi
fi
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Per passare dal nucleo al citoplasma, gli mRNA passano attraverso il poro nucleare, dove ci sono
proteine che riconoscono il cap al 5’ e un ltro che controlla la corretta maturazione (solo gli mRNA
maturi possono attraversare il poro) → meccanismo regolato

TRADUZIONE (SINTESI PROTEICA)


Ultima tappa del processo di espressione di un gene. Avviene sui ribosomi nel citoplasma.
L’mRNA trasporta il messaggio, l’rRNA è parte integrante del ribosoma e il tRNA fa da interprete
traducendo il linguaggio degli acidi nucleici in quello delle proteine. La traduzione di mRNA in proteina è
uno dei processi più dispendiosi dal punto di vista energetico per la cellula.

Ribosomi: orientano in modo corretto l’mRNA e i tRNA;


fanno in modo che l’informazione venga letta e tradotta
in modo accurato; catalizzano la formazione dei legami
peptidici tra gli amminoacidi.
Hanno tre siti di legame: il sito E, nella subunità minore
per l’mRNA, e due per il tRNA, il sito P (peptidilico) e il
sito A (amminoacilico)

Il tRNA è in grado di legare gli amminoacidi e di riconoscere i


codoni dell’mRNA grazie ad una tripletta di nucleotidi (anticodone)
complementare ad uno speci co codone sull’mRNA; sono
molecole relativamente piccole, formate da circa 80 nucleotidi e
rappresentabili con una struttura a trifoglio. Il legame tra un tRNA e
tra uno speci co amminoacido è catalizzato dall’enzima
amminoacil-tRNA-sintetasi. Il tRNA quindi trasporta
l’amminoacido al ribosoma e allinea gli amminoacidi nel giusto
ordine seguendo lo stampo dell’mRNA.

Fattori della traduzione: proteine che facilitano i diversi passaggi


- FATTORI DI INIZIO: assemblano mRNA, tRNA iniziatore e subunità ribosomiali
- FATTORI DI ALLUNGAMENTO: necessari per sintetizzare il polipeptide
- FATTORI DI RILASCIO: necessari per riconoscere il codone di stop e per la dissociazione del
complesso traduzionale
La sintesi di una proteina avviene in tre fasi: inizio, allungamento e terminazione. È un processo molto
rapido che richiede pochi secondi.

Fase di inizio
Riconoscimento del codone di inizio (AUG), la subunità minore del ribosoma riconosce il cap al 5’ e
avviene la scansione dell’mRNA. Avviene l’assemblaggio del complesso di inizio: la subunità minore si
lega all’mRNA a livello del codone d’inizio, il tRNA iniziatore si lega al codone d’inizio (anticodone UAC)
e la subunità maggiore si lega alla subunità minore.

Fase di allungamento
Il tRNA contenente l’anticodone complementare al codone successivo e aminoacido corrispondente,
entra e si lega al codone sull’mRNA (sito A del ribosoma). L’aminoacido appena arrivato forma il legame
peptidico con l’aminoacido precedente (attività catalizzata dalla subunità maggiore). Il primo tRNA
(scarico) si sposta nel sito E ed esce dal ribosoma, il tRNA che lega la catena nascente si sposta nel
sito P; nel sito A arriva un nuovo tRNA e il ciclo si ripete.

Fase di terminazione
Nel sito A viene a trovarsi un codone di stop dell’mRNA a cui nessun tRNA interagisce; una proteina
detta fattore di rilascio riconosce il codone di stop e si lega. Il legame con il fattore di rilascio determina
il distacco della catena proteica dal tRNA, e anche il tRNA si stacca dal ribosoma. Tutte le componenti
del ribosoma si dissociano.
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Folding (ripiegamento) delle proteine
Processo con cui la proteina neosintetizzata assume la sua corretta conformazione tridimensionale. Le
informazioni per il folding sono contenute nella sequenza amminoacidica stessa della proteina. È
facilitato da proteine dette chaperon che assistono la proteina nel ripiegamento, che impediscono la
formazione di legami scorretti e creano un ambiente isolato adatto al ripiegamento.

Folding e sistema ubiquitina-proteasoma


Le proteine che non raggiungono la conformazione corretta vengono degradate dal sistema ubiquitina-
proteasoma. Questo sistema degrada migliaia di proteine danneggiate o mal ripiegate per impedire la
loro aggregazione e tossicità.
Ubiquitina: piccola proteina che funge da ‘etichetta’ per le proteine che devono essere degradate
Proteasoma: principale macchinario proteolitico che si trova nel citoplasma e nel nucleo delle cellule
eucariotiche

Smistamento delle proteine


Sintesi proteica nel citosol: proteine in soluzione nel citosol, proteine del citoscheletro, proteine
destinate al nucleo e ai mitocondri
Sintesi proteica che inizia nel citosol e si completa nel reticolo endoplasmatico rugoso: proteine
estimate al reticolo endoplasmatico, apparato di Golgi, lisosomi, membrana plasmatica, proteine
destinate all’ambiente extracellulare (proteine secrete)
Sintesi proteica nei mitocondri: proteine codi cate dai geni del genoma mitocondriale (restano nei
mitocondri)
La sequenza aminoacidica contiene delle ‘sequenze segnale’ che stabiliscono la destinazione all’interno
della cellula; il segnale viene riconosciuto da strutture molecolari presenti sull’organulo di destinazione.

REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE GENICA


Geni costitutivi: espressi sempre e in tutte le cellule (es: proteine citoscheletro, enzimi metabolici di
base, RNA polimerasi, istoni)
Geni regolati: espressi in base alla necessità della cellula:
- In determinate condizioni (es: melanina in risposta ai raggi UV)
- In determinati tipi cellulari (es: emoglobina, melanina, anticorpi)
- In determinate fasi dello sviluppo (es: emoglobina fetale)
- In determinate fasi della vita della cellula (es: cicline)
Regolazione → necessità di indurre o inibire determinate attività in relazione alle necessita cellulari
Il genoma di un individuo è lo stesso sempre e in tutte le cellule, ma vengono espressi solo i geni che
servono in un dato momento e ad una certa cellula.
Regolazione dell’espressione genica in condizioni ambientali: la cellula risponde agli stimoli esterni
modi cando l’espressione di speci ci geni
Regolazione dell’espressione genica e di erenziamento cellulare: i diversi tipi cellulari contengono gli
stessi geni ma esprimono geni diversi

NEI PROCARIOTI
Avviene in fase trascrizionale;
In assenza di lattosio i geni per il metabolismo del lattosio sono
spenti. La RNA-polimerasi non può legarsi al promotore: i geni
non vengono trascritti. Gli enzimi per il metabolismo del lattosio
non vengono prodotti.

In presenza di lattosio i geni per il metabolismo del lattosio


sono accesi. La RNA-polimerasi può legarsi al promotore: i
geni vengono trascritti e gli enzimi metabolizzano il lattosio,
che funge da attivatore: si lega al repressore e ne impedisce il
legame alle sequenze di regolazione.
Regolazione coordinata: i geni che controllano lo stesso
metabolismo vengono espressi insieme.
fi
fi
ff
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NEGLI EUCARIOTI
Avviene a vari livelli e con vari meccanismi;

Fattori di trascrizione speci ci: regolano


la trascrizione di speci ci geni; legano
speci che sequenze di DNA a monte del
promotore del gene (sequenze di
regolazione) e modulano l’attività della
RNA-polimerasi: favoriscono (attivatori) o
inibiscono (repressori) il legame della RNA-
polimerasi con il promotore.
Es: alcuni contaminanti attivano fattori di
trascrizione che inducono l’espressione
dei geni di detossi cazione epatici

Fattori epigenetici: fattori non-genomici, non sono nella sequenza del DNA ma sulla sequenza (epi =
sopra). Il grado di compattazione della cromatina in uenza l’attività trascrizionale: RNA polimerasi deve
accedere al promotore del gene da trascrivere. Le modi cazioni epigenetiche degli istoni e del DNA
aumentano e diminuiscono il grado di compattazione della cromatina; sono reversibili.
Controllo epigenetico:
- Acetilazione degli istoni: aggiunta di un gruppo acetile. Riduce la compattazione della
cromatina (cromatina più accessibile, attiva la trascrizione del gene)
- Metilazione del DNA: aggiunta di un gruppo metile ad alcune citosine, che reclutano gli
enzimi per la deacetilazione del DNA (la cromatina si compatta). Inibisce la trascrizione del
gene.

MUTAZIONI
Cambiamenti improvvisi che possono interessare un solo gene (mutazione genica) o possono
consistere nell’alterazione della struttura di un cromosoma (mutazione cromosomica) o in una
variazione del numero di cromosomi (mutazione genomica); dovute ad errori che possono veri carsi
durante la replicazione e che se non vengono corretti determinano un’alterazione della sequenza di
nucleotidi nel DNA.
Mutazioni spontanee: dovute a errori durante la duplicazione del DNA
Mutazioni indotte: dovute all’esposizione a radiazioni o agenti chimici (mutageni)
Possono essere neutrali (non provocare nessuna variazione), associate a malfunzionamenti
(patologie) o apportare dei miglioramenti (ruolo nell’evoluzione)
Eventi casuali che provocano una variazione ereditaria del genotipo. Sono responsabili della
comparsa di nuovi alleli e provocano quindi una modi cazione delle frequenze geniche e uno
spostamento dalle condizioni di equilibrio.
LE MUTAZIONI SONO LA MATERIA PRIMA DELL’EVOLUZIONE: SONO RESPONSABILI DELLA
VARIABILITÀ DEI CARATTERI.

Mutazione genica → dovuta a errori nella replicazione del DNA


Mutazione cromosomica e genomica → causata da errori nel corso della meiosi

MUTAZIONI GENICHE
Modi cazioni nella sequenza di un singolo gene; sostituzione (nucleotide rimpiazzato da un altro),
delezione (uno o più nucleotidi rimossi), inserzione (uno o più nucleotidi aggiunti)
Mutazioni puntiforme → mutazioni più semplici e più frequenti che interessano un singolo nucleotide;
possono comportare la sostituzione di un nucleotide con un altro oppure la perdita o l’aggiunta di un
nucleotide

La perdita o l’aggiunta di un nucleotide hanno come e etto lo spostamento della griglia di lettura in
modo da alterare tutto il lamento polipeptidico a valle della mutazione. E etti molto gravi dovuti alla
produzione di una proteina completamente priva di attività biologica, dette mutazioni frame-shift.

E etti delle sostituzioni sulla proteina codi cata dal gene mutato:
- mutazione silente: variazione che mantiene lo stesso aminoacido
- mutazione sinonima: porta alla sostituzione con un amminoacido simile
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- mutazione missenso: porta alla sostituzione con un amminoacido diverso
- mutazione non senso: dà origine ad uno dei tre codoni di stop che segnalano l’arresto della sintesi
della proteina. Anche queste come quelle frame-shift causano e etti gravissimi
Non tutte le mutazioni hanno e etto sul fenotipo.

Mutazioni in regioni non codi canti:


- Mutazioni in sequenze di regolazione: causano alterazioni nella regolazione della trascrizione:
aumentano o diminuiscono la trascrizione del gene interessato
- Mutazioni dei siti di splicing: può essere eliminato un sito di splicing (mRNA più lungo) o inserito un
nuovo sito di splicing (mRNA più corto). Si generano proteine mutate.

MUTAZIONI CROMOSOMICHE
Anomalie di struttura: dovute sostanzialmente alla rottura di un cromosoma; il frammento ottenuto
può andare perduto (delezione), attaccarsi al cromosoma omologo (duplicazione), ad un cromosoma
non omologo (traslocazione) o riattaccarsi al cromosoma originale dopo aver ruotato di 180°
(inversione).
Possono essere bilanciate (senza perdita o acquisizione di materiale genetico) dove gli individui sono
sani oppure sbilanciate (con perdita o acquisizione di materiale genetico) e sono causa di patologie.

Anomalie di numero: variazioni nel numero dei cromosomi


ANEUPLOIDIA → perdita o acquisto di uno o pochi cromosomi
- Trisomie: acquisizione di un cromosoma aggiuntivo
- Monosomie: perdita di un cromosoma
(unione di un gamete normale con 23 cromosomi con un gamete anormale con 22 o o con 24
cromosomi) molte sono compatibili con la vita e sono associate a patologie
- Poliploidie: acquisizione di un intero corredo cromosomico aploide (es: ovulo fecondato da
due spermatozoi)
Sono incompatibili con la vita (aborti spontanei)

Spesso le mutazioni cromosomiche danno origina a patologie gravi:


Trisomie compatibili con la vita:
- Sindrome di Down, o trisomia 21→ caso di aneuploidia; gli individui malati possiedono tre copie del
cromosoma 21 e manifestano ritardo nello sviluppo sico e mentale. Può essere provocata anche da
una traslocazione di un frammento del cromosoma 21.
- Sindrome di Edwards → dovuta alla trisomia del cromosoma 18, caratterizzata da orecchie deformi,
difetti cardiaci, spasticità e altri danni, solitamente porta alla morte entro il primo anno di vita.
- Sindrome di Patau, trisomia 13
- Sindrome di Klinefelter, trisomia XXY
Monosomia compatibile con la vita:
- Sindrome di Turner, X0

Trisomie e monosomie sono causate da


errori durante il processo di divisione
cellulare delle cellule germinali (non
disgiunzione meiotica); vengono
prodotti gameti con un cromosoma in
più e gameti con un cromosoma in
meno

Le mutazioni possono essere ereditarie; se la cellula prolifera, le mutazioni vengono trasmesse alle
cellule glie (replicazione del DNA mutato).
Le mutazioni al DNA di cellule somatiche rimangono ristrette all’individuo.
Le mutazioni al DNA delle cellule germinali possono essere trasmesse alla progenie → malattie
genetiche ereditarie
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CICLO CELLULARE, MITOSI E
MEIOSI
DIVISIONE CELLULARE → processo che permette ad una cellula di dare origine a due cellule glie.
Tutte le cellule hanno origine dalla divisione di altre cellule, quindi questo processo ha una grande
importanza per tutti i viventi.
Cellule embrionali: si dividono per dare origine all’individuo pluricellulare
Cellule adulte: si dividono per accrescimento degli organismi e per rinnovare i tessuti

La vita di una cellula tra una duplicazione e l’altra è suddivisa in fasi


Ciclo cellulare: serie ordinata di eventi che intercorrono tra la ne di una divisione e l’inizio della
successiva

INTERFASE
FASE G1
Fase di crescita; la cellula raddoppia le proprie dimensioni e produce nuovi organelli, oltre agli enzimi
necessari per la duplicazione del DNA nella fase successiva
La durata è direttamente proporzionale dal di erenziamento della cellula (ore, giorni, settimane o molto
di più); la durata del ciclo cellulare è condizionata dalla durata della fase G1.

Cellule embrionali: fase G1 e G2 quasi inesistenti; divisione molto veloce


Cellule adulte: più la cellula è di erenziata, più è lunga la durata del ciclo; le cellule estremamente
di erenziate non si dividono.

Quando la fase G1 si protrae a lungo, si parla di fase G0, una fase stazionaria di attesa; in presenza di
certi segnali la cellula in G0 può rientrare in G1 e proseguire il ciclo (es: epatociti). Alcune cellule
stazionano in fase G0 in modo permanente (fase GZ), vale per cellule estremamente specializzate,
incapaci di dividersi (tessuti detti perenni o stabili, es: neuroni, cellule muscolari)

FASE S (durata costante che dipende dalla quantità di


DNA)
Duplicazione del DNA, necessaria per far si che durante la
divisione la cellula glia possa ricevere una copia completa
del genoma, e degli istoni, che andranno ad assemblarsi
per formare i nucleosomi; ancora non si parla di cromosomi
perché il DNA appare disperso. Ogni molecola di DNA è
unita alla sua copia per la zona centrale (centromero) no
alla fase M (le due copie andranno a costituire i due
cromatidi fratelli del cromosoma metafasico).
Avviene anche la duplicazione dei centrioli: strutture cilindriche di microtubuli, presenti in coppia
all’interno di una struttura di lamenti microtubulari (centrosoma). Ogni centriolo della coppia produce
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un centriolo glio; alla ne del processo si hanno due centrosomi contenenti una coppia di centrioli.
Questi hanno un ruolo essenziale nella fase M, per la formazione del fuso mitotico.

FASE G2 (durata quasi costante)


Periodo preparatorio alla divisione; avviene la trascrizione di RNA per la sintesi di proteine: proteine
dell’apparato mitotico (strutture di microtubuli), componenti di membrana (costruzione di nuove
membrane plasmatiche) e ciclina mitotica (segnale che induce la cellula ad entrare in fase M)

FASE M
Comprende due processi: mitosi/meiosi (divisione nucleare) e citodieresi (divisione citoplasmatica); si
conclude con la divisione cellulare.

SISTEMA DI CONTROLLO
Il ciclo cellulare è altamente regolato e controllato; il sistema garantisce che gli eventi vengano portati a
termine nell’ordine e nel modo corretto. Questo regola la progressione attraverso le fasi e impedisce
l’ingresso nella fase successiva in presenza di errori o problemi. È attivato da segnali: fattori di crescita
(o mitogeni). Dalla corretta regolazione dipende la corretta proliferazione delle cellule.
- CICLINE-CDK: la progressione da una fase all’altra è regolata da proteine dette cicline e chinasi
ciclina-dipendenti (cdk)

- CHECK-POINT: bloccano la progressione alla fase successiva del ciclo se la fase precedente non si
è ancora conclusa o se ci sono stati degli errori
- Check-point G1: valuta se l’ambiente extracellulare è favorevole alla divisione cellulare:
fattori di crescita e nutrienti, se non sono disponibili la cellula entra in G0; valuta anche
se ci sono danni al DNA; in questo caso il ciclo si arresta in G1 per permettere il riparo
del DNA prima di entrare in fase S
- Check-point G2: veri ca che la duplicazione del DNA si stata completata e che non ci
siano danni al DNA. Impedisce alla cellula di entrare in mitosi prima del
completamento della duplicazione del genoma. Veri ca che la cellula abbia raggiunto
la giusta dimensione
- Check-point M: avviene nella metafase della mitosi; controlla che tutti i cromosomi
siano legati all’apparato mitotico, per assicurare la corretta separazione dei
cromosomi tra le due cellule glie
- APOPTOSI: trasmettere DNA integro alle cellule glie è
talmente importante che se il danno non è riparabile, la
cellula va incontro a morte, per apoptosi. Morte cellulare
programmata: processo di autodistruzione cellulare,
programmato geneticamente, in base alle esigenze
siologiche o di sviluppo; contribuisce a controllare il
numero di cellule che formano un tessuto. È di grande
importanza durante lo sviluppo embrionale, nel corso della
di erenziazione dei tessuti, ma anche nell’adulto. Si generano
frammenti che vengono fagocitati da cellule circostanti

- NECROSI: quando parte delle cellule che formano un tessuto muore


per un processo patologico, perché colpita da un’infezione o perché
non riceve abbastanza ossigeno. Innesca una risposta in ammatoria.
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DIVISIONE MITOTICA
Tipica di tutte le cellule, sia somatiche che germinali; genera due cellule glie identiche alla cellula
madre, con lo stesso DNA (mantiene la ploidia della cellula); assicura una equa e corretta distribuzione
dei cromosomi e assegnazione omogenea delle componenti cellulari.

Negli animali è responsabile di:


- Formazione di un organismo pluricellulare partendo da un unica cellula (zigote)
- Accrescimento degli organismi no al raggiungimento della taglia degli adulti
- Rinnovamento continuo di alcuni tessuti
- Moltiplicazione delle cellule che poi andranno incontro al processo erotico e daranno origine ai
gameti

Divisa in: profase, prometafase, metafase, anafase, telofase, citodieresi

Riassumendo, nell’interfase (G1+S+G2) abbiamo:


- DNA duplicato
- Istoni duplicati
- Centrioli duplicati
- Produzione di proteine costituenti i microtubuli
- Produzione di componenti delle membrane
- Massa cellulare raddoppiata

MITOSI
Processo tramite il quale il nucleo di una cellula eucariote si divide, dando origine a due nuclei gli.
Generalmente segue la divisione del citoplasma, indicata come citodieresi.
All’inizio della mitosi i cromosomi si condensano e iniziano a presentarsi sotto forma di corpuscoli corti
e tozzi. Visto che il DNA si era duplicato, ogni cromosoma di una cellula che entra in mitosi è costituito
da due lamenti di DNA identici, chiamati cromatidi fratelli, uniti in una regione chiamata centromero,
mentre le estremità dei cromosomi sono dette telomeri.
Viene suddivisa in:
• Profase: il DNA si spiralizza, si condensa e comincia ad assumere l’aspetto di corpuscoli. La
membrana nucleare inizia a dissolversi e i nucleoli diventano poco visibili o scompaiono. Nel
citoplasma i due centrosomi, ognuno contenente una coppia di centrioli, iniziano a migrare ai due poli
della cellula, dando origine al fuso mitotico, un insieme di bre costituite da microtubuli che
attraversa tutta la cellula e collega le due coppie.
• Prometafase: l’involucro nucleare si dissolve completamente e il fuso mitotico è formato. I
cromosomi entrano in contatto con le bre del fuso mitotico e si agganciano a livello del centromero.
• Metafase: i cromosomi si allineano sul piano equatoriale della cellula originando la piastra meta sica
dopo aver aderito alle bre del fuso per mezzo dei cinetocori, strutture proteiche presenti nel
centromero. Questa precisa disposizione è determinata da un equilibrio di forze esercitate dalle bre
di microtubuli che si tendono tra il centriolo e il cromosoma. I cromosomi sono al massimo grado di
condensazione, perfettamente distinguibili.
• Anafase A: i centromeri si dividono in due e i due cromatidi fratelli di ogni cromosoma si separano,
ma restano agganciati ai microtubuli e iniziano a migrare verso i poli opposti della cellula grazie
all’accorciamento (depolimerizzazione) delle bre del fuso mitotico.
• Anafase B: i cromatidi continuano la migrazione verso i poli; avviene un allungamento dei microtubuli
non leganti i cromosomi e i poli si allontanano, la cellula diventa ovale.
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• Telofase: il fuso gradualmente scompare; i cromatidi, ormai divenuti i nuovi cromosomi delle due
cellule glie, si despiralizzano riassumendo la forma distesa tipica dell’interfase, attorno ad essi si
riforma la membrana nucleare a partire dalle membrane del reticolo rugoso e ricompare il nucleolo.
Inizia a formarsi un solco a livello del piano equatoriale del fuso (solco di clivaggio).

CITODIERESI
Divisione del citoplasma che segue quasi sempre la mitosi e porta alla formazione di due cellule glie.
Il solco di clivaggio si restringe progressivamente (anello contrattile formato da bre di actina)

DIVISIONE MEIOTICA
Interessa le cellule germinali; processo che consiste in due divisioni cellulari successive (meiosi I e II)
che a partire da una cellula diploide, ne producono 4 aploidi. Sono simili alla mitosi, ma solo la
prima è preceduta dalla replicazione del DNA. È responsabile della formazione dei gameti. Avviene una
riduzione del materiale genetico (gameti: cellule aploidi) ma rimane invariato il numero di cromosomi
con il succedersi delle generazioni (riproduzione sessuata). È una fonte di variabilità genetica, grazie
al crossing over e alla distribuzione casuale degli omologhi (materno e paterno); in ogni gamete è
presente una combinazione diversa di geni.

MEIOSI
Meiosi I → riduzionale (accompagnata dal dimezzamento del numero di
cromosomi)
• Profase I: la cromatina si condensa e i cromosomi diventano corpuscoli
distinti, si forma l’apparato del fuso e scompaiono la membrana nucleare e i
nucleoli. I due cromosomi omologhi di ogni coppia si avvicinano e si
appaiano, formando una una coppia di 4 cromatidi, chiamata tetrade (o
sinapsi). Avviene il crossing-over.

CROSSING-OVER
I cromosomi si rompono in punti esattamente corrispondente, scambiandosi dei segmenti
(ricombinazione genetica). Il punto di scambio è detto chiasma ed è casuale. Non comporta
ne perdita, ne guadagno di materiale genetico, ma solo uno scambio reciproco di segmenti
corrispondenti. Avviene tra due cromatidi non fratelli di una coppia di omologhi e non tra i
cromatidi fratelli dello stesso cromosoma.
I cromatidi della tetrade che partecipano allo scambio di segmenti corrispondenti, sono detti
ricombinanti, quelli che non si ricombinano sono detti parentali.

• Metafase I: le tetradi si allineano sul piano equatoriale della cellula e ogni coppia di
cromosomi omologhi si attacca ad una bra del fuso.
• Anafase I: i due cromosomi di ogni coppia si separano e si muovono verso i due poli opposti della
cellula grazie all’accorciamento delle bre del fuso. Ognuno dei due è ancora formato da due
cromatidi fratelli uniti a livello del centromero.
• Telofase I: la cellula di partenza si divide in due cellule glie, ciascuna contenente un numero aploide
di cromosomi.

I due prodotti della prima divisione meiotica non sono uguali al gametocito di partenza perché sono
aploidi; non sono inoltre uguali tra loro in quanto, per ciascun tipo di cromosoma, hanno ereditato
l'uno la copia materna e l'altro la copia paterna. Per ogni coppia, la distribuzione dei due omologhi
nelle due cellule glie è casuale e indipendente da quella degli altri cromosomi: ogni cellula glia può
ricevere con uguale probabilità il cromosoma di origine paterna o quello di origine materna.
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Tra la prima e la seconda divisione può esserci un breve periodo di riposo (interchinesi), durante il
quale i cromosomi si despiralizzano parzialmente.
Meiosi II → equazionale (non si ha alcuna variazione nel numero cromosomico)
• Profase II: i centrioli migrano ai poli opposti della cellula e si riforma l’apparato del fuso
• Metafase II: i cromosomi si allineano sul piano equatoriale della cellula
• Anafase II: i cromatidi fratelli di ogni cromosoma si separano e si muovono verso i due poli opposti
della cellula, diventando i nuovi cromosomi delle cellule glie
• Telofase II: si formano i due nuclei e si ha la citodieresi con la formazione di 4 cellule aploidi

Trisomie e monosomie sono causate dalla non disgiunzione meiotica:


a) durante la divisione meiotica I gli omologhi non si separano
b) durante la divisione meiotica II i cromatidi fratelli non si separano
→ vengono prodotti gameti con un cromosoma in più e gameti con un cromosoma in meno

GAMETOGENESI
Processo di formazione dei gameti che avviene nelle gonadi.

SPERMATOGENESI
Nelle gonadi maschili gli spermatozoi (2n) si di erenziano in
spermatociti primari (2n) che vanno incontro alla prima divisione
meiotica, originando due cellule aploidi di uguale dimensione, dette
spermatociti secondari (n). Questi vanno incontro alla seconda
divisione meiotica producendo 4 cellule aploidi, gli spermatidi, che
matureranno in spermatozoi.
SPERMATOGONIO (cellula germinale diploide) → 4 spermatozoi
(4 gameti funzionali)
SPERMATOZOO: cellula fortemente specializzata, formato da:
acrosoma (organulo anteriore al nucleo, delimitato da membrana e ricco
di enzimi litici), nucleo di forma lanceolata (cromatina molto compatta),
poco citoplasma, mitocondri disposti a spirale alla base della testa, in
prossimità del agello (forniscono energia per il movimento della cellula)
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OVOGENESI
Nelle gonadi femminili gli ovogoni (2n) si di erenziano in ovociti
primari (2n) che vanno in contro alla prima divisione meiotica (ad ogni
ciclo mestruale) con produzione di due cellule aploidi di dimensioni
diverse: un ovocita secondario e una piccola cellula detta globulo
polare. Quest’ultimo può andare in contro ad una seconda divisione,
formando due nuovi globuli polari oppure degenerare e morire, mentre,
l’ovocita secondario se si veri ca la fecondazione va in contro alla
seconda divisione meiotica, producendo una cellula uovo e un altro piccolo
globulo polare.
OVOGONIO (cellula germinale diploide) → una cellula uovo e 3 globuli polari (un
gamete funzionale e 3 cellule ridotte non funzionali)
Il fuso mitotico si forma in periferia, per permettere la formazione di una cellula
che prende quasi tutto il citoplasma.
I globuli polari hanno solo la funzione di eliminare la metà del corredo
cromosomico dell’ovocita senza intaccare i materiali di riserva citoplasmatici.
OVULO: all’esterno della membrana cellulare c’è la zona pellucida (matrice
glicoproteica che contiene recettori per lo spermatozoo); il citoplasma contiene
abbondanti sostanze di riserva per le prime fasi dello sviluppo embrionale (lipoproteine e glicoproteine
che costituiscono il vitello)

RIPRODUZIONE
La maggioranza degli organismi animali si riproduce mediante l’unione di due gameti
aploidi (fecondazione) che forma lo zigote (diploide) → riproduzione sessuata; questa
permette di sviluppare una grande variabilità genetica e aumenta la probabilità di
sopravvivenza al variare delle condizioni ambientali. I gameti sono cellule
estremamente specializzate, lo spermatozoo è molto piccolo e ricco di motilità, l’uovo
è grande e privo di motilità; vengono prodotti nelle gonadi (testicolo e ovaio) a partire
da cellule germinali diploidi che si dividono per meiosi → gametogenesi

FECONDAZIONE
Nelle tube, lo spermatozoo si lega alla zona pellucida che circonda l’ovocita
secondario. Avviene una reazione acrosomale: lo spermatozoo libera il contenuto
dell’acrosoma (gli enzimi litici demoliscono le membrane che avvolgono l’ovocita). I
due gameti si fondono e si forma lo zigote. L’ovocita riprende la meiosi e segrega la
metà dei cromatidi fratelli in un globulo polare. I due pronuclei aploidi, maschile e
femminile, migrano uno verso l’altro. Il primo fuso mitotico si aggancerà ad un genoma
diploide (zigotico)

SVILUPPO EMBRIONALE
Nei primi 3/4 giorni, una rapida serie di mitosi produce 8 cellule embrionali che aderiscono tra loro
formando la morula; allo stadio di 32 cellule, nell’embrione si forma una cavità piena di liquido, che
continua a crescere mentre l’embrione matura in blastocisti (32/64 cellule). Nell’utero, la blastocisti si
lega alla parete uterina su cui continua lo sviluppo embrionale. La blastocisti è formata da due tessuti:
ICM (Inner Cell Mass) che formerà l’embrione, e trofectoderma che formerà i tessuti per nutrire il feto
(placenta).
Le prime cellule embrionali sono in grado di specializzarsi in qualsiasi tipo cellulare: sono cellule
staminali totipotenti. Dopo le prime divisioni, le cellule iniziano ad avviare i programmi per
specializzarsi nei diversi tessuti ed organi: di erenziamento cellulare. I processi di di erenziamento
sono in genere irreversibili; iniziando i programmi di di erenziamento, le cellule perdono la totipotenza.
Cellule di erenziate (adulte): cellule specializzate, aventi speci ca morfologia e speci ca attività
funzionale.
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CELLULE STAMINALI
Le staminali sono cellule indi erenziate. Hanno la capacita di di erenziarsi in tipi cellulari specializzati
(questa caratteristica è detta potenza).
- Cellule staminali totipotenti: una singola cellula può originare un intero individuo oltre che tessuti
extraembrionali
- Cellule staminali pluripotenti: possono dividersi e di erenziarsi in tutti i tipi di cellule di un soggetto
adulto, fatta eccezione per le cellule extraembrionali
- Cellule staminali multipotenti: possono generare tutti i tipi di cellule che compongono un
determinato tessuto
- Cellule staminali unipotenti: possono formare soltanto un tipo cellulare
Sono capaci di autorinnovarsi; sono in grado di generare
cellule indi erenziate uguali alla cellula madre dividendosi per
numerosi cicli cellulari. Dopo la divisione le cellule glie
possono o rimanere staminali e continuare a dividersi o
imboccare la strada del di erenziamento. La divisione
asimmetrica permette alla staminale di autorinnovarsi e
mantenere la potenza.

STAMINALI EMBRIONALI
Sono totipotenti (nelle primissime fasi dello sviluppo) o pluripotenti; hanno la capacità proliferativa
limitata: possono dividersi senza di erenziarsi per lunghi periodi di tempo. Possono di erenziarsi in tutti
i tipi cellulari adulti: il di erenziamento verso uno speci co tipo cellulare dipende da segnali
extracellulari

STAMINALI ADULTE
Multipotenti o unipotenti; si trovano nei tessuti di un organismo. Hanno un ruolo nell’accrescimento e
forniscono cellule di sostituzione (serbatoio per i tessuti ad elevato ricambio, es: pelle, intestino,
sangue).
Es multipotenza: cellule staminali emopoietiche; risiedono nel midollo osseo, danno origine a tutti i tipi
cellulari del sangue (globuli bianchi, rossi e piastrine); il sangue da cordone ombelicale contiene
abbondanti staminali emopoietiche
Es unipotenza: cellule staminali dell’epidermide; risiedono nello strato basale dell’epidermide;
dividendosi, danno origine ad una staminale unipotenti e ad una cellula che si di erenzia in cellula della
pelle

UTILIZZO NELLA PRATICA CLINICA


Trattamento di tumori e rigenerazione di tessuti.
Trapianto di cellule staminali ematopoietiche (leucemie, mielomi) e trapianto di cellule staminali isolate
da alcuni epiteli (tessuto cutaneo, cornea)

Protocolli sperimentali in studio: produzione di interi organi in laboratorio a partire da staminali (cuore,
muscolo scheletrico, pancreas, sistema nervoso)
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EREDITARIETÀ
Complesso delle modalità di trasmissione dei caratteri ereditari dagli individui di una generazione
ai loro discendenti. È l’oggetto di studio della genetica.
GENETICA: scienza che studia la trasmissione dei caratteri ereditari attraverso la discendenza. Nasce
alla ne del 1800 con gli studi di Mendel, prima di lui non c’era l’idea che l’ereditarietà potesse essere
studiata attraverso un approccio scienti co e sperimentale. Il perché i gli assomigliassero ai genitori
era attribuito a meccanismi misteriosi. Mendel è il primo a dimostrare che l’ereditarietà può essere
studiata sperimentalmente applicando matematica, statistica e calcolo delle probabilità. L’ereditarietà
agisce secondo regole logiche e prevedibili.

Genotipo: combinazione degli alleli di un individuo; costituzione genetica di un individuo, il patrimonio


genetico ereditario di un individuo, costituito dai suoi geni speci ci
Fenotipo: insieme delle caratteristiche che si manifestano in un individuo, determinate dal genotipo e
dall’ambiente
La variabilità fenotipica tra un individuo e l’altro della stessa specie è dovuta a di erenze genotipiche

Ogni gene è presente in due copie, le due forme dello stesso gene si chiamano alleli.
Allele: forma alternativa del gene
Cromosomi omologhi: due cromosomi che portano alleli dello stesso
gene

I due alleli possono essere identici o diversi:


- Omozigosi: presenza di due forme alleliche identiche di un dato gene
- Eterozigosi: presenza di due forme alleliche diverse di un dato gene

Allele dominante: ogni carattere ce si esprime anche nell’eterozigote


(un solo allele è su ciente per esprimere quel carattere)
Allele recessivo: ogni carattere che si esprime solo nell’omozigote
(entrambi gli alleli sono necessari per esprimere quel carattere)

GLI ESPERIMENTI DI MENDEL


GREGOR MENDEL, considerato il padre della genetica, tra il 1854 e il 1864 scoprì le regole
fondamentali che governano la trasmissione dei caratteri ereditari.
Procedimento sperimentale:
• Materiale sperimentale: pianta di pisello, facile da coltivare e si riproduce rapidamente e più volte
durante l’anno
• 7 coppie di caratteri unitari: caratteri che si presentavano solo con due forme alternative facilmente
distinguibili (es: forma del seme → liscio o rugoso)
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• Linee pure: piante che per autofecondazione davano origine sempre a piante con lo stesso carattere
• Incrociò piante di linea pura che di erivano solo per un carattere (incrocio monoibrido) o per due
caratteri (incrocio diibrido)
• Analisi numerica dei risultati ottenuti

INCROCIO MONOIBRIDO → incrocio ad un solo carattere


Mendel incrociò piante di linea pura che di erivano per un solo carattere
(es: seme liscio o seme rugoso), chiamate generazione parentale P.
I nuovi individui, de niti prima generazione liale F1, avevano tutti lo stesso
fenotipo, uguale a quello di un solo genitore, mentre l’altro fenotipo
parentale sembrava scomparso.
Dominante → carattere che si manifesta nella F1
Recessivo → quello che non si manifesta
Sottoponendo ad autofecondazione gli individui della F1 i nuovi individui,
la seconda generazione liale F2, risultata composta sia da piante
portatrici di un carattere che da piante portatrici dell’altro. I due caratteri
si manifestarono con un rapporto numerico ben preciso: circa 3/4 dei
nuovi individui manifestava il carattere dominante, mentre solo 1/4
manifestava il carattere recessivo

PRIMA LEGGE DI MENDEL → LEGGE DELLA DOMINANZA


Incrociando due individui omozigoti che di eriscono per una coppia di alleli, si
ottengono individui eterozigoti che manifestano tutti lo stesso carattere
(dominante)

SECONDA LEGGE DI MENDEL → LEGGE DELLA SEGREGAZIONE


Incrociano due eterozigoti per lo stesso carattere, si ottengono individui che
manifestano due fenotipi, dominante e recessivo, in rapporto costante 3:1
Gli alleli segregano (=si separano) alla meiosi, così che metà dei gameti porta
un allele e metà porta l’altro.

INCROCIO DIIBRIDO → incrocio a due caratteri


Mendel eseguì anche un incrocio tra piante di linea pura che di erivano per due caratteri:
Seme giallo e liscio → genotipo doppio omozigote dominante (GGLL)
Seme verde e rugoso → genotipo doppio omozigote recessivo (vvrr)

Le piante della F1 mostravano entrambi i caratteri controllati dagli alleli


dominanti, cioè semi gialli e lisci. Erano piante con genotipo
eterozigote sia per la forma che per il colore del seme (GvLr) e quindi
tutte con lo stesso fenotipo.
Incrociando le piante della F1, ricomparivano gli alleli recessivi, e oltre
a ricomparire i fenotipi parentali, comparivano assortimenti diversi,
detti fenotipi ricombinanti (piante a semi gialli e rugosi, e piante a semi
verdi e lisci)

TERZA LEGGE DI MENDEL → LEGGE DELL’ASSORTIMENTO


INDIPENDENTE
Incrociando individui che di eriscono per più coppie di alleli, ogni coppia trasmette in modo
indipendente: ogni coppia di alleli si manifesta nel fenotipo F2 con un rapporto 3:1 tra dominante e
recessivo. Questa legge vale per caratteri situati su cromosomi diversi.
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MALATTIE GENETICHE MONOFATTORIALI (O MENDELIANE)
Malattie a trasmissione ereditaria dovute alla mutazione di un singolo gene.

- Ereditarietà autosomica dominante: si manifesta anche in presenza di eterozigosi (es: malattia di


Huntington, osteogenesi imperfetta)
- Ereditiera autosomica recessiva: si manifesta solo in presenza di omozigosi (es: brosi cistica,
anemia falciforme, fenilchetonuria)
Hanno i caratteri localizzati sugli autosomi e si manifestano con uguale frequenza nei due sessi

- Ereditarietà legata al sesso:


- Recessiva legata all’X (es: daltonismo, emo lia, distro a Duchenne)
- Dominante legata all’X
- Legata all’Y
Hanno i caratteri localizzati sui cromosomi sessuali e si trasmettono con frequenza diversa negli
individui dei due sessi

ALBERI GENEALOGICI
Permettono di ricostruire la trasmissione di un carattere
( siologici e patologici). Analizzando l’albero genealogico
è possibile:
- De nire il modello di ereditarietà di quel carattere
(autosomico dominante, autosomico recessivo, legato
all’X, legato all’Y)
- Prevedere il rischio di trasmissione alle generazioni
future

EREDITARIETÀ AUTOSOMICA DOMINANTE


- Il carattere si manifesta in misura simile nei due sessi ed è
trasmesso da entrambi i sessi
- Un individuo a etto ha comunemente almeno un genitore
a etto
- Circa il 50% dei gli di una persona a etta (e di una sana) è
a etto
- Il carattere è presente in tutte le generazioni, senza salti
generazionali (trasmissione verticale)
- Gli individui non a etti non trasmettono la malattia

EREDITARIETÀ AUTOSOMICA RECESSIVA


- Il carattere si manifesta in misura simile nei due sessi
- Spesso l’individuo a etto ha genitori non a etti
(eterozigoti, portatori sani)
- Circa il 25% dei gli di due genitori portatori è a etto,
circa il 50% è portatore sano
- Il carattere salta le generazioni (trasmissione
orizzontale: tende a colpire fratelli e sorelle)
- La consanguineità aumenta il rischio di trasmette il
carattere

EREDITÀ LEGATA AL SESSO

femmine: possono essere omozigoti o eterozigoti per un dato


gene legato all’X
maschi: non esistono geni presenti in due copie, per cui non sono
ne omozigoti ne eterozigoti, sono detti emizigoti
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EREDITARIETÀ RECESSIVA ASSOCIATA ALL’X
Mutazioni sui geni legati all’X a trasmissione recessiva
- Colpisce prevalentemente i maschi
- Una madre eterozigote (portatrice sana) trasmette il carattere al 50% dei gli
maschi
- Le glie femmine di un padre a etto sono portatrici obbligate
- Il padre non trasmette mai la malattia ai gli maschi
- La femmina può manifestare il carattere (omozigosi) se glia di padre a etto e
madre portatrice

EREDITARIETÀ DOMINANTE ASSOCIATA ALL’X


Mutazioni sui geni legati all’X a trasmissione dominante
- Le femmine a ette sono il doppio rispetto ai maschi
- Un maschio a etto genera glie femmine a ette e gli maschi sani
- Spesso il fenotipo eterozigote femminile è più lieve rispetto a quello emizigote
maschile (presenza di un X sano)

EREDITARIETÀ LEGATA ALL’Y


Mutazioni su geni localizzati sul cromosoma Y
- Il carattere si esprime solo nei maschi
- I gli maschi hanno il padre a etto
- Il padre a etto trasmette il carattere a tutti i gli maschi

VARIAZIONI ALL’EREDITÀ MENDELIANA


Mendel osservò dei casi particolari: caratteri monofattoriali o mendeliani
La relazione tra genotipo e fenotipo non è cosi semplice e lineare come si poteva dedurre dagli
esperimenti di Mendel

Esistono:
- Varianti alla de nizione di caratteri dominanti e recessivi: dominanza incompleta, codominanza, alleli
multipli
- Caratteri complessi: pleiotropia, ereditarietà poligenica
- Interazioni tra geni e ambiente: eredità multifattoriale
- Altri modelli di ereditarietà: eredità mitocondriale, eredità epigenetica
DOMINANZA INCOMPLETA
Fenomeno per cui, dati due alleli di un gene, nessuno dei due
domina l’altro. La prima legge di Mendel non viene rispettata
perché gli individui della F1 (eterozigoti), pur essendo uguali tra
loro, hanno genotipo diverso rispetto a quello dei genitori,
presentando un fenotipo intermedio.
Es: ore rosso + ore bianco → ore rosa; 2 ori rosa → 1/4
rosso, 1/4 bianco, 1/2 rosa
Fenotipo intermedio: il 50% della proteina codi cata dal gene
del colore non è su ciente a produrre il fenotipo rosso.
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CODOMINANZA
Quando, in un eterozigote, i due alleli di un gene si esprimono entrambi
Es: antigeni che distinguono i gruppi sanguigni del sistema AB0 (entrambe le proteine vengono
prodotte)
Gli alleli sono detti co-dominanti

ALLELISMO MULTIPLO (POLIALLELIA)


I caratteri di Mendel si presentavano solo in due forme alleliche.
Molti geni però possiedono più di due forme alleliche (allelia
multipla)
Es: gene responsabile dei gruppi sanguigni umani del sistema AB0,
presente con tre alleli diversi (IA, IB, I0), la cui combinazione
determina i gruppi sanguigni A, B, AB e 0

PLEIOTROPIA
Fenomeno in base al quale un singolo gene determina e etti fenotipici multipli
Es: spesso i geni che controllano la produzione degli ormoni hanno questo comportamento, perché
ogni ormone generalmente esercita molteplici e etti sull’organismo
Geni pleiotropici: generano fenotipi complessi
Nelle malattie genetiche, un unico gene mutato provoca una varietà di sintomi (es: brosi cistica:
malattia polmonare, de cit enzimi pancreatici, perdita di sali)

PENETRANZA INCOMPLETA
Il fenotipo associato ad un gene non viene espresso
Penetranza: probabilità che un allele si esprima negli individui che lo possiedono
Penetranza completa → il 100% dei portatori esprime il fenotipo
Penetranza incompleta → < 100% esprime il fenotipo

EREDITÀ POLIGENICA
Caratteri poligenici: risultato dell’azione di più geni (es: statura, peso, colore della pelle, degli occhi, dei
capelli, quoziente intellettivo)
Variabilità continua: presenza di in nite classi di fenotipi (non esistono un dominante e un recessivo)

EREDITÀ MULTIFATTORIALE
Caratteri fenotipici determinati dall’interazione tra fattori genetici e fattori non-genetici (ambientali,
comportamentali)
L’ambiente può in uenzare l’espressione dei geni e il fenotipo
Interazione geni-ambiente: la statura è in uenzata dall’alimentazione oltre che da fattori genetici;
l’acidità del terreno in uenza colore del ore dell’ortensia

EREDITARIETÀ DELLE MALATTIE MULTIFATTORIALI


Malattie dovute all’azione di numerosi geni e di fattori non-
genetici (es: diabete, ipertensione, aterosclerosi, schizofrenia)
- È presente una familiarità (hanno una componente ereditaria)
ma non una chiara trasmissione familiare
- La componente genetica predispone alla malattia
- Il fenotipo malato si manifesta se ai fattori genetici si
sommano fattori ambientali
- Geni predisponenti e fattori ambientali sono fattori di rischio:
aumentano la probabilità di manifestare la malattia

EREDITARIETÀ MITOCONDRIALE
Malattie curate da geni presenti nel DNA mitocondriale non seguono un tipo di trasmissione
mendeliana; il genoma mitocondriale viene ereditato per linea materna, un maschio a etto non
trasmette il carattere. Le cellule contengono più copie del genoma mitocondriale (centinaia di
mitocondri nella stessa cellula, 2-10 copie di DNA per ogni mitocondrio); nelle cellule coesistono sia
mitocondri sani che mitocondri mutati (i mitocondri si distribuiscono casualmente durante la mitosi). I
fenotipi dovuti a mutazioni nei geni mitocondriali sono molto variabili.
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EREDITARIETÀ EPIGENETICA
Le modi cazioni epigenetiche possono essere:
- Programmate durante lo sviluppo embrionale e la gametogenesi (inattivazione cromosoma X,
imprinting); queste si trasmettono dalla cellula madre alla cellula glia durante la proliferazione
cellulare
- Indotte da fattori ambientali (alimentazione, stress, esposizione a sostanze tossiche); queste possono
essere ereditate attraverso le generazioni → e etti epigenetici transgenerazionali

INATTIVAZIONE CROMOSOMA X
Nelle prime fasi dello sviluppo, uno dei due cromosomi X delle cellule somatiche femminili viene
inattivato
Inattivazione: estrema spiralizzazione della cromatina (corpo di Barr)
Soltanto un cromosoma X è attivo: la quantità di proteine prodotte a partire dai geni legati all’X è
simile nei maschi e nelle femmine

IMPRINTING GENOMICO
Espressione di erenziale di un gene se trasmesso per via materna o paterna. Alcuni geni sono attivi se
trasmessi tramite ovogenesi (imprinting materno) altri geni se trasmessi tramite spermatogenesi
(imprinting paterno). Circa 200 geni sono sottoposti a imprinting (ruolo in di erenziamento e sviluppo).
Avviene alla gametogenesi; in quella successiva (del nuovo individuo) le modi cazione epigenetiche
dell’imprinting vengono cancellate e ne vengono fatte di nuove (riprogrammazione)

EFFETTI EPIGENETICI TRANSGENERAZIONALI


Le modi cazioni epigenetiche possono essere ereditate. È frequente nelle piante: ori di piante
sottoposte a siccità generano semi che daranno vita a piante che resistono meglio ad un clima arido.
Studi nell’uomo: donne incinta in periodo di carestia, gli e nipoti presentavano maggior obesità e
alterazione al metabolismo del glucosio
Studi epidemiologici hanno mostrato una maggior correlazione tra un aumento di assunzione di cibo di
un soggetto e un maggio rischio di diabete e di malattie cardiovascolari nei nipoti.
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