Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Proprio in relazione a tali problemi ambientali esplosi nella seconda metà del secolo scorso, si è
affermata l’ecologia come disciplina scientifica.
Organizzazioni e movimenti ambientalisti, come per esempio il WWF e GREENPEACE, hanno
fornito un grande contributo evidenziando la necessità di proteggere la natura. Si pensi, ad
esempio, alla prima conferenza mondiale sull’ambiente tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, che
vide la partecipazione di 172 governi e migliaia di rappresentazioni non organizzative.
Questa modalità di studio dell’intero sistema è l’approccio OLISTICO dell’ecologia, per cui
l’insieme costituisce una entità vivente, e non semplice somma delle componenti che lo
definiscono
Perciò nel nostro pianeta tutto è collegato—> un’esplosione nucleare può implicare la ricaduta di
polveri radioattive (fall-out) in posti molto lontani; anche le acque degli oceani sono in continuo
movimento, connettendo le varie parti del pianeta, pertanto un elemento inquinante in una certa
area geografica potrebbe percorrere lunghe distanze e arrivare in un’altra area del mondo molto
lontana.
Abbiamo anche visto con quale velocità il virus SARS-CoV-2 si è diffuso nella popolazione umana.
Molti interventi dell’uomo sulla natura possono avere effetti globali (teoria dell’effetto farfalla:
può il battito d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas)
Le relazioni tra le differenti componenti degli ecosistemi sottolineano come ogni cosa possa essere
collegata a ciascun’altra e, pertanto, dovrebbe indurre l’uomo ad assumere comportamenti
prudenti nei confronti dell’ambiente
-L’insegnamento dell’ecologia:
Appare dunque evidente l’urgenza di promuovere la conoscenza dell’ecologia a partire dalla
scuola dell’infanzia, affinché i docenti possano fornire la corretta formazione sui problemi
ambientali del nostro tempo, promuovendo comportamenti responsabili e sostenibili. Come
riportato nelle Indicazioni Nazionali, la scuola può e deve educare alla consapevolezza che quanto
accade nel mondo influenzi la vita di ogni persona.
Attraverso l’ecologia si realizza l’incontro tra il:
Sempre nelle Indicazioni Nazionali è riportato che la scuola deve ottenere alcuni obiettivi, tra i
quali:
- Promuovere la capacità di cogliere gli aspetti essenziali dei problemi, la capacità di vivere e
di agire in un mondo in continuo cambiamento;
- Diffondere la consapevolezza che i grandi problemi della condizione umana possano essere
affrontati e risolti attraverso una stretta collaborazione non solo fra le nazioni, ma anche
fra le discipline e fra le culture
-
CAPITOLO 1
-Gli elementi base della vita:
L’ecologia è una disciplina scientifica delle scienze della natura e della vita (vita-> composta da
esseri viventi e non viventi). Un essere vivente per essere tale deve avere alcune caratteristiche
particolari. Innanzitutto, come ogni cosa intorno a noi, anche gli esseri viventi sono fatti di materia,
ovvero di atomi e molecole.
Negli esseri viventi le MOLECOLE hanno diverse dimensioni e possono essere piccole (come quelle
dell’acqua), o molto grandi (macromolecole) come proteine, grassi e carboidrati. Tutte queste
molecole formano le cellule, le quali sono le unità strutturali dei viventi, anche se esistono forme
di vita, i virus, non dotati di una propria cellula
Se l’organismo è grande, come nel caso degli esseri umani, le cellule formano tessuti, organi e
apparati. Quindi gli esseri viventi, essendo fatti di materia, sono materia vivente e si presentano
con differenti livelli di complessità. Infatti, un batterio non soltanto è più piccolo, ma è anche più
semplice di un elefante
Tra le molecole che costituiscono gli esseri viventi, una in particolare porta in sé tutte le
informazioni della vita, ovvero il DNA (o ACIDO DESOSSIRIBONUCLEICO)
È una molecola a forma di doppia elica scoperta nel 1953 da Watson e Crick, ai quali fu
assegnato il premio Nobel per la medicina. Il DNA è contenuto nel nucleo delle cellule e porta
tutte le informazioni che definiscono le caratteristiche strutturali e funzionali di un’entità
vivente.
Qualsiasi attività o evento, sia in un mondo naturale che in un mondo tecnologico, richiede
ENERGIA, ovvero la capacità di fare un lavoro. La vita richiede energia per svolgersi poiché tutti i
processi vitali implicano trasformazioni energetiche, ovvero lavoro fatto dalle cellule per attività
utili alla crescita, allo sviluppo ecc
Queste attività cellulari consistono in una serie di reazioni chimiche che costituiscono il
metabolismo. Queste reazioni possono essere:
Nelle varie trasformazioni energetiche, una parte dell’energia si perde in forma di calore non
utilizzabile (entropia) che viene espulso all’esterno del sistema vivente.
Un essere vivente è un sistema aperto, che scambia continuamente energia e materia con
l’ambiente esterno. Le unità di misura dell’energia sono la CALORIA e il JOULE
L’energia non può essere ne prodotta ne distrutta, ma soltanto trasformata (Primo Principio
della Termodinamica)
Ad ogni trasformazione dell’energia, questa si degrada, ovvero una parte di essa si libera in
una forma non utilizzabile, il calore (Secondo Principio della Termodinamica)
Piccolo o grande che sia, un essere vivente è sottoposto a numerosi fattori fisico-chimici
dell’ambiente, per esempio temperatura, umidità, pressione, rispetto ai quali manifesta differenti
tipo di reazione.
Infatti, un’altra capacità degli esseri viventi è quella di reagire agli stimoli
Es: un essere vivente reagisce al freddo con la “pelle d’oca”, e con i meccanismi di
termoregolazione per mantenere una condizione più o meno costante di temperatura corporea.
Pertanto, gli esseri viventi sono capaci di meccanismi di autoregolazione (OMEOSTASI). Un altro
tipico meccanismo di autoregolazione è quello relativo all’aumento di glucosio nel sangue che si
verifica dopo un pasto e che determina la produzione di insulina.
Con il passare del tempo, la vita si evolve adattandosi alle variabili condizioni dell’ambiente.
Questo vuol dire che gli organismi viventi possono cambiare con il passare delle generazioni,
acquisendo nuove caratteristiche.
Caratteristiche di un organismo vivente:
Possiede il programma della sua struttura e del suo funzionamento (DNA/RNA)
È costituito da acqua e molecole organiche
Utilizza materia ed energia per mantenere la propria organizzazione (metabolismo)
Reagisce agli stimoli autoregolandosi (omeostasi)
Si adatta alle condizioni dell’ambiente in cui vive
Ha un ciclo di vita, dalla nascita alla morte
Genera nuovi organismi con caratteristiche simili (riproduzione, ereditarietà)
Concorre all’evoluzione della specie nel corso delle generazioni.
-La vita si presenta in forme differenti:
La terra è popolata da una grande varietà di esseri viventi, da forme piccolissime a organismi
molto grandi. Gli esseri viventi vengono classificati in 6 diversi regni:
1) ARCHEOBATTERI: batteri con caratteristiche antiche. Sono procarioti (la cellula non è
superata da una membrana)
2) EUBATTERI: batteri ben fatti. Sono procarioti
3) PROTISTI: organismi unicellulari, eucarioti (la membrana separa la cellula dal citoplasma)
4) FUNGHI: pluricellulari, eucarioti, eterotrofi (non in grado di produrre cibo da soli)
5) ANIMALI: pluricellulari, eucarioti, eterotrofi
6) PIANTE: pluricellulari, eucarioti, autotrofi (producono da soli il cibo necessario)
Poi ci sono i virus, piccole entità viventi non capaci di vita autonoma in quanto necessitano del
supporto di una cellula ospite e, pertanto, sono considerati organismi parassiti obbligati. Esistono
virus per ciascuno dei suddetti regni. I virus contengono solo uno dei due acidi nucleici (DNA o
RNA) inglobati in un involucro proteico (capside), che a volte può avere un altro involucro più
esterno (pericapside).
Gli organismi in quanto costituiti da differenti parti, sono SISTEMI VIVENTI—>Un bosco, è un
sistema vivente, proprio perché costituito da alberi e da altri esseri viventi. La vita di un bosco
dipende dagli organismi presenti, dalle interazioni tra di loro e con l’ambiente circostante.
L’organismo è un SISTEMA BIOLOGICO caratterizzato dall’interazione di organismi e apparati che lo
compongono e tra essi e i fattori dell’ambiente esterno.
Es: una popolazione è un sistema biologico caratterizzata dall’interazione degli individui della
stessa specie e tra l’ambiente esterno. Una comunità è costituita dalle popolazioni di differenti
specie che interagiscono in una data area. La comunità con le sue relazioni e l’ambiente esterno
costituisce l’ecosistema.
Salendo la scala dei livelli di organizzazione della vita, aumenta la complessità strutturale dei
viventi, e si manifestano nuove proprietà non presenti in ciascuno dei livelli precedenti.
Partendo dalla fascia tropicale e andando verso i poli, il numero delle specie si riduce. Questa
variazione di specie in base alla latitudine è dovuta ad alcuni fattori che variano dall’equatore ai
poli:
o Uno di questi fattori è la dimensione dell’area. Infatti, un’area più grande, a parità di
condizioni ecologiche, può contenere una maggiore quantità di risorse e, pertanto, ospitare
più specie di un’area più piccola.
o Un altro fattore è l’antichità del sistema ambientale. Un ecosistema che si è formato da
molto tempo avrà un numero maggiore di un altro formatosi da poco.
La biodiversità cambia anche in base all’altitudine, riducendosi dalle zone pianeggianti a quelle di
alta montagna. Ciò è correlato a fattori climatici come la temperatura, la radiazione solare, le
precipitazioni.
Sulla Terra la biodiversità è andata aumentando nel numero di specie, ma sono anche molte le
specie estinte. L’ESTINZIONE è un fenomeno che prima o poi colpisce tutte le specie ed è dovuto a
differenti cause. La terra ha vissuto 6 PERIODI DI ESTINZIONE DI SPECIE, in epoche geologiche
differenti:
1) 500 milioni di anni fa (Ordoviciano): estinzione del 50% delle famiglie animali
2) 345 milioni di anni fa (Devoniano): estinzione del 30% famiglie animali
3) 250 milioni di anni fa (Permiano): estinzione del 50% delle famiglie animali inclusi più del
95% delle specie marine, molti alberi e pesci.
4) 180 milioni di anni fa (Triassico): 35% delle famiglie animali inclusi molti rettili e molluschi
marini
5) 65 milioni di anni fa (Cretaceo): estinzione dei dinosauri
6) Oggi (Antropocene): adesso stiamo assistendo alla sesta estinzione di specie causata dalle
attività umane che stanno modificando e alterando le condizioni di vita sulla Terra.
CAPITOLO 2
-Componenti dell’ecosistema:
Tutti gli ecosistemi sono costituiti da componenti:
- Abiotiche (le parti non viventi): riguardano le matrici inorganiche dell’ambiente, l’aria,
l’acqua, le rocce, i sedimenti oceanici
- Biotiche (gli esseri viventi): costituite dagli organismi e dalle popolazioni/comunità che essi
costituiscono.
Inoltre, gli ecosistemi presentano una serie di fattori che variano nel tempo e nello spazio:
-Fattori fisico-chimici (abiotici) come ad esempio luce, temperatura;
-Fattori biotici dovuti alle interazioni degli organismi.
o COMPONENTI ABIOTICHE:
Le componenti abiotiche costituiscono il supporto fisico su cui si realizza la vita negli ecosistemi del
pianeta. Gli ecosistemi si distinguono in:
- Terrestri: Come ad esempio praterie, steppe, foreste. Qui la vita si svolge in un mezzo
gassoso, l’aria, e su un substrato solido (rocce, sabbia)
- Acquatici: Come ad esempio mari, fiumi, oceani. Qui gli organismi sono immersi in un
mezzo liquido e possono avere rapporti con i fondali duri rocciosi e con i sedimenti,
vivendoci anche all’interno.
I composti che formano le componenti abiotiche dell’ecosistema (aria, acqua, rocce) sono
composti INORGANICI.
Il suolo costituisce il sistema di accumulo, riciclo e rifornimento della materia. Nel suolo le piante
possono svilupparsi, rifornirsi di nutrienti. Il suolo inoltre è il luogo dove gli animali possono
rifugiarsi.
La parte più superficiale del suolo è costituita
dall’accumulo di materiale organico,
rappresentato da foglie morte, rami e scarti di
vario tipo (lettiera), al di sotto del quale inizia a
formarsi l’HUMUS. Questo influenza la
struttura e la fertilità del suolo in quanto ricco
di molecole organiche.
Sotto lo strato superficiale è presente il
TOPSOIL, in cui si accumula sostanza organica e
humus e per questo assume un colore scuro.
Al di sotto è presente la parte in cui si
accumulano le particelle più sottili e Sali
minerali trasportati dall’acqua, il SUBSOIL.
Infine, nella parte più bassa è presente la roccia
madre o il materiale da cui ha avuto origine il
suolo.
Il CLIMA, oltre ad avere un ruolo importante nella formazione del suolo, né influenza anche il
contenuto di sostanza organica e acqua. Il tipo di suolo influisce, quindi, sulla vegetazione che si
sviluppa su di esso e i vegetali, a loro volta, influenzano il suolo. Essendo suolo e vegetazione
correlati al tipo di clima, possiamo affermare che dall’equatore verso i due poli, si susseguono suoli
con differente struttura e composizione chimica.
Il mezzo gassoso negli ecosistemi terrestri è l’ARIA, che riveste l’intero pianeta e penetra nel suolo.
- Lo strato atmosferico che si estende dal suolo fino a 10 km è la troposfera. Questa è la
parte più densa dell’atmosfera. L’aria nella troposfera è costituita dal 78% di azoto, dal 21%
di ossigeno, dall’1% di argon e da altri gas tra cui elio e idrogeno. L’anidride carbonica
costituisce lo 0,04%
- Oltre la troposfera e fino a circa 50 km si estende la stratosfera che è prevalentemente
costituita da azoto, elio e ozono. L’importanza ecologica della stratosfera è dovuta alla
presenza di ozono. Infatti, lo strato di ozono filtra la radiazione solare, assorbendo frazioni
rilevanti della banda ultravioletta ad alta energia e proteggendo così gli esseri viventi dai
suoi effetti dannosi.
La quantità di vapore acqueo contenuta in atmosfera, quasi tutta nella troposfera, costituisce
l’UMIDITÀ, e può variare notevolmente.
Esiste una relazione tra la temperatura dell’aria e la quantità di vapore che può essere contenuta.
Questa relazione è espressa dalla CURVA DI SATURAZIONE. Più calda è l’aria, più vapore acqueo
può contenere, ma per ogni valore di temperatura esiste un limite in base al quale se il vapore
aumenta e raggiunge il valore della curva, l’acqua in forma di vapore ritorna allo stato liquido
(condensazione).
Il rapporto tra la quantità di vapore acqueo presente in un volume di aria rispetto a quella
riportata nella curva di saturazione alla stessa temperatura, rappresenta l’umidità relativa ed è
espressa in percentuale. L’umidità relativa è quella citata bei bollettini meteorologici.
Quando l’umidità relativa è al 100% l’acqua in forma di vapore condensa e passa allo stato liquido
e quindi piove
Negli ambienti acquatici i substrati con cui gli organismi hanno rapporti sono le rocce e i sedimenti.
La formazione dei SEDIMENTI è dovuta alla disgregazione delle rocce, all’accumulo dei resti degli
organismi (sedimenti organogeni) e al deposito chimico dovuti all’erosione delle terre emerse
(sedimenti terrigeni). Questi consistono in frammenti e particelle minerali trasportate dai fiumi,
dai ghiacciai, dal vento. I sedimenti terrigeni sono soprattutto di natura silicea ma sono anche
presenti spoglie di organismi bentonici e planctonici. Molto abbondante può essere il sedimento
terrigeno trasportato in mare aperto dal vento e che va a costituire i depositi di argille rosse.
Negli ecosistemi acquatici, gli organismi sono immersi nel mezzo liquido. L’ACQUA è un liquido
dotato di grande capacità di sciogliere molte sostanze (solvente universale). La forza di coesione
tra le molecole forma una pellicola abbastanza consistente da sostenere piccoli oggetti e organismi
(tensione superficiale). La forza di coesione tra le molecole è anche responsabile della viscosità: la
viscosità cresce con il decrescere della temperatura e l’incremento di salinità.
La massima densità dell’acqua è a 4°C e dipende dalla salinità e dalla pressione. Questo spiega
perché il ghiaccio che si forma a 0°C galleggia sull’acqua.
L’acqua può muoversi velocemente, come nei torrenti e nei fiumi, oppure essere relativamente
calma come negli stagni e nei laghi. L’acqua nel mare invece, è sottoposta a movimenti costanti
(correnti), periodici (maree) e variabili (onde).
Nei differenti ecosistemi, l’acqua si differenzia per il contenuto di salinità. Essa si esprime in
grammi di sali disciolti in 1000 grammi di acqua. Le acque marine hanno una salinità compresa tra
30 e 40, mentre quelle dolci hanno una salinità minore o uguale a 0,5.
Negli oceani, man mano che aumenta la profondità, aumenta anche la pressione: per ogni 10 m di
profondità la pressione aumenta di un’atmosfera.
La temperatura e la radiazione luminosa diminuiscono con la profondità. Le acque superficiali,
sottoposte alla radiazione solare diretta, sono più calde, più illuminate e meno dense, quindi più
leggere delle acque fredde sottostanti. Man mano che aumenta la profondità, la temperatura
diminuisce, aumenta la densità e si riduce la luminosità. Quando la temperatura cambia
rapidamente con la profondità, si parla di salto termico ed è indicato con il termine di termoclino.
La variazione di densità tra le acque meno dense superficiali e quelle più dense in profondità è
indicata con il termine di picnoclino.
Riguardo alla concentrazione dei gas disciolti, nelle acque degli oceani c’è molto meno ossigeno
che anidride carbonica.
o COMPONENTI BIOTICHE:
Le componenti biotiche dell’ecosistema sono costituite dagli esseri viventi. Essi possono essere:
EUCARIOTI: le cellule eucarioti che sono dotate di nucleo cellulare all’interno del
quale è presente il DNA;
PROCARIOTI: le cellule procariotiche non presentano il nucleo, per cui il DNA è libero
nel citoplasma in una regione chiamata nucleoide.
A seconda del modo in cui gli esseri viventi si procurano energia per la loro esistenza, si possono
dividere in:
Autotrofi: ricavano energia da molecole sintetizzate da loro stessi a partire da
semplici molecole inorganiche come acqua, CO2, utilizzando l’energia delle radiazioni
solari. Appartengono a questo gruppo i vegetale, molti protisti e molti procarioti. Gli
organismi autotrofi sono definiti sono definiti produttori
Eterotrofi: ricavano energia assumendo organismi. A questo gruppo appartengono gli
animali, i funghi, molti batteri. Sono definiti consumatori e possono essere primari
(erbivori) se si alimentano direttamente di autotrofi, secondari (carnivori) se si
nutrono di erbivori o di altri carnivori. Gli organismi che mangiano sia vegetali che
animali sono consumatori onnivori. Gli organismi che utilizzano la sostanza organica
morta, scarti di esseri viventi, sono consumatori detrivori.
In tutti gli ecosistemi del pianeta, la componente bioetica è formata da organismi produttori,
consumatori e decompositori.
I produttori sono le piante erbacee, e produttori fotosintetici come alghe e muschi;
I consumatori primari (erbivori) più abbondanti sono piccoli, come gli insetti. Quelli di medie
dimensioni sono rettili, uccelli, e di grosse dimensioni sono cavalli, zebre, giraffe…
I consumatori carnivori e onnivori sono alcuni insetti invertebrati, rettili (coccodrilli), uccelli
(aquile) e mammiferi (lupi, leoni);
Gli organismi morti sono utilizzati dai consumatori detrivori, come iene e avvoltoi.
Tutti i resti organici e gli scarti sono decomposti da batteri e funghi.
Negli oceani i produttori più abbondanti sono costituiti da organismi unicellulari microscopici, che
costituiscono il fitoplancton, ovvero il plancton autotrofo. In acque poco profonde dominano i
produttori ancorati al fondale, come alghe e piante. Ci sono poi consumatori carnivori e onnivori
come meduse, molluschi, pesci, mammiferi ecc.
Gli organismi morti sono utilizzati dai mangiatori di carogne (consumatori detrivori) come pesci,
crostacei, e tutti i resti residui sono decomposti da batteri e funghi.
Le popolazioni e le comunità dei viventi (componenti biotiche) e l’ambiente fisico
(rocce, aria, acqua) (abiotiche), con tutto l’insieme di fattori (temperatura, luce,
umidità) e relazioni tra i viventi e tra questi e il mondo non vivente), costituiscono
l’ecosistema.
Abbiamo visto che gli esseri viventi sono sistemi aperti, che scambiano energia e materia con
l’ambiente esterno mantenendo uno stato di ordine interno. Ciascun sistema vivente è
caratterizzato da un ambiente interno ed esterno. Pensiamo ad esempio a noi esseri umani. La
nostra esistenza è continuamente condizionata dal nostro ambiente interno, le nostre cellule, i
nostri organi, tessuti, ma contemporaneamente anche da quello esterno, come il clima, l’aria, il
cibo che mangiamo, le interazioni con gli esseri viventi. E noi stessi condizioniamo l’ambiente
esterno con le nostre abitudini, con i materiali che utilizziamo e con l’influenza che possiamo avere
sugli altri esseri viventi
Nello stesso modo, l’ambiente interno di un albero è l’insieme delle cellule e tessuti; l’ambiente
esterno dell’albero è tutto ciò che lo circonda, la radiazione solare, il clima. La struttura e il
funzionamento dell’albero dipendono contemporaneamente dai sistemi interni e da tutti quelli
esterni. La crescita di un albero dipende dal tipo di suolo, e a sua volta la crescita di un albero
influenza la struttura del suolo.
Perciò tutti gli ecosistemi sono dei sistemi viventi aperti, ovvero condizionati da un ambiente di
entrata e da uno di uscita. L’ambiente naturale si presenta eterogeneo e spesso differenti
ecosistemi possono essere persino sovrapposti (un fiume che scorre in un bosco).
I sistemi viventi sono capaci di AUTOREGOLAZIONE che consiste nel controllo di una relativa
stabilità interna al variare delle condizioni esterne.
Esistono due principali meccanismi di controllo:
- OMEOSTASI: tendenza di un sistema a resistere ai cambiamenti e a mantenere se stesso in
una fase di equilibrio stabile
- OMEORESI: tendenza di un sistema a mantenere se stesso in una fase di equilibrio
oscillante
Rispetto a una perturbazione o a un evento di disturbo, gli ecosistemi rispondono con le funzioni
di stabilità:
- RESISTENZA: consiste nella capacità di mantenere intatte e inalterate la struttura e le
funzioni nonostante la perturbazione
- RESILIENZA: si riferisce al tempo di recupero dell’ecosistema dopo la perturbazione
Una prateria è poco resistente al fuoco, ma inseguito a un incendio, la vegetazione erbacea
ricresce in breve tempo (bassa resistenza, alta resilienza). Un bosco si presenta più resistente al
fuoco, ma in seguito a un incendio ha tempi di recupero lunghissimi (alta resistenza, bassa
resilienza). In generale, gli ecosistemi più strutturati e complessi hanno maggiore resistenza e
minore resilienza.
Il mantenimento del funzionamento ecosistemico è dato dal fatto che ci sono tante componenti
con differenti ruoli e con ruoli simili (ridondanza delle componenti), per cui una certa funzione
viene svolta anche se viene a mancare una componente, in quanto ce ne sono altre che possono
adempiere a tale funzione.
Secondo la “Gaia ipotesi” di Lovelock, persino l’intera biosfera sarebbe in grado di autoregolarsi
attraverso flussi di energia e cicli di materia mediati dagli esseri viventi capaci di reagire ai
differenti stimoli e alle differenti interazioni. Secondo questa ipotesi, le condizioni favorevoli per la
vita sulla Terra sono rese possibili proprio dai viventi che non subirebbero passivamente le
condizioni dell’ambiente fisico-chimico ma lo trasformerebbero in relazione alle proprie esigenze.
Secondo la Gaia ipotesi, il mantenimento delle attuali condizioni di vita sulla Terra è dovuto alla
ricchezza delle differenti forme di vita che intervengono nella circolazione degli elementi chimici
essenziali, come azoto, fosforo e zolfo, nella formazione dei suoli e degli habitat, nella produzione
di cibo per i viventi e nella regolazione dei meccanismi di funzionamento degli ecosistemi.
SISTEMI URBANI:
Oltre il 50% degli esseri umani vive in sistemi urbani e nel 2050 la percentuale potrebbe salire al
70%. I sistemi urbani sono sistemi aperti. Infatti sono interessati da numerose vie di ingresso e di
uscita di materia ed energia.
Vie di entrata—> Materie prime, merci e prodotti vari entrano in un centro urbano attraverso le
differenti vie di comunicazione presenti (strade, ferrovie, porti, aeroporti). Un’enorme quantità di
prodotti alimentari ogni giorno arriva in una città per fornire negozi, mercati, supermercati. Molta
materia importata è trasformata per costruire strade, abitazioni, scuole.
Vie di uscita—> Da una città si sprigiona molta energia termica, evapora acqua e si verifica il
trasporto di materiali verso l’esterno. Le varie attività umane implicano la produzione di gas di
scarico, smog e polveri che contaminano l’aria, e rifiuti liquidi che contaminano l’acqua. Le acque
contaminate arrivano, attraverso la rete fognaria, a un impianto di depurazione oppure
direttamente a un lago, un fiume o il mare.
I sistemi urbani non possono essere considerati ecosistemi, poiché mancano di produttori e
decompositori e abbondano di consumatori appartenenti quasi esclusivamente a un’unica specie,
l’uomo.
CAPITOLO 3
La Terra riceve una grande quantità di energia dal sole: questa energia determina il clima globale e
sostiene la vita.
La radiazione solare che raggiunge il nostro pianeta viene in parte riflessa e dispersa dalle nuvole,
dal pulviscolo atmosferico e dalla superficie terrestre (circa il 30%); in parte è assorbita dalle
nuvole e dall’atmosfera (circa il 20%); mentre la restante parte raggiunge la superficie terrestre
riscaldandola (circa il 50%).
La terra, come tuti i corpi caldi, emette continuamente radiazione infrarossa, ma la sua
temperatura si mantiene intorno ai 15°C perché la sua radiazione è assorbita dal vapore acqueo,
dalle nuvole e dal CO2 presente in atmosfera. Una parte di quest’ultima radiazione è nuovamente
irradiata verso la Terra producendo un fenomeno che consente al pianeta di mantenere il suo
calore superficiale. Questo fenomeno naturale è noto come EFFETTO SERRA.
Dalla rivoluzione industriale l’uomo, con le sue attività, ha iniziato a immettere in atmosfera
quantitativi sempre maggiori di CO2 e di altri gas serra. Poiché questi gas assorbono la radiazione
infrarossa, una maggiore quantità di calore viene mantenuta in atmosfera e re-irradiata verso la
Terra. Negli ultimi 100 anni la temperatura superficiale del nostro pianeta è aumentata di 1°C.
Questo incremento di temperatura sembra aver alterato il bilancio termico della terra, innescando
un cambiamento climatico.
Il CLIMA influenza in modo significativo le caratteristiche e la distribuzione degli organismi e degli
ecosistemi sul nostro pianeta.
Il clima è una condizione di lungo periodo dei valori di temperatura, umidità, piovosità, ventosità e
di altri fattori, e non va confuso con il tempo meteorologico che si riferisce invece a condizioni
locali e temporanee.
Man mano che ci allontaniamo dai tropici, andando verso il polo nord e il polo sud, fa più freddo.
Come mai? La ragione di ciò è nel fatto che la radiazione solare arriva sulla fascia equatoriale quasi
verticalmente, ,e tre man mano che ci si sposta verso i poli arriva con una minore inclinazione.
Inoltre, la Terra tutta intorno al proprio asse determinando variazioni della lunghezza delle ore di
luce e di buio durante il giorno. Soltanto all’equatore giorno e notte hanno la stessa durata (12
ore) durante tutto l’anno, mentre andando verso i poli la durata del giorno si allunga durante la
primavera-estate e si accorcia durante l’autunno-inverno.
I poli, ricevendo una minore quantità di radiazione solare, sono le aree più fredde del pianeta,
perennemente coperte dal ghiaccio. Tuttavia, se non ci fossero gli oceani, le zone polari sarebbero
più fredde di come sono. Infatti, gli oceani accumulano calore durane l’estate e lo liberano durante
l’inverno ed è per questo che, a parità di latitudine, le zone in prossimità del mare hanno un clima
più mite.
Inoltre, il trasferimento del calore dall’equatore verso i poli è reso possibile dai venti che soffiano
sugli oceani, determinando così la formazione delle correnti oceaniche.
Le differenti fasce climatiche determinano differenti organizzazioni strutturali della vegetazione
indicate con il termine di BIOMA:
- Infatti, all’equatore, dove fa molto caldo e le precipitazioni sono intense, troviamo la
foresta tropicale
- A nord e a sud dell’equatore, dove fa caldo ma piove un po’ meno, c’è la savana tropicale
- Ancora più a nord e a sud, dove non piove quasi mai, ci sono i deserti
- Dove il clima è umido con moderate variazioni stagionali della temperatura, troviamo la
foresta temperata, mentre se l’umidità si riduce troviamo boscaglie, praterie e steppe
- Dove fa più freddo e piove un po’, troviamo la foresta boreale
- Più a nord della foresta boreale c’è la tundra, dove gli alberi non possono crescere perché
la temperatura media è inferiore agli 0 gradi
- Ai poli, dove fa sempre molto freddo, i ghiacci ricoprono gran parte dei territori durante
tutto l’anno. Il polo nord è mare circondato da terre, il polo sud è terra circondato dal
mare.
Nei differenti biomi troviamo anche diversi organismi animali, funghi e microrganismi.
Anche negli oceani si possono distinguere 4 principali zone:
- Equatoriale o tropicale
- Temperato-calda
- Temperato-fredda
- Polare
A ognuna di queste zone corrispondono una particolare flora e fauna. Per esempio, nelle zone
polari l’acqua in superficie è in forma di ghiaccio e ci sono organismi adattati a vivere a
temperature molto basse. Nelle zone tropicali invece le acque superficiali sono sempre calde, per
cui gli organismi fotosintetici sono presenti nei primi 150-200m di profondità, ovvero fin dove
arriva la radiazione solare.
-Organismi e adattamento:
Ogni essere vivente è in un continuo rapporto con tutto ciò che lo circonda. Non solo le
caratteristiche dell’habitat influenzano l’organismo, ma sono anche influenzate da questo.
In base alle differenti condizioni ambientali, è possibile osservare organismi molto differenti tra
loro. Persino nell’ambito della stessa specie è possibile osservare differenze in relazione alle
differenti condizioni ecosistemi che. Per esempio, gli esseri umani con la pelle più scura si sono
evoluti nei posti più caldi e soleggiati del pianeta, in relazione al fatto che la produzione di
melanina viene stimolata con l’esposizione al sole. Al contrario, nei paesi nordici sono più comuni
gli uomini con la pelle chiara.
Inoltre, gli occhi a mandorla si sono evoluti nelle popolazioni umane che vivono nelle regioni più
ventose, in quanto le palpebre più vicine tra loro offrono un riparo maggiore agli occhi sottoposti
al vento. Un altro esempio è quello della massa corporea, la quale aumenta con la latitudine (e
quindi col freddo), in quanto una massa più grande disperde meno rapidamente il calore.
Questo vuol dire che i fattori dell’ecosistema selezionano gli organismi delle varie specie in base
alla loro capacità di ADATTAMENTO—> Gli adattamenti derivano dal rapporto tra costi e benefici
rispetto ai condizionamenti dell’ambiente. Un adattamento si afferma quando i costi per
sostenerlo sono inferiori ai benefici che produce.
Tuttavia, gli individui di una stessa specie possono presentare diverse caratteristiche morfologiche,
fisiologiche e comportamentali. Queste variazioni si hanno a seconda delle differenze nelle
potenzialità di sopravvivenza e riproduzione, ossia differenze nella fitness degli individui. Con il
termine FITNESS si indica la capacità di generare nuovi individui favorendone la sopravvivenza fino
alla loro riproduzione.
La SELEZIONE NATURALE—> può essere quindi intesa come l’insieme dei fattori ambientali che
causano il successo differenziale degli individui di una popolazione, appartenenti a una
determinata specie. Soltanto gli individui che presentano caratteri vantaggiosi, che ne consentono
la sopravvivenza e la riproduzione, persistono nell’ecosistema e lasciano discendenti.
-Fattori limitanti e nicchia ecologica:
Ogni essere vivente presenta dei gradi di tolleranza rispetto ai vari fattori dell’ecosistema. Per
ciascun fattore esistono valori estremi, minimi e massimi di tolleranza, nonché valori ottimali in cui
viene realizzato il ciclo vitale. Non sempre gli organismi in natura vivono entro l’intervallo ottimale
di un certo fattore: quanto più i valori dei fattori sono lontani da questo intervallo ottimale, tanto
più subentreranno situazioni di stress per gli organismi, fino a limitarne la sopravvivenza.
La curva in figura ha una forma a campana, con base allargata, ciò indica che gli organismi sono
adattati ad ampie variazioni della temperatura e sono detti euritermi.
Se invece la curva si presenta con un ristretto intervallo di valori (base ristretta), vuol dire che gli
organismi vivono in un intervallo termico con minori variazioni dei valori e sono definiti
stenotermi.
(Uomo e cane sono specie euriterme/ l’orso polare è stenotermo freddo).
L’insieme dei fattori e delle condizioni ecologiche in cui una specie utilizza le risorse dell’habitat e
svolge una funzione nell’ecosistema rappresenta la NICCHIA ECOLOGICA della specie. La nicchia
ecologica include l’intervallo di tolleranza, considerando tutti i fattori ai quali la specie è adattata,
le risorse che utilizza per la sopravvivenza, la crescita e la riproduzione, insieme al ruolo che la
specie svolge nell’ecosistema.
Inoltre, nell’ambito della spetta specie possono configurarsi ruoli differenti nell’utilizzo delle
risorse e quindi manifestarsi differenti nicchie ecologiche. (Ad esempio il bruco che diventa
farfalla, cambia nicchia ecologica)
L’insieme dei fattori, condizioni e risorse che rende possibile la sopravvivenza e la riproduzione
delle varie specie, definendone il ruolo nell’ecosistema, rappresenta la NICCHIA ECOLOGICA
FONDAMENTALE.
Poiché ogni specie vive in un contesto di interazioni con altre specie, la nicchia fondamentale di
una specie spesso è modificata dalla presenza di altre specie. Per esempio, se la specie 1 utilizza
una certa risorsa utilizzata anche dalla specie 2, allora entrambe le specie dovranno adattarsi a un
differente grado di risorse limitando la propria nicchia fondamentale. In questo modo la loro
nicchia fondamentale non è completamente soddisfatta e si ha la cosiddetta NICCHIA ECOLOGICA
REALIZZATA, ovvero una restrizione della nicchia fondamentale.
- La nicchia ecologica realizzata è generata dall’insieme dei livelli di condizioni e di
disponibilità delle risorse, ma anche dalle interazioni biotiche che si stabiliscono
nell’ecosistema. La nicchia ecologica realizzata è un sottoinsieme di quella
fondamentale.
Cambiamento del clima:
Il clima influenza la distribuzione degli organismi sul pianeta. Con l’aumento della temperatura del
pianeta le specie dovranno essere in grado di tollerare le variazioni e adattarsi a esse oppure
dovranno spostarsi per non correre il rischio di estinguersi. (Verso zone più calde o più fredde)
Secondo alcune evidenze scientifiche, il riscaldamento globale sta provocando una marcata
ridistribuzione della vita sulla Terra.
CAPITOLO 4
La radiazione solare che raggiunge l’atmosfera terrestre si compone di differenti lunghezze d’onda.
Tra i 15 e i 35 km di altitudine, dove è presente lo strato di ozono, viene schermata la parte più
pericolosa della radiazione ultravioletta, mentre soltanto una frazione raggiunge la superficie
terrestre.
La quantità di energia radiante che la biosfera riceve dal sole è di circa 3000-4000 iCal/m/giorno.
Sulla terra ci sono esseri viventi fotoautotrofi in grado di assorbire l’energia dei raggi solari, grazie
alla presenza di clorofilla e di altri pigmenti, e utilizzarla per trasformare oleicole semplici
(inorganiche) come acqua e CO2, in molecole più complesse (organiche), come il glucosio. In
questo processo l’energia del sole è trasformata in energia chimica del glucosio.
-Efficienza ecologica:
Di tutta la quantità di energia solare che arriva, soltanto una frazione molto piccola (in media 1-
2%) è trasformata dalla fotosintesi
La Produttività Primaria
Lorda (PPL) meno la
Respirazione Autotrofa
(Ra) rende disponibile la
Produttività Primaria
Netta (PPN) per gli
eterotrofi. Quello che
rimane dopo il consumo
eterotrofo (Re) è la
Produttività Primaria
Netta della Comunità
(PPNC)
In un ecosistema quando i fattori fisici riducono la respirazione degli autotrofi,
contemporaneamente favoriscono l’incremento della produttività primaria netta. Infatti, se
PPN=PPL - Ra, riducendo Ra aumenta PPN.
Il vento e la pioggia possono favorire la disponibilità di acqua e nutrienti per gli autotrofi e
aumentare la produttività primaria netta. Ciò riduce la spesa in energia degli autotrofi a favore di
una maggiore produttività. Ogni risorsa energetica che riduce il costo di funzionamento
dell’ecosistema (respirazione) e aumenta la quantità di energia disponibile per la crescita
(produzione) viene chiamata ENERGIA SUSSIDIARIA.
Un caso tipico di energia sussidiaria è quello degli agro-ecosistemi, dove l’uomo interviene con
l’aratura, l’irrigazione, l’uso di fertilizzanti. In tal modo, l’uomo riduce il lavoro che le piante
dovrebbero fare per recuperare acqua, nutrienti e per proteggersi da parassiti, consentendo di
ottimizzare la loro produzione.
La produzione di cibo dell’agricoltura è aumentata enormemente nel secolo scorso grazie alla
meccanizzazione, all’irrigazione e all’impiego di fertilizzanti e pesticidi.
Delle circa 6000 specie di piante coltivate, meno di 200 contribuiscono alla produzione alimentare.
La produzione mondiale di bestiame di basa su circa 40 specie animali, ma soltanto un piccolo
gruppo fornisce i maggiori quantitativi di carne, latte e uova.
In molti paesi tropicali l’aumento di terra da coltivare è realizzato con il taglio della foresta
tropicale con molti effetti negativi. Infatti, i suoli dei tropici sono poveri di nutrienti.
Una stima riporta che l’uomo utilizza circa il 40% della produttività primaria terrestre, in minima
parte (4%) direttamente come cibo, mentre una frazione maggiore è usata per le aree verdi,
parchi, giardini, impianti sportivi, e distrutta attraverso incendi e deforestazione.
-Perdita e spreco di cibo:
A livello mondiale si perde il 15% di cibo raccolto. In particolare, queste perdite iniziano a partire
dal raccolto: possono ad esempio verificarsi ritardi e condizioni meteorologiche avverse che
possono rovinare il prodotto. Durante la trasformazione, lavorazione e confezionamento possono
verificarsi altre perdite legate alle tecniche e agli strumenti adottati.
Quando la merce è nei negozi e nelle case, inizia la fase dello spreco, le cui percentuali si
presentano variabili tra i vari Paesi. L’eccesso di acquisto, la confusione nell’etichettatura dei
tempi di scadenza, nonché la cattiva conservazione, sono fattori che concorrono allo spreco di
alimenti.
I paesi in via di sviluppo sono quelli che hanno le maggiori perdite. Invece, i Paesi industrializzati
realizzano gli sprechi maggiori. In Europa ogni anno finiscono nella spazzatura mediamente 170 kg
di cibo per persona.
Oltre ai relativi impatti economici e ambientali, la perdita e lo spreco di cibo hanno forti
implicazioni per il fatto che oltre 800 milioni di persone sul pianeta soffrono la fame e circa 2
miliardi non hanno la possibilità di ricevere alimenti sicuri e idonei.
-Catene alimentari di pascolo e di detrito:
Il cibo prodotto dagli autotrofi (produttori) passa agli organismi erbivori (consumatori primari) e da
questi ai carnivori (consumatori secondari). I carnivori possono anche essere di livello superiore.
Facciamo un esempio: una foglia è mangiata dal bruco che è un erbivoro (consumatore primario);
il bruco a sua volta è mangiato dalla rana (carnivoro, consumatore secondario); la rana è mangiata
dalla biscia (carnivoro, consumatore terziario); la biscia è mangiata dal gufo (carnivoro,
consumatore di 4 livello). Questo flusso di energia (e di materia) da un tipo di organismo a un
altro, partendo dalla fotosintesi, rappresenta la CATENA ALIMENTARE DEL PASCOLO.
La catena alimentare rappresenta il trasferimento di energia alimentare degli autotrofi (produttori)
a una serie di organismi che consumano e che sono, a loro volta, consumatori (consumatori
primari, secondari ecc)
Ogni passaggio di questa catena è definito livello trofico.
Negli ecosistemi esiste anche un altro tipo di catena alimentare il cui percorso parte dalla sostanza
organica morta. Questa è chiamata CATENA ALIMENTARE DEL DETRITO.
Tutti gli esseri viventi producono scarti dalle proprie attività metaboliche: deiezioni, escreti, cellule
e tessuti o morti; alberi che perdono le foglie secche; organismi animali che perdono cuticole, peli
e altri tessuti; infine tutti gli organismi muoiono lasciando i loro corpi nell’habitat in cui hanno
condotto la loro esistenza.
Tutta questa materia organica non più vivente (necromassa), che contiene energia chimica delle
molecole di cui è costituita, viene utilizzata nella catena alimentare del detrito, anche detta catena
della sostanza organica morta.
Differenze tra le due catene:
Nelle catene di pascolo il flusso di energia tra i livelli trofici è generalmente più veloce che
nelle catene di detrito, perché in quest’ultimo caso la materia organica è costituita da
molecole più complesse, pertanto più difficili da degradare, digerire e mineralizzare
Mentre il flusso di energia nel pascolo avviene dove si verifica anche la fotosintesi, il flusso
che parte dal detrito può avvenire sul suolo della foresta e sul fondale degli oceani dove la
materia organica morta può accumularsi ed essere smaltita
Nelle due catene sono differenti anche le sequenze dimensionali degli organismi. In quelle
di pascolo spesso le dimensioni degli organismi aumentano passando da un livello trofico al
successivo. Mentre in quelle di detrito si riducono (iene, avvoltoi, insetti, acari, batteri), ma
possono anche aumentare poiché anche i batteri hanno i loro predatori, ovvero gli
organismi microbivori, e di questi si nutrono organismi via via più grandi, come lumache,
millepiedi, insetti, uccelli.
Quindi non sempre le dimensioni degli organismi sono in relazione al livello trofico.
Le catene alimentari non sono sequenze isolate, ma sono interconnesse e costituiscono un
modello più complesso chiamato RETE ALIMENTARE. Infatti, ad esempio un roditore può cibarsi di
un insetto che si è alimentato nel pascolo, ma anche di un lombrico che si è alimentato nel detrito.
Le catene del pascolo e del detrito sono tra loro collegate dall’attività microbiotica. I batteri
recuperano un’enorme quantità di sostanza organica disciolta (Dissolved Organic Matter, DOM)
prodotta dalla morte degli organismi. Nella produzione del DOM i virus, che infettano soprattutto i
batteri, hanno un ruolo molto importante. Negli oceani i batteri riciclano oltre il 50% della
produttività primaria in forma di DOM. Essi la utilizzano per la crescita e sono, a loro, volta,
utilizzati da consumatori della catena del pascolo, protozoi e piccoli invertebrati che vengono
consumati da organismi dei livello trofici superiori.
In questo modo i batteri creano un collegamento tra la catena del detrito e quella del pascolo
(microbial loop)
Nelle trasformazioni energetiche lungo la catena alimentare si verificano perdite di ENERGIA. Ogni
passaggio da un livello trofico a un altro comporta perdite rilevanti di energia. Infatti quando un
erbivoro consuma un vegetale, parti di quest’ultimo come le radici o le parti più dure, non sono
consumate (energia non utilizzata); delle parti consumate, alcune non vengono digerite perché
costituite da molecole più complesse (cellulosa, lignina) e quindi non vengono assimilate, ma
eliminate come scarti nelle deiezioni (energia non assimilata); della parte assimilata, una frazione
viene utilizzata per il fabbisogno energetico dell’erbivoro, e un’altra per la formazione delle sue
cellule e dei suoi tessuti. Solo quest’ultima diventa energia del livello trofico dell’erbivoro.
Stessa cosa succede quando un carnivoro consuma un erbivoro.
Quindi, la quantità di energia disponibile lungo una catena alimentare va sempre più riducendosi.
Rispetto a tutte queste perdite, l’efficienza di trasferimento dell’energia da un livello trofico al
successivo rappresenta il rendimento o efficienza ecologica.
L’efficienza ecologica è stimata attraverso il rapporto energetico tra i vari livelli trofici:
Se En-1 è l’energia del livello trofico dei produttori, En è l’energia del livello trofico degli erbivori,
En+1 è l’energia del livello del livello trofico dei carnivori—> allora En/En-1 è l’efficienza ecologica
degli erbivori, mentre En+1/En è l’efficienza ecologica dei carnivori.
L’efficienza ecologica indica l’energia presente in un livello trofico che passa e
costituisce il livello trofico successivo.
L’efficienza ecologica, nota anche come efficienza trofica, nelle catene alimentari è in
media di circa il 10%, ovvero soltanto il 10% dell’energia di un livello trofico passa al
livello trofico successivo (PRINCIPIO DI LINDERMAN).
Schema di piramide ecologica che può rappresentare numeri, biomassa ed energia per ciascun
livello trofico. La freccia gialla verso i produttori indica l’energia radiante che permette la
produttività primaria. Le altre frecce in uscita indicano l’insieme delle perdite nel flusso di energia
da ciascun livello trofico (perdite in termini di detrito che vengono recuperate nella catena
alimentare della sostanza organica morta e perdite di calore respiratorio che non può essere
recuperato)
Attraverso le piramidi ecologiche, si evidenziano le perdite attraverso i vari livelli trofici, da quelli
basali a quelli apicali.
In alcuni ecosistemi la piramide dei numeri o della biomassa può presentarsi capovolta, ovvero con
un numero minore o una biomassa minore di produttori rispetto ai numeri e alle biomasse dei
consumatori primari. Per esempio, in una pineta un numero inferiore di produttori, soprattutto
alberi, sostiene un numero molto più grande di consumatori primari rappresentati da insetti,
invertebrati e piccoli mammiferi erbivori.
Ma come può essere possibile che una biomassa minore di produttori possa sostenere una
biomassa molto maggiore di consumatori primari?
Le piramidi ecologiche rappresentano la struttura trofica di un ecosistema in un dato momento.
Infatti, le piramidi mancano di un riferimento temporale. Invece la produttività si riferisce alla
trasformazione dell’energia per unità di tempo e a livello dei produttori è sempre superiore di
quella dei livelli trofici consumatori.
Se prendessimo in considerazione un intervallo di tempo, potremmo notare che molti degli
erbivori sono sempre gli stessi, mentre i piccoli organismi vegetali che costituiscono l’erba si sono
rigenerati più volte in questo arco temporale.
CAPITOLO 5
LE POPOLAZIONI:
Tutti gli esseri viventi non vivono isolati, ma sono organizzati in sistemi più complessi che
chiamiamo POPOLAZIONI. Una popolazione è un insieme di individui della stessa specie, tra loro
interfecondi, che vivono nella stessa area.
La loro riproduzione avviene tra individui distribuiti nella medesima area geografica: infatti, per la
gran parte delle specie, non in grado di stabilire relazioni tra individui localizzati a notevole
distanza, come fa l’uomo delle società industriali, la riproduzione avviene esclusivamente tra
individui presenti nella stessa area geografica.
Può comunque accadere che gli individui di una specie possano formare distinte sub-popolazioni
in differenti chiazze di habitat della medesima area geografica. In tal caso, si parla di su-
popolazioni che costituiscono la meta-popolazione. Per esempio, un certo numero di stagni nella
stessa prateria possono essere popolati da specie di anfibi che costituiscono sub-popolazioni
nell’ambito della meta-popolazione. Le sub-popolazioni in alcuni stagni possono anche ripopolarsi
in seguito alla colonizzazione di individui provenienti da altri stagni. Pertanto, possono realizzarsi
scambi di individui tra le varie sub-popolazioni.
Parametri e caratteristiche delle popolazioni:
DENSITÀ DI POPOLAZIONE:
La densità è la dimensione della popolazione riferita all’unità di spazio, ovvero il numero di
individui su unità di area o di volume. La densità di popolazione varia notevolmente da specie a
specie, e varia anche nella stessa popolazione rispetto a una serie di fattori e condizioni
ecosistemiche che influenzano la dimensione della popolazione.
La densità fornisce informazioni sulla nicchia ecologica e sulle strategie vitali di una specie nonché
sulla relazione tra la popolazione e il suo habitat.
La densità degli individui di una popolazione in una certa area dipende dalla qualità dell’habitat e
dal movimento degli individui da altri habitat e verso altri habitat (migrazioni).
L’habitat è lo spazio fisico dove la popolazione si distribuisce e gli organismi trovano le risorse
necessarie per la sopravvivenza, lo sviluppo e la riproduzione. Queste risorse consistono in acqua,
cibo, nutrienti, siti per ripararsi o per nascondersi dai predatori o per riprodursi.
DISTRIBUZIONE DEGLI INDIVIDUI NELLO SPAZIO:
Gli habitat possono presentarsi alquanto variabili: si possono presentare con una struttura
complessa ed eterogenea, come nel caso delle foreste e delle scogliere coralline, ma anche con
una struttura omogenea e monotona, come nei deserti o nelle steppe.
Ovviamente gli habitat, anche quando omogenei, possono presentare discontinuità e variazioni
rispetto alle caratteristiche principali. In un deserto per esempio, possono presentarsi macchie di
vegetazione, pozze d’acqua, sassi e rocce. Oppure nel mare un fondale sabbioso può presentare in
alcune zone ammassi di ciottoli o qualche scoglio.
I concetti di omogeneo ed eterogeneo però devono anche tener conto della dimensione degli
organismi. Infatti un fondale sabbioso, sebben discontinuo, può apparire un habitat omogeneo per
uno quale di 2 metri, ma si presenta articolato ed eterogeneo per crostacei piccoli che si muovono
nella sabbia, e tra i ciottoli.
Pertanto, la distribuzione degli individui di una popolazione nello spazio è legata alle
caratteristiche dell’habitat, ma anche alle dimensioni e alle strategie adattive delle diverse specie.
La distribuzione degli individui di una popolazione nell’habitat può configurarsi secondo 3 tipi di
modelli:
Casuale o random: la distribuzione è di questo tipo quando ciascun individuo della
popolazione ha la stessa probabilità di ciascun altro di trovarsi in qualsiasi punto dello
spazio. Questo tipo di distribuzione implica nessuna interazione tra gli individui della
popolazione. Può verificarsi in un habitat dove la distribuzione degli individui è il
risultato della dispersione, attraverso il vento, di spore e semi, nonché della
diffusione di uova e larve attraverso le correnti marine
Uniforme o regolare: la distribuzione è definita uniforme o regolare quando gli
individui sono ugualmente distanziati nello spazio. Questo è il tipico caso di
distribuzione dove esiste una forte interazione competitiva tra gli individui in un
habitat povero di risorse, per esempio tra arbusti del deserto che competono per
l’acqua.
La distribuzione uniforme può verificarsi anche per antagonismo tra gli individui per
fenomeni riproduttivi o per sovraffollamento, spingendo a comportamenti territoriali. In tal
modo di stabilisce una sorta di ripartizione delle risorse tra gli individui della popolazione.
Anche l’uomo negli agro-sistemi pone alla stessa distanza le piante che coltiva per consentire
a ciascun individuo di ottenere le risorse necessarie
Aggregata o raggruppata: questa distribuzione è dovuta all’eterogeneità dell’habitat
per cui gli individui si aggregano dove ci sono fonti di cibo e acqua, dove vi sono ripari
e rifugi. Quindi, le differenze locali dell’habitat favoriscono l’aggregazione degli
individui. Nel corso delle varie civiltà, gli esseri umani si sono insediati in prossimità di
grandi fiumi, sulle coste dei mari e dove erano presenti condizioni idonee e risorse
che ne hanno favorito lo sviluppo delle società.
Tuttora il 50% della popolazione umana vive nelle città, perché ci sono più opportunità di
lavoro, numerose attività possono essere svolte l’una vicino all’altra e si può avere accesso a
numerosi servizi
Negli ecosistemi ci sono altri fattori che favoriscono l’aggregazione, come la variazione delle
condizioni meteorologiche per cui organismi che vivono in climi freddi, come i pinguini, si
raggruppano per riscaldarsi a vicenda, riducendo la dispersione del calore corporeo.
La distribuzione degli organismi nello spazio dipende molto dalla scala spaziale su cui vengono
studiati. Una colonia di uccelli su un’area di 9 km2 può presentare una distribuzione aggregata, ma
l’analisi della distribuzione condotta su un’area di 900 km2 potrebbe evidenziare una distribuzione
regolare degli individui
MIGRAZIONI:
Un habitat ricco di risorse favorisce l’arrivo di individui da altre aree, mentre habitat di bassa
qualità e povero di risorse può influenzare negativamente la sopravvivenza e la riproduzione degli
organismi spingendoli a spostarsi in altre aree.
Se lo spostamento è definitivo si parla di emigrazione (dal vecchio habitat) e immigrazione (al
nuovo habitat). Se invece lo spostamento implica movimenti di andata e ritorno da un habitat a un
altro e viceversa, si parla di migrazione. Questa può essere giornaliera o a intervalli di tempo
maggiori, per esempio annuale o correlata alle stagioni.
In tutti i casi, gli organismi migrano verso habitat più idonei per la riproduzione, l’alimentazione e
la crescita dei piccoli. Spesso, alimentazione e riproduzione coincidono nello stesso habitat in cui
gli organismi si sono spostati. In molte specie marine, l’area in cui si realizza l’alimentazione
(feeding area) è differente da quella della riproduzione (spawning area) e da quella di
concentrazione e sviluppo dei nuovi nati (nursery area).
Gli individui adulti migrano nell’area di riproduzione e dopo la deposizione delle uova fanno
ritorno all’area di alimentazione. Le uova fecondate sono trasportate attraverso le correnti
dall’area di riproduzione in aree dove si schiudono e si sviluppano le forme giovanili (nursery) che,
man mano che crescono, si spostano verso le aree di alimentazione dove si uniscono agli adulti
della popolazione.
Anche l’uomo si sposta tra differenti habitat in modo periodico, in relazione alle differenti esigenze
vitali, economiche e sociali.
STRUTTURA DI POPOLAZIONE:
La lunghezza del ciclo vitale di un organismo può variare molto a seconda della specie. Breve o
lungo che sia il ciclo vitale, generalmente nella popolazione si possono distinguere individui di
differenti classi di età. Oltre all’età, se la specie presenta i due sessi separati (specie gonocorica
negli animali, dioica nelle piante) è possibile distinguere individui di sesso femminile e di sesso
maschile
Ogni classe d’età e ciascun sesso differisce per caratteristiche ecologicamente rilevanti (sensibilità
alle condizioni ambientali, vulnerabilità a parassiti, tempi della maturazione sessuale, dimensioni)
La struttura di una popolazione può essere rappresentata dalla piramide di età che si costruisce
ponendo in un piano cartesiano sulle ascisse il numero di individui della popolazione, e sulle
ordinate l’età degli individui. Un asse verticale che parte dalle ascisse separa gli individui di sesso
femminile da quelli di sesso maschile.
Questo metodo grafico è generalmente applicabile quando l’età cronologica degli individui può
essere definita, come nell’uomo, oppure anche quando è possibile una stima dell’età, come negli
alberi attraverso la lettura degli anelli del tessuto legnoso, o negli uccelli attraverso le penne. In
altri casi invece la differenza di età tra gli individui di una popolazione corrisponde a differenti
dimensioni (o taglie).
Quando invece l’età cronologica è difficile da definire, si può ricorrere all’età funzionale per la
quale è possibile distinguere gli individui della popolazione in pre-riproduttivi, riproduttivi e post-
riproduttivi.
In ciascuna di queste 3 età funzionali sono comparse diverse età cronologiche e questo dipende
dalla specie
Per esempio, nell’uomo gli individui pre-riproduttivi sono generalmente quelli più giovani di 14
anni, i riproduttivi quelli dai 15 ai 60, e i post-riproduttivi quelli di età superiore ai 60
Sebbene la piramide di età rappresenti un’istantanea della struttura della popolazione, attraverso
di essa risulta possibile prevedere cambiamenti della popolazione nel futuro. Infatti, una piramide
di età con la base allargata indica una popolazione con molti giovani e con crescita positiva ovvero
una popolazione in espansione.
Una piramide con la base più stretta (pochi giovani) delle parti intermedie (adulti) e delle parti più
alte (i senescenti) indica una popolazione tendenzialmente in declino.
Una popolazione con una forma intermedia alle due precedenti, ovvero con base ne allargata ne
troppo stretta, indica una popolazione stabile con crescita lenta.
Si parla di crescita zero quando il numero degli individui che nascono è uguale al numero di quelli
che muoiono, ma è possibile valutarlo in modo più preciso attraverso i tassi di natalità e di
mortalità.
La piramide di età consente anche di evidenziare alcuni eventi accaduti in passato nella
popolazione. Infatti, il numero di individui di alcune classi di età potrebbe essere in eccesso o in
difetto rispetto a quanto previsto dalla forma classica a piramide della struttura di popolazione.
Nel primo caso di parla di boom demografico e si nota un incremento numerico di individui di
determinate età che si mantiene nel corso del tempo. I boom demografici sono spesso la
conseguenza di condizioni favorevoli di cibo e risorse che determinano un vantaggio nella
riproduzione degli adulti e nella crescita della nuova generazione.
Se in una popolazione i riproduttori dispongono di maggiori risorse alimentari, la sopravvivenza dei
nati è favorita. L’anno successivo questi ultimi costituiranno la seconda classe annua e, quindi, il
loro numero ancora cospicuo si osserva nel secondo gradino della piramide di età. E così per gli
anni successivi finchè tutti gli individui di questa coorte non saranno morti
La popolazione italiana alla fine della seconda guerra mondiale ha vissuto un boom demografico
perché la fine della guerra e la ricostruzione del paese hanno portato a un aumento delle nascite.
Al contrario un crollo demografico si ha quando si evidenzia una riduzione significativa di individui
di una o più classe di età nella popolazione. Questa riduzione può essere dovuta a eventi di
disturbo che possano causare la morte soltanto in alcune classi di età o in un sesso in particolare
(es le guerre di un tempo causavano molte morti soprattutto tra coloro di sesso maschile)
Il crollo demografico può anche riguardare frazioni rilevanti della popolazioni a prescindere
dall’età e dal sesso. Per esempio, le catastrofi naturali (terremoti, eruzioni vulcaniche) causano
crolli demografici di questo tipo
DINAMICA DELLE POPOLAZIONI
Le popolazioni sono sistemi dinamici poiché i numeri degli individui che le costituiscono non sono
entità fisse, ma cambiano nel tempo (vi sono individui che nascono o immigrano, o che muoiono o
emigrano)
Con il temine natalità (mortalità) si intende il numero di individui che nascono (muoiono) in
un certo intervallo di tempo nella popolazione. Il tasso di natalità (tasso di mortalità) è il
numero di individui che nascono (muoiono) in un certo intervallo di tempo riferito a tutti gli
individui presenti nella popolazione
Tasso di natalità= natalità pro-capite
Tasso di mortalità= mortalità pro-capite
Con il termine coorte di intende un insieme di individui della popolazione nati nello stesso periodo
(e nella stessa area)
Nelle piramidi di età delle popolazioni che hanno partecipato alle due guerre mondiali si
evidenziano questi vuoti demografici dovuti proprio alle guerre
La dinamica di popolazione studia le variazioni quantitative della popolazioni nel tempo. Se i fattori
di incremento, come la natalità e l’immigrazione, superano i fattori di decremento, come la
mortalità e l’emigrazione, la popolazione cresce nella sua dimensione numerica.
La differenza tra il numero di individui nati e quello degli individui che muoiono in un dato tempo
descrive il modo in cui la popolazione si accresce o si riduce
Una crescita rapida può essere rappresentata dal modello di crescita esponenziale in cui la
differenza tra il tasso di natalità (b) e il tasso di mortalità (d) costituisce il tasso istantaneo di
crescita (r=b-d) secondo la seguente equazione differenziale:
dN/dt = rN
Dove: N indica il num degli individui e t il tempo. Quando b>d, r è positivo (b-d > 0) e la
popolazione si accresce.
In tale saggio Malthus sosteneva che l’incremento della popolazione avveniva secondo una
progressione geometrica (per es 2, 4, 8, 16, 32 e così via), mentre la disponibilità degli alimenti
cresceva in progressione aritmetica (1, 2, 4, 6, 8, 10 e così via)
Il valore del tasso di accrescimento r, detto potenziale biotico, è una caratteristica influenzata dai
fattori abiotici e biotici dell’ecosistema. Il tasso di crescita r corrisponde alla capacità di crescita
della popolazione in condizioni non limitanti ovvero con piena disponibilità di risorse e senza
effetti negativi dovuti alla densità.
In tutti gli ecosistemi via via che le popolazioni si accrescono, aumentano gli effetti dovuti alla
densità, per cui la frazione di risorse disponibili per ciascun individuo si riduce. Pertanto la densità
agisce come meccanismo di controllo (come un feedback negativo) che si oppone all’ulteriore
crescita numerica della popolazione. Quindi, l’accrescimento di una popolazione può seguire
l’andamento esponenziale sopra riportato soltanto in circostanze particolari (basse densità e
risorse per tutti) e per brevi periodi di tempi.
La competizione tra gli individui della popolazione riduce le capacità riproduttive. Con l’incremento
della densità, il tasso di mortalità inizia a crescere fino a eguagliare quello di natalità, rendendo r
nullo (b = d; r = b-d = 0) e stabilizzando la densità della popolazione.
Dopo una fase iniziale di latenza il numero di individui cresce in modo rilevante. Questo tipo di
crescita è nota anche come crescita malthusiana da Thomas Robert Malthus, economista e
demografo inglese, che nel 1798 pubblicò un Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti
sullo sviluppo futuro della società
Se la popolazione è cresciuta senza alcun controllo, esaurendo in modo eccessivo le risorse
disponibili e degradando le condizioni dell’habitat, il tasso di mortalità può anche superare quello
di natalità, rendendo r negativo e determinando il decremento numerico della popolazione in
modo molto rapido
In molte popolazioni la condizione di stabilità dinamica può mantenersi nel tempo. In questi casi,
la variazione del numero di individui nel tempo (dN/dt) tende a zero oscillando intorno a un valore
soglia di equilibrio dinamico definito capacità portante dell’ecosistema (K)
Il valore di K indica il numero degli individui (o la massima densità) che un ecosistema può
contenere. Questo concetto ecologico è incluso nel modello di crescita della popolazione, nella
seguente formula matematica:
dN/dt = rN (1 - N/K)
A questo livello natalità e mortalità diventano uguali e la popolazione si assesta intorno a un valore
di stabilità dinamica indicato dal valore di K.
Poiché gli individui di una popolazione non sanno di aver raggiunto la capacità portante, spesso la
densità aumenta oltre la possibilità dell’ecosistema di sostenerla. Quando questo si verifica
( N>K ), il tasso di mortalità inizia a crescere più velocemente di quello di natalità perché un
numero maggiore di individui nella popolazione richiede un numero maggiore di risorse, non
sempre disponibili per tutti. Pertanto la popolazione inizia di nuovo a decrescere.
Se la densità degli individui aumenta oltre la capacità di carico dell’ecosistema, subentrano i
cosiddetti fattori densità-dipendenti
Molti individui non crescono adeguatamente, muoiono oppure non si riproducono, la natalità si
riduce e la mortalità aumenta. Inoltre, in molte specie, l’elevata densità può causare stress agli
individui e influenzarne la dispersione. Tutto questo agisce con non effetto di feedback negativo di
riduzione della densità
Oltre alla competizione intraspecifica, anche quella tra specie differenti (competizione
interspecifica) per risorse comune, la predazione ecc possono agire come fattori densità-
dipendenti. Infatti, se i numeri di una popolazione aumentano, aumenta anche la competizione tra
individui di specie diverse per le risorse condivise
In questa rappresentazione della crescita logistica si osserva che quando la densità è bassa (N
piccolo, molto minore di K) la crescita assume un andamento esponenziale (con b>d) che
raggiunge il suo valore massimo a livello di una densità di popolazione pari a K/2 (definita
produzione ottimale), e superata questa, la crescita inizia a rallentare fino ad azzerarsi quando il
numero di individui raggiunge il valore di K (capacità portante)
Questi fattori provocano una riduzione della natalità e un aumento della mortalità, regolando la
dimensione e la dinamica della popolazione che fluttuerà intorno al valore K
Questo fenomeno è noto come effetto Allee o come principio della proto-cooperazione
intraspecifica, per il quale le densità intermedie sono quelle che favoriscono la crescita della
popolazione, mentre sia alte densità (come visto prima) sia basse densità determinerebbero tassi
di mortalità superiori a quelli di natalità.
Le basse densità infatti sono svantaggiose in quanto gli individui, essendo pochi, possono avere
difficoltà nella ricerca delle risorse alimentari e nel proteggersi dai predatori.
Un’altra difficoltà consiste nel trovare un compagno idoneo per la realizzazione della riproduzione.
Inoltre quando i nuclei sono troppo piccoli, gli individui rischiano l’accoppiamento tra imparentati:
in tal caso è molto alta la probabilità di manifestazione di malattie nei nuovi nati.
STRATEGIE NEI CICLI BIOLOGICI:
La riproduzione è il fenomeno biologico che consente di generare nuovi individui e, pertanto, di
aumentare il numero di individui di una popolazione.
La riproduzione può essere ASESSUATA (quando un organismo ne genera un altro con le stesse
identiche caratteristiche ) o SESSUATA (quando due organismi di sesso differente uniscono il
proprio DNA per generare un altro organismo che porta i caratteri di entrambi i genitori)
In questo secondo modo, aumenta la variabilità genetica di una popolazione
Comunque, non tutti gli individui che nascono sopravvivono fino all’età della riproduzione e la
realizzano. Molti individui non riescono a superare le varie sollecitazioni dell’ecosistema in cui
vivono (pressioni selettive) e muoiono prima di riprodursi.
Tutti gli organismi viventi spendono energia per soddisfare i propri fabbisogni biologici. Parte
dell’energia è spesa per la crescita e la riproduzione, un’altra parte per la sopravvivenza e il
mantenimento, ma poiché l’energia a disposizione è limitata, ogni specie dee scegliere dove
allocare l’energia nell’ambito del proprio ciclo vitale.
Questa scelta si configura come strategia vitale della specie e, in base alla strategia vitale, tra le
differenti specie varia:
Il tempo/età in cui la specie inizia a riprodursi (maturità)
Quante volte la specie si riproduce nell’arco della vita (parità)
Quanti figli genera (fecondità) e di quali dimensioni saranno ad ogni evento
riproduttivo
La specie meglio adattata sul pianeta o con la più efficace strategia vitale dovrebbe essere quella
che si riproduce presto, lo fa molte volte nell’arco della vita e genera tantissimi figli di grandi
dimensioni.
Ma può esistere una specie del genere se l’energia a disposizione è limitata? Ovviamente NO
Poiché l’energia è limitata, devono necessariamente realizzarsi dei compromessi:
-Infatti, molte specie di piccole dimensioni come gli insetti, allocano molta energia nella
riproduzione: dopo poco tempo dalla nascita raggiungono la maturità sessuale e si riproducono e
subito dopo muoiono.
Ci sono anche specie più grandi come il salmone, che crescono fino al conseguimento della
maturità sessuale, si riproducono e muoiono (morte programmata). Le specie che muoiono dopo
la riproduzione sono indicate come specie “semelpare”
-Altre specie, invece, generalmente di grosse dimensioni e con un ciclo vitale più lungo, come ad
esempio i grandi mammiferi, investono molta dell’energia disponibile nella crescita e nella
sopravvivenza. Infatti, si riproducono molto tempo dopo la nascita e generano relativamente pochi
figli
Quindi al primo gruppo appartengono specie con una strategia vitale che potremmo definire
“mordi e fuggi”: infatti si tratta di specie che generalmente hanno bisogno di poche risorse, sono
precoci nel riprodursi lasciando molti figli di cui non si occupano, ma la loro vita è anche molto
breve—> questa strategia vitale è chiamata r-strategia
Al secondo gruppo invece appartengono le specie più tardive nel riprodursi perché investono
molta energia per crescere e diventare di grosse dimensioni: queste specie sono longeve, si
riproducono più volte e proteggono i figli che generano—> questo tipo di strategia vitale è
chiamata k-strategia
Quale delle due strategie è la più vantaggiosa? Persistono entrambe le strategie negli ecosistemi,
per cui ciascuna di esse ha i suoi vantaggi:
Quella r si afferma soprattutto in habitat e condizioni ambientali molto variabili. Le
specie r-strateghe sono più adatte alla colonizzazione e concentrano il massimo
sforzo nella riproduzione. Solitamente vi è assenza di competitori
Mentre quella k in habitat stabili e diversificati. Le specie k-strateghe cercano di
diventare forti nella competizione e di affermarsi più o meno stabilmente
nell’ecosistema
Un’altra differenza tra i due tipi di specie è anche la sopravvivenza degli individui nell’arco della
vita, rilevabile attraverso le curve di sopravvivenza
Queste curve si costruiscono ponendo sulle ascisse il tempo di sopravvivenza e sulle ordinate il
numero di individui sopravvissuti
Esistono delle differenze tra i viventi per le quali è possibile considerare 3 tipi generali di curve si
sopravvivenza a seconda se:
a. Il numero di sopravvissuti si mantiene piuttosto alto fino al limite della durata della
vita, per cui la maggioranza degli individui muore per senescenza
b. La probabilità di morte è uguale ad ogni età e quindi muore sempre la stessa frazione
di individui ad ogni età
c. Il numero di individui si riduce rapidamente sin dalle prime fasi del ciclo vitale, per cui
il tasso di mortalità è molto elevato durante gli stadi giovanili
Generalmente le fasi più vulnerabili di un essere vivente sono quella giovanile e quella senescente
per cui il numero di sopravvissuti si riduce maggiormente proprio in queste due fasi critiche
La curva a riguarda generalmente le specie come l’uomo e i mammiferi che hanno un lungo ciclo
vitale e una ritardata maturità sessuale. Al modello b appartengono i piccoli mammiferi, uccelli e
rettili, con caratteristiche intermedie tra specie k-strategie e r-strategie. La curva c è tipica delle
specie che producono molti figli, generalmente di piccola taglia, senza occuparsene
CAPITOLO 6
La COMUNITÀ è costituita da un insieme di specie che interagiscono tra loro direttamente o
indirettamente, e che sono distribuite nello stesso habitat. Nella comunità si evidenziano i
differenti ruoli delle componenti biotiche e di manifesta la rete di relazioni tra le specie.
Le comunità presentano una struttura fisica dovuta all’habitat primario abiotico su cui si
sviluppano (differenti tipi di substrati e suoli sulla terra; fango, sabbia, roccia negli oceani) e
all’habitat secondario strutturato dagli organismi stessi
La struttura di una comunità può presentarsi con differenti livelli di complessità ed eterogeneità
Una caratteristica fondamentale della comunità è la DIVERSITÀ delle specie presenti. Il modo più
semplice per misurare la diversità è quello di contare il numero di specie che ne fanno parte
Oltre a notare la diversità però, bisognerebbe anche contare quanti differenti specie vi sono
(abbondanza/ricchezza di specie)—> una comunità potrebbe avere un numero maggiore di specie
di un’altra comunità ma essere meno diversificata
Facciamo un esempio: la comunità A è costituita da 10 specie di cui una è costituita da 10.000
individui e le altre 9 da 100 incisivi ciascuna (in totale da 10.900 individui)
La comunità B è costituita da 8 specie tutte con 1.350 specie (in totale 10.800 individui)
La seconda comunità, con quasi lo stesso numero di specie, è più diversificata perché tutte le 8
specie sono ugualmente abbondanti, mentre nella prima comunità la differenza di abbondanza tra
la prima e le altre 9 è così abbondante da rendere la comunità caratterizzata quasi esclusivamente
da un’unica specie
Quando le categorie sono di tipo qualitativo, come le specie di una comunità, e si presenta
l’esigenza di capire come queste categorie siano distribuite, ovvero con quali abbondanze si
presentino, diventa necessario misurare la dispersione qualitativa così come stato fatto
nell’esempio. Una comunità presenta 10 specie, ma con quali abbondanze? Un’altra ne presenta
8, ma con quanti individui per ogni specie?
Il problema della definizione di diversità a partire dal numero di categorie e dalle abbondanze
relative, è stato risolto per la prima volta nell’ambito della teoria dell’informazione (SHANNON).
MARGALEF è stato il primo ad applicare questi concetti alle discipline ecologiche
L’indice di diversità Shannon-Wiener è uno degli indici più usati in ecologia per ottenere
un’informazione sul numero di specie e sulla distribuzione degli individui tra le diverse specie
presenti nella comunità.
Indicando con pi la probabilità che un individuo della comunità preso a caso appartenga alla specie
i ( i= 1,2,…S) e assunto che il campione di organismi raccolti sia rappresentativo dell’intera
comunità, si può dire che:
pi = ni/N
Dove ni rappresenta il numero di individui appartenenti alla specie i e N il numero di individui di
tutte le specie
L’indice di diversità di Shannon-Wiener è definito come:
L’indice di diversità di Shannon-Wiener riflette sia il numero di specie della comunità sia il modo in
cui gli organismi sono distribuiti tra le varie specie. Può essere utilizzato al fine di valutare
cambiamenti nella comunità nel corso del tempo—> ANALISI DIACRONICA
Si può anche utilizzare l’indice per confrontare la diversità di specie in differenti comunità nello
stesso tempo, ma sottoposte a differenti condizioni ambientali—> ANALISI SINCRONICA
La diversità di una comunità è dovuta al numero di specie presenti e all’abbondanza relativa
di ciascuna di esse
DIVERSITÀ-STABILITÀ:
Darwin fu il primo a stabilire una relazione diretta tra il numero di specie e la stabilità di un
sistema. Diversi studi hanno evidenziato che una maggiore diversità di specie può favorire una
maggiore stabilità influenzando il funzionamento dell’ecosistema.
In generale, la rimozione di specie da una comunità può causare la perdita di funzioni all’interno di
un ecosistema e, quindi, potrebbe implicare la riduzione della capacità di resistenza e di resilienza
rispetto a eventi di disturbo. La condizione di stabilità negli ecosistemi è mantenuta dalla presenza
di differenti specie.
Pertanto, il mantenimento della stabilità negli ecosistemi si realizza attraverso la presenza di
specie con una certa sovrapposizione nelle loro funzioni ecologiche.
A fronte di tutto ciò, sembrerebbe che gli ecosistemi più ricchi di specie siano i più stabili rispetto
alle perturbazioni
LE INTERAZIONI TRA LE SPECIE:
Le interazioni tra le specie influenzano la popolazione e definiscono la struttura della comunità
nello spazio e nel tempo
COMPETIZIONE:
Nella comunità ci sono gruppi di specie che utilizzano le stesse risorse alimentari. Questi gruppi
vengono definiti GILDE e spesso tra queste specie si instaurano interazioni competitive. Per
esempio, formano una gilda tutte quelle specie che si nutrono di semi (granivori)
La competizione è una interazione che si stabilisce tra individui della stessa specie o di differenti
specie che condividono le stesse risorse presenti in quantità limitate. Se gli individui appartengono
alla stessa specie la competizione è INTRASPECIFICA, se appartengono a specie differenti la
competizione è INTERSPECIFICA
In entrambi i casi, gli individui sono influenzati negativamente gli uni dagli altri perché ciascuno
toglie risorse indispensabili all’altro.
Con il termine risorsa possiamo riferirci a qualcosa che un organismo utilizza o consuma per
soddisfare le proprie condizioni di esistenza come acqua, luce, cibo, suolo..
Se queste risorse fossero illimitate la competizione non esisterebbe e le popolazioni potrebbero
crescere anche in modo esponenziale.
La competizione costituisce un fattore densità-dipendente: infatti se aumenta il numero di
individui che utilizzano le stesse risorse, la disponibilità per ognuno di essi si riduce e, quindi, si
innesca la competizione, con conseguenti variazioni nei tassi di natalità e mortalità.
Uno dei primi a occuparsi della competizione è stato il biologo russo GAUSE, il quale esaminò
questo tipo di interazione tra due specie di protozoi del genere Paramecium
Quando Gause introdusse le due specie nella stessa provetta notò che una delle due specie
cresceva più velocemente, mentre l’altra aveva una crescita lenta fino ad arrivare alla completa
estinzione nel tubo di coltura. Quando Gause mise insieme la prima specie con un’altra, notò che
nessuno escludeva l’altro perché uno si sviluppava nella parte alta del tubo mentre il secondo
cresceva sul fondo
Perciò Gause comprese che due specie con la medesima nicchia ecologica, ovvero che presentano
le medesime esigenze e sfruttano esattamente le stesse risorse, non possono coesistere
La nicchia ecologica è l’insieme dei fattori ecologici (abiotici e biotici) a cui la specie è
adattata e delle risorse che utilizza e che ne determinano il ruolo nell’ecosistema. Si può
distinguere una nicchia fondamentale, intesa come la gamma di fattori e risorse che la specie
sfrutterebbe in assenza di interazioni con altre specie, e una nicchia realizzata, che rispecchia
una situazione definita in base alle variazioni ecosistemiche e alle interazioni con le altre
specie. La competizione, infatti, limita le specie nell’uso delle risorse condivise impedendone
le condizioni ottimali di esistenza secondo la nicchia fondamentale
Quando un eventuale competitore viene rimosso, la specie con cui era in competizione ottiene un
vantaggio nell’utilizzo delle risorse. Questo fenomeno è definito rilascio competitivo
Diversi studi hanno evidenziato che i competitori possono escludersi reciprocamente, ma anche
coesistere, se è presente un differenziamento delle loro nicchie realizzate.
Le differenze nella nicchia ecologica tra specie simili nel medesimo habitat sono spesso una
conseguenza della competizione che spinge verso la specializzazione per evitare l’esclusione
competitiva
MacArthur osservò che 5 specie di uccelli erano presenti sullo stesso albero per catturare bruchi,
ma in differenti parti e altezze dell’albero e con differenti comportamenti di caccia. In questo
modo non vi è competizione e quindi è permessa la coesistenza
La competizione ha un ruolo fondamentale nel definire la struttura della società—> una maggiore
specializzazione della nicchia determina una maggiore diversità di specie
La competizione inoltre viene influenzata da vari fattori come temperatura, umidità, nutrienti,
risorse ecc: PARK condusse esperimenti con degli insetti dimostrando che le condizioni fisico-
chimiche dell’ambiente possono influenzare la competizione e quindi causare l’esclusione tra 2
specie con la stessa nicchia ecologica oppure permetterne la coesistenza
Le capacità competitive delle specie cambiano anche lungo i gradienti ambientali: specie meglio
adattate a una zona, impediscono ad altre specie di insediarsi in quella determinata zona, anche
perché queste ultime sono maggiormente adattate ad altre condizioni ambientali. Quindi, la
distribuzione di ogni specie è il risultato di adattamenti a fattori abiotici (temperatura, umidità..) e
ai fattori biotici (tra cui la competizione)
Gli schemi di ripartizione delle risorse sono il risultato di differenze di adattamenti morfologici,
fisiologici e comportamentali che permettono agli individui di accedere alle risorse essenziali,
riducendo la competizione.
La competizione interspecifica può diminuire la fitness, intesa come successo riproduttivo a lungo
termine degli individui
PREDAZIONE
Possiamo definire la predazione come il consumo di un organismo (la preda) da parte di un altro
organismo (il predatore)
La predazione quindi determina un vantaggio per il predatore e uno svantaggio per la preda in
quanto muore o resta gravemente danneggiato
Esistono diverse forme di predazione:
Carnivora: esempio i lupi che catturano le zebre, un serpente che ingoia una rana…
Erbivora: un elefante che mangia le foglie e i rami di una pianta
Parassitoide: una vespa che depone le sue uova in un bruco affinché le larve che si
sviluppano possano alimentarsi del bruco stesso, si comporta come un parassitoide
Cannibalismo: in cui il predatore e la preda appartengono alla stessa specie
La predazione ha un ruolo ecologico molto importante, poiché rimuovendo individui dalle
popolazioni delle prede, esercita un controllo sulla loro densità di popolazione. Questo è un tipico
meccanismo di feedback negativo di controllo e regolazione del numero d’individui della
popolazione.
La predazione è un fattore densità-dipendente
Effetto di regolazione della densità delle prede da parte dei predatori—> quando la densità delle
prede è tanto alta da determinare un’intensa competizione intraspecifica, la riduzione della
densità da parte dei predatori ha l’effetto di ridurre la competizione
Predatori e prede coesistono e coevolvono: leoni, ghepardi, iene non determinano l’estinzione
degli gnu e delle zebre, ma sicuramente possono regolarne la densità
Tuttavia, in alcuni casi il predatore potrebbe condurre all’estinzione della preda. Ovviamente
questo è un caso estremo e molto raro in natura, ma comunque l’uomo è riuscito a realizzarlo in
molte aree geografiche: si pensi all’estinzione del dodo o al lupo della Tasmania
Inoltre l’uomo ha un rapporto di predazione con gli organismi marini attraverso la pesca
Un altro effetto ecologico della predazione è quello di favorire il mantenimento della diversità di
specie nell’ecosistema, prevenendo il fatto che una singola specie possa diventare dominante.
Ogni consumatore può consumare più risorse e può essere a sua volta la risorsa di qualche
consumatore. Ogni interazione consumatore-risorsa è una singola parte di una rete alimentare che
lega molte specie tra loro, ciascuna con le relative popolazioni
Pertanto, quando un predatore consuma una preda, essa rimuove o riduce numericamente un
elemento del sistema, cambiandone la struttura e il funzionamento
Poiché la diversità si compone della ricchezza delle specie e della loro abbondanza (equi-
ripartizione), il predatore interviene sulle prede più abbondanti riducendone il numero e
ripristinando quindi l’equi-ripartizione
Quando la predazione promuove la coesistenza di specie tra cui ci sarebbe altrimenti esclusione
competitiva il fenomeno è detto generalmente “coesistenza mediata dal predatore” o “principio
del raccolto”. Un caso classico di questo è quello studiato da Paine—> in una zona dell’America
settentrionale, una stella marina consente la coesistenza di varie specie di invertebrati e alghe
riducendo la dominanza dei mitili, di cui essa si nutre e che in sua assenza escluderebbero le altre
specie.
I cambiamenti che i predatori provocano nelle popolazioni delle prede possono interessare con un
effetto a cascata differenti specie di vari livelli trofici in una rete alimentare
Una cascata trofica è la progressione degli effetti dovuti ai predatori, nei vari livelli trofici
immediatamente inferiori
Gli effetti determinati dai carnivori sugli erbivori e sui produttori sono indicati come effetti TOP-
DOWN, dall’alto verso il basso
Ma sono anche influenzati dalla disponibilità dei nutrienti e delle risorse, per cui la loro
abbondanza anche se influenzata in parte dall’effetto top-down, e fortemente influenzato dalle
condizioni che partono dal basso e che vengono indicate come effetto BOTTOM-UP, dal basso
verso l’alto
Entrambe le regolazioni si verificano nelle catene alimentari
La predazione permette il flusso di energia nelle catene alimentari, svolge il ruolo ecologico di
regolazione e controllo della densità delle popolazioni delle prede e, spesso, quello di favorire il
mantenimento della diversità di specie nell’ecosistema
PARASSITISMO
Questa interazione si verifica quando una specie (parassita) utilizza un’altra specie (ospite) come
risorsa. L’ospite rappresenta sia una fonte di sostentamento del parassita, sia il suo habitat in cui
accrescersi e moltiplicarsi
Poiché l’ospite e il parassita vivono insieme si parla di simbiosi
A differenza del predatore, il parassita non provoca necessariamente la morte dell’ospite. Tuttavia,
la presenza del parassita può ridurne la fitness, per cui, per limitare l’azione parassitaria, l’ospite
utilizza energia altrimenti impiegata nella crescita e nella riproduzione
A seconda delle dimensioni possiamo distinguere:
Microparassiti: come i virus, batteri, protozoi
Macroparassiti: sono organismi vegetali, animali e funghi di maggiori dimensioni
A seconda della localizzazione, ci sono gli:
Endoparassiti: si localizzano in organi interni dell’ospite
Ectoparassiti: si trovano nelle parti esterne, come le zecche sulla pelle degli animali
La trasmissione del parassita da un ospite a un altro può essere:
Diretta: in questo caso il parassita si introduce nell’ospite diffondendosi nell’aria o
nell’acqua, oppure per contatto tra gli ospiti
Mediata: avviene per intervento di un vettore che costituisce anche un ospite
intermedio nel ciclo vitale del parassita. Per esempio il plasmodio della malaria per
realizzare il suo intero ciclo vitale ha bisogno di 2 ospiti: la zanzara e l’uomo. La
zanzara trasferisce il plasmodio nell’uomo mentre succhia il sangue
I parassiti tendono a incrementare la propria fitness attraverso la trasmissibilità da un ospite a un
altro. Attraverso la coevoluzione, anche gli ospiti hanno sviluppato diversi adattamenti, in modo da
diminuire l’influenza negativa dei parassiti, come alcuni meccanismi comportamentali ad es una
buona pulizia e igiene
Nei vegetali l’infezione parassitaria può essere isolata dalla formazione di particolari tessuti che
inglobano i parassiti (galle)
Negli animali esistono risposte infiammatorie e immunitarie che contrastano e annullano l’azione
parassitaria
Anche il parassitismo rientra nei fattori densità-dipendente. In una popolazione vi è sempre un
numero di individui che è portatore del parassita o che può essere stato contagiato da un parassita
attraverso alcune specie animali
Pertanto, con l’aumento della densità della popolazione dell’ospite, aumenterà la probabilità di
incontro di individui parassitari con individui sani, consentendo una più facile trasmissione del
parassita, e con una conseguente riduzione della densità della popolazione dell’ospite
Quindi il meccanismo che innesca l’azione parassitaria è la densità. Assistiamo infatti ad esplosioni
di epidemie in cui la densità di popolazione è elevata. È quest’ultima che favorisce il contagio che,
se virulento, causerà la morte degli individui riducendo la densità della popolazione. Pensiamo, ad
esempio, alla mortalità provocata all’uomo dal batterio della peste, o dal vaiolo, e in tempi più
recenti a quello della SARS-Co-2
MUTUALISMO
Nell’interazione mutualistica due specie sono associate ottenendo un vantaggio reciproco per la
loro sopravvivenza, crescita e riproduzione
Quando le due specie vivono insieme, il mutualismo è simbiontico (simbiosi mutualistica)
I licheni, per esempio, sono organismi costituiti dall’associazione tra un’alga e un fungo. L’alga,
attraverso la fotosintesi, produce la sostanza organica utile anche al fungo. Questo, invece ha la
capacità di assorbire nutrienti dal substrato e renderli disponibili all’alga che li utilizzerà per
produrre sostanza organica attraverso la fotosintesi. Le specie che costituiscono i licheni (alga e
fungo) sono mutualisti obbligati perché non possono sopravvivere o riprodursi senza la loro
interazione
Nell’ambiente marino è famoso il mutualismo che si instaura tra i paguri e le attinie che si
insediano sulle conchiglie all’interno delle quali vivono i paguri. Il paguro ottiene il vantaggio di
essere protetto dall’attinia dotata di tentacoli, mentre quest’ultima ha il vantaggio di essere
trasportata dal paguro
Anche quello che si stabilisce tra i mammiferi con i batteri che vivono nell’apparato digerente è un
mutualismo simbiontico. I mammiferi offrono habitat e risorse ai batteri, questi forniscono
vitamine e favoriscono la digestione di molecole complesse presenti nel cibo
La mutuazione tra due o più specie che si osserva nel mutualismo può essersi evoluta da altre
forme di interazione, come quella tra parassita e ospite. Il passaggio da un tipo di interazione a un
altro può avvenire anche in tempi molto brevi
Anche il mutualismo può avere effetti ecologici a livello di popolazione e di comunità. Infatti,
poiché le specie mutualiste si avvantaggiano reciprocamente, la capacità di ciascuna specie è
incrementata dalla presenza dell’altra, mentre l’assenza di una specie potrebbe determinare
l’estinzione oppure una riduzione della crescita dell’altra, con effetti sulla popolazione e sulla
comunità.
Questo si verifica sia per il mutualismo simbiontico obbligato che per quello non simbiontico
(facoltativo). Basti pensare al fatto che una notevole frazione di piante selvatiche e coltivate
realizzano la riproduzione grazie all’impollinazione da parte degli insetti. Se non ci fossero gli
insetti, molte piante non potrebbero riprodursi
ALTRI TIPI DI INTERAZIONI TRA SPECIE:
In natura esistono altri tipi di interazioni tra le specie. Una di queste è il commensalismo per cui
una specie ricava un vantaggio mentre l’altra ne è indifferente. I pesci pilota che nuotano vicino
agli squali rappresentano un esempio di commensalismo poiché possono utilizzare i residui del
pasto degli squali i quali non ricavano ne vantaggi ne svantaggi dalla loro presenza
Quando invece la l’interazione tra le specie determina un effetto negativo per una delle due e
nessun effetto per l’altra, si parla di amensalismo. Una giovane pianta che si sviluppa sotto una
pianta più grande subisce l’effetto negativo dovuto all’ombra di quest’ultima, mentre la pianta più
grande non è ne avvantaggiata ne svantaggiata dalla presenza di quella più piccola
Esistono specie che si rifugiano e abitano in altre, in questo caso parliamo di inquilinismo. I piccoli
inquilini ricavano un vantaggio in termini di protezione, mentre per gli ospiti non è sempre chiaro
quale possa essere l’esito dell’interazione
Le interazioni tra le specie dell’ecosistema sono molto variabili a seconda degli organismi e degli
ecosistemi, e hanno un ruolo fondamentale nell’influenzare la dinamica delle popolazioni e la
struttura delle comunità.
Le interazioni tra le varie specie assumono anche un importante ruolo evolutivo. Per esempio la
predazione implica adattamenti alla fuga, alla difesa, al camuffamento da parte delle prede, e al
tempo stesso adattamenti alla ricerca, alla caccia, all’inganno da parte dei predatori.
Le prede adottano differenti STRATEGIE per ridurre gli effetti della predazione:
Di tipo chimico: con produzione di sostanze repellenti o velenose
Di tipo cromatico: attraverso colorazioni
Di tipo fisico: con strutture più rigide e protettive
Di tipo comportamentale: che consentono di eludere i predatori
Predatori e prede, consumatori erbivori e piante che non sono stati in grado di evolvere tali
adattamenti si sono estinti
Le specie, vivendo insieme nella comunità, attuano il processo coevolutivo per cui devono stare al
passo le une con le altre evitando di rimanere indietro
Chi rimane indietro si estingue: è questa l’ipotesi della Regina Rossa proposta da Van Valen in
riferimento al libro Attraverso lo specchio di Lewis Carroll in cui la Regina Rossa dice ad Alice: “qui
devi correre più veloce che puoi per rimanere nello stesso posto”
Questo è quello che fanno tutte le specie che riescono a ottenere vantaggi adattivi nelle relazioni
antagonistiche o cooperative che si stabiliscono nella comunità
LE COMUNITÀ CAMBIANO NELLO SPAZIO E NEL TEMPO:
Una comunità di specie può coprire un’ampia scala spaziale, dove i fattori abiotici e biotici possono
variare gradualmente e influenzare la distribuzione e l’abbondanza delle differenti specie nello
spazio. In tal modo è possibile osservare differenti aggregazioni di specie nell’ambito della stessa
comunità.
Per esempio, nel mare è possibile distinguere le specie meglio adattate a una maggiore luminosità,
posizionate nella parte superiore della colonna d’acqua, da quelle che invece vivono in una zona
più profonda e meno illuminata, più legate al substrato
Il margine tra due comunità è definito ecotono: questo può essere netto, come nel passaggio da
un bosco a un prato, o da un fondale roccioso a uno sabbioso, definendo i limiti spaziali della
comunità. Oppure può presentarsi progressivo e meno definito. In questo caso il margine presenta
una sovrapposizione di specie delle due comunità con un incremento della diversità (effetto
margine)
Le comunità sono costituite da popolazioni di differenti specie le cui distribuzioni e abbondanze
variano nel tempo in relazione alla variabilità delle condizioni dell’ecosistema. Pertanto, anche le
comunità cambiano nel tempo. Se osservassimo di anno in anno un prato abbandonato, ci
accorgeremmo che gli organismi che lo costituiscono non sono sempre gli stessi.
Le comunità osservate in tempi differenti presentano differenze nella composizione e abbondanza
delle specie. Il cambiamento della comunità nel tempo viene indicato con il termine successione
ecologica. Questa è definita:
PRIMARIA: quando la comunità inizia a formarsi su un substrato fisico senza vita,
come quello di una roccia nel mare o sulla terra. La vita arriva su questi substrati in
forma di larve trasportate dalle correnti in ecosistemi acquatici, oppure come spore e
semi trasportati dal vento negli ecosistemi terrestri. Le prime specie a colonizzare
questi substrati primari sono tipiche r-strateghe che hanno bisogno di poco per
accrescersi, riprodursi e disperdere discenti
Con il passare del tempo, il substrato si arricchirà di sostanza organica e di altre forme di vita,
come ad esempio piante annuale e arbusti, invertebrati di varie specie. Con il tempo
arriveranno altre specie più grandi, più tipicamente k-strateghe
Questo cambiamento di specie prende il nome di stadi serali della successione ecologica, in
cui si passa da comunità semplici con piccoli organismi a comunità più complesse con
organismi più grandi. Lo stadio terminale della successione è lo stadio maturo, indicato come
climax. In questo stadio dominano le specie k-strateghe
SECONDARIA: la successione ecologica è definita secondaria quando la comunità si
sviluppa a partire da poche forme di vita presenti in un’area, generalmente rimaste
dopo un evento di disturbo, come ad esempio dopo un incendio, una frana,
un’alluvione…
Queste forme di vita possono avviare il processo di sviluppo della comunità. Pertanto, nella
successione secondaria la sequenza di specie parte da un substrato dove è già presente la
vita, anche se con poche specie o soltanto nelle loro forme di resistenza
La successione ecologica si definisce
Autotrofa: quando sono gli organismi vegetali a definire la struttura e la dinamica
della comunità
Eterotrofa: quando invece sono gli organismi animali a crearne la struttura e a
determinare il cambiamento nel tempo
Una comunità più complessa ed eterogenea consente a un numero maggiore di specie di
soddisfare le proprie esigenze di nicchia ecologica. Fu MacArthur a stabilire una relazione positiva
tra il numero di specie di uccelli e la complessità dell’habitat di una foresta.
Più grande e complesso è il sistema, più aumentano i costi di mantenimento e quindi è necessaria
più energia per mantenerlo.
L’incremento della complessità della comunità favorisce anche l’incremento di detrivori e
decompositori
SPECIE ED ESTINZIONE:
L’estinzione è un fenomeno che riguarda tute le specie, ma i tempi con cui si realizza cambiano da
specie a specie. Una specie si presenta particolarmente vulnerabile e a rischio di estinzione
quando la sua area di distribuzione è piccola e le popolazioni di cui si compone sono piccole
Le popolazioni più piccole e isolate devono fare i conti con una minore variabilità genetica, che
può influenzare negativamente la capacità degli individui di adattarsi a nuove malattie, a nuovi
predatori o a cambiamenti dell’ambiente fisico
Anche la dimensione degli organismi influenza la probabilità di estinzione: organismi più grandi
hanno bisogno di areali più estesi per cercare le risorse e pertanto risentono maggiormente della
riduzione del proprio habitat vitale.
L’estinzione di grandi animali terrestri e marini è stata causata dall’espansione dell’uomo sul
pianeta, spesso associata alla ricerca di aree dove insediarsi e allo sfruttamento delle risorse
naturali. I grandi animali, che un tempo erano diffusi in tutto il mondo, sono stati decimati
dall’uomo attraverso la caccia, la pesca e la frammentazione degli habitat.
L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura ha stabilito, attraverso le Liste Rosse, le
categorie di rischio per le specie: estinta, estinta in natura, gravemente minacciata, minacciata,
vulnerabile, fino a quella di minore preoccupazione.
IL PAESAGGIO:
L’insieme di habitat, comunità ed ecosistemi presenti in un ampio contesto spaziale costituiscono
il paesaggio
Pertanto, il paesaggio si presenta eterogeneo e la sua eterogeneità può essere modificata da
eventi di disturbo naturali (frane, incendi, eruzioni vulcaniche) o antropici (taglio dei boschi, cave
per estrazione di materiali, costruzione di strade e infrastrutture)
Poiché attraverso la successione ecologica le comunità cambiano nel tempo, anche il paesaggio si
modifica nel tempo.
Ci sono habitat e comunità che possono configurarsi come isole virtuali o isole ecologiche
-Un sistema virtuale è un’entità discreta di habitat circondata da una matrice ambientale con
caratteristiche totalmente differenti, per esempio uno stagno in un prato, frammenti di bosco in
una prateria, una collina circondata da un territorio pianeggiante…
-Una porzione di terra circondata dal mare è sia un’isola geografica sia un’isola ecologica
MacArthur e Wilson hanno elaborato una teoria che spiega la distribuzione delle specie sulle isole
In base a questa teoria, più grande è l’area dell’isola, maggiore è la diversità di specie nella
comunità. Inoltre, la distribuzione delle specie su un’isola dipende anche da un equilibrio tra forze
antagoniste, ovvero tra processi di colonizzazione e processi di estinzione
La colonizzazione è un processo per cui nuove specie arrivano dalla terraferma sull’isola.
Il tasso di colonizzazione indica il numero di nuove specie che raggiungono l’isola nell’unità di
tempo rispetto al numero di specie presenti. Questo tasso si riduce man mano che arrivano le
specie sull’isola
L’estinzione è un processo dovuto alle interazioni tra le varie specie sull’isola, per cui man mano
che aumentano le specie, l’estinzione di alcune di esse diventa più probabile.
Il tasso di estinzione equivale al numero di specie che si estinguono nell’unità di tempo rispetto al
numero di specie presenti. Questo tasso cresce all’aumentare delle specie sull’isola
Il numero di specie raggiunge l’equilibrio sull’isola quando i due tassi si equivalgono.
La dimensione dell’isola influenza soprattutto il tasso di estinzione: un’isola più grande, ha
generalmente una maggiore disponibilità di risorse rispetto a un’isola più piccola. Pertanto,
un’isola più grande ha un tasso di estinzione inferiore a un’altra più piccola
La distanza dell’isola dalle zone di provenienza delle specie influisce sul tasso di colonizzazione:
isole vicine hanno maggiore probabilità di essere colonizzate rispetto a isole lontane. Pertanto, il
tasso di colonizzazione è più alto per isole vicine
Se nel mosaico del paesaggio comunità dello sesso tipo sono connesse da corridoi ecologici,
ovvero da fasce di habitat simili, lo spostamento delle specie da una comunità a un’altra è
facilitato.
Le siepi e la vegetazione che cresce sui bordi dei fiumi (vegetazione ripariale) sono tipici corridoi
ecologici lungo i quali organismi animali e vegetali possono diffondersi connettendo comunità
dello stesso tipo, tra loro isolate e distanti
L’uomo è una specie organizzata in meta-popolazioni. Ci sono borghi di montagna in Italia ormai
disabitati e altri che rischiano di essere abbandonati perché il territorio non si presenta sicuro o
perché i giovani vano via in cerca di lavoro e di nuove opportunità. Questi sono casi di estinzione
locale in chiazze di habitat degli umani. Inoltre, non è detto che per questi borghi non possano
verificarsi processi di ricolonizzazione
CAPITOLO 7
LA MATERIA NELLA TERRA:
La materia di cui è costituita la Terra è formata da elementi chimici. Molti di questi sono solidi, una
decina di essi è in forma gassosa, due sono liquidi.
Gli elementi chimici, quindi, strutturano i differenti comparti geochimici della Terra. La parte più
interna è costituita da un nucleo molto caldo e da un mantello viscoso in cui si verificano i
fenomeni magmatici. La parte più esterna e rigida è la crosta terrestre che viene definita litosfera.
L’involucro gassoso che circonda la Terra è l’atmosfera. Per il fatto di essere non omogenea essa è
suddivisa in vari strati con differenti caratteristiche.
Il primo strato è la troposfera, fino a circa 12 km di altitudine, dove si verificano gran
parte dei fenomeni meteorologici.
Lo strato successivo è la stratosfera, fino a 50 km, in cui è presente l’ozono, costituito
da 3 atomi di ossigeno (O3) e che assorbe molta della radiazione ultravioletta
proveniente dal sole.
Oltre la stratosfera c’è la mesosfera, fino a circa 100 km di altitudine
Poi vi sono la termosfera e l’esosfera, che superano i 500 km di altitudine
Le molecole di gas di cui si compone l’atmosfera sono trattenute dalla forza di gravità. L’azoto è
l’elemento chimico più abbondante, seguito dall’ossigeno, entrambi sono presenti in forma
molecolare bi-atomica
La crosta terrestre è coperta per circa il 70% dagli oceani. Tutta l’acqua degli oceani costituisce
l’idrosfera. Oltre il 97% dell’idrosfera è salata.
Quando gli elementi chimici si combinano tra loro formano i composti. Il sale da cucina (cloruro di
sodio NaCl) è un composto costituito da un atomo di sodio (Na) e da uno di cloro (Cl)
L’elemento tipico della vita è il carbonio ( C ) che ha la particolarità di formare molecole di
differente grandezza e complessità
GLI ELEMENTI CHIMICI SONO IN CONTINUO MOVIMENTO:
Molti elementi chimici sono in continuo movimento tra la litosfera, atmosfera, idrosfera e
biosfera. L’acqua svolge un ruolo fondamentale per il movimento degli elementi ma anche per la
realizzazione delle reazioni chimiche: negli esseri viventi tutte le reazioni chimiche avvengono in
acqua.
Abbiamo visto come, attraverso la fotosintesi e la chemiosintesi, composti inorganici (anidride
carbonica, acqua, Sali minerali) diventano composti organici dei foto-autotrofi e chemio-autotrofi,
da cui questi ricavano energia e formano cellule e tessuti
Attraverso la respirazione cellulare gli elementi chimici ritornano nell’ambiente in forma
inorganica
DECOMPOSIZIONE
Un ruolo importante nel ritorno degli elementi chimici da molecole organiche a molecole
inorganiche è svolto dalle catene alimentari del detrito, nelle quali la materia organica viene
utilizzata da organismi detrivori consumatori nonché da funghi e batteri (decompositori), che nel
corso del tempo la trasformeranno in forme chimiche più semplici, ovvero in Sali minerali
È questo il fenomeno della decomposizione, attraverso il quale tutta la materia organica viene
smaltita negli ecosistemi terrestri e acquatici
La prima azione nel processo di decomposizione viene svolta da quegli organismi animali che si
nutrono di carogne e resti di organismi (detrivori), sminuzzando e triturando le varie parti
Attraverso l’ingestione, la digestione e l’escrezione ne modificano la struttura fisica e chimica
Dopo l’utilizzo del detrito, la vera e propria decomposizione è svolta da funghi e batteri, dotati di
enzimi che possono degradare i composti organici presenti nel detrito fino alla loro
mineralizzazione
Dopo questa azione di funghi e batteri che hanno demolito parzialmente questi composti,
subentra quella di altri gruppi , dotati di enzimi specifici, che ne completano la demolizione fino a
molecole inorganiche molto più semplici. Queste molecole sono nuovamente utilizzate dai
produttori che formano sostanze organiche, continuando così il ciclo della vita negli ecosistemi del
pianeta
Da inorganico a organico, attraverso la fotosintesi e la chemiosintesi; da organico a
inorganico attraverso la decomposizione
Il processo di decomposizione, generalmente è più rapido per resti animali che per quelli vegetali,
in relazione al fatto che i primi sono prevalentemente costituiti da proteine e grassi, mentre i
vegetali, soprattuto quelli terrestri, da carboidrati di struttura complessa
La velocità di decomposizione della sostanza organica è anche influenzata dalla temperatura
dell’ambiente in cui si svolge: infatti la temperatura influenza il tasso metabolico degli organismi,
inclusi funghi e batteri. Anche l’umidità può influenzare l’attività microbica. Pertanto il clima ha un
ruolo importante nella decomposizione
I prodotti della decomposizione (e gli odori conseguenti) possono variare moltissimo a seconda del
metabolismo dei microrganismi e se esso è realizzato in presenza o in assenza di ossigeno. In
genere, in ambiente con presenza di ossigeno, la decomposizione e procede più velocemente e
con odori meno sgradevoli che in ambiente anossico.
I CICLI BIOGEOCHIMICI:
Il movimento degli elementi chimici tra i differenti comparti geochimici della terra, viene indicato
come ciclo biogeochimico, perché gli elementi chimici si muovono completando un percorso
circolare
Quando il percorso riguarda tutti i comparti geochimici e c’è un’importante componente gassosa,
il ciclo biogeochimico viene considerato globale, mentre quando è prevalente il movimento tra un
comparto e un altro, come tra litosfera e biosfera, viene indicato come ciclo biogeochimico
sedimentario.
Per comprendere meglio la tipologia del percorso di un elemento in un ciclo biogeochimico, prima
esaminiamo come si muove la molecola dell’acqua
Il CICLO IDROLOGICO
L’acqua è molto abbondante sul nostro pianeta ed è presente soprattutto allo stato liquido e
salata. Gli oceani contengono circa il 97% di tutta l’acqua sulla Terra, è presente in quantità minore
nei laghi, fiumi e torrenti, e ancora meno è presente nell’atmosfera in forma di vapore
Noi esseri umani siamo costituiti per oltre il 70% di acqua, ma ci sono organismi, come le meduse,
fatti per oltre il 90% di acqua
Tutte le reazioni chimiche della vita avvengono in acqua. L’acqua è un solvente universale e può
sciogliere moltissime sostanze presenti nella litosfera (soluti) soprattutto in determinate condizioni
chimiche. Infatti, l’acqua (H2O), in relazione alla sua acidità (per maggiore presenza di ioni
idrogeno H+) o basicità (per maggiore presenza di ioni ossidrili OH-) può presentare differenti
capacità di solubilizzare i differenti Sali minerali e facilitare il movimento degli elementi chimici
L’acidità di una soluzione viene misurata attraverso il pH che varia da 1 a 14 (una soluzione con pH
7 è neutra, pH<7 è acida, pH>7 è basica)
Ciò che muove l’acqua sulla Terra è la radiazione solare. L’energia radiante infatti, determina il
clima del pianeta e favorisce l’evaporazione dell’acqua.
L’acqua evapora a ogni temperatura da tutte le superfici da cui è presente
Dagli oceani evapora più acqua di quella che vi ritorna con le precipitazioni, ma gli oceani non si
svuotano perché il bilancio dell’acqua negli oceani è mantenuto dall’acqua che vi ritorna
attraverso i fiumi.
Sulla superficie terrestre invece, cade più acqua di quella che evapora, ma anche qui il bilancio è
mantenuto in equilibrio dall’acqua eccedente sulle terre emerse che in modo variabile ritorna sugli
oceani
Le superfici della Terra, sottoposte alla radiazione solare, si riscaldano: l’aria calda tende a salire
verso gli strati più alti dell’atmosfera. Man mano che sale si espande e si raffredda sempre più. A
una certa quota l’aria è fredda a tal punto che il vapore in essa contenuto condensa formando i
sistemi nuvolosi. Da questi l’acqua ritorna nuovamente sulle Terre emerse e negli oceani
attraverso le precipitazioni
L’acqua finisce così di nuovo negli oceani e nei laghi
ACQUA POTABILE, QUANTA NE CONSUMIAMO?
Soltanto una minima parte dell’acqua presente sul pianeta è disponibile sotto forma di acqua
dolce (circa 2,5%). Di questa, soltanto una frazione molto piccola è accessibile.
L’acqua dolce non è ugualmente ripartita tra le diverse aree geografiche del pianeta e molte
popolazioni ne soffrono la carenza
Per esempio, in Uganda, Mozambico ecc si utilizzano circa 15-20 litri di acqua dolce al giorno,
mentre nei Paesi sviluppati si possono utilizzare anche più di 300-400 litri di acqua potabile al
giorno.
Questa cifra non ci deve meravigliare in quanto non dobbiamo pensare solo all’acqua per bere:
utilizziamo l’acqua in moltissimi modi, per la pulizia, per una doccia, per cucinare, per tirare lo
sciacquone ecc
IL CICLO DEL CARBONIO
Il carbonio costituisce lo scheletro delle molecole organiche e, quindi, la struttura degli esseri
viventi. È un elemento chimico molto abbondante nelle roccia sedimentarie
La riserva circolante più abbondante di carbonio è quella presente negli oceani, soprattutto sotto
forma di ione bicarbonato. In atmosfera il carbonio è presente principalmente come anidride
carbonica prodotta da tutte le combustioni naturali, come gli incendi e le eruzioni vulcaniche
In atmosfera c’è una quantità di anidride carbonica circa 150 volte inferiori a quella presente negli
oceani. L’anidride carbonica reagisce con l’acqua degli oceani e forma l’acido carbonico (H2CO3).
Questo è un acido debole che al pH dell’acqua marina si dissocia formando ione bicarbonato
(HCO3-) e ione idrogeno (H+). Se il pH diventa più basico, come accade nelle acque tropicali, anche
lo ione bicarbonato si dissocia in ione carbonato e ione idrogeno. Lo ione carbonato è insolubile e
quindi precipita accumulandosi negli esoscheletri di organismi marini
Come abbiamo già detto, il carbonio è presente in atmosfera soprattutto con anidride carbonica.
Anche se questa molecola non è molto abbondante, la sua concentrazione in atmosfera è
aumentata dopo la rivoluzione industriale, con l’utilizzo del carbone e di altri combustibili fossili,
fino ad arrivare ad oggi a circa 0,04%.
L’incremento di CO2 e di altri gas serra sta causando il riscaldamento del pianeta con il
conseguente cambiamento globale del clima
Il ciclo del carbonio è regolato attraverso 2 processi fondamentali: la fotosintesi e la respirazione.
La prima determina un consumo di anidride carbonica, la seconda ne determina la produzione
La CO2 è anche coinvolta in processi di formazione del metano da parte di microrganismi anaerobi
La fascia verde fotosintetica del pianeta e gli oceani diminuiscono l’incremento di anidride
carbonica in atmosfera:
-La deforestazione causa l’incremento di CO2 in atmosfera per i seguenti motivi:
Sono eliminati organismi fotosintetici in grado di consumare CO2 in atmosfera
La rimozione degli alberi impedisce la formazione della lettiera e dell’humus sul suolo
della foresta
La sostanza organica della lettiera e dell’humus che rimane dopo il taglio della foresta
viene esposta alla radiazione solare e pertanto subisce un più rapido processo di
decomposizione che determina ulteriore emissione di CO2 in atmosfera
L’emissione di CO2 viene aumentato in relazione ad attività agricole e uso di
combustibili fossili dove prima c’era la foresta
Anche gli oceani riducono l’incremento di CO2 attraverso diversi meccanismi:
IL CICLO DELL’OSSIGENO
Anche l’ossigeno è il elemento importante che costituisce le molecole dei viventi. Pur costituendo
attualmente il 21% dei gas atmosferici, l’ossigeno molecolare (O2) era assente nell’atmosfera
primordiale della Terra, circa 4,5 miliardi di anni fa
Dalla crosta terrestre fuoriuscivano gas come metano, ammoniaca, acido solfidrico e vapore
acqueo, che nell’insieme costituivano l’atmosfera primordiale
Man mano che la Terra si raffreddava e il vapore acqueo saliva negli strati più alti dell’atmosfera, il
vapore si condensava formando i sistemi nuvolosi. L’acqua in forma liquida ha iniziato a cadere
sulla superficie terrestre e, pioggia dopo pioggia, ha riempito le sue cavità, formando l’oceano
primordiale.
Le molecole dei gas atmosferici generavano molecole più complesse che finivano nelle acque
formando il brodo primordiale della Terra. Dall’aggregazione di molecole complesse hanno avuto
origine i primi esseri viventi in grado di utilizzare le molecole del brodo primordiale in assenza di
ossigeno (organismi anaerobi fermentativi)
Nel corso del tempo sembra siano comparsi altri organismi microscopici in grado di scindere la
molecola dell’acqua liberando oggi genò molecolare attraverso quella che doveva essere una
primitiva fotosintesi
L’affermazione del fenomeno della fotosintesi, determinando un aumento di O2 nelle acque, ha
favorito l’evoluzione della vita aerobia. L’incremento di questo gas nelle acque ne ha provocato il
passaggio in atmosfera
Una volta in aria l’ossigeno ha iniziato a reagire con i gas presenti, formando rocce sedimentarie
che hanno un tipico colore rosso. La formazione ti questo tipo di rocce sulle terre emerse sembra
risalire a 1,8 miliardi di anni fa ed è la prova geologica del passaggio dell’O2 in atmosfera
Con la formazione di ozono la vita è stata protetta dalla radiazione ultravioletta più pericolosa e gli
esseri viventi hanno potuto colonizzare le terre emerse
Con la presenza di ossigeno molecolare libero nell’idrosfera e nell’atmosfera si è sviluppata la vita
aerobia, per cui l’ossigeno prodotto veniva anche utilizzato per la respirazione. Questo gas ha
raggiunto le concentrazioni attuali del 21% in atmosfera perché circa 300 milioni di anni fa, in un
periodo della storia chiamato carbonifero, le grandi quantità di carbonio organico contenuto in
vegetali di paludi e foreste non sono state respirate, ma accumulate sotto i sedimenti e sottoposte
ad alte pressioni e temperature, e trasformate lentamente in combustibili fossili
Tutte le combustioni avvengono in presenza di ossigeno, per questo è definito comburente. Il
combusta, legno, carbone) ma il comburente è remore l’ossigeno
Nel mare l’ossigeno è meno abbondante che in atmosfera: questo dipende dall’entità della
fotosintesi (che lo produce), dalla respirazione (che lo consuma) e dalla diffusione dell’ossigeno
dall’atmosfera all’idrosfera e viceversa. Pertanto in superficie, dove arriva la radiazione solare, c’è
più ossigeno che in profondità
L’O2 si può diffondere dall’atmosfera all’ambiente acquatico e solubilizzarsi. La diffusione dipende
molto dal movimento delle acque superficiali: il movimento superficiale e la presenza di onde
favoriscono la diffusione. La solubilità dell’ossigeno è inversamente proporzionale alla
temperatura e alla salinità. Pertanto, acque fredde e dolci contengono più ossigeno di acque calde
e salate
IL BUCO DELL’OZONO:
Lo strato di ozono (O3) è localizzato nella stratosfera, tra 15 e 35 km di altitudine. Questo strato, il
cui spessore è di appena pochi millimetri, scherza la parte più pericolosa della radiazione
ultravioletta, mentre soltanto una frazione raggiunge la superficie terrestre.
Le radiazioni UV possono risultare dannose per i tessuti viventi, in quanto possono indurre
alterazioni del DNA con effetti mutageni e cancerogeni
Lo strato di ozono presente nella stratosfera è diventato più sottile e discontinuo (buco dell’ozono)
a causa dell’uso dei clorofluorocarburi. Questi composti nell’atmosfera, sotto l’azione della
radiazione ultravioletta, liberano il cloro che scinde le molecole di ozono rendendo ancora più
sottile il suo strato
IL CICLO DELL’AZOTO
L’azoto è un altro elemento chimico essenziale per la vita. Si trova soprattutto in atmosfera, dove
costituisce il 78% dei gas presenti.
Sebbene l’azoto sia molto abbondante in atmosfera, gran parte degli esseri viventi non possono
assumerlo direttamente dall’aria, perché è un gas inerte ovvero la sua molecola, costituita da 2
atomi di azoto (N2), è molto stabile. Perciò negli ecosistemi terrestri e acquatici, batteri e alghe
verdi-azzurre sono in grado di scindere la molecola dell’azoto e legare i suoi atomi a quelli
dell’idrogeno dell’acqua (fissazione biologica dell’azoto)
In questo modo l’azoto, in forma di ione ammonio, viene assorbito dai fotoautotrofi terrestri e
acquatici che lo incorporano nelle loro proteine.
Attraverso la catena alimentare, l’azoto passa prima agli erbivori e poi ai carnivori. Pertanto, noi
esseri umani assorbiamo azoto attraverso la dieta
La decomposizione degli scarti e della sostanza organica morta da parte di microrganismi permette
il ritorno dell’azoto nuovamente in forma inorganica, come ammoniaca
Anche il ciclo dell’azoto subisce l’influenza dell’uomo: infatti l’uomo ha imparato a fissare l’azoto
atmosferico (fissazione industriale dell’azoto) per ottenere esplosivi e fertilizzanti. L’eccessiva
produzione e utilizzazione di fertilizzanti ha sovraccaricato gli ecosistemi terrestri e marini di
questo nutriente, sbilanciando così il ciclo dell’azoto
Le combustioni ad alta energia immettono ossidi di azoto nell’aria: gli ossidi di azoto in atmosfera
reagiscono con l’acqua provocando il fenomeno delle piogge acide. Queste causano impatti
negativi sugli organismi e danni a monumenti e ad altri manufatti
IL CICLO DEL FOSFORO
Questo elemento chimico costituisce le molecole che trasportano l’energia con cui gli esseri viventi
realizzano i vari processi metabolici. Inoltre, è presente negli acidi nucleici ed è un costituente
fondamentale delle membrane cellulari.
Il fosforo è anche presente in tessuti duri, come denti e ossa
Il suo ciclo biogeochimico è di tipo sedimentario in quanto il fosforo è presente soprattutto nella
litosfera, in rocce fosfatiche. L’azione delle acque meteoriche su rocce fosfatiche e l’attività dei
microrganismi sulla sostanza organica morta rende disponibile il fosforo nel suolo e nelle acque,
che viene assorbito dagli autotrofi e quindi può essere assunto dagli eterotrofi attraverso il
passaggio nelle catene alimentari
Con il ricambio di cellule e tessuti, l’eliminazione di scarti e la morte degli organismi, il fosforo
ritorna nuovamente nell’ambiente.
Il fosforo è un elemento importante per la fertilità dei suoli e pertanto è usato come fertilizzante
Il fosforo che dalla terra viene trasferito al mare vi ritorna attraverso il prelievo di organismi marini
da parte dell’uomo, ovvero attraverso l’attività di pesca
Molto del fosforo che finisce in mare può depositarsi in profondità, accumularsi nei sedimenti
marini e non essere più recuperato dagli autotrofi, a meno che non esistano correnti di risalita (up-
welling) che dalle profondità riportino il fosforo in superficie, dove i foto-autotrofi realizzano la
fotosintesi
IL CICLO DELLO ZOLFO
Lo zolfo è importante per gli esseri viventi in quanto presente negli amminoacidi cisterna e
metionina. È presente anche in alcune vitamine
Lo zolfo è abbondante nella litosfera. Nel mare lo ione solfato è il terzo ione più abbondante dopo
il cloro e il sodio. Lo zolfo è immerso in atmosfera dal mare in forma di dimetilsolfuro e dai vulcani
come solfuro di idrogeno.
Il dimetilsolfuro è la molecola che fornisce il tipico odore del mare. È prodotta dai batteri in seguito
alla trasformazione di una sostanza prodotta dalle alghe e svolge un ruolo importante nella
formazione delle nuvole perché favorisce la condensazione del vapore acqueo
Lo zolfo è assorbito dai foto-autotrofi che la organicano in amminoacidi e vitamine. Lo zolfo in
questo modo può essere utilizzato anche dagli eterotrofi erbivori e carnivori attraverso le catene
alimentari. Con l’eliminazione degli scarti organici e con la morte degli organismi, lo zolfo ritorna
nell’ambiente in forma inorganica come solfuro di idrogeno (se la decomposizione avviene in
assenza di ossigeno), oppure di nuovo come solfato (se la decomposizione avviene in presenza di
ossigeno)
Il solfuro di idrogeno ha un tipico odore di uova marce
Il solfuro di idrogeno può anche essere utilizzato in acque superficiali da particolari batteri che,
dotati di pigmenti, compiono una fotosintesi senza produzione di ossigeno (fotosintesi
anossigenica)
Lungo le dorsali oceaniche esistono le sorgenti idrotermali da cui fuoriesce acqua bollente, con
minerali e solfuro di idrogeno
Qui esistono batteri che utilizzano questo composto per realizzare la chemiosintesi, ovvero la
sintesi di sostanza organica non attraverso l’energia della radiazione solare che a queste
profondità non può arrivare, ma attraverso l’energia di reazioni chimiche
Considerazioni sui cicli biogeochimici:
I cicli biogeochimici sono sequenze di trasformazioni chimiche che coinvolgono i vari elementi in
composti organici e inorganici. I differenti cicli sono interconnessi tra loro perché gli elementi
chimici si legano ad altri elementi formando numerosi composti
Attraverso il ciclo della materia gli esseri viventi mantengono le attuali condizioni di vita sulla terra,
intervengono nella regolazione dei gas atmosferici, nella formazione dei suoli e degli habitat, nella
produzione di materiali e cibo per i viventi stessi, nonché nel tamponare le alterazioni causate
dalle differenti attività umane
BIOACCUMULO E BIOMAGNIFICAZIONE:
Il grande sviluppo dell’industria chimica dopo la seconda guerra mondiale ha portato alla sintesi di
un incredibile numero di nuove molecole complesse che costituiscono parte integrante dello stile
di vita delle società industriali: pensiamo ad esempio agli indumenti, ai mobili, agli
elettrodomestici, ai prodotti per la pulizia…
Sebbene abbiamo migliorato la qualità della vita per molti aspetti pratici, molte sostanze chimiche
possiedono proprietà indesiderate. Infatti, l’emissione nell’ambiente di queste sostanze può
danneggiare gli organismi ma anche influire sulle catene alimentari e su interi ecosistemi
Questo accade perché queste sostanze possiedono le caratteristiche di rimanere nell’ambiente
(sostanze persistenti). Infatti, sono estranee alla vita (sostanze xenoibotiche) e quindi non
biodegradabili in altre molecole più semplici
Le molecole xenobiotiche sono particolarmente nocive per la salute umana e per l’ambiente. Si
accumulano negli organismi viventi e si propagano attraverso l’aria e l’acqua, concentrandosi negli
ecosistemi dando luogo a processi di bioaccumulo e biomagnificazione:
Il bioaccumulo consiste nell’assorbimento di una sostanza xenobiotica dal mezzo
circostante in maniera tale che le concentrazioni della sostanza nei tessuti
dell’organismo diventino più alte di quelle presenti nell’ambiente circostante
La biomagnificazione è la tendenza di questo tipo di sostanze chimiche a diventare
sempre più concentrate man mano che si sale da un livello trofico a un altro,
massimizzando la concentrazione nei livelli apicali
CAPITOLO 8
Il economia il capitale è uno dei fattori che consente la produzione di beni. È una forma di
ricchezza disponibile in un certo momento che sostiene l‘attività economica permettendo di
generare nuova ricchiezza
I termini economia e ecologia hanno la stessa radice, ma affrontano tematiche differenti:
l’ecologia studia l’ambiente (ecosistema), mentre l’economia si occupa della gestione
dell’ambiente con le sue risorse le quali costituiscono il capitale che permette di creare nuova
ricchezza
Risorsa—> una risorsa è qualcosa che un organismo utilizza o consuma per soddisfare le proprie
condizioni di esistenza. Le risorse possono essere componenti abiotiche e biotiche dell’ecosistema,
e possono rappresentare cause di conflitto e competizione tra gli organismi. Ad esempio nei
deserti è molto forte la competizione per l’acqua
Le risorse possono essere distinte in:
Rinnovabili: queste possono essere effettivamente rinnovabili (inesauribili) e
potenzialmente rinnovabili (esauribili). Le prime sono quelle il cui uso non ne
influenza la quantità alla fonte e la successiva disponibilità. Ad esempio la radiazione
solare (il suo uso non ne riduce la quantità)
Invece le risorse potenzialmente rinnovabili sono quelle il cui uso può influenzare la quantità
e la successiva disponibilità, pur avendo capacità di rigenerazione. Appartengono a questa
categoria di risorse l’acqua dolce, l’aria, i suoli, le piante, gli animali, gli ecosistemi
Non rinnovabili: sono quelle il cui uso ne riduce la quantità e la futura disponibilità.
Appartengono a questo tipo di risorse i combustibili, i minerali metallici e non
metallici. I ritmi di formazione e accumulo di queste risorse sono lentissimi
BENI E SERVIZI ECOSISTEMICI:
Tramite l’utilizzo delle risorse derivano beni e servizi che sostengono la vita e le attività umane,
promuovendo il benessere dell’uomo
I beni e i servizi ecosistemici provenienti dal capitale naturale si combinano con i servizi del
capitale artificiale promuovendo economia, sviluppo sociale e benessere
Il capitale artificiale è quello creato dall’uomo come macchine, infrastrutture, impianti, mezzi di
trasporto che determinano il sistema economico di mercato delle nostre società
Il capitale umano è costituito dall’insieme delle facoltà e delle risorse umane come conoscenza,
istruzione, informazioni che consentono di svolgere attività di creazione e trasformazione
Il MA (2005) distingue 4 categorie di beni e servizi ecosistemici:
1. Beni e servizi ecosistemici di supporto:
Sono rappresentati dalla produttività primaria, dal ciclo dei nutrienti, dalla formazione dei suoli e
dagli habitat. Sono quelli da cui derivano tutti gli altri beni e servizi poiché sono alla base della
struttura e del funzionamento ecosistemico
La vita sulla Terra è possibile grazie alla trasformazione dell’energia radiante in energia chimica
attraverso la fotosintesi realizzata dagli organismi foto-autotrofi
Il suolo si forma a partire dall’alterazione meteorica e chimica delle rocce e con un conseguente e
importante contributo di numerosi esseri viventi. La formazione del suolo è un processo molto
lento che può richiedere anche 200.000 anni
La formazione degli habitat è dovuto agli organismi vegetali e animali che strutturano habitat dove
numerose forme di vita realizzano i cicli vitali determinando il funzionamento ecosistemico
2. Beni e servizi ecosistemici di approvvigionamento
Gli ecosistemi sono la fonte di acqua e di numerosi prodotti utilizzati dall’uomo, come cereali,
frutta, ortaggi. Sebbene l’uomo abbia intensificato la produzione di cibo attraverso sistemi
culturali e di allevamento, una parte essenziale della dieta umana deriva ancora da piante e
animali selvatici
Molte sostanze naturali presente in molte specie vegetali e animali sono utilizzate come farmaci;
altre materie prime rappresentano importanti risorse energetiche, come la legna; ancora altre
piante, minerali e pietre preziose sono utilizzate a scopo ornamentale; molti tipi di materie
vengono utilizzate per la moda e l’abbigliamento, come lana, seta, cotone; alcuni animali e piante
sono utilizzati a scopo decorativo (pesci in acquario o piante ornamentali) o per collezioni in
giardini botanici
3. Beni e servizi ecosistemici di regolazione
Il mantenimento/equilibrio della biosfera è mantenuto dal cicli biogeochimici che, a loro volta,
sono influenzati dalle differenti componenti biotiche e abiotiche degli ecosistemi.
Un importante esempio è rappresentato dal controllo cibernetico dell’anidride carbonica da parte
della fascia verde fotosintetica terrestre che la intrappola nelle strutture vegetali e delle pompe
del carbonio degli oceani. In questo modo gli ecosistemi regolano la quantità di CO2
nell’atmosfera, riducendo l’effetto serra
Un altro servizio di regolazione consiste nel migliorare eventi di disturbo naturali. La vegetazione
può potenzialmente attenuare gli effetti catastrofici di tempeste e nubifragi, nonché di condizioni
di siccità. Gli alberi riducono l’erosione del suolo dalle piogge e dal vento, rendono più stabile il
terreno
L’impollinazione è un altro servizio di regolazione essenziale per la riproduzione delle piante e può
realizzarsi grazie a molte specie di impollinatori selvatici (soprattutto insetti). Senza questa
funzione molte specie vegetali si sarebbero estinte e la produzione agricola si sarebbe potuta
ottenere solo con costi elevati attraverso l’impollinazione artificiale
4. Beni e servizi ecosistemici culturali
La natura ha una grande importanza: gli umani utilizzano la bellezza della natura, i panorami e i
suoi paesaggi. Tutto questo porta a servizi culturali che creano un’economia basata su turismo,
attività ricreative riguardanti la creazione di libri, riviste, film, dipinti, film, sculture, musica,
architettura e pubblicità.
Gli ecosistemi inoltre forniscono opportunità per lo studio della natura, per l’educazione
ambientale e per laboratori in campo per la ricerca scientifica, portando giorno dopo giorno a
nuove conoscenze e scoperte
IMPATTO DELLA CRESCITA DELLA POPOLAZIONE:
L’uomo anni fa è stato raccoglitore e cacciatore. La sua sopravvivenza dipendeva dalla sua capacità
di adattarsi ai cambiamenti ambientali ed era anche molto diffuso il nomadismo.
Intorno a 10.000 anni fa, l’uomo ha deciso di stabilizzarsi in luoghi più idonei alla sua
sopravvivenza per coltivare piante e allevare animali, dando inizio a quella che chiamiamo
rivoluzione agricola. In questo periodo i tassi di natalità e di mortalità erano piuttosto alti, e
pertanto il tasso di crescita della popolazione di manteneva basso
Dopo la rivoluzione industriale, l’invenzione delle macchine e il miglioramento delle condizioni di
vita hanno determinato un rapido incremento della popolazione, che già nel 1930 aveva raggiunto
i 2 miliardi di individui. Con i progressi della tecnologia, tra i quali la scoperta degli antibiotici, il
tasso di mortalità è diminuito sensibilmente, mentre il tasso di natalità si è mantenuto alto
Questa differenza tra natalità e mortalità ha portato un tipo di crescita esponenziale della
popolazione che, nel 2011, ha raggiunto i 7 miliardi di individui
Come riportato nel capitolo 5, alla fine dell’800 l’economista Malthus aveva evidenziato che
l’aumento della popolazione era più alto delle risorse alimentari, preannunciando l’esaurimento di
queste risorse e conseguenze negative come malattie e povertà. Anche se il progresso scientifico e
tecnologico hanno reso possibile il sostentamento di un numero sempre maggiore di esseri umani
rispetto a quello che era possibile sostenere ai tempi di Malthus, l’inarrestabile incremento
demografico sta alterando profondamente i sistemi ecologici di supporto alla vita, ovvero il
capitale naturali dal quale dipendiamo
L’uomo ha modificato profondamente gli habitat naturali per ottenere acqua, cibo, materiali di
vario tipo ed energia.
I suoli sono stati utilizzati per costruire case, strade. L’eccessivo uso di fertilizzanti in agricoltura ha
alterato i cicli biogeochimici di azoto e fosforo. Le foreste sono state tagliate per ottenere legname
e suolo utile a tali scopi. I corsi d’acqua sono stati deviati e interrotti da dighe. La produzione di
molecole come clorofluorocarburi ha causato il buco dell’ozono e l’eccessiva immissione di gas
serra sta cambiando il clima globale
Il capitale naturale è stato rovinato un po’ ovunque sul pianeta. Più cresce la popolazione, più si
riduce e si deteriora il capitale naturale.
Ma un capitale naturale così ridotto e modificato quali beni e servizi ecosistemici potrà ancora
portare per il benessere umano?
Ehrlich e Holdren hanno formulato un’equazione per esprimere l’impatto (I) della specie umana
sui sistemi naturali
I=PxAxT
Dove P rappresenta il numero di individui, A è il consumo medio di risorsa per individui, T è la
misura del danno che le risorse e le tecnologie hanno sull’ambiente
Quindi, la crescita demografica è uno dei fattori determinanti la crisi ambientale
Ad oggi, la popolazione umana ha superato le capacità di carico (capacità portante) del pianeta
causando sostanziali e crescenti cambiamenti
Il MA (2005) ha evidenziato le principali cause (direct drivers) del degrado della biodiversità e degli
ecosistemi:
Perdita e degrado degli habitat
Inquinamento
Sovra-sfruttamento delle risorse naturali
Specie invasive
Cambiamento globale del clima
Inoltre il MA (2005) ha anche evidenziato la necessità di cambiamenti sostanziali sul piano socio-
comportamentale e su quello economico per garantire una gestione più sostenibile degli
ecosistemi e ridurre i problemi correlati al loro degrado
Dopo 15 anni però, il capitale naturale e i servizi ecosistemici sono ancora in fase di
deterioramento a livello mondiale. Le cause principali sono sempre le stesse e inoltre non sono
affatto state migliorare le cause indirette (indirect drivers), anzi la popolazione ha continuato a
crescere e subentrano molti conflitti ed epidemie
Demografiche e socio-culturali
Economiche e tecnologiche
Istituzionali e di governance
Quelle derivanti da conflitti ed epidemie
CAPITOLO 9
La SOSTENIBILITÀ è indicata come la capacità di un sistema di mantenersi nel tempo.
Gli ecosistemi funzionano in modo sostenibile perché la fonte di energia è rinnovabile e i processi
della materia sono ciclici (la materia segue un percorso ciclico, da inorganico a organico e
viceversa)
L’uso sostenibile del capitale naturale da parte dell’uomo si basa sull’equilibrio tra l’offerta
prodotta della natura e la domanda da parte dell’uomo. Affinché l’uso del capitale naturale possa
considerarsi sostenibile, la velocità con la quale una risorsa viene consumata non deve superare
quella con la quale è prodotta, altrimenti la risorsa decresce nel tempo. Il modello di uso
sostenibile si basa sul presupposto che le risorse utilizzate siano rinnovabili: se la risorsa non è
rinnovabile, il suo uso non è sostenibile
Un esempio di uso sostenibile è quello praticato dall’uomo agli inizi della rivoluzione agricola con
la rotazione delle coltivazioni. Infatti, i primi agricoltori praticavano il disboscamento di piccole
aree e attraverso le ceneri che si formavano fertilizzavano il suolo. Dopo aver sfruttato il suolo di
queste aree per un certo tempo, si spostavano e disboscavano altre aree. Il terreno abbandonato
veniva lasciato incolto per anni finché il suolo diventasse fertile per nuove coltivazioni
Altro esempio di uso sostenibile: gli indiani di America utilizzavano in modo sostenibile la risorsa
rappresentata dai bisonti. Prima dell’arrivo dell’uomo bianco, gli indiani cacciavano i bisonti per
nutrirsi, fare abiti, calzature, tende. Gli indiani esercitavano un controllo demografico sulla
popolazione dei bisonti, ma ne favorivano anche il pascolo grazie a un uso controllato del fuoco
che consentiva il mantenimento della prateria. Con l’arrivo dell’uomo bianco la caccia al bisonte
diventò non sostenibile. Infatti, all’inizio della caccia, nell’America settentrionale vivevano circa 60
milioni di bisonti mentre oggi ne restano circa 500.000
Invece un esempio di uno non sostenibile è quello dell’Isola di Pasqua. Quest’isola fu colonizzata
dai polinesiani che svilupparono una civiltà basata sull’utilizzo dell’albero di palma. Questa pianta
era utilizzata per costruire case, barche, strumenti… Purtroppo però, questa civiltà scomparve
perché usava gli alberi più rapidamente rispetto alle capacità di rinnovo della foresta. Ogni
abitante che tagliata un albero traeva benefici personali, ma intaccata il capitale naturale perché
non teneva conto delle capacità rigenerative della foresta
Hardin nel lavoro La tragedia dei beni comuni spiegò gli effetti negativi generati dallo sfruttamento
incontrollato di risorse comuni, per cui chi usa una risorsa, pur essendo consapevole della
necessità di conservarla, ne causa l’esaurimento. Un tipico caso di tragedia dei beni comuni è
rappresentato dalle risorse del mare oggetto di pesca. Infatti, queste risorse sono potenzialmente
rinnovabili, ma non sono inesauribili.
Inoltre, se gli organismi vengono pescati quando sono ancora piccoli, la capacità di rinnovo della
popolazione di cui fanno parte viene ulteriormente compromessa poiché essi non hanno ancora
realizzato la riproduzione
Le modifiche apportate agli ecosistemi hanno contribuito al benessere umano e alla crescita
economica ma hanno portato perdita e degrado di molti servizi ecosistemici. Vi è quindi la
necessità di cambiamenti nei comportamenti individuali e nelle scelte dei decisori operanti a
diversi livelli di governo politico e amministrativo
Ad oggi vi è la necessità di una svolta proprio a partire da organizzazioni sia internazionali che
locali, e anche a partire da conferenze:
Nel 1968 è stato fondato il Club di Roma con la volontà di affrontare una serie di
questioni ambientali riguardanti il pianeta e l’umanità intera. Con il primo rapporto
del Club di Roma furono analizzati possibili scenari del futuro rispetto ad alcuni fattori
peculiari, come l’aumento della popolazione, la disponibilità di cibo, le riserve e i
consumi di materie prime, lo sviluppo industriale e l’inquinamento
Anche il Worldwatch Institute dal 1984 iniziò a pubblicare rapporti annuali sulle
problematiche ambientali del pianterà, spronando verso il cambiamento per uno
sviluppo sostenibile
Nella Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano tenuta a Stoccolma nel
1972, vengono affermati principi di uguaglianza di tutti gli esseri umani per adeguate
condizioni di vita e di salvaguardia delle risorse naturali per le generazioni future
Nel 1991 IUNC, WWF e UNEP elaborano la strategia mondiale per un vivere
sostenibile (Caring for the Earth)
Con la conferenza tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, vengono definite le azioni da
intraprendere per coniugare esigenze di sviluppo con principi di sostenibilità
Attraverso l’adozione dell’Agenda 21 vengono definite le linee per assicurare la
protezione dell’ambiente e l’uso sostenibile delle risorse naturali perché queste sono
indispensabili per lo sviluppo dell’umanità
Nel 1993 l’OCSE ha istituito il gruppo di lavoro sugli aspetti economici della
biodiversità con il compito principale di analizzare e promuovere l’uso degli strumenti
per la conservazione della biodiversità
Nel 200 le Nazioni Unite promuovono la Dichiarazione del Millennio, stabilendo 8
obiettivi per i paesi in via di sviluppo, tra i quali combattere la fame, le malattie, le
disuguaglianze sociali e la perdita di biodiversità
Dopo il susseguirsi di altre conferenze, nel 2015 viene approvata l’Agenda 2030 per lo
sviluppo sostenibile che prevede 17 obiettivi da raggiungere. Ad oggi però possiamo
dire che sarà un problema realizzarli, soprattutto perché la popolazione mondiale è
ancora in aumento
ECONOMIA VERSO ECOLOGIA:
Pur essendo l’economia e l’ecologia due discipline scientifiche complementari, fino a poco tempo
fa esse sono state piuttosto in contrapposizione rispetto alle problematiche ambientali
L’economia classica ha sempre considerato abbondante e inesauribile il capitale naturale e e,
pertanto, di basso o di nessun valore. Invece, il capitale naturale è limitato e vulnerabile ed è alla
base del sistema economico
Tra l’ecologia e l’economia sono state sviluppate interazioni, ma con differenti prospettive di
gestione dell’ambiente. In particolare, nell’economia ambientale i problemi dell’ambiente sono
affrontati con la prospettiva e gli strumenti analitici dell’economia di mercato (sostenibilità debole)
Nell’economia ecologica, invece, le problematiche ambientali richiedono di essere affrontate con
azioni che non considerino soltanto il mercato e i consumatori, ma anche altri aspetti e valori che
riguardano gli esseri umani e le società (sostenibilità forte). Il capitale naturale, limitato nella
disponibilità, non è interscambiabile con altre forme di capitale (umano e artificiale)
MANCANZA DI VALORI DI MERCATO PER LA NATURA:
Vi sono molti beni e servizi che sono privi di prezzi di mercato (come la regolazione della qualità
dell’aria e dell’acqua, l’impollinazione, la formazione dei suoli ecc)
Pertanto, questi servizi raramente sono tenuti in considerazione dall’attuale sistema economico
Tali servizi sono detti servizi di non mercato e sono disponibili gratuitamente per coloro che ne
fanno uso e purtroppo anche il loro degrado non si riflesse in un valore monetario
Ad esempio: Alcuni studi riportano che il denaro entra in gioco soltanto in fase di raccolta o di
produzione di prodotti da scambiare sul mercato, mentre non viene affatto considerato tutto il
lavoro che è alla base della produzione. Ad esempio quando vogliamo mangiare del pesce,
andiamo in pescheria e lo compriamo pagando un prezzo al pescivendolo, che a sua volta ha
pagato un prezzo al pescatore, ma nessuno paga il lavoro fatto dall’ecosistema marino che ha per
esempio per il mantenimento delle popolazioni di pesci, per la qualità delle acque e per la
produzione di ossigeno
Analisi costi benefici —> Strumento utilizzato in campo economico il quale, attraverso l’esame di
dati e valutazioni, confronta tutti i costi e i benefici di un particolare progetto o di una certa attività
Quando i costi e i benefici si verificano nello stesso periodo di tempo, l’entità dei costi e dei
benefici può essere direttamente confrontata.
Quando il confronto riguarda un periodo di tempo più lungo è necessario utilizzare il tasso di
sconto che permette di calcolare e paragonare i costi e i benefici ottenuti in tempi differenti
MANCANZA DI INDICATORI DEL BENESSERE UMANO:
Uno dei limiti dell’analisi costi-benefici è relativo al fatto che è molto difficile dare un valore
monetario al capitale naturale e alle sue risorse, e anche quando viene dato si presentano
difficoltà di applicazione
Di conseguenza, per il fatto che il degrado di beni e servizi non si riflette in prezzi di mercato,
nessuno è incentivato a pagare per mantenere la loro integrità
Per esempio, un Paese potrebbe tagliare le sue foreste per ottenere legname da immettere sul
mercato, senza tener conto del prezzo da pagare per un suolo che perde la sua stabilità
Ad oggi vi è la mancanza di indicatori efficaci del benessere umano, indicatori che misurino il
prodotto interno lordo pro capite sottraendo i fattori che determinano esaurimento del capitale
naturale e causano degrado ambientale e sociale ovvero indicatori di sviluppo sostenibile. Per
esempio:
Per quanto riguarda l’ambiente: qualità dell’aria, acqua, suolo, riduzione delle risorse,
qualità degli habitat
Nell’ambito economico: tipologie di materie prime ed energie utilizzate, tipologia dei
trasporti, dinamiche dei consumi, produzione e gestione dei rifiuti.
Per gli aspetti sociali: equità, alimentazione, acqua potabile, servizi sanitari, livelli di
scolarità, abitazioni, sicurezza
A livello istituzionale: realizzazione di strategie per lo sviluppo sostenibile, accesso
all’informazione, infrastrutture di comunicazione
Soltanto adottando indicatori di questo tipo si potrà tendere verso uno sviluppo sostenibile e una
migliore qualità della vita nelle società umane
DISTRIBUZIONE DEI BENEFICI
I beni prodotti dalle attività economiche hanno costi interni ed esterni. Il prezzo che noi paghiamo
per l’acquisto di un bene è relativo ai costi delle materie prime, ai costi di fabbricazione, i costi di
distribuzione e commercializzazione: ovvero i costi interni
Oltre a questi costi, ci sono i costi esterni legati all’uso dell’energia e del capitale naturale in tutti i
processi che vanno dall’estrazione delle materie prime all’uso del bene da parte dei consumatori.
Questi costi sono relativi ai consumi di energia non rinnovabile e alla produzione di rifiuti gassosi,
liquidi e solidi che causano inquinamento ambientale
È importante dire che questi costi sono sostenuti anche da chi non vende e non utilizza tali beni:
ad esempio, i fertilizzanti impiegati sull’area disboscata potrebbero finire nelle acque e peggiorare
le risorse idriche con rischi per l’acqua potabile.
In definitiva , se la foresta viene tagliata, le aziende private del legname incassano i benefici
monetari, ma i costi ambientali si scaricano su tutta la collettività. Se questi costi esterni fossero
stati inclusi nell’analisi dei costi associati al taglio della foresta, i benefici non avrebbero superato
di molto i costi e il disboscamento non sarebbe stato fatto
I costi esterni di un’attività produttiva non sono generalmente compresi nei prezzi di mercato
perché, come prima detto, è molto difficile dare un valore monetario al capitale naturale. E
comunque, anche quando i costi economici di impatti negativi sono quantificabili, spesso non
vengono presi in considerazione
QUANTO VALE LA NATURA?
Molti sostengono che la valutazione economica degli ecosistemi sia impossibile in quanto non si
può dare valore a beni come la vita degli esseri viventi, al canto degli uccelli, alla bellezza di un
paesaggio
In realtà, si è iniziato ad assegnare un valore a beni di questo tipo. Nel 1997 la rivista scientifica
Nature pubblicò un lavoro in cui vari studiosi avevano stimato il valore di 17 servizi ecosistemici.
Questo valore era compreso in un intervallo tra 125.000 e 145.000 miliardi di dollari/anno
In realtà, a causa di varie incertezze, di pensa che questa stima sia una sottostima del reale valore
del capitale naturale. Una stima più attendibile potrebbe essere ottenuta attraverso una maggiore
conoscenza sia dei servizi ecosistemi e della loro importanza sia dei prezzi di mercato a essi
associabili e di quanto i cittadini siano disposti a pagare per poter preservare la loro integrità
I metodi di valutazione del capitale naturale sono di due tipi, quelli basati sulle preferenze umane,
e quelli basati su costi bio-fisici correlati al funzionamento ecosistemico
1. Metodi basati sulle preferenze umane
In base alle preferenze umane, il Valore Economico Totale (VET) dei beni e dei servizi ecosistemici
può essere distinto in valori d’uso e valori di non uso
A loro volta, i valori d’uso possono essere distinti in valori d’uso diretto, indiretto e opzionale. I
valori d’uso diretto riguardano l’utilizzo che ne determina il consumo. I valori d’uso indiretto sono
quelli che si riferiscono ai beni e servizi di regolazione supporto alla vita. Invece i valori d’uso
opzionale riguardano beni e servizi non utilizzati al presente ma che potrebbero essere utilizzati in
futuro anche in relazione a nuove scoperte scientifiche
Invece i valori di non uso sono quelli associati al beneficio che deriva dalla semplice conoscenza
che le risorse naturali esistono e sono ereditabili, senza che vi sia un loro utilizzo diretto o
personale. Queste saranno ereditate dalle generazioni future
Per i servizi di approvvigionamento come legname, fibre, carburante che hanno un mercato, è più
facile elaborare una valutazione economica. Per questi servizi si ricorre a metodi di valutazione
che comunque prevedono un valore di mercato. Per esempio, per valutare un’area naturale si può
ricorrere ai costi sostenuti per raggiungerla e per visitarla
Per i servizi ecosistemici che non hanno un mercato e non possono essere correlati a beni
commercializzati, si effettuano interviste ai cittadini per individuare la disponibilità a pagare per
quel dato servizio. In questi casi viene chiesto alle persone la propria volontà a pagare per
preservare un bene. Questo metodo, noto come valutazione contingente, consente di stimare il
valore economico di beni che non hanno prezzo
In questo tipo di economia i flussi dei materiali biologici sono rigenerati nella
biosfera, mentre quelli tecnici sono rivalorizzati senza entrare nella biosfera
L’uso efficiente dei materiali implica la presenza di nuovi mercati che possano favorire la
competitiva delle imprese e l’acquisizione di nuove abitudini da parte dei consumatori verso
comportamenti sostenibili
Inoltre, attraverso l’economia circolare anche scarti alimentari possono essere utilizzati per
produrre bio-molecole e bio-materiali degradabili. I rifiuti organici possono essere utilizzati come
composti, ovvero un fertilizzante organico che a differenza di quelli chimici industriali, ha un basso
impatto ambientale, migliora le qualità fisiche del terreno e riduce lo spreco di acqua
Persino le materie plastiche possono seguire percorsi ciclici attraverso l’economia circolare ed
essere continuamente recuperate e riciclate
Anche a livello delle città si possono attuare cambiamenti:
È necessario il passaggio verso città intelligenti in cui tutto è concepito e costruito
con innovazioni tecnologiche che possano ridurre l’inquinamento, risparmiare
energia e favorire un certo standard di qualità della vita ai cittadini
Inoltre si possono migliorare i trasporti con auto elettriche e anche condividere mezzi
di trasporto (bike e car sharing)
Anche l’utilizzo di pavimentazioni drenanti favoriscono il recupero di acqua nel
sottosuolo, riducendo i rischi di allagamento ed incidenti stradali
Possiamo concludere dicendo che per il conseguimento degli obiettivi di sostenibilità è
fondamentale anche il processo educativo che, partendo dalle scuole fino ad arrivare alle famiglie,
possa contribuire a formare generazioni di cittadini consapevoli, responsabili e informati affinché
le loro scelte possano influire positivamente sulle decisioni economiche e sociali del proprio paese