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Verso la fine del 1920 lo scienziato Griffith sta cercando un vaccino per
combattere il batterio della polmonite, streptococcus pneumoniae. Nel 1928
isola il batterio dal muco dei pazienti, e lo fa crescere in laboratorio all’interno di
una capsula petri. Egli osserva che ci sono due popolazioni diverse:
- il ceppo S: smooth, forma colonie lisce, è virulento: provoca la morte dei topi
in cui viene iniettato;
- il ceppo R: rough, forma colonie rugose, è innocuo: i topi rimangono vivi.
Sapendo che il calore uccide i batteri, decide di riscaldare il ceppo S e poi
iniettarlo nei topi; egli vuole capire se questa popolazione è virulenta pure
quando i batteri sono morti: osserva che i batteri S uccisi dal calore sono innocui
e i topi non muoiono.
Allora decide di iniettare 2 ceppi innocui: i batteri S uccisi e i batteri R.
I topi qui muoiono: il ceppo S deve contenere qualche sostanza chimica che
resiste al calore e che può passare da un batterio all’altro, trasformando i
batteri innocui in batteri virulenti. Inoltre una volta trasmessa, la virulenza si
conserva nel tempo e si trasmette alle generazioni batteriche successive.
Griffith chiama questa sostanza fattore di trasformazione o fattore
trasformante.
Avery
Nel 1930 Avery riprende gli esperimenti di Griffith, perché vuole capire la natura
chimica della sostanza, del principio trasformante, cioè il materiale ereditario
o genetico, in particolare dove fosse situato. Egli condusse due esperimenti
differenti.
Nel primo ruppe il capside dei batteri S, quelli virulenti, e ne prese l’estratto
cellulare chiamato lisato; separò a questo punto le principali biomolecole,
ovvero le proteine, i polisaccaridi, i lipidi e gli acidi nucleici contenute nel
lisato e le iniettò ciascuna in un topolino diverso assieme a dei batteri S morti,
quindi non virulenti.
Il suo obiettivo era riprodurre l’ultimo esperimento compiuto da Griffith
separando però le biomolecole dei batteri S vivi per comprendere in quale di
esse fosse contenuta l’informazione.
Il topolino in cui furono iniettate proteine e i batteri S non morì, così come nel
caso dei polisaccaridi e dei lipidi; l’unico topolino a morire fu quello in cui
furono iniettati gli acidi nucleici insieme ai batteri S morti.
Le prime deduzioni di Avery furono quindi che il fattore trasformante, ossia il
materiale genetico, era contenuto all’interno degli acidi nucleici. Rimaneva solo
da scoprire se esso fosse contenuto all’interno del RNA o del DNA.
I telomeri
Le estremità del DNA degli eucarioti sono contraddistinte da speciali sequenze
di nucleotidi, chiamate telomeri, che non codificano alcuna proteina. La
funzione dei telomeri è quella di impedire all'elica di sfibrarsi, preservando così
l'informazione genetica. Hanno un importante ruolo nel determinare la durata
della vita di ciascuna cellula. Infatti si accorciano costantemente a ogni
duplicazione. Sono costituiti da un gruppo caratteristico di nucleotidi, i mattoni
base del genoma (cioè timina, adenina, guanina e citosina). Nella maggior parte
dei mammiferi la sequenza telomerica è sempre la stessa, ed è TTAGGG.
Si è osservato che le cellule dei mammiferi in coltura si dividono una
cinquantina di volte e poi smettono di farlo, poiché durante ogni duplicazione
del DNA i telomeri si accorciano (di 50-200 basi). Dopo circa 20-30 duplicazioni,
queste sequenze ripetute vengono perse e la loro assenza segnala alla cellula di
non procedere a ulteriori divisioni.
L'accorciamento e la perdita dei telomeri sono processi legati
all'invecchiamento e alla morte cellulare.
Grazie all'enzima telomerasi i telomeri sono aggiunti ai cromosomi per formare
i gameti, poiché possiede al suo interno un primer.
Beadle e Tatum
Dopo la scoperta della doppia elica, gli scienziati cercarono di capire come
l'informazione contenuta nel DNA si traducesse nell’aspetto e nel carattere
degli organismi, che dipende da molecole che catalizzano le reazioni chimiche,
ovvero gli enzimi.
I due scienziati decidono di far un esperimento interessante da due punti di
vista:
- l'organismo modello da loro scelto, ovvero la muffa del pane;
- la tecnica utilizzata, mutagenesi random.
Scelsero questa muffa perché passa tutto il suo corso vitale aploide, cioè con
una sola copia di ciascun cromosoma. La tecnica mutagenesi random consiste
nel bombardare la muffa con raggi X, che sono agenti mutageni. Le radiazioni X
interagiscono con il DNA cambiandolo in maniera casuale.
In natura la muffa è capace di crescere su un terreno minimo, ovvero su un
terreno sul quale non è stata aggiunta nessuna molecola che la muffa non è in
grado di produrre autonomamente. La muffa è capace di produrre
l’amminoacido arginina a partire da un precursore che esiste nel terreno
minimo.
Questo precursore non viene trasformato subito in arginina, ma entra in una via
metabolica: nel primo passaggio il precursore viene trasformato in ornitina,
l’ornitina poi si traduce in citrullina, e la citrullina si traduce in arginina. Questi
passaggi sono possibili grazie a degli enzimi, codificati da geni differenti: A,B,C.
Fase di terminazione:
Esiste un codone di stop sull’RNA messaggero che indica al ribosoma di fermarsi,
a differenza del codone di inizio il codone di stop non è è unico, in questo caso è
UAA ma può essere anche UAG o UGA. Nessun tRNA ha anticodone
complementare a queste tre triplette.
Quando un codone di stop si trova nel sito A, al ribosoma si legano alcune
proteine, chiamate fattori di rilascio. Questo legame modifica l’attività del
ribosoma che separa la catena polipeptidica dal tRNA nel sito P.
Le due subunità del ribosoma e il tRNA si dissociano e parteciperanno a un altro
ciclo di sintesi proteica.
Le mutazioni
Le mutazioni cambiano la sequenza delle basi del DNA e possono essere:
- genetiche: possono alterare l'espressione genica e sono cambiamenti
permanenti;
- germinali: avvengono nelle cellule sessuali e possono essere trasmesse alle
progenie ;
- somatiche: avvengono nelle cellule del corpo e non vengono trasmesse alle
progenie.
Possono essere:
- spontanee se si verificano durante la duplicazione senza intervento di fattori
esterni;
- indotte da agenti, i mutageni, che possono essere chimici (benzene, piombo,
idrocarburi) o fisici (radiazioni ionizzanti o non ionizzanti).
Le mutazioni vengono classificate in base all’ampiezza del cambiamento: sono
geniche se riguardano un cambiamento permanente, sono cromosomiche se
riguardano un segmento di DNA, genomiche quando si verifica una variazione
del numero di cromosomi.
Mutazioni geniche
Le mutazioni geniche vengono divise in due tipi:
- mutazioni puntiformi: implicano un cambiamento in un singolo nucleotide e
di conseguenze un cambiamento in uno specifico codone;
- mutazioni di sfasamento: avvengono soprattutto per inserzione o delezione di
uno o più nucleotidi e il risultato può essere una nuova sequenza di codoni che
dà origine a una nuova proteina non funzionale.
Le mutazioni puntiformi
1. Mutazione silente: la terza base, ovvero la base ballerina è stata mutata, ma
siccome più codoni codificano lo stesso amminoacido non c’è un cambiamento
della catena peptidica.
2. Mutazione non senso: si dà origine al codone di STOP prima del termine della
catena, si crea quindi una proteina non funzionante.
3. Mutazione di senso: si produce una proteina funzionale che non è quella di
prima, ma simile. Per esempio l’anemia falciforme che produce la proteina
emoglobina ma non sana, ci sono problemi nell'apporto di ossigeno e di
circolazione.
4. Mutazione frameshift: qui viene inserita una base in più al posto di sostituirla
e così cambia tutta la sequenza successiva e anche le triplette/codoni.
Mutazioni cromosomiche
Riguardano una parte del cromosoma e non solo un nucleotide.
1. delezione: il cromosoma di rompe e perde una parte;
2. duplicazione e delezione: un cromosoma perde una parte che poi si inserisce
nel cromosoma omologo che si raddoppia;
3. inversione: un cromosoma perde una parte e poi questa si reinserisce in modo
invertito nel cromosoma omologo;
4. traslazione reciproca: cromosomi non omologhi si scambiano frammenti.
Queste mutazioni sono dovute a i trasposoni o ‘geni che saltano’, sequenze di
DNA che possono essere soggette a spostamenti da un sito all’altro dello stesso
cromosoma. I trasposoni sono in grado di bloccare la trascrizione.
Mutazioni genomiche
Dipendono dalla divisione cellulare.
Nelle cellule somatiche avviene la mitosi: divido il patrimonio genetico in due
cellule figlie uguali alla cellula madre, 46 come corredo cromosomico. Le cellule
prodotte dalla mitosi sono diploidi
Nelle cellule germinali, ovulo e spermatozoo, avviene la meiosi: si producono
quattro cellule figlie, i gameti con corredo cromosomico dimezzato, 23.
Le cellule prodotte dalla meiosi sono aploidi. La meiosi può essere suddivisa in
due fasi:
- meiosi 1 : separazione/disgiunzione dei cromosomi omologhi nelle cellule figlie,
ciascun cromosoma risulta ancora composto da due cromatidi fratelli.
- meiosi 2: separazione ulteriore dei cromatidi fratelli.