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Il linguaggio della vita

I geni sono fatti di dna


Le basi molecol i dell’eredità
La scoperta vera e propria del materiale ereditario risale al 1869, quando
Miescher identificò, all’interno dei nuclei dei globuli bianchi, una sostanza ricca di
fosfato che chiamò nucleina, ma ci vollero numerosi studi per individuare la
composizione e la struttura del DNA.

I biologi si basavano sul presupposto che il materiale genetico dovesse:


● essere presente in quantità differenti tra specie;
● essere capace di replicarsi;
● agire sullo sviluppo della cellula.

Essi ponevano l’attenzione sulle proteine per 3 ragioni:


● sono biomolecole che presentano numerose strutture e funzioni;
● sono presenti non solo nei cromosomi ma anche nel citoplasma e
svolgono funzioni chiave;
● malattie genetiche e muľazioni determinano una variazione nella
produzione di determinate proteine.

Il <<fattore di trasformazione>> di Griffi


Frederick Griffith studiò il batterio Streptococcus pneumoniae o
pneumococco, col fine di sviluppare un vaccino contro questa malattia.
Egli lavorava con due ceppi del batterio:
● Il ceppo S (smooth, liscio) , costituito da cellule che producono colonie a
superficie liscia. Dotati di capsula, se iniettate nei topo si riproducevano
e provocavano la polmonite→ CEPPO VIRULENTO.
ar

th

● Il ceppo R (rough, ruvido) costituito da cellule che producono colonie a


superficie irregolare; prive di capsula → NON VIRULENTE.

Griffith inoculò in alcuni topo pneumococci S uccisi dal calore e osservò che i
batteri erano disattivati, cioè incapaci di produrre l’infezione.
Somministrò poi una miscela di batteri R vivi e batteri S uccisi dal calore e vide
che gli animali contraevano la polmonite e morivano.
Gli pneumococchi R si erano trasformati in organismi del ceppo virulento S.
La trasformazione non dipendeva da qualcosa che avveniva nel topo perché
anche con i batteri in incubazione si verificava lo stesso fenomeno, così come
con degli estratti acellulari.
Questo dimostrava che una qualche sostanza, chiamata fattore di
trasformazione estratta dal ceppo S poteva agire sulle cellule R, provocando
un cambiamento ereditario.

Il fattore di trasformazione è il DNA


Oswald Avery fu il primo a provare che la trasformazione derivasse dal DNA.
● Esperimenti di eliminazione. Avery e colleghi sottoposero i campioni
contenenti il fattore di trasformazione a vari trattamenti e l’esito fu
sempre lo stesso: se si distruggeva il DNA del campione, l’attività di
trasformazione andava persa, cosa che non avveniva se si
distruggevano proteine, carboidrati o lipidi.
● Esperimenti di conferma. Avery isola il DNA da un campione di
trasformazione e dimostra che esso provoca la trasformazione
batterica.
Il lavoro di Avery non fu accolto come meritava per due ragioni:
● Non si era certi che i batteri possedessero geni.
● Il DNA appariva troppo semplice chimicamente per essere materiale
genetico.

Gli esperimenti di Hershey e Chase


Alfred Hershey e Martha Chase condussero un esperimento teso a stabilire se il
materiale genetico fosse il DNA o le proteine tramite lo studio dei batteriofagi
T2.
Il batteriofago è composto da una molecola di DNA impacchettata in un
rivestimento .proteico
Quando il batteriofago T2 attacca un batterio una parte del virus penetra
nella cellula batterica e si riproduce al suo interno.
Per capire se penetrava il rivestimento proteico o il DNA i due ricercaľori le
marcarono con isotopi radioattivi selettivi:

● Le proteine contengono lo zolfo (negli amminoacidi di cisteina e


metionina), elemento che non compare nel DNA. I ricercatori fecero
sviluppare il batteriofago in una cottura batterica con l’isotopo
radioattivo dello zolfo 35S, per marcare le proteine virali.
● Il DNA è ricco di fosforo, assente nelle proteine e presenta un isotopo
radioattivo 32P. Per cui fecero sviluppare il batteriofago in una cottura
di batteri maschiati con questo isotopo.

Successivamente misero i batteri infettati in un frullatore e sottoposti a


centrifugazione per staccare le parti del virus che non erano penetrate e
osservarono:
● Nella parte che sedimenta vi erano i batteri con il DNA marcato → il virus
ha inserito il proprio DNA nel batterio.

● Il liquido surnatante era composto dal capside proteico marchiato con


lo zolfo.
Per cui il DNA è alla base del materiale genetico e non le proteine.

L a struttura del DNA


L a struttura del DNA
Gli studi dei biofisici Franklin e Wilkins, con la cristallografia a raggi X (per
vedere la struttura delle macromolecole), permisero di individuare come
fossero disposti gli atomi che formano il DNA (ad elica).

L a composizione chimica del DNA


Il DNA è un polimero di nucleotidi , composti da una molecola di zucchero ribosio,
un gruppo fosfato e una base azotata.
La differenza tra i nucleotidi sta nelle basi azotate: le purine adenina (A),
guanina(G) e le pirimidine citosina(C) ,timina(T).

● La percentuale dei quattro tipi di nucleotidi è sempre la sľessa nel DNA di


cellule provenienti da tessuti diversi;
● La composizione non è influenzata da fattori esterni;
● Il rapporto tra la percentuale di purine A e G varia da una specie
all'altra;
● In tutte le specie la quantità di adenina è uguale a quella di timina e la
quantità di guanina è uguale alla quantità di citosina (A=T;G=C; A+G=T+C).

Il modello a doppia elica di Watson e Crick


A rendere più rapida la soluzione bel rompicapo della struttura del DNA è stata
l’idea di costruire modelli tridimensionali a partire dalle informazioni sulle
dimensioni molecolari e sugli angoli di legame. Questa tecnica fu impiegata dal
fisico crick e dal genetista Watson.
Watson e crick si sforzarono di mettere insieme in un unico modello coerente
tutto ciò che era stato appurato circa la struttura del DNA.
- I risultati della cristallografia mostravano che la molecola era a forma di
elica.
- I precedenti tentativi di costruire un modello in accordo con i dati fisici e
chimici suggerivano che nella molecola ci fossero due catene polinucleotidiche
affiancate che correvano in direzioni opposte.
- I risultati di Chargaff suggerivano che la quantità totale di purina fosse
pari a quella della Pirimidina.
Watson e crick pubblicarono la loro proposta per la struttura del DNA. Questa
spiegava tutte le proprietà note della sostanza e apriva la strada alla

comprensione delle sue funzioni biologiche. La struttura pubblicata


originariamente ha subito pochi ritocchi.
L a struttura molecol e del DNA
La macromolecola del DNA è composta da due catene polinucleotidiche appaiate
tra loro e avvolte intorno allo stesso asse. Le catene sono complementari e
parallele; i legami sono covalenti nella stessa catena e si uniscono con quelli
dell’altra catena con legami a idrogeno; l’elica è ad avvolgimento destrogiro,
l’avvolgimento crea un solco maggiore e uno minore.

L a struttura delle catene


Ogni catena è unita da legami covalenti tra il gruppo fosfato legato al carbonio
5’ e l’ossigeno legato al carbonio 3’. I legami covalenti si formano per
condensazione tra il gruppo ossidrile (-OH) del desossiribosio e uno del gruppo
fosfato (-OPO-3) Ogni nucleotide si lega ad altri due nucleotidi.

Le due catene sono complement i


Le basi azotate di appaiano secondo regole costanti: l’adenina con la timina
formano 2 legami a idrogeno. La guanina si appaia con la citosina formando 3
legami a idrogeno. Si ha la complementarietà delle basi.

Le due catene sono antip allele


ar
ar

ar

Le due catene sono antiparallele cioè orientate in direzioni opposte. Le


estremità delle catene sono dette estremità 5’, quella che presenta un gruppo
fosfato, e estremità 3’, quella che presenta il gruppo ossidrile.
Si va sempre dall’esľremiľà 5’ a 3’.

L a doppia elica
I montanti dell’elica sono composti dalla fila degli zuccheri alla quale sono
attaccate planarmente (in modo orizzontale) le basi azotate. Le coppie AT e GC
hanno la stessa lunghezza perciò il diametro dell’elica è costante.

L a struttura del DNA è correlata alla sua funzione


La struttura del DNA proposta da Watson e Crick spiegava elegantemente due
funzioni fondamentali del DNA.
Le informazioni genetiche sono contenute nella sequenza lineare delle basi
azotate che formano ciascun filamento. Questa sequenza può immagazzinare
un’enorme quanti di informazioni ed essere così responsabile delle differenze
fra specie e individui. Il DNA è adatto a questa funzione.
La replicazione del DNA può realizzarsi grazie alla complementarietà delle basi
appaiate: ogni filamento può essere utilizzato come stampo per produrre un
nuovo filamento.

L a replicazione di DNA
L a molecola di DNA è in ado di replic e sé ste a
Il primo esperimento per capire come il materiale genetico si replicasse fu
svolto da Arthur Kornberg che dimostrò che era possibile sintetizzare un
nuovo DNA con la stessa composizione del DNA di partenza in una provetta che
conteneva tre tipi di sostanze:
● i quattro nucleotidi desossiribonucleosidi trifosfati (contenenti il
desossiribosio);
● L’enzima DNA polimerasi;
● un DNA stampo per guidare l’ingresso dei nucleotidi.

L a replicazione del DNA è semiconservativa


La replicazione del DNA poteva essere di 3 tipi:
- SEMICONSERVATIVO, la doppia elica si apre e ciascuna catena madre fa da
stampo per la catena figlia che si forma in modo complementare.
- CONSERVATIVO, le molecole originali vengono mantenute e crea un’intera
nuova molecola di DNA.

gr

ar

ss

- DISPERSIVO, a tratti si ha la molecola originale e a tratti quella nuova.

Grazie all’esperimento di Meselson e Stahl possiamo dire che si replica in modo


semiconservativo.

L’esperimento di Meselson e Stahl


Essi allestirono delle colture batteriche all’interno di un terreno contenente
azoto pesante (15N) e poi alcuni di essi vennero trasferiti in un terreno
contenente azoto leggero (14N). Il DNA
estratto viene inserito in una provetta e lasciato replicare.
Dopo 0 minuti non vi era alcuna replicazione (DNA totalmente parentale, blu).
Dopo 20 minuti si replicazione vi era una situazione intermedia (DNA totalmente
intermedio, blu-rosso).
Dopo 40 minuti si ha una situazione metà intermedia metà leggera
(blu-rosso, rosso).

Le fasi della replicazione


Prima che inizi la sintesi del DNA, i suoi filamenti si separano e si forma una bolla
di duplicazione in punti precisi del DNA, gli ori di duplicazione. Le bolle diventano
sempre più grandi fino a fondersi, così si ottengono due copie del DNA di
partenza.

Le estremità della bolla sono dette forcelle, e si muovono in direzioni opposte


ampliando la bolla; nel frattempo lungo i filamenti stampo non appaiati avviene
la sintesi dei nuovi filamenti.

Il processo di duplicazione avviene grazie all’impiego di molte proteine.


L’enzima elicasi svolge la doppia elica e rompe i legami a idrogeno e le interazioni
idrofobiche che tengono uniti i due filamenti di DNA.
Una serie di proteine (SINGLE STRAND BINDING PROTEINS) si legano ai filamenti
per impedire che questi si associno tra loro e si riformi la doppia elica.

Un gruppo di enzimi DNA polimerasi è responsabile della sintesi dei nuovi filamenti
(aggiunge nucleotidi a un filamento già esistente), per questo la RNA primasi
sintetizza un breve filamento di RNA complementare allo stampo, il primer.
L’aggiunta di nucleotidi avviene partendo dall’ultimo nucleotide del primer, che
possiede un gruppo ossidrile (-OH) in posizione 3’ che reagisce col gruppo
fosfato in posizione 5’ dello zucchero legato al nucleotide che viene aggiunto
con un legame fosfodiesterico, per condensazione.

L’orientamento dei filamenti ha effetto sul meccanismo di duplicazione, la DNA


polimerasi può aggiungere nucleotidi solo in direzione 5’-3’ e non viceversa, 3’-5’.
La forcella è infatti asimmetrica e i filamenti vengono assemblati in modo
diverso.

Il filamento 5’-3’ è detto filamento guida o veloce, infatti viene sintetizzato in


modo continuo.
L’altro filamento viene replicato in modo discontinuo e la sua copia è detta
filamento in ritardo o lento. Su questo stampo si sintetizza ogni volta un primer
e da questo la dna polimerasi sintetizza in direzione 5’-3’ un tratto di DNA.
Questi tratti vengono chiamati frammenti di Okazaki e si uniranno a formare il
filamento in ritardo.

I primer vengono ora sostituiti da sequenze identiche di DNA sintetizzati da un


enzima della dna polimerasi.

Un dna ligasi unisce i frammenti di DNA neo sintetizzati creando un filamento


unico. Alla fine della duplicazione il DNA si spiralizza a formare la doppia elica.

I telomeri non si replicano completamente


Nel DNA lineare degli eucarioti, dopo la rimozione del primer terminale, non è più
possibile sintetizzare il DNA che lo sostituisca, perché non c'è un'estremità 3' da
prolungare. Pertanto il nuovo cromosoma presenta a entrambe le estremità
un pezzetto di DNA a filamento singolo. A questo punto si attivano dei
meccanismi che tagliano via la porzione a filamento singolo, insieme a una parte
a filamento doppio. Di conseguenza, a ogni divisione cellulare, il cromosoma si
accorcia.

Per questo motivo in molti


eucarioti le estremità dei
cromosomi portano delle sequenze
ripetitive chiamate telomeri Nella
specie umana, la sequenza del
telomero è TTAGGG ed è ripetuta
circa 2500 volte.
Nei cromosomi umani, a ogni ciclo di
replicazione del DNA e divisione
cellulare, il DNA telomerico può
perdere da 50 a 200 coppie di basi;
perciò, dopo 20-30 divisioni, i
cromosomi non sono più capaci di
partecipare alla divisione cellulare,
e la cellula muore.
Alcune cellule che continuano a
dividersi, come le cellule staminali
del midollo osseo e le cellule
produttrici dei gameti: in queste
cellule esiste un enzima, la
telomerasi, che catalizza l'aggiunta
della sequenza telomerica
eventualmente persa. La
telomerasi contiene una sequenza
di RNA che funziona da stampo per
la sequenza telomerica ripetuta.
Le telomerasi possono essere importanti nella lotta contro il cancro.

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