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Capitolo 2

Gli acidi nucleici trasmettono l’informazione genetica

L’esistenza di molecole speciali in grado di trasportare l’informazione genetica fu postulata dai


genetisti molto prima che questo problema fosse preso in considerazione dai chimici.

L’esplosiva scoperta di Avery: il DNA può portare la specificità genica

L’idea che il DNA potesse essere la molecola chiave della genetica emerse in maniera alquanto
inaspettata dagli studi sui batteri che causano la polmonite. Nel 1928 Griffith osservò che alcuni
ceppi di batteri non infettivi diventavano contagiosi se mischiati con dei corrispondenti ceppi
patogeni uccisi con il calore. Questa trasformazione da non virulenti a virulenti rappresentava
modificazioni ereditarie nei batteri e ciò fu dimostrato usando dei discendenti di questi ceppi
neopatogeni per trasformare ulteriori ceppi non patogeni. Emerse la possibilità che i componenti
genetici delle cellule batteriche patogene rimanessero intatti quando queste venivano uccise con il
calore.

Una volta liberati dalle cellule uccise dal calore questi componenti potevano attraversare la parete
delle cellule batteriche vive riceventi e andare incontro a una ricombinazione genetica con
l’apparato genetico della cellula ospite.

Ricerche successive confermarono questa interpretazione genetica. La patogenicità riflette l’azione


del gene capsula, il quale codifica un importante enzima coinvolto nella sintesi della capsula
batterica che avvolge la maggior parte dei batteri che provoca polmonite. Se è presente l’allele
S( smooth ,liscio ) del gene capsula, attorno al batterio si forma una capsula necessaria per la
patogenicità; se è presente l’allele R ( rough, ruvido) di questo gene, non si forma nessuna
capsula , i batteri non sono patogeni e le colonie formate da queste cellule hanno forma
arrotondata.

Pochi anni dopo si scoprì che gli estratti di batteri uccisi erano in grado di indurre una
trasformazione ereditaria e si iniziò a ricercare la natura chimica dell’agente trasformante.

Nel 1944 Avery e i suoi collaboratori annunciarono che il principio genetico attivo era il DNA. A
supporto di questa conclusione venne illustrato un esperimento chiave, al fine di dimostrare che
l’attività trasformante contenuta nelle loro frazioni altamente purificate veniva distrutta da una
deossiribonucleasi mentre non aveva alcun effetto sull’integrità delle molecole proteiche o
sull’RNA.
I geni virali sono anch’essi acidi nucleici.

Una prova importane a conferma di quanto dimostrato derivò da studi chimici condotti con i virus
e con delle cellule infettate da virus. Nel 1950 cresceva la convinzione che i virus contenessero
acidi nucleici quindi si voleva capire se gli acidi nucleici fossero i portatori dei geni virali. Una prova
cruciale derivò da esperimenti effettuati con isotopi radioattivi sulla moltiplicazione del virus
batterico ( batteriofago o fago) T2, virus con componente interna di DNA e guscio protettivo di
diverse proteine. Si marcarono le proteine dell’involucro con l’isotopo radioattivo 35S e il DNA
nucleare con l’isotopo 32P. il virus marcato venne utilizzato per seguire il destino delle proteine e
degli acidi nucleici durante la moltiplicazione del fago; per vedere quale delle due componenti del
fago parentale , contenenti atomi radioattivi, entrasse nella cellula ospite e quale ricomparisse poi
nella progenie del fago.

Il risultato di questi esperimenti fu chiaro: nella progenie del fago vi era la maggior parte dell’acido
nucleico parentale e non vi era traccia delle proteine.

La doppia elica

Alcuni scienziati cercarono di risolvere l’immagine (pattern) di diffrazione ai raggi X del DNA. Il
primo pattern di DNA fu ottenuto nel 1938 da William astbury. A solo nei primi anni ’50 che furono
scattate fotografie di diffrazione ai raggi X ad alta qualità da Wilkins e Franklin. Queste fotografie
mostrarono che la struttura di base del DNA non solo era elicoidale ma anche composta da più di
una catena polinucleotidica. Negli stessi anni vennero identificati i legami covalenti del DNA. I
nucleotidi sono legati in maniera regolare da legami fosfodiesterici 3’-5’.

La struttura del DNA venne risolta da Crick e Watson che capirono che la struttura corretta era una
doppia elica complementare. Nella doppia elica le due catene di DNA sono tenute unite da legami
idrogeno tra coppie di basi su filamenti opposti. Questo appaiamento è specifico : le purine
(adenina e guanina) si appaiano con le pirimidine ( timine e citosine). Nel DNA a doppia elica , il
numero di residui di A deve essere uguale al numero di residui di T, così come G e C ( regola di
Chargaff). Ne consegue che le sequenze delle basi sulle due catene di una doppia elica sono in
relazione complementare tra loro e che la sequenza di ogni filamento di DNA definisce
esattamente quella del suo filamento complementare.

Alla ricerca delle polimerasi che sintetizzano il DNA

Per la prova che una singola catena di DNA servisse da stampo per la sintesi della catena
complementare si dovette aspettare la messa a punto di un sistema sperimentale in provetta (in
vitro) per la sintesi di DNA. Konberg dimostrò che era necessario un enzima polimerizzante,
specifico per catalizzare l’assemblaggio dei precursori che formavano il DNA. I suoi studi
stabilirono che i costituenti nucleotidici del DNA erano precursori ricchi di energia ( d ATP, d GTP, d
CTP, d TTP ). Ulteriori studi identificarono un singolo polipeptide , la DNA polimerasi I ,come quello
in grado di catalizzare la sintesi del nuovo filamento di DNA. Questo enzima lega i precursori
nucleotidici gli uni agli altri con un legame fosfodiesterico 3’-5’. Il polipeptide funziona solo in
presenza di DNA, necessario a disporre i quattro nucleotidi nel prodotto polinucleotidico finale. La
DNA pol I utilizza un filamento di DNA che agisce da stampo per determinare la sequenza del
filamento che sta sintetizzando. Questo venne dimostrato facendo agire l’enzima in presenza di
molecole di DNA che contenevano diverse quantità di coppie di basi A:T e G:C. in ciascun caso il
prodotto sintetizzato enzimaticamente aveva lo stesso rapporto di basi de DNA stampo. Durante
questo processo di sintesi non avveniva alcuna sintesi di proteine o di altre molecole, il che
eliminava così l’ipotesi che qualche altro componente cellulare fungesse da portatore intermedio
di specificità generica. Il DNA quindi ricopre il ruolo di stampo di se stesso per la propria sintesi.

L’informazione genetica all’interno del DNA viene trasmessa dalla sequenza dei suoi quattro
componenti nucleotidici

La scoperta della doppia elica pose fine alla diatriba sul fatto che il DNA fosse la sostanza genetica
primaria. La preoccupazione maggiore riguardava il modo in cui l’informazione genetica del DNA
potesse disporre nell’ordine gli amminoacidi durante la sintesi delle proteine. Dal momento che
tutti i filamenti erano in grado di formare doppie eliche, l’assenza della loro specificità genetica
doveva per forza risiedere nelle sequenze lineari dei loro componenti nucleotidici.

Il DNA non può essere lo stampo che dispone direttamente in successione gli amminoacidi durante
la sintesi proteica

Anche se il DNA doveva contenere l’informazione per disporre gli amminoacidi in sequenza, era
chiaro che la doppia elica stessa non poteva svolgere il ruolo di stampo per la sintesi proteica. In
accordo con ciò, alcuni esperimenti che dimostravano che la sintesi proteica avveniva anche in
assenza di DNA esclusero un ruolo diretto della doppia elica. In tutte le cellule eucariotiche la
sintesi proteica avviene nel citoplasma, che risulta separato dal DNA cromosomico della
membrana nucleare. Quindi nelle cellule eucariotiche doveva esistere una seconda molecola
contenente l’informazione che derivava la sua specificità genetica dal DNA. Questa molecola
doveva spostarsi nel citoplasma per svolgere il ruolo di stampo per la sintesi proteica. Di
conseguenza si cominciò a considerare con attenzione la seconda classe di acidi nucleici sino ad
allora abbastanza poco conosciuta dal punto di vista funzionale : l’RNA. Fu osservato che l’RNA si
trovava principalmente nel citoplasma; era facile immaginare poi che un singolo filamento di NDA ,
quando non serviva come stampo per il filamento complementare, potesse essere utilizzato come
stampo per una catena complementare di RNA.
L’RNA dal punto di vista chimico è molto simile al DNA

L’analisi della struttura dell’RNA dimostra che la sua sintesi può avvenire a partire da uno stampo
di DNA. Dal punto di vista chimico è molto simile al DNA. L’RNA è una molecola lunga e non
ramificata contenente quattro tipi di nucleotidi uniti da legami fosfodiesterici 3’-5’. Lo zucchero
dell’RNA è il ribosio a differenza del deossiribosio che si trova nel DNA; il ribosio è uguale al
deossiribosio tranne che per la presenza di un gruppo supplementare OH (ossidrile) sul carbonio
2’. L’RNA poi non contiene timina ma una pirimidina simile l’uracile.

Il dogma centrale

Nel 1953 venne formulata l’ipotesi che il DNA cromosomico funzionasse da stampo per le
molecole di RNA , che venivano successivamente trasportate nel citoplasma, dove determinavano
l’origine degli amminoacidi all’interno delle proteine. Nel 1956 Crick definì questo flusso di
informazione genetica il DOGMA CENTRALE.

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