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Biologia Molecolare Professore: A.

Graziani
Lezione n. 3 Sbobinatore: Ilaria Pisellu
05/12/2023 Revisore: Marta Tessera

TECNOLOGIE RELATIVE A DNA E RNA

Il professore ha ricordato che in caso di incomprensione sull’argomento, gli studenti possono


cliccare i link allegati alle sue slide relativi alla lezione n. 2.
Inoltre, spiega che le slides sono in inglese perché tutta la comunicazione scientifica anche in
ambito biomedico e clinico avviene esclusivamente in inglese; dunque, è importante abituarsi
a leggere in inglese e a capirlo, anche quello scientifico.

In questa lezione si andranno ad analizzare alcune tecnologie relative all’ibridazione: alcune


di queste sono oramai obsolete (anche il Southern ed il Northern Blot). Il professore dice che
questi argomenti li ha già introdotti per cui andrà molto veloce.

Southern Blot
Ne parliamo principalmente per motivi storici e perché questa tecnologia prende il nome da
colui che l’ha scoperta, ovvero Southern. Questa tecnologia si basa su un principio: gli acidi
nucleici possono essere trasferiti da un supporto (ad esempio il gel di agarosio) ad un altro
supporto (ad esempio una membrana di nitrocellulosa).

A sinistra dell’immagine si può vedere il gel con il DNA separato mentre a destra è presente
una membrana di nitrocellulosa. Mediante diffusione e soprattutto mediante l’uso di un campo
elettrico, gli acidi nucleici, che sono carichi negativamente, possono muoversi all’interno del
campo elettrico e dunque passare dal gel di agarosio alla nitrocellulosa.
Quindi, se con la presenza del gel e della nitrocellulosa applichiamo un campo elettrico, il
flusso di anioni indicato dalla freccia (quindi cariche negative) dal gel di agarosio (dal basso)
andrà verso il polo positivo (in alto): questo meccanismo è definito Blot in inglese e significa
“macchia” in italiano (alcuni lo chiamano “blotto”). Blottare qualcosa significa trasferire (ad es.
acido nucleico ma anche una proteina) da un gel d’agarosio su un altro supporto.
A destra dell’immagine sotto viene rappresentato il modo in cui si vede un blot: se abbiamo il
gel di agarosio con del DNA che si distribuisce in base al differente peso molecolare (quindi
si distribuisce in maniera diffusa), possiamo trasferire l’acido nucleico al blot, e poi possiamo
decorare (si dice così) con una sonda. Se la sonda sarà una regione di DNA che ha una
determinata sequenza e che è marcata radioattivamente, e se trova nel gel un frammento di
DNA con sequenza simile (più o meno simile in base alle condizioni di stringenza), allora si
può verificare ibridazione.

Decorare significa quindi ibridare. L’ibridazione avviene se la sonda trova del DNA
complementare a quello separato dal gel di agarosio.

Esempio pratico: l’esperimento di Yamanaka


È un esperimento molto famoso che fece vincere a Yamanaka anche il premio Nobel. La
scoperta fu che le cellule mature possono essere riprogrammate per diventare pluripotenti.
Yamanaka ha trasdotto delle cellule differenziate con dei vettori retrovirali (che
approfondiremo nelle prossime lezioni) e ha di fatto inserito dei geni che erano nel vettore
virale (quindi non appartenenti alla cellula umana). Si è poi visto che questi geni esterni si
erano effettivamente integrati nel genoma della cellula umana.
Ha usato quindi un probe a cDNA,
cioè una sonda che riconosce
sequenze di Klf4 che è un gene,
dunque un fattore trascrizionale.
Quindi, Yamanaka ha trasdotto un
gene che codifica per Klf4 ed è
andato a vedere se quest’ultimo,
trasdotto tramite vettore virale,
fosse entrato nel genoma della
cellula. Ciò che egli vede è che in
tutte le linee (immagine a lato) che
ha fatto sono presenti numerosi
siti di integrazione (almeno 5).
Significa che il gene Klf4, trasdotto
all’interno del genoma umano tramite il vettore virale, si è integrato 5 volte: dunque lo stesso
gene si è inserito in cinque punti diversi del genoma e quindi tutte le trasduzioni sono andate
a buon fine.
In ogni esperimento è necessario effettuare il controllo, che in questo caso consiste
nell’utilizzare cellule embrionali staminali che non sono state trasdotte da nessun vettore
virale. Dunque, in questo campione di DNA la sonda vede solo una banda, ovvero la linea che
si presenta identica in tutte le colonne sostanzialmente (posizione 10 dell’immagine). Questo
perché Klf4 è un gene del genoma umano e quindi tutte le cellule hanno questo gene che è
quindi endogeno. Quindi la sonda, quando deve osservare il DNA nella fase di controllo, vedrà
solo il gene nella sua posizione standard. Riferendosi ancora all’immagine sopra: tutte le
altre sono cellule umane quindi anche in queste si trova il gene endogeno nella posizione
standard, ma poi ciascuna di queste linee è stata trasdotta con un retrovirus che contiene una
copia di Klf4 e lo inserisce all’interno del genoma (ogni corsia è un esperimento diverso con
una linea diversa: in una si è integrato 5 volte, in un’altra 7 eccetera).
Dunque, questo è un esempio di Southern Blot i cui due principi sono:
1. il trasferimento di DNA gel d’agarosio a nitrocellulosa;
2. la sonda che riconosce le sequenze complementari.
Questo esperimento è un Southern Blot ad alta stringenza per cui la sonda vede solo Klf4.

Il professore dice che alcune slide con informazioni tecniche non le spiega perché possiamo
capirle da soli :)

La FISH
Il professore dice che non gli interessa che noi sappiamo tutte le componenti in maniera
nozionistica, gli interessa che noi sappiamo cosa sia la FISH e come funzioni.
FISH = Fluorescent in-situ hybridization.
Con la FISH è possibile fare il cosiddetto chromosome painting: per avere la colorazione dei
cromosomi si usano delle sonde che sono specifiche per le sequenze presenti dei diversi
cromosomi. Ciascuna sonda è legata ad un fluoroforo diverso (ciascun fluoroforo emette luce
fluorescente differente) e quindi in questo modo possiamo “colorare” i cromosomi. Questo tipo
di FISH serve per individuare ad esempio traslocazioni ignote, dunque se c’è il sospetto che
ci sia una traslocazione cromosomica si può applicare la chromosome painting.
Nell’immagine a destra si può vedere la marcatura in caso di leucemia mieloide cronica.

Northern blot
È un altra tipologia di tecnica di separazione. Questa denominazione è dovuta ad un gioco di
parole perché dopo che Southern ebbe creato il suo metodo i ricercatori decisero di chiamare
quest altro metodo Northern blot. Questa tecnica funziona esattamente come il Southern blot
ma con una differenza: invece di usare e di caricare cDNA si carica RNA.
Il professore dice che non lo spiega perché è una tecnica che non si usa più a differenza del
Southern blot che in alcuni casi viene ancora utilizzato.

Western blot
Questa tecnica viene solo accennata in quanto si tratterà poi bene in biochimica. Anche
questa denominazione è dovuta ad un gioco di parole, quindi dopo Southern e Northern hanno
nominato questo metodo Western blot.
È di nuovo una tecnica di trasferimento ma invece di trasferire acidi nucleici come Southern e
Northern trasferisce proteine.

IMPORTANTE:
Il Northern Blot serve per andare a vedere che tipo di RNA messaggeri abbiamo nel nostro
campione cellulare. Quindi il Northern Blot è in grado di indicare quali sono gli RNA
messaggeri trascritti da una determinata cellula di un determinato tessuto in determinate
condizioni più o meno patologiche. Come detto prima, questa tecnica è ormai obsoleta perché
sostituita da altre tecniche come la PCR e RNA sequencing.
Dunque, se noi vogliamo sapere quali sono i trascritti della nostra cellula dobbiamo isolare
l’mRNA. È presente però un problema: l’RNA a differenza del DNA è molto instabile, quindi
una volta che viene estratto diventa difficilissimo lavorarci e mantenere la stabilità. Pertanto la
prima cosa che si fa dopo l’estrazione di RNA è retrotrascriverlo, ottenendo quindi una copia
di DNA. Quindi il cDNA è un copy DNA.
La differenza tra DNA genomico e cDNA è l’assenza di introni nel cDNA, perché nel
messaggero maturo gli introni vengono eliminati attraverso lo splicing. In sostanza il cDNA
corrisponde alla sequenza codificante quindi agli esoni.

Retrotrascrizione dell’RNA
Ritornando all’individuazione degli mRNA nel Northern blot, la prima cosa da vedere sono i
poliA, caratteristica degli mRNA. Più del 95% è RNA transfer e RNA ribosomiale.
I messaggeri, a seconda dei tessuti, stanno tra 1-5% dell’RNA totale. Pertanto se a noi
interessa fare il DNA copia dei messaggeri, dobbiamo rimuovere i tRNA e rRNA. La
rimozione avviene attraverso una cromatografia di affinità (si basa sulle interazioni che si
formano tra una sostanza ed il rispettivo ligando) sfruttando il fatto che i messaggeri sono
poliadenilati al 3’. Dunque, se sono adenilati al 3’ è possibile incubarli con una matrice solida
che contiene degli Oligo-dT ovvero Oligodeossinucleotidi (la T sta per timina). Una sequenza
ricca di T si legherà attraverso ponti idrogeno al relativo poliA. In sostanza questa matrice
solida ricca di oligo-dT trattiene i poliA e non interagisce con gli altri RNA (rRNA e tRNA) che
quindi non si attaccheranno alla matrice e potranno essere eliminati lavando. Alla fine del
lavaggio avrò solo il poliA cioè RNA messaggero attaccato alla resina. A questo punto
possiamo diluire aggiungendo del sale per diminuire la forza dell’interazione tra A e T in modo
tale da poter “staccare” l’mRNA dalla matrice (se aumento la forza ionica di una soluzione, le
interazioni deboli si indeboliscono sempre di più, dunque, dal momento che l’interazione tra
poliA e il poliT è un’interazione debole a ponte idrogeno, possiamo farli staccare aumentando
la forza ionica, cioè aumentando la concentrazione di sale). Dopo aver purificato il
messaggero, possiamo andare avanti.
Prima di procedere con la retrotrascrizione è necessario però spiegare la PCR, tecnica molto
importante in quanto utilizzata in diversi ambiti tra cui quello forense.

PCR
La PCR è una vera e propria invenzione e non una scoperta. L’inventore fu Kary Mullis e nel
1993 vinse il premio Nobel per la Chimica. Era un ricercatore e lavorava per un’azienda privata
chiamata Cetus Corporation. Le aziende di questo tipo rilasciano una quota di tempo ai propri
dipendenti per portare avanti una ricerca libera finanziata dalle aziende stesse.
Il professore dice che Mullis scrisse un libro in cui racconta che scoprì la PCR mentre era
fattissimo di hashish per le strade della California :)
La genialità di questa tecnologia è che in 3 semplici passaggi permette di copiare una regione
di DNA per milioni di volte partendo anche da un campione di DNA estremamente piccolo.
Questa tecnica ha avuto e continua ad avere una enorme quantità di applicazioni differenti
specialmente sull’aspetto forense della medicina (es: riconoscimento delle persone).
Piccolo scoop di Graziani: Jurassic Park è basato su una storia vera sulla PCR, perché si
trova all’interno dell’ambra una zanzara che era rimasta conservata per milioni di anni, la quale
aveva punto un dinosauro. Quindi all’interno della zanzara i ricercatori trovano una goccia di
sangue del dinosauro. Il protagonista riesce a prelevare il sangue e attraverso la PCR
amplifica e copia il genoma del dinosauro; dunque crea un clone del genoma che va ad
inserire in un rettile. Si arriva ad ottenere l’embrione di un dinosauro e a sto punto guardate il
film che fate prima.

Il professore dice che la prima serie TV sul pronto soccorso è stata ER ovvero emercency
room e fu il capostipite di tutte le serie mediche successive tipo Dr. House.

IMPORTANTE
Kary Mullis scoprì che nelle pozze di Yellowstone vivono dei batteri che sono in grado di vivere
in condizioni estreme come la temperatura dell’acqua a 90 gradi. Questi batteri vengono
genericamente definiti estremofili e si sono adattati a vivere in condizioni estreme. Questo
vuol dire che hanno una DNA polimerasi molto stabile ad alte temperature. Pertanto, è stato
possibile isolare dal batterio Thermus Acquaticus (estremofilo) una polimerasi attiva a 95
gradi. Quest’ultima polimerizza in direzione 5’-3’ ma non possiede attività esonucleasica e
quindi non esiste il proofreading, ovvero verifica e correzione di bozze. Questa scoperta è
stata fondamentale per far capire a Mullis come copiare il DNA.
La reazione richiede dunque questi ingredienti:
- regione di DNA da amplificare (template);
- una coppia di DNA primers (sono due
oligonucleotidi che hanno una sequenza
complementare alla regione che vogliamo
amplificare);
- deossinucleotidi-trifosfato che sono i
substrati delle DNA polimerasi;
- cofattori come il magnesio e cloruro di
potassio con tampone a pH specifico;
- Taq DNA polimerasi. Il termine Taq sta
per Thermus Acquaticus.
Questo è tutto ciò che serve per svolgere la
PCR.

Come avviene la PCR


Nella figura viene rappresentato il
DNA che vogliamo amplificare (=
copiare). Noi vogliamo fare milioni di
copie di questo pezzo di DNA.
La prima cosa che facciamo è
scaldare il DNA portandolo tra i 90 e
i 96 gradi in modo tale da attivare la
Taq. Questo passaggio è definito di
iniziazione. Dopodiché si porta la
temperatura tra i 94 e 98 gradi per 20-
30 secondi e bisogna essere sicuri di
essere sopra la temperatura di
fusione della regione da copiare. Può
avvenire quindi il melting ovvero la
denaturazione del DNA, portando al distacco dei due filamenti. A questo punto portiamo la
temperatura tra i 50 e 65 gradi e mentre raffreddiamo aggiungiamo i primer. I primer iniziano
dunque ad annilare: a sinistra dell’immagine si ha il primer forward in direzione 5’-3’ e a destra
si ha il reverse primer, anche lui va in direzione 5’-3’ ma sull’altro filamento.
Esistono macchine che sulla base della sequenza stabiliscono le temperature ottimali da
utilizzare per la PCR.
Un punto importante è la dimensione della regione di DNA che vogliamo amplificare, in genere
si amplificano regioni di DNA da un minimo di 100 paia di basi ad un massimo di 10 mila (in
alcuni casi si può arrivare anche a 40 mila). Le cosiddette PCR long-distance sono PCR
costituite da migliaia di paia di basi.
Ad ogni modo per ora abbiamo solo fatto annilare i primer. Cosa succede dopo?
Dopo aver annilato i primer per 20-
40 secondi, comincia la fase di
primer extension cioè viene
aggiunta la polimerasi, la quale
inizia a polimerizzare. Questa fase
avviene ad una temperatura
compresa tra i 72 e 78 gradi. La
DNA polimerasi polimerizza
partendo dai primer e in media
sintetizza 60 basi al secondo
(alcune polimerasi fanno anche 150
basi al secondo). La polimerasi
polimerizza finché può, non è
rilevante dove si ferma.
Questa è quindi la spiegazione del primo ciclo che in breve possiamo riassumere con:
- denaturazione del DNA;
- abbassamento della temperatura per permettere l’annilazione dei primer;
- sintesi di DNA a partire dai primer.
Ciò che otteniamo dal primo ciclo sono dei prodotti di lunghezza casuale perché la polimerasi
sintetizza finché può andare avanti e può fermarsi in modo casuale.
A questo punto incomincia il secondo ciclo partendo dai prodotti del primo ciclo, che sono
due copie. Di fatto si tratta di
ripetere sostanzialmente gli stessi
passaggi del primo ciclo:
- denaturiamo tra 94-98 gradi,
quindi i due prodotti del primo ciclo
si aprono/sciolgono;
- con l’abbassamento della
temperatura i primer si annilano,
annilandosi complessivamente a
questo punto in 4 siti (2 primer
forward e 2 primer reverse);
- stabiliamo la temperatura ottimale
per la polimerasi e facciamo partire
la polimerizzazione.
Chiaramente i prodotti lunghi non ci
saranno più perché la polimerasi copierà una sezione più breve. I prodotti lunghi andranno poi
a diminuirsi sempre di più.

Domanda: Può rispiegare cosa sono i prodotti lunghi?


Risposta: Sono i prodotti del primo ciclo. Questo perché nel primo ciclo la Taq polimerizza
finché ce n’è, quindi ad un certo punto per svariati motivi (es: manca un nucleotide) la
polimerasi si esaurisce; ma il luogo ed il momento in cui si esaurisce sono casuali. Quindi
avremo dei prodotti lunghi che vanno oltre la regione che vogliamo amplificare ma
successivamente essi non saranno copiati, perché i primer tenderanno ad annilare solo la
regione che ci interessa copiare; quindi, sarà poi solo quest’ultima ad essere copiata volta per
volta.
Domanda: Come faccio a conoscere la sequenza dei primer? Come faccio a decidere quale
sequenza devono avere questi primer?
Risposta: Dipende da che cosa vuoi fare, vedrete nelle prossime lezioni tantissimi esempi da
cui emerge il come si decide una sequenza. Chiaramente nella maggior parte dei casi io so
cosa voglio cercare e quindi sulla base di quello che voglio cercare ho degli elementi per
definire la sequenza. Quando si fa la retrotrascrizione di cDNA vedrete più avanti che si usa
un primer random per copiare a caso.

Dunque, il secondo ciclo è la


ripetizione del primo e quindi
avremo 4 copie ovvero 4 coppie di
doppi filamenti. La parte in blu
nell’immagine è la regione che
stiamo amplificando.
Il professore dice che se vogliamo
vedere delle animazioni che fanno
vedere quello che sta spiegando
possiamo cliccare sui link allegati
alle slide. Possiamo anche cercare
su Internet scrivendo “PCR video”.

https://ita.promega.com/resources/guides/nucleic-acid-analysis/pcr-amplification/
http://embed.widencdn.net/stream/hd/promega/istrijvbxf/47658903-Intro-to-PCR-Animation-
FINAL.mp4?u=rn3yq6
https://youtu.be/matsiHSuoOw
Quindi ad ogni ciclo aumento il numero di copie:
al primo ciclo ho 2 copie, dopo il secondo ne ho 4,
dopo il terzo ne ho 8, al quarto sono 16. Al
trentesimo ciclo sono 2^30 cioè 1.073.741.824
copie. Quindi io ho una crescita esponenziale
del numero di copie della regione di DNA che
voglio amplificare. L’andamento esponenziale
dipende appunto dal numero di cicli.
Si può comprendere quindi che la macchina della
PCR non è altro che un “bagnetto scaldato” dove
si controlla la temperatura e posso passare
rapidamente da una temperatura di 50 gradi a 90.

Domanda: Ma la Taq polimerasi non ha una tendenza a staccarsi come la polimerasi classica?
Risposta: Sì, infatti di solito vengono copiate un massimo di 10 mila paia di basi (con difficoltà
si arriva fino a 40 mila). Noi abbiamo la formazione di prodotti lunghi che ad un certo punto
finisce perché la DNA polimerasi si stacca.

Il professore dice che nella presentazione ci sono un po’ di diapositive che reiterano questo
concetto e che se non ci piacciono queste figure ne sono presenti altre, così che ognuno può
decidere su quale esercitarsi; sono tutte equivalenti.
La cosa importante è che in questi cicli noi abbiamo un prodotto finale che è
esattamente una regione di DNA delimitata dai primer. Quindi nel momento in cui io
“disegno” i primer, so che il prodotto
della PCR è definito al 5’ e al 3’ dalla
sequenza dei miei primer; quindi io
copio solo all’interno dei primer. A
questo punto io ho un prodotto di PCR
in una provetta. La prima cosa da fare
è andare a vedere se il prodotto di PCR
c’è e se esso è effettivamente quello
che mi aspetto. Quindi facciamo quello
che abbiamo già visto la volta scorsa,
ovvero carichiamo su un gel di
agarosio il DNA amplificato attraverso
la PCR e andiamo a vedere il DNA
stesso. Se io conosco la sequenza e
conosco il primer, so esattamente quante paia di basi aspettarmi (in questo caso,
nell’immagine a sinistra, 229 paia di basi). Vi sono le due tipologie di primer cerchiate in blu:
forward primer sopra e reverse primer sotto.

Teoria vs Pratica
Abbiamo quindi capito che la PCR può essere quantitativa, ovvero all’aumentare dei cicli
aumenta la quantità di prodotto. Lo abbiamo visto nella teoria attraverso il calcolo
esponenziale, ma la pratica della cinetica enzimatica è da verificare. All’interno della reazione
si possono creare delle condizioni per cui non si forma un numero di copie proporzionale al
numero di cicli; perciò, quello che vediamo è che il numero di prodotti di PCR che si formano
nel tempo è solo in parte esponenziale ma col passare del tempo non aumenta più.
Sull’asse delle x si ha il numero di cicli mentre sull’asse delle y si ha il numero di prodotti
(molecole). Il numero di molecole io lo posso misurare in modo semi quantitativo.
Ciò che si può vedere già ad occhio è che
per i primi cicli abbiamo un aumento che è
abbastanza esponenziale e poi questo
andamento si interrompe. Questo
rappresenta un problema perché significa
che la PCR non è lineare nel tempo, perché
lo è solo in parte, ovvero all’inizio. Questo è
dovuto al fatto che la PCR prevede la
reazione di diversi cicli quindi i
reagenti/substrati si esauriscono dopo un
numero elevato di cicli oppure la Taq si
inattiva.

La PCR deve essere QUANTITATIVA


A noi interessa che la PCR sia quantitativa. Si pensi ad esempio al Covid-19, dove il
tampone non è altro che la PCR. In questo caso noi vogliamo sapere com’è la carica virale,
ovvero quante molecole di RNA (perché è un virus ad RNA) sono presenti nel tampone che
prendiamo da un determinato paziente. A noi interessa rendere quantitativa la PCR (quindi
per misurare la quantità del prodotto) e ottenere informazioni sul numero di molecole di DNA
di stampo al tempo zero. Nel caso del
Covid-19 ad esempio amplifico l’RNA
del virus, e misurando l’amplificato
verifico quante copie avevo all’inizio.
Per fare questa verifica occorre
l’utilizzo di una macchina chiamata
termociclatore che in tempo reale è in
grado di fare PCR quantitativa (a
destra). A sinistra invece si ha un
termociclatore che non fa PCR
quantitativa, infatti costa la metà
dell’altro.

Come facciamo a quantificare?


Per quantificare, la prima cosa da chiarire è come misuro la quantità di amplificato. Per fare
questo è meglio non utilizzare il bromuro perché è poco quantitativo, quindi abbiamo bisogno
di qualcosa di più specifico. Ci sono almeno 3 metodi che usiamo per quantificare, vediamo
nel dettaglio il primo perché gli altri due si assomigliano.

Primo metodo
Questo metodo è detto SYBR green che in realtà è il nome della molecola presente
nell’immagine. Questa molecola ha la caratteristica di essere verde fluorescente e soprattutto
di intercalare il DNA, ovvero è in grado di entrare dentro il DNA. Quindi io posso seguire la
quantità di SYBR (= misurare la fluorescenza del DNA) e pertanto posso misurare quanta
fluorescenza ho dopo ogni ciclo. Più DNA viene prodotto maggiore sarà la fluorescenza
perché il prodotto dopo ogni ciclo viene marcato dal colorante.
Quindi l’intensità di fluorescenza è
proporzionale alla quantità di prodotto della
PCR.
Se ho un fluorimetro a disposizione, posso
monitorare la fluorescenza ciclo dopo ciclo. Il
procedimento ha però degli svantaggi: questo
modo di marcare il DNA è indipendente dalla
sequenza; pertanto, in caso la PCR avesse dei
problemi (es: a causa di contaminanti) io non
avrei modo di controllare perché rilevo
l’amplificato solo mediante fluorescenza e bisognerebbe fare un’analisi per riconoscere se
quello che sta emettendo fluorescenza è effettivamente il prodotto.

Secondo metodo
È basato (come il terzo metodo) sul FRET, ovvero Fluorescence Resonance Energy Transfer
che in italiano sarebbe il trasferimento di energia di risonanza della fluorescenza. Il FRET
avviene quando abbiamo due fluorofori, cioè due molecole che emettono fluorescenza, che
sono vicini fra di loro. Essendo vicini, se io eccito una molecola come ad esempio il fluoroforo
verde che ha una specifica lunghezza d’onda, la sua luce rilasciata va ad eccitare l’altra
molecola che può essere ad esempio un fluoroforo rosso. Il risultato è che anche il fluoroforo
rosso emetterà luce, e questo grazie al fatto che ho illuminato il fluoroforo verde che gli stava
vicino.
Se invece allontano i due fluorofori, allora non c’è interferenza. Questo si chiama trasferimento
di energia perché l’energia di un fluoroforo viene trasferita al fluoroforo che gli sta vicino (entro
un certo numero di angstrom). Il FRET è un metodo alla base di molte procedure diagnostiche.

Come viene usato il FRET


Possiamo misurare i prodotti della PCR usando una sonda. Quindi al posto di utilizzare un
intercalante non specifico come il SYBR green (primo metodo) utilizziamo una sonda che va
ad ibridare in maniera specifica il mio prodotto di PCR che voglio amplificare.
Quindi se c’è un amplificato la sonda andrà ad ibridare. Io posso marcare la sonda con due
fluorofori, uno al 5’ e l’altro al 3’, e posso crearla in modo che le estremità 5’ e 3’ siano
complementari. In questo modo genero una forcina e, dal momento che ho i due fluorofori
posti alle due estremità, significa che essi sono vicini, proprio perché ho disegnato la sonda
in modo che all’estremità 5’ e 3’ sia ibridabile. Quando la sonda si annila sul prodotto della
PCR, la struttura a forcina si perde perché l’ibridazione con la sonda impedisce la forcina e
quindi 5’ e 3’ sono lontani. Se la sonda non è ibridata ho il FRET, se la sonda è ibridata
non ho il FRET (il professore ripete due volte “non ibridata” ma seguendo la logica del suo
discorso dovrebbe essere giusto scritto così). Quindi io posso desumere quanta sonda sia
ibridata misurando la fluorescenza emessa dal fluoroforo rosso.

In sintesi: Se la sonda non ibrida ha una struttura a forcina e l’estremità 5’ 3’ sono vicinissime
(perché ho disegnato così la sonda) e quindi ho FRET tra i due fluorofori, poiché sono molto
vicini. Se la sonda si ibrida con un prodotto di PCR, si apre. Se però la mia sonda è
sufficientemente grande, i due fluorofori saranno lontani quindi non ho FRET. Ma se ho una
macchina in grado di eccitare il fluoroforo verde e rilevare la luce emessa dal fluoroforo rosso,
posso vedere come, quando la sonda non ibrida, ho molta fluorescenza rossa mentre quando
ibrida quest’ultima diminuisce: calcolando questa riduzione di fluorescenza rossa, calcolo
quanta sonda si è ibridata.
Il professore dice che questo tipo di sonda è utile fino ad un certo punto ma lo reputa molto
importante a livello didattico per capire il concetto del FRET e come si può utilizzare.

Sonda TaqMan
La sonda FRET serve per introdurre l’argomento della sonda TaqMan, che lo stesso Mullis
sviluppò. TaqMan è un gioco di parole perché è un mix fra Taq DNA polimerasi e Pac-Man,
un videogioco. Se si vuole avere una misura affidabile di una PCR quantitativa, la sonda
TaqMan è perfetta. Essa mostra uno dei tanti modi in cui si possono usare gli acidi nucleici
nel campo dell’ibridazione. Chiaramente la sonda è disegnata per andare ad ibridare il
prodotto di amplificazione, e, come nel caso precedente, la sonda contiene due fluorofori che
chiamiamo Reporter e Quencher. In questo caso non abbiamo proprio il FRET ma abbiamo il
fenomeno del quenching, ovvero
una sorta di interferenza: il
reporter ed il quencher non sono
così vicini, ma sono
sufficientemente vicini da
interferire tra loro. Dunque il
Quencher “quencha” la luce
emessa dal Reporter, per cui
abbiamo una certa luce emessa
da quest’ultimo che è
relativamente bassa.
Successivamente la TaqMan
andrà a polimerizzare, ma su un
filamento si ritroverà la sonda già
ibridata. In questo caso la TaqMan spiazza la sonda e la caratteristica di questa polimerasi è
che ha anche attività esonucleasica, dunque può degradare la sonda. La conseguenza della
digestione della sonda partendo dal 5’ è che il Reporter si allontana dal Quencher e comincia
ad emettere fluorescenza, quindi io rilevo l’emissione. In sostanza questo è il contrario di
quello che succedeva con il FRET ma è molto più sensibile e specifico. La fluorescenza
emessa dipende dall’ibridazione della sonda, e ciclo dopo ciclo si va a misurare quante
molecole di amplificato ci sono; quindi questo è il metodo più “robusto” per misurare in
modo quantitativo il prodotto di PCR.
Domanda: Quindi la polimerasi ha attività esonucleasica non in 3’-5’ ma in 5’-3’?
Risposta: Sì. Le tecnologie per creare Taq polimerasi sono molto sviluppate.
Domanda: Quindi è in grado di sintetizzare e rimuovere?
Risposta: Esattamente. Attenzione però: la Taq polimerasi rimuove la sonda, non rimuove
se stessa; quindi, l’attività esonucleasica è nei confronti della sonda. All’inizio con la Taq
polimerasi standard non si poteva assistere ad attività esonucleasica, ma con le nuove
tecnologie questo adesso è possibile.

Bisogna tenere conto che ad oggi le due tecnologie


più usate in assoluto sono il SYBR green e TaqMan.
La prima è usata perché comunque è molto facile e
poco costosa da mettere in pratica, mentre la
TaqMan è più costosa perché è quella che dà meno
problemi essendo molto quantitativa.

Domanda: Quindi la Taq non ha attività di proofreading?


Risposta: Esatto, la Taq non torna indietro.

Come ottenere informazioni sul DNA stampo


Quindi abbiamo capito come si misura la PCR, dobbiamo dunque andare a vedere in che
modo la misura del prodotto di PCR dopo diversi cicli ci può dare informazioni sul numero di
molecole di DNA stampo da amplificare. Nell’immagine viene rappresentata come varia la
fluorescenza ed il segnale delle sonde in funzione del numero di cicli. Quello che vediamo è
che all’inizio si amplifica poco, poi ad un certo punto si alza di più mantenendosi lineare (in
realtà questo può variare molto) e successivamente arriva ad una fase di plateau, quindi fase
stazionaria.
La linearità della curva può variare molto, pertanto il modo per capire e stabilire una relazione
quantitativa fra prodotto di PCR ed il numero di molecole di DNA stampo che dobbiamo
amplificare non si basa su questa parte di grafico bensì su una zona in cui la PCR è molto più
precisa, ovvero la zona iniziale ai primissimi cicli di applicazione (in verde). L’amplificato
aumenta in modo geometrico (non facile da trattare con un’equazione). Quindi per
quantificare quante molecole di DNA avevo al ciclo 0, si stabiliscono una serie di parametri.

Questo qui sotto è un grafico dove si vedono i numeri di cicli e la quantità di segnale. Il primo
concetto è quello di soglia: essa è la quantità di fluorescenza minima che la mia macchina
riesce a rilevare a quella lunghezza d’onda (che dipende dal fluoroforo). Chiaro che è
importante verificare che, quando io ho tutti gli ingredienti della reazione eccetto lo stampo, la
fluorescenza sia minore della soglia. Questo perché se non ho lo stampo ma è già presente
fluorescenza, significa che nella PCR ci sono dei contaminanti.

Una volta definita la soglia, definisco il


ciclo soglia: è il cardine su cui si basa
tutta la questione del quantificare la
PCR. Il ciclo soglia è il ciclo (inteso
numericamente) della reazione di PCR
nel quale viene prodotta una quantità di
fluorescenza pari o superiore alla
soglia. Quindi se io qui ho tre campioni
(tre curve nel grafico a sinistra), il ciclo
soglia è il primo ciclo al quale io vedo
un segnale di fluorescenza. La linea di
base è il numero di cicli per i quali io
non vedo fluorescenza. Si può vedere che poi per i diversi campioni la fase esponenziale è
ovviamente diversa, ma la cosa importante è il ciclo soglia. A questo punto, se io amplifico un
campione e trovo che il ciclo soglia è meno di 29 (riferito al grafico), significa che il segnale è
molto attivo; cioè un ciclo soglia sotto il 29 significa che ci sono condizioni facili di PCR
sostanzialmente. Se il ciclo soglia è fra 30 e 37 significa sempre che la reazione è positiva,
ma se invece il ciclo soglia è fra 38 e 40 significa che abbiamo reazioni di replicazione molto
deboli e che all’inizio la quantità di DNA stampo era molta poca. In questa situazione devo
quindi stare attento perché rischio di amplificare cose che non ci sono.
Durante la pandemia Covid-19 ci fu una polemica contro la PCR a livello diagnostico perché
si vedeva che le amplificazioni fossero tali da dichiarare positivo anche qualcuno che non
aveva contratto il virus.
Dunque io posso paragonare i due campioni comparando i loro cicli soglia. Si prendano due
campioni A e B, facciamo avvenire la reazione di PCR e si vede che il ciclo soglia di A
corrisponde a 10, mentre quello di B vale 5. Questa differenza fra i due cicli la chiamo delta
CT, cioè la variazione di ciclo soglia. Questo è molto importante perché la maggior parte delle
reazioni di PCR che si fanno ad esempio in diagnostica sono comunque relative, cioè in
relazione ad un riferimento. Abbiamo detto quindi che misuriamo il ciclo soglia per l’amplificato
che ci interessa ma contemporaneamente misuriamo anche il ciclo soglia di un altro
campione che funge da riferimento.

Esempio di quantificazione relativa (non assoluta)


Se noi abbiamo dei linfociti in coltura, noi sappiamo che se li stimoliamo con l’antigene questi
vengono attivati e producono interleuchina-2 (una citochina) che viene trasferita nei linfociti T
attivati. Questa è quindi un’attivazione della trascrizione, e per diversi motivi posso decidere
di valutare funzionalmente dei linfociti (che magari estraggo da un tumore) per capire se
rispondono bene all’antigene oppure no. Per capire quanto è attivata la trascrizione di questa
interleuchina-2 uso la PCR quantitativa in tempo reale, quindi devo disegnare dei primer che
amplifichino una regione del messaggero dell’interleuchina-2. Successivamente vado a fare
la stessa cosa con un gene la cui trascrizione non viene modificata con l’attivazione della
citochina. Questo gene funge da reference, quindi da punto di riferimento. Questo serve
soprattutto nel caso di cDNA
retrotrascritto partendo da
mRNA. Dunque per capire
quanta interleuchina-2 si
produce in risposta all’attivazione
con l’antigene si fanno
sostanzialmente due PCR, una
sulla interleuchina-2 e l’altra su
un gene la cui trascrizione non è
coinvolta nel processo di
attivazione. Come controllo
quindi si fa l’esperimento su
cellule non stimolate e vedo che
un ciclo soglia è 17.2 e l’altro
invece è 21.1. Si fa lo stesso controllo sulle cellule stimolate e si vede che in uno il ciclo soglia
è di 11.5 mentre l’altro è di 19.9.
A questo punto faccio il delta CT, cioè la differenza di ciclo soglia tra i valori delle cellule non
stimolate della prima e della seconda colonna. Da questa differenza (17.2 - 21.1) si ottiene 4.
Faccio lo stesso lavoro con le cellule stimolate ed il risultato della differenza è 8.4. Con questi
due valori delta CT faccio un’ulteriore differenza il cui risultato mi dà 4.4 che corrisponde quindi
al delta-delta CT (in sostanza la differenza della differenza). A questo punto devo trasformare
questo valore in quantità di prodotto di PCR e DNA target.
Attraverso delle equazioni (molto lunghe) viene fuori che il numero di volte in cui è stata indotta
l’interleuchina-2 nelle cellule stimolate rispetto a quelle non stimolate è pari a 2^-4.4, quindi il
2 ha come esponente il delta-delta CT (il risultato è 21.11). Questo significa che posso definire
in modo preciso che l’espressione dell’interleuchina-2 nelle cellule è stata indotta 21.1 volte
dalla stimolazione con l'antigene rispetto alle cellule non stimolate. Quindi ho definito un
rapporto quantitativo fra una condizione (cellule non stimolate) ed un’altra (cellule
stimolate), quindi so quanta interleuchina-2 è stata indotta.
Se faccio lo stesso esperimento con linfociti non funzionanti estratti per esempio da un tumore,
rispondono meno all’antigene e dunque il valore non sarà 21.11 come nell’immagine ma sarà
nettamente inferiore.

Questo è il metodo di quantificazione relativa, più avanti vedremo invece il metodo di


quantificazione assoluta.

Vantaggi vs Svantaggi della PCR

Negli ospedali si possono trovare macchine


come il Cobas 6800, ovvero macchine di
diagnostica che riescono a fare delle PCR
molto precise. Fino a due anni fa c’erano circa
1000 Cobas in tutto il mondo e la particolarità
di questa macchina è che è un grado di fare
1000 campioni in 8 ore. Nei primi tempi del
Covid in Italia e in buona parte dell’Europa non
eravamo in grado di utilizzare queste
macchine perché il governo americano aveva
ordinato di non esportare le cartucce, vendute
direttamente da Roche.
Il professore dice che sentiremo parlare di una PCR digitale e la si può trovare nelle slides ma
lui le scorre e non le spiega perché mancava poco alla fine della lezione.

Terminologia per le prossime lezioni


- qPCR = PCR quantitativa;
- RT = retrotrascritto;
- q-RT-PCR = PCR quantitativa sul retrotrascritto, ovvero sul cDNA.
Qui c’è un’ambiguità: questa PCR quantitativa, che si misura con le sonde SYBR green
e con le sonde TaqMan, è una PCR in real time, cioè consente la misurazione dei
prodotti di amplificazione in tempo reale (attenzione: RT non sta per real time ma per
retrotrascritto) e la PCR quantitativa sta tipicamente sui retrotrascritti.
- La differenza tra PCR e RT-PCR è che la
RT-PCR implica la retrotrascrizione, cioè
retroscrivere il messaggero a cDNA. Questo
è importante anche per come disegniamo i
primer, perché se facciamo una PCR sul
genomico dobbiamo ricordarci che tra un
esone e l’altro ci sono gli introni, invece se
stiamo su una RT-PCR e i due primer
stanno tra un esone e l’altro, il prodotto di
amplificazione sarà molto più piccolo
perché non ci sono gli introni.
Il modo più semplice per fare la trascrizione inversa è prendere l’mRNA ed ibridarlo
con dei primer random. Questi ultimi, infatti, si annilano a caso sul messaggero,
arriverà la trascrittasi inversa (in genere di origine virale: molti virus sono a RNA e
hanno la capacità di retrotrascrivere il proprio genoma a RNA in DNA) che riconosce
il primer ed incomincia a retrotrascrivere da RNA a cDNA.

Sono stati sviluppati negli anni dei sistemi


per fare la one step PCR,
particolarmente importante per le
diagnosi. Un problema durante il Covid è
stato il fatto che, se prima devo
retrotrascrivere, poi prendo il
retrotrascritto e poi lo metto nella PCR
per amplificarlo, il tempo di esecuzione
raddoppia; quindi sono stati sviluppati dei
sistemi per fare one step, ovvero per
retrotrascrivere e amplificare nella stessa
provetta in una volta sola.

IMPORTANTE!!! Il professore dice che una delle domande aperte sarà sicuramente
sulla PCR (dice 40% di probabilità di trovare una domanda che ha a che fare con la
PCR)

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