Sei sulla pagina 1di 7

Lez 2 CEEG (7/10/2020)

Logia dell’accesso—> la cromatina: Normalmente, tutta l’informazione genetica è impacchettata all’interno


del nucleo, che rispetto alle dimensioni lineari del DNA, è decisamente molto piccolo e quindi si ha una
sorta di paradosso per cui 2 metri di DNA si devono confinare in pochi micron del nucleo. Quindi questo
prevede una necessità di impacchettamento—> è come se un filo di 50 km che venisse compattato dentro
una palla da pallacanestro. Per permette un’organizzazione all’interno del nucleo più efficace è necessario
l’intervento dei sistemi di compattamento.
Partendo dal DNA linere si comincia ad ottenere una sorta
di primo livello di compattamento, organizzando il DNA
con gli istoni a formare i nucleosomi. Successivamente,
queste strutture tendono a loro volta a superavvolgersi,
formando delle spirali, che poi verrano organizzate
all’interno del nucleo in anse, supportate dalla matrice
nucleare. Tutti questi livelli di compattamento avvengono
grazie agli istoni e a proteine non istoniche; l’insieme di
questa miscela [DNA + istoni + non istoni] è la cromatina.
Storia della cromatina: Alla fine dell’800 furono scoperti gli acidi nucleici da Friedrich Mischer. Poco dopo
viene proposto il termine “cromatina”. Già il riconoscimento del materiale associato al nucleo fu proprio il
cosiddetto “materiale colorabile” e da qui il nome ”cromatina”.

Successivamente, vennero scoperti gli istoni, per la loro quantità molto abbondante che, in peso, sono una
quantità pari a quella del DNA. Nel frattempo, veniva riconosciuto il DNA come materiale genetico e poi
venne determinata la struttura del DNA. Successivamente cominciarono a studiare le caratteristiche
chimiche di questi elementi che si trovano nel nucleo. Negli anni ’60 Alfrey ha scoperto l’acetilazione degli
istoni. Ebbe veramente una visione futurista, perché immaginò che la frazione acetilata potesse
corrispondere a quella parte di cromatina associata ai geni attivi. Non c’era nessuna prova, ma questa
intuizione venne confermata e dimostrata di fatto dai primi studi di Allis. In seguito, vennero messi in
evidenza i niu-body, ovvero i nucleosomi. Da Kornberg fece la prima ipotesi di come poteva il DNA
associarsi agli istoni, che fu rivisitata in vario modo, fino alla definizione, nell’84, di Richmond, che
determinò i co-cristalli (cioè istoni e DNA associati). Questi co-cristalli erano stati visualizzati con una
risoluzione di 7 Angstrom, che 10 anni dopo, fu portata dagli esperimenti di K. Lungher a 2,8 Angstrom.
Qualche anno prima era stata individuata anche la modifica istonica in modo più esteso di quanto non
avesse visto Alfrey; questo aggiungeva all’acetilazione altri tipi di modifiche, come per esempio la
metilazione. Poiché si era visto che alcune modifiche si associavano sempre con la trascrizione attiva, altre
con la repressione trascrizionale, e che ci potevano essere vari tipi di modifiche sia come qualità che come
tipo di istone coinvolto, i due ricercatori Allis e Jenuwein proposero l’esistenza di un codice istonico.
Come fa la doppia elica lineare ad essere compattata nel cromosoma metafasico e in quello interfasico?
La presenza degli istoni permette la presenza della struttura nucleosomale, del cosiddetto “core
nucleosomale”—> costituito da 8 proteine istoniche che si accorpano tra loro a formare un ottamero—>
formato da ognuno degli istoni H2A-H2B-H3-H4 presenti in due copie. Quindi l’ottamero istonico è
composto da 4 tipi di istoni presenti in doppia copia. In particolare, gli istoni H3 e H4 formano un
tetramero, a cui sia associa all’esterno un dimero di H2A e H2B da una parte e un altro dimero (H2A e H2B)
dall’altra. Questa struttura cilindrica è associata a sua volta al DNA, che si avvolge per 1,8 giri, cioè gira
quasi due volte attorno all’ottamero (entra ed esce dalla stessa parte). La successione di ottameri istonici e
Lez 2 CEEG (7/10/2020)

DNA che si arrotola su di esso rappresenta la fibra di cromatina. Questa struttura è stata osservata al
microscopio elettronico; mentre la modalità in cui il DNA è associato agli istoni ha una dimostrazione
biochimica (digestione da parte di nucleasi) e chimico-fisica (diffrazione raggi X). Questo livello di
organizzazione compatta la cromatina di un fattore di circa 6 volte (è un compattamento 6x). [Fig.4]
Questa fibra che si arrotola agli istoni, procede e si arrotola agli istoni successivi, procede e si arrotola agli
istoni successivi—> si superavvolge—> si viene a formare una spira solenoidale (a volte organizzata anche
a zig-
zag).
Poi il

solenoide raggiunge il massimo compattamento in cromosomi, di cui non si conosce esattamente


l’organizzazione (tratteggio di fianco al cromosoma metafasico, figura in alto a destra).
Questi solenoidi si organizzano in anse e quindi ogni loop è costituito da materiale superspiralizzato, con un
forte livello di compattamento. Quindi, dal 6x iniziale, c’è ancora un fattore 5 che porta alla formazione del
solenoide—> il DNA si è ridotto di 30-40 volte rispetto alla sua struttura lineare. Con il compattamento
dovuto alla formazione dei loop si compatta di circa 200 volte. Con l’attacco alla matrice quindi tutta la
struttura si è compattata di 1000 volte. In condizione di compattamento più estremo, si raggiunge il livello
di condensazione del cromosoma mitotico. È importante sottolineare che non tutte le modalità con cui
questo avviene sono consociute. Non esistono tecnologie che consentano di studiare il compattamento a
tale livello. Facendo riferimento alla figura in altro a sinistra, la formazione della fibra da 10 nm si vede
bene al microscopio elettronico, la formazione della fibra da 30 nm, che può essere organizzata in modo
solenoidale o a zig-zag.

È possibile, a partire da cromosomi metafasici o interfasici,


rimuovere gli istoni utilizzando delle concentrazioni saline (NaCl;
2M) piuttosto elevate, poiché l’interazione tra l’ottamero istonico e
il DNA è esclusivamente elettrostatica; quindi alzando la forza
ionica si riesce a indebolire la struttura fino a perdere il contatto
degli istoni con il DNA. L’enorme massa di DNA così si rilassa e
forma un’enorme rete legata a strutture proteinacee, che
rappresentano lo scheletro del cromosoma e che prende il nome di
scaffold, ovvero impalcatura del cromosoma (zona più scura
Lez 2 CEEG (7/10/2020)

nell’immagine). Se fosse completamente libera, farebbe un alone tanto grande che si estrofletterebbe
rispetto alla struttura di partenza, ma in realtà il DNA non è libero perché è attaccato alla matrice nucleare.
(le anse non sono tutte uguali). Quindi si ha un cromosoma che strutturalmente mantiene tutte le sue
componenti, che però si sono estroflesse dalla struttura di base. Quindi la fibra del DNA è legata proprio
all’impalcatura del cromosoma nella formazione dei loop, anche questi sono ben dimostrabili.
Per dimostrare come il DNA è associato al nucleosoma, dai primi studi degli anni ’70, fu teorizzata la
struttura degli otto istoni con DNA arrotolato intorno da Roger Kornberg, figlio di Arthur Kornberg, che
circa 20 anni prima aveva scoperto la DNA polimerasi I e vinse il premio Nobel. Dopo altri 20 anni anche
Roger vinse il premio Nobel, perché definisce le interazioni della DNA
polimerasi I a livello di diffrazione a raggi X. Furono i lavori di Markus Noll a
dimostrare la struttura del nucleosoma con degli approcci sperimentali
precisi. Lui fece digerire il nucleo utilizzando come enzima la nucleasi di
Micrococco, detta anche Microccola nucleis (MNasi). Se abbiamo una
successione di istoni, quello che fa è tagliare nella zona del DNA linker
(interposto tra un nucleosoma e il succesivo) libero dall’associazione con gli
istoni. Il DNA arrotolato attorno all’ottamero istonico non viene digerito
dalla nucleasi, perché essa taglia contemporaneamente le due eliche, ma
dato che una delle due facce della doppia elica non è disponibile perché
legata alla matrice nucleare, non riesce a tagliare simultaneamente le eliche.
Dopo la digestione con la micrococcale, si estrae il DNA che viene
messo a correre su un gel elettroforetico. Sul gel sono visibili una
successione di bande molto regolare, in cui l’esposizione è
organizzata seguendo un multiplo di 200 bp. Con una digestione
parziale non si ottengono solo monomeri di nucleosoma, dimeri
e trimeri. Aumentando il tempo di digestione si potranno
ottenere sempre più monomeri (di circa 200pb). La nucleasi
riesce a tagliare e a ottenere frammenti lunghi fino a un limite di
146 bp. Anche la destabilizzazione dei nucleosomi è più sensibile
all’azione della micrococcale; il che significa che in alcuni casi è
stato osservato che il DNA associato agli istoni parzialmente
stabili può andare incontro a digestione (la cromatina associata a
DNA non è tutta uguale).
I coniugi Ollins hanno scoperto i niu body, che è essenzialmente
la quantità di DNA protetta dall’ottamero istonico. La fibra da 30 nm è detta a collana di perle o palline sul
filo, in cui vede proprio la successione di queste particelle e dei punti in cui la molecola di DNA è libera tra
gli istoni. La fibra da 10 nm si ottiene operando delle estrazioni molto blande, fragili e facili da dissociare. Se
si lavora con cautela ad una concentrazione salina più bassa si ottiene la fibra da 30 nm, quella del
solenoide—> nota che il solenoide è stata la prima definizione, zig-zag successivamente, ma quello che più
accomuna i ricercatori è che una è la fibra da 10 nm e l’altra da 30 nm, perché hanno un corrispettivo
organizzato al microscopio elettronico. Se poi la fibra 30 sia organizzata in una spirale solenoidale o in zig-
zag è ancora oggetto di dibattito.
Gli istoni sono gli elementi che determinano la
formazione della particella attorno al quale si avvolge
il DNA; si tratta di proteine con basso PM e molto
conservate, tanto che nelle scale filogenetiche di
mammiferi e vegetali gli istoni presentano 1-2
sostituzioni amminoacidiche. Del resto, gli istoni si
sono evoluti per associarsi al DNA, e il DNA è
invariante, quindi l’interlocutore primo in termini
Lez 2 CEEG (7/10/2020)

strutturali, ovvero gli istoni, è selezionato e mantenuto nella stessa modalità. Viene riconosciuta una parte
globulare (disegnata in giallo nella figura a lato) e una parte terminale più distesa, detta coda terminale.
Particolarmente rilevanti sono le code N-terminali perché sono cariche positivamente, perché hanno un
forte contenuto in lisina e arginina. Questi residui sono quelli che vengono più frequentemente modificati
dai modificatori epigenetici, ovvero gli enzimi che si occupano di modificare le lisine, sia in termini di
metilazione che di acetilazione, o di modificare le serine in termini di fosforilazione. Andando avanti negli
studi, si è visto che gli amminoacidi della parte globulare sono in qualche modo modificati, anche se meno
frequentemente.
H1 è un istone che non fa parte del core e che si lega essenzialmente nel punto di entrata e di uscita del
DNA nel core—>una sorta di fermaglio (spesso chiamato istone linker perche si lega al DNA linker)
necessario affinchè si formi la fibra da 30 nm. Anche H1 viene modificato in termini di fosforilazioni, in
particolare, e acetilazioni sia sulla coda N-terminale che C-terminale. H1 si differenzia dagli altri istoni per
essere meno fortemente conservato. Prendendo due specie non proprio vicinissime è possibile osservare
che gli istoni del core nucleosomico sono identici, mentre H1 ha delle varianti abbastanza consistenti; tanto
è che nello stesso organismo ci sono tessuti che utilizzano una variante di H1. I dimeri H2A e H2B sono
posti uno su un lato e uno sull’altro della particella. C’è una caratteristica interessante degli istoni perché
presentano una struttura di base detta” hyston fold”, cioè una struttura di base che distribuisce tutti e
quattro gli istoni nello spazio in maniera simile, poi si assemblano in un certo modo.
In base alla digestione effettuata dalla micrococcale, si definiscono:
1. Nucleosoma—> quando viene mantenuto oltre
all’ottamero degli istoni, H1 e una porzione del DNA
linker (180 bp);
2. Cromatosoma—>160 bp, perché digerisce una parte
di DNA;
3. Core nucleosomale—> 146 bp, digestione estrema e
si perde il contatto con H1 perché il DNA che era nei
pressi di H1 è stato digerito dall’enzima;
4. Eminucleosoma—> particelle ancora più piccole
Ma dal punto di vista strutturale e funzionale, il core nucleosomale è la particella più piccola che si ottiene
dalla digestione con la micrococcale.
È importante che la cromatina presenta dei punti in cui è meno compattata e despiralizzata, mentre in cui è
più condensata (la fibra da 30 nm che è costituita da un solenoide o zig-zag). È necessario partire da una
struttura che di fatto è ancora lineare (solo compattata di una 40ina di volte), arrotolandola intorno ai
rocchetti istonici si ha un compattamento di un fattore 6, poi si formeranno delle spirali che prevedono 6
nucleosomi per giro (ottenuto accorciamento di 40-50 volte).
Lez 2 CEEG (7/10/2020)

Un meccanismo molto efficace nel compattamento è la formazione dei loop cromatinici: queste fibre sono
attaccate all’impalcatura nucleare, che in metafase si chiama scaffold nucleare mentre in interfase si
chiama matrice nucleare. Quindi le regioni che si legano alla matrice prendono il nome di MAR (Matric
Attached Region), mentre quelle che si attaccano allo scaffold si chiamano SAR (Scaffold Attached Region).

È una questione di pura nomenclatura, in quanto sia in metafase che in interfase si tratta di un supporto
proteinaceo che permette alla fibra di 30 nm di disporsi su una superficie piuttosto che esservi adagiata
sopra, cioè di formare dei loop—> Questo compatta la struttura di 1000 volte. I meccanismi che portano
alla formazione dei loop sono ancora definite in maniera poco affidabile.
Proprio questo essere associati alle strutture di ancoraggio (così vengono chiamate queste posizioni in cui il
DNA prende contatto con la matrice o con lo scaffold) fa sì che elementi che siano lontani tra di loro, di
fatto poi si trovano relativamente vicini. Questo ha una grande rilevanza nel funzionamento del DNA,
perché, se in un punto si ha la presenza degli elementi della trascrizione, con questo avvicinamento posso
sfruttare gli stessi elementi della trascrizione per trascrivere la sequenza che con il ripiegamento si ritrova
vicina al punto che sta subendo la trascrizione, il che vale anche per la repressione trascrizionale. Negli anni
’70 si era capito che ci sono organizzazioni tridimensionali all’interno del nucleo. Nel 2002 venne pubblicato
il lavoro di John Dekker, che studiò la tecnica 3C (Capturing Chromosome Conformaton), con la quale è
possibile studiare la cosiddetta “prossimità tra le sequenze”, ovvero sequenze che possono essere lontane
da un punto di vista lineare su un certo tratto di DNA ma, se il DNA è ripiegato nello spazio, possiamo
ritrovarli in posizioni vicine. Poi sono state messe a punto delle tecniche che hanno preso in considerazione
più elementi fino a determinare, anche sfruttando la potenza della bioinformatica che nel frattempo si è
espansa, la possibilità di identificare la posizione di un elemento rispetto a tutti gli altri, quindi si
ricostruisce la tridimensionale del nucleo in termini di sequenza.
In S. cervisiae, il DNA ribosomale è una struttura che sta tutta da una parte; è un cluster di geni dell’rRNA
ripetuti uno dietro l’altro, che si organizzano formando un gruppo a sé stante. Quindi ciò ci dice che la
tridimensionalità del nucleo determina delle posizioni particolari, che si riscontrano nei territori nucleari, e
anche degli accorpamenti; infatti si parla di “concentratori”, i cosiddetti Ab—> regioni in cui elementi
distanti dal punto di vista lineare sul DNA sui cromosomi si ritrovano vicini e subiscono anche delle
regolazioni coordinate. Questa è la sfida di frontiera dell’epigenetica, cioè capire non solo come funziona la
sequenza e quali sono le sue regolazioni ma come il
ripiegamento nello spazio dia un contributo per
permettere che certe si avvicinino e funzionino e
altre vengano mantenute distanti. Non è
assolutamente secondario lo studio sul
funzionamento degli enhancer, in quanto questi,
dovendo agire a distanze considerevoli, si avvalgono
di questi ripiegamenti e quindi la possibilità di
portare componenti che sono fisicamente distanti in
Lez 2 CEEG (7/10/2020)

prossimità. Non dobbiamo considerare che questi elementi semplicemente come sequenza intesa come un
messaggio, ma anche gli elementi che vi sono sopra (la famosa epigenetica). La componente proteica che si
associa al DNA può determinare, per esempio, l’accessibilità dei fattori (come si organizza la struttura
tridimensionale) e la topologia del DNA. La doppia elica del DNA non permette la libera rotazione su stessa,
perché le due eliche sono vincolate tra di loro. Se sottoposto a una torsione, il DNA non può scaricare la
tensione sui suoi legami (lo potrebbe fare solo se fosse a singola elica) e questa torsione si accumula nel
cosiddetto “superavvolgimento”. Già immaginate che le due eliche non sono libere tra di loro (libere solo
ad un’estremità), perché il DNA è associato in maniera pentamerica, e sono legate da un punto di vista
topologico. Il numero di volte che un’elica incrocia l’altra viene chiamato linkin number. Nelle cellule degli
eucarioti,il DNA è sottoposto ad una torsione, cioè l’essere avvolto attorno all’ottamero degli istoni fa sì che
il DNA sia in uno stato di superavvolgimento e che giri su se stesso nello spazio—> implicazioni topologiche.
Topologia: per una molecola circolare che è interrotta in un punto (presenta un nick), si potrebbero
separare i due filamenti scaldandoli proprio perché non c’è una continuità assoluta. Se fosse una doppia
elica continua, cioè senza il nick, non si potrebbero separare i filamenti perché sono incrociati tra di loro. È
possibile anche che il DNA vada incontro a superavvolgimento quando l’asse dell’elica principale va a
piegarsi su sé stessa. Si parla di DNA circolare perché l’interesse attuale è quello degli eucarioti (con i
filamenti lineari), però per il tipo di organizzazione, in particolare l’organizzazione ad anse, ogni ansa
avendo le estremità bloccata si comporta come se fosse una molecola circolare. Quindi ogni eventuale
stress che viene accumulato in una di queste anse non si può scaricare; mentre se fosse un DNA lineare, se
si aggiunge tensione da una parte, la scarica dalla parte opposta. Quindi ogni singola ansa è come se fosse
di un DNA circolare—> domini topologici. Ci sono le proteine della matrice nucleare o dello scaffold che
impediscono DNA di ruotare su se stesso (non può scaricare la tensione su nulla), quindi ciò che avviene su
ognuna delle anse rimane lì dal punto di vista topologico.
Se induco un certo livello di superavvolgimento, questo dominio si
comporterà in maniera indipendente dagli altri perché non c’è possibilità di
trasferire lo stress da un’ansa a una successiva (sono domini isolati da un
punto di vista topologico). Questo tipo di organizzazione del DNA prevede
che lo stato topologico sia controllato da particolari enzimi che si chiamano
topoisomerasi. Nei batteri le topoisomerasi sono responsabili anche del
DNA superavvolto perché sono in grado di caricare il superavvolgimento
negativo all’interno del DNA. Negli eucarioti essendo il DNA già arrotolato
attorno agli istoni, è implicitamente superavvolto negativamente, perché
nello spazio l’asse si ripiega per ogni nucleosoma quasi 2 volte. Il risultato di questo è che se si estrae da un
DNA (circolare perché facilmente studiabile in vitro) gli istoni, si vede che dopo la rimozione il DNA rimane
superavvolto: proprio a testimonianza che quell’avvolgimento è un modo di congelare il superavvolgimento
per ogni particella nucleosomica. Si osserva è che questo tipo di realtà influisce sulla fluidità di processi che
avvengono sul DNA, come per esempio la trascrizione perché quando si trascrive un gene, si forma dello
stress dovuto alla polimerasi che cammina lungo il DNA che è stato denaturato e ciò fa si che una parte
della molecola vada incontro al superavvolgimento. Esistono le topoisomerasi appunto per rimuovere la
parte superavvolta. Se ci sono gli istoni, questa resistenza (buffer) sarà in qualche modo ricompensata ma
fino a un certo punto.
In figura è possibile vedere come si studiano le molecole
superavvolte di DNA, tramite l’uso di gel di agarosio. Ci
sono diverse forme (DNA rilassato, superavvolto, ecc) e
man mano che la molecola fa giri di superelica, diventa via
via più filiforme e quindi corre nel gel più velocemente.
Perché più topoisomeri (molecole equivalenti da un punto
Lez 2 CEEG (7/10/2020)

di vista chimico, quindi isomeri, ma diverse da un punto di vista topologico) possono essere separate su un
gel, in quanto hanno diversa capacità di attraversare il gel.
La relazione che mette insieme il numero di legame (L) con il numero di superavvolgimento (W) e il numero
di avvolgimento del DNA (T) è l’equazione di Fuller

L’avvolgimento può essere positivo o negativo a seconda se avvenga nella stessa direzione
dell’avvolgimento delle eliche o nella direzione opposta. Se vado nella stessa maniera delle eliche, creo
DNA superavvolto positivamente; se vado nella direzione opposta, creo DNA superavvolto negativamente.
Che il DNA abbia una rilevanza topologica è data dal fatto, che il DNA dei cromosomi è costituito da miliardi
di anse superavvolte e ognuna di queste si comporta come un DNA circolare. Nei batteri il DNA è già
circolare, (questo è vero sia per il cromosoma batterico che per i plasmidi e per alcuni fagi). Esiste, quindi,
DNA raramente lineare pronto per essere manipolato, perché, in realtà, ha queste limitazioni di tipo
topologico. L’ equazione di Fuller è necessaria per spiegare un paradosso, cioè quello che succede quando il
DNA associato ad un nucleosoma viene misurato in termini topologici. Il DNA si arrotola attorno
all’ottamero degli istoni per 1,8 giri, quindi rimuovendo gli istoni si ottiene una molecola di DNA circolare
superavvolto. Per ogni nucleosoma che il DNA ha avvolto, si dovrebbero generare 1,8 giri di superelica.
Ipotizzando di avere 10 nucleosomi e quindi ci aspettiamo 18 giri di superelica. Invece quello che si
riscontra è che, al momento in cui deistonizzo una molecola di DNA circolare associata con gli istoni, si
ottiene 1 giro di superelica per ogni nucleosoma—> paradosso del numero di legame. Il difetto di
superavvolgimento che si riscontra è legato al fatto che il DNA sul nucleosoma cambia conformazione,
quindi è stato effettuato un esperimento usando DNA libero in soluzione e DNA disposto su una superficie
fisica non biologica, ovvero di idrossiapatite ( che attrae il DNA, che su questa si distende). Si è osservato
che, mentre il DNA in soluzione viene tagliato dalla DNasi I un po' dappertutto, perché essa poteva
accedere liberamente ad ogni base in soluzione, quando era disposto in superficie veniva tagliato nel punto
di massima estensione, il punto più disponibile. Quindi la DNasi dava un taglio ad ogni nucleotide e passava
a un regolare taglio ogni 10 nucleotidi, il cosiddetto “passo dell’elica” (T). Quindi se il passo dell’elica del
DNA in soluzione è 10,5 nucleotidi, allora, quando il DNA si adagia sulla superficie degli istoni a formare il
nucleosoma, cambia passo e da 10,5 va a 10,2. Questo cambio di T è proprio il componente che permette di
giustificare perché si riscontra un numero di superavvolgimenti inferiore rispetto a quello che si
aspetterebbe. In questo modo è spiegato il numero di legame, infatti il DNA sui nucleosomi non ha la stessa
organizzazione di avvolgimento che ha nel linker, per esempio. Passare da 10,2 a 10,5 coppie di basi per
giro può significare una segnaletica diversa, ad esempio, per i fattori di trascrizione che dovranno recarsi in
una posizione particolare del genoma. Il DNA sul nucleosoma ha una conformazione diversa, oltre che ad
esserci un certo ingombro sterico; questo è molto rilevante sulla funzionalità del DNA in vivo. È importante
sapere che la conformazione che il DNA ha sul nucleosoma è parzialmente diversa da quella del DNA linker
o da una regione priva di nucleosomi.

Potrebbero piacerti anche