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Genetica

Capitolo 1- Struttura e Funzione dei geni e del genoma umano

Genoma: completo assetto genetico di un organismo


Genoma Umano: costituito da circa 3 miliardi di desossiribonucleotidi organizzati in 23 coppie di
cromosomi lineari + una piccola molecola di DNA mitocondriale circolare
DNA Genomico: deve essere duplicato ( → Replicazione) prima di ogni divisione cellulare per
assicurare una copia completa delle informazioni necessarie alla sintesi di proteine e RNA che
presiederanno al funzionamento delle cellule figlie
Struttura degli acidi nucleici: molecole polimeriche composte da unità dette nucleotidi. Ogni
nucleotide è costituito da una base azotata, unita al carbonio C 1' del 2' desossiribosio, a sua volta
esterificato con una molecola di acido fosforico al C 5'. I nucleotidi sono tra loro uniti mediante il
gruppo fosforico al carbonio C 3' del nucleotide precedente.
Il DNA ha una struttura a doppia elica destrorsa o conformazione B(anche se in tratti ad alto
contenuto di G+C è possibile riscontrare un'elica sinistrorsa o conformazione Z) stabilizzata dai
numerosi legami a ponte idrogeno che si instaurano tra le base azotate dei filamenti opposti (2 tra A
e T, 3 tra G a C). Ricorda che i due filamenti del DNA sono in direzione l'uno opposto all'altro, detti
pertanto antiparalleli (uno va dal 3' → 5', l'altro dal 5' → 3')
Un po' di numeri: la lunghezza del DNA si misura in bp (base pair), ma spesso si usano dei multipli
dato l'elevato numero di paia di base che costituiscono anche un piccolo frammento di DNA (kb o
chilobase, Mb o megabase). Il diametro della doppia nella conformazione normale è 2 nm, mentre
la distanza fra due coppie di base successive è di 3,4 Amstrong (10 alla meno 10)
Istoni: proteine basiche organizzate in ottameri (costituiti da 2 copie degli istoni H2A,H2B, H3 e
H4) che grazie alla loro stretta associazione riescono a compattare il DNA
Nucleosoma: è costituito da DNA + Proteine Associate (prevalentemente Istoni) e rappresenta
l'unità base della cromatina. Largo 11 nm e costituito da 146 bp avvolte per quasi due giri intorno ad
un ottamero di proteine istoniche; un quinto istone H1blocco la doppia elica del DNA come
“fermaglio” sull'ottamero istonico. La distanza media di un nucleosoma dall'altro è in media pari a
200 bp (146 bp avvolte al nucleosoma + circa 50 bp di DNA interposto)
Fibra Cromatinica o Fibra “a solenoide”: fibra osservabile al Microscopio Elettronico, spessa circa
30 nm e costituita da 6 nucleosomi che si succedono in modo elicoidale per ogni giro.
Questi due grandi avvolgimenti del DNA consentono di ridurre di circa 40-50 volte la lunghezza
totale del Genoma, riducendola a 2-3 cm
Cromatina: si distinguono due tipi
1)Eterocromatina, che rimane altamente condensata durante la maggior parte del ciclo cellulare ed è
trascrizionalmente inattiva
2)Eucromatina, meno compatta, che consente invece sia la trascrizione del DNA in RNA sia la
duplicazione del DNA nella fase S del ciclo cellulare.
Lo stato di compattezza (e quindi di attivazione/inattivazione della cromatina) è regolato da
modificazioni covalenti degli istoni (solitamente metilazione, acetilazione e aggiunta di gruppi
fosfato, o viceversa). Il grado di compattazione massimo della cromatina si osserva durante la
mitosi, dove i singoli cromosomi se rendono visibili in maniera evidente.

Replicazione del DNA: è un processo di tipo semiconservativo, che origina in punti specifici detti
origine di replicazione, nei quali i due filamenti di DNA parentale vengono separati dagli enzimi
detti elicasi, che contribuiscono in questo modo a formare la bolla di replicazione. L'enzima DNA
polimerasi catalizza nel frattempo la sintesi dei due nuovi frammenti di DNA utilizzando come
precursori nucleotidici i 4 desossinucleoidi trifosfati (dATP, dGTP, dCTP e dTTP)
La sintesi non è uguale per entrambi i filamenti, perché la DNA polimerasi può catalizzare
l'allungamento solo in direzione 5'-3', ma i due filamenti sono antiparalleli
–Nel filamento 5'-3', detto filamento veloce o leading strand la sintesi può procedere normalmente
–Nel filamento 3'-5', detto filamento lento o lagging strand la sintesi dal nuovo filamento procede
in direzione opposta rispetto alla forcella di replicazione, per cui la sintesi del nuovo filamento
avviene sotto forma di una serie progressiva di piccoli frammenti di circa un migliaio di nucleotidi
detti frammenti di Okazaki,uniti successivamente per mezzo dell'enzima ligasi. Su questo filamento
la replicazione viene detta pertanto semidiscontinua
La completa replicazione del DNA cellulare è un processo molto lungo che necessita di circa 8 ore
Telomeri: sono le estremità dei cromosomi di DNA,e richiedono un diverso meccanismo di
replicazione in quanto manca il primer ( o stampo) per l'allungamento del filamento lento. I
telomeri eucariotici hanno una struttura particolare, costituita infatti da una lunga sequenza di unità
ripetute, che nell'uomo è TTAGGG, che oltre a permettere la replicazione hanno anche la funzione
di proteggere le estremità dei cromosomi dalla degradazione
Telomerasi: enzima specifico che utilizzando come stampo una molecola di RNA, estende il
filamento veloce, che a sua volta funziona successivamente da stampo per la sintesi del filamento
lento. Nell'uomo questo enzima è attivo quasi esclusivamente nelle cellule germinali, mentre ha
scarsa attività nelle cellule somatiche.

Trascrizione e Maturazione degli RNA: Il passaggio DNA → RNA → Proteine è detto Dogma
Centrale della Biologia (infranto in realtà da tutti i processi di retrotrascrizione RNA → DNA)
La trascrizione è il trasferimento dell'informazione genetica dal DNA al RNA, operata dall'enzima
RNA Polimerasi (che sintetizza molecole di RNA utilizzando come stampo un tratto di un filamento
di DNA, detto unità trascrizionale. La RNA polimeri si lega al sito di inizio della trascrizione,
richiamata dai Fattori di Trascrizione, che mediante l'interazione con brevi sequenze del DNA a
monte della regione di inizio della trascrizione dette Promotore, riescono a posizionare l'RNA
Polimerasi nel sito giusto e a separare i due filamenti d DNA formando la bolla di trascrizione;
l'enzima usa come stampo uno solo dei due filamenti, detto antisenso (perché ha sequenza
complementare).La trascrizione avviene sempre anche essa in direzione 5' → 3'. Il processo contiua
fino a che l'enzima non incontra la sequenza di arresto
Abbiamo tre forme di RNA polimerasi che portano a prodotti finali diversi:
1)RNA polimerasi I: sintetizza rRNA (18S, 5,8S e 28S dove S è una misura della sedimentazione in
ultracentrifuga proporzionale alla massa, detta Svedberg)
2)RNA polimerasi II: mRNA
3)RNA polimerasi III: tRNA, rRNA 5S e snRNA
Tutti questi trascritti primari devono subire una serie di processi che porteranno alla loro
maturazione, che sono:
–Capping: aggiunta di un cappuccio o cap all'estremità 5', costituito da una GMP metilata in 7',
dopo rimozione del fosfato terminale al RNA nascente. La funzione del cap è quella di proteggere
l'RNA nascente da esonucleasi, che lo degraderebbero, e per facilitarne il trasporto dal nucleo al
citoplasma
–Splicing: rimozione delle sequenze non codificanti, dette introni, e riassemblamento delle
sequenze codificanti, o esoni. Gli introni iniziano quasi sempre con nucleotidi GT e terminano con
nucleotidi AG, per la regola GT-AG. Nel processo di splicing si verifica prima il taglio al 5'
dell'introne (detto sito donatore), poi l'estremità libera ripiega su se stessa formando una struttura “a
laccio” e legandosi all'interno dell'introne (sito di branching) dove avviene il taglio al 3' dell'intone
(sito accettore): i due esoni si uniscono e l'introne viene rimosso. Questo processo è possibile grazie
all'intervento dello spliceosoma, un complesso macromolecolare costituito da varie snRNA ciuscuna
delle quali costituite da una o due molecole di piccoli RNA nucleari, ricche di Uridine (U) e da una
serie di proteine specifiche. Il processo di splicing è strettamente regolato e permette la formazione
di trascritti diversi partendo dallo stesso tratto di DNA grazie a quel processo detto splicing
alternativo (ovvero eliminazione di uno o più esoni tra due introni consecutivi)
–Coda Poli A, aggiunta all'estremità 3': al trascritto primario viene di solito rimossa una breve
sequenza terminale (grazie ad una endonucleasi) e applicata una coda di circa 200 residui di AMP,
che ha lo scopo di stabilizzare le molecole degli mRNA maturi e di facilitarne il trasporto nel
citoplasma. Gli mRNA codificanti per gli istoni canonici fanno eccezione a questa regola (sono
sempre trascritti dalla RNA polimerasi II, ma non gli viene applicata la coda poli A finale, perchè
non necessitano il traslocamento al di fuori del nucleo)

Traduzione: avviene nel citosol dove gli mRNA maturi migrano per dare inizio alla sintesi delle
proteine, grazie all'interazione con i ribosomi, costituiti da due complessi ribonucleoproteici detti
subunità ribosomiali, una maggiore 60S (costituita da 50 proteine e 3 tipi di rRNA,ovvero 28S, 5,8S
e 5S) e l'altra minore 40S (costituita da 30 proteine e dall'rRNA 18S)
La sequenza aminoacidica della proteina nascente è determinata dalla sequenza nucleoridica
dell'mRNA grazie al codice genetico universale basato su triplette di nucleotidi (dette codoni o
unità codificanti). Poichè i singoli AA possono essere specificati da più codoni, il codice si dice
degenerato. Le molecole di tRNA (che hanno la cosiddetta struttura “a trifoglio” che lega
all'estremità 3' uno specifico aminoacido,mentre sul versante opposto presenta una specifica
tripletta di basi, detta anticodone,complementare al codone sull'mRNA) veicolano gli AA ai
ribosomi. La sintesi proteica inizia sempre con un tRNA che veicola una Metionina, con codone di
inizio AUG. Gli AA vengono aggiunti tra gruppo Carbossilico del primo AA e il gruppo Amminico
del successivo mediante un legame peptidico (reazione catalizzata dalla sub 60S (che dunque è un
ribozima). Dunque abbiamo: Fase di Inizio, Fase di Allungamento, Fase di Stop (quando siamo in
presenza del primo codone di stop; ne esistono 3, ovvero UAA, UAG, UGA).
Poichè l'anticodone del tRNA si appaia efficacemente solo con le prime due basi del codone
sull'mRNA, mentre la terza base ha un legame più “flessibile” (teoria del vacillamento)

Gene: sequenza di DNA potenzialmente trascrivibile in un RNA funzionalmente attivo, che può
svolgere o direttamente una funzione strutturale e/o catalitica (come gli rRNA e i tRNA) oppure
trasportare l'informazione per la sintesi proteica (mRNA)
Nel DNA umano sono stati stimati 21.000 geni codificanti proteine e altrettanti geni che vengono
trascritti in RNA con codificante (ncRNA), che svolgono un ruolo importante nella regolazione
della conformazione della cromatina e della trascrizione degli stessi geni codificanti.
Geni in Cis
---A---B---
---a---b---
Geni in Trans
---A---b---
---a---B---
Promotore: regione che contiene brevi sequenze (dette elementi cis) che sono riconosciute e legate
da fattori di trascrizione (elementi trans), i quali reclutano l'RNA polimerasi II grazie all'interazione
del mediator complex (complesso multiproteico di circa 30 proteine), necessario anche per le fasi
successive della trascrizione
Tipi di sequenze riscontrabili nei promotori:
–TATA box, presente in geni ad elevati livelli di trascrizione (come gli istoni e le β-globine)
costituito dalla sequenza TATAAA o varianti, situato a -25bp dall'inizio del sito di trascrizione
–GC box (GGGCGG), presente invece nei geni house keeping (ossia al generale funzionamento
della cellula)
–CAAT box, situato a -80 bp
–Sequenze riconosciute da fattori trascrizionali tessuto-specifici , che negli altri tessuti vengono
spesso trascritti a livelli molto bassi (trascrizione illegittima o ectopica)
–Enhancer o intensificatori, ovvero sequenze specifiche localizzati nel promotore o nella regione 5'
del gene, che hanno la funzione di aumentare i livelli basali della trascrizione e localizzati a
distanza variabile dal gene (anche >50 kb, o talvolta anche all'interno della regione trascritta)
Regolazione della Trascrizione: due condizione affinché la trascrizione sia efficace:
1)presenza nella cellula di specifici fattori di trascrizione
2)conformazione della cromatina del gene “aperta” (ovvero con nucleosomi non compattati e
possibilmente con il DNA del promotore libero dagli istoni).
Controllo dell'espressione genica:
1)Fattori ubiquitari, tra cui il fattore Sp1 che interagisce con i GC box
2)Fattori specifici, con gli elementi di enhancer, importante per l'espressione tessuto-specifica (ad
esempio NF-E2 e MyoD che agiscono rispettivamente nelle cellule eritroidi e nei mioblasti)
3)Attivazione dei fattori trascrizionali in seguito al legame con il ligando (esempio ormone, fattori
di crescita, molecola di segnale intracellulare che si legano a fattori specifici
4)Modificazioni Epigenetiche (che non modificano la sequenza primaria del DNA) che modificano
lo stato conformazionale della cromatina (attiva o inattiva). In generale la cromatina
trascrizionalmente attiva presenta un elevato livello di acetilazione degli istoni H3 e H4 a livello
dei residui di Lys delle code N-terminali (che protrudono dl nucleosoma e normalmente legano
DNA grazie alla carica positiva dei residui di Lys e Arg, l'acetilazione dei gruppi amminici delle Lys
neutralizza tale carica diminuendo l'affinità degli istoni per il DNA, facilitandone il distacco; al
contrario,gli istoni associati alla cromatina inattiva sono deacetilati. La acetilazione/deacetilazione
istonica è regolata da due classi di enzimi, le Acetiltransferasi o HAT e le Deacetilasi HDAC.
Un'altra modificazione importante è la metilazione del residuo di Lys in posizione 4 dell'istone H3,
tipicamente presente nella cromatina attiva, mentre la metilazione del residuo di Lys in posizione 9
è tipica della cromatina inattiva, modificazioni effettuate da specifiche Metiltranferasi o HMT)
Un altro sito di metilazione importante è la Citosina (tipico di regioni non trascritte e nei promotori
di geni inattivi), catalizzata da specifiche DNA Metiltransferasi o DNMT, capace di aggiungere un
gruppo metile al 5' dell'anello pirimidinico della C, ma solo se essa è seguita da una guanina, ovvero
che faccia parte di un dinucleotide CG (detto CpG) spesso raggruppati in vere e proprie “isole”
nella regione 5' di molti geni. Le Citosine metilate vengono riconosciute da proteine dette MBD che
determinano il reclutamento di altre proteine che modificano la cromatina e la compattano (esempio
MECP2 richiama HDAC che deacetila ulteriormente gli istoni, facilitando l'inattivazione
trascrizionale del gene stesso)
Struttura esoni-introni: il primo esone comincia al sito di inizio della trascrizione, ma il primo
tratto (200-300 bp) non è codificante, ed è perciò definito regione 5'URT (UnTranslatd Region), ma
è essenziale per facilitare il legame dell'mRNA ai Ribosomi.
Il numero di esoni all'interno di un gene è variabile, ma mediamente sono una decina (ma alcuni
arrivano ad avere più di 100 esoni) ciascuno dei quali ha una lunghezza di circa 200 bp. Gli introni
invece hanno una lunghezza più variabile (anche se presentano sempre i due nucleotidi GT-AG,
circondati da sequenze consenso altamente conservate, mente una terza sequenza consenso è
presente nell'introne circa 40 bp a monte del nucleotide AG, detta branch site o sito di ramificazione
e contiene sempre Adenina. Queste 3 sequenze consenso sono riconosciute dai fattori di splicing e
sono indispensabili per la corretta eliminazione intronica degli mRNA
L'ultimo esone contiene anch'esso una regione trascritta ma non tradotta, detta regione 3'URT, più
lunga della 5'URT e contenente segnale di poliadenilazione.
Lo stesso Gene può dare luogo a trascritti diversi, spesso forme alternative delle stesse proteine,
dette isoforme grazie a:
–uso di promotori alternativi (esempio Distrofina, che presenta 8 diversi promotori)
–splicing alternativo (utilizzato da oltre il 60% dei geni umani)
–poliadenilazione alternativa
–combinazione tra due o tre dei processi sopracitati
Trascritti non codificanti o antisenso: Solo il 27% del genoma umano viene codificato in mRNA
(di cui solo il 2% sono esoni e il 25% introni), mentre la restante parte viene trascritta in RNA non
codificante (ncRNA) che si dividono in:
–Lunghi o lncRNA che possono subire splicing (come trascritto XIST, o X-inactivation Specific
Trascription, che inattiva il cromosoma X)
–Corti o short ncRNA, altamente conservati e importanti in diversi processi come lo splicing degli
introni, l'assemblaggio dei ribosomi e il trasporto e la regolazione della stabilità degli mRNA
Inoltre, poiché la RNA polimerasi II può iniziare a trascrivere in ogni posizione e direzione (è infatti
la meno specifica delle tre), è possibile la formazione di mRNA trascritti in senso contrario, detti
perciò antisenso (non codificanti, ma che hanno ruolo nella regolazione trascrizionale e post-
trascrizionale, mediante il fenomeno della RNA interference)
Progetto Genoma Umano: 1990-2004 e aggiornato continuamente, ha sequenziato quasi
completamene (il 99% dell'eucromatina, l'eterocromatina non è disponibilein quanto sempre
superavvolta) i nucleotidi dei 23 coppie di cromosomi umani, per un totale di 3,2 gigabasi in set
aploide (quindi 6,4 gigabasi organizzate in 46 cromosomi) . I dati sono disponibili online.
Il Genoma può essere diviso in:
–DNA a sequenza unica (45%) ovvero presente in singola copia, di cui la gran parte è rappresentato
da geni codificanti proteine (circa 21.000 geni) anche se solo il 2% dell'informazione genetica del
genoma umano viene trascritto in mRNA maturi. Questi geni non sono collocati in maniera casuale
all'interno dei cromosomi, ma la loro densità è proporzionale al bendaggio cromosomico (meno
presente nelle regioni cromosomiche scure a bendaggio G povere di C+G, più concentrati nelle
bande chiare ricche di C+G)
Spesso i geni simili sono raccolti in cluster o omologhi, tra loro vicini e derivati per duplicazione di
un singolo gene ancestale. Queste famiglie di geni possono anche disperdersi tra cromosomi diversi
(come nel caso dei geni funzionali per i recettori olfattivi)
Esisistono anche pseudogeni, o geni con codificanti, originatosi o per duplicazione (detti
pseudogeni duplicati o non processati, situati vicino al gene funzionale da cui deriva, ma privo di
funzione a causa dell'accumulo di mutazioni inattivanti) o per retrotrascrizione (pseudogeni
processati o privi di introni e promotore)
Il trascritto codificante per rRNA18S, 5,8S e 28S è presente in cluster di decine di copie localizzate
in tandem nelle braccia corte dei cromosomi acrocentrici (13,14,15,21 e 22)
–DNA ripetitivo intersperso (45%) o mediamente ripetitivo, ovvero composto da numerosissime
copie disperse di elementi trasponibili, originati dalla retrotrascrizione del loro RNA, mentre solo il
3% del genoma è rappresentato da trasposoni a DNA.
La capacità di elementi in gardo di replicarsi e di inserirsi nel genoma può essere causa di una
patologia genetica se:
- un elemento si inserisce de novo all'interno di un gene funzionale e interferisce con la produzione
proteica (mutazione inserzionale)
- due elementi si ricombinano tra loro e causano delezione, duplicazione o inversione del tratto
intermedio
- la presenza di un elemento LTR interferisce con la trascrizione dei geni vicini
In questa classe di DNA troviamo:
-i LINE o Long INterspersed Element (20%) tra cui i LINE1 i più antichi, contengono promotore
interno per la RNA polimerasi II e due sequenze codificanti una proteina capace di legare i L1RNA
e traslocarlo nel nucleo e una trascrittasi inversa con attività endonucleasica (una trascrittasi inversa
che sintetizza una molecola di DNA complementare all'RNA, spesso però in maniera incompleta)
-i SINE o Short INterspersed Element (13%) tra cui sequenze Alu , derivate da un piccolo RNA
denominato 7SL e trascritte grazie ad un promotore interno per la RNA polimerasi III, incapaci di
retrotrascrizione autonoma, ma posso essere retrotrascitti dalle trascrittasi inverse degli elmenti L1
-i LTR o Long Terminal Repeat e HERV o Human Endogenous Retro Virus (9% complessivamente);
i secondi contengono tre geni detti gag, pol e env (che trascrivono rispettivamente per una proteina
associata alla particella virale, una trascrittasi inversa e una glicoproteina integrata nella membrana
fosfolipidica virale. A monte e a valle di questi geni si trovano due sequenze LTR con funzione di
promotore e di segnale di poliadenilazione, anche se solo pochi LTR sono completi (famiglia
HERV-K nell'uomo, l'unica potenzialmente infettiva)
- i trasposoni (3%) ovvero due ripetizioni invertite alle estremetà e contenenti un gene codificante
una proteina in grado di spostare il trasposone senza doverlo trascrivere il RNA e retrotrascriverlo
in DNA (nel genoma umano tali elementi sono silenti)
–DNA ripetitivo in tandem (10%) o altamente ripetitivo, chiamato anche DNA Satellite (perché si
dispone in bande distinte da quella principale se il DNA viene centrifugato in un gradiente di
densità).Queste regioni comprendono i centromeri (costituiti da DNA α satellite) e i telomeri dei
vari cromosomi. Troviamo in questo gruppo anche i microsatelliti o STR e i minisatelliti o VNTR
Variabilità del Genoma: esistono tre tipi di polimorfismo genetico:
1)polimorfismo di singolo nucleotide o SNP (mutazioni puntiformi che possono creare o abolire siti
di riconoscimento per enzimi di restrizione del DNA)
2)polimorfismi di lunghezza variabile di unità ripetute (come STR o VNTR)
3)varianti di numero di copie o CNV che determinano delle duplicazione/delezione segmentali

Capitolo 2 – Variazioni del Genoma Umano

Con mutazione si intende il cambiamento permanente della sequenza del DNA genomico di
riferimento (detta wild-type). La costituzione genetica di un individuo viene detta genotipo, mentre
le manifestazioni osservabili o misurabili derivate dall'interazione genotipo-ambiente vengono
definite fenotipo.
Spesso le mutazioni sono prive di effetti fenotipici (si parla in questo caso di polimorfismi, se si
presentano nella popolazione in esame con frequenza superiore all'1%)
Varianti con frequenza inferiore all'1% sono invece dette varianti private e sono riscontrabili solo in
una famiglia o in un piccolo nucleo di famiglie.
Esistono tuttavia mutazioni che vanno ad influenzare qualità o quantità di un prodotto genico e
quindi avere un effetto fenotipico (patologia molecolare del gene)
Il fenotipo clinico è la conseguenza di una lunga cascata di eventi molecolari che coinvolgono un
numero variabile di geni e fattori ambientali, per tanto è spesso difficile correlare in maniera
immediata il fenotipo con il suo genotipi (e viceversa)
Vari tipi di mutazione, che può essere:
Spontanea vs Indotta
Vantaggiosa, neutra o svantaggiosa
Germinale (o ereditabile) vs Somatica (non trasmissibile)
Genomica (cambia il n. dei cromosomi), Cromosomica (a livello dei singoli cromosomi) o Genica
(puntiformi)
Dominante, Recessiva o Codominante
Loss of function, Gain of function o Dominant Negative
Classificazioni delle mutazioni (in base all'ampiezza del difetto genetico e dalle modalità di
insorgenza):
1)Piccole Mutazioni
2)Riarrangiamenti genici strutturali
3)Mutazioni dinamiche
Nomenclatura delle mutazioni:
–Sequenza di Riferimento (la mutazione viene preceduta da “c” quando si considera la sequenza
codificante nel DNA, “g” quando ci si riferisce all'intera sequenza genomica, “p” per sequenze
polipeptidiche)
–Sostituzione di Nucleotidi (la A del codone di inizio AUG è considerata la posizione +1; la
sostituzione di un nucleotide si indica con un numero che specifica la posizione rispetto al codone
di inizo seguito della lettera del nucleotide wild-type, dal segno > e dalla nuova base (esempio
275G>C vuol dire che una Citosina si è sostituita ad una Guanina in posizione 275)
–Sostituzione di Amminoacidi (come sopra, solo che si conta per codoni, considerando il primo AA
la Met del codone di inizio;la nomenclatura è AA wild-tipe/nAA/ nuovo AA)
–Mutazioni nonsenso (la lettera X indica la sostituzione di un codone specifico per un AA con un
codone di stop; AA wild-type/nAA/X)
–Delezioni e Inserzioni (c./nNucleotide o nucleotidi/del per la delezione e c./nNucleotidi in cui si è
inserito quello nuovo/ins/Nucleotide inserito per l'inserzione)
–Mutazioni di Introni (vedi sopra, solo che al posto di c. si usa g.)
Mutazioni Spontanee: avvengo prevalentemente in alcune “zone a rischio” del DNA,
corrispondenti a particolari sequenze denominate hot spot mutation (punti caldi di mutazione, come
ad esempio la G1138A nel gene FGFR3, che codifica normalmente per un recettore di un fattore di
crescita per i fibroblasti, e, se mutato, porta alla sindrome del nanismo condroblastico).
Tra questi il più noto è (5') CpG (3'), sequenza che pertanto viene solitamente “evitata” all'interno
del nostro genoma, ad eccezione di alcune regioni situate a monte di cluster genici (spesso presenti
al 5' di molti geni), fittamente stipate in forma di isole (si parla infatti di Isole CpG, più frequenti
quindi nei cromosomi ad alta densità genica).
Ciò avviene in quanto la citosina del CpG è soggetta a metilazione (segnale di “spegnimento” delle
regioni codificanti, per rendere meno accessibile ai fattori di trascrizione quella particolare regione
del genoma) e poiché la citosina è spesso soggetta a deaminazione, che normalmente porterebbe
alla conversione in uracile (che essendo normalmente assente nel DNA viene riconosciuto come
errato, rimosso e sostituito con una citosina), ma che in questo caso porta alla formazione di una
timina, evento impossibile da correggere.

Piccole Mutazioni: variazioni della sequenza del DNA che coinvolgono uno o pochi nucleotidi.
La sostituzione purina-purina o pirimidina-pirimidina (tipo A>G o T>C) è detta transizione; la
sostituzione purina-pirimidina o pirimidina-purina è definita transversione.
Ci sono sei tipi di piccole mutazioni:
1.Silenti: tutte quelle mutazioni che non alterano la sequenza amminnoacidica, sono in genere
innocue ma possono interferire con lo splicing del pre-mRNA, se queste mutazioni sono collocate
nelle sequenze ESE (Exonic Splicing Enhancers), costituite da 6-8 nucleotidi e presenti in ogni
esone , essenziali per il legame di alcune proteine regolatrici dello splicing (favorisce inclusione
dell'esone nell'mRNA). In maniera opposta agiscono le sequenze ESS ( Exonic Splicing Silencers)
2.Missenso: cambiamento di un AA normalmente presente in una proteina con un altro. Non sempre
tali mutazioni hanno una implicazione patogenica, in tal caso vengono considerati come varianti
polimorfiche (es. mutazioni missenso sul gene CRTR che sono responsabili della fibrosi cistica, ma
nel quale ci sono presenti anche numerose varianti del tutto innocue)
Si parla di mutazione patogenica per una variante di AA se è stata riscontrata precedentemente in
altri pazienti affetti dalla stessa condizione, se si tratta di una mutazione de novo, se la sostituzione
AA non è conservata, se la mutazione avviene in una regione conservata della proteina o se lo score
ottenuto mediante software specifici open source è alto (punteggi che predicono l'effetto deleterio di
una mutazione sulla funzione della proteina in questione)
Si parla di mutazione relativamente) innocua quando uno dei genitori presenta la stessa variante in
assenza di segni clinici di malattia o se l'AA sostituito ha le proprietà e strutture biochimiche simili
a quello del wild-type
3.Delezioni o Inserzioni in frame: ovvero di un numero di nucleotidi divisibili per 3, che comporta
l'aggiunta o la perdita di singoli AA all'interno della catena polipeptidica (sempre nella fibrosi
cistica, la mutazione più comune del gene CRTR è una delezione di una Phe in posizione 508) Le
conseguenze sul fenotipo dipendono dal ruolo del dominio proteico interessato nella mutazione in
frame
4.Nonsenso o Frameshift: mutazioni che determinano lo slittamento della cornice di lettura e/o
l'interruzione prematura della traduzione e che causano, quindi, la sintesi di una proteina tronca o
alterata. Questi due tipi di mutazione possono determinare conseguenze diverse sulla espressione
genica: instabilità dell'mRNA (ovvero una rapida degradazione degli mRNA a causa del nonsense-
mediated-decay o NMD, che ha la funzione di proteggere la cellula dagli effetti della proteina
tronca), sintesi di un polipeptide tronco (raro, effetto imprevedibile sul fenotipo), esclusione
dell'esone mutato o exon skipping (ovvero un processo di splicing del trascitto primario che esclude
l'esone mutato grazie ad un processo detto nonsense-altered-splicing o NAS)
5.Di Splicing: sono molto frequenti (15% del totale), si distinguono in quattro tipologie
A. Mutazioni nei siti canonici GT-AG
B. Mutazioni nella sequenza consenso del sito di biforcazione
C. Mutazioni in una sequenza ESE
D. Sostituzione di una base in una sequenza intronica o esonica che presenti una certa omologia con
sequenze consenso dello splicing (indicate come siti criptici di splicing)
Gli effetti delle mutazioni di splicing sono dunque di quattro tipi fondamentali: exon skipping,
intron retention, inclusione di una parte di un introne nel trascritto maturo o esclusione di parte di
un esone dall'mRNA
6.Nelle regioni regolatrici della trascrizione: interessano il promotore; di norma non hanno effetti
patogenetici, ma se coinvolgono siti di legame di fattori trascrizionali o enhancer della trascrizione,
possono alterarne l'efficienza e produrre un combiamento quantitativo notevole dei trascritti

Riarrangiamenti genici strutturali: possibili grazie alla presenza di ampie regioni non codificanti
formate prevalentemente da sequenze di DNA ripetitivo. Si distinguono quattro tipologie di queste
mutazioni:
1.Delezioni/Duplicazioni: la presenza di geni altamente omologhi nella stessa regione, o di
pseudogeni localizzati in prossimità del gene funzionale,può determinare errori di appaiamento ed
essere responsabile di crossing-over ineguali, con delezioni su un cromosoma e duplicazione
sull'omologo. Questo meccanismo è responsabile, ad esempio, del 75% circa delle mutazioni
riscontrate nella sindrome andrenogenitale (condizione autosomica recessiva dovuta al deficit di
steroido-21-idrossilasi codificato dal gene CYP21 che forma un gene ibrido non funzionante)
Il verificarsi di riarrangiamenti genomici può deteminare l'inattivazione di un gene a causa del
cosiddetto effetto di posizione (ovvero esistenza di meccanismi di regolazione dell'espressione
genica che operano a distanza di centinaia di kb o addirittura di mb dal gene)
2.Inversioni Intragenetiche: eventi piuttosto rari che si verificano a causa della presenza di
sequenze duplicate e invertite, localizzate all'interno del gene o in prossimità di esso, che provocano
il ripiegamento di DNA su se stesso; l'inversione è causata dalla rottura della doppia elica in
corrispondenza delle sequenze ripetute e la successiva riparazione determinano l'inversione
dell'orientamento del frammento di DNA compreso tra i due punti di rottura (ad esempio nel 40%
dei casi di emofilia A, condizione X-linked recessiva dovuta a mutazione del fattore VIII della
coagulazione mediante due piccoli geni duplicati e invertiti presenti all'interno del gene fattore VIII
3.Conversioni Geniche: trasferimenti non reciproci di tratti di DNA tra sequenze alleliche
(conversione genica interallelica) o non alleliche (conversione genica interlocus).
In seguito alla conversione, un gene mantiene alcune caratteristiche di sequenza proprie (donatore)
e ne acquisisce di nuove (accettore), derivanti dal gene con cui è avvenuta la ricombinazione
4.Trasposizione di elementi ripetuti: raramente alcuni Alu o LINE1 possono integrarsi nel
genoma,inserendosi in gene e inatticandolo, dopo essere stati retrotrascritti sullo stampo di un RNA
intermedio (alcuni casi emofilia A sul gene del fattore VIII)

Mutazioni Dinamiche: mutazioni particolari, causate da espansioni di breve sequenze


nucleotidiche ripetute (spesso trinucleotidi). Si definiscono dinamiche poiché sono instabili e
possono variare di dimensione nella trasmissione alla prole .Quando il numero di ripetizioni supera
una lunghezza soglia, l'amplificazione diventa patogenetica. Esistono due tipi di mutazioni
dinamiche:
1.ripetizioni di triplette CAG situate nella regione codificante di un gene (in questo caso le proteine
codificate contengono un tratto di poliglutammine di dimensioni variabili che raramente supera le
100 unità)
2.ripetizione di tre o più nucleotidi in regioni non codificanti (in questo caso gli alleli mutati
presenta un numero elevato di unità, oltre il migliaio, localizzate nella regione del promotore, in
introne o nella sequenza 3'UTR; la sequenza modificante non viene alterata
Non è chiaro il meccanismo responsabile dell'espansione delle triplette, ma l'ipotesi più accreditata
è quella dello slittamento della DNA polimerasi (replication slippage): a causa delle sequenze
ripetute i due filamenti complementari non si appaiano perfettamente e l'errato appaiamento può
determinare errori nel corso della replicazione, con formazione di delezioni o di duplicazione di
sequenze ripetute.

Come si verificano le mutazioni e quale è il loro significato biologico?


Le mutazioni possono essere considerati il “motore” dell'evoluzione; i fattori responsabili della
variazione della sequenza del DNA sono riconducibili a due categorie principali: fattori
extracellulari (come radiazioni ionizzanti,raggi UV e composti chimici come idrocarburi) e
meccanismi endogeni propri della fisiologia cellulare (come la depurinazione, deaminazione, danno
di radicali liberi dell'ossigeno, errori di replicazione del DNA ed errori di ricombinazione)
La maggior parte delle mutazioni avviene come errori nella copiatura del DNA durante la sua
duplicazione. Sebbene esistano diversi “sistemi di sicurezza” (come l'attività esonucleasica 3'-5'
della DNA polimerasi) statisticamente un errore sfugge da questo sistema di controllo ogni 10
miliardi di nucleotidi.
Le mutazioni possono avvenire o a livello delle cellule somatiche (con modificazione del genotipo
dell'individuo, ma non della eventuale prole) oppure a livello delle cellule germinali (la mutazione
potrà essere trasmessa alla prole; poiché con l'avanzare dell'età il numero di replicazioni delle
cellule germinali di un individuo aumenta, è più probabile trovare mutazioni in uomini di età
avanzata rispetto a quella di un giovane)
Quando una mutazione si verifica invece dopo il concepimento, come evento post-zigotico, si
stabiliscono due popolazioni cellulari differenti, una normale e una mutata. La condizione in cui
coesistono due linee cellulari nello stesso individuo è definita mosaicismo; se è presente nelle
cellule germinative si parla di mosaicismo germinale, che al contrario del mosaicismo somatico,
può essere trasmesso alla prola in maniera mendeliana. Il fenotipo del mosaicismo è molto variabile
(a seconda del numero e del tipo di cellule mutate)

Effetto delle mutazioni sul fenotipo


Gli effetti fenotipici delle mutazioni possono essere distinti in due categorie:
→ Mutazioni con perdita (o riduzione) di funzione o loss of function
→ Mutazioni con acquisizione di funzione o gain of function
I primi sono più spesso responsabili di fenotipi recessivi, dunque l'effetto patogenetico si manifesta
soltanto quando entrambi gli alleli a un determinato locus sono mutati. In alcuni casi la perdita di
funzione può determinare un fenotipo dominante (aploinsufficenza, ovvero quando la proteina
prodotta da un singolo allele è insufficente a compensare la perdita dell'altro, come ad esempio
nell'ipercolesterolemia familiare con diminuzione eccessiva della sintesi delle LDL. Siamo di fronte
ad un effetto che è chiamato anche dominante negativo; fanno parte di questa categoria anche geni
che codificano per proteine che formano dimeri o multimeri, come i geni del collagene)
I secondi invece, causano più spesso fenotipi dominanti, spesso associati alla produzione di proteine
con effetti deleteri sull'organismo (come ad esempio nell'espansione di ripetizioni CAG che
determina la morte neuronale)
In ogni caso gli effetti fenotipici di una mutazione sono altamente variabili, a volte confinati in un
solo organo o in un solo tipo cellulare, a volte possono avere effetti diversi a livello di organi o
tessuti differenti (effetto pleiotropico, che in clinica si manifestano con le cosiddette sindromi).
L'effetto fenotipico atteso è tanto maggiore quanto più il gene mutato è espresso in diversi tipi
cellulari e/o il suo prodotto è coinvolto in processi biochimici che riguardano vari aspetti della
funzione cellulare.

Capitolo 3 – Il mondo degli RNA non codificanti


Sono definiti ncRNA tutti gli RNA privi di una cornice di lettura aperta superiori ai 100 AA
Si suddividono in due grosse categorie:
1.housekeeping o infrastrutturali, espressi in modo costitutivo in tutte le cellule e le cui funzioni
sono alla base di processi cellulari fondamentali, quali la sintesi proteica e lo splicing. Esempi di
questo gruppo sono gli rRNA, tRNA, snRNA e gli snoRNA (vedi capitolo 1)
2.regolatori, coinvolti nella regolazione dell'espressione genica mediante diversi meccanismi, in
genere non espressi costitutivamente.
A loro volto gli ncRNA regolatori si suddividono in piccoli (<200 basi) e lunghi (>200 basi)

Piccoli ncRNA ad attività regolatoria


MicroRNA o miRNA: nella forma matura non superano i 25 nucleotidi di lunghezza e hanno la
funzione di regolare l'espressione genica mediante la modulazione negativa dei loro geni bersaglio
diretti, esercitando la loro azione legandosi mediante parziale complementarietà di sequenza a
mRNA bersaglio o target; il riconoscimento miRNA-gene avviene di solito nella regione 3' non
tradotta dell'mRNA.
Biogenesi canonica: RNA polimerasi II → sintesi di pri-miRNA (caratterizzati da una struttura
secondaria a forcina o stem-loop, costituita da una regione di appaiamento e da due porzioni a
singolo filamento)
Sempre nel nucleo il pri-miRNA subisce un taglio da parte di DROSHA (una RNAsi di tipo III) che
insieme alla proteina DGCR8, rimuove le regioni a singolo filamento → pre-miRNA
Biogenesi dei mirtroni: in questa via alterativa il pre-miRNA origina direttamente dallo splicing di
regioni introniche di un mRNA immaturo
In entrambi i casi il pre-miRNA viene esportato nel citoplasma e processato da DICER (un'altra
RNAsi di tipo III) che rimuove l'ansa della forcina con produzione di un miRNA maturo a doppio
filamento con estremità sporgenti.
I miRNA maturi si legano a RISC (o complesso di silenziamento indotto da RNA) costituito dalla
proteina Argonauta (o Ago, con attività endoribonucleasica) che svolge il doppio filamento;
entrambi i filamenti sono in grado di funzionare da miRNA maturi, anche se uno dei due è più
stabile dell'altro e assume quindi ruolo predominante.
A questo punto il complesso RISC-miRNA può legare sequenze di mRNA target che presentano
regioni di parziale complementari al miRNA stesso (spesso nella regione 3' non tradotta); inoltre,
esiste una porzione di perfetta complementarietà di sequenza tra miRNA e il gene bersaglio
chiamata seed, lunga 8 nucleotidi e situata all'estremità 5' del miRNA, che porterà alla degradazione
del trascritto e/o alla ridotta capacità di traduzione del trascritto stesso.
I miRNA possono definirsi intragenici se sono localizzati (dal punto di vista genomico) all'interno
di altre unità trascrizionali (geni ospiti) oppure in regioni dove non sono localizzati altri geni,
definendosi intergenici (dotati in questo caso di propri elementi di controllo della trascrizione)
Si stima che oltre il 60% dei nostri geni sia regolato da questi miRNA (è stato dimostrato
inattivando la proteina DICER sia in un embrione di topo sia in dei tessuti specifici di topo maturo,
con gravi deficit di sviluppo e funzionali)
Dal punto di vista patogenetico, cambiamenti funzionali degli miRNA sono coinvolti nella
patogenesi di varie forme neoplastiche, ma anche di malattie monogeniche (trasmesse in modo
autosomico dominante) come forme di sordità non sindromica e forme di cheratocono.
RNA Interference o RNAi: è un processo di inibizione dell'espressione genica e di protezione nei
confronti di aggressioni da parte di virus o transposoni, esercitato da molecole di RNA su altre
molecole di mRNA. Essenziale è la formazione di RNAds (a doppio filamento), derivato dalla
genesi dei miRNA , dall'interazione tra trascritti endogeni (tipo antisenso o bidirezionale) o da
processi esterni alla cellula (infezioni virali). Formatosi il RNAds, si attiva una RNAsi che lo
frammentano in siRNA (short interfering RNA) che sono successivamente separati nei due filamenti
e incorporati in RISC con Ago. A questo punto, questa struttura può riconosce lunghe molecole di
RNA e se ha con essa una totale complementarietà, la proteina Argonauta si attiva tagliando il
trascritto target e inattivandolo.
Altri tipi di piccoli ncRNA regolatori troviamo i piRNA (che interagiscono con la proteina Piwi,
analoga di Ago, coinvolti anche essi nel silenziamento genico, in particolare nella modulazione
negativa dell'attività dei trasponsoni)

Lunghi ncRNA ad attività regolatoria o lncRNA


E' una famiglia eterogenea la cui sintesi è simile a quella degli mRNA (anche se una frazione
significativa di lncRNA presenta una sintesi diversa), con formazione di RNA precursori sottoposti
a splicing, seguito dal capping e dalla poliadenilazione. Hanno un grado di conservazione inferiore
a quello dei miRNA; inoltre la maggior parte di essi presenta una espressione tessuto-specifica.
Si dividono in due classi, quelli intergenici o lincRNA e quelli associati in ad altri trascritti (a loro
volta ulteriormente divisi in intragenici e antisenso, i quali si sovrappongono ad altri trscritti ma in
direzione opposta di trascrizione.
Le funzioni dei lncRNA sono molteplici:
1.Regolazione della struttura della cromatinica: sono in grado di operare modificazioni
epigenetiche, mediante il reclutamento di complessi proteici deputati al rimodellamento della
struttura cromatinica (come Xist che inattiva il cromosoma X), oppure mediante il processo
dell'Imprinting Genomico, attraverso il quale solo uno dei due alleli in determinati loci autosomici
risulta essere espresso, mentre l'altro viene inattivato (come lncRNA H19 e Air che operano in cis, e
HOTAIR che lavora invece in trans)
2.Regolazione trascrizionale: può avvenire a due livelli, o a livello del promotore (come ad esempio
la Ciclina D1 o CCND1), o a livello di enhancer (come Evf2, che svolge un ruolo chiave nel
differenziamento cerebrale).
La trascrizione può avere un effetto inibitorio sull'azione della sequenza regolatoria corrispondente
(fenomeno dell'interferenza trascrizionale). Ad esempio, i lncRNA trascritti a livello del promotore
di CCND1 dirottano proteine che bloccano la trascrizione di cicline D1 che, come ultima analisi, ha
come conseguenza il blocco del ciclo cellulare (ad esempio in seguito a danneggiamento del DNA)
3.Regolazione pos-trascrizionale, attuata a tre livelli:
A) Formazione di strutture di RNA a doppio filamento (duplex o RNAds), che ha un impatto a
livello della regolazione di eventi di splicing alternativo grazie al mascheramento di siti di splicing
specifici, e a livello della formazione di strutture secondarie a forcina con reclutamento dei
complessi RISC-miRNA (con conseguente silenziamento dell'espressione di specifici geni=
B) Interferenza con l'azione dei miRNA, in particolare di uno specifico gruppo di lncRNA, detto
ceRNA (competing endogenous, dato che contengono siti di riconoscimento per miRNA in grado
di esercitare un'ulteriore controllo dell'attività regolatoria dei miRNA, sequestrando il miRNA
quando il ceRNA aumenta) Ci sono tre sottogruppi di ceRNA, i propriamente detti, gli pseudogeni
(tipo PTENP1, che regola livelli del'oncosopeessore PTEN) e gli RNA circolari o circRNA (la cui
peculiare struttura conferisce una resistenza ed un'emivita molto più lunghe rispetto agli RNA
lineari)
C) Controllo della sintesi proteica

Per quanto riguarda invece la patogenesi dei lncRNA, è importante citare la distrofia muscolare
facio-scapolo-omerale, causata da una riduzione del numero di copie di una serie di sequenze
localizzate all'estremità telomerica del braccio lungo del cromosoma 4, che porta ad una
inappropriata attivazione trascrizionale del lncRNA DBE-T

Capitolo 4 – Analisi molecolare degli acidi nucleici

Perché fare test genetici:


•confermare diagnosi di una malattia (test diagnostici)
•identificare un portatore di una malattia recessiva
•fare una diagnosi prenatale di malattie gravi
•fare diagnosi presintomatica di malattie con insorgenza tardiva
•riconoscere la suscettibilità di ammalarsi di malattie complesse

Le diagnosi molecolari genetiche possono essere distinte in indirette (quando si conosce solo la
localizzazione del locus della malattia sul genoma umano, solitamente utilizzata quasi
esclusivamente nei casi familiari grazie a studi di linkage utilizzando marcatori associati alla
malattia) e dirette (ad oggi le più utilizzate, il cui presupposto è l'identificazione del gene malattia, e
sono comunque l'unico mezzo di indagine per malattie autosomiche dominanti o X-linked)
Estrazione degli acidi nucleici: l'RNA è più complicato da estrarre rispetto al DNA, a causa della
sua breve emivita e la sua tessuto-specificità.
Il DNA invece è classicamente estratto da leucociti di sangue periferico o tessuti prelevati con una
biopsia, dopo lisi cellulare, trattamento proteolitico con proteinasi K e la sua successiva
eliminazione con estrazioni fenoliche. Le traccie di fenolo vengono rimosse e il DNA purificato
viene precipitato in etanolo. Il DNA deve essere intatto e ad alto PM per utilizzare questa procedura
classica
Enzimi di restrizione: particolari enzimi, endonucleasi di restrizione,che tagliano la molecola di
DNA in corrispondenza di specifiche sequenze ristette (4-8 nucleotidi). In vivo questi enzimi hanno
la funzione di proteggere la cellula da DNA estraneo, frammentandolo a livello dei siti di
riconoscimento (o sito di restrizione), tagliando entrambi i filamenti (il taglio può dare estremità
coincidenti o non coincidenti). Solitamente il sito di riconoscimento per questi enzimi è dato da
sequenze palindrome
Elettroforesi degli acidi nucleici: i campioni di DNA/RNA sono sottoposti alla migrazione sotto
l'azione di un campo elettrico attraverso una matrice solida (gel di agarosio,di poliacrilamide o
capillare). La velocità di migrazione del frammento sarà inversamente proporzionale alle sue
dimensioni (più è grande più incontra resistenza). Dopo l'elettroforesi i frammenti sono evidenziati
ai raggi UV come banda fluorescente mediante l'utilizzo di altre sostanze fluorescenti (tipo l'etidio
di bromuro) che si incatenano tra le basi azotate.
Ibridazione degli acidi nucleici: ovvero l'appaiamento di molecole di DNA o RNA sulla base della
complementarietà della sequenza, mediante denaturazione del DNA, legame con una sonda
molecolare (ovvero una specifica sequenza nucleotidica marcata con elemento radioattivo, capace
di legarsi ad una sequenza complementare) seguito da rinaturazione (fatta abbassando gradualmente
la temperatura dopo denaturazione)
Ci sono vari tipi di sonde, tra cui quelle di cDNA (complementare a RNA, prodotte mediante
trascrizione inversa di RNA), oligonucleotidiche (sintetiche), di RNA e di DNA genomico
(proveniente dal genoma del soggetto e successivamente marcate)
Blotting: procedura con cui si trasferiscono e si fissano in modo irreversibile gli acidi nucleici o le
proteine su una matrice solida (membrana di nitrocellulosa o nylon) . Il trasferimento del DNA su
un supporto solido favorisce le operazioni di ibridazioni rendendo il sistema maneggevole e
conservabile. Se gli acidi nucleici sono appaiati dopo separazione elettroforetica sul gel si parla di
Southern blot per il DNA (tecnica utilizzata per identificare ampie delezione e altri riarrangiamenti
genici, anche se oggi è stata soppiantata da tecniche più semplici. Necessita la denaturazione del
DNA in ssDNA o single-stranded seguita da interazione con sonda molecolare), Northern blot per
l'RNA e di Western blot per le proteine.
PCR: o polymerase chain reaction, è una tecnica di amplificazione in vitro che consente la sintesi
esponenziale di un frammento di DNA a partire da uno stampo di DNA di cui si conosca la
sequenza nucleotidica delle regioni terminali. L'amplificazione avviene mediante ripetuti cicli di
polimerizzazione che utilizzano come stampo i due filamenti di DNA; fungono da innesco due
oligonucleotidi sintetici o primer (complementari a sequenze situate sui due filamenti, uno reverse
l'altro forward) che delimitano la regione da amplificare. Se il campione di partenza è l'RNA, la
reazione è preceduta da un passaggio di retrotrascrizione (formando un cDNA tramite una
trascrittasi inversa).
Se punto di vista qualitativo è eccezionale, nella sua configurazione tradizionale, la PCR non è
adatta a fornire indicazioni di tipo quantitativo: data la natura esponenziale del processo, piccole
variazioni nell'efficienza della PCR nei primi cicli si riflettano in variazioni considerevoli nella
quantità finale del prodotto. Esiste però una PCR modificata, detta PCR quantitativa in real time
(utile per esperimenti di valutazione dell'espressione genica e di dosaggio genico per valutare
riarrangiamenti genomici sbilanciati, come delezioni e duplicazioni)
Analisi di mutazioni puntiformi note (metodi per la ricerca di varianti del DNA), utili per malattie
genetiche che presentano una limitata eterogeneità allelica (ovvero i soggetti affetti presentano
mutazioni ricorrenti)
1)Analisi di restrizione: se una mutazione puntiforme crea o abolisce un sito di restrizione, può
essere evidenziata sottoponendo l'amplimero all'azione dell'enzima.
2)Metodica ASO (Allele-Specific Oligonucleotide): metodo che permette di discriminare tra loro
alleli che differiscono anche di un solo nucleotide sfruttando la capacità delle sonde di DNA di
ibridarsi in maniera specifica a sequenze complementari, tramite l'utilizzo di sonde
oligonucleotidiche allele-specifiche che ibridano esclusivamente con la sequenza capace di dare un
appaiamento perfetto. La sonda ASO è una sequenza di DNA di circa 25 nucleotidi a singolo
filamento, il cui DNA target è il campione di DNA da analizzare.
L'ibridazione avviene in fase solida con DNA target denaturato legato su membrana di nylon. La
presenza di una mutazione, e quindi di un mismatch, non rende stabile l'ibridazione che viene
eliminata con i lavaggi, mentre se viene utilizzata una sonda complementare alla sequenza mutata,
l'ibrido rimane stabile. Questa tecnica si utilizza ad esempio nelle beta-talassemie (malattie
ereditarie con poche mutazioni puntiformi)
3)ARMS (Amplification Refractory Mutation System): amplificazione del DNA tramite PCR
utilizzando coppie di primer allele-specifiche (3 diversi, 2 fowers allele-specifici che differiscono
tra loro per il nucleotide in posizione 3', e 1 reverse comune). Il DNA non viene amplificato se il
primer non è perfettamente complementare alla sequenza in esame per tutta la sua lunghezza.
Tecnica utilizzata per screening di valutazione di grande numero di campioni per un ristretto
pannello di mutazioni. E' economico in termini di tempo e di denaro, perché si risparmia tutto il
casino dei lavaggi e delle sonde.
4)OLA (Oligonucleotide Ligation Assay): metodo che utilizza sonde fluorescenti specifiche per le
mutazioni analizzate e una reazione di ligazione

Analisi di mutazioni sconosciute (metodi per la ricerca di varianti nel DNA): effettuate per
condizioni genetiche in cui le mutazioni sono “private”, cioè limitate ad una singola famiglia o ad
un ristretto gruppo di famiglie. L'analisi mutazionale di questi casi richiede lo studio dell'intera
sequenza codificante e delle giunzioni introne-esone.
La maggior parte delle mutazioni responsabili di malattie monogeniche, si presenta in eterozigosi e
vengono sfruttati da molti metodi di analisi gli eteroduplex (molecole ibride di DNA contenenti un
filamento con allele wild-type e l'altro mutato, ottenute denaturando e poi rinaturando un prodotto
di PCR), per individuare le differenze esistenti tra le due sequenze (normale e mutata).
Nel caso di malattie monogeniche autosomiche recessive, in cui il soggetto potrebbe essere
omozigote per la mutazione, è possibile sfruttare sistemi di screening basati sull'analisi egli
eteroduplex, creando artificialmente la forma eterozigote per mescolamento del DNA del campione
in esame con DNA non mutato di riferimento.
Per rilevare mutazioni puntiformi si usa la dHPLC, una cromatografia ionica in fase inversa che
sfrutta il principio secondo cui la Tm (temperatura di melting) di denaturazione di una specifica
sequenza di DNA dipende dalla sua sequenza nucleotidica, che è caratteristica di ogni frammento
(dunque variazioni di un singolo nucleotide porteranno a variazione della Tm); le regioni del DNA
da analizzare sono prima sottoposte a PCR e rinaturato lentamente con formazione di eteroduplex.
Il prodotto subisce poi corsa elettroforetica che induce la parziale apertura della doppia elica del
frammento e il suo rallentamento durante la corsa sul gel alla [C] denaturante equivalente alla sua
Tm; l'eteroduplex destabilizza la doppia elica e induce alterazioni nel profilo di denaturazione: i
frammenti di DNA con sostituzioni nucleotidiche in eterozigosi sono individuati in quanto il loro
pattern elettroforetico è diverso rispetto a quello del DNA wild-type. Questa tecnica è vantaggiosa
perché è totalmente automatizzabile, rapida e poco laboriosa, anche se non è in grado di fornire
informazioni sulla natura delle variazioni.
1)Sequenziamento del DNA: ovvero determinare l'ordine in cui sono disposte le sue basi. Il
metodo classico o di Sanger,detto dei dideossiterminatori si basa sula sintesi enzimatica di una
nuova catena di DNA su un'elica stampo, utilizzando, oltre ai normali deossinucleotidi, anche dei
dideossinucleotidi fluorescenti (privi del OH al 3', necessario per formare il legame con il
nucleotide successivo e quindi far procedere la neosintesi della catena, e colorati ciascun tipo con
un diverso marcatore fluorescente), il quale provoca l'arresto della reazione polimerasica. La DNA
polimerasi creerà una serie di frammenti che condividono tutti la stessa estremità iniziale, ma
ciascuno di essi sarà sfasato di un unico nucleotide in posizione finale 3, in quanto il rapporto di [C]
tra dideossinucleotidi e nucleotidi classici è tale che l'enzima DNA polimerasi statisticamente
terminerà la catena nascente in tutte le possibili posizioni in cui un dideossinucleotide può essere
inserito. Tutti i campioni ottenuti (ognuno con lunghezza diversa quindi) vengono separati tramite
elettroforesi capillare in base alla loro lunghezza e identificati grazie a detector che rilevano la
lunghezza d'onda emessa dai marcatori; le emissioni vengono infine raccolte e analizzate da una
fotocamera digitale CCD che riporta la loro sequenza su un elettroferogramma, caratterizzato da
una successione di picchi di 4 colori, corrispondenti ai diversi fluorocromi.
2)Metodo del pirosequenziamento: si basa sul sequenziamento di sintesi, ovvero sul rilevamento
del rilascio del pirofosfato (PPi) durante l'incorporazione del nuovo nucleotide.
La sequenza da analizzare viene amplificata con PCR, incubata come singola elica insieme a enzimi
DNA polimerasi, ATP solforilasi, luciferasi e apirasi e ai substrati adenosinsolfofosfato (ASP) e
luciferina.
Viene poi aggiunto uno dei quattro dNTP, che viene incorporato al templato (il DNA stampo) solo
se è complementare al residuo presente nello stesso; se ciò accade, si libera PPi che viene
tarsfornato in Atp dalla solforilasi usando l'ASP come substrato. L'ATP ottenuto converte la
luciferina in ossiluciferina (grazie alla luciferasi) con produzione di un segnale luminoso che viene
rilevato da una CCD, e poi trasferito su un pirogrammae visualizzato come picco (la cui altezza è
proporzionale alla quantita di ATP prodotta e quindi al nucleotide incorporato). E' dunque essenziale
nel processo non aggiungere tutti e quattro i dNTP contemporaneamente (altrimenti avremmo
sempre una reazione luminosa), ma farlo invece in maniera separata. Inoltre l'ATP non può essere
utilizzato come dNTP nelle reazione, perché reagirebbe sempre con la luciferasi e porterebbe
sempre alla formazione di un segnale luminoso, indipendentemente dal legame o meno con il
templato. Al suo postosi usa quindi l'adenosina-tio-trifosfato (riconosciuta dal tratto di DNA ma non
dalla luciferasi)
3)Sequenziamento di ultima generazione: o NGS è costituito da diverse metodiche che hanno in
comune il sequenziamento parallelo massivo di molecole di DNA amplificate in modo clonare o di
singole molecole di DNA separate spazialmente in una cella a flusso. Tutte queste tecniche
richiedono inoltre la frammentazione del DNA genomico in pezzi di circa 200-400 bp, seguito dal
vero e proprio sequenziamento, che può essere per sintesi (classico o pirosequenziamento) oppure
per ligazione.
Le piattaforme NGS più in uso sono la Roche/454LifeScience, l'Illumina e il SOLiD
Il NGS può essere usato o per il sequenziamento dell'intero genoma, oppure, più frequentemente,
per il sequenziamento dell'esoma (ovvero limitato alle regioni codificanti del genoma, circa l'1% del
totale genoma umano) che è più efficace e meno costoso, anche perchè la maggior parte delle
malattie mendeliane sono dovute ad alterazioni nelle regioni codificanti o nelle giunzioni esone-
introne. Il sequenziamento dell'esoma si basa sulla “cattura” (tramite ibridazione del DNA in fase
solida, grazie a sonde complementari alle sequenze esoniche, o liquida,con sonde a RNA o DNA)
delle regioni codificanti e delle giunzioni,che vengono separate dal resto del DNA e poi amplificate
selettivamente.
Il DNA genomico, frammentato e legato ad adattatori che contengono le sequenze del primer, viene
ibridato in soluzione con le sonde coniugate precedentemente con biotina. A questa soluzione
vengono aggiunte biglie magnetiche coniugate con streptavidina (che lega la biotina del complesso
sonda-DNA target), recuperate in un secondo momento. Il DNA così recuperato viene amplificato
tramite PCR. Purtroppo però in questa tecnica si riesce a catturare solo l'85% circa dell'esoma, e ciò
può determinare il mancato rilevamento di mutazioni patogenetiche (se cadono in esoni non
catturati)
Tutte le tecniche di sequenziamento portano alla formazione di molte sequenze corte, dette reads
(35-600 bp) che devono essere necessariamente assemblate per ottenere il risequenziamento del
genoma o dell'esoma, utilizzando la sequenza del genoma nota (wild-type) come riferimento.
E' necessario però filtrare i risultati rispetto alle varianti presente nella popolazione generale,
confrontando le variazioni riscontrate con quelle riportate nel database dbSNP e progetto 1000
Genomi, in quanto le varianti riscontrate nel soggetto in analisi che sono presenti anche nei database
vengono “scartate” (a volte anche erroneamente, a causa di possibili FN contenuti nel database), in
quanto la probabilità che siano patogene è molto bassa (rarità delle malattie mendeliane)

Capitolo 5 – Cromosomi Umani

I cromosomi sono l'espressione più organizzata della cromatina, depositari del DNA genomico
totale, contenenti quindi sia regioni a DNA ripetitivo, silenti o geni.
I geni sono contenuti in specifiche regioni,denominate loci.
Nel loro insieme vanno a costituire il cariotipo di ciascuna specie e dei singoli individui che la
compongono.
Nell'uomo le cellule somatiche hanno un corredo cromosomico diploide (2n), costituito da 22
coppie di cromosomi omologhi identici per i due sessi, detti autosomi, e da due cromosomi sessuali
(XX nella femmina, XY nel maschio) che nei gameti maturi sono presenti in maniera aploide (n).
I cromosomi sono visibili al microscopio ottico solo nella fase M del ciclo cellulare, in particolare
nella metafase (dove sono tenuti insieme dal centromero)
Lyonizzazione e Cromosomi Sessuali: Sebbene all'apparenza solo il maschio sembra emizigote
per il cromosoma X, anche la femmina lo è per la legge della compensazione genica, nota come
lyonizzazione (da Mary Lyon, la prima ricercatrice ad averla descritta), che fa si che alla dine della
seconda settima dello sviluppo femminile, uno dei due cromosomi X (inizialmente entrambi attivi)
vada incontro ad inattivazione random, diventando trascrizionalmente silente e presentandosi alla
fine dell'inattivazione come un corpuscolo degenerato che prende il nome di corpo di Barr. Questa
inattivazione è mediata da un locus presente sul braccio lungo dello stesso cromosoma X, una zona
altamente conservata nei mammiferi che prence in nome di Xic (inactivation center), di 450 kb
circa, la cui funzione è quella di indurre eterocromatizzazione. In questo processo di lyonizzazione
entra in gioco anche il lncRNA Xist (trascritto dal gene XIST), una molecola di RNA che ha la
funzione di richiamare fattori che compattano la cromatina, rendendola inattiva. Questo processo
permette di inattivare tutti i cromosomi X tranne uno, ad eccezione di alcune regioni che sfuggono
all'inattivazione (come UBE1 e SB1).
Quando il gene XIST presenta il suo promotore metilato, esso si inattiva, ma la demetilazione del
promotore viene a mancare, esso diventa attivo per un processo di imprinting genico che causa la
perdita di acetilazione dell'istone H4 e la perdita di metilazione delle sequenze CpG island (la S-
Metilcitosina viene demetilata a citosina). Questo processo avviene nelle prime fasi
dell'embriogenesi (ed è anche il motivo per cui i cloni come la pecora Dolly presentano grossi
ritardi mentali, dato che non hanno subito questo processo di imprinting genico).
Il cromosoma X è più grande dell'Y e contiene diversi geni per lo sviluppo del SNC, detti geni
cerebrali, che vanno a costituire circa il 6% del DNA codificante totale; il cromosoma Y invece è
più piccolo (anche se le sue dimensioni sono molto variabili) e presenta pochi geni codificanti, in
particolare SHOX, un gene dose indipendente per la statura (che dipende per un 70% da fattori
genetici e per il restante 30% da fattori ambientali) e geni per la spermatogenesi.

Grandezza e morfologia dei cromosomi umani: la morfologia viene definita dalla posizione del
centromero, che divide il cromosoma in un braccio corto (p da petit) e in uno lungo (q). I
cromosomi si dicono metacentrici se p/q è circa 1, submetacentrici se q>p, acrocentrici se q>>p (il
centromero è terminalizzato verso l'estremità del cromosoma)
Le due strutture essenziali per la stabilità del cromosoma sono:
–il centromero, che lega i microtubuli del fuso durante la divisione cellulare ed è responsabile della
corretta segregazione mitotica e meiotica dei cromosomi, costituito da DNA satellite α (blocchi di
DNA altamente ripetitivo con sequenze in tandem, spesso cromosoma-specifiche)
–il telomero, che protegge l'estremità dei cromosomi dalla degradazione e della fusione coda-coda,
assicurando inoltre un ancoraggio alla DNA polimerasi per la duplicazione delle sequenze di DNA
più terminali. Sono costituiti da code ripetute TTAGGG
Utilizzando criteri di grandezza, morfologia e pattern di bendaggio (pattern di alternanza bande
chiare/scure tipiche di ciascun cromosoma), i cromosomi umani sono ordinabile nel cariogramma in
7 gruppi:
A)coppie 1,2 e 3 (grandi metacentrici, quelli più grandi che possediamo)
B)coppie 4 e 5 (grandi submetacentrici)
C)coppie 6-12 (compresi) e cromosoma X (medi submetacentrici)
D)coppie 13, 14 e 15 (grandi acrocentrici)
E)coppie 16, 17 e 18 (piccoli submetacentrici)
F)coppie 19 e 20 (piccoli metacentrici)
G)coppie 21 e 22 (piccoli acrocentrici) e il cromosoma Y
Nella scrittura del cariotipo si indica prima in n di cromosomi, seguito da dicitura completa dei
cromosomi sessuali (quello normale è 46, XY per l'uomo e 46,XX per la donna), seguita da
elencazioni delle eventuali alterazioni osservate.
Cellule utilizzate per l'analisi del cariotipo: la condizione indispensabile è che le cellule siano in
mitosi, poi possiamo usare qualsiasi tipo di cellule somatiche nucleate (solitamente cellule del
sangue periferico, perché facilmente accessibili, stimolante ad andare in mitosi dal fattore
fitoemoagglutina o PHA). In caso di mosaicismo possiamo analizzare singole popolazioni cellulari
prelevate tramite biopsia (tipo su fibroblasti cutanei nella sindrome di Pallister-Killian o nella
tetrasomia 12p, in cui l'anomia da isocromosoma per le braccia corte del cromosoma 12 è assente
nelle cellule ematiche, ma presente nei fibroblasti cutanei e nelle cellule di midollo osseo).
E' possibile effettuare anche un'analisi citogenetica-molecolare su nuclei in interfase (quando la
cromatina è finemente e indistintamente dispersa nel nucleo), tramite l'impiego di sonde
fluorescenti locus-specifiche, che consente di analizzare il numero di copie della regione da
indagare, oppure può visualizzare la presenza di un riarrangiamento strutturale, come una
traslocazione bilanciata che crei una giustapposizione di due segnali a fluorocromo diverso
normalmente lontani uno dall'altro (tipo nella traslocazione bilanciata t(9,22)(q34;q11) tipica della
leucemia mieloide cronica. La duplicazione mitotica di due cromosomi omologhi non è infatti
sincrona, e per questo la presenza in mosaico di tre segnai locus-specifici non è smepre indicativa
della reale presenza di trisomia in mosaico della regione esaminata.
Abbiamo già definito la differenza tra eterocromatina e eucromatina; vediamone adesso le
distribuzioni:
-l'eterocromatina (formata da sequenze ripetute e inattive trascrizionalmente) è la più rappresentata
citogeneticamente nei centromeri (come DNA satellite di tipo α), nelle regioni pericentromeriche
(specie nei cromosomi 1,9 e16 come DNA satellite di tipo β) nei satelliti dei cromosomi
acrocentrici e nel braccio lungo del cromosoma Y (sempre come DNA satellite di tipo β)
Inoltre il DNA satellite che costituisce l'eterocromatina può essere di tipo 1 (ricco di AT e con
ripetizioni di 24-48 bp) o di tipo 2 e 3 (unità di ripetizione di 5 bp, localizzati nelle regioni
pericentrometriche di molti cromosomi e nei satelliti degli acrocentrici)
-l'eucromatina (formata da sequenze specifiche spesso in singola copia e trascrizionalmente attive)
Esclusivamente sui satelliti dei cromosomi acrocentrici (13, 14, 15, 21 e 22) solo localizzare le
regioni NOR, costituite da numerosissime copie dei geni per l'rRNA 28S e 18S e formano, nella
cellula in divisione, le regioni di organizzazione nucleolare.
Tecniche di bandaggio: divisibili in vari tipologie più o meno specifiche
–Bandaggio G (Giemsa) o R (Reverse), specifico per l'eucromatina, determina una scomposizione
in bandd chiare e scure dell'asse cromosomico (la G complemenare alla R,da qui reverse), applicate
costantemente in ogni analisi cromosomica individuale
–Bandaggio Q, specifico per l'eucromatina, colora selettivamente anche il braccio lungo del
cromosoma Y, ha un pattern sovrapponibile a quello del bandaggio G ma dato che si utilizza un
composto che decade rapidamente (la fluorocromo chinacrina)viene utilizzata quasi esclusivamente
per studiare variazioni sul braccio lungo del cromosoma Y
–Bandaggio C, specifico per l'eterocromatina centromerica e pericentrometrica
–Colorazione NOR, che colora selettivamente le regioni satelliti dei cromosomi acrocentrici
(regioni NOR)
Ogni banda è identificata da un numero di grandezza crescente procedendo dal centromero verso il
telomero. Il limite di risoluzione di queste tecniche è di 4-6 Mb
Citogenetica molecolare: tecniche che combinano le possibilità diagnostiche dell'esame
cromosomico convenzionale con quelle dell'analisi molecolare del DNA: grazie all'impiego di
sonde molecolari è infatti possibile diagnosticare anomalie strutturali quantitative dei cromosomi di
piccolissime dimensioni, fino a 3,5-100 kb, arrivando dove le tecniche di bandaggio non possono
(tipo nel diagnosticare anomalie cromosomiche strutturali associate ai disordini genomici, come
sindromi costituzionali con disabilità intellettiva e anomalie fenotipiche multiple.
Esistono tre tipologie di tecniche di questo tipo:
1.Ibridazione in situ fluorescente o FISH: si basa sul principio della complementarietà dei due
filamenti del DNA; il DNA di un sonda molecolare nota viene marcato, tramite un sistema “taglia e
cuci” operato da una DNAsi prima e da una DNA polimerasi poi, con un nucleotide direttamente
fluorescente o contenente una molecola reporter come la biotina (riconosciuta successivamente da
uno specifico anticorpo, come l'antibiotina). Segue denaturazione del DNA sia della sonda sia
cromosomico (l'oggetto di studio) e ibridazione, che se avviene con successo verrà palesata con un
segnale fluorescente.
Le sonde molecolari disponibili per le analisi FISH possono essere di varia grandezza, e troviamo i
cosmidi (40kb), i BAC (200kb) e i YAC (500kb),oppure prodotti di una PCR (a lunghezza
prestabilita). Sonde più piccole dei 40kb non sono affidabili in quanto il segnale fluorescente è
troppo debole per essere registrato senza rischiare di confonderlo con un artefatto tecnico di fondo).
Le sonde molecolari per analisi FISH possono essere anche di varia tipologia, come le sonde α
satelliti centromeriche, sonde painting cromosoma-specifiche (che illuminano l'eucromatina di un
intero cromosoma) e sonde locus-specifiche.
2.Array-CGH (Comparative Genomic Hybridation): tecnica che consiste nell'ibridazione del DNA
del soggetto in esame con un DNA di controllo, rappresentativo del genoma della specie, entrambi
marcati con un diverso fluorocromo, su piccole sequenze di DNA disposte su un vetrino, a costituire
appunto un “array” (schieramento)
Questa tecnica è utile per diagnosticare anomalie quantitative dell'intero genoma umano, riferite
come CNV (Copy Number Variations, di micro e mini satelliti).Tuttavia queste CNV vanno sapute
interpretare, in quanto spesso sono benigne (specie quelle tra 40 e 100 kb) e solo quelle superiori a
2 Mb (spesso originate da un evento de novo nel soggetto) hanno significato patologico (ritardo
mentale e anomalie fenotipiche multiple)
3.SNA-Array (Single Nucleotide Polymorphisms): sono chip contenenti sonde specifiche per
polimorfismi a nucleotide singolo (SNP) distribuiti uniformemente sul genoma. Possono essere
usati sia per analisi citogenetiche quantitative (fornendo immagine dettagliata di duplicazioni e
delezioni dell'intero genoma) sia per studi di associazione estesi sull'intero genoma (usati in questo
caso per identificare varianti genetiche di per se comuni nella popolazione, che si riscontrano però
più frequentemente in individui che sviluppano una determinata patologia). Infine questa tecnica
viene utilizzata per diagnosticare le disomie uniparentali o UPD, ovvero anomalie cromosomiche
funzionali potenzialmente causa di malattia genetica se interessano gene soggetti ad imprinting (non
diagnosticabili con tecniche quantitative)

Polimorfismi cromosomici: possono avere un'origine meiotica (prezigotica) oppure mitotica (post-
zigotica)

Ciclo Cellulare e Mitosi


Interfase (I), divisa in G1 (sintesi di RNA e proteine) S (sintesi del DNA e duplicazione dei
cromosomi) e G2 (sintesi di proteine e preparazione a fase M)
Mitosi (M)
Nella fase S del ciclo cellulare, si replicano prima le regioni eucromatiche contenenti geni espressi,
poi quelle contenenti geni inespressi, poi le regioni eterocromatiche ed infine il cromosoma X
inattivato (nella donna). Le cellule che non si dividono entrano in una fase di quiescenza detta G0
Dopo la fase S, il materiale genetico ella cellula è costituito da due copie identiche di ciascun
cromosoma, definiti cromatidi fratelli, uniti dal centromero, i quali possono andare incontro agli
scambi intercromatidici (SCE, Sister Chromatid Exchange)
La mitosi (fase M), può essere schematicamente divisa in quattro fasi, quasi sempre seguite da una
quinta chiamata citodieresi o citocinesi (con formazione di due cellule figlie):
1.Profase: abbiamo la condensazione dei cromosomi e la contemporanea scomparsa della
membrana nucleare e la migrazione ai poli opposti della cellula dei nucleoli e dei centrioli
2.Metafase: migrazione dei cromosomi verso il piano equatoriale, legandosi mediante il centromero
al fuso mitotico a costituire la “piastra metafasica”. Il cariotipo viene solitamente studiato in cellule
bloccate a questo stadio
3.Anafase: migrazione dei due cromatidi fratelli verso i poli opposti della cellula
4.Telofase: ultimata la migrazione dei cromosomi, essi tornano ad assumere la tipica struttura
allungata dell'interfase. Si riformano i nucleoli e la membrana nucleare. Con questa fase si completa
la cariocinesi (divisione del nucleo)

Meiosi
E' un meccanismo di divisione cellulare mediante il quale vengono prodotti i gameti maschili
(spermatozoi) e femminili (gameti) maturi, entrambi con corredo cromosomico aploide,a partire da
precursori gametici immaturi con corredo cromosomico diploide.
Consta di due divisioni cellulari consecutive, la prima riduzionale (da una cellula a 46 cromosomi
se ne formano 2 con 23 cromosomi, in cui ogni omologo è rappresentato una sola volta), la seconda
equazionale. La prima divisione cellulare è preceduta da una fase S di duplicazione del DNA, per
far partire la meiosi da 46 cromosomi dicromatidici
La Profase della prima divisione cellulare (Profase I) viene suddivisa in leptotene, zigotene,
pachitene, diplotene e diacinesi e ha la funzione di appaiare i cromosomi omologhi a formare le
tetradi o bivalenti
•Nel maschio i cromosomi X e Y si appaiano solo a livello delle regioni psuedoautosomiche
(localizzate alle estremità). Dopo questo appaiamento si verifica il crossing-over, che consiste nello
scambio di materiale genetico tramite trasposizione di segmenti corrispondenti di DNA fra
cromatidi dei cromosomi omologhi;il processo di crossing-over diventa visibile durante il diplotene,
con la formazione dei cosiddetti “chiasmi”.
Le tetradi migrano verso il piano equatoriale durante Met I e nella Ana I i cromosomi omologhi che
li costituiscono, migrano ai poli opposti della cellula. Nella Tel I tale migrazione si completa e si
ricostituiscono le membrane nucleari.
La seconda divisione meiotica è invece simile ad una classica mitosi, che porta alla divisione dei
due cromatidi fratelli.
La meiosi permette quindi agli organismi eucariotici che si producano sessualmente di dare origine
a gameti consentendo il mantenimento del numero cromosomico tra le generazioni e la creazione di
una grande variabilità genetica attraverso la legge della segregazione indipendente delle diverse
coppie di cromosomi e attraverso la ricombinazione mediata dal crossing-over

Polimorfismi del cariotipo umano: variazioni morfologiche dei cromosomi umani, che spesso
interessano regioni cromosomiche costituite da DNA ripetitivo e quindi trascrizionalmente inattivo
(per cui privi di significato patologico). I più frequenti sono:
•Polimorfismi dei satelliti degli acrocentrici, i più frequenti evidenziabili con bandaggio C o
colorazione NOR (ma anche tecnica FISH)
•Variazioni dell'eterocromatina pericentrometrica, più frequente per i cromosomi 1, 9 (qui i
particolare a livello di una regione pericentrometrica detta 9qh+, dove spesso ritroviamo estensioni
o inversioni) e 16. Diagnosticabile tramite bandaggio C
•Variazioni di grandezza del braccio lungo del cromosoma Y, costituito quasi esclusivamente da
eterocromatina inattiva, visualizzabile con bandaggio Q
•Siti Fragili, ovvero specifica regione cromsomica che appare come un intervallo non colorato
(gap) o come una franca rottura mono o dicromatica (break) sul cromosoma metafasico
Ne esistono 31 rari e 88 comuni, in base alla frequenza tra fli induvidui.
I siti rari compiano in meno del5% della popolazione generale e segregano nelle famiglie secondo
un modello autosomico dominante,mentre i siti comuni sono osservabili in quasi tutti gli individui.
In ogni caso, i siti fragili sono dei polimorfismi innocui sul piano clinico, ad eccezione del sito
fragile Xq27 (indotta da carenza di acido folico in coltura), associato ad una forma di disabilità
intellettiva legata al comosoma X (sindrome del cromosoma X fragile)
•Polimorfismi eucromatici, riguardano regioni cromosomiche che appaiano appunto come
eucromatiche e quindi sono trascrizionalmente attive, dette HSR (Homogeneously Staining
Regions). Questi polimorfismi rispecchiano l'architettura del genoma umano, come ad esempio le
regioni cromosomiche dette dupliconi o duplicazioni segmentali, che soni amplificate in diversi
individui (e poiché contengono geni, la loro amplificazione pare abbia effetti fenotipici, pur non
essendo fin ora mai stati associati a sindromi). Probabilmente la loro variazione quantitativa
interviene a modulare caratteri multifattoriali, come l'obesità, la risposta ai farmaci e la resistenza
alle infezioni.

Capitolo 6 – Ereditarietà Mendeliana

Fin dall'antichità era noto che alcuni caratteri veniva trasmessi alla prole, e perciò sono nate
tradizioni per proteggere i figli da eventuali patologie (ad esempio la tradizione di non sposarsi tra
fratelli, oppure norma ebraica che esentava dalla circoncisione i neonati con precedenti fratelli morti
per emorragia in seguito al minimo sanguinamento indotto da questa pratica, entrambe scoperte ante
litteram della natura ereditaria del nostro patrimonio genetico)
Sono distinguibili vari modelli di Ereditarietà:
•Mendeliana Classica: i caratteri ereditati sono controllati da singoli geni, come ne caso
dell'emofilia o dei gruppi sanguigni del sistema AB0
•Mendeliana Instabile: i caratteri ereditari sono geni instabili, che tendono cioè a mutare
progressivamente nel corso delle generazioni, come nella sindrome del cromosoma X fragile
•Mendeliana con effetto parentale: i caratteri ereditari sono controllati da geni la cui espressione
varia a seconda che vengano trasmessi dal padre o dalla madre, modello collegato con l'imprinting
genomico che taluni geni subiscono nella spermatogenesi o oogenesi (come ad esempio la sindrome
di Angelman)
•Multifattoriale: i caratteri ereditari sono complessi, controllati da più geni e con un significativo
concorso di fattori ambientali modificanti (come altezza, circonferenza cranica, psicosi maggiori
quali schizzofrenia e psicosi maniaco-depressiva, ma anche la predisposizione a malattie comuni
come l'asma e l'ipertensione e alcuni difetti congenici
•Mitocondriale: i caratteri ereditari sono controllati da geni del DNA mitocondriale, di derivazione
unicamente materna (quindi è anche detta ereditarietà matrilineare), come ad esempio la neurite
ottica di Leber

Ereditarietà Mendeliana Classica


Regolata dalle leggi fissate da Mendel sulla base di risultati ottenuti nel 1866 dall'incrocio di piante
di pisello, ma non solo. Al termine degli esperimenti, Mendel arrivò alle seguenti conclusioni (che
gli permisero di enunciare le tre leggi di Mendel che sono alla base della genetica):
•I caratteri non si mescolano negli ibridi ma mantengono la propria identità
•Ogni carattere è controllato da una coppia di "fattori" ereditari, che vengono trasmessi, uno da
ciascun genitore, ai figli attraverso i gameti. Oggi si sa che questi fattori sono i geni, che sono
presenti sul cromosoma in una delle due forme alternative, dette alleli, delle quali una (allele
dominante) prevale sull'altra (allele recessivo), mascherandone la presenza nella F1 (prima
generazione filiale)
•Al momento della meiosi, ciascuna coppia di cromosomi (uno di origine materna e uno paterno) si
separa in modo che in un gamete vada solo un cromosoma; ogni spermatozoo e ogni cellula uovo
possiede quindi un solo allele per ogni carattere
•Con la fecondazione i gameti si combinano casualmente e si riformano le coppie di cromosomi (e
quindi di alleli)
•Si definiscono omozigoti gli individui che hanno i due alleli di un carattere uguali (dominanti o
recessivi), eterozigoti gli individui che hanno i due alleli diversi (uno dominante e uno recessivo):
gli omozigoti possono produrre un solo tipo di gamete, gli eterozigoti due

Le leggi di Mendel valgono sia per le piante sia per gli animali: anche nell'uomo molti caratteri
sono trasmessi secondo queste leggi. Il bruno dei capelli è dominante sul rosso; i capelli crespi
dominano su quelli lisci; gli occhi scuri su quelli azzurri; il naso aquilino su ogni altro tipo di naso.

Allele: forma alternativa dello stesso gene


Locus: luogo fisico del cromosoma nel quale si trova un determinano gene
Omozigosi: presenza di due alleli identici al medesimo locus
Eterozigosi: presenza di due alleli diversi al medesimo locus
Dominanza: prevalenza di un allele, dominante, sull'altro, recessivo, con conseguente fenotipo
corrispondente all'allele dominante
Recessività: si dice recessivo un allele che esprime il proprio carattere solo in condizioni
omozigotiche
Genotipo: costituzione genetica di un individuo ad un determinato locus
Fenotipo: carattere corrispondente ad un determinato genotipo
Penetranza: proprietà dei caratteri dominanti,definita quantitativamente dalla proporzione dei
portatori di un gene mutante che effettivamente esprimono il fenotipo corrispondente
Espressività: grado di manifestare nel singolo individuo del fenotipo corrispondente ad un dato
gene mutante.

I Legge di Mendel: Legge della dominanza dei caratteri o della uniformità degli ibridi
Incrociando tra loro individui che differiscono per un solo carattere, si ottengono alla prima
generazione ibridi tutti uguali. Indicando gli alleli con le lettere dell'alfabeto e precisamente con
“A” il carattere dominante e con “a” il carattere recessivo, nell'incrocio di due linee pure si avrà:

generazione parentale P AA x aa
gameti di P AA a a
prima generazione finale F1 tutti Aa
La prima legge i Mendel può essere rappresentata dal quadrato di Punnett
II Legge di Mendel: Legge della segregazione indipendente dei caratteri
Alla seconda generazione, ottenuta incrociando tra loro gli ibridi della prima, gli alleli che
controllano un determinato carattere si separano (segregano) e vengono trasmessi a gameti diversi.
Si ottengono 1/4 degli individui con il carattere recessivo e 3/4 con il carattere dominante. Di questi
ultimi 2/3 sono eterozigoti, 1/3 è omozigote.

prima generazione finale F1 Aa x Aa


gameti di F1 AaAa
seconda generazione finale F2 AA Aa aA aa
Si definisce fenotipo il complesso dei caratteri visibili di un individuo; genotipo la combinazione di
alleli posseduta da un individuo. Da questi incroci si osserva che il fenotipo dominante è espresso
sia dagli omozigoti dominanti sia dagli eterozigoti. Per determinare il genotipo dell'individuo con
fenotipo dominante si ricorre al test-cross (o incrocio di controllo) che utilizza l'omozigote
recessivo. Se il genitore con fenotipo dominante è eterozigote, i discendenti avranno per metà il
fenotipo dominante e per metà quello recessivo, se invece il genitore con fenotipo dominante è
omozigote, i discendenti avranno tutti il fenotipo dominante. E' importante precisare che questa
legge si applica solo quando i caratteri considerati dipendono da geni i cui loci si trovano su
cromosomi diversi oppure sullo stesso cromosoma, purché distanti tra loro (se invece i loci sono in
prossimità l'uno all'altro, ossia in linkage, la segregazione non avverrà più in maniera indipendente.
Legge dell'assortimento indipendente
Incrociando individui che differiscono tra loro per due o più caratteri, ogni coppia di alleli per
ciascun carattere viene ereditata in maniera del tutto indipendente dall'altra. Si hanno così tutte le
possibili combinazioni degli alleli di ciascuna coppia e la comparsa di individui con caratteri nuovi.
Incrociando tra loro 2 diibridi RrGg, ogni individuo dà origine a 4 tipi di gameti (RG, Rg, rG e rg)
che possono combinarsi in 16 modi diversi.
Alberi genealogici

Inoltre un quadrato o un cerchio pieni di un puntino significa essere portatori sani per la malattia
considerata
L'albero genealogico può essere di due tipologie principiali:
-A struttura orizzontale, tipica di un'ereditarietà autosomica recessiva
-A struttura verticale, tipica di un'ereditarietà autosomica dominante o X-liked

Ereditarietà autosomica dominante: mediamente la trasmissione del carattere avviene alla metà
dei figli (Aa x aa= ½ aa, ½ Aa, 0 AA anche perché spesso sarebbe comunque incompatibile con la
vita), ma non sempre la faccenda è così semplice (come nel caso dei sistema dei gruppi sanguigni
AB0 di dominanza, recessività e codominanza), ma spesso ci troviamo di fronte a situazioni ben più
complesse:
1.Espressività variabile del gene: indica natura e gravità del fenotipo a parità del genotipo. Esprime
la gravità fenotipica di un certo genotipo nell'ambito di una famiglia. Spesso possono manifestarsi
solo alcuni dei sintomi della malattia, quindi è necessario avere una lunga e consolidata esperienza
clinica per riconoscere l'eventuale sindrome portata dal soggetto (ad esempio la sindrome di
Marfan, dovuta a mutazioni del gene della fibrillina, componente essenziale del connettivo, che si
manifesta con vari sintomi tra cui scoliosi, alta statura, lassità delle articolazioni, difetti delle
valvole cardiache, dilatazione aortica, lussazione del cristallino e miopia).
2.Penetranza incompleta o ridotta (difetto di penetranza): il gene mutato non sempre si manifesta
sebbene sia dominante, probabilmente a causa della presenza di altri geni, detti modificatori, la cui
azione salvaguarda l'organismo dagli effetti negativi della mutazione, oppure a causa di fattori
ambientali che agiscono sull'espressione del gene mutato (come nel caso della ectrodattilia, che
porta alla riduzione nel numero delle dita centrali delle estremità degli arti, o dei tumori ereditari)
3.Epistasi: interazione tra due geni non allelici, in cui, uno di essi, detto gene epistasico, inibisce
l'espressione fenotipica dell'altro (detto gene ipostatico). Tra i casi più noti troviamo il cosiddetto Il
fenotipo Bombay è una possibile configurazione del gruppo sanguigno, che è un raro fenotipo il cui
nome deriva dal fatto che venne riscontrato per la prima volta in una famiglia indiana di Bombay.
Le persone che hanno fenotipo Bombay possono risultare, nei test standard, individui di gruppo 0 in
quanto nel loro siero hanno anticorpi anti-A ed anti-B. A differenza di questi però hanno nel sangue
anche anticorpi anti-H, assenti nei gruppi sanguigni 0, A, B e AB. I gruppi A, B e AB sono
caratterizzati dalla presenza, sulla superficie dei globuli rossi, di particolari antigeni, che sono
generati dal legame tra una molecola, detta molecola H, e uno zucchero complesso, che si forma per
mezzo di enzimi A o B. Quando tali enzimi sono assenti, come nel caso del gruppo 0, la sola
presenza della molecola H non basta a generare l'antigene. La produzione della molecola H è
regolata da una coppia di alleli i cui possibili geni vengono codificati solitamente con H (capacità di
produrre tale molecola) e h (incapacità). Il gene H è dominante, quindi un individuo con genotipo
Hh non avrà fenotipo Bombay. Se invece un individuo ha genotipo hh, non produrrà la molecola H
e dunque neanche gli antigeni caratteristici dei gruppi A, B e AB (questo indifferentemente dagli
alleli presenti nella coppia di geni che caratterizza i gruppi sanguigni standard). È per questo motivo
che nei test standard tali individui risultano appartenenti al gruppo 0, e che il fenotipo Bombay
viene solitamente indicato come 0h. Non avendo la molecola H, gli individui portatori di un tale
fenotipo producono anticorpi anti-H, e possono perciò ricevere donazioni di sangue solamente da
altri individui 0h. Questo può rappresentare un grande problema in caso di incidente, dato che tale
gruppo è estremamente raro. Fortunatamente però il fatto che il gene h sia recessivo fa sì che il
gruppo Bombay sia riscontrato solitamente in famiglie o piccole comunità in cui è possibile trovare
altri individui dello stesso gruppo.
4.Insorgenza tardiva
5.Nuova mutazione o “de novo”: mutazioni che non sono dovute alla trasmissione (a → A), che si
presentano in forma sporadica, alcune delle quali sono talmente gravi da impedire la riproduzione
negli affetti (fitness riprodutticità = 0)
6.Mosaicismo: mutazione che avviene nello sviluppo embrionale del soggetto (detta mutazione
post-zigotica, mentre se la mutazione avviene a livello germinale siamo di fronte a mosaicismo
circoscritto o germinale, ovvero limitato solo ad una parte delle cellule germinali), dove non tutte le
cellule dello zigote hanno la mutazione, che porta alla convivenza all'interno dello stesso individuo
di due popolazioni cellulari diverse, che porta a condizioni cliniche variabili a seconda della
precarietà della mutazione (prima avviene, più cellule sono mutate)
NB: si parla di semidominanza quando il fenotipo degli omozigoti è più grave di quello degli
eterozigoti (come nell'acondroplasia per il gene FGFR3), per differenziarla dalla dominanza
propriamente detta (come ad esempio la Corea di Huntington)

Ereditarietà autosomica recessiva: l'incrocio tra due soggetti entrambi portatori sani di una
malattia autosomica recessiva (Aa x Aa), mediamente la trasmettono a ¾ dei figli, di cui ½ sono
portatori sani e ¼ è affetto dalla malattia; in questo caso quindi la malattia non si manifesta in tutte
le generazioni (anche se l'unione tra consanguinei aumenta la probabilità di trasmissione di tutte le
malattie geniche, tra cui quelle recessive: nelle comunità chiuse il rischio di trasmissione aumenta
tantissimo). Anche in questo coso l'espressione del gene è comunque modulata dal genoma del
singolo individuo.
Le caratteristiche affinché una malattia sia definita autosomica recessiva sono:
- la presenza di un fenotipo presente solo se entrambi gli alleli sono mutati
- la presenza della mutazione su un cromosoma autosomico e non su quelli sessuali
- la sufficienza del 50% della proteina per non manifestare o manifestare meno la malattia
Ad oggi sono state descritte oltre 5000 patologie recessive, la maggior parte delle quali sono
patologie metaboliche rare, in cui troviamo accumulo di sostanze non metabolizzabili dal soggetto
affetto, tra cui troviamo la fibrosi cistica, la fenilchetonuria, l'anemia mediterranea e le talassemie.
Ereditarietà X-linked o X-linked inheritance: normalmente l'ereditarietà dei caratteri i cui geni
sono localizzati sul cromosoma X è generalmente recessiva, ma ci sono rari esempi di rara
dominanza o semidominanza. La peculiarità di questo modello di trasmissione è peculiare, in
quanto i geni mutanti recessivi X-linked nella femmina (XX) eterozigote sono di norma compensate
dalla presenza dell'allele wild-type, mentre nel maschio (XY) emizigote, la compensazione è
assente e quindi gli effetti della mutazione si manifestano .
Le rare mutazioni dominanti si manifestano nelle femmine eterozigoti mentre tendono ad essere
letali prenatalmente (aborto spontaneo) nei maschi emizigoti.
La semidominanza è verosimilmente dovuta a vari gradi di squilibrio nel fenomeno
dell'inattivazione del cromosoma X.
Per quanto riguarda l'ereditarietà X-linked recessiva (quella più frequente), il caso classico avviene
tramite l'incrocio di una portatrice sana (XXm) e maschio normale (XY), con probabilità che il
nascituro sa: per ¼ femmina sana (XX), per ¼ femmina portatrice (Xxm), per ¼ maschio sano (XY)
e per ¼ maschio affetto (XmY). Se la malattia nel maschio è compatibile con la vita e con la
riproduzione, sono osservabili anche incroci XmY con XX o Xxm (in quest'ultimo caso è possibile
osservare figlie malate con la mutazione su entrambi i cromosomi sessuali). Un classico caso di
questo tipo di ereditarietà è l'emofilia A (difetto della coagulazione sanguigna da carenza di fattore
VIII della coagulazione)
Un carattere X-linked semidominante (ossia parzialmente espresso anche nelle femmine eterozigoti)
è la sindrome del cromosoma X fragile, una forma di disabilità intellettiva che nel maschio porte
sempre a un medio livello di disabilità, mentre nelle femmine possono essere o prive di sintomi o
affette da una lieve disabilità (come difficoltà di apprendimento scolastico, carattere timido e
introverso, difficoltà di socializzazione). Questo attenuamento dei sintomi è spiegabile dal processo
della lyonizzazione, ossia l'inattivazione selettiva di uno dei due cromosomi X, che normalmente
avviene in maniera casuale, ma che può avvenire anche in maniera preferenziale (si parla di skewed
X inactivation) o a carico del cromosoma mutato (e in questo caso la malattia non si manifesta) o a
carico di quello normale (in questo caso la compensazione del cromosoma X normale non è più
sufficiente a coprire i sintomi di quello mutato, pur alleviandoli rispetto ai maschi)
Infine per i rari casi di ereditarietà X-linked dominante, praticamente sempre letali prenatalmente
nei maschi eterozigoti, queste mutazione si presentano quasi sempre come risultato di mutazioni
insorte de novo, nel corso della gametogenesi nelle femmine. Se la fitness riproduttiva non è ridotta
a zero, si possono osservare rari casi di trasmissione da madre a figlia (mentre sarà impossibile alla
donna avere figli maschi).
Da considerare a parte un caso in cui, paradossalmente, l'emizigosi (pare) protegga dalla
sintomatologia, come nel caso della mutazione del gene PCDH19 (localizzato sul cromosoma X)
per la protocaderina 19,la cui mutazione causa epilessia farmaco-resistente e ritardo mentale ad
insorgenza precoce, solo nei soggetti femminili; l'ipotesi più accreditata di questo paradosso
genetico è che la comparsa di popolazioni cellulari con PCDH19 mutato crei nelle femmine una
sorta di “interferenza cellulare” con le cellule sane, che ostacola la normale funzione cellulare.
Eterogeneità genetica: fenomeno per cui mutazioni in loci genetici diversi (eterogeneità di locus) o
mutazioni diverse allo stesso locus (eterogeneità allelica) possono avere lo stesso effetto fenotipico
o effetti fenotipici molto simili.

Capitolo 7 – Meccanismi atipici di ereditarietà

Meccanismi molecolari coinvolti nelle irregolarità di segregazione delle condizioni mendeliane

•Presentazione sporadica di condizioni monogeniche dominanti dovute a mutazioni con effetti


fenotipici gravi o letali: in questi casi non si osservano mai una trasmissione verticale in quanto la
quasi totalità dei casi origina da mutazioni de novo, e gli individui affetti non sono in grado di
trasmetterla a causa di menomazioni fisiche, infertilità o esclusione sociale. Raramente è possibile
osservare la presenza di una trasmissione orizzontale paradossa, cioè la ricorrenza di una condizione
sporadica in coppie di fratelli, quando uno dei genitori è portatore di un mosaicismo germinale
•Ereditarietà digenica: in questi casi il fenotipo dipende da alleli mutanti a due diversi loci. In
generale, le interazioni tra geni coinvolti in questo tipo di ereditarietà sono piuttosto variabili, ma si
classificano in due categorie principiali:
- Ereditarietà digenica con effetto sinergico: entrambe le mutazioni dei loci hanno effetto sinergico,
mentre una singola mutazione non è sufficiente a determinare il fenotipo (come ad esempio la
retinite pigmentosa, che si manifesta solo se sono mutati entrambi i geni RDS e ROM1
- Ereditarietà digenica con effetto additivo: la mutazione di un singolo gene è sufficiente a
determinare il fenotipo, ma la presenza di una mutazione nel secondo locus ne rende le
manifestazioni clinica più gravi (come ad esempio il glaucoma a esordio precoce, in cui i due geni
coinvolti sono MYOC e CYP1B1, che se sono entrambi mutati causano un fenotipo più grave)
•Influenza isoallellica sui fenotipi dominanti con penetranza ridotta o con espressività
variabile e sul fenotipo recessivo: un fenomeno patologico autosomico dominante può variare
anche per l'effetto di varianti funzionalmente significative (ipo o iperfunzionalità) dell'allele
selvatico in trans (isoallele)
Alcuni isoalleli possono determinare ridotta penetranza annullando l'allele mutante (quindi nella
determinazione del fenotipo, interviene non solo l'allele trasmetto dal genitore affetto, ma anche
quello proveniente dal genitore sano). Due casi paradigmatici sono la retinite pigmentosa
(autosomica dominante) per mutazione del gene PRPF31, dove le mutazioni eterozigoti causano il
fenotipo patologico solo quando l'allele in trans è ipofunzionante (ipomorfico),e la fibrosi cistica
(autosomica recessiva), causato dalla variante 5T nell'introne 8 del gene CFTR, la cui mutazione in
omozigosi, è associata ad una riduzione dell'RNA messaggero, che quindi rappresenta un allele
ipofunzionante
•Effetti fenotipici inattesi di alleli a bassa penetranza: in particolare per alcuni geni
oncosoppressori, la cui caratteristica di bassa penetranza produce, in eterozigosi, fenotipi inattesi o
inusuali. Si cita l'associazione della mutazione in R337H nel prodotto proteico del gene
oncosoppressore p53 (normalmente associato alla sindrome Li-Fraumeni,che produce un aumento
nella predisposizione, a trasmissione autosomica dominante, a diversi tumori) con il carcinoma
surrenali infantile nella popolazione brasiliana, probabilmente a causa della specificità tissutale del
fenotipo tumorale pH dipendente
•Ereditarietà paradossa: è una modalità di segregazione irregolare che riguarda alcune specifiche
malattie, tra cui il glaucoma associato a mutazioni del gene TIGR; è stato osservato che,
paradossalmente, solo gli eterozigoti presentano il glaucoma, mentre gli omozigoti sono sani,
probabilmente perché gli omodimeri prodotti dai due geni mutati possono combinarsi tra loro
formando una proteina che è funzionale, a differenza degli eterozigoti che producono eterodimeri
afunzionali.
•Distorsione della segregazione: ovvero trasmissione non casuale di alleli a uno stesso locus (in
contrasto con la trasmissione allelica-indipendente, prevista delle regole mendeliane).
Questo fenomeno può essere causato da “preferenze” meiotiche (fenomeno di meiotic drive),
selezione gametica, maggiore o minore vitalità post-zigotica di alcuni genotipi.
Questa distorsione della segregazione, osservata in determinate condizioni, causa un eccesso di
trasmissione alla prole di un fenotipo patologico da parte di un genitore affetto, aumentando la
probabilità di avere figli malati (normalmente è del 50%). Esempio di questa distorsione la
troviamo nella trasmissione dell'ectrodattilia da parte del genitore affettto, specie se di sesso
maschile.
Non sempre la distorsione favorisce l'allele mutato, ma a volte può accadere l'inverso, come
nell'atrofia muscolare spinale (dove quindi la probabilità di generare figli affetti è inferiore al 50%).
Infine bisogna specificare che questo fenomeno non interessa solo alleli patologici, bensì anche
segmenti genomici privi di geni patologicamente significativi (come tratto del braccio corto del
cromosoma 6)
•Anticipazione genetica: tendenza di alcune malattie a trasmissione verticale a manifestarsi in
modo più grave e precoce nelle generazioni successive, rispetto alle precedenti (lampante eccezione
alla “staticità” dei fenotipi mendeliani nelle varie generazioni. Ciò è dovuto a causa dell'instabilità
del numero di triplette nucleotidiche intrageniche, che tende ad amplificarsi ad ogni passaggio
generazionale: più alto è il numero di triplette, più grave sarà il fenotipo manifestato. Un esempio di
questo effetto è la sindrome dell'X-fragile.

Meccanismi coinvolti nella segregazione non mendeliane di alcune malattie genetiche

•Eredità mitocondriale: è determinata da DNA extranucleare, localizzato all'interno di mitocondri,


esclusivamente di origine materna (in quanto al momento della fecondazione il citoplasma dello
zigote è rappresentato quasi esclusivamente da quello dell'ovocita, e quindi anche dai mitocondri e
dal DNA in essi contenuti). Di conseguenza le mutazioni dei geni mitocondriali sono trasmesse solo
per via materna (matrilineare)
Il DNA mitocondriale è una molecola circolare di 16.569 bp, che possiede un codice genetico
diverso rispetto al DNA nucleare, è ricco di geni codificanti, in particolare ha un totale di 37 geni,
28 sul filamento H (esterno) e 9 su quello L (interno):
- 13 codificano per subunità proteiche per complessi della catena respiratoria o del sistema della
fosforilazione ossidativa (mentre altre 75 subunità proteiche derivano da geni presenti sul DNA
nucleare, importate dal citoplasma nel mitocondrio)
- 24 che codificano per molecole indispensabili alla sintesi di tali subunità (2 rRNA e 22 tRNA)
Poiché ogni cellula contiene centinaia di mitocondri e migliaia di molecole di DNA mitocondriale, i
mitocondri a DNA mutato coesistono con quelli a DNA integro (eteroplasmia, variabile da cellula a
cellula e da tessuto a tessuto), dunque tali mutazioni solo “diluite” e le manifestazioni patologiche si
hanno solo quando la percentuale di mitocondri supera un determinato limite (effetto soglia) o
raggiunge il 100% (omoplasmia)
Poiché una madre può trasmettere ai propri figli mutazioni mitocondriali con gradi diversi di
eteroplasmia. Ne consegue che nella stessa fratria si possono manifestare fenotipi patologici molto
gravi o letali accanto a fenotipi molto lievi.
Il fenomeno della ripartizione non equa dei mitocondri con DNA mutato in seguito a una divisione
cellulare si verifica anche nelle prime mitosi post-zigotiche, per cui i vari tessuti embrionali
(comprese le cellule germinali primordiali) potranno risultare arricchite o impoverite nella
percentuale dei mitocondri alterati, fenomeno che prende il nome dii “collo di bottiglia”
Gli effetti patologici delle mutazioni del DNA mitocondriale si ripercuotono maggiormente sui
tessuti ad alto consumo metabolico, quali tessuto nervoso e muscolatura liscia e striata, spesso
manifestandosi come encefalomiopatie (anche se possono essere coinvolti altri tessuti, come il
pancreas endocrino).
Le patologie mitocondriali possono essere, in ogni caso, divisi in due categorie:
- patologie la cui disfunzione mitocondriale dipende da mutazioni nel DNA mitocondriale
- patologie la cui disfunzione mitocondriale dipende da mutazioni nel DNA nucleare a carico di
geni che codificano per subunità di proteine mitocondriali, le quali, dopo la sintesi nel citoplasma,
vengono trasportate nei mitocondri grazie ai trasportatori specifici TIM (per la MMI) e TOM (per la
MME). Anche difetti nella produzione di questi trasportatori possono causare patologie. Le
patologie DNA nucleari-dipendenti seguono le normali modalità di segregazioni mendeliane.
Infine è importante sottolineare che il DNA mitocondriale è particolarmente esposto a eventi
mutazionali, a causa dell'assenza di meccanismi di riparazione dei danni (che quindi si accumulano
nel tempo), e per l'elevata (e fisiologica) costantemente presenza di radicali liberi dell'ossigeno, che
rappresentano un continuo insulto per l'integrità del DNA mitocondriale.
•Imprinting genomico: è un meccanismo epigenetico di regolazione trascrizionale attraverso il
quale alcuni geni vengono espressi o meno, a seconda della loro origine parentale, altra lampante
eccezione a quanto previsto delle legge mendeliane (dove è indifferente da quale genitore proviene
l'allele), che suggerisce che il genoma materno e paterno non sono funzionalmente equivalenti, ma
hanno un ruolo complementare e non sostituibile nel determinare un corretto sviluppo embrionale.
L'inattivazione di un allele avviene attraverso un meccanismo di metilazione stabilito al momento
della gametogenesi, pertanto durante la spermatogenesi i geni a espressione esclusivamente materna
vengono metilati, mentre i geni a espressione esclusivamente paterna vengono demetilati
(nell'oogenesi avviene invece l'esatto contrario)
La metilazione avviene ad opera di specifici enzimi, le DNA metiltranferasi (DNMT) e interessa
regioni ricche di dinucleotidi CpG.
Naturalmente, a ogni passaggio attraverso la gametogenesi, l'imprinting deve essere “resettato”:
durante la speramatogenesi gli alleli di origine materna devono essere riprogrammati come alleli di
origine maschile, mentre durante l'oogenesi gli alleli di origine paterna devono essere trasformati in
alleli di tipo femminile (quindi demetilati).
Una demetilazione generale avviene dopo la formazione dello zigote, indice della notevole attività
trascrizionale delle prime fasi dello sviluppo embrionale, che lentamente va ad attenuarsi e che
risparmia in ogni caso i geni impinted, che mantengono di fatto la loro metilazione e quindi la loro
informazione trascrizionale in modo costante per tutta la durata dello sviluppo embrionale e post
natale.
Per alcuni geni, inoltre, l'imprinting genomico è tessuto specifico (come ad esempio per il gene
UBE3A, che ha espressione materna solo nel SNC, mentre ha un'espressione biallelica a livello del
sangue periferico.
In generale, l'imprinting interessa cluster di geni localizzati in specifiche regioni genomiche
(localizzate sui cromosomi 6, 7q, 11p, 14q, 15q11-13q, 20), solitamente regolati da una o due
regioni specifiche localizzate a breve distanza, che prendono il nome di “centri dell'imprinting”, in
maniera molto complessa (ad esempio nella regione 15q11-13q la struttura del centro è bipartita in
due centri antagonisti, AS-SRO o PWS-SRO, dei quali il primo è trascrizionalmente attivo sul
cromosoma materno, e ha la funzione di inattivare in cis PWS-SRO attraverso un meccanismo di
metilazione; esattamente al contrario avviene sul cromosoma paterno, che inoltre attiva la
trascrizione di alcuni geni a valle non attive sull'allele materno) e svolta anche da una regolazione
epigenetica da parte degli RNA antisenso (che annullano gli effetti del corrispondente RNA senso
con un meccanismo cis, come ad esempio per l'inattivazione specifica del gene UBE3A, che ha una
trascrizione biallelica in tutti i tessuti ad eccezione di quello cerebrale, dove l'allele paterno produce
un trascritto antisenso che compete con il trascritto senso e lo rende inattivo, in modo che resti
attivo solo il trascritto materno).

Capitolo 8 – Ordine dei geni sui cromosomi

Gameti parentali e ricombinati: Am/Bm e Af/Bf sono i gameti le cui combinazioni sono uguali a
quelli dei genitori, detti pertanto non ricombinanti o parentali, mentre gli alleli Am/Bf e Af/Bm sono
chiamati ricombinanti.
La segregazione degli alleli a un locus segue le leggi della probabilità, e cioè è ancora valido se si
prendono in esame più loci contemporaneamente solo se non sono disposti sullo stesso cromosoma
(ovvero segregano in maniera indipendente), mentre se si trovano sullo stesso cromosoma (alleli
sintenici) lo loro segregazione può non essere indipendente (specie se sono vicini l'uno all'altro),
anzi spesso vengono trasmessi come un unico blocco, e quindi i gameti sarebbero tutti non
ricombinanti, se non intervenisse il processo di crossing-over durante la prima divisione meiotica
(con formazione di chiasmi e scambio di materiale genetico, e quindi di alleli, tra cromosomi
omologhi, con conseguente formazione di gameti ricombinanti).
Tutti i cromosomi sono soggetti alla formazione obbligatoria di almeno un chiasma e, in generale, il
numero di chiasmi per cromosoma è correlato alla lunghezza dello stesso.
L'assortimento indipendente da 50% di probabilità di generare un figlio parentale, l'altro 50%
ricombinante). Nella concatenazione genica (geni sullo stesso cromosoma, quindi assortimenyo
dipendenti) tutti i figli saranno parentali con un incrocio con alleli in cis, mentre tutti i figli saranno
ricombinanti in un incrocio con alleli in trans (fenomeno della “repulsion”), se consideriamo l'altro
genitore omoziogote recessivo per entrambi i caratteri.
Mappaggio genico: ovvero la localizzazione di un gene su un cromosoma umano, processo molto
complesso a cui si può arrivare tramite l'analisi di linkage, la quale fornisce una stima delle distanze
fra i tratti di DNA attraverso lo studio delle frequenze di ricombinazione (infatti è anche detta
analisi di associazione o di concatenazione); l'analisi di linkage consiste nello studio della co-
segregazione degli alleli a due o più siti polimorfici all'interno di una famiglia, in modo da
determinare se la probabilità che i loci considerati siano associati sia o meno significativamente più
elevata rispetto a quella di essere indipendenti. Dai risultai ottenuti si estrapolano dei dati per
costruire mappe genetiche (spesso grazie anche all'ausilio di marcatori polimorfici la cui
localizzazione è già nota)
Marcatori genetici: qualunque tratto del DNA che presenta le seguenti caratteristiche può essere
usato come marcatore: deve essere polimorfico, facile da identificare e stabile di generazione in
generazione, e segrega in maniera mendeliana.
I polimorfismi ad oggi più utilizzati sono i RFLP (restriction fragment lenght polymorphisms),
SSLP (simple sequence lenght polymorphism, che includono i mini e microsatelliti), e i SNP (single
nucleotide polymorphism). I più informativi di tutti sono i microsatelliti (STR, ovvero sequenze
brevi ripetute in tandem una decina di volte), in quanto possono essere distribuiti uniformemente
nel genoma (spesso in maniera diversa tra un allele e l'altro, in modo che ogni individuo abbia tanti
modi diversi di essere eterozigote) e possono essere analizzati tramite PCR, ma sono poco
numerosi.
Geni orfani: geni non associati ad alcun fenotipo
Malattie orfane: malattie non ancora associate a nessun gene
Analisi di linkage a due punti: la probabilità che due geni sintenici segreghino in blocco è
direttamente proporzionale alla loro vicinanza, ed è chiamata frazione o frequenza di
ricombinazione, indicata con θ
θ = n. totale dei soggetti ricombinanti/ n. totale di figli
0 < θ < 0,5
Dove θ risulta uguale a 0,5 quando il numero di soggetti in cui è avvenuta una ricombinazione è
uguale a quello dei soggetti non ricombinanti, ovvero siamo di fronte ad un assortimento
indipendente, probabilmente di geni su cromosomi diversi o molto distanti tra loro nel cromosoma.
Se invece due loci tra loro vicini sullo stesso cromosoma, il numero dei soggetti ricombinanti sarà
inferiore a quello dei soggetti totali, e θ si avvicinerà a 0 tanto maggiore sarà la frequenza di
“ereditarietà in blocco”; inoltre tanto più i due geni sono i vicini, tanto meno probabile è l'evento
che avvenga un crossing-over in grado di separarli, e dunque anche in questo caso θ si avvicina a 0.
Per questi motivi θ può essere considerata una misura della distanza genetica tra loci diversi, unità
di misura che prende il nome di centiMorgan (cM), definito come la lunghezza genetica in cui si
osserva, in media, una frequenza di ricombinazione pari all'1%
L'analisi linkage utilizza quindi metodi statistici per determinare se θ è inferiore o meno a 0,5 e per
stimare il valore più probabile (in altre parole, serve ad accertare se vi sia una deviazione
statisticamente significativa di θ dello 0.5 atteso in caso di assortimento indipendente).
Un'analisi rudimentale di linkage tra due loci può essere effettuata confrontando, con un test del chi-
quadrato, se il numero R di ricombinanti e il numero N-R di non ricombinanti osservati differiscono
dall'atteso N/2 (0.50%) in caso di assortimento indipendente (fattibile solo se è possibile selezionare
i genotipi parentali, ovviamente impossibile a fini pratici).
Quindi il calcolo delle frazioni di ricombinazioni dovrebbe essere effettuato esaminando i genotipi
dei membri delle varie generazioni delle famiglie già esistenti (molto spesso impossibile), e per
ovviare questo problema si utilizzano i metodi basati sul calcolo delle likelihood o verosimiglianza,
una funzione che descrive la probabilità di un determinato valore di θ in relazione al numero di
ricombinazioni osservate tra i loci esaminati
L(θ)= θ alla R per (1-θ) alla (N-R), dove N è il numero di meiosi informative e R in numero di
meiosi ricombinanti
Per aumentare la significatività della statistica si usa il rapporto di verosimiglianza LR (likelihood
ratio), dato da:
LR= L(θ)/L(0,5) ovvero al denominare assumiamo una L(θ) per due loci indipendenti
Per praticità si utilizza il log di questo rapporto (chiamato LOD score, logarithm of the odds), in
quanto ha il vantaggio di permettere di combinare i dati di linkage ottenuti da studi su famiglie tra
loro non correlate, grazie alla proprietà dei logaritmi per cui il logaritmo del prodotto di due numeri
è uguale alla somma dei logaritmi dei due numeri (log (AB) = log (A) + log (B))
Per convenzione si considera che i due loci sono in linkage a un determinato valore di θ se il valore
del LOD score combinato è >3 (cioè indica 1000 p contro 1 che il linkage osservato non sia dovuto
al caso, ovvero esiste una P del 5% di errore), mentre si assume come evidenza di esclusione di
linkage, per un dato valore di θ, un LOD score <2 (cioè una p di almeno 100 a 1 contro il linkage), e
infine un valore compreso tra 2 e 3 non permette ne di escludere ne di affermate l'esistenza di
un'associazione.
Costruzione di mappe genetiche di riferimento: di solito si usa genotipi ricavati da almeno tre
generazioni. Il pannello di 40 famiglie studiate per tre generazioni dal centro parigino CEPH
(Centre d'Etudes du Polymorphisme Humaine) è ancora oggi utilizzato come modello di riferimento
Nella Linkage a due punti i dati sperimentali che osserviamo sono (esempio):
A---0,06---B---0,07---C
A---------0,10----------C
Si nota subito che la misura della distanza genetica tra A e C è minore della somma delle distanze
Ab e BC, differenza che è dovuta al fatto che nelle analisi a due punti non possono venire
conteggiate le doppie ricombinazioni.
Per questo θ può ricorrere ad un metodo più complesso, detto analisi di linkage multipoint, che
riesce ad ordinare una serie di loci scegliendo come ordine migliore quello che richiede il minor
numero di ricombinazioni (le doppie ricombinazioni sono eventi molto rari, che in teoria avvengono
con frequenza θ1θ2, ma che nella realtà hanno una frequenza ancora più bassa dovuta al fenomeno
dell'interferenza, per cui un crossing-over in una regione riduce la probabilità che se ne verifichi un
altro nelle sue vicinanze). Ne deriva che è molto più raro osservare una doppia ricombinazone
rispetto ad una ricombinazione singola.
Da alcuni studi è emerso infine che la correlazione tra distanza genetica e distanza fisica non è
costante nel genoma ed è diversa nei due sessi (per esempio nel maschio avvengono meno
ricombinazioni rispetto alla femmina, per cui la mappa genetica maschile è più corta, mediamente 1
cM corrisponda nel sesso maschile a 1,05 Mb, in quello femminile a 0,70 Mb, con media tra i due
sessi pari a 0.88 Mb corrispondente quindi a 1 cM (per approssimazione), anche se la
corrispondenza varia anche in base alle regioni cromosomiche (le ricombinazioni sono più frequenti
nelle regioni telomeriche rispetto a quelle centromeriche, specie nel maschio)
Mappaggio di geni malattia mediante analisi di linkage: è una delle applicazioni più importanti
dell'analisi di linkage, ossia la localizzazione di geni malattie a locazione sconosciuta, tramite
un'analisi di linkage a due punti considerando il locus malattia e una serie di loci marcatori presi in
esame uno alla volta (analisi genome-wide, ovvero su famiglie in cui è presente la particolare
malattia di cui vogliamo mappare il gene e polimorfismi del DNA distribuiti su tutto il genoma in
media ad una distanza di 5-10 cM). S procede analizzando la segregazione degli alleli al locus
marcatore rispetto a quella del fenotipo: se il locus della malattie e il locus marcatore sono
strettamente associati,verranno trasmessi insieme alla progenie, a meno che durante la meiosi non
siano avvenuti dei crossing-over.
La determinazione della fase consiste nell'associazione degli alleli al locus marcatori con gli alleli
del locus malattia sui singoli cromosomi: poiché l'allele al locus marcatore non è responsabile della
malattia, in famiglie diverse si potranno associare alleli diversi (quindi la detrminazione delle fase
deve essere effettuata per ogni famiglia). La fase corrisponde all'aplotipo, ovvero alla combinazioni
di alleli a loci diversi su un unico cromosoma; gli alleli che si trovano sullo stesso cromosoma sono
detti in cis, quelli situati sui due omologhi in trans.
Per poter calcolare il LOD score a due punti è necessario specificare quale è il modello genetico
della malattia analizzata ovvero: tipo di ereditarietà, frequenza dell'allele malattia, penetranza
dell'allele mutato, frequenza delle nuove mutazioni al locus malattia, possibile presenza di
fenocopie (ovvero stessi sintomi con diversa causa genica o causate da altre fonti), possibile
eterogeneità genetica e la frequenza degli alleli al locus marcatore.

Capitolo 9 – Distribuzione dei geni nelle popolazioni

La genetica di popolazione studia studia i meccanismi che influenzano la distribuzione dei geni
nelle popolazioni (costituita da un gruppo di individui accomunati da una serie di caratteristiche
culturali, religiose, politico-sociali e/o geografiche; il punto focale è rappresentato dalla tendenza o
meno ad avere incroci all'interno dello stesso gruppo)
Legge di Hardy-Weinberg: le frequenze geniche (o alleliche) sono le proporzioni dei diversi alleli
presenti ad un determinato locus in una popolazione (che equivalgono alle frequenze di gameti con i
diversi tipi di alleli o frequenze gametiche); le frequenze genotipiche invece sono le diverse
combinazioni possibili di due alleli (ovvero le proporzioni dei diversi genotipi esistenti per il locus
preso in esame)
Conoscendo le frequenze geniche è possibile determinare le frequenze dei genotipi nella
popolazione in esame: per un locus biallelico A1A2 le frequenze geniche vengono
convenzionalmente designate con le lettere p (A1) e q (A2); costruendo il quadrato di Punnett è
evidente che la somma delle frequenze genotipiche risulta:
Fg= p²+q²+2pq=(p+q)², nota come legge di Hardy-Weinberg (formulate indipendentemente)
Essa stabilisce inoltre che in una popolazione le frequenze genotipiche per un locus autosomico
raggiungono i valori corrispondenti all'espansione del quadrato del binomio nell'arco di una
generazione, e che questi si mantengono stabili (“in equilibrio”) nelle generazioni successive, se
non intervengono fattori esterni in grado di modificarli. Questo vale se nel gruppo in esame gli
incroci avvengono in panmissia (ovvero in maniera completamente casuale)
Inoltre è da evidenziare la proprietà p+q=1
Calcolo delle frequenze geniche: può essere effettuato con un metodo diretto o indiretto
•Metodo della conta diretta degli alleli: può essere effettuata per qualsiasi locus i cui alleli siano
codominanti; in particolare essa viene comunemente applicata per il calcolo delle frequenze
alleliche e genotipiche per i polimorfismi del DNA, i cui genotipi e alleli vengono determinanti
direttamente con l'analisi molecolare (come per il gruppo sanguigno MN, determinato da un locus
biallelico situato sul cromosoma 4q, i cui due alleli M e N sono codominanti, ovvero si esprimono
entrambi se sono presenti, e producono due isoforme diverse della glicoforina A)
•Metodo indiretto basato sulla legge di H-W: poiché il metodo della conta non applicabile in caso
di alleli recessivi, dobbiamo utilizzare la legge di H-W per calcolare indirettamente la frequenza:
poiché gli omozigoti recessivi corrispondo al termine q², la frequenza q dell'allele recessivo
equivale a √q²; una volta calcolato q, è possibile ricavare p dalla formula p+q=1, da cui è possibile
risalire alla frequenza degli eterozigoti 2pq.
Fattori che alterano le frequenze geniche: ci sono tre fattori che alterano le frequenze geniche
•Mutazione: è possibile effettuare determinazioni dirette del tasso di mutazione per diversi loci,
applicando metodiche molecolari, in particolari tramite il sequenziamento massivo in parallelo, per
la rilevazione diretta di cambiamenti di sequenza del DNA.
Il tasso medio di mutazioni dovute a semplice sostituzione nucleotidica per gamete nella sequenza
del genoma umano è circa 1x10 alla -8; poiché ogni zigote contiene 6x10 alla 9 bp, ne consegue che
in media in ogni individuo vi sono circa 60 basi mutate “de novo” (rispetto ai genomi dei
genitori).Vi è tuttavia un'ampia variabilità nel tasso di mjtazione tar i diversi loci e i diversi
nucleotidi (per esempio il tasso di mutazione del gene FGFR3 è più alta del normale, 1x10 alla -5, e
il 97% dei casi di mutazioni sono dovuti a singola sostituzione G>A nel nucleotide 1138 del codone
380, in quanto nell'elica complementare è presente una citosina di una CpG, che causa l'elevato
tasso di mutazione)
Anche per loci con struttura ripetitiva (mini e micro satelliti) le mutazioni sono più frequenti, e ciò
ne causa l'elevato polimorfismo (utilizzati in genetica forense, per questo motivo, per l'attribuzione
di paternità).
Infine bisogna tenere conto nell'età dei genitori: l'età materna è ad esempio direttamente
proporzionale ad errori di disgiunzioni cromosomiche (come per la trisomia 21), mentre l'età
paterna è direttamente proporzionale a mutazioni puntiformi (come l'acondroplasia). Concludendo
le mutazioni de nove avvengono generalmente nella linea germinale paterna (anche perchè in
numero di divisioni cellulari è maggiore nei spermatozoi rispetto agli oociti)
•Selezione: può essere negativa o positiva, a seconda del tipo di mutazione del soggetto e
dell'ambiente in cui si trova. Con fitness (w) o idoneità si indica la capacità di adattamento e si
impiega per indicare la misura dell'effetto della selezione sul genotipo. Essa si misura osservando il
numero medio dei figli ottenuti dai soggetti di ogni genotipo possibile a uno specifico locus; per
ogni genotipo tale numero, ricavato sperimentalmente, si confronta con il numero più elevato tra
tutti quelli ottenuti . La misura di fitness è dunque una misura indiretta di selezione e si misura on la
formula s=1-w dove s è il coefficiente di selezione
La frequenza di malattie rare è costante nel tempo (per mutazione de novo) dato che la maggior
parte sono autosomiche dominanti, mentre patologie autosomiche recessive la frazione di alleli che
si perde a causa della fitness ridotta degli omozigoti, può mantenersi comunque nel serbatoio degli
eterozigoti, se questi hanno un vantaggio selettivo rispetto all'allele wild-type (come nel caso
dell'anemia falciforme o del favismo in zone ad alta incidenza di malaria); quest'ultimo evento è
detto polimorfismo bilanciato
•Deriva Genetica, Effetto del Fondatore e Flusso Genico: la deriva genetica è la fluttuazione
causale delle frequenze alleliche dovuta al fatto che un'iniziale mutazione possa o meno essere
trasmessa in maniera casuale in base al numero di figli a cui verrà trasmessa la malattia.
L'oscillazione dipende dalle dimensioni della popolazione, e segue una distribuzione di tipo
bernulliana. La deriva genetica porta alla scomparsa (estinzione) della maggior parte degli alleli
generati da nuove mutazione nell'arco di poche generazioni. Solo un'esigua frazione degli alleli
mutati perdura nel corso delle generazioni, raggiungendo frequenze apprezzabili. Un meccanismo
particolari attraverso cui le frequenze di alcuni alleli inizialmente rari possono aumentare
significativamente è grazie all'effetto del “collo di bottiglia” popolazionistico, che si può verificare
in seguito ad una drastica riduzione delle dimesioni della popolazione in maniera improvvisa
(epidemia, catastrofe naturale, emigrazione di massa), come è successo per l'acromatopsia
nell'atollo di Pingelep, decimata a causa di un violento tifone.
Anche l'effetto del fondatore va considerato, ovvero la maggio presenza in una popolazione di un
allele mutato derivato da un numero limitato (a volte anche uno solo) di antenati comuni,
particolarmente prolifici, come la corea di Huntington in Tasmania.
Per flusso genico si intende invece la diffusione di geni da una popolazione all'altra, in seguito ad
esempio ad una immigrazione, che ha effetto opposto rispetto alla deriva genetica (in quanto
permette di “diluire” l'allele mutato)
Linkage disequilibrium: o LD è lo squilibrio da associazione gametica, che avviene quando i loci
in esame sono strettamente concatenati e di e di conseguenza non seguono le normali proporzioni di
Robbins (cioè il prodotto delle frequenze genetiche dei rispettivi alleli è uguale alle frequenze delle
possibili combinazioni gametiche)
l'esistenza di un LD può essere verificata misurando le frequenze alleliche e le frequenze degli
aplotipi in un campione di popolazione; se i due alleli sono A1 e B1 ai due loci A e B, il valore
LD(D)= A1B1- (p alla A1 per p alla B1).
Se LD(D)>0 è dimostrata l'esistenza di un LD
Se LD(D)<0 dimostra la sottorappresentazione dell'aplotipo, e quindi indica che deve esistere un
altro aplotipo in eccesso nella popolazione
se LD(D)=0 non vi è LD e le frequenze degli aplotipi sono in equilibrio
La misurazione delle frequenze degli aplotipi richiede, l'analisi dei nuclei familiari, poiché la
tipizzazione degli alleli in una serie di individui non correlati consente solo di determinare le
frequenze alleliche, ma non dice nulla sulla fase degli alleli.

Capitolo 10 - Caratteri multifattoriali

L'espressione di molti fenotipi e malattie dipende dall'azione congiunta di più geni e fattori
ambientali, condizioni che sono definite caratteri multifattoriali o complessi (o poligenici per
sottolineare la differenza rispetto alla classiche malattie mendeliane monogeniche)
Caratteri quantitativi o continui: prevedono come criterio di classificazione una misura del valore
fenotipico (a differenza dei caratteri monogenici/qualitativi che misurano la frequenza fenotipiche,
alleliche o genotipiche). Prendendo un vasto campione e analizzando la distribuzione del fenotipo,
esso si distribuisce come una gaussiana con media M e deviazione standard DS.
Controllo genetico dei caratteri quantitativi: difetto di penetranze e espressività variabile, oltre
ad oscurare la correlazione genotipo/fenotipo nei caratteri mendeliani, intervengono in maniera
ancora più rilevante per i caratteri quantitativi; esistono due modelli, non mutualmente esclusivi, di
variabilità fenotipica:
•Modello dell'allelia multipla: la variabilità fenotipica è interpretata come il prodotto del differente
effetto di due alleli diversi allo stesso locus.
Ciò è evidente per tutti quei caratteri monogenici misurabili quantitativamente, come proteine
sieriche e attività enzimatiche. Si cita la fosfatasi acida eritrocitaria, enzima codificato dal gene
ACP1, di cui esistono diverse varianti alleliche polimorfiche, che attraverso splicing alternativo del
trascritto, producono due isozimi, Fast (F) e Slow (S), ma in quantità e proporzioni diverse, a
seconda delle isoforme dei loro geni (tre principali, A, B e C)
•Modello poligenico: la variabilità fenotipica è risultante dall'effetto additivo di un numero elevato
di sistemi genetici biallelici. Ne sono un esempio i geni correlati all'altezza, al rimodellamento della
cromatina, e al controllo della proliferazione cellulare (oltre 180 loci trovati)
Influenza dall'ambiente: esempio di questo effetto è il gene MC1R che codifica per il recettore di
membrana della melanocortina nei melanociti ed agisce modulando le proporzioni relative di
eumelanina e feomelanina. Esso è un gene polimorfico le cui varianti alleliche mostrano una
distribuzione geografica che ricalca il gardo di pigmentazione cutanea delle popolazioni umane.
Relazione tra coefficiente di correlazione (r) e percentuale di geni in comune: r è il parametro
statistico che definisce la forza di associazione tra le misure di una variabile continua in coppie di
individui, ed è definito come il rapporto tra la covarianza e la media geometrica delle varianze
relative alla variabile misurata nei due gruppi di individui.
-1<r<1, dove quando r=1 abbiamo una forte correlazione positiva (esempio: gemelli monozigoti),
con r= -1 una forte correlazione negativa e con r=0 nessuna correlazione lineare
Coppie madre-figlia o gemelli dizigoti, che condividono il 50% dei geni, hanno r=0,5
Inoltre la vale la relazione r=2Fh², dove F è il coefficiente di consanguineità tra i due individui
(ovvero la p che questi, incrociandosi tra loro, trasmettano un identico allele, ereditato da un
antenato comune, ad un figlio) e h² è l'ereditabilità (ovvero il rapporto tra la varianza genetica e
quella totale, ovvero Vg/Vt dove Vt=Vg+Vx). In base al valore di h² si può predire di quanto il
valore fenotipico medio di un carattere può essere modificato in seguito a selezione artificiale
Trovare valori di r<2F significa trovare h²<1, ovvero che il carattere in questione non è sotto
esclusivo controllo genetico
I valori fenotipici dei caratteri quantitativi possono essere raggruppati in classi discrete: infatti
per le variabili continue, si utilizza una suddivisione in classi. Ne sono un esempio l'IMC, la Statura
e il QI (secondo la scala WAIS). Da sottolineare che anche con la divisione in classi queste variabili
si distribuisco in maniera gaussiana.
Caratteri semiquantitativi: sono quei caratteri il cui fenotipo è qualitativo, ma per i quali, a
differenza di quello che avviene per i classici caratteri monofattoriali, l'analisi della loro
segregazione nelle famiglie non dà risultati compatibili con modelli semplici di trasmissione
mendeliana.
Facendo studi su gemelli mono e dizigoti (studiando la labioschisi con o in assenza di palatoschisi)
è emerso che questi caratteri mostrano una tendensa all'aggregazione familiare inferiore rispetto a
quella osservata per i fenotipi mendeliani.
Il grado di aggregazioni familiare λR è il rapporto tra la prevalenza della malattia fra una
determinata categoria di parenti e la prevalenza della malattia nella popolazione generale.
Il Modello di Falconer è utile per spiegare la trasmissione di questi caratteri; esso afferma che tutti
gli individui hanno un qualche grado di predisposizione a manifestare un carattere semiquantitativo,
ma la comparsa del fenotipo, che dipende da molteplici fattori di suscettibilità (distribuiti
gaussianamente nella popolazione), avviene solo se si supera un determinato valore, detto soglia di
suscettibilità. I consanguinei di individui che mostrano un certo carattere semiquantitativo avranno
un valore medio di fattori predisponenti maggiore rispetto a quello della popolazione generale (e di
conseguenza un maggior numero di consanguinei supererà il valore soglia e manifesterà anch'esso il
carattere)
Rischio di ricorrenza: nelle famiglie in cui si è manifestato un caso di malattia a eziologia
complessa multifattoriale, il rischio di ricorrenza è pari alla radice quadrata dell'incidenza nella
popolazione generale, tenendo però in conto che:
•maggiore è il numero degli individui malati in una famiglia, maggiore sarà il rishcio di ricorrenza
•il rischio per i consanguinei di un probando dovrebbe variare in relazione alla gravità della malattia
del consanguineo già affetto
•l'influenza della consanguineità sull'incidenza della malattia dovrebbe variare in maniera
inversamente proporzionale all'incidenza nella popolazione generale (maggiore è l'incidenza nella
popolazione generale, minore è il peso relativo dei fattori genetici di origine familiari)
•se una malattia multifattoriale ha una incidenza notevolmente diversa tra i due sessi, il rischio di
ricorrenza per i consanguinei dipende dal sesso del probando
Strategie per l'identificazione dei geni correlati alle malattie multifattoriali: si procede tramite
due strategie:
•Analisi di Linkage: in pratica difficilmente applicabili nell'approccio classico “parametrico”, in
quanto sono studi poco efficaci nell'identificazione di varianti genetiche causali che hanno
frequenze polimorfiche (per avere risultati statisticamente significativi andrebbero condotti studi su
un elevato numero di famiglie, cosa praticamente inattuabile)
Sono però applicabili varianti “non parametriche” che non tengono conto delle modalità di
trasmissioni ereditarie, come l'ASP (affected sib pairs, o analisi della condivisione di alleli in fratelli
affetti).La stat.test è sempre il chi-quadrato.
•Studi di associazione caso-controllo: sono il metodo attualmente più utilizzato, e consistono nel
confronto della frequenza di un determinato polimorfismo (spesso SNP, ma anche CNV) in due
gruppi di soggetti suddivisi in base alla presenza (casi) o assenza (controlli) del carattere. Si procede
ipotizzando il coinvolgimento di un gene candidato nella predisposizione al carattere/malattia. La
forza di associazione si ottiene calcolando l'OR (rapporto di probabilità). Per interpretare gli studi è
necessario porre la soglia di significatività α allo 0.05/n, dove n è un fattore di correzione detto
correzione di Bonferroni che equivale al numero di potenziali associazioni indipendenti prese in
considerazione (per esempio se si stanno valutando le frequenze di 10 alleli indipendenti, n sarà pari
a 10).
Affinché questi studi siano statisticamente rilevanti è necessario inoltre selezonare gruppi di
individui con caratteristiche omogenee e definire criteri diagnostici molto precisi; inoltre il
campione di studio dovrebbe essere il più ampio possibile (in particolare tanto più numeroso quanto
meno frequente il polimorfismo e quanto minore è il suo effetto presunto sul fenotipo)
Esiste poi un altro tipo di studio che è il GWAS (studi di associazione estesi a tutto il genoma)

Capitolo 11 – Effetti delle mutazioni somatiche

Per mutazione somatica si intende una variazione del genoma umano ad insorgenza post-zigotica.
Solitamente questo tipo di mutazioni che avvengono nel corso dello sviluppo o nella vita postnatale
restano confinate allo stesso organo in cui sono avvenute e sono prive di conseguenze significative
sul piano clinico (anche perché spesso se la mutazione che avviene in una cellula è svantaggiosa,
essa viene prontamente eliminata).
Tuttavia è ben nota la correlazione tra mutazioni somatiche e insorgenza di tumori, che sovvertono
l'omeostasi tra produzione di nuove cellule ed eliminazione di quelle vecchie, producenso in
maniera incontrollata ed eccessiva nuova massa cellulare. Nelle fasi più avanzate queste cellule
impazzite posso addirittura colonizzare (metastati) tessuti diversi da quelli di partenza.
Le mutazioni responsabili dell'insorgenza del cancro possono avvenire spontaneamente oppure
essere determinate da agenti ambientali, detti mutageni (radiazioni ionizzanti, UV o agenti chimici
come ad esempio il fumo di sigaretta). La capacità di indurre mutazioni è detta mutagenicità e si
misura esponendo colture batteriche ad un determinato agente e verificando il tasso di mutazione a
livello di loci selezionati, il cosiddetto Test di Ames.
Qualunque sia l'origine e il meccanismo di insorgenza delle mutazioni, è logico aspettarsi un
aumento di probabilità di insorgenza delle neoplasie con l'avanzare dell'età (anche perché sono
necessari accumuli di mutazioni per la trasformazione cellula sana → cellula tumorale)
Tipi di alterazioni genetiche nei tumori: si dividono in:
•Aberrazioni cromosomiche e riarrangiamenti genomici: le alterazioni cromosomiche dei tumori
possono essere diversificate in due tipi: anomalie bilanciate (traslocazioni e inversioni; portano
spesso a leucemie) ed anomalie quantitative di numero (monosomie, trisomie o poliploidie) e di
struttura (delezioni parziali e isocromosomi) che portano a leucemie e tumori solidi.
Si possono inoltre distingue le anomalie in specifiche o aspecifiche, o seconda che siano associate o
meno a tumori in in particolare tipo istologico.
•Mutazioni puntiformi: i tipi di mutazioni puntiformi osservate nelle cellule tumorali, ricalcano
quelli implicati nelle malattie genetiche ereditarie, ma presentano la caratteristica
dell'amplificazione genica, ovvero il considerevole incremento del numero di copie di un segmento
DNA (a volte addirittura visibile citogeneticamente sotto forma di double minutes, piccoli
frammenti cromatinici privi di centromero, o di HSR, tratti intensamente e omogeneamente colorati
nel contesto della regione cromosomica soggetta all'amplificazione)
•Alterazioni epigenetiche: ovvero alterazioni dello stato di metilazione del DNA (molto frequenti
nelle neoplasie umane), che possono determinare una iper o ipoespressione genica.
Un'alterazione acquisita del meccanismo di regolazione epigenetica può quindi attivare o inattivare
alcuni geni che rivestono un ruolo importante nella patogenesi tumorale.
Protoncogeni e oncogeni : la forma selvatica di un gene potenzialmente in grado di divenire un
gene tumorale (oncogene) in caso di una mutazione è definito protoncogene.
La prima descrizione di anomalia cromosomica in cellule tumorali riguarda la traslocazione t(9,22)
(q34,q11), per effetto del quale il braccio lungo del cromosoma 9 si allunga (9q+) a scapito di
quello lungo del cromosoma 22 (22q-), quest'ultimo definito cromosoma Philadelphia o Ph. Cioè
determina l'insorgenza della leucemia mieloide cronica, dovuto al fatto che i punti di rottura di
questa traslocazione cadono a livello di due geni, ABL (in 9q34) e BCR (in 22q11) e che
riassociandosi in un gene ibrido che comincia a codificare una proteina ad attività tirosino-chinasia
di ABL che sfugge ai normali meccanismi di regolazione:in questo caso il gene ABL, normalmente
inattivo (protoncogene) è stato attivato permanentemente a gene attivo (oncogene)
Ci sono due modi per rendere un protoncogene un oncogene tarmite traslocazione: fargli acquisire
una funzione (gain of function) oppure aumentarne la trascrizione dislocando il protoncogene in
prossimità di sequenze (enhancer) che lo rendono più attivo (come nella traslocazione t(8;14)
(q24;q32) che provoca il linfoma di Burkitt e alla leucemia linfatica acuta di tipo L3 in cui il
protoncogene è MYC, localizzato sul braccio q del cromosoma 8). Un altro caso è la
sovrapposizione di due traslocazioni, come nel caso del linfoma di tipo follicolare che coinvolge il
protoncogene BCL2, che in seguito alla mutazione si attiva diventando un inibitore dell'apoptosi
(quindi non andando ad agire direttamente sulla proliferazione cellulare, ma sull'aumento della vita
delle cellule che andrebbero invece distrutte)
Il primo gene ad essere identificato come oncogene in tumori umani è stato HRAS, che differiva dal
suo protoncogene solo per un nucleotide (G>T), posto nel codone 12, che determina la sostituzione
di Gly con una Val. Questo perchè il gene mutato così isolato presenta una forte omologia con una
sequenza presenti in alcuni retrovirus oncogeni, così come per i geni KRAS e NRAS le cui
mutazioni sono responsabili di molti tipi di neoplasie
Geni oncosoppressori: sono geni che in condizioni normali hanno effetti inibitori sulla
trasformazione neoplastica.
I primi studi sono stati condotti sul retinoblastoma (RB), un tumore maligno infantile dell'occhio,
che può presentarsi in due forme, familiare (se mostra caratteristiche di trasmissione autosomica
dominanza con penetranza variabile) o sporadica. Inoltre può presentarsi come uni ( dove si può
presentare anche la forma multifocale, ovvero con più foci separati di cellule tumorali) o bilaterale.
Le forme bilaterali e familiari hanno un'insorgenza più precoce e spesso sono correlate.
Fu quindi formulata la “teoria dei due colpi”, secondo la quale lo sviluppo del RB richiede due
eventi mutazionali: nelle forme familiari una prima mutazione è presente in tutte le potenziali ellule
bersaglio (i precursori delle cellule della retina) perché ereditata per via germinale da uno dei due
genitori (eterozigote per la stessa mutazione) oppure perchè si è verificata de novo, sempre a livello
germinale. Quando in una cellula somatica si verifica il secondo evento mutazionale, inizia lo
sviluppo del tumore (questo spiega perché la forma rara è cosi poco frequente, dato che le due
mutazioni devono avvenire casualmente nelle stessa cellula somatica). E' stato poi visto che la
prima mutazione è causata da una delezione di alcuni tratti della regione 13q14, mentre la seconda è
causata dalla stessa mutazione sul locus omologo. Il gene in questione era proprio un
oncosoppresore, chiamato RB1.
Dunque possiamo concludere che per ogni specifico tipo di tumore in cui esistono forme legate alla
predisposizione ereditaria, lo stesso gene che è responsabile della sindrome ereditaria è coinvolto
anche nella genesi della controparte sporadica. La variabilità della penetranza dipende dalla gravità
degli effetti mutazionali: alleli nulli sono in genere responsabili di quadri a penetranza completa e
fenotipi più gravi, mentre alleli ipomorfici sono associati a penetranza ridotta ed espressività
variabile.
Funzioni dei protoncogeni e dei geni oncosoppressori
•Gene RB1: implicato nel controllo del ciclo cellulare andando ad agire sulla proteina nucleare
p110/112RB, che può esistere nella forma 110 deforforilata (che è attiva, e lega alcune proteine tra
cui E2F che hanno un effetto positivo sulla trascrizione di geni implicati nella progressione del ciclo
cellulare, inibendole) o 112 fosforilate (inattiva, che lascia libere E2F e quindi fa progredire il ciclo
cellulare)
La fosforilazione di p110RB avviene normalmente nella fase di transizione tra G1 e S
•Gene CDKN2A: altro gene responsabile di un “checkpoint” tra fase G1 e S, la cui alterazione è
implicata alla predisposizione al melanoma cutaneo. Esso codifica per due proteine, p16INK4A e
p14ARF, tramite splicing alternativo: la prima inibisce l'attività di CDK4 (una chinasi ciclina-
dipendente che a sua volta agisce fosforilando, e quindi inibendo, la p110RB) la seconda non è in
grado di farlo. Ciò di mostra che i geni attivi nello stesso pathway possono contribuire con
meccanismi diversi allo sviluppo di un tumore (in questo caso CDKN2A è un oncosoppressore e
CDK4 si comporta da protoncogene, in quanto ci sono rari casi in cui il gene che lo codifica si alteri
e ne produca una forma insensibile alla p16)
•Proteine RAS: sono delle GTPasi ancorate alla superficie interna delle membrane cellulari,
coinvolte nel in molti pathway cellulari che controllano il ciclo cellulare (associati spesso a recettori
con 7 domini transmembrana). Nella sua forma attiva è legata a GTP, nell'inattiva a GDP. Nelle
mutazioni presenti in alcuni tumori (come quello del colon) RAS rimane bloccata nella forma che
lega GTP, facendo si che trasmetta al nucleo segnali di proliferazione anche in assenza di stimoli
esterni (fattori di crescita prevalentemente)
•Gene ACP: anche questo alterato in caso di tumori colon-rettali, anche questo come RB1 studiato
a partire da rara forma ereditaria del tumore della poliposi familiare adenomatosa o FAP. La
proteina ACP (codificata dall'omonimo gene) interviene nel pathway segnalatorio innescato dalle
proteine Wnt (wint). Quando Wnt si lega al recettore, ACP non è in grado di svolgere la sua
funzione, che consiste nel legarsi e provocare la degradazione della beta-catenina che può così
essere trasportata nel nucleo e attivare geni che promuovono la proliferazione cellulare. Mutazioni
di ACP hanno lo stesso effetto esercitato da Wnt, solo che in questo caso l'inattivazione è
permanente → perdita della inibizione da contatto, in quanto la beta-catenina non viene mai
degradata.
Tutti questi geni responsabili della perdita di controllo della proliferazione e nel differenziamento
nella cellule tumorali sono gli stessi che sono particolarmente attive nella vita embrionale (così
come geni che controllano l'apoptosi)
Geni mutatori: Poiché la comparsa di un tumore richiede la presenza simultanea di diverse
alterazioni, Loeb ipotizzò che l'acquisizione progressiva di mutazioni che portano alla sviluppo di
un tumore sia conseguenza di una instabilità genetica della cellula (come ad esempio l'intervento di
fattori ambientali)
Da tempo sono note alcune malattie autosomiche recessive caratterizzate da un'elevata incidenza
tumorale a causa della presenza di questa instabilità genetica:
•Xeroderma pigmentoso: le basi genetiche della malattia sono eterogenee, ma in ogni caso
riconducibili a un difetto di uno dei geni implicato nella riparazione del danno al DNA per
escissione nucleotidica (Gene NER), in particolare nella riparazione dei dimeri di timina che si
formano tipicamente in seguito a lesioni da esposizione a UV.
•Anemia di Fanconi: malattia legata ad un'ipoplasia del midollo osseo, che può provocare la
deplezione anche di altre linee mieloidi oltre a quella eritrocitaria. Il rischio di tumori riguarda sia il
sistema eritropoietico che tumori solidi. I geni mutati sono BRCA1 e BRCA2, che causano un
aumento del tasso di rotture e di riarrangiamenti cromosomici dopo esposizione ad agenti che
formano crosslinks (legami anormali tra i filamenti di DNA)
•Sindrome di Bloom: il gene implicato in questa patologia (gene BLM) codifica una DNA elicasi
nel corso di alcuni processi di riparo
•Atassia-Teleangectasia: provoca degenerazione cerebellare con comparsa di atassia e dilatazione
dei capillari, immunodeficienza e alta insorgenza di leucemie, in quanto il gene mutato (ATM) è
implicato nella rivelazione e nel riparo delle rotture dei filamenti di DNA spontanee e causate da
radiazioni ionizzanti.
•Sindrome di Lynch: associata ad elevati rischi del tumore colon-retto e dell'endometrio, legata a
difetti del mismatch repair
•Tumori ereditari della mammella e dell'ovaio: mutazioni ai geni BCA1 e BRCA2
•Poliposi del colon associata a mutazioni del gene MUTYH: gene implicato nel riparo del DNA
per escissione di basi (BER)
Meccanismo di azione dei geni mutatori: i geni mutatori sono così chiamati perché, le forme
alleliche responsabili delle sindromi appartenenti a questa categoria, determinano un aumento del
tasso di mutazione, comportandosi di fatto come geni oncosoppressori.
L'alterazione del gene mutatore determina una perdita della sua funzione, e quindi dell'intero
meccanismo di controllo della stabilità del materiale genetico in cui è coinvolto.
Nelle forme recessive entrambi gli alleli sono difettosi già costituzionalmente, mentre nelle formi
dominanti il secondo allele viene inattivato da mutazioni somatiche.
In realtà ci sono alcuni geni che possiedono proprietà attribuibili sia a classici oncosoppressori che a
geni mutatori, come è il caso di TP53, uno dei principali geni interessati da mutazioni somatiche
mei tumori umani, che è anche responsabile di una rara condizione ereditaria, la sindrome di Li-
Fraumeni.
La proteina p53 è definita il “guardiano del genoma” e funziona da sensore del danno subito dal
DNA: in particolare, i presenza di rotture cromosomiche, essa segnala alla cellula che è il caso di
sospendere la progressione del ciclo per consentire la riparazione del danno o andare incontro ad
apoptosi se ciò non è possibile. Se le funzioni della p53 sono soppresse,la cellula procede
comunque nella divisione cellulare, trasmettendo le mutazioni acquisite alla cellule figlie.
La p53 forma degli omotetrameri che sono in grado di legarsi a specifiche sequenze del DNA
situate all'interno di geni di cui essa influenza la trascrizione. Le mutazioni si TP53 sono nella
maggior parte dei casi missenso e possono non essere associate ad inattivazione
biallelica(probabilmente a causa dell'effetto dominante negativo esercitato da parte dei subunità
mutata, impedendo la formazione di omotetrameri funzionanti)

Concludendo ci sono due tipi delle (spesso numerose) mutazioni presenti all'interno di un genoma
tumorale:
•Mutazioni effettivamente implicate nella tumorigenesi, a carico di geni Driver, che hanno un ruolo
chiave nel corso dello sviluppo del tumore
•Mutazioni che invece sono veicolate casualmente dalle cellule tumorali, dette passenger

Il processo di trasformazione neoplastica avviene attraverso l'acquisizione graduale di una serie di


mutazioni che conferiscono vantaggio proliferativo:
1)I primi eventi interessano i geni gatekeeper (guardiani) i quali hanno un ruolo chiave nella
proliferazione in tessuti specifici (come AOC e CDKN2A) e determina l'iniziale spostamento di
equilibrio in favore della divisione cellulare (piuttosto che nel differenziamento)
2)Le successive mutazioni driver causano incrementi progressivi del vantaggio selettivo
3)Infine cominciano ad accumularsi mutazioni passenger

Ad oggi sono stati identificati oltre 150 geni driver/getekeeper.


I meccanismi attraverso cui questi contribuiscono allo sviluppo tumorale sono riconducibili e tre
grosse categorie di processi:
•determinazione del destino cellulare
•sopravvivenza
•mantenimento dell'integrità genomica
Diversi pathway coinvolti in tutti questi tre processi richiedono soluzioni specifiche (ad esempio
farmaci mirati)

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