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Basi biologiche Prof.

ssa: Miriam Martini


Lezione 2 Sbobinatore: Poetto Luca
11/10/2023 Revisore: Annalisa Potenza

LA REPLICAZIONE DEL DNA


Prima che venisse scoperto il meccanismo della replicazione del DNA esistevano due grandi fazioni di
pensiero: c’era chi pensava che venisse trasmesso in maniera conservativa, chi in modo
semiconservativo.
Nel caso in cui il meccanismo fosse stato conservativo, una delle due cellule figlie ereditava in toto il materiale
genetico della madre, l’altra cellula figlia avrebbe ereditato due filamenti di nuova sintesi.
Nel secondo caso, entrambe le cellule figlie avrebbero ereditato uno dei due filamenti parentali e l’altro invece
sarebbe stato di nuova sintesi. Esisteva anche una terza ipotesi, che però fu scartata subito, che era
un’ipotesi semiconservativa e dispersiva, in cui nessuna delle cellule figlie riceve l’intero filamento, ma il
risultato è un DNA fatto sia da frammenti parentali sia di nuova sintesi.

Quindi l’obiettivo degli esperimenti dell’epoca era di dimostrare se la replicazione del DNA fosse
semiconservativa o conservativa.
L’ESPERIMENTO DI MESELSON E STAHL, 1957
Per dimostrare il tipo di modalità di replicazione si marca il DNA con un isotopo radioattivo. Il DNA è composto
da basi azotate che contengono l’azoto. Si fanno crescere dei batteri in due terreni differenziali: uno con
l’azoto “leggero” (14) e uno con l’azoto “pesante” (15); in questo modo si può distinguere, una volta estratto
il DNA dai batteri, se il DNA è di natura leggera o pesante a seconda dell’azoto che è stato introdotto.
Si fanno crescere dei batteri nel terreno contenente azoto pesante e si aspetta del tempo affinché possano
avvenire dei cicli di replicazione (in genere una replicazione impiega 20 minuti) che permetta a tutto il DNA
dei batteri di essere costituito da azoto 15. Successivamente si aggiunge al terreno pesante quello con l’azoto
leggero e si estrae il DNA dei batteri dopo 20 minuti (primo ciclo) e dopo 40 minuti (secondo ciclo). A questo
punto si analizza il DNA con un vecchio metodo: si fa un gradiente in una provetta utilizzando del cloruro di
cesio. Al tempo zero (ovvero quando tutti i batteri sono cresciuti col DNA pesante) si ottiene una banda verso
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il fondo della provetta in cui si localizza il DNA parentale. Se si ripete lo stesso procedimento dopo 20 minuti
prendendo i batteri cresciuti in azoto leggero insieme a quello pesante, compare una banda più leggera.
(Bisogna ricordarsi che quando si centrifuga un gradiente, più il materiale è pesante più si deposita verso il
fondo). Nella provetta che contiene DNA estratto a 40 minuti le bande sono due: una alla stessa altezza del
campione a 20 minuti e una invece al peso atteso che dovrebbe avere il DNA quando è composto solo da
azoto 14.

DOMANDA STUDENTE: Quando i batteri vengono fatti crescere per la prima volta in terreno pesante non
dovrebbero avere metà DNA pesante e metà leggero?
RISPOSTA PROF: Si fanno crescere i batteri a lungo in azoto 15 in modo che tutti i batteri abbiano il DNA di
azoto pesante. Se non si aspettasse abbastanza si avrebbero delle generazioni intermedie con l’azoto
leggero. Inoltre se i batteri che crescevano in azoto leggero si fossero messi a crescere per 20 minuti in azoto
pesante si avrebbe la stessa situazione riscontrata nella prima generazione (sarebbe una sorta di passaggio
all’indietro ma il risultato sarebbe lo stesso).
Questo semplice esperimento ha permesso di capire che la replicazione del DNA è semiconservativa perché
dopo la prima replicazione si ha una banda intermedia, che non pesa né 14 né 15, bensì la metà. Facendo
dei cicli successi scompare la banda pesante e compare la banda leggera. Questo significa che i due filamenti
dell’elica pesante sono stati separati ed ereditati dalle cellule figlie e una volta effettuata la seconda
replicazione invece l’elica pesante si è appaiata all’elica leggera formando la banda intermedia e due eliche
leggere si sono appaiate tra loro formando la banda leggera. Questo prova che la replicazione è
semiconservativa e non conservativa perché altrimenti si sarebbe continuato a vedere la banda di azoto
pesante.
DOMANDA DELLA PROF ALLA CLASSE: Questo esperimento permette di dimostrare che è
semiconservativo e non dispersivo?
RISPOSTA STUDENTE E PROF: Sì perché se fosse stato dispersivo non avremmo avuto la banda leggera
(e quindi filamenti di nuova sintesi), ma avremmo avuto un filamento con azoto sia pesante sia leggero; cioè
non è detto che avremmo ottenuto il 50% di banda alta ed il 50% di banda bassa; la dispersione poteva
essere disomogenea.

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Tenuto presente che il meccanismo è semiconservativo questo implica che la doppia elica del DNA può
essere separata (il termine corretto è denaturata) e riappaiata. Tutto questo grazie ad una spesa energetica.
Separare due filamenti di DNA significa farli passare ad uno stato energetico superiore, perché quando sono
appaiati lo stato energetico è molto basso e stabile. Per denaturare le due eliche bisogna utilizzare
dell’energia come il calore.
Ad esempio, nel primo step delle reazioni di denaturazione della PCR si mette il DNA a 95° per 3 minuti: il
calore è sufficiente per spezzare i ponti idrogeno. Oppure si possono impiegare dei buffer (in particolare
ricchi di ioni idrossile) per separare chimicamente i due filamenti. La rinaturazione dei due filamenti avviene
in condizioni particolari: con la presenza di determinati enzimi che si occupano di riappaiare il DNA. Parliamo
in generale del DNA eucariote, quindi una molecola lunghissima che altrimenti tenderebbe ad avvitarsi su sé
stessa.
Il fatto che il meccanismo di replicazione sia semiconservativo significa che i due filamenti fungono da stampo
per la sintesi del nuovo filamento (con un meccanismo antiparallelo). Alla terza generazione, avremo
comunque delle molecole formate da un dimero in cui un filamento è esattamente il filamento della cellula
originale. Ovviamene man mano che la replicazione continua ci sarà una diluizione del DNA iniziale a favore
del DNA di nuova sintesi: questo significa che se ci fosse una mutazione nella molecola iniziale su uno solo
dei due filamenti, questa mutazione (essendo il DNA uno stampo) verrebbe propagata nelle successive
generazioni; essendo una mutazione che all’inizio è al 50% verrebbe diluita nella popolazione
(TEORICAMENTE). Ma, siccome viviamo in un macroambiente, la mutazione di solito va ad interagire
direttamente con gli ambienti circostanti. Quindi non basta dire che c’è una mutazione all’inizio e a causa
della replicazione semiconservativa la mutazione viene mantenuta con delle percentuali che vanno a
scendere ad ogni ciclo cellulare, ma dipende dall’ambiente circostante: se la mutazione dà un vantaggio, le
cellule che hanno questa mutazione verranno selezionate a scapito delle altre. Il classico esempio di
mutazioni che sono di per sé patologiche e sono selezionate per vantaggio proliferativo sono le mutazioni
per il gene della globina che sono causa di beta-talassemia. Normalmente queste mutazioni causano nel
paziente anemia (mutazione di per sé dannosa), tuttavia questa mutazione protegge dalla malaria. Infatti
nelle zone del sud Italia, come Puglia e Sardegna c’è un’elevata percentuale di soggetti talassemici perché
era un’ex area paludosa. Questi soggetti correvano il rischio di morire dissanguati ma non quello di infettarsi
di malaria.

Visione del seguente breve filmato: https://www.youtube.com/watch?v=TNKWgcFPHqw

Quello che affronteremo oggi è l’apertura del DNA che avviene grazie all’elicasi che genera la forcella di
duplicazione (o di replicazione). Ci saranno poi una serie di enzimi che intervengono durante il processo: la
primasi, la DNA polimerasi che polimerizzerà i filamenti nella forcella da entrambi i lati e moli altri.
(La prof ricorda che bisogna imparare a scrivere correttamente Okazaki, utile per l’esame)
LA FORCELLA DI REPLICAZIONE
La replicazione del DNA ha inizio all’origine di replicazione, ossia in un punto all’interno del DNA in cui
l’elicasi si lega ed inizia ad aprire e srotolare l’elica. Il DNA è formato da 4 basi azotate: Adenina, Timina,
Citosina e Guanina. L’origine di replicazione si trova in una zona ricca di A e T (perché ci sono solo due
ponti idrogeno da spezzare, al posto dei tre tra le basi C e G). Esistono diversi siti di replicazione: nei batteri
e nei procarioti di solito l’origine è una, mentre negli umani invece sono un migliaio.
DOMANDA E RISPOSTA PROF: Come mai sono così tanti negli umani? Un plasmide è lungo circa diecimila
paia di basi, mentre il genoma umano ne ha miliardi e se avessimo un solo punto di replicazione, anziché
avere la mitosi in circa 40 minuti o il ciclo cellulare di 24 ore, ci metteremmo settimane. Quindi esistono più
origini di replicazione per poter replicare il DNA in fretta. Inoltre la replicazione del DNA è un momento critico
per la cellula, perché normalmente il DNA non è allungato e srotolato, ma compattato in cromatina, avvolto
negli istoni e localizzato nella membrana nucleare, protetto da qualsiasi attacco esterno. Srotolare l’intero
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genoma e replicarlo per la cellula è un rischio molto elevato, deve essere dunque un processo rapido; per
questo ci sono più origini di replicazione. Aprendosi, le numerose forcelle di duplicazione che lavorano col
genoma umano si incontrano.

I filamenti di DNA sono antiparalleli. L’enzima che si occupa di sintetizzare il DNA non ha attività
antiparallela, ma agisce in una sola direzione (da 5’ a 3’). La forcella di replicazione, tuttavia, si muove in
entrambe le direzioni lasciando scoperto un po’ per volta nel caso del filamento superiore il 3’ e nel caso di
quello inferiore il 5’. Quindi, se la bolla di replicazione si muove verso destra, per il filamento superiore la
DNA polimerasi sta andando dritta (dal 5’ al 3’), mentre per quello inferiore si muove in modo opposto (dal 3’
al 5’). Siccome la forcella di replicazione si muove in entrambe le direzioni non è detto che la sintesi di DNA
avvenga contemporaneamente su entrambi i filamenti ed in entrambe le direzioni. Può succedere che il DNA
venga duplicato interamente in tutte le 4 direzioni della forcella (di solito) oppure potrebbe andare in una sola
direzione solo nel filamento superiore o solo nel filamento inferiore oppure potrebbe essere duplicato solo
nella parte destra o sinistra della bolla di replicazione.

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COME VIENE SINTETIZZATO IL DNA
Lo scopo è la replicazione dell’intera molecola di DNA, facendo il minor numero di errori possibile. Per questo
motivo la replicazione del DNA eucariote è più lenta di quello batterico: nel DNA batterico riusciamo a
raggiungere la sintesi di mille paia di basi al secondo, mentre nel DNA umano siamo intorno alle 100 basi al
secondo.
Il DNA viene sintetizzato in due modi: in maniera continua o discontinua (o indiretta). Se dividiamo la
forcella di replicazione in 4 quadranti avremo un quadrante a sintesi continua, uno a sintesi indiretta, uno
continuo e l’ultimo nuovamente indiretto.

DNA POLIMERASI
L’enzima DNA polimerasi si occupa della sintesi della nuova molecola di DNA; ne esistono di diversi tipi:
nei batteri sono 3, negli eucarioti 5. Nei primi sono presenti le DNA polimerasi I, II e III che si occupano sia
di replicare il DNA che di ripararlo. Allo stesso modo esistono 5 diverse polimerasi (α; β; γ; δ; ε) negli eucarioti
con le stesse funzioni sia di replicazione sia di riparazione; la grande differenza è che una di queste in
particolare, la DNA polimerasi gamma (negli eucarioti le varie polimerasi si chiamano con le lettere greche)
non si trova nel nucleo ma si occupa del DNA mitocondriale, che nelle cellule abbiamo ereditato dalla madre.

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(La prof. ribadisce che non serve imparare il ruolo delle varie polimerasi, bensì è più importante capire come
funziona la DNA polimerasi, tutto il resto serve per la lode).
La DNA polimerasi ha due principali caratteristiche:
1. Sintetizza solo in direzione 5’- 3’. Non è vero che non è capace di sintetizzare in direzione opposta,
semplicemente da 3’ a 5’ fa altro.
2. Non è in grado di iniziare la sintesi se non ha un doppio filamento. Non è in grado di “sedersi”
direttamente sulla forcella di replicazione in cui i due filamenti sono denaturati; ha bisogno di un
innesco, detto anche primer. (L’RNA polimerasi durante la trascrizione, invece, riesce a sintetizzare
direttamente da un singolo filamento).
La DNA polimerasi ha la forma di una mano (NON SCRIVERLO ALL’ESAME, serve solo per capire nel
concreto che forma abbia): all’interno, sul palmo, scorre il DNA parentale a singola elica (che funziona da
stampo); all’interno della mano si trova il sito attivo dell’enzima ovvero dove avviene la reazione di sintesi
vera e propria di allungamento del filamento di nuova sintesi. Inoltre all’interno della struttura è presente un
canale grazie al quale raggiungono il sito attivo i nucleotidi trifosfati (definiti anche nucleotidi entranti). Il
nucleotide trifosfato viene idrolizzato (in particolare viene rimosso il pirofosfato, cioè due fosfati) cosicché si
possa ricavare l’energia necessaria per creare il ponte fosfodiesterico, attraverso il quale sono legati i due
nucleotidi. L’allungamento avviene sempre all’estremità 3’ (perché la polimerasi polimerizza sempre dal 5’ al
3’). Il nucleotide viene inserito seguendo la regola dell’appaiamento: IN TEORIA leggendo lo stampo la
polimerasi aggiunge il nucleotide corrispondente. IN REALTA’ la polimerasi non sa che nucleotide sta
inserendo nella catena; quello che avviene è un appaiamento per tentativi: entrano dei nucleotidi nel sito
attivo della polimerasi e quando il legame è sufficientemente stabile, la polimerasi permette l’inserimento del
nucleotide attraverso l’idrolisi del gruppo fosfato. A livello probabilistico è molto stabile il legame AT e CG a
differenza dei misappaiamenti, che sono instabili. Quindi: si avvicina il nucleotide per tentativi allo stampo,
se si stabiliscono i ponti idrogeno normalmente la polimerasi crea il legame fosfodiesterico, altrimenti il
nucleotide si stacca e viene sostituito da un altro.

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COME AVVIENE LA SINTESI DISCONTINUA DEL DNA
Essendo i filamenti antiparalleli, la polimerasi si sposta nella stessa direzione della forcella di replicazione
solo in uno dei due filamenti e non per entrambi: quindi la polimerasi che sintetizza il DNA del quadrante in
basso a destra [per capire meglio vedere seconda immagine a pagina 5] si muove nella stessa direzione
della forcella di replicazione, ma il filamento antiparallelo superiore va in direzione opposta alla forcella e
quindi verranno sintetizzati tanti frammenti di DNA (sintesi discontinua). Avverrà la stessa cosa, ma al
rovescio, nell’altra metà della forcella. Infatti la sintesi avverrà in modo continuo nel filamento superiore e in
modo discontinuo nel filamento inferiore.
Nel momento che si ha la doppia elica di DNA non si sa distinguere quale parte di filamento è stata
sintetizzata in maniera continua e quale in modo discontinuo. Sappiamo che ci sarà un filamento sintetizzato
direttamente verso la forcella di replicazione (leading strand) mentre l’altro a frammenti (lagging strand).
Man mano che si apre la forcella la polimerasi si aggancia e sgancia progressivamente allo stampo inserendo
i nucleotidi sempre in direzione 5’-3’. Questi frammenti attraverso il quale viene sintetizzato il filamento
discontinuo (chiamato anche ritardato🡪questo nome non piace alla prof) vengono chiamati frammenti di
Okazaki. Per cui l’insieme e la ligazione dei vari frammenti fanno sì che anche il frammento sintetizzato in
ritardo diventi alla fine un filamento unico.

I PRIMER A RNA
I primer servono da inneschi affinché la DNA polimerasi possa iniziare a sintetizzare il nuovo filamento.
Questi primer sono composti di RNA e non di DNA. L’enzima che si occupa di inserirli è la primasi. Questo
significa che una volta che localizza il suo primer, la polimerasi lega il DNA a un primer di RNA: un frammento
di Okazaki è un ibrido costituito da una parte di RNA e l’altra di DNA. Questo succede anche nel filamento
continuo poiché inizialmente è costituito da un primer di RNA e una lunga sequenza di nucleotidi. Questi
primer non sono presenti nel DNA maturo perché al termine del processo di replicazione vengono rimossi
dall’enzima RNasi H. Compito di questo enzima, al termine della replicazione, è quello di digerire/rimuovere
il primer. A questo punto, se viene rimossa questa porzione, resterebbe un buco di 4 o 6 nucleotidi: il gap
viene riempito (ma non chiuso) dai nucleotidi del DNA grazie alla DNA polimerasi che arriva a sintetizzare la
parte mancante. Come detto la polimerasi non è in grado di chiudere il buco lasciato fra il frammento
precedente e quello successivo. In questo caso subentra un terzo enzima chiamato DNA ligasi (o gap closer)
che ricrea il ponte fosfodiesterico tra i due nucleotidi. La polimerasi non è in grado di farlo perché inserisce
per intero un nucleotide al 5’ e quindi la parte in 3’ resta sempre terminale.
DOMANDA STUDENTE: Perché sono presenti i primer a RNA?
RISPOSTA PROF: Il primer a RNA serve perché la DNA polimerasi non è in grado di sintetizzare sul filamento
stampo il singolo filamento; ha bisogno di una regione a doppio filamento per iniziare. Quindi per “ingannare”
la polimerasi viene creato ed inserito il primer a RNA.

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DOMANDA E RISPOSTA PROF: Perché il primer non è a DNA? In realtà l’utilizzo di primer a DNA risulta
poco funzionale per la cellula; il ribosio è uno zucchero più semplice del desossiribosio ed energicamente
favorevole per la cellula e soprattutto indica alla polimerasi dove iniziare; mentre altri frammenti a doppio
DNA rendono più complicata la sua duplicazione perché possono essere dei segmenti terminati.
DOMANDA STUDENTE: In che direzione si muove la forcella di replicazione?
RISPOSTA PROF: Teoricamente la forcella si apre in entrambe le direzioni, a destra e a sinistra, fino ad
incontrare altre forcelle di replicazione. Sul filamento antiparallelo, che va dal 5’ al 3’, se inizio al 3’ lo stampo
posso fare tutto il filamento dritto, mentre se non ho accesso al 3’, perché la forcella si apre sempre un po’
per volta, ho bisogno di ricominciare sempre da capo.
DOMANDA STUDENTE: Non è l’esonucleasi che toglie i primer a RNA?
RISPOSTA PROF: è corretto. Esistono le famiglie delle esonucleasi e delle endonucleasi. l’RNasi H si trova
all’interno delle prime. Le esonucleasi rimuovono DNA e RNA a partire da un’estremità, mentre le
endonucleasi tagliano i nucleotidi in mezzo alla struttura E NON VANNO A DEGRADARE LE ESTREMITà.
Le endonucleasi che non tagliano entrambi i filamenti del DNA, ma ne tagliano uno solo si chiamano nickasi.

Non è vero che la DNA polimerasi non sa andare all’indietro: in direzione 5’-3’ sintetizza il DNA e in direzione
3’-5’ effettua la correzione di bozze (proofreader). Nel caso in cui il nucleotide appaiato non sia corretto, la
polimerasi riesce a percepire un legame a idrogeno instabile (una sorta di “stortura” all’interno del DNA),
torna indietro in direzione 3’-5’ e rimuove la base errata. Se l’enzima non facesse tutto questo ci sarebbe un
errore ogni milione di paia di basi. Normalmente il ranking di errore grazie al correttore di bozze è di
10^8/10^9: in generale il meccanismo di lettura delle bozze funziona in maniera efficace. Questa attività della
polimerasi (il correttore di bozze) la fa rientrare nel gruppo delle esonucleasi: quindi la polimerasi in direzione
3’-5’ è un’esonucleasi perché taglia il DNA all’estremità.
DOMANDA STUDENTE: Quindi la polimerasi va avanti e torna indietro più volte?
RISPOSTA PROF: Sì
DOMANDA STUDENTE: Ma quindi è la stessa polimerasi che svolge tutte queste funzioni? Perché abbiamo
detto che ne esistono di 5 tipi negli eucarioti…
RISPOSTA PROF: Per prendere la lode all’esame si può specificare il compito di ogni tipo di polimerasi; se
non si punta alla lode bisogna semplicemente conoscere il meccanismo ed il funzionamento della polimerasi.
Non bisogna ragionare per compartimenti separati: non è che se un enzima svolge un determinato compito
non fa nient’altro. Le polimerasi in generale sanno polimerizzare e sanno muoversi in direzione opposta. Per
esempio la DNA polimerasi beta tendenzialmente ripara il DNA; ma questo non significa che non polimerizzi,
ma polimerizza con un’efficacia più bassa rispetto alla sua omologa alpha.

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CLASSICA DOMANDA D’ESAME: “Cita gli enzimi coinvolti nella replicazione del DNA”. Iniziare l’elenco
parlando della DNA polimerasi che è l’enzima chiave della replicazione. Gli enzimi NON sono le proteine
che non hanno attività enzimatica. Se si punta ad un voto elevato si possono citare tutti gli enzimi e se si
avanza tempo alla fine si chiarisce che oltre agli enzimi esistono diverse altre proteine non enzimatiche che
subentrano durante il processo di replicazione.

ALTRE PROTEINE IMPORTANTI


Esistono diverse altre proteine strutturali o funzionali che aiutano il processo di replicazione: in particolare
abbiamo l’elicasi, le topoisomerasi (che sono entrambe degli enzimi) e le SSBP (single-strand binding
protein) che legano il singolo filamento.
- ELICASI
L’elicasi è quell’enzima che srotola il DNA; come tutti gli enzimi ha bisogno dell’energia per lavorare. Tale
enzima è in grado idrolizzare l’ATP. Mentre si srotola il DNA si deve contrastare il fatto che di per sé
tenderebbe a richiudersi: a questo servono le SSBP. Queste proteine agiscono da monomeri legandosi al
singolo filamento (sia a quello superiore che a quello inferiore) mantenendo stabile la struttura di entrambi i
filmanti in modo tale che la polimerasi abbia direttamente accesso allo stampo. Prevengono quindi il
riarrotolamento del DNA.
L’elicasi si trova in testa alla forcella di replicazione: quindi si hanno due complessi di elicasi alle due estremità
della forcella. A causa del fatto che la replicazione è un meccanismo estremamente rapido questi enzimi
srotolano circa 500 nucleotidi al secondo a differenza della trascrizione dove invece si srotolano circa 10
nucleotidi al secondo (processo più lento e selettivo).

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- TOPOISOMERASI
Lo srotolamento della doppia elica può creare dei superavvolgimenti laddove la doppia elica non è ancora
stata srotolata. Per ovviare questo problema, intervengono le topoisomerasi che riducono lo stress
meccanico a cui è sottoposto il DNA durante il processo di replicazione.
Le topoisomerasi servono per “rilassare” il DNA. Per capire come il DNA si possa arrotolare su sé stesso
più volte si può immaginare di arrotolare un filo del telefono fisso di casa o un elastico per capelli/braccialetto
spiraliforme. Dopo che si creano dei superavvolgimenti sul DNA (durante la replicazione di più e durante la
trascrizione di meno), queste strutture “a forcina” vengono riconosciute dal sistema cellulare che può
decidere di tagliare quest’intera asola di DNA o no, poiché risulta essere molto simile a del DNA batterico o
virale, oppure può decidere di rendere queste strutture (le asole) non più accessibili al meccanismo di
replicazione.

Le topoisomerasi servono per prevenire questo tipo di danno. Ne esistono di due tipi:
1. Le topoisomerasi I tagliano un filamento
2. Le topoisomerasi II tagliano due filamenti
Le topoisomerasi tagliano i filamenti perché i superavvolgimenti sono talmente pericolosi per il DNA che è
molto meno rischioso fare un taglio che lasciare la struttura così. Quando si crea un’estrema rotazione
dell’elica la topoisomerasi I effettua un taglio in uno dei due filamenti; l’elica è quindi in grado di ruotare su
sé stessa riducendo la torsione ed il taglio viene rinsaldato. Fare tagli del DNA non è mai una buona cosa
poiché si rischia di appiccicare due estremità diverse creando una traslocazione cromosomica.

La topoisomerasi è un enzima nel cui sito attivo è presente una tirosina (amminoacido a forma di esagono).
La topoisomerasi I si lega covalentemente nel punto di rottura in modo tale da lasciare una sorta di
“segnalibro”, ovvero un segno che ricorda dove è stato tagliato il DNA e dove dovrà essere rinsaldato: si lega
quindi al fosfato del nucleotide al 3’ che viene tagliato dal nucleotide successivo. A questo punto, liberato
uno dei due filamenti, il secondo è in grado di ruotare riducendo la tensione dovuta alla torsione. A questo
punto la topoisomerasi ricrea il ponte fosfodiesterico che aveva precedentemente idrolizzato tra i due
nucleotidi e si stacca dal DNA.
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La topoisomerasi II si comporta in modo analogo ma su entrambi i filamenti. Tagliare entrambi i filamenti
equivale ad una doppia rottura del DNA (processo attivato durante le emergenze). Tale processo avviene di
frequente nella replicazione del DNA plasmidico. Questo DNA è circolare ed il rischio più grande avviene
quando durante la replicazione si crea una concatenazione di due molecole di DNA che non riescono a
separarsi. La topoisomerasi II è la versione raddoppiata della I: l’enzima si lega ad entrambi i filamenti di uno
dei due plasmidi (è indifferente quali dei due decide di tagliare), taglia i due filamenti del plasmide, fa passare
attraverso il taglio l’altro plasmide rimasto incatenato e rinsalda il taglio. Servono entrambe le estremità della
topoisomerasi II per poter riconoscere i due frammenti che sono stati tagliati: se una delle due estremità
venisse lasciata libera sarebbe passibile di attacco da esonucleasi o del meccanismo di aggancio di due
estremità non omologhe (che vedremo nella prossima lezione). Quindi il fatto che le due estremità dell’enzima
restino sempre attaccate al DNA a monte e a valle del taglio fa sì che queste estremità siano protette da
attacchi esterni e che siano facilmente richiuse.

Normalmente la topoisomerasi II interviene quando c’è una concatenazione di due plasmidi a doppio
filamento; se però uno dei plasmidi concatenati ha una mutazione a singolo filamento, in questo caso non è
necessaria la topoisomerasi II, basta la I. La II interviene sempre nel caso del DNA plasmidico quando si
creano delle strutture a forma di triskelion del DNA stesso non dovute alla replicazione o nel caso del
DNA eucariote durante la fase di replicazione se si creano dei supercoils dovuti all’azione combinata
dell’elicasi e delle proteine che mantengono il filamento disteso.

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Nella sezione di moodle di oggi la prof ha aggiunto un approfondimento extra per chi fosse interessato sulle
topoisomerasi, poiché sono state uno dei primi target della bioterapia. Andare ad interferire con le
topoisomerasi fa sì che si creino dei danni al DNA che portino la cellula ad attivare i meccanismi di apoptosi.
Ancora oggi, per quanto datati, gli inibitori delle topoisomerasi sono utilizzati nei principali protocolli di
chemioterapia insieme ad un’altra classe datata che sono gli analoghi delle basi che servono allo stesso
modo per essere inserite nel DNA tumorale; tuttavia essendo basi “tossiche” come il 5-fluorouracile, che va
a sostituire la timina nella sintesi del DNA, queste basi non possono permettere alla cellula ulteriori fasi di
replicazione.
- SSBP
Le SSBP (single-strand binding protein) sono dei monomeri che prevengono sia il riappaiamento del
filamento col suo complementare, ma anche la formazione delle strutture secondarie a forcina (a causa del
fatto che all’interno del singolo filamento del DNA ci possono essere delle parziali complementarietà): per
esempio una regione ricca di Timine e Adenine può far sì che le T a monte e le A a valle possono interagire
formando dei ponti idrogeno; questi sono legami deboli, ma per la polimerasi diventa complicato andare a
leggere questo tipo di struttura e il rischio è che faccia uno salto e passi oltre. Quindi il compito delle SSBP
è quello di mantenere il filamento disteso. Tali proteine agiscono in maniera cooperativa (anche se non
polimerizzano tra di loro) permettendo alla polimerasi di agire.

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- DNA PRIMASI
La DNA primasi (che è una delle DNA polimerasi) aggiunge dei piccoli primer a RNA permettendo l’attacco
della polimerasi. Essendo dei primer a RNA contengono l’uracile al posto della timina; questo non ostacola
la DNA polimerasi che inizia lo stesso il suo lavoro agganciandosi ad essi per la sintesi del nuovo filamento.
Successivamente i primer vengono rimossi dall’RNasi H (che è un endonucleasi) e il gap lasciato dai primer
rimossi vengono riempiti prima dalla DNA polimerasi e poi dalla DNA ligasi che va a riformare il ponte
fosfodiesterico tra i due frammenti a monte e a valle.
- DNA LIGASI
La DNA ligasi è un enzima, quindi va citato negli enzimi coinvolti nel processo di replicazione. Utilizza
l’ATP e in particolare l’idrolisi di ATP in AMP per ricreare il ponte fosfodiesterico.

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RIASSUMENDO IL PROCESSO DI REPLICAZIONE DEL DNA:
1. Sintesi del primer
2. Aggancio della polimerasi
3. Polimerizzazione
4. L’RNasi H rimuove il primer a RNA
5. La DNA polimerasi riempie fino al frammento successivo
6. Il gap che si è creato (chiamato nick) viene chiuso dalla DNA ligasi
Quando pensiamo alla replicazione del DNA, più che immaginarsi un evento sequenziale di processi,
dobbiamo pensare a qualcosa che avviene tutto contemporaneamente: l’elicasi inizia a srotolare; si legano
le SSBP; nella forcella di replicazione ha accesso la DNA primasi e l’RNA polimerasi. Quindi è un po’ forzato
il video che ha fatto vedere la prof a inizio lezione perché non avviene tutto in sequenza. Inoltre non è vero
che la DNA polimerasi si attacca e si sgancia quando ha finito di lavorare: più è lungo il frammento che deve
sintetizzare, più volte tenderà a staccarsi e riattaccarsi. È un evento molto più dinamico che una singola
immagine non riesce a spiegare bene (come del resto tutti gli eventi che avvengono nella cellula).

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IMPORTANTE!!! COM’E’ STRUTTURATO L’ESAME?
L’esame è diviso in tre blocchi:
1. Genetica molecolare (primo blocco di lezioni delle prime settimane)
2. Biologia cellulare (blocco successivo)
3. Genetica formale (terzo blocco)
Professori: Porporato, Martini, Ghigo
L’esame è unico e si svolgerà lo stesso giorno per tutte e tre le parti. Sono 3 scritti: di solito si utilizzano le
piattaforme online (non cartaceo). 2 domande aperte di genetica molecolare + 2 di biologia cellulare + 11
domande a risposta multipla o a quiz di genetica formale (dovrebbe essere scritto sulla scheda del corso).
Non ci sono orali. Una volta passato l’esame quel voto vale per sempre, a meno che non si decide di ridare
l’esame per cambiare il voto.
CHI SCRIVE TANTO NON VUOL DIRE NECESSARIAMENTE CHE PRENDE VOTI ALTI! I prof preferiscono
la sintesi, la chiarezza e la terminologia corretta.
Le domande sono aperte “ma non troppo” perché avremo a disposizione circa 40 minuti per ogni parte (20
minuti a domanda). Di solito avanza del tempo.
Se uno vuole approfondire ben venga, ma se si fa un approfondimento (per esempio sulle topoisomerasi)
ma non si risponde alla domanda non va bene.
Di solito per i primi appelli i prof ci impiegano di più a correggere gli esami perché hanno anche il canale C.
Invece per gli appelli futuri essendo in meno potrebbero dare l’esito anche in giornata.
L’esame è del primo semestre, le prime date saranno a fine gennaio/inizio febbraio (le date precise non ci
sono ancora).
Non ci sono parziali, è un unico blocco🡪quindi se uno non supera anche solo uno dei tre blocchi, l’esame
non è passato e va ridato per intero.
La prof ribadisce di far scrivere le mail solo ai rappresentanti; tendenzialmente rispondono sempre.
Se l’esame sarà su piattaforma, arriverà via mail per tempo il link alla piattaforma esami Unito e la
spiegazione di come funziona il compito e dove si svolgerà.
Se invece viene superato l’esame ma non viene caricato il voto sul libretto NON si deve scrivere ai prof
perché non si occupano loro di questo: ci sono gli appelli verbalizzanti (in cui bisogna iscriversi) per far
semplicemente verbalizzare (riconoscere e scrivere sul libretto) il voto d’esame. Quello che fanno i prof è
mandare via mail il numero di matricola, il voto delle tre parti e caricare sulla piattaforma (ma non sul libretto)
il voto finale che è la media matematica dei tre.
Di solito i prof lasciano aperte le iscrizioni agli appelli per una settimana e la chiudono una settimana prima
dell’esame. RICORDARSI DI ISCRIVERSI NELLA FINESTRA ESAMI (altrimenti i prof non possono farlo).
Se non ci si presenta all’esame per qualunque motivo, non scrivere ai prof via mail il perché.
Di solito per la correzione dell’esame i prof organizzano un incontro facoltativo. Presentarsi se è davvero utile
ascoltare la correzione, in particolare per coloro che non hanno superato l’esame, hanno preso un voto
“basso” o per chi vuole migliorare.

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