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MANIPOLARE IL GENOMA: LE BIOTECNOLOGIE

Alla fine del Novecento vi fu lo sviluppo della TECNOLOGIA DEL DNA


RICOMBINANTE, tecniche che consentono di manipolare l’informazione
genetica e che permettono anche di trasferire il DNA in altri organismi,
ottenendo così gli ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI.
La tecnologia del DNA ha portato alla nascita delle MODERNE
BIOTECNOLOGIE, che agiscono sul genotipo per ottenere nuovi fenotipi.
Le biotecnologie permettono di:
1)Usare cellule come BIOREATTORI per produrre molecole di interesse
farmaceutico
2)Generare PIANTE TRANSGENICHE dotate di caratteristiche nutrizionali
particolari
3)Trovare una soluzione alle patologie genetiche
4)Produrre nuove forme di energie, come i BIOCOMBUSTIBILI
5)Ridurre l’inquinamento ambientale con il BIORISANAMENTO
Le biotecnologie si dividono in tre aree GREEN, WHITE E RED BIOTECH.
I VANTAGGI DELLE BIOTECNOLOGIE MODERNE
Rispetto alle biotecnologie tradizionali, le BIOTECNOLOGIE MODERNE
OFFRONO NUMEROSI VANTAGGI
1)Sono più efficaci perché consentono di trasferire SOLO I GENI
INTERESSATI
2)I geni trasferiti possono provenire da specie molto distanti (dal punto
di vista evolutivo) rispetto alla specie ricevente: SI GENERANO VARIETA’
IMPOSSIBILI DA OTTENERE TRADIZIONALMENTE
3)Le moderne biotecnologie agiscono in maniera mirata in modo da
ottenere LE CARATTERISTICHE DESIDERATE con un’alterazione genetica
minima
La tecnica fondamentale è il clonaggio genetico
IL CLONAGGIO GENETICO
Vi sono 5 passaggi per il clonaggio
1)Il gene di interesse viene separato dagli altri geni nell’organismo di
partenza
2)Il gene va inserito all’interno del VETTORE DI CLONAGGIO, una
molecola di DNA plasmidico modificata. Il risultato è un DNA
RICOMBINANTE
3)Il DNA ricombinante può essere inserito all’interno di una cellula
ospite, attraverso la TRAFROMAZIONE
4)Le cellule trasformate vengono poi deposte su piastre in modo da
separare i batteri gli uni dagli altri e formare delle colonie distanziate
Il passaggio successivo è di isolare le cellule batteriche che hanno
incorporato il plasmide e quelle che non lo hanno ricevuto. Questo è
possibile grazie alla presenza di un MARCATORE DI SELEZIONE, un gene
che conferisce resistenza a un antibiotico. Così solo i batteri con il
plasmide ricombinante riusciranno a sopravvivere.
5)All’interno della cellula trasformata, il vettore può replicarsi grazie alla
presenza del SITO DI ORIGINE DELLA REPLICAZIONE del plasmide: si
formano molte copie del vettore e del gene che abbiamo inserito, che
può essere isolato e studiato.
Quando il batterio si divide, le copie del vettore si ripartiscono tra le
cellule figli: da ogni singola cellula batterica si genera una colonia di
cellule identiche, o CLONE.
GRAZIE AL CLONAGGIO GENICO E’ POSSIBILE GENERARE DIVERSI CLONI
DI CELLULE BATTERICHE, CIASCUNO DEI QUALI CONTIENE MILIONI DI
COPIE DEL GENE DI INTERESSE.

TAGLIARE IL DNA CON GLI ENZIMI DI RESTRIZIONE


Per separare un frammento di DNA si sfrutta l’azione di un enzima,
l’ENDONUCLEASI DI RESTRIZIONE. Le endonucleasi IDROLIZZANO IL
LEGAME FOSFODIESTERICO TRA DUE NUCLEOTIDI ADIACENTI
ALL’INTERNO DI UNA DOPPIA ELICA DI DNA. Gli enzimi endonucleasi
come EcoRI producono delle ESTREMITA’ COESIVE che sono utili per il
clonaggio. Esistono centinaia di endonucleasi, ciascuna in grado di
riconoscre una determinata sequenza di nucleotidi. I frammenti che si
ottengono sono separati e studiati attraverso una tecnica chiamata
ELETTROFORESI SU GEL
SALDARE IL DNA CON LA DNA LIGASI
Per inserire il frammento di DNA nel vettore plasmidico per ottenre il
DNA ricombinante si fa uso del DNA ligasi.
La DNA LIGASI è in grado di ricostruire il legame fosfodiesterico tra due
nucleotidi adiacenti utilizzando l’ATP come cofattore.
Tutte le cellule hanno la DNA ligasi, essenziale per le reazioni di
replicazione e di riparazione del DNA. Il vettore e il frammento genico
da incorporare nel vettore di clonaggio vengono tagliati entrambi con lo
stesso enzima di restrizione. In questo modo, le estremità coesive
possono unirsi spontaneamente alle estremità complementari presenti
ne vettore formando LEGAMI A IDROGENO. (Il legame ad idrogeno è
un’interazione (o legame) che si forma tra un atomo di idrogeno e un
atomo più elettronegativo.
Non è forte come un legame covalente, però è più forte delle altre
interazioni elettrostatiche.)
L’appaiamento mediato da legami a idrogeno può dare origine a una
debole unione tra i due filamenti. Alla reazione è necessario aggiungere
anche la DNA ligasi e l’ATP: in questo modo le due molecole di DNA si
uniscono covalentemente. Alcune DNA ligasi sono in grado di saldare
anche estremità non coesive, ma la reazione è meno efficiente perché
sono privi di estremità complementari e ciò non permette di farli unire
in modo spontaneo.
I VETTORI PLASMIDICI
I VETTORI PLASMIDICI usati per il clonaggio, sono molecole di DNA
circolare a doppia elica lunghi alcune migliaia di nucleotidi e devono
avere questi elementi.
1)Un’ORIGINE DI REPLICAZIONE per consentire la replicazione del
plasmide
2)Uno o più geni per la RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI
3)Un SITO MULTIPLO DI CLONAGGIO O POLILINKER in cui sono presenti
numerose sequenze di riconoscimento per diversi enzimi di restrizione.
In questa regione viene inserito il frammento di DNA da clonare.
Esistono diversi metodi per inserire i vettori plasmidici. La più utilizzata
è la TRASFORMAZIONE BATTERICA che sfrutta la capacità dei batteri di
inglobare frammenti di DNA. Oppure si usa la tecnica GENE GUN, che
permette di sparare il DNA nelle cellule dopo averlo caricato con
microproiettili in oro o tungsteno oppure attraverso la tecnica della
MICROINIEZIONE.
LE LIBRERIE GENOMICHE
Le tecniche di clonaggio permettono di costruire anche delle librerie
genomiche.
Le LIBRERIE GENOMICHE sono collezioni di cloni batterici ciascuno
contenente un diverso frammento di DNA.
Con questo sistema si può creare una serie di cloni che, racchiudono
tutto il genoma da cui poi estrarre il frammento di DNA che interessa.
Nelle librerie i frammenti genici contengono sia le SEQUENZE
CODIFICANTI (esoni) sia le SEQUENZE NON CODIFICANTI (introni).
Spesso, il modo più conveniente per isolare e clonare un gene consiste
nel partire dal corrispondente mRNA.
Però non è possibile clonare direttamente una molecola di RNA
all’interno di un vettore. Prima è necessario convertire il filamento
singolo dell’mRNA nella sua copia di DNA, chiamata cDNA.
Per generare una molecola di cDNA si usa l’enzima TRASCRITTASI
INVERSA che è in grado di utilizzare un RNA per generare una copia a
DNA a doppia elica
LA REAZIONE A CATENA DELLA POLIMERASI O PCR
LE PCR (reazione a catena della polimerasi o Polymerase Chain Reaction)
sfruttano due fenomeni naturali: LA TENDENZA DI DUE FILAMENTI DI
DNA AD APPAIARSI SPONTANEAMENTE e la CAPACITA’ DELL’ENZIMA
DNA POLIMERASI di copiare un filamento di DNA STAMPO
Il DNA STAMPO può essere sia un corto frammento che un intero
genoma. Nel nostro caso il DNA stampo sarà il vettore di clonaggio
contenente il cDNA. Prima di procedere alla PCR, questo vettore DEVE
ESSERE ESTRATTO per poi essere inserito nella miscela di reazione della
PCR, in cui è presente una coppia di PRIMER che forniscono l’INNESCO
PER LA REAZIONE DI POLIMERIZZAZIONE.
La PCR ha una sequenza di eventi che sono:
1)DENATURAZIONE: il DNA viene riscaldato in modo da separare la
doppia elica ed esporre il singolo filamento che servirà da stampo
2)IBRIDAZIONE: la temperatura viene abbassata, per consentire
l’appaiamento tra PRIMER e DNA stampo
3)ALLUNGAMENTO: la DNA polimerasi sintetizza la prima copia della
porzione del DNA stampo compresa tra i due primer. Avviene a
temperature alte e perché l’allungamento possa avvenire si usano DNA
POLIMERASI TERMORESISTENTI.
Terminata l’ultima fase il campione viene riportato ad una temperatura
alta e si ha una nuova denaturazione, in cui la doppia elica delle
molecole si apre e ricomincia di nuovo il ciclo.
L’IMPRONTA GENETICA
Le biotecnologie sono diventate un importante strumento per le
SCIENZE FORENSI, è possibile isolare il DNA presenti sulla scena del
delitto e con le PCR si amplifica la porzione di DNA per costruire
l’identikit genetico della persona. La tecnica più utilizzata è l’RFLP
(polimorfismi dei frammenti di restrizione). Sappiamo che ogni
endonucleasi di restrizione è in grado di RICONOSCERE UNA SEQUENZA
SPECFICA DI DNA.
Prendiamo due campioni di DNA da analizzare, provenienti da due
individui diversi che vengono digeriti da diversi enzimi di restrizione. La
misceli di frammenti di DNA viene analizzata mediante ELETTROFORESI
SU GEL. Questo permette di separare i frammenti e di visualizzarli sotto
forma di singole bande. Se i due campioni provengono dallo STESSO
INDIVIDUO, i siti di taglio saranno IDENTICI. Se i due campioni
provengono da DIVERSI INDIVDUI, sul gel compariranno BANDE
DIVERSE.
Un’altra tecnica è quella dell’IMPRONTA GENETICA. Tramite la PCR si
amplificano delle CORTE SEQUENZE RIPETUTE IN TANDEM presenti nel
DNA. Si tratta di tratti corti di DNA presenti in diverse parti del genoma
detti BLOCCHI formati da molte copie della stessa sequenza.
IL SEQUENZIAMENTO DEL DNA
IL SEQUENZIAMENTO GENETICO permette di ricostruire la
sequenza di basi che si susseguono nel filamento di DNA.
La tecnica fondamentale è basata sull’utilizzo di nucleotidi
modificati detti DIDESOSSINUCLEOTIDI che incorporati nella
catena di DNA ne bloccano l’allungamento. Per sequenziare il
DNA si sfrutta la capacità del DNA polimerasi di generare una
copia di un filamento stampo. Dopo essere stato denaturato il
frammento viene appaiato ad un primer che fa da innesco per la
reazione di sintesi. Il campione viene distribuito in 4 provette
ciascuna contenente:
-La MISCELA DI REAZIONE PER LA POLIMERIZZAZIONE
-I 4 DESOSSINUCLEOTIDI
-UNO DEI 4 DIDESOSSINUCLEOTIDI
In ogni provetta si formano filamenti di lunghezza diversa, a
seconda del punto in cui il didesossinucleotide è STATO
INCORPORATO e ha fatto terminare l’allungamento. Al termine i
frammenti vengono analizzati attraverso l’elettroforesi su gel: la
lunghezza delle bande permetterà di leggere la SEQUENZA A
PARTIRE DAL FRAMMENTO PIU’ PICCOLO A QUELLO PIU’
GRANDE.
IL VETTORE DI ESPRESSIONE
Le biotecnologie moderne permetto di far esprimere un gene clonato in
un altro organismo, in questo caso si parla di OGM.
Per raggiungere questo scopo si usano vettori plasmidici particolari: I
VETTORI DI ESPRESSIONE consentono di far esprimere il gene clonato
all’interno di una QUALSIASI CELLULA RICEVENTE. Nei vettori, il sito
multiplo di clonaggio è posizionato tra IL PROMOTORE E IL
TERMINATORE, in modo che qualsiasi gene clonato possa esprimersi.
LA PRODUZIONE BIOTECNOLOGICA DI FARMACI
Grazie alle biotecnologie è possibile inserire il gene per la proteina di
interesse in cellule facili da coltivare, come i batteri; l’apparato
metabolico cellulare permette di sintetizzarla ad un impatto ambientale
moto ridotto. In questo caso si parla di organismi BIOREATTORI
Il primo farmaco ottenuto è stato l’INSULINA. Infatti prima i pazienti
diabetici dovevano assumere l’insulina bovina purificata, che poteva
arrecare degli effetti collaterali. L’ingegneria genetica ha permesso di
CLONARE UN GENE DELL’INSULINA UMANA E DI FARLO ESPRIMRE IN
BATTERI, IN MODO DA OTTENERNE IN GRANDI QUANTITA’ IN FORMA
PURA.
Si utilizzano alcune piante, tipo il tabacco per produrre ANTICORPI
UMANI UTILIZZATI PER PATOLOGIE DA CURARE. Infine è possibile
modificare geneticamente un embrione di un animale da allevamento,
per ottenere animali che producano nel latte una molecola di interesse.
Queste tecnologie vengono definite PHARMING

LA TERAPIA GENETICA
Le biotecnologie moderne possono sia DISATTIVARE UN GENE IN UN
ORGANISMO, ma anche SOSTITUIRE UN GENE NON FUNZIONALE CON
LA SUA COPIA CORRETTA. Esistono infatti molte patologie dovute al
malfunzionamento delle proteine, per esempio il DEFICIT DELL’ENZIMA
ADA che causa una forma di deficienza immunitaria. Un gruppo di
ricercatori ha utilizzato un VETTORE VIRALE MODIFICATO PER INSERIRE
IL GENE ADA umano NELLE CELLULE DEL MIDOLLO OSSEO PRELEVATE
dal paziente. LE CELLULE CHE AVEVANO INSERITO NEL LORO DNA IL
GENE MANCANTE, VENGO DI NUOVO INSERITE NEL PAZIENTE DOVE
INIZIERA’ LA PRODUZIONE DELL’ENZIMA ADA.
Un altro successo riguarda un caso di EPIDERMOLISI BOLLOSA
GIUNZIONALE. Il paziente riceve un trapianto di pelle geneticamente
modificata, in cui il gene mutato era stato sostituito dalla COPIA
FUNZIONALE.
LE TERAPIE CON LE SELLULE STAMINALI
Nelle prime fasi dello sviluppo l’embrione è formato da cellule non
differenziate, ovvero, le cellule staminali. Esistono vari tipi di cellule, sia
nell’embrione che nell’organismo adulto che si distinguono in base alle
capacità di dare origine ai diversi tipi di tessuti e cellulare di un
organismo:
Totipotenti in grado di dare origine a tutti i tipi Cellulari, potenzialmente
un intero organismo. Zigote e cellule che formano l’embrione durante le
prime divisioni cellulari sono esempi di cellule Totipotenti.
Pluripotenti possono differenziarsi in uno dei tre foglietti embrionali
(mesoderma, ectoderma e endoderma) ma non possono generare un
intero individuo. Sono un esempio le cellule dell’ embrione nella fase di
blastocisti.
Multipotenti generano un limitato numero di tipi cellulari. Esempio le
cellule staminali ematopoietiche, che producono tutte le cellule del
sangue e si trovano all’interno dell’organismo adulto.
Oggi è possibile isolare sia le cellule staminali embrionali pluripotenti
(ESC, Embryonic Stem Cells) sia le cellule staminali multipotenti adulte
dette staminali somatiche (SSC, Somatic Stem Cells) e mantenerle in
coltura in laboratorio.
Ciò permette di avere a disposizione una riserva per differenziare diversi
tipi di cellule o interi organi. Tuttavia esistono degli ostacoli, poiché le
cellule staminali embrionali umane possono essere prodotte solo
generando in vitro embrioni umani, e tale procedura pone importanti
questioni di ordine etico.
Il problema non esiste per quanto riguarda le cellule staminali adulte,
dato che possono essere ottenute senza danneggiare il donatore, però,
le cellule staminali adulte sono molto rare e difficili da separare e,
inoltre, la capacità di dare origine a tessuti specializzati è molto più
bassa rispetto a quelle delle cellule staminali embrionali.
Anche in questo caso sono di grande importanza le biotecnologie, che
offrono nuovamente una soluzione. Infatti il ricercatore giapponese
Shinya Yamanaka, premio Nobel per la medicina nel 2012, ha ideato un
metodo per generare in laboratorio un terzo tipo di cellule staminali,
dette staminali pluripotenti indotte (iPSC, induced Pluripotent Stem
Cells).
Esse si ottengono dalla riprogrammazione di cellule adulte già
differenziate.
Questi geni codificano per fattori trascrizionali che differenziano la
cellula adulta riportandola indietro nel processo di differenziamento e
facendole riacquistare la pluripotenza. Il vantaggio di questa tecnica è
che non si basa su embrioni e può essere applicata a qualsiasi cellula
adulta.
Le iPSC sono lo strumento ideale per la terapia genica. Partendo da una
cellula qualsiasi, si potrebbe renderla pluripotente, correggerne il
difetto genetico e poi farla differenziare nel tipo cellulare desiderato
(esempio: cellula muscolare). Questa tecnica è ancora in fase di
sperimentazione e in futuro potrebbe aiutare a risolvere problemi
relativi la terapia genica di cellule difficili da isolare come le cellule
nervose.
LE APPLICAZIONI DELLE BIOTECNOLOIE IN AGRICOLTURA
Grazie alle biotecnologie possiamo modificare il patrimonio genetico di
qualsiasi organismo, piante incluse.
È possibile progettare piante per dotarle di caratteristiche vantaggiose,
come la resistenza ai parassiti. Il batterio Bacillus thuringensis, che vive
nel suolo, possiede un gene (cry) che si trova su un plasmide e che
codifica una proteina tossica per molti insetti parassiti.
La proteina si lega alle cellule dell’intestino degli insetti,
compromettendone la funzione, l’insetto non riuscirà più a cibarsi e
dunque morirà. La tossina è innocua per animali e per gli insetti benefici
come le api.
Il gene cry è stato inserito in molte specie di interesse agricolo come
mais, riso e cotone.
Le piante transgeniche che esprimono il gene cry, chiamate piante Bt
per il nome del batterio, sono naturalmente resistenti a molti parassiti.
Il vantaggio immediato è che non è più necessario utilizzare pesticidi
chimici, che sono fonte di inquinamento ambientale. Nel caso del mais,
ad esempio, per un ulteriore vantaggio: le lesione causate dagli insetti
parassiti, favorisce la crescita del fungo Fusarium, che produce una
tossina pericolosa per uomo e animali.
Il mais contaminata da questa tossina, non è utilizzabili per
l’alimentazione. Il mais Bt, al contrario, essendo resistenti ai parassiti, è
privo di questa tossina.
Oltre alla resistenza ai parassiti, si possono introdurre nei vegetali geni
che aumentano la resistenza a stress ambientali come freddo, siccità o
elevate concentrazioni saline.
Un’altra applicazione delle biotecnologie è la generazione di piante
arricchite di nutrienti come il Golden Rice, una varietà di riso arricchito
di vitamina A, presente in molti alimenti come uova, burro, carote e così
via; esso è un precursore molto importante di molte molecole essenziali
al metabolismo e alla crescita cellulare.
Tuttavia, nelle zone dell’India ed Estremo Oriente, essendo che il
principale nutriente è il riso, povero di vitamina A, fa sì che le persone
del posto abbiano una forte carenza di questa vitamina e ciò può
causare cecità infantile.
Un gruppo di ricercatori svizzeri di fatti, ha realizzato un riso transgenico
contenente due geni per la sintesi della vitamina A, derivati dal narciso
o dal mais e dal batterio Erwina uredovora. In questo riso, la vitamina si
accumula nei chicchi conferendo un colore giallo-dorato a cui si da
proprio il nome di Golden Rise. Esso è in fase di sperimentazione in Asia.

LA PRODUZIONE DI BIOCOMBUSTIBILI
Grazie alle moderne biotecnologie è possibile inserire anche più di un
gene alla volta in un organismo, dando vita a più vie metaboliche non
esistenti in natura. Un campo di applicazione di queste tecnologie, oltre
l’agricoltura, riguarda anche la produzione di biocarburante da scarti
vegetali.
Le principali fonte di energia nel modo sono i combustibili fossili come
carbonio e petrolio, ma sono comunque fonti non rinnovabili e
aumentano l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera,
contribuendo al riscaldamento globale.
Un’alternativa è rappresentata dai biocombustibili come il bioetanoli o
il biodiesel, sintetizzati per fermentazione a partire da masse vegetali.
Una fonte conveniente per la produzione di biocarburanti è
rappresentato dalle biomasse vegetali su scarto (rifiuto della
lavorazione del legno, sterpaglie, fusti di alberi morti ecc). Queste
biomasse sono ricche di carboidrati sotto forma di molecole complesse a
struttura tu fibrosa come la cellulosa ad esempio.
Per rendere sfruttabili gli scarti è necessario smaltire queste molecole,
liberando gli zuccheri di cui sono composte. Le vie enzimatiche per la
degradazione dei carboidrati complessi sono presenti in numerosi
microorganismi; sono stati generati microrganismi OGM contenenti
operoni di differenti specie batteriche per la degradazione della
cellulosa e quelli per la sintesi di acidi grassi, utili per la produzione di
bioDiesel. Questi ceppi sono capaci di accoppiare la degradazione della
cellulosa delle masse vegetali di scarto alla fermentazione, producendo
biocomustibile.

LE BIOTECNOLOGIE PER L’AMBIENTE


La possibilità di riprogrammare il metabolismo delle cellule trova
applicazioni anche nella lotta all’inquinamento come il sistema per il
Biorisanamento.
Tra gli inquinanti più pericolosi e difficili da eliminare, ci sono i metalli
pesanti (mercurio o piombo), rilasciati da scarichi industriali che spesso
contaminano le falde acquifere.
In batteri come Escherichia Coli, sono stati inseriti i geni MerT e MerP
provenienti da un trasposone batterici; questi geni codificano per un
sistema di trasporto del mercurio attraverso la membrana della cellula
batterica.
Inoltre, è stato aggiunto il gene per la metallotionina di lievito, proteina
che lega il mercurio intrappolandolo all’interno della cellula. I batteri
ingegnerizzati in questo modo possono essere immobilizzati su una
matrice solida per creare biofiltri in grado di assorbire il mercurio
presente nelle acque.
Oltre ai biofiltri, È possibile generare anche biosensori batterici che
rilevano la presenza di sostanze inquinanti nell’acqua e nel suolo. I
batteri sono stati progettati con il gene per la proteina fluorescente
verde GFP (Green Fluorescent Protein) delle meduse che rende il
batterio bioluminescenze e facilmente individuabile. L’espressione del
gene della GFP è regolata da un promotore che si attiva solo se sono
presenti sostanze inquinanti come gli idrocarburi. Se i batteri sono posti
in contatto con materiale contaminato, e mettono bioluminescenza
segnalando la presenza della sostanza inquinante.

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