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Lezione 5 Marzo

Dott.ssa R.Cascella

Tecniche di analisi del DNA

Il nostro genoma è costituito da circa 6 bilioni di lettere. La sfida di oggi è quella di riuscire a capire che
informazione è presente in queste lettere all’interno del nostro genoma per contestualizzarle nell’ambito che
più ci serve. Sappiamo come la complessità del genoma non correla con il numero di cromosomi (uomo 46
cromosomi, farfalla (lisandra atlantica) 250), né con la grandezza de genoma (genoma umano 3 miliardi bp,
ameba 670 miliardi bp), né con il numero di geni (essere umano circa 26.000 geni, riso 50.000 geni).

Ogni individuo condivide circa il 99,5% del genoma umano. Solo lo 0.5% della sequenza genomica ci rende unici
e consente l’identificazione personale. La grande variabilità che osserviamo tra individui all’interno di una
popolazione e tra popolazioni differenti è data sia da fattori genetici che da fattori ambientali. In ambito di
genetica forense a noi interessano i fattori genetici ed è per questo motivo che su quel 0.5% la genetica forense
fonda i suoi studi.

Cosa c’è all’interno di questo 0.5% che ci consente di parlare di variabilità interindividuale?

STRs – Short Tandem Repeats

SNPs – Single Nucleotide Polymophisms

CNVs - Copy Number Variations

Microdelezioni/Duplicazioni – Indels
Gli STR non sono altro che polimorfismi di lunghezza, quelli delle unità che si ripetono in modo variabile tra
individui. I polimorfismi di sequenza quindi gli SNP, non sono altro che il cambiamento di una singola base
all’interno di una sequenza con una frequenza nella popolazione maggiore del 1%. I CNV altro non sono che un
numero variabile del numero di copie di un gene, ed infine i polimorfismi di delezione o duplicazione.

Circa il 50% del nostro genoma è costituito da unità ripetute, le unità ripetute che più ci interessano dal punto
di vista della genetica forense sono gli STR.

Ci arriva un campione e dobbiamo essere in grado di estrarre il DNA. Le quattro fasi fondamentali sono:

Lisi
Separazione

Purificazione

Eluizione

Anche la fase di estrazione deve essere fatta all’interno di una cappa a flusso laminare per preservare
l’operatore, l’estrazione e il campione su cui stiamo lavorando, ovviamente l’obiettivo è non contaminare.

Tutte queste fasi di estrazione richiedono dei piccolini “aiutini” che possono essere la proteinasi K o il DTT,
questi elementi sono fondamentali per distruggere la parte proteica che avvolge in nostro nucleo prima di
arrivare al DNA.

L’estrazione organica per eccellenza è quella fenolo/cloroformio che necessita di una fase lisi, una fase organica,
una fase di precipitazione in etanolo e la fase finale di eluizione. E’ una metodica ormai non più utilizzata in
primis per i tempi, in secondo luogo per la tossicità dei reagenti anche se con questa metodica si riesce ad
estrarre DNA di alta qualità e grande quantità.

La metodica di scambio anionico sfrutta la carica negativa del DNA che aderisce su un supporto della superficie
con resina di estrazione, segue poi fase di lavaggio ed eluizione. Qui il limite è che se non siamo attenti nella
fase dei lavaggi, non tutto il DNA riesce ad essere allontanato dal supporto, e soprattutto se non siamo attenti
nella fase di lavaggio ed eluizione un po’ di materiale potrebbe essere perso.

Abbiamo poi la metodica Silica based anche qui si sfrutta la carica del DNA che aderisce ad un supporto in silice.
Il DNA si lega a particelle di silice in ambiente altamente salino permettendo un’elevata purificazione del DNA.
Allo stesso modo avremo dei lavaggi ed eluizione.

La metodica delle biglie magnetiche sfrutta il legame del DNA a biglie magnetiche. Il complesso biglie-DNA
viene immobilizzato, fasi di lavaggio, eluizione in acqua DNasifree.

Queste sono le metodiche che possiamo utilizzare. Alcune possono essere robotizzate come i metodi Silica
based e biglie magnetiche, l’unica parte manuale è la fase di lisi con proteinasi K. Ovviamente avendo
l’estrattore automatico si compra il kit adatto per quel tipo di estrattore, i kit ti fornisce tutto. L’avvento degli
estrattori automatizzati ha ridotto i tempi, i pericoli di contaminazione anche se è pur vero che è sempre
necessaria una fase di manutenzione per lo strumento (anche lo strumento di può contaminare). Tant’è vero
che in genetica forense quando si fa una estrazione del DNA si aggiunge sempre un bianco di estrazione, ovvero
tutti i reagenti che utilizzo per l’estrazione li metto senza DNA che mi serve come controllo negativo.

Una cosa che sta entrando a far parte nella genetica forense sono gli approcci Direct cioè la possibilità di
estrarre il DNA evitando sia l’estrazione computerizzata che robotizata bypassando gli estrattori, ad esempio io
prendo il mio tampone boccale che pongo all’interno di una soluzione, l’eluato lo uso direttamente per la fase
di amplificazione (PCR Direct).

Ottenuto il DNA dobbiamo essere in grado di fare saggi molecolari, quali PCR e tutte le metodiche in grado di
leggere i risultati della PCR , sicuramente non possiamo non parlare dei saggi molecolari di nuova generazione
quali la dPCR o la Next Generation Sequencing. Un saggio molecolare deve essere rapido, economico, affidabile
e riproducibile.

La PCR ha come scopo quello di amplificare n volte un tratto del genoma che ci interessa. Unico limite devo
conoscere le parti fiancheggianti alla parte che voglio amplificare. Gli attori principali nella PCR sono il DNA
stampo, i primer, la DNa Polimerasi, i 4 deossiribonucleotidi, reagenti (MgCl 2, buffer, altri cofattori). Tutti i
reagenti di una PCR possono essere modificati per migliorare la specificità e la sensibilità. I primer sono
sequenze nucleotidiche a singolo filamento complementari alla sequenza di riferimento, essi presentano
caratteristiche fisiche e chimiche. In quanto alle caratteristiche fisiche ci sono sempre 2 primers per ogni
sequenza di riferimento : forward (5’-3’) e reverse (3’-5’). La lunghezza è tra le 18-22 bp questo perché primer
troppo corti possono creare prodotti aspecifici, i primer più lunghi sono si più specifici ma c’è il rischio che
creino strutture secondarie sfavorendo la reazione di PCR. Per ciò che concerne le caratteristiche chimiche la T è
molto importante, la Tm dipende dalla lunghezza dei primer e dalla loro composizione, quella ottimale è tra 55-
60°. La Tm tra forward e reverse deve essere simile e può differire solo di 2/3°

Tm= 2° C (A+T) + 4°C (G+C)

Una temperatura    troppo bassa mi può dare dei prodotti aspecifici, una troppo alta può far si che la fase di
annealing si sovrapponga a quella di elongation. Generalmente se la PCR non va a buon fine, l prima cosa che si
fa è “dare la colpa i primes”, questo perché i primer possono essere anche disegnati dall’operatore.
In genetica forense si utilizza la PCR multiplex, il cui vantaggio è avere diversi prodotti di amplificazione in
un’unica reazione. I parametri da rispettare sono che non devo avere una sovrapposizione dei prodotti di PCR.
Altro elemento fondamentale in una PCR è la Taq-Polimerasi.

Ogni PCR consta di una fase di denaturazione, una di annealing e una di elongazione.
Una volta fatta l’elettroforesi classica devono leggere ciò che ho ottenuto tramite elettroforesi che ha il compito
di separare il DNA in base alla sua lunghezza in un campo elettrico. Solitamente si utilizza il gel di agarosio.

L’elemento all’interno del gel che mi permette di visualizzare il DNA è IL Bromuro d’etidio che è un intercalante
del DNA (riduce la velocità di migrazione di circa il 15%).
Oltre al bromuro d’etidio, abbiamo bisogno dei marcatori di peso molecolare. Alla PCR classica si contrappone la
Real time che mi consente di monitorare in tempo reale l’amplificato.

Nella real time si possono usare diversi elementi come il SYBR Green o le sonde fluorescenti. Il primo è una
molecolare fluorescente che si lega al DNA a doppia elica. La molecola fluorescente si lega random a tutte le
doppie eliche, includendo i dimeri di primers. E’ necessario ottimizzare la metodica per eviare la formazione di
prodotti aspecifici. Il SYBR Green non è utile in genetica forense soprattutto per la sua aspecificità.

Quello che è spesso utilizzato in ambito della genetica forense sono sonde ad ibridazione specifiche marcate
con molecole fluorescenti. Esistono diversi tipi di sonde:

Dual-labeled come le TaqMan

Molecular beacons

Scorpions

Sonde FRET
Una sonda TaqMan integra non riusciamo a vederla perché la fluorescenza del reporter è schermata dal
quencer.
Abbiamo un primer che prende il nome di iso-Dc e un quencer che prende il nome di iso-dGTP che sono
complementari. Questa chimica legge la Tm, quindi ho curve che tendono al negativo.
Sonde molecolari funzionano anch’esse con un sistema di reporter e quencer. Il passaggio fondamentale tra la
scelta della chimica della real time PCR e lo strumento è al fase di calibrazione. Cioè devo dire al mio strumento
che cosa deve leggere, che fluorescenza deve leggere, con che lunghezza d’onda deve leggerla.

Con la real time PCR posso genotipizzare o quantificare e dosare. Genotipizzare vuol dire leggere i polimorfismi
del singolo nucleotidi cioè andare a fare una discriminazione allelica, ovviamente la genotipizzazione può essere
applicata in qualsiasi campo della ricerca come il campo diagnostico (farmacogenetica). Solitamente una delle
chimiche che meglio si sposa col concetto di genotyping è quella delle sonde TaqMan, ne richiede due perché
una sarà complementare all’allele 1 e una all’allele 2.

Un esempio pratico di una real time di genotipizzazione è ad esempio il test di farmacogenetica per
l’interleuchina 28B

cioè è stato visto che due polimorfismi che si trovano nell’intorno del gene per l’interleuchina28B sono in grado
di alterare in termini di dosi quantità e tempo la risposta farmacologica alla terapia con interferone in soggetti
affetti HCV positivi con fenotipo di tipo 1, è stato quindi sviluppato un test su real time PCR di genotipizzazione
che ha il compito di discriminare le due classi alleliche e sulla base di questo valutare a terapia da adottare per
quel tipo di soggetto.

Veniamo ora al concetto di quantizzazione.

L’intersecazione tra il punto in cui inizio ad osservare l’accumulo dei prodotti di PCR e il ciclo corrispondente è il
punto Ct che fa riferimento al punto iniziale in cui inizio ad avere accumulo di prodotto. Il threshold viene scelto
dall’operatore. Solitamente in genetica forense quando si usano dei kit, è il sistema stesso che mi dice dove
mettere la threshold.

Con la quantificazione relativa io faccio un confronto con un gene endogeno che so essere presente in un
numero costante di copie in qualsiasi individuo ed il mio gene che voglio quantificare. La quantificazione si fa
sempre almeno in triplicato perché devo essere certa che lavoro sia perfettamente sovrapponibile. Col concetto
di poter quantificare un qualcosa all’interno del nostro genoma, entrano in gioco i CopyNumberVariations.
Solitamente i kit di amplificazione usati in genetica forense utilizzano la presenza di questi CNV proprio perché
bisogna trovare degli elementi stabili che mi aiutino a quantificare il DNA che ho estratto. E’ necessario avere un
elemento standard che dovrò utilizzare per quantificare i miei campioni sconosciuti. Come scelgo i punti con cui
iniziare a costruire la mia curva standard? Solitamente li scelgo sulla base di quello che è il quantitativo del mio
DNA di partenza.

Dopo l’amplificazione del DNA con PCR e quantificazione, ora dobbiamo vedere che informazioni ci da questo
DNA. Solitamente o si fa il sequenziamento con l’elettroforesi capillare o sfrutto l’elettroforesi capillare per
leggere i famosi STRs. La corsa elettroforetica avviene all’interno di un capillare, c’è un momento in cui un laser
irradia i campioni durante la loro migrazione e la fluorescenza emessa viene letta. I cpaillari solitamenti sono
fatti in silice e possono avere una lunghezza variabile. Solitamente si tende a lavorare con un capillare di 36 cm
che più o meno riesce a leggere una grandezza di amplificato fino a circa 800bp, se volessi leggerene di più
cambio capillare cioè un 50/80cm. Più capillari ho più campioni possono analizzare contemporaneamente.
Anche qui avrò degli specifici buffer di corsa, e anche qui possiamo adattarla alle esigenze di laboratorio.
L’elettroforesi capillare ha un punto di start a 60°. Lo strumento lavora ad una temperatura costante ma al
contempo richiede una temperatura costante anche all’interno della stanza in cui si trova il sequenziatore
(semplicemente perché con sbalzi di temperatura il gel potrebbe degradarsi a 40°) quindi la mantengo a una
temperatura di 15-25°. Mi discrimina non solo per lunghezza ma anche per fluorescenza. Anche il sistema
dell’elettroforesi capillare ha bisogno di un sistema di calibrazione che deve essere fatto per l’intero strumento
e per tutti i capillari. Con l’elettroforesi capillare posso fare due cose: sequenziamento e lettura e quindi
separazione dei frammenti di PCR.

Sequenziamento che nell’ambito della genetica forense riguarda soprattutto il DNA mitocondriale. Sequenziare
vuol dire l’immagine di tutte le singole basi che caratterizzano quel tratto che sto studiando. Ad oggi il
sequenziamento classico sta per essere bypssato dagli approcci di nuova generazione. Quello che ci interessa è
il sequenziamento di Sanger
Il sequenziamento Sanger che un po’ tutti abbiamo approcciato è quello automatizzato, quello “nuovo” dove le
4 reazione vengono riunite in un’unica reazione sfruttando l’elemento della fluorescenza, ovvero ogni singola
base azotata ha un suo fluoroforo e può essere identificata in un’unica reazione.

Qual è l’iter reale del laboratorio in generale? Esempio: DNA mitocondriale, lo estraggo, lo amplifico vado in
elettroforesi classica, lo purifico, faccio la PCR di sequenza e prima di arrivare alla fase del sequenziatore
capillare è richiesta una seconda purificazione

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