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Lezione 19 Marzo

Dott.ssa C. Buttini

La chimica nelle scienze forensi trova una grandissima applicazione, come nella tossicologia. La tossicologia è
quella parte della chimica che si occupa di studiare i composti che hanno degli effetti tossicologici
sull’organismo. La tossicologia va a determinare le sostanze presenti all’interno del nostro organismo che
possono essere sostanze dopanti cioè sostanze che vanno ad alterare alcuni aspetti fisiologici, o dei farmaci.
Con la tossicologia si ricercano quindi queste sostanze che sono delle molecole come morfina, cocaina,
anfetamine, caffeina, nicotina sono comunque sostanze che creano dipendenza, da un punto di vista chimico
può essere interessante vedere la quantità di sostanza presente nell’organismo. La merceologia va a
caratterizzare quelle che sono le fibre, vernici i materiali plastici e i materiali in generale a scopo forense.
Significa quindi che c’è una richiesta dal foro e quindi dall’autorità giudiziaria. Con la chimica analitica noi
ricerchiamo qualcosa attraverso tecniche e strumentazioni, quindi andare a ricercare dei target. Da qua
derivano due necessità, la prima è quella di conoscere bene quello che andiamo a ricercare e la seconda cosa è
che dobbiamo utilizzare delle tecniche adatte a ricercarlo. Molto importante è anche la parte che si occupa di
scoprire la falsificazione dei documenti. Un altro aspetto della chimica forense sono gli esplosivi e gli
infiammabili, sempre per lo stesso motivo cioè che il chimico vuole andare a vedere se un esplosivo o
infiammabile trovato sulla scena del crimine coincide con l’esplosivo e l’infiammabile ritrovato a casa di Tizio.
Altra applicazione molto interessante sono i residui di polvere da sparo, GSR acronimo per gun shoot residues,
quando c’è una deflagrazione di un qualsiasi congegno in grado di deflagrare si creano delle pressione e T
talmente elevate che la materia sublima, passa dallo stato solido a gas, questo momento di T e pressione fa si
che i metalli di cui sono fatti i prodotti deflagranti vanno ad essere ad una T elevata in fase liquida in fase quasi
gas, ma poi questi raffreddandosi ritornano alla fase solida e formano degli aggregati che prima non c’erano.
Quindi attraverso una tecnica molto particolare che si chiama SEM-EDX (il SEM accoppiato ai raggi X) si vanno a
vedere i metalli di cui sono formati queste particelle, siccome le cartucce sono costituite da alcuni metalli in
particolare quali piombo, antimonio, alluminio, con tracce di potassio, calcio, sodio andando a fare uno spettro
SEM-EDX e trovando dei picchi corrispondenti a questi atomi vuol dire che sono caratteristici dei residui di
polvere da sparo (questo per dire che quando si va a fare lo stub si va a fare questa cosa qua).

La chimica forense si occupa anche della tracce biologiche. La traccia biologica arriva in laboratorio e viene
lavorata per ottenere il profilo genetico. Questa traccia arriva in laboratorio in un certo modo, il che significa
che deve essere stata repertata dal luogo in cui è stata deposta, e deve essere repertata in un certo modo, con
tecniche particolari mantenendo una catena di custodia. A noi arriva e la prima cosa da fare è capire che tipo di
traccia si ha e capire se si può andare avanti nelle fasi successive con quantificazione/amplificazione.

La genetica forense ha come obiettivo arrivare all’identificazione personale attraverso un profilo genetico. La
base della nostra trattazione sarà quindi il DNA. Ci sono delle caratteristiche del DNA che sono peculiari e che ci
spiegano tutto quello che succede nelle fasi successive, dobbiamo sapere man mano quello che facciamo al
nostro campione. Quello che è importante del DNA è la struttura e la stabilità, che dipende da tre cose: dai
legami H che si instaurano tra le coppie di basi appaiate e soprattutto dalle forze di impilamenti tra gli anelli
delle basi azotate successive, queste forze di impilamento sono dei legami intermolecolari – forze di Van der
Waals- che permettono di dare una forte stabilità alla doppia elica pur essendo di per sé legami deboli. Ed in
ultimo le interazioni elettrostatiche tra i gruppo fosfato che sono dissociati e quindi sono negativi. Una volta
visto quali sono le forze che stabilizzano il DNA, vediamo come facciamo a denaturare il DNA, anche
incidentalmente. Calore e pH estremi causano la denaturazione o la fusione del DNA a doppia elica. Se le due
catene sono completamente separate , la rinaturazione avviene in due tappe. Nella prima, relativamente lenta,
le due catene devono prima “trovarsi” mediante collisioni casuali e formare un breve segmento di doppia elica
complementare. La seconda tappa è molto più rapida: le coppie di basi rimaste non appaiate entrano
facilmente in contatto tra loro e le due catene si uniscono a “cerniera” da sole formando la doppia elica
completa, L’interazione tra le basi impilate ha l’effetto di ridurre la quantità di luce UV assorbita da una
soluzione di un acido nucleico rispetto a una soluzione contenente lo stesso numero i nucleotidi liberi; il
decremento dell’assorbimento di luce è ancora più evidente quando due acidi nucleici complementari si
appaiano. Questo effetto è detto ipocromico. La denaturazione di un acido nucleico a doppia catena produce
invece l’effetto opposto: un aumento dell’assorbimento della luce, chiamato effetto ipercromico. La transizione
del DNA da doppia elica a DNA denaturato a catena singola può essere monitorata sfruttando le variazioni di
assorbimento della luce UV.

Non tutto il DNA si denatura allo stesso momento, e questo dipende dalla composizione del DNA basti pensare
che tra AT ci sono due legami a H mentre tra CG ce ne sono tre quindi in quest’ultimo caso avrò bisogno di più
energia per rompere 3 legami H.
Altro modo per rompere i legami a H è interporre delle molecole che vanno a formare legami a H con le basi
azotate rispetto a quello che avviene tra le basi azotate complementari. Queste sostanze sono l’urea e la
formammide che hanno un N in grado di fare legami a H (legame intramolecolare che si instaura quando H è
interposto tra O e un atomo più elettronegativo del H). Il PH è importante perché se le due eliche hanno tanti
ioni fosfato negativi, questi possono respingersi tra di loro per la forza di Coulomb. Il gruppo fosfato è un gruppo
triprotico il che significa che può dare tre dissociazioni e ogni dissociazione ha una costante di dissociazione
diversa.

In generale a ph 5 i gruppi fosfato sono già ionizzati quindi carichi negativamente, invece a ph più acidi ci sono
tanti ioni H+ o meglio H3O+ che sono in grado di fermarli, però non è stata ancora raggiunta la terza
dissociazione che avviene a ph 12. Questo vuol dire che a ph molto basici i gruppi fosfato sono totalmente
idrolizzati e quindi ci può essere questa forte repulsione tra le due eliche. Applichiamo questo concetto chimico.
Quando si deve decontaminare un bancone ad esempio che cosa si utilizza? Etanolo, candeggina…

La candeggina è una soluzione basica, è una soluzione a ph basico (dipende dalla concentrazione della
candeggina che si usa ma generalmente non è maggiore di 11) e permette quindi di denaturare il DNA.

L’ultima cosa è la forza ionica e il fatto che ci siano degli ioni, se faccio in modo che questi gruppi fosfato anche
se sono dissociati in realtà siano schermati perché li ho neutralizzati, comunque vado a rinaturare il DNA nel
senso che diminuisco le forze di repulsione tra le due elice negative quindi se utilizzo degli ioni positivi come
Mg, Na, K andranno a schermare le cariche negative del P quindi diminuiscono la repulsione e aumentano la
stabilità della doppia elica. Il Mg ha una doppia funzione perché è anche un cofattore delle esonucleasi di
restrizione, quindi se c’è Mg nell’ambiente queste esonucleasi vanno a rompere il DNA, quindi? In realtà
dobbiamo vedere in quali fasi le usiamo, ad esempio nelle provette del sangue sarà presente EDTA che andrà a
chelare gli ioni Mg perché noi vogliamo preservare l’integrità del DNA. In genetica forense nella fase analitica
noi il DNA lo abbiamo già pulito, non c’è il rischio di siano esonucleasi di restrizione.

Un’altra cosa che ci serve per decontaminare dal DNA è la luce UV, è una porzione della luce che ha una certa
energia. In pratica si fornisce una certa energia alle basi azotate in modo tale che si formino dei dimeri di
timina, se ci sono due timine adiacenti fornendo loro energia si possono formare dei legami covalenti
intratomici tra loro; dimeri di timina che destabilizzano la doppia elica creando anse che rompono la struttura.
(Mandare raggi UV nella cappa)

Quindi il DNA si denatura soprattutto con i raggi UV e con agenti riducenti (agente riducente abbassa il ph).

Ogni reazione redox è formata da una coppi ossidante/riducente. Un ossidante è una sostanza che si riduce e
permette l’ossidazione dell’altra molecola, un riducente invece è una sostanza che si ossida e riduce un’altra
molecolare. Per altre definizioni il fatto che una sostanza sia acida o basica dipende anche dalla disponibilità
elettronica, una sostanza basica è una sostanza che è in grado di cedere un doppietto elettronico, una sostanza
acida è invece in grado di accettare un doppietto elettronico. Una sostanza riducente è una sostanza che va a
rompere i legami a H perché aumenta il ph basico della soluzione.

Detergere una superficie significa allontanare le materie grasse, macroscopiche e quindi si utilizzano i
tensioattivi che vanno a formare le micelle che tolgono tutta la parte idrofobica. Invece disinfettare vuol dire
ridurre la contaminazione batterica.

L’altro ambito importante per la genetica forense è la riVelazione del DNA. Il DNA in tutte le fasi analitiche deve
essere costantemente monitorato. Il rivelatore sarà l’ultima parte della strumentazione che permette di
trasformare il dato biologico in dato digitale. L’analita è Il DNA, ma quale DNA? Perché alcune volte vogliamo
vedere se il DNA è nella forma attiva, altre se è denaturato, altre frammenti di DNA.

Come possiamo andare a rivelare il DNA. Alla base di tutte le tecniche di chimica analitica c’è un’interazione tra
materia ed energia, cioè ci dev’essere un’interazione primaria che mi permetta di modificare in un certo istante
la commistione chimico fisica della materia in esame in modo che questo modifiche vengano poi rivelate dallo
strumento e quindi dal rivelatore. Le tecniche sono le più disparate, le spettroscopie che vanno a caratterizzare
la componente atomica delle sostanze, poi la cromatografia e la spettrofotometria dove si va ad ottenere uno
spettro utilizzando come energia la luce. Posta la natura duale della luce come corpuscolo e come onda, come
onda ha una frequenza e una lunghezza d’onda.
E= hv

Lo spettro della luce è un insieme di tutte le radiazioni che hanno tutte le lunghezze d’onda possibili. L’energia è
la luce e la materia dobbiamo ricordare come è costituito un atomo. Immaginiamo i livelli energetici quindi le
posizioni nello spazio dove stanno gli elettroni dell’atomo come sfere concentriche, che man mano che si
allontanano dal centro hanno delle energie maggiori. Il grafico sotto è un grafico delle energie di legame che
dice che la molecola tende a stare nella posizione di energia più bassa e quindi stabilità maggiore.

Se la distanza tra due molecole è più piccola del limite di equilibrio allora le forze di Coulomb sono elevate e la
molecola si spezza se invece le due molecole sono lontane, l’energia di interazione è più piccola. Noi pensiamo a
degli scalini, ogni scalino che io salgo è energia in più richiesta. Se la molecola ha diversi scalini a disposizione in
base a dove io mi posiziono in un certo momento potrò avere delle informazioni caratteristiche di quel
determinato scalino. Le tecniche di spettrofotometria o spettroscopia sono diverse a seconda del tipo di
porzione di luce e quindi della quantità di energia che io vado a fornire alla molecola, mi da informazioni diverse
sulla molecola.
Noi abbiamo la spettroscopia nel visibile e nell’UV, poi la spettrofotometria e spettroscopia nell’infrarosso, poi
la risonanza magnetica nucleare quindi si vanno a vedere gli scalini interni del nucleo e poi la spettroscopia
atomica che va a vedere le transizioni degli elettroni più interni. Perché ci sia l’interazione primaria tra molecola
ed energia è necessario che queste due grandezze siano simili tra di loro. La luce è un’onda che oscilla quindi
per interagire con la molecola, deve trovare un qualcosa che sia un’onda che oscilla nella molecola. Cos’è? Gli
elettroni, il movimento degli elettroni fa si che ci sia la possibilità di creare delle onde nelle molecole, se le onde
(della luce e della molecola) sono in fase tra di loro allora ci potrà essere interazione. Le oscillazioni elettroniche
ci sono nelle cosiddette transizioni cioè nei passaggi dai livelli energetici più esterni a livelli energetici più interni
o viceversa.

Se io fornisco energia ad un atomo attraverso la luce, io fornisco un certo pacchetto di energia es. energia 10
che significa che posso arrivare fino al 3 gradino, la molecola però tende alla stabilità quindi energia minore
quindi sicuramente dal 3 gradino vuole tornare al primo che magari è a energia 2 per passare però al gradino
precedente deve cedere quel gap di energia per due gradini e questa è emissione di energia sottoforma di
radiazione. L’atomo parte sempre dal livello fondamentale Eo, ora io posso fornire energia, cioè irradio con una
luce che entra nel range del visibile UV che arriva nel livello di E2 che è superiore, però questo stato alla
molecola non va bene per cui le tende a ritornare a tornare al livello fondamentale emettendo energia. Le
uniche transizioni possibili sono queste:

Non tutti i trasferimenti tra livelli energetici sono possibili ma ci sono delle regole di selezione. Ci sono
transizioni permesse e non permesse. Quelle che ci permettono di vedere quello che poi è il colore e quindi la
radiazioni sono quelle degli elettroni  dove ci sono doppi legami uno è un legame  e uno Quali sono le
molecole in grado di emettere colore nel visibile? Sono quelle ricche di doppi legami quindi i dieni coniugati o
quelli delocalizzati. Tutte le volte che vedete molecole piene di doppi legami coniugati tra di loro siate sicuri che
quelle sono molecole che sono in grado di emettere colore, radiazioni con emissioni di colore nel visibile. La
spettrofotometria nell’UV visibile è un’analisi che può essere sia qualitativa che quantitativa. Qualitativa
significa che mi da informazioni sul tipo di componente del campione,

quella quantitativa mi da informazioni sulla concentrazione della componente in soluzione.


Ogni molecola proprio perché è fatta in maniera diversa, sarà in grado di emettere energia di una determinata
lunghezza d’onda, il DNA emette a 260 nm di cui sono responsabili le basi azotate.

Ho un fascio di luce quindi energia, il campione ne assorbe un po’, quella che emette è quella che io ho dato
meno quella che ha assorbito. Tramite la legge di Lambert- Beer io posso utilizzare la spettrofotometria per
analisi quantitative.

Casi particolari di assorbimento sono la fluorescenza e la fosforescenza. Il concetto è sempre lo stesso fornisco
energia alla molecola fino ad un determinato livello e poi gli elettroni tendono a ritornare allo stato
fondamentale. Gli elettroni lo possono fare in maniera diversa.
Nella fluorescenza l’elettrone passa da uno stato fondamentale e arriva ad uno stato eccitato, quindi quando
poi ritorna emette ad una lunghezza d’onda maggiore. Nella fosforescenza prima che l’elettrone ritorni allo
stato fondamentale, c’è la conversione intersistema cioè l’elettrone arriva in un stato eccitato cioè di tripletto
invece che di singoletto. La fosforescenza dura più della fluorescenza e con essa si possono fare sia analisi
qualitative che quantitative.

Fluorofori importanti sono il bromuro di etidio, i Syber Green ecc con un gran numero di dieneni coniugati. Il
Syber Green.

Se l’elettrone invece di tornare nello stato fondamentale viene attratto da qualcos’altro (QUENCER) c’è
assorbimento ma non emissione, posso sfruttare questo fatto per spegnere la fluorescenza. Lo spegnimento di
fluorescenza dipende ovviamente dal tipo di molecola in gioco, dalla concentrazione di quencer.

Un’altra applicazione della chimica nella genetica forense è l’esaltazione delle tracce biologiche. Le tracce
biologiche di cui parliamo sono i fluidi biologici, le impronte e le formazioni pilifere. Esse possono essere
evidenti o latenti. Il primo step per capire se ci sono tracce latenti è l’evidenziazione attraverso diversi metodi,
quali metodi ottici, fisici e chimici. Si va dal generale al particolare. Il primo metodo ottico sono i nostri occhi, il
sopralluoghista quello che vede reperta. Un’altra cosa che si fa subito è quello di utilizzare luci diversi e quindi
parliamo dei metodi ottici.
La luce che è l’insieme di radiazioni di tutto lo spettro è chiamata luce bianca, ma noi sappiamo che la luce è
divisa in diverse componenti. Una radiazione con una precisa lunghezza d’onda è detta luce monocromatica.
Abbiamo già detto come gli oggetti in funzione delle loro proprietà molecolari possono assorbire la luce,
rifletterla, emetterla o trasmetterla, quindi la percezione del colore dipende dalla radiazione che quell’oggetto è
in grado di assorbire e di emettere. A volte non è possibile vedere delle tracce ad occhio nudo, quindi la prima
cosa da fare è utilizzare la luce radente sempre la luce bianca però ad un angolo di incidenza diverso rispetto a
quello dei nostri occhi. Se la luce radente bianca non basta allora si possono usare le luci forensi che hanno il
grande vantaggio di non distruggere il campione.

Ci serve quindi la sorgente di luce appropriata per far si che la molecola emetta la fluorescenza e i rivelatore
appropriato. Nella fluorescenza il picco di assorbimento è diverso dal picco di emissione, c’è il cosiddetto sit di
Stokes. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di filtri, che permettono di far passare una porzione bene
precisa dello spettro.
Lo strumento che risolve tutti questi problemi è il minicrimescope. Che non è nient’altro che una sorgente a
diverse lunghezze d’onda anche al di fuori del vicino UV e del visibile. In dotazione ci sono anche gli occhiali
colorati, il campione una volta irradiato emette per fluorescenza che posso vedere tramite questi occhiali. Già
nello strumento c’è un filtro che permetterà di selezionare una luce monocromatica che verrà attenuata e
filtrata poi tramite il secondo filtro degli occhiali. Il sangue è l’unica traccia biologica che col minicrimescope
non si vede.
La c. viene utilizzata soprattutto per individuare del sangue.

Altro modo per evidenziare le tracce sono i metodi fisici, parliamo in particolare di impronte.

A volte però queste non bastano e si preferisce utilizzare dei metodi più forti che sfruttano delle reazioni
chimiche tra la parte rassa dell’impronte e dei reagenti. Se l’impronta è datata la polvere non aderisce. E questi
sono i metodi chimici
Successivamente per la rivelazione si usano coloranti quali Rodamina 6G, Ardrox e Basic Yellow 40.
Una volta che abbiamo esaltato le tracce, prima di andare ad estrarre il DNA dobbiamo andare a vedere se
quella è una traccia biologica ovvero se è un liquido di interesse forense. La diagnosi generica è un insieme di
fasi analitiche che ci permettono di identificare il genere di una traccia e questo significa due cose cioè andare a
determinare la NATURA della traccia ovvero se è sangue se è saliva, sperma ecc ioè che tipologia di fluido è, e la
SPECIE cioè andare a vedere se è umano.

Noi utilizziamo determinate tecniche analitiche in base a quello che ricerchiamo e dobbiamo conoscere di cosa
si compongono tutti i fluidi biologici.
Partiamo dal sangue. I test possono essere divisi in base al processo chimico che è alla loro base. Ci sono metodi
colorimetrici e chimici. I primi sfruttano l’ottenimento di un colore visibile in seguito ad una reazione chimica.

Nel sangue sono presenti le perossidasi che catalizzano le reazioni di ossidoriduzione.


Due sono gli svantaggi della tecnica, in primis la stanza deve essere totalmente buia, la fluorescenza dura circa
30 secondi e non è poi più ripetibile e poi crea dei falsi positivi perché i catalizzatori possono essere non solo le
psuedoperossidasi ma anche altri elementi. (la candeggina è uno dei falsi positivi). Per cercare di ovviare a uno
di questi problemi, un miglioramento del luminol è il bluestar.
Sono strip in cui il cuore del test è questa membrana di nitrocellulosa che permette la migrazione del tampone.
Sulla strip è presente una linea con gli Ab monoclonali diretti contro il mio traget, quindi se durante il cammino
sono presenti nel campione essi si legheranno agli Ab, c’è sempre una control line serve per vedere se il test
funziona. Sono test immunochimici non tutti confermativi, come quello del gruppo sanguigno.
Hexagon da alcuni è considerato confermativo da altri presuntivo per la presenza di falsi positivi in gorilla,tasso
e donnola.

Anche la spettroscopia (presuntivo), con l’assorbimento del gruppo eme.


Liquido Seminale

Il liquido seminale è un fluido biologico trasparente tendente al bianco opaco in cui le cellule corpuscolari, ossia
gli spermatozoi, sono immersi in un mezzo liquido chiamato plasma seminale, costituito da acqua, zuccheri,
lipidi, sali minerali e proteine. Visualizzazione diretta degli spermatozoi. Christmas Tree: è il metodo più
utilizzato per la rivelazione istologica del liquido seminale. Esso è denominato “Albero di Natale” impiega un
colorante a base di picroindagocarmino (Nuclear Fast Red) che rende le teste colorate di rosso e le code
colorate di verde. Una variazione della tecnica impiega una soluzione di proteinasi K che denatura le cellule
epiteliali rendendo le teste delle cellule spermatiche maggiormente visibili. Altri coloranti meno efficaci del
Christmas tree sono il Christmas tree modificato da Gram, quello di Baecchi, di Papanicolau e di Wright.

Metodi Colorimetrici

Le reazioni responsabili del viraggio cromatico sono di due tipi: la reazione di catalisi enzimatica e la reazione
complessometrica. Nella prima gli enzimi fisiologicamente presenti nel liquido seminale catalizzano l’idrolisi di
fosfati organici, formando dei prodotti che reagiscono con dei sali cromogeni causando un cambiamento di
colore visibilmente rivelabile. Nella seconda (reazione complessometrica) alcune molecole presenti nello
sperma reagiscono con opportuni reagenti, portando alla formazione di complessi colorati. La catalisi
enzimatica è una reazione in cui gli enzimi, proteine che sono i catalizzatori biochimici del nostro organismo,
abbassano l’energia di attivazione della reazione metabolica in oggetto che avviene tra due reagenti, la quale
senza la loro presenza non avrebbe luogo
Florence test

Può essere considerato il primo vero test accettato dalla comunità scientifica per la ricerca del liquido seminale.
Impiegato per molto decenni, è ormai caduto in disuso a causa della sua bassa specificità, già riscontrata
all’epoca. Tale tecnica rileva la presenza della colina, una proteina che, reagendo con idrossido di potassio in
ambiente basico, precipita sotto forma di precipitato brunastro, che deve essere rilevato al microscopio ottico.
A causa delle formazione del precipitato, il test di Florence e tutte le sue modifiche vengono spesso identificati
come “test dei Cristalli”.

Spermina

Un altro test presuntivo largamente impiegato in passato e non più in uso è la rilevazione della poliammina
seminale, altrimenti conosciuta come spermina (SPM), che è la più concentrata fra tutte le ammine del liquido
seminale. Attraverso la cromatografia liquida combinata ad un metodo estrattivo si riesce facilmente a rivelare
la presenza della spermina. I falsi positivi sono moltissimi, tra cui urina, sangue, saliva, latte materno e salsa di
soia.

Barberio test

Un atro test per la spermina impiegato in passato è il test di Barberio, in cui vengono rilevati al microscopio i
precipitati cristallizzati del liquido seminale che è stato fatto reagire con una soluzione di acido picrico. Questo
test è considerato migliore rispetto al Florence Test per la colina ed è in grado di dare risultati positivi anche per
tracce molto datate 10. Una variazione di tale test è il test di Puranen, il quale impiega il Giallo Naftolo S come
reagente e forma un precipitato arancione in presenza di sperma, sempre visibile al microscopio ottico.

Test basati sull’attività enzimatica della fosfatasi acida

Il test della fosfatasi acida (AP test), come viene comunemente chiamato, è uno dei più conosciuti e
maggiormente impiegati test presuntivi per la ricerca del liquido seminale. Il test, in tutte le sue varianti, si basa
sulla presenza nel liquido seminale umano di concentrazioni molto maggiori rispetto a tutti gli altri fluidi
biologici di fosfoidrolasi specifiche. Le fosfatasi acide (abbreviate solitamente con AP) sono enzimi secreti dalla
prostata, che hanno il compito di idrolizzare esteri fosforici. Se è presente liquido seminale nella traccia, le
fosfatasi acide idrolizzano un fosfato organico formando un prodotto che reagisce con un sale di diazonio
cromogeno, causando un cambiamento di colore facilmente visibile dall’operatore 2. Il substrato più conosciuto
e impiegato è l’α-naftilfosfato, accoppiato con il cromogeno Brentamine Fast Blue. Altre combinazioni
impiegate nei kit commerciali sono β-naftolo e Fast Garnet B, e α-naftolo e Fast RedAL 1. Un’altra combinazione
largamente impiegata è costituita da una miscela di sodio timolftalein monofosfato, p-nitroanilina, NaNO 3,
acido α-naftilfosforico e cloruro di magnesio idrato. L’enzima “fosfatasi acida” non è specifico, dunque esistono
molti falsi positivi, tra cui materiali vegetali provenienti da piante e soprattutto dalle fosfatasi acide vaginali
(VAP) 3. La sensibilità del test è buona ma il limite di rilevabilità (LOD) nel caso di microtracce risulta troppo
elevato, generando falsi negativi 13. Per questo motivo l’AP test viene effettuato in combinazione con altri test
che sfruttano altri principi, come la visualizzazione diretta o, come verrà descritto in seguito, le reazioni
immunochimiche

Test Immunocromatografici

Test del PSA o p30: rappresenta il test immunocromatografico più conosciuto per il liquido seminale. La
molecole target specifica che il test ricerca e rivela è l’antigene prostatico-specifico (PSA), altrimenti detto p30a
causa del suo peso molecolare di circa 30000, secreto dalla prostata nel plasma spermatico anche nel caso di
individui con azoospermia. Altri fluidi biologici contengono l’antigene prostatico specifico, ma in quantità molto
minore, tale da non essere rivelata dai kit commerciali. Esistono diverse formulazioni dei kit commerciali contro
il PSA

Seratec® PSA Semiquant. Altro test imunocromatografico diretto contro l’antigene specifico prostatico umano.
Ha una buona sensibilità ma presenta falsi positivi nel caso di liquido seminale non umano

RSID ® Semen: e' l'unico test immunocromatografico confermativo per il liquido seminale umano. E' sempre un
test immunocromatografico, in cui gli anticorpi immobilizzati sulla strip sono anticorpi monoclonali contro la
Semelogenina, una proteina secreta nelle vescicole seminali. E' un test sensibile, specifico, rapido e non
presenta falsi positivi, né di altri fluidi biologici né di altri animali

Sperm HY-Lyter TM kit: Si colloca a metà fra i test immunochimici e la visualizzazione diretta degli spermatozoi,
in quanto il test impiega anticorpi monoclonali fluorescenti diretti verso un peptide presente nella testa degli
spermatozoi, i quali sono rivelati per fluorescenza al microscopio ottico, in seguito ad eccitazione del campione
con una luce laser appropriata. Studi hanno dimostrato che il kit Sperm HY-Lyter TM è un ottimo metodo per
standardizzare e migliorare l’efficienza dello screening al microscopio nei casi di ricerca di liquido seminale
La Saliva

La saliva è un fluido biologico a base acquosa (98%) in cui sono presenti una gran varietà di elettroliti, molti
enzimi, glicoproteine e glicosaminoglicano a formare il muco, e in concentrazione minore anche ormoni e
cellule umane e batteriche

Test colorimetrici

Anche per la saliva, la stragrande maggioranza dei test presuntivi sfrutta reazioni chimiche tra componenti ivi
presenti e opportuni reagenti, che si traducono in un viraggio colorimetrico facilmente rilevabile dall’operatore.
Alla base di tali test presuntivi vi è storicamente la ricerca dell’amilasi, un enzima presente nella saliva umana in
concentrazioni molto maggiori rispetto agli altri fluidi biologici (tra 0,072 e 1,3 unità internazionali (IU) per µL di
saliva, con una media di 0,35 IU/µL) o in altre sostanze vegetali.

Il meccanismo dei test per l’amilasi umana è il medesimo per tutte le formulazioni e si basa su una reazione di
catalisi enzimatica: viene rivelata l’attività, dunque la presenza, dell’α-amilasi, la quale idrolizza molecole di
polisaccaridi opportunamente scelte come substrato, generando una variazione di colore nella soluzione o sul
substrato in cui è avvenuta la reazione enzimatica, indicando così la verosimile natura salivare della traccia.

I limiti della ricerca dell’α-amilasi risiedono in due fattori: innanzi tutto l’α-amilasi è presente anche in altri fluidi
biologici, come l’espirato, le lacrime, il latte materno e come isoforma “amilasi pancreatica” nelle secrezioni
vaginali, urina, sangue e siero ed infine in molte varietà di vegetali, microorganismi e altri animali. Il secondo
fattore è rappresentato dalla grande variabilità tra i livelli di amilasi non solo fra gli individui ma anche fra i fluidi
biologici dell’individuo stesso.

Fosfatasi alcaline: agli inizi degli anni ’60 è stato messo a punto un metodo per identificare la natura salivare di
un campione attraverso la rilevazione dell’attività delle fosfatasi alcaline, presenti naturalmente nella saliva. A
pH basico, le fosfatasi alcaline catalizzano la reazione da fenilfosfato a fenolo. Essendo le fosfatasi alcaline
presenti in molti altri fluidi biologici, il test può essere solo di screening. Per questo motivo gli sforzi analitici
sono stati indirizzati verso i metodi che sfruttano e ricercano l’α-amilasi

Starch Iodine” Test: il test è costituito da un substrato di amido, solitamente posto su gel di agarosio, che viene
messo a contatto con iodio molecolare. Lo iodio si lega alle catene di amido producendo un colore blu intenso.
Il campione da analizzare viene posto in alcuni dei pozzetti del substrato e, dopo una fase di incubazione di 24
ore, se è presente saliva e dunque α-amilasi, l’enzima rompe i legami tra i monosaccaridi costituenti l’amido,
provocando una variazione di colore da blu intenso a giallo chiaro. Il progressivo cambiamento di colore è
proporzionale alla quantità di enzima e dunque saliva presente nel campione. Il test non è specifico anche
perché altre proteine sono in grado di rompere il legame tra iodio e amido, come le albumine e le γ-globuline
presenti nel sangue

Phadebas ® Test: simile al precedente, tale test utilizza come reagente amido legato a molecole di colorante
blu, che risulta insolubile in acqua. Ponendo in soluzione in una provetta il reagente e il campione, se è presente
saliva, dopo una fase di incubazione di 30 minuti, l’enzima α-amilasi scinde il legame tra i monomeri di amido e
il colorante blu, portandolo in soluzione dopo centrifugazione, restituendo un colore blu intenso, a conferma
della positività del test 5 . Trattandosi di una rilevazione operatore dipendente, risulta importante effettuare un
controllo negativo e un controllo positivo per la comparazione e quindi per la lettura del campione.

Amylose Azure: test che sfrutta lo stesso principio del Phadebas ® Test, ma maggiormente sensibile e più
veloce, in quanto necessita di un tempo di incubazione minore.

Rapignost ® -Amilasi: kit commerciale sotto forma di strisce di carta per rivelare la presenza di amilasi nelle
urine a scopo clinico, impiegato ultimamente anche per la diagnosi generica di saliva. Metodo semplice e
rapido, ma non specifico per l’amilasi salivare; utile come test rapido di screening.

SALIgAE ® Test: è il test colorimetrico più recente, il cui meccanismo di reazione è proprietà della casa
produttrice Abacus Diagnostics. Aggiungendo il reattivo al campione in soluzione, la positività del test si osserva
con un viraggio colorimetrico da incolore a giallo. Alcuni studi hanno evidenziato una sensibilità minore rispetto
alla Starch Iodine e al Phadebas ® Test
Test immunocromatografici

RSID™ Saliva: test immunocromatografico in cui gli anticorpi immobilizzati sulla strip sono anticorpi
monoclonali contro l’antigene umano salivare “amyA”. E' un test sensibile, specifico, rapido e di facile utilizzo,
ma non può essere considerato confermativo poiché mostra una cross reattività con il latte materno

Spettroscopia

Lo spettro di assorbimento di campioni di saliva è caratterizzato da un picco di assorbimento a circa 280 nm e


da un picco di emissione a circa 350 nm di cui è responsabile il triptofano
URINA

RSID Urina: test diretto contro la proteina di Tamm- Horsfall

FLUIDO VAGINALE

Le cellule dell’epitelio vaginale reagiscono con il reattivo di Schiff (colorante organico). Test individuo
dipendente.

SUDORE

Test presuntivo è l’analisi degli ioni inorganici attraverso SEM – EDX


Nuove frontiere

• mRNA: Uno dei filoni di ricerca più promettenti è l'analisi dell'RNA messaggero. Il principio è che alcuni mRNA
vengono espressi in maniera differenziale nei diversi fluidi biologici, risultandone specifici. Individuando geni
target specifici per l'mRNA, è possibile discriminare tra i diversi fluidi biologici. Anche i microRNA sono oggi
fonte di grande variabilità intertissutale ed offrono l’opportunità di diagnosi differenziale. E’ in preparazione un
articolo dedicato proprio a questo aspetto.

• SNPs: NEXT GENERATION SEQUENCING

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