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VAILATI LUNA

CITOLOGIA E ISTOLOGIA

COMPOSIZIONE CHIMICA DELLA CELLULA

Le macromolecole biologiche sono i carboidrati i lipidi, gli acidi nucleici e le proteine. Queste importanti
molecole costituiscono l’essenza della vita ed intervengono nelle vie metaboliche consentendo il corretto
svolgimento dei processi vitali. Ogni macromolecola biologica presenta, fondamentalmente, 4 elementi
chimici: C, O, H, N. Essi sono presenti nella soluzione acquosa del protoplasma o sotto forma di molecole
organiche e inorganiche (come l’acqua che rappresenta la componente principale). Facendo esclusione
l’acqua, quasi tutte le molecole della cellula sono composti del carbonio distinte sulla base della
dimensione: in piccole o grandi molecole organiche. Molte di esse sono impiegate come unità elementari
(monomeri) per la costruzione di vere e proprie macromolecole (polimeri) come nel caso degli amminoacidi
per le proteine.

I polimeri possono presentare una struttura costituita da unità monomeriche identiche (omopolimeri)
oppure unità monomeriche differenti (eteropolimeri). Questi polimeri vengono sintetizzati dalla cellula, a
partire da unità monomeriche, attraverso successive reazioni di condensazione; reazioni che comportano la
fuoriuscita di una molecola d’acqua. gli stessi, possono essere soggetti al processo inverso che comporta la
rottura dei legami con conseguente utilizzo di molecole d’acqua e la liberazione delle singole unità
monomeriche.

I glucidi o carboidrati

i glucidi sono composti organici costituiti da carbonio ed acqua; essi vengono, inoltre considerati, come
composti polifunzionali in quanto presentano un gruppo aldeidico e un gruppo chetonico. queste molecole
possono essere differenziate sulla base della struttura chimica in:

- monosaccaridi: essi possono essere pentosi (contenenti 5 atomi di carbonio come ribosio e
deossiribosio) oppure esosi (contenenti 6 atomi di carbonio come glucosio che è componente
principale della parete cellulare vegetale e fruttosio). Possono, inoltre essere, discriminati in chetosi
o aldosi che rispettivamente presentano un gruppo chetonico e un gruppo aldeidico.
- Disaccaridi (2): essi sono composti che nascono per condensazione di due monosaccaridi con
conseguente formazione di un legame glicosidico. Un esempio è il lattosio, disaccaride costituito da
β-Dglucosio e βDgalattosio unite da legame B,1-4 glicosidico.

Legame glicosidico: è un legame covalente e può essere α/βglicosidico a seconda che -OH del carbonio
anomerico sia α o β. a seguito di questo legame si ha la liberazione di una molecola d’acqua

- Oligosaccaridi (max 10): tra questi ricordiamo il maltosio che è un derivante dall’idrolisi dell’amido.
Molti di questi (più complessi) sono parte glucidica costituente molte glicoproteine o glicolipidi.
- Polisaccaridi (da 10 a migliaia): si distinguono polisaccaridi vegetali (amidi e fibre) e polisaccaridi di
origine animale (glicogeno). I polisaccaridi possono presentare una struttura lineare come nel caso
della cellulosa oppure ramificata come amido e glicogeno; i polisaccaridi ramificati sono
un’importante riserva energetica di glucosio. Cellulosa, amido e glicogeno sono tutti
omopolisaccaridi costituiti da unità monomeriche di glucosio. La cellulosa presenta una struttura
lineare, e, nonostante ciò, noi non siamo in grado di digerirla in quanto non presentiamo l’enzima
cellulasi. L’amido è un polimero costituito da due differenti catene polimeriche: l’amilosio lineare e
l’amilopectina ramificata; entrambe costituite da unità monomeriche di glucosio. Esso è
particolarmente importante, in quanto rappresenta un deposito energetico per le cellule vegetali.
Altro omopolisaccaride importante è il glicogeno, in quanto costituisce la riserva energetica per le
cellule animali. Esso presenta una struttura particolarmente ramificata, ed è possibile ritrovarlo
sotto forma di depositi granulari negli epatociti e nelle cellule del tessuto muscolare scheletrico.

I carboidrati costituiscono:

- Fonte energetica principale per le cellule, esempio comune è lo sfruttamento del glucosio per
svolgere il processo di respirazione cellulare
- Funzione strutturale per il sostegno e rivestimento cellula (cellulosa forma microfibrille nella parete
cellulare vegetale, la chitina forma l’esoscheletro di crostacei, insetti ed è un componente parete
cellula fungina)

Le proteine o protidi

Le proteine sono delle macromolecole, e la loro componente sono gli amminoacidi; ciascun dei quali
presenta un gruppo amminico e un gruppo carbossilico. In natura esistono 20 amminoacidi, differenti tra di
loro a seconda del gruppo R presentato. I 20 aminoacidi sono considerati essenziali in quanto non possono
essere sintetizzati dall’uomo e ne necessitano l’introduzione attraverso la dieta. Gli amminoacidi a livello
della sintesi proteica vengono sostituiti alle differenti triplette per la costituzione delle proteine. Le proteine
possono assumere delle strutture in sequenza da una primaria a una struttura quaternaria quando il
polipeptide iniziale va ad assumere delle conformazioni complesse e differenti. La struttura delle proteine è
legata alla funzione e alle sue proprietà. Le diverse strutture delle proteine possono essere:

• Struttura primaria: si intende la sequenza degli amminoacidi ed è determinata e codificata dal


DNA con la sintesi proteica (sintetizza amminoacidi che si vanno successivamente a legare).
Quando si parla di amminoacidi all’interno di una catena polipeptidica si parla di residui
amminoacidici. Determina tutte le altre strutture.
• Struttura secondaria: si intende il modo in cui gli amminoacidi sono localmente legati tra loro e
definiti nello spazio. La catena polipeptidica resta sempre la stessa. Può presentarsi ad alfa-elica
o foglietto-beta-pieghettato.
• Struttura terziaria: si intende la disposizione complessiva di tutta la catena polipeptidica ossia
come appare globalmente la proteina. Si possono avere due condizioni limite: la
rappresentazione globulare (sferica, all’interno del quale è possibile osservare delle strutture ad
alfa-elica o dei foglietti pieghettati) o la rappresentazione fibrosa quando invece è lineare.
• Struttura quaternaria: quando si hanno più catene polipeptidiche legate le une con le altre
senza legami covalenti.

Le proteine vengono sintetizzate a carico del reticolo endoplasmatico ruvido e dell’apparato di Golgi; esse
possono essere, inoltre, sintetizzate e rimanere all’interno della cellula oppure per endocitosi uscire dalla
cellula. Le proteine possono andare in contro alla denaturazione: perdita della sua struttura secondaria,
terziaria ed eventualmente quaternaria e quindi della sua funzione biologica. Non viene intaccata la
struttura primaria. Agenti fisici come calore e chimici come variazione di PH possono causare denaturazione
di proteina che così perde la sua attività biologica. In certi casi la denaturazione è reversibile e la proteina
può recuperare in parte o del tutto sua funzione.

Sulla base dell’idrosolubilità si distinguono:

- Fibrose: quando sono sostanzialmente lineari semplici e regolari e sono insolubili in acqua o in
soluzioni saline diluite. Sono costituite da lunghe catene polipeptidiche disposte in lunghi fasci o
foglietti e hanno funzione prettamente strutturale (α-cheratina, il collagene, l’elastina)
- Globulari: presentano una forma approssimativamente sferica e sono quasi sempre solubili in
acqua. Possono agire come enzimi catalizzando reazioni con grande specificità, ormoni, proteine di
trasporto (albumina), anticorpi. Mioglobina ne è un esempio.
Le proteine si classificano inoltre in:

- semplici: sono formate da soli amminoacidi.


- coniugate: si tratta di proteine che oltre agli amminoacidi comprendono altri componenti (gruppi
prostetici)

Le proteine presentano un’elevata specificità biologica attribuibile secondo la forma e le proprietà chimica
presentate; per esempio gli enzimi sono proteine specifiche in grado di velocizzare una certa reazione
chimica, anche se parecchio sensibili alle alte temperature (in quanto se elevata può verificarsi la
denaturazione) e pH.

- Possono regolare l’attività ormonale


- Possono costituire le componenti del citoscheletro, per esempio, la tubulina e quelle che
costituiscono i filamenti interni.
- Possono funzionare come meccanismi di trasporto, di difesa e di struttura
- Possono essere coinvolte nel riconoscimento e comunicazione cellulare, consentendo alla cellula di
rispondere a stimoli

I lipidi

i lipidi sono molecole più piccole delle altre biomolecole, e non sono formati dalla ripetizione di subunità
monomeriche. Sono una classe eterogena di composti accomunati dal fatto di essere insolubili in H2O, ma
solubili in solventi apolari organici come benzene; questo perché possono essere idrofobici o essere
costituiti principalmente da una parte idrofobica; tuttavia può presentare una parte polare (anfifilica). Tra i
lipidi vi sono:

● acidi grassi (R-COOH, elevato numero di atomi di carbonio),


● cere (idrocarburiche molto lunghi o possono essere R-COOR’ con elevato numero di atomi di
carbonio),
● trigliceridi o triestere del glicerolo: sono esteri del glicerolo, si compone una molecola di glicerolo
con 3 molecole di estere mediante esterificazione. Gli R possono essere diversi,
contemporaneamente saturi o insaturi (spesso lo sono). Digliceride : una molecola di glicerolo si
combina con 2 molecole di estere; Monogliceride: una molecola di glicerolo si combina con 1
molecola di estere
● Fosfolipidi e glicolipidi
● Steroidi: categoria di molecole che presentano una struttura simile al colesterolo
● Eicosanoidi: derivano tutti da un particolare acido grasso (acido arachidonico). Per esempio le
prostaglandine
acidi grassi saturi= non presentano doppi legami nella struttura, si impacchetta formando una struttura
solida

acidi grassi insaturi = possono presentare doppi legami nella struttura (almeno un doppio legame). I doppi
legami si trovano nella forma cis e questo causa un ripiegamento della molecola (acido oleico ad esempio);
così facendo, non permette l’impacchettamento e resta una struttura liquida.

Gli acidi grassi raramente si presentano, all’interno della cellula, in forma libera piuttosto tendono a legarsi
ad altre molecole come nel caso dei trigliceridi (legami esterei che ne comportano un’apolarità della
molecola stessa). Questa particolarità permette ai trigliceridi di assolvere la funzione di deposito energetico
sotto forma di goccioline all’interno di particolari cellule: gli adipociti. Altri tipi di molecole lipidiche sono gli
sfingolipidi; gruppo di lipidi che contengono un solo acido grasso esterificato e sono spesso abbondanti nel
tessuto nervoso e nella membrana cellulare. Le funzioni principali sono:

● Fonte di riserva energetica (trigliceridi nella cellula vegetale immagazzinati in oleosomi nei semi in
via di sviluppo)
● Funzione strutturale (fosfolipidi) e di legame con altre componenti come le proteine
funzionalizzandole soprattutto nell’apparato di golgi.
● Regolazione e isolamento termico

I lipidi possono essere discriminati in semplici p complessi, a seconda della struttura presentata:

- Lipidi semplici

TRIGLICERIDI: Triesteri di acidi grassi con glicerolo. I trigliceridi derivano dall’esterificazione di 3 acidi grassi
con l’alcol glicerolo; ciascuno dei tre gruppi -OH del glicerolo interagisce con i gruppi carbossilici-COOH dei
3 acidi grassi formando legame estere con liberazione di 3 molecole H2O. La maggior parte dei grassi
vegetali è composta da oli insaturi, nei pesci prevalgono i grassi insaturi e negli animali terrestri quelli
saturi. Le miscele di trigliceridi che sono liquide a temperatura ambiente sono oli, se solide grassi. I
trigliceridi sono particolarmente importanti in quanto sono fonte di riserva energetica per la cellula.

- Lipidi complessi

FOSFOGLICERIDI O FOSFOLIPIDI: Sono molecole anfipatiche: costituiti da una porzione idrofilica polare e
una porzione idrofoba lipofilica apolare. Sono formati da due acidi grassi legati a una molecola di glicerolo
che è legata attraverso un gruppo fosfato a una molecola che varia in base al tipo di fosfolipide. Hanno una
funzione strutturale e sono i principali costituenti delle membrane biologiche. Caratteristica di un
fosfogliceride:

• due code apolari, di cui una di queste spesso è insatura.


• Una testa nettamente polare, favorita dal gruppo fosfato che presenta
una carica negativa

In generale se messi in ambiente acquoso ,i lipidi (trigliceridi in particolare) si


aggregano in forma di MICELLA: una struttura che presenta tutte le code apolari
verso l’interno mentre le teste polari verso l’esterno ossia che sono a diretto
contatto con l’acqua. Nel cado dei fosfogliceridi ci sono due condizioni da tenere conto:

• La parte polare è significativa (più grossa)


• Ha due code polari, di cui una è più rigida poiché insatura
Queste condizioni favoriscono energicamente una differente aggregazione in ambiente acquosa: foglietto a
doppio strato fosfolipidico. Le teste polari, sia da una parte che dall’altra, sono rivolte verso l’acqua mentre
le code sono rivolte verso l’interno. Un’altra possibile organizzazione dei fosfolipidi è quella dei liposomi:
struttura più grande di una micella (vescicola sintetica avvolta da un doppio strato fosfolipidi) ha un interno
acquosa e può essere utilizzata per veicolare dei farmaci polari all’interno di una cellula .

SFINGOLIPIDI: Gruppo di lipidi che contengono un solo acido grasso esterificato, sono spesso abbondati nel
tessuto nervoso e nella membrana cellulare. Lo scheletro di partenza non è più il glicerolo ma è un
amminoalcol a lunga catena: sfingosina. Presentano un solo acido grasso legato tramite gruppo ammidico,
e seconda del gruppo X che lega dà il nome alla molecola

STEROIDI: Lipidi policiclici derivati da ciclopentanoperidorfenantrene. Il colesterolo appartiene alla classe


degli steroli (steroidi con gruppo funzionale OH), presenta una struttura a 4 anelli idrocarburici e presenta
un gruppo OH polare, è una molecola anfipatica. È il precursore di ormoni steroidei, vitamina D, Sali biliari
ed è presente nelle membrane di cellule ANIMALI.

Gli acidi nucleici

Gli acidi nucleici sono molecole deputate alla conservazione e al trasporto dell’informazione genetica e si
trovano prevalentemente nel nucleo delle cellule eucariotiche ma si possono trovare nei in piccole quantità
anche nei mitocondri e nei cloroplasti. Rispecchiano queste caratteristiche il DNA e l’rna. Entrambi sono dei
biopolimeri costituiti da nucleotidi (monomeri).

I nucleotidi e le basi azotate

I nucleotidi sono costituiti dalla combinazione di un gruppo fosfato legato a uno zucchero a sua volta legato
a una base azotata. Questa cosa si ripete continuamente ad andare a costituire il polimero dell’acido
nucleico. la struttura base zucchero prende il nome di nucleoside. Lo zucchero che possiamo avere è ribosio
(RNA) o desossiribosio (DNA). Le basi azotate sono adenina (importante nel metabolismo, alla base
dell’ATP), citosina, timina, guanina; esse possono essere distinte in purine e pirimidine a seconda della
conformazione assunta nello spazio dalle stesse (A-T e G-C). Adenina e guanina presentano 2 anelli e
prendono il nome di purine; citosina e timina presentano 1 anello e prendono il nome di pirimidine. Le basi
azotate sono complementari tra loro e possono legarsi attraverso interazioni ad idrogeno abbastanza
deboli; in ogni istante le basi azotate si trovano in uno stato dinamico che possono essere legate o no da
legame a idrogeno.

I nucleotidi: fonte di riserva e utilizzo energetico

I nucleotidi, oltre a formare molecole di RNA e DNA, possono essere presenti come tali nella cellula, con
diversi gradi di fosforilazione. Possono essere fosforilati a differenti temperature, per essere sfruttati come
riserva e utilizzo energetico, grado di fosforilazione a monofosfato, bifosfato e trifosfato (AMP-ADP-ATP). I
più comuni sono i nucleotidi dell’adenina: ATP (adenosintrifosfato), ADP(adenosindifosfato),
AMP(adenosinmonofosfato).

In che modo uno zucchero lega una base azotata?

Legame n-glicosidico, che si instaura tra carbonio anomerico dello zucchero (c1) e l’atomo di azoto in
posizione 1 o 9 in base a sé è purina (9) o pirimidina (1). Quando si forma il legame si perde una molecola di
acqua. Va via un -oh. È beta perché l’oh dello zucchero era sopra, N perché si lega all’atomo di azoto.

L’RNA

L’RNA è un polinucleotide formato da nucleotidi composti dallo zucchero RIBOSIO + basi (A, G, C, U) +
gruppo fosfato. Ogni molecola di RNA è un singolo filamento polinucleotidico, disteso in alcuni punti e in
altri avvolto su stesso in giri elicoidali.

 mRNA: copia complementare di una sequenza di basi che specifica una sequenza amminoacidica.
(ci sono 64 triplette di basi possibili, tre codoni di stop e un codone di inizio AUG che codifica
metionina, nei batteri formilmetionina) trasporta informazione genetica dal nucleo a ribosomi nel
citoplasma per sintesi proteica
 tRNA: porta ai ribosomi amminoacidi da assemblare in catene polipeptidiche
 rRNA costituisce insieme a proteine ribosomiale le subunità ribosomiali (sintesi e maturazione nel
nucleolo)
Il DNA

Il DNA viene considerato come il depositario dell’informazione genetica all’interno del nostro organismo, in
quanto esso può essere codificato all’altezza di differenti organi per la traduzione di differenti informazioni.
È un polinucleotide che presenta nello spazio una conformazione a doppia elica destrorsa; conseguenza
della disposizione antiparallela (3’-5’ oppure 5’-3’: modo di appaiarsi) dei due filamenti. Ogni nucleotide
costituente presenta nella sua struttura:

- Uno zucchero pentoso, il desossiribosio


- Una base azotata, che può essere adenina, timina, citosina, guanina
- Il gruppo fosfato, che conferisce alla molecola stessa acidità

I due filamenti polinucleotidici che presentano una sequenza di basi che soddisfa la complementarietà
possono appaiarsi formando una molecola di DNA.

Il DNA contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine, molecole
indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento degli organismi viventi. Un gene (unità ereditaria
fondamentale degli organismi viventi) è sequenza nucleotidica di DNA. I geni corrispondono a porzioni di
genoma localizzate in precise posizioni all’interno della sequenza di DNA.

Nella cellula eucariote, un gene consiste in una sequenza di DNA caratterizzata dalla presenza di:

• Un promotore, che controlla l’espressione genica;


• Sequenze non codificanti definite introni, che possono in certi casi avere funzione regolatoria.
• Regioni codificanti, definite esoni

I geni strutturali contengono informazione genetica per la sintesi di una proteina.

I geni regolatori contengono l’informazione relativa a molecole che regolano l’espressione di altri geni
(geni strutturali).

Proteine e acidi nucleici sono concettualmente legati dal punto di vista biologico, il DNA racchiude
informazioni per sintesi proteica. La trasformazione dell’informazione genetica (sequenza di basi) in
proteina (sequenza di amminoacidi), avviene grazie alla complementarietà delle basi ed è mediata da
molecole di RNA. La trasmissione dell’informazione contenuta nei geni è garantita dalla presenza di
sequenze di basi azotate complementari. Durante la trascrizione, l’informazione è copiata in un filamento
complementare di mRNA. Tale copia di mRNA è utilizzata per sintetizzare una proteina, attraverso un
processo definito traduzione (o sintesi proteica). In alternativa, una cellula può semplicemente duplicare
l’informazione genetica attraverso un processo definito replicazione del DNA.
La replicazione del DNA

La replicazione è il meccanismo attraverso cui il DNA produce una copia di sé. Ogni volta che una cellula si
divide, l'intero genoma deve essere duplicato per poter essere trasmesso (tramite mitosi o meiosi) alle
cellule figlie (avviene nella FASE S del ciclo cellulare, prima di questa fase ogni cromosoma è costituito da 1
doppia elica, dopo la fase S, ogni cromosoma contiene 2 doppie eliche).

1- La duplicazione inizia in un punto preciso della molecola del DNA, detto punto di origine della
replicazione, caratterizzato da una sequenza di nucleotidi che contengono molte basi AT (queste
sequenze si aprono con relativa facilità). Successivamente si verifica l’azione dell’enzima elicasi che
apre la doppia elica, mediante rottura dei legami idrogeno tra le basi azotate, formando una
forcella di replicazione (replication fork).
2- I due filamenti sono separati e orientati in direzioni opposte (antiparalleli): il filamento orientato in
direzione 3’5’ è detto filamento principale; mentre il filamento orientato in direzione 5’3’ è il
filamento secondario. Ogni filamento funge da stampo per intervento DNA polimerasi, la copiatura
dei due filamenti avviene in modo diverso. La DNA polimerasi delta dopo la sintesi di un RNA
primer a opera di RNA polimerasi legge il filamento principale in modo continuo sintetizzando un
filamento complementare 5’3’.
3- Il filamento neosintetizzato rimane legato al filamento stampo, quindi, la molecola di DNA finale è
costituita un filamento vecchio e un filamento nuovo.
4- La copiatura del filamento secondario avviene in maniera diversa. La DNA polimerasi alfa copia il
filamento in tratti (frammenti di Okazaki) che sono poi saldati da appositi enzimi. Energia per la
sintesi deriva da idrolisi del fosfato terminale dei nucleotidi. Per l’assemblaggio dei nucleotidi sono
usate basi azotate entrate liberamente attraverso il complesso del poro nucleare. Al termine della
duplicazione si hanno due molecole di DNA identiche alla vecchia, ognuna costituita da un
filamento vecchio e uno nuovo.
Trascrizione

Processo attraverso cui sequenza di nucleotidi di uno specifico gene viene trascritta in filamento
complementare di mRNA, che fa da intermediario tra il DNA e i ribosomi dove avviene la traduzione.
Richiede apertura della doppia elica per rendere accessibile l’informazione genetica. Elicasi apre la doppia
elica e al gene insieme a fattori di trascrizione, si lega RNA polimerasi che trascrive un filamento
complementare di mRNA. Gli mRNA sono codificati da geni strutturali discontinui. La RNA polimerasi copia
tutto il gene, esoni ed introni, quindi il prodotto primario è più grande del mRNA finale. Il pre-mRNA subisce
un processo di maturazione che consiste in eliminazione introni e unione degli esoni (splicing) e in
modificazioni all’estremità 5’ e 3’. Lo splicing è processo cotrascrizionale è effettuato sul filamento mentre
RNA polimerasi sta ancora lavorando. Lo splicing viene effettuato da proteine dette spliceosomi (small
nuclear ribonuclear protein) che riconoscono e tagliano introni e collegano esoni. La molecola di mRNA è
relativamente fragile è all’estremità 5’ viene aggiunto un cappuccio a GTP metilato, mentre all’estremità 3’
viene aggiunta una sequenza di poli-A. Lo splicing alternativo, che consiste nell’eliminazione di introni e
alcuni esoni, consente di produrre mRNA diversi e quindi proteine diverse a partire da un unico gene.

Sintesi proteica o processo di traduzione

Coinvolge il nucleo, i ribosomi liberi e adesi al RER, Golgi. La sintesi proteica è il processo attraverso il quale
l'informazione genetica trascritta nel mRNA (RNA messaggero) viene convertita in proteine che svolgono
nella cellula un'ampia gamma di funzioni. La sintesi proteica inizia da un filamento di mRNA, prodotto a
partire da un gene sul DNA (trascrizione). La sintesi proteica inizia da un filamento di mRNA, prodotto a
partire da un gene sul DNA (trascrizione). Questo filamento mRNA nel ribosoma fa da stampo per la
produzione di una specifica proteina.

Nella sintesi proteica sono coinvolte tre forme i RNA (tutti i tipi di RNA sono catene polinucleotidiche a
singolo filamento): mRNA, tRNA, rRNA. Una volta trascritti e processati nel nucleo (RRNA nel nucleolo dove
si unisce a specifiche proteine per formare le subunità ribosomiali), raggiunta la forma matura, sono i
trasportati nel citoplasma dove avviene la traduzione. Le tre forme di RNA svolgono un ruolo diverso nella
traduzione:

• MRNA: copia trasporta informazione genetica da nucleo a ribosomi nel citoplasma per sintesi
proteica
• TRNA: porta ai ribosomi gli amminoacidi da assemblare in catene polipeptidiche
• RRNA: costituisce i ribosomi, ha un ruolo strutturale e funzionale, consente sintesi proteica

mRNA maturo viene portato nel citoplasma ai ribosomi, dove viene tradotto dal codice genetico. A ogni
tripletta di basi consecutive (codoni) di mRNA corrisponde un amminoacido. Ci sono 64 triplette di basi
possibili (il codice genetico è ridondante, ci sono triplette che codificano lo stesso aminoacido), tre codoni
non sono codificanti, ma sono codoni di stop, che segnano la fine della sintesi della proteina neoformata.
Ogni mRNA inizia con la tripletta AUG che è codone di inizio (negli Eucarioti codifica metionina, nei batteri
formilmetionina).

Il tRNA porta ai ribosomi gli aminoacidi, che uniti da legami peptidici, formano proteina. Il tRNA è una breve
catena polinucleotidica composta mediamente da 80 nucleotidi, a tratti disposta in doppia elica e a tratti a
singolo filamento ripiegato a costituire tre anse( a cui si aggiunge a volte una quarta ansa variabile).
Il tRNA porta un amminoacido specifico di una catena polipeptidica in crescita al ribosoma durante la
traduzione. Le anse sui bracci laterali, cioè ansa D e T, sono rispettivamente coinvolte nell’interazione con
enzima aminoaciltRNAsintetasi e nell’interazione con il ribosoma.
L’ansa centrale, cioè ansa dell’anticodone, ci sono tre nucleotidi che costituiscono l’anticodone, che si
appaia sulla base della complementarietà al corrispondente codone del mRNA.
Ogni tipo di molecola di tRNA può legarsi ad un solo tipo di amminoacido, ma essendo presenti nel DNA tipi
diversi di codoni che specificano uno stesso amminoacido, molti tipi di tRNA con anticodoni differenti
possono portare lo stesso amminoacido. L’estremità 3’ sopravanza l’estremità 5’ di 3 nucleotidi che sono
uguali in tuti i tRNA: -CCA, questa tripletta è il sito di attacco (sito accettore) per aminoacido all’adenina
terminale si lega l’amminoacido che corrisponde al codone. Il legame specifico tra aminoacido e tRNA è
catalizzato da enzimi aminoacil-tRNA-sintetasi. Sono presenti nella cellula in forme diverse e ognuno
possiede 3 siti di legame con i propri substrati. Un sito lega ATP, un sito lega una specifica molecola di tRNA
in base all’affinità per l’ansa D e un sito lega un determinato aminoacido. aminoacil-tRNA-sintetasi
utilizzando ATP lega amminoacidi ai rispettivi tRNA.

La sintesi proteica avviene sui ribosomi, le due subunità si associano solo quando i ribosomi sono
funzionalmente attivi e impegnati nella sintesi proteica: i vari ribosomi si allineano lungo un filamento di
mRNA a formare poli ribosomi pe produrre più molecole di stessa proteina.
La subunità minore lega mRNA e su essa avviene il riconoscimento codone anticodone tra mRNA e tRNA; la
sub.maggiore interagisce con estremità -CCA del tRNA e catalizza la formazione dei legami peptidici tra
aminoacidi costituenti la proteina. Quando sono unite le due subunità possiedono 4 siti funzionali: uno per
mRNA, il sito A (su cui si localizza tRNA con anticodone complementare al codone esposto), il sito P (su cui
si localizza la catena polipeptidica in crescita), il sito E su cui si localizza il tRNA che si sta per staccare dal
ribosoma poiché ha già aggiunto il suo amminoacido al polipeptide in formazione.
La subunità minore (40S), attivata da fattori di inzio, si lega al tRNA iniziatore caricato con metionina. La
subunità minore, con il tRNA legato, si associa al cappuccio posto all’estremità 5’ del mRNA e scorre in
direzione 5’ 3’ fino a incontrare il codone AUG.
I fattori di inizio si dissociano e il ribosoma si completa con la sua subunità maggiore. Il tRNA iniziatore
caricato con metionina, occupa il sito P, lasciando libero il sito A dove è esposto il codone successivo ad
AUG. Al sito A si lega una seconda molecola di tRNA dotata dell’anticodone complementare e caricata con
proprio aminoacido.
Tra i due aminoacidi si forma u legame peptidico grazie all’azione enzimatica di una delle molecole di rRNA
che si comporta da ribozima. Il dipeptide rimane attaccato al tRNA nel sito A.
L’allungamento del dipeptide si realizza in seguito a scorrimento del ribosoma lungo mRNA. Ribosoma
scorre in direzione 5’3’ lungo il filamento di mRNA: il tRNA al sito P, si sposta al sito E da cui si stacca e sarà
ricaricato con metionina dallo specifico aminoaciltRNAsintetasi; il secondo tRNA con il dipeptide legato
occupa il sito P, al sito A libero viene esposto il codone successivo. Al sito A, una terza molecola di tRNA
dotata di anticodone complementare e caricata con amminoacido che sarà aggiunto alla proteina in via di
formazione. La traduzione procede con progressivo allungamento fino a quando al sito A non viene esposto
un codone di stop. I fattori di rilascio si legano al codone stop determinando distacco del polipeptide dal
tRNA al sito P e la separazione delle due subunità e la liberazione del mRNA.

La sintesi proteica inizia nei ribosomi liberi nel citoplasma e il destino di una proteina dipende da sequenza
amminoacidica, detta sequenza segnale. Le proteine mature raggiungono destinazione finale per via
cotraduzionale (secretoria) oppure per via post-traduzionale (citoplasmatica). Lo smistamento delle
proteine ai comparti cellulari dipende da specifiche sequenze di amminoacidi presenti sulla proteina stessa,
dette sequenze segnale (il destino della proteina è noto già al momento della trascrizione del gene
corrispondente). La sequenza segnale può essere presente all’estremità amminoterminale (come la
sequenza per l’importo cotraduzionale al RER), all’estremità carbossiterminale (come la sequenza per
l’importo nei perossisomi) o interspersa.
Le sequenze segnale sono riconosciute da specifici recettori di smistamento che le indirizzano all’organello
bersaglio, qui si legano a canali di traslocazione (trasloconi) presenti sulla membrana bersaglio e la proteina
viene inserita nel lume o nella membrana del compartimento bersaglio. Indirizzamento post traduzionale
riguarda le proteine nucleari, le proteine dei perossisomi e alcune proteine mitocondriali.
Le proteine prodotte per via cotraduzionale o secretoria sono le proteine che devono essere inserite nella
membrana plasmatica o destinate a lisosomi o ad altri organelli (proteine di membrana del Golgi, luminali
del RER) oppure che devono essere secrete in ambiente extracellulare. Queste proteine sono sintetizzate a
carico dei ribosomi adesi alle membrane del RER, sono traslocate cotraduzionalmente al RER e poi veicolate
attraverso vescicole al Golgi, e dopo modifiche post-traduzionali sono inviate a destinazione finale. A
carico dei ribosomi liberi nel citoplasma sono sintetizzate proteine citoplasmatiche e nucleari (istoni,
proteine ribosomiali e molte mitocondriali)
LA CELLULA ANIMALE

Essa presenta una membrana plasmatica rispetto alla cellula vegetale che presenta anche la parete
cellulare. La maggior parte degli organelli sono presenti in entrambe. Tutte le strutture circondate da una
membrana vengono classificate come organelli, ad eccezione del nucleolo che viene considerato tale
seppur non presentando la membrana.

La membrana citoplasmatica è un sottile rivestimento che circonda la cellula ed è costituita


principalmente da lipidi (fosfolipidi, sfingolipidi, colesterolo) carboidrati e proteine. Essa presenta uno
spessore di 7.5 nm, ed è osservabile con un colorante specifico: tetrossido osmio. La membrana ha una
specifica composizione chimica, con variazioni qualitative e quantitative per lipidi, proteine e glucidi che
rendono specifiche le caratteristiche di una cellula rispetto a un’altra. La composizione proteica e molto più
variabile della composizione lipidica che invece si presta ad essere la più evidente (per es. membrana
citoplasmatica presenta molte glicoproteine, le membrane degli organelli intracellulari raramente). La
membrana plasmatica segue il modello a mosaico fluido (fluida, discontinua e asimmetrica) dove le
molecole, il doppio strato fosfolipidico, i recettori, le glicoproteine e le proteine di membrana possono
muoversi e spostarsi da una posizione a un’altra: non è una struttura rigida.

- N.B: le membrane degli organelli sono meno selettive rispetto a quelle citoplasmatiche.

Struttura

La membrana presenta una struttura caratterizzata da un doppio strato fosfolipidico, la cui componente
maggiore è rappresentata dai fosfolipidi, ma sono presenti anche steroidi (colesterolo) e glicolipidi, che si
dispongono spontaneamente, per le proprietà lipidiche presentate con le estremità idrofobiche rivolte
verso l’ambiente intracellulare e le estremità idrofilie verso l’ambiente extracellulare. I fosfolipidi sono
disposti nel doppio strato rivolgendo le teste polari verso la soluzione acquosa all’ interno ed esterno della
cellula e le code apolari (interagiscono tra di loro) sono mascherate all’interno del doppio strato. Questa
considerazione permette di riconoscere nella membrana un foglietto plasmatico rivolto vero l’interno della
cellula e un foglietto esoplasmatico rivolto verso l’esterno. Inoltre, i fosfolipidi all’interno del doppio strato
sono legati da deboli cariche elettrostatiche, questa condizione gli permette di scorrere l’uno sull’altro e
muoversi lateralmente; condizione che identifica il doppio strato lipidico, allo stato fluido-cristallino.

Fluidità di membrana

La fluidità di membrana fa riferimento alla viscosità del doppio strato lipidico della membrana. Il grado di
fluidità dipende dalla qualità dei lipidi: i lipidi con catene di acidi grassi insaturi originano membrane più
fluide in quanto hanno superfici di interazione inferiori; i lipidi con catene sature presentano ampie
superfici di interazione ciò ne comporta un impacchettamento delle stesse con conseguente formazione di
membrane poco fluide. La fluidità di membrana permette la formazione di vescicole attraverso fenomeni di
fusione e fissione.

Come avviene la formazione di vescicole? si crea un avvallamento sulla superficie della membrana che
diventa sempre più profondo fino a che i lembi si toccano e i fosfolipidi dello strato interno della fossetta si
uniscono(fusione) o si scindono per poi legarsi ancora (fissione)

Altra componente che influenza sulla fluidità della membrana è il colesterolo; molecola anfipatica che si
intercala tra le code dei fosfolipidi. Funzioni:

- Strutturale: modula la fluidità della membrana, impedendone la cristallizzazione a bassa


temperatura (membrana dei batteri) e garantendone una maggiore rigidità.
- Precursore di acidi biliari, ormoni steroidei e vitamina D

Il colesterolo presenta una svariata importanza in contesto biologico, in particolare nel processo di
aterosclerosi in quanto il colesterolo libero (oh libero) può andare a formare dei legami andando a
costituire aggregati che possono legarsi alle pareti delle arterie determinando la formazione delle placche
aterosclerotiche. Le stesse possono comportare una riduzione del flusso sanguigno.

La fluidità della membrana dipende anche dalla temperatura, a temperature più rigide, differenti da quelle
fisiologiche le membrane diventano ancora più rigidi, questo perché gli acidi grassi a temperature più rigide
formano dei legami che contribuiscono a rendere la membrana più rigida.

Asimmetria

L’asimmetria della membrana si stabilisce nella biogenesi nel reticolo endoplasmatico (la sintesi dei
fosfolipidi avviene su lato citosolico del reticolo endoplasmatico liscio e viene mantenuta grazie a presenza
di traslocatori di membrana con meccanismo di flippaggio). La membrana plasmatica è caratterizzata da
una distribuzione asimmetrica dei lipidi nelle due facce:

- i fosfolipidi che contengono colina nella testa polare come fosfatidilcolina e sfingomielina sono
concentrati sul foglietto esterno.
- I fosfolipidi con teste senza carica netta o carica negativa come fosfotidiletanolammina e
fosfatidilserina, fosfatidiliinositolo sono concentrate sul foglietto interno.

Ciò comporta prevalenza di cariche negative su versante citoplasmatico. Il movimento a flip-flop avviene
quando i fosfolipidi di membrana passano da un foglietto all’altro, è un evento raro e non casuale, ma
mediato da enzimi specifici. La traslocazione della fosfatidilserina dal versante intracellulare del doppio
strato lipidico, dove è normalmente localizzata, al versante extracellulare, avviene nelle tappe iniziali della
morte cellulare per apoptosi. Inoltre, Vi è una distribuzione asimmetrica dei glucidi che sono presenti in
forma di glicoproteine e glicolipidi e sono situati solo nel foglietto esterno, in contatto con ambiente
extracellulare.

Discontinuità

La discontinuità è una conseguenza della disposizione delle proteine nella membrana. Questa condizione
permette di discriminare le proteine di membrana in:

- Proteine integrali (intrinseche): attraversano completamente il doppio strato fosfolipidico e si


affacciano su entrambe le facce della membrana (proteine transmembrana). Sono anfipatiche, e
presentano una struttura composta prevalentemente da amminoacidi idrofobici che interagiscono
con le catene di acidi grassi dei fosfolipidi. Queste proteine possono essere distinte monopasso e
multipasso a seconda della conformazione assunta all’interno del doppio strato fosfolipidico
- Proteine periferiche (estrinseche) sono appoggiate alla membrana, sono legate al lato citosolico o
extracellulare. Esse sono legate leggermente alla membrana plasmatica direttamente mediante
interazioni con teste polari di fosfolipidi o indirettamente da interazioni con proteine integrali.
Hanno la possibilità di spostarsi dal citoplasma alla membrana a seconda delle necessità funzionali.
- Proteine ancorate ai lipidi: sono proteine periferiche che presentano un legame covalente con le
code dei fosfolipidi del foglietto interno o esterno. Possono legarsi ad un acido grasso o a un gruppo
prenile comportando l’ancoraggio sulla superficie interna della membrana. Sulla superficie esterna
della membrana l’ancoraggio è permesso dal lipide glicosil-fosfatidilinositolo (GPI)

Le proteine transmembrana, oltre a un ruolo strutturale, presentano diverse funzioni:

- proteine di trasporto
- Attività enzimatica
- Coinvolte nella trasduzione di segnali e processi comunicazione cellulare (recettori di
- segnali)
- Coinvolte nell’adesione cellule (formazione di giunzioni)
- Ancoraggio al citoscheletro e alla matrice extracellulare.

Componente glucidica della membrana e glicocalice

La componente glucidica rappresenta circa l’8% ed è presente esclusivamente nel versante esterno. Essi si
trovano spesso legati a lipidi (glicoplipidi) oppure a proteine (glicoproteine).

- I glicolipidi derivano dai trigliceridi per sostituzione di un acido grasso con uno zucchero.
- Le glicoproteine sono formate da proteine unite covalentemente a catene oligosaccaridiche. Il
processo di glicosilazione avviene nell’apparato di Golgi, e si identifica con l’aggiunta della porzione
carboidratica alla proteina.

In alcuni tipi cellulari la componente glucidica delle proteine e dei lipidi è molto abbondante e forma uno
spesso strato esterno, definito “Glicocalice”.

Il glicocalice costituisce la parte più esterna della membrana, è caratterizzato da proteine ma soprattutto
dalla componente di carboidrati che è legata a questa componente di membrana: glicoproteine,
proteoglicani e contribuiscono anche i glicolipidi. I proteoglicani: presentano una struttura
prevalentemente proteica a cui si son legati i GAGs ossia i glicosamminoglicani (GAGs: Polisaccaridi sono
catene non ramificate composte da unità di disaccaridi ripetute. Presentano cariche negative e sono
idrofili). Il glicocalice riveste diverse funzioni:

- Protezione della cellula


- Filtrazione della sostanza in entrata, impedendo l’ingresso nel citosol di agenti nocivi
- È la sede di catalisi enzimatica
- Coinvolto nei processi di riconoscimento, adesione e comunicazione cellulare: i glicoconiugati di
membrana (glicoproteine, glicolipidi e proteoglicani) funzionano come recettori per il
riconoscimento di molecole segnale e partecipano ad adesione e comunicazione cellulare

La resistenza a determinate molecole che vengono utilizzate nei prodotti chemioterapici è dovuta a
meccanismi a livello della membrana stessa. La membrana difatti non funge solo da protezione per la
cellula, ma è coinvolta in molti processi della cellula sia che ne garantiscono la vitalità della stessa sia che la
portano a morte cellulare

La permeabilità della membrana

La membrana plasmatica è altamente selettiva e costituisce una protezione per tutto ciò che si trova
all’interno del citoplasma. Attraverso essa possono diffondere liberamente molecole idrofobiche (apolari)
come lipidi, solventi dei lipidi, gas (O2;CO2) e piccole molecole polari prive di carica elettrica come acqua,
urea, glicerolo. NON possono diffondere liberamente attraverso membrana le molecole polari di alto-medio
peso molecolare come aminoacidi, monosaccaridi, nucleotidi o macromolecole. Ioni carichi elettricamente
come H+, NA+, CA2-, Cl-.
Meccanismi di attraversamento del plasmalemma

DIFFUSIONE DELLA MEMBRANA (semipermeabile: passaggio selettivo delle molecole): la membrana


cellulare è protagonista del meccanismo di trasporto passivo e attivo. Le molecole di grosse dimensioni
vengono trasportate per endocitosi ed esocitosi

Il trasporto passivo avviene secondo gradiente di concentrazione e non richiede energia (generalmente
sotto forma di ATP). Esistono tre diversi meccanismi di trasporto passivo: diffusione semplice, diffusione
facilitata ed osmosi.

• Diffusione semplice: la molecola trasportata viaggia secondo gradiente di concentrazione


(all’esterno è più concentrato rispetto all’interno). Secondo questa diffusione passano le
molecole apolari, fatta eccezione per l’acqua.
• L’osmosi: processo di trasporto spontaneo di un solvente (che in contesto biologico è l’acqua)
dalla soluzione in cui i soluti sono più diluiti (ipotonica) a quella in cui sono più concentrati
(ipertonica). Questo processo prende fine al raggiungimento di una situazione di equilibrio in
cui entrambe le soluzioni mantengono le stesse concentrazioni.
• Diffusione facilitata (molecole piccole): la molecola trasportata viaggia secondo gradiente di
concentrazione (all’esterno è più concentrato rispetto all’interno). Si chiama trasporto, perché
sono necessarie delle specifiche proteine (proteine canale e trasportatori detti proteine
carrier), che modificando la loro forma, permettendo il passaggio della molecola. Secondo
questa diffusione passano le molecole polari, e gli ioni. Il glucosio ne è un esempio.

Proteine canale: classe di proteine intrinseche che permettono il passaggio di specifici soluti (soprattutto
ioni) formando pori idrofilici. L’apertura-chiusura del canale può essere regolata da potenziale elettrico,
ligando extra/intracellulare o meccanicamente.
- Canali ligando-dipendenti: l’apertura di questi canali, avviene in seguito al legame tra la proteina
canale e la molecola segnale (definita come ligando) ad esempio un ormone o un
neurotrasmettitore.
- Canali voltaggio-dipendenti: la loro apertura- chiusura è definita dal potenziale di membrana.
Quando la membrana è normalmente polarizzata sono chiusi; una depolarizzazione della stessa
causa l’apertura del canale e il conseguente passaggio dello ione.
Trasportatori: proteine trasportatrici o Carrier che si legano da un lato della membrana
specifici soluti da trasportare, e in seguito al legame subiscono una serie di cambiamenti
conformazionali depositando il soluto sul versante opposto. Questo tipo di trasporto è saturabile.

Il trasporto attivo avviene contro gradiente di concentrazione, pertanto, richiede energia (fornita dall’ATP).
L’ATP, è una molecola costituita da ribosio, adenina (adenosin-) e 3 gruppi fosfato (-trifosfato). I gruppi
fosfato sono gruppi molto negativi, uniti tra loro; l’idrolisi del legame tra i fosfati comporta la liberazione di
energia, che può essere utilizzata per il trasporto.
Il trasporto attivo è mediato da POMPE, proteine transmembrana (che presnetano siti di legame ATP) che
trasportano molecole e ioni contro gradiente di concentrazione, utilizzando l’energia fornita a seguito
dell’idrolisi dell’ATP. Le principali pompe presenti nella cellula eucariote sono:

- pompe sodio-potassio: operano al fine di mantenere stabile la concentrazione dei due ioni ai lati
opposti della membrana.
- pompe calcio: trasportano il calcio fuori dalla cellula o nel reticolo endoplasmatico liscio
- pompe protoniche: trasportano ioni H+ nei lisosomi al fine di abbassare il pH

il trasporto attivo può essere di due tipi: primario o secondario. Il trasporto attivo secondario
(cotrasportatori) sfrutta l’energia cinetica della molecola che si sposta secondo gradiente di concentrazione
per il movimento di una molecola contro gradiente:

- nella stessa direzione, simporto


- nella direzione opposta, antiporto, rispetto a un trasporto primario (accoppia passaggio secondo
gradiente a passaggio contro gradiente)

Nel trasporto attivo secondario l’energia derivante dall’idrolisi dell’ATP viene utilizzata per creare un nuovo
gradiente di concentrazione con un’altra molecola (solitamente Na+). Questa molecola, detta driver,
permette il trasporto delle molecole interessate che avviene con un meccanismo passivo (cioè senza
dispendio energetico) e grazie a delle proteine trasportatrici.

In base al numero di molecole trasportate e alla direzione del traporto è distinguibile:

UNIPORTO: la proteina carrier traporta solo un tipo di sostanza in una direzione. Il glucosio all’esterno della
cellula si lega al trasportatore GLUT1 cambiandone la conformazione. Questo cambiamento
conformazionale permette il rilasciato del glucosio nel citosol con successiva riacquisizione della forma della
proteina carrier.

SIMPORTO: la proteina carrier trasporta due tipi di sostanza differenti nella stessa direzione. Un esempio è
la pompa sodio-glucosio. L’energia potenziale accumulata nel gradiente di concentrazione del sodio viene
sfruttata dalla cellula per spostare il glucosio contro gradiente. Il processo prende inizio con il trasferimento
all’interno della cellula delle molecole di glucosio accoppiate a ioni sodio che si muovono nella stessa
direzione. Il trasportatore si trova aperto sul versante extracellulare e presenta un sito di legame ad alta
affinità per sodio (bassa affinità con il glucosio). Questa affinità permette il legame del sodio al
trasportatore determinando un cambiamento conformazionale che aumenta l’affinità per il glucosio. In
seguito al legame con il glucosio la proteina si apre sul versante citosolico comportando il rilascio del sodio
che verrà successivamente espulso dalla pompa sodio-potassio. Il rilascio di sodio, modifica nuovamente la
conformazione della proteina provocando il rilascio del glucosio nel citosol. La proteina carrier torna alla
configurazione iniziale. L’ingresso del glucosio contro gradiente è accoppiato al movimento dello ione sodio
secondo gradiente.

ANTIPORTO: la proteina carrier trasporta due tipi di sostanza differenti in direzioni opposte. Un esempio è
la pompa sodio-potassio. Il processo è mediato da una proteina carrier ad antiporto che trasporta sodio e
potassio contro gradiente di concentrazione in direzioni opposte, sfruttando l’energia dell’idrolisi dell’ATP.
Questa pompa permette il mantenimento stabile delle concentrazioni dei due ioni ai lati opposti della
membrana. Non può legare entrambi gli ioni, nello stesso momento in quanto i siti di legame sono
parzialmente opposti; difatti il suo funzionamento è basato sui cambiamenti conformazionali indotti da
fosforilazione defosforilazione della proteina. La pompa lega gli ioni sodio all’interno della cellula e in
seguito a fosforilazione la pompa si chiude sul versante interno aprendosi sul versante esterno e rilasciando
gli ioni sodio. A seguito del rilascio del sodio, si legano gli ioni potassio provocando una defosforilazione
della pompa che ne comporta l’apertura della pompa sul versante interno; questo ne permette il rilascio
del potassio nel citosol.

Diffusione dei gas

Processo che avviene attraverso la membrana plasmatica, e si occupa del passaggio di molecole apolari
attraverso il doppio strato fosfolipidico come, per esempio, l’anidride carbonica.

COMPARTIMENTAZIONE CELLULARE

La compartimentazione contraddistingue la cellula eucariotica dalle altre. All’interno del citoplasma delle
cellule, troviamo tutti i diversi organuli e compartimenti che sono delimitati da membrane e specializzati
nell’assolvere particolari funzioni. Il compartimento più voluminoso è definito dal reticolo endoplasmatico
(REL e REV), l’apparato di Golgi, i mitocondri delimitati da due membrane, le vescicole membranose come i
lisosomi, perossisomi e vescicole che si fondono con la membrana (esocitosi) o assolvono la funzione di
trasporto delle molecole dall’esterno all’interno della cellula (endocitosi) e il citoplasma è percorso dai
filamenti del citoscheletro, che agisce come un sistema di rotaie su cui si muovono proteine motrici che
mediano il traffico intracellulare. Reticolo endoplasmatico, apparato di Golgi e lisosomi sono
dinamicamente correlati e costituiscono la via secretoria, che porta molecole elaborate nel RER all’esterno.

I ribosomi

I ribosomi sono organelli, presenti nel citoplasma. Non presentano rivestimenti membranosi e sono
costituiti da una subunità minore e una subunità maggiore sintetizzate a livello del nucleolo. Queste
subunità sono costituite da rRNA e proteine ribosomiali. Le due subunità sono assemblate a costituire il
ribosoma quando questo è funzionalmente attivo e impegnato nella traduzione di un filamento di mRNA.
La subunità minore presenta tre siti di legame per tRNA e 1 sito per mRNA, la subunità maggiore invece
presenta 3 siti catalitici che catalizzano la formazione di legami peptidici nelle proteine nascenti. I ribosomi
eucariotici sono 80s (40S,60S) dove s’identifica il coefficiente di sedimentazione, misurato sulla base di
velocità di sedimentazione (dipende dal peso molecolare, conformazione della molecola).

I ribosomi liberi possono essere raggruppare a formare dei poli ribosomi (importanti in quanto sono in
grado di tradurre un mRNA in successione su più ribosomi).

Corpi di nissl: strutture dovute a un’aggregazione di RER e ribosomi all’interno delle cellule nervose.

Illustrazione di una cellula pancreatica: è evidente come


la cellula assume una particolare forma così da correlarsi
alla cellula che deve svolgere. Questa cellula produce un
secreto pancreatico di tipo proteico (enzimi). Presenta
una polarizzazione nella parte apicale, sono presenti i
granuli di zimogeno (a seconda del loro contenuto
presentano colorazione differente) che permettono di
discriminare il tipo di secrezione (secrezione di tipo
regolata da un impulso ormonale). Tutto il resto del
citoplasma, tranne la zona in cui vi sono i granuli dove si
vede la presenza dell’apparato di Golgi, è costituito da
cisterne del RER e dalla presenza di numerosi
mitocondri. È evidente anche il nucleo

Reticolo endoplasmatico

Il reticolo endoplasmatico è un sistema di endomembrane, si possono distinguere compartimenti


comunicanti che presentano funzioni differenti: RER e REL.

- Il RER: è costituito da membrane che formano cisterne (rivestite da membrane) appiattite e sulla
cui superficie rivolta verso il citosol sono adesi i ribosomi.
- Il REL: organizzato in tubuli interconnessi tra loro

Il REL è in evidente continuità con l’involucro nucleare, questi organelli possono venire in contatto, e ciò è
molto importante per lo svolgimento delle loro funzioni. Si tratta di una continuità concessa dalla
membrana esterna del nucleo che modificandosi va a formare il RER. RER e REL sono comunicanti e
interconnessi tra loro, la maggior parte delle proteine del RE sono in comune, ma quelle con funzione
specifica trovano esclusivamente in un o altro (proteine coinvolte in omeostasi calcio). Osservazione
immagine: è evidente come le cisterne erroneamente sono state rappresentata separate le une dalle altre;
anche se le cisterne del RER e i tubuli che costituiscono il REL sono in comunicazione tra loro e svolgono
attività in sincronizzazione. Le cisterne sono dei sacchetti che costituiscono l’apparato di Golgi.

Il reticolo endoplasmatico ruvido

È un sistema di membrane organizzato in cisterne sulla cui superficie (rivolta verso il citosol) sono adesi
ribosomi. (i ribosomi sono presenti anche sull’ involucro nucleare a conferma che esso è in continuità con il
RER). La membrana del RER è possibili differenziarla da quella del REL in quanto presenta ribosomi,
proteine integrali (necessarie al legame coi ribosomi per permettere il riconoscimento di sequenze segnale
delle proteine che devono essere traslocate al RER) e proteine necessarie a formare un canale che
permetta la traslocazione.
Le funzioni del RER sono:

- ruolo determinante nel processo di sintesi proteica: che avviene sia sui ribosomi adesi alle cisterne
del reticolo, sia sui ribosomi liberi nel citosol. A livello dei ribosomi adesi vengono sintetizzate tutte
quelle proteine che sono andate incontro a degenerazione della membrana, oppure proteine che
andranno a interagire con il Golgi e poi con la membrana per essere esternalizzate, oppure quelle
proteine che andranno a costituire i lisosomi.
- stazione iniziale della via secretoria
- avviene la glicosilazione, e si verifica a livello delle proteine in contesto post traduzionale
- si occupa di riconoscere ed eliminare le proteine non correttamente ripiegate, le indirizza verso i
lisosomi dove vengono eliminate attraverso processi ben specifici.
- a carico dei ribosomi liberi nel citosol vengono sintetizzate quelle proteine necessarie alla cellula
per svolgere le sue attività o per contribuire alla formazione delle altre strutture.

A carico dei ribosomi adesi alle membrane del RER sono sintetizzate (VIA COTRADUZIONALE O

SECRETORIA)

1. proteine destinate a membrana plasmatica


2. proteine lisosomiale
3. proteine luminali del reticolo endoplasmatico
4. proteine secretorie
5. proteine di membrana del Golgi

Nel RER sono traslocate sia proteine solubili in acqua rilasciate nel lume, sia proteine transmembrana
(regioni idrofobiche) che sono inserite nella membrana del RER. È necessaria, la presenza di una sequenza
segnale del reticolo endoplasmatico per permettere l’avvio della traslocazione.

Apparato di Golgi

Questo apparato è situato, solitamente, a livello del nucleo ed è nelle vicinanze del centrosoma
(costituente del centriolo, organello che nella cellula organizza il fuso mitotico durante la mitosi). È stato
Camillo Golgi, il ricercatore, che durante una sperimentazione di colorazione sulle cellule nervose per
capirne l’organizzazione, ha notato una colorazione particolarmente scura posizionata nelle vicinanze del
nucleo. Questa struttura può essere presente nelle cellule in quantità differenti a seconda della funzionalità
delle cellule stesse. Il Golgi è costituito da una serie di cisterne appiattite, poste le une sulle altre a formare
come delle pile e non sono in collegamento tra di loro come nel caso del RER. Ognuna di queste pile,
presenta 5-6 cisterne e in particolare l’unico collegamento che hanno tra di loro sono delle vescicole che si
dispongono lateralmente rispetto alle cisterne che permettono la comunicazione tra le varie cisterne. Esse
hanno una forma ricurva e una faccia convessa rivolta verso il nucleo che viene identificata come faccia cis
e una faccia concava (faccia trans) rivolta verso la membrana della cellula. La parte cis del golgi sarà quella
che riceverà le vescicole del RER dove all’interno di essa saranno presenti le proteine di nuova sintesi. Tra la
faccia cis e la faccia trans del Golgi vi è una regione mediale, delle cisterne mediali, che non hanno un
orientamento concavo o convesso ma sono più o meno appiattite; questo ci permette di identificare
nell’apparato di Golgi tre regioni/facce: Cis Golgi Network CGT e Trans Golgi Network TGN e la mediana.
Queste regioni si differenziano per la composizione chimica, per lo spessore delle membrane e per gli
enzimi che contengono. In questi compartimenti le proteine si muovono in entrambe direzioni. Dal CGN
possono muoversi in avanti verso il Golgi o tornare nel reticolo endoplasmatico, mentre dal TGN possono
procedere verso destinazione finale o tornare indietro a compartimenti precedenti.

- N.B: Il Golgi è un organello intermediario, tra le proteine che vengono esocitate e le proteine che
vengono endocitate. Le cisterne sono in grado di modularne l’attività a seconda della proteina con il
quale l’organello viene a contatto.

Il CGN ha composizione lipidica simili a quella delle cisterne del RER: prevalenza di fosfolipidi. Andando
verso TGN aumenta presenza del colesterolo e di sfingolipidi. Il colesterolo porta i fosfolipidi a distendere
catene idrocarburiche, facendo aumentare spessore del tratto di fosfolipidi, permettendo inserimento di
proteine nella membrana.

Cellula in coltura dove, grazie a una reazione immunoistochimica è


stato possibile individuare l’apparato di Golgi. È stata utilizzata una
proteina, la golgina, che è stata messa in evidenza con un anticorpo
secondario legato alla fluoresceina (ha permesso la colorazione
verde). Il nucleo è stato messo in evidenza, con una colorazione per
il DNA con DAPI (colorante che si lega preferibilmente alle basi A-T,
ma è in grado di individuare la massa di cromatina presente nel
nucleo).

FUNZIONI

- Modifica, immagazzinamento, smistamento e distribuzione proteine sia destinate a


- secrezione, sia quelle che rimangono nella cellula ma separate da citoplasma
- Sintesi di lipoproteine (riceve dal REL lipidi) sfingolipidi e polisaccaridi
- Processamento della porzione saccaridica/Glicosilazione di lipidi e proteine neosintetizzati che si
muovono lungo via secretoria
- Smistamento di lipidi e proteine destinati membrana plasmatica o a organelli citoplasmatici
- Scaffold per proteine di segnalazione e citoscheletriche

Sono illustrate le tre caratteristiche


dell’apparato di Golgi.

- D: evidenzia le cisterne cis


- E: evidenzia le cisterne trans
- F: evidenzia le cisterne mediali
Glicosilazione nel Golgi

Processo che si identifica con l’aggiunta di glucidi alle proteine che raggiungono il Golgi. In particolare,
questo complesso del Golgi (è in grado di glicosilare anche i lipidi) presenta questo ruolo chiave di
assemblare i carboidrati alle proteine in modo tale da costituire delle glicoproteine. Le proteine o le
glicoproteine di membrana, quando vengono sintetizzate arrivano poi al Golgi e vengono implementate con
zuccheri grazie alla presenza di specifici enzimi: le glicosiltrasferasi. Si ha una sequenza obbligata, perché
queste glicosiltrasferasi entrino in contatto con la proteina neosintetizzata mentre la proteina si muove
verso il complesso del Golgi.

Processo di glicosilazione di un’oligosaccaride legato all’azoto.


Inizialmente si verifica la rimozione di tre residui di glucosio, e
successivamente vengono rimossi anche dei residui di mannosio.
Contemporaneamente, vengono aggiunti altri zuccheri grazie agli
enzimi glicosiltrasferasi, in particolare galattosio, il fucosio. Grazie a
questi enzimi, che sono delle proteine integrali di membrana, c’è la
possibilità di interagire con l membrana perché si trovano sulla parte
della membrana rivolta verso il lume delle cisterne del Golgi.

I lisosomi (gli spazzini della cellula)

I lisosomi, derivano dalla faccia trans del Golgi, e sono delle vescicole membranose che contengono degli
enzimi idrolitici (essi operano a pH acido).

Al microscopio elettronico si presentano come


organuli con forma rotondeggiante e il loro aspetto
varia in base al materiale da digerire che
contengono (può essere più o meno elettro denso).
Il loro aspetto varia in base al loro grado di
maturazione e il momento di attività. La
distribuzione e il numero dei lisosomi dipendono
dalla funzione che svolge la cellula (macrofagi,
granulociti, neuroni).

Essi hanno la funzione di scomporre le macromolecole nelle loro diverse parti costituenti e permettono
anche il riciclo delle molecole che vengono degradate. Nel lume dei lisosomi sono contenuti circa 40 tipi
diversi di idrolasi acide (proteasi, fosfatasi, glicosidasi glicosidasi,lipasi,nucleasi) che operano a PH acido
( questo è importante poiché riduce il pericolo della distruzione della cellula ospitante qualora vi sia la
liberazione accidentale di tali enzimi nel citoplasma (che ha pH 7). I lisosomi sono in grado di attuare dei
processi di endocitosi (meccanismo di trasporto vescicolare, che permette di internalizzare nella cellula una
determinata sostanza per poterla degradare), e inglobare il materiale che deve essere degradato
elaborandone il contenuto. Il lisosoma per poter funzionare correttamente necessita di un ph acido che
viene realizzato grazie a pompe protoniche (a idrogeno, con dispendio energetico sotto forma di ATP) che
vengono generate e attivate nel momento in cui si verifica una fusione tra le vescicole endocitate e il
lisosoma stesso. Questo significa, che il lisosoma mantiene una certa neutralità fino a quando non viene
attivata dalla vescicola endocitata o la membrana di un organello che deve essere degradato.
Illustrazione di una parte di una cellula di
Kupfer che ha fagocitato cellule invecchiate. Si
nota come queste cellule proprio per la loro
funzione fagocitaria, presentano un alto
quantitativo di lisosomi al loro interno rispetto
ad altre cellule.

La membrana lisosomiale è caratterizzata da proteine integrali fortemente glicosilate che fanno da barriera
tra il citoplasma e il contenuto del lisosoma stesso. Questa caratteristica è importante e necessaria per
evitare l’insorgenza di processi di autodigestione.

I lisosomi hanno un importante ruolo nell’economia cellulare in condizioni fisiologiche, il funzionamento


inadeguato dei lisosomi comporta insorgenza di condizioni patologiche.

Approfondimento: Ci son condizioni patologiche per cui si addensano e accumulano in specifiche zone
cellula, la loro localizzazione può essere usata per diagnosi. Se lisosomi non funzionano in modo adeguato,
nella cellula si accumulano componenti inutili con disfunzioni. Diverse patologie, molto spesso ereditarie,
quali la malattia di Pompe sono state associate a malfunzionamenti dei lisosomi, dei loro enzimi o dei
processi portanti alla loro formazione. Queste malattie sono dovute alla mancanza di particolari proteine
litiche, che porta all'accumulo dei loro substrati all'interno della cellula, con conseguenti problemi nel
metabolismo cellulare.

I lisosomi, all’interno della cellula, li possiamo trovare differentemente distribuiti. Nelle immagini illustrate
si nota:

- Prima immagine: i lisosomi sono distribuiti in tutto il citoplasma


- Seconda immagine: i lisosomi sono distribuiti in una parte più prossima al nucleo e risultano quasi
condensati. In cellule polarizzate come i neuroni, i lisosomi si trovano in tutti i tre compartimenti
ma in particolare si ha una concentrazione maggiore di lisosomi nel soma

I lisosomi hanno la possibilità di addensarsi in particolari aree della cellula dove devono attivare le loro
funzioni. Il movimento dei lisosomi è controllato dai microtubuli del citoscheletro, essi si addensano in
particolari aree della cellula. il loro movimento implica aggregazione e non è continuo, ma definito stop and
go, perché è regolato e gestito a seconda delle condizioni in cui si trovano (per esempio se si verifica
un’acidificazione del citosol, si ha una dispersione dei lisosomi da peri nucleare si portano in posizione di
fusa a livello del citoplasma stesso).

I lisosomi sono coinvolti nella morte cellulare programmata per autofagia.


Si possono verificare delle interconnessioni tra i lisosomi e gli altri organelli come per esempio il RER, il
Golgi (in particolare dalla faccia trans) e i perossisomi.

N.B: marker specifico dell’autofagia dei lisosomi riconoscibile alla visione di membrane all’interno della
cellula.

- Lisosoma primario: identificato come tale quando non è in attività


- Lisosoma secondario: identificato come tale quando si fonde con una vescicola contenente il
materiale da digerire

Formazione dei lisosomi

I lisosomi si formano dalla fusione di varie vescicole (provenienti da membrana cellulare e dal sistema
membranoso interno) che andranno a costituire sia il rivestimento che il contenuto degli stessi organuli. Le
proteine lisosomiali vengono sintetizzate e glicosilate nel RER e successivamente trasferite al Golgi. Nella
cisterna Cis Golgi i residui di mannosio delle proteine lisosomiali vengono fosforilati (M-6-P). Le proteine
lisosomiali così marcate nel TGN vengono riconosciute dal recettore del M-6-P ed incluse in vescicole
rivestite da clatrina. Le vescicole che si staccano dal TGN costituiscono i lisosomi primari. Tali organelli sono
fortemente elettro densi. Quando i lisosomi primari si fondono con gli endosomi tardivi diventano lisosomi
maturi (o secondari). Qui avviene il riciclaggio dei recettori del M-6-P mentre le idrolasi lisosomiali trovano
le condizioni ottimali per la loro azione (l'acqua e il pH tra 3 e 5). M6P è un marcatore specifico per
l’indirizzamento di una proteina al lisosoma.

I lisosomi sono specializzati nella di digestione intracellulare di molecole polimeriche provenienti da interno
(autofagia) o esterno (fagocitosi). Sono coinvolti in funzioni digestive differenti, quali la distruzione
programmata delle cellule durante l’embriogenesi, la distruzione di microrganismi fagocitati, la nutrizione
cellulare. I lisosomi partecipano a processi di autofagia: degradazione di organuli deteriorati con disfunzioni
anche strutturali e componenti intracellulari non più utili.
- Si parla di macro-autofagia quando il materiale da eliminare è organulo che viene racchiuso da un
rivestimento membranoso proveniente dal RE e si forma una vescicola chiamata autofagosoma che
si fonde con vescicole idrolasiche per attivare la digestione lisosomiale.
- Si parla di micro-autofagia quando lisosoma internalizza componenti citosoliche da digerire.

Nella fagocitosi il lisosoma si fonde con fagosoma formando fago lisosoma. Quando la cellula ingloba per
endocitosi corpi estranei o agenti patogeni si forma un fagosoma con cui si fondono i lisosomi formando
fago lisosoma. I prodotti derivanti da una digestione incompleta sono i corpi residui e possono essere
secreti per esocitosi in ambiente extracellulare o formare granuli di lipofuscina nella cellula, che
rappresentano i residui dell’attività lisosomiale.

I mitocondri

I mitocondri sono organelli presenti in tutte le cellule eucariotiche, ad eccezione degli eritrociti dei
mammiferi e sono visibili al microscopio ottico.

TEORIA ENDOSIMBIOTICA: I mitocondri hanno la capacità di produrre atp e di generare quei processi che
permettono di sintetizzare energia e grazie a ciò sono un target per i processi evolutivi. L’evoluzione della
cellula eucariotica è andata a definire anche i cambiamenti dei mitocondri, tanto che ha avuto
un’evoluzione tale da conferirgli la capacità di trasmettere il proprio genoma. I mitocondri sono sorti due
miliardi di anni fa e esiste una teoria, sulle loro origini, definita dall’inglobamento di un proteo batterio da
parte di una cellula eucariote; i mitocondri abbiano mantenuto la caratteristica di doppia membrana. Ciò
che rimane del mitocondrio ancestrale è sicuramente il genoma circolare di circa 16kb presenti nelle cellule
in un numero elevato di coppie rispetto ai cromosomi nucleari.

Morfologia e distribuzione

I mitocondri presentano una forma bastoncellare, ovale oppure possono cambiare la loro forma sulla base
di disfunzioni della cellula; perciò possono essere considerati degli organelli in grado di adattarsi alle
condizioni della cellula. Il loro spessore è compreso tra 0,5 e 1 micron e una lunghezza di 10 micron. La
caratteristica dei mitocondri è quella di essere presente in un numero di elementi differenti, a seconda
della funzionalità della cellula (p.es. gli epatociti sono circa 2000 per ogni cellula epatica). Sono molto
dinamici possono allungarsi, restringersi, fondersi tra loro e frammentarsi. L’allungamento è dovuto a
processo di fusione alterato.

I mitocondri sottostanno a processo di fusione e fissione. La fusione determina allungamento, la fissione


determina la divisione. Questi meccanismi devono essere in equilibrio, il prevalere di uno o dell’altro è
indice di aspetti patologici (per es. l’aumento del processo di fusione può denotare la resistenza cellulare a
determinato trattamento farmacologico). Questi meccanismi di fusione e fissione sono osservabili nelle
cellule viventi (e quindi senza fissazione) con traccianti fluorescenti.

Nelle cellule dei muscoli striati sono allineati tra le miofibrille, nello spermatozoo si concentrano nel punto
di intersezione del flagello (lo spermatozoo ha alto fabbisogno energetico perché deve muoversi, è dotato
di motilità).

Struttura

Il mitocondrio presenta una struttura a doppia membrana, la membrana esterna e la membrana interna
che risulta ripiegata a costituire delle creste. Tra le due membrane si crea uno spazio intermembrana.

La membrana esterna racchiude completamente l’organello separandolo dal citoplasma; essa presenta una
composizione simile a quella del reticolo endoplasmatico (40-50% di lipidi e il restante di proteine). La
membrana esterna ha un contenuto lipidico maggiore rispetto a quella interna. Ha una elevata permeabilità
e contiene le proteine porine che formano canali non selettivi per il passaggio di molecole con peso
molecolare inferiore a 5000 Dalton

La membrana interna (selettivamente permeabile) è ripiegata a costituire le creste mitocondriali


(osservabili a TEM e SEM, visione tridimensionale); all’interno della quali è presente la matrice
mitocondriale (consistenza gelatinosa conferita dalle proteine idrosolubili presenti all’interno). Le creste in
genere presentano una forma lamellare e sono disposte perpendicolarmente all’asse longitudinale dei
mitocondri. La membrana interna, presenta una composizione lipidica simile a quella della membrana
plasmatica dei batteri: quasi priva di colesterolo e contiene cardiolipina che determina l’impermeabilità ai
protoni H+. La membrana interna ha un elevato contenuto proteico dovuto alla presenza di proteine
transmembrana e complessi proteici coinvolti nella fosforilazione ossidativa nella catena di trasporto degli
elettroni.
Perossisomi
Organelli citoplasmatici che intervengono nel catabolismo di molte
molecole come amminoacidi, acidi grassi (La degradazione degli
acidi grassi a catena corta/media avviene nei mitocondri, mentre la
degradazione degli acidi grassi a catena lunga nei perossisomi) e
anche nella biosintesi di colesterolo e dolicolo. Questi organelli
presentano l’enzima catalasi che è in grado di degradare il
perossido di idrogeno (composto citotossico) prodotto dall’attività
di altri enzimi perossisomiali: le ossidasi. Essi presentano una
morfologia variabile e possono presentare forma sferica o
bastoncellare; inoltre i loro movimenti sono controllati dal
citoscheletro: nei mammiferi si spostano lungo i microtubuli
mentre nelle piante e nei lieviti lungo i microfilamenti di actina. Le
ossidasi catalizzano diverse reazioni di ossidazione che portano
come prodotto collaterale il perossido di idrogeno, degradato dalle
catalasi e ridotto ad acqua e ossigeno. Questi enzimi possono
derivare da specifiche regioni del reticolo endoplasmatico e dalla
crescita e fissione di perossisomi preesistenti.

La matrice mitocondriale

La membrana interna delimita la matrice mitocondriale: un gel viscoso in cui si trovano enzimi idrosolubili
coinvolti in ossidazione acidi grassi e ciclo di Krebs. Nella matrice mitocondriale ci sono depositi granulari di
ioni calcio, ribosomi e molecole di DNA mitocondriale circolare a doppia elica. I mitocondri hanno un
proprio genoma e apparato sintetico con varie forme di RNA (m,t,r) e ribosomi. Il mtDNA (DNA
mitocondriale) è simile a quello dei batteri, non è associato a istoni ed è sottoforma di molecole circolari ad
anello. In ogni mitocondrio ci sono diverse molecole di DNA mitocondriale. I ribosomi dei mitocondri hanno
dimensioni minori rispetto ai ribosomi eucariotici, sono simili a quelli dei batteri. I mitocondri effettuano la
sintesi di alcune proteine, ma la maggior parte delle proteine mitocondriali è codificata dai geni nucleari e
poi indirizzata ai mitocondri per via citoplasmatica o postraduzionale.

Le funzioni dei mitocondri

- Immagazzinamento sotto forma di ATP di


energia
- Possibilità di fusione, divisione e
cambiamento di forma ed essere trasportati
nei distretti cellulari in cui è richiesta energia
- Effettuano la sintesi di alcune proteine
- Accumulo di ioni calcio
- Partecipano assieme al REL alla formazione di
ormoni steroidei
- Partecipano alla gluconeogenesi, mono
amminossidasi e alla produzione di calore.

I mitocondri giocano un ruolo fondamentale nella morte cellulare innescando una delle vie dell’apoptosi
(quella intrinseca), che porta al rilascio di fattori apoptogenici dallo spazio intermembrana tra cui il
citocromo c). L’Apoptosi è una forma di morte cellulare programmata innescata da alcuni segnali, si
riconosce una VIA INTRINSECA (quando i segnali di morte programmata derivano dall’interno della cellula)
ed una via estrinseca (quando i segnali di morte programmata derivano dall’ esterno della cellula).

TRAFFICO VESCICOLARE

La cellula eucariote è sede di intenso traffico di vescicole che gemmano dal RE e si dirigono ad altri organelli
o alla membrana plasmatica e in direzione opposta, dal plasmalemma si dirigono all’interno della cellula.
(movimento di vescicole avviene grazie intervento del citoscheletro che agisce come sistema di rotaie su cui
si muovono proteine motrici). Il traffico vescicolare consente la comunicazione fra l'interno della cellula e
l'esterno, per mezzo delle vescicole di trasporto, questo spostamento può avvenire attraverso l’endocitosi
oppure l’esocitosi. È possibile distinguere due vie principali:

- La via biosintetica-secretoria che prende il nome di esocitosi, la quale consiste nell’


esternalizzazione del contenuto di una vescicola intracellulare. Il pathway secretorio inizia dal
reticolo endoplasmatico e termina a livello della membrana plasmatica.

- La via dell’endocitosi che consente l’internalizzazione di materiale extracellulare o di rimuovere i


componenti della membrana plasmatica. Questo pathway prende inizio dalla membrana plasmatica
e termina a livello dei lisosomi.

Il traffico vescicolare si verifica grazie ad un processo di gemmazione seguito da un processo di fusione delle
vescicole.

GEMMAZIONE E DISTACCO DELLE VESCICOLE

I fenomeni di produzione di vescicole si verificano a carico di diverse strutture come RE, Golgi (da cui
originano vescicole coinvolte nel trasporto e smistamento delle molecole sintetizzate nel RE) e
plasmalemma. Si forma una fossetta di invaginazione nella membrana (al TEM caratterizzata da aspetto
spinoso della membrana sul lato citosolico, dovuto all’assemblaggio del rivestimento proteico) che è dotata
di rivestimento proteico. La fossetta rivestita si approfonda sempre più fino a distaccarsi formando una
vescicola rivestita.
Il rivestimento proteico è costituito da 3 famiglie di proteine (clatrina, COP I COPII) che
contraddistinguono le vescicole coinvolte in differenti trasferimenti. Rivestimento proteico stabilisce
selettività del carico. Prima che la vescicola si fonda con la membrana bersaglio il rivestimento viene perso
del tutto o in parte e riciclato. La curvatura della membrana può essere determinata da fattori estrinseci
come citoscheletro che può spingere e tirare le membrane o da fattori intrinseci come presenza di proteine
integrali che la deformano, il legame con proteine di rivestimento o proteine citosoliche che si associano
transitoriamente per deformarla, o la composizione lipidica.

La clatrina è una proteina esamerica formata da 3 catene pesanti e 3 leggere unite a formare struttura
simile a una svastica a tre braccia chiama triskelion o triscele o trischele. I trisceli si uniscono in una
struttura a forma di canestro formando esagoni e pentagoni alternati. La clatrina riveste sia vescicole che
da TGN vanno ai Lisosomi, sia quelle di endocitosi; COPII (coating protein two) riveste vescicole che dal RE
vanno a Golgi, COP I (coating protein one) riveste tutte quelle che dal Trans tornano a cisterne precedenti o
al RE.

I rivestimenti COPI e COPII prendono contatto direttamente con l’organello da cui gemmano le vescicole.
Mentre per il rivestimento clatrina è necessario intervento di proteine adattatrici (adaptine) che mediano il
legame tra clatrina e membrana plasmatica. Nel distacco della vescicola dalla membrana interviene
dinamica dotata di attività GTPasica. La dinamica forma avvolgimento a spirale attorno alla base della
vescicola e interagendo con altre proteine determina il distacco della vescicola.

Con tecnica auto radiografica: Si può


evidenziare il meccanismo del traffico
vescicolare con marcatore radioattivo,
marcando aminoacido è possibile individuare la
proteina contenuta nella vescicola e seguire il
meccanismo di gemmazione delle vescicole e il
percorso della proteina ed evidenziare i
passaggi che portano alla produzione di granuli
di secreto (studio condotto su cellule del
pancreas esocrino). È possibile vedere dove si
accumula elemento radioattivo.

SMISTAMENTO DELLE VESCICOLE

Dopo distacco dalla membrana di origine delle vescicole neoformate (che derivano sia da endocitosi sia da
gemmazione dal RE/Golgi) devono essere smistate al corretto compartimento cellulare in base al
contenuto. Nel corretto smistamento delle vescicole al bersaglio sono implicate le proteine SNARE, che
sono poste su vescicole (vSNARE) e sul bersaglio (tSNARE) e funzionano da segnale e relativo recettore e
garantiscono corretto indirizzamento vescicolare. Intervengono anche nella fusione di membrane che
permette allea membrana della vescicola di fondersi con membrana bersaglio (SNARE forniscono specificità
alla fusione).

La fusione delle vescicole è realizzata dalle proteine SNARE che agganciano e trascinano la vescicola verso la
membrana a cui è destinata e poi aiutano la fusione dei doppi strati lipidici delle due membrane. Le SNARE
sono proteine integrali che si trovano sulla superficie della vescicola (vSNARE) e sulla membrana bersaglio
(tSNARE).

Quando le proteine SNARE di due membrane si avvicinano, le loro catene si intrecciano e tirano le
membrane una verso l'altra fino a farle quasi toccare. Grazie alle SNARE la vescicola può riconoscere
bersaglio con cui è destinata fondersi. Quando vescicola si fonde con membrana il rivestimento proteico
viene riciclato. Le SNARE dopo la fusione si disassemblano e possono tornare a essere riutilizzate.
Nell’aggancio delle vescicole alla membrana bersaglio intervengono proteine monomeriche dotate di
attività GTPasica dette RAB, che sono legate alla vescicola prima che si distacchi dalla membrana di origine
e poi interagiscono con una proteina sulla membrana bersaglio (effettore di RAB).
TRAFFICO VESCICOLARE TRA RE E GOLGI

Tra RE e Golgi esiste sia un flusso vescicolare anterogrado si retrogrado. Dal RER gemmano vescicole di
trasporto rivestite da proteine COP II muovendosi lungo i microtubuli del citoscheletro confluiscono al CGN
e quindi transitano dalle cisterne cis, alle mediane fino alla faccia trans del Golgi. Dal TGN le vescicole
possono dirigersi verso la destinazione finale oppure muoversi a ritroso tornando a cisterne precedenti o al
RE. La sequenza per il recupero delle proteine del RE è la sequenza KDEL, che è il segnale per inserimento
della proteina in una vescicola (COP I) che torna al RE. Nei mammiferi nel traffico vescicolare tra RE e GOLGI
c’è una stazione intermedia (ERGIC) che si forma in seguito alla fusione delle vescicole COPII.

Esocitosi

Il materiale destinato a secrezione, una volta sintetizzato nel RE e dopo essere transitato nelle cisterne del
Golgi, viene confezionato in vescicole di secrezione che gemmano dal Trans Golgi. Ci sono due tipi di
secrezione: regolata (rilascio del secreto si verifica in risposta a stimoli) e costitutiva (rilascio continuo del
secreto).

Le vescicole di secrezione costituiva si fondono direttamente con la membrana plasmatica riversando il


proprio contenuto all’esterno della cellula. Le vescicole destinate a secrezione regolata si accumulano nella
cellula e vanno incontro a esocitosi solo in seguito a stimoli. Subiscono un processo maturativo che
comporta concentrazione del loro contenuto, le vescicole maturate sono di norma più grandi ed elettro
dense di quelle della secrezione costitutiva e si accumulano vicino membrana plasmatica in attesa dello
stimolo secretorio.

Endocitosi: si può distinguere in tre diverse forme: fagocitosi, pinocitosi, endocitosi mediata da recettori e
per molti aspetti anche autofagia.

FAGOCITOSI

Processo presente in cellule specializzate come macrofagi e granulociti dei vertebrati. Consiste
nell’ingestione a scopo di alimentazione o difesa di materiale extracellulare come batteri, frammenti
cellulari, che sono inglobati all’interno di un fagosoma che poi si fonde con lisosomi formando fago
lisosoma. Il materiale da fagocitare viene riconosciuto da specifici recettori di membrana. Il riconoscimento
può essere indiretto o diretto. Nel caso dei macrofagi il riconoscimento è indiretto: mediante appositi
recettori i macrofagi riconoscono gli anticorpi legati agli antigeni estranei e fagocitano il complesso
antigeneanticorpo. Il riconoscimento diretto avviene per esempio grazie al legame del fagocito con
specifiche oligosaccaridi sulla superficie dei batteri. Dopo l’adesione della particella da fagocitare la
membrana del fagocito si solleva in pieghe o pseudopodi avvolgendo la particella da fagocitare, mentre la
porzione di membrana sottostante la particella si introflette trascinando la preda all’interno, contenuta in
fagosoma.
PINOCITOSI: assunzione da parte della cellula di gocciole di liquido con eventuali soluti attraverso piccole
vescicole.

ENDOCITOSI MEDIATA DA RECETTORI

Si formano invaginazioni della membrana plasmatica che inglobano determinate molecole grazie al loro
legame con specifici recettori di membrana. Il materiale endocitato viene racchiuso in un endosoma
precoce (o primario) che con l’acquisizione di pompe protoniche (acidificazione) poi matura a endosoma
tardivo (o secondario). Endosoma tardivo si fonde con vescicole idrolasiche (provenienti dal TGN) e forma
un endolisosoma che dopo ulteriore acidificazione si trasforma in un lisosoma maturo.

CLASTRINA COPI COPII

Come la cellula ricava energia: metabolismo energetico

Nella cellula eucariote animale gli organelli preposti all’assorbimento e trasformazione di energia contenuta
nei substrati organici (zuccheri, acidi grassi aminoacidi) in ATP sono i mitocondri, essi sono coinvolti nel
metabolismo energetico. Il metabolismo energetico è definito da un insieme di reazioni che liberano
energia necessaria per svolgimento funzioni cellulari. I mitocondri sono definiti centrale energetica della
cellula, la funzione più importante consiste nella sintesi di ATP per fosforilazione-ossidativa. I mitocondri
sono coinvolti nella trasformazione dell’energia stoccata nei substrati organici in energia immediatamente
disponibile per svolgere le funzioni cellulari, immagazzinata sotto forma di ATP.

Sintesi ATP è resa possibile grazie alla combinazione di due processi intramitocondriali (ciclo di Krebs e
fosforilazione ossidativa), preceduti da una fase citoplasmatica cioè Glicolisi. Le macromolecole
(carboidrati, proteine e lipidi) sono demolite nei loro costituenti essenziali e come tali entrano nella glicolisi
o più avanti, nella formazione dell'acetil Coenzima A.

Respirazione cellulare

Processo che avviene in condizioni di aerobiosi, e permette alla cellula di ricavare dell’energia che può
essere utilizzata per svolgere determinate attività. È definita da una serie di reazioni dove ogni prodotto che
si forma viene utilizzato nel processo successivo. Prodotti di scarto che si producono al termine di questo
processo sono anidride carbonica e acqua.
Demolizione del glucosio o glicolisi

La glicolisi è un processo che avviene nel citoplasma in condizioni di aerobiosi ma anche di anaerobiosi (non
richiede necessariamente la presenza di ossigeno) e comporta la scissione di una molecola di glucosio in
due molecole di piruvato. A seguito della formazione del piruvato si possono avere due prodotti differenti a
seconda delle condizioni in cui la cellula si trova:

- Se ci si trova in condizioni di aerobiosi, a livello dei mitocondri si attiva il processo di respirazione


cellulare che porterà alla formazione di acqua e anidride carbonica.
- Se ci si trova in condizioni di anaerobiosi, va incontro al processo di fermentazione (lattica o
alcolica) nel citoplasma. Lo scopo della fermentazione è quello di rigenerare il NAD+ necessario per
i successivi cicli di glicolisi.

La fermentazione alcolica avviene nei lieviti (es. Saccharomyces cerevisiae) ed è usata per la produzione di
vino e birra, nella panificazione

La fermentazione lattica (sfruttata nella preparazione dello yogurt) avviene nei batteri lattici e nel
metabolismo anaerobico del tessuto muscolare (a seguito di un intenso lavoro muscolare)

Processo della glicolisi al dettaglio

La glicolisi è divisa in due fasi:

- Di investimento: nella prima fase, la cellula consuma 2 ATP per dividere il glucosio (che ha 6 atomi
di carbonio – 6C) in 2 molecole di gliceraldeide 3 – fosfato (GAP - 3C). In questa fase la cellula
spende energia per produrre due molecole ad alto valore energetico, che potranno essere ossidate
e defosforilate per ottenere energia.
- Di rendimento (): nella seconda fase, le due molecole di gliceraldeide-3-fosfato vengono
trasformate in due molecole di piruvato con conseguente produzione di 4 ATP (2 per ogni GAP) e 2
NADH (1 per ogni GAP).

Al termine della glicolisi, la cellula ha guadagnato 2 ATP (2 ATP consumate nella prima fase e 4 guadagnate
nella seconda) e 2 NADH (che potranno essere utilizzati per produrre ATP).

La demolizione del glucosio avviene attraverso delle reazioni di ossido riduzione regolate da degli enzimi
specifici che rientrano nella respirazione cellulare come accettori finali di atomi di idrogeno sotto forma di
protoni o elettroni (NAD+ e FAD sono un esempio di accettori).
Tra i due lati della membrana mitocondriale si forma un gradiente ionico che attiva l’immagazzinamento dei
protoni nello spazio intermembrana, che non possono uscire se non attraverso la pompa atipiasica,
necessari alla sintesi dell’ATP. La pompa atipiasica permette il movimento dei protoni secondo gradiente.

N.B: Nel processo di respirazione cellulare, possiamo identificare quindi 3 tappe principali: la glicolisi nel
citoplasma, il ciclo di Krebs nella matrice mitocondriale e la fosforilazione ossidativa con conseguente
trasporto di elettroni sulle creste mitocondriali. Sia la glicolisi che il ciclo di Krebs sono meccanismi
catabolici; mentre la fosforilazione e il trasporto di elettroni sono meccanismi che permettono il
trasferimento di elettroni dal NADH e portano alla formazione finale di acqua e di ATP.

Come fanno il glucosio e gli acidi grassi a produrre acetil coA?

Molecole di piruvato prodotte dalla glicolisi aerobica vengono trasportate all'interno della matrice
mitocondriale dove vengono decarbossilate da piruvato deidrogenasi per formare gruppi acetili (radicale
acetato) che sono legati con il coenzima a (CoA) per formare acetil-CoA. Queste reazioni liberano anidride
carbonica e NADH.

La glicolisi e la beta ossidazione (catabolismo lipidico) producono acetil-CoA, un gruppo acetile legato al
coenzima A.(L'ossidazione dei grassi, si attua nei perossisomi e viene completata nella matrice
mitocondriale dove i lipidi pre-ossidati vengono convertiti in acetil CoA, con produzione di NADH e FADH)
L’acetilCoA è il prodotto della demolizione di zuccheri, grassi e proteine.

Il ciclo inizia con l’unione di AcetilCoA con l’ossalacetato con la formazione di acido citrico, che attraverso 8
diverse reazioni è smontato dando luogo a una nuova molecola di ossalacetato, liberando CO2 e dando
origine a coenzimi ridotti NADH e FADH che per riossidarsi cedono idrogeno ed elettroni alla catena di
trasporto degli elettroni posta sulle creste mitocondriali. Si ottengono, per ogni acetil-coA, 2 CO2, 3 NADH,
1 FADH2 e 1 ATP.

Catena di trasporto degli elettroni

La catena è costituita da enzimi (citocromi) legati gruppi prostetici che possono accettare e cedere
elettroni, passando dallo stato ossidato a ridotto in modo reversibile. I coenzimi ridotti NADH e FADH
raggiungono la catena di trasporto dove cedono elettroni e protoni. Gli elettroni sono catturati dai
componenti della catena respiratoria, mentre i protoni vengono pompati (da enzimi della catena)
attraverso membrana interna dalla matrice allo spazio intermembrana. Gli elettroni proseguono lungo i
componenti della catena di trasporto degli elettroni, al cui termine si trova Ossigeno O2 che accetta
elettroni e parte dei protoni formando molecola di acqua H2O.

- La catena di trasporto non produce ATP, ma pompa i protoni nello spazio intermembrana
generando gradiente di concentrazione di protoni, necessario per la fosforilazione ossidativa.
Il flusso protonico di ritorno fa ruotare le parti mobili dell’ATPsintetasi attivando sintesi di ATP.

Fosforilazione ossidativa

Processo che si verifica nella membrana interna mitocondriale. Il gradiente protonico ai due lati della
membrana mitocondriale fornisce energia necessaria per sintesi ATP. La differenza di potenziale ai due lati
della membrana interna (che si traduce in differenza di PH, acido nello spazio intermembrana) induce i
protoni a rientrare nella matrice. acido nello spazio intermembrana) induce i protoni a rientrare nella
matrice.

Lungo la membrana interna si localizzano complessi multiproteici chiamati ATP sintasi o ATPsintetasi
costituiti da due subunità: F0 (proteina canale per il flusso protonico) F1(sporge nella matrice mitocondriale
è dotata di attività ATPasica entrambe le subunità hanno sia parti mobili sia parti statiche. La elevata
concentrazione di H+ nello spazio intermembrana induce protoni a rientrare nella matrice mitocondriale,
il flusso di protonico avviene attraverso la subunitàF0 (proteina canale), Il flusso protonico di ritorno fa
MUOVERE PARTI MOBILI DELL F1ATTIVANDO SINTESI ATP.

Ad ogni rotazione vengono prodotte 3 ATP.

Nucleo

Negli Eucarioti il genoma è separato dal citoplasma e confinato nel nucleo (negli eucarioti al DNA sono
associate a proteine a formare cromatina). La separazione del genoma dal resto del citoplasma e la
complessa organizzazione del nucleo consentono un controllo più efficiente delle funzioni del genoma e
degli scambi tra nucleo e citoplasma.

È evidente una certa continuità con il reticolo endoplasmatico, ed è sempre rivestito da un involucro nucleare
costituito da due membrana che sono in continuità tra di loro in specifici punti definiti pori nucleari. Tra le due
membrane è presente uno spazio intermembrana. La membrana esterna presenta numerosi pori nucleari che
mettono in comunicazione il nucleo e il citoplasma. A livello dell’involucro nucleare sono presenti anche dei
ribosomi. I linfociti, rappresentati nella seconda immagine hanno un nucleo rotondeggiante e la componente
nucleare prevale rispetto alla citoplasmatica.
Il nucleo è facilmente evidenziabile all’interno della cellula con DAPI o 4’,6-diamidin-2-fenilindolo è un
colorante organico fluorescente che lega fortemente regioni del DNA ricche in sequenze A-T

FUNZIONI DEL NUCLEO

 Controllo attività cellulare


 Riparazione del DNA
 Conserva info genetica e regola espressione genica
 Presiede alla duplicazione DNA, trascrizione (indispensabile per sintesi proteica) e riparazione DNA

Morfologia e distribuzione

Nucleo è una struttura dinamica, la cui morfologia varia nelle diverse fasi del ciclo cellulare. La morfologia
del nucleo varia in relazione alla cellula e in funzione della sua posizione nella cellula. La posizione del
nucleo nella cellula dipende dal contenuto e funzione della cellula: ad esempio con una zona apicale
deputata alla secrezione o all’assorbimento, hanno il nucleo in posizione basale. La posizione è variabile ma
caratteristica di ogni tipo cellulare

 posizione centrale rispetto al corpo cellulare: es. cellule embrionali, neuroni


 nucleo eccentrico: nelle cellule secernenti, adipociti

Struttura

Il nucleo interfasico è dotato di un involucro nucleare costituito da due membrane concentriche: una
membrana esterna e una interna, lo spazio intermembrana è spazio peri nucleare. L’involucro nucleare è
ricoperto di aperture cilindriche, i pori nucleari, nelle aree in cui le due membrane si fondono e dove si
trova il complesso del poro che controlla entrata e uscita di materiale dal nucleo.

Approfondimento: l’involucro nucleare si disgrega all’inizio della mitosi (pro-metafase) e ciò avviene grazie
alla fosforilazione delle lamine costitutive la lamina nucleare; esso si riforma nella telofase quando la
cromatina comincerà a despiralizzarsi e numerose vescicole di reticolo endoplasmatico verranno a fondersi
per ricostituire l’involucro nucleare.

Complesso del poro

Il complesso del poro è una struttura proteica (nucleoporine) costituita da una intelaiatura centrale formata
da 8 raggi (perforata da 8 canali di 9 nanometri) posta tra un anello citosolico e un anello nucleare. Da
anello citoplasmatico si proiettano otto filamenti nel citoplasma; dall’anello nucleare sporge (sul lato
interno) una struttura a forma a canestro (canestro nucleare) forata da 8 filamenti che si uniscono all’anello
terminale da cui partono 8 filamenti che si spingono verso il nucleo. Quando il poro si apre, il diametro della
zona di passaggio delle molecole aumenta. Le molecole di piccole e medie dimensioni passano per
diffusione, mentre le molecole di dimensioni maggiori necessitano di trasporto attivo e sistemi di
traslocazione/segnali specifici. Attraverso questo canestro nucleare vengono traporti:
- dal nucleo al citoplasma mRNA o le subunità dei ribosomi
- dal citoplasma al nucleo proteine come gli istoni o proteine ribosomiali necessarie rispettivamente,
alla sintesi di cromatina e subunità ribosomiali.

Il passaggio del materiale attraverso questo complesso viene regolato da un sistema GTP-dipendente che
richiede un riconoscimento molecolare tra i componenti del complesso e le sostanze che entrano ed
escono dal poro stesso.

La membrana esterna è in continuità con membrane del reticolo e sulla faccia citosolico sono adesi
ribosomi (che confermano la continuità del RER con involucro nucleare) ed essa è associata a rete
citoscheletrica di actina e al centrosoma.

La membrana interna è in contatto con la lamina nucleare costituita dalle lamine che polimerizzano in
filamenti intermedi di V tipo formando una rete a maglie fitte a cui è adesa la cromatina. La lamina nucleare
è importante per ancoraggio cromatina in interfase (sostegno meccanico). La lamina nucleare va incontro a
diversi processi in cui viene fosforilata (durante la profase e si verifica il disassemblaggio dell’involucro
nucleare e i componenti di lamina e membrana si vanno a dissolvere e disperdere all’interno della cellula) e
defosforilata (durante la telofase e si verifica il riassemblaggio dell’involucro nucleare e conseguentemente
una ridistribuzione della cromatina che nel frattempo è tornata nella sua forma condensata)

La cromatina

La cromatina è un complesso di proteine ed acidi nucleici in cui è organizzato il genoma cellulare. Il


principale componente della cromatina è il DNA, che si trova associato a particolari proteine basiche
presenti nel nucleo cellulare, chiamate istoni. Gli istoni si legano al DNA e consentono di farlo avvolgere
attorno ad esse e ripiegarlo su sé stesso. La cromatina presenta una porzione lassa, decondensata e poco
colorabile (eucromatina) e una porzione compatta, densa e ben colorabile (eterocromatina).

- Eucromatina rappresenta il materiale genetico che viene trascritto (geni attivi)


- Eterocromatina rappresenta la quota di genoma che non viene trascritto, quindi,
temporaneamente permanentemente inattivo. L’eterocromatina si distingue in COSTITITUTIVA
(contiene sequenze di DNA ripetute che vengono indicate come DNA satellite ed è
permanentemente inattiva) e FACOLTATIVA (può diventare eucromatica).

L’eterocromatica facoltativa differisce da tessuto a tessuto e contiene regioni del genoma che sono state
specificamente inattivate in determinate cellule o precisi momenti della vita cellulare. La specifica
inattivazione di determinati geni sta alla base del differenziamento cellulare.

La cromatina si organizza principalmente e inizialmente in nucleosomi, questo avviene perché si verifica un


accoppiamento di 4 istoni in coppia (H2A,H2B,H3,H4, è presente anche l’istone H1 che servirà per attuare la
condensazione della fibra cromatidica. L’adesione dell’H1 alla fibra a nucleosomi, fa sì che venga accorciato
il DNA linker tra i nucleosomi, con conseguente condensazione che porta ad una struttura differente .
Illustrazione della cromatina come una catenella
costituita da particelle di nucleosoma (stadio basale
della cromatina). Il filamento nucleosomico può
condensarsi ulteriormente con superavvolgimento dei
nucleosomi a formare la cosiddetta fibra di 30
nanometri, che a sua volta può avvolgersi
ulteriormente in strutture sempre più condensate e
complesse.

Tra le zolle di cromatina condensata c’è SPAZIO INTERCROMATINICO è formato da canali che sfociano in
prossimità dei pori nucleari, è la zona in cui si verifica il traffico molecolare nucleo/citoplasma (la cromatina
condensata si arresta vicino al poro senza sovrapporsi. In prossimità dei pori la cromatina è decondensata,
cioè eucromatina). NELLO SPAZIO INTERCROMATINICO AVVENGONO TRASCRIZIONE, REPLICAZIONE. E
RIPARAZIONE DEL DNA E IL TRAFFICO DI SOSTANZE NUCLEO/CITOPLASMA. (La presenza contemporanea di
nucleo eucromatico e nucleolo evidente (associata a forte basofilia citoplasmatica) è indice di attiva sintesi
proteica nella cellula).

Il nucleolo

Il nucleolo è una regione interna al nucleo particolarmente densa di materiale genetico (DNA e RNA) e
proteico, che risulta quindi molto evidente morfologicamente, sia in microscopia ottica che elettronica
(elettro denso). È una struttura in parte fibrillare e in parte granulare presente in una o più copie nel nucleo.
È sede della sintesi delle subunità ribosomiali e rRNA. Dal punto di vista ultrastrutturale è formato da una
componente fibrillare densa, componente granulare e centro fibrillare. Nella componente fibrillare si
trovano i geni ribosomiali in fase di trascrizione, mentre nel centro fibrillare si trovano i geni ribosomiali
non trascritti e RNA polimerasi inattive. Nella componente granulare avviene la maturazione delle subunità
ribosomiali. Il numero e la dimensione dei nucleoli varia in funzione del tipo di cellula e della sua attività
funzionale.

RIPARAZIONE DNA

Un danno al DNA può essere dovuto a errori durante la replicazione, danni fisici o chimici (UV) e danni
spontanei. La cellula può attivare meccanismi di riparo del DNA. Per esempio, le basi incorporate per errore
durante la replicazione sono rimosse da appositi enzimi. In caso di danni chimici, le basi danneggiate
vengono rimosse.

IL CITOSCHELETRO

Il citoscheletro è una delle componenti cellulari più importanti, è una struttura che si assembla e
disassembla dinamicamente (va incontro a modificazione a seconda del fabbisogno della cellula; difatti è
coinvolto nella proliferazione cellulare, differenziamento e sopravvivenza della cellula), ed è presente in
tutte le cellule eucariotiche.

- Regolazione della forma cellulare


- Funzione di sostegno per la membrana cellulare
- Determina e mantiene la posizione di organelli citoplasmatici
- Spinge e guida il traffico intracellulare di organelli e vescicole
- È responsabile del movimento cellulare, come migrazione e contrazione cellulare
- È coinvolto nella duplicazione cellulare con la formazione del fuso mitotico/mitotico e genera il
setto di divisione.

Le tre principali componenti citoscheletriche sono microfilamenti di actina MA, filamenti intermedi FI e
microtubuli MT. Sono tre proteine che si assemblano a costituire i diversi filamenti, ciascun dei quali
presentano delle proprietà dinamiche e meccaniche differenti.

- I filamenti intermedi: forniscono forza meccanica e resistenza alle condizioni di stress


- Microtubuli: determinano la posizione dei diversi organelli all’interno del citoplasma e dirigono il
trasporto intracellulare come ad esempio nei neuroni
- Microfilamenti di actina: determina la forma della superficie cellula e sono necessari per la
locomozione di specifiche tipologie cellulari

Microfilamenti di actina

Sono gli elementi più sottili (7 nanometri di diametro) del citoscheletro, sono composti da due file globulari
(costituenti subunità di G-actina), avvolte a formare una doppia elica. L’actina è una proteina globulare
presente in tutte le cellule eucarioti, esiste in forma monomerica e in forma polimerica: actina Globulare
(G-actina) che è la forma monomerica che viene assemblata in filamenti polarizzati di F-actina (actina
filamentosa). Questi filamenti, vanno a posizionarsi sotto la membrana citoplasmatica, sono stati identificati
vari isoforme di actina: gamma e beta actina sono presenti in tutte le cellule invece, l’alfa actina detta
anche actina sarcomerica è muscolo-specifica, ed è caratteristica delle cellule muscolari striate scheletriche,
cardiache e lisce. Nelle cellule muscolari l’alfa-actina interagisce con la miosina muscolare determinando la
contrazione. Funzioni:

- Contribuiscono al mantenimento della forma cellulare fungendo da supporto strutturale


- sono coinvolti nel traffico intracellulare di organuli e vescicole (flussi citoplasmatici)
- sono indispensabili per la motilità (citodieresi, locomozione, contrazione, migrazione)
- interagiscono con miosina per determinare la contrazione delle fibre muscolari
- sono coinvolti nell’endocitosi ed esocitosi
Polimerizzazione (avviene frequentemente sulla o vicino alla membrana plasmatica)

I microfilamenti di actina si formano per addizione di monomeri di G-actina, formando una doppia catena
con due filamenti fortemente intrecciati. Le subunità di G-actina che si inseriscono in un filamento sono
orientate nello stesso senso quindi, il microfilamento di actina è polarizzato, presenta un polo positivo
(estremità sfrangiata detta barbed end) e un polo negativo (estremità a punta di freccia, la pointed end).
L’aggiunta di subunità di G-actina avviene a entrambe le estremità, ma è più rapida all’estremità positiva. La
polimerizzazione di G actina (actina globulare) a F actina (actina filamentosa) richiede ATP. La velocità
dell’idrolisi dell’ ATP è bassa quando il monomero è libero, mentre è alta quando viene inserito nel
filamento. La crescita avviene per aggiunta di monomeri legati ad ATP. Quando i monomeri si inseriscono
nel filamento, l’ATP si idrolizza ad ADP indebolendo il legame ai monomeri. Dunque, all’estremità positiva
(la barbed end, che è a crescita più rapida) ci sono le molecole di actina legata ad ATP(T-actina), mentre
l’estremità negativa ci sono le molecole di actina legate ad ADP (monomeri di D-actina)

Come viene regolata la polimerizzazione dei microfilamenti?

LA PROTEINA ABP

La polimerizzazione e stabilità dei filamenti di actina sono regolate da proteine ABP Actine binding protein
proteine leganti l’actina. Queste proteine legano l’actina in forma monomerica o filamentosa
modificandone il comportamento. Le ABP possono bloccare la polimerizzazione di un microfilamento in
allungamento, promuovere il disassemblamento di un polimero (come le cofiline) o tagliare microfilamento
in frammenti più corti (cofilina e gelsolina). Altre proteine creano legami trasversali tra i microfilamenti che
si organizzano in fasci paralleli (villina, fimbrina) o reti tridimensionali che possono legarsi ad altri elementi
cellulari. Ci sono proteine ABP che legano la membrana facendo da ponte tra essa e citoscheletro actinico
(spectrina)
MA marcati con falloidina

La stabilità dei microfilamenti actinici è influenzata da varie sostanze chimiche dette veleni actinici, per
esempio la falloidina, una micotossina che a livello del citoscheletro cellulare lega e stabilizza i
microfilamenti di actina, impedendo depolimerizzazione. La falloidina presenta forte affinità per actina, è
utilizzata marcata con fluorocromi per evidenziare l’actina citoplasmatica.

Mitosi e microfilamenti di actina nel processo di mitosi

Nei processi di mitosi che avvengono in colture cellulari, il citoscheletro actinico si riorganizza per far sì che
la cellula perda contatto con substrato su cui sta crescendo e cambi forma, da allungata diventa
tondeggiante. La cellula tondeggiante, si stacca da supporto di crescita e si attiva il processo di divisione
cellulare, al termine di questi processi si ha lai distensione della cellula a livello del substrato di crescita.

I MA formano la struttura dei microvilli

I microvilli sono estroflessioni


citoplasmatiche digitoformi rivestiti
dalla membrana plasmatica che si
riscontrano sulla superfice apicale, per
esempio, degli enterociti. I microvilli
sono costituiti da uno scheletro interno
di filamenti di actina paralleli tenuti
insieme da ponti di fimbrina e villina. I
microfilamenti nella parte basale dei
microvilli sono ancorati alla spectrina.

Cortex cellulare

L’actina si concentra soprattutto alla periferia cellulare nel CORTEX cellulare: una rete tridimensionale
costituita da actina, miosina, spectrina e altre proteine, aderente al monostrato citosolico della membrana.
Il cortex conferisce rigidità alla membrana, funge da supporto meccanico per la cellula ed è indispensabile
per la motilità cellulare e per i processi di invaginazione ed estroflessione della membrana cellulare. il
cortex ricopre un ruolo importante in molti processi fisiologici tra cui la citodieresi, il movimento cellulare,
l'endocitosi e l'esocitosi.

Lo spostamento cellulare e i microfilamenti di actina

I microfilamenti di actina sono indispensabili per il movimento cellulare che si verifica in determinati
processi che coinvolgono l’organismo. Per esempio, nel corso di processi infiammatori i leucociti
fuoriescono torrente circolatorio (extravasano) e attivano funzioni macrofagiche, oppure nella migrazione
di cellule tumorali che portano a metastatizzazione.

Actina contribuisce al movimento cellulare estendendo LAMELLIPODI e FILOPODI.


I LAMELLIPODI sono estroflessioni temporanee della membrana cellulare, prodotte dall’azione di
microfilamenti di actina con estremità positive in crescita verso la membrana e l’estremità negative verso la
parte posteriore della cellula. La lamellipodina fa avanzare le cellule durante la migrazione cellulare

I FILOPODI sono sottili prolungamenti della superficie cellulare, formati da fasci paralleli di actina tenuti
insieme da fascina. Sono molto dinamici, si estendono e ritraggono velocemente, esplorando ambiente
circostante.

I PODOSOMI sono strutture di adesione costituiti da filamenti di actina, da proteine transmembrana


appartenenti alle integrine e da una serie di proteine leganti l'actina

I microtubuli

I microtubuli sono polimeri cilindrici cavi che presentano un diametro esterno di circa 25 nm. Essi sono
costituiti da proteine globulari, la alfa e la beta tubulina; in particolare queste due proteine globulari si
assemblano a costituire i protofilamenti (ce ne sono 13). I microtubuli conferiscono supporto strutturale
alla cellula, controllano la posizione di organelli e dirigono il traffico intracellulare (grazie a interazione con
proteine motrici); inoltre sono coinvolti nella formazione del fuso mitotico/meiotico, costituiscono
l’assonema di flagelli e ciglia(motilità) e mantengono la polarizzazione funzionale di cellule epiteliali e
neuroni.

Il microtubulo presenta tre domini


funzionali:

- N terminale contenente il sito di


legame per GTP

- Dominio intermedio con sito


legame per taxolo

- C terminale con sito di legame per


proteine motrici

GTP: guanosin-trifosfato, molecola coinvolta nel trasferimento di energia a livello della cellula, e per ogni
ripetizione del ciclo di Krebs ne viene generata una molecola che è come fosse una molecola di ATP in
quanto viene immediatamente convertita in ATP. Energia che viene successivamente utilizzata a livello
della sintesi proteica.
Struttura, polimerizzazione e instabilità dinamica

I microtubuli sono formati da subunità proteiche globulari di tubulina, eterodimero costituito


dall’associazione non covalente di α-tubulina e β-tubulina. Questi eterodimeri, si dispongono
alternativamente a formare i protofilamenti che hanno due estremi: un estremo alfa e un estremo beta che
conferiscono allo stesso una polarità. Questa polarizzazione permette di conferire ad ogni protofilamento
un’estremità negativa rappresentata dalla subunità alfa e un’estremità positiva rappresentata dalla
subunità beta. L’estremità negativa e positiva sono funzionalmente diverse, il polo positivo cresce più
rapidamente (per aggiunta di eterodimeri), rispetto al polo negativo. Come conseguenza di questa
funzionalità, il microtubulo è obbligatoriamente indotto a aumentare le unità di tubulina sul versante
positivo e diminuirle sul versante negativo.

Entrambi i monomeri di tubulina legano una molecola di GTP (guanosin-trifosfato), nel caso dell’αtubulina
la GTP viene incorporata nel dimero e non può essere idrolizzata e si conserva nel processo di
polimerizzazione; il GTP che lega β-tubulina si trova sulla superfice del dimero e può essere idrolizzato e il
GDP scambiato con GTP libero

La polimerizzazione dipende dalla concentrazione di subunità solubili presenti nel citoplasma:

- Se la concentrazione di eterodimeri liberi è alta, l’aggiunta di eterodimeri all’estremità positiva è


più rapida dell’idrolisi di GTP e si forma un cappuccio a GTP all’estremità positiva e il microtubulo è
in allungamento.
- Quando la concentrazione di eterodimeri liberi è al di sotto della concentrazione critica, l’addizione
di eterodimeri è più lenta dell’idrolisi di GTP e il microtubulo si accorcia.

Il processo di allungamento e accorciamento dei microtubuli ne comporta un’instabilità dinamica degli


stessi; esso dipende dall’ idrolisi della GTP che avviene nel processo di polimerizzazione. INSTABILITÀ
DINAMICA: I microtubuli possono alternare all’estremità positiva una fase di allungamento e
depolimerizzazione. Il cambiamento verso la depolimerizzazione è detto catastrofe, mentre il cambiamento
verso l’allungamento è definito salvataggio. Questo meccanismo permette ai microtubuli di riassemblarsi in
strutture differenti durante ciclo cellulare o sviluppo. Inoltre, l’instabilità dinamica consente di mantenere
stabile la concentrazione di eterodimeri.
MAPS: proteine e microtubuli

I microtubuli, in quanto strutture dinamiche, variano la loro lunghezza e la loro dislocazione intracellulare
mediante aggregazione o disaggregazione di molecole di tubulina. L’equilibrio dinamico dei microtubuli è
regolato da specifiche proteine: le MAPS (Microtubule associated protein).

Le MAPS si legano direttamente agli eterodimeri di tubulina dei microtubuli regolandone la stabilità e
mediando l’interazione dei microtubuli con altre componenti cellulari. Il dominio C-terminale delle MAP
interagisce con la tubulina, mentre il dominio N-terminale può legare con vescicole cellulari, filamenti
intermedi o altri microtubuli in base alla funzione possono essere classificate in:

- MAPS non motrici: coordinano l’organizzazione dei microtubuli nel citoplasma: come MAP1, MAP2,
MAP4 e Tau (hanno funzione strutturale). Queste proteine si legano alla superficie dei microtubuli
stabilizzandoli e permettendo formazione di fasci. MAP4 è presente in tutti i tipi cellulari, mentre
MAP1, MAP2, Tau sono presenti nelle cellule nervose (MAP2 dendriti) Tau(assone).

Approfondimento: la proteina tau è un marker per l’alzheimer,(nel tessuto nervoso dei pazienti di
Alzheimer Tau forma aggregati anormali. Questi aggregati di Tau sono spesso gravemente modificati, più
comunemente attraverso una iperfosforilazione. Come descritto prima, la fosforilazione delle MAP porta
loro ad un distacco dai microtubuli. Così, la iperfosforilazione di tau conduce ad un massivo distacco per cui
porta una grande riduzione di stabilità dei microtubuli nelle cellule nervose).

- MAPS motrici: dineine e chinesine che permettono movimento di vescicole e organelli all’interno
della cellula

MAPS MOTRICI: DINEINA E CHINESINA


I microtubuli dirigono il traffico intracellulare grazie a interazioni con proteine motrici.

- La dineina permette il moto lungo i microtubuli verso il centro della cellula (verso estremità meno),
- La chinesina, che promuove il movimento lungo i microtubuli verso la periferia cellulare (verso
estremità più)

Sono composte da una testa globulare e una coda allungata. Un esempio di traffico vescicolare lungo i
microtubuli è il trasporto assonico, le vescicole con i neurotrasmettitori si spostano nell’assone lungo i
microtubuli grazie a chinesine.

IL CENTROSOMA

I microtubuli presentano un sito di nucleazione che è rappresentato dal centrosoma, localizzato vicino al
nucleo e all’apparato di golgi. Questa struttura non membranosa è costituita da una coppia di centrioli
circondata da massa amorfa elettron-densa di materiale pericentrionale. La coppia di centrioli rappresenta
il punto di nucleazione dei microtubuli nel momento in cui si costituisce il punto di partenza del fuso
mitotico. I microtubuli si organizza a livello del centrosoma e crescono dalla componente negativo alla
componente positiva. Singoli centrioli sono disposti alla base di ciglia e flagelli, dove costituiscono il
corpuscolo basale e consentono nucleazione e funzionamento dei microtubuli che sostengono quelle
specializzazioni di membrana plasmatica.

Illustrazione in microscopia elettronica


di un centrosoma

Ci sono sostanze che interagiscono con microtubuli alterandone l'equilibrio di


polimerizzazione/depolimerizzazione. I farmaci chemioterapici inibiscono mitosi nelle cellule tumorali
proprio alterando la stabilità dei microtubuli. Il taxolo lega e stabilizza i microtubuli, impedendo formazione
fuso mitotico. Invece, la colchicina legandosi alle subunità di tubulina, previene la polimerizzazione,
impedisce la formazione del fuso mitotico e interrompe il processo di divisione cellulare.

La nucleazione dei microtubuli e i centrioli

La nucleazione è l'evento che avvia la formazione di microtubuli dal dimero di tubulina. I centrioli sono
coinvolti in questo processo, tuttavia, solo il centriolo madre è coinvolto nel loro ancoraggio. A seguito della
nucleazione, i microtubuli per rimanere associati al centrosoma devono essere catturati da specifiche
proteine di ancoraggio: nello specifico, il complesso proteico dineina/dinactina.

In interfase, sono i CORPI PERICENTRIOLARI la base di partenza per nucleazione dei microtubuli.

Tra le proteine dei corpi pericentriolari,è stata identificata l’isoforma γ-tubulina partecipa alla nucleazione.
γ-tubulina si associa ad altre proteine formando delle strutture circolari coinvolti nella nucleazione. Sono
stati identificati due complessi ad anello:
- γ-TuRC (γ-tubulin ring complex): complesso grande che forma un anello essenziale per la
nucleazione a partire dal centrosoma. Questo complesso, definisce la base di partenza su cui
avviene la polimerizzazione dei microtubuli.
- γ-TuSC (γ-tubulin small complex): un complesso piccolo formato da due molecole di γ-tubulina e
due proteine accessorie.

CIGLIA E FLAGELLI EUCARIOTICI

Le ciglia e i flagelli sono presenti in tutti gli organismi del mondo animale e per molti piccoli animali che
vivono in acqua, queste strutture rappresentano il mezzo di locomozione. Nelle cellule eucariotiche,
entrambi hanno origine dai centrioli, che si trovano alla periferia della cellula.

Le ciglia sono strutture regolari e relativamente brevi, esse si trovano numerose una vicina all’altra lungo la
superficie delle cellule cigliate. Le ciglia vibranti battono all'unisono rimanendo distese, durante
l'oscillazione, in una direzione e curvandosi durante il colpo di ritorno, spostando il muco contente
particelle solide e impurità. Queste strutture si riscontrano, per esempio, sulla superficie apicale delle
cellule che rivestono le vie respiratorie e i genitali femminili.

I flagelli sono strutture molto simili alle ciglia, tuttavia, appaiono più lunghe e generalmente meno
numerose. Essi sono in grado di realizzare movimenti ondulatori, oscillatori e elicoidali (a differenza del
ciglio che vibra su un solo piano) e nei mammiferi, sono costituenti della coda degli spermatozoi.

Entrambe queste due espansioni citoplasmatiche sono composte da due strutture microtubulari: corpo
basale e assonema. Il corpo basale ha la struttura di un centriolo, con 9 triplette disposte circolarmente,
mentre l'assonema è formato da 9 doppietti di microtubuli disposti a cerchio che circondano 2 microtubuli
singoli (configurazione 9+2). I microtubuli sono interconnessi da ponti di nexina ( connettono coppie di
microtubuli periferici adiacenti), da bracci di dineine assonemali e da raggi radiali diretti ai microtubuli
centrali.

Il movimento delle ciglia e dei flagelli

Il movimento di ciglia e flagelli dipende dall’azione di una proteina motrice, la dineina, che costituisce delle
strutture dette braccia, attaccate a ciascun doppietto di microtubuli. Utilizzando l’energia proveniente
dall’ATP, le braccia di dineina di un doppietto si agganciano a quelle di un doppietto adiacente ed
esercitano una forza di trazione, che promuove lo scorrimento reciproco delle due doppiette; tuttavia le
doppiette sono tenute in posizione da ponti di nexina e da raggi radiali diretti verso i microtubuli centrali,
quindi, i doppietti si flettono determinando il movimento di ciglia e flagelli. Ai movimenti di scivolamento si
oppongono le altre proteine assonemali, che li convertono in ripiegamenti determinando il battito cigliare e
flagellare.
Flagelli, movimento flagellare

Il flagello è in grado di compiere


movimenti ondulatori, oscillatori o
elicoidali. Questo movimento, a
differenza delle ciglia, gli permette di
muoversi in allungamento.

Ciglia, movimento cigliare

Movimento cigliare: il ciglio vibra su un solo


piano, si muove avanti e indietro. Esso viene
attivato dai bracci della dineina che muovono
i microtubuli inducendone , attraverso la
rottura dei legami tra i microtubuli adiacenti,
il movimento. Il ciglio rimane adeso.

I FILAMENTI INTERMEDI

Sono polimeri stabili, apolari e al contrario dei microtubuli e microfilamenti che sono costituiti da proteine
globulari, le proteine costituenti i filamenti intermedi sono fibrose, costituite da dominio centrale ad alfa-
elica, una testa ammino-terminale e coda carbossi-terminale globulari. Nella cellula hanno la capacità di
formare strutture molto stabili che conferiscono resistenza meccanica a possibili deformazioni cellulari e
sollecitazioni provenienti dall’esterno. È una componente che non è presente in tutte le cellule, mentre
sono molto abbondanti in cellule sottoposte a particolari forze. In particolare, questi filamenti li ritroviamo
fibroblasti, nelle fibre muscolari, nel sistema nervoso centrale e periferico.
Le proteine che costituiscono i filamenti intermedi sono divise in 6 classi (I-IV citoplasmatiche e V nucleare)

I. cheratine acide a basso peso molecolare (cellule epiteliali)


II. cheratine basiche ad alto peso molecolare (cellule epiteliali)
III. Desmina (cellule muscolari) vimentina (cellule mesenchimali), proteina acida della glia (cellule
gliali, astrociti)
IV. Le proteine dei neurofilamenti
V. Lamine nucleari (presenti in tutti gli eucarioti e responsabili dell’organizzazione dell’involucro
nucleare)
VI. Nestina identificata di recente

Struttura dei filamenti

I filamenti intermedi sono costituiti da monomeri polipeptidici lineari che si associano in dimeri; essi
presentano una struttura ad alfa elica. I dimeri si associano con andamento antiparallelo e sfalsato a
costituire un tetramero apolare ( il fatto che queste strutture si associno testa coda per formare il
tetramero fa sì che non ci sia una polarità) di lunghezza 50 nm. I tetrameri, sono in grado di associarsi
longitudinalmente a formare i protofilamenti, che a loro volta si associano in gruppi di 4 a costituire le
protofibrille (associandosi costituiscono un cilindro spesso 10nm). Questa organizzazione a corde
intrecciate conferisce la notevole resistenza meccanica.

L'assemblamento avviene spontaneamente nell'ambiente citoplasmatico, ma può essere regolato da vari


fattori. Il più importante è la fosforilazione di residui di serina degli amminoterminali, il quale provoca
disassemblaggio

Tessuto specificità dei filamenti intermedi

I filamenti intermedi sono tessuto-specifici, la classificazione di cellule in base ai filamenti intermedi


corrisponde a una classificazione istologica: epiteli(cheratine), connettivi (vimentina), muscolatura
(desmina), cellule nervose(neurofilamenti), glia (proteina acida della glia) Le lamine vengono espresse in
tutte le cellule, mentre gli altri tipi sono tessuto-specifiche (per es., le cheratine vengono espresse nelle
cellule epiteliali).

*Le lamine formano un reticolo, chiamato lamina nucleare, proprio sotto la membrana nucleare interna, la
lamina nucleare è un sito di ancoraggio per la cromatina interfasica, fornisce una impalcatura su cui è adesa
cromatina.

PROTEINE IFAP

La loro organizzazione in reticoli e fasci è mediata da varie proteine a essi associate, dette IFAP
(Intermediate filament associated protein), che formano legami crociati sia tra gli stessi filamenti intermedi,
sia tra i filamenti intermedi e altre strutture citoscheletriche (i microtubuli e i microfilamentI).

Filaggrina, sinemina, paranemina interconnettono i singoli filamenti e impediscono ulteriore


polimerizzazione.

Interazione meccanica tra GI, MT e MA, è resa possibile dalle proteine Plachine, che presentano siti di
legame per FI, per MF, per i MT e per le giunzioni di membrana.

- Plectina connette filamenti intermedi a MT e MF


- Desmoplachina legna filamenti intermedi ai desmosomi e agli emidesmosomi, giunzioni tra cellule
che ancorano cheratina alle caderine transmembrana delle cellule epiteliali e giunzioni cellula-
matrice che ancorano cheratina alle integrine

Funzioni
- Interagiscono con organelli come Golgi, mitocondri, lisosomi e sono coinvolti nel loro
posizionamento e funzionamento all’interno della cellula.
- In periferia i FI si associano alla membrana plasmatica a livello di desmosomi ed emidesmosomi.
- Stabilizzano architettura cellulare contro stress meccanici a cui è sottoposta. la cellula.
- I FI sono deformabili e resistono a elevati stress e tensioni senza rompersi.
- I filamenti intermedi hanno ruolo strutturale di resistenza trazionale e di stabilità meccanica.
- Contribuiscono all'adesione cellulare tramite desmosomi ed emidesmosomi, ed interagiscono con
microtubuli e microfilamenti al consolidamento del citoscheletro. Conferiscono stabilità meccanica
alla cellula.

CICLO CELLULARE, MITOSI E MEIOSI

Una delle funzioni fondamentali e caratteristiche della cellula è quella di dividersi in cellule figlie. Esistono
due tipi di divisione cellulare: la mitosi e la meiosi.

La mitosi è un meccanismo di riproduzione asessuata in cui da una cellula madre si formano due cellule
figlie identiche alla madre, che ereditano un patrimonio genetico diploide (cellule somatiche). Durante un
processo mitotico una cellula diploide (2n) genera due cellule diploidi geneticamente identiche ad essa e
tra loro. Gli organismi unicellulari utilizzano la mitosi per riprodursi. Gli organismi pluricellulari utilizzano la
mitosi per aumentare il numero delle loro cellule (sviluppo ed accrescimento) e per sostituire le cellule
morte e invecchiate.

La meiosi è un meccanismo di riproduzione sessuata in cui da una cellula madre si formano quattro cellule
figlie che ereditano un patrimonio genetico aploide, ossia dimezzato rispetto a quello parentale. La meiosi è
una divisione cellulare in cui le cellule figlie presentano un corredo cromosomico dimezzato rispetto alla
cellula madre. Durante un processo meiotico una cellula madre diploide genera 4 cellule figlie aploidi tra
loro geneticamente diverse. La meiosi viene utilizzata dagli organismi pluricellulari per creare le loro cellule
germinali, i gameti. La meiosi crea “variabilità genetica”, producendo cellule aploidi geneticamente una
diversa dall’altra in modo tale che i nuovi individui che si generano per unione di due gameti siano
geneticamente dissimili.

IL CICLO CELLULARE è un ciclo complesso che caratterizza gli eucarioti. Esso è altamente regolato, da cui ne
dipende una corretta proliferazione cellulare. La proliferazione cellulare deve rimanere in equilibrio con la
morte cellulare, uno sbilanciamento porta a condizioni patologiche. Per es. lo sviluppo di un cancro è
dovuto a un’incontrollata proliferazione cellulare. In particolare, nel ciclo cellulare sono presenti dei punti
di controllo o checkpoints, a livello delle transizioni G1/S e G2/M, che controllano di avere completato
correttamente la fase precedente prima di iniziare la fase successiva. Il ciclo cellulare è definito da quattro
fasi G1, G2, S, M. G1, G2, S, vengono riconosciuti nell’interfase mentre la fase M è la fase di mitosi. Per
identificare le cellule nell’interfase è necessario valutare delle specifiche proteine che vengono espresse
dalle singole fasi (G1, G2, S), queste proteine ciclo correlate sono specifiche per ogni fase.
L’interfase: rappresenta un periodo di intensa attività cellulare, in cui si ha la crescita cellulare, la
duplicazione del DNA e la preparazione della cellula alla divisione cellulare. L’Interfase occupa circa il 90%
del ciclo cellulare.

In particolare:

- nella fase G1, avviene l’accrescimento cellulare e la sintesi di molecole specifiche (per es. la
produzione di un determinato secreto)
- nella fase S, avviene la duplicazione del DNA e la sintesi degli istoni
- nella fase G2, si verifica la preparazione della cellula al fine di permettere l’esecuzione della
mitosi (per esempio si verifica la duplicazione dei centrioli).

(secondo il libro di Bottone e Bigioggera la duplicazione dei centrioli avviene nella Fase G2, ma secondo
quello di Colombo e Olmo, e secondo tutti gli altri volumi ciò avviene in fase S.)

- la fase M: comprende la mitosi (segregazione dei cromosomi, ripartizione materiale genetico) e


citodieresi o citocinesi (ripartizione del citoplasma e separazione fisica delle cellule figlie).

LA MITOSI

La mitosi è un processo che, si verifica nelle cellule somatiche e implica la divisione di una cellula, in due
cellule figlie esattamente uguali alla cellula madre. Questo processo è continuo e viene distinto in 5 fasi:
profase, pro-metafase, metafase, anafase, telofase.

Profase: è caratterizzata dalla riorganizzazione della cromatina, che si compatta e condensa in cromosomi.
Ogni cromosoma è costituito da due cromatidi fratelli identici uniti da un centromero. Involucro nucleare si
disgrega per fosforilazione delle lamine e anche organelli membranosi come RER, Golgi si frammentano in
vescicole. Il nucleolo scompare (interruzione sintesi proteica, non servono ribosomi), le sue componenti
sono disperse nel citoplasma. Nel citoplasma inizia l’assemblaggio del fuso mitotico, le due coppie di
centrioli cominciano a dirigersi ai poli opposti della cellula. Durante la migrazione la subunità di alfa-beta-
tubulina polimerizza in microtubuli che andranno a formare il fuso mitotico.

Pro metafase: si completa il fuso mitotico, che comprende i microtubuli astrali che dal centrosoma si
proiettano vero il cortex e stabilizzano l’organizzazione del fuso nella cellula; I microtubuli cromosomici che
dal centrosoma si collegano ai cinetocori di ciascun cromosoma e determinano movimento cromosomi; I
microtubuli polari si dipartono da ciascun centrosoma e interagiscono con quelli provenienti dal polo
opposto. Causano l’allungamento del fuso e dell’intera cellula nell’anafase.
Metafase: I cromosomi sono trasportati al centro del fuso mitotico e si posizionano sulla piastra
metafasica/equatoriale.

Anafase: si ha la separazione dei cromatidi fratelli. i cromatidi di ciascun cromosoma duplicato sono tirati
dai microtubuli connessi a livello del cinetocore ai poli opposti del fuso. Ciò permette un’esatta divisione del
materiale genetico duplicato.

Telofase e citodieresi: I due assetti di cromatidi (da considerare come cromosomi figli) raggiungono i poli
opposti del fuso e intorno a ognuno di essi si riorganizza involucro per fusione di vescicole e
defosforilazione delle lamine. I cromatidi si decondesano, ricompare il nucleolo e il fuso inizia a
disassemblarsi. Le due cellule, si trovano ancora attaccate tra di loro attraverso un anello contrattile,
costituito da actina e miosina, che andrà a restringersi fino a dare origine alle due cellule figlie nettamente
separate con identico patrimonio genetico (citodieresi).

(Con colorazioni specifiche per DNA e tubulina citoplasmatica è possibile individuare in cellule in coltura le
fasi della mitosi).

LA MEIOSI

La meiosi è un processo di divisione cellulare che si verifica solo nelle cellule germinali delle gonadi (testicoli
e ovaie) e porta alla formazione dei gameti (spermatozoi e ovociti). Attraverso la divisione meiotica si
verifica, a partire da una cellula madre diploide, la produzione di 4 cellule figlie aploidi, tutte
geneticamente diverse, poiché i cromosomi di origine paterna e materna si distribuiscono in modo
indipendente (assortimento indipendente) e grazie al crossing over (ricombinazione tra i cromosomi di
origine paterna e materna). Questa condizione spiega perché la meiosi è fonte di variabilità genetica.

meiosi consiste di due divisioni nucleari successive, precedute da una sola duplicazione del DNA(s)
1. meiosi I o fase riduzionale (da una cellula diploide a 2 aploidi)
2. meiosi II o fase equazionale

Nella meiosi I si verificano tre eventi fondamentali: riconoscimento dei cromosomi omologhi, crossing over
(rimescolamento del patrimonio genetico tra i cromosomi di ogni coppia di omologhi in modo che si
determinino nuove combinazioni di geni materni e paterni) e assortimento indipendente dei cromosomi di
origine materna e paterna.

PROFASE I è il processo più lungo e complesso della divisione meiotica, si divide in 5 stadi

 Leptotene: i cromosomi che si sono duplicati condensano e compaiono i punti di rottura controllata
della doppia elica che corrispondono a zone dove si potrà andare incontro a crossing-over.
 Zigotene: avviene l’appaiamento(sinapsi) dei cromosomi omologhi a formare una struttura
chiamata tetrade (o bivalente o duplex) l’appaiamento avviene grazie al complesso sinaptonemale.
 Pachitene: si completa appaiamento dei cromosomi omologhi che si spiralizzano ulteriormente,
avviene crossing-over (non visibile i cromosomi sono a stretto contatto) (crossing over consiste
nello scambio di segmenti di cromatidi non fratelli. È il primo meccanismo con cui si crea variabilità
genetica durante la meiosi e che consente ai gameti aploidi che si formeranno di essere
geneticamente diversi uno dall’altro.
 Diplotene:i cromosomi omologhi iniziano a separarsi, ma restano uniti nei punti in cui ò avvenuto il
crossing over, i chiasmi.
 Diacinesi: cromosomi si spiralizzano e involucro nucleare si disgrega e il nucleolo scompare.

METAFASE I: Il fuso è completamente formato, le fibre si collegano ai cromosomi che si allineano lungo
piastra metafasica

ANAFASE I: I cromosomi omologhi si separano e migrano ai poli opposti senza che si dividano i cromatidi. I
cromatidi rimangono uniti dal centromero. Ogni coppia di omologhi è formata da un cromosoma di
provenienza materna ed una di provenienza paterna. la separazione dei cromosomi materni e paterni
avviene in modo casuale. ciascuna coppia si separa in modo indipendente Questo processo è l’assortimento
indipendente degli omologhi. In questo modo le cellule aploidi che si creano alla fine della prima divisione
meiotica possono presentare diverse combinazioni di cromosomi materni e paterni.

TELOFASE I: Può variare a seconda della specie: dopo migrazione dei cromosomi omologhi verso i poli
opposti della cellula, si può riformare involucro nucleare e la citodieresi con conseguente scissione
cellulare; oppure vi è solo migrazione dei cromosomi senza scissione.

INTERFASE: In alcuni casi, dopo la meiosi I, ci può essere una breve interfase in cui i cromosomi si
despiralizzano; in molte specie si passa direttamente alla profase II.

PROFASE II: Compaiono le fibre del fuso che legano i cinetocori dei cromosomi.
METAFASE II: I cromosomi omologhi si allineano lungo la piastra equatoriale.

ANAFASE II: I cromatidi fratelli di ciascun omologo si separano e migrano ai poli opposti della cellula.

TELOFASE II: Ai poli opposti della cellula si formano 4 nuclei (aploidi) e avviene la citodieresi, con la
scissione cellulare e il fuso si disassembla.

GAMETOGENESI

È il processo attraverso cui si giunge alla formazione dei gameti, cellule aploidi maschili e femminili che con
fecondazione formeranno lo zigote, la prima cellula diploide dell’individuo. Ogni organismo pluricellulare si
sviluppa a partire dallo zigote, risultato della fusione dei gameti.

SPERMATOGENESI

Avviene (quando individuo ha raggiunto pubertà) nel parenchima testicolare, formato dai tubuli seminiferi
e dallo stroma, che circonda i tubuli e contiene le cellule di Leydig a funzione endocrina. Nell’epitelio
germinale pluristratificato dei tubuli seminiferi ha luogo spermatogenesi. I tubuli seminiferi sboccano nella
rete testis da cui si dipartono i condotti efferenti che confluiscono a formare l’epididimo. La parete dei
tubuli seminiferi è costituita da epitelio germinativo, che comprende, accanto alle cellule germinali in
diversi stadi di maturazione (da esterno a interno del tubulo), le cellule del Sertoli, cellule di sostegno. La
spermatogenesi inizia con divisione mitotica di cellule indifferenziate poste verso la lamina basale del
tubulo seminifero, gli spermatogoni, che porteranno alla formazione di cellule mature (spermatozoi) nella
parte più centrale del tubulo. Le cellule germinali in stadio precoce di sviluppo si trovano perifericamente
(verso la lamina basale), mentre quelle negli stadi tardivi si trovano verso il lume. Gli spermatogoni sono
localizzati in corrispondenza della lamina basale dell’epitelio, mentre gli stadi successivi della
spermatogenesi avvengono in posizioni più distali. Gli spermatozoi si localizzano a livello del lume del
tubulo, dove vengono rilasciati per raggiungere l’epididimo. nella spermatogenesi gli elementi cellulari
germinativi passano dalla periferia al lume.

SPERMATOGONI: sono le cellule più indifferenziate e poste verso la lamina basale (LB) del tubulo
seminifero: Spermatogoni A: costituiscono le cellule staminali, cioè le cellule in continua mitosi che non
procedono nel processo differenziativo (mantengono costante pool di cellule indifferenziate) spermatogoni
B: sono una forma più matura degli A e costituiscono le cellule progenitrici degli spermatociti. Dal punto di
vista cromosomico, tutti gli spermatogoni sono cellule diploidi
SPERMATOCITI: sono le cellule che vanno incontro a meiosi e che partendo da un corredo cromosomico
diploide, generano cellule aploidi. Spermatociti primari: derivano direttamente dagli spermatogoni B e che
vanno incontro alla prima divisione meiotica (sono diploidi). Durante questa meiosi la profase dura molti
giorni ed è il motivo per cui sono le cellule maggiormente presenti nei vetrini istologici. spermatociti
secondari: sono il risultato della prima divisione meiotica degli spermatociti primari, hanno una vita molto
breve e sono cellule aploidi.

SPERMATIDI: derivano dalla seconda divisione meiotica (dagli spermatociti secondari). sono cellule
tondeggianti, Golgi mostra vescicola acrosomiale, nucleo piccolo. spermatidi vanno incontro a
spermiogenesi per diventare spermatozoi, allungandosi e dotandosi di flagello. La trasformazione dello
spermatide rotondo, che presenta corredo cromosomico aploide, in spermatozoo maturo è denominata
spermiogenesi. Durante questa fase gli spermatidi subiscono una modificazione della forma e della
dimensione nucleare.

SPERMATOZOI: Si generano nella spermiogenesi a partire da spermatidi. Sono costituiti da una testa e una
coda (flagello) la testa è composta dal nucleo, con cromatina fortemente condensata e corredo aploide
(non istoni ma protamine), e dall’acrosoma che incappuccia parte del nucleo e contiene enzimi litici
necessari per fecondazione (Al momento del contatto con ovocita il contenuto della vescicola viene
rilasciato con un processo di esocitosi, detto reazione acrosomiale).

La coda o flagello è composta da 3 segmenti (il flagello permette muoversi attraverso fluidi viscosi):

- collo dove ci sono 2 centrioli del sistema microtubulare.


- tratto intermedio: costituito dall’assonema (9 + 2) e da 9 fibrille rivestite da guaina
mitocondriale (mitocondri producono energia necessaria per la motilità)
- tratto terminale: assonema avvolto da membrana plasmatica

CELLULE NON GERMINALI

Le cellule del Sertoli sono le cellule di sostegno del tubulo e arrivano fino al lume, avvolgono le cellule
germinali durante spermatogenesi. sono localizzate a stretto contatto con le cellule germinali,
contribuiscono al corretto svolgimento del processo spermatogenetico e forniscono supporto meccanico
alle cellule germinali; inoltre, mediante strette giunzioni intercellulari, formano la barriera emato-
testicolare, che crea un microambiente biochimico specifico, in cui proliferano le cellule germinali.

Le cellule di Leydig hanno un ruolo regolatorio, stimolate da ormone ipofisario LH producono testosterone
che regola attività cellule Sertoli.

SPERMATOGENESI
comprende una fase moltiplicativa di proliferazione mitotica, che coinvolge spermatogoni. gli A si
differenziano gli B che maturano in spermatociti

una fase meiotica in cui spermatociti primari vanno incontro a meiosi I da cui derivano spermatociti
secondari che vanno incontro a meiosi II generando spermatidi(aploidi)

una fase differenziativa (spermiogenesi) senza ulteriore divisione, che porta alla formazione dello
spermatozoo maturo. spermatidi subiscono cambiamenti morfologici, la spermiogenesi si divide in 3 fasi:

- fase del golgi: nelle vescicole si depositano granuli che formano un unico grande granulo nella
vescicola acrosomiale.
- fase acrosomiale: si completa formazione acrosoma che ricopre una parte del nucleo che si sta
condensando e allungando. I mitocondri si avvolgono a spirale intorno alla parte intermedia
della coda.
- fase di maturazione: si completa formazione flagello e testa e viene espulso il citoplasma
all’interno di vescicolette che sono fagocitate da cellule del Sertoli. Gli spermatozoi si
distaccano da Sertoli e sono rilasciati nel lume del tubulo seminifero.

OOGENESI

È il processo che porta alla formazione di gameti femminili (cellule uovo). Avviene nell’ovaio, ha andamento
ciclico per tutta la durata della fase di fertilità della femmina. Gli oogoni (diploidi) durante la vita
intrauterina fetale vanno incontro a mitosi proliferando e maturano in ovociti primari, che rimangono
bloccati nella profase i della meiosi fino alla pubertà. Dopo la nascita le cellule germinali femminili non
proliferano più, la scorta dura fino alla menopausa.

Alla pubertà, l’ovocito primario completa la prima divisione meiotica e si divide in due cellule figlie aploidi
di dimensioni differenti: ovocito secondario (più grande e ricco di citoplasma) e un primo globulo polare
(quasi privo di citoplasma).

Nella seconda divisione meiotica l’ovocito secondario viene diviso in un ovotidio e al secondo globulo
polare, il primo globulo polare si divide in due globuli polari. Da un ovocito primario si ottengono tre globuli
polari (cellule abortive) e una sola cellula uovo destinata a fecondazione.

Durante la prima e la seconda divisione meiotica si verifica citocinesi diseguale: i globuli polari non ricevono
quasi citoplasma, non possono essere fecondati. Al termine delle due divisioni meiotiche si ottengono 3
cellule abortive non funzionali e una sola cellula uovo. Alla pubertà, gli ovociti primari proseguono la meiosi
ogni 28 gg oocita secondario si ferma alla metafase II ed è espulso da ovaie e veicolato agli ovidotti e
avviene ovulazione. Se non viene fecondato è espulso con mestruazione.
In seguito alla fecondazione oocita secondario completa la meiosi ed espelle il 2 globulo polare e forma
ovotidio, il cui nucleo apolide si fonde con il nucleo dello spermatozoo fecondante formando zigote.

La cellula uovo è sferica/ovoidale di dimensioni maggiori rispetto alle cellule somatiche, ricca di nutrienti. La
funzione della grande quantità di nutrienti contenuti nell'ovulo è quella di fornire l'energia necessaria per
far sopravvivere e crescere lo zigote dopo la fecondazione. È dotata di un rivestimento gelatinoso detto
membrana vitellina o zona pellucida, che deve essere attraversata da spermatozoo per potere fecondare
(barriera specie-specifica per ingresso gamete maschile).

FECONDAZIONE

Consiste nella fusione di un gamete femminile e un gamete maschile che porta alla formazione di zigote.
Spermatozoo entra in contatto con membrana vitellina, avviene reazione acrosomiale: gli enzimi idrolitici
liberati dall’acrosoma aprono un varco nella zona pellucida.

La membrana dello spermatozoo si fonde con la membrana della cellula uovo. il nucleo dello spermatozoo
entra nel citoplasma della cellula uovo e i granuli corticali bloccano entrata di altri spermatozoi. In seguito,
fecondazione oocita secondario completa la meiosi ed espelle il 2 globulo polare e i due pronuclei si
fondono formando lo zigote, diploide, da cui origina un nuovo individuo. dopo fecondazione avviene la
segmentazione, lo zigote si divide in due blastomeri, che si dividono ancora fino a formare un agglomerato
cellulare, cioè la morula e poi la blastula (nei mammiferi si chiama blastocisti, non blastula).

Poi avviene la gastrulazione (3 settimana dalla fecondazione) in cui si formano i 3 foglietti embrionali o
germinativi, da cui derivano i tessuti che formeranno i vari organi. L’ectoderma è il foglietto più esterno, il
mesoderma quello intermedio, mentre quello interno è endoderma. Dall’ectoderma si origineranno le
cellule dell’epidermide e del tessuto nervoso, midollare surrene; dal mesoderma (tessuto muscolare il
tessuto connettivo e le cellule del sangue (mesenchima), rene; mentre dall’endoderma epitelio
dell’apparato digerente, respiratorio, fegato, pancreas, cistifellea, tiroide. Poi avviene organogenesi.
COMUNICAZIONE O SEGNALAZIONE CELLULARE

Le cellule sono in grado di elaborare informazioni provenienti dall’ambiente circostante e comunicare tra
loro mediante segnali chimici attraverso il fenomeno della segnalazione cellulare. Questo processo prende
nome di segnalazione cellulare, avviene tra una cellula che trasmette la molecola segnale e una cellula
bersaglio che ha una proteina recettore che interagisce con il segnale e a sua volta produce segnali
intracellulari. Il processo che traduce l’informazione portata dal messaggero extracellulare, in cambiamenti
intracellulari è detto trasduzione del segnale. Ci sono diverse modalità di segnalazione cellulare:

- Segnalazione autocrina: La cellula che invia e riceve il segnale è la stessa. È una strategia molto
usata da alcune cellule tumorali che producono fattori di crescita per sé stesse
- Segnalazione contatto-dipendente: la molecola segnale non è secreta ma rimane inserita nella
membrana della cellula segnalante. (avviene tra leucocita e cellule endoteliali durante
diapedesi) ⋅
- Segnalazione endocrina: la cellula segnalante e la cellula bersaglio sono lontane. La molecola
segnale viaggia nel sistema circolatorio e ha un’azione a lungo raggio. (ormoni insulina)
- Segnalazione paracrina: la cellula che invia il segnale e la cellula bersaglio sono vicine, la
segnale ha un’azione a corto raggio agisce su cellule bersaglio vicine alla cellula mittente. (es
sostanze paracrine: fattori di crescita, fattori di coagulazione)
- I neuroni comunicano mediante emissione e ricezione di segnali elettrici generati dalle correnti
che attraversano la membrana. Comunicano mediante variazioni del potenziale di membrana,
il potenziale d’azione della cellula presinaptica causa il rilascio di una sostanza chimica, detta
neurotrasmettitore, che si diffonde nello spazio extracellulare alterando il potenziale di
membrana della cellula post-sinaptica. Il rilascio del neurotrasmettitore che si lega a recettori
specifici posti sulla membrana postsinaptica, scatena un ulteriore potenziale d'azione o una
risposta da parte della cellula bersaglio che può essere un’altra cellula nervosa o una fibra
muscolare striata scheletrica.

LIGANDO

La molecola segnale è detta LIGANDO, può essere aminoacido, un peptide, una proteina o un derivato
lipidico che interagisce e con il proprio recettore. I recettori proteici, che si trovano sulla superficie, nel
nucleo o nel citoplasma delle cellule bersaglio, sono dotati di un sito di legame ad alta affinità per una
particolare molecola segnale.

Il recettore spesso è una proteina che interagisce con il segnale. Il legame ligando-ligante produce un
cambiamento conformazionale del recettore che innesca la risposta della cellula bersaglio.

 I recettori per molecole segnale idrofiliche sono recettori di superficie presenti sulla membrana
plasmatica.
 I recettori per molecole segnale idrofobiche di natura lipidica sono localizzati nel citoplasma o
nel nucleo del bersaglio.

I recettori localizzati sulla membrana appartengono a tre grandi classi: RECETTORI IONOTROPICI,
RECETTORI METABOTROPICI (COLLEGATI A PROTEINE G O ADENZIMI), PROTEINE DI ADESIONE.
RECETTORI IONOTROPICI: Il recettore è un canale ionico e l’interazione ligando-recettore determina
l’apertura del canale ionico il flusso di ioni con conseguente modifica del potenziale di membrana del
bersaglio (innescando una depolarizzazione o iperpolarizzazione)

RECETTORI COLLEGATI A PROTEINE G: Questi recettori non agiscono direttamente su enzima o canale, ma
l’interazione è mediata dalle proteine G. L’interazione tra recettore e proteina bersaglio è mediata da
proteina G.

RECETTORI COLLEGATI A ENZIMI: Proteine transmembrana con un dominio extracellulare che interagisce
con il ligando e dominio intracellulare che presenta un sito catalitico ove possono agire direttamente come
enzimi o attivare altri enzimi mediante fosforilazione (protein-chinasi). il legame del ligando al recettore
collegato all’enzima attiva l’enzima intracellulare.

PROTEINE DI ADESIONE: il legame del ligando alle CAM determina cambiamenti citoscheletrici

RECETTORI NUCLEAR:I legano molecole lipofile che possono attraversare liberamente la membrana
plasmatica; essi spesso sono fattori di trascrizione che regolano la trascrizione di specifici geni.

MOLECOLE DI ADESIONE CELLULARE CAMS

I processi di adesione sono fondamentali nello sviluppo embrionale, nella morfogenesi dei tessuti, nella
formazione di metastasi, e nell’infiammazione. L’interazione tra cellule e cellula-matrice è mediata da
molecole di adesione che comprendono: caderine, selectine, integrine, proteine della superfamiglia delle
immunoglobuline. Le prime tre classi di proteine mediano interazione in maniera calcio dipendente, le
immunoglobuline invece no. Le CAMS sono proteine transmembrana composte da un dominio
intracellulare, che interagisce con citoscheletro, un dominio transmembrana, e un dominio extracellulare
che interagisce con molecole di adesione dello stesso tipo (legame omotipico) o di tipo diverso, oppure con
elementi ECM (legame eterotipico).

CADERINE: Glicoproteine transmembrana monopasso, che mediano l’adesione cellulare in modo


calciodipendente. Esse sono coinvolte nell’adesione cellula-cellula di tipo omotipico

SELECTINE glicoproteine transmembrana monopasso che mediano l’interazione cellulare in modo calcio
dipendente, non legano altre proteine, ma carboidrati. Esse sono coinvolte nell’interazione eterotipica

INTEGRINE sono glicoproteine transmembrana in grado di legare componenti ECM o recettori su altre
cellule, sul versante citosolico interagiscono attraverso ponti proteici con actina e permettono a cellule di
migrare, formano emidesmosomi. Esse sono coinvolte nell’interazione eterotipica

IgCAMs proteine della superfamiglia delle immunoglobuline. Sono molecole di adesione di tipo
immunoglobulinico che mediano interazione cellula-cellula in maniera calcio indipendente e sono coinvolte
nell’adesione cellula-cellula di tipo omotipico.
GIUNZIONI CELLULARI

È possibile discriminare tre tipi di giunzioni, a seconda delle caratteristiche presentate:

1. Giunzioni occludenti
2. Giunzioni adesive
3. Giunzioni comunicanti

Giunzioni occludenti o tight junctions

Sono giunzioni a fascia o a cintura, hanno disposizione perimetrale, formano una zonula occludens che
circonda le cellule. Esse le ritroviamo estese su tutto il perimetro cellulare. Rivestono una funzione
sigillante: sigillano interstizi tra le cellule e mantengono la polarità della membrana plasmatica e regolano il
passaggio dei soluti. Nelle giunzioni occludenti gli spazi interstiziali sono annullati in corrispondenza dei
punti nodali: punti in cui i lembi di membrana, che si affacciano, sono saldati. Mantengono la polarità di
membrana: suddividono la membrana in un dominio apicale e uno baso-laterale.

Lipidi e proteine non posso migrare da una regione all’altra. Le principali proteine transmembrana
coinvolte: claudina e occludina, JAM che interagiscono con controparti sulla membrana adiacente e
attraverso proteine intermedie le proteine ZO con i filamenti citoscheletrici.

GIUNZIONI ADESIVE: sono sia giunzioni cellula-cellula (caderina-dipendenti e desmosomi) sia cellula-
matrice (emidesmosomi) e possono essere estese al perimetro cellulare o circoscritte. Garantiscono
adesione tra cellule.
GIUNZIONI ADERENTI a fascia (ADESIVE): Le giunzioni aderenti si estendono a tutto il perimetro cellulare e
formano una zonula adhaerens (negli epiteli sotto zonula occludens si trova zonula adhaerens). Le proteine
che costituiscono le giunzioni aderenti sono le caderine: glicoproteine transmembrana che sporgono nello
spazio interstiziale e interagiscono con le controparti sulla membrana adiacente; sul versante citosolico le
caderine tramite proteine intermedie come la catenina, vinculina, alfa-actinina si legano ai filamenti di
actina del citoscheletro, unendo i filamenti actinici delle cellule adiacenti. Esse formano una zona di
adesione continua immediatamente sotto le tight junctions. Inoltre, le caderine sono calcio dipendenti,
ossia mediano l’adesione cellulare in presenza di calcio.

DESMOSOMI (ADESIVE) Sono giunzioni a bottone o macula adhaerens, circoscritte ad una piccola area delle
membrane. Nelle due cellule che si affrontano, c’è una placca intracellulare proteica formata da
desmoplachine, placofiline e placogobine a cui si ancorano i filamenti intermedi. Nello spazio intercellulare
le caderine desmosomiali (desmogleine, desmocolline) interagiscono con le proteine omologhe della
membrana adiacente. Esse garantiscono adesione tra le cellule e forniscono resistenza ai tessuti.

Struttura del desmosoma

Il desmosoma è costituito da una placca proteica intracellulare (costituita da desmoplachine che si legano
direttamente ai FI, e da placogobine e placofiline che si legano a desmoplachine, queste proteine mediano
il legame con FI. Sul versante extracellulare desmogleina e desmocollina (caderine) si legano con proteine
omologhe adiacenti. La placca serve come sito di ancoraggio per i filamenti intermedi (di cheratina negli
epiteli, di desmina nel muscolo cardiaco)

EMIDEMOSOMI(ADESIVE) Giunzioni cellula-matrice che ancorano le cellule epiteliali basali alla sottostante
lamina basale. Le proteine transmembrana coinvolte sono integrine che sul versante extracellulare si
collegano alle fibre di collagene 4 della lamina basale attraverso proteine intermedie come fibronectina e
laminina. E nel versante intracellulare si legano ai filamenti intermedi attraverso la placca di adesione.

3.GAP JUNCTIONS
Formano passaggi che connettono i citoplasmi di cellule adiacenti consentendo il passaggio di ioni e piccole
molecole. Sono formate dalle connessine, 6 connessine si organizzano a costituire un connessone. I
connessoni sono presenti su entrambe le facce delle membrane cellulari formando un'unica struttura con
poro centrale; le connessine sono proteine integrali che attraversano 4 volte la membrana. Queste
strutture garantiscono l’accoppiamento elettrico e metabolico delle cellule adiacenti.

ADESIONI FOCALI. Permettono interazione cellula-matrice e permettono alla cellula di direzionarsi nella
matrice extracellulare. Le integrine legano componenti della ECM come collagene, fibronectina, laminina e
attraverso proteine intermedie (come l'alfa-actinina, la talina, la vincolina) si collegano ai filamenti di actina.

PODOSOMI Adesioni puntiformi che permettono ad alcune cellule come osteoclasti e cellule emopoietiche
di ancorarsi alla matrice extracellulare, sono costituiti da F actina, integrine e proteine ABP come vincolina,
talina.

DIFFERENZIAMENTO E MORTE CELLULARE

Un organismo pluricellulare si sviluppa a partire da una cellula, lo zigote, risultante dalla fusione dei due
gameti. Lo zigote nella fase di segmentazione si divide in due blastomeri che si dividono formando un
agglomerato cellulare, la modula, poi un ammasso di 64 cellule, la blastocisti, e alla terza settimana dopo la
fecondazione nello stadio della gastrula si formano i 3 foglietti embrionali, da cui derivano le cellule che
formano i diversi tessuti.

Il differenziamento è un processo per cui dallo zigote attraverso successive divisioni si originano linee
cellulari differenti e grazie a specifichi segnali le cellule delle diverse linee cellulari vanno incontro a
differenziamento, si specializzano. Il differenziamento porta a cellule specializzate per forma e funzione.
Nelle cellule differenziate solo alcuni geni sono accesi, altri sono spenti, la specializzazione delle cellule dei
diversi tessuti è il risultato dell’accensione e dello spegnimento differenziale di geni comuni a tutte le cellule
dell’organismo pluricellulare.

CELLULE STAMINALI

Le cellule staminali sono elementi indifferenziati, ci sono staminali embrionali derivate dalla blastocisti e
che danno origine ai tessuti, nell’adulto le cellule staminali assicurano il rinnovamento cellulare e
l’omeostasi cellulare e tissutale (es. epiteli e tessuti emopoietici). Le cellule staminali sono caratterizzate da
proprietà di auto rinnovamento (self-renewal): possono andare incontro a numerosi cicli di divisone
mantenendo lo stato indifferenziato e (potenzialità illimitata) possono differenziarsi in tutte le tipologie
cellulari che formano un organismo. Nel corso dello sviluppo la potenzialità si riduce. Ci sono cellule:

- totipotenti: le cellule che derivano dalle prime divisioni dello zigote che possono differenziarsi
in tipologie cellulari embrionali ed extraembrionali e formare un organismo.
- pluripotenti possono differenziarsi in cellule di tutti e tre i foglietti embrionali (endo-, meso- ed
ectoderma)
- multipotenti possono differenziarsi solo in determinate linee cellulari hanno un destino segnato
(staminali emopoietiche).
- unipotenti originano un solo citotipo, generando solo cellule del tessuto a cui appartengono.
Le cellule staminali vanno incontro a due tipi di divisione:

- SIMMETRICA: la simmetrica dà luogo a due cellule staminali o a due progenitrici. Questo tipo di
divisione avviene soprattutto nelle fasi iniziali dello sviluppo embrionale, in cui bisogna
aumentare dimensione corporea. Le cellule staminali adulte risiedono in nicchie staminali, che
forniscono uno spazio anatomico per le staminali e un microambiente specifico e protetto da
cellule accessorie che producono fattori che regola il comportamento
- ASIMMMETRICA: la divisione asimmetrica genera una cellula figlia che rimane staminale e
un’altra cellula definita progenitrice che prosegue il percorso differenziativo.

SENESCENZA CELLULARE

La senescenza cellulare è un processo fisiopatologico mediante cui cellule perdono la loro capacità
proliferativa, rimanendo comunque vitali e metabolicamente attive. Le cellule senesi influenzano le cellule
vicine rilasciando segnali chimici tramite segnalazione paracrina. Queste sostanze modificano il
comportamento delle cellule vicine, stimolando proliferazione o senescenze e in questo caso si verifica il
richiamo di macrofagi per rimuoverle.
Cellule senescenti mostrano specifiche caratteristiche morfologiche: appiattimento, aumento delle
dimensioni cellulari e alterazioni cromatina. A livello biochimico, la cellula senescente è caratterizzata da
aumento dell’attività lisosomiale, assenza di marcatori di proliferazione, dalla resistenza all’apoptosi e
consumo dei telomeri. I telomeri proteggono l’estremità dei cromosomi alla nascita e hanno certa
lunghezza che si riduce progressivamente con gli anni finché non raggiunge il livello minimo oltre cui la
cellula smette di dividersi. La senescenza cellulare contribuisce all’embriogenesi e nell’adulto a processi di
riparazione, generazione dei tessuti, e al corretto sviluppo degli organi; inoltre rappresenta un meccanismo
di protezione dalla proliferazione delle cellule tumorali, che diventando senescenti non proliferano
ulteriormente. La senescenza cellulare si verifica in risposta a eventi potenzialmente cancerogeni. La
senescenza cellulare è implicata nel naturale invecchiamento, ma non è una forma di morte cellulare
programmata.

MORTE CELLULARE

Ci sono diversi percorsi che sono classificati in base specifiche caratteristiche morfologiche e dal
meccanismo molecolare coinvolto: morte cellulare programmata per apoptosi, per autofagia e necrosi
(non programmata) Apoptosi e autofagia sono forme di morte cellulare programmata che hanno come
obbiettivo quello di garantire l’omeostasi dell’organismo.
APOPTOSI

L’apoptosi è una forma di morte cellulare programmata messa in atto da singole cellule di un pluricellulare
al fine di mantenere l’omeostasi dell’organismo nel complesso. È definito suicidio cellulare, la cellula attua
in modo attivo il meccanismo di morte programmata consumando energia. Essa è caratterizzata
dall’attivazione delle caspasi (proteasi), enzimi coinvolti nelle reazioni che portano all’autodistruzione
cellulare. (Cascata caspasica apoptotica).

La morte cellulare per apoptosi è geneticamente determinata e finemente regolata; è stata definita una
morte altruista, il sacrificio di singole cellule risulta vantaggioso per l’organismo. Le cellule di organismo
pluricellulare sono geneticamente programmate ad autodistruggersi e se il programma di morte non fosse
represso continuamente da segnali di sopravvivenza inviati da altre cellule, morirebbero istantaneamente.
Può essere innescato per via estrinseca o intrinseca, e richiede il consumo di energia.

- Nella via estrinseca dei segnali esterni alla cellula (ligandi) che si legano ai recettori di morte
sulla membrana, attivando le caspasi che dalla forma inattiva passano alla forma attiva dando il
via alla degradazione cellulare.
- La via intrinseca comporta il passaggio di proteine della membrana interna mitocondrio al
citoplasma, ciò attiva enzimi deputati a degradazione cellulare. Nel processo apoptotico la
morfologia cellula subisce importanti modificazioni.

Il citoscheletro viene degradato dalle caspasi, la cellula diventa rotonda e perde adesione con altre cellule e
con la matrice. Il citoplasma si addensa, Il nucleo diventa picnotico, e la cromatina si ipercondensa in zolle
compatte poste a ridosso dell’involucro nucleare che poi si disgrega. Avviene la carioressi, la
frammentazione del DNA in frammenti di 180 paia di basi. La membrana plasmatica presenta delle
estroflessioni dette blebs (blebbing). Infine, la cellula si frammenta in vescicole dette corpi apoptotici, che
sono riconosciuti dai macrofagi grazie all’esposizione della fosfatidileserina. La fosfatidilserina nelle fasi
finali della apoptosi viene traslocata dal foglietto interno a quello esterno della membrana, fungendo da
segnale per i macrofagi che digeriscono i corpi apoptotici impedendo l’innesco di processi infiammatori. Il
materiale intracellulare è circondato da membrana fino alla fine del processo, l’apoptosi non determina
infiammazione. L’apoptosi ha un ruolo chiave nello sviluppo embrionale, nella morfogenesi, nel
mantenimento dell’omeostasi cellulare e tessutali e in generale nella eliminazione di cellule non più utili
o danneggiate da stress chimici, fisici, meccanici, dannose per l’organismo. Elimina cellule non più utili
durante lo sviluppo e permette di controllare il numero di cellule, la dimensione dei tessuti ed elimina
cellule danneggiate da stress chimici, fisici e meccanici, strategia difesa in risposta a stress. Tiene sotto
controllo il numero totale di cellule di un organismo: il numero corretto di cellule si basa sull’equilibrio tra
proliferazione e morte cellulare. Per esempio: ipossia, mancanza di nutrienti, danni al DNA provocati da
radiazioni possono indurre la cellula ad attivare apoptosi. Se l’apposito non può avviarsi a causa di difetto
genetico perché la cellula è infettata da un virus che blocca la cascata enzimatica apoptotica, la cellula
danneggiata continua a proliferare.
Lo sviluppo embrionale è caratterizzato da eventi di proliferazione, differenziamento e anche apoptosi. Per
esempio, interviene nel determinare la separazione delle dita. Anomalie nei meccanismi di morte
programmata possono portare a patologie neoplastiche e neurodegenerative.

AUTOFAGIA

Sviluppo, metamorfosi e garantisce omeostasi cellulare e tissutale in organismi pluricellulari. È un


processo catabolico necessario per il riciclo di organelli ed eliminazione di patogeni intracellulari, è
coinvolto nel differenziamento, nel rimodellamento tissutale, nello sviluppo embrionale e nell’adattamento
a condizioni di stress come mancanza di nutrienti. Si verifica ai livelli basali delle cellule e garantisce
degradazione e rinnovamento delle componenti cellulari. L’autofagia può portare degradazione di interi
organelli. È un processo di auto degradazione mediato da lisosomi.

- Macro-autofagia: gli organelli da riciclare sono circondati da vescicola proveniente dal RE, che
forma autofagosoma, che fondendosi con i lisosomi forma autofagolisosoma.
- Microautofagia: le componenti citosoliche vengono inglobate dal lisosoma che provvede alla
degradazione
- Autofagia chaperone-mediata: quando le proteine da degradare si legano alle molecole
chaperone che funge da marcatore per riconoscimento lisosomiale.

L’autofagia rappresenta un meccanismo di adattamento a condizioni di stress che evita la morte


cellulare. La cellula attua questo meccanismo provvedendo alla degradazione e al riciclo di organelli
danneggiati o proteine che hanno perso il folding corretto. In questo modo la cellula sopravvive a
situazioni difficili. Contrastandole e garantendo il corretto funzionamento cellulare. Se però, i fattori di
stress sono estesi, l’autofagia viene potenziata e porta alla distruzione cellulare programmata, solo nelle
fasi finali si attivano le caspasi che frammentano il DNA.

AUTOFAGIA e apoptosi interagiscono tra loro, sono processi autodistruttivi che possono cooperare per
indurre la morte cellulare. Se un processo è bloccato, si attiva l’altro come percorso alternativo. Spesso
l’autofagia precede apoptosi. Esse possono interagire come antagonisti: autofagia può promuovere la
sopravvivenza sopprimendo l’apoptosi, la cellula cerca di ridurre lo stress prima di attivare la morte
apoptotica, se lo stress persiste, scatta il processo apoptotico. Possono agire come processi subordinati, in
questo caso l’autofagia consente che si verifichi l’apoptosi. Garantisce alti livelli di ATP, permettendo che
l’apoptosi si verifichi correttamente (energeticamente dispendioso). Consente la traslocazione
fosfatidilserina e blebbing membrana, entrambi ATP-DIPENDENTI.

NECROSI
È una morte accidentale, non programmata che coinvolge i distretti cellulari. È una morte incontrollata che
le cellule subiscono passivamente e interessa gruppi cellulari. È innescata da traumi fisici (radiazioni) o
chimici (sostanze citotossiche). Essa è indotta da elevati livelli di stress che danneggiano le strutture di
membrana o enzimi coinvolti nel metabolismo energetico, modificando la permeabilità selettiva della
membrana. La cellula assorbe acqua e ioni comportando un aumento delle dimensioni con conseguente
gonfiamento del nucleo. Il nucleo diminuisce di volume, e il DNA si frammenta in frammenti di dimensioni
casuali, fino a dissolversi. La membrana scoppia, si lisa, il materiale intracellulare viene rilasciato e si
innesca l’infiammazione

CV: tessuto in necrosi

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