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Il genoma è definito come l’insieme delle molecole di DNA di una cellula. Quando ci riferiamo al genoma
umano dobbiamo riferirci sia al genoma nucleare (cromosomi contenuti nel nucleo delle cellule) sia al
genoma mitocondriale (molecole di DNA a doppia elica circolare contenute nei mitocondri).
Un gene è una sequenza di DNA che può essere trascritta in RNA. Questo significa che quando ci riferiamo a
un gene, consideriamo tutte le sequenze di DNA di un determinato locus che vengono trascritte (esoni,
introni, 5’UTR e 3’UTR). Anche le sequenze regolatorie (come il promotore, gli enhancer) che ne regolano
l’espressione possono essere considerate parte del gene.Quindi, in termini molecolari, è una sequenza di
DNA che include sia le porzioni codificanti che le porzioni non codificanti, ma anche tutte le regioni di
controllo che sono necessarie per produrre una proteina o un RNA funzionale.
Questa è solo una delle possibili definizioni; non è l’unica, perché in effetti definire fisicamente un inizio di
un gene non è una cosa semplice.
Il genoma dei procarioti è molto piccolo, ciò implica che l’informazione debba essere organizzata in modo
tale da poter essere contenuta in una struttura piccola. I procarioti, infatti, hanno un “contenitore” molto
piccolo contenente l’informazione complessa.
I promotori sono quelle sequenze regolatrici (esanucletidi, 5-6 nucleotidi) che indicano alle RNA polimerasi
dove legarsi e quando legarsi per cominciare il fenomeno della trascrizione e che determinano l’inizio del
gene. È costituito da sequenze estremamente evolutivamente conservate, cioè che hanno subito poche
variazioni. Tipicamente, si trova a monte rispetto alla sequenza codificante, a 5’, in particolare a -10 e a -35,
ossia si trovano 10 nucleotidi prima del primo nucleotide che verrà trascritto (+1). In questi due siti si lega il
fattore sigma (un cofattore dell’RNA polimerasi).
Subito dopo i promotori, all’estremità 3’, si trovano le sequenze codificanti o, più correttamente, “sequenze
trascritte” perché non tutta questa porzione nei procarioti viene codificata in proteina. Questa sequenza è
caratterizzata da quello che viene detto open reading frame (cornice di lettura aperta) o ORF, un codice di
lettura che, utilizzando le regole del codice genetico, comincia sempre da un ATG (segnale d’inizio) e finisce
con uno dei tre possibili segnali di stop (TAA, TAG, TGA).
A valle rispetto alle sequenze trascritte si trovano le sequenze terminatrici, che sono altri segnali sul DNA
che indicano all'RNA polimerasi quando staccarsi dallo stampo di DNA. Indicano la fine del gene.
Spesso, ma non sempre, i geni nei procarioti sono organizzati in gruppi funzionalmente correlati. Questi
gruppi contengono i geni i cui prodotti proteici partecipano alle stesse reazioni. Quest geni sono sotto il
controllo di un unico promotore e vengono trascritti come se fossero un unico trascritto appartenente a un
unico gene. Questa struttura prende il nome di operone.
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Quindi, a livello trascrizionale, la cellula batterica regola l’espressione del gene attraverso il modello
dell’operone, un tratto di DNA comprendente, in sequenza dal terminale 5’P al 3’OH, tratti regolativi e geni
strutturali che concorrono all’espressione di un’unica attività essendo strettamente correlati.
Un esempio di operone è quello dell’operatore lattosio, un insieme di tre sequenze codificanti che
rientrano tutte all’interno dello stesso gene che degradano il lattosio. Il lattosio viene scisso in glucosio e
galattosio da tre prodotti proteici che sono la permeasi, la trans-acetilasi e la β-galattosidasi.
In assenza di lattosio, una proteina, il repressore, lega l’operatore inibendo la trascrizione. Questo significa
che quando l’RNA polimerasi si legherà al promotore troverà l’ingombro del repressore lac e quindi l’RNA
polimerasi non potrà trascrivere l’operone del lattosio.
Quando, invece, il lattosio è presente, questo è in grado di legare il repressore in un sito diverso, in modo
da modificarne la struttura, così che questo non possa più legarsi all’operatore. In questo modo, grazie
all’mRNA, è possibile trascrivere i geni strutturali per produrre gli enzimi necessari per la degradazione del
lattosio in glucosio e galattosio. Il trascritto dell’operone è un unico filamento di RNA che poi verrà tagliato
e tradotto per dare tre proteine che sono coinvolte nel catabolismo del lattosio.
GENE EUCARIOTICO
Quando invece passiamo agli eucarioti la faccenda si complica un po’. Innanzitutto, nei procarioti, esiste
solo una RNA polimerasi, quello che cambia è il fattore sigma. Negli eucarioti esistono tre diversi tipi di RNA
polimerasi (che in realtà sono quattro perché c'è anche l’RNA mitocondriale) che trascrivono RNA differenti;
tant'è vero che classicamente i geni venivano classificati in geni di I classe, di II classe e di III classe.
- I geni di I classe sono quelli che vengono trascritti dagli RNA polimerasi 1, tipicamente gli RNA
ribosomiale;
- I geni di II classe sono quelli che vengono poi trascritti dagli RNA polimerasi 2, che tipicamente sono
gli RNA messaggeri, ma non solo: anche microRNA, alcuni small nuclear (piccoli RNA nucleari) e gli
LncRNA (questa sigla sta per "long non coding RNA", lunghi RNA non codificanti);
- I geni della III classe sono quelli che vengono trascritti dalle RNA polimerasi 3, tipicamente sono gli
RNA transfer, ma ancha altri piccoli RNA particolari.
Adesso questa classificazione non si usa più proprio perché sono stati scoperti questi grandi filamenti di
RNA che vengono trascritti un po' dall'RNA 1, un po' dal 2 e un po' dal 3.
Come nei procarioti, a 5’ si trovano i diversi promotori, molto più grandi rispetto a quelli batterici. Il più
famoso è il TATA box -25, ma conosciamo anche il CAAT box -80 o il GC box -100.
- il core promoter è costituito dalle sequenze che si trovano in prossimità del nucleotide +1. Attorno
al core abbiamo tipicamente il TATA box, insieme a delle sequenze che permettono alla RNA
polimerasi di riconoscere il sito di inizio della trascrizione.
- Spostandoci più a monte, intorno al -100, troviamo il proximal promoter (promotore prossimale).
Queste sequenze vengono legate dai fattori di trascrizione tessuto-specifici.
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- Molto più lontano abbiamo il distal promoter che si può trovare parecchie kilobasi a monte rispetto
al nucleotide +1. Per questo motivo è difficile capire dove finisce e dove inizia il gene. Può essere
indicato anche come ehancer o silencer.
La sequenza trascritta, cioè tutto ciò che l’RNA polimerasi legge, è modulata, cioè spezzata in moduli noti
come esoni ed introni. Gli esoni possono essere definiti come i moduli che vengono ricongiunti dopo lo
splicing. Gli introni, invece, sono le sequenze che devono essere rimosse affinché due moduli di sequenze
codificanti adiacenti possano ricongiungersi. Esistono dei segnali che indicano come, dove e quando questi
introni devono essere rimossi. Sia introni che esoni hanno un particolare tipo di segnaletica propria che ne
permette il riconoscimento. Il complesso di proteine ed RNA deputata all’eliminazione degli introni è lo
spliceosoma.
Negli eucarioti le sequenze terminatrici sono sostituite dalle sequenze di Poliadenilazione. Si tratta di
segnali sul DNA che indicano dove si deve staccare l'RNA polimerasi, e dove deve essere aggiunta la coda di
Poly-A. Anche in questo caso si tratta di segnali, uno in particolare è AAUAAA che sta su tutti gli RNA e si
trova tipicamente 50 nucleotidi prima dell'inizio della coda di Poly-A.
Negli eucarioti non esistono gli operoni, perché tutti i loro geni sono monocistronici, cioè tutte le unità
trascrizionali degli eucarioti corrisponderanno a una singola proteina. Infatti, i geni eucariotici non
mostrano nessuna evidente relazione tra localizzazione e attività funzionale o con l’epressione spazio-
temporale. Un’eccezione però è rappresentata dai geni Hox, dei geni disposti in senso cefalo-caudale
rispetto all’organismo che vengono espressi proprio come si trovano posizionati.
Alcuni di questi geni si comportano come gli operoni batterici e vengono nominati geni policistronici (non
esistono però nella nostra specie). In alcuni casi questi raggruppamenti genici rappresentano delle famiglie
geniche, ovvero un gruppo di geni che sono evolutivamente correlati, chiamati anche geni paraloghi. Questi
raggruppamenti vengono chiamati “cluster”. In altre parole, sono un gruppo di geni visto in sequenza,
ognuno dei quali ha un suo promotore perché sono monocistronici, ma che si trovano raggruppati nella
stessa regione cromosomica.
Ci sono anche alcuni geni che fanno parte della stessa famiglia ma si trovano in punti diversi del genoma.
Un esempio sono i geni paraloghi, dei geni che provengono dall’evoluzione di un unico gene ancestrale.
Un’ultima sequenza presente nei geni eucariotici, ma anche nei procarioti, sono le regioni trascritte ma mai
tradotte, le UTR (UnTraslated Regions). Sono regioni di dimensioni variabili, fondamentali affinché l’RNA
messaggero venga riconosciuto dai ribosomi. Nel caso degli eucarioti di solito tutto il primo esone, detto 5’
noncoding exon, manca alla traduzione (anche se viene sempre trascritto perché contiene quelle sequenze
segnale che permettono l'inizio della sinesi proteica) perché è interamente 5' UTR. Stessa cosa vale per
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l’ultimo esone, il 3’ noncoding exon, dove si trovano il PolyA signal e una serie di segnali che regolano la
degradazione degli RNA e determinano il processo di completamento della traduzione.
Il nostro numero di geni è esiguo rispetto alle proteine. Si aggira intorno ai 19.000. Tuttavia, le proteine si
aggirano intorno ad un numero incalcolabile. Quindi esistono meccanismi che permettono una variabilità
molto ampia di prodotti proteici pur partendo da numeri esigui.
In un caso potrebbe essere usato P1, dando come trascritto gli esoni E1 ed E2, nell’altro P2 darà come
trascritto soltanto l'esone E2. Partendo dallo stesso gene si possono avere trascritti differenti e quindi
proteine differenti.
2) Lo splicing alternativo
In un caso si terranno gli esoni 1, 2 e 3 rimuovendo ciò che sta in mezzo. Ma, in un altro caso, dove con
altro caso si intende in un altro tessuto o in condizioni particolari, in seguito a determinati stress, lo splicing
rimarranno solo l’esone 1 e l’esone 3, considerando ciò che sta in mezzo come un unico introne: il risultato
saranno due trascritti differenti e due proteine differenti. La cellula risparmia così spazio, tempo e risorse
energetiche, poiché con un unico trascritto avrà comportamenti differenti.
Nell'esempio che segue, viene usato il segnale di poliadenilazione 1 per ottenere un trascritto finale
costituito dall’esone E1 e dall’esone E2. Tuttavia, in alcuni tipi cellulari o in alcune condizioni particolari, o
anche in alcuni momenti dello sviluppo, il segnale di poliadenilazione potrebbe essere il PolyA2. Il risultato
sarà che il trascritto corrispondente sarà formato da un altro esone ancora (E3) che prima veniva saltato
perché il taglio del DNA avveniva prima. Avremo così due trascritti differenti e due proteine differenti.
Il gene di tp73L è un operatore sia dell'apoptosi che del ciclo cellulare e ha ben dieci isoforme trascrizionali,
ottenute attraverso una combinazione di promotori alternativi e siti di PolyA alternativi. Questi trascritti
non necessariamente diventeranno tutti immediatamente delle proteine, ma potrebbero subire ulteriori
modifiche. Ecco perché il numero delle proteine è incalcolabile.
I geni possono essere sovrapposti tra loro, nello stesso orientamento o in orientamento opposto, o anche
essere completamente contenuti in altri geni. Questo significa che l’RNA polimerasi è in gradi di leggere su
un filamento e sull’altro (vedi frecce) e di trascrivere un gene parzialmente sovrapposto ad altri. Ricordiamo
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che nel DNA entrambi i filamenti possono essere trascritti e il fatto che venga trascritto un filamento non ci
dà nessuna indicazione sul fatto che il suo complementare non venga trascritto indipendentemente.
Nella maggior parte dei casi i geni sovrapposti non hanno influenza di nessun tipo, ma hanno il ruolo di
rendere più trascrizionale possibile il materiale genetico.
Oltre a poter essere sovrapposti tra di loro, quando si trovano su filamenti differenti, i geni possono trovarsi
dentro altri geni. Questo è possibile perché i geni degli eucarioti hanno una struttura modulare; un esempio
è il gene NF1, che contiene numerosi introni e in particolare l’introne 26 (di circa 40mila basi) che al suo
interno presenta tre piccoli geni costituiti ognuno da due esoni. Il gene NF1 e questi tre piccoli geni si
trovano su filamenti complementari. Questo si nota nell’immagine dove i due filamenti hanno direzione di
trascrizione opposta.
Il genoma virale per esprimersi si serve del genoma nucleare di un ospite e contiene pochi geni che
traducono i prodotti proteici che costituiscono il capside e altri elementi che contribuiscono al processo di
infezione. I geni virali sono molto piccoli e per questo i virus devono ottimizzare lo spazio così come fanno i
procarioti con la struttura dell’operone. Per fare ciò, i virus sfruttano i geni sovrapposti. Nei virus la stessa
sequenza genica viene letta in modi diversi cambiando la fase di lettura, ovvero il nucleotide di partenza, e
la direzione di lettura del filamento per dare origine a proteine diverse. Fanno in modo che il filamento di
RNA venga letto dai ribosomi in maniera diversa in base al suo allineamento nel sito P del ribosoma.
Il filamento, virtualmente può dare origine a più proteine ma ciò non accade sempre perché, nella maggior
parte dei casi, quando il ribosoma non riconosce una sequenza di DNA si inserisce un segnale di stop e la
proteina non risulta funzionale. Alcuni virus hanno la capacità di contenere sullo stesso filamento di Dna
l’informazione di due polipeptidi, costringendo la cellula bersaglio a leggere il codice genetico con diversi
ORF (Open Reading Frame), cambiando frame.
PSEUDOGENI
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Sono geni che con il tempo hanno accumulato delle mutazioni che li hanno resi inattivi e non funzionali.
Possono essere classificati in:
- non processati, ovvero geni che hanno una struttura con introni e esoni
- processati, che non contengono introni in quanto derivano da un mRna che ha subito splicing e
sono il prodotto di una retrotrasposizione. La retrotrasposizione avviene quando un filamento di
mRna privo di introni incontra una trascrittasi inversa e viene ritrasformato in DNA dando origine
agli pseudogeni processati.
Ci sono alcune zone nel nostro genoma che vengono chiamate cimiteri genici perché sono ricche di
pseudogeni.
Alcuni pseudogeni presentano promotori ancora funzionanti e quindi vengono trascritti (non tradotti!) e
hanno una loro funzione. Com’è possibile che un gene che svolge una determinata funzione diventi
pseudogene e quindi inattivo? Sicuramente esiste qualche altro elemento che ha la stessa funzione.
Qualsiasi sequenza di DNA, per un evento casuale, può subire una mutazione. Ad esempio, può capitare che
all’interno della cellula un elemento funzionale venga duplicato e che quindi ne esistano due copie attive
che svolgono la stessa funzione. La cellula provvederà casualmente a non sottoporre più a pressione
selettiva uno dei due elementi. La cellula possiede geni detti letali che se subiscono mutazioni provocano la
morte della cellula; altri geni, invece, possono esistere in forme mutate, ad esempio il gene P53 che, in caso
di danno al DNA, può sia avviare i processi di riparazione che determinare l’apoptosi della cellula. Se una
cellula muore a causa della mutazione di un gene significa che aveva sottoposto quel gene a una fortissima
pressione selettiva ovvero quel gene non poteva subire mutazioni nel tempo. Ogni cellula sottopone i
propri geni ad una specifica pressione selettiva che determina se un gene può o no essere modificato.
Collegandoci all’esempio di prima, se una cellula presenta lo stesso gene letale duplicato e uno dei due
subisce mutazione, la funzione viene mantenuta dall’altro gene (che non è necessariamente il gene
originale) e la cellula sopravvive, questo fenomeno viene chiamato DIVERGENZA, cioè le due sequenze
cominciano a differire e in una piccola percentuale si ha la creazione di nuovi geni detti paraloghi, cioè
elementi di una stessa famiglia genica che svolgono funzioni simili e correlate (ad esempio la famiglia delle
globine). Nella restante maggior parte dei casi, la divergenza provoca l’inattivazione di un gene e la nascita
di uno pseudogene.
Tutti i geni discendenti da un gene ancestrale, i cui prodotti svolgono funzioni specifiche simili vengono
definiti geni omologhi. I geni omologhi presenti in specie diverse che svolgono la funzione del gene
originario vengono detti geni ortologhi, mentre quelli presenti all’interno della stessa specie vengono detti
geni paraloghi.
- DNA satellite, ovvero sequenze molto grandi a livello dei centromeri ripetute a blocchi una dopo
l’altra;
- DNA minisatellite, ovvero sequenze più piccole altamente polimorfiche, ossia la cui dimensione
cambia da un individuo a un altro ma è simile tra individui imparentati, tanto da essere utilizzato
per effettuare esami di fingerprint del DNA;
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- DNA microsatellite, ovvero sequenze di circa tre nucleotidi, anch’essi utilizzati come marcatori
altamente polimorfici, che viene utilizzato per mappare alcune malattie. Alcune patologie sono
causate dalla presenza del DNA microsatellite.
- SINEs (short interspersed nuclear elements), ovvero piccole sequenze nucleari. In particolare, nel
nostro genoma sono contenute le sequenze ALU (fino a 1.000.000 di copie disperse casualmente, si
trovano solo nei primati). Una sequenza Alu è una breve sequenza interspersa di DNA (SINE)
originariamente caratterizzata come sito di taglio riconosciuto dall'endonucleasi Alu, un enzima di
restrizione. Sequenze Alu di diversi tipi sono presenti in gran numero nei genomi dei primati. Sono
gli elementi mobili più abbondanti nel genoma dell'uomo e per questo possono essere utili per
distinguere DNA umano dal DNA di altri organismi;
- LINEs, lunghi elementi nucleari ripetuti in grado di autoreplicarsi;
- RETROVIRUS ENDOGENI, sono delle piccole sequenze genomiche virali che rispetto al genoma
virale mancano del gene HERV che codifica per il capside virale;
- ELEMENTI SIMILI RETROVIRALI;
- TRASPOSONI A DNA.
Tutti questi elementi, oltre ad occupare la quasi totalità del nostro genoma, sono capaci di spostarsi da una
parte all’altra del genoma, cioè sono elementi mobili (vengono copiati da una parte all’altra del genoma).
Ad esempio, i retrotrasposoni, che sono coinvolti nell’origine degli pseudogeni processati, dopo essere stati
sottoposti a trascrittasi inversa, grazie a degli enzimi particolari chiamati integrasi, vengono inseriti nel DNA
nucleare. Vengono tagliate le estremità del DNA e del retrotrasposone che diventa parte del genoma.
Un retrovirus presenta tipicamente tre elementi: gag, pol ed env, ovvero tre geni che servono al virus per
infettare e creare le proteine del capside. I retrotrasposoni presenti nei genomi degli eucarioti hanno le
stesse estremità dei retrovirus chiamate LTR e presentano gag e pol, ma non env (gene che serve a creare il
capside proteico). Ciò significa che nel nostro genoma sono presenti elementi genomici retrovirali ad
eccezione dei geni che codificano per il capside.
Sono elementi mobili, funzionali e autonomi del genoma che vengono trascritti in quanto contengono un
promotore riconosciuto dall’RNA polimerasi II. Essi contengono due ORF (sequenze codificanti) che
vengono trascitte:
Quando le due ORF vengono trascritte e tradotte si legano ad un punto casuale del DNA. Il DNA viene
tagliato e al suo interno viene inserito il prodotto della traduzione della LINEs, ovvero le ORF che hanno
attuato la retrotrasposizione del proprio RNA e lo hanno inserito in modo casuale in un punto del genoma.
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SINEs: short interspersed nuclear elements
Sono elementi mobili ma non autonomi, ovvero non possiedono quegli elementi che permettono loro di
spostarsi autonomamente da una parte a un’altra del genoma. Sono molto piccoli rispetto alle LINEs e
possiedono un promotore riconosciuto dall’RNA polimerasi III. A differenza delle LINEs, le SINEs non
contengono alcuna ORF codificante per una trascrittasi inversa e per questo motivo non sono autonome. Si
servono di trascrittasi inverse di altri elementi genici, ad esempio le LINEs, per spostarsi da una parte a
un’altra del genoma; questi sono eventi casuali che avvengono con una certa frequenza, grazie ai quali il
genoma dei vertebrati è ricco di elementi interspersi. L’elemento ALU (SINE) è il più abbondante nel
genoma dei primati, è presente in circa 1.200.000 di copie. Le sequenze ALU presentano analogie con l’RNA
7SL, che è un complesso ribonucleoproteico coinvolto nel meccanismo di secrezione di polipeptidi. Quale
sia la vera funzione delle ALU è ancora ignota. Le ALU, spostandosi casualmente nel genoma, possono
inserirsi in altri geni e spezzarne la sequenza codificante originaria causando malattie, ad esempio
l’ipercolesterolemia familiare o l’alfa talassemia.
TRASPOSOMI A DNA
Sono elementi mobili, che si spostano da una parte all’altra del genoma non attraverso la trascrizione,
meno comuni nel nostro genoma e più comuni nel genoma della Drosophila o delle piante. Si distinguono
in:
Dobbiamo immaginare le prime cellule come delle micelle di fosfolipidi che hanno inglobato molecole di
RNA, formando una sorta di protocellule (considerate come le prime strutture che ricordino delle cellule),
probabilmente capaci di legare amminoacidi e formare le prime proteine. Non abbiamo la certezza di
quanto detto ma esistono una serie di prove indiziarie che ci suggeriscono che i fatti siano andati così.
Il trasferimento della funzione codificante dall’RNA al DNA in seguito alla perdita del gruppo ossidrile da
parte dell’RNA ha permesso la formazione di strutture a doppio filamento più stabili.
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L’RNA comincia ad avere la funzione di tramite, non possiede più l’informazione genetica ma la trasmette
dal DNA ai ribosomi per creare le proteine; quindi, probabilmente, nel corso dei milioni di anni l’RNA ha
cominciato a perdere le proprie funzioni originali cedendole al DNA ed alle proteine. Tuttavia, è stato
recentemente scoperto che esiste un mondo a RNA, perché ci sono dei geni nella cellula che vengono
trascritti ma non tradotti e che producono RNA non codificanti che hanno una funzione specifica all’interno
della cellula. Questa scoperta ha dimostrato che il mondo a RNA non è scomparso con l’instaurarsi del DNA
e delle proteine, bensì è rimasto nascosto a causa della strumentazione poco tecnologica.
Risalgono a 4 miliardi di anni fa, quando ogni molecola di DNA rappresentava un singolo gene che codifica
per una singola proteina (quindi genomi molto semplici).
Un esempio significativo è quello delle globine. 800 milioni di anni fa, il gene ancestrale delle globine ha
subito una prima duplicazione, dando da un lato la mioglobina e dall’altro un gene diverso. Quest’ultimo
500 milioni di anni fa ha dato origine ad un precursore delle alfa-globine e ad un precursore delle beta-
globine. Il precursore delle alfa-globine ha subito mutazione e divergenza dando vita alle attuali alfa-
globine. 200 milioni di anni fa il gene precursore delle beta-globine ha subito divergenze a cascata, anche
recenti, dando origine alle beta-globine che conosciamo oggi.
FAMIGLIE GENICHE
Quando siamo di fronte ad una famiglia genica, il fenomeno alla base della creazione di questi geni è un
susseguirsi di duplicazioni e divergenze.
TBP è un gene fondamentale nella trascrizione degli eucarioti che codifica per la proteina che si lega alla
TATA box. È un gene antico che si trova negli eucarioti e negli archea. Si è sempre pensato che questa
proteina fosse un fattore di trascrizione universale ma, attraverso scansioni genomiche, si è scoperto che
esistono altre sequenze nel nostro genoma che somigliano a TBP:
- TBPL1, presente in tutti i metazoi, si trova sul cromosoma 6 così come TBP e probabilmente avrà
avuto origine da un crossing over diseguale (circa 750 milioni di anni fa, a seguito di una divergenza
di TBP).
- TBPL2, si trova sul cromosoma 14 ed ha una sequenza quasi identica a TBP dimostrando che la
funzione sia molto conservata e che abbia avuto origine da una duplicazione recente (500 milioni di
anni fa, quando sono comparsi i vertebrati, a seguito di una seconda duplicazione e divergenza di
TBP). Si trova in tutti i vertebrati.
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- TRF, nato 250 milioni di anni fa a seguito di una terza duplicazione e divergenza di TBP, svolge le
stesse funzioni di quest’ultimo.
Abbiamo casi in cui i genomi acquisiscono DNA e geni da altre specie, come accade nei batteri. I batteri
assumono DNA ed elementi genici dall’esterno da batteri morti per esempio.
Tutte queste sono ipotesi, che diventano ancora più intriganti nel momento in cui pensiamo che ad ogni
motivo strutturale corrisponde un esone.
Se esaminiamo bene i motivi di una proteina, vedremo che ad ogni esone corrisponde un motivo
strutturale. Questo vale per alcuni geni e a questo tipo di modello si accompagna l’idea che gli esoni in
origine fossero dei mini geni, ossia, presumibilmente, che un tempo fossero tutti uniti e contenessero
l’informazione per codificare una mini proteina con una sua funzione. Nel corso dell’evoluzione, lo spazio
tra un mini gene ed un altro si sarebbe ridotto, costituendo gli introni.
Gli introni sono un altro mistero della genomica. Secondo un’ipotesi, gli introni sarebbero molto antichi e si
starebbero gradualmente perdendo nei genomi degli eucarioti; secondo un’altra, si sarebbero evoluti di
recente e si starebbero gradualmente accumulando nei genomi degli eucarioti, soprattutto in quelli più
complessi che hanno a che fare con il problema della multi-cellularità.
Il riarrangiamento genico, la duplicazione ed il rimescolamento dei domini non sono gli unici meccanismi
che hanno permesso al genoma di evolversi, ma vi sono anche meccanismi di acquisizione di geni da altre
specie. Questo fenomeno viene chiamato anche trasferimento orizzontale (tra specie differenti). Nei
batteri, trasformazione e trasduzione sono esempi di trasferimento orizzontale. La coniugazione, invece,
ricorda più una riproduzione sessuata, in quanto non è dotata della “passività” del trasferimento
orizzontale.
Il trasferimento di geni dai genitori ai figli viene chiamato, invece, trasferimento verticale. I virus sono in
grado di trasferire i geni da un luogo all’altro, in maniera particolare i retrovirus. I retrovirus integrano il
proprio genoma nel codice genetico dell’ospite, attivano una serie di processi, dopo di che effettuano la
duplicazione tramite le strutture cellulari dell’ospite. I nostri genomi sono ricchissimi di elementi retrovirali
che rappresenterebbero le vestigie di un passaggio evolutivo di retrovirus. Questo passaggio di interspecie
ogni tanto si portava dietro un pezzo di genoma dell’ospite, contribuendo così ad arricchire il genoma che
veniva infettato da sequenze completamente nuove.
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Noi siamo il tasto dolente di tutto il meccanismo. Si stima che l’uomo e le scimmie attuali abbiano avuto
l’ultimo progenitore in comune tra i 5 ed i 6 milioni di anni fa. Ciò vuol dire che noi non discendiamo dalle
scimmie, ma abbiamo un progenitore comune con loro. Da questo progenitore comune sono partite due
linee: una che dà gli oranghi attuali e una che poi si è divisa più volte fino a dare le scimmie moderne e tutta
la serie degli ominidi, da cui deriva l’Homo Sapiens. Molti evoluzionisti, quando hanno dovuto affrontare il
problema dell’evoluzione di Homo Sapiens, si sono trovati in difficoltà per vari motivi. In primis, ancora oggi
non è chiarissima la linea di discendenza di Homo Sapiens, non si sa bene da dove sia partita, anche perché
Homo Sapiens è molto diverso rispetto a tutti gli altri ominidi che sono stati scoperti, ad esempio
Neanderthal. Essi convivevano e si sono anche incrociati, tanto è vero che nel nostro genoma ci sono
frazioni importanti di Neanderthal. Infatti, secondo alcuni, Neanderthal non è scomparso ma è stato
semplicemente riassorbito nella nostra specie. Solo il 9% della popolazione umana presenta tratti genomici
in comune con Neanderthal e nessuno di questi è africano, ovviamente. Sapete perché? Perché
Neanderthal era un ceppo europeo e quindi l’incontro tra Sapiens e Neanderthal è venuto fuori dall’Africa.
Homo Sapiens è stato contemporaneo anche di Homo Floresiensins, una specie di ominide che era stato
trovato su un’isola dell’Indonesia. Prima si pensava fossero individui deformi, molto piccoli con un cranio di
300/380 centimetri cubici. Un’altra importante evidenza è che Homo Sapiens ha subito un’importante
evoluzione. 5 milioni di anni ci separano dalle nostre cugine scimmie. Tutti gli evoluzionisti affermarono che
Homo Sapiens subì un’accelerazione evolutiva senza precedenti, mai vista in un altro organismo. Molti
darwiniani si interrogano su certi prezzi che ha dovuto pagare l’uomo per arrivare dove è arrivato.
!!! Domanda del prof: secondo voi qual è il vantaggio di questo cervello selettivo che abbiamo? Quello di
adattare l’ambiente alla specie. Però dobbiamo ricordare che abbiamo un evento casuale, le mutazioni, e
un ambiente che seleziona; quindi, immagina questi ominidi che abitano ancora in grotte. Essere in grado di
modificare l’ambiente è qualcosa che è avvenuta dopo, però quando la struttura viene mantenuta è perché
si adatta alle caratteristiche ambientali. Un cervello così grande è superfluo per cose animalesche, come la
caccia. Noi abbiamo qualcosa che doveva essere inutile per un uomo milioni di anni fa, cioè la creatività,
l’emotività. Oggi questo grosso cervello ci permette di studiare, fare calcoli, costruire robe sempre più
complesse ed è lo stesso cervello di anni fa. Ma prima a cosa serviva? Questo è un problema concettuale
che cozza con la teoria Darwiniana. Darwin cosa ci aveva insegnato? Che i caratteri venivano selezionati
sulla base dell’ambiente, ma ancora non si riesce a capire che razza di ambiente ci fosse per permettere la
nascita di una struttura così inusuale. Per la natura la cosa che veramente conta per aumentare la fitness
non è l’intelligenza, ma sono tante altre caratteristiche: le capacità di recuperare in maniera efficace le
risorse energetiche, di riprodursi velocemente. Invece a noi, la natura ci ha privati di tutte queste cose. C’è
una sorta di dibattito tra gli evoluzionisti per cercare di capire che cosa sia accaduto 200 mila anni fa, qual è
stato quel fattore selettivo che ci ha portati a questa struttura velocissimamente. Questo enorme computer
che portiamo al collo ha portato anche dolori. Pensiamo a tutte le malattie di tipo neurologico e psichiatrico
che provengono da geni o da varianti geni che nelle scimmie non esistono. Sono geni che conferiscono al
nostro cervello delle capacità uniche, ma d’altra parte conferiscono una fragilità che non ha eguali nel
mondo animale. La follia, l’Alzheimer, il Parkinson sono squisitamente umani. Andando contro i grandi
dogmi della filosofia darwiniana, ci siamo portati tutto questo carretto di strane cose. Un cervello che ci è
particolarmente utile in questi anni, negli ultimi secoli.
Per metafora: è come se avessero ideato una cinquecento degli anni 60 con il motore di oggi. Cosa vuol dire
questo? L’uomo Sapiens di 200 mila anni fa con il cervello che utilizziamo noi oggi. Quello della 500 è un
motore che non potrebbe mai funzionare al 100%, in quanto è un motore che la macchina non riesce a
tenere. La macchina si smonterebbe mentre corre. Nel caso di Homo Sapiens non aveva l’architettura
culturale per far funzionare il cervello.
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Siamo tanto diversi dalle scimmie, ma il nostro genoma quanto lo è d’avvero? I nostri genomi sarebbero
quasi identici, 98,5% (sequenze nucleotidiche, sono identiche quelle degli amminoacidi). Recenti studi
hanno affermato che se paragoniamo le regioni non codificanti emergono differenze importanti. Queste
sequenze sono degli RNA che non fanno altro che modulare l’espressione genica, cioè controllano come il
genoma viene espresso. Come, dove e quando deve essere espresso. Se vediamo come vengono espressi i
geni su uomo e scimpanzé troviamo lo stesso contenuto di geni codificanti per proteine. Il modo con il
quale vengono espressi questi geni, soprattutto nel corso embrionale, è totalmente differente. Hanno lo
stesso numero di geni codificanti le proteine, ma li fanno funzionare in maniera diversa. Quello che ci rende
umani, non è il fatto che abbiamo dei geni particolari ma sicuramente questi geni li facciamo funzionare in
maniera diversa. Com’e possibile ciò? Perché noi abbiamo dei regolatori diversi e quindi facciamo
funzionare il genoma diversamente.
Cosa ci rende diversi dalle scimmie? Sottili cambiamenti di espressione dei geni coinvolti in processi di
sviluppo e nella specificazione delle interconnessioni all’interno del sistema nervoso.
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