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Ormai sono più di 50 anni che gli scienziati hanno iniziato a modificare gli organismi viventi

attraverso “l’ingegneria genetica”.


Infatti sfruttando le tecnologie del DNA ricombinante hanno prodotto beni e servizi,
ponendo le basi delle avanzate biotecnologie contemporanee.
Che per definizione è una branca della biologia riguardante «l'utilizzo di esseri viventi al
fine di ottenere beni o servizi utili al soddisfacimento dei bisogni della società», questa
abbraccia numerosi ambiti, dalla realizzazione in laboratorio di piante e animali
geneticamente modificati, fino ad arrivare alla realizzazione di nuovi farmaci.
Ad oggi le Biotecnologie si distinguono in tre grandi macroaree:
le green biotech (biotecnologie agroalimentari),
le red Biotech (biotecnologie medico-farmaceutiche) e
white biotech (biotecnologie ambientali ed industriali)

CLONAZIONE

L’ingegneria genetica consente manipolazioni che sono, sempre , oggetto di accese


discussioni perché riguardano il patrimonio genetico degli organismi viventi.
Occorre, quindi, informarsi per comprendere le differenze e l’utilità fra le tante
metodologie che sono state messe a punto negli ultimi anni,
tra queste ci sono la clonazione e il clonaggio del DNA.
Questi due termini vengono spesso confusi ma in realtà rappresentano due cose ben
distinte.
Per clonaggio, si intende il trasferimento o l’integrazione di un gene (animale o vegetale)
in un batterio
Questa tecnica è importante perché consente la produzione di nuovi farmaci e di piante
transgeniche alimentari.

La clonazione, invece è per definizione la produzione di organismi geneticamente identici.


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Ed è frutto dell’idea di Hans Spemann che nel 1938 ebbe un’intuizione a suo dire geniale.
Hans aveva ragione, era davvero geniale, la sua idea fu quella di scambiare il nucleo di
una cellula uovo con quello di una cellula somatica
Col fine di avere una cellula uovo fecondata che sviluppandosi sarebbe diventata un
adulto geneticamente identico a quello a cui era stato preso il nucleo.
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Per mancanza di materie prime, la concretizzazione di questa geniale idea si potè
effettuare soltanto 14 anni dopo, quando Thomas King e Robert Briggs ebbero modo di
prelevare il nucleo da un uovo di rana, oltretutto senza recare alcun tipo di danno alla
cellula.
La cosa che mi fa sorridere, è la semplicità con cui riuscirono a fare tutto ciò, ai due
scienziati bastò una semplice pipetta.
Ad ogni modo,
a questo punto presero il nucleo diploide proveniente dalla cellula embrionale di un’altra
rana e lo installarono nell’uovo.
Sarebbe illusorio pensare che tramite questo esperimento i due scienziati potessero
riuscire ad ottenere un nuovo individuo, ma neanche bisogna pensare che questo
esperimento sia stato banale.
la comunità scientifica constatò che la cellula col suo nuovo nucleo fosse in grado di
avanzare un processo di divisioni cellulare.
Citando le parole di altri: questo fu un piccolo passo per l’uomo ma un grande passo per
l’umanità, perché significava porre le basi della clonazione.
Dopo questo esperimento altri scienziati in tutto il mondo si interessarono a questo
argomento.
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Nel 1970 risale infatti l’esperimento di John Gurdon, che realizzò una prova simile a
quella di Thomas King e Robert Briggs.
Egli prese in esamine la rana africana: Xenopus laevis,
e con i raggi UV demolì il nucleo all’interno dell’uovo e lo sostituì con quello di una cellula
intestinale di girino.
Gurdon riuscì a fare quel passo avanti che King e Briggs non riuscirono a fare, infatti
l’uovo si sviluppò ed i due scienziati ottennero delle rane adulte perfettamente formate.
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Altro passo da giganti per l’intera comunità scientifica si ebbe nel 1986 quando Steen
Willadsen, ottenne d’apprima cinque pecore identiche attraverso un unico embrione
sfruttando la tecnica dell’’embryo splitting’, che realizza artificialmente ciò che avviene in
natura per i gemelli monozigoti.
Ma nello stesso anno dai suoi esperimenti nacque una pecora clonata usando il nucleo di
una cellula prelevata da un embrione in una fase precoce dello sviluppo.
A questo seguì uno degli esperimenti più noti,
infatti:
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Nel 1996 la clonazione finì sulla bocca di tutti grazie a “Dolly”, una pecora clonata da Ian
Wilmut,
Con il suo esperimento l’umanità si convinse che quello fosse il primo caso di clonazione,
in realtà sappiamo che non è così
ma dolly ha una valenza storica impressionante perché, in primis dimostrò che anche i
mammiferi potessero essere clonati ma soprattutto perchè il biologo britannico Ian Wilmut
fu in grado di clonarla sfruttando una cellula adulta e non embrionale.

Ad oggi la clonazione ha fatto grandi passi avanti,


sicuramente clonare un animale estinto resta ancora un’utopia ma per il momento va bene
così, c’è ancora tanta ignoranza e tanti dogmi da sfatare.
Prima di fare altri passi avanti bisogna prima sfondare delle barriere etico-morali,
infatti oggi oltre ad essere illegale ogni tipo di clonazione a fini commerciali, in molti stati
del mondo sono vietate le ricerche che approfondiscono questo tema.
Basti pensare che in europa è vietato fare esperimenti di clonazione per la carta dei diritti
fondamentali dell’unione europea.

CELLULE STAMINALI

Oltre alla clonazione riproduttiva esiste anche la clonazione terapeutica:


Nel 2021 organi e tessuti che hanno subito gravi danni possono essere sostituiti da altri
tessuti o organi prelevati direttamente da un organismo ospite.
Questo sistema ha però al suo interno delle forti limitazioni, infatti non basta trovare
l’organo o il tessuto in questione che già di per se non è facile, ma strettamente
necessario è che quest’ organo o tessuto sia compatibile con l’organismo dell’ospite.
In questo contesto le cellule staminali si presentano come la soluzione a questi problemi,
in grandi linee sono essenzialmente perfette, non hanno limitazioni quantitative perché
possono riprodursi all’infinito, non hanno limitazioni di scopo dato che possono essere
sfruttate per qualsiasi tipo di tessuto.
Queste cellule sono uno degli aspetti più interessanti dell’attualità, sia per la loro valenza
scientifica sia per i temi etici che tocca, molti sono i pareri contrastanti, ma per poterne
parlare bisogna conoscere quindi:
Iniziamo dapprima a capire cosa sono le cellule staminali.
Le cellule staminali vanno viste come delle cellule "madri", di cui non è ancora definita la
funzione all’interno dell’organismo, finché non interviene uno stimolo che le porta a
diventare cellule specializzate in organi o tessuti.
In base alla tipologia di cellule che riescono a “diventare” si dividono in 4 grandi gruppi:
LE STAMINALI TOTIPOTENTI sono presenti solo nelle prime divisioni delle cellule
embrionali e sono capaci di formare un organismo.
LE STAMINALI UNIPOTENTI che hanno la limitazione di poter generare un unico tipo di
cellula.
LE STAMINALI MULTIPOTENTI che rispondono agli ormoni differenziandosi in pochi tipi
di cellule.
Tra queste troviamo le cellule staminali somatiche o SSC che sta per Somatic Stem Cells
queste sono particolarmente abbondanti negli epiteli di rivestimento e hanno la peculiarità
di trovarsi in un organismo adulto,
il che significa che prelevarle non compromette in alcun modo la salute dell’individuo ma
dall’altra hanno un effetto negativo: una capacità di sviluppo bassa a differenza delle:
LE STAMINALI PLURIPOTENTI
non sono in grado di produrre un intero organismo, ma riescono a differenziarsi in tutti i
possibili tipi cellule.
Tra queste troviamo le cellule staminali embrionali o ESC che sta per Embryonic Stem
Cells,
questo particolare tipo di cellule staminali si preleva dall’embrione nella fase di blastocisti,
ora, cosa significa blastocisti?
questa parola sta infatti ad esprimere un embrione che è nel suo ultimo stadio di sviluppo.
Per ottenere una linea di queste cellule staminali è necessario distruggere una di
blasteocisti, per tal motivo questa pratica ha sollevato non pochi dibattiti.
Perché se l’impiego di cellule staminali adulte non provoca alcun tipo di scompiglio,
le cellule staminali embrionali rischiano di valicare il limite dei principi etici che per molti la
scienza non dovrebbe oltrepassare.
Le opinioni pubbliche si dividono in due, da una parte coloro che credono che lo studio di
queste cellule staminali sia fondamentale per la cura di malattie come il Parkinson o
l’Alzhaimer e dall’altra parte, come ho già detto, coloro che vedono la distruzione
dell’embrione come un cessare di una vita umana.

Un notevole appunto bisogna fare sulle cellule staminali pluripotenti indotte,


la loro scoperta è recentissima, risale al 2006 quando un gruppo di ricercatori giapponesi,
tra cui: Shinia Yamanaka.
Scoprì che i fibroblasti differenziati nei topi potessero essere riutilizzati come cellule
staminali pluripotenti indotte, dette IPSC.
Nel 2007 lo stesso team è riuscito ad ottenere delle IPSC umane, ponendo così le basi per
la medicina rigenerativa,
ma inutile dire che nella società odierna questo argomento desta polveroni.

Una volta illustrate tutte le tipologie di cellule staminali bisogna porsi una domanda, penso
sia ovvia l’importanza di questi studi e penso sia chiara la necessità di finanziarli, ma su
quale di queste tipologie di cellule staminali è meglio investire?
A mio modo di vedere non siamo ancora in grado di poter decifrare quale tra queste abbia
un potenziale maggiore e quindi nessuno di questi progetti deve essere abbandonato,
anche perché è possibile che ognuna un giorno possa avere un ruolo di spicco per un
determinato intervento.

La dimostrazione più eclatante è forse quella che si presenta come una delle ricerche più
interessanti degli ultimi anni ed è quella che permette la rigenerazione della cornea
attraverso le cellule staminali autologhe.
Autologhe significa: che vengono prese dal paziente stesso, infatti queste si trovano nel
limbus, una piccola porzione di occhio che si trova tra la congiuntiva e la cornea.

Questa scoperta si presenta come il primo farmaco cellulare brevettato in Europa, è


interessantissima perché attraverso una piccola porzione di limbus è possibile formare un
epitelio che se adagiato su un supporto proteico di fibrina e posato sull’occhio del paziente
risolve il danno provocato da, non so:
ustioni o lesioni chimiche, rendendo il problema facilmente risolvibile,
senza rendercene conto siamo agli arbori di una nuova era, un’era in cui le cellule
staminali saranno in grado di riparare gravi danni ai tessuti, siamo agli arbori dei farmaci
cellulari.

VIDEO

Il video a cui ho preso visione è stato prodotto da Ted talks, una serie di conferenze
gestite da un’organizzazione no-profit.
A parlare è Carla Portulano che ha illustrato magistralmente il processo di CRISPR-Cas, il
kit “taglia e cuci” per modificare il genoma.

CRISPR-Cas è una nuova tecnologia per modificare il DNA, una tecnologia: semplice
veloce ed economica.
Carla Portulano continua dicendo che questo funziona come un Kit taglia e cuci per
riscrivere il DNA.
Protagonista della CRISPR-CAS è la Cas 9, una proteina capace di tagliare il DNA con la
stessa facilità con cui una forbice taglia un foglio di carta, ma una forbice deve sapere
dove tagliare, e il cas 9 deve trovare il pezzo giusto di DNA,
il modo in cui lo fa consiste nelle differenze rispetto alle tecnologie precedenti, ci riesce un
RNA guida.
Una volta riconosciuto, Cas 9 srotola da doppia elica del dna e lo taglia.

Ora, per cambiare la sequenza del DNA da tagliare dovremmo soltanto cambiare la
sequenza del DNA guida .
Ciò è sia facile che economico.
Una cosa che mi ha fatto ridere è che Carla dice che il costo per un’operazione di euro
costa meno di 10 euro.

Una situazione del genere è interessantissima in campo medico perché sfruttando un così
detto DNA toppa (ovvero un
Fornito dall’esterno, che nel mezzo ha una sequenza di DNA progettata dall’uomo, (es.è la
sequenza di un gene sano messa al posto di un gene malato)
In questo modo praticamente abbiamo riscritto il DNA.
In tutto il mondo questa cosa è molto interessante, stanno cercando di perfezionarlo, ci
sono ancora alcuni problemi, il kit in qualche modo deve entrare nella cellula, e sarebbe
bello farlo entrare in solo alcune cellule dell’organismo.
Questo passaggio detto delivery, è necessario, uno dei massimi scienziati è Luigi Naldini,
un italiano, il suo team ha avuto l’intuizione di prendere il virus dell’HIV, svuotarlo del suo
potenziale patogeno e l’hanno riempito del materiale genico che serve per curare malattie
ereditarie, avendo un successo incredibile.

Quindi l’idea potrebbe essere quella di riempire il virus dell’HIV con il nostro kit e risolvere
il problema.

Come ogni cosa che tocca questo ambito, l’opinione pubblica è preoccupata, perché
modificando l’embrione non si modifica soltanto l’individuo dell’embrione ma è una
modifica che si ripercuote anche sulla progenie.
Crisper cas è efficiente ma non è impossibile e un errore potrebbe portare una mutazione
genetica?
Carla a questo punto si chiede, dovremmo lasciare tutto?
Per lei no, per molte persone nel mondo “crips per cas”può essere una salvezza, bisogna
pesare i benefici e i rischi e in questo caso forse i benefici sono di più dei rischi.

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