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Citologia ed Istologia 1:

Come iniziare a studiare la cellula:

La citologia è la branca della biologia che studia la cellula, ma volendo una definizione più precisa,
dobbiamo risalire alla Teoria Cellulare redatta nel 1839, la quale la possiamo vedere come un aggregato di
altre cellule, le quali si associano ulteriore per formare i tessuti, che a loro volta danno vita agli organi, i
quali cooperano alla formazione di un sistema. Se volessimo ripercorrere questa scala al contrario ci
renderemmo conto che non si può prescindere dalla conoscenza degli elementi più basilari. Lo studio della
cellula è fondamentale in tantissime branche della scienza e pratiche. (Così è stato individuato responsabile
del covid)

Qualsiasi farmaco, che sia umano o veterinario, deve essere prima alienato, ovvero il primo step
fondamentale è sempre lo studio della cellula per rilevare se fa bene o meno prima di passare allo studio
clinico. Tutto ciò che riguarda lo studio dei tumori. Infine, gli studi di biocompatibilità, ovvero la così detta
medicina rigenerativa il cui scopo è andare ad intervenire su determinate lesioni, andando a ricreare in
vitro tendini, legamenti e le fratture ossee più complicate; ciò è reso possibile grazie alle cellule, che
verranno posizionati su dei supporti* che portano alla restituzione. Se questo supporto, dunque, non è
adatto a supportare la vita, da cui il nome, essa è totalmente inutile. Perciò deve essere volta a migliorare le
condizioni iniziali.

Tutto si sposta sulle colture cellulari, le quali sono mantenuti in degli ambienti favorevoli*, la quale ha
avuto tutta una discendenza di persone che si sono dedicate alla sua realizzazione. Nel 1940 per la prima
volta i fibroblasti e i * sono stati mantenuti in coltura e fu un ottimo punto di partenza.

Le colture cellulari hanno sia vantaggi e svantaggi: sono dei sistemi molto semplici; possiamo testare
qualsiasi cosa (sostanza) e si ha la certezza che il nostro esperimento è riproducibile questo perché si ha un
ottimo controllo su quelle che sono le condizioni di coltura, ovvero la poniamo nelle condizioni che
stabiliamo, il quale dovrebbe rimanere costante come l’operatore e così come le sostanze alimentari,
ovvero nutrimento e quelle da testare. E’ infatti possibile estrarre il Dna, le proteine, l’Rna, ovvero uno
stretto controllo molecolare su ciò che sta accadendo nella nostra coltura. Ad oggi si hanno tantissime
colture cellulari disponibili, ognuna di queste linee ha poi il suo mezzo e determinate caratteristiche,
fabbisogni e si ha un basso costo, a livello economico, soprattutto per il mantenimento. Abbiamo però
anche innumerevoli svantaggi: infatti noi stiamo parlando di organismi, i quali sono composti da
innumerevoli cellule, le quali hanno tutte una serie di interazioni che non si riesce a replicare in tot quando
andiamo a fare una singola coltura cellulare e dunque non è detto che il risultato che si ottiene nella coltura
sia poi riproducibile e veritiero di quello che accade nell’organismo. Ritornando al discorso farmacologico,
mettiamo ad esempio che dei chimici che mettono a punto 10mila sostanza, di queste che vengono testate
sulle cellule ne passano un centinaio con dei risultati promettenti, andando poi però sulla cavia questo
numero scende drasticamente e saranno due o tre proprio perché c’è questa discrepanza tra ciò che è
l’organismo in toto e quello che è una coltura cellulare. Ci sono dunque delle possibili interferenze.

Abbiamo diversi tipi di colture: le colture primarie, da cui poi hanno origine delle colture secondarie e poi
delle colture continue. Le prime si parte dal tessuto di origine tramite i meccanismi di dissociazione del
tessuto di origine che può essere meccanica o enzimatica. Meccanica uno prende il tessuto e cerca di
distruggerlo rendendolo un omogenato e ciò può essere effettuato anche con delle strumentazioni
apposite, ovvero l’omogeneizzatore oppure si può utilizzare la dissociazione enzimatica; alcuni enzimi,
quelli litici; infatti, vanno a rompere i legami e tengono insieme le cellule tra loro e le cellule sui supporti su
cui vivono per quanto riguarda quelle dei tessuti soldi, quindi la matrice extra cellulare. In questo modo
viene spezzettato il tessuto di origine e si ottiene quella che è una coltura primaria; essa ha tutte le cellule
del tessuto di origine, ma se noi vogliamo andare a studiare determinate cellule, ovvero vogliamo ottenere
una linea pura, tramite una selezione si ha una sub-coltura o coltura secondaria e avremo un solo tipo
cellulare. Così sembrerebbero risolti tutti i problemi, ma in realtà ora c’è il problema maggiore, ovvero la
senescenza: le cellule che sono isolate dai tessuti animali e non sono tratte, possono compiere un numero
finito di divisioni cellulari in vitro e quindi successivamente o non si moltiplicano più o cambiano proprio i
tratti fenotipici più importanti e addirittura muoiono in coltura. Per avere una linea costante, immortale si
fa riferimento alle colture continue. Esse hanno di particolare che effettuano subito una trasformazione,
ovvero le rende immortali, infatti si parla di cellule immortalizzate, e questa trasformazione va ad annullare
i meccanismi che portano alla senescenza. Questo è tipico di alcune cellule tumorali, ma questa
trasformazione può essere indotta anche a cellule non tumorali, prelevate da tessuti sani. Così come ci sono
dei pro e contro delle colture cellulari, anche in questi casi abbiamo svantaggi e vantaggi delle colture
primarie e delle colture immortalizzate. Prima di tutto le colture primarie hanno un limitato numero di cicli
cellulari, noi siamo responsabili di propagare queste cellule, ma ogni volta che le cellule si mettono su un
supporto, inizieranno a moltiplicarsi, perché le colture primarie, se vediamo, hanno bisogno dello spazio.

Esiste infatti il meccanismo dell’inibizione da contatto: ovvero le cellule, più o meno, anche a seconda del
tipo di cellula, essa appena sente o il substrato o la cellula vicina smette di crescere perché è quello che
farebbe normalmente nel tessuto, cosa che però purtroppo non avviene nei tessuti tumorali: (immagine:
tumore molto invasivo del sistema nervoso centrale, nucleoblastoma) è quello che viene definito
‘’Sferoide’, cioè quello che succede quando si mettono in coltura delle cellule tumorali che danno vita a
queste masse. Messe a confronto infatti sono visibili le differenze. Le qualità principali delle colture
primarie: c’è una forte probabilità che la cellula che stiamo studiando sia una cellula molto simile a quello
che avremo in un organismo intero. Studi di farmacologia, veterinari etc. sarebbero da preferire le colture
primarie, solo che poiché c’è questo limitato numero di cicli cellulari e della senescenza, si deve ricorrere
costantemente a prelievi da animali o pazienti in generale e sottoporre queste cellule a coltura richiede
condizioni molto più delicate, poiché le cellule diventano più sensibili, ovvero hanno dei fabbisogni
energetici molto più definiti e ristretti e anche costanti e hanno una maggiore variabilità, cioè se vado a fare
continui prelievi e un tessuto, come ad esempio il cordone ombelicale, io lo posso prelevare una sola volta
dal paziente,e quindi la volta successiva dovrò prelevarlo da un altro paziente, dunque cambiando il
soggetto, ci sarà questa variabilità che dipende dal donatore di origine. Pertanto, immaginiamo che non
sappiamo che un donatore ha un determinata patologia, una particolare sindrome, i risultati che otteniamo
sono sfalsati proprio perché derivano da questa variabilità. Per quanto riguarda invece le colture
immortalizzate sono molto più soddisfacenti, poiché anche una gestione meno attenta permette di portare
avanti dei risultati ottimali. Le colture primarie sono invece un po' più problematiche e quindi per tale
ragione sono molto più pratiche le seconde. Il problema delle colture immortalizzate è che possono
acquisire caratteristiche diverse da quelle di origine; infatti, le cellule vanno incontro ad un sacco di divisioni
cellulari e si ha ad ognuna di queste divisioni la replicazione del materiale genetico e quello che può
accadere in queste replicazioni è il verificarsi di mutazioni che in un modo o nell’altro si riesce a risalire,
riparare a questa mutazione, ma con il progredire dei cicli, accade che qualcuna venga ‘’fissata’’, quindi ci
saranno queste mutazioni che possono avere degli effetti deleteri andando a cambiare proprio, non sono la
struttura della cellula, ma proprio tutto quello che è il comportamento. Ad esempio, se una mutazione
interessa un enzima mitocondriale, varia la sua attività o la sua espressione. Questo è uno dei motivi per cui
quello che andiamo a studiare sulle cellule, molte volte andando a vedere poi nell’organismo in toto, si ha
qualche probelma, poiché le cellule si sono distaccate molto da quella che è la cellula originaria: ad esempio
se andiamo a testare un farmaco su delle cellule tumorali e su queste funziona, passando alle cellule di
origine, si scopre che non avviene anche lì la stessa cosa. Sono disponibili commercialmente. Per ogni tipo
di tumore vi è una linea cellulare, ma anche per numerose linee non neoplastiche, le condizioni di colture
più semplici non hanno troppe esigenze dal punto di vista nutrizionale e una ridotta inibizione da contatto.
Naturalmente, la variabilità è ridotta, poiché il background genetico iniziale è quasi tutto dello stesso
donatore. La prima cellula ad essere utilizzata, linea cellulare tumorale è stato un carcinoma ovarico che è
stato prelavato da questa donna che ha dato vita a queste cellule, ovvero le Hela, ovvero le iniziali di nome
e cognome; di fatto è stato stimato che adesso tra i vari laboratori del modo di queste Hela ce ne sono
migliaia di tonnellate per quante volte sono state espanse e propagate e quindi noi abbiamo la certezza che
il donatore sia sempre lo stesso e quindi la variabilità, almeno iniziale, è ridotta.

Esistono cellule aderenti ovvero cellule di origine nervosa, epiteliale e mesenchimali che vivono
normalmente sul tessuto di origine, adese a dei substrati che possono essere o a contatto tra le varie cellule
oppure una matrice extracellulare, la lamina basale di un epitelio etc. Quindi, dobbiamo fornire un
substrato e mano a mano dovremo andare, c’è quello base, è plastica trattata o delle capsule petri, ma in
alcuni casi particolari dovrà essere pre-reiterata con alcune sostanze che mimano la matrice extracellulare;
l’esempio è quello delle cellule endoteliali che vanno a formare i vasi sanguigni che non si sviluppano su
questi supporti, ma solo se a questi ultimi aggiunge un sottile strato di collagene che fa capire in qualche
modo con delle interazioni a questi recettori della matrice che si ha l’approvazione per svilupparsi poiché
sono nel luogo di destinazione. In contrapposizione a queste che sono le cellule aderenti, ci sono le cellule
di sospensione, ovvero quelle di natura ematologica ad esempio: ovviamente il contenitore è diverso, sono
delle ‘’flask’’, in cui c’è una bacchetta che termina con una sorta di elica che gira e creando un flusso nel
liquido e queste cellule che sono abituate a vivere in flusso, proliferano bene.

Abbiamo bisogno di una struttura che mantenga la cellula in determinate condizioni che è un
‘’incubatore’’*, una struttura che ci permette di lavorare con queste cellule è la cappa a flusso laminare,
una centrifuga per i vari passaggi che dovremo effettuare con le cellule e un microscopio, poiché dovremmo
vedere quello che succede, dovremmo seguirlo.

Una caratteristica fondamentale delle cellule, tutto quello che ha a che fare con le cellule, deve essere
sterile perché si ha una tendenza ad andare incontro a contaminazioni di vario tipo quali virus, funghi,
batteri e non appena avviene la contaminazione, a parte che questa si propaga anche ad altre linee cellulari
all’interno dell’incubatore e pertanto tutto quello che è l’esperimento, tutto quello che è stato osservato
fino a quel momento, non avrebbe avuto senso oltre ad aver buttato una linea cellulare che può costare
anche migliaia di euro e quindi è necessario il più possibile lavorare in sterilità. Lavorare in sterilità vuol
dire, che tutto quello che ha a che fare con la cellula deve essere sterile e tutte le operazioni che si faranno
con le cellule dovranno essere fatte sotto una struttura che è una cappa a flusso laminare, ovvero significa
che si ha un flusso continuo di aria, in modo che l’aria esterna che è vettore di contaminanti venga ripresa
immediatamente: c’è questa griglia, c’è questo ventilatore, c’è questa aspirazione d’aria che non tocca il
piano di lavoro dove abbiamo le cellule, l’aria viene portata indietro, viene filtrata da quelle che noi siamo
abituati a conoscere, i filtri eva,poiché sono situati ovunque nei treni, negli aerei e viene ributtata sul nostro
campione e quindi noi abbiamo la certezza che quasi tutta l’aria che arriva sulla cellula sia sterile, perché
appunto è stata sterilizzata attraverso questi filtri che hanno una maglia molto fitta e che di fatti bloccano
quelli che possono essere eventuali batteri, ma anche spore di funghi e microplasmi. Queste cellule per
sopravvivere hanno bisogno che ci siano delle condizioni ambientali definite e poiché provengono da un
micro organismo vivente, il ph, la temperatura, non può essere diversa da quella in cui vive normalmente.
Nell’incubatore quindi la temperatura deve essere di circa 36-37, se sono quelle umane o anche di topo,
poiché temperature più alte distruggono tutto, temperature più basse vanno invece incontro ad un
rallentamento della crescita, questo ogni volta che non si rispettano le condizioni normali di temperatura. Il
ph deve essere neutro o al massimo leggermente basico, quindi 7,2-7,4; una cosa molto importante è la
pressione parziale di CO2; infatti le cellule del nostro corpo non sono mai a contatto con l’ossigeno, poiché
quest’ultimo è tossico, a meno che non si tratti di cellule epiteliali, di rivestimento, poiché aumenta la
produzione di radicali liberi che determinano una serie di danni cellulari molto consistenti. Quindi,
l’ossigeno deve essere tenuto molto basso all’interno del nostro incubatore e deve essere tenuta alta al
contrario la pressione parziale di CO2 che deve essere superiore al 95%, anche perché la CO2 agisce come
un sistema tampone e quindi evita forti variazioni di PH nel nostro mezzo. Il substrato cambia a seconda
della richiesta della cellula; queste sono le condizioni chimico fisico, ambientali, ma per quanto riguarda le
sostanze nutritive, c’è necessità che, le cellule non potendo, essendo isolate dai tessuti di origine da cui
trarrebbero le sostanza di origine, ovvero di apporto di sangue e metaboliti, necessitano di supporto trofico
da parte nostra: in particolare, gli zuccheri che sono la prima fonte energetica per una cellula, gli
amminoacidi per generare tutte le proteine e per poter proseguire il ciclo cellulare; vitamine e gli ioni li
mettiamo insieme, poiché sono degli importanti cofattori degli enzimi, che sappiamo essere coinvolti in
tantissimi processi. (es il Ca per la contrazione muscolare etc.) Gli ormoni perché sono importanti,
stimolanti di alcuni processi che avvengono nella cellula e alcuni fattori di crescita che sono fondamentali
per progredire con la crescita e il ciclo cellulare.

Ipotizziamo che sia andato tutto bene e dobbiamo allestire il nostro esperimento: collezioniamo le cellule
che abbiamo fatto crescere e immaginiamo che dobbiamo andare a testare 10 sostanze e dovremmo
metterle in un numero definito, separate le une dalle altre: ipotizziamo di avere 10mila cellule in ogni
pozzetto in cui andremo a fare il nostro test. Per sapere la quantità, bisogna contare le cellule e quindi o si
ha la fortuna di essere in un laboratorio abbastanza ricco, e quindi si mette la sospensione cellulare, si
staccano le cellule e con un macchinario da 40mila euro effettua per noi questo lavoro, ma nonostante i
vantaggi a livello di tempistiche e fatica, se si prova a contare anche da sé quelle cellule, il risultato non sarà
mai lo stesso. L’inizio è la camera di Neubauer che è anche simile a quella di Bucher, per la conta del
sangue: in questa camera c’è un quadrato più grande con tutte delle righe in rilievo; ciascuna riga o doppia
riga delimita un quadrato più piccolo. E immaginando di dover mettere una parte di una sospensione
cellulare (10 micro litri), le cellule per capillarità vanno ad invadere tutti questi quadrati e quindi si andrà a
contare le cellule di ognuno, per i quattro quadrati, e andando a fare una comparazione, la quantità non a
caso, perché se noi sospendiamo le cellule in 1ml, è un decimillesimo e dunque tramite questo fattore di
conversione e facendo la media del numero di quadratini contati, avremo il numero delle cellule o meglio la
concentrazione che noi abbiamo in quel ml di sospensione cellulare; da qui ci faremo i calcoli e andremo a
distribuire poi in ciascun pozzetto e a fare determinate analisi. Abbiamo fatto questa conta, ma non
abbiamo la certezza che tutte le cellule che abbiamo siano vive e dobbiamo andarlo a valutarlo e questa
valutazione si fa attraverso un saggio di vitalità cellulare. Per distinguere se una cellula è vitale o meno
dobbiamo avvalerci di alcune sostanze che hanno proprietà particolari, come ad esempio il Trypan Blue;
questa sostanza non riesce a penetrare in una cellula che è viva, poiché una cellula viva ha una membrana e
tutta una altra serie di strutture che impediscono il passaggio di questo colorante. Pertanto, quando
andremo a fare questa conta e le cellule saranno più dentro (effettuata al microscopio) direttamente alla
luce vediamo che le cellule vive saranno trasparenti, mentre le cellule morte che non hanno più l’integrità
della membrana, fanno passare il trypan blue e risulteranno blu. Andiamo a fare il nostro esperimento e
andiamo a testare una sostanza, *la quale immaginiamo possa determinare o meno la morte che ci
auguriamo possa essere tossica*. (Una volta individuate le cellule morte non avendo altro modo per
separarle, non c’è modo per distinguerle con una centrifuga normale da laboratorio; pertanto, sapendo che
il 90% di cellule sono vive e pertanto ne vado a prelevare la quantità complementare rimanente.)

Visto quante cellule sono vitali, abbiamo fatto il nostro esperimento, ipotizziamo di avere una sostanza che
dovrebbe uccidere le cellule tumorali, abbiamo questi 10 pozzetti di cellule tumorali e diverse
concentrazioni di questa sostanza, per vedere se questa sostanza ha funzionato oppure si è rivelata tossica
a quale concentrazione per la cellula, usiamo di nuovo un saggio di vitalità, ma diverso da quello di prima,
ovvero questo è ‘’indiretto’’ perché andiamo ad utilizzare il cosiddetto MTT test, in cui non si vede in
maniera chiara la capacità di una cellula di far entrare o meo dei coloranti ma si sfrutta questa sostanza,
ovvero la MTT, che penetra comunque nelle cellule e va a finire nei mitocondri, i quali quasi tutti quelli
delle cellule possiedono l’enzima succinato deidrogenasi che agisce su questo MTT, che di fatto è un sale e
crea un precipitato giallo. A questa punto si solubilizza questo precipitato usando dei solventi organici e si
forma una colorazione viola, ovviamente ciò significa che più una cellula era viva e più i suoi enzimi
funzionavano, i suoi mitocondri godevano di ottima salute e più si sviluppa una colorazione viola. Andando
a mettere questa piastra in un vettore che si chiama spettrofotometro che va a vedere le qualità della luce
del liquido che va ad analizzare, restituisce dei colori che sono direttamente proporzionali alla vitalità
cellulare, ovvero quante cellule sono vive.

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