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Basi biologiche Professore: Federico Gulluni

lezione n.11 Matteo


Quattrocchio
Chiara Raciti
08/11/2022
LA CELLULA
Con oggi iniziamo la parte riguardante biologia cellulare. La lezione di oggi sarà una lezione
introduttiva alla cellula, le sue strutture e le funzioni che svolge. Successivamente andremo
ad approfondire sempre di più tutti i suoi aspetti.

La teoria cellulare
La cellula rappresenta la più piccola unità capace di svolgere tutte le funzioni. Sono in grado
di dividersi e di replicarsi. Il fatto che la cellula riesca ad adempiere a tutte le sue funzioni
permette di mantenere l’omeostasi. Ciò contribuisce inoltre all’adattamento delle proprie
caratteristiche rispetto a quelle che sono le condizioni esterne.

Dimensioni cellulari

La cellula ha un problema di tipo dimensionale poiché, se andiamo ad osservare una scala


delle dimensioni delle varie cellule che possiamo individuare (escludendo le uova),
ritroviamo che la cellula più grande di tutte è l’ovocita umano con una dimensione di 100
micrometri. Questo ci da indicazioni sul fatto che le dimensioni cellulari siano al di fuori della
portata di risoluzione dell’occhio umano. Di conseguenza, avremo bisogno di microscopi
ottici o elettronici per osservare questo tipo di strutture a seconda del grado di risoluzione di
cui avremo bisogno. A parte l’ovocita umano che è la cellula osservabile più grande, la
maggior parte delle dimensioni delle cellule eucariotiche e procariotiche si collocano tra i 10
e i 50 micrometri. I batteri sono ancora più piccoli, sull’ordine di un solo micrometro.
Scendendo ancora più giù sorpassiamo l’intervallo di risoluzione del microscopio ottico

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entrando in quello del microscopio elettronico, con cui possiamo invece osservare i virus,
sull’unità di misura dei nanometri. Scendendo
ancora, iniziano ad essere osservabili le singole
componenti cellule , come i lipidi (sull’ordine dei
50 nanometri), e molecole ancora più piccole
come le proteine immerse nel citoplasma
(sull’ordine del nanometro). La maggior parte di
tutti gli organelli, che sono dell'ordine del
micrometro, sono visibili soltanto tramite il
microscopio elettronico. Si rende necessario
quindi l’utilizzo di un microscopio in quanto
risulta impensabile un’osservazione diretta a
occhio nudo.
Perché le cellule non possono avere dimensioni
più ampie?
Esiste un limite caratterizzato dal rapporto tra il
volume della cellula e la sua superficie di
scambio. Se immaginiamo una cellula cubica di
lato quattro centimetri, vedremo che il suo
volume sarà di 64 centimetri cubi mentre la sua
superficie sarà di 96 centimetri quadrati. Quindi il rapporto tra superficie e volume in questo
caso sarebbe di 1,5. Però, se immaginiamo di scindere questa cellula cubica in otto cellule,
quindi otto cubi di lato 2 centimetri, il volume rimarrà invariato (64 centimetri cubi) ma la
superficie raddoppierà (192 centimetri quadrati) con un rapporto tra volume e superficie di
3 a 1. Se dividiamo ancora il cubo in tanti piccoli cubetti quante sono le cellule del nostro
organismo, il volume continuerà ad essere sempre lo stesso ma la superficie diventerà
estremamente ampia. Quindi, man mano che il volume viene sempre più diviso in unità
sempre più piccole, la superficie va ad aumentare a scapito del rapporto volume e superficie
che diminuirà sempre di più. Per cui, cellule più piccole avranno un rapporto superficie su
volume estremamente elevato.

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Questo è stato importante principalmente per due fattori:
● In questo modo le cellule piccole hanno più superficie per scambiare sostanze
nutritive o di rifiuto.
● I movimenti a livello intracellulare sono molto più brevi. Impieghiamo più tempo a
coprire una distanza di un cubo di lato quattro centimetri rispetto ad un altro di lato
due centimetri.
Per queste ragioni, le capacità di reazione di una cellula agli stimoli ambientali saranno
molto più rapide sia per una superficie esterna molto estesa sia per le capacità di
movimento.
Se immaginiamo questo cubo come una struttura del nostro organismo, possiamo
immaginare di prendere una sezione del nostro dito, possiamo rilevare quanto detto prima,
ovvero un pezzo di tessuto suddiviso in tante piccole cellule. In questo modo le cellule
epiteliali prese in considerazione avranno un’ampia superficie di scambio, le molecole
saranno in grado di muoversi rapidamente per le distanze ridotte che devono coprire e le
cellule saranno in grado di interagire l’una con l’altra coordinandosi e mantenendo
l’omeostasi. Le cellule saranno in contatto tra di loro tramite strutture cellulari come gli
emidesmosomi, strutture proteiche che vanno a compattare le matrici extracellulari
mantenendo le cellule adese a questa struttura. Oppure potremmo avere delle giunzioni
come i desmosomi, strutture che garantiscono l’adesione delle cellule in questione e
mantengono lo scambio di informazioni. Pertanto un tessuto costituito da tante piccole
cellule in comunicazione tra loro può comportarsi come un’unica entità grazie allo scambio
di informazioni tra cellule adiacenti.

Microscopio ottico
Il microscopio ottico ha un limite di risoluzione di
200 micrometri circa. Questo limite è dato dalla
lunghezza d’onda utilizzata, la quale si colloca
sull’ordine di un centinaio di nanometri. Fanno

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eccezioni delle particolari microscopie che combinano diverse tipologie di informazioni
permettendo di ottenere una risoluzione parzialmente maggiore. Il microscopio ottico è
costituito da una fonte luminosa che viene mandata su uno specchio che proietta un fascio
di luce attraverso un condensatore, il quale catalizza la radiazione luminosa su un campione
che si trova su un vetrino. Quindi la luce passa attraverso il campione, viene ricevuta da un
obiettivo, il quale effettua un primo ingrandimento. Il secondo ingrandimento viene
dall’oculare. In questo modo l’ingrandimento totale che avremo sarà il prodotto di queste
due primi ingrandimenti.
Il microscopio ottico permette di osservare delle cellule eucariotiche in piastra. Infatti
riusciamo a identificarle interamente e ritrovare le strutture che la caratterizzano come il
nucleo. Non ci permette di individuare strutture estremamente piccole come quelle
proteiche oppure piccoli organelli. Attraverso il microscopio ottico, possiamo avere uno
sguardo d’insieme della cellula e sulla morfologia di alcune delle sue componenti. Le cellule
eucariotiche (10-100 micrometri) sono più grandi di quelle procariotiche (1-10 micrometri).
Quindi, nelle cellule eucariotiche siamo in grado di rilevare diverse strutture come il nucleo
ma in quelle procariotiche possiamo individuare soltanto la loro morfologia e non le singole
componenti al proprio interno. Per esempio nel monocita (eucariotico), distinguiamo
soltanto il nucleo ma non riusciamo ad individuare le componenti al suo interno.

La necessità dell’utilizzo dei coloranti


Le cellule al microscopio appaiono colorate ma in realtà sono traslucide. Abbiamo necessità
di colorarle per identificare le diverse strutture. Alcune delle colorazioni più utilizzate sono
l’ematossilina e l’eosina.
● L’ematossilina (violetto) permette di colorare le componenti cariche negativamente
come il DNA, in questo modo possiamo andare ad identificare il nucleo colorato in
viola
● L’eosina (rosa) marca le componenti cariche positivamente, andando a rilevare tutte
le proteine citoplasmatiche cariche positivamente, il
citoplasma stesso e i mitocondri. Per esempio, nel rene, è
possibile individuare attorno al nucleo le strutture granulari
come i numerosi mitocondri carichi positivamente. Essi
appariranno di un colore rosato
Un’altra tipologia di colorazione per individuare le diverse strutture
cellulari prevede l’utilizzo di sonde fluorescenti. In questo caso si
utilizzano delle molecole in grado di assorbire un fotone e di passare
quindi da uno stato basale ad uno eccitato. Nella transizione
successiva da stato eccitato a strato basale, queste molecole
emetteranno un ulteriore fotone con una lunghezza d’onda
superiore. Se osserviamo ad esempio l’immagine qui riportata e
osserviamo una molecola come il DAPI, in grado di essere eccitata da
un fotone dotato di una lunghezza d’onda nell’ordine 350 nanometri,

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assorbirà questa radiazione e ne emetterà un’altra nell’ordine di 460 nanometri. Questa
molecola sarà quindi in grado di marcare il DNA. In questo caso, la cellula rilevata
nell’immagine si trova in metafase ed è possibile individuare tutti i cromosomi allineati. Allo
stesso modo, sarà possibile marcare altre strutture della cellula utilizzando più sonde
fluorescenti in contemporanea. Per esempio una molecola GFP, colorante verde eccitabile a
480 nanometri e emettente fotoni di lunghezza d’onda oltre i 500 nanometri. Così saremo in
grado, nello stesso campione, di discriminare diverse lunghezze d’onda che andranno ad
identificare diverse strutture cellulari: una lunghezza d’onda di 460 nanometri che sarà il
DAPI e marcherà il DNA, una lunghezza d’onda di circa 510 nanometri che sarà il GFP e
marcherà i microtubuli e una lunghezza di oltre i 660 nanometri che marcherà i cinetocore.
Per cui, attraverso l’utilizzo di sonde fluorescenti, siamo in grado di identificare più strutture
intracellulari contemporaneamente.

GFP
L’utilizzo di sonde fluorescenti è valso il nobel a scienziati come Roger Tsien, Osamu
Shimomura e Martin Chalfie, i quali hanno compreso il potenziale nella molecola di GFP. Essa
è una molecola fluorescente naturale che si trova sostanzialmente in molti organismi
acquatici e grazie a ciò hanno capito che poteva essere altamente importante nel campo
della ricerca cellulare: infatti, se fusa insieme ad una proteina d’interesse, è possibile andare
a determinare la localizzazione dei diversi distretti intracellulari e distinguere le determinate
funzioni sulla base della loro posizione. Per fare tutto ciò, si crea un plasmide di fusione tra
la proteina d’interesse e la molecola di GFP. La cellula, a questo punto, esprimerà la proteina
di interesse con il GFP, utilizzeremo il microscopio a fluorescenza e saremo in grado di
determinare la posizione della proteina e la GFP nella cellula.
Dalla GFP, tramite delle mutazioni sulla molecola stessa, originano numerose varianti che
ricoprono tutto lo spettro del colore.

Immunocitochimica indiretta
Essa è un’altra tecnica per visualizzare al meglio le diverse locazioni cellulari. In questo caso,
non viene utilizzata una molecola fluorescente ma degli anticorpi che ci permettono di

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rilevare la localizzazione della proteina d’interesse nella cellula. Prevede la fissazione della
cellula su una piastra o un vetrino e l’utilizzo di un anticorpo primario che viene ricavato da
animali come i topi e i conigli immunizzando l’animale con l’antigene che si vuole studiare.
L’anticorpo in questione si legherà all’antigene immobilizzato sulle cellule fissate e
successivamente verrà a sua volta riconosciuto da degli anticorpi secondari, i quali essendo
coniugati a proteine fluorescenti o a degli enzimi (come la perossidasi, in questo caso il
colore marcatore sarà un marroncino), individuerà il distretto cellulare la molecola
d’interesse. Oppure la tecnica può essere combinata al microscopio elettronico. In questo
caso gli anticorpi secondari vengono coniugati a delle particelle di oro colloidale il quale
apparirà elettron denso al microscopio elettronico. L’immagine visualizzata sarà una sorta di
pallino nero. Tramite questa tecnica è possibile visualizzare più componenti cellulari
contemporaneamente.

Microscopia a fluorescenza
Il suo funzionamento è simile al microscopio ottico ma vede la presenza di due filtri in più:
Un primo filtro che è quello ad eccitazione, il quale percepisce tutto lo spettro luminoso e
seleziona una lunghezza d’onda specifica colpendo quindi il campione di riferimento. Esso
assorbirà la radiazione luminosa e emetterà una radiazione di lunghezza d’onda superiore.
Questa emissione passerà attraverso uno specchio elettronico e verrà nuovamente filtrata
da un secondo filtro, che serve a pulire eventuali interferenze date da emissioni di molecole
differenti da quelle che si vogliono analizzare. In questo modo è possibile distinguere,
tramite dei fasci laser precisi e lunghezze d’onda diverse, fluorofori differenti facenti parte
del campione d’interesse. Per esempio in rosso sarà possibile visualizzare l’actina che
marcherà i controni della cellula, in verde saranno visibili i microtubuli e in blu il DNA. Il
risultato sarà un’immagine complessiva della cellula e delle
sue componenti.

Microscopio elettronico
Esso è più complesso ed è molto più grande. Il vantaggio
nell’utilizzo di questo microscopio elettronico è il suo potere

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risolutivo che supera di mille volte quello del microscopio ottico. Grazie ad esso è possibile
vedere sia cellule ma anche altre strutture come quelle dei virus. In questo caso ci sarà un
fascio di elettroni al posto della luce visibile. Variando il fascio di questi elettroni, varierà
anche la lunghezza d’onda e al variare di quest’ultima la risoluzione sarà differente. In
questo modo il potere di risoluzione si aggira attorno ai 0.1 nanometri, riuscendo quindi a
visualizzare strutture molto più piccole rispetto al microscopio ottico. Il fascio di elettroni
colpirà il campione e verrà poi captato da un rilevatore e genererà delle immagini come

quelle riportate.
● Una è un’immagine di microscopia elettronica a trasmissione dove gli elettroni
attraverseranno il campione e una pellicola eventuale. Gli elettroni, inoltre,
passeranno attraverseranno delle aree all’interno del campione che bloccheranno il
passaggio di questi ultimi e genereranno delle immagini più scure. Tutte le aree, in
seguito, verranno colorate di gradazioni di grigio differente in modo tale da
distinguere le singole strutture intracellulari.
● Nel caso della seconda immagine, si parla di una microscopia elettronica a
scansione, in cui gli elettroni vengono respinti non attraversando così l’intera cellula.
L’immagine così ottenuta sarà quella della struttura superficiale della cellula stessa.
Nel caso della microscopia a trasmissione siamo in grado di osservare quello che c’è dentro
ma non ciò che è presente a livello superficiale. Al contrario, in quello a scansione, saremo in
grado di avere una visione superficiale e quindi tutte le strutture presenti sulla membrana
della cellula. Chiaramente, con la microscopia a scansione, non saremo in grado di vedere
ciò che è presente all’interno. Per queste ragioni, il loro uso è spesso combinato in modo
tale da fornire una visione d’insieme
Domanda: ma la risoluzione rimane la stessa in entrambi i casi? La risoluzione può rimanere
la stessa in base alla velocità del fascio di elettroni.
Attraverso l’utilizzo del microscopio elettronico a trasmissione sarà per esempio osservabile
il mitocondrio, che in microscopia ottica appare quasi invisibile. Al contrario, in microscopia

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elettronica, è individuabile la parete più esterna e le membrane interne, quindi delle creste
indispensabili per la respirazione cellulare e quindi la produzione di ATP. Saremo in grado di
visualizzare anche la struttura nucleare, la sua membrana esterna e la struttura di cromatina
all’interno. In questo caso, la struttura più densa e visibile in nero sarà il nucleolo. Saremo
anche in grado di visualizzare strutture ancora più piccole, come delle particelle virali, come
frammenti del virus HIV o del coronavirus (in questo caso è anche visibile la struttura a
corona esterna). Con la microscopia a scansione saremo in grado di visualizzare altre
strutture come quelle dei globuli rossi e quindi il ripiegamento tipico della membrana
plasmatica. Inoltre è possibile vedere anche delle strutture batteriche e quindi sarà possibile
distinguere il tipo di batterio sulla base della morfologia della struttura esterna.

La microscopia elettronica immunogold


Con la microscopia elettronica, possiamo visualizzare altre strutture intracellulari di nostro
interesse con una sorta di immunocitochimica di cui abbiamo parlato prima. In questo caso,
marchiamo l’antigene o la proteina d’interesse con un anticorpo che li riconoscerà e sarà
fuso insieme a delle particelle di oro colloidale. Queste ultime saranno dense e visualizzate
dal microscopio elettronico come dei punti neri. Per esempio, saranno visibili il centrosoma e
i centrioli durante la formazione del fuso mitotico. In più, in base alla localizzazione di questi
punti neri potremmo individuare la loro collocazione durante il processo mitotico. Inoltre,
potremo combinare più anticorpi differenti che marcano proteine o antigeni d’interesse
differenti, i quali vengono marcati a loro volta da anticorpi secondari fusi a particelle di oro
colloidale. Al microscopio avremo un'immagine generale della cellula o del nucleo e in più
visualizzeremo delle macchie più scure che corrisponderanno alle proteine relazionabili poi
alla struttura della cellula.

Diversi tipi di cellule


Grazie all’utilizzo del microscopio elettronico e ottico, potremo visualizzare molti tipi di
cellule. Ad esempio le cellule procariotiche che sono molto piccole e variabili in forme e
struttura, le cellule eucariotiche che esistono in organismi pluricellulari. In organismi
pluricellulari, le cellule eucariotiche avranno forme e strutture correlate alla funzione a
livello dell’organismo.

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Cellule procarioti
Sono molto più piccole delle cellule eucariotiche. Esempi sono la Salmonella Typhosa o lo
Staphylococcus Aureus. Sono cellule estremamente piccole, nell’ordine del micrometro se
paragonate alle dimensioni di una cellula eucariotica. Per questa ragione, gli organuli
cellulari della cellula procariote saranno proporzionati alle dimensioni della cellula stessa.
Se andiamo a fare uno zoom di 50 volte sulla punta di uno spillo, non riusciremo a vedere
molto riguardante la biologia cellulare nonostante il grande ingrandimento effettuato. Se
facciamo uno zoom di 1250 volte, iniziamo a notare che oltre ad una struttura in metallo
sono visibili anche delle strutture cellulari. Ingrandendo 6000 volte, possiamo notare come
sulla punta siano collocati un’infinità di batteri e ci sia solo ferro. Ingrandendo 30 000 volte,
possiamo quasi distinguere la tipologia di batterio d’interesse. Questo ci dice che dobbiamo
ingrandire di molto una cellula batterica per poterla studiare e per poter andare a
riconoscere tutte le sue componenti intracellulari.
La cellula procariotica è una cellula relativamente più semplice rispetto quella eucariotica. E’
caratterizzata da una parete cellulare esterna, una membrana cellulare sottostante alla
parete cellulare, un citoplasma prevalentemente acquoso dove è presente un’unica regione
nucleare non compartimentalizzata. Una delle differenze più evidenti tra cellule procarioti e
cellule eucarioti sarà la mancanza di compartimentalizzazione interna della prima. In questo
caso è possibile osservare la molecola di DNA dispersa nel citoplasma insieme a degli
organelli bianchi che saranno i ribosomi addetti alla sintesi proteica.

La parete cellulare
La parete cellulare costituisce la porzione più esterna dei batteri, quindi si trova all’esterno
della membrana plasmatica. La sua funzione è quella di fornire il sostegno per il
mantenimento del batterio ed è costituita da peptidoglicani. Questi ultimi sono dei polimeri
di amminoacidi e zuccheri.

La capsula
Alcuni batteri, oltre a presentare la parete cellulare, possono essere rivestiti da una capsula
che riveste ulteriormente la parete cellulare. E’ costituita da polisaccaridi e ha una funzione
protettiva per il batterio riuscendo ad evitare i processi di fagocitosi da parte del sistema
immunitario. Evita anche la disidratazione. Tuttavia, la presenza di una capsula di
polisaccaridi attiva una risposta immunitaria specifica perché gli stessi polisaccaridi
costituiranno degli antigeni specifici. Questo determinerà la produzione di anticorpi da parte
del sistema immunitario i quali saranno specifici per i polisaccaridi della capsula. Sono quindi
responsabili della virulenza.

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Un’altra funzione della capsula è quella di adesione finalizzata al mantenimento del batterio
nella posizione in cui si è localizzato.

Classificazione dei batteri


I batteri possono essere distinti e localizzati sulla base di questa parete cellulare (costituita
da amminoacidi e zuccheri)
● Gram positivi→ Vedono la presenza della classica membrana plasmatica rivestita da
uno spesso strato di peptidoglicano. Questo strato può coprire uno spessore dai 20
agli 80 nanometri, visibile in elettroscopia elettronica. La zona più chiara visibile in
mezzo è data dai peptidoglicani.
● Gram negativi→ Presentano la membrana plasmatica con uno sottile strato di
peptidoglicano. Lo spessore dello strato è tra i 7 e 8 nanometri. Oltre lo strato di
peptidoglicano è possibile individuare un’ulteriore membrana esterna, sulla quale
sono presenti numerose proteine fuse con zuccheri e polisaccaridi.

Per cui la differenza principale tra queste due categorie di batteri sarà lo spessore dello
strato di peptidoglicano, che sarà più evidente per i gram positivi rispetto ai gram negativi.
Sono chiamati gram negativi e gram positivi poichè se andiamo a colorare i batteri con dei
coloranti specifici come il cristallo violetto, andremo a marcare in viola tutte le strutture
esterne del batterio. Sarà marcato il peptidoglicano per i gram positivi e la membrana più
esterna dei gram negativi. Utilizzeremo poi una soluzione di fissativo di iodio e fissiamo la
colorazione facendola precipitare sia nel
peptidoglicano sia nella membrana più
esterna. Aggiungeremo poi dell’alcol
etilico che andrà a degradare le strutture
lipidiche della membrana esterna nei
gram negativi i quali diventeranno da
viola a trasparenti. A questo punto
utilizzeremo un secondo colorante che
andrà a colorare solo lo strato di
peptidoglicano intermedio dei gram

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negativi. Quelli in rosato saranno i gram negativi mentre quelli rimasti viola, che
presentavano lo spesso strato di peptidoglicano, saranno i gram positivi. Questa prima
distinzione ci permette di attuare una prima classificazione e la tipologia dei batteri. Un
esempio di gram negativo è l’escherichia coli.

Nucleoide
La cellula procariote presenta un’unica grande molecola di DNA che non è
compartimelizzata. Non esiste una regione nucleare come invece si può notare nelle cellule
eucariotiche. Il DNA è libero all’interno del citoplasma. In questo caso ci sarà un DNA a
doppia elica, che consisterà in un unico grande cromosoma centrale.

Citosol e ribosomi
Il citosol è una soluzione acquosa, costituita all’80% da acqua e il restante 20% da piccole e
grandi molecole, ioni, proteine, zuccheri e acidi nucleici. Copre tutto lo spazio interno alla
membrana cellulare.
Immersi in questo citoplasma, troveremo organuli come i ribosomi, addetti alla sintesi
proteica. Sono dei ribosomi più piccoli di quelli che ritroveremo in una cellula eucariotica.
Hanno un diametro di circa 25 nanometri e saranno liberi all’interno del citoplasma e non
associati a membrane sitentizzeranno subito le proteine che serviranno alla sopravvivenza
della cellula batterica.

Pili e flagelli
Troviamo altre due tipologie di strutture esterne che sono:
● IL FLAGELLO: che può essere presente in singola
coppia o in più coppie ed è adibito al movimento dei
batteri; esistono, infatti, cellule procariote che hanno
bisogno di muoversi e il flagello lo consente
ruotando su un asse interno inserito attraverso la
parete cellulare e la membrana cellulare.

● I PILI: mediano l’adesione tra batteri, ma possono


anche essere utilizzati per scambiare materiale
genetico (ad esempio nei fenomeni di resistenza)

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Distinzione batteri in base alla morfologia
È possibile distinguere i batteri sulla base della loro morfologia, ne esistono tre tipologie
principali:

● COCCHI, cioè sferici (ad esempio l’Enterococco)


● BACILLO, cioè a forma di bastoncello (ad esempio l’E.Coli)
● SPIRILLI, forma elicoidale

Quindi con la colorazione per comprendere se si tratta di gram positivi o gram negativi ed in
più conoscendo la conformazione del batterio si può restringere notevolmente il campo per
capire quale ci troviamo di fronte.

Capacità cellule procariotiche


Alcune cellule procariotiche svolgono funzioni particolari che normalmente vediamo
svolgersi in cellule eucariote animali o vegetali:

● CAPACITÀ FOTOSINTETICHE: possono utilizzare


radiazioni luminose come fonte di energia grazie a
ripiegamenti della membrana cellulare esterna a
formare delle strutture membranali l’una impilate
sulle altre capaci di effettuare fotosintesi (ad esempio i
cianobatteri).

● FISSAZIONE DELL’AZOTO: batteri implicati nel processo


del ciclo della fissazione dell’azoto, cioè i batteri
azoto-fissatori, che sono in grado di trasformare
l’ammoniaca presente nel terreno in nitriti e

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successivamente in nitrati (NO3) i quali sono elementi usati principalmente dalle
piante: quindi molto spesso troveremo questo tipo di batteri in simbiosi con un
vegetale, spesso con le sue radici che proteggono il batterio in cambio di queste
sostanze.

● PROCESSI METABOLICI:

- Trasformazione dello zucchero ad alcool (fermentazione alcoolica: vino, birra,


liquori)
- Trasformazione dell’alcool ad acido (fermentazione acida: aceto, yogurt)
- Decomposizione di molecole organiche (E. coli dell’intestino è utilizzato nel
trattamento delle acque di scarico)
- Produzione di sostanze utili all’organismo (vitamine: batteri endosimbionti
intestinali)

I batteri endosimbionti intestinali sono soggetto di ricerca nell’ultimo tempo perché


sembrano essere in grado di attivare il sistema immunitario, ad esempio una determinata
flora batterica può essere associata a una capacità dell'organismo a rispondere o meno a
determinati processi patologici di tipo tumorale o infiammatorio.

● PROCESSI DI DIGESTIONE DELLA CELLULOSA: organismi che si nutrono di vegetali

LA CELLULA EUCARIOTICA:
animale/vegetale
Già dall’immagine si può notare una
complessità decisamente maggiore rispetto a
quella della cellula procariotica.

La prima caratteristica che distingue l’una


dall’altra è la compartimentazione interna:
infatti si possono notare una serie di strutture
membranarie dal nucleo, al reticolo
endoplasmatico, al golgi, i mitocondri, ai
lisosomi etc… sono tutte strutture che
compartimentalizzano determinate funzioni.
Altra differenza tra procarioti ed eucarioti è che
quest’ultimi NON hanno il materiale genetico
libero nel citoplasma, ma è contenuto all’interno
del nucleo.
Infine gli eucarioti presentano un citoscheletro,
cioè una struttura formata da microfilamenti,
filamenti intermedi e varie strutture proteiche
che dà forma, movimento e garantisce

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l’organizzazione interna delle strutture e la localizzazione di queste.
Nella cellula vegetale sono presenti alcune piccole differenze, ad esempio è presente il
vacuolo (nelle cellule animali è presente esclusivamente negli epatociti), i cloroplasti (adibiti
alla fotosintesi) e la parete cellulare.
Questi due ultimi elementi sono assenti nelle cellule animali.

Quindi la differenza più sostanziale tra procarioti ed eucarioti è la compartimentazione delle


membrane e il sistema intermembranoso che ne deriva, i principali compartimenti che
troveremo saranno:
● Nucleo
● Reticolo endoplasmatico liscio e rugoso
● Complesso del Golgi
● Lisosomi
● Vescicole
● Vacuoli

Le funzioni di questa compartimentazione sono:

● Localizzare determinate funzioni specifiche, ad esempio i processi di detossificazione


potranno avvenire nei vacuoli e in contemporanea potranno avvenire processi di
sintesi di molecole energetiche a livello mitocondriale.

● Favorire reazioni, ad esempio le membrane interne dei mitocondri favoriscono i


processi della respirazione cellulare.

● Separare reagenti particolarmente reattivi: ad esempio nei lisosomi vedremo che


sono contenuti degli enzimi in grado di degradare sostanze di nutrimento, se queste
fossero disperse nel citoplasma la cellula digerirebbe se stessa.

● Permettere più attività contemporanee, per esempio a livello nucleare possiamo


avere la trascrizione e in contemporanea sintesi di molecole.

● Membrane= superfici di lavoro cellulare

● Immagazzinare energia, ad esempio i vacuoli talvolta possono avere funzione di


riserva energetica.

Gli stessi organelli svolgono la stessa funzione


in cellule diverse, ma le cellule diverse
contengono quantità diverse di specifici
organelli a seconda della loro funzione. Ad
esempio confrontando una epatocita e una
cellula pancreatica esocrina (rilascia il succo

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pancreatico, dove ci sono vari enzimi necessari per la digestione), nel caso della prima quasi
il 16% delle membrane sarà formato da reticolo endoplasmatico liscio, mentre nella seconda
ce ne saranno meno dell’1%: questo perchè nel REL avremo i processi di detossificazione e di
sintesi lipidica che sono importanti per gli epatociti, ma non sono rilevanti per la cellula
pancreatica.
Al contrario, nella cellula pancreatica esocrina avrà il 3% delle membrane occupate in
vescicole escretorie, mentre nella cellula di fegato non sarà rilevabile.
Quindi le membrane sono presenti in tutte le cellule, ma in quantità differenti a seconda di
quella che è la funzionalità di quella cellula.

Ad organizzare la posizione di ogni organello nella


cellula è il citoscheletro.
In questa immagine possiamo notare che le membrane
non sono posizionate in maniera casuale, ma sono
organizzate in modo da essere funzionali alla cellula:
ad esempio il nucleo si trova in posizione più interna,
le strutture ribosomiali saranno vicine alle membrane
del golgi, il RER sarà in continuità con la membrana
nucleare e le strutture mitocondriali più esterne.

Come si sono formate le membrane? Come si è passati da cellula procariote a eucariote?


Ci sono due teorie a riguardo:
● Per la membrana nucleare, i RE, apparato di golgi, gli endosomi e lisosomi si pensa
sia avvenuta un’invaginazione della membrana plasmatica di un’antica cellula
procariote dando origine al sistema di membrane interne. L’invaginazione della
membrana plasmatica come prima cosa iniziò a circondare il materiale genetico
(nucleo) per poi essere tagliata e formare strutture per sintesi proteica come il RER.

● Per mitocondri e cloroplasti invece si pensa che


derivino da procarioti che sono stati inglobati
dalle cellule eucariote con cui erano in simbiosi.
Si pensa che queste cellule procariote siano state

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inglobate poiché davano un vantaggio di tipo energetico alla cellula eucariotica.
Questa ipotesi è supportata da tre elementi:
- Presenza di DNA che codifica per proteine esclusive e simili a proteine
batteriche
- La presenza di doppie membrane, quindi una più esterna dovuta al
processo di inglobamento e una più interna appartenente alla cellula
originale
- L’esclusione dal traffico vescicolare, che caratterizza le componenti di
membrana delle cellule tranne, appunto, mitocondri e cloroplasti.

Nucleo e Nucleolo
Questa è una microscopia elettronica in cui si può osservare la regione nucleare

circondata da una doppia membrana e la regione nera più scura è il nucleolo.

NUCLEO:
- Dimensione di circa 5µm.

- Circondato da due membrane: la prima si ripiega, passa sul lato interno del nucleo e
forma i pori nucleari; questi pori sono poi rivestiti da delle proteine interne che fanno
da filtro di ciò che può entrare o uscire dal nucleo (non tutte le molecole possono
entrare e non tutte possono uscire).

- Contiene il materiale genetico della cellula, e le molecole di DNA sono organizzate in


complessi DNA-proteine detti cromatina.

- Sede della duplicazione del DNA.

- Controllo genetico sulle attività cellulari, quindi regola i processi di espressione


genica.

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NUCLEOLO:

- Struttura più densa all’interno del nucleo, per via della grande quantità di RNA
ribosomiale e subunità proteiche che vi sono all’interno.

- Sede della sintesi dell’RNA ribosomiale e dell’assemblamento dei ribosomi, formati


da proteine ed RNA ribosomiale.

- Continuità con reticolo endoplasmatico rugoso, dove troveremo molti ribosomi.

Quindi il nucleo ha due strutture importanti che sono:

- i pori nucleari (che abbiamo visto prima)


- la lamina nucleare che associandosi alla matrice
nucleare fa da sostegno e impalcatura mantenendo
quella che è la forma sferica del nucleo, regolando
anche la forma di quest’ultimo in funzione dei
movimenti delle cellule (ad esempio quando un
globulo bianco deve passare da un vaso sanguigno
al tessuto sottostante deve infilarsi tra cellule molto
strette e quindi il nucleo verrà compresso senza
rompersi). Dona quindi elasticità e integrità al
nucleo.

Reticolo endoplasmatico
Reticolato di membrane connesse tra loro organizzate a formare
strutture tubulari e cisterne appiattite, si divide in RUGOSO e
LISCIO (in azzurro il rugoso e il liscio in verde).

RETICOLO ENDOPLASMATICO RUGOSO:

● Struttura a cisterne appiattite.


● Contiene i ribosomi (pallini sulla membrana)
rivolti sul lato citosolico della membrana (linee
nere più intense) che sintetizzano proteine
specifiche direttamente nel lume del reticolo
endoplasmatico.

I ribosomi sono formati da proteine ed RNA ribosomiale, hanno una struttura tra i 12 e 25
nm e si assemblano con un’unità maggiore e una minore.
Possono esistere associati al RER, oppure possono esistere

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anche liberi all’interno del citoplasma: sintetizzano proteine nel lume del RER oppure
direttamente nel citoplasma.

RETICOLO ENDOPLASMATICO LISCIO:

● Struttura tubulare.
● NON contiene ribosomi.
● Adibito a:
○ sintesi di lipidi (per formare membrana
cellula, ormoni steroidei)
○ regolazione processi di detossificazione
(farmaci)
○ regola le concentrazioni di calcio a livello cellulare

Apparato del golgi


È formato da una serie di cisterne membranose appiattite, con i margini dilatati, organizzate
in pile; le pile sono collegate da connessioni tubulari.
Riceve vescicole derivanti dal REL o RER sulla faccia cis (verso il
RE): su questo lato le vescicole si fondono e liberano il loro
contenuto all’interno del lume del golgi ed usciranno
sottoforma di vescicola escretoria dalla faccia trans.
Quindi riceve le proteine dal RER, può modificarle (attaccando
molecole di zucchero ad esempio) e raccoglierle formando
vescicole dove concentra una gran
quantità di proteine o molecole
segnalatrici pronte per essere rilasciate al
di fuori della cellula.

Topologicamente si va a collocare dopo il reticolo endoplasmatico. La


faccia cis si trova rivolta verso il reticolo endoplasmatico: quindi più
vicina al nucleo e riceve le vescicole derivanti dal RE che si fondono con
essa per poi liberare il proprio contenuto e poi attraversare le cisterne
del Golgi. La faccia trans, invece, è rivolta verso la membrana cellulare e
rilascia le vescicole secretorie con all’interno le proteine ultimate. Non
riceve vescicole soltanto dal RER, ma anche dal REL.

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I lisosomi
La via alternativa a quella secretoria è quella lisosomiale,
cioè dal golgi possono derivare vescicole che diventano
lisosomi:
● contengono al loro interno enzimi in grado di
degradare strutture di nutrimento derivanti
dall’ambiente esterno, oppure degradare strutture
intracellulari danneggiate.
● Hanno pH acido
● Sono circondate da una membrana singola, è importante in questo caso la
compartimentalizzazione delle membrane perchè se non ci fosse la cellula
digerirebbe se stessa.
● Si fondono con i FAGOSOMI, cioè strutture che originano sulla membrana plasmatica
e internalizzano i nutrimenti presenti nell’ambiente esterno inglobandoli in vescicole
che si fondono con i lisosomi.
● Liberano il prodotto interno della digestione nel citoplasma, riciclano sia riducendo
ad elementi essenziali i nutrimenti interni alla cellula sia riducendo quelli derivanti
dall’esterno.
Gli enzimi vengono sintetizzati dal RER, arrivano nel golgi tramite vescicole alla faccia cis, nel
lume vengono modificati per poi uscire sempre in vescicole dalla faccia trans. A questo
punto possono intraprendere due direzioni: o andare incontro ad organelli vecchi della
cellula da ridurre in elementi riciclabili oppure andare a fondersi con i fagosomi.

Ma gli enzimi nel lisosoma sono sempre attivi o vengono attivati dal pH acido all’interno?
Sono attivati dal pH acido, mediante pompe protoniche, soltanto quando è necessario;
altrimenti la cellula andrebbe incontro ad una digestione continua e non necessaria.

I perossisomi
Sono strutturalmente simili ai lisosomi, ma sono principalmente
attivi per processi di detossificazione, quindi sono ad esempio molto
utili negli epatociti.
Presentano una struttura cristallina interna formata da enzimi
catalasi che si occupano di reazioni di detossificazione.
Inoltre sono implicati in processi di tagli e accorciamento delle
catene di acidi grassi: quelle con un numero maggiore di 16 atomi di
carbonio.

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I mitocondri
● Presentano due membrane:
○ esterna: regolare
○ interna: forma ripiegamenti e creste
(permettono una maggiore superficie a parità di
volume), lungo questi avviene la respirazione
cellulare che consente di produrre molecole di
ATP.

● Variano in funzione del tipo cellulare: cellule con un fabbisogno energetico maggiore
avranno molti mitocondri (es. cellule tumorali, infatti alcune cure per questi mirano
ai mitocondri), mentre quelle che hanno un fabbisogno minore ne avranno di meno.

● Presenza di un DNA proprio (segno di endosimbiosi).

● Producono proteine proprie tramite ribosomi specifici.

● Si dividono e replicano in maniera


indipendente.

CELLULA EUCARIOTICA VEGETALE


Abbiamo detto che presentano alcune strutture
differenti che sono i vacuoli, la parete cellulare e i
cloroplasti.

Vacuoli
Ha fondamentalmente alcune funzioni:

● Immagazzina l'acqua necessaria alla cellula.


● Immagazzina sostanze utili alla cellula, sostanze che danno
nutrimento alla cellula.
● Immagazzina sostanze tossiche che potrebbero danneggiare la
cellula o la difende (ad esempio le piante velenose).
● Mantenere morfologia e struttura della cellula, quindi
aumentando o diminuendo il volume consente di modificare il turgore cellulare.
● Fungono da richiamo visivo: ad esempio nei fiori colorati che servono da richiamo
per mediare la funzione riproduttiva.
● Contengono enzimi digestivi necessari a digerire sostanze.

Esistono solo nei vegetali e negli epatociti per via dei processi di detossificazione.
Occupa gran parte dello spazio cellulare andando a schiacciare gli altri organelli.

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I cloroplasti
Origine endosimbiontica, sono stati internalizzati dalla cellula
vegetale.

Due membrane:

● una esterna
● una interna organizzata in strutture dette tilacoidi che
posizionandosi gli uni sugli altri formano i grani,
all’interno di questi avviene il processo di fotosintesi,
tramite cui viene sintetizzato l’ATP necessario per convertire l’anidride carbonica in
zuccheri.

Lo stroma è lo spazio esterno in cui si trovano i tilacoidi impilati in grani.

Teoria dell’endosimbionte

Nell’immagine ci sono due cellule fossili che si suppone fossero un mitocondrio e un


cloroplasto che sono stati internalizzate nella cellula eucariotica per simbiosi, entrambe ne
traggono dei vantaggi: gli organelli producono l’ATP necessario alla cellula. Questa teoria
spiega anche il motivo per cui questi organelli presentano la doppia membrana.

Qui c’è un video riassuntivo da guardare a piacere:

https://www.youtube.com/watch?v=URUJD5NEXC8

Ci sono anche delle tabelle riassuntive per comparare e distinguere le componenti delle
cellule e poi una per comparare e distinguere eucarioti da procarioti. (slide 63, 64, 65)

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