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ISTOLOGIA

Dott . Madeddu Roberto (rmadeddu@uniss.it )

Esame: orale a febbraio.


Libri consigliati: di citologia e istologia (non di anatomia)
- Kierszenbaum A. Istologia - EDRA
- Rosati P. - Istologia - Edi Ermes
- Bani et al. Istologia Umana - Idelson Gnocchi
- Monesi V. - Istologia - Piccin
- Ross M et al. Istologia ed atlante CEA
- Junqueira’s Basic Histology – 2th Ed. Text and Atlas
- Sica et al. Istologia per le professioni sanitarie - Sorbona
- Carinci, Bani, Baroni et al. – Citologia e Istologia Umana – Idelson Gnocchi
- Tesler A et al. Istologia – Percorsi integrati – Elsevier-Masson
- Calligaro A. et al. Citologia e Istologia funzionale. Edi-Ermes
- Adamo S. et al. Istologia Piccin
- Eroschenko V. Atlante di Istologia e Anatomia Microscopica Delfino Ed.

Tecniche istologiche e molecolari: Per la diagnosi precisa serve l’esame istologico (soprattutto tumori)
4 grossi gruppi di tessuti: Epiteliale (che può essere di rivestimento o ghiandolare), connettivo (si suddivide
in tessuto connettivo propriamente detto e speciali: cartilagineo, osseo, sangue e linfa), muscolare e nervoso.
Unità di misura: millimetro (1/1000m); micrometro (1/1000mm), nanometri (1/1000micron), angstrom
(1/10nm). Nell’ordine del micrometro si vedono le cellule dall’esterno, nell’ordine del nanometro e
dell’angstrom si vede all’interno della cellula.

cellula  tessuto  organo  apparato o sistema  organismo

Esistono differenti morfologie e grandezze cellulari (si vedrà nella lezione di Citologia)
Basi di fisiche necessarie: Lunghezza d’onda della luce visibile, in particolar modo i raggi UV.

La luce è un’onda elettromagnetica che si propaga nello spazio e, captata dall’occhio


umano, determina la percezione visiva. Le onde elettromagnetiche che caratterizzano la
luce visibile hanno lunghezze d’onda comprese tra 380 e 790 nm, al di sotto abbiamo
l’ultravioletto e al di sopra l’infrarosso. La luce ultravioletta ha una lunghezza d'onda
immediatamente inferiore alla luce visibile dall'occhio umano e immediatamente superiore
a quella dei raggi X. Alcune sostanze sono in grado di illuminarsi quando vengono colpite
dai raggi UV, in pratica questi raggi, a noi invisibili, vengono assorbiti e riemessi come
raggi visibili.

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Potere di risoluzione: Distanza minima alla quale due oggetti possano essere distinti. Il potere separatore
dell’occhio umano è di circa 75 micron ad una distanza di 25cm. Il microscopio serve per aumentare il potere
di risoluzione.

TIPI DI MICROSCOPIO: esistono 30/40 tipi di microscopio, quelli che andiamo a vedere sono il
microscopio ottico (a luce e a fluorescenza) e l’elettronico (a scansione e a trasmissione)
1. Microscopio ottico (o microscopio luce) - ha un potere di
risoluzione pari a 0,2 micron viene di norma utilizzato per
l’osservazione di cellule, sezioni di tessuto o frammenti di
organo. Struttura:
- Lampada da illuminazione: raggi luminosi verso il
preparato da osservare
- Diaframma ad iride (tra condensatore e fonte
luminosa): regola l'intensità di luce
- Condensatore: concentra la luce sul preparato
- Tavolino porta-oggetti: con manopole per traslare il
preparato e dispositivo blocca vetrino
- Supporto a revolver: dotato di 2, 3 o 4 obiettivi intercambiabili
- Obiettivi: sistemi di lenti che danno la prima immagine ingrandita del campione
- Manopole: per la messa a fuoco per movimenti sia macrometrici che micrometrici
- Oculare: dove si appoggia l’occhio/gli occhi (possono mono o bioculari) per vedere l’oggetto
ingrandito; permettono di regolare la distanza interpupillare.
Su oculari e obiettivi sono riportati degli indici che informano sulle caratteristiche delle lenti e il loro
potere di ingrandimento. Esistono oculari con diverso potere d'ingrandimento; di solito si utilizza il
10x (che significa che l'immagine è ingrandita 10 volte), ma possono essere impiegati anche oculari
diversi. Anche gli obiettivi possono avere diverso potere di ingrandimento, per esempio: 4x, 10x,
40x, 100x. Ma ci sono tantissime opzioni: 3,2x, 5x, 15x,…
La capacità di ingrandimento di un microscopio dipende dai sistemi di lenti impiegati e si ottiene
moltiplicando il potere di ingrandimento dell'obiettivo per quello dell'oculare. Es.: oculare 10x e
obiettivo 40x = potere di ingrandimento 400x (questo significa che le dimensioni reali dell'oggetto
appariranno ingrandite di 400 volte).

2. Microscopio a fluorescenza: Molto usato in diagnostica. Non usa la luce dello spettro visibile, ma da
raggi UV, per rivelare strutture auto-fluorescenti (fluorescenza primaria) o rese fluorescenti con l’uso di
fluorocromi (fluorescenza secondaria).
- Elementi a fluorescenza naturale: Vitamina A, porfirine e clorofille

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- Markers fluorescenti (fluorocromi): Fluoresceina (verde-gialla) e Rodamina (rossa) – queste
sostanze devono essere coniugate a qualcosa per avere un utilità nell'analisi fluorimetrica. Ad
esempio si possono coniugare ad anticorpi specifici per una proteina, e al microscopio a fluorescenza
vedremo esattamente dove questa proteina è localizzata a livello della cellula, perché quando queste
sostanze vengono eccitate da una fonte luminosa ad una specifica lunghezza d'onda, assorbono la
luce che gli arriva e la riemette non con la stessa energia ma con un energia più bassa.
Il preparato viene illuminato con luce ultravioletta, ad una determinata lunghezza d’onda, ed i suoi
componenti osservati grazie alla fluorescenza emessa. Le sostanze fluorescenti sono tali in quanto capaci di
assorbire nel campo degli UV e, quindi, di rispondere a tale sollecitazione con l’emissione di luce nella
“zona visibile” dello spettro.
Struttura:
- La sorgente luminosa è costituita da una lampada a vapori di mercurio (luce ricca di UV)
- Filtro di eccitazione: situato subito dopo, permette il passaggio delle radiazioni UV utili per l’analisi
della fluorescenza e arresta le radiazioni inutili
- Filtro di sbarramento: situato prima dell’occhio ha il compito di bloccare la luce UV non assorbita
dal preparato e di dare via libera alle sole radiazioni visibili.

Particolarità: Il vetrino fluorescenti tende a decadere molto velocemente, quindi non può essere conservato.
Per conservare l’immagine dev’essere collegato ad una videocamera o un computer.

3. Microscopio elettronico: Maggior potere di risoluzione (fino agli angstrom). Permette di vedere strutture
all’interno della cellula (fornisce informazioni sulle principali molecole biologiche, come proteine e acidi
nucleici).
Non viene utilizzata la luce per rivelare il preparato, ma un fascio di elettroni accelerato fortemente. Si
ottengono immagini ultrastrutturali del preparato in bianco e nero, e non colorate come nella microscopia
ottica.
Diversi tipi di microscopia elettronica: TEM e SEM sono i principali.
- TEM - MICROSCOPIA ELETTRONICA A TRASMISSIONE : il preparato è sezionato e sono
visualizzate le strutture interne. Dà una visione migliore ma bidimensionale
Un microscopio elettronico a trasmissione funziona grazie ad una differenza di potenziale estremamente elevata (80.000V)
che accelera degli elettroni da un filamento di tungsteno lungo un tubo; questo flusso va ad attraversare una sezione
sottilissima di campione fissato su un retino estremamente fine, l’immagine è infine ulteriormente ingrandita da un sistema
di lenti. Il funzionamento SFRUTTA LA DIVERSA DENSITA’ DEI TESSUTI e quindi la DIVERSA RISPOSTA ALLA
COLLISIONE CON IL FASCIO DI ELETTRONI ACCELERATI. Per garantire il corretto funzionamento del
meccanismo:
1. È necessario creare delle sezioni piccolissime di tessuto: per poterlo fare si utilizza l’ULTRAMICROTOMO, uno
strumento capace di creare sezioni di 80nm, uno spessore sufficiente a far passare gli elettroni; questo macchinario
funziona grazie ad una lama estremamente tagliente e precisa che va spesso cambiata per garantire la sua efficienza, il
campione cade in un pozzetto d’acqua da quale viene pescato con il retino metallico di sostegno stesso.
2. Non si può utilizzare paraffina, altererebbe l’integrità dell’immagine, uso una resina epossidica come fissatore.
3. Devo utilizzare un retino metallico di sostegno, non un vetrino.

- SEM - MICROSCOPIA ELETTRONICA A SCANSIONE : il preparato non è sezionato e sono


visualizzate le strutture esterne, quindi la struttura tridimensionale del campione (cioè, risoluzione
minore ma tridimensionale). Viene utilizzato per visualizzare parti di tessuto disidratate e ricoperte
d’oro per far emergere dati dettagli.
ALLESTIMENTO DI UN PREPARATO ISTOLOGICO
Due modalità: A fresco e sottoposti a trattamento

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La modalità a fresco è usata solo in alcuni casi. Si osserva direttamente il tessuto senza alcun trattamento.
Sarebbe l’ideale, perché non si aggiunge nulla al campione, ma presenta alcune limitazioni: si ha poco
contrasto (trasparenza), non essendo molto sottile si può avere difficoltà a vedere le strutture e ha durata
limitata poiché i tessuti o le singole cellule vanno facilmente incontro ad autolisi.
L’osservazione dev’essere effettuata con particolari microscopi (stereomicroscopio, microscopio invertito,
microscopio a contrasto di fase) e i tessuti devono essere immersi in soluzione fisiologica per evitare la
disidratazione e alterazioni della struttura.
Per risolvere il problema della trasparenza si utilizzano coloranti vitali, che hanno la proprietà di essere
assorbiti dalle cellule viventi senza risultare eccessivamente tossici, e quindi colorarne le strutture
rendendole visibili. Questi coloranti sono iniettati nell’animale intero, raggiungono i tessuti tramite la
circolazione colorandoli. Possono essere suddivisi in tre gruppi: neutri, basici e acidi
Quando un pezzo di tessuto od organo appena prelevato dall’animale viene immerso nella soluzione
colorante si parla di coloranti sopravitali (ad esempio il verde Janus per mitocondri).
Passo a passo dell’allestimento
1. Prelievo: può essere fatto dal chirurgo. Il materiale dev’essere il più fresco possibile. Dal prelievo
alla fissazione deve passare il minor tempo possibile (se non è possibile farlo subito, il campione
dev’essere conservato in frigorifero) – questo perché dopo alterare lo stato di omeostasi il campione
può andare in autolisi o soffrire l’attacco di batteri (va in putrefazione).

2. Fissazione: Serve per evitare il deterioramento del tessuto, mantenendo la struttura originaria del
tessuto. La fissazione può essere fisica o chimica, è più comune che sia chimica.
Chimica: Si usano dei fissativi¸ che possono essere di due tipi: coagulanti e non coagulanti, che
coagulano o no le proteine.
• Coagulanti: alcol etilico, acido acetico, acido picrico, ...
• Non coagulanti: formalina, fissativo di Bouin, …
Non esiste un fissativo perfetto. Le principali caratteristiche che un fissativo deve avere sono essere
veloce e penetrante.
Il fissativo più usato in microscopia elettronica è la formalina (formaldeide 10%). Alcuni hanno visto
che miscele di fissativi vanno meglio su alcuni tessuti, come il liquido di Bouin (acido picrico +
formalina + acido acetico).
Nella microscopia elettronica si usano glutaraldeide e acido osmico.
Domanda da esame: I fissativi usati in microscopia ottica vanno bene anche per microscopia elettronica? Quali
si usano per ciascuno?

Fisica: è poco usata. Esempio: Congelamento in azoto liquido (-170°C).

3. Disidratazione: Prima di tagliare si deve mettere in paraffina. Siccome la paraffina è insolubile in


acqua si ha un passaggio precedente, la disidratazione dei tessuti, così la paraffina andrà ad occupare
lo spazio che era occupato dall’acqua. La paraffina è un idrocarburo ricavato dalla lavorazione del
petrolio.
Questo processo consiste nell’inserire il campione in una serie ascendente di alcoli. Prima 70°, poi
80°  95°  100°  100°  xilolo  xilolo (con il passaggio nell’alcol si è sicuri che non
rimane acqua all’interno della cellula, poi siccome la paraffina non è nemmeno solubile in alcol, si
aggiunge lo xilolo che è un solvente della paraffina, permette al campione di diventare trasparente e
facile da visualizzare al microscopio ed anche scioglie l’etanolo).

4. Inclusione: Adesso si può immergere il campione in paraffina (in resina nel caso della microscopia
elettronica a trasmissione). La paraffina è solida a temperatura ambiente, dev’essere sciolta e poi si
immerge il preparato. Si ottengono così dei blocchetti.

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5. Taglio: Si utilizza il microtomo, uno strumento che permette di ottenere fette dei blocchetti ottenuti.
Si fa più di una sezione su ogni vetrino, perché alcune strutture possono non essere presenti in un
solo taglio.

6. Colorazione: successivamente si fa la colorazione, per aumentare il contrasto al campione. Per fare


questo si deve fare la serie discendenti, che è praticamente inversa all’ascendente, si deve reidratare
il pezzetto e poi colorare. Prima si immerge il vetrino con sezione in paraffina nel xilolo (allontana la
paraffina, che impedisce la colorazione con i coloranti che sono solubili in acqua), dopodiché alcol
100°  100°  95°  80°  70° (e così si ha la reidratazione) e infine si può fare la colorazione.
Di solito si usano colorazioni combinate. I coloranti sono fondamentalmente classificati in due
categorie: colorante acido (sarà basofilo, cioè, attrae basi) e colorante basico (sarà acidofilo – attrae
acido)
Ematossilina-eosina (EE): Il metodo di colorazione più usato e conosciuto. È una colorazione
dicromica e combinata.
• L’ematossilina (colorante basico) colora in blu-violetto la cromatina nucleare e quindi in
generale si vedrà il nucleo colorato sull’azzurro (presenza di acidi nucleici)
• L’eosina (colorante acido) tingerà di rosa il citoplasma (per prevalenza di proteine basiche)

7. Disidratazione: si fa la seconda serie ascendente degli alcoli per la conservazione, questo perché
dobbiamo eliminare di nuovo l’acqua (che è stata aggiunta per poter colorare). Quindi si lascia il
vetrino asciugare all’aria e poi si passa nella serie ascendente di alcoli (alcol etilico
70°,80°,90°,100°,100°), poi si passa nel solvente organico (ad esempio xilolo), che consente al
campione di diventare trasparente e scioglie l’alcol.

8. Montaggio: Questo vetrino con il preparato viene detto vetrino porta-oggetto, sopra di questo si
deve mettere un vetrino molto più sottile, chiamato vetrino copri-oggetto che è sottilissimo, dallo
spessore inferiore al millimetro, serve per la visualizzazione. Per far aderire il vetrino copri-oggetto
al porta-oggetto si aggiunge una goccia di resina sopra il preparato (prima si utilizzava il balsamo del
Canada) che è viscosa e risulta adesiva, serve per la fissazione del vetrino.

Striscio di sangue: si può preparare un vetrino porta-oggetto con uno striscio di sangue e questo va
osservato direttamente al microscopio.
Si deposita una piccola goccia di sangue verso una delle estremità del vetrino porta-oggetto, si avvicina un
secondo vetrino alla goccia, con angolazione di 30-40 gradi finché essa aderirà e per capillarità si disporrà
per tutta la lunghezza del secondo vetrino, quindi si muove il vetrino con un movimento costante e rapido in
modo da realizzare lo striscio.

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CITOLOGIA
Dott . Cristi ano Farace (cfarace@uniss.it )

La citologia studia organizzazione, forma e funzione della cellula e dei suoi apparati interni, secondo due
differenti modelli: eucariotico e procariotico.

CELLULA PROCARIOTE CELLULA EUCARIOTE


- Batteri (Eubacteria ed Archeobacteria) - cellule superiori (funghi, lieviti unicellulari,
piante, animali)
- Unicellulari - Uni o pluricellulari
- Presenza di parete cellulare (protezione) - Parete cellulare solo nelle cell vegetali
- spesso sono incapsulati (permette adattarsi - parete esterna è la membrana plasmatica
all'ambiente) (doppio stratto fosfolipidico)
- Regione interna abbastanza semplice - Regione interna abbastanza complessa
• Non hanno involucro nucleare • Il nucleo ha una doppia membrana cellulare
• Il materiale genetico è intersperso nel • Il materiale genetico è presente nel nucleo,
citoplasma, più concentrato in una zona detta sotto forma di doppia elice
nucleoide. Il DNA è presente a singolo • Hanno diversi organelli con membrana
filamentoe e in frammenti circolari (plasmidi) cellulare (il reticolo endoplasmatico e
• Non hanno organelli con membrana cellulare l'apparato del Golgi, e mitocondri, lisosomi,
(quindi solo ribosomi) perossisomi) oltre ai ribosomi
- Divisione cellulare: - Divisione cellulare e nucleare:
Scissione binaria Mitosi e Meiosi

TEORIA CELLULARE:
1. Tutti gli organismi sono formati da cellule e possono essere unicellulari come i lieviti o
pluricellulari come gli animali superiori.
2. La cellula è l'unità funzionale dell’organismo (per cui il buon funzionamento di un organismo
dipende dal buon funzionamento della cellula).
3. Tutte le cellule derivano da altre cellule, attraverso il paradosso della moltiplicazione per divisione
(cioè le cellule si moltiplicano dividendo sé stesse).

MORFOLOGIA CELLULARE
- Tutte le cellule del nostro corpo sono diverse fra loro fenotipicamente, che vuol dire che la loro
morfologia è molto diversa.
- Per esempio i globuli rossi hanno una forma di disco biconcavo, molto differente rispetto a neuroni,
adipociti o altro.
- Queste differenze hanno a che fare con la funzione delle cellule.

CAPACITÀ DIFFERENZIATIVA
- Se tutte le cellule dello stesso organismo hanno lo stesso genoma e cioè lo stesso materiale genetico,
come fanno a essere diverse?
Sono diverse perché in ogni cellula cambia il livello di espressione del genoma. Alcune cellule
attiveranno determinati geni, altre cellule ne attiveranno altri.
- Le morfologie cellulari differenti esplicheranno le loro precise funzionalità in relazione alla forma.
- Dallo zigote che diventa morula si ha sempre più un differenziamento cellulare fino alla blastocisti e
fino all’organismo adulto che presenta per la maggior parte cellule differenziate.
- Nell’organismo adulto risiedono piccole popolazioni di cellule staminali che ancora non sono
differenziate e che servono per rigenerare i tessuti, soprattutto quelli danneggiati.

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MORFOLOGIA E DIMENSIONI CELLULARI
- Le cellule hanno una dimensione molto variabile a seconda del tipo di cellula, da pochi micron fino a
un metro (alcuni neuroni).
- Forma: estremamente varia, in relazione al tessuto e alla funzione: sferiche, dai contorni irregolari,
stellate, poliedriche, cubiche, cilindriche
- Superficie: spesso ricca di «specializzazioni», intro ed estroflessioni.
- La cellula viene separata dall’ambiente tramite la membrana cellulare
- La eucariotica si compone di due parti: nucleo e citoplasma
- A sua volta il citoplasma si compone di organuli (presenti in tutte le cellule e isolabili dal contesto
cellulare) e matrice o ialoplasma
- La cellula vegetale diversifica dalla cellula animale per la presenza di un involucro di cellulosa, dei
cloroplasti, dei vacuoli.

PROTOPLASMA:
- Complesso di sostanze contenute all’interno della cellula.
- Contiene il citoplasma, fatto di acqua (85%), sali inorganici e microelementi, e abbondante materia
organica (proteine, lipidi, carboidrati e acidi nucleici). Abbiamo altre molecole presenti in tracce ma
che hanno un ruolo molto importante, per esempio ormoni e vitamine.
- Negli eucarioti la parte del protoplasma esterna al nucleo cellulare è detta citoplasma, mentre quella
interna, nucleoplasma.

GLICOCALICE
- Presente prima della membrana plasmatica
- È uno strato di zuccheri attaccati alle proteine di membrana che costituiscono il glicocalice
(glicoproteine, in alcuni casi i proteoglicani, a seconda della prevalenza rispettivamente di
carboidrati o proteine).
- Funzione: Proteggere la cellula e fornire punti di ancoraggio ai recettori per il riconoscimento delle
molecole segnale.
- Lo zucchero richiama acqua, e la cellula ha bisogno di acqua sia al suo interno, nel citoplasma, ma
anche subito dopo la membrana, perché altrimenti tutto il materiale nutritizio (ioni essenziali e
molecole) non riuscirebbe a passare al suo interno, non riuscirebbero a dissolversi bene e ad arrivare
fino alle proteine canale o altri meccanismi di ingresso nella cellula. Quindi l'ambiente acquoso
facilita l‘assorbimento di sostanze nutritizie.
- La cellula cercherà di scartare le sostanze tossiche attraverso dei meccanismi chiave.
- Le componenti del glicocalice sono utilizzate dalle cellule per riconoscersi, aderire le une alle altre,
aderire ai substrati e comunicare. Un esempio è il ruolo che ha nel sistema immunitario, il quale
riconosce un pattern diverso degli zuccheri nel glicocalice e innesca la propria risposta.

MEMBRANE CELLULARI
- Dopo il glicocalice troviamo la membrana plasmatica fatta di fosfolipidi di membrana (40%
proteine, 40% lipidi, 20% carboidrati). Questa non è l'unica membrana presente, esiste anche il
sistema di endomembrane o citomembrane e la membrana nucleare. La membrana plasmatica sta
solo all’esterno.

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TESSUTI EPITELIALI
Sono un gruppo eterogeneo di tessuti
Caratteristiche:
- Assenza di vasi sanguigni: ossigeno e sostanze nutritive, veicolati dai liquidi interstiziali,
provengono per diffusione dal sottostante connettivo vascolarizzato.
- Matrice extracellulare scarsa: data dal ridotto spazio intercellulare; sostanza è scarsa/assente.
- Presenza di una membrana basale (MB): che separa il tessuto epiteliale dai tessuti connettivi
sottostanti, fornendo sostegno e nutrimento
- Rinnovamento costante: ad opera di cellule staminali unipotenti che poggiano sulla MB.
- Polarizzazione delle cellule: si può distinguere una
zona apicale (rivolta verso la superficie libera della
cellula, cioè, verso il lume o la superficie esterna del
corpo) e una zona basale (che guarda verso la
superficie interna e strati sottostanti). Questa
polarizzazione è correlata con la funzione dell’epitelio:
zona apicale deve assorbire o secretare sostanze e la
zona basale deve veicolare sostanze ai tessuti
circostanti). Inoltre la superficie apicale è spesso dotata
di specializzazioni (microvilli e ciglia).
- Le cellule sono contigue organizzate in strati singoli
e multipli
- Giunzioni cellulari: queste specializzazioni conferiscono l’adesione tra le cellule. Possono garantire
compattezza (come nelle g. occludenti), resistenza (macula adharens o desmosomi), passaggio di
sostanze (g. comunicanti).

Classificazione: possono essere classificati in base al ruolo che svolgono all'interno del corpo:
1. Epiteli di rivestimento: ricoprono le superfici esterne (esempio la cute) ed interne del corpo
(esempio: le tonache mucose e sierose dei vasi sanguigni e linfatici, endotelio – ma anche vescica,
colon, esofago, stomaco, ecc.
2. Epiteli ghiandolari o secernenti: costituiscono il parenchima delle ghiandole che dividiamo per
comodità in due categorie:
a) Esocrine: a secrezione esterna, provviste di un dotto escretore e riversano il loro prodotto
all’esterno del corpo o dell’apparato digerente.
b) Endocrine: a secrezione interna, non sono provviste di un dotto escretore, ma riversano il loro
prodotto (ormoni) all’interno del torrente circolatorio. Quindi una ghiandola endocrina è
circondata da un ampio numero di capillari e vasi sanguigni per poter permettere il confluire
degli ormoni stessi.
3. Epiteli sensoriali: si trovano tra le cellule degli epiteli e reagiscono a stimoli (esempio: cellule
gustative, acustiche)

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GLI ORGANI DEL CORPO UMANO
Organo: una parte del nostro corpo di forma definita, separabile e costituita da vari tessuti. Gli organi sono
raggruppati in sistemi o apparati.
Si dividono in
- Organi cavi (esempio: stomaco, vescica urinaria)
- Organi pieni o parenchimatosi (esempio: fegato, reni).

ORGANI CAVI
Sono formati da diverse tonache fra loro aggregate a costituire una parete. Le pareti sono disposte
concentricamente attorno al lume. La parete degli organi cavi si struttura tridimensionalmente. Il lume
formato può avere dimensioni e forma variabili da organo ad organo.
Le tonache che costituiscono la parete degli organi hanno anch’esse una precisa funzione, oltre che una
denominazione in grado di identificarle. Partendo dall’interno (dalla cavità/lume) verso l’esterno
individuiamo: tonaca mucosa, tonaca sottomucosa, tonaca muscolare e tonaca avventizia o sierosa.

a) TONACA MUCOSA – (tonaca intima nei vasi; endocardio nel cuore; endometrio nell’utero)
Rivestimento che ricopre le superfici delle cavità poste in comunicazione con l’esterno del corpo (es:
apparato digerente, respiratorio, urinario e genitale).
Costituita sempre da:
 Un epitelio di rivestimento – sono le cellule epiteliali, hanno la
funzione di protezione, secrezione, escrezione e assorbimento
 Una membrana o lamina basale - che separa il tessuto epiteliale
dai tessuti connettivi sottostanti, fornendo sostegno e nutrimento
 Una tonaca o lamina propria o (formata da tessuto connettivo
fibrillare lasso) - contiene ghiandole esocrine e vasi sanguigni
 Può presentare: muscularis mucosae – una muscolatura liscia
che serve ad esempio a comprimere l'adenomero delle ghiandole
per favorire la fuoriuscita del secreto (presente nell’apparato
digestivo)

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b) TONACA SOTTOMUCOSA
Composta da tessuto connettivo lasso (che ha la funzione di diffusione, difesa, ecc.), povero di fibre,
separa la tonaca mucosa dalla tonaca muscolare. Può avere attività secretoria (se contiene ghiandole)
e presenta ricchezza di formazioni vascolari e nervose. È abbastanza spessa.

c) TONACA MUSCOLARE – (tonaca media nei vasi; miocardio nel cuore; miometrio nell’utero)
La tonaca muscolare è formata da fasci di cellule muscolari orientati in diverse direzioni che
permettono due tipi di movimenti all'organo:
 Movimenti di tipo peristolico: permettono all'organo di adattarsi al contenuto variando il
proprio volume in base a ciò che è presente nel lume; sono le fibre disposte in modo
circolare (determina l’allargamento e restringimento del lume dell’organo)
 Movimenti di tipo peristaltico: permettono la progressione del contenuto lungo il lume
grazie ad un'onda di contrazione propagata nella stessa direzione. È lo strato esterno
longitudinale
In alcuni organi, può essere costituita da doppio strato muscolatura (come nell’esofago).
Tutti movimenti della tonaca sono assicurati dal sistema nervoso vegetativo. È lo strato che varia di
più per spessore in base alla forza di contrazione che deve esercitare.

d) TONACA AVVENTIZIA O TONICA SIEROSA (dipende dall’organo)


 Tonaca Avventizia:
o Formata da un connettivo denso in cui c’è una grossa presenza di fibre.
o Ha la funzione di protezione meccanica degli organi.
o Avvolge i visceri cavi e i vasi andando a mediare i rapporti con ciò che si trova subito
all’esterno di questi organi.
o Da essa, inoltre, prendono ancoraggio mezzi di fissità (legamenti).
o L’avventizia dei vasi può anche presentare fibre elastiche o muscolari ed è la sede dei
vasa vasorum, piccoli vasi che irrorano la tonaca media (che è formata da muscoli lisci).

 Tonaca Sierosa:
o Formata da tessuto mesoteliale e presente in alcuni organi
dell’addome e della pelvi. Essa non poggia direttamente sulla
tonaca muscolare in quanto tra questi due strati è interposto tessuto
adiposo.
o Ha le stesse funzioni della tonaca avventizia.
o Costituita dall'avvolgersi sugli organi delle membrane sierose
(PLEURA nei polmoni, PERITONEO nell’addome e organi addominali, PERICARDIO
nel cuore).
o Fungono anch'esse da mezzi di fissità per l’organo, ma permettono notevole
scorrimento.

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ORGANI PIENI
Hanno una struttura più complessa. Sono composti da: capsula esterna, stroma e parenchima

a) CAPSULA ESTERNA o DISPOSITIVO CAPSULARE:


- È costituito da un foglietto di rivestimento, presente in tutti gli organi pieni
- Ha la funzione di delimitare spazialmente l'organo, funge da attacco ai mezzi di fissità e dà supporto
ai vasi ed ai nervi dell’organo. Regola anche il volume dell’organo.
- È formato da tessuto connettivo denso. Tale tessuto penetra nell’organo assumendo spessore via via
di minor dimensione, e delimitando in tal modo dei setti che portandosi in profondità si ramificano in
tralci e lamine sempre più sottili che vanno a formare un reticolo che costituisce l’impalcatura
dell’organo. L’insieme di questi setti e del reticolo costituisce lo stroma.

b) STOMA:
- Lo stroma è costituito da tessuto connettivo fibroso
- È la componente di supporto di un organo
- Viene definita da setti, che vengono inviati dalla capsula all'interno dell'organo. Questi si dividono in
rami e lamine via via più sottili che si anastomizzano fra loro creando un reticolo tridimensionale
formante l'impalcatura dell'organo.
- Attraverso le strutture che costituiscono lo stroma passano anche vasi sanguigni, linfatici e nervi
facendo dello stroma stesso non solo un supporto, ma anche una guida per vascolarizzazione,
drenaggio e innervazione di lobi e lobuli che diventano dei territori quasi indipendenti.
- Ha quindi le funzioni di: nutrimento dell'organo, impalcatura di sostegno, suddivisione spaziale
(divisione in lobi), meccanismi di difesa (fagocitosi, anticorpopoiesi), regolazione nervosa delle
attività del parenchima e delle proprietà contrattili.
- Gli organi pieni di solito presentano sulla loro superficie una zona detta ilo che rappresenta il punto
in cui i vasi sanguigni entrano (arterie) o escono (vene) dall’organo stesso. Inoltre, a livello dell’ilo,
esce il condotto (dotto) escretore dell’organo, se questo è una ghiandola esocrina.

c) PARENCHIMA
- È costituito da tessuto epiteliale e svolge le funzioni caratteristiche dell'organo stesso (secrezione,
assorbimento, scambi, contrazione) e occupa gli spazi creati dallo stroma.
- Presenta quindi caratteristiche strutturali e funzionali differenti da organo ad organo, risultando
quindi l’elemento in grado di conferire le caratteristiche proprie degli organi pieni.

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- tornando agli epiteli –

EPITELIO DI RIVESTIMENTO
Classificazione degli epiteli: classificati anche in base alla forma della cellula e alla loro stratificazione
FORMA DELLE CELLULE: 3 tipi
- Pavimentoso o squamoso: se la cellula è schiacciata, larga e ha pochissimo spessore.
- Cubico: quando più o meno la cellula ha la stessa lunghezza nelle 3 dimensioni.
- Cilindrico: quando l’altezza è maggiore rispetto alla larghezza.

NUMERO DEGLI STRATI: 2 variabili


- Semplice o monostratificato: un solo strato di cellule
- Composto o pluristratificato: più strati di cellule

Unendo quindi i 3 tipi e le 2 variabili possiamo avere 6 tipi di epiteli (pavimentoso semplice, pavimentoso
composto, cubico semplice, cubico composto, cilindrico semplice e cilindrico composto). Poi abbiamo altri
due epiteli particolari: pseudostratificato (che sembra stratificato ma è semplice) e urotelio o epitelio di
transizione (che è formato da 3 strati, ma l’epitelio cambia forma come cambia forma dell’organo). Gli
epiteli sono anche classificati in base a specializzazioni: microvilli, ciglia, presenza di cheratina.

1 – PAVIMENTOSO SEMPLICE
- Le cellule appiattite sono disposte in un unico strato, a margini irregolari
con nucleo centrale
- La sua funzione, più che di protezione, è quella di regolare la filtrazione e
la diffusione.
- Si trova principalmente in:
• Alveoli polmonari – permette scambio tra O2 e CO2
• Mesotelio (pleura-peritoneo-pericardio)
• Endotelio (vasi sanguigni e linfatici)
• Capsula di Bowman – filtra il plasma e forma l’urina
• Membrana timpano (orecchio) Epitelio alveolare
• Membrane sierose

2 – PAVIMENTOSO COMPOSTO
- Presenta due o più strati di cellule, di cui solo il più profondo è a contatto con
la membrana basale, le cellule degli strati più profondi spesso non sono di
forma appiattita, ma per convenzione l'epitelio viene classificato in base allo
strato superficiale.
- Lo strato più profondo o basale presenta cellule con spiccate caratteristiche
staminali, metabolicamente molto attive e proliferanti. Si possono trovare
anche numerose invaginazioni chiamate creste epiteliali che formano le
papille connettivali all'interno delle quali si inseriscono i capillari che
nutrono l'epitelio, altrimenti privo di vascolarizzazione. Queste creste sono
importanti anche per creare una struttura più compatta (quindi possiamo dire
che le creste hanno funzione metabolica e meccanica).
- Esistono due varietà: non cheratinizzato (rivestono le mucose. Presenti, ad Epitelio dell’esofago
esempio, nell’apparato digerente (bocca, faringe, esofago), vagina, uretra,
occhio) e cheratinizzato (presenta cheratina, una proteina ad azione protettiva. Esempio: epidermide).

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3 – CUBICO SEMPLICE
Composto da un singolo strato di cellule di aspetto cuboide quando
osservate da una sezione perpendicolare. Viste dalla superficie hanno
forma poligonale. Il nucleo è di solito rotondo e si trova al centro della
cellula.
Si trova principalmente in: Superficie dell’ovaio, tiroide, condotti escretori
di alcune ghiandole (es: rene, ghiandole salivari, pancreas)

Epitelio dei tubuli renali

4 – CUBICO COMPOSTO
È molto raro, ed è costituito da due o tre strati di cellule. Solo le
più superficiali sono cubiche, le restanti appaiono poliedriche
(per questo molti autori non fanno differenza tra cubico
composto e cilindrico composto). È localizzato nei dotti
escretori più ampi delle ghiandole esocrine, come i dotti
principali delle ghiandole salivari. Non è coinvolto in attività
assorbitiva o secretrice, ma fornisce un rivestimento più solido
del monostratificato.

Epitelio del dotto escretore della


ghiandola sottomandibolare

5 – CILINDRICO SEMPLICE
- Detto anche colonnare.
- È costituito da un unico strato di cellule cilindriche.
- È simile all’epitelio cubico ma le cellule sono più alte.
- L’altezza delle cellule può cambiare a seconda del sito e/o dal
grado di attività funzionale.
- I nuclei sono allungati e possono essere localizzati verso la
base, al centro o all’apice della cellula (questo fenomeno viene
detto polarità del nucleo).
- È dunque localizzato in: tubo digerente, piccoli bronchi, tube
uterine, dotti escretori di molte ghiandole
- Le cellule possono avere diverse specializzazioni sulla
superficie, come microvilli o ciglia.
- L’epitelio cilindrico semplice lo ritroviamo, senza specializzazioni, Epitelio della cistifellea
a rivestire dotti escretori, tratti del tubulo renale. È molto diffuso ed
è particolarmente adatto per funzioni di assorbimento (come l’intestino tenue o la colecisti) e di
secrezione (come lo stomaco).

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Microvilli in microscopia
elettronica a trasmissione

Epitelio cilindrico semplice con MICROVILLI:


- I microvilli sono proiezioni della membrana plasmatica
luminale di molti epiteli specializzati nell'assorbimento.
- La membrana plasmatica forma quindi una struttura
“modellata” da una proteina del citoscheletro chiamata
actina, che permette agli stessi microvilli di restare tesi
e non afflosciarsi (sono immobili).
- Sono molto corti in rapporto all'altezza della cellula ma
sono presenti in tantissimi e quindi aumentano la
superficie riassorbimento.
- Sono troppo piccoli per essere visti bene nel microscopio Epitelio di rivestimento dell'intestino tenue
ottico. Nell’intestino tenue, per esempio, sono presenti
tantissimi microvilli, in questo caso possono essere visti nel
microscopio ottico perché formano una struttura detta orletto
striato o a spazzola.

Epitelio colonnare semplice ciliato. CIGLIA:


- Le ciglia sono molto più grandi dei microvilli e sono
facilmente visibili al microscopio ottico.
- Ogni ciglio consiste di una estroflessione della
membrana plasmatica, nel cui citoplasma sono contenuti
microtubuli modificati. Sono composti principalmente
da una proteina chiamata tubulina.
- Le ciglia si muovono in modo sincronizzato con le
cellule adiacenti, creando un movimento simile a
un'onda. Questo movimento serve per spostare fluido o
piccole particelle che si trovano sulla superficie Epitelio cilindrico semplice ciliato
epiteliale.
- Le ciglia mobili (vibratili) caratterizzano la superficie apicale delle cellule epiteliali che
tappezzano le vie respiratorie e le vie genitali femminili: nel primo caso esse sono incaricate di
spingere continuamente verso l’esterno lo strato di muco che ricopre l’epitelio e che contiene
eventuali particelle solide penetrate accidentalmente con l’aria inspirata (attenzione però che
questo epitelio viene classificato come pseudostratificato e non colonnare semplice); nel
secondo caso le ciglia vibratili con il loro movimento facilitano la progressione della cellula
uovo dalla tuba verso l’utero.
Domande da esame: qual è la differenza tra microvilli e ciglia? Come funziona il movimento delle ciglia?

6 – CILINDRICO COMPOSTO
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È molto raro. Costituito da cellule superficiali cilindriche e basali cubiche.
Alcuni autori non fanno differenza tra questo epitelio e il cubico composto,
considerandoli solo aspetti diversi dello stesso epitelio.
È localizzato nei grossi dotti escretori di alcune ghiandole e nella superficie interna
della palpebra (congiuntiva).

7 – PSEUDOSTRATIFICATO
Sembra un epitelio formato da più strati di cellule ma è in realtà
formato da un singolo strato, perché tutte le cellule dell’epitelio
prendono contatto con l’epitelio basale, mentre non tutte raggiungono la
superficie apicale. Queste sono cellule staminali, sono meno
differenziate.
Si vedono dei nuclei a diverse altezze, alcuni in posizione basale ed altri
in posizione apicale, che danno l’impressione di un doppio strato.
La maggioranza delle cellule sono ciliate. È presente quasi
esclusivamente nelle vie aeree, per questo viene denominato epitelio
respiratorio. Quindi, principalmente in laringe, trachea, bronchi, tuba di
Eustachio; ma anche nell’uretra e epididimo Epitelio respiratorio
(trachea)
8 – EPITELIO DI TRANSIZIONE o UROTELIO o POLIMORFO
È un epitelio che presente solo nel tratto urinario dei
mammiferi (vescica e uretere), che si è specializzato nel
sopportare un notevole grado di stiramento e di resistenza alla
tossicità dell’urina.
Ha alcune caratteristiche intermedie tra gli epiteli cubici
stratificati e gli epiteli pavimentosi stratificati.
Può cambiare la propria forma, ad esempio nella vescica le
cellule possono essere più contratte o più distese a seconda del momento funzionale della vescica stessa
Quando rilassato (o contratto), cioè, quando la vescica è vuota, l’epitelio sembra essere costituito da 4 o 5
strati di cellule. Lo strato basale è formato da delle cellule cubiche/cilindriche; lo strato intermedio è formato
da delle cellule clavate/piriforme; lo strato superficiale è formato da delle
cellule a ombrello o a cupola. Queste cellule sono presenti
esclusivamente in questo tipo di epitelio, sono grandi e arrotondate,
possono abbracciare due o più cellule sottostanti e possono essere
binucleate.
Epitelio vescica urinaria rilassato
Quando stirato (o disteso), cioè, quando la vescica è piena, l’epitelio si
assottiglia, SEMBRA essere formato da 2 o 3 strati di cellule, ma in realtà
il numero di strati non cambia. Quando disteso, le cellule basali e
intermedie variano a seconda del grado di distensione, mentre le cellule
della superficie (quelle a ombrello) mantengono le caratteristiche costanti.
Epitelio vescica urinaria stirato
Domanda da esame: Come si distingue un epitelio di transizione da un altro
epitelio? R: cellule a ombrello.

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EPIDERMIDE
È un epitelio pavimentoso composto cheratinizzato, nonostante sia costituito da tutti e 3 i tipi di cellule
(pavimentose, cilindriche e cubiche) per il semplice motivo che, ricordiamo, il nome dell’epitelio composto
viene dato dal tipo di struttura più esterna, che, nel caso dell’epidermide è infatti quella pavimentosa.
La cute, o pelle, è l’organo più grande del corpo umano, che ricopre la superficie del corpo.
Ha uno spessore variabile, è di circa 70-110 micron nella maggior parte delle sedi, ma può raggiungere uno
spessore fino a 0.8mm sul palmo delle mani e 1.4mm sulla pianta del piede.
Ha la funzione protettiva, sensitiva, termoregolativa (controlla la temperatura corporale attraverso la
vascolarizzazione cutanea e alla produzione di sudore), metabolica (attraverso l’attivazione della vitamina
D3).
È costituita da:
- epidermide: epitelio pavimentoso pluristratificato; ha proprietà auto-rigenerante; produce la cheratina
- derma: strato di tessuto connettivo fibroso denso, ricco di collagene e fibre elastiche. Contiene vasi
sanguigni, nervi e recettori sensitivi.
- ipoderma: spesso strato di tessuto connettivo più lasso. È costituito, soprattutto, da tessuto adiposo.
- annessi: sono i peli, unghie e ghiandole sebacee e sudoripare.

L’epidermide e il derma sono separati da una distinta membrana basale, che è ancorata al derma per mezzo
di esili fibrille di fibrillina. Sotto il derma si trova uno strato di, il connettivo sottocutaneo o ipoderma.
Il derma si solleva in pieghe, le papille dermiche, che si interdigitano con sporgenze dell’epidermide
denominate creste epidermiche. Il rapporto tra tessuto epiteliale e tessuto connettivale è determinato dalla
presenza di quelle che sono chiamate creste epiteliali e papille dermiche: le creste epiteliali vanno a infilarsi
nel derma, mentre, al contrario, le papille dermiche vanno a infilarsi nell’epitelio, creando una struttura
compatta ma allo stesso tempo mobile. Un altro motivo dell’esistenza delle papille dermiche sta nel fatto che
l’epitelio non è vascolarizzato, e quindi i vasi del connettivo (che al contrario lo è) si possono avvicinare il
più possibile allo stesso epitelio. La loro funzione è quindi metabolica oltre che meccanica.

Domanda da esame: Motivo dell’esistenza delle creste? R: crea struttura compatta e mobile e permette la
vascolarizzazione dell’epitelio. Come distinguere un vaso sanguigno da un dotto?
L’epidermide è costituita da tre linee cellulari distinte
1) CHERATINOCITI: le cellule proprie dell’epidermide. Questi proliferano nello strato più profondo
dell’epitelio e vanno incontro a un complesso e ben definito processo differenziativo che porta alla loro
corneificazione. L’epidermide quindi si rinnova continuamente. I cheratinociti si dispongono su 4+1
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strati che, dall'interno all'esterno, sono: strato basale, strato spinoso, strato granuloso, strato lucido (solo
nelle regioni palmo-plantari) e strato corneo (si parte dall’interno verso l’esterno):
a. Strato basale: composto da un singolo strato di cellule cubiche o cilindriche basse che poggiano
sulla membrana basale (che separa l’epidermide dal derma). È lo tratto responsabile della rigenerazione degli
altri strati (grazie ai cheratinociti, che proliferano per mitosi e ai cheratinociti staminali, presenti ogni 5-6
cheratinociti). Le cellule dello strato basale sono collegate da desmosomi. Quando i cheratinociti si
riproducono per mitosi, una cellula resta nello strato basale mentre l’altra migra nello strato spinoso (subisce
divisioni meiotiche).
b. Strato spinoso o del Malpighi: è formato da 4-8 strati di cellule basofile di forma poliedrica che
diventano appiattite a mano a mano che si approssimano alla superficie, unite tra loro da numerosi
desmosomi (i primi vedevano delle strutture simili a spine tra una cellula e l’altra e l’hanno chiamato di
strato spinoso, ma in realtà quelle strutture erano i desmosomi). Le cellule dello strato spinoso sintetizzano
proteine come l'involucrina che si depositano nello spazio intercellulare degli strati sovrastanti. Sembra che
questa proteina abbia la funzione di disporsi lungo il versante citoplasmatico della membrana fosfolipidica
dei cheratinociti, fornendo un importante contributo all'impermeabilità di queste cellule destinate a diventare
corneociti, cioè cellule morte per apoptosi costituenti il rivestimento più esterno della cute.
c. Strato granuloso: È costituito da 3-5 strati di cellule appiattite (cominciano a perdere la loro forma
poliedrica e diventano sempre più appiattite quando si va verso l’esterno) contenenti grossi granuli
intensamente basofili di forma irregolare, denominati granuli di cheratoialina. Questi granuli contengono
filaggrina, molecola capace di aggregare in macrofibrille i fasci paralleli di filamenti di cheratina. Le cellule
granulose sintetizzano la loricrina, proteina che deriva il suo nome dal latino lòrica, ovvero corazza. Sulla
superficie di questo strato. L’involucrina e la loricrina si depositano a livello della membrana, formando una
parte resistente. Questo strato è fondamentale in quanto conferisce una resistenza alla struttura
dell’epidermide
Domanda: Quali proteine sono prodotte in questi due stratti? R: involucrina (spinoso) e filaggrina (nel granuloso).
d. Strato lucido: Si trova fra lo strato granuloso e il corneo, in caso di epidermide molto sottile può
anche non esserci. Il suo nome è dato dalla lucentezza delle cellule che lo compongono. Esse solitamente
sono disposte in un'unica fila (doppia in particolari parti del corpo come la pianta del piede). Contengono
eleidina (sostanza proteica acidofila, ricca di lipidi e zolfo, con proprietà fortemente rifrangenti, responsabile
per l’aspetto lucido). Le cellule dello strato lucido, come in tutti gli strati dell'epidermide dette
"cheratinociti", in questo stadio differenziativo stanno perdendo il nucleo, per morire ed andare a formare lo
strato corneo dell'epidermide.
e. Strato corneo: È costituito da molti strati di cheratinociti terminalmente differenziati. Queste sono
cellule appiattite e corneificate, denominate anche corneociti. Sono cellule prive di nucleo e di altri organuli
e ripiene di filamenti di cheratina fittamente aggregati tra loro ed immersi in una densa matrice. Le cellule
dello strato corneo sono strettamente connesse tra loro e con quelle del sottostante strato lucido o granuloso
da desmosomi modificati. Lo spessore dello strato corneo varia molto in base alla sede: è molto elevato sul
palmo della mano o sulla pianta del piede, e più sottile in altri territori. I corneociti sono particolarmente
resistenti agli insulti meccanici e chimici per la presenza di uno spesso strato di materiale definito involucro
cellulare corneificato, la cui composizione proteico-lipidica costituisce la principale barriera verso
l’ambiente esterno ed alla sua formazione contribuiscono una varietà di molecole elaborate.

2) MELANOCITI: I melanociti sono delle grosse cellule localizzate negli strati più profondi dell’epidermide
(strato basale e spinoso), misti ai cheratinociti seppur presenti in quantità minore.
Queste cellule non subiscono la corneificazione. Sintetizzano un pigmento, la melanina, e sono provvisti di
prolungamenti ramificati (forma stellata) che si estendono per lunga distanza verso la superficie dell’epitelio
insinuandosi negli interstizi tra le cellule dello strato spinoso. Non sono congiunti da desmosomi e sono privi
di tonofilamenti. I melanociti contengono l’enzima tirosinasi, necessario per la formazione della melanina.
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Dai melanociti, la melanina è trasmessa ai cheratinociti. La melanina è contenuta in organelli cellulari
appositi, i melanosomi, che si formano nel complesso del Golgi come vescicole delimitate da membrana. I
melanosomi migrano poi nei prolungamenti e sono trasferiti nelle cellule degli strati basale e spinoso.
La melanina è responsabile del colore della pelle: essa è un polimero, ed è il pigmento più importante
contenuto nelle strutture superficiali dei vertebrati, capace di assorbire la luce e le radiazioni ultraviolette,
proteggendoci dai raggi UV.
Non vi è grande differenza nel numero di melanocita tra persone con pelle chiara e scura, ma essi sono
considerevolmente più attivi nella sintesi di melanina nelle persone con pelle scura. Negli individui con pelle
chiara, l’esposizione graduale alla luce UV stimola i melanociti a produrre pi melanina e la persona risulta
abbronzata. Però una stimolazione forzata e costante aumenta il rischio di sviluppo di neoplasie a carico di
queste cellule (melanomi – che posso andare in metastasi su quasi tutto il corpo).

2) CELLULE DI LANGERHANS sono cellule dendritiche situate in posizione sopra-basale


nell’epidermide, che hanno ruolo nella risposta immunitaria. Esse riconoscono e processano gli antigeni
e allertano le altre cellule immunitarie dell'intrusione di una molecola o corpo estraneo. È una sorta di
“sentinella” immunitaria. Anche questa cellula è a forma di stella.

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SPECIALIZZAZIONI DI MEMBRANA DEGLI EPITELI – STRUTTURE DI GIUNZIONE
Come abbiamo visto le membrane plasmatiche delle cellule mostrano una varietà di strutture specializzate
che conferiscono a le cellule la capacità di funzionare come una barriera a permeabilità selettiva (ad
esempio: l'epitelio di transizione della vescica è impermeabile, mentre l'epitelio di rivestimento dell'intestino
tenue promuove il movimento selettivo di ioni e molecole).
Le giunzioni sono strutture formate da proteine di membrana che consentono specifiche interazioni tra
cellule adiacenti o tra cellule e matrice extracellulare. Le giunzioni possono infatti:
 Rendere più efficace la comunicazione tra le cellule
 Contribuire a incrementare l'adesione cellulare e quindi la resistenza meccanica del tessuto
 Obliterare gli spazi tra le cellule, cosicché il tessuto impedisca la diffusione di sostanze o organismi
estranei.
Una classe di contatto adesivo tra le cellule è composta da complessi di adesione specializzati, in cui è
possibile riconoscere strutture organizzate a livello funzionale. Nei vertebrati si distinguono in tre tipi:
giunzioni occludenti (in inglese, tight junctions), giunzioni comunicanti (in inglese, gap junctions) e
giunzioni ancoranti.
A seconda, invece, dell'estensione sulla membrana si distinguono tra:
 Fascia o zonulae: una zonula è una giunzione perimetrale che coinvolge una banda che circonda la
cellula e consente l'adesione completa di tutta la superficie in cui è presente
 Circoscritte o maculae: le maculae sono dei dispositivi funzionali di forma rotonda o ovale che
occupano una porzione circoscritta della superficie del plasmalemma.

1. Giunzioni occludenti (o strette, o serrate, o tight junction): formano un collare attorno a ogni
cellula, subito dopo la superficie apicale, bloccando il passaggio di molecole tra cellule adiacenti. A livello
molecolare sono formate da proteine transmembrana che "suturano" membrane plasmatiche adiacenti. Le
strutture giunzionale perimetrali sono sempre indicate come zonule, questo tipo di giunzione e infatti
chiamando zonula occludens. Oltre alla funzione di sigillare lo spazio intercellulare dall'ambiente luminale,
queste giunzioni servono anche per mantenere la polarità della membrana cellulare e dividono la membrana
plasmatica in due domini distinti, quello apicale e quello basale.
2. Giunzioni ancoranti (dette anche giunzioni aderenti): normalmente si formano sotto le giunzioni
occludenti ma, a differenza delle giunzioni occludenti, non fondono completamente le 2 membrane. La loro
funzione è di: favorire lo scorrimento delle superfici laterali delle cellule durante la riparazione dei tessuti e
legare le cellule dello stesso tessuto, in modo che si comportino come un unico blocco. La maggior parte delle
giunzioni aderenti sono composte da proteine transmembrana chiamate caderine, queste formano una specie di
cerniera intorno a ciascuna delle due cellule e le legano assieme, proprio come fanno le giunzioni occludenti,
ma senza impedire il passaggio di sostanze. Le giunzioni aderenti possono essere divise in due grandi gruppi:
giunzioni aderenti cellula-cellula (fasce aderenti e desmosomi) e giunzioni aderenti cellula-matrice
(emidesmosomi e adesioni focali).
3. Giunzioni comunicanti (dette anche gap junctions, giunzioni serrate o nexus): comunicanti sono dei
veri e propri canali di comunicazione tra il citoplasma di due cellule adiacenti. I canali permettono il passaggio
di piccole molecole e ioni inorganici come amminoacidi, ATP e GTP. Queste giunzioni hanno un ruolo
fondamentale nella sincronicità tra cellule che compongono uno stesso tessuto e possono accoppiare due
cellule adiacenti sia da un punto di vista metabolico che da un punto di vista elettrico. Sono presenti anche tra
cellule non epiteliali (esempio: nella muscolatura cardiaca queste giunzioni hanno un ruolo fondamentale nella
sincronicità tra cellule che compongono uno stesso tessuto e possono accoppiare due cellule adiacenti sia da
un punto di vista metabolico che da un punto di vista elettrico). Sono costituite da proteine trans-membrana, le
connessine, che formano due emi-canali a forma di cilindro cavo, ciascuno dei quali sporge dalla membrana di
una cellula e si allinea a formare un vero e proprio canale, il connessone, che collega l'interno delle due cellule
adiacenti.
EPITELIO GHIANDOLARE
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Gli epiteli ghiandolari sono delle strutture specializzate nella produzione e secrezione di sostanze (ormoni,
lipidi, polisaccaridi, enzimi, ecc.) che possono essere mandate all’esterno del nostro corpo, attraverso un
dotto escretore oppure attraverso i vasi sanguigni. Questa è la distinzione tra ghiandole esocrine e endocrine,
le due principali categorie di ghiandole:
 Le ghiandole esocrine, a secrezione esterna: Riversano il loro prodotto o sulla superficie esterna del
corpo o in cavità che comunicano con l’esterno. Sono sempre provviste di almeno un dotto
escretore.
 Le ghiandole endocrine, a secrezione interna: Riversano il loro prodotto direttamente nei capillari
sanguigni. Sono sempre sprovviste di dotti escretori. Le ghiandole endocrine sono quindi riccamente
vascolarizzate.

ORIGINE E SVILUPPO
L’origine è la stessa per entrambi i tipi di ghiandole. Entrambe hanno origine da un epitelio in cui comincia a
formarsi un bottone che tende ad invaginarsi e andare in profondità. Le diversità inizieranno a crearsi con lo
sviluppo:
 Nella ghiandola esocrina il bottone tende ad invaginarsi, a
scendere sempre più profondamente, ma mantiene sempre in
ogni caso un collegamento con l’epitelio iniziale, con la
superficie da cui si è formato.
 Nella ghiandola endocrina il bottone tende ad invaginarsi, a
scendere sempre più profondamente, fino a perdere ogni
contatto con l’epitelio che l’ha generato.
In un epitelio ghiandolare lo stroma è composto da tessuto
connettivale, dove decorrono vasi e nervi, riccamente vascolarizzato.
Il parenchima determina invece la funzione della ghiandola, e di
conseguenza l’attività secernente della stessa.

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GHIANDOLE ESOCRINE
CLASSIFICAZIONE
Sono distinte in 2 macro gruppi:
1) Ghiandole unicellulari, composte da una singola
cellula
2) Ghiandole pluricellulari, composte da più cellule
Le ghiandole pluricellulari sono classificate in base:
A. Alla loro infiltrazione, ovvero a quanto la nostra
ghiandola va all’interno dell’organo cavo, oppure
se viene a strutturare l’organo pieno. (intraparietali
– extraparietali).
B. Il tipo di ghiandola, e quindi la forma e la
morfologia (semplici – composte).
C. Le modalità di secrezione, ovvero cosa succede
alla cellula nel momento in cui produce il proprio
secreto (olocrine – apocrine – merocrine).
D. Il tipo di secreto (sierose – mucose – miste)

1. GHIANDOLE ESOCRINE UNICELLULARI


Ne abbiamo un solo tipo, ovvero le cellule mucipare caliciformi. Questo
tipo di ghiandola è presente ed è molto importante nel tratto respiratorio e
digestorio.
Ha la grandezza di una cellula cilindrica (è una cellula epiteliale colonnare
modificata che secerne muco). Si riconoscono per la caratteristica forma a
calice (in realtà dovuta alla preparazione dei campioni per l'osservazione al
microscopio, che le porta a gonfiarsi di acqua e ad assumere la caratteristica
forma a calice; sarebbero altrimenti di per sé cellule di forma cilindrica),
con una parte apicale dilatata, che si restringe in prossimità del lume. Il
plasmalemma apicale presenta numerosi microvilli adibiti ad aumentare la
superficie secretoria, al di sotto, nella porzione basale vi è il nucleo e tutti
gli organuli citoplasmatici, mentre nella porzione centrale e soprattutto
apicale ci sono tutte le goccioline di mucinogeno, che diventa mucina
(una glicoproteina) e che poi a contatto con l’acqua diventa muco.
Il muco non è altro che una sostanza ricca di lipidi, non facilmente
colorabile, che forma una patina (in caso nelle ghiandole in figura,
nell’apparato digerente, a livello dello stomaco) sopra l’epitelio, con la
funzione di protezione. La patina permette inoltre un maggior scorrimento
delle sostanze che abbiamo digerito fino all’intestino.

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2. GHIANDOLE ESOCRINE PLURICELLULARI
Classificazione:

A. Classificazione in base alla infiltrazione (o localizzazione)


Tutte le ghiandole pluricellulari possono avere
una loro infiltrazione, entrando più o meno
nell’organo. Parleremo quindi, quando si tratta
di organi cavi, di ghiandole intraparietali,
mentre parleremo, quando si tratta di organi
pieni, di ghiandole extraparietali (pancreas –
fegato).

Ghiandole Intra-
parietali
Per quanto riguarda gli organi cavi (stomaco, duodeno,
trachea, ureteri, ecc) le ghiandole intraparietali possono
penetrare più o meno all’interno della parete. Si
creerà quindi una seconda divisione:
- Parleremo di ghiandole intraepiteliali,
quando penetrano pur rimanendo in
superficie (non va oltre l’epitelio, e quindi a
livello del tessuto connettivale sottostante).
- Parleremo di ghiandole esoepiteliali (o extraepiteliali) quando penetrano
più in profondità. Le ghiandole esoepiteliali possono ulteriormente essere
divise in:
o Ghiandole sottomucose, quando arrivano alla tonaca
sottomucosa, e
o Ghiandole coriali, quando arrivano alla tonaca propria.

Ghiandole Extra-parietali
Le ghiandole extra-parietali sono invece quelle ghiandole in cui l’organo non ha una cavità. Esempi classici
sono pancreas e fegato, due ghiandole intere e grosse dove tutta la struttura è un’unica ghiandola.
Le ghiandole pluricellulari sono quindi formate da una rete di sostegno (lo stroma, di natura connettivale) e
da una porzione secernente (il parenchima, di natura epiteliale. È formato da dotti escretori ed adenomeri,
che altro non sono che l’unità funzionale e secernente della ghiandola esocrina).
- Il pancreas è una ghiandola sia esocrina che endocrina, ma con le due zone ben delimitate: il
pancreas di per se è tutta una ghiandola esocrina, al cui interno ci sono delle strutture, isole di
Langerhans, che non sono altro che la porzione endocrina del pancreas.

- Il fegato è anch’esso una ghiandola sia esocrina che endocrina, in quanto le stesse cellule che lo
compongono, ovvero gli epatociti, hanno in contemporanea sia una funzione esocrina che
endocrina: uno attraverso la produzione della bile, uno attraverso l’immissione di varie sostanze nel
torrente circolatorio.

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B. Classificazione in base alla morfologia dei dotti escretori
Le ghiandole possono avere svariate forme, queste vengono classificate in base alla forma degli adenomeri,
ma tutte hanno origine da 3 forme di base:
- Ghiandole tubulari: l’epitelio secernente si dispone a formare delle strutture tubulari (forma
allungata e lume evidente);
- Ghiandole acinose: adenomero di forma sferica o a fiasco, con lume molto piccolo
- Ghiandole alveolari: forma sferica e lume molto ampio
- Poi abbiamo le tubulo-acinose (o tubulo-alveolari), che nelle quali gli adenomeri hanno una forma
tubulare irregolare, presentando, soprattutto all’estremità, dilatazioni ampollari; l’aspetto
morfologico è perciò intermedio tra quello delle ghiandole tubulari e delle acinose (o alveolari).
In base all’organizzazione dei dotti escretori, le ghiandole esocrine vengono poi suddivise in:
- Ghiandole semplici, prive di un vero dotto escretore o provviste di un breve dotto escretore, non
ramificato, connesso a un solo adenomero;
- Ghiandole ramificate, il dotto escretore riceve il secreto di più adenomeri;
- Ghiandole composte, provviste di dotti escretori suddivisi in rami di calibro sempre minore,
ciascuno dei quali è connesso, all’estremità, con gruppi di adenomeri variamente aggregati.

In genere sono contenute in una capsula di tessuto connettivo, dalla quale si dipartono dei setti fibrosi
diretti verso l’interno della ghiandola, che suddividono il tessuto ghiandolare in lobi e poi in lobuli. Il
dotto escretore principale di una ghiandola composta si divide in alcuni rami principali (detti rami lobari)
che raccolgono il secreto di tutto il tessuto ghiandolare del lobo; questi rami si suddividono ulteriormente
in rami lobulari che si distribuiscono ai lobuli; i rami di più piccolo calibro, infine, si connettono
ciascuno a uno o alcuni adenomeri. I dotti escretori possono essere dotati di una parete più o meno
spessa:
23
- Gli adenomeri (unità secernenti)
immettono il loro secreto all’interno dei
dotti escretori più piccoli (dotti
intercalare)
- Il secreto dal dotto intercalare va a finire
nel dotto striato
- Insieme il dotto intercalare e il dotto
striato vanno a formare il dotto
interlobulare
- Il prodotto è infine riversato nel dotto
principale (che può essere
pluristratificato).

Da ricordare: gli adenomeri sono il parenchima


dell’organo pieno e i dotti formano lo stroma.

Gh. tubulari semplici Gh. tubulari a gomitolo Gh. tubulari ramificate

Quando analizziamo e classifichiamo una ghiandola a livello istologico, dobbiamo sempre tenere in
considerazione il fatto che questa debba essere analizzata nelle sue 3 dimensioni, in quanto il taglio può
condizionare una sua eventuale classificazione (la sezione del taglio può influire e non si vedono bene tutte
le strutture, per questo si fanno tanti tagli di uno stesso preparato).
Domanda da esame: Come faccio a capire da un vetrino la differenza tra un dotto e un vaso sanguigno?

È abbastanza facile, in quanto dove ci sono i dotti escretori si vedono tutti i puntini neri che non sono altro
che i nuclei delle cellule che formano i tessuti epiteliali (cubici, cilindrici e pluristratificati) che compongono
la parete del dotto escretore stesso.
La parete di un vaso invece presenta sempre dei fasci e delle strutture lineari, ma mai delle cellule fisse.

24
C. Classificazione in base alla modalità di secrezione
Abbiamo 3+1 tipi di modalità di secrezione:

 Olocrina (es. ghiandole sebacee)  la cellula va in apoptosi e secreta frammenti cellulari insieme al
secreto
 Apocrina (es. ghiandole mammarie)  la cellula secernente rilascia parte del citoplasma (zona
apicale) insieme al secreto attraverso la formazione di vescicole. La MP viene rigenerata.
 Merocrina (es. la maggior parte delle ghiandole del nostro corpo)  la cellula non si altera, il
secreto esce tramite esocitosi.
 Ecrina (molto simile alla merocrina)  la differenza è che non c’è coinvolgimento della cellula, il
secreto esce con pompe proteiche.

OLOCRINA
Da olos, in greco, che significa tutto. Le cellule, nel momento
in cui producono il loro secreto, si distruggono interamente,
vengono immesse nel dotto escretore e mandata all’esterno.
Allo stesso tempo, mentre la cellula viene secreta, se ne crea
una nuova che rimpiazza quella che è stata distrutta.
Per quanto riguarda le ghiandole sebacee, sono presenti a
livello dell’epidermide e sono associate a un bulbo pilifero. Il
prodotto non è altro che il sebo. La composizione del sebo varia in base anche alla dieta e al nostro stile di
vita (quindi il sebo è composto anche di una parte della cellula).

APOCRINA
Le ghiandole a secrezione apocrina sono invece una “via di
mezzo”. La produzione (esempio la ghiandola mammaria che
produce il latte nel periodo dell’allattamento) si complessa con
la membrana plasmatica, formando vacuoli che vengono
mandati all’esterno dei dotti escretori, occupando però anche
una parte della membrana plasmatica. Ogni volta, quindi, le
porzioni apicali della membrana plasmatica vengono
allontanate insieme alla formazione di queste goccioline, e la porzione apicale dev’essere ricreata. Per
questo, a livello del Golgi e del reticolo endoplasmatico, vi è una grossa produzione di lipidi e di colesterolo
utilizzati per ricostruire membrana plasmatica stessa.

25
MEROCRINA
È il tipo di secrezione più diffuso. La secrezione merocrina è quella classica, dove la cellula non si altera, ma
il secreto viene portato all’esterno attraverso un classico fenomeno di esocitosi.

D. Classificazione in base alla natura chimica del secreto


Per quanto riguarda le ghiandole merocrine, ci sono delle differenze nella natura chimica del secreto:
Ci può essere una secrezione di tipo sieroso, una secrezione di tipo mucoso, oppure mista.
 La secrezione sierosa è molto ricca di acqua
ed enzimi, limpida, con poca densità. HA
UNA FORTE ATTIVITA’ TINTORIALE,
ovvero tende facilmente a colorarsi. Il nucleo
è abbastanza sferico, in una posizione
paracentrale. Tutto intorno, ci sono gli
organuli citoplasmatici. In alto ci saranno i
vacuoli a secrezione sierosa che vengono
mandati all’esterno.
 Nella secrezione mucosa, come
abbiamo visto a livello delle unicellulari, vi è la
produzione di muco. Questo è ricco di lipidi, quindi di colore
biancastro, molto vischioso, ad alta densità e peso specifico. HA
BASSA ATTIVITÀ TINTORIALE, in quanto nei lipidi si
possono utilizzare solamente delle colorazioni particolari. Un’
altra cosa fondamentale è che, essendo ricco di muco ad
alta densità, il nucleo e tutti gli organuli citoplasmatici sono
schiacciati sulla membrana plasmatica nella porzione
opposta alla loro secrezione (ricordando che: mucinogeno  mucina 
muco).
 Nella secrezione mista, LA GHIANDOLA NEL
SUO INSIEME è in parte a secrezione sierosa e
in parte a secrezione mucosa, ma, LE SINGOLE
CELLULE CHE LA COMPONGONO, possono
essere SOLAMENTE sierose o SOLAMENTE
mucose!
 In una secrezione mista, normalmente (pur non
essendo una regola), le cellule a secrezione
sierosa tendono ad avvolgere e formare una sorta di “cappuccio” attorno a quelle a secrezione
mucosa (come si vede nell’immagine, sono quelle esterne, più scure). Queste cellule sierose che
compongono il “cappuccio” sono le SEMILUNE DEL GIANNUZZI. Mentre quelle chiare sono
cellule a secrezione mucosa (ad esempio: presente nella ghiandola sottomandibolare)

MUCOSA SIEROSA MISTA

Ricco di lipidi Acqua + enzimi Presenta cellule del tipo di


26
Alta densità e alto peso (molto Poca densità secrezione mucoso e sieroso.
vischioso)
Bassa attività tintoriale Forte attività tintoriale
Nucleo e organuli schiacciati sulla Nucleo sferico, in posizione centrale
MP nella porzione opposta alla
secrezione

GHIANDOLE ENDOCRINE
Le ghiandole endocrine sono tutte quelle che NON sono provviste di dotti escretori, sono riccamente
vascolarizzate, e il loro prodotto, che sono gli ormoni, viene veicolato nel sangue e va a colpire degli
“organi bersaglio” che possono essere anche molto distanti, come ad esempio la tiroide, che produce degli
ormoni che vanno attraverso il torrente circolatorio fino al surrene. Oppure l’insulina, che viene secreta dal
pancreas e agisce sui tessuti muscolare e adiposo per controllare il metabolismo del glucosio (vedremo più
avanti). Gli “organi bersaglio” hanno dei recettori molecolari, che permettono il riconoscimento delle cellule
bersaglio da parte degli ormoni. Più in generale gli ormoni influiscono sul metabolismo del nostro corpo.
Una cosa da ricordare: le funzioni biologiche degli ormoni si svolgono con tre diversi meccanismi:
Endocrino = l'ormone prodotto a livello della ghiandola endocrina raggiunge il tessuto bersaglio tramite il torrente circolatorio.
Paracrino = l'ormone prodotto a livello della ghiandola endocrina raggiunge il tessuto bersaglio tramite il liquido extra-cellulare.
Autocrino = l'ormone prodotto a livello della ghiandola endocrina ha effetto sulle stesse cellule che l'hanno prodotto.

Essendo prive di dotti, le cellule di queste ghiandole secretano il loro prodotto nello spazio intracellulare, e
da qui esse si diffondono nel flusso ematico.
Insieme al sistema nervoso, gli ormoni coordinano e integrano le funzioni di tutti i sistemi fisiologici.
Le ghiandole endocrine sono molto variabili per dimensione, localizzazione e aspetto. Però hanno alcune
caratteristiche comuni:
- Molte sono strutturate come organi pieni, solo alcune sono singole cellule ampiamente distribuite
- Alcune ghiandole endocrine sono costituite da piu di un tipo di cellule secernente
- La secrezione di ormoni da parte delle ghiandole endocrine può essere controllata da svariati
meccanismi, quali:
o fattori metabolici (es. il livello di glicemia),
o altri ormoni (ad esempio il TSH prodotto dall’adenoipofisi che controlla la produzione di
tiroxina da parte della tiroide),
o il sistema nervoso autonomo (es.: secrezione di adrenalina dalla midollare del surrene)
o o una combinazione di fattori.
CLASSIFICAZIONE
In base alla struttura le ghiandole endocrine si possono classificare in:
- Ghiandole a cordoni cellulari solidi (o ad ammassi): sono ghiandole formate da elementi cellulari
che si dispongono in strutture allungate, i cordoni, avvolte da una membrana basale spesso attorniata
da una fitta rete di capillari sanguigni. Ne sono esempi: l’ipofisi, le paratiroidi, la zona fascicolare
del surrene, il pancreas endocrino (isole di Langerhans).
- Ghiandole follicolari: sono ghiandole organizzate in follicoli, cioè elementi tondeggianti contenenti
secreto attorniati da cellule ghiandolari cubiche. L’unico esempio nell’uomo è la tiroide.
- Ghiandole interstiziali: sono ghiandole formate da gruppi cellulari isolati o raccolti in piccoli
gruppi. Ne sono esempi le ghiandole interstiziali del testicolo e dell’ovaio, le cellule endocrine della
mucosa gastro-intestinale.

27
MECCANISMO DI CONTROLLO ORMONALE
Ma come funziona il tutto? Il tutto ha un’origine a livello neuronale. C’è una struttura nell’encefalo,
l’ipotalamo, che produce dei fattori (NON ORMONI), che si chiamano RF (releasing factors, fattori che
rilasciano) o IF (inhibiting factors, fattori che inibiscono). Questi fattori vanno a finire sull’ipofisi.
L’ipofisi è un organo situato tra il collo e il cranio, composto da due regioni, una anteriore, l’adenoipofisi, e
una posteriore, la neuroipofisi. Nell’adenoipofisi ci sono vari tipi cellulari, e ognuno produce degli ormoni
che vanno a colpire un determinato organo (ad esempio, abbiamo delle cellule che producono l’ormone
tireotropo che va a colpire la tiroide). Questi ormoni sono controllati dai fattori RF e IF dell’ipotalamo.
Queste regolazioni possono avere dei feedback negativi, ovvero ci sono dei circoli, grandi o piccoli, che
possono andare in una via o nell’altra via. In genere, la regolazione dell'attività secretoria di ipotalamo ed
ipofisi è soggetta a forme di feedback negativo:
1. Le cellule endocrine ipofisarie ed ipotalamiche rispondono a variazioni omeostatiche riversando i
propri ormoni in circolo;
2. Gli ormoni ipofisari stimolano le cellule endocrine degli organi bersaglio;
3. La risposta ormonale di queste ultime ripristina l'omeostasi ed elimina lo stimolo che le ha attivate,
inibendo la secrezione dei relativi ormoni ipofisari ed ipotalamici. Si viene così a creare un sorta di
circuito fisiologico, dove il prodotto finale di una determinata via metabolica inibisce le prime tappe
della stessa via che l'ha generato. Stiamo parlando dei famosi circuiti feedback negativo che
presiedono all'omeostasi del nostro organismo. Le regolazioni opposte, quelle a feedback positivo,
sono rare e limitate ai casi in cui occorre completare rapidamente l'azione; ad esempio, sempre
rimanendo in tema di ipofisi, durante il parto l'ossitocina provoca il rilascio di ulteriore ossitocina.
Quindi, ricapitolando, il primo stimolo ormonale controlla il secondo, e viceversa.

1. Pancreas
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Il pancreas è un organo ghiandolare. Ha funzione sia esocrine che endocrine. (La porzione esocrina produce
un secreto alcalino ricco di enzimi, che viene
rilasciato nel duodeno attraverso il dotto pancreatico.
Questo secreto ha la funzione di tamponare l’acidità
del chimo quando passa dallo stomaco al duodeno e
serve per degradare proteine, glicidi, lipidi e acidi
nucleici)
La porzione endocrina del pancreas sono le isole del
Langerhans.
Le isole del Langerhans sono delle regioni abbastanza
circoscritte, con un sottile strato di tessuto connettivale
che forma una sorta di membrana che separa la porzione
endocrina da quella esocrina. Le isole di Langerhans
rappresentano 1% del volume del pancreas, dove vi sono 2
milioni di isole. All’interno delle isole del Langerhans ci sono
principalmente 4 tipi cellulari:
- Cellule alfa, che producono il glucagone,
antagonista all’insulina  20% delle cellule
- Cellule beta, che producono l’insulina  75%
delle cellule
- Cellule delta, che producono la somatostatina,
che monitora l’azione delle cellule alfa e beta, h
a azione inibente sulla produzione di glucagone
ed insulina ed è utile per la regolazione della
secrezione a livello gastrico
- Cellule gamma, che producono il polipeptide
pancreatico, che inibisce la contrazione della
colecisti, regola la produzione di enzimi

Azione dell’insulina e del glucagone


Il glucosio è il principale zucchero nel sangue. Viene inserito con la dieta e viene trasportato dal sangue
verso tutte le cellule e viene utilizzato come fonte energetica per le funzioni cellulari.
Glicemia = livello di glucosio
nel sangue. Valori:
- Minimo a digiuno: 60-70mg
glucosio/dl sangue
(IPOGLICEMIA)
- Normale: 70-100mg glucosio/dl
sangue
- Massimo post-prandiale: fino a
150mg glucosio/dl sangue
(IPERGLICEMIA)

2. Tiroide
È l'unica ghiandola endocrina di
tipo follicolare, ha una struttura
“ad H”. È situata nella parte
anteriore del collo davanti alla
trachea
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Viene detta follicolare perché ha delle cavità, i follicoli tiroidei, i quali all’interno hanno una sostanza, più o
meno presente, che si chiama colloide.

Le pareti dei follicoli sono costituite da un unico strato di cellule follicolare dette tireociti T. All'interno dei
follicoli è presente una sostanza detta colloide che viene prodotta dai tireociti, dove è presente una grande
quantità di tireoglobulina, una glicoproteina iodata che funge come pre-ormone. Il follicolo tiene il colloide
come un deposito. Quando si ha la necessità di ormoni tiroidei, i tireociti recuperano parte della colloide
(tramite micropinocitosi) e la proteolizzano nei lisosomi, liberando così gli ormoni tiroidei.
La tireoglobulina viene trasformata negli ormoni T3 (triiodiotironina) e T4 (tetraiodiotironina o
tiroxina), captando dal torrente circolatorio lo iodio, che si lega al pro-ormone. Questi ormoni, una volta
prodotti, si diffondono attraverso la cellula e raggiungono i capillari adiacenti, viene quindi mandato in
circolo, e va a influire sul metabolismo in generale.
Vi sono anche le cellule C o parafollicolari, queste producono un ormone detto calcitonina, che riduce la
calcemia (concentrazione di ioni calcio nel sangue) attraverso la riduzione dell'assorbimento del calcio nei
reni e nell'intestino e stimola il deposito di calcio nelle ossa. Il suo ormone antagonista e il paratormone,
prodotto dalle paratiroidi, e aumenta la concentrazione di ioni calcio nel sangue. Il calcio è molto
importante nel sistema nervoso e muscolare, quando mancano gli ioni calcio avviene l’osteolisi.
CONTROLLO DELLA TIROIDE: l'ormone che regola la funzione della tiroide è il TSH (tireotropina o
ormone ipofisario tirotropo). Questo viene rilasciato dalla adenoipofisi (o ipofisi anteriore), chi a sua volta è
regolata dal TRH (ormone di rilascio della tireotropina), un fattore di rilascio prodotto nell'ipotalamo, che è
a sua volta regolato dai livelli ematici di T3 e T4, attraverso il meccanismo di feedback negativo.

30
3. Surrene
Sono ghiandole endocrine pari, situate sopra il rene. Sono piccole e di forma
appiattita.
Hanno il compito di secernere diversi ormoni che possono influenzare l'attività di
tutto l'organismo.

CONTROLLO
L’attività di produzione degli ormoni è regolata attraverso l’asse
ipotalamo-ipofisi-surrene.
- IPOTALAMO: produce CRH (fattore di rilascio della
corticotropina) e ADH (ormone antidiuretico o vasopressina). Questi
agiscono sull'adenoipofisi.
- ADENOIPOFISI: secerne ACTH (ormone adrenocorticotropo),
questo stimola la zona corticale del surrene (più specificamente la
zona fascicolata e zona reticolata).

La ghiandola è rivestita da una capsula di tessuto fibroso, che manda all’interno delicati tralci che formano il
supporto delle cellule secretorie.
Il surrene contiene due tipi di tessuto endocrino, con origine embriologiche e attività funzionale diverse, che
dividono ogni ghiandola in due zone diverse, la corticale e la midollare.
1) ZONA CORTICALE:
- È la zona esterna, deputata alla produzione di ormoni steroidei, strutturalmente correlati al loro
precursore comune: il colesterolo.
- La corticale è divisa in tre zone: zona glomerulare, zona fascicolata e zona reticolata.

a. Zona glomerulare:
- Lo strato più esterno. Produce mineralcorticoidi, ormoni che concorrono alla regolazione
dell'equilibrio idro-salino, regolando il volume plasmatico (volemia) e la pressione arteriosa.
- Il principale è l'aldosterone, che svolge un ruolo importante nel mantenere le concentrazioni
normali di sodio e potassio nel sangue (e quindi controlla il volume e la pressione sanguigni). La
sua produzione è regolata in parte dal ACTH, ma la maggior parte è regolata dal sistema renina-
angiotensina-aldosterone.

31
SISTEMA RENINA-ANGIOTENSINA-
ALDOSTERONE
Il rene percepisce la diminuzione della pressione
arteriosa, o della volemia, o della concentrazione di sodio
oppure riceve una stimolazione simpatica e quindi rilascia
renina, quest’enzima va in circolo e trova
l’angiotensinogeno, che viene prodotto dal fegato, e lo
trasforma in angiotensina I. Questa trova l’enzima ACE
(Angiotensin Converting Enzyme) a livello dei capillari
polmonari e viene convertita in angiotensina II. Questa
può agire in diversi punti, per esempio:
- stimola la secrezione di aldosterone (nella corteccia surrenale), che fa aumentare il riassorbimento di sodio
nel nefrone, questo fa aumentare la ritenzione d’acqua, si ha dunque un aumento della volemia e aumento
della pressione sanguigna.
- nell’ipotalamo: che aumenta il senso della sete e aumenta il rilascio di ormone antidiuretico, che a sua volta
aumenta il riassorbimento d’acqua nel dotto collettore del nefrone (nel rene), quindi aumenta la volemia e si
ha l’aumento della pressione sanguigna.
- nei vasi: provoca una vasocostrizione e questo fa aumentare la pressione sanguigna
- nei glomeruli renali: vasocostringe le arteriole del glomerulo, che diminuisce la filtrazione glomerulare,
così si aumenta il volume di liquido circolante (volemia) e aumenta la pressione.

b. Zona fascicolata:
- Lo strato intermedio. Produce glucocorticoidi, che regolano la produzione di glucosio.
- I più conosciuti sono cortisolo ("l'ormone dello stress") e corticosterone, prodotti in risposta
all'ACTH.
- Hanno svariati effetti sul metabolismo, tra i quali un aumento del glucosio ematico, incremento
della sintesi cellulare di glicogeno, accelerano il catabolismo proteico e il rilascio di lipidi dai
tessuti di deposito. Sono anche responsabili per la soppressione del sistema immunitario.

c. Zona reticolare:
- Produce in entrambi i sessi, per tutta la vita, quantità relativamente piccole di ormoni sessuali
sia maschili sia femminili; va però precisato che la zona interna della corteccia produce
prevalentemente androgeni (ormoni sessuali maschili) e solo piccole quantità di estrogeni
(ormoni sessuali femminili).

2) ZONA MIDOLLARE:
- Produce catecolamine, come l'adrenalina e la noradrenalina, che servono per avere una risposta
rapida di tutto l'organismo nelle situazioni di stress.
- Si sviluppa dallo stesso tessuto embrionale dei neuroni simpatici, per questo viene detto struttura
neuroendocrina.
- La produzione degli ormoni viene attivata dal sistema nervoso simpatico ("lotta o fuga").
L'adrenalina e la noradrenalina vanno in circolo e conferiscono aumento della pressione arteriosa,
dilatazione dei bronchi, aumento della frequenza cardiaca, aumento della glicemia e diminuzione
della peristalsi intestinale.

TESSUTO CONNETTIVO
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È un tipo di tessuto che fornisce sostegno strutturale e metabolico ai vari organi e tessuti dell’organismo.
Istologicamente, il tessuto connettivo può essere suddiviso in diversi sottotipi, a seconda delle loro
prerogative morfologiche e funzionali, tutti caratterizzati dal fatto di essere costituiti da cellule non
addossate le une alle altre, ma disperse in una più o meno abbondante sostanza intercellulare o
matrice extracellulare costituita da una componente amorfa e da una componente fibrosa.
Vi sono diversi tipi di tessuto connettivo, classificati in base a criteri morfologici e funzionali:
 Tessuto connettivo propriamente detto (PD): quello a cui ci si riferisce in genere utilizzando
questo termine. Esso svolge funzioni di sostegno e di protezione, costituisce la base su cui poggiano
i diversi epiteli e contribuisce alla difesa dell'organismo contro urti e traumi esterni. Si suddivide in:
o Lasso: La matrice (o sostanza fondamentale) è molto fragile ed è prevalentemente costituita
da collagene. Principalmente è adibito ad avvolgere gli organi e a separarli da quelli vicini e
hanno funzione stromale generica (diffusione, difesa, …)
 Adiposo: si compone di adipociti, o cellule grasse, che contengono notevoli quantità
di lipidi. Si distingue in: tessuto adiposo bianco (adipociti uniloculari) e bruno
(adipociti multiloculari).
 Reticolare: si trova, come tessuto di sostegno, in vari organi: emopoietici e linfoidi,
ghiandole esocrine ed endocrine, fegato, milza, fibre nervose, fibre muscolari, rene.
Nella sostanza amorfa c'è abbondanza di fibre reticolari.
o Denso: funzione meccanica.
 Fibroso: La matrice è molto più densa ed è costituita da collagene, elastina e in
percentuale maggiore fibrina (due proteine) cha la rendono resistente ed elastica. È
una struttura di sostegno e collegamento tra osso e muscolatura (es.: i tendini).
 Elastico: In questo caso prevale in percentuale l’elastina, che quindi conferisce a
questo tessuto particolari proprietà elastiche (es.: i legamenti).

 Tessuto connettivo di sostegno: Sono caratterizzati dall’avere un’abbondante matrice extracellulare


dotata di particolare durezza e resistenza. Come dice la parola stessa, connettivi di sostegno, hanno
lo scopo di fornire sostegno meccanico e protezione a organi e apparati. Si possono individuare nel
tessuto osseo e cartilagineo.

 Tessuto connettivo fluido (o liquido): caratterizzato da una matrice fluida. È una forma di tessuto
connettivo liquido il sangue (che ha una funzione trofica, cioè di portare sostanze nutritive,
ossigeno, ormoni, ecc.) e la linfa (che ha la funzione di smaltimento dei prodotti di scarto e di difesa
nei confronti di agenti patogeni).

TESSUTO CONNETTIVO PROPRIAMENTE DETTO


Ha sede negli spazi che si trovano negli altri tessuti e quindi concorre con essi a formare organi e apparati (fa
eccezione il sistema nervoso dove il tessuto connettivo non è presente ed è sostituito da un tessuto specifico
detto Nevroglia).
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Svolge diverse funzioni: sostegno meccanico, trofismo, difesa, riserva energetica.

1) LE CELLULE
Funzione predominante: sintesi e mantenimento della matrice extracellulare. Però molte di queste cellule si
sono specializzate e perciò possono essere suddivise in:
 Cellule fisse: Fibroblasti e adipociti sono i principali, hanno vita relativamente lunga e risiedono
sempre nel tessuto connettivo.
FIBROBLASTO: responsabile della secrezione della matrice extracellulare.
Sono le cellule più numerose del tessuto connettivo lasso. Sono deputati ad elaborare gli elementi
costitutivi delle fibre collagene ed elastiche, e i componenti macromolecolari quali proteoglicani e
glicoproteine della sostanza amorfa.
Sono disposti lungo le fibre collagene e appaiono come elementi fusati con un nucleo allungato.
Quando terminano il loro periodo proliferativo, si trasformano in fibrociti. Quindi, fibroblasti e
fibrociti non sono altro che lo stesso elemento cellulare in due momenti funzionali diversi:
o I fibroblasti sono elementi “attivi”. Sono presenti nel tessuto connettivo in
crescita, nel corso del processo di guarigione delle ferite, in coltura, si
dividono ripetutamente e sintetizzano i costituenti della sostanza intercellulare.
Il citoplasma diventa basofilo.
o I fibrociti sono elementi “non attivi”. Sono elementi quiescenti, in riposo,
privi di attività sintetica. Il citoplasma diventa acidofilo.
ADIPOCITA: cellule di sostegno, responsabili del deposito e metabolismo
dei lipidi. Sono disposti vicinissimi tra loro, senza fibre e sostanza amorfa frapposta tra di loro, e
sono deputati all’immagazzinamento e sintesi di sostanze lipidiche.
 Cellule mobili: sono cellule del sangue, che migrano dal sangue al tessuto connettivo, a seconda
della necessità. Hanno una vita breve, e sono i granulociti, i linfociti, i macrofagi, le plasmacellule
e i mastociti (vedremo più avanti, in tessuto ematico)

2) LE FIBRE
Le fibre si dividono in 3 grossi gruppi: collagene, reticolari e elastiche.
Le fibre collagene e le reticolari hanno lo stesso costituente di base, il tropocollagene, ma hanno una
disposizione diversa. Le fibre elastiche hanno proprio un’origine diversa, in quanto hanno funzioni
completamente diverse (elastina).
 Le fibre collagene
- Finora sono stati identificati 27 tipi di collagene, i più noti sono:
• Tipo I: nei tessuti connettivi fibrosi (tendini, legamenti, derma e osso)
• Tipo II: cartilagine ialina
• Tipo III: fibre reticolari
 Le fibre collagene sono caratterizzate dalla loro resistenza alla trazione. Difficilmente si
possono deformare o allungare (nell’ordine del 2%).
 Nelle sezioni istologiche risultano acidofile e si colorano di base in rosa con l’eosina. Sono
costituite da un insieme di fibrille, a loro volta costituite da microfibrille di tropocollagene
(unità di base di tutte le fibre collagene). Nei vertebrati superiori il collagene rappresenta
la proteina più abbondante, costituendo quasi 1/3 delle proteine totali dell’organismo.
LE MOLECOLE DI TROPOCOLLAGENE
Queste molecole non sono disposte a casaccio, ma secondo un ordine ben definito. Ogni
molecola è disposta testa-coda con un’altra. Lateralmente invece non sono allineate tra di
loro, ma sono disposte con uno sfasamento di circa ¼ della loro lunghezza. Considerando
quindi che una singola molecola è lunga attorno ai 280/300 nanometri, ogni molecola è

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sfasata rispetto a quella laterale ad essa di circa 70/75 nanometri. Ogni quattro si ritorna
all’inizio, e questo determina la bandeggiatura chiara e scura.
Se dovessimo invece analizzare una singola molecola di tropocollagene, andando ad
ingrandire ulteriormente, vedremmo che le molecole di tropocollagene sono formate da una
tripla catena amminoacidica ad alfa-elica: 2 catene uguali “alfa 1” ed 1 catena “alfa 2”.
Ingrandendo ancora vedremmo che ogni singola catena è composta da una serie di
amminoacidi, basati principalmente sulla presenza di prolina, glicina (la principale per
tenere insieme) e idrossiprolina/idrossilisina. La differenza riguardo la presenza di
idrossiprolina piuttosto che di idrossilisina determina la catena “alfa 1” per la prima o “alfa
2” per la seconda.

 Le fibre reticolari
-

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