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2018-2019
SBOBINE CORSO
DI DIAGNOSTICA
PER IMMAGINI
DPI – Lezione 01 – Introduzione alla diagnostica per immagini, RX, TC
Nella diagnostica per immagini includiamo diverse metodiche che vediamo qui elencate:
• Radiologia;
• TC, l’acronimo ha perso la A che aveva all’inizio e che stava per Assiale;
• Metodiche di medicina Nucleare
• Ecografia;
• Risonanza Magnetica
Tutte queste, ad esclusione della ecografia, sono ad esclusiva pertinenza del radiologo. L’ecografia
invece può essere utilizzata da qualsiasi medico. Ciascuna di queste metodiche utilizza mezzi fisici
per ottenere immagini, e in particolare la radiologia, la TC e le metodiche di medicina nucleare
utilizzano radiazioni ionizzanti. L’ecografia invece usa gli ultrasuoni e la risonanza magnetica usa
campi magnetici molto potenti.
Nella prima parte del corso guarderemo soprattutto come si costruiscono le immagini, come sono
le metodiche e quali esse siano, successivamente faremo una parte sulla radioterapia e sulla
radioprotezione e infine la radiologia speciale che riguarda ogni organo.
Radiologia Tradizionale
I macchinari sono presenti in tutti i reparti di radiodiagnostica, possono essere fissi, possono
essere anche portati a letto del paziente in caso esso non possa essere spostato di reparto ed
esistono anche degli apparecchi portatili per le radiografie a domicilio.
L’apparecchiatura tradizionale deve produrre raggi X, essi si formano a partire da un fascio di
elettroni che viene accelerato e vanno a sbattere su una lastra di metallo. Una parte di questa
energia viene convertita in raggi X. Questo urto degli elettroni contro il materiale prende il nome
di frenamento.
Cos’è il tubo radiogeno? Il tubo radiogeno è un’ampolla di vetro sottovuoto con due elettrodi, uno
positivo (catodo) e uno negativo (anodo), di cui uno (catodo) è quello in cui camminano gli
elettroni sotto forma di corrente elettrica ed è formato da un filo di tungsteno, e l’altro (anodo) è
invece la superficie contro cui sbattono gli elettroni ed è formato da un metallo pesante
(fondamentale che sia così perché solo i metalli pesanti generano radiazione X). I tubi moderni
sono dotati di un dispositivo rotante che cambia costantemente la posizione della lastra, in modo
che gli elettroni non colpiscano sempre lo stesso punto determinando un surriscaldamento.
Noi possiamo variare l’emissione di elettroni modulando:
• l’emissione di elettroni, si può modificare in base alla differenza di potenziale che sussiste
tra i due elettrodi, infatti maggiore sarà l’energia presente, più facilmente gli elettroni
verranno strappati dal filo elettrico, più elevata sarà l’energia cinetica degli elettroni
strappati e maggiore sarà l’energia delle radiazioni X generate.
• l’intensità del fascio, intesa come il numero di fotoni emessi. Il numero di fotoni emessi è
proporzionale al numero di elettroni che passano sotto forma di corrente, quindi variando
la corrente elettrica vario anche i fotoni.
Queste sono modulate dal tecnico radiologo, che per legge è l’esecutore dell’esame sotto la
supervisione del medico radiologo, che varia quindi i kV (chiloVolt, per quanto riguarda la
differenza di potenziale) e i mA (milliAmpere, per quanto riguarda la corrente). Questo processo
viene eseguito in base al distretto che esaminiamo, se si tratta di un distretto molto denso come il
bacino avrò bisogno di una grande energia radiante, mentre se è un distretto molle come
l’addome, avrò bisogno di una scarsa quantità di radiazione.
L’immagine radiologica è un’immagine che si viene a formare per attenuazione. Noi andiamo ad
interporre davanti ad un tubo radiologico un corpo che attenua il fascio di raggi X che è diretto
verso una lastra. Quello che succede è che le strutture dense fermano i fotoni, mentre le strutture
molli li attenuano con intensità variabili in base alla densità del tessuto. Questo determina la
proiezione di vere e proprie ombre sulla lastra. Trattandosi di ombre è anche molto importante la
posizione del corpo nello spazio, infatti posso modificare l’immagine risultante spostando il corpo
rispetto alla lastra. Più sarà lontano dalla lastra più sarà ingrandita e distorta l’ombra, mentre più è
vicina alla lastra più risulta simile all’originale. Con lo stesso principio, più è inclinato il fascio
rispetto al corpo più l’ombra apparirà deformata.
Abbiamo due metodiche fondamentali nella radiologia tradizionale:
• la Radiografia, dal greco γράφω (grafo) inteso come scrivere, si ottiene un’immagine fissa;
• la Radioscopia, dal greco σκοπός (skopos) inteso come osservare, si ottiene un’immagine in
dinamica.
Nell’esame radiografico classico la macchina è costituita da un tubo radiologico, da una lastra per
la creazione di immagini e un lettino per il paziente costituito da un materiale resistente ma
radiotrasparente. L’immagine che si formerà ci mostrerà in nero le strutture che si fanno
attraversare liberamente, in bianco le strutture molto dense e in grigio i parenchimi.
In questa immagine tipica del torace vediamo chiaramente in nero i polmoni, in bianco le ossa e in
grigio il cuore (aia cardiaca) e possiamo anche notare le arcate del diaframma. L’immagine si
forma nera perché dobbiamo immaginare che i raggi che passano attraverso i polmoni bruciassero
la pellicola. I diversi gradi di attenuazione dei raggi ci possono dare indicazioni per esempio sul
grado di ossificazione di una mano di un bambino.
Questa è una diretta addome, qui le ossa si vedono bene, ma tutte le strutture intestinali, i reni e i
muscoli appaiono tutte con la stessa intensità. Questo succede perché l’attenuazione non dipende
solo dalla densità del tessuto, ma anche da suo spessore. I tessuti molli del nostro organismo
hanno bene o male una densità molto simile, quindi li vediamo tutti uguali alla radiografia, il
motivo per cui riusciamo a distinguere un muscolo come l’ileopsoas o il rene sta proprio nel loro
spessore.
La terminologia è importante, quando vediamo un’immagine radiografica, il termine radiopacità e
radiotrasparenza non si riferiscono mai alla sola densità del tessuto, ma anche al loro spessore,
altrimenti avremmo parlato di radiodensità.
Quando eseguiamo un esame radiografico dobbiamo sempre indicare:
I fotoni che vengono generati attraversano il corpo e urtano contro il mezzo fluorescente
generando radiazione luminosa, questa viene captata
dall’amplificatore di brillanza che digitalizza
l’immagine proiettandola sullo schermo. In questo
modo possiamo seguire i movimenti durante un
esame radiologico. L’immagine che si genera sarà
l’esatto opposto della radiografia, i bianchi diventano
neri e i neri diventano bianchi, questo perché, dove
arrivano più fotoni, perché meno attenuati, più si ha
fluorescenza, mentre più sono attenuati meno
fluorescenza si ha.
È vero che possiamo ottenere più radiogrammi per unità di tempo grazie alle nuove radiografie,
per esempio con l’urografia e poi con la uro-TC, ma non è mai una vera e propria immagine real-
time, e richiede sempre un determinato tempo di elaborazione.
In passato la radioscopia veniva utilizzata per studiare i movimenti, mentre attualmente
l’immagine radioscopica è utilizzata principalmente per
Grazie alla digitalizzazione delle immagini, oggi tutte le immagini ottenute (RX, TC, RMN…)
possono essere inserite in un database informatico chiamato PACS, permettendo a tutti i medici di
risalire alle immagini diagnostiche di un determinato paziente dopo una determinata richiesta.
TC (Tomografia Computerizzata)
La storia della TC inizia intorno agli anni ’60 e si basa su tecniche matematiche già scoperte agli
inizi del XX secolo per scopi di astrofisica. Hounsfield si basa sulla tecnologia dei radar per costruire
una delle prime TC. Il grande vantaggio della TC rispetto alle metodiche radiologiche classiche è
che riesce a valutare la causa dell’attenuazione dei raggi, quindi discrimina se l’attenuazione dei
raggi è determinata dalla densità del tessuto o dallo spessore di quest’ultimo. Inoltre fornisce
un’immagine tridimensionale, che ci permette di localizzare precisamente la posizione di una
lesione. Nelle immagini radiologiche classiche possiamo cercare di determinare la posizione di
un’area densa facendo varie proiezioni, ma la posizione rimane sempre indeterminata. Quando
parliamo di esami tomografici si pensa sempre e solo alla TC, ma anche i raggi X, l’ecografia, la PET
e la RMN lo sono.
L’esame viene sempre eseguito in clinostatismo e l’immagine si ottiene facendo ruotare il tubo
radiogeno intorno al paziente e determinando così una sezione (slice) che viene osservata sullo
schermo come se guardassimo il paziente dal basso verso l’alto. La macchina è molto simile a
quella della risonanza magnetica come forma, ma ciò che cambia è proprio il meccanismo di
funzionamento. L’anello contiene un tubo radiogeno e una lastra di acquisizione delle immagini
digitale (chiamata detettore) posizionata esattamente all’opposto. Il detettore riceve i raggi e li
trasforma in un segnale elettrico che viene successivamente elaborato dal computer. Le TC più
vecchie montavano un solo detettore, mentre quelle più moderne possono montarne di più.
Le TC più antiche venivano definite TAC (Tomografia Assiale Computerizzata), e prendevano
questo nome proprio dal fatto che i macchinari possedevano numerosi cavi che andavano sia al
tubo radiogeno, sia al detettore. Quando la macchina girava, dopo una rotazione completa doveva
fermarsi per ricominciare il giro nell’altro senso altrimenti i cavi si sarebbero attorcigliati intorno al
paziente. Nel lasso di tempo in cui la macchina si fermava, si approfittava della pausa per spostare
di pochi millimetri il lettino del paziente avanti, generando un movimento assiale che avrebbe
permesso alla macchina di esaminare la “slice” successiva.
Con le moderne tecniche di trasmissione dati wireless si è venuta a creare la TC spirale, che può
ruotare all’infinito e permette al lettino del paziente di muoversi ad una velocità costante
eliminando quindi il termine assiale. Inoltre viene aumentata anche la definizione aumentando il
numero di detettori e acquisendo più immagini contemporaneamente, nelle TC di tutti i reparti i
detettori sono 64, ma in quelle da ricerca possono esserci a 256 o a 360 detettori. Il tempo di
rotazione può essere molto veloce, anche inferiore al secondo e consente di acquisire volumi di un
distretto o del corpo intero molto velocemente. La riduzione del tempo riduce anche gli artefatti
da movimento e possiamo chiedere al paziente anche di rimanere in inspirazione per qualche
secondo.
Ricordate che se dobbiamo eseguire un esame del tronco, facciamo alzare le braccia sopra la testa
al paziente in modo da ridurre le interferenze. Mentre se dobbiamo visualizzare il collo e la testa le
abbassiamo.
L’immagine viene ottenuta facendo ruotare il tubo radiogeno intorno al paziente, ma come accade
questo processo? In questa slide possiamo vedere un fantoccio composto da un cilindro più
grande che racchiude al suo interno due cilindri più piccoli più densi. Se tagliassi esattamente in
senso coronale il fantoccio otterrei questa immagine. Dobbiamo immaginare di eseguire
tantissime radiografie ad ogni singola rotazione. Ogni radiografia proietta un fascio di ombra sul
detettore che genera un’immagine ben precisa. La radiografia successiva verrà fatta in una
posizione diversa e anche questa genera un’immagine precisa. Se già sommiamo queste due
immagini possiamo cominciare ad avere un’idea di come sono posizionati i corpi. Se continuo ad
eseguire radiografie, queste si andranno a sommare alle precedenti, dandomi un’immagine
sempre più nitida e precisa. Questo processo ha un nome e si chiama retroproiezione. Il processo
non è così banale, perché le immagini vengono trattate da filtri e algoritmi.
Le immagini vengono quindi processate e colorate secondo una scala di grigi che ha come estremi
il bianco e il nero. Si fa un topogramma che in sostanza è un esame radiografico su cui poi si
imposta la TC. In seguito si regola kV e mAmp come in una radiografia normale.
L’immagine che ne risulta è un’immagine digitale e a ciascun pixel è assegnato un valore numerico
detto numero TC o unità Hounsfield. Tale valore rappresenta l’attenuazione media del
corrispondente volume di tessuto esaminato (voxel). L’unità Hounsfield è collegata alla densità.
Molti tessuti molli hanno valori di densità Hounsfield abbastanza vicini, quindi difficili da
distinguere, per questo si fa uso del mezzo di contrasto.
La scala di valori va da -1000 (aria) a +1000 (osso), il valore 0 corrisponde alla densità dell’acqua.
L’immagine è digitale quindi c’è un numero definito di “grigi”, circa 256, che possono essere
rappresentati.
Rappresentare con 256 grigi, i valori compresi tra -1000 e +1000 è problematico, quindi si utilizza
una “finestra”, cioè si sceglie di rappresentare solo una porzione dell’intero spettro elementare. Si
decide, ad esempio, di rappresentare solo i valori da -100 a +100 usando tutti i livelli di grigi a
disposizione sullo schermo. Ciò che ha valori al di sopra della finestra di riferimento sarà
rappresentato in bianco, ciò che ha valori inferiori in nero; i valori intermedi verranno distribuiti in
maniera lineare all’interno della finestra.
Questo ci fa perdere delle informazioni? Si e no. Fa perdere informazioni perché io guardo solo
quella scala, ma l’informazione è tutta contenuta nella scala di grigi, quindi si può eventualmente
modificare la finestra spostando il livello intermedio di grigio utilizzato sulla densità che si intende
studiare.
• RADIOPACHI (o positivi):
sostanze ad elevata densità e ad elevato numero atomico (Iodio, Bario), che aumentano la
densità del tessuto. Il bario si somministra solo per via orale e si utilizza prevalentemente
per gli esami del tubo digerente, non deve essere usato se c’è sospetto di occlusione o
perforazione intestinale perché è tossico e può provocare una peritonite chimica. I mezzi di
contrasto iodati sono oggi per lo più idrosolubili e vengono somministrati per via
endovenosa o per via orale.
• RADIOTRASPARENTI (o negativi)
sostanze che riducono la densità del tessuto (aria e acqua).
L’acqua si utilizza per fare uno studio delle endocavità, quindi tratto digerente alto; dilata
l’esofago, e fa anche un buon contrasto tra il contenuto dello stomaco e le pareti.
L’aria si può insufflare, per esempio nel colon; questo è alla base di un esame che oggi non
si fa più tanto, il clisma con contrasto, ma è anche alla base di un esame con la TC che
prende il nome di colongrafia TC o colonTC, in cui si insuffla aria per dilatare il colon e poi si
da anche del mezzo di contrasto, in genere iodato, e si ottengono delle immagini
I mezzi di contrasto positivi o radiopachi, si dividono a loro volta in:
Il mdc ci può evidenziare un linfoma intestinale differenziando i linfonodi dal pacchetto intestinale
ed aiutare nel caso di uno Fnab TC guidato.
I mdc radiopachi possono essere somministrati
Le frecce indicano una zona ipodensa, che è il flap intimale. È un esame salva vita: in un paziente
in cui c’è il sospetto di dissecazione dell’aorta, si fa questo esame rapido, in tutti i pronto soccorso.
Si vedono l’aorta, i rami della polmonare ma c’è una zona con meno contrasto (detta minus)
dovuta ad emboli. I pz a rischio di embolia polmonare sono quelli con trombosi venosa profonda.
La TC polmonare fa fare diagnosi di certezza. Il primo esame da fare al pz con sospetto di embolia
polmonare è la misurazione del d-dimero (se è positivo si fa l’angio-TC) e un doppler degli arti
inferiori.
Molto importante è l’uso dei mdc nella valutazione oncologica, perché ci consente di vedere bene
anche il rapporto con i vasi.
Rapppresentazione di un ca ilare.
La sezione consente inoltre di vedere linfonodi e metastasi.
I mdc radiotrasparenti riducono la densità delle strutture in cui si localizzano. Possono essere usati
per ottenere un doppio contrasto.
L’acqua è utile per lo studio dello stomaco e del duodeno, con o senza utilizzo di miorilassanti.
L’aria è utile per lo studio dello stomaco; principalmente utilizzata per clisma nello studio del colon
previa ipotonizzazione delle pareti con Buscopan.
Il tubo digerente viene spesso esplorato con un doppio contrasto: uno gassoso (aria) per
distendere e uno che vernicia la parete consentendo di vedere le varie strutture della mucosa.
Oggi si fa per lo più riferimento alla colonscopia a fibre ottiche, ma ci sono delle situazioni nelle
quali non basta. Ad esempio se c’è una stenosi il colonscopio non passa dall’altra parte e se
dovesse essere una stenosi di natura neoplastica devo a maggior ragione sapere cos’ha il paziente.
Non ci basta sapere se la massa stenosante è vegetante o aggettante, ma può essere anche
contenuta nella sottomucosa o essere esterna. E quindi necessario eseguire una TC. Ci sono inoltre
dei pazienti ampiamente defedati, per i quali la colonscopia può essere un problema, in quanto
non possono essere sottoposti ad un’anestesia, della quale si può fare a meno nella TC doppio
contrasto.
Avendo a che fare con una modalità di acquisizione che consente di ottenere queste sezioni
continue e di ridottissimo spessore, si possono ottenere delle immagini di endoscopia virtuale.
Nelle immagini in alto è rappresentata una colonscopia virtuale.(Oggi si usa la TC- colonografia, si
fa la TC al pz in decubito prono insufflando aria nel retto con m.d.c. a dosaggio molto basso. E’
usata, per esempio, in pz nei quali non si può fare una colonoscopia standard per la presenza di
una stenosi). Naturalmente, rispetto alla colonscopia reale, ha dei limiti perché non si può
effettuare un piccolo intervento di rimozione di un polipo o una biopsia; ci sono delle zone
nascoste perché si sta viaggaindo attraverso delle immagini acquisite. Il vantaggio è rappresentato
dal fatto che se per esempio il paziente è in condizioni per le quali non tollera l’esame
endoscopico, può effettuare questo esame.
I dati ottenuti si guardano fetta per fetta con le finestre più appropriate, ma il radiologo può
ricorrere anche a sistemi di ricostruzione, quindi visualizzare alcuni aspetti anziché altri
(determinate superfici, regioni di maggiore intensità o specifici volumi).
La TC spirale consente di vedere sezioni sottili in cui le dimensioni del Voxel sono uguali sui 3 assi:
ISOTROPISMO. Questo permette di ricostruire le immagini ottenendo sezioni secondo qualsiasi
asse (assiale, coronale, sagittale, assi obliqui). Se si pensa ad organi che hanno una distribuzione
particolare ( TC cuore) le sezioni e poi le ricostruzioni devono essere ortogonali agli assi del cuore,
non del corpo.
Questa è la biforcazione aortica nelle arterie iliache con una TC multi slice; c’è il mezzo di
contrasto, ma ci sono anche delle estese calcificazioni.
La tecnica migliore è la V.R. (Volume Rendering), in cui si vedono i volumi e si può decidere di
selezionarne una parte, molto utile ad esempio nella chirurgia ricostruttiva e nella chirurgia
plastica. Si può orientare l’immagine 3D a piacimento.
Nell’immagine sottostante si osserva una protesi di spalla che permette di valutare tutte le
possibili problematiche, come ad esempio un allentamento.
[Integrazione]
TC- MultiDetectore
È uno svantaggio per il radiologo,si ha la possibilità di fare con un singolo giro 256 fette, questo
comporta che le faccio molto sottili e ho una mole di dati da valutare; oggi in una TC total body si
esegue in 2-3 minuti , il tempo per elaborarlo è zero; considerando il tempo di posizionamento del
pz e la somministrazione del m.d.c. si fa la TC in 10-15 minuti.
La dose è la quantità di energia rilasciata dalle radiazioni nella loro interazione con la materia
vivente.
Maggiore è il numero di fette, più alta è la dose ricevuta dal pz e quindi il rischio di causare un
danno. La quantità di energia ceduta per unità di massa si può misurare. L’unità di misura è il
Sievert (Sv) che corrisponde ad un’energia depositata di circa 1J/Kg (1J è l’energia necessaria per
far salire di ¼ di grado la temperatura dell’acqua in ebollizione).
I fenomeni più importanti sono la ionizzazione e l’eccitazione, cioè i fotoni sono in grado di
espellere gli elettroni e di creare coppie di ioni, e dall’altra parte sono in grado di lasciare una certa
quantità di energia a un atomo che non è sufficiente a espellere un elettrone, ma che in qualche
maniera lo rende un po’instabile.
Eventi del genere, se accadono per esempio sull’acqua, che rappresenta la gran parte del nostro
corpo e delle nostre cellule, provocano un fenomeno che prende il nome di radiolisi, e in particolare
di formazione di radicali liberi,con tutto ciò che ne consegue.
Quanta più dose, cioè quanti più radiazioni diamo, tanto più probabili sono questi fenomeni.
Non è che chi si sottopone a una TC avrà un tumore; sono favole. Ma la filosofia che c’è
nell’ambiente radiologico a livello internazionale è quella di tenere la dose più bassa possibile.
Secondo la legge, nessuno può essere esposto senza motivo a una dose superiore a 1mSv.
In una zona vulcanica, assorbite annualmente tra i 2 e i 3 milliSievert. Con una macchina attuale
una TC viene eseguita con una dose tra 2 e 5 milliSievert, quindi abbiamo una riduzione maggiore
del 50%.
Eseguendo una TC total body, l’attenuazione del fascio è diversa a seconda delle regioni
attraversate quindi in base alla densità delle strutture in esse contenute. Non si fa una total body
con la stessa intensità di radiazione nelle varie parti (torace, addome, pelvi.) ma si effettua una
modulazione secondo l’asse Z. Girando intorno al pz i raggi non incontrano sempre le stesse
densità, quindi si può effettuare anche una modulazione angolare. Classicamente, nell’eseguire la
scansione, il fascio di radiazioni è costante ma se l’attenuazione è diversa nei vari distretti
anatomici non è necessario quindi si può fare una riduzione della dose al paziente di un fattore 2 o
anche 3. Non più un tot di 21mSV ma di 7mSv. Se chiedo una TC con e senza mcd devo fare due TC
(7mSv+7mSv).
Si può ridurre la dose ed aumentare la risoluzione usando dei sistemi di ricostruzione migliori.
Oggi si usano, per la ricostruzione, dei sistemi di tipo iterativo che consentono di ottenere
immagini di qualità anche superiore con meno informazioni di partenza. L’informazione ci è data
dal numero di fotoni (più fotoni arrivano più info ho). Aumentando il milliAmperaggio si ottengono
immagini migliori ma aumenta la dose al pz. Si può agire sul software senza aumentare il
milliAmperaggio ma migliora la ricostruzione. Con la stessa dose ho immagini migliori o riducendo
la dose ho la stessa informazione in termini di qualità.
Alessandro Troisi
Angelica Gozza
DPI - LEZIONE 02 - Continuazione metodiche ed ecografia - (08-10-18) - PROF. PACE
I radionuclidi emittenti fotoni gamma utilizzati nella medicina nucleare convenzionale sono:
- Tecnezio 99M (il più usato, con emivita di 6 ore ed energia appropriata)
- Iodio 123
- Iodio 121 (in campo terapeutico)
- Tallio
Tra i positroni emittenti abbiamo molti radionuclidi e alcuni di questi sono isotopi di sostanze
importanti (carbonio, azoto e ossigeno), utilizzati per sostituire l’isotopo stabile. L’unico problema
è che hanno un’emivita molto breve e quindi possono essere adoperati solo in un centro PET che
disponga di un ciclotrone. Ad oggi i radionuclidi più utilizzati sono il Fluoro 18 e il Gallio 68. Il
Fluoro 18 è prodotto col ciclotrone ma ha un’emivita abbastanza lunga (quindi viene prodotto da
delle ditte che poi lo spediscono ai vari centri). Il Gallio 68, con un’emivita leggermente inferiore, si
produce con un generatore.
1. Nella scintigrafia planare statica della tiroide si somministra per via endovenosa il tecnezio
pertecnetato; si attende una trentina di minuti e si esegue l’esame posizionando il paziente
davanti allo strumento. Ciò che si vede è ciò che vede lo strumento: il lobo dx sarà quindi alla
vostra sinistra.
2. Nella scintigrafia ossea si procede con somministrazione di un radiocomposto formato da un
bifosfonato legato al Tecnezio 99 M. Per cui, dire “scintigrafia ossea al tecnezio” è sbagliato
poiché il tecnezio da solo va nella tiroide, nelle ghiandole salivari, nello stomaco ma non nelle
ossa: per questo si usano anche i bifosfonati.
L’esame si esegue dopo somministrazione endovenosa; si attende un periodo di 2-3 ore per
permettere non solo l’assorbimento della sostanza a livello osseo ma anche l’espulsione
dell’eccesso. In questo caso specifico (del bifosfonato) la concentrazione è determinata dal
flusso e dall’attività osteoblastica.
4. La metodica tomografica si basa sull’uso di due gamma-camere che ruotano intorno al paziente.
Quindi se noi abbiamo nella TC sorgente e rilevatore che ruotano intorno al paziente, nella SPECT
la sorgente è fissa all’interno del paziente, ma se faccio ruotare il rilevatore intorno al paziente,
potrò comunque ottenere le proiezioni. Una delle principali occupazioni della SPECT è lo studio
di perfusione miocardica. L’esame viene eseguito somministrando dopo test da sforzo e poi a
riposo un tracciante radioattivo che si localizza a livello delle cellule miocardiche in funzione della
perfusione. Le sezioni tomografiche
vengono fatte secondo gli assi del
cuore: quindi avremo delle sezioni
dette “asse corto” e “asse lungo
orizzontale e verticale”. Tutte queste
informazioni vengono utilizzate poi
per ottenere dei report. Nella fase di
sforzo vediamo una riduzione della
concentrazione nella regione del
setto e una normale concentrazione
a riposo. Si possono fare anche delle
valutazioni di tipo funzionale e una
curva volume-tempo con cui si può
ottenere la frazione di eiezione.
Possiamo fare anche delle immagini
sincronizzate con l’ECG.
L’altra grande branca della medicina diagnostica è la PET. Dei vari radionuclidi quello più usato è il
Fluoro 18. La metodica si basa sull’avere intorno al paziente anelli di rilevatori in grado di vedere i
fotoni a 180 gradi. Ci sono molti radiofarmaci per la PET ma non tutti hanno l’AIC (autorizzazione
all’immissione in commercio).
Un centro PET deve disporre per forza di un apparecchio PET-TC: è un apparecchio di imaging
integrato cioè che prevede in successione la TC e la PET. Quelli più moderni dispongono di TC a 16-
64-128 strati. Il paziente esegue l’esame dopo la somministrazione, ad esempio di FDG, si attende
un tempo tra i 60 e i 90 minuti col paziente sul lettino e poi si effettua TC e PET. Rispetto alla TC con
mezzo di contrasto avremo delle variazioni della stadiazione ma soprattutto del piano terapeutico
del paziente con una riduzione del numero di procedure diagnostiche necessarie a stabilire una
stadiazione. Ultimamente sta prendendo piede lo studio del tumore ovarico poiché si può calcolare
quanta massa (in cc) neoplastica c’è nel paziente. È una metodica che si evolve sia dal punto di vista
delle apparecchiature sia dei radiofarmaci e ciò comporta un costante riesame delle indicazioni. Le
applicazioni non sono solo in campo oncologico ma anche cardiologico.
L’ultima arrivata è la PET-MRI: imaging ibrido che prevede la PET e la risonanza magnetica prima
applicata a livello cerebrale e poi anche total body. Ciò consente di sfruttare al meglio le due
metodiche.
ECOGRAFIA
L’ecografia si basa principalmente sulle caratteristiche degli ultrasuoni, sulla generazione degli echi
sui tessuti e sulla generazione delle immagini. Ma gli ultrasuoni sono onde di tipo meccanico quindi
una propagazione dello stato fisico ma non c’è trasporto di materia e naturalmente ha un suo
andamento ciclico che ci determina la frequenza, i suoni (tra 20 e 20.000 hertz) e tutto ciò che supera
i 20000 hertz rientra negli ultrasuoni. Va detto che per ottenere immagini ecografiche utilizziamo
suoni di frequenza molto più elevata e iniziamo a parlare di ultrasuoni di uso medico a 3-3.5 MHz.
Un’onda è quindi caratterizzata da lunghezza, frequenza, velocità, periodo e ampiezza. Quando
un’onda ultrasonora attraversa un mezzo, il mezzo oppone resistenza detta “impedenza acustica”,
diversa tra i vari tessuti. Quando l’onda passa da un tessuto con una certa impedenza acustica ad un
altro con un’altra impedenza acustica incontra un’interfaccia, detta “interfaccia acustica”, ed è lì che
si generano gli echi, è lì che avviene l’interazione.
Università degli Studi di Salerno - Diagnostica per Immagini e Radioterapia Università degli Studi di Salerno - Diagnostica per Immagini e Radioterapia Dipartimento di Medicina,Chirurgia e Odontoiatria
Dipartimento di Medicina,Chirurgia e Odontoiatria
Come scegliamo la frequenza? Dobbiamo ricordare che frequenze maggiori hanno maggiore potere
di risoluzione ma penetrano meno, frequenze minori hanno minore potere di risoluzione ma va più
in profondità.
Come si generano le onde ultrasonore? Si usa una sonda che è in grado di generare e ricevere. La
sonda è composta in vetro-ceramica che emette e riceve e poi c’è il sistema elettronico che genera
l’impulso, riceve l’eco, lo tratta e ci consente di visualizzarlo. Le sonde sono di diverso tipo e abbiamo
anche sonde molto piccole (es in campo pediatrico).
Università degli Studi di Salerno - Diagnostica per Immagini e RadioterapiaDipartimento di Medicina,Chirurgia e Odontoiatria
Università degli Studi di Salerno - Diagnostica per Immagini e Radioterapia Dipartimento di Medicina,Chirurgia e Odontoiatria
Ci sono questi dipoli che quando passa la corrente si allineano, si espandono e generano l’onda.
Quindi l’energia elettrica viene trasformata in energia meccanica. Cosa accade agli ultrasuoni
quando attraversano il mezzo in cui si propaga? Possono avvenire la riflessione, la rifrazione, la
diffusione e l’assorbimento. Se l’oggetto incontrato è grande rispetto alla lunghezza d’onda il
fenomeno prevalente è la riflessione di tipo speculare. Perciò una parte sarà riflessa e una trasmessa
a seconda dell’impedenza. Se invece l’oggetto è molto più piccolo rispetto alla lunghezza d’onda non
si generano echi, cioè non si ha riflessione ma diffusione e questo è il limite dell’ecografia (la
risoluzione). La riflessione è l’eco: dove c’è una variazione di impedenza acustica e, quindi
all’interfaccia acustica, la parte del fascio sonoro riflesso dà l’eco. Ora naturalmente ci sono strutture
che non possono essere studiate con l’ecografia, come quelle ad altissima impedenza acustica come
l’osso, e altre a bassissima come l’aria. Quindi quando gli ultrasuoni attraversano il corpo umano
trovano diverse interfacce, le quali generano gli echi, una parte trasmessa si attenua con la
profondità e si possono avere i fenomeni della riflessione (eco), dell’assorbimento, della diffusione
(scattering) che alcune tecniche valutano. Il trasduttore alterna la funzione di trasmissione e
ricezione e il posizionamento è attualmente manuale (operatore dipendente). Noi ovviamente
dobbiamo sapere questo eco da dove viene e da che profondità è stato generato. L’informazione di
profondità è data dal tecnico ed è definita come il tempo intercorso tra l’emissione e la ricezione
dell’onda. La posizione è data dalla linea sulla quale mi ritorna l’eco. La risoluzione spaziale dipende
sostanzialmente dalla capacità di distinguere temporalmente l’arrivo dell’onda, per la risoluzione di
profondità, e la laterale sostanzialmente dalla frequenza e dalla focalizzazione del fascio
ultrasonoro. Esistono varie tipologie di acquisizione e rappresentazione del segnale ecografico, da
quella più antica, la A-mod, a quelle più recenti, che sono quelle di movimento che potremmo
definire quadrimensionali (la quarta è il tempo). Nella A-mod si vedevano i picchi di formazione degli
echi e si vedeva ad esempio lo spessore del setto interventricolare. Questa modalità è stata superata
dalle modalità B (Brightness) [A (Ampiezza)] e in questa abbiamo la luminosità che è in funzione
dell’intensità del segnale ecografico. Poi a queste si aggiungono altre possibilità come l’effetto
Doppler.
[il professore specifica che se all’esame gli si dice che l’eco non è una metodica invasiva e la TC sì
boccia all’istante poiché il concetto di invasività è legato al fatto che si introduce qualcosa nel corpo
(catetere ecc)].
Tornando all’ecografia, potremmo pensare agli effetti termici delle onde ultrasonore e ad un
possibile aumento della temperatura corporea, ma in realtà l’intensità dei fasci ultrasonori in campo
biomedico sono basse e non sono in grado di avere effetti termici. Si possono avere effetti di
gravitazione e sono stati usati anche a scopo terapeutico: ad esempio introducendo un mezzo di
contrasto con delle bolle di gas e poi con gli ultrasuoni le facciamo scoppiare (le bolle possono
contenere anche un medicinale). Ci sono però alcuni indici da tenere in considerazione (da parte
delle ditte) tra cui l’indice termico del macchinario che deve essere inferiore al grado centigrado.
Inoltre, in genere si evita di effettuare l’esame con effetto doppler nel primo trimestre di gravidanza.
I sistemi di scansione possono essere di tipo lineare, in cui l’immagine ha un formato rettangolare e
i trasduttori sono detti “lineari”, oppure di tipo settoriale, in cui l’immagine viene vista solo per
settori, o ancora di tipo convex, con immagini di tipo tronco-conica. Quali sono le immagini
ecografiche elementari? Possiamo vedere immagini di parenchima, di parete e di vuoto. Quindi nella
semeiotica ecografica noi ci basiamo sulla ecogenicità e abbiamo
Esempi:
- lesione anecogena: una
cisti mammaria;
- lesione iperecogena:
angioma epatico;
- lesione ipoecogena:
adenoma epatica;
- lesione iperecogena:
calcoli biliari.
RISONANZA MAGNETICA
Verranno analizzati:
-Principi tecnici
-Principali costituenti dell’apparecchiatura
-Cenni sulle applicazioni cliniche
magnetici (in qualche modo somiglia all’ecografia, dove il piano dipende da come posizioniamo la
sonda) (al contrario la TC dà volumi che poi possiamo tagliare a nostro piacimento).
Caratteristiche e vantaggi:
• Non utilizza radiazioni Ionizzanti
• Multiplanare
1
• Multiparametrica
• Alta risoluzione di contrasto (capacità di vedere varie strutture con caratteristiche tissutali
differenti)
Svantaggi:
• Elevati costi di gestione (simili ai valori di una PET, circa 2milioni di euro)
• Meno veloce della TC (per una TC encefalica bastano 5/6min, per una risonanza encefalica
dai 30 ai 45min)
• Minore risoluzione spaziale della TC
Su cosa si basa?
I nuclei di alcuni elementi con numero dispari di protoni e/o neutroni (es. H) sono dotati di spin
intrinseco, cioè ruotano intorno a sé stessi.
Dato che ogni carica elettrica in movimento produce un campo magnetico, anche questi
nuclei, carichi elettricamente e dotati di spin, sono associati ad un campo magnetico
microscopico detto momento magnetico nucleare o dipolo magnetico.
questo è un elenco dei nuclei con queste caratteristiche. Utilizziamo l’idrogeno perché è il più
abbondante ed è il più sensibile.
2
Un nucleo con spin I=1/2 in un campo magnetico costante B0 può assumere due direzioni:
parallela ed antiparallela al campo stesso
Quindi, in situazioni normali, i nuclei dell’idrogeno sono disposti in modo casuale, dato che il
campo magnetico terrestre non è sufficiente per direzionarli.
Se facciamo la somma vettoriale di tutti i campi magnetici microscopici dei protoni, il vettore
risultante avrà valore 0.
In assenza di un campo magnetico esterno i momenti magnetici dei nuclei di idrogeno sono
orientati casualmente: la loro somma è nulla
Rispetto a B0, per i protoni esistono solo due possibili orientamenti, parallelo
(basso livello energetico) ed opposto o antiparallelo (alto livello energetico).
In condizioni di equilibrio, il numero di protoni paralleli è lievemente superiore
rispetto al numero di protoni antiparalleli.
3
Non tutti sono orientati in maniera parallela, c’è una lieve preponderanza di quella disposti in
maniera parallela!
Facendo la somma vettoriale, ora non sarà 0.
Questa piccola prevalenza di protoni paralleli produce una magnetizzazione risultante (M),
misurabile, che ha la stessa direzione e verso del campo magnetico esterno B0 e ha un valore
molto piccolo pari a circa un milionesimo di B0.
La frequenza con cui i protoni ruotano attorno alla direzione di B0 è detta frequenza di
precessione o di Larmor (ω0) e dipende da due fattori:
-la costante giromagnetica (γ ) , valore numerico caratteristico di ogni specie nucleare,
-la forza del campo magnetico principale B0.
ω0 = γ B0
Questi nuclei ruotavano anche prima dell’applicazione del campo magnetico esterno, ruotavano
con la stessa frequenza ma si trovavamo in fasi diverse. Mettendoli in un campo magnetico
esterno, la fase non cambia.
Così come abbiamo ottenuto un unico vettore, facendo la somma di tutti i vettori, questo vettore
possiamo anche scomporlo (con la regola del rombo) in un vettore longitudinale ed uno
trasversale.
In questa situazione la componente trasversale è pari a 0. Siamo passati da una condizione di
equilibrio disordinato ad una condizione di equilibrio ordinato; questo non genera segnale.
4
Quindi per ogni protone possiamo considerare due
componenti vettoriali:
- magnetizzazione longitudinale, somma dei
singoli momenti
- magnetizzazione trasversale che, in
condizioni stazionarie, non c'è perché hanno
una diversa fase di precessione.
Per ottenere un segnale dobbiamo perturbare questo equilibrio con onde di radiofrequenza
dall’esterno (rumori pulsanti). Questi impulsi devono avere la loro stessa frequenza di precessione,
in modo da far entrare i nuclei in risonanza, ovvero in modo che ci sia un trasferimento di energia
dalle radiofrequenze ai protoni (da qui il nome di risonanza magnetica).
L'ordine di grandezza di queste frequenze è 1-500 MHz.
5
Per cui il nostro vettore somma (M) non sarà più lungo l’asse del campo magnetico ma si
allontanerà dall'asse z di un angolo proporzionale all’intensità(forza) e alla durata dell’impulso RF.
6
L’impulso ha una durata. Quando non viene più
fornita energia i nuclei si disincronizzano, ovvero
perdono la loro componente trasversale
[rilassamento trasversale], e i nuclei che
abbiamo portato a 180° non hanno più l’energia
per opporsi e quindi ci sarà una
demagnetizzazione o rilassamento
longitudinale. Questi sono tempi,
rispettivamente T2 e T1. Quindi noi valutiamo il
tempo che ci impiega a recuperare la
magnetizzazione longitudinale, e a perdere
quella traversale.
Il T1 è il tempo di rilassamento
longitudinale, ovvero il tempo necessario
affinché i protoni recuperino la loro
magnetizzazione longitudinale, cedendo
energia al microambiente circostante;
questo processo è descritto da una funzione
di tipo esponenziale e indica il tempo
necessario per recuperare il 63% della
magnetizzazione longitudinale.
Considerando le immagini in scala di grigi: T1 lungo, ovvero un valore elevato di T1, si presenta con
un’immagine chiara (bianco), mentre un T1 breve si presenta con un’immagine scura (grigio/nero).
7
Il T2(tempo di rilassamento trasversale) invece
rappresenta il tempo nel quale avviene la perdita
della magnetizzazione trasversale, nella quale i
protoni si desincronizzano. Man mano che si
disincronizzano, il vettore si riduce, e questo è
descritto da una curva esponenziale negativa.
Il T2 è un processo descritto da una funzione di tipo esponenziale ed indica il tempo richiesto alla
magnetizzazione trasversale per decadere al 37% del valore iniziale.
T2 dipende da vari fattori come ad esempio dalla dimensione delle molecole.
Grosse molecole hanno T2 più brevi. L’acqua ha, quindi, un T2 lungo.
Nei tessuti biologici il T2 è compreso tra 50 e 150 millisecondi.
A differenza del T1, il T2 è poco influenzato dalla variazione di B
0
Quindi in un’immagine T2 pesata, l’acqua, e i liquidi in generale, ha un segnale T2 intenso
(molecole IPERINTENSE) e quindi si presenta con un colore bianco, mentre invece le molecole più
grandi hanno un segnale T2 breve (sono IPOINTENSE) e si presentano con un colore grigio/nero.
Il valore di T1 per un dato tessuto dipende dall’intensità del campo magnetico principale B0 e
cresce all'aumentare di questo. Nei tessuti biologici i valori di T1, per intensità di B0 comprese tra
0,1 e 0,5 TESLA, oscillano tra 300 e 700 millisecondi.
Il valore di T2 è poco influenzato dalle variazioni di B0 e può essere uguale o inferiore a T1. Nei
tessuti biologici i valori di T2 sono compresi tra 50 e 150 millisecondi.]
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MAGNETI
PERMANENTI
• Poco costosi
• Ridotta dispersione del campo magnetico nello spazio
• Peso elevato
• Bassa potenza (fino a 0,5 T)
RESISTIVI
• Ridotta dispersione del campo magnetico nello spazio
• Peso elevato
Bassa potenza (fino a 0,5T) Resistivi
• Sono costituiti da bobine attraversate da corrente elettrica
• Generano calore in proporzione alla corrente che li attraversa
• Poco potenti (0,2-0,3 T) Economici
Tutte le risonanze magnetiche che necessitano di un campo magnetico da 1,5 T a salire vengono
fatte tramite questi materiali superconduttivi.
Esistono poi altre componenti molto tecniche, sulle quali il Prof. non entra nel dettaglio.
Le componenti essenziali utili per effettuare la RM sono quindi un magnete, bobine di Shimming,
che servono per rendere uniforme il campo magnetico, e le antenne per la radiofrequenza, che
possono essere singole o doppie (un'antenna per la trasmissione delle radiofrequenze e una per la
ricezione).
Le antenne o bobine possono essere di forma e
dimensioni diverse, in base al distretto che
vogliamo analizzare, e questa una grande
differenza con la TC. Le onde radio possono essere
trasmesse e ricevute solo in questa zona!
Ma ne esistono anche per distretti più ampi, con
bobine che ricoprono torace/addome del pz.
9
L’IMMAGINE
- la densità protonica,
legata alla quantità di
protoni che sono entrati in
risonanza in una
determinata struttura
(relativamente simile alla
densità della TC)
- immagine T1pesata
- immagine T2 pesata
T1 e T2 non contemporaneamente,
e sono soprattutto queste due che
ci danno il contrasto, quindi
l’immagine. Il contrasto
dell'immagine dipende
principalmente dalle differenze di T1 e T2 (quindi differenze di tempo di rilassamento) nel tessuto
che stiamo esaminando.
10
Se si hanno due provette e il campo
magnetico che si utilizza è costante, e non
c'è gradiente, quello che avremo è un
singolo segnale; se si introduce un
gradiente, quindi una variazione del campo
magnetico lungo l'asse X, in questo caso il
segnale varia e avremo due segnali.
ω0 = γ B0 : dato che gamma è una costante
posso far variare solo B0.
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Sono set programmati di vari impulsi di radiofrequenza, e dipendono da vari parametri:
TEà time-echo, tempo tra l’applicazione della radiofrequenza e il picco del segnale;
TRà tempo di ripetizione, di intervallo tra i due impulsi.
Esempi:
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PIANI DI ACQUISIZIONE
[Nella slide sovrastante: immagine T2 pesata del ginocchio con soppressione del grasso]
13
immagine dell’addome T1 pesata. I vasi
appaiono ipo-intensi, il sottocute appare iper-
intenso, milza iper- intensa poiché è ricca di
sangue.
A differenza della TC, nella risonanza magnetica bisogna scegliere prima il piano di acquisizione
desiderato e ottenibile tramite uno specifico gradiente.
MEZZI DI CONTRASTO
Invece in TC e radiologia chiamavamo positivi quelli che aumentavano la densità (elevato numero
atomico, e negativi quelle che riducevano l’intensità (a basso numero atomico).
14
I mezzi di contrasto possono essere:
• Intravascolari-extracellulari
• Intracellulari epato-specifici
• Reticoloendoteliali
• Intravascolari
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COSA SI VEDE NELLE IMMAGINI CONVENZIONALI
Le immagini di densità protonica non vengono quasi mai utilizzate. Sono invece utilizzate le
immagini in T1 e in T2. Si va a guardare la forma e l’aspetto, le dimensioni, la struttura e il segnale
ricordando che una struttura può essere ipo-intensa, iper-intensa iso-intensa rispetto alle altre.
Nella RM il tutto dipende dal tipo di immagine, se è una T1 o una T2.
16
Ci sono delle cose che bisogna notare subito
nel momento in cui si osserva l’immagine:
se è in campo il canale midollare; se è
apprezzabile il liquor o meno e nel caso in cui
lo si vede bianco è una T2, perché c’è contrasto
lì dentro.
Immagine a sa pre-contrasto, a dx post-
contrasto.
Le immagini pesate in T2 (dette anche immagini dell’acqua, poiché l’acqua appare iper-intensa in
T2) sono quelle che ci servono per guardare la
presenza di patologie.
17
18
DWI
Se bisogna fare immagini DWI (Diffusion Weighted Image), cioè le immagini pesate in diffusione,
bisogna elaborare un set di immagini pesate in T2 e poi si va a guardare nei tre assi come l’acqua si
muove.
Dalle immagini DWI si può calcolare il coefficiente apparente di diffusione o ADC che è un valore
numerico che si può calcolare e ha alcune applicazione.
Tanto più è elevato, tanto più l’acqua è libera di
diffondere. È rappresentato dall’iperintensità.
19
A destra è possibile osservare una valutazione di infarto cerebrale che dalle immagini classiche non
si vede molto. Nelle DWI e nelle ADC è possibile invece osservare precocemente l’area di infarto e
le immagini si presentano come l’una l’opposto dell’altra.
La spettroscopia del
protone, valuta, quel
fenomeno chiamato “Chemical Shift” secondo il quale un protone
dà segnali diversi a seconda della nube elettronica dalla quale è
circondato. La nube elettronica che lo circonda, però, dipende
dalla molecola in cui è inserito il protone.
Gli elettroni stessi subiscono l’effetto del campo magnetico e
schermano il protone dagli effetti del campo magnetico e quindi
sulle radiofrequenze. Il segnale viene maggiormente attenuato
quanto più è densa la nube elettronica. L’idrogeno è legato a una
molecola anziché un'altra e darà un segnale diverso, e questo è alla base della spettroscopia in RM.
Quello che si
valuta sono
diverse
molecole in
diversi
distretti.
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Oggi ha poche applicazioni, si fa in relazione alla prostata, per studiare come cambia la
composizione del tessuto, soprattutto
rispetto la colina.
APPLICAZIONI CLINICHE
• Addome Angio RM
• Pelvi
Uro RM
• Articolazioni Colangio RM
• Cuore
• Colonna vertebrale (soprattutto il midollo spinale, oltre che il midollo osseo)
• Cervello
21
Questa è una Colangio-RM, in cui si vedono le
vie biliari senza mdc, semplicemente con le
sequenze appropriate (in T2 con soppressione
di grasso). È utilizzata per valutare l’albero
biliare e la colecisti.
A destra, un’Angio-RM senza mdc.
22
Qui si vedono una serie di immagini T1 pesate, prima e dopo mdc, di
una lesione epatica VII segmento, in DWI la lesione appare
iperintensa e questo è un segno di malignità, il valore di ADC ha un
segnale basso, quindi è una lesione ad alta cellularità.
prostata
Ci sono vari studi in corso per capire se è possibile distinguere lesioni benigne da quelle maligne.
LIMITI
-parenchima polmonare: povero di H quindi non ci dà
segnale,
-oggetti metallici, seppur non magnetici, può portare
artefatti (così come per la TC),
-protesi.
EFFETTI BIOLOGICI
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ai corpi estranei, schegge metalliche post-incidente, frammenti di proiettile, fare sempre un
accurata anamnesi.
Secondo l’ACR (American College of Radiology) bisogna fare un doppio screening:
-accurata anamnesi;
-esame radiologico in caso di sospetto di frammenti metallici.
L’uso dei metal detector è inutile: non distingue il
ferromagnetico dal diamagnetico.
RM Fetale
-attualmente le linee guida dell’FDA chiedono ai costruttori di indicare sugli apparecchi RM che la
sicurezza per il feto non è stata dimostrata
-L’uso del mdc è controindicato in gravidanza
Le modalità di interazione per cui la RM può nuocere ai portatori di PM ed ICD rientra in 3 tipologie:
Il campo magnetico statico determina effetto meccanico sugli oggetti metallici
1- Una variazione del campo magnetico può produrre corrente elettrica in un circuito elettrico
situato al suo interno (PM o ICD) ed essere in grado di produrre artefatti elettrici e portare al
malfunzionamento PM/ICD
2- Un difetto di ricezione del device, dovuta ad inappropriata stimolazione poiché il dispositivo
non registra correttamente l’attività elettrica spontanea.
Dal 2008 sono stati messi sul commercio PM RM-compatibile, vari devive “MR conditional”, il cui
utilizzo in RM diventa sicuro se si rispettano tutte le indicazioni fornite dal costruttore.
Esiste una flow-chat che valuta alcune caratteristiche, soprattutto quelle fornite dai costruttori.
La risonanza attrae a sé lettini, bombola di ossigeno, sedie… e l’unico modo è spegnere il magnete,
e spegnere il magnete ha un costo. Dove c’è la risonanza deve essere tutto diamagnetico.
Le muratura della stanza dove c’è la risonanza, all’interno prevede la cosiddetta gabbia di Faraday,
evita che il campo magnetico vada all’esterno, o quanto meno lo ridice. All’esterno della stanza c’è
un segnale che raffigura una calamita. Questo riguarda solo il campo magnetico B0, ma non le
radiofrequenze.
L’inchiostro di tatuaggi, o residui di trucco, che possono causare una piccola ustione. Per il
tatuaggio bisogna assicurarsi che siano passate 6-7 settimane.
24
Per i più curiosi il professore ha allegato dei siti:
SITI:
www.cis.rit.edu/htbooks/mri
www.radiopaedia.org
Conclusioni
Gli elementi basilari del ragionamento e questioni su cui riflettere:
A - I Principi della Risonanza Magnetica
B - La formazione dell’Immagine in Risonanza Magnetica
C - I mezzi di contrasto in Risonanza Magnetica
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DPI - LEZIONE 04 - RADIOBIOLOGIA E RADIOPROTEZIONE - (22/10/18) - PROF. PACE
Sbobinatore: Chiara Maci
Controllore: Gerardina Avallone
Pacchetto slides di riferimento radiobiologia.pdf
[Calibri Light in parentesi quadra → integrazioni]
RADIOBIOLOGIA
La radiobiologia studia l'interazione delle radiazioni con la materia vivente, gli effetti che ne
derivano e le loro conseguenze.
L'interazione iniziale tra radiazione e materiale biologico avviene a livello atomico (più
precisamente, a livello subatomico dato che le interazioni interessano principalmente gli elettroni)
ma gli effetti si manifestano attraverso il danno molecolare, che a sua volta influenza la funzione e
la vita delle cellule. A tale insulto può seguire o meno un processo di riparazione.
Gli effetti radiobiologici consistono in radiolesioni cellulari che possono evolvere verso la
distruzione, una restaurazione parziale o totale della struttura e delle funzioni della cellula.
La prima differenza da considerare nell’ambito della
radiobiologia è quella esistente tra radiazioni ionizzanti e
non. Differenza fatta in base ad un valore soglia: le
radiazioni ionizzanti sono ad elevata frequenza o energia.
Analizzando lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche
(che va dalle onde radio fino ai raggi cosmici), in
corrispondenza del versante delle radiazioni ionizzanti si
trovano quelle ad elevata frequenza che vuol dire ad
elevata energia e sono rispettivamente: raggi X, raggi
gamma e parte degli UV.
Tutte le altre radiazioni sono definite non ionizzanti.
La linea di separazione è posta a quel livello di
energia che corrisponde all’energia di legame di un
elettrone orbitale, infatti per la ionizzazione è
necessario che un elettrone venga strappato e che
l’energia trasportata sia superiore a questa soglia.
Esistono, inoltre, delle radiazioni corpuscolate cioè
delle particelle che viaggiano (perché hanno una
certa energia cinetica) e durante questo viaggio vanno incontro a delle interazioni che possono
provocare ionizzazione. Da tali particelle, nel processo di ionizzazione indotto dalle radiazioni
elettromagnetiche, si ha l’espulsione di un elettrone orbitale che è una particella (perché ha una
massa e un’energia cinetica).
Le radiazioni corpuscolate sono importanti per le loro applicazioni terapeutiche: è possibile
adoperare elettroni, prodotti con una macchina (acceleratore lineare), per ottenere un effetto
terapeutico. Oppure esistono delle procedure di terapia definite adroterapia (da adroni: particelle
pesanti) che sono utilizzate per il trattamento di tumori superficiali.
(Il termine radiazioni corpuscolare è “ambiguo” perché le radiazioni, per definizione, sono trasporto
di energia senza materia quindi sembra quasi un ossimoro).
Le radiazioni ionizzanti possiedono un’energia sufficiente (>33 eV) a provocare la ionizzazione della
materia irradiata, in genere attraverso l’allontanamento di un elettrone orbitale.
[Una radiazione si definisce ionizzante quando ha un’energia pari o superiore a quella di legame degli
elettroni (33eV)].
Abbiamo:
• Radiazioni corpuscolate: elettroni, protone, neutroni, ioni → elettroni usati in terapia,
adroterapia.
• Radiazioni elettromagnetiche o fotoniche: raggi gamma e raggi X.
Un aspetto da valutare è il potere di penetrazione delle radiazioni ionizzanti nella materia che
cambia a seconda se si tratta di:
1. particelle → in termini di massa ed entità;
2. fotoni → in termini di energia.
Da una parte, abbiamo particelle molto pesanti
(particelle alfa con carica positiva 2+) che vengono
fermate da un foglio di carta:
- hanno vantaggi terapeutici nelle lesioni
superficiali;
- da un punto di vista protezionistico, avere a che
fare con tali radiazioni mette al riparo da
qualsiasi rischio (la plastica di una provetta è
sufficiente a contenerle ed isolarle).
Lo spessore che riduce il flusso di fotoni al 50% è chiamato spessore emivalente (SEV). In linea di
principio ogni materiale, scelto con lo spessore opportuno, è idoneo a schermare i fotoni. In pratica
sono ragioni quali l’ingombro e il costo dello schermo a determinare il tipo di materiale.
Normalmente si preferisce il piombo per le basse energie (tubi a raggi X per la diagnostica) ed il
cemento per le alte energie (acceleratori).
Il primo risultato dell’interazione dei fotoni con la materia si ha a livello atomico o subatomico e per
il tipo di radiazioni che si adoperano in medicina - raggi X e gamma di una certa classe energetica - i
due effetti principali sono:
1. Effetto fotoelettrico. Il fotone incidente interagisce con l’elettrone dell’orbitale più interno;
avendo un’energia superiore all’energia di legame, lo espelle con un’energia cinetica che è
pari alla differenza di energia tra quella di legame e del fotone incidente. A questo punto, gli
elettroni dell’orbitale più esterno scendono negli orbitali rimasti vuoti e, siccome c’è una
differenza di energia di legame tra i vari orbitali (stato energetico), tale differenza ad ogni
passaggio viene ceduta sotto forma di raggi X.
Risultato finale → Coppia di ioni (elettrone e ione positivo) con emissione di fotoni X.
2. Effetto Compton. Il fotone incidente interagisce con l’elettrone di un orbitale esterno e cede
solo una parte dell’energia; l’elettrone viene espulso ma non si ha l’emissione di raggi X
perché non c’è alcuna cascata di elettroni bensì un fotone secondario (che sarebbe il fotone
incidente) ridotto di energia e in parte deviato.
Risultato finale → Coppia di ioni: elettrone che viaggia e fotone che si ritrova di energia
ridotta.
Nel caso delle radiazioni corpuscolate, le interazioni sono governate dal fatto che le particelle
corpuscolate hanno una certa massa e carica e dunque ci sono vere e proprie collisioni (attrazioni e
repulsioni). L’effetto finale è sempre una coppia di ioni.
In cosa si misura l’energia delle radiazioni?
ElettronVolt → equivale all’energia che ha un
elettrone posto in un campo di potenziale di 1 Volt.
Nella produzione dei fasci di raggi X per ottenere le
radiografiche ci sono due parametri che vanno
considerati: l’intensità del flusso di fotoni che
governiamo con un’intensità di corrente che viaggia
attraverso il filamento di tungsteno, e l’energia che governiamo attraverso il voltaggio applicato
(energia espressa in kV).
È preferibile adoperare, per una sottigliezza terminologica, l’unità di misura dei Kilovolt per i raggi X
prodotti con tubo radiogeno e l’unità di misura ElettronVolt per fotoni prodotti dal materiale
radioattivo ma sono la stessa cosa!
[Per un esame radiologico (TC) l’energia varia da un minimo di 40kV ad un massimo di 140-180kV.
In medicina nucleare l’energia dipende dall’energia liberata nel processo di decadimento variabile,
il tecnezio99m ha un’energia di 140keV (kilo-elettronVolt). Nel caso della PET si formano due
fotoni gamma di 511keV.
Altro concetto importante è che maggiore è l’energia di un fotone, maggiore è la capacità di
penetrazione].
Bisogna ricordare che i fotoni sono trasporto di energia senza materia. Le radiazioni corpuscolate
invece sono dotate di un’energia cinetica che misuriamo in eV.
Dal punto di vista radiobiologico, è interessante capire come questa energia è stata ceduta dalla
materia vivente = qual è la distribuzione spaziale dell’energia ceduta. Per apprendere ciò si ricorre
al parametro LET che sta per linear energy transfer ovvero trasferimento lineare di energia, la cui
unità di misura è il keV/micron: quanta energia è ceduta per micron della materia (keV/µm). Per
cui, il LET (linear energy transfer) è il parametro della distribuzione spaziale. Il pattern di
distribuzione di quest’energia è funzione della radiazione; del fatto se è corpuscolata o meno (se ha
o meno massa) e dell’energia dei fotoni.
Come si vede dall’immagine:
• Una particella alpha segue un percorso
tortuoso (perché ha massa e carica) e
breve (perché cede rapidamente la sua
energia) = ALTO LET → Alta cessione di
energia per unità di distanza percorsa.
Una radiazione ad alto LET ha un
effetto maggiore localmente.
• Raggi beta (elettroni): il percorso è
meno tortuoso ma subisce ugualmente
delle deviazioni perché ha comunque
una massa (seppur molto più piccola)
ed una carica (negativa).
Gli elettroni possono essere a basso o alto LET: ciò dipende dall’energia che posseggono →
Elettroni ad elevata energia hanno in genere un LET maggiore.
• Fotoni (raggi x e gamma): hanno un percorso rettilineo; viaggiano molto di più perché hanno
una grande energia senza massa e il loro LET è più basso.
La separazione tra basso e alto LET è a 10 KeV/µm: tutto ciò
che è al di sopra è definito ad alto LET; ciò che si trova al di
sotto è a basso LET.
Ricapitolando:
❖ Basso LET (tutti i fotoni e gli elettroni): penetrano di
più.
❖ Alto LET (protoni, neutroni, ioni): a livello
microscopico hanno degli effetti maggiori.
Le particelle alfa o i protoni hanno un effetto localizzato (lì dove vengono applicate) ma hanno un
basso potere di penetrazione per cui, a livello terapeutico, affinché siano efficaci, si devono portare
in corrispondenza della sede della lesione da trattare.
I vari tipi di radiazioni, pur producendo effetti analoghi sulla materia vivente, differiscono per
efficacia in quanto l’effetto radiobiologico non dipende soltanto dalla dose assorbita, ma anche dalla
microdistribuzione spaziale dei processi di ionizzazione lungo il percorso delle particelle ionizzanti
primarie e secondarie.
Nell’immagine, i puntini neri intorno alla doppia elica di DNA rappresentano
le interazioni dovute alle radiazioni, in particolare a quelle ad alto LET che
hanno effetti maggiori localmente (in termini di rottura della singola
catena). Ma l’effetto diretto su molecole di interesse biologico (es. DNA),
secondario all’interazione con le radiazioni, avviene molto raramente,
soprattutto coi fotoni che sono a basso LET. Molto più probabile è invece
un’interazione con l’acqua, che è la molecola più abbondante, causa di un:
effetto indiretto perché non è dovuto all’azione diretta sulla molecola di
interesse biologico → In seguito a radiolisi, l’effetto dannoso è esplicato dai
radicali liberi (secondari all’evento) e non dalla radiazione in sé.
Il risultato è una cascata di eventi che va dall’interazione fisica, passa
attraverso il danno chimico e molecolare, per arrivare al danno biologico.
Il danno fisico è immediato; il danno biologico richiede
molto più tempo prima di risultare evidente.
Quando andiamo a considerare gli effetti dell’energia ceduta alle cellule dobbiamo tener conto del
fatto che le radiazioni non sono tutte uguali (alto-basso LET) per cui può tornare utile misurare la:
2. Dose equivalente
Oltre a considerare l’energia depositata, la dose equivalente
(H) tiene conto anche della diversa radiotossicità delle
radiazioni. Si ottiene moltiplicando la dose assorbita per un
fattore di ponderazione wR che dipende dal tipo di
radiazione: H = wR x D.
L’unità di misura è il sievert (Sv) e 1 Sv = 1 Gy per il fattore di
ponderazione o conversione.
Però bisogna anche tener conto che non tutti i tessuti sono sensibili in maniera uguale alle radiazioni
e ciò dipende dalle capacità di riparazione. Per cui bisogna tener conto anche di questo altro fattore
che viene chiamato efficacia biologica relativa e quindi abbiamo la:
3. Dose efficace
Tiene conto della diversa radiosensibilità dei tessuti.
Si ottiene moltiplicando la dose equivalente per un fattore
di ponderazione wT che dipende dalla radiosensibilità
dell’organo o tessuto. L’unità di misura è il sievert (Sv).
L’efficacia biologica relativa (EBR):
- esprime l’entità dell’effetto biologico di un tipo
di radiazione a parità di dose fisica. È in funzione
diretta col LET e le caratteristiche delle cellule.
- La EBR delle radiazioni a basso LET è posta
uguale ad 1. Per le altre è il rapporto fra la dose
di radiazioni standard che ottiene lo stesso
effetto biologico e la dose erogata con la
radiazione in esame.
- Per le radiazioni ad alto LET la EBR è maggiore:
circa 3 per i neutroni, oltre 8 per le particelle
alfa.
Nell’immagine, le due linee continue
rappresentano gli effetti collegati alla dose
per radiazioni ad alto e basso LET. Quelle ad
alto LET hanno effetti molto maggiori a parità
di dose (intende la dose assorbita quindi la
quantità di energia ceduta: Gy). Questa
quantità di energia ceduta avrà effetti diversi
a seconda delle qualità delle radiazioni e del
tipo cellulare con cui si ha a che fare.
Riepilogando abbiamo:
- una sorgente di radiazioni (esterna o interna) che
cede E per unità di massa: Gy (dose assorbita);
- per stimare gli effetti sulla materia vivente
bisogna tener conto della dose efficace perché
tiene conto delle radiazioni e delle cellule
interessate.
In base alle capacità di riparazione delle cellule e dei tessuti, il danno è distinguibile in:
- danno non riparabile e quindi letale, che porta a morte della cellula;
- danno riparabile che a sua volta può essere:
o potenzialmente letale → se non intervengono i processi di riparazione porta a
morte;
o subletale che porta a morte cellulare se si accumula più di un danno.
In genere, la morte cellulare si ha solo per dosi molto elevate.
Esponendo a dosi crescenti di radiazioni delle popolazioni
cellulari, la frazione sopravvivente decresce in maniera lineare
al crescere della dose (è una curva di tipo esponenziale
semplice). Questa curva però cambia a seconda del tipo
cellulare.
Nell’immagine a dx si nota che:
- D. radiodurans resiste a tutti i tipi di radiazione.
(La scala è riportata in 1000 Gy → per fare una
radioterapia la dose erogata è di 40-50 Gy in dosi
frazionate quindi 1000 Gy è tantissimo).
- Nei batteri la pendenza cresce.
- Nelle cellule di mammifero si osserva un fenomeno
tipico detto spalla → la curva è quasi praticamente rettilinea ma a dosi molto basse si ha
una minore mortalità di quella che si potrebbe prevedere guardando la sola parte rettilinea
della curva. L’ampiezza della spalla è diversa per tessuti e a seconda se si tratta o meno di
cellule neoplastiche.
[La spalla rappresenta la parte iniziale a basse dosi in cui la frazione sopravvivente non decresce in
maniera lineare con la dose, in quanto i danni sono prevalentemente subletali e perciò dipende anche
dalla capacità di riparazione del danno. Con questa, misuriamo solo la frazione di cellule che muore.
Maggiore è la spalla, meno è radiosensibile il tipo cellulare; se la spalla è corta avremo una precoce
mortalità cellulare (minore capacità di riparazione all’inizio)].
La spalla è correlata alle capacità di riparazione della cellula quindi una spalla ampia indica una
capacità di recupero notevole; una spalla stretta indica scarse o nulle capacità di recupero.
Ricapitolando, in merito agli effetti delle radiazioni su popolazioni cellulari:
• dopo una dose unica di RI il numero delle cellule vive (frazione sopravvivente) si riduce con
il crescere della dose. L’espressione grafica di questo fenomeno è la curva di
sopravvivenza cellulare.
• Quando si irradiano cellule eucariotiche con RI ad alto LET o cellule
procariotiche ogni incremento di dose uccide una frazione costante di cellule; si
ha una curva esponenziale semplice, con andamento negativo; su scala
semilogaritmica è una retta (figura).
• Quando si irradiano cellule eucariotiche con RI a basso LET la mortalità cellulare
è espressa da una curva esponenziale con spalla; il tratto iniziale presenta una
curvatura caratteristica (la “spalla”) con minore pendenza, seguita da una parte rettilinea,
esponenziale.
In questa condizione si ha mortalità prevalente da “colpi multipli”; la spalla rappresenta una
minor mortalità per le basse dosi (necessità di sommare un numero adeguato di danni sub-
letali).
L’entità della spalla è inoltre correlata con la capacità di riparazione del danno sub-letale.
Anche se tutti i tipi di radiazione interagiscono con la materia vivente in maniera analoga, a dosi
uguali di assorbimento non corrisponde lo stesso effetto biologico (radiosensibilità) che viene
modificato da fattori:
- fisici: intensità della radiazione, volume
irradiato, frazionamento, LET (l’effetto
biologico delle radiazioni è in funzione
del loro LET. Le radiazioni ad alto LET
hanno elevata densità di ionizzazione ed
è prevalente il danno diretto non
riparabile. La spalla della curva di
sopravvivenza è ridotta o abolita ed il
tratto rettilineo spesso più ripido), EBR;
- chimici e biologici: effetto ossigeno, età,
agenti chimici (radioprotettori,
radiosensibilizzanti).
Per quanto riguarda l’effetto ossigeno:
l’ossigeno rende le cellule più radiosensibili per
la maggior presenza ed efficacia di radicali liberi.
Nelle cellule ipossiche (es. la parte centrale di un tumore) la mortalità cellulare aumenta con la
tensione di ossigeno, per poi stabilizzarsi in presenza di una normale pO2. In carenza di ossigeno, la
radiolisi dell’acqua produce meno radicali liberi. Per le RI ad alto LET la influenza della pO2 è minima.
La diversità di radiosensibilità presente tra i tipi cellulari
si manifesta anche per diversi tipi di neoplasie: alcune
neoplasie sono più radiosensibili di altre e questo
comporta una diversa scelta del tipo di trattamento.
Infatti, alcune neoplasie non trovano alcun’indicazione
per la radioterapia. Quest’ultima, nella maggior parte
dei casi, viene somministrata in dose di 40-50 Gy in
maniera frazionata. Perché dosi frazionate? Nella
maggior parte dei casi, la radioterapia viene erogata
tramite fasci esterni quindi lo strumento eroga un fascio
di radiazioni che deve superare numerosi strati prima di
raggiungere il target. Bisogna per cui preservare i tessuti
sani, a cominciare dalla cute, e ciò si può fare in due
modi:
- utilizzando più porte di accesso: se devo
somministrare 5 Gy utilizzo 5 diverse vie per
raggiungere la lesione target;
- somministrando dosi graduali per ricreare la
spalla.
Questo comporta una differenza di mortalità che
permette di separare le cellule radiosensibili da quelle
non, ottenendo un effetto di maggiore efficacia sulla
neoplasia rispetto ad un tessuto sano.
Con il frazionamento della dose ottengo 4 fenomeni che vengono detti le 4 R: riparazione,
ripopolamento, ridistribuzione, riossigenazione.
1. Riparazione dei danni molecolari
• la ricomparsa della spalla con trattamento frazionato dipende dall’esistenza di danni
del DNA (sub-letali e potenzialmente letali).
• La capacità di recupero del danno sub-letale è in funzione del tipo cellulare ed
influenza l’ampiezza della spalla; nei tessuti sani è molto variabile (emivita 1-3 ore).
• La capacità di recupero del danno sub-letale è variabile anche nei tumori, ma in
genere è minore rispetto ai tessuti sani di origine.
• La riparazione del danno potenzialmente letale avviene in tempi analoghi; la sua
importanza è condizionata dalla cinetica proliferativa dei tessuti.
2. Ripopolazione cellulare
• Una popolazione cellulare irradiata può rispondere al danno radioindotto
aumentando la proliferazione cellulare.
• Il ripopolamento è evidente nei tessuti sani a rapida cinetica e riduce l’entità del
danno, è scarso nei tessuti a lenta proliferazione.
• Nei tumori ad elevata cinetica proliferativa può ridurre l’efficacia del trattamento.
• Il ripopolamento tumorale è più evidente verso la fine del trattamento radiante
frazionato; quindi un eccessivo protrarsi del trattamento o l’esistenza di interruzioni
possono ridurre l’efficacia della terapia.
3. Ridistribuzione
• La sensibilità delle cellule al danno da
RT viaria col ciclo cellulare; è massima
in G2 e M, intermedia in G1 e minima
in fase S.
• Questo provoca una parziale
sincronizzazione che può aumentare
l’effetto delle successive frazioni di
dose sulle cellule in rapida cinetica.
• Si può inoltre avere un reclutamento
delle cellule in G0 verso fasi del ciclo
più sensibili.
4. Riossigenazione
• Nei tumori la percentuale di cellule ipossiche è elevata (10-20%); è dovuta
all’eccessiva distanza dai vasi sanguigni o da alterazioni del flusso ematico.
• Il frazionamento della dose tende a ridurre l’ipossia nel tumore, riducendo la
popolazione sopravvivente (e quindi la massa tumorale) e migliorando il flusso
ematico, con conseguente aumento della radiosensibilità delle cellule tumorali.
I processi di recupero e ripopolazione rendono i tessuti più radioresistenti ad una seconda dose di
radiazione. La ridistribuzione e la riossigenazione li rendono più radiosensibili.
(Il prof salta le slides sull’apoptosi [dalla 77 alla 88] perché conosciamo l’argomento e precisa
solamente che tra gli effetti induttori dell’apoptosi ci sono le radiazioni ionizzanti e le ultraviolette).
8. Effetto Bystander
È il fenomeno per il quale una cellula non direttamente irradiata manifesta degli effetti.
Ne esistono due tipi:
- Bystander radiologico → Cross Fire. Viene adoperato in alcuni tipi di terapia (terapia con
radionuclidi o con sostanze radioattive). Abbiamo la possibilità di marcare un anticorpo
monoclonale (anticorpo anti-CD20: rituximab) con una sostanza radioattiva per trattare i
linfomi follicolari. Quando viene somministrato, il rituximab esplica un’azione citotossica
diretta mediante l’interazione con il recettore. Però CD20 non è equamente distribuito sulle
cellule e questo fa sì che gli effetti non siano omogenei. Se lego al rituximab un atomo
radioattivo (particella beta), ci sarà sia un’azione citotossica diretta che un effetto radiante
che si esplica, non solo sulla cellula che ha legato l’anticorpo, ma anche sulle cellule
circostanti (perché, nel nostro caso, la distanza che le particelle beta percorrono è di 2-3
mm), ottenendo un fuoco incrociato.
- Bystander biologico → Bystander. Non si conosce molto a riguardo. Sappiamo che se
prendiamo una coltura di cellule e la irradiamo, cessando l’irradiazione ed aggiungendo delle
cellule non irradiate anche queste inizieranno a morire. Muoiono con una velocità minore
ma gli effetti sono gli stessi. Questo effetto è legato o alla liberazione di sostanze citotossiche
da parte delle cellule colpite o alla trasmissione di segnale attraverso le giunzioni.
Per quanto riguarda i rischi delle radiazioni ionizzanti bisogna ricordare che:
• Il danno biologico è dovuto all’interazione delle radiazioni con le molecole dei tessuti.
• Le radiazioni depositano energia lungo il percorso: rompono i legami chimici delle molecole
dei tessuti e creano radicali liberi H+ e OH- che poi reagiscono chimicamente con le cellule.
• L’effetto biologico delle radiazioni non è sostanzialmente diverso da un qualsiasi altro effetto
chimico.
• Il “danno biologico” è proporzionale alla “dose assorbita”, ossia all’energia depositata dalla
radiazione per unità di massa.
• La dose assorbita si misura con strumenti fisici che rilevano il campo di radiazioni esistente
in un dato punto dello spazio.
Vengono comunque fatte delle assunzioni conservative:
• Esiste una relazione lineare dose-effetto per qualsiasi esposizione, da quelle acute a quelle
croniche, indipendentemente dall’intensità della dose ricevuta: il danno è proporzionale alla
dose integrale assorbita.
• Non vi è alcuna soglia sulla dose da radiazione, al di sopra della quale l’effetto si manifesta,
ma al di sotto no.
• Tutte le dosi assorbite da un organo sono completamente additive, indipendentemente dal
ritmo di assunzione e dagli intervalli temporali tra un’assunzione e le successive.
• Non vi è alcun meccanismo di recupero o riparo biologico alla radiazione.
Come sappiamo collegare il “danno” alla dose?
Conoscenze sui danni generati dalla radiazione
sull’uomo:
• studi sui sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki
• studi sulle popolazioni esposte ai test nucleari
• conseguenze di terapie mediche
• conseguenze di incidenti nucleari
• esperimenti su animali.
L’uso pacifico dell’energia nucleare è senza dubbio
l’attività con il maggiore e più severo controllo sui rischi
dei lavoratori e della popolazione. Esiste un organo
mondiale: l’ICRP (International Commission on
Radiation Protection) le cui “raccomandazioni” in merito a radiazioni sono recepite da tutti i paesi:
1. principio di giustificazione: nessuna attività umana deve essere accolta a meno
che la sua introduzione produca un beneficio netto e dimostrabile
2. principio di ottimizzazione: ogni esposizione alle radiazioni deve essere tenuta
tanto bassa quanto è ragionevolmente ottenibile in base a Considerazioni sociali
ed economiche: principio “ALARA” (As Low As Reasonably Achievable)
3. principio di limitazione: l’equivalente di dose ai singoli individui non deve
superare i limiti raccomandati.
I tre principi devono essere applicati in sequenza: si passa cioè al secondo quando si sia verificato il
primo, e al terzo quando si sia verificato anche il secondo.
Esempio. Viene proposta una nuova metodica TC; per poterla introdurre devo prima di tutto
dimostrare che sia migliore di quelle già in atto → deve avere un vantaggio superiore. Devo poi
giustificare l’utilizzo della procedura in quel dato paziente X (che la storia clinica e l‘anamnesi
giustificano l’utilizzo della metodica). Applicata la TC devo fare di tutto per ridurre la dose e
mantenerla al di sotto di determinati limiti e questi limiti sono importanti per due categorie di
persone, distinte e riconosciute dall’ICRP:
a. gli individui esposti per motivi professionali
b. la popolazione nel suo insieme
Il limite per i lavoratori professionalmente esposti è di 100 mSv in 5 anni (cioè in media 20
mSV/anno). Supponendo un periodo lavorativo di 50 anni, il lavoratore alla fine dell’attività potrà
al massimo aver assorbito 1 Sv. Poiché l’indice di rischio è = 1.65 x 10-2 eventi gravi per Sv ricevuto,
per questo lavoratore esisterà una probabilità dello 1.65% di contrarre una malattia grave
dipendente dalla sua intera attività lavorativa (50 anni). [Stiamo parlando di probabilità e non di
certezza].
L’altro grande gruppo è la popolazione nel suo insieme e il limite di dose posto è di 1 mSv/anno
solare → quando progetto e poi costruisco un laboratorio di radiodiagnostica devo agire sulle
schermature per fare in modo che la quantità di radiazioni che arriva all’esterno non provochi
esposizioni superiori a questo livello. Questo valore coincide con quello dovuto alla radioattività
naturale (raggi cosmici, potassio 40, ecc.) → esiste una probabilità su 100.000 di contrarre durante
l’intera vita una grave malattia per esposizione naturale a dosi di 1 mSv/anno.
Il personale esposto per motivi professionali e gli ambienti devono essere periodicamente
controllati e questo lo si fa con dei sistemi di dosimetria: misura dell’esposizione individuale alle
radiazioni ionizzanti. Si utilizzano:
- film-badge
- dosimetri termo-luminescenti (DTL)
- camera di ionizzazione tascabile (penna)
- dosimetri personali elettrici.
Questi riportati sopra sono sistemi di misurazione individuale (del singolo individuo), a cui si
aggiungono poi sistemi di sorveglianza ambientale (camera di ionizzazione portatile, Geiger-Mueller
GM) per valutare la radioattività in un ambiente e sono dei rilevatori a gas: tubi con degli elettrodi
all’interno dei quali c’è un gas e quando passano le radiazioni ionizzanti si formano le coppie di ioni;
andando verso i due poli producono una corrente elettrica. L’intensità di questa corrente generata
è funzione dell’intensità del flusso di radiazione. Attraverso una scala è possibile misurare i livelli di
radioattività.
Un tipo particolare di rilevatore a gas è la penna dosimetrica, un condensatore caricato che una
volta rimosso dalla sua sorgente di carica si scarica in misura proporzionale alla quantità di radiazioni
che arrivano. Questo è un sistema di dosimetria con rilevatore a gas individuale che viene dato agli
operatori in visita presso i centri di medicina preventiva.
Ma il sistema maggiormente adoperato per il personale esposto è il film-badge: ha l’aspetto di una
piastrina di materiale plastico rigido, all’interno del quale c’è una pellicola, come una pellicola
fotografica, avvolto in un involucro di plastica che serve ad evitare che la luce solare l‘annerisca; dal
grado di annerimento di questa si risale alla quantità di radiazione ricevute. Ogni mese queste
pellicole vengono cambiate e valutate.
Esistono anche dosimetri a termoluminescenza (TLD) il cui principio fisico di funzionamento è la
termoluminescenza: emissione di luce, a seguito di riscaldamento da parte di alcuni materiali isolati
(BeO, LiF, CaF2, ecc.).
N.B. Oggi l’esposizione di personale medico a dosi significative di radiazioni avviene solo in caso di
radiologia interventistica (coronarografia) e medicina nucleare, ma rispettando le procedure non si
supera il limite.
Questi dispositivi vanno indossati sul camice di lavoro e nel caso si indossi un camice di piombo
protettivo al di sotto di questo perché dobbiamo conoscere la dose ricevuta dalla persona.
Il personale si protegge sfruttando anche i seguenti fattori:
- tempo di esposizione;
- distanza dalla sorgente;
- schermatura della sorgente.
RADIOPROTEZIONE
Pacchetto slides di riferimento radioprotezione.pdf
Il genere umano è da sempre esposto a varie forme di radiazioni naturali costituite dai raggi cosmici
e da tutti gli elementi radioattivi naturali (potassio 40, gas Radon, Uranio, Torio, Radio, ecc.).
Comunque, i livelli di radiazione naturarli sono troppo deboli per mettere in luce gli effetti dannosi
delle radiazioni.
Gli effetti dannosi delle radiazioni divennero evidenti solo alla fine dell’800 quando, in seguito alla
scoperta dei raggi X (Roentgen) e della radioattività (Bequerel) furono disponibili intense sorgenti
di radiazione. A un mese dall’annuncio della scoperta dei raggi X da parte di Roentgen, un
costruttore e sperimentatore di tubi sottovuoto mostrò lesioni alla cute e alle mani che oggi
indichiamo come dermatite subacuta da raggi X.
Nel 1901 Bequerel mostrò eritema della cute in corrispondenza della tasca del vestito nella quale
aveva tenuto per qualche tempo una fiala di vetro contenente sali di Radio. Poco dopo, Pierre Curie
si provocò intenzionalmente un eritema da Radio sulla cute del braccio ed ebbe l’idea che le
radiazioni potessero avere proprietà terapeutiche.
Molti malcapitati ricevettero come ricostituente iniezioni di materiali contenenti Radio e Torio e
furono successivamente colpiti da tumore.
Nel 1903 fu scoperto che l’esposizione ai raggi X poteva indurre sterilità negli animali da laboratorio;
pochi anni dopo fu annunciato che gli embrioni di uova di rospo fertilizzate con sperma irradiato
con raggi X presentavano anormalità.
Nel 1902 si constatò che un carcinoma cutaneo si era sviluppato su precedente dermatite da raggi
e nel 1904 furono segnalate le prime anemie e le prime leucemie indotte da raggi X.
Nel 1911 furono messi in evidenza 94 casi di tumori indotti da raggi X, 50 dei quali in radiologi.
Nel 1922 fu stimato che almeno 100 radiologi morirono come risultato di cancro indotto da
radiazioni. Entro circa 20 anni dalla scoperta di Roentgen e Bequerl, una grande parte delle patologie
da dosi elevate ed intense di esposizione a radiazioni ionizzanti era stata riconosciuta e
sommariamente descritta. Le lesioni da incorporazione di sostanze radioattive furono scoperte più
tardi, attorno agli anni ’20, quando si manifestarono necrosi e tumori ossei al mascellare di operaie
che durante la prima guerra mondiale erano state addette a dipingere le lancette ed il quadrante di
orologi luminescenti con vernici contenenti Sali di Radio: esse avevano ingerito le vernici facendo la
punta ai piccoli pennelli inumidendoli con le labbra, festo frequentemente ripetuto durante il
lavoro.
Inoltre si notò che i minatori che lavoravano nelle miniere di cobalto della Sassonia e nelle miniere
di pecblenda in Cecoslovacchia, entrambe contenenti grosse percentuali di uranio, soffrivano di
cancro ai polmoni con una percentuale trenta volte più elevata che il resto della popolazione: oggi
è noto che questi lavoratori erano vittime di esposizione interna al gas Radono ed ai suoi figli,
prodotti di decadimento dell’uranio: la concentrazione di Radon emesso dalle pareti dei tunnel
nell’aria respirata, soprattutto a causa della scarsa ventilazione, è estremamente elevata in miniera.
Oggi per legge è imposta una ventilazione forzata delle miniere e turni di lavoro limitati per i
minatori.
Un altro genere di effetti cominciò ad essere noto verso la fine degli anni ’20: durante i suoi studi di
generica Muller mostrò che raggi X e raggi gamma producono mutazioni genetiche e cromosomiche
nel moscerino dell’aceto, mutazioni che vengono trasmesse ai discendenti secondo le leggi
dell’ereditarietà biologica.
La radioprotezione si occupò in maniera rilevante degli effetti genetici solo dopo la seconda guerra
mondiale, quando questi furono considerati come i più gravi ed insidiosi dell’esposizione alle
radiazioni.
In questi anni viene approfondito anche il capitolo dei cosiddetti “effetti tardivi” (costituiti in gran
parte da tumori maligni) che compaiono in una piccola frazione delle persone di una popolazione
sottoposta a dosi anche non elevate di radiazioni.
Alla International Conference on Pacific Uses of Atomic energy (Ginevra, 1955) Tzuzuki riportò la
notizia che tra i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki erano stati osservati circa 200 casi di leucemia,
un numero enormemente più alto di quello atteso in base alle caratteristiche endemiche della
malattia.
Tutto ciò portò alla creazione della ICRP che è la normativa radioprotezionistica che serve a tutelare
sia le persone esposte a radiazioni per motivi professionali, sia la popolazione che sottoponendosi
a prestazioni mediche, diagnostiche o terapeutiche, sono esposte a radiazioni. Ad oggi:
• diminuzione, fino a scomparsa, delle lesioni deterministiche e cancerogenetiche;
• soltanto a causa di incidenti vi sono, oggi, lesioni professionali sicuramente riconducibili a
causa radiante;
• al di fuori della radiazione naturale, la maggior esposizione della popolazione nel suo
complesso è di gran lunga dovuto all’attività medica (0.4 mSv annui di dose efficace, 0.02
mSv al fallout radioattivo e 0.001 per l’impiego dell’energia nucleare).
Gli effetti dannosi delle radiazioni ionizzanti sono noti fin dai primi anni della loro scoperta e del loro
utilizzo. Nel 1928 fu istituita, dal Secondo Congresso Internazionale di Radiobiologia, la
Commissione Internazionale per le Protezioni Radiologiche. La commissione non ha carattere
governativo ma è un organo scientifico riconosciuto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite ed è
presa come guida dalla Comunità Europea nel fissare le direttive di protezione sanitaria contro le
radiazioni ionizzanti.
In Italia la normativa si basa su 2 capisaldi:
- Decreto legislativo (D. Lvo) 230/95
- D. Lvo 187/2000 che riprende delle normative dell’EURATOM.
La cosa che spaventa è il tempo passato tra la direttiva dell’EURATOM e il ricevimento da parte della
legislazione italiana, che dovrebbe essere ulteriormente aggiornata entro Febbraio 2018 (non è
avvenuto).
I principi legislativi attuali si basano sui 3 principati nominati prima:
- principio di giustificazione: nessuna attività umana comportante esposizione alle radiazioni
deve essere accolta a meno che la sua introduzione produca un beneficio netto e
dimostrabile agli individui esposti o alla società
- principio di ottimizzazione: ogni esposizione alle radiazioni deve essere tenuta tanto bassa
quanto è ragionevolmente ottenibile, facendo luogo a considerazioni economiche e sociali
- principio di limitazione delle dosi individuali: la dose ai singoli individui (con esclusione delle
esposizioni mediche) non deve superare determinati limiti appropriatamente sicuri.
Tali principi si occupano e riguardano:
1. esposizioni occupazionali
2. esposizioni mediche (incluse quelle accidentali)
3. esposizioni al pubblico
4. formazione
Il datore di lavoro, i dirigenti ed i preposti devono assicurare la sorveglianza medica dei lavoratori
mediante un medico autorizzato (medico del lavoro, igiene):
- visita medica preventiva: se l’impiego dovesse andare a peggiorare patologie pregresse;
- visita medica periodica (12 mesi cat. B, 6 mesi cat.A);
- visita finale: in caso di trasferimento del lavoratore va traferita anche la sua cartella clinica
(in cui va riportato tutto);
- allontanamento: nel caso in cui il lavoratore superi la soglia va allontanato dall’impiego.
La visita è un diritto e un dovere del lavoratore.
Il controllo dell’esposizione degli individui della popolazione deve essere effettuato, per quanto
riguarda le normali situazioni, a livello della singola sorgente di rischio, piuttosto che a livello
ambientale. Devono essere cioè poste restrizioni pratiche alle fonti di esposizione. In pratica
l’esposizione degli individui del pubblico è tenuta sotto controllo utilizzando il principio
dell’ottimizzazione con la scelta di opportuni vincoli di dose.
Spesso è utile considerare gruppi omogenei di individui esposti a causa di una data fonte di rischio.
Tra i gruppi più esposti può essere scelto un gruppo di riferimento che viene detto “gruppo critico”.
Il vincolo di dose deve essere applicato alla dose media assorbita dal gruppo critico a causa della
fonte per la quale si procede all’ottimizzazione della radioprotezione.
Ovviamente il vincolo di dose fissato dovrà tener conto di eventuali altri contributi significativi della
dose assorbita dagli individui del gruppo critico.
I limiti di dose si riferiscono alle attività umane che comportano un aumento dell’esposizione alle
radiazioni ionizzanti, non a situazioni preesistenti di esposizione alle radiazioni.
Limiti di dose ICRP ripresi dalla legislazione italiana:
• 1 mSv per anno
• 15 mSv per anno al cristallino
• 50 mSv per anno per la pelle, inteso come valore medio su 1 cm2, indipendentemente dalla
superficie esposta.
La maggior parte delle procedure per diagnostica superano i mSv per cui il discorso cambia nel
momento in cui un membro della popolazione diventa anche pz. In tal caso si applica il discorso se
la procedura comporta un beneficio netto o meno.
Un’altra eccezione è rappresentata dai volontari che
assistono i pz, i quali devono essere a conoscenza del
rischio e per loro non è previsto il limite di 1 mSv → se
un genitore accompagna il figlio ad eseguire una TC e
non può allontanarsi è compito del personale spiegare
alla persona dei rischi (pari a zero).
I limiti invece valgono per i volontari nella ricerca biomedica.
Per cui, per le esposizioni mediche ci avvaliamo del principio di giustificazione:
• Individuo esposto ricava un beneficio dall’esposizione stessa
• Appropriatezza, medicina basata sui fatti (evidence based medicine)
• Evidenza scientifica pesata in relazione al suo costo (cost-effectiveness), sia in senso
economico sia come rischio o sacrificio individuale.
La legge italiana sul principio di giustificazione dice che (Articolo 3 - D. Lvo 187):
➢ È vietata l’esposizione non giustificata.
➢ Dimostrazione di efficacia delle esposizioni mediche: vantaggi diagnostici o terapeutici, per
la salute della persona e della collettività, rispetto al danno alla persona che l’esposizione
potrebbe causare.
➢ Tener conto di tecniche alternative disponibili che non comportano un’esposizione o
comportano una minore esposizione alle radiazioni. In particolare:
o le metodiche di nuova introduzione devono essere giustificate preliminarmente
prima di essere generalmente adottate;
o le metodiche esistenti possono essere rivedute se ci sono nuove prove rilevanti circa
la loro efficacia o le loro conseguenze;
o entrambi i processi devono tener conto dei risultati della ricerca scientifica.
➢ Il Ministero della Sanità può vietare, sentito il Consiglio Superiore di Sanità, tipi di esposizioni
mediche non giustificati.
➢ Un tipo di pratica che comporta un’esposizione medica giustificata in generale, può essere
giustificata invece per il singolo individuo in circostanze da valutare caso per caso.
➢ Esposizioni mediche per la ricerca clinica e biomedica sono valutate dal comitato etico
istituito ai sensi delle norme vigenti.
Dovrebbe essere eseguita, a meno che il pz non sia allettato, in posizione ortostatica, ad una
distanza di almeno 2m di distanza dal tubo radiogeno; le mani devono essere posizionate sui
fianchi, con una piccola spinta in avanti dei gomiti per cercare di proiettare le scapole dal campo
polmonare vero e proprio; si esegue in apnea inspiratoria, cosa che non rappresenta un problema
dato che l’esame è praticamente istantaneo; in base alla diversa radio opacità o radio trasparenza
andiamo poi a riconoscere le diverse strutture.
In figura si visualizza la proiezione latero-laterale sx: si esegue con il pz che solleva un po’ la testa
in posizione eretta e le braccia sollevate, con il lato sx appoggiato alla cassetta.
[La latero-laterale sinistra viene utilizzata un po’ per la triangolazione per meglio definire la
posizione delle alterazioni rilevabili].
La cosa centrale della valutazione radiologica è valutare sia la simmetria dei due emitoraci sia che
l’inspirazione sia stata adeguata, altrimenti abbiamo una scarsa visualizzazione soprattutto delle
basi polmonari. [nella proiezione latero laterale vede anche la distanza tra le scapole e la distanza
dei margini costali posteriori, che deve essere al di sotto di 1 cm].
Ci sono altre possibili proiezioni aggiuntive ma che in realtà non vengono quasi mai eseguite, ad
eccezione del cosiddetto torace a letto.
Le due più importanti sono le due oblique anteriori destra (OAD=ortogonale anteriore dx) e
sinistra (OAS) che vengono utilizzate soprattutto per la valutazione dei profili cardiaci.
Altre possibili proiezioni aggiuntive sono oad e oas, proiezione AP in decubito supino, proiezione AP
in decubito laterale, torace a letto, proiezioni decentrate per gli apici. proiezioni decentrate per il
lobo medio, proiezioni per le pleure, radiogramma in espirio: servono per sproiettare zone
“nascoste” come gli apici polmonari, per studiare le coste, o per meglio valutare la presenza di
PNX, per valutare la mobilità di versamenti fluidi.
Con il radiogramma del torace alla mano, si analizza con uno schema di valutazione cosiddetto
inside-out: si parte dall’esterno verso l’interno e si valuta
in base ad alterazioni della opacità e trasparenza. Sulla
base del pattern di queste alterazioni si ipotizza poi una
diagnosi differenziale: per fare questo ovviamente il
radiologo deve conoscere l’anatomia
radiologica del torace.
Nella latero-laterale sx le sezioni sx del
cuore sono viste in basso, mentre le
sezioni destre sono viste in alto.
Noduli e massa sono delle opacità circoscritte, di diversa forma. La differenza fra noduli e massa è
dimensionale: noduli, se sono al di sotto di 3 cm, massa se al di sopra di 3cm
Le opacità interstiziale infine sono rappresentate dalle alterazioni dei setti e tralci fibrosi,
caratteristiche di patologie polmonari fibrotiche come FIP (fibrosi polmonare idiopatica). Queste
qui vengono studiate molto meglio con la TC che non con l’Rx
L’altro gruppo di alterazioni è rappresentato dalle ipertrasparenze, che può essere dovuto a varie
cause: sovradistensione ostruttiva senza distruzione del parenchima (es. asma) , aumento d’aria
associato a riduzione di sangue e tessuti (es. enfisema) , riduzione della quantità di sangue e
tessuti in assenza di sovradistensione polmonare (es. sindrome di SwyerJames e TEP). [Una
caratteristica particolare è il comportamento respiratorio, cioè una variazione del quadro a
seconda se eseguo il radiogramma in espirazione o inspirazione].
Si distinguono principalmente due forme di ipertrasparenza:
L’enfisema classico è
caratterizzato da un
aumento della trasparenza,
da una diminuzione della
curvature degli
emidiaframmi e
dall’aumento dello spazio
intercostale.
Una patologia molto frequente nella popolazione è la BPCO: l’Rx riesce a distinguere due
parametri principali della BPCO ovvero la diminuzione o l’accentuazione del disegno vascolare.
Certo si può andare a guardare una serie di segni ma l’Rx standard del torace soprattutto nelle
forme iniziali o di gravità lieve/moderata non ha molto senso dal punto di vista diagnostico o
valutativo in pz con BPCO. Nelle forme più avanzate invece i segni più evidenti e importanti e in
questi casi si può anche ricorrere alla Tc ad alta risoluzione per valutare l’estensione dell’enfisema
e la gravità del danno.La HRCT è piu precisa nella diagnosi dell’enfisema “anatomico”,con una
correlazione molto precisa tra estensione dell’enfisema in HRCT e gravità del danno enfisematoso
anche nelle forme più lievi, pur non ottenendosi una correlazione altrettanto stretta con l’entità del
deficit funzionale ostruttivo valutato con le
prove di funzionalità respiratoria.
Progressione della BPCO nell’anziano:
soggetto sano - Progressivo declino del
volume espiratorio massimo nel 1° secondo -
Ostruzione vie aeree - Alterazione scambi
gassosi - Insufficienza respiratoria - Stato
ipertensivo polmonare - Cuore polmonare
cronico - Ritenzione idrosalina –Exitus
Due principali pattern radiologico-clinici che
correlano con la diagnosi di
enfisema/bronchite cronica:
1. arterialdeficiency: rarefazione del
disegno vascolare e dovrebbe
corrispondere anatomicamente alla
prevalenza dell’enfisema
2. increasedmarkings: accentuazione dei
reperi vascolari (cosiddetto “polmone
sporco”) esprimerebbe la prevalenza
della bronchite cronica con
ipertensione arteriosa polmonare
secondaria
(non letta)
Nell’asma l’Rx è quasi sempre normale, a meno che non ci sia una sovrapposizione di una
patologia di tipo infiammatorio o infettivo.Nelle forme non complicate Rx torace spesso del tutto
normale; Nel 40-60% dei casi aspecifico ispessimento delle pareti bronchiali e raramente un lieve
incremento diffuso dei volumi polmonari Rx torace utile nei casi accompagnati da rialzo febbrile,
per evidenziare la possibile presenza di focolai broncopneumonici e per riconoscere le possibili
complicanze acute dell’attacco asmatico: pneumotorace, pneumomediastino e zone di atelettasie.
Nelle forme di asma cronica severa la HRCT:
Come vedete il polmone appare più nero, gli spazi intercostali allargati. Ci sono delle immagini
bollose che suggeriscono le
presenze di bronchiectasie.
Questi bronchi poi sono
più radioopachi molto
probabilmente per
l’ispessimento delle pareti.
Nella fase di remissione
l’ipertrasparenza e
l’ampiamento degli spazi
intercostali rimane in quanto è
la componente enfisematosa
fissa, ma migliora la trasparenza
alle basi.
RM TORACE
La bassa densità protonica del polmone ne prevede poco l’utilizzo, ma è importantissima per le
patologie mediastiniche e per quelle vascolari. Per queste ultime applicazioni si possono usare
sequenze diverse, le cosiddette Black Blood ovvero a sangue nero, in cui si visualizzano bene le
pareti del vaso ma si azzera il segnale del contenuto vascolare. Al contrario si possono effettuare
delle vere e proprie sequenze angiografiche che ci permettono di valutare anche le alterazioni del
flusso.
Non utilizza radiazioni ionizzanti. Indagine multiparametrica e multiplanare .La maggiore
risoluzione di contrasto (rispetto a.la TC) consente una ottimale rappresentazione dei tessuti molli
della parete toracica. E’ inoltre superiore alla TC nella valutazione dell’ invasione delle strutture
vascolari che si caratterizzano per l’assenza di segnale dovuta al flusso ematico (Flow void). E’
indicata nello studio della patologia mediastinica.Limiti: Movimenti cardiaci e respiratori
(necessarie tecniche di “gating”) ; bassa densità protonica dei polmoni(non è indicata per lo studio
del parenchima polmonare).
La RM presenta tuttora grossi limiti nella valutazione del parenchima polmonare, ma si sta via via
affermando come metodica di scelta nella valutazione del torace pediatrico in pazienti con fibrosi
cistica.
[Nell’embolia polmonare vi è in genere un mismatch tra ventilazione e perfusione, nel senso che la
perfusione è bloccata dalla presenza dell’embolo ma il bronco è pervio e funzionante, solo
successivamente si può avere anche uno spasmo del bronco. Per questo si deve fare
contestualmente una valutazione dello stato ventilatorio anche attraverso semplice rx.]
Ecco il confronto diretto fra immagine scintigrafica e angio TC.
L’iter dell’embolia polmonare prevede la valutazione del d-dimero, perché ha un valore predittivo
così elevato che se è negativo si esclude l’embolia polmonare. Se è positivo invece si potrebbe fare
un eco-doppler dei vasi della gamba dato che uno dei punti di partenza più frequente degli emboli
sono i vasi pronfodi venosi dell’arto inferiore. L’accoppiata eco positiva e d-dimero positivo
permette già di iniziare la terapia.
Altrimenti ricorriamo alla angio TC (CTPA) che ha diversi vantaggi ma ha dei punti che sono
svantaggiosi rispetto all’esame medico nucleare: due in particolare sono la eventuale allergia al
mdc e la dose di radiazioni che è lievemente più alta, con particolare riferimento alla possibilità di
irradiazione del feto nel caso di una donna in gravidanza. Successivo all’eco doppler quindi è
preferibile adoperare la
medicina nucleare perché la
radioattività è tutta
concentrata al distretto
polmonare. E poi i pz che
hanno una embolia
polmonare cronica molto
spesso la TC è negativa
perché non vediamo più
l’embolo, vediamo però
ancora l’effetto. In sostanza
abbiamo che la CTPA è
l’esame sicuramente da
scegliere in prima istanza dopo d-dimero e eco doppler, soprattutto in pz con RX patologico in cui
la scintigrafia ci da poche indicazioni. Inoltre l’angio tc polmonare ci permette di valutare anche
altri aspetti, le patologie parenchimali ad esempio; possiamo vedere che la sintomatologia
dolorosa che si accompagna all’embolia polmonare, che di fatto è aspecifica, non sia dovuta ad
esmepio ad una dissezione aortica. Già un po’ più complicato è se dobbiamo fare la diagnosi
differenziale con la SCA(sindrome coronarica acuta). Infatti SCA, dissezione aortica, embolia
polmonare sono le tre patologie con quel tipo di dolore di cui dobbiamo fare diagnosi differenziale
in quanto pericolose per la vita . E’ chiaro che se dobbiamo fare una valutazione anche delle
coronarie, la metodica tc cambia un po’, non è proprio la stessa.
Nella diagnostica dell’embolia polmonare sono
disponibili due tecnichedi diagnostica per
immagini:
L’ approccio medico nucleare è da preferire nei pz che hanno funzione renale severe, in cui il mdc
non si può dare, allergia nota, gravidanza.
Alcuni chirurghi toracici prima di resezioni polmonari vogliono sapere che funzione polmonare
residuerà e questa informazione lo si ha mediante lo studio della funzione respiratoria: questa
però ci da delle informazioni globali, dovrei invece in qualche maniera risalire al settore specifico
che voglio rimuovere e quanto questo contribuisce alla funzione globale. Si fa la scintigrafia e si
assume che la distribuzione della perfusione sia sovrapponibile a quello della funzione
respiratoria. Vediamo poi la quantità di radiofarmaco che è arrivato nei due polmoni. Poi
dividiamo ad esempio il polmone di 3 regioni, vediamo i conteggi del radiofarmaco trovato in un
settore e lo esprimiamo come percentuale del globale, e questo è proporzionale al contributo
funzionale di quella parte del polmone alla funzione respiratoria.
Naturalmente dobbiamo parlare della PET-TC con fdg perché è un caposaldo nella oncologia e ci
serve per:
Il contrario dovrebbe invece essere vero nel caso di positività all’fdg, ma non sempre è così: infatti
ci sono alcuni casi, come ad esempio nel granuloma, che nelle loro fasi attive captano l’fdg, perché
questo è un grande tracciante però è un indicatore di metabolismo glicidico, non un indicatore di
malignità. Tutto ciò si basa sull’ipotesi di Warburg per cui nelle neoplasie c’è un aumento della
glicolisi tanto maggiore quanto è maggiore la sdifferenziazione e quindi sostanzialmente
l’aggressività della neoplasia.
La diagnosi differenziale tra nodulo benigno e maligno non può prescindere dall ’accertamento
cito e/o istologico nei casi di aumentata captazione del tracciante. L’assente fissazione da parte
del nodulo polmonare è predittiva di benignità in quasi il 99% dei casi. L’assenza di captazione di
FDG nel nodulo polmonare consente di evitare l ’ intervento chirurgico, suggerendo il
monitoraggio dimensionale della lesione.L’uso della PET/CT FDG nei NSP è ben definito nei
pazienti che hanno risultati CT e probabilità clinica pretest di malignità discordanti.
FN (falsi negativi) in noduli < 8 mm Tuttavia in noduli <5 mm rischio di malignità < 0.1%.
FP (falsi positivi) in patologie benigne ad alto metabolismo (es. granulomi infettivi).
La strategia CT + PET/CT è la più efficace nei pazienti con rischio di malignità > 6%.Mentre nei
pazienti con rischio minore la strategia migliore è “wait and watch”.
Alcuni studi hanno tentato un po’ di migliorare questa metodica nei termini della specificità
andando a fare delle applicazioni particolari quali ad esempio la “dual time”, ovvero andando a
vedere non solo il metabolismo ma anche la sua dinamica. Quindi somministrare il radiofarmaco,
acquisire con la pet al tempo stabilito e poi acquisire una seconda pet a distanza di un paio d’ore,
circa 3 ore dalla somministrazione. Si è visto che le lesioni maligne tendono ad avere una
concentrazione stabile o che aumenta nel tempo, mentre quelle benigne fanno il contario.
Tuttavia non è tale da farci avere valori da poter fare escludere sicuramente la necessità di fare la
biopsia. In sostanza nel nodulo polmonare io devo sapere a chi devo andare la FNAC: può essere
fatta TC guidata quando il nodulo è periferico, oppure in corso di broncoscopia se è centrale.
1. Alla RX torace standard la presenza di calcificazioni caratteristiche di benignità interrompe il
workup. 2. Un nodulo di dimensioni invariate per un periodo di almeno 2 anni è considerato
benigno. L’accrescimento è sospetto. 3. La CT pu stabilire se un nodulo è realmente solitario e pu
spesso caratterizzare i noduli come quasi certamente benigni o indeterminati. 4. Per i noduli
indeterminati si procede differentemente in base alle dimensioni. NPS >1cm sono valutati con FDG-
PET. Elevato accumulo è sospetto e obbliga alla CT-guided biopsy or video-assisted thoracoscopic
surgery. 5. Nel caso di basso accumulo è indicato il follow-up. 6. Per noduli PET-negativi Rx del
torace è accettabile per il follow-up, e 2 anni di stabilità pone termine al work-up. 7. Per noduli < 1
cm si adopera la CT, con un follow-up di almeno 3 anni a intervalli più frequenti per i fumatori
NSCLC
Nel caso del carcinoma polmonare non a piccole cellule nella fase di diagnosi già certa, il
completamento della stadiazione dovrebbe essere fatto con una pet tc, in quanto uno dei punti
cardini è la discrminazione fra stadio 3A e 3B o 4. Fra 3A e 3B dobbiamo guardare se le dimensioni
(T) ma dobbiamo guardare anche l’N, i linfonodi. L’N si guarda prevalentemente dal punto di vista
dimensionale alla TC, ovvero le dimensioni del diametro minore del linfonodo: 10mm si intende
linfonodo interessato, al di sotto non interessato. Ma
non è sempre così, in molte situazioni è vero il
contrario.
Ancora una volta quindi possiamo utilizzare il
tracciante per verificare quindi se il linfonodo è
interessato o meno. La pet ancora una volta ci da un
valore predittivo negativo. L’identificazione di Stadio I
sulla base dei dati clinici e di risultati negativi alla
PET/CT è sufficiente per escludere malattia
mediastinica. L’identificazione di Stadio II o III è più
controversa Questo per la presenza di Falsi Negativi in
lesioni < 1cm. Nella differenziazione tra Stadio IIIA e
Stadio IIIB la PET/CT consente di variare la stadiazione
nel 48% -63% dei pazienti.L’aggiunta
del dato metabolico (PET/PT) al
work-up convenzionale consente
di:variare lo stadio nel 27% ,evitare
procedure chirurgiche nel
20%.PET/CT superiore a CT e a PET.
Distingue tra tumore e
atelettasia.Cambia l’ approccio
radioterapico in 40%.
La tc difficilmente ci fa distinguere se
un’opacità è tumore o atelettasia, con la
PET TC invece discriminiamo bene quale
parte dell’opacità è tumore e quale
atelettasia.
dopo una terapia neoadiuvante, ovvero per valutare se abbiamo ridotto lo stadio del pz
per poterlo portare in sala operatoria e fare l’intervento.
A termine della nostra terapia
Valutazioni precoce ( dopo 3 cicli), questo si fa
molto nella terapia dei linfomi (il cosiddetto interim),
ovvero la valutazione dopo qualche ciclo per vedere come
la neoplasia risponde al trattamento. Se risponde bene
allora il trattamento si continua, se risponde male vuol dire
che c’è sicuramente la necessità di aumentare
l’aggressività della mia terapia.
Nel caso del carcinoma del polmone , il SUV è un
parametro per esprimere quantitativamente la captazione,
maggiore è la riduzione del SUV migliore è la
sopravvivenza.
La PET-FDG ha quindi un Valore Predittivo e Prognostico nella diagnosi, nella malattia avanzata,
dopo terapia di induzione, nelle recidive, dopo terapia di induzione e nelle recidive.
Anche nei pazienti in stadio precoce l’entità
Infine una cosa che interessa molto i radioterapisti, il cui scopo è dare una dosa elevata di
radiazioni al tumore con risparmio dei tessuti sani, è la valutazione dei piani radioterapici.
Si avvalgono dell’imaging TC e RM perché su queste immagini il fisico di concerto con il
radioterapista delinea il tumore e definisce i piani di dose, ovvero quanta dose deve arrivare al
tumore. In linea generale il modo principale per cui si ottiene la dose massima al tumore con
minima dose ai tessuti sani è quella di utilizzare più porte di accesso, ovvero far arrivare i fasci da
più parte (esempio nella mammella da piani tangenziali sovrapposti, oppure in tumori addominali
utilizzando almeno 4 porte di accesso). Oggi c’è addirittura la RT intensity modulated, ovvero la
modulazione dell’intesità della radiazione in base al tessuto da irradiare; la tomatherapy, in cui il
sistema di radiazioni gira intorno al pz e da molteplici porte di accesso.
Una volta delineato il volume bersaglio con la TC, viene definito il cosiddetto CTV ovvero il volume
tumorale e il volume di trattamento.
Quello che vorrebbero fare i radioterapisti è delinare questo piano di trattamento e poi
aggiungere un plus, una sovradose, che si da alla regione più aggressiva del tumore che
sicuramente è quella metabolicamente più attiva. E quindi si passa al Biological Target Volume che
porta ad una variazione del trattamento in più della metà dei pz.
Pianificazione dei piani di trattamento radioterapico: migliore accuratezza delle registrazioni delle
due modalità, eliminazione delle inaccuratezze legate alle procedure di coregistrazione necessarie
per correggere gli errori dovuti al setup del paziente nelle acquisizioni separate CT e PET (tempi
diversi), affidabile definizione del volume bersaglio, necessario approfondire lo studio dei
movimenti respiratori che possono contribuire, a causa dei diversi tempi di acquisizione tra CT e
PET, a diversificare il volume di trattamento.
Permette l’individuazione di lesioni aggiuntive rispetto a quelle segnalate dall ’ imaging
convenzionale o la corretta localizzazione della componente fibrosa o necrotica nell’ambito delle
lesioni. Queste informazioni consentono in una percentuale elevata dei casi di modificare
opportunamente il piano di trattamento ampliando o riducendo opportunamente i campi di
irradiazione o modificando l’entità della dose somministrata.
Di seguito sono riportati quelli che sono gli iter diagnostici in alcune delle patologie che abbiamo
trattato oggi ( non le ha lette).
K polmone
- RX:Indicata (può essere negativa). Molto utile il confronto con radiogrammi precedenti.
- TC Indicata. Identifica sede e caratteristiche densitometriche e di enhancement di una
lesione. Necessaria per lo staging
- RM Speciale. Per la valutazione dei rapporti lesionali con la parete toracica. Indicata per il
tumore di Pancoast.
- Sc.ossea Valutazione metastasi ossee.
- PET-TC Indicata nello staging e nel restaging post trattamento. Indicata nella valutazione
del NPS
Embolia Polmonare
- RX: Frequentemente negativa. Segni in fase tardiva
- TC :Gold standard. Mostra difetti di opacizzazione endolume, indicata
- RM:Speciale. Pazienti che non possono essere sottoposti alla TC.
- Sc V/Q: Indicata. Valutazione match/ mismatch. Alta sensibilità per difetti di perfusione
Linfoma
- RX: Mostra slargamento mediastinico ed infiltrazione parenchimale, ma frequentemente
negativa.
- TC: Indicata. Valutazione delle stazioni linfoghiandolari coinvolte. Diagnosi di estensione
- RM Indicata nella valutazione della massa mediastinica residua.
- PET-TC Indicata. Gold standard nello staging e nel restaging
Polmoniti
- RX: Indicata. Diagnosi e follow-up
- TC: Speciale. Casi dubbi, persistenti e/o ricorrenti
Patologia interstiziale
- RX: Limitata. Evidenzia segni tardivi
- HRCT: Indicata. Valutazione diretta dell’interstizio polmonare
Traumi
- RX: Indicata. Evidenzia o esclude lesioni parnchimali, pleuriche o vascolari
- TC: Indicata. Precisa o evidenzia patologie non evidenti all’Rx
- RM: Integrativa. pazienti stabili, idonea per i traumi dell’aorta
- Angiografia: Integrativa. Nel sospetto di rottura aortica
CASI CLINICI
Il professore procede mostrando le immagini e poi ponendo il quesito.
Quali di queste affermazione è vera?
Caso clinico:
donna, 53 anni, all’anamnesi patologica remota ha una ipertensione arteriosa trattata e fumatrice
(20sigarette/die), storia familiare di carcinoma alla mammella.
Esegue un FNAC ecoguidato nel 28/03/2017 su una lesione nodulare della mammella al QIE della
mammella sx e l’esame citologico è positivo per cellule maligne-> il reperto orienta per carcinoma
duttale grado2 secondo Guilford.
05/04/2007: le fanno una mastectomia radicale modificata. Istologico: lesione nodulare stellata di
8mm di diametro contenente microscopici focolai di Carcinoma duttale in situ e microcalcificazioni
al QIE della mammella sx. Linfonodi ascellari negativi. Mastopatia micro-macrocistica sugli altri
quadranti.
Pratica radioterapia e terapia ormonale. Scintigrafia ossea 2 settimane dopo negativa per lesioni
secondarie.
Giugno 2011 in corso di esame ecografico della regione mammaria sx si rileva una millimetrica
area ipoecogena lungo la cicatrice del pregresso intervento chirurgico. Sospetto recidica Ca
mammella sx.
FNAC: cellule duttali di aspetto e caratteri normali. Biopsia escissionale di un area di consistenza
aumentata di 7mm. 27/07/2011: Ca duttale infiltrante di grado istologico intermedio di malignità =
ER 90%, PR 90%, ki 67 < 10%.
Viene fatta una TC torace e addome con e
senza mdc e si vede un nodulo solido 1,2 cm
localizzato al polmone di sx in corrispondenza
del corno ilare superiore. Sub centrimentiche
nodulazioni linfonodali in FAP. Esiti di
mastectomia sx con aspetto disomogeneo del
cellulare adiposo sottocutaneo in corrispondenza della cicatrice chirurgica.
Utile rivalutazione a breve distanza di tempo
(3mesi). La risonanza magnetica conferma questo
nodulo polmonare e il reperto alla cicatrice. Si
consiglia una PET.
Fa la pet, e la pet capta, il noduletto è piccolino ma
capta, con un’intensità di grado moderato.
È una lesione secondaria al tumore primario alla
mammella? O è un nodulo primitivo polmonare?
La captazione si prolunga anche a livello ascellare, probabilmente dovuta agli esiti della
radioterapia che la signora aveva
fatto.
Si consiglia di :
MAMMOGRAFIA (MX)
E’ l’indagine radiologica di più comune impiego nella diagnostica senologica che dà informazioni
sulla struttura e sulla morfologia della ghiandola. Ha una elevata sensibilità nell’individuazione di
lesioni mammarie anche di dimensioni millimetriche ancora non palpabili (come ad esempio le
calcificazioni o ancora meglio le microcalcificazioni) né documentabili con altri esami diagnostici.
La compressione della mammella è necessaria per ottenere un buon contrasto di immagine. Ciò
consente infatti di migliorare il contrasto dell’immagine. L’esame è sempre bilaterale e
comparativo, ciò significa che va sempre effettuato ad entrambe le mammelle durante la stessa
seduta.
La proiezione cranio-caudale
permette la suddivisione della
mammella in due porzioni, Esterna
e Interna.
La proiezione obliqua medio-laterale permette di poter visualizzare il prolungamento ascellare
(triangolo radio-opaco e, a differenza della proiezione precedente, divide la mammella in una
porzione superiore e una inferiore. La mammella viene così divisa (grazie alle due proiezioni) in 4
quadranti.
L’ingrandimento diretto è figlio delle tecniche di base della radiologia convenzionale, perché sfrutta
la stessa tecnica che si usa anche nel torace: maggiore è la distanza tra fuoco (sorgente radiogena)
e oggetto, minore è l’ingrandimento, e viceversa. Perciò si pone un distanziatore tra mammella e
rilevatore per avvicinarla al fuoco e allontanarla dal piano sensibile. Questo permette di ottenere
degli ingrandimenti geometrici e serve per aumentare il dettaglio, vedere meglio piccole lesioni e
microcalcificazioni.
Nella Mammella normale in età fertile, grazie alla mammografia, possono essere visualizzati e
studiati 3 elementi strutturali:
1. Tessuto adiposo
2. Parenchima ghiandolare
3. Tessuto connettivo mammario
Ci sono delle differenze legate all’età della paziente, la densita’ radiologica della ghiandola
mammaria si riduce in maniera significativa con l’avanzare dell’età: per cui una mammella giovane
è una mammella densa, mentre una mammella senile appare meno densa, a causa della
sostituzione della componente stromale del tessuto mammario con componente adiposa.
La relativa abbondanza delle tre componenti strutturali determina la densità della mammella.
Mammella Giovane
Mammella Senile
Rilievi morfologici
• Addensamenti (margini sfumati) La differenza tra nodulo e addensamento è
• Noduli molto semplice: l’addensamento ha dei
o margini regolari margini sfumati (attenzione a non
o margini spiculati confondere margini sfumati con margini
• Distorsioni parenchimali irregolari! I margini irregolari sono margini
definiti ma che non seguono una forma
• Microcalcificazioni
tondeggiante come i margini regolari).
o chiazze
o cluster
Qui il senologo ha evidenziato la distorsione
parenchimale contornandola con puntini neri
per delimitarne l’estensione.
In genere le micro
calcificazioni a chiazze sono
indice di benignità
MAMMOGRAFIA DIGITALE
In mammografia digitale la pellicola radiografica è sostituita da un detettore.
Il detettore interagisce con i raggi x trasmessi attraverso la mammella e converte la loro energia in
segnali elettronici che vengono digitalizzati e registrati dal computer.
L’elaborazione dei dati produce un’immagine digitale che viene mostrata su di un monitor ad alta
definizione.
Confronti di risoluzione tra Tradizionale e Digitale
• Carcinoma occulto alla mammografia (es. Ka lobulare che per la sua modalità di
accrescimento non dà effetto massa)
• Carcinoma oscurato da tessuto denso
• Errore Tecnico
• Errore di interpretazione
L’errore tecnico e quello di interpretazione possono essere ampiamente prevenuti da un
personale specializzato. Questo è il motivo per cui sono nati dei veri e propri centri specializzati
per lo screening e per la prevenzione secondaria.
La procedura mammografica può essere eseguita per 2 motivi: come procedura di screening o
come procedura diagnostica. Nella prima l’esame viene eseguito dal personale tecnico nelle due
proiezioni per ciascuna mammella; la paziente va via, il radiologo successivamente guarda gli
esami e se nota qualcosa di sospetto, effettua il cosiddetto recall, ovvero richiama la paziente per
farle eseguire altri esami ed accertamenti come un esame mammografico di lato, un
approfondimento ecografico o addirittura una citologia. Nella mammografia come procedura
diagnostica invece la paziente è spesso sintomatica (termine non proprio corretto per indicare una
paziente che presenta dei segni clinici come un nodulo alla palpazione) o con un forte sospetto
per familiarità. In questo caso la paziente viene seguita dal senologo già durante l’esame
mammografico e, se la paziente è giovane e presenta una mammella densa, l’esame di primo
livello è rappresentato non più dalla mammografia ma dall’ecografia. In alcuni casi limite viene
addirittura effettuato in prima istanza la risonanza magnetica.
• FORMA
• MARGINI
• ECOSTRUTTURA
• ASSORBIMENTO ACUSTICO
• STRUTTURE CIRCOSTANTI e ALONE
• VASCOLARIZZAZIONE
Qui possiamo vedere due strutture Questa invece (anche se la scarsa
anaecogene. Il segno del rinforzo di qualità dell’immagine potrebbe
parete posteriore ci conferma che accomunarlo alle cisti a sx) è una
questa lesione si tratta di una cisti struttura iso/ipoecogena.
In questo caso non interessa sapere se è flusso venoso o arterioso, ricordiamo che blu e rosso
sono delle convenzioni che indicano l’allontanamento dalla sonda o l’avvicinamento ad essa
rispettivamente.
Presenza di gettoni neoplastici all’interno di cisti.
ELASTOGRAFIA
Elaborazione del segnale proveniente dalle strutture esaminate: elastosonogramma, in cui si
riproduce l’usuale immagine ecografica con sovrapposta la corrispondente rappresentazione
cromatica
blu rappresenta i tessuti rigidi: più frequente nelle lesioni maligne
verde i tessuti elastici: più frequente nelle lesioni benigne
rosso quelli a elasticità intermedia
Punteggio elastosonografico: indica il grado di deformabilità della lesione mammaria, secondo
uno score (score di Ueno rivisitato dal Gruppo di Studio Multicentrico Italiano)
L’elastografia è idealizzabile come un esame più preciso e quantificabile della palpazione
dell’esame obbiettivo. Essa determina l’elasticità del tessuto sospetto tramite una rielaborazione
dei segnali che ritornano dalla lesione, ricavandone così in maniera indiretta la consistenza.
INDICE ELASTOSONOGRAFICO
lo score 1 è mediamente elastico,
mentre il 2 è estremamente
elastico. Dal 2 al 4 l’elasticità si
riduce fino ad arrivare allo score 5
che corrisponde ad un nodulo
estremamente rigido (e ciò trova
riscontro anche nel cono d’ombra
che si forma dietro alla parete
posteriore).
È bene ricordare che questo esame svolto da solo serve a poco, può invece aumentare la
sensibilità diagnostica se svolto assieme ad eco od eco-color doppler.
IMAGING ARMONICO
Dall’interazione del fascio US con tessuti e/o microbolle di mdc si generano componenti lineari
(frequenza fondamentale) e non lineari dell’eco riflessa, in particolare queste ultime sono multiple
di fattori 2, 3 o più della frequenza di trasmissione (II, III armonica).
L’imaging armonico si basa sulle componenti non lineari dell’eco riflessa, eliminando i segnali della
frequenza fondamentale.
È una vera e propria innovazione nel mondo della diagnostica per immagini ed è utilizzato non solo
nella mammella ma anche in altre sedi. Anche in questo caso il macchinario fa una analisi basata
sull’eco riflessa e va a vedere la componente tissutale o quella vascolare e migliorare la qualità
dell’immagine aumentando il contrasto.
MEDICINA NUCLEARE
- Mammoscintigrafia
- Linfonodo Sentinella
- Scintigrafia Ossea
- PET/CT
- PET/MRI
Linfonodo Sentinella
La maggior parte della clinica dei carcinomi della mammella inizia con il coinvolgimento dei
linfonodi ascellari. Quelli dei quadranti interni coinvolgono spesso i linfonodi della catena
mammaria interna, i carcinomi dei quadranti esterni invece coinvolgono molto spesso i linfonodi
del cavo ascellare. In entrambi i casi la valutazione clinica non è semplice: nel caso del cavo
ascellare le uniche due metodiche non invasive utilizzabili per la loro diagnosi sono la palpazione e
l’ecografia, le altre metodiche di imaging servono a poco; nel caso della catena mammaria interna
è sostanzialmente l’opposto, ovvero eco e palpazione inutili mentre TC e RM sono le metodiche
più utilizzate. Veronesi introdusse la QUART, secondo la quale per una stadiazione completa di un
carcinoma mammario occorreva sapere quanti e quali linfonodi erano coinvolti. In passato al 100
% delle donne con ka mammario veniva svuotato tutto o parte del cavo ascellare a scopo
stadiativo e profilattico. Ciò comportò però delle complicanze in termini di mobilità dell’arto
lesionato.
Per questo motivo sempre il gruppo di Veronesi introdusse la metodica del linfonodo sentinella,
ovvero individuare in sede operatoria il primo linfonodo drenante il flusso linfatico proveniente
dall’area tumorale, si fa un’estemporanea, si valuta se è interessato o meno: se positivo, si
procedeva con lo svuotamento del cavo ascellare, se negativo no. Il linfonodo sentinella prelevato
si analizzava ulteriormente con metodiche più precise e ben diverse dall’ematossilina eosina che
era stata utilizzata per l’estemporanea.
La biopsia radioguidata del LS è una metodica che può essere utilizzata per indirizzare il
trattamento chirurgico e per stadiare il carcinoma mammario in fase iniziale permettendo di
evitare la dissezione linfonodale ascellare e l’incidenza di complicanze ad essa associate.
Scintigrafia Ossea
PRELIEVO MICROBIOPTICO
• mira a caratterizzare in maniera definitiva una lesione mammaria “dubbia”
• metodica che conclude l’iter diagnostico senologico
SISTEMA MAMMOTOME
• Biopsia con aspirazione forzata
(Vacuum Biopsy-VB) con Mammotome
(Ethicon Endo- Surgery).
• Possibilità di ottenere maggiori
quantità di tessuto con un solo
ingresso dell’ago
• Utilizzo di un tavolo prono
stereotassico
• Possibilità di differenti approcci alla
lesione secondo diverse angolazioni
La paziente si dispone in posizione prona con la
mammella da bioptizzare pendula e collocata in quel
foro all’estremità del lettino.
RISONANZA MAGNETICA
Nel caso della risonanza magnetica non abbiamo bisogno di un intero macchinario dedicato allo
studio della mammella, ma invece la bobina deve essere quella apposita per questo tipo di esame.
La RM dinamica dopo somministrazione endovena di mdc paramagnetico consente di distinguere
le lesioni benigne da quelle maligne in base al diverso grado di vascolarizzazione.
Attualmente è forse l’unico esame di RM in cui è ancora considerato obbligatorio il mdc. Il mdc
utilizzato nella RM è il Gadolinio DTPA, un mdc cosiddetto paramagnetico, ovvero che agisce sulle
immagini T1.
L’impregnazione apprezzabile dopo la somministrazione del mdc e’ influenzata da vari fattori:
numero e dimensioni dei vasi nei tessuti neoplastici o perilesionali; dimensione dello spazio
interstiziale; fattori angiogenetici; permeabilità vascolare.
qui abbiamo il caso clinico di una
donna giovane con mutazione già
diagnosticata di BRCA 2 e con
mammografia che non presenta
sostanziali alterazioni. Alla RM si
vede invece chiaramente una
massa irregolare.
Criteri diagnostici generali
Lesioni maligne: rapido e marcato incremento dell’intensita’ di segnale (> 90%) dopo il primo min
dalla somministrazione del contrasto
Lesioni benigne: lieve incremento dell’intensita’ di segnale (< 40%) durante il primo min dalla
somministrazione del contrasto
Eccezioni: tumori scarsamente vascolarizzati (carcinomi lobulari, in situ e carcinomi tubulari);
lesioni benigne ipervascolarizzate.
Estensione loco-regionale
Valutazione pre-operatoria di lesioni eteroplasiche evidenziate ad un precedente esame
mammografico e/o ecografico.
Anche in questo caso secondo BIRADS è
necessario effettuare una valutazione
della composizione della mammella
(adiposa, fibroghiandolare,
disomogenea o densa).
Multicentralità/Multifocalità
La Malattia sincrona bilaterale si
riscontra raramente, nel 3-6% dei casi.
(NB: multicentricità = più lesioni in
diversi quadranti, multifocalità = più
lesioni nello stesso quadrante)
CUP Syndrome e RM
Incidenza di metastasi ascellari da carcinoma primitivo occulto della mammella: 0.3%-0.8%
Accuratezza diagnostica della MX: 45% - 56%
Accuratezza diagnostica della RM: 75% - 86%
Nella identificazione del focolaio primitivo, cosa non proprio di facile individuazione, l’accuratezza
della risonanza è quasi 2 volte superiore di quella della mammografia.
Questi sono gli esami
effettuati da una pz
sintomatica (con
linfonodo ascellare
palpabile) e la
mammografia negativa.
All’ecografia la lesione
era invece abbastanza
evidenziabile e alla RM
vediamo la presenza di
multiple lesioni.
Sfortunatamente però anche nel caso della RM esiste un istotipo di ka mammario che alcune volte
può sfuggire alla diagnostica: il Carcinoma Lobulare Invasivo.
Piccole cellule incolonnate che infiltrano il tessuto mammario in assenza di noduli o masse:
Falsi negativi alla MX : 21% - 43%
Falsi negativi alla ECO: 14%
Recidiva vs Fibrosi
5-10% di recidive a 5 anni dall’intervento chirurgico, 10-15% di recidive a 15 anni dall’intervento
chirurgico, nella sede dell’intervento.
Lo studio RM è utile nella valutazione della cicatrice chirurgica quando le metodiche tradizionali
(MX ed ECO) mostrano alterazioni sospette per recidiva nel contesto o perifericamente alla
cicatrice.
Nel follow up delle pazienti (TUTTE, sia Early Breast Cancer che più gravi) è previsto il follow up
con Mammografia ed Ecografia. Quando questi esami presentano un dato dubbio entra in gioco la
RM.
in questo caso la paziente presenta un
sospetto diagnostico alla mammografia
focale, confutato però dall’esame RM, la
quale non mostra nessun enhancement,
permettendoci di fare diagnosi di fibrosi.
Utilizzare la RM come screening annuale per pazienti con note mutazioni BRCA o con parenti di
primo grado con mutazioni BRCA o ancora con elevata suscettibilità in base all’anamnesi familiare
di sviluppare ka mammario. In alcuni casi non è obbligatoria ma consigliata la RM Annuale nelle
donne che hanno avuto irradiazioni toraciche in età giovanile per esempio per curare un linfoma.
Ci sono degli studi di screening RM annuale come prima linea con una meta analisi e in molti casi i
risultati sono interessanti.
Più precocemente si riesce a fare diagnosi, migliore è poi il follow-up e la sopravvivenza a 5 anno
dalla patologia.
45 anni fa uno studio pubblicato sull’AJCC da parte di uno studio svedese ha dimostrato
l’importanza dello screening mammario. i risultati furono sconvolgenti, con una riduzione della
mortalità:
50-69 anni: riduzione mortalità: 16-35%
40-49 anni: riduzione mortalità: 15-20%
La mammografia nella fascia di età >50 anni presenta una sensibilità elevatissima (98%) nelle
mammelle con prevalenza adiposa, un po’ più bassa ma comunque estremamente valida (84%)
nella mammella densa.
La specificità varia a seconda degli studi ma non scende mai al di sotto dell’80%.
Nel caso invece di pazienti giovani, <50 anni, la sensibilità dell’esame scende considerevolmente
arrivando al 48%, motivo per cui è estremamente consigliato adoperare altre tecniche di imaging
come l’ecografia.
Mammografia di screening
• Donne asintomatiche
• Esame mammografico eseguito in due proiezioni: cranio-caudale ed obliqua medio-laterale
• Il fine della mammografia di screening non è la diagnosi definitiva, ma la selezione di un
gruppo limitato di soggetti con anormalita’ meritevoli di ulteriore approfondimento
diagnostico
Ogni 1000 donne che eseguono mammografia biennale dai 50 ai 59 anni fino a 79 anni nell’arco di
30 anni avremo:
• 75 donne con diagnosi di tumore trattate e sopravvissute
• 4 donne trattate per tumore che non avrebbe dato problemi (sovradiagnosi)
• 12 donne decedute per tumore
• 30 donne che hanno eseguito agobiopsia per reperti benigni
• 160 donne che hanno eseguito approfondimenti radiologici non invasivi per reperti benigni
• 719 donne mai richiamate per approfondimenti e rassicurate sull’assenza di tumore
Un libro scritto da un importante biostatistico toscano affermava che, solo in base ad un calcolo
puramente statistico, lo screening mammografico ha una scarsa utilità. Il professore non è
d’accordo con questa affermazione, poiché la realtà dei fatti ci mostra come lo screening
mammografico sia importante per prevenire lo sviluppo e l’avanzamento di neoplasie ben più
serie.
https://it.wikipedia.org/wiki/Receiver_operating_characteristic
Flow chart dell’approfondimento diagnostico delle lesioni positive allo screening mammografico
Follow-up
• Mammografia bilaterale
• Ecografia
• Scintigrafia Ossea
• PET-FDG
Sulla base delle evidenze disponibili si raccomanda di NON avere un follow-up intensivo, con
l’eccezione della mammografia, nelle pazienti con Ca in stadio precoce (early-stage BC).
Per il follow-up di pz che hanno avuto come prima diagnosi un EBC, varie società sono d’accordo
nell’affermare che l’unico immaging che deve essere eseguito sempre e su base annuale è la MX, a
cui eventualmente possono essere aggiunti altri esami come la BMD (Bone Mineral Density,
Densità Minerale Ossea) particolarmente importante in pz che seguono terapia con AI (il prof non
lo specifica ma credo sia inibitore di Aromatasi).
Lo scopo del follow up è diverso a seconda di se ci troviamo dinanzi un early breast cancer (non
metastatico) o un tumore metastatico: nel primo caso dobbiamo fare una valutazione correlata ai
sintomi e ad una eventuale terapia adiuvante, mentre nel secondo caso dobbiamo guardare alla
terapia curativa che stiamo facendo e valutarne gli effetti.
Queste sono le linee guida ma non sempre vengono applicate, incorrendo in 3 problematiche
principali:
1. di tipo economico, più esami richiedono più costi
2. di tipo logistico; se occupo più slot a disposizione per eseguire gli esami, non ne avrò subito
a disposizione per le pazienti che davvero ne hanno bisogno
3. di tipo psicologico per la donna che deve eseguire questo esame, anche se quest’ultima è
relativa all’approccio psicologico della paziente nei confronti del problema. Ci sono pazienti
che si sentono rassicurate nell’eseguire il test mentre altre che vanno in ansia in attesa del
risultato.
In Italia, secondo il Registro Tumori AIRC (AIRTUM), female BC survivors nel 2015 ci sono state
693000 donne sopravvissute a Ca, cioè il 2.2 % della popolazione femminile pari a una prevalenza
di cancro del 42 %.
Nelle pazienti con Ca metastatico la risposta alla terapia dovrebbe essere valutata 2/3 mesi dopo
l’inizio e poi ogni 2/4 mesi in caso di terapie ormonali e ogni 2/4 cicli in caso di chemioterapia, per
valutare se la paziente sta rispondendo o meno alla terapia e se è il caso di modificare la terapia o
no. In caso di sospetta progressione vanno fatti test aggiuntivi.
Tabella che il prof ha detto di leggere velocemente ma su cui non si è soffermato
I migliori parametri per definire le raccomandazioni terapeutiche nell’ early breast cancer sono
“ER, PR, e HER2 status”.
Le strategie di trattamento basate sull’espressione dei recettori sono aree crescenti di interesse
così come la predizione della risposta.
Il fenotipo molecolare nel carcinoma della mammella è fondamentale per il setting della terapia
ormonale, ma ha dei risvolti anche nell’imaging. Ricordandoci sempre che purtroppo le metstasi
possono presentare un profilo recettoriale diverso dalla lesione primitiva.
In confronto a luminal A e B le pazienti TNBC anno prognosi peggiore: relapse-free survival e
overall survival
Le maggiori differenze si hanno entro i 2 anni dalla diagnosi
Una meta-analisi di studi su “breast cancer subtype and locoregional recurrence following breast-
conservation therapy and mastectomy” ha evidenziato lower rates of local recurrence in luminal
groups versus TNBC and HER2- positive breast cancers
La “risk stratification by subtype” può indirizzare verso cure più personalizzate- individualized, e
focalizzare il follow-up per le pazienti con più alto rischio.
Contrast-enhanced Mammography
Studi recenti mostrano che la “contrast-enhanced digital mammography” può valutare il flusso
con l’iniezione di mdc iodato e sottrazione di immagini.
La sensibilità è 78%- 92%.
L’aggiunta del mdc migliora la sensibilità rispetto a MMx/US da sole
Per quanto riguarda la
Mammografia, è stata
valutata la possibilità di
eseguire una mammografia
con mdc, quindi si fa la
mammografia classica, si
somministra il mdc e lo si
segue nella perfusione ai
tessuti. Da un punto di vista
pratico non è proprio
semplice perché gli scatti
vengono effettuati dopo la
somministrazione del
farmaco, per questo richiede
un’attenzione e una
reattività del tecnico tali da
poter “scattare” nel momento in cui il mdc effettivamente raggiunge il punto desiderato.
Nell’immagine a lato vediamo come le lesioni si impregnino con il mezzo di contrato.
La “Digital Breast Tomosynthesis –DBT” (o 3D MMx) è uno sviluppo della FFDM (full field digital
mammography) che permette di avere sezioni sottili e fornisce maggiore dettaglio evitando la
sovrapposizione delle strutture e dei tessuti. Per questo motivo al momento della sua introduzione
sono stati eseguiti vari studi comparativi tra la sola FFDM e la combinata DBT+FFDM.
Come è possible vedere dal
grafico, la combinata riduce il
numero di Falsi Positivi, di Recall
dallo screening, a parità di
Capacità diagnostica, quindi
senza cambiare l’individuazione
di forme neoplastiche e di forme
neoplastiche invesive.
se però si deve fare la Tomosintesi in aggiunta alla Mammografia digitale incremento la dose di
radiazioni. Alcuni autori hanno provato ad ottenere delle immagini bidimensionali ricostruite dalla
sola acquisizione in Tomosintesi, che prende il nome di s2D.
allo stato attuale delle cose, la Tomosintesi non è ancora entrata nella Flow-chart del processo
diagnostico del tumore alla mammella, ma è ancora un esame secondario da effettuare
successivamente. Oggi nella fase di recall la cosa migliore, più che ripetere la mammografia, viene
fatta la tomosintesi. Con questa accoppiata, oltre ai benefici DBT+FFDM già analizzati prima,
vengono ridotte anche le biopsie necessarie.
L’esame del cuore può essere effettuato con diverse metodiche di imaging tra cui: Rx torace,
coronarografia, coroTc, coroRM, SPET e PET.
Rx Torace
La Rx del torace dà già la possibilità di studiare il cuore, valutando:
• dimensioni
• stato del piccolo circolo (influenzato dalla funzione cardiaca)
Cardiologi e radiologi esperti sanno valutare i differenti aspetti delle ombre cardiache riconducibili
alle diverse patologie.
Nella proiezione latero-laterale (L.L.) gli atri sono posteriori ed il ventricolo destro costituisce la
marginale anteriore, generalmente in stretto rapporto di contiguità, se non a contatto, con la
parete toracica.
Coronarografia
Classicamente per la valutazione del circolo delle coronarie si usa la coronarografia che è una
tecnica “ luminale” perché consente di vedere il lume della parete e non il vaso (questo può
rappresentare un limite in alcune condizioni).
Dobbiamo stabilire l’entità della stenosi che consideriamo significativa. Classicamente si considera
significativa una stenosi del 75%, però diversi studi dimostrano che una stenosi del 40-45% può già
essere rilevante.
La coronarografia è un esame che presenta un certo grado di invasività perché viene inserito un
catetere, che solitamente viene introdotto dalla femorale o dalla brachiale sotto guida
radioscopica; quindi ci sono dei rischi legati alla lesione delle coronarie.
Esiste una metodica non invasiva, che è rappresentata dalla coroTC.
CoroTC
La coroTc può essere eseguita con la somministrazione del mdc (mezzo di contrasto) per via
venosa periferica e ci si può avvalere di una TC multi strato oppure della dual-source.
Tecnica multistrato a singola sorgente può arrivare anche a 640 strati ma di norma è tra i 128 ed i
256. Le principali differenze tra le 2 tecniche sono che con la dual source si possono studiare
pazienti anche con frequenze superiori ai 65-70 battiti per minuto (bpm), considerati fuori limite
per la tecnica multistrato, ed anche i pazienti con BMI > 30. Nella maggior parte degli ospedali una
rete dual source non è a disposizione. Ce ne sono alcune in centri dedicati per lo studio del cuore.
Per eseguire una TC delle coronarie è necessario disporre di almeno 64 strati perché tale numero
di strati consente di studiare anche le coronarie più piccole ed il numero di vasi non visualizzati
scende intorno al 2-3 %, il valore predittivo negativo è molto elevato 99%. In linea generale,
quando una CoroTC è negativa si può escludere la presenza di una cardiomiopatia ischemica.
La frequenza per la multistrato non dovrebbe superare i 65- 70 bpm, altrimenti bisogna ricorrere
a terapia farmacologica (beta-bloccanti). Si prende un accesso venoso ed è necessario posizionare
gli elettrodi perché l’esame deve essere eseguito in maniera sincronizzata all’ECG in modo tale da
poter fermare l’immagine e vedere meglio le coronarie in un certo periodo del ciclo cardiaco e
ridurre la sovrapposizione dei movimenti respiratori. Per la visualizzazione delle coronarie è
importante la ricostruzione post processing perché le coronarie hanno un decorso tortuoso e se
eseguiamo delle sezioni secondo i piani ortogonali classici non riusciamo a vedere bene il decorso.
Tra queste tecniche di ricostruzione la multi planar è la più utilizzata.
Con una TC a 4-16 strati la risoluzione spaziale è di 1 cm, mentre con la Tc a 64 strati sarà di 0,5
mm, riuscendo così a vedere vasi coronarici anche più piccoli.
La CoroTC studia le coronarie, mentre la CardioTC valuta le camere cardiache.
Se mettiamo a confronto la dose efficace delle varie metodiche bisogna ricordare che:
Nella TC multislices nuove tecniche stanno consentendo la riduzione della dose e la modulazione
del fascio è in grado di portare persino ad una riduzione del 50%, arrivando a dosi di 5-7 mSv.
Quali sono le indicazioni della TC?
Sia nella preparazione dell’angioplastica con stent che nel bypass l’uso della CoroTC è preferibile
rispetto alla coronarografia, anche perché non richiede ospedalizzazione.
Nel caso dello stent è possibile valutarne la sede e l’iperplasia intimale che si può accompagnare.
Si va a valutare una sezione assiale del vaso per vedere se c’è iperplasia o meno.
Ancora meglio si può fare con la dual-source che permette un’ottima visualizzazione intra-stent.
La Cardio-TCMD viene utilizzata anche per controllare la pervietà del bypass. Si hanno indicazioni
al controllo in caso di:
-angina
-evidenza di ischemia
-in territori non precedentemente vascolarizzati
- in territori precedentemente vascolarizzati
La sintomatologia ischemica ricorre nel 4-8% dei pz./anno
-progressione malattia vaso coronarico nativo (5%/anno)
-occlusione del graft
Per calcium score si intende una metodica TC che non fa uso di mezzo di contrasto con cui si
studia ogni focolaio di calcificazione che abbia valore superiore alla soglia, ovvero >130 HU
(HU=unità hounsfield), e si fa il prodotto dell'area di ciascun focolaio per il massimo valore di
hounsfield presente in quel focolaio stesso. La somma di tutte le lesioni è l'agatston score, che è
appunto un modo per calcolare il cosiddetto calcium score. La macchina individua tutte le regioni
con valore >130 e, escludendo i tessuti ossei, fa il calcolo in maniera automatica.
I numeri HU sono:
1= 131-199 HU
2= 200-299 HU
3= 300- 399 HU
4 > 400 HU
La sommatoria di tutte le
lesioni dà lo score totale.
In questo studio i pazienti sono stati divisi in varie classi: per sopravvivenza e rischio relativo alla
classe di agatston score cui appartenevano. L’agatston score è correlato con la prognosi; in questo
studio sono presi in considerazione agatston score in pazienti diabetici e non diabetici. E' intuitivo
pensare che maggiore è il calcium score, maggiore è il rischio. Quindi è stato proposto di utilizzare
la valutazione del calcium score nei pazienti in modo da poterli catalogare in classi di rischio ed
indirizzarli verso la scelta diagnostico-terapeutica più appropriata.
Per quelli con rischio intermedio si utilizza una imaging funzionale per l’ischemia es. ecocardio da
stress
Per quelli con alto rischio si fa l’imaging funzionale per l’ischemia o l’angiografia coronarica
invasiva. Per questo tipo di pz è particolarmente indicato un approccio invasivo (coronarografia).
Le placche non calcifiche sono più soggette a rottura, quindi sono le più pericolose. Le varie
componenti della placca (calcio, componente fibrosa, core lipidico) possono essere valutate con
una procedura invasiva o una procedura non invasiva. Ad esempio, una procedura invasiva è
l’ecografia intravascolare (intravascular US): la sonda ecografica viene inserita tramite catetere e
portata nelle coronarie. Un esempio di forma non invasiva è la TC multi slices: si individua il vaso,
si fa una sezione dello stesso e si valuta se vi sono placche calcifiche o meno. Sia la TC multi slices
che l’ecografia intravascolare non possono valutare l’infiltrazione macrofagica. Per quanto
riguarda l’infiltrazione macrofagica, recenti studi hanno dimostrato che può essere valutata con
l’uso della risonanza magnetica e di mezzi di contrasto super paramagnetici (ferro) che alterano il
t2 e in genere sono a concentrazione macrofagica (ad esempio nel fegato si usano per lesioni
occupanti spazio epatiche nelle quali il ferro si concentra nelle cellule del Kupffer e causa
un'assenza di segnale in t2).
La CoroTC può sostituire la coronarografia?
No, non può sostituire la coronarografia, soprattutto per i risvolti terapeutici che ha quest’ultima,
ma può aiutare a ridurre il numero delle coronarografie inutili o che probabilmente risulteranno
negative. Quindi la CoroTC viene utilizzata prettamente per fini diagnostici.
In quali pz è preferibile utilizzare la CoroTC?
✓ Nei pz con dolori atipici e con probabilità bassa o intermedia di malattia coronarica
✓ Nei pazienti sintomatici con test ambigui
✓ Nel follow up di Stent e CABG
In prospettiva futura: nei pazienti ad alto rischio, nella stratificazione del rischio e nell’imaging
della placca … con un occhio di riguardo alla riduzione della dose al paziente!
Nei pz sottoposti a procedure di rivascolarizzazione per la valutazione anatomica della
rivascolarizzazione è preferibile un test non invasivo a quello invasivo.
Questa metanalisi dimostra che il valore predittivo negativo della CoroTC è molto elevato, sia se
analizziamo in base ai pz, che in base ai vasi, che in base ai segmenti.
Curve roc (reciever operating characteristic):
Supponiamo di avere un test che può essere espresso in 5 livelli (negativo / probabilmente negativo
/ dubbio/ probabilmente positivo/ positivo) e lo valutiamo in una popolazione in cui noi sappiamo
quanti sono i malati e quanti sono i sani. Per costituire una curva roc io devo individuare le soglie
per cui stabilisco una prima soglia al di sotto della quale tutti i pazienti vengono considerati
negativi e al di sopra tutti vengono considerati positivi.
A questo punto vado a valutare quanti sono i veri positivi, quanti sono i veri negativi e quanti sono
i falsi positivi de i falsi negativi, da queste 4 classi calcolo SPECIFICITA' E SENSIBILITA' (specificità
= veri negativi diviso veri negativi + falsi positivi; sensibilità = veri positivi diviso veri positivi + falsi
negativi). Adesso per questa soglia ho i valori di specificità e sensibilità che su un grafico mi
rappresentano un punto.
A questo punto SPOSTO la soglia dal livello 1 precedentemente utilizzato al livello 2 in base al quale
troverò nuovamente (secondo lo stesso processo precedentemente utilizzato) altri 2 valori di
SPECIFICITA' E SENSIBILITA' e quindi un nuovo punto sul grafico. SI
PROCEDE COSI PER LE ALTRE 3 SOGLIE RIMANENTI.
RIPORTIAMO i 5 punti (le 5 coppie specificità-sensibilità) trovati sul grafico e rappresentano una
CURVA ROC che serve a classificare un test senza utilizzare un’unica soglia arbitraria.
Detto questo più la curva è alta e schiacciata verso la sensibilità meglio è, perché cresce la
sensibilità ma la specificità non decresce. Un’ altra caratteristica della curva HSROC è che siccome
gli assi sono da 0 a 1 e da 0 a 1, l’area totale sarà 1x1=1. Se il test ha capacità nulla, l’area sarà
1x1/2=0.5. Questo può dire che se io calcolo l’area sottesa alla curva HSROC, tanto più questo
valore si avvicina a 1, tanto migliore è il test. Quindi posso valutare la potenza diagnostica del test,
confrontare test diversi, e individuare la migliore soglia; quindi è uno strumento molto potente,
molto utile in diagnostica, soprattutto quando noi abbiamo a che fare con un nuovo test e
vogliamo sapere come si comporta e qual è la soglia migliore. E poi anche quando utilizziamo
diversi test e vogliamo confrontare fra di loro senza fare valutazioni arbitrarie (ogni volta che io
dico “questo è negativo, questo è positivo” faccio una valutazione arbitraria). Questo grafico è una
meta analisi, mostra le coppie di sensibilità e specificità ritrovate con i vari lavori di pubblicazioni. È
un “summed stroke”. Poi esiste un test statistico che si fa per valutare se l’area sottesa alla curva
HSROC è significativamente diversa dall’area 0.5 per dire se questo test è diagnostico oppure no.
Vista la capacità della CoroTC di individuare i vasi stenosanti, essa assume anche un valore
prognostico. In situazione acuta (in emergenza) si può utilizzare la CoroTC in associazione con le
altre indagini tradizionali per valutare meglio come procedere. Nel caso ci sia assenza di stenosi o
lieve stenosi, si può pensare ad una dimissione oppure ad una dimissione controllata (con
controllo cardiologico). Con stenosi moderata si dovrebbe ricorrere ad un test intermedio oppure
si può fare cateterismo. Con stenosi marcata il cateterismo è obbligatorio.
La CoroTC permette anche di fare diagnosi differenziale tra: embolia polmonare, dissezione aortica
ed ACS. . Questa metodica si chiama Triple Rule Out (TRO) è può essere salvavita dato che tutte e
tre le patologie si possono manifestare con segni sovrapponibili e che possono portare
rapidamente a morte. Ha un Valore Predittivo Negativo del 99%.
Uno studio multicentrico recente ha valutato più di 1127 pazienti con sospetta cardiopatia
ischemica (follow-up dopo 15 mesi) ed ha stilato vari predittori di morte cardiaca, quali: stenosi,
numero di vasi interessati da stenosi significative e caratteristiche di distribuzione della placca.
Una Cardio-TC negativa è associata a un rischio molto basso (0,17% per anno per eventi cardiaci
avversi maggiori) – 0,15% per morte o IM.
Pazienti con normale CoroTC non richiedono ulteriori test per 2-5 anni senza correre il rischio di
I.M. o morte cardiaca. Un altro studio, detto CONFIRM, ha valutato la presenza di cardiopatia
ischemica sulla base del rischio clinico. Lo studio CONFIRM ha mostrato che, utilizzando una
probabilità pre-test di cardiopatia ischemica sulla base di parametri clinici (età, sesso, dolore
toracico anginoso), la prevalenza di patologia prevista era del 51%, mentre è del 18% quando si fa
una coro-tc; una differenza notevole. Questo vuol dire che il modello clinico sovrastima
enormemente la probabilità che sia presente una patologia. È necessario che ci sia qualcosa in
questi pazienti prima di arrivare alle procedure più invasive. È possibile poi associare i parametri
che sono stati ricavati dalla cardio-tc, quali il calcium score e la entità della stenosi, individuando
delle classi di rischio diverse con capacità di predizione sostanzialmente diverse.
Usando la Cardio-TC il tempo della diagnosi si riduce della metà ed i costi di un terzo (rispetto
all’approccio standard).
Per la valutazione della funzione cardiaca, la RMN e l’ecocardiografia sono da preferire alla
CoroTC.
Per lo studio dell’aorta bisognerebbe utilizzare l’angioRM o l’angioTc.
Un altro aspetto che si può valutare è lo studio della funzione cardiaca. Gli aspetti valutabili sono:
- funzione globale
- funzione diastolica
- funzione sistolica
- cinesi
- ispessimento di parete
La metodica di valutazione più semplice è l’ecocardiografia, che però è la meno accurata a meno
che non si ricorra all’eco 3D (non è ancora molto diffusa e presenta anch’essa dei problemi). Il
Gold standard per lo studio della funzione ventricolare sinistra e destra è la CardioRM. Se, per
esempio, vogliamo studiare la funzione globale del ventricolo sx con l’ecocardio ed ottenere la
frazione d’eiezione, dobbiamo calcolare volume telediastolico e volume telesistolico
approssimando con la formula dell’ellissoide; mancando all’ecocardio 2d una dimensione. In pz
con patologia cardiaca, in cui il ventricolo sx non è più un ellissoide, ma si rimodella assumendo
una forma diversa, ricavare la formula giusta comporta dei problemi.
Eseguendo una RM o una TC, si ha la possibilità di sommare tutte sezioni che sono state acquisite.
Nel caso specifico della Cadio-TC si può, avendo utilizzato anche l’ECG, ricavare i volumi nelle varie
fasi del ciclo cardiaco determinando la curva volume-tempo. Questa operazione si può fare anche
regionalmente e calcolarci quindi il movimento e l’ispessimento. Tutti i segmenti cardiaci vengono
rappresentati in un piano attraverso delle mappe polari. La possibilità di calcolare i volumi cardiaci
suggerisce l’utilizzo della Cardio-TC anche per lo scompenso cardiaco.
Si può utilizzare la Cardio-TC anche per valutare la presenza di masse cardiache dove però è
preferibile la risonanza magnetica perché ha una migliore risoluzione di contrasto.
CoroRM
La RM è stata definita la scatola magica o “one-stop-shopping”, ma non è proprio così perché per
- morfologia
- vitalità
- quantizzazione del flusso
- funzione
- perfusione
- grossi vasi
- imaging coronarico
si devono fare sequenze diverse, quindi non basta una sola acquisizione. Per ottenere dei piani,
dobbiamo sistemare i gradienti che ci individuano i piani che noi faremo. Nel caso della RM, a
differenza della Cardio-TC, non acquisiamo il volume tutto insieme ma acquisiamo il volume
tramite l’acquisizione di più piani. Si fanno delle prime sezioni in cui si dividono gli assi e
successivamente rispetto a questi, si posizionano i gradienti che ci consentiranno di ottenere delle
sezioni lungo i piani ortogonali all’asse maggiore del cuore.
Queste sono delle immagini che sono comparabili alle bicamerali dell’ecocardio che noi
chiamiamo short axis; questo delimitato in rosso è la cavità del ventricolo sx. queste immagini
sono state ottenute senza mezzo di contrasto con delle sequenze particolari che fanno vedere il
sangue in bianco-grigio; in verde la superficie epicardica.
Per valutare un difetto di perfusione del sub endocardio, si utilizzano mdc e farmaco (adenosina) e
si valuta il grado di assorbimento del mdc: se una zona ha meno mdc = zona ischemica. Il mdc è il
gadolinio-DTPA (Gd-DTPA).
Di grande importanza è la valutazione del miocardio vitale, delle aree miocardiche ipossiche che si
contraggono parzialmente o che non si contraggono e che se rivascolarizzate portano ad un
recupero di parte della contrattilità. Bisogna individuare le zone di miocardio vitale prima della
rivascolarizzazione ed esistono vari modi per farlo. Uno dei metodi più utilizzati è l’ecocardiografia
con test alla dobutamina con due fasi: una a bassa dose, seguita da una ad alta dose. La
dobutamina è un farmaco che ha effetto ionotropo positivo, quindi in presenza di cardiomiociti in
uno stato di rallentamento metabolico-funzionale (perché gravemente ipoperfusi) la bassa dose è
in grado di reclutarli con miglioramento della contrattilità; con un aumento della dose le cellule,
dato che dispongono di poco sangue, peggiorano la loro capacità contrattile e quindi ci si ferma
alle basse dosi.
Nella cadioRM si utilizza il metodo della late enhance per la valutazione della vitalità. Che cos’è il
late enhance? In questo caso si usa mdc con immagini che non vengono prese contestualmente
alla somministrazione del mdc ma vengono prese dopo circa 5-10 min dopo la somministrazione
del mdc. Perciò late enchance – impregnazione. Nel caso precedente, quindi, le zone ipoperfuse
erano meno marcate, perché le immagini sono state prese poco dopo la somministrazione del
mdc, mentre in questo caso (RM) le zone ipoperfuse sono più marcate perché il mdc ha avuto il
tempo di diffondersi in circolo (10 min) ed il gadolinio che rimane va nello spazio extravascolare
che nello spazio necrotico-fibrotico è di maggiori dimensioni. Per cui è stato considerata la tecnica
late enhance il gold standard perché è una tecnica affidabile, ripetibile e di facile interpretazione.
Un’altra indicazione della Cardio-RM è lo studio del ventricolo destro. Il ventricolo dx è difficile da
studiare dal punto di vista della funzione, perché la sua forma non è approssimabile ad una figura
geometrica (quindi l’ecocardio non può esserci di aiuto) e l’unico modo per studiare la sua
funzione è avere tutte le sezioni che ricoprono l’intero volume in modo che si possano individuare
i voxel di ogni singola sezione e, noto il volume del singolo voxel, poi sommare tutti i volumi per
ottenere il volume totale del ventricolo destro.
La Cadio-RM si usa anche per lo studio della cardiomiopatia ipertrofica per la valutazione della
morfologia, della dinamica ventricolare sinistra, quantizzazione del volume, della massa
ventricolare sinistra e valutazione dell’ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro. E’ una metodica
più sensibile dell’eco nel riconoscere la malattia.
Con il late enhace si può valutare anche la presenza di fibrosi.
Un'altra applicazione importante è quella delle miocarditi, caratterizzate da una triade dal punto
di vista anatomo-patologico:
- aumento della permeabilità vascolare
- edema
- fibrosi/necrosi
Queste 3 cose possono essere studiate molto bene con la RM perché le immagini T2 pesate sono
iperintense in presenza di H2O. E’ chiaro che se vi è iperintensità a livello della parete vasale,
quella parete è edematosa. La presenza di iperemia si può studiare con le immagini dinamiche T1
pesate, ottenute contestualmente alla somministrazione del mdc (early enhancement). La
presenza di fibrosi si può studiare in T1 dopo 10 min dalla somministrazione con la late enhance.
Con la presenza di almeno due di questi criteri (Lake Luis Consensus Criteria) si hanno valori
predittivi negativi e positivi molto elevati. Si è visto con uno studio che è sufficiente utilizzare
anche solo la RM T2 pesata con un metodo semiquantitativo.
La Cardio-RM consente di studiare anche la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro,
nella quale è possibile vedere un diffusa iperintensità nella parete ventricolare destra che indica
una sostituzione adiposa.
Imaging radionuclidico
Nell’imaging radionuclidico abbiamo 2 tecniche:
- SPET (scintigrafia miocardica perfusionale)
- PET (tomografia ad emissione di positroni)
SPET
La SPET valuta la distribuzione spaziale del flusso coronarico a livello delle fibrocellule
miocardiche. Si esegue utilizzando dei traccianti diffusibili che, somministrati per via endovenosa
periferica, si concentrano nel tessuto miocardico. La captazione miocardica dei traccianti di
perfusione avviene a seconda:
1) del flusso coronarico regionale
2) dell’integrità della membrana cellulare
Storicamente è stato a lungo adoperato il Tallio-201, ma oggi non si utilizza più.
Oggi quest’esame si fa con i cosiddetti “tecneziali” che sono sostanze marcate con tecnezio-99 e
sono:
• Sestamibi
• Tetrofosmina
L’esame va eseguito, se è possibile, con il test da sforzo perché vogliamo slatentizzare la presenza
di ischemia. Se non si può eseguire il test da sforzo si utilizzano i farmaci, in particolare la
dobutamina o il diripidamolo.
I traccianti che si adoperano entrano nella cellula miocardica, il tallio viene considerato un analogo
del K e passa tramite la pompa Na/K.
L’esame viene eseguito con 2 somministazioni del radio farmaco, una volta all’apice dello sforzo,
con l’esecuzione dell’immagine a distanza di 15-20min, ed un’altra a riposo e le immagini vengono
eseguite dopo circa 30 min. Si può eseguire in 2 giornate o in una singola giornata. Si può anche
fare una immagine da sforzo e se questa è negativa non si prosegue (il vantaggio è la riduzione
della dose di radiazione).
Nel caso della SPET, come nella Cardio-TC, acquisiamo un volume e indaghiamo le fette
successivamente. Gli assi che si adottano in tutte le tecniche di diagnostica cardiologica (coroTC,
cardioRM, medicina nucleare, ecocardio) sono gli stessi:
-l’asse corto
-l’asse lungo orizzontale
-l’asse lungo verticale
Per ogni asse possiamo ricavarci delle sezioni tagliate parallelamente.
Il miocardio viene diviso (sulle sezioni asse corto) in un numero di segmenti che in genere è
compreso tra 17 e 19: tre fette del cuore (apicale, media, basale) più apice. Successivamente, viene
assegnato un punteggio a ciascuna regione: punteggio di movimento (come nel caso
dell’ecocardio) o di perfusione (come in questo caso): i punteggi sono sommati e ci danno degli
score che forniscono informazioni semi-quantitative circa l’entità del difetto, in questo caso, ad
esempio, di perfusione (deficit settale che, a riposo, migliora).
Possiamo adoperare questa metodica anche per valutare gli effetti della terapia, ad esempio nel
caso di un pz che ha fatto terapia medica per un anno. Con questa metodica possiamo valutare la
quantità di miocardio interessato dalla patologia e la mortalità cresce al crescere del miocardio
interessato. Esiste una soglia superata la quale conviene passare da un approccio farmacologico
(non invasivo) ad un approccio invasivo. Uno studio sugli eventi cardiaci maggiori (es. infarto) ha
dimostrato che:
- I pz con un SPECT negativa (normale) hanno una probabilità di avere eventi cardiaci maggiori <
1% per anno e quindi si procede con strategie di prevenzione.
- I pz con anomalie lievi/ moderate devono fare terapia medica e follow-up
- I pz con anomalie severe devono essere sottoposti a strategie invasive (rivascolarizzazione).
Ss
ss
Oltre alla SPECT possiamo utilizzare anche la PET che ci consente di avere delle precise
informazioni quantitative e non invasive del flusso coronarico regionale e del metabolismo
cardiaco. Per la determinazione del flusso coronarico si usa il tracciante Rubidio-82, l’ideale
sarebbe l’O-15 H2O ma ci vorrebbe un ciclotrone, mentre il Rubidio lo si può reperire più
facilmente. Per la valutazione del metabolismo cardiaco si usa il 18- fluorodeossiglucosio.
Gli studi PET hanno definito il fenomeno del miocardio vitale e come in situazioni di severa
riduzione globale della funzione.
La presenza di flusso relativamente conservato e di un metabolismo alterato viene definita di
miocardio stordito ed è dovuta a frequenti episodi ischemici.
La presenza di flusso ridotto, con metabolismo conservato o aumentato è il classico miocardio
ibernato.
La situazione di una marcata riduzione di flusso e di un alterato metabolismo si ha in caso di
necrosi.
Quindi si è visto che la possibilità di avere eventi cardiaci maggiori, nei pz che hanno una minore
innervazione simpatica, era maggiore rispetto agli altri pz dotati di una normale innervazione .
Questo si verifica anche per la progressione dello scompenso e per l’incidenza delle aritmie.
Questo tracciante (MIBG) è stato utilizzato anche per la diagnosi di alcune malattie neurologiche,
come ad esempio, l’Alzheimer , il Parkinson ,per il quale viene in genere adoperato un tracciante
dopaminergico che valuti la captazione a livello dei nuclei della base.
Si è visto che c’è una differenza nella captazione del tracciante dopaminergico nei nuclei della
base, ma anche nel cuore (interazione cuore-cervello legata all’innervazione simpatica): l’uso
combinato di questo metodo e del precedente migliora di molto la capacità di differenziazione.
E’ stato ipotizzato, ma non confermato, che nel normale decorso del Parkinson l’alterazione
dell’innervazione simpatica cardiaca preceda l’alterazione a livello dei recettori dopaminergici (o
meglio, dei suoi trasportatori) a livello dei nuclei della base
Mentre un’unità complessa di radiodiagnostica è presente in tutti gli ospedali ed in tutti i pronto
soccorso ospedalieri e quindi la TC multi slices è presente, la medicina nucleare, invece, è più
difficile che ci sia.
Vi è una differenza tra le due metodiche a vantaggio della Cardio-TC, che però si inverte quando si
va a vedere solo imaging da sforzo (SPET); per quanto riguarda la capacità di prevedere eventi
cardiaci maggiori la SPET (funzionale) è meglio della coroTc (anatomica).
Per le situazioni acute è meglio eseguire la Cardio-TC.
Per quanto riguarda la risonanza magnetica, uno studio ha confrontato la valutazione perfusiva
con RM con la valutazione perfusiva con medicina nucleare e lo studio con RM ha mostrato una
maggiore sensibilità a parità di specificità.
Un confronto tra tutte le metodiche mostra che la Cadio-RM ha sensibilità maggiore mentre per
quanto riguarda la specificità forse questa va a favore della PET.
Quale metodica scegliere? Questo dipende dalla situazione in cui vi trovate e dai mezzi che avete a
diposizione: se vi trovate in una situazione ambulatoriale (es. cardiologo) è quasi certo che abbiate
a disposizione l’ecografo: l’ecocardio è la tecnica principale per le valvulopatie e le cardiomiopatie
dilatative. Bisogna stare attenti ad eseguire un test radiologico solo quando serve (i quali vanno
eseguiti in centri dotati del necessario).
Se siete in una situazione ospedaliera, ancora una volta sarà l’ecocardio il vostro primo strumento,
il secondo strumento dipende dalla patologia. Tutto sta nel capire se è necessario un secondo
strumento (Es. ecocardio con dobutamina bifasica prima e conferma con cardioRM con late
enhance dopo)
Se siete in pronto soccorso, cardioTc.
Se da una situazione ambulatoriale bisogna richiedere una seconda procedura la cosa più semplice
da fare è chiedere una procedura di medicina nucleare.
Cardio-oncologia
Per cardio oncologia non intendiamo la ricerca di tumori cardiaci ma intendiamo la valutazione
della cardiotossicità legata alle terapie antitumorali. È una disciplina relativamente recente.
Questa disfunzione vale anche per i farmaci della target terapy.
In realtà esistono vari parametri che sono stati presi in considerazione per definire il fenomeno:
- Riduzione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro di almeno il 10% fino ad un valore
minore del 53%. (ASE-EACVI)
- Riduzione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro di almeno il 5% fino al 55%,
accompagnato da segni e sintomi di HF (Heart failure) o di un declino asintomatico
accompagnato da una riduzione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro di almeno il 10%
fino al 55%. (CREC)
Vi è una integrazione tra cardiologia, oncologia e diagnostica per immagini.
Ci sono 2 forme di disfunzione cardiaca legata ai farmaci:
• La disfunzione di tipo 1 dà un danno miocardico, è di solito dovuta alla Doxorubicina. Vi è
un effetto cumulativo, legato alla dose. È molto probabile che vi siano delle sequele.
• La disfunzione di Tipo 2 è una disfunzione miocardica ed è dovuta a transtuzumab,
anticorpo monoclonale, ma può essere dovuta anche ad altri farmaci. Non è legata alla
dose. Le sequele sono meno probabili.
Il danno può essere reversibile, irreversibile o parzialmente reversibile a seconda dell’entità della
riduzione della frazione di eiezione.
Anche la radioterapia che coinvolge il torace può dare effetti cardiologici, quando le radiazioni
coinvolgono il cuore, rappresentati da danni che somigliano a quelli mediati dai farmaci citotossici.
Le radiazioni ionizzanti provocano danni strutturali, i quali riguardano principalmente il pericardio
rispetto all’endocardio.
Varie metodiche sono state adoperate nel corso del tempo, l’eco 2d ha dei limiti e sono stati
parzialmente superati dall’eco 3d. L’optimum è la cardioRm, LA CARDIO RM è una procedura
pesante perché non è facile da eseguire, si cerca di non farla. Eviterei la cardio tc; la medicina
nuclerare è stata abbandonata.
Nella disfunzione di tipo1 si fanno delle valutazioni di base, preferibilmente con la 3d o con la 2d;
se la frazione di eiezione è ridotta, prima di iniziare la terapia bisogna fare una valutazione
cardiologica. Se invece la frazione di eiezione è conservata, si fa prima la terapia e poi si controlla
periodicamente a seconda della dose di farmaco somministrato. Nel caso della 2d il discorso è
simile.
TABELLE RIASSUNTIVE
Sbobinatore: Domenico Roncoroni
TIROIDE
ANATOMIA
FISIOLOGIA
ECOGRAFIA
L’ecografia ci dà informazioni sulla morfologia sia della ghiandola sia di eventuale tessuto di
granulazione (sede, dimensioni, margini), sulla struttura: analisi del segnale ecografico (ipo-, iper-,
anecogeno) e sulla vascolarizzazione (color-doppler, power-doppler). Essa viene usata come guida
per eseguire: Citologia per Agoaspirazione (FNAB) e per alcune terapie interventistiche (Adenoma
Tossico e l’alcolizzazione delle cisti).
Durante l’esame ecografico le varie strutture che si incontrano hanno una diversa ecogenicità.
Andando dall’esterno verso l’interno ci sarà una:
1. Linea iperecogena →tess. Sottocutaneo
2. Immagine lineare ipoecogena e sottile → m. platisma
3. Linea iperecogena → fascia cervicale superficiale
4. Piano muscolare formato lateralmente → sternocleidomastoideo e omoioideo medial. →
sterno-ioideo
5. Linea iperecogena → fascia cervicale media +capsula tiroidea
Per calcolare il volume della tiroide, ai fini di valutare se si è in presenza o meno di iperplasia
tiroidea, si può procedere in due modi:
Oppure
Art. e vena
tiroidea superiore
Art. e vena
tiroidea inferiore
COLOR-DOPPLER
POWER-DOPPLER
In un esame ecografico si può sfruttare anche il power-doppler. Esso è l’integrale del segnale
doppler, che non ci dà informazioni sulla direzione del flusso, ma fornisce la stima dell’energia
relativa al segnale di flusso rilevato. È circa 3 volte più sensibile ai flussi lenti in vasi di piccolo
calibro (anche con costante rumore di fondo), impiegato in pazienti che presentano scarsa
vascolarizzazione al color doppler. Nel corso del power-doppler non c’è alternanza dei colori blu,
rossi... in funzione dell’allontanamento o avvicinamento del segnale, ma dà informazioni
sull’intensità del flusso su un’unica scala dei colori.
• valutazione globale del parenchima ghiandolare e delle strutture cervicali (in particolar
modo delle strutture linfonodali, per orientarci verso una diagnosi di benignità o malignità,
laddove dovessero esserci noduli tiroidei)
RADIOLOGIA TRADIZIONALE
Sebbene sia stata soppiantata dalla RM, la TC trova un po’ di applicazione nella valutazione di:
Gozzi retrosternali
infiltrazioni alle strutture
adiacenti (trachea, esofago,
vasi, muscoli) in casi di
neoplasie tiroidee
Stazioni Linfoghiandolari
Lesioni a sviluppo intra-
toracico
Recidive
RISONANZA MAGNETICA
SCINTIGRAFIA
Per lungo tempo è stato l’unico metodo di valutazione adeguato della tiroide. Si esegue tramite la
somministrazione di radiofarmaci:
99m-Tc: intrappolato
123-I: intrappolato ed organificato. E’ usato per l’imaging.
131-I: intrappolato ed organificato. Rappresenta il fondamento dell’uso di sostanze
radioattive nel trattamento dei carcinomi tiroidei differenziati.
Quello che viene principalmente usato è il tecnezio 99m pertecnetato (in forma libera), il quale è
molto simile allo iodio per quanto riguarda il meccanismo del “simporter (NIS)” ossia entra nelle
cellule tiroidee sotto l’azione del TSH, ma non a far parte della tireoglobulina, come accade per lo
iodio, e di conseguenza non è organificato.
Tale tecnica, non invasiva, è ripetibile ed operatore dipendente. Può essere eseguita in proiezioni:
anteriore, obliqua anteriore destra e sinistra.
Quando si esegue una scintigrafia c’è il rischio che ci siano delle interferenze, date da sostanze
contenenti iodio che vanno a competere con la captazione tiroidea dello iodio marcato. Tra queste
si ricordano:
Fattore Sospensione
Lugol 1-3 settimane
M.d.C. (iodati) 1-4 settimane
Antitiroidei 1 settimana
T4 4-6 settimane
T3 2 settimane
Amiodarone e tutta la sua classe di farmaci
Prima di eseguire l’esame scintigrafico è necessario che queste sostanze, qualora assunte, siano
sospese nei tempi sopra indicati.
Data la peculiarità di valutare la funzionalità tiroidea, la scintigrafia viene sfruttata anche per
eseguire i seguenti tests:
Test di soppressione (T3): noduli autonomi (per capire se c’è un’indipendenza dal TSH)
• 25 mg 3/giorno per 7 giorni
Test al perclorato (washout): difetti di organificazione
• captazione o imaging con Iodio
• 1 g di perclorato di potassio
• captazione o imaging ogni 15’ per 90’
• Positivo: riduzione di almeno il 15%
Il risultato di una scintigrafia normale è il seguente:
• Lobi ellissoidali con occasionale ipercaptazione centrale
• L’ istmo spesso non si vede (per via delle sue dimensioni e spessore ridotti)
• Captazione omogenea
• Varianti comuni (dx > sn, piramidale)
• Margini laterali retti o convessi
Nell’immagine di dx c’è un nodulo caldo, ipercaptante con relativa soppressione del restante
parenchima, perché c’è elevata produzione di ormoni tiroidei e riduzione del TSH.
Nell’immagine a sx c’è una iperplasia iperfunzionante di ambo i lobi.
1. US (ecografia)
2. Scintigrafia
3. TC/RM
Se l’ecografia non ci permette di dimostrare un’anomalia si procede con la scintigrafia. Se anche
questa non dovesse essere esaustiva si esegue una TC/RM.
N.B: E’ importante ricordare che se dovesse essere necessario un trattamento con I-131
bisognerebbe ricorrere alla scintigrafia.
NODULO TIROIDEO
Si tratta di una lesione focale della tiroide rilevata alla palpazione e all’esame ecografico. Un
nodulo può anche presentarsi come un incidentaloma, qualora venisse indentificato durante
ecografia o altre tecniche di imaging (CT, MRI o PET-FDG), eseguite per altri accertamenti
diagnostici.
Il primo problema da risolvere è capire la natura del nodulo riscontrato. Dalla palpazione non è
possibile fare la differenza tra una forma benigna e maligna, così come se si ha a che fare con un
nodulo singolo o multinodulare. Queste sono le seguenti cause di noduli tiroidei:
BENIGNI MALIGNI
COLOR-DOPPLER
L’uso di sonde lineari con alta frequenza (10-14 MHz) consente l’identificazione di noduli
delle dimensioni di 2 mm. Ricorda che noduli al di sotto dei 5 mm non sono candidabili
all’esame citologico, perché non viene prelevato sufficiente materiale cellulare con risultati
dubbi
Sono suggestivi di malignità noduli di dimensioni > 1-1,5 cm
Le caratteristiche ecografiche del nodulo integrate con il parametro dimensionale
influiscono sull’iter diagnostico
La crescita del 20% delle dimensioni di un nodulo con un incremento > 2 mm in almeno 2
diametri è indicativo di malignità
Ridotta rispetto al parenchima tiroideo circostante e sovrapponibile a quella dei muscoli anteriori
del collo. Non è un dato fortemente affidabile sulla natura del nodulo, però più esso è ipoecogeno,
più è probabile la natura di benignità.
Bisogna sempre valutare la presenza di componenti fluide e solide. Nelle immagini sopraindicate ci
sono noduli misti a contenuto solido ed anecogeno o anecogeno con componente murale solida.
Presenza di segnale colore all’interno della lesione nodulare ed in particolare nella porzione
centrale del nodulo. Più il segnale è centrale, maggiore è la maturità del nodulo.
Circa 3 volte più sensibile dell’eco-color
doppler ai flussi lenti dei vasi di piccolo
calibro
Morfologia
(rapporto tra il diametro maggiore ed il minore, Se>2 aumenta il rischio di malignità)
Dimensioni
(spessore < 5mm)
Ecostruttura
(ipoecogena con ilo centrale iperecogeno)
Rappresentazione delle strutture ilari
Pattern Vascolare
• Freddo: assenza totale di captazione. Non è indicativo di malignità. Solo il 10-20% dei noduli
freddi è maligno.
• Caldo: la sua natura ipercaptante esclude che sia un ca tiroideo con una certezza del 99%.
Nodulo tiroideo “freddo”
Il rischio di insorgenza di un nodulo freddo è pari al 2.7% in zone senza carenza ionica, mentre sale a 5.3 %
laddove c’è carenza di iodio.
(Per quanto riguarda i markers e l’esame citologico il prof non si è soffermato molto)
LABORATORIO:Markers
Ci sono ancora studi in corso. In linee generali è consigliato eseguire una tiroidectomia totale,
seguita da una terapia adiuvante ablativa con iodio 131 (sostanza ablativa) nei casi più complessi
(una buona percentuale). Per lesioni tiroidee maligne di diametro inferiore ad 1 cm è consigliato
procedere con una lobectomia. Quest’approccio presenta un piccolo problema nel follow-up. Il
paziente con tiroidectomia totale viene seguito tramite il dosaggio della tireoglobulina (in tal caso
dovrebbe essere assente o al di sotto 0,2 ng/ml) e l’esame ecografico del collo, ai fini di
identificare una possibile recidiva o metastasi. Non può essere usato il dosaggio della
tireoglobulina nel follow up di un paziente lobotomizzato: ciò pone il problema di come
controllarlo con la semplice ecografia. Bisogna ricordare che la tireoglobulina non è un marker
neoplastico della tiroide; in una persona sana essa è dosabile nel siero.
RICAPITOLANDO:
In caso di nodulo tiroideo la prima indagine da eseguire è US. Tale può indirizzarci verso una forma
nodulare benigna/maligna, così come può guidarci all’esecuzione di una FNAB. La citologia infatti,
non è da eseguire in tutti i casi di patologie nodulari tiroidee.
LINEE GUIDA
Tra le società che sono nate ai fini di dare indicazioni su come agire in presenza di patologie
tiroidee c’è:
• AACE/AME/ETA: europea
• ATA: americana
• BTA: britannica
• NCI: statunitense
Queste consigliano di tener conto di esami di laboratorio (biochimici e molecolari), di imaging e
della citologia.
Questa è una tabella in cui sono riportati tutti i criteri ecografici che possono essere utili ai fini
diagnostici.
Come riportato nel grafico, nessuna delle caratteristiche ecografiche, presa singolarmente,
possiede una specificità e sensibilità adeguate, non tanto ai fini diagnostici, ma per decidere se
eseguire un agoaspirato. Invece, l’uso di più di due caratteristiche ecografiche aumenta la capacità
di discriminare tra condizioni di benignità e malignità.
Criteri che vengono presi in considerazione per eseguire un FNA sono:
Sempre se il nodulo è >1cm
Se è <1cm: in pazienti ad alto rischio, con caratteristiche sospette all’US
Per la tiroide esiste il TIRADS (Thyroid Imaging Reporting And Data System), nato con l’obiettivo di
unificare la diagnosi di malignità nodulare, avvalendosi di criteri ecografici e di pattern vascolari.
In funzione di questi criteri vengono individuati 6 TIRADS.
Dal TIRADS 1 al TIRADS 3 il rischio di malignità è molto basso. Nel TIRADS 5 il rischio è molto
elevato.
ELASTOGRAFIA
Questa tecnica viene usata per valutare la rigidità del nodulo tiroideo. Non ci sono però, studi che
hanno dimostrato una sua utilità. È tra gli esami presi meno in considerazione in ambito tiroideo.
Questo è uno schema che sintetizza l’iter da seguire in casi di nodulo/i tiroidei.
MRI-DWI
Come detto in precedenza la TC e la RMN hanno un ruolo limitato. Con l’aggiunta del DWI
(immagini che guardano alla diffusione dell’acqua) c’è stato un miglioramento della sensibilità
della RMN nell’identificare la natura del nodulo. In caso di nodulo benigno il coefficiente di
diffusione è più alto di quello dei noduli maligni, dato che quest’ultimi sono ricchi di cellule e
membrane, agenti come ostacoli allo spostamento dell’acqua.
Questo è un altro studio effettuato con la MRI dinamica (dopo somministrazione di mezzo di
contrasto). Come per la mammella anche per la tiroide ci sono dei pattern tipici per i noduli
benigni ed altri per quelli maligni. Per esempio, il nodulo maligno si associa ad una rapida
impregnazione e dismissione. Invece, i noduli benigni hanno un andamento lento nell’accumulo e
nella dismissione.
INCIDENTALOMI E CT/MRI
CITOLOGIA INDETERMINATA
NODULI SUBCENTRIMETRICI
AUTONOMIA FUNZIONALE
Con questo termine si fa riferimento al campo dei NODULI AUTONOMI TIROIDEI. La loro
prevalenza e rilevanza funzionale aumentano con età, volume e nodularità. Si tratta sempre di un
processo graduale.
TIROIDITI
In genere eutiroidismo o ipotiroidismo con pattern ecografico tipico anche in assenza di anticorpi
indica TIROIDITE. In alternativa ci si può trovare dinanzi ad un quadro ormonale di ipertiroidismo
(anche sbubclinico: con assenza di sintomi, ma elevati valori di frazioni libere di T3 e T4 e basso
TSH) con pattern ecografico tipico e presenza di anticorpi anti-recettori del TSH, questo quadro fa
pensare sia ad una tiroidite che al Graves. La diagnosi differenziale si può fare con la scintigrafia.
Laddove si riscontra un’ELEVATA captazione si tratterà di GRAVES, altrimenti sarà una tiroidite.
Questo però non vuol dire che bisogna eseguire una scintigrafia nei casi di tiroiditi certe
all’ecografia.
RICAPITOLANDO…
ESAMI DI I° LIVELLO
ECOGRAFIA: Morfologia
LABORATORIO: Funzione “in vitro”
SCINTIGRAFIA: Funzione “in vivo”
ANATOMIA
FISIOLOGIA
PATOLOGIA PARATIROIDEA
Può essere:
Iperplasia
Carcinoma: raro
IPERPARATODISMO
Ha un’incidenza bassa, pari allo 0,1%. Si presenta con elevati livelli di PTH e spesso di Ca. Nel 90%
la diagnosi si fa nell’ipercalcemia asintomatica. Esso si distingue in base all’eziologia in:
Secondario
– insufficienza renale cronica (nefropatia glomerulo-tubulare)
– carenza di Calcio
– iperplasia delle paratiroidi
Pseudo iperparatiroidismo (ectopico)
– peptide PTH-simile
– tumori polmonari (epidermoide) e renali
IPERPARATIROIDISMO PRIMITIVO
Per quanto riguarda l’iperparatiroidismo primitivo è dato nella maggioranza dei casi da un
adenoma paratiroideo (85%), che può essere anche multiplo. Nel 15% dei casi è dato da
un’iperplasia paratiroidea (anche bilaterale) e da carcinoma delle paratiroidi (1-3%). Nel 5-20% si
riscontrano alla base dell’iperparatiroidismo lesioni ectopiche: intra-tiroidee, mediastino
posteriore (più frequenti), para-esofagee, para-tracheali, para-carotidee, intra-timiche. Esso è la
terza patologia endocrina dopo diabete ed ipertiroidismo. Ha una prevalenza nelle donne > 50
anni: 2%. Si associa ad elevati livelli di Ca e di PTH. Talvolta PTH è normale ma inappropriato alla
ipercalcemia.
Segni e Sintomi
Scheletro: fratture osteoporotiche, dolore, lesioni ossee, condrocalcinosi
Reni: nefrolitiasi, nefrocalcinosi, insufficienza renale
GE (raro): ulcere peptiche, pancreatiti, stipsi
Ipertensione
Talvolta sintomi neuropsichiatrici
Crisi Ipercalcemiche rare ma gravi (emergenza)
Per poter eseguire un intervento chirurgico di escissione bisogna conoscere la sede ed è qui entra
in azione la diagnostica per immagini. Ha una notevole importanza soprattutto quando si va ad
eseguire una chirurgia mininvasiva, dove si può far ricorso a delle sostanze radioattive che
permetteranno di individuare le masse iperfunzionanti in intraoperatorio. Bisogna ricordare che
anche se alla base di un iperparatiroidismo c’è un adenoma nel 80% casi, è possibile trovarsi
davanti ad una patologia multi-ghiandolare (adenomi o iperplasia) nel 15-20% dei casi.
In sintesi l’IMAGING PREOPERATORIO:
Riduce l’estensione della dissezione anatomica
Riduce il tempo operatorio
Riduce la morbilità
Evidenzia eventuali sedi ectopiche
Questa è una tabella dov’è riportata l’accuratezza delle metodiche di imaging nell’ambito delle
patologie paratiroidee. Si presenta molto alta nella fase preoperatoria, mentre cala
nell’identificare le recidive.
- un singolo esame diagnostico (ecografia e/o scintigrafia) è sufficiente in caso di lesione “tipica”
o scintigrafia in caso di lesione “ectopica”
• TC e/o RM sono indicate in caso di lesioni “ectopiche” non identificate dalla scintigrafia
-Follow-up post-chirurgico:
la diagnostica per immagini è indispensabile (tessuto cicatriziale, recidiva, incremento
dell’incidenza delle lesioni multi-focali o ectopiche)
un doppio esame diagnostico (scintigrafia e RM/TC) è indicato per offrire un’imaging
integrato anatomico (RM/TC) e funzionale (scintigrafia). ESSENZIALE QUANDO SI SOSPETTA
UNA RECIDIVA.
SCINTIGRAFIA e PARATIROIDI
Da studi è stato dimostrato che la scintigrafia è SUPERIORE alla US in circa la metà dei casi, con
eccellenti valori di accuratezza.
Questo nell’immagine è un primo metodo con il MIBI dove ci si basa sull’acquisizione di immagini
precoce e tardiva.
Questa è una classica sede ectopica di paratiroidi. Si tratta di un pzt con lobectomia dx per una
patologia benigna. Nella immagine a sinistra (precoce) si vede anche la tiroide, in quella a dx
(tardiva) è visualizzata solo la paratiroide. In tal caso si è in presenza di un adenoma paratiroideo
ectopico.
TC e PARATIROIDI
Con la combinazione MIBI-TC si avrà una sensibilità del 100%, mentre la TC-MIBI in forma di
SPET/CT presenta una sensibilità del 93% ed una specificità del 100%.
RM E PARATIROIDI
Si presenta come:
tecnica multi- planare (assiale, coronale e sagittale): “elevata risoluzione spaziale”
con scansioni sottili (< 5 mm)
studio del collo e del mediastino
con uso di mdc paramagnetico endovena: quelli “paramagnetici” sono a base di
GADOLINIO che si evidenziano sulle immagini T1, perché alterano il segnale.
tecnica multi-parametrica (T1, T2, T1 fat-sat, T2 fat-sat, T1 mdc): “elevata risoluzione di
contrasto”
Queste sono immagini alla RMN di un
adenoma paratiroideo. Il segnale si
presenta: in T1 iso-ipo-intenso; in T2 iper-
intenso; in T1 dopo mdc è ancora più
intenso.
La tiroide della paziente non mostra un quadro chiaro all’ecografia. Si è proceduto con la
scintigrafia con MIBI (immagine precoce e tardiva) ed il quadro continua ad essere dubbio. In tal
caso è opportuno eseguire una RM.
Anatomia e Fisiologia
• perirenale retroperitoenale
• circondati da tessuto adiposo
• forma: sn lineare, dx a Y invertita
• dimensioni: lunghezza 2-3.5 cm,
larghezza 2-2.5 cm, spessore 1 cm
IMAGING e SURRENE
La più adoperata è la TC, anche la RMN non è da sottovalutare soprattutto in alcune situazioni.
RX TRADIZIONALE e SURRENE
In passato veniva utilizzata per prelievi selettivi in flebografia. Oggi invece, il suo ruolo è molto
selettivo.
Angiografia: Surrene
Globale o selettiva
Aortografia addominale preliminare
Cateterismo selettivo delle a. surrenaliche
(superiore, media ed inferiore)
Flebografia: Surrene
Cateterismo delle vene surrenaliche
Prelievi selettivo per dosaggi ormonali
US e SURRENE
Ultrasuoni, non invasiva
Scansioni longitudinali, assiali, coronali e oblique
Limiti:
a) surreni normali o iperplasici
b) dimensioni della lesione ( <3cm)
c) meteorismo intestinale: non permette di studiare bene i surreni
Grossa massa surrenalica a struttura disomogenea con componenti ipo-anecogene ed aree
iperecogene.
Nonostante il suo potere limitato, l’US può essere utilizzata in prima istanza in caso di lesioni di
grandi dimensioni ed in pediatria.
TC e SURRENE
Si tratta di una TC spirale con uso di radiazioni ionizzanti. Sono eseguite scansioni assiali: “a strato
sottile” (<5 mm), ricostruzioni sagittali o coronali ad alta risoluzione spaziale: <1cm (5 mm).
Limiti:
a) meteorismo intestinale
b) scarso tessuto adiposo retroperitoneale: perché riduce la capacità di contrastare il
surrene dal tessuto circostante
c) movimenti respiratori
d) “clips” chirurgiche
La TC permette di valutare:
Surreni normali o iperplasici
Piccole lesioni nodulari
Vascolarizzazione (angio-TC): con uso di mdc
Rapporti loco-regionali: dislocazione o infiltrazione (indice di malignità)
Biopsia con ago sottile
In queste immagini si osservano due
surreni normali, indicati dalla frecce.
Quello di dx ha una forma di una V, il Sn è
simile ad Y.
Con l’uso del mdc si valuta la velocità di impregnazione, ma anche quella di dismissione.
Nel caso dei surreni non preoccupa molto la distinzione tra benigno e maligno, dato che
l’approccio sarà sempre chirurgico.
RM e SURRENE
Con la RM è possibile eseguire uno studio multi-parametrico senza la necessità di usare un mdc.
Limiti:
a) Movimenti respiratori
b) “clips” chirurgiche metalliche
Le sue indicazioni sono simili a quelle della TC, con l’aggiunta di caratterizzare la lesione in T1 e T2.
Queste sono tutte le indicazioni elencate:
Surreni normali o iperplasici
Distinzione tra corticale (iperintensa) e midollare (ipointensa)
Lesioni espansive
Vascolarizzazione (Gadolinio)
Rapporti loco-regionali
La scintigrafia viene presa in considerazione solo per alcuni sospetti patologici surrenalici. Affinché
essa si utilizzi è necessario già avere un orientamento sulla patologia del surrene.
CORTICOSURRENE
• Screening: Test al desametazone basse dosi (no riduzione del cortisolo), Cortisolo Libero
Urinario
• Conferma: Ritmo circadiano del cortisolo
• Diagnosi differenziale ACTH dipendenti ed indipendenti: Test al desametazone alte dosi
(riduzione del cortisolo >50% nelle dipendenti)
Imaging permetterà di valutare PRESENZA, SEDE ED ESTENSIONE DELLA LESIONE. Nei casi di
lesione situata nel cranio (ipofisi) si usa la RM, se è al surrene si richiede una TC/RMN ed
eventualmente coadiuvate da una scintigrafia.
La sindrome di Cushing può essere data da IPERPLASIA SURRENALICA. Questa si evidenzia con la
TC dove si presenta come un’iperplasia diffusa o nodulare. Si può ricorrere anche alla RM, la quale
farà visualizzare iperplasia con segnale isointenso al fegato (normale).
I casi in cui si ricorre alla scintigrafia surrenalica sono davvero pochi. In genere, si realizza laddove
c’è discordanza tra TC e biochimica e in presenza di quadri dubbi.
La sua forma tipica è data da un ADENOMA del SURRENE, altre volte si associa ad iperplasia
bilaterale (idiopatico) e raramente a carcinomi. Si ha produzione autonoma di aldosterone che
sopprime il sistema renina-angiotensina con conseguente ipokaliemia ipertensiva.
IMAGING: per valutare la SEDE. IN PRIMA ISTANZA TC O RMN. IN SECONDA ISTANZA SCINTIGRAFIA
con test al desametazone, altrimenti quello che si vede non è la zona interessante.
Diagnosi delle sindromi da ipofunzione
• Insufficienza acuta: nessun ruolo per l’imaging
• Insufficienza cronica (Addison): Rx: calcificazioni; TC: atrofia
MIDOLLARE
Diagnosi di feocromocitoma
Il feocromocitoma è la causa dell’ipertensione nello 0.1% di questi pazienti, ma non è così raro.
Il suo sospetto si basa su:
• Sintomi: palpitazioni, sudorazione, mal di testa
• Ipertensione difficile da controllare o labile
• Fattori predisponenti o storia familiare: MEN, von Hippel-Lindau, Neurofibromatosi
Nei pazienti con conferma biochimica del sospetto di feocromocitoma ed in quelli ad alto rischio
(forme familiari di feocromocitoma), anche in assenza di chiari dati biochimici, è necessario
procedere alla diagnosi di sede con la diagnostica per immagini. Tale tende ad essere un po’
complicata data la regola del 10 nella localizzazione.
La regola afferma che:
• 10% dei feoc. siano multipli
• 10% siano extrasurrenalici
• 10% siano familiari
• 10% siano maligni
C’è ovviamente sovrapposizione nella realtà.
TC e FEOCROMOCITOMA
Alla TC il quadro è molto chiaro. Il tumore si
presenta come:
• Massa solida, tondeggiante o ovalare
• Isointensa al muscolo
• Masse piccole omogenee
• Masse grandi disomogenee
SENSIBILITA’ della TC: 95% negli intrasurrenalici
RMN e FEOCROMOCITOMA
Intensità bassa in T1
Intensità intermedia o alta in T2
Potenziamento dopo m.d.c.
paramagnetico
SCINTIGRAFIA e FEOCROMOCITOMA
Il radiofarmaco adoperato è la
metaiodobenzilguanidina (MIBG), un analogo
della guanetidina che si concentra sfruttando il
meccanismo di uptake-1. Viene escreta con le urine, per lo più in forma integra, ma una piccola
quota è degradata con formazione di radioiodio libero.
PET
Nell’ambito delle patologie surrenaliche è meglio non chiederla. Essa mette in evidenza captazione
sia in caso di carcinomi surrenalici che di adenomi iperfunzionanti.
INCIDENTALOMI SURRENALICI
Sebbene la principale sede di incidentalomi sia la tiroide, non di rado essi si riscontrano anche nei
surreni con una frequenza intorno al 4-5%.
Nei pazienti con incidentaloma è necessario un accurato studio della funzione endocrina, per
valutare se è funzionante o meno.
Incidentalomi clinicamente silenti devono essere sottoposti a:
• Caratterizzazione con TC o RMN
• Follow-up TC e chirurgia se si accresce
• Biopsia TC guidata
• Chirurgia in base a dimensioni (cut-off a 4 cm).
Si può integrare il tutto con la scintigrafia corticosurrenalica ai fini della distinzione tra
incidentalomi adenomatosi o no.
Quadro concordante: ipercaptazione nella massa, nel 92% degli adenomi, rari i FN, 0% i FP
Quadro discordante: ridotta o assente captazione nella massa, indica una neoplasia maligna o una
patologia occupante spazio (cisti, granulomi, ecc.).
NOTE: il prof consiglia di dare uno sguardo al file sulla terapia dello iodio per le patologie tiroidee
dato che non sa se avrà modo di trattarla, ma di cui potremmo trovare delle domande in seduta
d’esame.
MEDICINA NUCLEARE
- Scintigrafia ossea (99mTc-MDP);
- Scintigrafia con 99mTc-MIBI;
- PET con traccianti specifici (18F, 18FDG) o altri traccianti.
La scintigrafia ossea è adoperata per la stadiazione ed il follow-up.
Viene eseguita con un radiofarmaco, un bifosfonato (MDP) che fa da vettore, mentre il 99t è
l’indicatore radioattivo. Il bifosfonato va nell’osso, e ci va in funzione dell’attività osteoblastica e
del flusso ematico. Poiché in caso di metastasi l’osso risponde al danno causato dalla metastasi
aumentando l’attività osteoblastica e il flusso ematico regionale, vedremo un aumento del
deposito di tracciante (ipercaptazione).
Anche se lo sviluppo di nuove metodiche di diagnostica per immagini (MRI, spiral CT, e 18-FDG) e
di specifici marcatori tumorali ne sta cambiando il ruolo, rimane comunque l’indagine più
importante. La combinazione di RX e scintigrafia ossea è soddisfacente in più del 90% dei casi.
Vediamo una scintigrafia total body normale nell’adulto (a sx) e nel bambino (a dx). Nel bambino
notiamo un maggior accumulo del radiotracciante nelle zone di accrescimento, cioè dove c’è più
attività osteoblastica. Quindi quello che si vede maggiormente è il metabolismo dell’osso rispetto
ai dettagli anatomici.
La scintigrafia è una metodica estremamente sensibile, ma poco specifica nel definire il tipo di
patologia. Vediamo l’aumentata captazione nei punti di aumentato metabolismo osteoblastico,
ma ciò non vuol dire che queste zone siano necessariamente delle metastasi. L’interpretazione che
dà lo specialista si basa sulla distribuzione delle lesioni e sul fatto che conosce la malattia di base
del paziente.
Le lesioni metastatiche possono mostrare sia captazione incrementata (più frequentemente) che
diminuita. Questo è importante per alcune patologie come il mieloma multiplo in cui la
caratteristica predominante è la lisi ossea, quindi alla scintigrafia non vengono viste.
La SPET può aiutare a determinare l’esatta distribuzione del tracciante.
Nel caso di una patologia neoplastica primitiva (es. osteosarcoma) si può adoperare la scintigrafia
ossea, non certo per fare la diagnosi ma per cercare eventuali lesioni metastatiche.
Sicuramente la scintigrafia ha un ruolo fondamentale nella ricerca di metastasi ossee in fase di
stadiazione. Nel caso del carcinoma della prostata sappiamo che molto facilmente avremo delle
metastasi ossee e in questa immagine in particolare (in basso) si nota un incremento della
captazione un po’ a tutto lo scheletro. Se guardiamo il quadro normale si intravede un po’ di
radiofarmaco presente nei tessuti molli tra cui i reni. Nel caso del carcinoma della prostata, invece,
non c’è nessuna presenza extraossea e non si vedono i reni. Questo è un quadro molto particolare
ed è legato ad una diffusione metastatica a tutto lo scheletro con una prognosi sicuramente non
favorevole.
Nella ricerca di patologie neoplastiche metastatiche l’aggiunta della metodica tomografica (SPET)
migliora l’accuratezza, la sensibilità e la specificità della scintigrafia ossea.
In questo caso di un pz con carcinoma della prostata vediamo che nell’immagine a sx abbiamo
molte aree focali rispetto a dx, quindi si potrebbe pensare che si è avuta una regressione della
malattia confrontando le due immagini. Ma non è così perché la differenza è che a sx non si
vedono più i reni ciò deve mettere in sospetto il radiologo perché vuol dire che tutto il tracciante si
accumula nelle ossa e non è disponibile per gli altri tessuti. Questo è un quadro molto particolare
definito super scan, ovvero una scintigrafia con enorme captazione di tutte le ossa quindi il pz non
è andato incontro a una regressione, bensì a una progressione.
Flare phenomenon = incremento del numero delle lesioni e dell’intensità di captazione rispetto
allo studio pre-terapia per rimodellamento osseo da riparazione della metastasi.
In alcune patologie ci possiamo farci guidare dai marcatori, ad esempio nel ca prostata un PSA pre-
operatorio basso (< 10 ug/ml) è predittivo per una scintigrafia ossea negativa. Quindi in questo
caso si potrebbe evitare di farla direttamente. Un PSA dopo terapia al di sotto di 20 ug/ml ha un
valore predittivo negativo di 99,7% per una scintigrafia ossea positiva.
La scintigrafia ossea è sempre lo studio di scelta nei pazienti con neoplasia per la sua ampia
diffusione, la facilità di esecuzione (Total Body) e i costi contenuti. Altre metodiche di imaging
sono MRI e 18-FDG PET che sono più specifiche per la ricerca di metastasi.
Principali Indicazioni alla Scintigrafia Ossea:
1. Stadiazione:
- Tumori ad alto rischio di metastasi ossea;
- Tumori a basso rischio con incremento dei valori dei markers specifici o con dolore osseo
quando non esistono markers specifici (es. carcinoma renale);
2. Follow-up:
- Valutazione dell’efficacia della terapia (progressione, regressione, non variazione).
3. Restadiazione:
- Se un marker tumorale specifico si incrementa o se compare sintomatologia (dolore
osseo).
Vediamo adesso qual è il ruolo della PET nella ricerca delle metastasi ossee.
Possiamo utilizzare:
• 18-F
• 18-FDG
• Altri traccianti
Per quanto riguarda il 18-F, questo viene captato quando c’è un aumento del flusso ematico locale
o dell’attività osteoblastica, in quanto il fluoruro segue il destino del calcio. A differenza della
scintigrafia, vedremo un aumento della captazione anche nelle metastasi litiche.
Un incremento di captazione del 18-F è presente sia in metastasi litiche che sclerotiche.
Il principale vantaggio è rappresentato dalla eccellente risoluzione spaziale, che si traduce in valori
elevati di sensibilità e specificità, quindi vedremo un maggior numero di sedi metastatiche.
Ciò ovviamente si ripercuote sul management del pz e sulla scelta terapeutica.
Questo è uno studio fatto all’Università di Napoli in cui si confrontarono i risultati di pz con ca
prostata sottoposti a scintigrafia ossea e PET con fluoruro. Si vede chiaramente che il numero di
lesioni evidenziate con la PET è nettamente maggiore.
L’altro tracciante che si adopera nella PET è il 18-FDG. È un marcatore della glicolisi trasportato
attraverso un trasportatore di membrana (GLUT-1). Consente di valutare:
• Metastasi Extraossee;
• Risposta Terapeutica
Con dei buoni valori di sensibilità e specificità rispetto alla classica scintigrafia ossea.
99mTc- 18-F
MDP
Numero 8 + 2 116 + 3
lesioni
In questo
Regioni 5/12 12/12 esempio
abbiamo a sx
la classica
scintigrafia e
a dx la PET con 18-FDG.
In genere con questo marcatore le metastasi litiche sono meglio evidenziate di quelle
osteoblastiche.
Questa differenza può essere dovuta a:
• Maggiore aggressività nelle lesioni litiche;
• Ridotta cellularità nelle lesioni sclerotiche.
Mentre nelle osteoblastiche abbiamo un aumento della produzione di osso.
Un approccio potenzialmente interessante è rappresentato dall’uso combinato (con iniezione
simultanea) dei due traccianti.
Questo è uno studio che andava a valutare in quanti casi la PET con fluoruro era superiore alla
scintigrafia ossea e in quanti era vero il contrario. In teoria è stato dimostrato che sarebbe
preferibile utilizzare la PET con fluoruro al posto della TC con scintigrafia ossea.
Si è visto anche che nel caso della PET con F, l’intensità della captazione correla con la
progressione.
Altri traccianti che possono essere adoperati sono:
- 18-F-DOPA
- 68-Ga-Dotatoc (analogo della somatostatina marcato con Ga68 per i tumori
neuroendocrini)
- 18-F-Colina (per i carcinomi della prostata)
Per quanto riguarda i pz con ca prostata PET e FDG non si fanno per due motivi: i tumori della
prostata sono a bassa attività metabolica (si corre il rischio di non vederli); inoltre l’FDG è escreto
per via renale quindi possiamo avere la presenza dell’FDG nelle urine e in vescica a mascherare la
presenza del ca. Utilizzando la colina invece avremo un vantaggio in quanto va a mercare le
membrane cellulari (evidenzia l’ipercellularità del tumore) e inoltre viene scarsamente eliminata
per via renale.
Con l’esame combinato PET/TC andiamo a considerare anche l’aspetto strutturale, quindi ci
fornisce informazioni complessive sulla situazione. Naturalmente la possibilità di vedere il
metabolismo della struttura ci consente anche di definire se la captazione è in una sede rispetto a
un’altra, come in questo caso in cui vediamo sicuramente l’interessamento della costa e
posteriormente abbiamo anche l’interessamento della pleura. Lo stesso succede in basso dove la
lesione potrebbe essere scambiata per una lesione costale, invece è interessato il parenchima
epatico.
Quando adoperiamo il 18-FDG ci sono delle diversità per quanto riguarda la sensibilità a seconda
se il pz abbia ricevuto un trattamento terapeutico o meno. Infatti l’FDG sarà positivo
maggiormente nelle condizioni in cui non è stato ancora eseguito un trattamento nel pz.
Quindi la PET con FDG è molto più sensibile nelle metastasi litiche rispetto a quelle blastiche,
esattamente l’opposto avviene per la scintigrafia ossea.
Sensibilità
Scintigrafia PET-
Ossea FDG
Blastiche 100 % 56 %
Litiche 70 % 100 %
Miste 84 % 95 %
Nakai et al, EJNMMI 32: 1253, 2005
Sensibilità
TC PET-FDG
Non 92 95 %
Trattate %
Trattate 98 30 %
%
Israel et al,
EJNMMI 33:
1280, 2006
RISONANZA MAGNETICA
Valuta la presenza di metastasi direttamente nel midollo osseo. Ci basiamo sul confronto delle
immagini T1 pesate e T2 pesate, che dovrebbero essere eseguite con soppressione del grasso per
evitare che ci siano errori di interpretazione con patologie infettive.
Pattern T1 T2*
Quindi avremo una ipointensità in T1 e una iperintensità in T2, mentre alla scintigrafia ossea
vedremo una debole captazione ossea.
Possiamo distinguere molto facilmente T1 e T2 andando a guardare il liquor, che sarà bianco in T2
e nero in T1.
Ovviamente al di là delle metastasi con questa metodica possiamo andare a valutare molto
facilmente le ernie discali che alterano il profilo del midollo spinale.
In uno studio di confronto tra RM, PET-FDG e scintigrafia ossea riguardante il riscontro di
metastasi ossee nel ca mammella, è stato dimostrato che la RM è nettamente superiore alla PET e
sicuramente superiore alla scintigrafia.
Quindi possiamo dire che la RM è più sensibile e specifica della scintigrafia, probabilmente è anche
migliore della PET-FDG nonostante i dati non siano definitivi. Per lungo tempo il limite della RM è
stato quello di avere un campo di vista limitato, ma oggi è possibile anche effettuare una Whole
Body MRI e anche immagini DWI (fornisce informazioni sulla base del movimento dell’acqua e
quindi in maniera indiretta sull’aumento della cellularità).
La durata dell’esame Whole Body è di circa 45 minuti.
Esempio: donna di 45 anni con ca mammella sottoposta a RM. Le immagini a e b sono in T1,
l’immagine c è in STIR ovvero in T2 con soppressione del grasso e l’immagine d con PET/TC.
Mentre la PET sottostima un po’ l’estensione della malattia a livello vertebrale (non le evidenzia
tutte), la RM ci fa vedere anche un’intensa captazione a livello dello sterno:
Secondo uno studio di confronto su pz con ca mammella e prostata, è stato dimostrato che la
massima accuratezza si ha effettuando RM. Questo studio mette a confronto scintigrafia ossea,
SPET-TC, PET-F e DWI. Sostanzialmente queste ultime tre sono quasi alla pari per quanto riguarda
sensibilità e specificità.
Se è vero che la RM fornisce la massima accuratezza, perché nella pratica clinica non è molto
utilizzata? Per i costi. Per effettuare una RM invece di una scintigrafia ossea dovremmo disporre di
molte più apparecchiature. Inoltre tenendo conto che un esame Whole Body di RM dura 45-60
minuti, e lavorando in turni da circa 6 ore al giorno, possiamo eseguire solo una decina di esami al
giorno.
L’American College of Radiology suggerisce:
• Diagnosi: più che diagnosi vera e propria, perché la conferma della diagnosi avviene solo
con l’esame anatomopatologico, la diagnostica per immagini è sicuramente lo strumento
che più le si avvicina;
• Stadiazione;
• Valutazione pre-chirurgica;
• Valutazione dell’efficacia della terapia;
• Follow-up.
Ci focalizzeremo sulla fase di stadiazione e sulla valutazione dell’efficacia della terapia.
Prima di tutto dobbiamo ricordarci delle diverse modalità di diffusione che variano anche in base
alle caratteristiche del tumore:
- Invasione locale;
- Diffusione linfatica;
- Diffusione ematica.
La stadiazione è fondamentale per la valutazione dell'estensione della malattia con assegnazione
ad uno stadio. Ogni stadio ha una prognosi diversa dagli altri. In genere più è alto lo stadio più la
prognosi è sfavorevole. Dalla definizione dello stadio dipende il tipo di terapia.
Sappiamo che la stadiazione è differente per quanto riguarda i tumori solidi rispetto alle neoplasie
linfoproliferative.
TUMORI SOLIDI: estensione anatomica della neoplasia.
NEOPLASIE LINFOPROLIFERATIVE: identificazione delle sedi di malattia con definizione di categorie
omogenee per prognosi.
STADIAZIONE TUMORI SOLIDI: Sistema TNM
T: dimensione del tumore primitivo
N: presenza e caratteristiche del coinvolgimento linfonodale
M: presenza o estensione delle metastasi
Il TNM anche se è un sistema collaudato e definito a livello internazionale, è comunque una stima
rozza dell’estensione anatomica del tumore. Quello che non riusciamo a sapere con questo
sistema è la massa neoplastica globale ovvero, quanto tumore c’è.
È chiaro che se vogliamo andare a misurare la compromissione della parete toracica, invasione del
mediastino, ecc. abbiamo bisogno di procedure diagnostiche di elevata risoluzione spaziale e
possibilmente anche con mdc. Non possiamo fare una distinzione di T con RX del torace, ma
abbiamo bisogno di una TC con mdc o meglio ancora una PET/TC.
La valutazione dell’interessamento di N si basa esclusivamente sull’aspetto dimensionale e in
parte sull’aspetto morfologico, quindi se cambia forma e soprattutto se supera certe dimensioni.
Per quanto riguarda le neoplasie polmonari, le metodiche che possiamo utilizzare per la
stadiazione sono:
Per definire N:
TC con mdc: dimensione e sede di linfonodi. Patologici linfonodi con diametro >10 mm.
FDG-PET: alto valore predittivo negativo per linfonodi anche se aumentati di dimensioni alla TC.
Necessità di conferma patologica per linfonodi risultati positivi alla FDG-PET.
Biopsia: per via endoscopica, mediastinoscopia o toracoscopia videoassistita.
Per definire M:
TC con mdc torace: polmone controlaterale.
TC con mdc addome: metastasi epatiche e surrenali.
TC con mdc encefalo: metastasi cerebrali.
FDG-PET: metastasi surrenali e ossee. È utile in tutte le sedi tranne che a livello epatico, a meno
che la lesione epatica non sia molto attiva da un punto di vista metabolico, perché il glucosio viene
metabolizzato a livello epatico.
Scintigrafia ossea: metastasi ossee.
RM: metastasi cerebrali o midollari della colonna vertebrale.
Qui vediamo delle metastasi a livello cerebrale da ca polmonare viste alla RM.
La sede tipica di metastasi per ca polmonare non a piccole cellule è il surrene.
Stadiazione linfomi
Viene fatta principalmente con PET-FDG come dicono le linee guida ematologiche. Prevede 4 stadi
ai quali si affiancano 3 suffissi.
Per quanto riguarda la valutazione della risposta alla terapia classicamente viene valutata sulla
base della variazioni volumetriche delle lesioni mediante TC o RM, quindi attraverso un confronto
delle lesioni pre e post-terapia.
In questo caso vediamo metastasi epatiche da ca mammella e notiamo che si sviluppa in modo
fibroso, mentre la lesione tende a diventare più isodensa.
Il criterio oggi adoperato per valutare la risposta alla terapia è il RECIST che è di tipo
monodimensionale, cioè la valutazione di una sola dimensione per una lesione.
In base alla riduzione morfovolumetrica delle lesioni sono definite 4 classi di risposta alla terapia:
1. RISPOSTA COMPLETA
2. RISPOSTA PARZIALE
3. MALATTIA STABILE
4. PROGRESSIONE
Le lesioni che vengono evidenziate con una TC total body o RM vengono classificate in misurabili e
non misurabili. Le misurabili sono quelle che hanno una dimensione predefinita minima con soglia
a 10mm per le lesioni parenchimali. Per i linfonodi si considera la dimensione minima dell’asse
corto di 15 mm.
Recentemente è stata fatta una revisione del sistema RECIST. Infatti oggi si adopera il RECIST 1.1 in
cui si vanno a valutare 2 lesioni per organo, per un massimo di 5 lesioni.
Per le patologie con prevalente coinvolgimento linfonodale si misura l’asse corto dei linfonodi (>15
mm misurabili; < 10 mm non patologici) oltre l’asse lungo delle altre lesioni solide nella
valutazione della massa tumorale.
Una malattia in progressione è definita dall’incremento dimensionale del 20% del carico tumorale
a cui deve corrispondere una variazione di diametro complessiva di almeno 5 mm.
Una risposta completa è una risposta in cui il trattamento comporta da un punto di vista
dell’imaging la scomparsa di tutte le lesioni viste precedentemente e, naturalmente, nessun’altra
nuova lesione.
Una risposta parziale prevede una riduzione di almeno il 30% della somma dei diametri della
lesione, e senza comparsa di nuove lesioni.
Per aderire al sistema RECIST però bisogna andare a valutare quali sono le lesioni misurabili e
quelle non misurabili, quali sono quelle target e non target. Quindi possiamo dire che i criteri
RECIST sono “semplici” da capire, ma non è semplice applicarli. Infatti nella pratica clinica
routinaria i radiologi tendono a non applicarla, a meno che non c’è una specifica richiesta.
L’utilizzo di questi criteri è limitato anche per una fattore pratico di tempo, in quanto la
misurazione dei vari diametri richiede sicuramente tempo. Bisogna inoltre capire qual è l’asse da
misurare in una lesione, ad esempio nell’immagine sottostante si potrebbe trattare di due lesioni
differenti o di un’unica lesione bilobata.
In generale per quanto riguarda i diametri il RECIST ci dice di guardare l’asse maggiore della
lesione.
Un altro metodo per la valutazione della risposta alla terapia è il cosiddetto imaging metabolico,
che al momento è rappresentato dalla PET. Probabilmente in un futuro non troppo lontano anche
la risonanza sarà in grado di darci questo tipo di informazioni. Ciò si basa sul concetto che la
terapia ha degli effetti sull’attività metabolica della neoplasia.
Alterazioni strutturali possono persistere dopo terapia senza essere associate a malattia residua
vitale (es.masse residue nei linfomi; lesioni osteolitiche nei mielomi).
Molti farmaci a bersaglio molecolare non sono citotossici ma sono citostatici quindi non
producono riduzione morfovolumetrica ma possono ridurre il metabolismo.
Nelle immagini seguenti vediamo che mentre con la TC non c’è una grossa differenza nel pre e
post terapia, con la PET vediamo una grossa differenza di captazione.
Ciò che interessa agli oncologi è sicuramente fare una valutazione alla fine del trattamento, ma
soprattutto fare una valutazione durante il trattamento per capire se il pz sta o meno rispondendo
alla terapia e quindi eventualmente modularla. Nel caso specifico della PET-FDG si fa ciò andando
a valutare la densità della captazione attraverso diversi metodi:
La terapia con radionuclidi è una forma di radioterapia in cui la sostanza è introdotta direttamente
nel corpo del paziente; è un approccio terapeutico in cui viene somministrata una sostanza
radioattiva che, per le sue caratteristiche, si localizza nella sede della patologia. Ne consegue che
dobbiamo scegliere con attenzione la sostanza da somministrare, una sostanza non sigillata che
somministriamo per una via non metabolica.
(slide saltata)
La radioterapia classica viene eseguita con delle macchine cosiddette “acceleratrici”. In realtà,
oggigiorno, si fa tutto con tali acceleratrici che prevedono l’accelerazione di particelle; in modo
particolare si accelerano elettroni in modo tale da ottenere, alla fine, o fasci di elettroni ad elevata
energia, oppure (con un meccanismo simile al tubo radiologico) questi elettroni vengono fatti
urtare contro un bersaglio per ottenere raggi X ad elevata energia come avviene nei normali
reparti di radioterapia tra cui anche al Ruggi.
La IORT si può effettuare nel carcinoma della mammella con trattamento di tipo conservativo al
posto della radioterapia post operatoria. Lo strumento che produce tali fasci di elettroni si trova
direttamente in sala operatoria, in modo tale che durante l’intervento,dopo aver rimosso la parte
tumorale, si faccia un irraggiamento dei margini, in modo da “sterilizzarli”.
L’obiettivo della radioterapia per fasci esterni è quello di concentrare il fascio di radiazioni nella
regione neoplastica con un risparmio delle regioni circostanti sane si parte dall’esterno con il
fasci di radiazioni e bisogna andare a colpire la zona interessata dal tumore. La dose di radiazione
che attraversa gli strati cutanei fino al bersaglio, si distribuirà anche ai tessuti accanto con
conseguenti danni collaterali.
La prima modalità che è stata applicata per ottenere una riduzione della dose al tessuto sano e
quindi un risparmio degli effetti collaterali, è stato il cosiddetto “accesso multiporta”: se devo dare
una dose che sia sotto un’ora di 100 (?), invece di farla arrivare tutta da un lato, la faccio arrivare
in 2-4 parti in modo tale che, per esempio, se sono 4 accessi (25 per ciascuna di loro), all’incrocio
dei fasci avrò 100 ma i tessuti circostanti ne avranno sicuramente di meno. Attualmente la
procedura migliore è la tomoterapia in cui il sistema di erogazione, che ruota intorno al pz un po’
come l’APC, può erogare da vari punti d’accesso la dose di radiazione.
1) Imaging, che contiene immagini tomografiche del distretto da considerare; si fa con l’APC.
Eventualmente, all’APC si può affiancare, in casi particolari, la risonanza magnetica o anche
la PET.
2) Il fisico sanitario, con il radioterapista che determina il tipo di trattamento che andrà fatto,
delinea i campi di trattamento determina, con una procedura matematica, il volume da
trattare e su questo viene disegnato il piano di trattamento. Il medico, inoltre, decide come
devono essere erogate le radiazioni per raggiungere il massimo sul bersaglio e il minimo sui
tessuti circostanti.
3) Questa operazione va di conserva con la centratura
4) Il modello di trattamento viene portato su di un acceleratore lineare, di tipo tomografico
La dose non è erogata in un’unica soluzione, ma viene frazionata (vi sono varie modalità di
frazionamento); per ogni seduta radioterapica si erogano dai 2 ai 5 Gray.
Il trattamento si effettua 5 giorni alla settimana cosicché si massimizzi la dose del tumore e
minimizzi la dose ai tessuti circostanti ma si ottiene anche un effetto di sincronizzazione delle
cellule, che vanno quasi tutte nella stessa fase del ciclo cellulare e divengono così tutte più o meno
radiosensibili a seconda della situazione.
Terapia con radionuclidi:
Non possiamo adoperare radionuclidi che emettono fotoni gamma perché viaggiano, quindi non
depositano molta energia nelle vicinanze. Il fluoro 18, utilizzato nella PET, non ha alcun valore
come agente terapeutico perché il 18F emette positroni, con raggi piccolissimi, che subito si
trasformano in fotoni gamma.
È una terapia molto antica: i primi approcci son stati effettuati a cavallo della prima guerra
mondiale e nel 1931 è stato ideato il prototipo di quello che noi ora chiamiamo teranostica,
ovvero l’unione tra terapia e diagnostica in cui abbiamo una sostanza che ci permette di fare
imaging e può essere adoperata anche a scopo terapeutico con opportune modifiche.
Lo 131I è il prototipo di questa per le sue caratteristiche che sono indistinguibili dallo iodio
naturale lo iodio è usato sia per scopo diagnostico che terapeutico.
Nelle scintigrafie tiroidee, invece, non si adopera più lo iodio bensì il tecnezio 99.
L’ipertiroidismo è trattato con farmaci quali gli ormoni tiroidei, la tiroxina ecc e sostanzialmente
non hanno effetti collaterali gravi a differenza degli antitiroidei quindi non si può pensare di fare
una terapia farmacologica cronica per l’ipertiroidismo. In genere, si inizia con gli antitiroidei, poi
verificano se possono farne a meno (se la terapia è stata risolutiva) altrimenti si avvalgono della
chirurgia o, nella maggior parte dei casi, di terapia con iodio 131. Negli Stati Uniti, invece, il primo
approccio è con lo iodio 131.
Indicazioni:
• Morbo di Basedow
• Gozzo tossico multinodulare
• Adenoma tossico
• Gozzo non tossico multinodulare/diffuso rhTSH (0.1 mg)
Nel morbo di Basedow lo iodio 131 risulta essere una valida opzione terapeutica; spesso è il
trattamento di prima scelta (anche in età pediatrica, Krassas GE Eur J Endocrinol 2004)
Indicato nei pazienti:
Controindicazioni:
Assolute
• gravidanza in atto:
• allattamento:
• “ipertiroidismo incontrollabile”
• Consenso Informato
• sospensione dell’assunzione per un congruo periodo, prima della terapia, di alcuni prodotti
contenenti iodio
Vanno eliminate tutte quelle sostanze che possono interferire con lo iodio come alcuni farmaci,
integratori e mezzi di contrasto, come riportato in tabella:
Bisogna considerare che il pz al quale somministriamo il farmaco, radioattivo, sarà a sua volta
radioattivo, per cui vanno ricordate le procedure di somministrazione:
• Il trattamento può essere eseguito in regime ambulatoriale Attività somministrata < 600 MBq
Ovviamente, a seconda della quantità di iodio che darò al pz, questo sarà più o meno radioattivo;
secondo le normative italiane, il pz deve rispettare alcune regole di trattamento e poi tornare a
casa.
Viceversa, nei pazienti con adenoma tossico è opportuno effettuare il trattamento nella fase di
inibizione del restante parenchima.
• Lieve scialoadenite
• Graves’-like disease nei pazienti trattati per GNT (Custro N. J Endocrinol Invest 2003)
I risultati sono eccellenti, però vedete che nel Basedow la maggior parte dei pz va in ipotiroidismo
perché tutta la tiroide è iperfunzionante, quindi concentra lo iodio radioattivo e di conseguenza si
avrà una distruzione di una buona parte del tessuto tiroideo. Quando ci troviamo di fronte ad un
gozzo multi nodulare (G.M.T), la maggioranza dei pz va in eutiroidismo perché è solo la regione
iperfunzionante che concentra lo iodio e soltanto in quella si verificherà una morte cellulare.
Questa esperienza è del professore quando si trovava all’ospedale di Napoli:
Follow-up
Per esempio, questo è un nodulo autonomo, con TSH bassissimo, a distanza di circa un anno il TSH
è tornato nella norma e vediamo tutta la tiroide:
Un altro caso simile:
Un’altra possibilità di utilizzo dello iodio è quello dei gozzi di grosse dimensioni; in questi casi sono
stati suggeriti trattamenti con rhTSH (TSH ricombinante) perché somministrando TSH
ricombinante si aumenta la concentrazione dello ione nella ghiandola e quindi si aumenta la
concentrazione di iodio radioattivo cosicché questo porta portare alla distruzione della ghiandola:
Nel trattamento del gozzo nodulare benigno eutiroideo la terapia con 131I porta ad una
riduzione di volume del 35–50% in1–2 anni
Tuttavia, questo trattamento ha efficacia limitata in caso di bassa captazione dello 131I o di
gozzo di grandi dimensioni
La terapia con 131I e rhTSH migliora notevolmente la riduzione del gozzo con scarsi effetti
collaterali con dosi di rhTSH < 0.1 mg
La terapia con 131I e rhTSH riduce la necessità di ulteriori terapie addizionali per ridurre il
gozzo, ma aumenta l’incidenza di ipotiroidismo
La terapia con radionuclidi nei Carcinomi Tiroidei Differenziati (CDT):
L’uso dello iodio 131 si basa sugli stessi principi visti nell’ipertiroidismo con la differenza che si
basa sulla dose somministrata: DOSIMETRIA
Nessuna sequela per l’irradiazione del midollo osseo (la dose al sangue ed al midollo è < 2
Gy dopo singolo trattamento)
Non vi è evidenza di fibrosi polmonare in pazienti con metastasi parenchimali diffuse che
presentino 2.95 GBq (80 mCi) di attività totale corporea a 48 h dopo la somministrazione
È possibile una stima della “lesion dosimetry”
Effetti Tardivi
Rischio di secondo carcinoma o leucemia molto limitato (rischio relativo stimato: 1.2 con
CI:1.0-1.4)
o intervallo tra somministrazioni 1 anno
o dose totale < 30 GBq (800 mCi)
Nessun incremento di malformazioni nella progenie (concepimento > 6 mesi)
La fertilità femminile non è compromessa
Riduzione della funzione testicolare < 10% dei pazienti idratazione
Se una donna in gravidanza è stata comunque sottoposta a terapia con 131I o se il concepimento
avviene dopo la terapia ma prima del termine di 6 mesi, il fisico ed il medico specialista dovranno
valutare la dose ; per dosi < 100 mSv l’aborto non è da prendere in considerazione.
Indicazioni
ablazione del residuo tiroideo post-chirurgico (fino a qualche anno fa, la regola era:
tiroidectomia totale; in realtà ci sono alcuni studi secondo i quali per il T1a T1b potrebbe
essere eseguita una lobectomia. Addirittura in Giappone, nei microcarcinomi, non fanno
alcuna terapia, solo monitoraggi essenzialmente ecografico).
terapia delle recidive loco-regionali
terapia delle metastasi a distanza
terapia palliativa di metastasi
Tg elevata e WBS con Iodio negativo
Quando si effettua una tracheoctomia totale, anche il miglior chirurgo può lasciare dei residui
tiroidei perché deve risparmiare delle strutture del collo importanti quali le paratiroidi, il nervo
laringeo ricorrente,..
Questo studio di alcuni anni fa dimostra come il trattamento completo (ablazione totale con
terapia sostitutiva successiva e con terapia con radio-iodio) dia minori recidive.
Le indicazioni attuali (SIE-AIMN-AIFM ), invece, sono di non applicare un trattamento ablativo nei
pz con basso rischio (che non hanno linfonodi interessati, non hanno metastasi, tipo T1a):
NO: soggetti a basso rischio: Carcinomi papillari monofocali senza metastasi linfonodali o a
distanza (pT1aN0M0)
SI: soggetti a medio-alto rischio: tutti i CTD con stadiazione superiore al pT1aN0M0, i
carcinomi follicolari, le varianti aggressive del carcinoma papillare e le neoplasie
scarsamente differenziate in tutti gli stadi.
Low-risk patient:
A. no local or distant metastases;
B. All macroscopic tumor resected;
C. no locoregional tumor invasion;
D. tumor lacks aggressive histology (e.g. tall cell, insular, and columnar cell carcinoma) or
vascular invasion; E. no 131I uptake outside the thyroid bed on initial post-treatment
whole-body RAI scan (RxWBS), if performed
Intermediate-risk patient:
A. microscopic tumor invasion into the peri-thyroidal soft tissues at initial surgery;
B. cervical lymph node metastases or 131I uptake outside the thyroid bed on initial RxWBS;
C. aggressive histology or vascular invasion.
High-risk patient:
A. macroscopic tumor invasion;
B. incomplete tumor resection;
C. distant metastases;
D. possibly thyroglobulinemia out of proportion to RxWBS findings.”
attività elevate (≥ 3.7 GBq [≥ 100 mCi] ) aumentano la probabilità di successo del
trattamento - in particolare nei casi con residui tiroidei di volume relativamente elevato - e
potrebbe consentire una maggiore efficacia della terapia a livello di micrometastasi
occulte.
attività basse (1.1 – 2.2 GBq [30-60 mCi]) sono efficaci nella maggior parte dei pazienti e
presenta il vantaggio di ridurre l’incidenza degli effetti indesiderati e di limitare la durata
del ricovero.
Quando viene deciso di fare una terapia ablativa, in un modo ideale, dopo l’intervento chirurgico,
bisognerebbe aspettare che il TSH salga,senza dare terapia sostitutiva, e solo in quel momento si
può dare la terapia con iodio. Questo non è possibile perché i centri che eseguono questa terapia
non sono molti dal momento in cui non si può effettuare né in regime ambulatoriale né in day
hospital perché la quantità di iodio radioattivo che si somministra supera i limiti di legge si
rende necessario il ricovero in regime protetto (stanze particolari, schermate verso l’esterno con
determinati scarichi). In Campania si può effettuare soltanto a Napoli.
In alternativa alla sospensione della terapia sostitutiva, si può somministrare per via
intramuscolare il TSH ricombinante, ed è quello che molto spesso si effettua; ci sono evidenze di
una efficacia “ablativa” simile tra rhTSH e sospensione della L-Tiroxina.
VERIFICA DELL’EFFICACIA DEL TRATTAMENTO ABLATIVO :
A 8 - 12 mesi dalla terapia con 131I TSH stimolato (TSH stimolato ottenuto sia con TSH
ricombinante, sia sospendendo la terapia sostitutiva)
Ablazione completa del tessuto tiroideo: valore indosabile Tg negatività di WBS 131I
Minime aree di captazione cervicale residua (tessuto tiroideo normale) non hanno
rilevanza clinica
Ad esempio, questo è un total body iodio, ovvero un esame scintigrafico eseguito dopo la
somministrazione di iodio a scopo terapeutico. Tutto quello che si vede nella figura al cento è il
residuo tiroideo lasciato dal chirurgo; a 7 mesi è stato effettuato il controllo che ha evidenziato la
scomparsa del tessuto tiroideo residuo.
In tutti gli altri, non c’è evidenza di un beneficio di sopravvivenza, anche se ci sono dati conflittuali
in pazienti N1 anziani (>45 anni). L’influenza della ablazione di routine sul rischio di recidive è più
difficile da valutare. L’ablazione non è indicata per i pazienti con metastasi linfonodali.”
Tuttavia, esiste una certa percentuale di rates di recidive che varia nel tempo:
FOLLOW UP con lo scopo di:
E’ fondamentale eseguire una stadiazione subito dopo il processo diagnostico per qualsiasi
tipologia di neoplasia perché su questo si basa l’approccio terapeutico successivo; però, nei CDT la
stadiazione viene effettuata soltanto a livello loco-regionale, quindi si fa un’eco del collo e ci si
ferma e, sulla base dei risultati dell’istologico, si decide cosa fare. Se facciamo terapia con iodio
131 ablativa, l’esame scintigrafico è componente del processo di stadiazione ed in quel momento
possiamo vedere qualche cosa.
Tg > cut-off istituzionale (comunque > 2 ng/ml) potenzialmente non guarito iter
diagnostico completo
Tg indosabile (AbTg) e nessuna evidenza di malattia residua in remissione
Se la tireoglobulina si mantiene bassa, abbiamo un rischio di recidive molto basso, questo vuol dire
che possiamo limitarci ad un controllo periodico con tireoglobulina ed eco del collo; può essere
effettuato con una certa dilatazione dei tempi, non è necessario farlo ogni 6 mesi, si può fare
anche ogni anno o 3 perché è un pz a basso rischio. Quindi:
DILEMMA CLINICO:
Questo può essere dovuto sia a problemi tecnici ma anche alla variazione della biologia del
tumore.
Lo iodio 131 entra nelle cellule utilizzando il simporto che è presente fintantoché le cellule tiroidee
sono differenziate; quando le cellule perdono questa caratteristica di differenziazione, una delle
prime cosa che perdono è proprio il simporto e si possono avere metastasi nelle sedi che
producono tireoglobulina ma non hanno più in quantità sufficiente il simporto e quindi la capacità
di concentrare per fare energia questi pz possono essere evidenziati più correttamente con
altre procedure di imaging, come quelli scintigrafici ma anche una risonanza total body ed,
ovviamente, sono pz che non possono più essere trattati con iodio radioattivo. Oggi si stanno
testando vari farmaci come gli inibitori delle tirosin chinasi.
(in qualche modo il tessuto osseo impedisce allo iodio di poter esplicare la sua funzione)
Questo caso del professore riguarda un pz trattato la prima volta con iodio 131, una seconda volta
sono state riscontrate metastasi polmonari ed, infine, dopo 4, 5 cicli di terapia, è sopravvissuto.
Non è facile avere “successo” in questi casi; la cosa importante è stabilizzare la malattia, tenerla
sotto controllo.
Risultati nella terapia delle metastasi a distanza con 131I:
Riguardo a questo studio eseguito qualche anno fa, vengono evidenziate le risposte parziali (PR) e
quelle complete (CR) che non arrivano complessivamente al 50%; però abbiamo un certo grado di
stabilizzazione.
In questi soggetti si può fare una PET, che ha un significato prognostico; si è visto che in pz che
hanno sospette metastasi, la normalizzazione della tireoglobulina dopo trattamento con iodio131
è diverso in percentuale in quelli che erano negativi rispetto ai positivi nella PET. È un po’ un
discorso opposto: se i pz sono positivi alla PET, non rispondono alla terapia con lo iodio, perché in
linea generale, anche dal punto di vista prognostico, vanno male.
Futuri sviluppi:
Infiltrazione tumorale
Espansione delle membrane periostali (riccamente innervate con nocicettori)
Stimolo delle terminazioni nervose endoteliali da parte di prostaglandine, Tumor
Necrotizing Factors (TNF) e bradichine rilasciate dal processo osteolitico
Instabilità meccanica (rimaneggiamento osseo)
Invasione del tumore dall’osso nelle strutture neurologiche
CHIRURGIA
CHEMIOTERAPIA
ANALGESICI
RADIOTERAPIA ESTERNA
TERAPIA SISTEMICA CON RADIONUCLIDI
Molteplici strategie:
Terapia antiblastica
Analgesici narcotici e non-narcotici
Farmaci infiammatori non steroidei
Terapia ormonale
Bifosfonati
Radioterapia esterna
Uso sistemico di radiofarmaci “osteotropi”
Per quanto riguarda i radionuclidi, molti sono quelli adoperati, come il fosforo 32; il più recente di
tutti (pochi anni fa) è il radiodicloruro, ed ha avuto grandi risultati:
“Caratteristiche ideali di un radiofarmaco “osteotropo” per la terapia palliativa delle metastasi
ossee:
riduzione dell’edema
riduzione delle reazioni infiammatorie
decremento della pressione interstiziale
riduzione nella produzione di sostanze algogene”
I pz che hanno una funzione ematologica compromessa, non dovrebbero essere trattati con
queste sostanze che, localizzandosi nel tessuto osseo, arrivano al midollo e possono peggiorare il
quadro. Anche i pz con elevato rischio di fratture o compressione midollare perché i farmaci,
agendo in quelle sedi, riducono ulteriormente la resistenza dell’osso e promuovono il rischio di
sviluppare fratture.
“CRITERI DI ESCLUSIONE:
“Pain-flair phenomenon”: in circa 5-15% dei casi aumento transitorio del dolore 24-48 ore dopo l’
iniezione. Tale sintomo è temporaneo, rappresenterebbe una reazione “infiammatoria” causata
dall’ irradiazione, ed è considerato un’ indicatore di risposta “positiva” al trattamento.
Tutti questi radiofarmaci sono dotati di AIC, ovvero di autorizzazione all’immissione in commercio,
quindi tutti i centri dotati di autorizzazione possono effettuare tali trattamenti con radiofarmaci.
Le metastasi ossee radiologicamente litiche hanno dimostrato una risposta peggiore rispetto a
quelle osteoblastiche o miste:
osteolitiche: 42.86%
osteoaddensanti: 62.50%
miste: 61.64%
La risposta è, ovviamente, migliore nel caso delle metastasi osteoaddensanti (sostanzialmente le
blastiche) perché tutte queste sostanze, incluso il radio (vedi dopo), si localizzano nel tessuto
osseo (non nella neoplasia) in funzione dell’attività osteoblastica del flusso questo consente di
trattare meglio le metastasi osteoblastiche rispetto alle altre.
Va notato che, essendo un trattamento sistemico, può trattare una situazione monostotica, la
quale può essere trattata anche con una terapia per fasci esterni con buoni risultati.
Linee guida:
La terapia per la palliazione del dolore da metastasi ossee si puo’ effettuare ambulatorialmente
(perché queste sostanze non emettono raggi gamma o raggi x; le particelle beta ed alfa hanno un
percorso così breve che in realtà non fuoriescono dal corpo del pz), salvo nei casi in cui i pazienti
siano non autonomi o incontinenti e purché seguano delle prescrizioni precise.
Quando al pz viene consentito di tornare a casa, deve essere adottato un regime di isolamento
(mentre nei CDT ci sono alcuni giorni di ricovero e poi può tornare a casa e condurre la sua vita
normalmente). A seconda di quanto iodio abbia ricevuto il pz, per alcuni giorni deve evitare il
contatto con le persone distanza superiore ai 3 metri, cosa che non è possibile da adottare ed è
per questo che non viene consentito al pz di tornare a casa durante questo periodo.
FUTURE DIREZIONI:
Dose Escalation
Diffusione Metastatica
Enhancement della captazione
Chemosensibilizzazione
Metastasi subcliniche
Somministrazioni Ripetute
Altri Radionuclidi
Il 223Ra, che emette particelle α (molto pesanti, come dei nuclei di elio; hanno un range di azione
piccolissimo, ecco perché hanno un rapporto costo/benefici favorevole), mima il Ca nel formare
complessi con l’idrossiapatite e si lega preferezialmente all’osso neoformato che circonda la
metastasi senza evidenti effetti a distanza.
Nel 2014 è stato pubblicato il risultato di questo trail internazionale che è stato addirittura
fermato durante il reclutamento per manifesta efficacia: il rischio di malattia era inferiore al ramo
trattato; di fatti si è ottenuto un aumento della sopravvivenza.
Dopo di questo si sono succeduti vari studi, come quello che valutava la sopravvivenza globale
della malattia e gli effetti al midollo e si è visto che il prolungamento della sopravvivenza globale
si evince nei pz trattati rispetto a quelli che decidevano un trattamento inferiore al radio.
Factors affecting 223Ra therapy: clinical experience after 532 cycles from a single institution:
110 patients with metastatic castration-resistant prostate End points were overall survival (OS),
progression-free survival (PFS), bone event-free survival (BeFS), and bone marrow failure (BMF)
Prior to the first 223Ra cycle: serum levels of hemoglobin (Hb), prostate-specific antigen (PSA),
alkaline phosphatase (ALP), Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG) status, pain score, use of
chemotherapy, and external beam radiation therapy (EBRT) During/after 223Ra : total number of
radium cycles (RaTot), the PSA doubling time (PSADT), and the use of chemotherapy, EBRT,
abiraterone, and enzalutamide.
RaTot, ALP, initial ECOG status, initial pain score, and use of abiraterone were associated with OS
(p≤0.008), PFS (p≤0.003), and BeFS (p≤0.020) RaTot, ALP, initial ECOG status, and initial pain score
were significantly associated with BMF (p≤0.001) as well as Hb (p<0.001) and EBRT (p=0,009).
On multivariable analysis, only RaTot and abiraterone remained significantly associated with OS
(p<0.001; p=0,033, respectively), PFS (p<0,001; p=0,041, respectively), and BeFS (p<0,001, p0
0,019, respectively). Additionally, RaTot (p=0.027) and EBRT (p=0.013) remained significantly
associated with BMF.
Patients who completed the planned sixcycle 223Ra therapy had a reduced risk of death (−44 %),
progression (−33 %), skeletal-related event (−38 %), and development of BMF (−30 %) compared
to patients who did not receive all six doses. The median OS was significantly longer than the first
group (15.7 months vs 7.2 months; p<0,0001).
Although definitive protocols for combined therapy are still lacking, since the introduction of
223Ra there has been a clear trend towards the use of radionuclide metabolic therapy in early
stages of bone metastatic disease with curative intent, rather than in late stages only for pain
palliation and after the failure of other therapeutic measures. Moreover, studies are ongoing on
combined therapy.
Attualmente sono in corso diversi traials di associazione nel carcinoma prostatico castrazione
resistente con metastasi ossee senza metastasi viscerali. L’associazione con prednisone può essere
deleteria.
“Ormone peptidico di 14 amino acidi presente nel SNC, nel tratto GE e in molte cellule di
origine neuroendorcrina ma anche in altre cellule (linfociti)
La somatostatina ha effetti inibitori sulla secrezione di diversi ormoni (ormone della
crescita, insulina, glucagone e gastrina)
I recettori della somatostatina (5 tipi) sono glicoproteine di membrana
Alte concentrazioni di sst2 sono espresse in vari tumori:
o neuroendocrini,
o SNC,
o mammella,
o linfomi
Presenti anche nei vasi peritumorali possibile risposta anti-angiogenica
Emivita plasmatica circa 3 min. dopo e.v.
Veloce degradazione enzimatica “
Gli Analoghi sono più resistenti agli enzimi:
o Octreotide (Sandostatin or SMS 201-995 )
o Lanreotide (BIM23014)
o Vapreotide (RC-160)
Gli analoghi della somatostatina sono marcati e legati con sostanze radioattive che emettono
particelle beta.
INDICAZIONI:
Masse primitive e metastatiche con alta concentrazione di SSTR2 localizzate alla scintigrafia con
111In-octretide scintigraphy (non candidati alla chirurgia – non responders alla chemioterapia)
Trials Clinici:
o Tumori Neuroendocrini
o Carcinoma Mammario
o Carcinoma Polmonare a Piccole Cellule
o Tumori SNC (brachitherapia)
o Timoma
Prospettive:
o Tiroide (non iodio captanti)
o Fegato
o Melanoma
La percentuale di successo con tale trattamento non è elevatissima, ma questi pz non possono
essere trattati chirurgicamente e quindi, anche ottenere la stabilizzazione della malattia, va
considerato un successo.
Protocollo terapeutico:
Pazienti con malattia diffusa o localizzata con scintigrafia positiva e senza altre opzioni
terapeutiche
Scintigrafia con 111Indio-DTPA-Octretide
Terapia con 90Y-DOTA-Octreotate
Controllo della tossicità renale ed ematologica
Consenso Informato
Criteri di inclusione:
Si utilizzano delle scale particolari riguardo alla captazione di questo farmaco marcato con un
gamma emittente; oppure si può fare anche in PET, laddove sia possibile, utilizzando sempre
l’analogo della somatostatina marcato con un emettitore di positroni come il Ga68:
Il radiofarmaco più comunemente adoperato per l’imaging dei recettori della somatostatina è
111In-DTPA-octreotide. Più recentemente e con maggiore accuratezza: 68Ga-DOTA-peptide per
PET/CT.
L’efficacia è tanto maggiore quanto più la captazione iniziale era intensa. Questa è una curva di
sopravvivenza in cu i pz che erano stati portati in remissione, hanno una sopravvivenza simile ai pz
che erano andati in stabilizzazione della malattia.
Radioterapia esterna
Polichemioterapia
Chemioterapia ad alte dosi e trapianto
Analoghi delle purine: FLUDARABINA FOSFATO.”
Anticorpi monoclonali: RITUXIMAB (CD20)
Radio immunoterapia: ZEVALIN
1) Ibritumomab: anticorpo murino anti-CD20 che si lega alle cellule B maligne
2) Tiuxetano: chelante ad alta affinità che assicura un legame stabile tra MAb ed ittrio-90
3) Itrio-90 : emette radiazioni beta che raggiungono le cell B maligne; il 90% delle radiazioni
viene assorbito entro 5 mm (lunghezza di percorso massimo 11mm)
L’idea di una decina di anni fa è stata la seguente: se prendiamo l’anticorpo monoclonale che è
stato già alterato e lo uniamo ad una sostanza radioattiva, possiamo potenziarne l’efficacia, perché
mentre il rituximab agisce soltanto sulle cellule alle quali si lega tramite effetto citotossico, la
presenza della sostanza radioattiva fa si che si abbia un effetto anche sulle cellule che esprimono
meno CD20 o non lo esprimono affatto.
Inclusione:
Esclusione:
Non sono associate alle comuni reazioni avverse da chemioterapici es perdita di capelli,
mucositi gravi, nausea persistente e vomito
Zevalin non sembra associato ad un aumento del rischio di insorgenza di tumori secondari:
Non ci sono problemi per quanto riguarda l’esposizione alle radiazioni per le altre persone perché
l’anticorpo monoclonale Zevalin utilizza come radionuclide un emettitore di particelle beta, quindi:
La dose ai familiari è minima e si mantiene nel range del background europeo di radiazioni.
L’escrezione urinaria globale in una settimana è minima; non vi è significativa escrezione
intestinale. Infine, piccole quantità di sangue non contengono significative quantità di
radioattività.
Tanto più precoce è il trattamento, migliore sarà il risultato; è sicuro anche nei pz anziani.
Dopo il trattamento di prima linea, si può fare il trattamento con lo Zevalin.
Si può utilizzare anche come terapia di consolidamento, quindi dopo successo terapeutico si può
consolidare con lo Zevalin.
CRITERI/LINEE GUIDA
TRATTAMENTO DI:
5. Splenic marginal zone lymphoma – for progressive disease following initial treatment for
splenomegaly in patinets with the indications for the treatment as:
a) As first line radioimmunotherapy alone in elderly or infirm patients with the
indications for treatment in the setting of comorbities where tolerability of
combination chemotherapy is a concern
b) Following induction chemotherapy
c) Chemoimmunotherapy as first line consolidation therapy
d) Second line radioimmunotherapy
For the indications listed above, the following criteria must be met:
Relapsed is defined as the reappearance of disease in the region of prior disease (recurrence)
and/or in new regions (extensions) after initial therapy and attainment of complete responde,
refractory is defined as no longer responding to therapy.
Addome acuto
Cominciamo la lezione sul Gastroenterico parlando dell’addome acuto, che è una patologia frequente dei pazienti
che si presentano al pronto soccorso.
È una condizione patologica in cui il pz riferisce forti dolori addominali, l’addome si presenta ligneo, quindi duro,
poco trattabile alla palpazione, il dolore può essere di tipo diffuso o riferito ai vari quadranti addominali.
Le cause possono essere sia patologie che mettono a rischio la vita del paziente (con necessità di diagnosi
precoce, tempestiva) che, invece, autolimitanti.
Le prime sono, ad esempio: rottura di aneurisma aortico addominale, pancreatite acuta in fase avanzata,
perforazioni intestinali, perforazioni dei diverticoli.
Le seconde invece sono: linfoadenite, gastroenterite, appendiciti epiploiche.
Al centro vedete che ci sono delle patologie –appendicite, colecistite e diverticolite- che sono, invece, le cause più
comuni che portano all’Addome Acuto.
• Esami di laboratorio, quindi: leucociti, VES e PCR, anche se non sono patognomoniche o specifiche (anche
in corso di appendicite i GB possono essere normali);
• Informazioni dettagliate sull’anamnesi del paziente
• Sede in cui il paziente riferisce il dolore addominale
• Inadigini di diagnostica per immagin: ecografia, diretta addome e TC
Anche in questa TC vediamo ispessimento e fluido che indica edema e infiammazione. Qua il calcolo non si vede,
ma è la scansione TC.
Cosa è importante? Quando si presenta un pz con dolore in fossa iliaca dx o sx o ipocondrio bisogna valutare la
diagnosi differenziale.
Per esempio, sono cause di dolore in fossa iliaca dx: Appendicite, morbo di Crohn, in una donna una Salpingite o
una Cisti ovarica endometriosica o scoppiata.
In fossa iliaca sx: diverticoli o patologia annessiale nella donna.
In ipocondrio: Colecistite o Colite, che spesso sono confuse tra loro.
Vi ho inserito queste immagini appunto per parlare delle malattie infiammatorie croniche intestinali, quindi
malattia di Crohn e Rettocolite Ulcerosa.
La malattia di Crohn è una malattia infiammatoria intestinale cronica caratterizzata da lesioni inizialmente
ulcerative e prevalentemente localizzate ad ileo terminale e colon: le ulcere conferiscono all’intestino un aspetto
“ad acciottolato romano”, che è un segno rinvenibile al clisma del tenue, e rappresenta una semeiotica per i
clismi. Abbiamo anche lesioni a salto, cioè asincrone, non continue, con tratti di intestino stenotico alternati a
tratti dilatati e cioè sani; interessa la parete a tutto spessore (a differenza della Rettocolite Ulcerosa, che interessa
solo mucosa e sottomucosa).
Questo è un esempio di clisma del tenue a doppio contrasto: vedete un restringimento, cioè una stenosi, di una
delle ultime anse ileali, che si vede meglio nella successiva.
Questa è un’ecografia di ansa ileale a pareti ispessite: vedete un forte restringimento di calibro del lume
iperecogeno. Attualmente, comunque, si utilizzano più spesso TC e Risonanza Magnetica anche per lo studio del
morbo di Crohn, e la visualizzazione dell’estensione di malattia è più precisa con TC che con Risonanza, le
complicanze (in particolare fistole e perforazioni) possono essere valutate meglio, e poi l’addensamento intorno
all’ansa colpita del grasso circostante si vede meglio con TC e RM (anzi in realtà col clisma non si riusciva proprio a
valutare questo addensamento con iperemia).
Questa è una TC con mdc endovenoso: sia RM che TC vanno eseguite con mdc endovenosi, ed in più deve essere
somministrato al paziente PEG, una soluzione iperosmolare che attrae liquido all’interno dell’ansa e serve a
distendere le anse intestinali per migliore valutazione della parete (qua si vede bene l’ispessimento dell’ansa,
l’iperemia, la stenosi del lume, e si vede come ci sia un inizio di dilatazione a monte della stenosi).
Questa è una sequenza di RM in T2 ed i liquidi risultano iperintensi, quindi si può fare molto bene la valutazione
della distensione del lume intestinale grazie al PEG, del calibro, dello spessore.
Le complicanze più comuni della malattia di Crohn sono le fistole (proprio perché interessa la parete a tutto
spessore), la stenosi (in particolare è temibile e grave la stenosi serrata, perché sfocia in occlusione intestinale,
che è una delle cause di addome acuto). L’ispessimento della parete si può controllare fino ad un certo stadio con
terapia medica, quando invece inizia ad esserci fibrosi (a causa, quindi, di processi infiammatori di vecchio stadio
più che quadri infiammatori acuti) è più difficile disinfiammare l’intestino ed anche in questo caso il paziente deve
essere sottoposto a terapia chirurgica. Per le fistole
enteroenteriche si ha indicazione chirurgica, anche se
in realtà ultimamente si sta rivalutando il ruolo della
terapia medica in questi casi: le fistole per cui invece
sicuramente non si può temporeggiare in questo modo
sono le enterocutanee, enterovaginali ed
enterovescicali.
Il mdc utilizzato in TC per lo studio del fegato è il solito mezzo iodato idrosolubile che si inietta per via ev. Le
controindicazioni sono: allergia al mdc e insufficienza renale severa (in realtà non è una controindicazione
assoluta, perché dipende dai valori di creatininemia; con buona idratazione prima dell’esame si accettano anche
valori di 2-2.5). I pazienti, invece, in IRC e che dializzano possono comunque eseguire l’esame con mdc, basta che
la dialisi venga effettuata in giornata, subito dopo la TC.
La RM viene eseguita nel dubbio diagnostico, per caratterizzare
lesioni dubbie alla TC, ed i relativi mdc hanno particolari
caratteristiche di specificità per il fegato: ne esistono due tipi,
Paramagnetici e Superparamagnetici.
I mdc Superparamagnetici (“che oggi vengono utilizzati quasi più” [min 29:54], può voler dire che sono quelli più utilizzati? NdS) sono invece a
base di ioni di Ferro, captati dagli organi provvisti di sistema reticoloendoteliale (quindi fegato, milza, midollo
osseo). Questi ioni di ferro si accumulano all’interno del tessuto sano in cui è integro il SRE; nelle lesioni vi è,
invece, uno scompaginamento con distruzione di queste strutture e non vi è più accumulo del mdc. Dal momento
che questi mdc agiscono sul tempo di rilassamento T2 (ed il ferro in T2 ha un’intensità di segnale bassa), il fegato
avrà in T2 un’intensità bassa, sarà ipointenso, e le lesioni rimarranno iperintense rispetto al fegato sano. In altre
parole, il parenchima sano avrà un normale accumulo di mdc, evidenziato dalla ipointensità in T2, e le lesioni (in
cui il SRE, in cui gli ioni di ferro si accumulano, è distrutto) resteranno invece iperintense relativamente al
circostante fegato sano.
Esiste la classificazione di Balthazar, che abbina i reperti clinici sintomatici alla TC, è soltanto uno score di gravità
della pancreatite per la TC: si assegna un punteggio al pancreas, si sommano questi vari punteggi e si ottiene un
totale con severità che va da bassa ad alta.
Per esempio, possiamo avere inizialmente solo un pancreas di volume aumentato alla TC (punteggio 1), o una
seconda fase con aumento delle dimensioni del pancreas, edematoso, ed addensamento del grasso
peripancreatico (punteggio 2); poi si somma e si avrà lo score finale di gravità. Il punteggio massimo corrisponde
alla severità Balthazar-E, con multiple grosse raccolte peripancreatiche che si dispongono nei quadranti sopra- e
sotto-mesocolici.
Questi sono esempi di pancreatiti in vari stadi:
B- nella prima immagine abbiamo solo un incremento delle dimensioni della ghiandola, che sarà un po’ ipodensa
rispetto al parenchima pancreatico normale, segno di inizio di edema (quindi presenza d’acqua all’interno), ed è
una fase precoce;
C- fase di pancreatite di grado 2 con inizio di addensamento del grasso peripancreatico; netto addensamento del
grasso con iniziale ‘raccoltina’;
D/E- fase avanzata in cui si ha addensamento del grasso peripancreatico, versamenti, raccolte (pancreatite
severa).
CASO CLINICO 1: donna di 50 anni sottoposta a colecicistectomia 10 anni fa. Si presenta al pronto soccorso con
dolore addominale diffuso. Esegue un’ecografia che mostra un fegato con angioma (reperto accessorio), via
biliare principale dilatata (in un pz con pregressa colecistectomia in realtà si ha una lieve dilatazione vicariante
della via biliare principale, quindi è un reperto fisiologico). A volte si ha addirittura la formazione di una
neocolecisti. Si indagano altre cause di dolore addominale acuto, per cui si valuta il rene (che risulta in questo
caso nella norma). All’eco addome si valuta la via biliare, la colecisti (in questo caso non è presente), il rene per
vedere se si tratta di una colica renale. Dal momento che la signora continuava a lamentare dolore ma
all’ecografia non si rilevava nulla di particolare, si esegue una RM. Viene confermata la lieve dilatazione della via
biliare principale. In indagini successive emerge la presenza di un calcolo che risulta ipointenso, in sequenza T2,
rispetto al fluido che è all’interno della via biliare principale. Il dolore quindi era dovuto a questo calcolo. Si
esegue sempre con la risonanza magnetica, una colangio RM che si usa per la valutazione di vie biliari e colecisti e
sono sequenze che si eseguono senza mezzo di contrasto endovenoso, ma sono molto pesate in T2, per cui verrà
messo in risalto il liquido all’interno della colecisti e delle vie biliari; i calcoli verranno visti come delle formazioni
ipointense all’interno del lume iperintenso. La colangio RM nella signora dà la conferma del calcolo in via biliare.
Per lo studio dell’angioma, si esegue una RM che conferma la diagnosi.
Per togliere il calcolo la signora è stata sottoposta ad una ERCP; dopo una settimana continua ad avere dolore
forte per cui viene sottoposta a TC, prima senza mezzo di contrasto e poi con mezzo di contrasto. Dall’esame
emerge un ascesso in pancreas, per cui la signora ha avuto una pancreatite grave (l’ascesso è una fase avanzata).
[ricostruzione coronale] [raccolta ascessualizzata con area contestuale].
CASO CLINICO 2: TAC senza mdc, in fossa iliaca dx mostra un addensamento periappendicolare indicativo di
probabile appendicite acuta. In Ricostruzione in coronale è possibile vedere una struttura tubuliforme
sovradistesa da fluido, un addensamento del grasso periappendicolare, che a causa delle grandi dimensioni deve
essere rimossa.
Si vede l’Ispessimento delle pareti della colecisti, presenza di cono d’ombra da calcoli all’interno della colecisti (la
sabbia biliare non dà cono d’ombra). TAC con mdc mostra ispessimento delle pareti, stratificazione, edema della
parete, calcoli all’interno: la signora ha una colecistite acuta.
TAC Senza mdc mostra un calcolo in colecisti. La colecisti non si vede bene perché in questo caso la bile è molto
densa e quindi appare così. Di solito è più ipodensa.
A livello dei reni, si vede addensamento di grasso che indica sempre uno stato infiammatorio (qualsiasi esso sia).
Addensamento di grasso anche a livello perirenale, dilatazone pelvica; All’ecografia viene confermata la
dilatazione del bacinetto, per cui la diagnosi è di Calcolo in uretere: la signora aveva dolore addominale fortissimo
ai quadranti di destra perché ha la colecistite acuta ed una colica renale insieme.
Viene mostrata una Diretta Addome: l’RX addome va eseguita sempre in ortostatismo (quindi con pz in piedi) ed
in clinostatismo. L’ortostatismo serve per valutare i livelli idroaerei e l’aria libera sottodiaframmatica; il
clinostatismo serve per valutare la disposizione dell’aria nell’intestino.
Immagine di Diretta addome in ortostatismo: è possibile vedere livelli idroaerei, la cornice colica non si vede,
l’ampolla rettale è disabitata a feci e gas completamente, quindi il signore è occluso. L’occlusione intestinale è
dovuta a stenosi dell’ultima ansa ileale in paziente con morbo di Chron.
Fegato: bisogna sempre indicare prima la metodica d’immagine nella descrizione della stessa: ecografia epatica: è
possibile vedere una formazione ipoecogena che al colordoppler è ipervascolarizzata per cui può essere sia
benigna che maligna. Viene eseguita una TAC senza mdc ed emerge che è isodensa rispetto al fegato. Viene
eseguita una RM, dove risulta una lesione iperdensa
per l’impregnazione in fase arteriosa, quindi è
ipervascolarizzata. La presenza di una cicatrice centrale
differenzia la lesione da un epatocarcinoma: questa
cicatrice in fase arteriosa è ipodensa, mentre in fase
tardiva diventa iperdensa (in questo caso lievemente).
DIAGNOSTICA MEDICO-NUCLEARE
terapia.
Mentre con gli esami classici si fa un approccio diagnostico
valutando la sede, il numero, le dimensioni, i rapporti
anatomici e si riesce a fare una stadiazione, con l’imaging
recettoriale, ad esempio nel tumore neuroendocrino non
secernente della testa del pancreas, (dove sono le crocette) in
total body,
si dà un’occhiata generale e si vede chiaramente
l’intensa captazione a livello della testa del pancreas;
nelle immagini topografiche si evidenzia meglio la sua
posizione. Si tratta di un sospetto gastrinoma che nel
total body si vede chiaramente al centro. Immagini